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Procedura : 2009/2106(INI)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo dei documenti :

Testi presentati :

A7-0014/2010

Discussioni :

PV 25/02/2010 - 4
CRE 25/02/2010 - 4

Votazioni :

PV 25/02/2010 - 7.6
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P7_TA(2010)0039

Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 25 febbraio 2010 - Bruxelles Edizione GU

9. Dichiarazioni di voto
Video degli interventi
Processo verbale
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca le dichiarazioni di voto orali.

 
  
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  Zoltán Balczó (NI).(EN) Signor Presidente, posso suggerire due minuti di pausa mentre i colleghi lasciano l’Aula? O forse un minuto di pausa?

 
  
 

Relazione Vălean (A7-0016/2010)

 
  
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  Zoltán Balczó (NI). (HU) L’obiettivo del regolamento è positivo: raccogliere informazioni sulle infrastrutture per l’energia nei vari Stati membri; organizzarle e renderle accessibili agli operatori economici a livello comunitario. Si tratta di un intervento – legittimo – sul funzionamento del mercato. Il Parlamento ha tuttavia accolto un'iniziativa diametralmente opposta a quella appena descritta, e arriva addirittura ad identificarla con l’obiettivo politico del regolamento. Cito: “Tutte le misure proposte o prese a livello dell'Unione dovrebbero essere neutrali e non costituire interventi sul funzionamento del mercato”. La maggior parte di quanti siedono in quest’Aula non ha appreso nulla dalla crisi economica e finanziaria globale. Continua a difendere dogmi neoliberisti confidando, persino per un settore così strategico, nell’autoregolazione del mercato. E’ inammissibile. Per questo ho espresso il mio voto contrario alla risoluzione.

 
  
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  Peter Jahr (PPE).(DE) Signor Presidente, un’infrastruttura efficiente a livello comunitario è essenziale ai fini di un considerevole aumento della ricchezza. La politica energetica svolge, insieme alla politica estera e di sicurezza comune e alla sicurezza alimentare, un ruolo cruciale. Per questo semplice motivo, è fondamentale che il Parlamento europeo non solo partecipi a questa discussione, ma che goda altresì del diritto di codecisione. Chiedo, di conseguenza, alla Commissione di mettere fine alla sua politica ostruzionista e di garantire al Parlamento il diritto di codecisione.

 
  
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  Ryszard Czarnecki (ECR).(PL) Signor Presidente, sarò breve. Il concetto, nel suo complesso, è sostanzialmente corretto. Condivido, in modo particolare, l’enfasi attribuita all’aspetto ecologico. Dal momento che ne parliamo, tuttavia, dobbiamo cercare di essere coerenti. Le principali argomentazioni contrarie alla realizzazione del gasdotto nordeuropeo si basavano proprio su questioni di natura ecologica e di protezione ambientale che, sebbene fossero giustificate, concrete e scientificamente fondate, non sono state considerate a causa del trionfo delle ragioni politiche. A mio avviso, nel sostenere questo progetto, dovremmo ricordarci di bandire l’ipocrisia dalla politica. Molti Stati membri dell’Unione e molti gruppi politici se ne sono dimenticati quando hanno affrontato la questione del gasdotto nordeuropeo.

 
  
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  Jaroslav Paška (EFD). (SK) All’inizio del 2009 era evidente che né l’Unione europea né gli Stati membri sarebbero stati in grado di sostenersi a vicenda qualora la fornitura di gas o di energia elettrica fosse stata interrotta. Così come era evidente che le reti elettriche dei paesi occidentali e orientali non erano interconnesse o compatibili e che adottavano parametri diversi.

E’ fondamentale, quindi, che sia i singoli Stati sia gli operatori del settore energetico forniscano alla Commissione informazioni chiave in merito alla loro capacità di approvvigionamento energetico, affinché questa possa valutare le eventuali carenze nelle reti di approvvigionamento e nella politica di sicurezza energetica dell’Unione e possa quindi ragguagliare i singoli paesi circa la capacità di riserva dei loro sistemi energetici. Da questo punto di vista, ritengo che dovremmo appoggiare l’iniziativa del Consiglio e della Commissione sulla fornitura e la raccolta di informazioni nel settore energetico per il bene dell’ intera Unione europea.

 
  
  

Proposta di risoluzione RC-B7-0116/2010

 
  
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  Viktor Uspaskich (ALDE). (LT) Mi preme, in modo particolare, esprimere il mio sostegno nei confronti dell’Ucraina per aver organizzato delle elezioni democratiche, dando così ai cittadini la possibilità di esprimere liberamente la propria volontà. Conosco bene l’Ucraina e posso affermare che non soltanto il governo, bensì l’intera società, procede con determinazione verso la democrazia e la creazione di istituzioni democratiche. Auspico che le suddette elezioni avvicinino ulteriormente l’Ucraina all’Unione europea e che possano addirittura contribuire alla creazione di un ponte ancora più solido nelle relazioni fra l’Unione e la Russia. Sono lieto di constatare che forse anche un paese ex-sovietico verrà presto dal coinvolto nel regime di esenzione dall’obbligo del visto dell’Unione europea.

 
  
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  Jarosław Kalinowski (PPE).(PL) Signor Presidente, la risoluzione sulla situazione in Ucraina è equilibrata e offre un quadro oggettivo della realtà dei fatti. Non ci resta che augurare all’Ucraina di riuscire a superare gli attuali problemi economici e le profonde divisioni all’interno della società relative al futuro geopolitico del paese.

Mi preme, altresì, richiamare la vostra attenzione sulla decisione del presidente uscente, Viktor Yushchenko, di insignire Stefan Bandera del titolo di eroe nazionale dell’Ucraina e sul decreto che riconosce a due organizzazioni – l’organizzazione dei nazionalisti ucraini e l’esercito insurrezionale ucraino – la partecipazione alla lotta per l’indipendenza del paese. Sia Stefan Bandera, sia le suddette due organizzazioni sono responsabili di episodi di pulizia etnica e atrocità di vario genere commesse contro la popolazione polacca negli anni quaranta su parte del territorio che oggi corrisponde all'Ucraina occidentale. I nazionalisti hanno assassinato 120 000 polacchi. Se da un lato auguro al paese ogni successo, dall’altro auspico che la glorificazione del nazionalismo estremo e criminale venga condannata.

 
  
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  Elżbieta Katarzyna Łukacijewska (PPE).(PL) Signor Presidente, ho avuto l’onore di svolgere il ruolo di osservatore del Parlamento europeo durante il primo turno delle elezioni presidenziali in Ucraina. Devo ammettere che il popolo ucraino ha superato la prova. Le elezioni sono state trasparenti e democratiche, nonostante le modifiche dell’ultima ora apportate alle leggi elettorali.

Oggi l’Ucraina ha bisogno di stabilità politica, amministrativa ed economica. Di conseguenza, pur rispettando la scelta democratica del popolo ucraino, dovremmo sostenere e velocizzare l’adozione delle misure che consentiranno all’Ucraina di superare i problemi attuali. L’Unione europea dovrebbe lanciare un messaggio chiaro e far capire all’Ucraina che la porta per l’adesione all’Unione è aperta. Se all’Unione europea sta davvero a cuore l’Ucraina, dovrebbe innanzitutto eliminare i requisiti relativi ai visti per i cittadini ucraini. Auspico che l’adozione della risoluzione odierna possa accelerare il processo di trasformazione dei suddetti progetti in realtà. Per questo, ho espresso il mio voto favorevole alla risoluzione.

 
  
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  Ryszard Czarnecki (ECR).(PL) Signor Presidente, ho avuto l’onore di presenziare sia al primo, sia al secondo turno delle elezioni presidenziali in Ucraina in qualità di osservatore parlamentare, funzione che avevo già svolto molti anni fa. Mi preme sottolineare che dovremmo trattare l’Ucraina come un partner, senza interferire nelle scelte del suo elettorato. Considero del tutto inappropriata l’affermazione fatta ieri, in quest’Aula, da uno dei leader del gruppo dell'Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l'Europa. Mi riferisco all’esponente liberale che ha affermato che il nuovo presidente sarà a favore di Mosca. La prima visita all’estero del neoeletto presidente ucraino sarà proprio qui, a Bruxelles. Dobbiamo valutare i responsabili delle politiche ucraine sulla base dei fatti e non delle loro dichiarazioni. L’Ucraina dovrebbe essere un nostro partner politico e credo che dovremmo creare le condizioni per la sua adesione all’Unione europea. Accolgo con favore la dichiarazione del nuovo presidente, il quale ha affermato di voler annullare il decreto citato dall’onorevole Kalinowski, che conferisce scandalosamente il titolo di eroe nazionale dell’Ucraina a un uomo che si è macchiato del sangue di migliaia di polacchi.

 
  
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  Charalampos Angourakis (GUE/NGL) . – (EL) Signor Presidente, ho votato contro la proposta di risoluzione perché ritengo, innanzi tutto, che si tratti di un tentativo di ingerenza nelle questioni interne dell'Ucraina e che contenga, altresì, delle parti contraddittorie. Questo è, a mio avviso, inammissibile.

In secondo luogo, ho espresso un voto contrario perché credo che il popolo ucraino non beneficerà affatto dell’adesione all’Unione europea e la proposta di risoluzione in oggetto crea le condizioni per un futuro di questo tipo; proprio come già avvenuto in molti altri paesi, il suddetto processo sarà caratterizzato anche da una fase di ristrutturazione.

In terzo luogo, uno dei motivi principali per cui ho votato contro la risoluzione è il riferimento a Bandera. E’ giusto che la proposta lo citi. Tuttavia, sia quest’Aula, sia l’Unione nel suo complesso, devono assumersi un’enorme responsabilità nei luoghi in cui si verificano episodi di questo genere: non mi riferisco soltanto all’Ucraina, ma anche ad altri paesi – gli Stati baltici, ad esempio – come ben sapete. assistiamo ad una vera e propria recrudescenza dei crimini di guerra: per questo l’Unione europea e il Parlamento hanno una responsabilità enorme.

 
  
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  Jaroslav Paška (EFD). (SK) Se da un lato la leadership politica ucraina è cambiata, dall’altro la situazione per la popolazione è rimasta invariata. I cittadini ucraini si sono impoveriti, pur vivendo in un paese estremamente ricco e dotato di un enorme potenziale da sfruttare.

In quest’ottica, ritengo che l’Unione debba, continuare il dialogo con l’Ucraina rendendolo al contempo ancora più intenso ed efficace. L’Ucraina ha realmente bisogno di sostegno da parte dell’Unione europea. Sono soprattutto i cittadini,, il popolo ucraino, a sentirne la necessità, non i politici. La cooperazione fra l’Ucraina e l’Unione europea potrebbe portare ad un partenariato solido e ad una stretta collaborazione, nonché dare un forte impulso all'economia del paese. Vorrei vedere un maggiore impegno da parte nostra in quest’area.

 
  
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  Daniel Hannan (ECR).(EN) Signor Presidente, il comunismo sovietico è stata l’ideologia più sanguinaria mai elaborata dalla nostra specie. In termini numerici ha causato più morti di qualunque altro sistema politico e molti di questi, in misura sproporzionata, erano cittadini ucraini.

Ed è una tragedia che continua tuttora. Il nome “Ucraina”, in base alle mie conoscenze, significa “frontiera”, “confine” e in questo caso costituisce il confine fra due enormi blocchi all’interno del paese: quello degli slavofili e quello degli occidentalisti, la cui rivalità si riflette nelle ambizioni contrastanti delle potenze confinanti.

Cosa possiamo fare per aiutare il paese in modo efficace? Potremmo aprire i nostri mercati. Gli ucraini sono un popolo istruito e lavoratore, con un costo della manodopera relativamente basso e prezzi abbastanza competitivi per quanto riguarda l’esportazione. Se dessimo loro la possibilità di diventare membri a pieno titolo dell’Unione doganale europea, miglioreremmo notevolmente la loro qualità di vita.

In realtà, invece, riversiamo sul popolo ucraino sempre più burocrazia, tentando di coinvolgerlo nella creazione di capacità e di inserirlo all’interno delle strutture di cooperazione dell’Unione europea. Ma loro non ce l’hanno chiesto! Non vogliono la nostra carità. Vogliono solo avere la possibilità di vendere.

 
  
  

Relazione Vălean (A7-0016/2010)

 
  
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  Daniel Hannan (ECR).(EN) Signor Presidente, quando succede qualcosa di inaspettato, è umano cercare inquadrare la realtà nella nostra Weltanschauung. Gli psichiatri descrivono questo fenomeno con un’espressione raffinata e ancora più ricercata di Weltanschauung: lo chiamano “dissonanza cognitiva”. In quest’ottica, dunque, il Parlamento imputa l’esito negativo del referendum al fatto che gli elettori avrebbero voluto più Europa e hanno votato “no” perché l’impronta del referendum non era sufficientemente federalista.

Lo stesso vale per l'attuale crisi economica. La crisi è scoppiata perché abbiamo esaurito le risorse finanziarie. Abbiamo speso tutto, abbiamo prosciugato le tesorerie, abbiamo esaurito il credito e adesso quest’Aula chiede di incrementare gli investimenti. Servono più progetti per delle infrastrutture europee, serve un bilancio più cospicuo.

Signor Presidente, è come assumere un’altra dose del farmaco responsabile della malattia. Sappiamo già dagli anni settanta a cosa porta questo processo. Porta alla riduzione del PIL, alla disoccupazione, alla stagnazione e alla progressiva sconfitta di questa parte del mondo di fronte ai propri rivali.

 
  
  

Proposta di risoluzione RC-B7-0123/2010

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE).(EN) Signor Presidente, ho appoggiato la risoluzione, di cui sono relatrice per parere e, in virtù di questo mio ruolo, avrei delle osservazioni da fare in merito alla relazione Goldstone, oggetto, appunto, della suddetta risoluzione.

La relazione Goldstone ha dimostrato, ancora una volta, che le indagini effettuate dalle parti belligeranti difficilmente sono imparziali e oggettive. La relazione dichiara in modo piuttosto esplicito che nessuna delle due parti ha condotto indagini adeguate ed efficaci circa le presunte violazioni del diritto bellico da parte degli attori coinvolti.

Dovremmo altresì accogliere con favore la recente revisione del documento, che l’ha reso meno controverso, linguisticamente meno duro e, di conseguenza, più accettabile.

La lezione principale che dovremmo trarre consiste nell’impegnarci di più per coinvolgere maggiormente l’Unione europea nel processo, non solo quando si tratta di indagini relative a crimini presunti; mi riferisco a un tipo di coinvolgimento proattivo e precauzionale dell’Unione europea, in quanto membro ufficiale del Quartetto per il Medio Oriente.

 
  
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  Martin Kastler (PPE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, a nome di una parte del gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano) e, soprattutto, a nome del collega Brok, intendo esprimere la nostra profonda indignazione per la decisione di quest’Aula di respingere l’emendamento che intendeva includere i cristiani e altre minoranze religiose in questa relazione. Credo che sia davvero scandaloso rilasciare continue dichiarazioni su questioni inerenti ai diritti umani e pensare, allo stesso tempo, che non valga la pena proteggere le vittime di persecuzioni perpetrate per motivi religiosi. E’ un vero peccato che venga respinto un emendamento che affronta una questione di importanza fondamentale per il futuro del mondo. Se per qualche motivo non siamo in grado di tutelare le minoranze, non ci spetta nemmeno il diritto di affermare che il Parlamento europeo è la casa dei diritti umani, dei diritti fondamentali e della lotta per tutelarli a livello mondiale. Ho espresso il mio voto contrario perché ritengo che le minoranze religiose non vadano escluse.

 
  
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  Sari Essayah (PPE).(FI) Signor Presidente, come ha già affermato l’onorevole Kastler, il nostro gruppo avrebbe preferito una votazione per parti separate sul punto relativo alle minoranze religiose ma, sfortunatamente, la maggioranza in quest’Aula ha respinto la nostra proposta.

Dobbiamo capire che proteggere i diritti delle minoranze religiose è importante quanto tutelare i diritti di qualsiasi altra minoranza.

L’Unione europea dovrebbe partecipare alle attività svolte dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, che si trova attualmente in fase di stallo, vittima di forti pregiudizi e ormai privo della fiducia universale di cui godeva in passato.

La relazione Goldstone è solo un esempio di come il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite sia stato manovrato per servire gli interessi di un folto gruppo di antisemiti. Attualmente, 21 delle 25 relazioni del Consiglio relative a singoli paesi riguardano proprio Israele, come se in Israele i diritti umani venissero repressi più che in altri paesi a livello mondiale. L’Unione europea deve prendere parte alle attività del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.

 
  
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  Daniel Hannan (ECR).(EN) Signor Presidente, dopo la fine della guerra fredda si è imposta, sui 200 Stati che fanno parte delle Nazioni Unite, una dottrina nuova e rivoluzionaria. In base a tale dottrina, la legge non dovrebbe trarre origine dalle legislature nazionali che sono, in una certa misura, legate alla popolazione, quanto piuttosto essere imposta da una tecnocrazia internazionale di giuristi, responsabili esclusivamente di fronte alla propria coscienza.

Stiamo dunque annullando 300 anni di sviluppo democratico. Ci stiamo allontanando dal presupposto in base al quale chi promulga le leggi deve in qualche modo rispondere agli elettori attraverso le urne e stiamo sposando l’idea premodernista secondo la quale chi fa le leggi è responsabile solo dinanzi al Creatore o alla propria coscienza.

Grazie agli strumenti in materia di diritti umani, queste burocrazie internazionali riescono a oltrepassare i confini dei singoli Stati membri e a imporre la propria volontà in contrasto con quella delle popolazioni locali.

Consentitemi di concludere con una citazione del giudice Bork che, proposto per la Corte suprema sotto la presidenza Reagan, venne fatto fuori così clamorosamente che il suo cognome è oggi sinonimo di estromissione. Egli disse: “quello che abbiamo scatenato è un coup d’état: lento e sottile, ma pur sempre un coup d’état”.

 
  
  

Proposta di risoluzione B7-0118/2010

 
  
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  Georgios Papanikolaou (PPE).(EL) Signor Presidente, in questo momento, quanti si battono per la parità di genere si trovano ad affrontare una nuova sfida. I progressi registrati dall'Unione europea negli ultimi anni in quest'area rischiano di andare incontro a una battuta d'arresto, se non addirittura a un’inversione di tendenza, come conseguenza della recessione in atto.

Tuttavia, politiche efficaci a favore dell’uguaglianza di genere possono costituire parte della soluzione, permettendoci di superare la crisi attuale, avviare la ripresa e potenziare l’economia. Per tale ragione, investire in politiche a favore dell’uguaglianza tra uomini e donne deve essere il nostro obiettivo primario, obiettivo che noi tutti dobbiamo sostenere con particolare determinazione, specialmente in un momento difficile dal punto di vista economico come quello attuale.

