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Procedura : 2010/2552(RSP)
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Testi presentati :

RC-B7-0099/2010

Discussioni :

PV 11/02/2010 - 10.2
CRE 11/02/2010 - 10.2

Votazioni :

PV 11/02/2010 - 11.2

Testi approvati :

P7_TA(2010)0032

Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 11 febbraio 2010 - Strasburgo Edizione GU

10.2. Madagascar
Video degli interventi
Processo verbale
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca la discussione relativa alle sei proposte di risoluzione sul Madagascar(1).

 
  
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  Raül Romeva i Rueda, autore. (EN) Signor Presidente, su questo argomento va assolutamente presa una decisione. E’ una questione che va affrontata. Il Madagascar sta vivendo un periodo di crisi politica. L’Unione europea deve rispondere alle esigenze del paese.

L’accordo per la divisione del potere fra l’attuale presidente Rajoelina e il suo predecessore Ravalomanana è stato siglato sotto l’egida dell’Unione africana.

Vi sono poi l’accordo di Maputo e l’atto addizionale di Addis Abeba, che costituiscono l’unica soluzione politica alla crisi in atto. Non dobbiamo dimenticarlo. L’accordo di Maputo prevede l’istituzione di un governo di unità nazionale con un periodo di transizione di 15 mesi.

Vorrei denunciare l’esistenza di alcune realtà locali specifiche molto preoccupanti: il governo ha, infatti, varato un decreto che autorizza l’esportazione di legname non lavorato e in via di estinzione, mettendo a repentaglio la biodiversità del paese. La perdita di alcune di queste specie potrebbe causare seri problemi in futuro.

A questo proposito, è necessario far presente alla Commissione e agli Stati membri che intraprendere una missione di osservazione elettorale in Madagascar potrebbe essere un errore. Chiediamo che, sic stantibus rebus, non venga inviata alcuna delegazione nel paese per le elezioni che il governo sta organizzando per marzo, dal momento che le elezioni violerebbero l’accordo di Maputo. Mi permetto di insistere: in questa situazione, con l’attuale consenso e in nome dell’accordo di Maputo non dovremmo proseguire la missione di osservazione elettorale.

Quanto detto va accompagnato dal pieno rispetto dei diritti umani, dei principi democratici e dello stato di diritto. Se saremo in grado di garantire queste condizioni allora se ne potrà parlare, ma al momento, e data la situazione vigente, la missione di osservazione sarebbe, a mio avviso, un errore.

 
  
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  Renate Weber, autore.(FR) Signor Presidente, nonostante gli interventi delle Nazioni Unite e dell’Unione africana, in Madagascar continua a regnare l’instabilità. Il presidente Rajoelina si rifiuta di condividere il potere e sta mettendo fuori gioco chiunque gli si opponga. Ha recentemente annunciato l’intenzione di organizzare le elezioni generali senza considerare le tempistiche previste dagli accordi di Maputo e di Addis Abeba.

Non è esagerato affermare che il regime anticostituzionale del presidente Rajeolina si sia già impossessato dei tre poteri dello Stato e stia ora cercando di avere la meglio anche sui mezzi di comunicazione.

Purtroppo per il Madagascar, le violazioni dei diritti umani commesse dal regime precedente sono continuate anche dopo l’autoproclamazione di Rajeolina a presidente dell’Alta autorità di transizione. Le forze di sicurezza sotto il suo comando sono spesso intervenute violentemente nella repressione delle manifestazioni organizzate dagli oppositori, causando numerosi morti e feriti.

In questa relazione del 4 febbraio del 2010, Amnesty International riferisce che i parlamentari, i senatori, gli avvocati, i leader dell’opposizione e i giornalisti sono state vittime di arresti arbitrari e di detenzioni illegali; alcuni sono stati addirittura malmenati nel periodo detentivo, senza che le autorità competenti svolgessero alcuna indagine a riguardo.

I fatti dimostrano ancora una volta che, purtroppo, chi prende il potere con la forza, governa con la forza.

 
  
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  Véronique De Keyser, autore.(FR) Signor Presidente, abbiamo raggiunto un certo consenso sulla proposta di risoluzione. Il regime di transizione illegale che vede al potere il presidente Rajoelina è sul punto di far precipitare il Madagascar nel caos. Si sta preparando a fare man bassa di voti alle prossime elezioni, che ha annunciato per marzo 2010, al termine di un processo che di democratico non ha nulla e che non rispetta gli accordi di Maputo e Addis Abeba.

