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Procedura : 2009/2241(INI)
Ciclo di vita in Aula
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Testi presentati :

A7-0144/2010

Discussioni :

PV 18/05/2010 - 13
CRE 18/05/2010 - 13

Votazioni :

PV 19/05/2010 - 6.11
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Testi approvati :

P7_TA(2010)0184

Resoconto integrale delle discussioni
Martedì 18 maggio 2010 - Strasburgo Edizione GU

13. Aspetti istituzionali dell'adesione dell'Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali - Conferenza di riesame dello Statuto di Roma sulla Corte penale internazionale a Kampala, Uganda (discussione)
Video degli interventi
Processo verbale
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  Presidente. − L'ordine del giorno reca in discussione congiunta su:

- la relazione di Ramón Jáuregui Atondo, a nome della commissione per gli affari costituzionali, sugli aspetti istituzionali dell'adesione dell'Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (2009/2241(INI)) (A7-0144/2010), e

- le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla conferenza di riesame dello Statuto di Roma sulla Corte penale internazionale a Kampala, Uganda.

 
  
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  Ramón Jáuregui Atondo, relatore. – (ES) Signora Presidente, signora Commissario, signor Presidente in carica del Consiglio López Garrido, penso che oggi sia una giornata importante. So che in Aula vi sono molte giornate importanti, ma credo francamente che dall’adozione del trattato di Lisbona il 1° dicembre 2009 il mandato conferito all’Unione europea per la firma della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali sia stato uno dei momenti fondamentali del processo di integrazione europea.

Ritengo pertanto che siamo al culmine di un’aspirazione a lungo alimentata, che rientra nel processo storico di integrazione europea, perché la dignità umana, i diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto fanno parte del DNA di quello che è stato in larga misura il processo storico di integrazione europea.

La relazione che oggi adotteremo porta a compimento tale mandato conferito all’Unione europea da quando il trattato di Lisbona ha imposto l’adesione alla convenzione. Riassumerei dunque il contenuto della relazione, che si basa su tre idee principali.

In primo luogo, vorrei sottolineare che non sono soltanto gli Stati membri a salvaguardare i diritti umani. Ora anche l’Unione europea li salvaguarda con la nuova personalità giuridica attribuitale dal trattato di Lisbona. Gli Stati membri possono giungere a un diritto comunitario e allo sviluppo di uno Stato comunitario accettando di sottostare ai principi della convenzione europea e a un tribunale esterno all’Unione e agli Stati membri che garantisca il rispetto di detti principi sempre e ovunque.

La seconda idea è fornire al pubblico europeo un nuovo diritto e un nuovo tribunale: il diritto degli europei di rivolgersi a tale nuovo tribunale per garantire il rispetto dei diritti sanciti dalla convenzione in relazione all’Unione europea o agli Stati membri quando attuano il diritto comunitario.

Anche le attività dell’Unione europea che riguardano la politica estera, le operazioni di polizia, la sicurezza al di fuori delle nostre frontiere e la cooperazione internazionale sono soggette ai principi della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Che cosa significa? A mio parere, onorevoli colleghi, questo significa un importante passo avanti, parlando in termini storici, nel processo di integrazione e costruzione della nozione più basilare dell’idea europea di dignità umana che, come si è detto poc’anzi, risponde alle esigenze del pubblico europeo.

Significa inoltre rafforzare il sistema europeo di salvaguardia dei diritti fondamentali, unitamente alla carta dei diritti fondamentali e al trattato di Lisbona, creando un contesto, un quadro di salvaguardia giuridico pressoché perfetto e, pertanto, il più avanzato al mondo, oltre che rafforzare la credibilità dell’Unione agli occhi dei paesi terzi, poiché l’Unione europea ha sempre chiesto il rispetto dei diritti umani nelle sue relazioni bilaterali.

L’odierna relazione descrive gli aspetti istituzionali e giuridici sui quali in questa sede non mi soffermerò. Ciò che mi preme sottolineare è che ora, qui, sta iniziando un processo perché, assieme alla relazione stilata congiuntamente con la commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni e la commissione per gli affari esteri, adesso la Commissione ha una posizione, un quadro negoziale che le consentirà di tornare in Parlamento per adottare l’accordo e agli Stati membri di ratificare l’adesione alla convenzione europea. Vorrei ringraziare la signora Commissario Reding per la celerità con la quale la Commissione ha adottato il mandato negoziale e il Consiglio europeo che lo farà a breve. Vorrei inoltre ringraziare gli onorevoli Gál e Preda per la collaborazione nell’ambito delle altre due commissioni. Onorevoli colleghi, penso che si tratti di una svolta epocale.

 
  
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  Diego López Garrido, Presidente in carica del Consiglio. – (ES) Signora Presidente, come sottolineava poc’anzi l’onorevole Jáuregui, la discussione oggi in corso, come quella appena conclusasi, riveste un’importanza straordinaria. Credo che l’umanità stia compiendo un passo storico nel trasformare la difesa dei diritti umani da una responsabilità attribuita prettamente agli Stati, tradizionali interlocutori e protagonisti politici degli ultimi secoli, in qualcosa che, in termini di tutela dell’umanità, va oltre le frontiere degli Stati e introduce una serie di meccanismi e garanzie istituzionali per difenderne meglio i valori universali.

La convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, probabilmente uno dei più grandi tesori che l’Europa possieda, e la Corte penale internazionale, che va oltre i confini dell’Europa, sono esempi di tale passo avanti compiuto in questa nostra epoca verso la globalizzazione e la difesa dei diritti umani.

Per quanto concerne la convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, vi è ben poco da aggiungere all’intervento dell’onorevole Jáuregui e alla sua eccellente relazione, stilata assieme ai relatori per parere, onorevoli Preda e Gál, in merito alla firma da parte dell’Unione europea di detta convenzione.

Non posso dunque che ribadire molti dei concetti già espressi dall’onorevole Jáuregui sottolineando come la firma della convenzione costituisca un elemento dell’integrazione europea, che pertanto rafforza l’Unione. La convenzione andrà peraltro a rafforzare l’importante nuovo elemento introdotto dal trattato di Lisbona, vale a dire la carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, con la quale opererà di concerto. Questo è uno dei compiti, non soltanto politici, ma anche tecnici, della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte di giustizia dell’Unione europea, senza interferire minimamente con la loro giurisdizione.

Inoltre, tale iniziativa, prevista dal trattato di Lisbona, consolida la credibilità dell’Unione nel campo della difesa dei diritti umani, poiché chiediamo non soltanto agli Stati membri, bensì anche a tutti i paesi europei di contribuire al rafforzamento della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. In altre parole, chiediamo loro di garantire che i diritti sanciti dalla convenzione siano rispettati e tutelati e, in tal modo, la stessa Unione europea, non soltanto i suoi Stati membri, sarà soggetta alla giurisdizione della Corte europea dei diritti dell’uomo, il che, come ho detto poc’anzi e come afferma chiaramente la relazione Jáuregui, rafforza la nostra credibilità.

In merito alla Corte penale internazionale, penso che questi sia un momento che descriveremo anch’esso come “storico”, di grande rilevanza politica, perché nell’arco di qualche giorno si riunirà la conferenza di riesame dello Statuto di Roma, l’unica conferenza obbligatoria chiamata a riunirsi per rivedere, ove del caso, lo Statuto di Roma e valutare l’importantissimo passo avanti rappresentato dalla Corte penale internazionale.

Si tratta dunque di un evento estremamente significativo, oggi all’esame in sede di comitato politico e di sicurezza e domani all’esame del comitato dei rappresentanti permanenti (COREPER). Speriamo che la prossima settimana sia adottata la risoluzione del Consiglio in maniera da poterci unire alla valutazione estremamente positiva della Corte penale internazionale espressa da altri Stati, come quelli dell’America latina che fanno parte dell’Unione delle nazioni sudamericane (UNASUD).

Parliamo di una Corte penale internazionale che rappresenta un impegno a difendere i diritti umani e, pertanto, perseguire i crimini contro l’umanità a livello universale, impegno assunto dall’Unione europea e dai suoi Stati membri. Vorrei ricordarvi che vi è stata una posizione comune nel 2003, un piano di azione nel 2004 e anche un accordo dell’Unione europea in merito alla cooperazione con il tribunale nel 2006. Tutti gli Stati membri dell’Unione ora sono firmatari dello Statuto di Roma e, pertanto, soggetti alla Corte penale internazionale.

Penso che ciò sia estremamente importante per sottolineare il ruolo che la Corte penale internazionale svolge nel mondo e l’impegno assunto dall’Unione europea per rafforzarlo. La Corte penale internazionale al momento si sta fondamentalmente occupando del continente africano, ma la conferenza di Kampala sta dicendo agli africani che non siamo contro l’Africa. Al contrario, siamo con l’Africa.

Anche per questo la conferenza di riesame ha una notevolissima rilevanza, poiché è aperta a tutti gli Stati, come anche alla società civile e alle organizzazioni internazionali e regionali, e ci permetterà di valutare la situazione della giustizia internazionale in un momento in cui si sta istituendo la Corte penale internazionale come unica corte penale internazionale permanente.

 
  
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  Viviane Reding, vicepresidente della Commissione. – (EN) Signora Presidente, concordo con tutti gli intervenuti e i parlamentari che hanno lavorato su questo tema. L’adesione dell’Unione europea alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali è un passo che riveste un’importanza costituzionale. In tal modo si completerà il sistema di salvaguardia dei diritti fondamentali nell’Unione, e sapete perfettamente che il trattato di Lisbona non considera tale elemento facoltativo, bensì un vero e proprio obiettivo.

Apprezzo dunque il fatto che il Parlamento dia prova tanto interesse per questo dossier e lo abbia fatto, per inciso, sin dall’inizio, come dimostra la risoluzione presentata dal Parlamento.

Vorrei in particolare ringraziare i relatori della commissione per gli affari costituzionali e la commissione per le libertà civili, a giustizia e gli affari interni per la loro straordinaria collaborazione al riguardo. Vorrei ringraziarli per l’audizione organizzata, che è stata di grande aiuto e reale utilità per far procedere tale iniziativa.

Il progetto di relazione presentato dall’onorevole Jáuregui Atondo è in larga misura in linea con la posizione della Commissione. Consentitemi di citare tre punti che, a mio giudizio, sono importantissimi.