 
  
  

Relazione Maňka (A7-0017/2010)

 
  
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  Frank Vanhecke (NI).(NL) Credo che il Parlamento dovrebbe vergognarsi dell’emendamento in materia di bilancio che ha di fatto appena approvato con questa risoluzione. Quasi tutti i paesi europei sono ormai vittime della grave crisi economica e finanziaria in atto e sono sempre di più coloro che perdono il proprio posto di lavoro e la nostra risposta a questa situazione è assegnarci ulteriori risorse, più personale e sostenere costi aggiuntivi, tutto a spese dei nostri contribuenti. E come se non bastasse, tutti sanno che le dotazioni aggiuntive e l’incremento del personale servono unicamente a garantire una certa sicurezza economica ai socialisti che sono usciti sconfitti dalle recenti elezioni. In passato, lo stesso meccanismo aveva portato a un notevole incremento dei finanziamenti alle fondazioni e ai partiti politici europei, fra gli altri. Ed è incredibile come ogni volta si riescano ad accampare scuse apparentemente plausibili per attingere sempre di più alle casse di questa istituzione; si tratta, a mio avviso, di una pratica inammissibile in un momento di crisi come questo.

 
  
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  Miguel Portas, a nome del gruppo GUE/NGL.(PT) Mi preme sottolineare che il bilancio rettificativo appena approvato, ammontante a 13 400 000 euro, che si riferisce ad un periodo di sei mesi, a partire dal 1° maggio, è, a mio avviso, poco ragionevole.

I 4 milioni di euro destinati all’incremento delle risorse umane in seno alle commissioni e ai gruppi parlamentari si possono giustificare, dal momento che il trattato di Lisbona attribuisce più incarichi al Parlamento, dal punto di vista legislativo. Se quest’anno aumentiamo i fondi destinati all’assunzione degli assistenti dei parlamentari di 8 milioni di euro, significa che l’anno prossimo ne avremo investiti già 16, cifra palesemente eccessiva dal momento che, a partire dal prossimo anno, è già previsto un aumento mensile di 1 500 euro per i parlamentari, il che implica un ulteriore investimento non più di 16, bensì di 32 milioni di euro. In un momento in cui la disoccupazione e la crisi sociale sono all’ordine del giorno in tutti gli Stati membri, un incremento delle risorse a favore dei parlamentari non può essere sostenibile a meno che non troviamo il coraggio di ridurre contestualmente le spese e le indennità che ci spettano in quanto parlamentari e che sono, a mio avviso del tutto ingiustificate.

Non capisco come sia possibile che, per un giorno di viaggio, un parlamentare riceva un’indennità pari a 300 euro, a cui si aggiungono i rimborsi per il tempo impiegato e la distanza percorsa, il tutto esentasse. Dovremmo prima eliminare le spese inutili e solo dopo discutere su come poter incrementare i mezzi a nostra disposizione in ambito legislativo. Non farlo sarebbe una mancanza di rispetto in considerazione delle difficoltà che stanno vivendo i nostri cittadini. Abbiamo l’obbligo di dare il buon esempio; oggi ne stiamo dando uno negativo.

 
  
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  Daniel Hannan (ECR).(EN) Signor Presidente, sono lieto di condividere l’opinione dell’onorevole Portas e del gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica su questo punto. I governi di tutta Europa, dall’Irlanda alla Lettonia, si stanno adoperando per far fronte alla crisi finanziaria e alla stretta creditizia riducendo le proprie spese, mentre noi – e soltanto noi – qui al Parlamento, stiamo aumentando drasticamente le spese in termini sia assoluti, sia relativi. Stiamo aumentando le indennità accessorie e le risorse finanziarie a disposizione dei parlamentari e del relativo personale.

La giustificazione che si adduce nella relazione è molto curiosa: ci viene detto che questo ulteriore incremento delle spese dipende dalle nuove responsabilità derivanti dal trattato di Lisbona. In un certo senso è vero, ma non credo che fosse questa l’idea iniziale degli autori. Stiamo assistendo a una continua espansione della burocrazia fine a se stessa. La funzione primaria del trattato di Lisbona è garantire risorse finanziarie e posti di lavoro aggiuntivi alle decine di migliaia di persone che dipendono direttamente o indirettamente dall’Unione europea per il proprio sostentamento. Non abbiamo, tuttavia, chiesto il parere degli elettori a questo proposito: vorrei che tale questione venisse loro sottoposta per vedere se sarebbero davvero favorevoli a incrementare le nostre risorse quando loro, invece, si vedono costretti a tirare la cinghia.

 
  
  

Relazione Patrão Neves (A7-0014/2010)

 
  
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  Viktor Uspaskich (ALDE). (LT) Accolgo con favore la decisione relativa alle nuove disposizioni per il settore della pesca. I pesci, come qualsiasi altro animale, non si possono confinare in aree prestabilite. Per questo motivo, ritengo che discutere di quale paesi siano più o meno interessati a questo settore darebbe adito ad una serie infinita di argomentazioni.

Se ci basiamo sulla ricerca scientifica, secondo cui sono molte le specie ittiche sull’orlo dell’estinzione, la necessità di una decisione condivisa diventa ancor più pressante, non solo a livello comunitario, bensì globale. Per questo motivo, accolgo con favore l’iniziativa dell’Unione europea in questo settore, in quanto esempio positivo per i paesi terzi.

Auspico che questa decisione, che prevede anche un’analisi congiunta, possa essere d’aiuto alle imprese operanti nel settore ittico e ai paesi stessi, a prescindere dalle loro dimensioni. Auspico, inoltre, che la suddetta decisione contribuisca a salvare le specie in via di estinzione. Per questo, esprimo il mio pieno sostegno.

 
  
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  Diane Dodds (NI).(EN) Signor Presidente, non è stato piacevole dover votare contro una risoluzione che include svariati aspetti potenzialmente positivi per il futuro della pesca europea.

Rimane il fatto, purtroppo, che la politica comune della pesca non fa altro che arrecare danno all'industria ittica del mio paese.

Le cosiddette preferenze dell’Aia discriminano ogni anno i pescatori nordirlandesi riducendo il numero di contingenti loro spettanti. Undici anni di sospensioni temporanee delle attività di pesca nel Mare d’Irlanda hanno ridotto la flotta per la pesca del coregone da quaranta a sei unità: ciononostante parliamo ancora di eccedenza di capacità.

Vi è poi la questione dell’applicazione della normativa relativa alla pesca nel Mare del Nord anche alla pesca nel Mare d’Irlanda: un approccio condiviso e coerente, ma del tutto incompatibile con la realtà dei fatti. Pensiamo soltanto ai misuratori delle maglie delle reti, approvati per nobili ragioni, ma che l’Europa ha imposto all'industria ittica commettendo l’errore grossolano di non spiegare quali sarebbero state le conseguenze del passaggio al nuovo metodo.

Per le suddette ragioni, pur apprezzando alcuni aspetti della relazione, ho espresso il mio voto contrario.

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE). (LT) Ho votato a favore della risoluzione sul Libro verde sulla riforma della politica comune della pesca. Auspico che, con la votazione odierna, il Parlamento europeo abbia contribuito almeno in parte alla conservazione degli stock ittici e di un sano ambiente marino, oltre che alla riforma della politica comune della pesca.

Come sappiamo bene qui al Parlamento europeo, il 27 per cento delle specie ittiche esistenti è a rischio di estinzione. Se non verranno imposte delle restrizioni alle attività di pesca, le suddette specie scompariranno definitivamente. Sappiamo anche che sarebbe possibile aumentare gli stock ittici dell’86 per cento se le catture non avvenissero in modo così sconsiderato. E' noto, inoltre, che il 18 per cento delle specie esistenti è a rischio e secondo gli scienziati dovremmo immediatamente vietarne la pesca.

Mi auguro vivamente che l’Unione europea abbia la volontà politica necessaria non solo per redigere la riforma, ma anche per applicarla.

 
  
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  Hannu Takkula (ALDE).(FI) Signor Presidente, come suggerito dal relatore ombra del nostro gruppo – l’onorevole Haglund – ho espresso il mio voto favorevole al Libro verde sulla riforma della politica comune della pesca.

Credo che sia fondamentale prestare più attenzione alla questione della pesca e allo stato delle acque sul territorio dell’Unione. Allo stato attuale si tratta di una sfida di proporzioni enormi. Temo che la situazione ci sia sfuggita di mano per quanto concerne la pesca eccessiva nelle acque dell’Unione – pratica equivalente al furto, in realtà – e temo che la quantità stia prendendo il sopravvento sulla qualità.

Dovremmo iniziare a pensare più seriamente a come costituire gli stock ittici in maniera sostenibile e a come garantire lo svolgimento delle attività di pesca anche in futuro. Dobbiamo concentrarci, in modo particolare, sul salmone allo stato libero e sugli stock selvatici. Dobbiamo mettere a punto un programma speciale per recuperare i suddetti stock di salmone.

Vengo dalla Lapponia finlandese. Abbiamo bisogno che i salmoni ripopolino i nostri fiumi di riproduzione. Serve un programma che garantisca la tutela e la ricostituzione, in modo particolare, degli stock di salmone allo stato libero affinché la pesca di questa specie possa proseguire in modo sostenibile in futuro.

 
  
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  Daniel Hannan (ECR).(EN) Signor Presidente, da ormai 11 anni continuo a denunciare le ripercussioni negative della politica comune della pesca sul mio paese: in base al diritto internazionale, la politica comune della pesca avrebbe dovuto riguardare il 65 per cento degli stock ittici del Regno Unito nel Mare del Nord, ma in base ai sistema dei contingenti abbiamo ottenuto solamente il 25 per cento in termini di volume e il 15 per cento in termini di valore.

Quell’accordo sta diventando puramente teorico dal momento che la popolazione ittica è effettivamente scomparsa. Anche nel periodo che ho trascorso in quest'Aula ho assistito a un calo spaventoso di una risorsa che dovrebbe essere teoricamente rinnovabile. I paesi che sono riusciti a promuovere la partecipazione, a offrire ai pescatori un buon motivo per trattare i mari come una risorsa rinnovabile, sono riusciti anche a mantenere viva la popolazione ittica: mi riferisco all’Islanda, alla Norvegia, alla Nuova Zelanda e alle Isole Falkland. Ma in Europa abbiamo assistito alla “tragedia dei beni comuni”, che ha offerto a tutti i pescherecci parità di accesso alla risorsa ittica comune.

E’ impossibile convincere il comandante di un peschereccio a rientrare in porto quando egli è consapevole che quelle acque verranno comunque depredate da qualcun altro. Come ho già detto, si tratta di un’argomentazione ormai puramente teorica. E’ finita. I nostri pescherecci non possono salpare. I nostri porti di pesca sono abbandonati. I nostri oceani sono vuoti.

 
  
  

Dichiarazioni di voto scritte

 
  
  

Relazione Vălean (A7-0016/2010)

 
  
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  Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. (RO) Ho espresso il mio voto favorevole alla risoluzione perché migliora il sistema attuale, ottenendo un meccanismo di informazione più efficace nell’ambito dei progetti di investimento relativi alle infrastrutture per l’energia a livello comunitario. La necessità di migliorare il sistema di informazione nasce dal cambiamento registrato nel settore energetico in seguito all’istituzione del mercato interno e all’aumento dell’interdipendenza energetica fra gli Stati. Questi fattori hanno determinato la necessità di definire degli strumenti anche a livello comunitario, per aiutarci a prendere le decisioni giuste in questo settore.

Approvo la modifica della base giuridica proposta dalla Commissione affinché il regolamento si possa basare sull'articolo 194 del trattato di Lisbona. L’obiettivo è rafforzare il ruolo delle istituzioni comunitarie in materia di politica energetica e, in particolare, nell’ambito del mercato dell’energia e della sicurezza delle risorse, nella promozione dell’efficienza energetica, nello sviluppo di nuove forme di energia rinnovabile e nella promozione dell’interconnessione fra le reti energetiche esistenti.

 
  
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  Liam Aylward (ALDE), per iscritto.(GA) Ho votato a favore della relazione in materia di investimenti nelle infrastrutture per l’energia, che mira a garantire l’approvvigionamento energetico e un potenziale competitivo nonché a dare un nuovo impulso alla lotta al cambiamento climatico. La relazione prevede che i governi dell’Unione europea ragguaglino la Commissione sugli investimenti effettuati nelle infrastrutture per l’energia, nella modernizzazione o a favore di una produzione energetica efficiente, dati molto utili a livello comunitario in termini di efficienza, appunto, cooperazione e pianificazione energetica. Lotta al cambiamento climatico, garanzia dell’approvvigionamento energetico e utilizzo delle risorse energetiche rinnovabili: sono tutte questioni particolarmente importanti per l’Unione europea; dobbiamo impegnarci a fondo per promuovere e garantire investimenti mirati e sicuri in quest’ambito. Dobbiamo altresì fare in modo che le suddette questioni continuino a essere prioritarie nell’ambito della politica energetica comunitaria.

 
  
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  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (EN) Ho appoggiato la relazione. L’Unione europea ha acquisito nuovi poteri grazie al trattato di Lisbona e deve garantire di saperli sfruttare appieno e in modo efficace. La sfera di competenza dell’Unione europea in ambito energetico si è ampliata e la creazione di un mercato comune per l’energia è una priorità per la Commissione. Tuttavia, non è possibile promuovere in modo efficace la politica europea per l'energia senza informazioni chiare e precise sulle infrastrutture per l’energia esistenti o in progetto e sulle iniziative dell’Unione europea.

Il nuovo regolamento è uno strumento legislativo di notevole importanza nell’ambito della politica europea per l’energia e auspico che possa funzionare anche a livello pratico. Non è possibile promuovere in modo efficace la politica europea per l'energia senza informazioni chiare e precise sulle infrastrutture per l’energia esistenti o in progetto sul territorio dell’Unione

Come sappiamo bene, con il vecchio regolamento, molti Stati membri non rispettavano gli obblighi di informazione, cosa che non dovrebbe accadere con quello nuovo. La Commissione europea, in quanto custode del trattato sull’Unione europea, deve far sì che tutti gli Stati membri ottemperino alle disposizioni del regolamento e che forniscano tempestivamente tutte le informazioni in loro possesso relative agli sviluppi previsti nell’ambito delle infrastrutture per l’energia.

 
  
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  Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. – (RO) Una politica coerente in materia di energia è inevitabilmente destinata al fallimento se il 27 Stati membri non forniscono informazioni complete e accurate sui loro investimenti in ambito energetico. E’ fondamentale che l’esecutivo dell’Unione europea riconosca la necessità di tutelare la riservatezza delle informazioni ricevute, poiché si tratta di informazioni molto delicate relative a un settore molto importante del mercato.

La sicurezza energetica dell’Europa è una questione di notevole importanza; la Commissione deve sapere, tuttavia, che le informazioni che le giungono separatamente da ogni singolo Stato non possono essere diffuse per nessun motivo, soprattutto se si tratta di informazioni di natura prettamente commerciale. Ricevere informazioni relative ai progetti di investimento nel settore energetico a cadenza biennale, consentirà alla Commissione di effettuare un'analisi regolare in grado di prevedere i successivi sviluppi del sistema energetico dell'Unione. Sarà così possibile affrontare con tempestività l’insorgenza di eventuali problemi o lacune.

E’ fondamentale definire un meccanismo che consenta di rispettare i requisiti imposti dalla Commissione in materia di informazione nei casi in cui le disposizioni previste dal precedente regolamento relative alle informazioni da fornire alla Commissione in merito ai progetti di investimento nelle infrastrutture per l’energia a livello comunitario non siano state rispettate da tutti gli Stati membri.

 
  
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  Antonio Cancian (PPE), per iscritto. − Approviamo, oggi, questo regolamento forti del maggior peso che il trattato di Lisbona conferisce al Parlamento nella definizione delle politiche energetiche. E' sicuramente positivo perseguire una cooperazione inter-istituzionale finalizzata a pianificare in modo organico, razionale e previdente, gli interventi dell'UE nella progettazione e realizzazione delle infrastrutture energetiche: penso ai possibili vantaggi per la programmazione delle TEN-E e l'avvio di progetti pilota per lo stoccaggio del CO2, che rappresentano il futuro dell'energia. Tuttavia, gli obblighi di informativa imposti dal regolamento potrebbero comportare un'eccessiva ingerenza della politica nell'economia e minare il gioco della concorrenza, attraverso la divulgazione di notizie relative ai progetti. E´, quindi, importante assicurare una raccolta e gestione dei dati che tuteli la riservatezza e l'attività delle imprese. L'analisi di questi dati consentirà certamente di orientare al meglio gli investimenti. Ma all'analisi devono accompagnarsi misure finanziarie concrete per sostenere tali opere e incentivare gli investimenti privati nel settore. Bisogna rafforzare il fondo Marguerite per infrastrutture, energia e clima. L'iniziativa è valida e necessaria ma occorre riempire questo fondo con le risorse UE già disponibili in bilancio e agganciarlo a forme di finanziamento garantite dalla BEI e/o altri istituti finanziari, così da poter partecipare adeguatamente all´equity dei singoli PPP realizzativi.

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Il trattato di Lisbona ha attribuito all’Unione europea competenze maggiori nell’ambito della politica energetica.

E’ fondamentale che gli Stati membri collaborino per garantire una politica energetica più efficiente, più sicura e meno onerosa per i cittadini. Garantire la stabilità necessaria a ridurre il rischio di una nuova crisi del gas fra l’Ucraina e la Russia è fondamentale. Questo garantirebbe la sicurezza dell’approvvigionamento, come si aspettano gli Stati membri e i consumatori europei.

Una delle priorità fondamentali dell’Unione consiste nell’istituire uno spazio energetico europeo. Il pacchetto clima-energia mira ad accrescere la competitività del settore dell’industria a livello comunitario in un mondo in cui i limiti sulle emissioni di anidride carbonica consentite aumentano giorno dopo giorno.

Il regolamento sui progetti di investimento nell’ambito delle infrastrutture per l’energia sul territorio dell’Unione contribuirà a rendere il mercato più trasparente e prevedibile, attraverso un sostegno concreto alle nostre imprese e alla creazione di un ambiente positivo ai fini della competitività.

 
  
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  David Casa (PPE), per iscritto. (EN) Affinché la Commissione possa svolgere i propri compiti in modo efficace in materia di politica energetica, necessita di informazioni aggiornate sugli eventuali sviluppi del settore. Questa è una delle ragioni per cui ho votato a favore di questa relazione.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho espresso il mio voto favorevole alla relazione sulla proposta di un regolamento del Consiglio che prevede che la Commissione venga ragguagliata sui progetti di investimento nelle infrastrutture per l’energia a livello comunitario, nonché l’abrogazione del regolamento (CE) n. 736/96, per consentire alla Commissione di monitorare le suddette infrastrutture e prevenire eventuali problemi, soprattutto di carattere ambientale. E’ fondamentale ribadire l’importanza di una valutazione dell’impatto ambientale dei progetti di infrastrutture per far sì che queste ultime vengano rese operative o messe in disuso in modo sostenibile.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Data l’importanza di una politica energetica integrata non solo per combattere il cambiamento climatico e ridurre le emissioni di CO2, ma anche per garantire una maggiore efficienza e una minore dipendenza energetica a livello europeo, la comunicazione e la trasmissione di informazioni relative agli investimenti e ai progetti di infrastrutture per l’energia rivestono un’importanza capitale.