Le nomine illegali di personalità politiche discutibili, le diffuse violazioni dei diritti umani, le vessazioni e gli arresti arbitrari di parlamentari, leader religiosi e civili hanno sconvolto la comunità internazionale, che si è trovata costretta a imporre sanzioni. L’adesione del Madagascar alla Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe e all’Unione africana è stata sospesa. Gli Stati Uniti si rifiutano di riconoscere al Madagascar i vantaggi derivanti dall'atto di crescita e opportunità per l'Africa. I donatori del Fondo monetario internazionale hanno dimezzato i propri stanziamenti; le Nazioni Unite analizzeranno la situazione del paese il 15 febbraio e credo che l’Unione europea abbia sospeso gli aiuti allo sviluppo, mantenendo invece quelli umanitari.

La situazione è tragica, una vera e propria catastrofe per un popolo che vive con meno di un dollaro al giorno. Ci preoccupa profondamente questa situazione e la proposta congiunta di risoluzione ne è la riprova. Accogliamo con favore gli sforzi di mediazione promossi dall’ex presidente del Mozambico, Joaquim Chissano, ed esortiamo i quattro gruppi politici a tornare nuovamente al tavolo delle trattative. E’ l’unica soluzione plausibile. Invitiamo anche l’Unione africana e la Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe a riprendere i contatti per giungere a un’adeguata conclusione del processo di transizione; chiediamo inoltre alla Commissione di ragguagliarci sul processo di consultazione in corso con il Madagascar ai sensi dell’articolo 96 dell’accordo di Cotonou.

 
  
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  Bernd Posselt, autore. (DE) Signor Presidente, è ampiamente diffuso, a livello globale, il timore che la proposta di risoluzione possa peggiorare ulteriormente la situazione in Madagascar. Il nostro obiettivo, invece, è portare la pace nella regione. Mi riferisco, in modo particolare, agli articoli 14 e 15, dedicati soprattutto al dialogo.

L’Unione africana, l’Unione europea, le Nazioni Unite, i paesi confinanti, il gruppo di contatto e, partner altrettanto importante, la Francia, sono stati chiamati a svolgere la propria parte per far sì che i quattro (minimo) movimenti politici del paese possano trovare un punto di accordo, che il Madagascar non diventi uno Stato fallito, che non vada ulteriormente verso la catastrofe ma che riesca, invece, a raggiungere una soluzione comune e pacifica. Questo sarà possibile soltanto se nessuno cercherà di instaurare una dittatura nel paese, se nessuno si sottrarrà al processo di pace e se tutti saranno disposti a sedersi nuovamente al tavolo delle trattative. In caso contrario, questo paese meraviglioso ma oggi devastato non avrà futuro.

 
  
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  Marie-Christine Vergiat, autore. (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la situazione in Madagascar è la medesima di molti altri paesi del mondo, verso i quali l’Unione europea ha dimostrato di mancare di potere politico. Questo vale soprattutto per Africa.

A un solo anno di distanza da quando Rajoelina si è illegalmente impossessato del potere, la grande isola del Madagascar sembra sprofondare sempre più in una crisi sociale, economica e finanziaria di cui la popolazione avrebbe fatto volentieri a meno.

Il Madagascar è diventato uno dei paesi più poveri del mondo, in cui la maggior parte della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno. Le violazioni dei diritti umani sono sempre più frequenti; i capi religiosi, i parlamentari, i giornalisti e i leader della società civile sono vittime di intimidazioni e vessazioni e vengono spesso arrestati e rinchiusi in galera.

La comunità internazionale, tuttavia, non si è sforzata di riconoscere che in Madagascar c’è stato un vero e proprio colpo di Stato e che il governo creato da Andry Rajoelina non è altro che un governo militare.

L’appartenenza del Madagascar all’Unione africana e alla Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe è stata sospesa. Dal 2 febbraio del 2009 a oggi sono state molte le iniziative – anche da parte delle Nazioni Unite e dell’Unione europea – che hanno portato agli accordi di Maputo e Addis Abeba. Sembra, tuttavia, che nel novembre del 2009, questi accordi si siano persi di vista, a causa delle divisioni sorte fra le parti coinvolte e alla decisione di non attuarli.