In primo luogo, la Commissione condivide la posizione secondo cui l’adesione dell’Unione europea ai protocolli addizionali della convenzione europea che, per inciso, non sono stati ratificati da tutti gli Stati membri, sarebbe anch’essa estremamente auspicabile. In effetti, molti di questi protocolli hanno potenziale rilevanza per quanto concerne l’esercizio dei poteri dell’Unione e alcune garanzie previste da detti protocolli si rispecchiano anche nella carta. Le direttive negoziali dovrebbero pertanto incaricare la Commissione di negoziare una disposizione che assicuri all’Unione la possibilità di aderire a qualsiasi protocollo addizionale.

La decisione in merito ai protocolli ai quali dovremo di fatto aderire, oltre alla convenzione stessa, dovrà essere presa poi unanimemente dal Consiglio, una volta ottenuto il consenso del Parlamento. A giudizio della Commissione, tali decisioni dovrebbero preferibilmente ricomprendere tutti i protocolli addizionali ed essere prese insieme alla decisione di concludere l’accordo di adesione stesso.

In secondo luogo, è importante affrontare la situazione specifica dell’Unione come entità giuridica distinta investita di poteri autonomi che diventerà parte contraente di un meccanismo inizialmente pensato per i soli Stati. Sono pertanto necessari alcuni lievi adeguamenti tecnici e procedurali della convenzione per quanto concerne la natura specifica del diritto comunitario.

Tra questi il cosiddetto “meccanismo di coresistenza” per tenere conto dell’attuazione decentrata del diritto comunitario da parte degli Stati membri. Attraverso tale meccanismo, l’Unione avrà il diritto di costituirsi come coresistente in un procedimento intentato contro gli Stati membri quando entra in gioco il diritto comunitario. Sono lieta che anche la relazione del Parlamento si esprima a favore di ciò.

In terzo luogo, sottoscrivo interamente la relazione che raccomanda la partecipazione su base paritaria di rappresentanti dell’Unione a organi della convenzione assieme a quelli delle parti contraenti. Tale partecipazione è infatti un elemento fondamentale per una graduale integrazione e il progressivo inserimento dell’Unione nel sistema della convenzione. Secondo la mia interpretazione, ciò dovrebbe comportare in particolare la presenza presso la Corte di Strasburgo di un giudice eletto da ogni parte contraente.

La Commissione è pertanto fortemente favorevole alla presenza di un giudice permanente a tempo pieno eletto per l’Unione che goda dello stesso status e abbia gli stessi doveri dei suoi pari. Un giudice speciale, che intervenga unicamente nei casi intentati nei confronti dell’Unione o che coinvolgano il diritto comunitario sarebbe, a nostro giudizio, insufficiente.

Quanto al metodo di elezione di un giudice dell’Unione, si dovrebbe applicare la normale procedura prevista dalla convenzione.

Ciò significa che l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa eleggerà un giudice su proposta di tre candidati presentata dall’Unione europea e concordo con il progetto di relazione nell’affermare che si dovrebbe consentire a un numero appropriato di eurodeputati di partecipare alle sessioni dell’Assemblea quando elegge i giudici della Corte europea.

La procedura per predisporre la rosa dei tre candidati non è argomento che riguardi l’accordo di adesione: riguarda noi. Dobbiamo farlo attraverso un regolamento interno, e l’idea che il Parlamento debba essere coinvolto in maniera analoga a quella prevista dall’articolo 255 per la selezione dei candidati della Corte di giustizia è molto interessante e merita di essere esaminata con attenzione.

Onorevoli parlamentari, la Presidenza spagnola attribuisce una priorità notevolissima a questo dossier, come ben sapete, e vorrebbe pervenire a un accordo entro la fine di giugno. Se il Consiglio potesse giungere a un accordo entro detto termine, cosa che spero, potremmo avviare i negoziati di adesione dopo l’estate. Come ho già detto due settimane fa a Bruxelles, garantirò che la Commissione, come negoziatrice dell’Unione, tenga il Parlamento costantemente informato per tutto il processo di negoziazione.

Tutto questo riguarda gli affari europei, ma l’ordine del giorno prevede anche la questione dei diritti umani internazionali. Come sapete, 138 Stati hanno compiuto un passo avanti nel 1998 con l’adozione dello Statuto di Roma creando, per la prima volta nella storia, una Corte internazionale permanente per garantire che gli autori di crimini di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra fossero chiamati a risponderne. La Corte ha iniziato a operare nel 2003 e ora, a distanza di sette anni, abbiamo la conferenza di riesame a Kampala, che ci invita a svolgere un’analisi iniziale delle attività della Corte, delle sfide che siamo chiamati a raccogliere e dell’efficacia del sostegno dell’Unione.

Per quanto concerne le attività della Corte, sappiamo che è operativa a tutti gli effetti, seppure agli esordi. Non si è concluso alcun iter giudiziario, ma la Corte sta valutando la situazione in cinque paesi: un processo è iniziato, un altro inizierà il 5 luglio e un terzo è ancora in fase preprocessuale, tutti per Darfur e Repubblica democratica del Congo.

Non dimentichiamo che si tratta soltanto di un tribunale di ultimo grado, per cui la responsabilità principale ricade sugli Stati stessi. Nella maggior parte dei casi, la Corte funge da catalizzatore affinché gli Stati indaghino e perseguano i casi dinanzi ai tribunali nazionali. Nel contempo, nella sua breve vita, la Corte è stata un potente deterrente per future atrocità perché gli autori ora sanno che la giustizia prevarrà e, in tal senso, la Corte raccoglie le sfide con le quali è chiamata a confrontarsi.

La ratifica da parte del Bangladesh ha portato il numero di Stati firmatari dello Statuto di Roma a 111. E’ chiaro tuttavia che occorre ricercare l’accettazione universale dello statuto e della Corte. La Corte ha bisogno della partecipazione e della cooperazione di tutti gli Stati firmatari e non, nonché delle organizzazioni internazionali e regionali. La Corte non può assolvere le proprie funzioni se gli Stati non arrestano coloro per i quali ha spiccato un mandato di arresto, come neanche se non è possibile proteggere i testimoni o se non vi sono carceri per quanti sono stati condannati, ed è per questo che l’Unione, nell’ultimo decennio, ha sostenuto la Corte per contribuire a risolvere tali problemi.

Noi, Unione europea, siamo stati sin dall’inizio forti sostenitori dell’istituzione della Corte come meccanismo fondamentale del nuovo ordine internazionale volto a porre fine all’impunità che, come sapete, nella storia recente ha visto milioni di persone vittime di criminali, ma soltanto pochissimi responsabili portati dinanzi alla giustizia.

L’Unione ritiene che una Corte efficace sia uno strumento indispensabile affinché la comunità internazionale possa combattere tale impunità e promuovere un ordine internazionale basato su regole. Per questo abbiamo appoggiato la Corte avvalendoci dei vari strumenti a nostra disposizione che il ministro ha già richiamato. La posizione comune si è tradotta in un piano di azione. Siamo stati la prima organizzazione a stipulare un accordo di cooperazione e assistenza con la Corte nel 2006 e le forniamo pieno appoggio politico e diplomatico con iniziative, dialoghi politici e dichiarazioni. L’inserimento delle clausole della Corte negli accordi internazionali ora è prassi comune per l’Unione europea.

Dal 2000, l’iniziativa europea, successivamente denominata strumento europeo per la democrazia e i diritti umani, ha contribuito con 29 milioni di euro al sostegno diretto o indiretto della Corte, segnatamente attraverso campagne globali per la società civile. L’Unione ha inoltre adottato diverse decisioni nel campo della giustizia, della libertà e della sicurezza al fine di rafforzare la cooperazione tra Stati membri in indagini e procedimenti riguardanti crimini previsti dallo Statuto di Roma a livello nazionale, per cui facciamo del nostro meglio per migliorare il sistema. Il sistema deve essere ulteriormente perfezionato, ma affinché ciò accada ha bisogno di un impegno forte da parte di tutte nazioni del mondo.

 
  
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  Cristian Dan Preda, relatore per parere della commissione per gli affari esteri. – (RO) Signora Presidente, intendo soffermarmi sulla relazione Jáuregui Atondo. Vorrei esordire complimentandomi con il collega per l’eccellente relazione stilata che, a mio parere, fornisce una descrizione completa dei vantaggi e delle sfide derivanti dall’adesione dell’Unione europea alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

Dal punto di vista del parere che ho elaborato per la commissione per gli affari esteri, vorrei sottolineare il principale vantaggio dell’adesione dell’Unione alla convenzione. Oggi tale passo, nel periodo post-Lisbona, potrebbe sembrare del tutto ovvio, ma è un auspicio che è stato formulato sistematicamente negli ultimi trent’anni. Ritengo che l’adesione alla convenzione promuova la credibilità dell’Unione presso i paesi terzi nel dialogo sui diritti umani riconfermando a tutti che l’Unione è, soprattutto, una comunità basata sul diritto.

Le istituzioni comunitarie, nonché quelle degli Stati membri e del Consiglio d’Europa, saranno pertanto soggette a un controllo esterno indipendente da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, sulla base dello slogan: “un solo standard per i diritti dell’uomo, una sola Corte”. Nell’ottica di giungere a un unico standard per i diritti dell’uomo, occorre sottolineare altresì che l’adesione alla convenzione offre contestualmente all’Unione anche l’opportunità di accedere ad altri trattati del Consiglio d’Europa. Mi riferisco, ovviamente, ai protocolli addizionali e alla carta sociale europea rivista che, come sapete, integra e rafforza tale salvaguardia a livello paneuropeo. Ritengo inoltre che il maggiore coinvolgimento delle autorità europee negli organi del Consiglio d’Europa specializzati in salvaguardia dei diritti umani sia una conseguenza logica dell’unico standard di salvaguardia.

Un altro elemento che ho pure sottolineato nel parere elaborato per la commissione per gli affari esteri è che occorre altresì trovare un equilibrio tra, da un lato, il mantenimento delle specificità del sistema giudiziario europeo e, dall’altro, il mantenimento del sistema giurisdizionale di Strasburgo, che ha dimostrato la sua efficacia nel salvaguardare i diritti dell’uomo a livello paneuropeo.