Per la politica europea per l’energia, è fondamentale che la Commissione sia a conoscenza delle tendenze in materia di investimenti per l’energia nei vari Stati membri affinché possa mettere a punto delle politiche integrate volte a promuovere una maggiore efficienza energetica e investimenti in tecnologie più pulite, con l’obiettivo di assicurare un'indipendenza sempre maggiore dai fornitori esterni e dai combustibili fossili.

In quest’ottica, sostengo la proposta relativa al regolamento in oggetto e ribadisco in modo particolare la sua necessaria attuazione, mai avvenuta con il regolamento precedente che si propone di sostituire.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Questa proposta di regolamento contribuisce alla definizione di una politica europea per l’energia che si basi sull’efficienza, l’affidabilità e la sicurezza. L'efficienza energetica è una questione prioritaria per l'Unione europea vista la necessità di tutelare e massimizzare le risorse disponibili e rispettare gli impegni da essa assunti nella lotta al cambiamento climatico.

Vorrei ricordarvi che, prima di passare a nuovi progetti, è necessario considerare l'obiettivo del 20 per cento in termini di efficienza energetica che l’Unione europea si propone di raggiungere. Questo significa che i progetti di investimento nelle infrastrutture per l’energia devono essere compatibili con l’obiettivo di ricavare almeno il 20 per cento dell’energia da fonti energetiche sostenibili e rinnovabili entro il 2020. La politica energetica che stiamo appoggiando deve garantire basse emissioni di anidride carbonica e deve basarsi sui principi di solidarietà e sostenibilità. L’affidabilità del sistema è importante dal momento che il nostro intervento deve essere prolungato nel tempo. Deve considerare il deterioramento del settore energetico in termini di approvvigionamento sia all’interno che all’esterno dell’Unione europea. E’ altresì fondamentale considerare investimenti chiave in infrastrutture che siano in grado di evitare i problemi di sicurezza energetica relativi all’approvvigionamento.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) La relatrice parla di un tassello fondamentale del puzzle che costituisce la politica europea per l’energia, sostenendo che non possiamo promuovere in modo efficace una politica comunitaria in ambito energetico sul territorio dell’Unione se non disponiamo di informazioni adeguate relative alle infrastrutture per l’energia esistenti. Ad ogni modo, nonostante il grave disaccordo relativo alla politica europea per l’energia, questa relazione può essere comunque inserita in un quadro giuridico o nel contesto del mercato interno.

La relazione, tuttavia, include anche degli aspetti positivi: mi riferisco, in particolare, alla necessità di garantire la riservatezza delle informazioni, nonché di avanzare proposte neutre, evitando interventi politici sul mercato interno. I requisiti di informazione dovrebbero essere, altresì, facili da soddisfare, in modo da poter evitare inutili obblighi amministrativi alle imprese, agli Stati membri o alla Commissione.

Per questo, alla fine, abbiamo optato per l’astensione.

 
  
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  Françoise Grossetête (PPE), per iscritto. (FR) Ho espresso il mio voto favorevole alla relazione Vălean in merito alla proposta di regolamento del Consiglio che prevede che la Commissione venga informata sui progetti di investimento nelle infrastrutture per l’energia sul territorio comunitario.

Effettivamente è fondamentale disporre di un quadro della situazione sufficientemente dettagliato per poter trovare un equilibrio migliore tra l’offerta e la domanda a livello Europeo, nonché per investire in modo più avveduto nelle infrastrutture. Questo ci consentirà, altresì, di aumentare la trasparenza nei mercati (tutelando allo stesso tempo le informazioni aziendali) e di evitare fenomeni di dipendenza energetica da una specifica fonte o da un determinato fornitore.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Nonostante la delusione di Copenaghen, l’Unione europea non può permettere che l’assenza di consenso internazionale affievolisca il nostro impegno nell’attuazione di una politica energetica sostenibile. Il governo scozzese continua ad essere all’avanguardia nel campo delle energie rinnovabili e l’Unione europea svolge un ruolo altrettanto importante per quanto concerne l’attuazione dell’agenda. Una promozione efficace della nostra politica energetica necessita di informazioni adeguate in materia di infrastrutture: per questo oggi ho espresso il mio voto favorevole.

 
  
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  Alan Kelly (S&D), per iscritto. (EN) La necessità di disporre di informazioni complete sugli investimenti nelle infrastrutture per l'energia all'interno dell'Unione europea è palese: un quadro generale della situazione dell’industria energetica è fondamentale ai fini di una pianificazione tempestiva e dell’individuazione di eventuali difficoltà. Le infrastrutture per l’energia costituiranno la base della nostra crescita economica futura. Credo dunque che si debba promuovere, ove possibile, un’operazione congiunta a livello europeo.

 
  
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  Erminia Mazzoni (PPE), per iscritto. – La proposta risente della situazione emergenziale negli approvvigionamenti di gas emersa nel gennaio 2009, allorquando la Commissione rilevò l’inadeguatezza delle infrastrutture energetiche dell’Unione. L’intento della Commissione europea, che il Parlamento ha pienamente condiviso, è stato di disporre di una fotografia costantemente aggiornata del sistema infrastrutturale energetico. Oggi sussiste una grande incertezza per quel che riguarda la realizzazione dei progetti d’investimento, aggravata dalla crisi economica e finanziaria. Ritengo che occorra intervenire e ovviare alla mancanza di dati ed informazioni coerenti su progetti di investimento, senza i quali è impossibile analizzare l’evoluzione attesa delle infrastrutture dell’Unione e portare avanti un monitoraggio adeguato in prospettiva intersettoriale. Inoltre, il regolamento 736/96, che la proposta in parola abroga, non è più applicato in maniera coerente e risulta inadeguato ai recenti sviluppi del settore energetico. Con la presente proposta abbiamo quindi rafforzato il sistema esistente, migliorando sensibilmente la comparabilità delle informazioni e alleggerendo al contempo gli oneri amministrativi derivanti. Infine, tengo a sottolineare il fatto di aver votato a sfavore dell’emendamento 81 (tramite il quale si intendeva includere l’intera catena connessa all’energia nucleare fra le infrastrutture coperte dal regolamento), dal momento che esistono già disposizioni che disciplinano tali questioni nel trattato Euratom.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Se in un futuro non troppo lontano intendiamo utilizzare prevalentemente energie rinnovabili, la politica europea per l’energia riveste, a questo proposito, un ruolo fondamentale. Con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, alle decisioni in materia di politica energetica si applica il principio di codecisione: è di conseguenza necessario modificare i regolamenti sulla base del nuovo quadro giuridico comunitario. Per questo motivo – e per consentire agli Stati membri di comunicare i progetti relativi alle infrastrutture per l’energia in modo utile ed efficace – risulta necessaria l’attuazione di un nuovo regolamento per raggiungere i suddetti obiettivi in modo più semplice e rapido.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Per quanto l’idea alla base dell’intero progetto sia buona – e mi riferisco alla possibilità di far fronte ad interruzioni della fornitura energetica – va ricordato che gli Stati membri non sono stati in grado di rispettare gli obblighi di informazione nemmeno quando era in vigore il vecchio regolamento. La proposta che abbiamo dinanzi non sembra in grado di apportare cambiamenti radicali in questo senso. Nella sua forma attuale, non ammette l’eliminazione né degli interventi sul mercato, né degli eccessivi costi amministrativi per le imprese. Per le suddette ragioni, ho espresso il mio voto contrario.

 
  
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  Franz Obermayr (NI), per iscritto. (DE) La presente proposta di risoluzione mira a garantire che gli Stati membri forniscano informazioni dettagliate sui loro progetti relativi alle infrastrutture per l’energia. Non appena un progetto in quest’ambito viene avviato o abbandonato la Commissione deve esserne informata, in modo tale da consentirle di mettere a punto nuove proposte di progetto o modificare quelle esistenti e di acquisire, di conseguenza, un certo grado di influenza sulla diversità energetica dei singoli Stati membri. Questo rappresenta un ulteriore passo verso la centralizzazione. Per tale ragione ho espresso il mio voto contrario alla proposta di risoluzione in oggetto.

 
  
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  Rovana Plumb (S&D), per iscritto. (RO) La presente proposta di regolamento mira a garantire che alla Commissione giunga un flusso costante di informazioni sui progetti di investimento nelle infrastrutture per l’energia a livello comunitario, in modo tale da consentirle di ottemperare ai propri obblighi, soprattutto a quelli legati al suo contributo alla politica europea per l’energia.

Il vecchio regolamento è considerato ormai superato, dal momento che non rispecchia gli enormi cambiamenti avvenuti nel settore energetico dal 1996 a oggi: mi riferisco all’allargamento dell’Unione, agli aspetti legati alla sicurezza dell’approvvigionamento energetico, alle fonti di energia rinnovabili, alla politica sul cambiamento climatico e al nuovo ruolo conferito dal trattato di Lisbona all’Unione in ambito energetico. Ho votato a favore di questa relazione perché è necessario aggiornare la legislazione comunitaria in ogni singolo ambito, e soprattutto in quello energetico.

 
  
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  Teresa Riera Madurell (S&D), per iscritto. (ES) Questo regolamento riveste un’importanza capitale poiché prevede che la Commissione venga adeguatamente informata sui progetti di investimento – nazionali e transfrontalieri – nelle infrastrutture per l’energia, in modo tale che l’Unione possa garantire il corretto funzionamento del mercato interno e la sicurezza dell’approvvigionamento energetico a tutti gli Stati membri. Il suddetto documento mira ad aggiornare il regolamento del 1996 per quanto concerne gli impegni dell’Unione in materia di sicurezza dell’approvvigionamento, cambiamento climatico e energie rinnovabili in seguito all’entrata in vigore del trattato di Lisbona. Questa relazione è particolarmente interessante perché rafforza il ruolo del regolamento come sistema preventivo di allerta nel caso di scarsa interconnessione. La commissione per l’industria, l’energia e la ricerca del Parlamento europeo ha sempre ribadito la necessità di raggiungere un livello di interconnessione pari al 10 per cento fra i vari Stati membri, come previsto dal Consiglio europeo. Tutte le disposizioni che mettono in luce le lacune esistenti in quest’ambito sono da considerarsi estremamente positive. Per questi motivi ho espresso il mio voto favorevole alla relazione.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Ho espresso il mio voto favorevole alla relazione finale principalmente perché, durante la votazione, siamo riusciti a ottenere la codecisione. Si tratta di una vittoria epocale perché, per la prima volta, abbiamo potuto fare ricorso alla base giuridica che il trattato sul funzionamento dell’Unione europea (trattato di Lisbona) offre in materia di energia per ottenere la procedura di codecisione, contro la volontà della Commissione. Conquista notevole anche perché, per la prima volta da quando lavoro al Parlamento, siamo riusciti a fare a meno della base giuridica del trattato Euratom, sebbene il regolamento in oggetto affronti anche la questione della trasparenza degli investimenti nel settore nucleare. Questo ha trovato conferma nell’accoglimento dell’emendamento 30 il quale, nel quadro del predetto regolamento, considera i combustibili nucleari come fonte energetica primaria. Dovremo quindi adoperarci per mantenere vivo tale successo anche nel corso dei negoziati con il Consiglio e la Commissione; gli Stati membri devono garantire, almeno cinque anni prima dell’inizio delle suddette attività, le informazioni relative agli investimenti nei progetti per l’energia in termini di quantità e tipologia. Abbiamo così compiuto un saggio passo in avanti verso il miglioramento dello scenario energetico: la Commissione avrà infatti un quadro più chiaro dell’andamento del mercato dell’energia; si dovrà prestare la massima attenzione alle fonti rinnovabili, ivi comprese quelle decentralizzate. E’ inoltre un successo ogni singolo riferimento alla transizione verso il basso tenore di carbonio, mentre è stato del tutto sconfitto il partito pro-nucleare.

(Dichiarazione di voto abbreviata ai sensi dell’articolo 170 del regolamento)

 
  
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  Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), per iscritto.(FR) Ho espresso il mio voto contrario alla relazione Vălean perché prevede la liberalizzazione del settore energetico e una politica europea liberale per l’energia, e sappiamo tutti quali tragiche conseguenze questo potrebbe avere per i lavoratori del settore e ancor di più per i nostri cittadini, che potrebbero addirittura subire dei tagli regolari all’approvvigionamento energetico.

La relazione in oggetto stabilisce la supremazia del mercato e la neutralità degli interventi pubblici e attribuisce una maggiore priorità ai cosiddetti “operatori economici”. E’ facile immaginare quali siano gli interessi maggiormente tutelati. Abbiamo tutto il diritto di temere per le infrastrutture esistenti quando un emendamento prevede che gli investimenti principali mirino a tutelare esclusivamente gli interessi del mercato dell’energia.

Non basta banalmente aggiungere il termine “solidarietà” a un emendamento per rendere accettabile la politica europea per l’energia se lo stesso emendamento, fra le altre cose, impedisce all’Unione di intervenire direttamente nel mercato. Il concetto di “concorrenza leale” acquisisce così un significato del tutto nuovo.

In generale, l’obiettivo primario non dovrebbe essere quello di rispondere a una domanda energetica sempre crescente. Piuttosto, si dovrebbero prevedere finanziamenti ulteriori per infrastrutture nuove, con lo scopo di migliorare l’efficienza energetica.

Nonostante la crisi economica attuale, molte politiche comunitarie continuano a basarsi sui dogmi neoliberali.

 
  
  

Proposta di risoluzione RC-B7-0116/2010

 
  
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  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Sostengo la presente risoluzione e appoggio pienamente le osservazioni in essa contenute. Sono lieto che le elezioni presidenziali abbiano rispecchiato i notevoli progressi effettuati dall’Ucraina e abbiano avuto uno svolgimento migliore rispetto alle precedenti, in particolare dal punto di vista del rispetto dei diritti politici e dei cittadini, tra cui libertà di riunione, associazione ed espressione. Il rispetto degli standard elettorali internazionali dimostra che l’Ucraina sta imboccando la strada per una democrazia matura e una maggiore cooperazione con l’Unione europea, che si basi sul rispetto reciproco dei valori fondamentali dell’Unione. Dobbiamo incoraggiare l’Ucraina a partecipare attivamente al partenariato orientale e sostenere i suoi sforzi volti a garantire una maggiore democrazia e un maggior rispetto dello stato di diritto, i diritti umani e le libertà fondamentali, nonché il suo impegno a tutela dell’economia di mercato, dello sviluppo sostenibile e di una buona governance.

 
  
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  Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. (LT) Sono tra quanti hanno preparato la presente risoluzione e, pertanto, ho votato per gli obiettivi in essa espressi. In seguito alle elezioni presidenziali, l’Ucraina deve avvicinarsi all’Unione europea. Sono lieta che l’Ucraina stia intraprendendo con determinazione il cammino democratico e che comprenda che ha un posto legittimo nella comunità di Stati democratici europei. La porta dell’Europa deve essere aperta per l’Ucraina.

Elezioni trasparenti costituiscono un passo fondamentale nel rafforzamento dei principi dello Stato democratico. Sebbene gli osservatori abbiano annunciato che le elezioni presidenziali ucraine si siano svolte nel rispetto dei requisiti di alta qualità e dei principi democratici, le istituzioni di governo ucraine dovrebbero adottare chiare norme elettorali. La libertà di espressione e il pluralismo dei media devono essere garantiti per tutti i cittadini e i candidati elettorali in Ucraina.

E’ molto importante che l’Ucraina partecipi al partenariato orientale e all’Assemblea parlamentare Euronest, in cooperazione con il Parlamento europeo. Oggi l’Ucraina è un paese europeo, che ha il diritto di prendere decisioni sull’Europa. L’Unione europea deve cooperare intensamente con l’Ucraina per rafforzare il processo democratico e integrarla nell’Unione europea.

 
  
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  Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. – (RO) Il neo eletto presidente dell’Ucraina sta inviando un segnale importante scegliendo Bruxelles quale destinazione della sua prima visita all’estero. L’Ucraina è uno Stato che nutre aspirazioni europee e il fatto che il presidente Yanukovich si rechi nella capitale dell’Unione europea per incontrare i principali membri della Commissione sottolinea che Kiev sta guardando a Ovest.

Il nuovo presidente ucraino deve affrontare grandi sfide in un periodo in cui il Fondo monetario internazionale ha sospeso l’accordo di credito stand-by firmato con Kiev, a causa dei numerosi impegni non rispettati o violati. Il presidente Viktor Yanukovich non deve dimenticare le promesse fatte il giorno del suo insediamento. L’Ucraina, come ha sottolineato il nuovo leader a Kiev, ha bisogno di stabilità interna, di combattere la corruzione e consolidare l’economia su basi solide. Essa deve riconquistare la fiducia del settore economico e della comunità internazionale per poter superare con successo la recessione economica, inasprita da un clima politico instabile.

La conclusione della campagna elettorale e l’insediamento del presidente Yanukovich devono indicare la fine delle pratiche populistiche, quali l’aumento artificiale del reddito della popolazione su basi economicamente insostenibili. Il discorso inaugurale del presidente Yanukovich dà alla comunità internazionale motivo di sperare che la situazione in Ucraina possa ritornare alla normalità. Il periodo che ha ora inizio dimostrerà se tali parole si trasformeranno in fatti.

 
  
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  Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) Mi sono astenuto perché ritengo che le relazioni tra Unione europea e altri paesi debbano essere caratterizzate da uguaglianza, scambi commerciali e relazioni economiche vantaggiosi per entrambe le parti, assenza di qualunque forma di ingerenza nelle politiche di sviluppo interno e nei processi democratici di ciascun paese e, naturalmente, rispetto per la volontà del popolo. La costruzione di un’Europa pacifica presuppone, soprattutto, la possibilità per ciascun paese di stabilire le proprie relazioni internazionali senza imposizioni o pressioni. La sicurezza energetica è un fattore fondamentale per gli Stati membri dell’Unione europea e il ruolo dell’Ucraina è molto importante in tal senso. Per tale motivo dovrebbe essere incoraggiata ad affrontare i propri problemi energetici migliorando le relazioni con la Russia, attraverso accordi bilaterali. Ciò andrebbe a vantaggio di entrambe le parti e garantirebbe un flusso ininterrotto di gas naturale all’Europa.