Noi, in seno al gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica, crediamo sia giunto il momento di dar voce al popolo malgascio e di pretendere il rispetto delle regole democratiche.

Andry Rajoelina, l’asso del regime, preferisce organizzare le elezioni in modo unilaterale, senza consultare la popolazione, violando così gli accordi. Ha inizialmente stabilito, sempre in modo unilaterale, la data di inizio delle elezioni “democratiche”, se così si possono definire, previste per marzo 2010, sebbene ora si parli di una data compresa fra la fine di marzo e la fine del 2010

Per questo motivo, vogliamo che vengano intensificati gli aiuti umanitari: per istituire procedimenti giudiziari e far sì che l'Unione europea eserciti tutta la propria autorità al fine di far partecipare la società civile alle misure intraprese.

 
  
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  Charles Tannock, autore. (EN) Signor Presidente, se l’Unione africana intende godere di un’autorità e di un rispetto anche lontanamente paragonabili a quelli accordati all’Unione europea sulle questioni di carattere internazionale, dovrebbe intervenire con decisione sulla questione Madagascar. Abbiamo assistito, invece, alla solita indecisione e cauta diplomazia dopo la caduta dell’ex presidente Ravalomanana, episodio purtroppo molto simile a quanto avvenuto in Zimbabwe. E’ giunto il momento che l’Unione africana si assuma le proprie responsabilità in merito al Madagascar, dove ormai da molto tempo regnano il caos e la tensione politica. Se la stessa Unione africana non è in grado di risolvere la questione, mi sembra legittimo chiedersi perché dovrebbe farlo l'Unione europea.

Il nostro impegno nei confronti del Madagascar deve, comunque, continuare con l’obiettivo di facilitare il corretto ripristino di un governo democratico e di promuovere la riconciliazione. E’ essenziale che i politici e i militari responsabili della violazione dei diritti umani vengano consegnati alla giustizia. Anche le sanzioni mirate nei confronti del regime illegittimo di Rajoelina rappresentano un metodo efficace per punire i responsabili dell’attuale situazione di instabilità, senza però danneggiare la popolazione malgascia, ormai esasperata dalle tensioni e dalla violenza che attanagliano il loro meraviglioso paese.

 
  
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  Cristian Dan Preda, a nome del gruppo PPE.(RO) Come già sottolineato, il Madagascar vive nell’incertezza e nell’instabilità politica ormai da oltre un anno. Sebbene vi sia stato qualche raro barlume di speranza durante i negoziati, le azioni intraprese da Rajoelina non fanno altro che ostacolare il processo e rendere ancor più difficile il ripristino dell’ordine costituzionale.

Mi riferisco alla destituzione del primo ministro nominato in seguito agli accordi di Maputo, al ritiro dal processo negoziale con la conseguente frammentazione politica e alla recente decisione di organizzare in modo frettoloso delle elezioni senza prendere in considerazione gli accordi precedenti.

Si tratta, a mio avviso, di un tentativo di dare una parvenza di legalità e legittimare un regime salito al potere con un colpo di Stato, evento che Rajoelina non può negare. E’ evidente che l’unico modo per ripristinare l’ordine costituzionale è l’attuazione degli accordi di Maputo e di Addis Abeba.

 
  
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  Martin Kastler (PPE). (DE) Signor Presidente, vorrei semplicemente richiamare la sua attenzione sul fatto che tutti i gruppi parlamentari hanno appoggiato la proposta di risoluzione. Ed è giusto che sia così perché la questione in oggetto riveste un’importanza capitale. A differenza degli oratori che mi hanno preceduto, vorrei chiarire che non basta semplicemente promuovere la libertà di espressione e la libertà di stampa nel paese; le dobbiamo pretendere, proprio ora che stiamo vagliando le possibilità che potrebbero consentirci di approdare, auspicabilmente, a delle elezioni pacifiche. In quanto europei, dobbiamo far sì che la libertà di stampa regni ovunque, garantendo il sostegno finanziario necessario a raggiungere questo obiettivo. Dobbiamo garantire, altresì, il nostro impegno e un sostegno incondizionato affinché, insieme, possiamo offrire al paese l'appoggio finanziario necessario, nel quadro degli accordi siglati con il Madagascar.