 
  
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  Kinga Gál, relatore per parere della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni. – (HU) Signora Presidente, onorevoli colleghi, in primo luogo vorrei ringraziare il responsabile della relazione della commissione per gli affari costituzionali, onorevole Jáuregui Atondo, per la collaborazione dimostrata. Ritengo che la stretta collaborazione tra la commissione per gli affari costituzionali e la commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, assieme alla sottocommissione per i diritti dell’uomo che ha integrato il nostro lavoro, abbia consentito di affrontare con successo la serie di questioni relative alla nostra adesione alla convenzione e indicare correttamente le questioni emergenti ancora da chiarire.

Personalmente, per conto della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, ho deciso di adoperarmi innanzi tutto – scelta infine confermata dalla commissione – per garantire che la nostra adesione di fatto rappresenti un valore aggiunto per i cittadini dell’Unione europea e che questi siano consapevoli di tali valori e opportunità, per quanto si debba comunque evitare di alimentare aspettative esagerate.

Vi sono innumerabili questioni cruciali da chiarire in un prossimo futuro nel corso dei negoziati, tra cui il rapporto fra la corte di Strasburgo e quella di Lussemburgo, poiché non vi sarà alcun cambiamento a livello di sistema giurisdizionale delle due entità. Ritengo importante sottolineare che la riforma del funzionamento della corte di Strasburgo coincide con l’adesione, e questa dovrebbe essere una considerazione importante. Vorrei inoltre rammentare che tale adesione avrà successo soltanto se realmente rafforzerà le attuali istituzioni e i sistemi giudiziari degli Stati membri dovranno adottare i passi necessari in tal senso. L’adesione dell’Unione alla convenzione è un esperimento unico, ma non deve compromettere quanto già raggiunto nel campo dell’applicazione dei diritti umani. E’ molto importante essere consapevoli che l’esperimento riuscirà se rafforzerà istituzioni già esistenti e garantirà un reale valore aggiunto ai cittadini.

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė, a nome del gruppo PPE. – (EN) Signora Presidente, la conferenza di riesame della Corte penale internazionale (CPI) è un evento importante e lungamente atteso nell’evoluzione della Corte stessa e, in senso più ampio, della giustizia penale internazionale.

La conferenza di riesame è una buona opportunità affinché tutti gli interessati valutino le carenze esistenti della Corte e propongano eventuali modifiche od orientamenti di riforma. Citerei dunque vari aspetti che gli Stati membri dell’Unione, nonché la delegazione parlamentare, dovrebbero porre all’ordine del giorno.

Uno di tali temi è sicuramente la posizione dei nostri partner transatlantici in merito alla Corte penale internazionale. Vorrei sottolineare che la mancata partecipazione degli Stati Uniti alla Corte è il fattore singolo più importante che sminuisce la rilevanza e l’autorità della Corte. Sarebbe pertanto utilissimo che i nostri partner americani si esprimessero più chiaramente in merito alla loro attuale posizione e al loro impegno nei confronti della CPI.

Esorterei inoltre l’Unione a insistere sulla discussione e auspicabilmente il riesame dell’articolo 124, noto anche come disposizione transitoria, dello Statuto di Roma che consente agli Stati di decidere che i loro cittadini non siano soggetti alla giurisdizione della Corte penale internazionale per crimini di guerra per sette anni dalla ratifica dello statuto. Questo è un escamotage deplorevole che dovrebbe essere eliminato dallo Statuto di Roma.

Da ultimo, ma non meno importante, vorrei sottolineare che l’Unione dovrebbe adoperarsi per ottenere il massimo consenso in merito alla ratifica e all’attuazione dello Statuto di Roma nelle relazioni con i paesi che non lo hanno ancora ratificato. Deve essere un obiettivo dell’Unione durante i negoziati di allargamento e le fasi di adesione dei nuovi Stati membri, così come dovrebbe occupare una posizione di primo piano all’ordine del giorno anche nelle nostre relazioni con la Russia, specialmente tenuto conto del fatto che stiamo attualmente negoziando le modalità dell’accordo di partenariato con i nostri partner russi.

 
  
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  Debora Serracchiani, a nome del gruppo S&D. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio il relatore per l'ottimo lavoro svolto sull'adesione dell'Unione europea alla Convenzione per i diritti dell'uomo, che rappresenta un beneficio per i cittadini europei perché grazie ad essa ci sarà un nuovo tribunale, esterno all'Unione europea, per assicurare che i diritti dei cittadini europei siano sempre rispettati dall'Unione europea e dagli Stati membri.

In virtù del principio di democrazia, l'Unione europea e gli Stati membri devono avere sempre il diritto di potersi difendere, per questo credo sia fondamentale che ogni nazione che aderisce alla convenzione debba avere un giudice che spieghi il contesto di ogni ricorso, così come ritengo importante che il Parlamento europeo abbia un organo informale con lo scopo di coordinare lo scambio di informazioni fra il Parlamento e l'assemblea parlamentare del Consiglio, ed importante che il Parlamento sia inoltre consultato e coinvolto nel processo di negoziazione.

Aggiungo inoltre che i cittadini europei hanno il diritto di capire i meccanismi di questa adesione, così come hanno diritto di sapere quali sono i loro diritti. Pertanto ritengo che sia fondamentale che il Consiglio d'Europa e l'Unione europea prendano in considerazione l'elaborazione di linee guida, con una chiara spiegazione di tutti gli effetti e le implicazioni che l'adesione comporterà.

 
  
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  Andrew Duff, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signora Presidente, l’adesione dell’Unione europea alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali è attesa da lungo tempo. E’ un tassello essenziale del mosaico la cui immagine finale dovrà essere un regime di diritti superiore promosso dalla Corte di giustizia che benefici della supervisione esterna della Corte di Strasburgo.

E’ necessariamente una misura complessa perché è un quid pro quo per rendere vincolante la carta dei diritti fondamentali e segnala un importante neocostituito consenso tra quelli come i britannici tradizionali che hanno favorito l’approccio intergovernativo del Consiglio d’Europa e i federalisti come me che hanno privilegiato l’approccio sopranazionale, gemellaggio estremamente appropriato in quest’epoca di politica di coalizione nel Regno Unito tra il partito liberaldemocratico e il partito conservatore.

 
  
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  Barbara Lochbihler, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signora Presidente, l’adozione dello Statuto di Roma e l’istituzione della Corte penale internazionale (CPI) sono una storia di successi. Molti esempi lo dimostrano, ma l’elemento cruciale è rappresentato dal fatto che, per la prima volta nella storia, ora è possibile per i rappresentanti di alto livello di uno Stato – civili o militari – essere chiamati a rendere conto per aver ordinato crimini di guerra o crimini contro l’umanità.

L’Unione ha appoggiato l’istituzione e il lavoro della Corte penale internazionale in molti modi estremamente positivi e in futuro deve continuare a sostenere e rafforzare la Corte e tutelarne l’indipendenza. L’imminente conferenza di riesame a Kampala procederà a una valutazione dello stato attuale interrogandosi sugli elementi positivi e gli aspetti da migliorare. Ora è giunto il tempo di riconoscere che gli Stati devono adoperarsi a livello nazionale per adottare leggi o attuare le normative esistenti in maniera coerente al fine di supportare la CPI.

Molti sono ancora riluttanti ad agire quando si tratta di arrestare personaggi di alto livello per i quali sia stato spiccato un mandato di arresto. La signora Commissario Reding lo ha sottolineato. Spesso il timore di difficoltà diplomatiche prevale sulla comprensione del fatto che la Corte ha bisogno di sostegno tangibile per poter essere efficace.

La conferenza di Kampala deve lavorare sulla definizione dell’espressione “guerra di aggressione”. Un gruppo di lavoro dedicato costituito dagli Stati firmatari dello Statuto di Roma ha svolto un certo lavoro preparatorio, indubbiamente soddisfacente, al riguardo e ha già presentato un testo idoneo, contenuto anche nella nostra risoluzione. Esortiamo la Commissione e gli Stati membri a lavorare intensamente per l’integrazione di tale definizione nello statuto e, pertanto, il suo inserimento nella sfera di competenze della Corte.

Nel farlo, è necessario prestare la massima attenzione per garantire che non vengano introdotte limitazioni all’indipendenza della Corte. Consentitemi in chiusura di rammentare anche quanto sia importante per l’Unione essere rappresentata alla conferenza dai vertici del più alto rango possibile. Questo sarebbe un segnale del nostro sostegno alla Corte penale internazionale, nonché un esempio positivo per altri governi.

 
  
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  Ashley Fox, a nome del gruppo ECR. – (EN) Signora Presidente, il mio gruppo è impegnato per la salvaguardia dei diritti umani, ma non siamo convinti che permettere all’Unione di firmare la convenzione sia saggio. Dato che ogni Stato membro è già firmatario della convenzione, che vantaggio si trarrebbe dalla firma anche dell’Unione? Sarei grato a chiunque in questa Camera mi fornisse un esempio pratico di come i diritti umani di uno dei miei elettori sarebbero salvaguardati meglio a seguito della firma della convenzione da parte dell’Unione.

Al momento, gli Stati membri non sono tenuti a rendere la convenzione direttamente applicabile nel loro diritto interno. Vorrei rassicurazioni quanto al fatto che se l’Unione europea dovesse firmare la convenzione, tale posizione non muterà. Non desidero che il potere del parlamento britannico di modificare il modo in cui decidiamo di tutelare i diritti umani venga compromesso. Il mio sospetto è che uno dei motivi che si celano dietro tale proposta sia la volontà di consolidare lo stato dell’Unione per dimostrare che è una protagonista sulla scena internazionale. A mio parere, questa è un’ottima ragione per non permettere all’Unione di firmare la convenzione.

 
  
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  Helmut Scholz, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signora Presidente, il mio gruppo accoglie con estremo favore l’adesione dell’Unione alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Questo è indubbiamente lo strumento europeo più importante nel campo dei diritti umani e l’importanza della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo – forse anche per l’onorevole Fox – emerge chiaramente dal fatto che gestisce una media di 30 000 denunce all’anno. Nel 2009, per inciso, sono state 57 000 e la Corte ha pronunciato 2 000 sentenze nello stesso anno o, per essere più precisi, avrebbe dovuto pronunciarle.

Con la Corte di giustizia anche l’Unione europea ha un suo tribunale, ma a differenza della Corte europea dei diritti umani, la Corte di giustizia non è soltanto responsabile della salvaguardia dei diritti fondamentali, e non è completamente fuori luogo a questo punto ribadire che la Corte di giustizia in passato non è stata l’unica ad assumere un ruolo di guida nell’evoluzione dei diritti fondamentali europei.