 
  
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  Robert Dušek (S&D), per iscritto.(CS) Accolgo con soddisfazione la risoluzione di compromesso presentata sull’Ucraina, che non solo si occupa della democraticità delle ultime elezioni, ma offre anche una soluzione al problema del passaggio delle forniture di petrolio e gas naturale, esortando l’Ucraina ad adottare il trattato della Comunità dell’energia e la legislazione in materia di energia derivante dalla direttiva 2003/55/CE. Concordo sul fatto che un atteggiamento attivo e positivo nei confronti dell’UE da parte dell’Ucraina non sia l’unico criterio di valutazione. L’Ucraina deve anche intrattenere, in via prioritaria, buone relazioni con i propri paesi confinanti, i paesi del partenariato orientale e l’Euronest. Sostengo in toto le proposte e le altre disposizioni della presente risoluzione di compromesso e voterò a favore della loro adozione.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della proposta di risoluzione comune che sottolinea l’importanza di un rafforzamento della cooperazione tra UE e Ucraina. La stabilizzazione politica ed economica del paese e il rafforzamento della cooperazione tra Ucraina e Unione europea nel settore dell’energia sono requisiti fondamentali per il riconoscimento delle aspirazioni europee dell’Ucraina. La stabilità dell’Unione dipende anche dalla stabilità dei suoi vicini.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Ricordo il senso di speranza che ha accompagnato la rivoluzione arancione e la rottura con il passato d’influenza sovietica che quest’ultima ha rappresentato per la popolazione ucraina. Ricordo le promesse di successo, progresso, democrazia e cooperazione fatte agli ucraini, sia all’interno del paese, sia all’estero. All’epoca l’Unione europea sembrava la probabile destinazione di un popolo che si stava chiaramente volgendo a Occidente.

Ora che l’euforia è passata, risulta chiaro che i protagonisti della rivoluzione arancione non erano all’altezza della sfida. E’ evidente la disillusione della popolazione per il modo in cui il paese viene attualmente gestito.

L’elezione del candidato battuto da Yushchenko nel dicembre 2004 dimostra o una notevole frattura all’interno del paese, o uno spostamento del sentimento popolare, che fa sì che la popolazione sia ora maggiormente favorevole ad un’influenza russa.

Ritengo sia importante che l’Unione europea continui a suscitare l’interesse dell’Ucraina e che utilizzi a questo scopo i vari mezzi a sua disposizione. Mi auguro che l’Ucraina persista e perseveri con la democratizzazione interna e che, in considerazione del suo passato e della sua storia, dia inizio a una maggiore convergenza con l’Unione europea, processo che terminerà con la piena adesione all’UE.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) In seguito alla disgregazione del blocco orientale e dell’Unione delle repubbliche sovietiche, la popolazione e le istituzioni ucraine si sono impegnate con determinazione per la democratizzazione del paese e la costruzione di una società moderna, sviluppando un sistema sociale, economico e politico che consolidasse lo stato di diritto e il rispetto per i diritti umani, nonostante le naturali difficoltà incontrate da uno Stato intento a ricostituire la propria organizzazione strutturale e la propria identità politica.

In quanto area di riferimento e luogo di promozione di pace e sviluppo economico, sociale e culturale dei propri cittadini, l’Unione europea ha il dovere di assumere un ruolo decisivo nello sviluppo di un sistema democratico in Ucraina, rafforzando i meccanismi di integrazione europea. Ciò consentirà di acquietare i conflitti regionali all’interno del paese, che riveste una grande importanza geostrategica per l’Unione nell’ottica delle relazioni con la Russia e l’Asia centrale, particolarmente in ambito energetico. In tale contesto, vorrei sottolineare il contributo di questa proposta di risoluzione per l’integrazione nell’Unione europea di un ampio gruppo di immigrati ucraini, nonché per la promozione del ruolo dei giovani e dell’istruzione in termini di progresso sociale, economico e culturale in Ucraina.

 
  
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  Cătălin Sorin Ivan (S&D), per iscritto. (RO) In base al voto odierno sulla risoluzione relativa alla situazione in Ucraina, abbiamo accolto con soddisfazione non solo il fatto che le elezioni presidenziali si siano tenute nel rispetto dei principi democratici, ma anche l’insediamento del nuovo presidente, che ci aspettiamo persegua una politica di apertura e cooperazione nei confronti dell’Unione europea. Abbiamo sottolineato l’importanza di firmare ulteriori accordi nel settore dell’energia, garantendo così la sicurezza dell’approvvigionamento energetico. Siamo lieti che questo voto abbia evidenziato la necessità di continuare le discussioni per la creazione di un sistema agevolato per il rilascio dei visti. Attraverso il messaggio inviato oggi, l’Ucraina è stata invitata a continuare a lavorare con noi affinché si impegni in modo definitivo nel cammino per la democrazia. Con questo voto abbiamo riconfermato ciò che avevamo affermato in altre occasioni, ossia che dobbiamo dimostrare un approccio aperto, attraverso il dialogo e degli impegni concreti per dare all’Ucraina l’incoraggiamento necessario a favorire uno sviluppo filoeuropeo. Tuttavia, l’Ucraina deve dimostrarci di essere un partner affidabile.

 
  
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  Tunne Kelam (PPE), per iscritto. (EN) Ho sostenuto l’emendamento n. 2, presentato a nome del gruppo ECR, alla proposta di risoluzione comune sulla situazione in Ucraina, che dà voce alle preoccupazioni sul fatto che il progetto di gasdotto Nord Stream possa mettere a repentaglio il principio di solidarietà nella sicurezza energetica europea e che sia costruito per aggirare il passaggio in Ucraina. Anche se non è direttamente legata all’attuale situazione in Ucraina, condivido pienamente l’idea che il progetto Nord Stream sia stato ideato dal governo russo con un obiettivo essenzialmente politico, ovvero quello di dividere l’Europa e isolare non solo l’Ucraina ma anche alcuni nuovi Stati membri. Questo emendamento ci ricorda che la discussione sul Nord Stream non è ancora terminata, bensì deve essere continuata. L’Unione, che punta ad un mercato comune dell’energia basato sul principio di solidarietà energetica, non può fare affidamento su una relazione a lungo termine con un monopolio di stato, orientato politicamente, che ha già fallito in termini economici e che mette in discussione principi fondamentali per l’UE, quali l’organizzazione di concorsi aperti, la trasparenza e la separazione di produzione, trasporto e distribuzione.

 
  
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  Iosif Matula (PPE), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della proposta di risoluzione presentata dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano) poiché ritengo che l’Unione europea debba aiutare l’Ucraina ad attuare delle riforme democratiche e a diffondere i valori europei, nonché a tutelare i diritti umani e i diritti delle minoranze nazionali.

Il nuovo presidente ucraino ha vinto le elezioni presentando un programma che garantisce diritti alle minoranze e l’Unione europea deve sostenerne l’applicazione efficace nel lungo termine. Ciò detto, è necessario adottare e applicare la legge che recepisce la Carta europea delle lingue regionali e minoritarie. Misure precedenti, che limitavano drasticamente la possibilità delle scuole di insegnare nella lingua madre delle minoranze, devono essere abrogate. La rappresentanza delle minoranze nelle istituzioni locali, provinciali, regionali e centrali in Ucraina deve essere migliorata. Bisogna garantire il rispetto di tutti i diritti delle minoranze secondo gli standard europei, tra cui: russi, polacchi, tatari, bulgari, greci, romeni, ungheresi, ebrei e rom. Nessuna minoranza deve essere trascurata.

Vorrei portare l’attenzione sulla necessità di conservare e restaurare il patrimonio storico della regione del Chernivtsi, parte dell’eredità culturale ebraica, tedesco-austriaca, polacca, rumena, russa e ucraina. Ritengo che la conservazione di questo patrimonio multiculturale e multi confessionale, che include cimiteri, edifici e chiese nella Bukovina del nord debba essere un obiettivo prioritario tra Unione Europea e Ucraina.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Le recenti elezioni ucraine, secondo le dichiarazioni della missione di osservazione elettorale dell’OSCE/ODHIR, che affermano che la maggior parte degli standard internazionali è stata rispettata, sono il segno che questo paese continua il proprio sviluppo positivo verso la futura integrazione nell’UE. Tuttavia, è fondamentale che le autorità e i politici ucraini si impegnino a raggiungere quanto prima una stabilizzazione economica e sociale. Per raggiungere tale obiettivo, devono essere attuate le necessarie riforme costituzionali, che prevedono il rafforzamento dello stato di diritto, l’instaurarsi di un’economia sociale di mercato e un maggiore impegno per contrastare la corruzione e migliorare l’ambiente economico e di investimento.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) La proposta di risoluzione sull’ Ucraina analizza in modo eccellente lo stato degli affari interni del paese e la situazione durante le elezioni presidenziali. Ricorda al governo e ai politici ucraini la necessità di una stabilità economica e politica che può essere raggiunta attraverso una riforma costituzionale, il consolidamento dello stato di diritto, la creazione di un’economia sociale di mercato, un impegno rinnovato contro la corruzione e il miglioramento dell’ambiente economico e di investimento. Ciononostante, a mio avviso, le considerazioni su una sua rapida inclusione nella zona di libero scambio, ossia il mercato unico europeo, si spingono troppo oltre. L’Ucraina deve costruire e rafforzare costantemente la propria economia e giungere a un accordo sulla base delle proprie esigenze. Nonostante l’orientamento europeo dimostrato dall’Ucraina, non dobbiamo dimenticare o trascurare il fatto che le radici più antiche del paese affondano nella sfera di influenza russa, dobbiamo tenerlo in considerazione. Per le ragioni che ho esposto, mi sono astenuto dal voto sulla proposta di risoluzione.

 
  
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  Franz Obermayr (NI), per iscritto. – (DE) Il testo contiene alcune affermazioni apprezzabili, come nel caso della condanna del regime comunista. D’altra parte ritengo che una notevole semplificazione dell’iter necessario per ottenere il visto e una rapida inclusione dell’Ucraina nel mercato comune non abbiano fondamento. Per tale ragione mi sono astenuto dal voto.

 
  
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  Kristiina Ojuland (ALDE), per iscritto. (ET) Signor Presidente, ho sostenuto la risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione in Ucraina. Ritengo, inter alia, che dovremmo prendere molto seriamente la decisione del neoeletto presidente Yanukovich di recarsi a Bruxelles per la sua prima visita all’estero. E’ un chiaro segno che l’Ucraina continua la propria integrazione con l’Unione europea e ritengo sia importante che l’Unione dimostri il proprio sostegno all’Ucraina concludendo un accordo di associazione e garantendo l’esenzione dal visto, a patto che l’Ucraina raggiunga i propri obiettivi. Le porte dell’Unione europea devono rimanere aperte per l’Ucraina.

 
  
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  Wojciech Michał Olejniczak (S&D), per iscritto. (PL) Accolgo con soddisfazione il fatto che le elezioni presidenziali ucraine si siano svolte in conformità con gli standard democratici. All’inizio del 2010, la democrazia ucraina ha dimostrato di essere viva. Particolarmente degna di nota è l’alta affluenza alle urne. Oggi, il risultato stesso delle elezioni ucraine non è oggetto di dubbi tali da portare a una sua verifica in tribunale.

Tuttavia, l’Unione europea non deve limitarsi a dichiarazioni di approvazione per il modo in cui si sono svolte le elezioni. E’ fondamentale offrire all’Ucraina una prospettiva europea da perseguire a tappe. La prima sarebbe la partecipazione al partenariato europeo, mentre l’ultima sarebbe l’adesione all’Unione europea. L’Unione deve mantenere una politica di “porte aperte” nei confronti dell’Ucraina. Il grado di integrazione con diverse comunità è una questione sulla quale la decisione spetta all’Ucraina e dovrebbe dipendere da una decisione sovrana della società ucraina.

Un miglioramento delle relazioni tra Ucraina e Russia è fondamentale per l’Unione europea, poiché le conseguenze di tali relazioni bilaterali si ripercuotono anche sugli Stati membri. Accolgo con soddisfazione l’annuncio di un miglioramento delle suddette relazioni.

 
  
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  Justas Vincas Paleckis (S&D), per iscritto. (LT) Le elezioni presidenziali in Ucraina hanno rispettato gli standard internazionali. Il paese ha fatto un passo in avanti in direzione della democrazia europea. Ciò prova che l’Ucraina si sente sempre più parte della comunità di stati democratici europei.

Ci auguriamo che il nuovo presidente ucraino sarà un partner affidabile con il quale potremo cooperare per consolidare la stabilità e lo sviluppo economico in Europa orientale assieme agli altri Stati vicini. Una delle azioni pratiche più importanti nelle relazioni UE-Ucraina è la semplificazione del regime dei visti, il cui ultimo obiettivo è l’abolizione dei visti per i cittadini ucraini in viaggio all’interno dell’Unione.

Ho votato a favore di questa risoluzione perché prende in considerazione i cambiamenti positivi in uno Stato limitrofo così importante, nonostante rimangano ancora molte tensioni e problemi fra le varie istituzioni di governo al suo interno.

 
  
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  Jarosław Leszek Wałęsa (PPE), per iscritto. (PL) Nel corso della presente sessione plenaria abbiamo votato la risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione in Ucraina. Ho appoggiato la risoluzione poiché costituisce una dichiarazione molto importante da parte della nostra istituzione, che testimonia il fatto che stiamo seguendo attentamente lo sviluppo della democrazia in Ucraina. La risoluzione fornisce una valutazione tendenzialmente positiva dello svolgimento delle elezioni presidenziali ed invita ad impegnarsi per garantire la stabilità economica e politica del paese. Un punto fondamentale è dato dall’importanza di rafforzare la cooperazione tra Ucraina e Unione europea, particolarmente nel settore energetico. A mio avviso, vi sono due emendamenti controversi: il primo riguarda le lingue minoritarie. Ho votato contro questo emendamento poiché aumenta le possibilità di utilizzare il russo al posto dell’ucraino. Il secondo emendamento è relativo al gasdotto Nord Stream. In questo caso ho votato a favore dell’emendamento, desiderando manifestare la mia opposizione alla costruzione del suddetto gasdotto.

 
  
  

Proposta di risoluzione RC-B7-0123/2010

 
  
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  Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. (RO) L’Unione europea si è battuta per la creazione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (UNHRC) e, assieme agli Stati membri, ha svolto un ruolo attivo di alto profilo per sostenere un organismo efficace che affronta le sfide attuali in materia di diritti umani. La nuova struttura istituzionale creata in seguito all’entrata in vigore del trattato di Lisbona offre l’opportunità di migliorare la coerenza, il profilo e la credibilità delle azioni dell’Unione quale membro dell’UNHRC. Per tale ragione, è importante che l’UE adotti una posizione comune e consolidata durante la tredicesima sessione dell’UNHRC sulle questioni che saranno discusse. L’Unione deve esercitare un’influenza efficace in quanto parte del sistema esteso dell’ONU, impegnandosi a trovare una posizione comune e ad aumentare la flessibilità sulle questioni minoritarie per consentire al Consiglio per i diritti umani di rispondere in modo più rapido ed efficace nelle negoziazioni su questioni fondamentali. Soprattutto, deve impegnarsi attivamente per creare meccanismi specifici all’interno del Consiglio per rispondere in modo rapido ed efficace alle crisi dei diritti umani in Iran, Afghanistan, Iraq e nello Yemen.

 
  
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  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (EN) I diritti umani sono ancora violati in numerosi paesi e, purtroppo, capita a volte che gravi violazioni non vengano affrontate per tempo e in modo adeguato dalla comunità internazionale. Manca un approccio coordinato a livello internazionale. L’importanza del ruolo dell’Unione europea come attore globale è aumentata negli ultimi decenni e il nuovo servizio europeo per l'azione esterna, previsto dal trattato di Lisbona, potrebbe essere utile per consentire all’Unione di agire in modo più efficace nell’affrontare le sfide globali e le violazioni dei diritti umani in modo più coerente ed efficace. L’Unione europea ha ora una grande opportunità per consolidare il proprio ruolo all’interno del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite e dovrebbe sfruttarla a pieno per aumentare la visibilità e la credibilità delle proprie azioni in materia di diritti umani.

 
  
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  Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. – La risoluzione di compromesso che si presenta al giudizio della nostra assemblea purtroppo contiene passaggi che non mi consentono di esprimermi favorevolmente. L’UNHRC è un organo politico che vive una "politicizzazione estrema", come riconosce il testo della risoluzione. Tuttavia avremmo potuto esporci -credo- molto di più, soprattutto perché ci muoviamo su un terreno delicato e a tanti di noi caro, quello dei diritti umani. Leggo nel testo, una debolezza inopportuna -forse non per la politica della diplomazia, certamente per quella dei valori- scarsa determinazione nel criticare i ben noti aspetti che fanno dell’UNHRC un organo assai controverso. Potevamo infatti essere più decisi, pronunciandoci più vigorosamente contro la candidatura dell´Iran alle prossime elezioni del Consiglio. Non c’è alcuno specifico riferimento alla balorda composizione di un Consiglio in cui siedono troppi membri che poco hanno da insegnare in materia di diritti umani, e che evidentemente meno ancora hanno le credenziali per poter giudicare e mettere sul banco degli imputati chicchessia. Il mio voto è quindi di astensione e di scetticismo verso questo testo: nella speranza che il Parlamento smetta le vesti della diplomazia, che non è il suo mestiere, e abbracci più coraggiosamente la battaglia sui valori e sui diritti umani.

 
  
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  Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) Mi sono astenuto, nonostante la proposta di risoluzione contenesse elementi positivi, perché alcuni importanti emendamenti presentati dal gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica sono stati bocciati e, di conseguenza, il contenuto era inadeguato. L’Unione europea deve sostenere l’impegno dell’ONU per garantire il rispetto dei diritti umani in tutto il mondo. Deve assumere un ruolo di primo piano in questo tipo di iniziative, specialmente in questo periodo in cui le violazioni stanno diventando la norma sotto i regimi autocratici che applicano una “violenza capitalista” al fine di imporre le proprie politiche antisociali. L’Unione europea deve riesaminare le proprie relazioni con lo Stato di Israele, prendendo in seria considerazione le operazioni militari israeliane in territorio palestinese e le violazioni dei diritti del popolo palestinese, tra cui il diritto di ottenere, alla fine, la propria patria. L’Unione europea deve prendere distanza dalle campagne statunitensi volte a “esportare la democrazia” e creare un quadro di relazioni internazionali che rispetti le norme del diritto internazionale e contempli un ruolo rafforzato dell’ONU.

 
  
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  Anna Maria Corazza Bildt, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark and Anna Ibrisagic (PPE), per iscritto. (SV) Oggi, 25 febbraio 2010, i Conservatori svedesi hanno votato a favore della risoluzione congiunta sulla tredicesima sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, B7-0123/2010. Tuttavia, vorremmo sottolineare che gli Stati membri dovrebbero essere esortati a denunciare le violazioni dei diritti umani ed è increscioso che il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite non sia stato in grado di gestire in modo sufficientemente rapido gravi violazioni dei diritti umani in altri paesi non citati dalla risoluzione, ad esempio Cuba, oltre a molti altri.

 
  
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  Vasilica Viorica Dăncilă (S&D), per iscritto. (RO) Voglio sottolineare che il rispetto delle normative internazionali sui diritti umani e del diritto umanitario da parte di tutti, in ogni circostanza, rimane una condizione fondamentale per il raggiungimento di una pace equa e duratura in tutto il mondo.

Ritengo che, a livello di Unione europea, un’azione congiunta da parte dell’alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza e degli Stati membri, che richiedono una posizione comune forte, garantirebbe l’assunzione di responsabilità da parte di coloro che si sono resi colpevoli di violazioni delle normative internazionali sui diritti umani e del diritto umanitario internazionale.