 
  
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  Eija-Riitta Korhola (PPE). (FI) Signor Presidente, la situazione del Madagascar è inaccettabile: il potere è nelle mani di una persona che se ne è impossessata con la violenza e governa con mezzi altrettanto brutali, senza che il suo ruolo sia stato riconosciuto dalla comunità internazionale. Per questo parlo di “persona” e non di “presidente”.

La maggior parte della popolazione malgascia vive al di sotto della soglia della povertà: 7 000 bambini sono vittime della malnutrizione e la situazione sta peggiorando ulteriormente a causa della crisi politica in atto. E’ fondamentale che l’Unione, coadiuvata dal resto della comunità internazionale, accresca gli aiuti umanitari nel paese.

E’ altrettanto importante indagare e risolvere gli omicidi di natura politica che si sono verificati, compito che dovrebbe svolgere un’agenzia indipendente e imparziale. In caso contrario, sarà molto difficile creare fiducia e procedere verso la democrazia.

E’ fondamentale che le quattro parti politiche malgasce si siedano al tavolo delle trattative e decidano come sullo svolgimento delle elezioni democratiche previste per quest’anno. Il Madagascar non deve siglare nessun accordo relativo alle risorse naturali prima dell’instaurazione di un governo eletto dai cittadini.

 
  
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  Michael Gahler (PPE). (DE) Signor Presidente, per quanto concerne il Madagascar, credo sia importante sottolineare che l’Unione europea non è la sola ad aver espresso la propria preoccupazione in merito al rispetto dell’articolo 96 dell’accordo di Cotonou. Anche l’Unione africana, la Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe e le organizzazioni regionali ritengono che un altro colpo di Stato in Africa sia inammissibile. Per l’Unione africana e le organizzazioni regionali è un compito relativamente nuovo non solo prendere decisioni di questo genere, ma anche attuarle e intervenire di conseguenza.

Mi auguro che quando il gruppo internazionale di contatto si riunirà nuovamente ad Addis Abeba il 18 febbraio prossimo, fra una settimana esatta, tutte le parti coinvolte si impegnino a portare a termine il proprio compito e a esercitare la propria autorità, e che garantiscano che l’attuazione dell’accordo siglato a Maputo. Questo è il mo appello a tutti i partecipanti.

 
  
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  Viviane Reding, vicepresidente della Commissione.(FR) Signor Presidente, vorrei aprire il mio intervento esprimendo la nostra profonda preoccupazione in merito agli ostacoli che impediscono l’attuazione degli accordi di Maputo.

Dallo scoppio della crisi in Madagascar e dall’apertura del processo di consultazione in ottemperanza all’articolo 96 dell’accordo di Cotonou, la Commissione ha sempre appoggiato attivamente gli sforzi di mediazione della comunità internazionale che hanno portato a un notevole miglioramento della situazione, ma, purtroppo, non ancora a un processo di transizione vero e proprio. Siamo preoccupati perché, invece di progredire, stiamo regredendo e forse siamo addirittura tornati al punto da cui siamo partiti nel marzo del 2009.

Immagino capiate che questo potrebbe causare, ovviamente, un ulteriore deterioramento della situazione politica e dei diritti umani, nonché scontri fra la popolazione. Abbiamo più volte ribadito la nostra opposizione a qualsiasi tipo di intervento unilaterale che porti all’organizzazione di elezioni frettolose che non potranno garantire in alcun modo una soluzione a lungo termine della crisi in atto.

Per rispondere alla domanda del collega, temo che l’Unione non sia pronta a sostenere questo processo, né dal punto di vista politico, né da quello finanziario.

L’iniziativa attualmente in mano al presidente della Commissione dell’Unione africana è la nostra unica speranza. Siamo pronti, in concerto con la comunità internazionale in seno a un gruppo di contatto, a valutare la risposta del paese ed eventualmente, in base alla situazione, a presentare al Consiglio proposte di decisione in conformità all’articolo 96 dell’accordo di Cotonou.

Un’eventuale decisione negativa non dovrebbe, tuttavia, ripercuotersi sui progetti da cui la popolazione trae diretto beneficio. Se necessario, continueremo ad accrescere l’apporto umanitario nei confronti dei gruppi più vulnerabili.

Per concludere, signor Presidente, le ribadisco l’impegno attivo, diligente e costante da parte della Commissione per risolvere la crisi in modo pacifico.

 
  
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  Presidente. − La discussione è chiusa. La votazione si svolgerà al termine della discussione.

 
  

(1) Vedasi processo verbale.

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