Sia il Consiglio d’Europa sia l’Unione definiscono storica l’imminente adesione e ritengo che la maggioranza di noi in plenaria si esprimerà a favore di tale esito con il nostro voto. Spero innanzi tutto che ciò si dimostri realmente storico per i cittadini europei e crei uno spazio di diritti umani applicabili vincolante non soltanto per 47 governi, bensì anche per le istituzioni dell’Unione europea. In tal modo, l’Unione trasmetterà un segnale forte ai cittadini europei dicendo loro che non si pone al di sopra della legge quando si tratta di diritti umani e che loro, i cittadini, possono intentare un’azione se le istituzioni comunitarie dovessero violarne i diritti.

La forma specifica del processo di adesione in sé sicuramente creerà qualche problema ed è dunque importante trovare le migliori soluzioni per i problemi tecnici giuridici estremamente complessi in maniera rapida e costruttiva, dando prova di apertura mentale e creatività.

 
  
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  Morten Messerschmidt, a nome del gruppo EFD. – (DA) Signora Presidente, è facile vedere i vantaggi dell’adesione dell’Unione alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. La convenzione andrà a vantaggio di chi era alle dipendenze dell’Unione ed è stato licenziato per essersi rifiutato di apporre la propria firma su conti falsi trasformandosi in delatore. Persone del genere potranno sottoporre casi simili alla Corte europea dei diritti umani a norma dell’articolo 6. La convenzione andrà a vantaggio altresì dei colleghi parlamentari che ricevono multe esorbitanti per aver espresso liberamente opinioni e non sanno a chi rivolgersi per ottenere giustizia. Anche tali casi potranno essere sottoposti alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo a norma dell’articolo 10. E’ dunque facile vederne i vantaggi.

Il motivo per il quale il mio gruppo e io personalmente siamo nondimeno contrari all’adesione dell’Unione alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali consiste nel fatto che gli svantaggi superano manifestamente i vantaggi. Per esempio, non vi è dubbio che la Corte di giustizia, in particolare, sfrutterebbe l’adesione per ampliare nuovamente i poteri dell’Unione. In un numero ancora maggiore di ambiti, la sfera sociale, la politica in materia di stranieri e le libertà fondamentali, vedremo come è possibile sfruttare l’adesione alla convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali come ennesima argomentazione a favore di più decisioni prese a livello comunitario, il che significa meno decisioni prese dagli Stati membri. Non vogliamo assistere a una situazione in cui gli Stati membri non sono in grado di stabilire la propria politica sugli stranieri o su temi riguardanti le loro libertà, la libertà di espressione e qualunque altro aspetto coperto dalla convenzione. Tali ambiti devono restare appannaggio degli Stati membri e pertanto l’Unione non dovrebbe continuare a percorrere tale via.

 
  
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  Nicole Sinclaire (NI).(EN) Signora Presidente, il relatore afferma nel suo testo che l’adesione alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali garantirà protezione ai cittadini dalle azioni dell’Unione. Personalmente mi interesserebbe di più salvaguardare i cittadini della mia circoscrizione, il West Midlands britannico, dall’azione della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

Naturalmente nel Regno Unito ciò è stato incorporato nel diritto nel 1998, consentendo alla convenzione di avere effetto in tutti i nostri tribunali. Nel manifesto del nuovo governo conservatore si è promesso che la legge sui diritti dell’uomo sarebbe stata abrogata, ma, come avremmo dovuto intuire, il trattato di Lisbona ha trasformato l’Unione in un’entità giuridica e l’Unione ha maggiori potersi dell’elettorato britannico. Torna in mente George Orwell. Una catastrofe annunciata! E, come sappiamo, parlando di diritti dell’uomo, alcuni sono più uguali di altri.

Questo mese i miei elettori di Meriden e Hatton hanno subito l’invasione dei cosiddetti “nomadi”, che hanno spezzato la pace e stanno edificando costruzioni non autorizzate, forse abusive, sul poco che rimane della nostra preziosa terra verde circostante. Grazie alla convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, questi nomadi godono di speciali diritti tutelati. Hanno la priorità a livello di istruzione e cure sanitarie, tutto a spese dei contribuenti locali!

Il relatore vuole che coinvolgiamo nel processo i nostri tribunali nazionali e i nostri ministri della giustizia. Io dico che la convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ha già fatto abbastanza danni. Forse il relatore potrebbe recarsi nella mia circoscrizione e assistere personalmente alla dissacrazione della nostra terra. Forse potrebbe parlare con gli abitanti locali che, dopo aver lavorato duramente, hanno visto crollare il valore delle loro case. Potrebbe ispezionare le linee di polizia tracciate per mantenere la pace e, naturalmente, preservare i diritti speciali dei nomadi. Potrebbe persino godere dello spettacolo di 90 camion carichi di ghiaia che deturpano le strade di campagna dove i genitori passeggiano con i loro figli. Potrebbe aiutare gli abitanti locali mentre si affrettano a installare dispositivi di sicurezza in previsione dell’impennata delle attività criminali che spesso accompagna queste edificazioni selvagge.

Naturalmente, sono soltanto piccole tragedie, nulla a confronto dell’importante progetto politico che è l’Unione europea, ma non dimentichiamo che quando proponiamo diritti speciali a favore di un gruppo di cittadini, automaticamente degradiamo i diritti di altri.

La convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ha degradato i diritti dei miei elettori. Non dovrebbe spettare a funzionari non eletti decidere chi è speciale e chi non lo è. Abbiamo un governo neoeletto nel Regno Unito che ha fatto promesse in tale ambito. In nome della democrazia, lasciamo che tenga fede a quelle promesse!

 
  
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  Íñigo Méndez de Vigo (PPE).(ES) Signora Presidente, più di 20 anni fa – esattamente 23 – sono stato tanto fortunato da assistere alla firma di un accordo nell’altro edificio parlamentare tra il Presidente della Commissione europea, Jacques Delors, e il segretario generale del Consiglio d’Europa, Marcelino Oreja, affinché quelle che allora erano le Comunità europee sottoscrivessero la convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. Ciò accadeva 23 anni fa.

Questo mi ricorda la risposta che il poeta Heinrich Heine ha dato questo gli è stato chiesto, “Dove vorrebbe morire?”. “In Inghilterra”, rispose, “perché lì tutto accade 100 anni dopo”. Alla luce di alcuni interventi che abbiamo ascoltato, sembra che tutto accada 200 anni dopo, signora Presidente. Confido tuttavia nel fatto che l’influenza dell’onorevole Duff sul nuovo governo di coalizione liberaldemocratico conservatore migliori la situazione.

Pertanto, signora Presidente, il mio gruppo, il PPE, è favorevole all’adesione da lungo tempo e apprezza vivamente l’eccellente relazione del collega Jáuregui. E’ la sua prima relazione e sono certo che non sarà l’ultima.

Agiamo in tal senso in quanto riteniamo che aumenterà le garanzie per il pubblico, poiché ciò che stiamo facendo fornisce maggiori garanzie ai cittadini in merito al fatto che la legislazione comunitaria applicata dagli Stati membri e dalle leggi dell’Unione europea sia in linea con la serie di diritti riconosciuti nella convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.

L’odierna relazione apre la via alla risoluzione di molti problemi tecnici e giuridici che sorgeranno, perché non dobbiamo dimenticare che la convenzione è stata elaborata per essere ratificata e applicata dagli Stati membri. Qualunque sia la propaganda di alcuni schieramenti di quest’Aula, l’Unione europea non è uno Stato o un super-Stato. L’Unione è un’organizzazione internazionale e pertanto vi sono difficoltà nell’adeguare un’organizzazione internazionale a un testo elaborato per Stati.

L’onorevole Giannakou, nostra relatrice ombra, che ha svolto un lavoro eccellente per il quale la ringrazio sentitamente, ci parlerà di alcuni aspetti specifici. Tutto ciò che ora desidero è unirmi alla vicepresidente Reding nell’esortare il Consiglio a conferire alla Commissione un mandato per negoziare rapidamente e sono certo che l’amico López Garrido farà in maniera che così sia. Ciò significherà, signora Presidente, che presto potremo celebrare la firma della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali da parte dell’Unione europea.

 
  
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  Juan Fernando López Aguilar (S&D).(ES) Signora Presidente, vorrei unirmi al coro di complimenti rivolti al relatore, onorevole Jáuregui, e ai relatori per parere che hanno collaborato alla stesura dell’odierna relazione. Lo faccio soprattutto per sottolineare il fatto che, come abbiamo affrontato la crisi economica nell’unione monetaria durante questo anno di mandato parlamentare, è giunto il momento di dire che l’Europa non sarà costruita attraverso il mercato interno o la moneta unica, bensì attraverso i cittadini.

I diritti dei cittadini sono rafforzati dalla carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, questo “manifesto dei diritti” che deve tenere presente la dimensione pubblica e politica dell’integrazione europea.

Parimenti tali diritti sono rafforzati dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea in cui si conferisce il mandato per la firma della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.

Ciò non sminuisce alcuno dei diritti fondamentali garantiti ai cittadini europei dalla legislazione degli Stati membri in ragione del fatto che sono cittadini di detti Stati. Viceversa, moltiplica, rafforza e incrementa i diritti di cui noi tutti godiamo in quanto partecipi e protagonisti di un progetto comune.

In veste di presidente della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, vorrei inoltre rammentare il fatto che abbiamo discusso tutti i problemi – che inevitabilmente si manifesteranno – di integrazione della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti nell’uomo in tale cultura condivisa del rafforzamento e dalla garanzia dei diritti e della cittadinanza. Abbiamo organizzato proficue visite presso la Corte di giustizia dell’Unione europea e la Corte europea dei diritti dell’uomo e abbiamo indetto una terza conferenza il 21 giugno alla quale parteciperanno importanti specialisti e giudici di dette Corti per elaborare una risposta comune che indichi come dovrà configurarsi la garanzia giuridica dei diritti della cittadinanza.

Un giurista britannico, Hart, ha scritto che non esistono diritti senza garanzie giuridiche e non esistono garanzie giuridiche senza giudici, così come non vi può essere Europa senza cittadini né cittadini europei se non sono consapevoli del fatto che l’integrazione europea ci fa crescere e rafforza i diritti fondamentali di cui godiamo in quanto appartenenti agli Stati membri dell’Unione.