 
  
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  Proinsias De Rossa (S&D), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della risoluzione sulla Piattaforma d'azione delle Nazioni Unite per l'uguaglianza di genere, che individua i passi fondamentali affinché l’Unione europea raggiunga gli obiettivi strategici sulla parità di genere. La Commissione deve chiaramente aumentare il proprio impegno per raccogliere dati comparabili su indicatori basilari per il seguito della Piattaforma d’azione, traducendoli in revisioni regolari di iniziative di integrazione di genere in numerosi ambiti politici. Risultano particolarmente importanti il controllo e l’azione nella specificità di genere della povertà, della violenza e delle necessità delle bambine. Il seguito della tabella di marcia per la parità di genere 2006-2010 della Commissione deve tenere conto delle conseguenze a lungo termine della crisi economica e del cambiamento climatico in una società che sta diventando più vecchia ed etnicamente più diversificata. La salute sessuale e riproduttiva, e i diritti ad essa correlati, devono essere riconosciuti e promossi in Europa e a livello globale. L’Unione europea dovrebbe entrare a far parte della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, un atto legale reso possibile dall’entrata in vigore del trattato di Lisbona.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della proposta di risoluzione congiunta sulla tredicesima sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. La nuova struttura istituzionale dell’Unione europea offre un’opportunità unica di aumentare coerenza, visibilità e credibilità dell’Unione all’interno del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. Le attività dell’alto rappresentante della politica estera e di sicurezza contribuiranno a espandere le possibilità di collaborazione tra UE e paesi di altri blocchi regionali, con lo scopo di porre fine alle violazioni dei diritti umani, tra cui la violenza indirizzata specificamente contro le donne e i bambini.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) La politicizzazione del Consiglio per i diritti umani e il continuo blocco nei confronti di coloro che hanno assunto un atteggiamento più deciso nel condannare le violazioni dei diritti umani in varie parti del mondo giustificano un cambiamento della struttura del Consiglio e del suo modus operandi. L’annunciata candidatura dell’Iran è un altro segno che il percorso intrapreso da tale organo potrebbe mancare di credibilità e sicurezza e che gli Stati con un passato di ripetute violazioni dei diritti umani possono utilizzare l’appartenenza al Consiglio per tentare di coprire le proprie violazioni.

L’Unione europea deve partecipare attivamente al lavoro del Consiglio, ricordandone limiti e problemi, cercando di fornire una visione equilibrata, ma severa ed esigente, di cosa significhi il rispetto dei diritti umani. Se ci riesce, sarà all’altezza delle proprie responsabilità.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Il Consiglio per i diritti umani (UNHRC) è una piattaforma specializzata in diritti umani universali e un forum specifico che si occupa di diritti umani all’interno del sistema delle Nazioni Unite. La promozione e la tutela dell’universalità dei diritti umani sono parte dell’acquis giuridico, etico e culturale dell’Unione europea e costituiscono una delle pietre angolari della sua unità e integrità.

Sono certo che gli Stati membri dell’Unione europea siano contrari a qualsiasi tentativo di indebolimento dei concetti di universalità, indivisibilità e interdipendenza dei diritti umani. Mi aspetto un’attiva partecipazione degli Stati membri al dibattito interattivo annuale sui diritti delle persone con disabilità e alla riunione annuale sui diritti dei minori. Voglio sottolineare l’importanza della tredicesima sessione dell’UNHRC, alla quale parteciperanno ministri e altri rappresentanti di alto livello. L’agenda include la crisi economica e finanziaria e la dichiarazione delle Nazione Unite sull’educazione e la formazione ai diritti umani. Infine accolgo con soddisfazione il nuovo impegno degli Stati Uniti all’interno degli organismi dell’ONU e la successiva elezione a membri dell’UNHRC, nonché il lavoro costruttivo sulla libertà di espressione alla sessantaquattresima Assemblea generale delle Nazioni Unite.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Concordiamo pienamente con il concetto espresso dalla relazione sull’universalità, l’indivisibilità e l’interdipendenza dei diritti umani. Secondo tali presupposti, è necessario sottolineare la grande contraddizione fra questa prospettiva e il duro attacco ai diritti dei lavoratori e delle persone, causato dalla crisi del sistema capitalistico, che include alti tassi di disoccupazione, un aumento della povertà e un accesso sempre più difficile a servizi pubblici di buona qualità a prezzi accessibili. Purtroppo, la maggioranza del Parlamento non ha prestato debita attenzione a tale contraddizione.

Ci rammarichiamo per la bocciatura della proposta avanzata dal nostro gruppo, in particolare dei seguenti punti:

- sottolinea che gli Stati membri delle Nazioni Unite dovrebbero promuovere la sovranità e la sicurezza alimentare quali strumenti per ridurre povertà e disoccupazione;

- accoglie con soddisfazione il fatto che una relazione dell’Alto commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite sulla violazione dei diritti umani in Honduras dall’inizio del colpo di Stato sia all’ordine del giorno nella tredicesima sessione; esorta gli Stati membri dell’Unione ad adoperarsi per una dura condanna del colpo di Stato, lavorando per la restaurazione della democrazia e dello stato di diritto in tale paese;

- esprime la propria preoccupazione per la situazione in Colombia, particolarmente per la scoperta di migliaia di morti non identificati.

 
  
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  Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della risoluzione sulla tredicesima sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, innanzi tutto per accogliere calorosamente l’iniziativa da parte dell’UNHCR di inserire in cima alla propria agenda l’impatto della crisi finanziaria ed economica sul rispetto di tutti i diritti umani. Ritengo sia importante sottolineare la necessità di una posizione comune europea forte sul seguito da dare alla missione di accertamento dei fatti accaduti nel conflitto a Gaza e nel sud di Israele; è fondamentale, a tal riguardo, l’applicazione delle raccomandazioni incluse nella relazione Goldstone. Infine, la candidatura dell’Iran alle elezioni dell’UNHRC che si terranno a maggio 2010 desta particolare preoccupazione e deve essere seguita da una decisa azione dell’Unione per evitare che paesi con un passato dubbio in ambito di diritti umani siano eletti.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Poiché il Consiglio per i diritti umani è un organo intergovernativo il cui principale obiettivo è di occuparsi delle violazioni dei diritti umani e considerando che una delle pietre angolari dell’unità e integrità europea sono il rispetto e la tutela dell’universalità dei diritti umani, vorrei esprimere il mio incoraggiamento all’UNHRC, nella speranza che continui a combattere tutte le forme di discriminazione.

 
  
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  Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. (FR) La nostra risoluzione è diretta al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, un’istituzione che dovrebbe elevarsi a paladino mondiale del rispetto dei diritti umani, dei valori e delle libertà fondamentali. Parlo al condizionale poiché la legittimità dell’UNHCR è decisamente a rischio a causa della sua mancanza di imparzialità.

Ora, all’improvviso, è stata aggiunta la questione della candidatura dell’Iran. E’ una provocazione. Lo Stato, il governo, il presidente disprezzano i diritti di uomini e donne. Nel 2008, almeno 346 cittadini (tra cui dei minori) sono stati impiccati o lapidati. I processi sono delle farse. Si fa ricorso alla tortura. Vi è una totale mancanza di libertà di espressione, di associazione e di stampa. Le minoranze, in particolare i Baha’i, sono perseguitate. Dalle elezioni presidenziali del giugno 2009, qualsiasi forma di manifestazione è stata repressa nel sangue. Potrei continuare a lungo.

Il mondo ha bisogno di una governance basata su valori universali. Se l’ONU vuole davvero essere il contesto di tale dialogo, deve garantire che i suoi organismi siano obiettivi. La candidatura dell’Iran è molto più di un test della credibilità dell’ONU, è un test della sua fattibilità.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore del testo finale della risoluzione, tra le varie ragioni, soprattutto perché sono stati mantenuti i paragrafi relativi allo studio congiunto sull’esistenza di centri di detenzione segreti e alla necessaria applicazione delle raccomandazioni della relazione Goldstone e della Corte penale internazionale, e l’emendamento sul Sahara occidentale presentato dal GUE. Sono lieto che la richiesta dell’onorevole Brok di tenere un voto separato sul paragrafo relativo alla diffamazione della religione sia stata respinta e che il paragrafo affermasse quanto segue:

Ribadisce la sua posizione per quanto riguarda la nozione di diffamazione delle religioni e, pur riconoscendo la necessità di affrontare appieno il problema della discriminazione nei confronti delle minoranze religiose, ritiene che l'inclusione di tale nozione nel protocollo recante norme complementari sul razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e tutte le forme di discriminazione non sia appropriata; chiede agli Stati membri delle Nazioni Unite di attuare appieno le norme esistenti in materia di libertà di espressione e di religione;

Volevamo mantenere questa frase perché riteniamo che non vi sia necessità di nuove norme a livello di ONU in materia di diffamazione delle religioni poiché esistono già le norme internazionali, in particolare, il suddetto protocollo contro la discriminazione delle minoranze religiose.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE), per iscritto. (PL) La politica europea sul rispetto dei diritti umani è una delle più importanti che stiamo attuando. La politica comunitaria sul rispetto dei diritti umani include la tutela dei diritti civili, politici, economici, sociali e culturali. Attribuisce grande importanza alla difesa dei diritti di donne, minori e minoranze nazionali e, in particolare, alla lotta al razzismo, alla xenofobia e ad altre forme di discriminazione. E’ molto pericoloso quando una normativa che discrimina le minoranze viene utilizzata per violare il loro diritto alla libertà di culto e quando riduce il loro accesso all’istruzione e all’occupazione, limitando così il loro diritto al lavoro che, a sua volta, riduce il loro diritto a un tenore di vita dignitoso. Il lavoro svolto finora dall’Unione in tale ambito ci dà il diritto di esigere il rispetto di standard elevati in materia di democrazia e diritti umani.

 
  
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  Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto. (LT) Quando si parla di diritti umani, a tutti i livelli e in ogni ambito dell’Unione europea, va sottolineato che il nostro compito di parlamentari non è solo quello di criticare e preparare risoluzioni riguardanti paesi terzi, bensì anche di osservare attentamente gli Stati membri dell’Unione, prestando attenzione anche al più piccolo evento che violi i diritti umani. In caso di violazioni dei diritti umani, il Parlamento europeo prepara una risoluzione diretta allo Stato interessato. Prima di criticare gli altri, dobbiamo porre fine alle violazioni dei diritti umani all’interno dei nostri confini. Solo allora potremo criticare gli altri paesi e cercare di aiutarli quanto più possibile.

 
  
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  Anna Záborská (PPE), per iscritto. (FR) Non ho sostenuto la presente risoluzione poiché non sottolinea l’importanza dei diritti umani delle minoranze cristiane in Medio Oriente. Mi rammarico della mancanza di coraggio dimostrata al momento di condannare gli attacchi alle minoranze cristiane in Medio Oriente e di presentare tale problema al Consiglio per i diritti umani. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 2009 l’“Anno internazionale per l’apprendimento dei diritti umani” e l’Unione europea ha dichiarato il 2010 l’“Anno europeo della lotta alla povertà”. Dobbiamo ricordare che l’ONU ha indicato l’estrema povertà come una violazione dei diritti umani. Sul marmo degli edifici del Parlamento europeo e del Consiglio, abbiamo inciso il leitmotiv del 17 ottobre, la giornata internazionale per l’eliminazione della povertà: “Laddove gli uomini sono condannati a vivere nella miseria, i diritti dell’uomo sono violati. Unirsi per farli rispettare è un dovere sacro. Padre Joseph Wresinski”. La risoluzione non esprime la nostra profonda preoccupazione per l’estrema povertà quale violazione dei diritti umani. Per tale motivo, invito i membri del comitato europeo Quarto mondo a inviare una lettera su questa falsariga ai delegati dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite esprimendo le vostre preoccupazioni in tale ambito.

 
  
  

Proposta di risoluzione B7-0118/2010

 
  
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  Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. (RO) La parità tra uomo e donna è un diritto fondamentale e un valore condiviso all’interno dell’Unione europea. E’ anche una condizione essenziale per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione in termini di crescita economica, occupazione e coesione sociale. Nonostante siano stati fatti numerosi passi avanti per il raggiungimento degli obiettivi della Piattaforma d'azione di Pechino, adottata nel 1995, la disuguaglianza di genere e gli stereotipi rimangono un problema.

Ritengo che la revisione della strategia di Lisbona debba concentrarsi maggiormente sulla parità di genere, stabilendo nuovi obiettivi e consolidando i rapporti con la Piattaforma d'azione di Pechino, affinché gli Stati membri possano raggiungere risultati concreti attraverso politiche specifiche. Per tale motivo, è necessaria una migliore promozione dello scambio di esperienze e di buone pratiche fra gli Stati membri in tutti gli ambiti interessati dalla Piattaforma d'azione di Pechino.

 
  
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  Elena Băsescu (PPE), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della risoluzione per Pechino +15 – Piattaforma d’azione delle Nazioni Unite per la parità di genere. Quindici anni dopo l’adozione della dichiarazione di Pechino e della piattaforma d’azione, il Parlamento europeo sta discutendo oggi i progressi effettuati a livello globale in ambito di parità di genere. Uno dei valori fondanti dell’Unione è la parità di opportunità per uomini e donne. L’articolo 2 del trattato sull’Unione europea sottolinea numerosi valori condivisi dagli Stati membri: pluralismo, non discriminazione, tolleranza, giustizia, solidarietà e parità di genere. Sebbene siano stati compiuti notevoli progressi in alcune aree e settori industriali, persistono ancora certe disuguaglianze. A tal proposito, l’Unione europea non deve lesinare gli sforzi per risolvere tali problemi. L’uguaglianza deve essere promossa in ogni ambito. A livello europeo, al momento di progettare le strategie per combattere la crisi finanziaria e le conseguenze del cambiamento climatico, la Commissione europea deve tenere conto anche dell’effetto di tali strategie sulle donne. La risoluzione promuove lo sviluppo di strategie e strumenti necessari a creare la situazione di parità di genere progettata dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere.

 
  
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  Regina Bastos (PPE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della risoluzione per Pechino +15 – Piattaforma d’azione delle Nazioni Unite per la parità di genere, poiché gli obiettivi strategici della piattaforma di Pechino non sono stati raggiunti, mentre rimangono disuguaglianze e stereotipi di genere, le donne rimangono in una posizione subordinata rispetto agli uomini in tutte le aree trattate nella piattaforma.

Ci rammarichiamo della carenza di dati tempestivi, affidabili e comparabili, a livello tanto nazionale che dell'Unione, per gli indicatori stabiliti per la verifica della piattaforma di azione di Pechino già messi a punto in molti dei settori critici d'interesse individuati in tale piattaforma, tra cui le donne e la povertà, la violenza contro le donne, i meccanismi istituzionali, le donne e i conflitti armati e le bambine. La Commissione deve elaborare ulteriormente il bilancio annuale dell’attuazione della piattaforma d’azione di Pechino e utilizzarne effettivamente gli indicatori e le relazioni analitiche quali contributo ai diversi ambiti di azione politica e come base per nuove iniziative volte a realizzare l’uguaglianza di genere. Vogliamo ribadire la necessità di mettere in atto e monitorare sistematicamente l’integrazione della prospettiva di genere nei processi legislativi, di bilancio e in altri importanti processi, nonché strategie, programmi e progetti in vari ambiti..

 
  
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  Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore della presente risoluzione, perché dobbiamo sviluppare ulteriormente la considerazione dell’uguaglianza di genere in tutta l’Unione europea. La Commissione europea dovrebbe preparare una strategia d’azione per degli orientamenti sulla parità di genere, tenendo in considerazione la crisi economica e finanziaria, lo sviluppo sostenibile, nonché le attuali priorità degli orientamenti, la parità in termini di indipendenza economica per uomini e donne, la possibilità di conciliare lavoro, famiglia e vita privata e la partecipazione equa di uomini e donne ai processi decisionali.

Al momento, vi è un’evidente mancanza di dati sulla parità di genere, la violenza contro le donne e i meccanismi istituzionali. E’ molto importante che gli Stati membri cooperino intensamente con l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, che ha il compito, inter alia, di lavorare sui dati comparabili. L’istituto si occupa di calcoli statistici e di progetti di ricerca, il cui obiettivo è fornire delle analisi su questioni legate all’uguaglianza di genere, condurre studi statistici sugli indicatori dei dati e fornire una spiegazione dei dati. Gli obiettivi tracciati dal programma di lavoro dell’istituto dovrebbero essere utili specialmente per quanto riguarda l’applicazione degli indicatori stabiliti a Pechino.

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) L’uguaglianza di genere è un principio fondamentale dei nostri tempi, ma la disuguaglianza permane, e siamo ancora lontani dal raggiungimento degli obiettivi strategici della piattaforma di Pechino.

Accolgo con soddisfazione la proposta di risoluzione da votare oggi in seduta plenaria, poiché rappresenta un incentivo a migliorare i meccanismi istituzionali per la promozione dell’uguaglianza di genere.

L’integrazione di genere nella cooperazione allo sviluppo è essenziale per promuovere una società più prospera, equa e ricca.

Vorrei sottolineare l’importanza del ruolo delle donne nella scienza e nella tecnologia. Le donne sono sempre più presenti nelle aree della ricerca scientifica, ma nella loro carriera rimangono lontane dalle posizioni più alte e dai centri di potere decisionale. E’ fondamentale sfruttare questo potenziale per promuovere un giusto equilibrio e per sostenere crescita e occupazione.

E’ basilare considerare l’integrazione di genere in vari ambiti politici una delle basi per una società più prospera, equa e ricca.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Essendo un convinto difensore dei diritti umani e del principio di uguaglianza, non posso compromettere iniziative volte a tutelare i diritti umani di donne e bambine. Tali diritti sono spesso violati gravemente in un mondo in cui le donne sono ancora le principali vittime di crimini contro il loro benessere fisico e l’autodeterminazione sessuale.

Tuttavia, l’uguaglianza di genere non potrà mai celare le differenze naturali, sociali e culturali fra i sessi, uguali diritti non significano uguale trattamento. Uomini e donne devono essere trattati in modo equo, fornendo loro i medesimi diritti ma tenendo conto delle rispettive necessità. Nel caso delle donne tale elemento è particolarmente rilevante in aree come l’indennità di maternità, la conciliazione di lavoro e vita familiare e la tutela speciale dai crimini commessi contro donne e bambini, come lo sfruttamento sessuale, la tratta umana e gli abusi.

Infine, voglio sottolineare che qualsiasi iniziativa europea in quest’ambito non può cercare di dare alle donne il diritto all’aborto in nome della salute sessuale e riproduttiva, deve rimanere una questione di competenza dei singoli Stati membri.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) L’uguaglianza di genere è un principio fondamentale dell’Unione europea ed è racchiuso nel trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Dunque, l’Unione ha il compito specifico di promuovere e integrare l’uguaglianza fra uomini e donne. La spiacevole situazione della discriminazione di genere continua a esistere, sia nei paesi in via di sviluppo, sia in quelli sviluppati, nello specifico, l’Unione europea, a tutti i livelli sociali, economici e culturali. Per combattere questo fenomeno in modo efficace, è fondamentale garantire l’esistenza di meccanismi efficaci per individuare i problemi e raccogliere informazioni, senza incontrare ostacoli o impedimenti politici, al fine di determinare le cause e le conseguenze in modo chiaro e fondato e di fornire una risposta completa. Questo problema strutturale rappresenta un ostacolo al progresso e allo sviluppo delle comunità, in particolare, e dell’umanità, in generale.