 
  
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  Marietje Schaake (ALDE).(EN) Signora Presidente, rivendendo lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale dovremmo ricordarci che la sua creazione rappresenta realmente un successo per la democrazia liberale e un impegno per un diritto internazionale efficace. Con la ratifica di tutti gli Stati membri dell’Unione, secondo quanto disposto dal trattato di Roma, si apre il nuovo capitolo per realizzare le nostre ambizioni e assolvere le nostre responsabilità nel campo dei diritti umani, della pace e della giustizia.

Una valutazione critica è importante, ma la Corte penale internazionale è già un’istituzione rilevante per garantire che tali valori fondamentali non siano soltanto europei, bensì universali. E’ l’ultimo grado, come ha rammentato la signora Commissario Reding, ma un grado importante. L’Unione europea e gli Stati membri dovrebbero proseguire con il loro impegno nei confronti della Corte, o i principi che essa cerca di garantire, adottando gli orientamenti dell’Unione in merito. E’ un obbligo primario indagare e perseguire chi commette crimini di guerra, crimini di genocidio e crimini contro l’umanità.

Con il trattato di Lisbona stiamo lavorando per una politica estera comune efficace a livello comunitario. L’Alto rappresentante dovrebbe promuovere attivamente l’adesione al trattato di Roma di altri protagonisti mondiali, e mi riferisco a Cina, India, Russia, ma anche a paesi candidati importanti come la Turchia, nonché all’alleato di lunga data dell’Unione, gli Stati Uniti, che dovrebbero essere coinvolti in un dialogo sul contributo da dare alla giustizia globale affinché valutino seriamente l’ipotesi di schierarsi al fianco dell’Unione. Come europeo olandese, vorrei rassicurare i nostri cittadini dicendo loro che l’“Hague Invasion Act” non sarà mai invocabile.

L’Unione ha bisogno di lavorare costruttivamente con la Turchia e gli Stati Uniti per porre termine all’impunità in Iran, che è uno dei casi più urgenti di aggressione e in cui quotidianamente e sistematicamente i cittadini sono vittime di esecuzioni, stupri e torture inflitti dal loro stesso governo. Dobbiamo lavorare per la vera globalizzazione o universalizzazione dei diritti umani, della giustizia e dello Stato di diritto, e la CPI è uno strumento importante per conseguire tale obiettivo. Parimenti globalizzato deve essere il sostegno offerto alla Corte. Il Parlamento europeo ha lavorato molto costruttivamente ed è coeso al riguardo.

 
  
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  Gerald Häfner (Verts/ALE).(DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, oggi stiamo lavorando per l’estensione del diritto a livello sovranazionale. Per comprendere l’importanza del passo che stiamo compiendo, basta ripercorrere rapidamente la storia drammatica del mio stesso paese o le violazioni dei diritti umani che attualmente hanno luogo. In realtà, i tedeschi non hanno commesso i peggiori crimini della storia perché hanno violato le leggi, bensì perché hanno promulgato leggi che hanno legalizzato ciò che non era etico, per esempio trasformando in un obbligo legale l’uccisione di ebrei, comunisti, cristiani, omosessuali e altri. Se queste persone e, soprattutto, quelle che hanno ordinato tali azioni poi dicessero di aver fatto soltanto ciò che la legge all’epoca imponeva senza possibilità successivamente di perseguirle, ciò sarebbe prova di un’incredibile debolezza del diritto e dell’umanità.

Per questo, ciò che abbiamo compiuto in questa sede con la Corte penale internazionale rappresenta un importante passo avanti affinché queste persone, in futuro, sappiano che esiste un giudice superiore al diritto nazionale e per il resto della vita dovranno convivere con il fatto che saranno tenute ad assumersi le proprie responsabilità. Un passo avanti, dunque, proprio come l’adesione dell’Unione europea alla convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, esito che noi e io personalmente abbiamo a lungo caldeggiato. Mi compiaccio per il raggiungimento, qui e oggi, del risultato atteso e vorrei ringraziare il relatore, onorevole Jáuregui Atondo, per la sua eccellente relazione.

 
  
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  Charles Tannock (ECR).(EN) Signora Presidente, il mio partito nazionale, il partito conservatore britannico – per quanti non lo sanno, sono infatti un conservatore – ha manifestato gravi preoccupazioni in passato in merito alla Corte penale internazionale e alla sua applicazione della giurisprudenza penale internazionale, contenuta nello Statuto di Roma, nel campo dei crimini contro l’umanità, dei crimini di guerra e dei crimini di genocidio.

Tuttavia, il decimo anniversario dell’entrata in vigore dello Statuto ora ci offre l’opportunità di procedere a una valutazione chiara del ruolo della Corte penale internazionale e, a mio parere, la Corte, onore al merito, si è attenuta rigorosamente al suo mandato, astenendosi da procedimenti inutilmente dannosi e cercando di accusare soltanto i tiranni più crudeli.

Il procuratore capo della Corte, Luis Moreno-Ocampo, ha abilmente aiutato la Corte a rafforzare la sua imparzialità in generale. Per fortuna non vi sono stati procedimenti aggressivi in casi di matrice politica, una delle maggiori preoccupazioni dei nostri alleati americani. La Gran Bretagna ha aderito alla Corte penale internazionale sotto la precedente amministrazione laburista. Forse la recente costituzione di una coalizione tra conservatori e liberali nel Regno Unito la scorsa settimana adesso ci offre la possibilità di rivalutare il rapporto della Gran Bretagna con la Corte penale internazionale e, a Kampala, di intervenire su alcuni ambiti controversi come la responsabilità del superiore.

Non possiamo permettere che gli interessi nazionali vitali del Regno Unito siano compromessi dalla Corte penale internazionale. Tuttavia, nel contempo, dobbiamo anche riconoscere che in alcune circostanze la Corte può assolvere una funzione costruttiva ponendo fine a un clima di impunità per i dittatori colpevoli di crimini di genocidio.

 
  
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  Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL).(FR) Signora Presidente, signora Commissario, signor Presidente in carica del Consiglio, onorevoli colleghi, vorrei affrontare nel contempo l’adesione alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e l’adesione alla Corte penale internazionale.

In primo luogo, mi corre l’obbligo di ringraziare i nostri relatori per la qualità dei loro testi e la loro disponibilità a integrare le proposte di tutti in un grande spirito di consenso.

Oltre a tutto ciò che è stato detto a favore di tale adesione, vorrei sottolineare due aspetti che a mio parere sono importanti: l’introduzione di un controllo all’esterno dell’Unione europea e l’extraterritorialità della convenzione, ossia la sua applicazione a tutti gli atti dell’Unione, anche quelli compiuti al di fuori del territorio comunitario. Permettetemi di esprimere l’auspicio che le clausole su “diritti umani e democrazia” in questo modo abbiano un po’ più senso. Pertanto, il mandato negoziale della Commissione non deve soltanto riguardare la convenzione stessa, bensì anche tutti i protocolli e gli accordi già sanciti dalla carta dei diritti fondamentali. E’ tuttavia necessario impegnarsi molto rapidamente ad aderire a tutti gli strumenti giuridici della convenzione in maniera da creare un sistema coerente per la salvaguardia dei diritti umani.

Quanto alla Corte penale internazionale, vorrei formulare due desideri. In primo luogo, vorrei che l’Unione europea fosse particolarmente vigile in merito ai diritti delle vittime e dei loro rappresentanti legali. Ciò implica un’assistenza legale ad hoc che consenta di accedere ad avvocati esterni specializzati.

In secondo luogo, signora Commissario, vorrei che l’Unione europea sfruttasse tutto il proprio peso, la propria energia, per garantire che gli Stati membri nel loro complesso adeguino le proprie leggi al diritto nazionale. La Francia, in particolare, non vi ha ancora proceduto. Me ne rammarico, come mi rammarico per il fatto che alcuni grandi paesi, come gli Stati Uniti, non stanno partecipando all’attuazione di questo diritto internazionale nel campo dei crimini contro l’umanità.

 
  
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  Andrew Henry William Brons (NI).(EN) Signora Presidente, la firma da parte dell’Unione europea della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo sarà seguita da una legislazione che renderà la convenzione parte del diritto comunitario, oltre a essere un altro documento dell’organizzazione utilizzabile come riferimento esterno. Ciò significa che la Corte di Lussemburgo avrà giurisdizione sull’interpretazione e l’applicazione di due documenti potenzialmente concorrenti, la carta dell’Unione europea e la convenzione del Consiglio.

Ho chiesto a vari esperti della commissione per gli affari costituzionali e della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni che cosa accadrebbe in caso di conflitto tra i due documenti o tra sezioni diverse dello stesso documento. Quale documento o quale sezione prevarrebbe?

Innanzi tutto mi è stato detto che il documento o la sezione che ha concesso la maggiore libertà prevarrebbe sul documento o la sezione che ha concesso la minore libertà. Allora ho chiesto che cosa verrebbe deciso se vi dovessero essere due parti coinvolte in una controversia e ciascuna dovesse invocare diritti concorrenti, eventualmente contraddittori, per esempio il diritto di praticare una religione senza essere offesi e il diritto alla libertà di espressione che può comportare la formulazione di critiche ai principi dei seguaci di una religione, circostanze tutt’altro che teoriche come dimostra il caso dei fumetti danesi.

Alla mia ulteriore domanda, non vi è stata alcuna replica: l’esperto non ha osato esprimere un parere. Il silenzio è stato eloquente più di ogni parola. La libertà di espressione sarà sempre sacrificata perché questa è la posizione predefinita dell’Unione. Negare la libertà di parola è la cosa che le riesce meglio!

Si tratta di due categorie diverse di diritto, il diritto politico alla libertà di espressione contro l’incriminazione da parte dello Stato e il diritto di non essere offesi dalle critiche. Il diritto di non essere offesi dalle critiche è ritenuto di gran lunga più importante del diritto di discutere un tema di pubblico interesse. Non vi dovrebbero essere limiti alla libertà di espressione? Vi dovrebbero essere limiti per chi incita alla violenza, ma le critiche, che non rientrano in tale contesto, non dovrebbero essere soggette a interferenze da parte del diritto penale.

 
  
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  Marietta Giannakou (PPE).(EL) Signora Presidente, vorrei in particolare complimentarmi con il collega Jáuregui Atondo per la sua relazione e la nostra eccellente collaborazione, oltre che, ovviamente, con gli onorevoli Preda e Gál per il loro apporto nell’ambito di due diverse commissioni.

L’adesione materiale dell’Unione europea alla convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e, dunque, alla giurisdizione della Corte è naturalmente basata sul fatto che con il trattato di Lisbona l’Unione ha acquisito una propria personalità giuridica. Come è ovvio, alcuni si chiedono perché, avendo incorporato la carta dei diritti fondamentali, abbiamo bisogno di aderire alla giurisdizione della Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo.

In primo luogo, la Corte di Strasburgo, nel senso della res judicata, ha acquisito capacità molto più ampie di quelle previste nell’ambito dei diritti fondamentali, come hanno accennato sia il Presidente in carica del Consiglio sia la signora Commissario.

In secondo luogo, questo in qualche modo crea un legame tra l’Unione europea e quanto sta accadendo in Europa nel suo complesso, per cui con i paesi del Consiglio d’Europa. Certo alcuni si domandano se ciò implichi complicazioni di ordine più generale, ma la relazione sottolinea che non vi dovrebbero essere ricorsi transnazionali né una Corte è superiore o inferiore all’altra. Ciascuna Corte avrà giurisdizione per i poteri conferitile, come avrà dunque l’Unione europea per la Corte di Lussemburgo.

Ritengo che l’adesione alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo sia un passo importante, come lo è la procedura per l’adesione ai protocolli relativi ai corrispondenti poteri; ciò naturalmente fornirà al Parlamento europeo lo strumento per essere coinvolto più attivamente nei negoziati e contribuire alla scelta di un giudice attraverso l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa.

 
  
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  Richard Howitt (S&D).(EN) Signora Presidente, sono fiero di presiedere questa delegazione parlamentare alla conferenza di riesame della Corte penale internazionale per celebrare come la sua istituzione ha contribuito a costruire la giustizia globale e combattere l’impunità per crimini contro l’umanità, manifestando la nostra determinazione come Unione europea, nella nostra politica estera e di sicurezza comune, a lavorare per la giurisdizione universale della Corte.

Chiedendo un migliore accesso alla giustizia per le vittime, dovremmo riconoscere che 15 dei 24 paesi al mondo che hanno dato un proprio apporto al fondo fiduciario per le vittime sono nostri stessi Stati membri, ma dovremmo anche notare con umiltà che ciò significa che 12 Stati membri dell’Unione non vi hanno contribuito e 14 nostri Stati membri non hanno designato punti di contatto nazionali né risposto al sondaggio annuale previsto dalla carta. Una giurisdizione universale all’estero inizia dall’attuazione universale qui, a casa nostra, e, signora Presidente, non posso non rimpiangere che una delle prime decisioni del nuovo governo di coalizione britannico sia quella di partecipare alla conferenza di riesame per opporsi alla giurisdizione per il crimine di aggressione e contrastare la proposta del Belgio di annoverare tra i crimini di guerra l’uso in conflitti interni di armi proibite.

L’aggressione e l’uso illegale della forza contro un altro Stato sono stati perseguiti dai tribunali di Norimberga e Tokyo alla fine della Seconda guerra mondiale e trovo difficile comprendere perché la Corte penale internazionale non debba essere sfruttata per perseguire i crimini di guerra del XXI secolo. Peraltro, non capisco come certuni possano giustificare l’affermazione secondo cui l’uso di gas di guerra o proiettili dumdum è illegale se si attraversa un confine, ma non lo è se si resta al suo interno. Si sostiene che quando Saddam Hussein ha avvelenato con il gas gli arabi delle paludi o quando si spara sui dimostratori a Gaza con proiettili deflagranti, gli autori di tali atti possono compierli senza alcun timore di essere chiamati a risponderne. Io rispondo semplicemente: queste persone hanno torto.

 
  
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  Charles Goerens (ALDE).(FR) Signora Presidente, concepita come è stata per processare gli autori di genocidi, crimini contro l’umanità e crimini di guerra, la tanto attesa Corte penale internazionale è una prima risposta alle vittime che troppo spesso e, ahimè, invano hanno chiesto riparazione e giustizia.

Prima della sua creazione, molti di noi volevano che la Corte assumesse un ruolo deterrente. In effetti, poteva un organismo internazionale autorizzato a punire gli autori di crimini deplorevoli come quelli perpetrati in Bosnia, Ruanda, Cambogia e Darfur non dissuadere un determinato dittatore-carnefice consapevole del fatto che una volta che i suoi crimini fossero stati commessi non si sarebbe più sentito al sicuro al di fuori dei confini del suo paese dove ha potuto agire nella più totale impunità?

In proposito vorrei chiedere a Commissione e Consiglio se ritengono che l’obiettivo della prevenzione sia stato conseguito. Per esempio, la Commissione potrebbe dirmi se, a suo parere, il mandato di arresto spiccato dalla Corte penale internazionale contro il Presidente al-Bashir rappresenta parte della soluzione o parte del problema? Personalmente continuo a credere che sia parte della soluzione.

Comunque stiano le cose, quali lezioni impareremo dal breve periodo di attività della Corte?

Fatte proprie queste lezioni, la Commissione – e questa è la mia domanda conclusiva – intende presentare emendamenti durante la conferenza di riesame della Corte penale internazionale di Kampala, che rappresenterà l’occasione per formulare e, ove necessario, adottare emendamenti al testo che costituisce la base giuridica della Corte?

 
  
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  Konrad Szymański (ECR).(PL) Signora Presidente, nell’aderire alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo dobbiamo a tutti i costi evitare una serie di gravi pericoli.

Abbiamo un problema notevole legato alla concorrenza tra le due Corti: la Corte di Strasburgo e la Corte di giustizia europea. Il fatto che saranno in vigore due documenti, la carta dei diritti fondamentali e la convenzione europea, creerà inconvenienti. Sarà molto difficile spiegare ai nostri cittadini qual è la Corte giusta per presentare ricorso. Di conseguenza, vi sarà un aumento del numero di casi di diniego dell’esame di un caso per conflitti di giurisdizione tra le Corti e le motivazioni legali in causa. Vi è anche il rischio che l’adesione dell’Unione alla convenzione europea riduca il rispetto per le tradizioni costituzionali degli Stati membri che oggi rappresentano i principi generali del diritto. In particolare, l’adesione dell’Unione alla convenzione non dovrebbe essere uno strumento per eludere il protocollo del trattato di Lisbona che garantisce al Regno Unito e alla Polonia l’esenzione da effetti inattesi della carta dei diritti fondamentali.

 
  
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  Csanád Szegedi (NI). (HU) Signora Presidente, onorevoli colleghi, mi dispiace molto di avere soltanto un minuto per questo importante argomento, per cui consentitemi, a prescindere dal tempo a mia disposizione, di informarvi che ancora, proprio mentre parliamo, una terribile inondazione sta devastando Ungheria settentrionale, Slovacchia e Polonia. Le vite di centinaia di persone sono in pericolo. Dovremmo rassicurarle da quest’Aula del Parlamento europeo di Strasburgo che siamo solidali con loro e le vittime e speriamo che questa inondazione distruttrice regredisca quanto prima. Chiedo ai leader del Parlamento europeo di prestare assistenza alle vittime nel caso in cui dovesse rendersi necessario. Al momento vi sono diverse decine di città in Ungheria settentrionale completamente sommerse dall’acqua. Speriamo che il destino e Dio abbiano pietà di queste regioni colpite dal disastro.

Il problema principale della relazione sta nel fatto che è importante per tutti noi presenti, membri di questo Parlamento, innalzare i diritti umani conferendo loro una dimensione superiore, segnatamente la salvaguardia dei diritti umani. L’adesione alla convenzione, però, non rafforza la salvaguardia dei diritti umani. Ne emerge soltanto l’ideologia degli Stati Uniti d’Europa, che non appoggiamo, visto che paesi sovrani, gli Stati membri dell’Unione, hanno già sottoscritto la convenzione. Ci opponiamo inoltre alla nozione che questa decisione simbolica venga interpretata come indicazione che facciamo parte di un grande impero.

 
  
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  Carlo Casini (PPE). - Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signora Commissario, onorevoli colleghi, certamente quest'adesione è il segno di una vocazione dell'Unione europea: la vocazione a difendere e a promuovere i diritti dell'uomo.

Una vocazione che è già iscritta in tutta la sua struttura, che è raccontata dalla sua storia, dalla già avvenuta adesione dei singoli Stati membri alla convenzione del Consiglio d'Europa, dall'affermazione ripetuta che i principi generali della convenzione e quelli delle Costituzioni degli Stati membri fanno parte ormai del diritto europeo. Quindi questo gesto simbolico è estremamente importante.

Ma tradurre in regole giuridiche concrete questo aspetto ideale non è così semplice: questa relazione si riferisce soprattutto e soltanto in definitiva agli aspetti istituzionali ed è una relazione totalmente accettabile. Devo dire che ringrazio anch'io il collega Jáuregui Atondo e devo anche testimoniare che la commissione AFCO – che io presiedo – pressoché all'unanimità ha approvato questo documento. Quindi siamo soddisfatti di questo documento e non mi soffermo sui singoli aspetti perché condividiamo del tutto ciò che è stato già detto dal Presidente del Consiglio e dalla Commissaria.

Mi permetterei un solo suggerimento, siccome è rimasta un po' nel vago l'affermazione della presenza istituzionale dei parlamentari europei all'interno dell'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa quando si riunisce per eleggere il giudice e i giudici, mi permetterei di dire che c'è il problemino del rapporto tra la popolazione dell'Europa, dell'Unione europea, e la popolazione di altri paesi. Per fortuna peraltro già la norma che disciplina la partecipazione, la rappresentanza nell'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa dei singoli Stati dice che non possono essere meno di due per Stato e non più di diciotto. Forse diciotto, data l'importanza dell'Unione europea, sarebbe il limite che mi permetterei di suggerire.