Ritengo che l’eliminazione della violenza domestica debba essere una priorità assoluta. Per farlo, sarà necessario garantire l’uguaglianza culturale, sociale ed economica tra uomini e donne. La crisi economica e finanziaria, l’impatto del cambiamento climatico e una società sempre più anziana sono tutti fattori che la Commissione europea e gli Stati membri devono considerare nelle azioni e nelle politiche volte a promuovere l’uguaglianza di genere.

 
  
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  Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark and Anna Ibrisagic (PPE), per iscritto. (SV) Oggi, 25 febbraio 2010, i Conservatori svedesi hanno votato a favore della risoluzione per Pechino +15 – Piattaforma d’azione delle Nazioni Unite per la parità di genere, B7-0118/2010. Ad ogni modo, vorremmo sottolineare che riteniamo che un capitolo sull’uguaglianza non dovrebbe essere incluso nella revisione della strategia di Lisbona 2010, essendo un tema già coperto dal trattato di Roma e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Vogliamo inoltre sottolineare che le donne dovrebbero avere il potere di decidere della propria sessualità e riproduzione. Crediamo nella capacità degli individui di prendere decisioni riguardanti la propria vita e l’Unione non dovrebbe interferire in tale area. Una maggiore uguaglianza è una delle grandi sfide per l’Unione europea in cui i progressi svedesi possono ispirare gli altri Stati membri dell’Unione.

 
  
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  Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della risoluzione perché, 15 anni dopo la Conferenza mondiale sulle donne a Pechino, dobbiamo riconoscere che non sono stati compiuti progressi sufficienti e che gli stereotipi sessisti rimangono in numerosi ambiti, quali occupazione, istruzione e politica. Ho espresso il mio sostegno anche per il riferimento alla necessità di migliorare la salute sessuale e riproduttiva delle donne tanto in Europa quanto globalmente, e l’incentivo che andrebbe dato ai padri per condividere le responsabilità familiari, approfittando del congedo parentale, ad esempio. Infine, per quanto riguarda la revisione della strategia di Lisbona, bisogna dare priorità all’obiettivo dell’uguaglianza di genere, che dovrà avere un impatto reale sulle misure nazionali di tutela e inclusione sociale.

 
  
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  Lívia Járóka (PPE), per iscritto. (HU) Gli obiettivi della Piattaforma d’azione di Pechino concordati 15 anni fa non sono ancora stati raggiunti e in svariati ambiti relativi all’uguaglianza fra uomini e donne i progressi sono stati pressoché nulli. E’ spiacevole che, tanto a livello nazionale quanto a livello comunitario, sia stata posta scarsa enfasi sulla lotta alla povertà e sulle molteplici discriminazioni che colpiscono le donne.

Dobbiamo armonizzare gli obiettivi di Pechino adottati all’interno del quadro delle Nazioni Unite e l’applicazione di una nuova tabella di marcia europea per la parità di genere. In quest’anno europeo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, è particolarmente importante che le donne appena al di sopra della linea della povertà ricevano una tutela adeguata, poiché un cambiamento nella situazione di impiego o familiare (come la perdita del lavoro, un divorzio, una vedovanza o anche una nascita) corrisponde a una minaccia esponenziale del pericolo di impoverimento. E’ gratificante vedere che il programma del trio di presidenza composto da Spagna, Belgio e Ungheria ponga grande enfasi, da un lato sul seguito dell’applicazione degli obiettivi di Pechino e, dall’altro, dichiari l’intenzione di assumere un approccio di ampio respiro per prevenire e combattere la povertà che colpisce donne e bambini. Tali problemi, mi auguro, saranno affrontati con la debita serietà all’incontro delle Nazioni Unite in programma all’inizio di marzo. Per valutare e rivedere le politiche destinate al raggiungimento delle pari opportunità tra uomini e donne, sono necessari dati affidabili suddivisi per genere, e bisognerebbe prendere in considerazione l’introduzione di indicatori comuni standard per misurare le disuguaglianze di genere.

 
  
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  Monica Luisa Macovei (PPE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore del paragrafo 9 della risoluzione per Pechino +15 – Piattaforma d’azione delle Nazioni Unite per la parità di genere, che sostiene la salute ed i diritti sessuali e riproduttivi delle donne. I diritti sessuali e riproduttivi sono basati sui diritti, universalmente riconosciuti, all’integrità fisica, alla non discriminazione e al miglior tenore di vita raggiungibile. Questi diritti sono racchiusi nel diritto internazionale (incluso l’articolo 12 della Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, in cui le parti riconoscono il “diritto di ogni individuo a godere delle migliori condizioni di salute fisica e mentale che sia in grado di conseguire” e l’articolo 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne sull’eliminazione della “discriminazione nei confronti delle donne nel campo dell’assistenza sanitaria al fine di assicurare loro l’accesso ai servizi sanitari, compresi quelli relativi alla pianificazione familiare”). Altri documenti di accordo (quali il Programma d’azione del Cairo del 1994 o la Piattaforma d’azione di Pechino del 1995) hanno indicato l’impegno dei governi per i diritti sessuali e riproduttivi delle donne. Molti dei miei elettori in Romania condividono questo punto di vista.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Le disuguaglianze tra uomini e donne a vari livelli, siano esse per professione, settori o stereotipi vari, sono sbiadite nel corso degli anni. L’uguaglianza fra uomini e donne all’interno dell’Unione è sempre più una realtà e, nonostante vi siano episodi di discriminazione, iniziamo ad assistere a sviluppi molto positivi.

 
  
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  Franz Obermayr (NI), per iscritto. (DE) La difesa dei diritti delle donne è importante anche per me. Tuttavia, non ritengo sensato l’uso di quote, la cosiddetta discriminazione positiva. Sono le qualifiche che devono fare la differenza, non il genere. Dovrebbe essere la regola di base per uomini e donne, senza differenze. Per tale motivo mi sono astenuto dal voto.

 
  
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  Rovana Plumb (S&D), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della presente proposta di risoluzione perché è obbligatorio attuare l’uguaglianza di genere in tutti i settori.

Per quanto riguarda la Romania, in questi quindici anni sono stati compiuti dei progressi solo in alcune delle aree individuate dalla piattaforma di Pechino. La presenza delle donne nella politica romena a livello decisionale, dopo le elezioni del 2009, si attesta circa all’11 per cento nel Parlamento e solo una donna è entrata a far parte del governo. La violenza maschile contro le donne, la tratta umana e la rappresentanza femminile negli organi decisionali sono priorità su cui dobbiamo concentrarci.

Possiamo affrontare la questione solo se saranno le donne a decidere per le donne! Non includere le donne in tutti gli organismi sociali e politici significa sprecare il 50 per cento della capacità intellettuale, nonché non riuscire a rappresentare davvero gli interessi dei cittadini.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore del testo finale della risoluzione perché includeva le nostre richieste alla Commissione europea di tenere conto, nella tabella di marcia 2010-2014, non solo della crisi economica e finanziaria, ma anche dell’impatto del cambiamento climatico sulle donne e del fatto che la disuguaglianza di genere e gli stereotipi di genere rimangono presenti in Europa, mentre le donne continuano a essere subordinate agli uomini nelle aree trattate dalla piattaforma di Pechino. Oltretutto essa promuove l’uguaglianza di genere, particolarmente in termini di congedo di paternità.

 
  
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  Marc Tarabella (S&D), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della presente risoluzione perché sottolinea i passi avanti ancora da fare per i 189 Stati firmatari della piattaforma d’azione di Pechino per raggiungere una reale uguaglianza fra uomini e donne. In particolare sostengo il paragrafo che sottolinea che “la salute sessuale e riproduttiva costituisce parte integrante del programma d'azione per i diritti delle donne”. A tal proposito, vorrei ricordare che, quando la mia relazione sull’uguaglianza di genere è stata adottata nel 2009, la maggioranza degli onorevoli parlamentari si era espressa a favore di un accesso facilitato a contraccezione e aborto da parte delle donne.

 
  
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  Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), per iscritto. (FR) Io, insieme ai miei colleghi del gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica, ho votato a favore della relazione Svensson su Pechino +15 – Piattaforma d’azione delle Nazioni Unite per la parità di genere. La valutazione dell’onorevole Svensson presenta un quadro misto.

E’ vero, sono stati fatti dei progressi, ma come possiamo dirci soddisfatti se vi è ancora una differenza di salario tra uomini e donne che va dal 14 per cento al 17,5 per cento?

Inoltre, è inaccettabile che la maggioranza dei deputati abbia adottato un emendamento molto ambiguo(1) presentato dai Conservatori e riformisti europei, secondo il quale le donne che ricorrevano all’aborto non compivano una decisione responsabile e informata. Questo è un attacco indiretto al diritto all’aborto.

 
  
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  Marina Yannakoudakis (ECR), per iscritto. (EN) I membri dell’ECR hanno firmato la Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne e la piattaforma d’azione di Pechino. Riteniamo, dunque, che il fatto che l’Unione europea “[aderisca] alla Convenzione” nella sua interezza non sia necessario e ci opponiamo a un’Unione europea che si comporta come uno Stato. Sebbene il gruppo ECR attribuisca grande importanza all’uguaglianza fra tutte le persone, siamo contrari a ulteriori norme a livello europeo; riteniamo che la questione dell’uguaglianza di genere sia affrontata in modo migliore a livello nazionale, con il coinvolgimento delle comunità locali. Per tali ragioni, abbiamo votato contro la risoluzione.

 
  
  

Relazione Maňka (A7-0017/2010)

 
  
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  Alexander Alvaro, Jorgo Chatzimarkakis, Nadja Hirsch, Silvana Koch-Mehrin, Holger Krahmer, Britta Reimers e Alexandra Thein (ALDE), per iscritto.(DE) Secondo quanto previsto dalla risoluzione del Parlamento europeo sul progetto di bilancio generale per l'esercizio 2010, approvata il 17 dicembre 2009, si è svolta oggi la votazione sul bilancio rettificativo per il Parlamento europeo, a seguito della revisione dei calcoli eseguita dall'amministrazione parlamentare. Il gruppo di deputati dell'FDP al Parlamento europeo ha scelto di astenersi, poiché il pacchetto di emendamenti in questione contiene un paragrafo che non consideriamo compatibile con le nostre posizioni. Già in occasione delle discussioni in commissione, l'FDP si era detto contrario alla proposta di incrementare l'indennità di segreteria a 1 500 euro, dal momento che la retribuzione degli assistenti degli europarlamentari è tratta da tale indennità. L'FDP ritiene infondata la motivazione secondo cui le attività aggiuntive richieste agli eurodeputati in seguito all'entrata in vigore del trattato di Lisbona richiederebbero lo stanziamento di ulteriori fondi, dal momento che non esiste alcuna esperienza pregressa a sostegno di tale affermazione. Indubbiamente, con la recente entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Parlamento necessiterà di risorse straordinarie per svolgere la propria attività legislativa; tuttavia, data l'introduzione dello statuto degli assistenti all'inizio di questa legislatura, non sussistono elementi che dimostrino la necessità di ulteriori assistenti per gli europarlamentari. Vi è motivo di temere che si assisterà ad ulteriori richieste e incrementi oppure ad un rinnovo dei mandati. Per questo motivo i deputati dell'FDP hanno deciso di astenersi.

 
  
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  Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. – Presentata per la prima volta nella riunione della commissione per i bilanci del 25 gennaio 2010, la relazione Maňka si caratterizza per tre punti critici che hanno determinato la mia scelta di un voto di astensione.

In primis, la scoperta improvvisa e postuma rispetto alla firma del bilancio 2010, avvenuta nel dicembre 2009, del superamento del tetto del 20% delle spese nella "Rubrica 5". La concertazione dello spostamento del problema da dicembre a gennaio, la volontà di non rendere evidente il peso budgetario del trattato di Lisbona, e la questione posta affrettatamente, senza nessuno spazio per l'eventuale richiesta di un uso più efficiente delle risorse attualmente disponibili, hanno dato vita a una vera e propria distorsione della realtà dei fatti.

In secondo luogo, non condivido la scelta di utilizzare, per coprire il nuovo fabbisogno di liquidità, le riserve destinate alla politica immobiliare, un tema controverso che deve essere affrontato nei prossimi mesi, certi di poter contare sulle necessarie risorse finanziarie.

Infine, ritengo che la somma di 1 500 euro in termini di dotazioni mensili per gli assistenti dei deputati appaia comunque inadeguata, poiché la soglia minima per l'assunzione di un nuovo assistente accreditato al livello I ammonta a 1 649 euro.

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Il trattato di Lisbona conferirà al Parlamento maggiori poteri. Cionondimeno, nel contesto della globalizzazione, ogni questione acquisisce maggiore complessità e le decisioni devono essere solide dal punto di vista tecnico e scientificamente fondate.

Al fine di svolgere al meglio il proprio compito, è fondamentale che coloro cui è affidata la responsabilità delle decisioni siano aggiornati sui recenti sviluppi della scienza.

Questo bilancio prevede dei tagli alla politica immobiliare e un incremento dell'assistenza tecnica ai deputati, allo scopo di mettere a disposizione del Parlamento le risorse necessarie per svolgere al meglio i propri compiti, con il supporto scientifico e tecnico divenuto irrinunciabile nel XXI secolo.

 
  
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  Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) Ho scelto di votare contro la relazione, dal momento che il bilancio UE rappresenta ancora una minima percentuale del PIL europeo (0,97 per cento) e non è sufficiente per consolidare le economie e le società deboli e finanziare l'allargamento. La necessità di un consistente aumento del bilancio, che porti almeno al 5 per cento, si fa sempre più urgente, specialmente alla luce dell'attuale crisi economica che ha colpito tutta l'Unione europea, al fine di far fronte alle esigenze di natura sociale e porre fine ai tagli alla spesa pubblica. E' in questo contesto che vanno affrontati i problemi legati alle necessità operative e all'armonizzazione delle spese del Parlamento e dell'UE.

 
  
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  Jurgen Creutzmann (ALDE), per iscritto. (DE) Secondo quanto previsto dalla risoluzione del Parlamento europeo sul progetto di bilancio generale per l'esercizio 2010, approvata il 17 dicembre 2009, si è svolta oggi la votazione sul bilancio rettificativo per il Parlamento europeo, a seguito della revisione dei calcoli eseguita dall'amministrazione parlamentare. Il gruppo di deputati dell'FDP al Parlamento europeo ha scelto di astenersi, poiché il pacchetto di emendamenti in questione contiene un paragrafo che non consideriamo compatibile con le nostre posizioni.

Già in occasione delle discussioni in commissione, l'FDP si era detto contrario alla proposta di incrementare l'indennità di segreteria a 1 500 euro, dal momento che la retribuzione degli assistenti degli europarlamentari è tratta da tale indennità. L'FDP ritiene infondata la motivazione secondo cui le attività aggiuntive richieste agli eurodeputati in seguito all'entrata in vigore del trattato di Lisbona richiederebbero lo stanziamento di ulteriori fondi, dal momento che non esiste alcuna esperienza pregressa a sostegno di tale affermazione. Indubbiamente, con la recente entrata in vigore del trattato di Lisbona il Parlamento necessiterà di risorse straordinarie per svolgere la propria attività legislativa; tuttavia, data l'introduzione dello statuto degli assistenti all'inizio di questa legislatura, non sussistono elementi che dimostrino la necessità di ulteriori assistenti per gli europarlamentari. Vi è motivo di temere che si assisterà ad ulteriori richieste e incrementi oppure ad un rinnovo dei mandati. Per questo motivo i deputati dell'FDP hanno deciso di astenersi.

 
  
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  Proinsias De Rossa (S&D), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della relazione Maňka, perché rappresenta un primo passo verso la rettifica del bilancio 2010 del Parlamento europeo, che mira a reperire ulteriori risorse umane e finanziarie per consentire a quest'Assemblea di adempiere al suo nuovo ruolo. Le risorse aggiuntive prevedono un incremento dell'indennità mensile di assistenza a disposizione degli eurodeputati per adempiere al loro nuovo ruolo legislativo. Il trattato di Lisbona affianca infatti il Parlamento al Consiglio in qualità di colegislatore, rendendolo ora responsabile per il 95 per cento circa delle procedure legislative, dalla libertà alla sicurezza e alla giustizia, l'agricoltura, la pesca, la ricerca e i Fondi strutturali. Il consenso del Parlamento è ora necessario anche per negoziare e concludere accordi internazionali che passano al vaglio degli esperti; è pertanto essenziale che gli eurodeputati dispongano del personale necessario per poter svolgere questo compito al meglio.

 
  
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  Göran Färm, Anna Hedh, Olle Ludvigsson, Marita Ulvskog e Åsa Westlund (S&D), per iscritto. (SV) Il gruppo dei socialdemocratici svedesi ritiene che le commissioni alle quali sarà affidata una mole di lavoro maggiore in seguito all'entrata in vigore del trattato di Lisbona vadano debitamente sostenute con un incremento del personale del Parlamento e delle segreterie di gruppo di queste commissioni. Non ci trova tuttavia d'accordo la proposta di aumentare il personale che collabora con gli eurodeputati. Piuttosto che un incremento del bilancio generale, avremmo preferito un aumento delle risorse del Parlamento tramite ridistribuzione e misure tese ad accrescere l'efficienza.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Alla luce del nuovo ruolo e delle nuove funzioni previste dal trattato di Lisbona per il Parlamento e in virtù dell'impegno assunto in occasione dell'approvazione del bilancio 2010, l'incremento dei fondi per la gestione del Parlamento appare ragionevole: assicura infatti a quest'Assemblea le risorse umane e materiali necessarie per adempiere agli incarichi previsti dal nuovo quadro istituzionale sempre all'insegna dell'accuratezza e dell'eccellenza.

Tale incremento non deve, tuttavia, mettere a rischio la sostenibilità del bilancio né l'accuratezza dei rendiconti finanziari, elementi essenziali per qualsiasi istituzione. I fondi resi disponibili da questo bilancio devono inoltre essere gestiti con accuratezza e trasparenza.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Il bilancio rettificativo per l'esercizio 2010 relativo al bilancio del Parlamento (sezione 1 del bilancio generale dell'Unione) è ora pari a 1 616 760 399 euro, che corrisponde al 19,99 per cento della rubrica 5 originale, approvata in prima lettura. La riserva immobiliare è passata da 15 a 11 milioni di euro.