Ma devo concludere e allora devo dire che questa risoluzione lascia aperto un problema, che è bene approfondire, ed è il problema già sottolineato più volte del rapporto fra le Corti e però credo che su questo bisognerà ancora riflettere un pochino, ma soprattutto c'è il problema dell'anima europea: noi siamo, noi Unione europea, abbiamo detto all'articolo 2 del trattato di Lisbona che ci fondiamo sulla dignità dell'uomo, i diritti dell'uomo e l'eguaglianza si fondano sulla dignità dell'uomo. Non siamo uniti su questo in Europa, e allora bisogna riflettere bene su questo concetto della dignità umana, sui suoi limiti e sul suo contenuto. Ma non è oggetto di questa risoluzione, di questo rapporto totalmente condivisibile. Grazie al relatore.

 
  
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  Maria Eleni Koppa (S&D).(EL) Signora Presidente, l’Unione europea è e resta una calda sostenitrice della Corte penale internazionale e del suo ruolo di difesa dell’universalità dei diritti umani. Noi tutti speriamo che la conferenza di riesame dello Statuto di Roma a Kampala sia una vera pietra miliare per l’ulteriore sviluppo della Corte.

La comunità internazionale viene esortata a rafforzare la validità dell’istituzione e salvaguardare la tutela e l’ulteriore rafforzamento dell’indipendenza e dell’efficacia della giustizia penale internazionale. Nel quadro di tale processo di riesame sono già state avanzate varie proposte, di cui la più importante è indubbiamente quella riguardante il crimine di aggressione. Oggi è tuttavia fondamentale affermare con chiarezza che il Parlamento europeo intende sottolineare come crimini nefandi contro l’umanità non possano restare impuniti. Ciò che vogliamo è chiarezza del diritto e cooperazione da parte del maggior numero possibile di Stati membri della comunità internazionale per porre fine all’impunità attraverso un processo equo e imparziale.

I criminali di guerra devono avere la certezza assoluta che saranno chiamati a rendere conto delle proprie azioni. E’ questa certezza della punizione che può contribuire a prevenire azioni simili in futuro aprendo la via alla riconciliazione dopo scontri violenti.

Ribadiamo pertanto il nostro fermo sostegno alla finalità della Corte e il nostro attaccamento ai diritti umani e al diritto umanitario internazionale, augurando alla conferenza di riesame in Uganda il successo che merita.

 
  
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  Filip Kaczmarek (PPE).(PL) Signora Presidente, la conferenza di riesame della Corte penale internazionale rappresenterà un’occasione importante per impegnare gli Stati membri dell’Unione al rispetto di valori che per noi sono fondamentali. Fortunatamente gli europei sono largamente convinti che i più gravi crimini debbano essere giudicati e i loro autori puniti.

Alla luce di tali considerazioni, è un bene che la conferenza di riesame abbia luogo in Africa. L’Africa è un continente in cui molti crimini non sono stati ancora puniti. La Corte sta attualmente conducendo indagini in cinque paesi africani: Kenya, Repubblica democratica del Congo, Sudan, Uganda e Repubblica centrafricana.

L’impunità di chi commette crimini esecrabili contro i loro stessi concittadini e altri, indipendentemente dalla loro nazionalità, deve cessare. Il ruolo della Corte al riguardo è essenziale. Se la Corte fosse esistita 70 anni fa, forse il massacro di Katyń non sarebbe mai accaduto. L’esistenza di una corte efficace può, in sé, avere un effetto deterrente.

Gli Stati europei dovrebbero rafforzare i ruoli basilari della Corte: indagine e perseguimento di crimini di guerra, crimini di genocidio e crimini contro l’umanità. E’ importante che un maggior numero di Stati aderisca allo Statuto di Roma perché l’efficacia della Corte dipende dalla collaborazione tra Stati e organizzazioni internazionali. Pertanto, tutti gli Stati firmatari dello statuto dovrebbero partecipare a tale cooperazione, altrimenti l’efficacia non sarà raggiungibile.

 
  
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  Ana Gomes (S&D).(PT) Signora Presidente, vi sono alcuni punti importanti all’ordine del giorno della conferenza di Kampala come il crimine di aggressione. Tuttavia, processare l’accusato Omar al-Bashir è attualmente il passo più significativo per consolidare la giurisdizione universale della Corte penale internazionale (CPI).

E’ stato grazie alle pressioni esercitate dall’Unione europea che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adito la Corte per i crimini a Darfur. I mandati di arresto spiccati dalla Corte comprendono uno per l’attuale capo di Stato del Sudan per crimini contro l’umanità e crimini di guerra.

L’Unione europea deve agire secondo la valutazione dei suoi osservatori alle elezioni sudanesi, i quali hanno concluso che le elezioni non hanno rispettato gli standard internazionali. Anche se Omar al-Bashir fosse stato eletto legittimamente, l’Unione europea dovrebbe comunque chiedere che venga portato dinanzi alla giustizia. L’Unione europea non può continuare a trasmettere segnali contraddittori.

E’ indispensabile che il Presidente al-Bashir sia consegnato alla Corte penale internazionale. In tal modo, si trasmetterà un segnale forte per scoraggiare altri dittatori dall’uso della violenza contro il loro stesso popolo; se così non agissimo, otterremmo l’effetto opposto.

 
  
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  Monica Luisa Macovei (PPE).(EN) Signora Presidente, interverrò sull’adesione dell’Unione alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, e desidero sottolineare che parlerò come avvocato.

Vorrei richiamare l’attenzione sul ruolo della Corte di giustizia nella costruzione dell’adesione dell’Unione europea alla convenzione. In particolare, il requisito contenuto nella convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo che il ricorrente debba esperire tutte le vie nazionali prima di rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell’uomo deve essere recepito da una procedura che dia in tutti i casi alla Corte di giustizia l’opportunità di decidere come ultimo grado nazionale prima che la questione venga affidata alla Corte di Strasburgo. Mi riferisco principalmente ai casi in cui gli Stati membri applicano il diritto comunitario e contro di essi vengono intentate azioni da singoli ricorrenti a seguito dell’applicazione del diritto comunitario. In tali casi, la Corte di Lussemburgo deve prima avere la possibilità di applicare la convenzione. Non dimentichiamo che la Corte di Lussemburgo applica la convenzione da anni. In proposito, vorrei richiamare la conclusione della Corte europea dei diritti dell’uomo sulla causa Bosphorus Airlines contro Irlanda del 2005, in cui si afferma che la tutela dei diritti fondamentali da parte del diritto comunitario può considerarsi equivalente a quella del sistema della convenzione.

Come i miei colleghi, accolgo con favore l’adesione dell’Unione alla convenzione. Nel contempo, tuttavia, chiedo che venga condotta un’analisi approfondita della procedura istituita perché è necessario salvaguardare gli interessi dei cittadini e, al tempo stesso, preservare ciò che funziona in maniera corretta.

 
  
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  Paulo Rangel (PPE).(PT) Signora Presidente, vorrei sottolineare che il gruppo PPE e i suoi membri portoghesi prendono atto con grande soddisfazione, se mi è consentito dirlo, dell’avvio del processo di adesione dell’Europa alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

Alla fine, in un paese come il Portogallo, da sempre promotore dei diritti umani con l’abolizione della schiavitù sul suo territorio già nel 1761 e pioniere nell’abolizione della pena di morte, non potevamo che essere interessati a sostenere tale processo di adesione.

Vorrei tuttavia richiamare l’attenzione sul fatto che noi reputiamo importantissimo che il Parlamento monitori il processo di adesione dell’Unione alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Crediamo che tale aspetto sia fondamentale da un punto di vista tecnico, giuridico e politico perché il Parlamento stesso è una “casa” dei diritti umani, un luogo in cui tali diritti rivestono notevole importanza. Vorrei anche rilevare, onorevoli colleghi, che giudichiamo estremamente rilevante il fatto di essere in contatto con molti Stati terzi; è un segnale molto importante che trasmettiamo ai membri del Consiglio d’Europa (l’ingresso dell’Unione europea nel Consiglio d’Europa) che non appartengono all’Unione.

Per tali paesi, è un segnale di rafforzamento e impegno da parte dell’Unione europea nei confronti della situazione e dei livelli di democrazia e rispetto dei diritti fondamentali.

 
  
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  Milan Zver (PPE).(SL) Signora Presidente, signora Commissario, signor Presidente in carica del Consiglio, da tempo i diritti umani e le libertà sono stati relegati al livello del singolo Stato nazionale. Ciò rende superfluo il dilemma fondamentale, ossia se l’Unione debba essere basata su accordi intergovernativi o diventare una sorta di Stato sovranazionale. Penso che l’adesione dell’Unione alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali sia un passo verso l’estensione della libertà umana e della libertà dell’individuo, un’evoluzione che comporterà anche un valore aggiunto, e deve essere un nostro obiettivo trasformare l’Unione in uno spazio in cui i livelli della libertà umana siano i più elevati al mondo.

Ciò premesso, non penso che l’Unione europea possa diventare improvvisamente un regno di libertà soltanto perché ha aderito alla convenzione. Al contrario, vi saranno ancora violazioni delle libertà e dei diritti umani, ma è importante che tali diritti e libertà non siano oggetto di una minaccia sistematica e sistemica.

Dobbiamo rafforzare il funzionamento dei tribunali e altre strutture delimitandone le competenze e con tale considerazione concludo il mio intervento.

 
  
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  Janusz Władysław Zemke (S&D).(PL) Signora Presidente, vorrei dire qualche parola in merito al tema specifico dell’odierna discussione. Va ricordato che, purtroppo, l’Africa è un continente in cui abbiamo assistito a molti casi di crimini e genocidi. In questa situazione l’Unione europea non deve essere passiva. Fortunatamente la Corte penale internazionale sta diventando sempre più significativa nei provvedimenti adottati contro tali crimini. Ora i criminali devono sapere che non resteranno mai impuniti, in alcun luogo. Al riguardo sono tra coloro che sono stati risolutamente a favore del sostegno dell’Unione all’operato della Corte. Non credo che oggi si possa sollevare alcun dubbio al riguardo. Penso che dovremmo discutere e pensare a che cosa fare per la Corte a Kampala affinché agisca in maniera ancora più efficiente ed efficace.

 
  
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  Monika Flašíková Beňová (S&D). (SK) Signora Presidente, come è stato già detto, l’adesione dell’Unione alla convenzione è soprattutto un gesto simbolico. Nonostante ciò, ritengo che possa soltanto rafforzare il processo di integrazione e sia un ulteriore passo avanti verso l’unificazione politica dell’Unione europea.