Questo bilancio si è reso necessario in seguito all'entrata in vigore del trattato di Lisbona, che assegna nuovi poteri e responsabilità al Parlamento. La nostra priorità è ora l'eccellenza legislativa e a tale scopo è importante fornire i mezzi necessari agli eurodeputati, alle commissioni e ai gruppi politici. Questo bilancio rettificativo risponde agli standard giuridici, a quelli sulla disciplina di bilancio e alla sana gestione finanziaria. In qualità di relatore del gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano) per questa materia, credo che la disciplina di bilancio e lo sforzo per tagliare la spesa in ogni fase dell'attuazione di questo bilancio siano ora più importanti che mai; ribadisco pertanto l'importanza di elaborare una politica di bilancio che non comporti maggiorazioni della spesa e garantisca più rigore e trasparenza. Chiedo inoltre che vengano fornite quanto prima informazioni sull'importo delle spese fisse del Parlamento e insisto sulla necessità di una pianificazione a lungo termine della sua politica immobiliare, al fine di garantire la sostenibilità di bilancio.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. (FR) Decine di migliaia di persone ieri sono scese nelle strade di Atene, dando vita a uno sciopero generale che ha costretto la Grecia a fermarsi davanti alla protesta contro il piano di austerity imposto dall'UE, dalla Banca centrale europea di Francoforte e dall'FMI. E' vero che la Grecia non è sempre stata rigorosa come avrebbe dovuto nella gestione dei propri conti pubblici e dei fondi comunitari. Cionondimeno è scandaloso che lo scopo principale di questo piano di austerity sia quello di rassicurare i mercati, quegli stessi mercati che in questo preciso momento speculano sul debito greco e che hanno dato vita a questi disordini; sono gli stessi mercati ai quali – grazie alle vostre norme ultra liberali – gli Stati devono chiedere finanziamenti a tassi di interesse elevati. Alla luce di questi sviluppi, con il pretesto di un presunto incremento della mole di lavoro per l'entrata in vigore del trattato di Lisbona e per la presunta preoccupazione del Parlamento per la qualità dei propri atti legislativi, gli eurodeputati si concedono un modesto aumento di bilancio nell'ordine di qualche milione di euro, al fine di assumere altro personale per i gruppi politici! Vi invito a verificare con la stessa meticolosità le vostre spese e ad applicare lo stesso rigore che pretendete dagli Stati membri. Il mio gruppo esprime voto contrario al testo presentato.

 
  
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  Sylvie Goulard (ALDE), per iscritto. (FR) La crisi è tuttora in corso ed è vero che moltissime aziende e cittadini faticano ad andare avanti. Ciononostante, ho espresso voto favorevole all'incremento del pacchetto sull'assistenza parlamentare, dal momento che l'entrata in vigore del trattato di Lisbona affiderà nuove responsabilità al Parlamento europeo, che dovrà farsi carico di una maggiore mole di lavoro e di ulteriori incarichi nei confronti dei cittadini europei. Tale incremento andrà unicamente a beneficio dei nostri assistenti e non comporta alcun aumento dei compensi per gli eurodeputati.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Il mio gruppo ha deciso di concedere voto favorevole all'incremento dell'indennità per l'assistenza di segreteria a condizione che l'utilizzo di tali fondi sia soggetto a verifica, come previsto dalla relazione Maňka. La nostra posizione definitiva dipenderà dall'esito di tale valutazione.

 
  
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  Cătălin Sorin Ivan (S&D), per iscritto. (RO) Ho espresso con fiducia il mio voto favorevole a questa rettifica di bilancio, che non mira ad autorizzare ulteriori finanziamenti per noi parlamentari, come sostiene la stampa, bensì ad assicurare al Parlamento europeo le risorse necessarie per rispondere alle aspettative dei cittadini. Stiamo indubbiamente attraversando un momento difficile dal punto di vista economico e molti Stati hanno attuato di conseguenza tagli di bilancio notevoli. Non è peraltro vero che questo bilancio prevede un tetto di spesa elevato: siamo riusciti a risparmiare e continueremo a farlo in futuro.

 
  
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  Ulrike Lunacek (Verts/ALE), per iscritto. (DE) Ho votato a favore della relazione Maňka, pur non condividendo l'aumento di bilancio destinato all'indennità per l'assistenza di segreteria agli eurodeputati. Nella dichiarazione a nome del gruppo Verde/Alleanza libera europea, l'onorevole Trüpel ha dichiarato che il nostro voto favorevole è legato all'esito della valutazione sull'indennità per l'assistenza di segreteria da condurre prima dell'entrata in vigore del relativo incremento. Alla luce dei nuovi poteri legislativi previsti dal trattato di Lisbona per il Parlamento europeo, ritengo giustificato e necessario aumentare anche gli incarichi per commissioni e gruppi. Come eurodeputati, intendiamo affrontare con grande serietà queste nuove competenze e svolgere al meglio il nostro ruolo di unici rappresentanti eletti dei cittadini europei.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (EN) L'approvazione e la successiva entrata in vigore del trattato di Lisbona hanno comportato maggiori responsabilità per il Parlamento europeo, con il carico amministrativo che ne consegue. L'eccellenza legislativa rappresenta una priorità per il Parlamento e occorre pertanto dotare i deputati delle risorse umane e materiali necessarie per conseguire tale obiettivo. Il nuovo bilancio deve tuttavia rispettare i tassi di utilizzo dei valori previsti alla rubrica 5 (stanziamenti amministrativi) del quadro finanziario pluriennale, preventivamente fissati al 20 per cento del valore della rubrica stessa, al fine di mantenere la sostenibilità di bilancio.

 
  
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  Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. (SV) In considerazione dei tagli effettuati in tutta Europa, dobbiamo mostrare solidarietà verso i paesi che finanziano il bilancio dell'UE ed evitare quindi di aumentare le nostre spese. Ho deciso pertanto di esprimere voto contrario alla proposta di un bilancio rettificativo relativo al Parlamento europeo.

 
  
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  Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. (NL) Ho votato contro la relazione, perché prevede un aumento salariale per l'assunzione e l'indennità degli assistenti per un valore mensile di 1 500 euro a partire dal 1 maggio 2010. Fortunatamente un emendamento presentato dal gruppo Verde/Alleanza libera europea prevede una verifica dell'attuale sistema delle indennità, in vigore dalle elezioni del 2009. E' tuttavia previsto che l'incremento dell'indennità per l'assistenza di segreteria entri in vigore senza l’obbligo di tenere conto dell’esito della valutazione. La relazione prevede inoltre un rafforzamento delle commissioni e dei gruppi parlamentari, un'operazione del valore di 13,3 milioni di euro l'anno, di cui 8,832 milioni destinati all'indennità per l'assistenza di segreteria.

E' una decisione sbagliata, su cui non si è riflettuto a sufficienza e che lede la reputazione di quest'Assemblea. Implica delle conseguenze che pare non siano state prese in debita considerazione: dove lavoreranno i nuovi assistenti? Sarà necessario un nuovo edificio? Vi saranno ulteriori costi? Temo inoltre che questi fondi vengano in gran parte utilizzati per assumere assistenti non accreditati con trattamento retributivo secondo standard nazionali, proprio lo stesso sistema che talora ha dato vita a comportamenti tutt'altro che trasparenti. Questa proposta potrebbe dare luogo ad altri casi simili. Chiedo quindi che il sistema esistente venga sottoposto a una chiara valutazione preventiva: solo allora saremo in grado di prendere una decisione informata.

 
  
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  Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. (PT) La proposta di rettifica per il bilancio 2010 mira a rispondere alle necessità emerse in Parlamento in seguito all'entrata in vigore del trattato di Lisbona. L'eccellenza legislativa costituisce una priorità per il Parlamento ed è pertanto importante dotare deputati, commissioni e gruppi politici dei mezzi necessari per conseguire tale obiettivo e rispondere alle esigenze legate alla politica immobiliare a lungo termine.

Il bilancio rettificativo per l'esercizio 2010 ammonta ora a 1 616 760 399 euro, importo che corrisponde al 19,99 per cento dell'originale rubrica 5, approvata in prima lettura, e la riserva immobiliare è passata da 15 a 11 milioni di euro. La relazione prevede giustamente una politica di bilancio che non comporti maggiorazioni della spesa legata al programma legislativo annuale, al fine di garantire una maggiore sostenibilità. Per tali ragioni ho deciso di votare a favore del documento presentato, che consentirà al Parlamento di dotarsi dei mezzi necessari a coprire le spese legate al nuovo ruolo che il trattato di Lisbona gli attribuisce.

 
  
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  Helga Trüpel (Verts/ALE), per iscritto. – In questa fase della procedura, il gruppo Verde/Alleanza libera europea approva con riserva l'aumento dell'indennità per l'assistenza di segreteria. Il nostro gruppo reputa essenziale effettuare una valutazione dell'utilizzo di tale indennità – come previsto dalla relazione Maňka – che dovrebbe pervenire prima della decisione da parte dell'autorità competente sul relativo bilancio rettificativo, prevista per la prossima primavera. L'approvazione all'aumento dell'indennità per gli assistenti potrà essere rivista in base all'esito della valutazione e delle discussioni in seno al gruppo.

 
  
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  Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto. (LT) Desidero esprimere il mio sostegno agli eurodeputati e, al contempo, la mia preoccupazione per la proposta di aumentare le indennità per i deputati e i loro collaboratori, specialmente considerando il momento di crisi. Mi riferisco in particolare a quelle classi di spesa che sono difficili da monitorare o sfuggono del tutto ai controlli: sono proprio questi i capitoli di spesa che sarebbe meglio evitare di incrementare durante la crisi.

 
  
  

Relazione Patrão Neves (A7-0014/2010)

 
  
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  Charalampos Angourakis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) La relazione sostiene la politica comune della pesca che, nell'intento di tutelare le risorse ittiche, in Grecia ha causato la distruzione di numerosi piccoli pescherecci e ha costretto molte piccole e medie imprese ad abbandonare l'attività, ha portato alla disoccupazione e al conseguente abbandono di numerose località costiere e ha fatto sì che il settore fosse nettamente dominato dalle grandi aziende. La tendenza della politica europea a favorire un approccio monopolistico trova conferma nel fatto che due terzi dei fondi comunitari sono stati destinati alle grandi aziende che operano nella pescicoltura e nella trasformazione, e soltanto un terzo ai pescatori più o meno in difficoltà per dismettere le imbarcazioni e abbandonare la propria attività. Le misure introdotte per sostituire e/o migliorare lo stato delle imbarcazioni sono andate esclusivamente a vantaggio delle aziende più grandi. Come il Libro verde, anche la relazione attribuisce alle grandi aziende e alle piccole imprese locali pari responsabilità per il calo delle risorse ittiche, non distingue tra le misure necessarie alle aree di pesca né considera le rispettive caratteristiche. La politica comune della pesca fa l'interesse delle grandi aziende ittiche, che continueranno a dare fondo alle risorse del mare, e sostiene i principali operatori del settore. Questa politica, il cui unico criterio è la redditività del capitale, sta portando alla distruzione dell'ambiente marino e dei suoi ecosistemi.

 
  
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  Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. (RO) Sono favorevole al lancio di una nuova strategia che miri a risolvere le questioni legate alla pesca nell'Unione europea. La pesca eccessiva e quella illegale, l'inquinamento e il cambiamento climatico minacciano gli ecosistemi marini: è per questo motivo che l'attenzione verso un'acquacoltura di alta qualità porterà contemporaneamente benefici sia in termini economici che ecologici.

E' fondamentale mantenere il giusto equilibrio tra sviluppo economico, pratiche tradizionali di alcune comunità regionali e le migliori prassi del settore. L'obiettivo principale è capire che la promozione di una forma di acquacoltura sostenibile ed economicamente efficiente in un'ottica di lungo periodo dipende essenzialmente da quanto sono ecologici i nostri comportamenti.

 
  
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  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Il settore europeo della pesca sta attraversando un momento di difficoltà: i pescatori stanno perdendo la loro principale fonte di sostentamento, soprattutto in quelle regioni europee che non possono contare su valide alternative economiche e sociali. Sostengo pertanto con convinzione la proposta della Commissione presentata nel Libro verde, che punta a riformare radicalmente la politica comune della pesca, al fine di permettere al settore di adeguarsi all'evoluzione del mercato. Sono passati 27 anni dalla creazione della politica comune della pesca: il settore non funziona come dovrebbe e i problemi non vengono affrontati con la necessaria tempestività. Le questioni del 2002 rimangono tuttora irrisolte, e addirittura aggravate dai recenti eventi legati alla crisi economica e dall’impatto del cambiamento climatico sulle risorse ittiche. La riforma della politica comune della pesca deve dare la priorità alle misure volte a ripristinare gli stock ittici e alla gestione sostenibile, nonché assicurare il sostentamento dei pescatori. La pesca è un ambito estremamente importante per tutta l'Unione europea e dovrebbe dunque essere considerata non un'attività tra tante, ma un settore che rappresenta una fonte diretta di occupazione.

 
  
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  Gerard Batten, John Bufton, David Campbell Bannerman, Derek Roland Clark, William (The Earl of) Dartmouth, Nigel Farage e Paul Nuttall (EFD), per iscritto.(EN) Sebbene la relazione proponga una PCP vagamente meno orrenda della mostruosità attualmente in vigore, suggerisce pur sempre di lasciare le comunità costiere in balia dell'antidemocratica "Unione europea" e non può pertanto essere avallata da parte dell'UKIP.

 
  
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  Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. (RO) La promozione di un interesse comune tra le organizzazioni dei produttori nell'osservare i principi sostenuti dall'Unione europea costituisce un elemento essenziale nella riforma della politica sulla pesca. L'UE non può pretendere che le flotte da pesca europee si ridimensionino spontaneamente, sulla base delle realtà economiche. A otto anni dal summit mondiale sullo sviluppo sostenibile, la sovraccapacità delle flotte e la costante riduzione degli stock ittici sono ulteriori motivi per sostenere una radicale riforma della politica comune della pesca. Non bisogna peraltro dimenticare che nelle zone costiere degli Stati membri esistono intere comunità la cui esistenza ruota essenzialmente intorno alla pesca; come ricordato anche dalla relazione sulla riforma della PCP, quest'attività fa parte di un retaggio culturale e di tradizioni che non devono andare perdute.

Rivedere la politica comune della pesca è nell'interesse di tutti gli Stati membri, al fine di realizzare i principali obiettivi fissati nel vertice del 2002, ossia assicurare un livello di risorse alieutiche tale da permettere di ottenere un rendimento massimo sostenibile fino al 2015, cosicché l'Unione europea non sia più costretta a importare da altri mercati la metà del pesce di cui necessita.

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Il settore della pesca ricopre rilevanza strategica in termini di benessere socioeconomico delle comunità costiere, sviluppo locale, occupazione, conservazione e creazione di attività economiche.

Assicurare lo sviluppo sostenibile di questo settore è essenziale, non solo dal punto di vista economico e sociale, ma anche per mantenere tutte le acque marine dell'Unione europea in buone condizioni ambientali.

L'attuazione della PCP è direttamente legata a questioni quali la protezione ambientale, il cambiamento climatico, la sicurezza, la salute pubblica, la tutela dei consumatori e lo sviluppo regionale, il commercio interno e internazionale, le relazioni con i paesi terzi e la cooperazione allo sviluppo ed è fondamentale conseguire il giusto equilibrio tra tutti questi aspetti.

Sottolineo la necessità di uno Spazio europeo della ricerca coerente al fine di promuovere l'uso sostenibile degli oceani e dei mari.

E' altresì importante considerare i limiti che gravano sulle regioni ultraperiferiche che, per la loro natura permanente, invasiva e per la loro compresenza, le rendono differenti dalle altre regioni dell'UE con svantaggi geografici e/o problemi demografici.

 
  
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  Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) Ho espresso voto contrario alla relazione sulla politica comune della pesca, nonostante vanti una serie di elementi che rappresentano un'evoluzione positiva rispetto alla situazione attuale. Alcuni punti essenziali della relazione si scontrano tuttavia con il fatto che le risorse marine sono una proprietà pubblica comune e non possono pertanto essere privatizzate. Un emendamento presentato dal gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica su questo punto è stato respinto. La relazione non riesce a conciliare la necessità di tutelare l'ambiente marino, conservare le risorse alieutiche e assicurare una tutela sociale e finanziaria ai pescatori, soprattutto quelli che operano su piccola scala, con il rischio di conseguenze catastrofiche per l'ambiente e la pesca sostenibile e un impatto negativo sia per gli operatori che per i consumatori, che pagano il prezzo finale del prodotto, mentre gli utili vanno a favore delle grandi aziende private anziché dei piccoli pescatori. La relazione di fatto non riconosce le varie condizioni esistenti nei singoli Stati membri, pertanto non è in grado di proporre gli adeguamenti necessari.

 
  
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  Carlos Coelho (PPE), per iscritto. (PT) Mi congratulo con l'onorevole Patrão Neves per l'ottima relazione sulla riforma della politica comune della pesca. Gli innumerevoli problemi relativi alla PCP sono noti fin dal 2002, ma risultano ora esacerbati dalla crisi economica e da quella energetica, nonché dalle conseguenze negative del cambiamento climatico. Se la PCP intende tutelare gli interessi degli operatori del moderno settore della pesca, deve introdurre una serie di cambiamenti radicali volti ad assicurare il giusto equilibrio tra conservazione delle risorse e vitalità del settore, aprendo le porte a nuovi sistemi di gestione a seconda dei diversi tipi di pesca all'interno dell'UE.

Apprezzo la volontà di decentrare la PCP e semplificarne gli obblighi burocratici, regionalizzare la gestione del settore entro i limiti previsti dal trattato di Lisbona, assicurare un trattamento appropriato sia ai piccoli operatori che alle realtà industriali, nel rispetto dei requisiti ambientali, economici e sociali. Desidero altresì sottolineare l'importanza di tutelare gli interessi della pesca comunitaria, impegno che richiede tuttavia un apposito controllo da parte dei governi nazionali, che dovrebbero riconoscere la rilevanza strategica di questo settore al fine di assicurare la vitalità economica e sociale delle comunità costiere.

 
  
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  Vasilica Viorica Dăncilă (S&D), per iscritto. (RO) Ritengo necessario predisporre piani per la gestione e il sostegno del ripristino a lungo termine degli stock ittici per tutti i tipi di pesca e tutte le aree geografiche interessate all'interno dell'Unione europea. Occorre innanzi tutto considerare le sensibili differenze che esistono in Europa relativamente alla pesca. Alle zone di pesca vanno riconosciute maggiori responsabilità e occorre migliorare il tradizionale sistema delle quote. L'Europa deve adottare una posizione comune solida rispetto alla gestione delle risorse della pesca, che preveda una dimensione continentale e di mercato per il settore, nonché per le catture e l'acquacoltura, in linea con la nuova politica marittima integrata e con l'impegno verso una crescita sostenibile nelle regioni costiere.

 
  
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  William (The Earl of) Dartmouth, Nigel Farage e Paul Nuttall (EFD), per iscritto.(EN) Sebbene la relazione proponga una PCP vagamente meno orrenda della mostruosità attualmente in vigore, raccomanda pur sempre di lasciare le comunità costiere in balia dell'antidemocratica "Unione europea" e non può pertanto essere avallata da parte dell'UKIP.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della relazione sul Libro verde per la riforma della politica comune della pesca perché propone misure importanti volte a migliorare la proposta iniziale. Desidero sottolineare l'importanza dell’introduzione delle dimensioni ambientale e sociale nella ricerca di nuovi sistemi di gestione delle risorse della pesca, che andranno a integrare il sistema attualmente in vigore, sulla base del principio della stabilità relativa.

 
  
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  Göran Färm, Anna Hedh, Olle Ludvigsson, Marita Ulvskog e Åsa Westlund (S&D), per iscritto. (SV) I socialdemocratici svedesi hanno scelto di votare contro la relazione sul Libro verde e la riforma della politica comune della pesca. La maggioranza di quest'Assemblea non ha accolto la proposta di dare la priorità alla sostenibilità ecologica e ha votato a favore di un emendamento secondo il quale la nostra politica rispetto ai paesi al di fuori dell'UE dovrebbe essere guidata dagli interessi degli operatori europei del settore. Riteniamo inaccettabile questa posizione e abbiamo pertanto deciso di esprimere voto contrario. Siamo peraltro scettici rispetto all'intenzione manifestata dal Parlamento di fornire maggiori fondi alla politica sulla pesca: non intendiamo sottoscrivere tale decisione, a meno che lo scopo non sia quello di imprimere un netto cambiamento a questa politica.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) L'onorevole Patrão Neves ha presentato un'ottima relazione. Oggi le comunità costiere stanno attraversando un periodo difficile, segnato da un grave deterioramento delle risorse alieutiche. L'attività del settore influisce sull'approvvigionamento alimentare di tutta la popolazione e sulla coesione delle regioni ultraperiferiche dell'Unione europea. Occorre pertanto una posizione integrata e di ampio respiro per riformare la politica comune della pesca.

E' essenziale che l'Europa si impegni tempestivamente per assicurare migliori condizioni di stabilità economica ai pescatori, all'interno di un quadro capace di salvaguardare le caratteristiche specifiche di ciascuna regione e riconoscere la necessità di un approccio diverso per i piccoli operatori. A questo proposito, voglio sottolineare la proposta di adottare misure concrete come la riduzione del numero di intermediari tra produttore e consumatore. D'altro canto, la riforma non può non tenere conto dell'utilizzo sostenibile delle risorse marine in un processo di valutazione tecnica e scientifica attentamente verificato, che contribuirà alla conciliazione nel settore e influirà sulla qualità e la sicurezza alimentare per i consumatori. Per quanto riguarda la variazione della capacità di pesca, vorrei sottolineare l'impatto della modernizzazione delle attrezzature sulla dignità e la sicurezza degli operatori in un settore in cui gli incidenti mortali sono frequenti.

 
  
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  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) La decisione della maggioranza di quest'Assemblea di respingere le proposte da noi presentate, escludendo così la privatizzazione delle risorse alieutiche, è una chiara indicazione della strada che essa intende imboccare con l'imminente riforma della PCP. Il Parlamento non solo non ha rifiutato la proposta della Commissione di creare diritti di proprietà (privata) di accesso all'utilizzo di un bene pubblico, ma ha anche fatto in modo che tale intenzione assumesse carattere di ufficialità. Questa opzione non tutela la sostenibilità delle risorse e porterà inevitabilmente a concentrare l'attività tra i soggetti che, in tutta l'Unione europea, dispongono di maggiore potere economico e finanziario, mettendo seriamente a rischio le piccole comunità costiere che, come nel caso del Portogallo, rappresentano oltre il 90 per cento della flotta.

La relazione contiene alcuni spunti positivi, molti dei quali in linea con le proposte da noi presentate; non possiamo tuttavia non rilevare che nel complesso sposa una posizione apertamente liberale e limita significativamente la sovranità degli Stati membri sulle risorse marine. Non risponde per altro in maniera soddisfacente a una delle principali questioni che il settore si trova ad affrontare, ossia quella del reddito. Non possiamo far altro che ribadire il fatto che la nostra proposta è stata respinta, pur essendo volta a migliorare il marketing nel settore e incrementare così la retribuzione per il lavoro dei pescatori.

 
  
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  Marian Harkin (ALDE), per iscritto. (EN) Sono favorevole a una delle principali riforme della PCP che prevede di estendere i limiti costieri da 12 a 20 miglia. Occorre inoltre porre fine alla pratica dei rigetti delle risorse ittiche più vulnerabili. E' importante mantenere l'attuale sistema di gestione dei contingenti, che ritengo non debbano essere oggetto di una privatizzazione obbligatoria.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN) La relazione contiene numerose e importanti riflessioni ed è opinione diffusa che il modello centralizzato e unico per tutti della PCP si sia rivelato disastroso. Alcuni degli emendamenti da me presentati sono andati a buon fine, per cui la relazione riconosce ora la stabilità relativa, la necessità di incentivare le misure finalizzate alla conservazione e il successo del controllo nazionale entro la fascia delle 12 miglia. La relazione prosegue tuttavia sostenendo una revisione dei diritti storici. La gestione della pesca deve tornare alle nazioni che principalmente operano in questo settore e che non devono perdere i propri diritti storici. Ho pertanto votato contro la relazione, perché attacca i diritti fondamentali tradizionali relativi all'accesso alle risorse ittiche.

 
  
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  Elisabeth Köstinger (PPE), per iscritto. (DE) Guardo con favore a una riforma radicale della politica comune della pesca (PCP), specie nell'ottica di una gestione sostenibile delle risorse alieutiche. Questo traguardo si può raggiungere grazie al perfezionamento e alla standardizzazione del quadro complessivo, attuando controlli più efficaci da parte degli Stati membri e semplificando il sistema decisionale. Seppure l'Austria, non essendo un paese costiero, non sia direttamente coinvolta, il costante incremento del consumo di pesce marino influenza la pesca. Occorrono soluzioni pratiche ed efficienti in grado di offrire al settore una base per conseguire la sostenibilità attraverso buone condizioni degli stock ittici, assicurare gli approvvigionamenti e, al contempo, garantire la biodiversità e tutelare l'intero ecosistema marino.

 
  
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  Isabella Lövin (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Questa relazione è estremamente ampia e tocca tutti gli aspetti della PCP, dall'acquacoltura alla pesca sportiva, dal Mar Baltico agli accordi di pesca con paesi terzi. I Verdi si rallegrano che molti degli emendamenti alla relazione siano stati accettati, tra cui i principi fondamentali sui requisiti di sostenibilità nei confronti di coloro che avranno il diritto di pesca, la valutazione dell'impatto ambientale sull'attività di pesca, la dichiarazione per cui l'UE non dovrebbe fare concorrenza ai pescatori locali secondo quanto previsto dagli accordi di pesca, bensì attingere soltanto alle eccedenze, nonché la proposta rivolta a tutte le istituzioni europee affinché la questione della pesca illegale sia posta in evidenza sull'agenda internazionale dei forum competenti, al fine di tutelare gli oceani e la sicurezza alimentare. Il testo finale accoglie purtroppo anche alcuni paragrafi contraddittori e totalmente inaccettabili, nei quali si sostiene, ad esempio, che l'obiettivo delle regioni esterne della PCP è tutelare e promuovere gli interessi della pesca europea, che la sostenibilità ecologica non prevale rispetto a quella sociale ed economica e che tutti gli ambiti della politica dovrebbero contribuire al perseguimento degli obiettivi della PCP. I Verdi non potevano pertanto sostenere la relazione e hanno quindi deciso di astenersi.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) La politica comune della pesca, sottoposta per l'ultima volta a revisione nel 2002, ancora non è sufficiente per superare le difficoltà di questo delicato settore. Emerge dunque la necessità di analizzare i nuovi fattori che influiscono sul settore, nonché individuare nuove soluzioni capaci di renderlo totalmente sostenibile, soprattutto dal punto di vista economico, sociale ed ambientale. Mi auguro pertanto che vengano adottate nuove misure tali da consentire al settore di affrancarsi dalla pericolosa situazione che sta attraversando.

Il settore della pesca riveste grande importanza nell'Unione europea: è pertanto fondamentale che la nuova PCP tenga in considerazione la gestione razionale e responsabile delle risorse, si impegni a tutelare le risorse marine e a preservare lo stile di vita di coloro che da sempre vivono di questa attività. La nuova PCP deve essere in grado di risolvere i problemi legati alla produttività del settore, stabilizzare i mercati e assicurare un livello di vita adeguato alle famiglie che traggono il proprio sostentamento da questa attività. Il settore della pesca dovrebbe in ogni caso essere analizzato nel suo insieme anziché in maniera frammentaria, integrando tutti i problemi al fine di trovare una soluzione soddisfacente per tutti coloro che ne sono coinvolti e risolvere i principali problemi che pesano sul settore, come catture e capacità eccessive, investimenti superflui e sprechi.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) La lunga tradizione che la pesca vanta in Europa e che, auspicabilmente, manterrà anche in futuro, è indubbiamente un aspetto positivo. Gli sviluppi recenti dimostrano chiaramente che questo settore economico sta sostanzialmente perdendo di attrattiva, dal momento che i volumi di prodotto introdotti sul mercato dai gruppi di grandi aziende causano una deflazione dei prezzi al dettaglio tale da rendere impossibile ai piccoli operatori competere. Emerge pertanto la presenza sempre più consistente di lavoratori dei paesi terzi. Dal momento che questa proposta di risoluzione non tiene sufficientemente in considerazione questo aspetto, ho deciso di esprimere voto contrario.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Ho deciso di astenermi dalla votazione finale dal momento che la relazione Patrão Neves contiene sia paragrafi positivi che negativi. Si afferma che la priorità all'accesso dovrebbe essere accordata a chi opera nella maniera più sostenibile possibile dal punto di vista ambientale, riducendo gli scarti, creando occupazione e impiegando meno energia; si sostiene altresì che il diritto di pesca debba basarsi su criteri ambientali e sociali, anziché su chi ha pescato quantità maggiori un trentennio fa. E' stata proprio la pesca eccessiva praticata per anni a scatenare l'attuale crisi, pertanto è assurdo consentire a quelle stesse flotte di continuare a recare danno. Tra gli altri spunti positivi figura la proposta di fare della sostenibilità ecologica la premessa fondamentale della PCP e il divieto per le flotte europee di praticare la pesca eccessiva nelle acque dei paesi emergenti. La relazione contiene purtroppo anche una serie di proposte meno costruttive, come il mancato riconoscimento dell'influsso negativo dei sussidi. Stabilisce inoltre che la PCP debba assumere un ruolo dominante all'interno dell'Unione, al quale sono subordinate anche le misure per l'ambiente e lo sviluppo. E' proprio questa volontà di tutelare il settore della pesca a tutti i costi che ha condotto alla distruzione dell'ecosistema marino e delle comunità costiere che ne traggono sostentamento.

 
  
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  Britta Reimers (ALDE), per iscritto. (DE) I deputati tedeschi del gruppo dell'Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l'Europa hanno deciso di discostarsi dal voto di gruppo su due questioni. La prima riguarda l'emendamento n. 3 presentato dal gruppo Verde/Alleanza libera europea. I deputati dell'FDP hanno votato contro la proposta di liberalizzare radicalmente la PCP, dal momento che la decisione di trasferire poteri e responsabilità agli Stati membri e alle amministrazioni locali è inconciliabile con una politica comune della pesca: l'idea di fondo è precisamente quella di individuare soluzioni lungimiranti a livello comunitario. I deputati dell'FDP hanno appoggiato l'emendamento n. 33 che sostiene l'importante principio della stabilità relativa, particolarmente importante per i cittadini tedeschi, che riguarda la base per l'attribuzione dei contingenti.

 
  
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  Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. (FR) Il settore europeo della pesca sta attraversando un momento difficile: gli stock ittici evidenziano un netto calo, 400 000 pescatori europei e le loro famiglie guardano con preoccupazione al proprio futuro e si interrogano sull'efficacia della politica comune della pesca (PCP) che finora aveva rappresentato una sorta di rete di sicurezza.

Alla luce dei problemi strutturali individuati – quali pesca eccessiva, investimenti insufficienti, capacità eccessiva delle flotte e sprechi (quante tonnellate di pesce vengono scartate ogni giorno, soltanto perché si tratta di prodotto non adatto al consumo?) – la riforma della PCP deve avere priorità assoluta. Qualsiasi proposta di riforma deve chiaramente tenere in considerazione le caratteristiche individuali delle varie aree di pesca ed evitare a qualunque costo un modello di gestione che si presume possa adattarsi indistintamente a tutte le situazioni: le tecniche e le imbarcazioni utilizzate nel Mar del Nord sono ben distinte da quelle in uso nel Golfo di Biscaglia. Dal momento che si basa sulla regionalizzazione, la riforma proposta dalla Commissione e approvata nel pomeriggio dal Parlamento, risulta irrinunciabile.

Per dimostrarsi responsabile, una politica deve anche tenere conto della realtà presentata dai dati numerici: l'UE rappresenta il 4,5 per cento circa della produzione ittica mondiale e non aspira a diventare uno dei "giganti" del settore, ragione in più per optare per un sistema di pesca su piccola scala, all'insegna dell'innovazione e della sostenibilità.

 
  
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  Daciana Octavia Sârbu (S&D), per iscritto. – Il Libro verde della Commissione condanna e riconosce con estrema onestà che la politica comune della pesca non ha funzionato, anzi, ha contribuito a una serie di problemi le cui conseguenze a livello economico, sociale e ambientale sono tuttora presenti. Non più tardi di due settimane fa, quest'Assemblea ha approvato la sospensione del commercio internazionale del tonno rosso a causa del livello critico raggiunto dagli stock ittici, ulteriore dimostrazione che gli attuali livelli di pesca non sono sostenibili e compromettono seriamente la biodiversità e il futuro del settore stesso. Occorre riconoscere la necessità di un approccio nuovo: una politica decentralizzata, dotata di maggiori fondi permetterà a regioni diverse di adattarsi e rispondere alle circostanze individuali, cosa che risultava impossibile con la tradizionale gestione dall’alto. Questa misura dovrebbe favorire una migliore gestione degli stock ittici, nonché sortire un effetto positivo sull'ambiente marino. Sostengo pienamente l'impegno della Commissione verso una riforma radicale e a tutto campo, giustamente appoggiata anche dalla commissione per la pesca. E' essenziale attivarsi affinché l'Unione europea metta in atto una politica per la pesca realmente sostenibile, volta a tutelare le risorse alieutiche, l'ambiente e l'occupazione europea in un'ottica di lungo periodo.

 
  
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  Peter Skinner (S&D), per iscritto. (EN) Ho sostenuto gli emendamenti destinati a modificare la politica comune per la pesca e porre così fine ad alcune delle distorsioni attualmente esistenti.

Incrementare i finanziamenti per il rinnovo delle flotte o fissare i prezzi del pescato a livello centralizzato sono misure destinate a generare distorsioni e incentivare il ricorso ai sussidi.

I pescatori del Regno Unito, in particolare quelli della costa meridionale che utilizzano imbarcazioni fino a 10 metri, risentono spesso degli squilibri nei contingenti e dei sussidi che vengono concessi ad altre flotte da pesca nazionali. L'onorevole Foster, deputato per la circoscrizione di Hastings e Rye, ha portato alla mia attenzione la necessità di un intervento da parte della Marine Fishing Agency e della Commissione per porre fine a pratiche discriminatorie che danno adito a distorsioni, specie per quanto riguarda la pesca al merluzzo lungo la costa britannica meridionale e in particolare nella circoscrizione di Hastings e Rye, che entrambi rappresentiamo.

 
  
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  Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. (NL) Ho deciso di astenermi dalla votazione dal momento che la relazione presenta troppi punti che non solo contraddicono altri aspetti del documento stesso, ma contrastano anche con la mia visione di quella che dovrebbe essere la politica europea per la pesca. Da un lato, si sostiene che le flotte europee non possono più praticare la pesca eccessiva nelle acque dei paesi emergenti, eppure dall'altro si afferma che la politica comune per la pesca prevale sempre su quelle relative all'ambiente e allo sviluppo. Tale posizione è apertamente in contrasto con l'articolo 208 del trattato di Lisbona, secondo il quale la politica estera europea non deve minare gli obiettivi di sviluppo dei paesi poveri. La politica proposta dal Parlamento va indubbiamente a beneficio dell'Europa, ma al di là delle proprie acque territoriali essa tutela unicamente le proprie flotte da pesca anziché gli stock ittici e i pescatori locali. Il gruppo Verde/Alleanza libera europea ha pertanto optato per l'astensione. Inoltre, seppure il documento ammetta che la pesca eccessiva rappresenta un problema serio e che la politica deve basarsi sulla sostenibilità, non riconosce il fatto che proprio la capacità della flotta unitamente al sistema dei sussidi e dei contingenti sono all'origine di questo problema. Per queste ragioni abbiamo scelto l'astensione.

 
  
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  Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. (PT) La relazione sul Libro verde sulla riforma della politica comune della pesca, approvata oggi, riesamina gli aspetti economici, sociali e ambientali di tale politica allo scopo di ridefinire la posizione adottata rispetto ai problemi tuttora irrisolti di questo settore. Vorrei ribadire l'importanza che alcuni obiettivi prioritari – per esempio la gestione più efficiente delle risorse alieutiche e una strategia di sostegno finanziario verso gli operatori del settore, nonché la sostenibilità del comparto attraverso la tutela delle specie – assumono nel contesto di questa riforma e devono pertanto trovare applicazione a livello regionale. La relazione insiste sulle riforme di cui il settore della pesca necessita e che rivestono grandissima importanza soprattutto per le regioni ultraperiferiche, tra cui Madeira, dove quest'attività è centrale per lo sviluppo locale e il sostentamento della popolazione locale.

Vorrei ribadire quanto sostenuto dalla relazione rispetto a una più attiva partecipazione dei vari attori a livello nazionale, regionale e locale riguardo l'applicazione e le misure tecniche da adottare per il settore della pesca. Gli elementi appena illustrati motivano la mia decisione di votare a favore della relazione, che segnerà l'inizio di una nuova fase per la politica comune della pesca.

 
  
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  Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), per iscritto. (FR) Ho votato contro la relazione Patrão Neves perché rifiuta di accogliere gli emendamenti volti a stabilire un equilibrio tra interessi ambientali, da una parte, e tutela delle attività di pesca su piccola scala, dall'altra.

Non condivido inoltre il rifiuto di quegli emendamenti tesi a instaurare un dialogo esaustivo con i pescatori prima dell'introduzione della riforma.

Sulla base di queste premesse, non vedo come sia possibile adottare una riforma che risulti accettabile ai pescatori e attui al contempo le misure necessarie per mantenere una politica comune della pesca degna di tale nome.

 
  
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  Presidente. – Il processo verbale di questa seduta sarà sottoposto all'approvazione del Parlamento all'inizio della prossima. Se non vi sono obiezioni, procedo immediatamente a inoltrare le mozioni approvate nel corso della seduta odierna alle persone e agli organi a cui sono destinate.

 
  

(1) Emendamento 3 dell’onorevole Yannakoudakis, a nome del gruppo ECR, al paragrafo 9 ter (nuovo): ‘sottolinea che l’aborto non deve essere offerto come un metodo di pianificazione familiare e tutte le donne che ricorrono all’aborto devono essere consigliate e trattate in modo dignitoso”.

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