Oltre alla simbolicità, questo provvedimento legale ha anche una rilevanza pratica per la politica comunitaria in materia di diritti umani. A livello formale, eliminerà anche i doppi standard. L’Unione, va detto, prima non era tenuta a rispettare i diritti umani. Da adesso in poi, invece, le leggi dell’Unione saranno soggette a controlli giudiziari esterni, che verificheranno l’osservanza della convenzione.

Un ulteriore vantaggio concreto dell’adesione dell’Unione alla convenzione sarà una garanzia di tutela non soltanto per i cittadini europei e altri soggetti nell’Unione, ma anche per tutto coloro che rientrano nella giurisdizione dell’Unione al di fuori del suo territorio. Personalmente apprezzo l’idea che lo scopo dell’Unione sia osservare pienamente le clausole della convenzione in tutte le sue relazioni e attività esterne.

E’ importante che il testo presentatoci faccia riferimento alle possibili complicazioni tecniche e amministrative dell’intero processo e suggerisca come ridurne il più possibile la complessità. L’Unione, come membro non Stato che aderisce a una convenzione pensata per gli Stati, dovrebbe prestare attenzione a non richiedere inutili modifiche della convenzione o del suo sistema giudiziario. La Corte europea dei diritti dell’uomo è già abbastanza gravata. Inoltre, complicazioni inutili potrebbero compromettere la legittimità e la popolarità del processo di adesione dell’Unione alla convenzione.

 
  
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  Krisztina Morvai (NI). (HU) Signora Presidente, onorevoli colleghi, sono membro del Parlamento da quasi un anno e inizio ad abituarmi a ciò a cui è impossibile abituarsi, ossia che ogni discussione su ogni relazione segua esattamente lo stesso copione. In Aula sono presenti 20 o 30 di noi su quasi 800 eurodeputati, e alcuni dei presenti non sono neanche qui per senso del dovere, bensì semplicemente perché non intendono votare seguendo gli orientamenti del partito, ma in base alle proprie convinzioni personali e con cognizione di causa, tutti peraltro provenienti da una stessa esperienza. Poniamo domande alle quali non riceviamo mai risposta, salvo forse per qualche affermazione generica. Chiedo sinceramente alla signora Commissario responsabile dei diritti umani di fare un’eccezione questa volta e dare una risposta precisa al mio quesito. La domanda è quale valore aggiunto e quale vantaggio trarranno i cittadini europei dall’adesione dell’Unione alla stessa convenzione sui diritti umani alla quale ha già aderito ogni Stato membro dell’Unione. Chiedo che mi venga cortesemente fornito un solo esempio che dimostri quale nuovo contributo darà l’adesione ai cittadini europei in termini di salvaguardia dei loro diritti umani. La ringrazio anticipatamente per la sua disponibilità, per una volta, a fare un’eccezione alla regola generale.

 
  
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  Barbara Matera (PPE). - Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, l'adesione alla Corte europea dei diritti dell'uomo rappresenta un passaggio fondamentale per la crescita dell'Unione: i due sistemi di garanzia si troveranno così a rafforzare la tutela dei diritti fondamentali degli individui, sia all'interno dei nostri ventisette paesi che all'esterno, se pensiamo a tutti i paesi membri del Consiglio d'Europa. Ecco quindi un'occasione da non perdere e che noi aspettavamo da molti anni.

La dottrina e la giurisprudenza sia della Corte di giustizia sia della Corte di Strasburgo, hanno già, da tempo, anticipato questo momento o meglio posto le basi per questo traguardo, perché per me è un traguardo, per tutti noi è un traguardo. Non posso non menzionare quindi l'importanza che l'adesione rappresenta per tutti i cittadini dell'Unione, che potranno così adire la Corte di Strasburgo verso un'istituzione europea o uno Stato membro, vedendo ancora più ampliata la propria tutela.

Concludo, consapevole che l'autonomia delle due corti resta immutata, così come chiaramente esposto e sancito nella relazione – anzi complimenti al collega per questa relazione – e dalla volontà di tutti quanti noi, salvo ovviamente anche la cooperazione fra le due istituzioni, che rispettano le proprie competenze.

 
  
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  Íñigo Méndez de Vigo (PPE).(ES) Signora Presidente, vorrei chiarire due aspetti. In primo luogo, gli articoli contenuti nella carta dei diritti fondamentali che sono presenti anche nella convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo sono identici e hanno il medesimo significato. Mi riferisco agli articoli 52 e 53 della carta. Non vi è pertanto alcuna contraddizione.

In secondo luogo, la giurisdizione della Corte europea dei diritti dell’uomo è sovranazionale. Se dunque qualcuno intende adire la Corte a seguito di una decisione dell’Unione europea o dell’applicazione del diritto comunitario, dovrà prima rivolgersi alla Corte di giustizia dell’Unione europea per una pronuncia pregiudiziale.

Capisco che gli eurofobi vogliano sempre votare contro l’Europa, ma perlomeno per cortesia parlamentare dovrebbero leggere la relazione Jáuregui che spiega tutto con estrema chiarezza.

 
  
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  Diego López Garrido, Presidente in carica del Consiglio. – (ES) Signora Presidente, in merito al primo punto concernente la convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, vorrei unirmi ai complimenti formulati ai relatori e anche alla Commissione per il modo in cui ha presentato con estrema celerità un progetto di mandato negoziale. Vorrei inoltre esprimere il mio apprezzamento per l’intervento dell’onorevole Duff, il quale ha detto con grande franchezza che il governo di coalizione costituito nel Regno Unito tra conservatori e liberaldemocratici è assolutamente a favore della firma da parte dell’Unione europea della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, conformandosi dunque al trattato di Lisbona.

Tuttavia, alcuni connazionali dell’onorevole Duff hanno affermato esattamente il contrario: alludo ai rappresentanti dei conservatori e dei riformisti europei e al rappresentante del gruppo Europa della libertà e della democrazia, unitamente all’onorevole Sinclaire e successivamente all’onorevole Morvai, i quali hanno posto chiaramente la domanda: “Perché l’Unione europea ha bisogno di firmare la convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo se gli Stati membri vi hanno già aderito?”.

Ciò che è accaduto è che gli Stati membri hanno delegato alcuni loro poteri e competenze all’Unione europea, che pertanto non sono più esercitati dagli Stati membri, bensì dall’Unione. L’Unione europea potrebbe dunque teoricamente violare la convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. Così è a meno che non si ritenga che l’Unione europea non abbia alcun potere né competenza. L’Unione invece ha poteri e competenze che le sono stati delegati dagli Stati membri. Questo significa che non basta che gli Stati membri abbiano firmato la convenzione. Anche l’Unione deve firmarla per completare la protezione dei diritti umani nell’intera Unione.

Non capisco come persone quali i rappresentanti dei due gruppi di cui sopra, che hanno dimostrato il loro evidente euroscetticismo, rifiutino un controllo sovranazionale sull’Unione europea. E’ del tutto contraddittorio che chiunque voglia che l’Unione europea sia controllata o ritenga che tutto ciò che l’Unione europea fa sia negativo o venga mal fatto da deplorevoli burocrati rifiuti un controllo sovranazionale sull’Unione europea. E’ una contraddizione in termini. Vi saranno altre ragioni che hanno a che vedere con i diritti umani o con un’organizzazione internazionale che difende i diritti umani più legittimata, forte e solida. Vi potranno essere altre ragioni, ma non quelle addotte.

Credo che la necessità di firmare la convenzione sia molto evidente e credo anche che sia indispensabile procedervi con la celerità con la quale la Commissione ha già iniziato ad agire. Come ha affermato l’onorevole Méndez de Vigo, la Commissione si è mossa rapidamente e il Consiglio deve fare altrettanto. Sono certo che il mandato per intraprendere i negoziati sarà adottato il 4 giugno in occasione della riunione del Consiglio “giustizia e affari interni” di Bruxelles, per cui non deve preoccuparsi.

In merito alla questione della Corte penale internazionale, penso che la conferenza di riesame sia un’occasione molto importante. E’ un incontro fondamentale al quale la Presidenza, per conto della quale intervengo, parteciperà per stabilire e ribadire chiaramente che gli Stati membri devono collaborare con la Corte penale internazionale e lavoreranno nel quadro di tali orientamenti, naturalmente fondati sul principio della complementarietà, che è un principio basilare del funzionamento della Corte penale.

Concordo con uno dei principali obiettivi della conferenza, ossia introdurre il crimine di aggressione, nonché con l’eliminazione dallo Statuto di Roma della possibilità di rinvio di sette anni prima di consegnare possibili o presunti autori di crimini di guerra. Concordo inoltre con un argomento di discussione – proposta formulata dal Belgio – vale a dire il fatto che l’uso di talune armi nei conflitti possa costituire in sé un crimine di guerra.

In ogni caso, la Presidenza rilascerà una dichiarazione a sostegno della Corte penale e fornirà anche una valutazione di ciò che la Corte ha significato. Immagino peraltro che molti deputati saranno presenti ai dibattiti della conferenza di Kampala. Ritengo pertanto che si tratti di una conferenza estremamente importante, con notevole rilevanza in termini politici, simbolici e giuridici; saranno prese decisioni che incideranno sui testi giuridici.

Sono, come è ovvio, profondamente grato al Parlamento per aver tenuto oggi questa discussione che ci ha consentito di ribadire i nostri valori comuni, nonché rammentare che fondamentalmente, quando parliamo di Corte penale internazionale, parliamo di persone che hanno subito le atrocità che lo Statuto di Roma cerca di perseguire, si tratta in ultima analisi di lottare contro l’impunità e affermare con chiarezza che nel XXI secolo per l’impunità non vi è più spazio.

 
  
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  Viviane Reding, vicepresidente della Commissione. – (EN) Signora Presidente, la carta dei diritti fondamentali e la convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo sono testi straordinari. Sono la base dei valori sui quali abbiamo costruito le nostre società e la nostra Unione europea. Credo che siano decisamente troppo importanti e troppo storici per lasciare spazio alle polemiche politiche di partito. Devo dire che sono in effetti molto fiera del fatto che in questo momento della costruzione dell’Unione europea si possa procedere traducendo nel concreto la carta dei diritti fondamentali e aderendo alla convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.

Nel sentire ciò che il vostro relatore, il Presidente in carica del Consiglio López Garrido e i vostri correlatori Dan Preda e Kinga Gál hanno detto a nome del Parlamento in questa sede, mi sono resa conto che anche voi siete profondamente consapevoli del compito storico che siamo chiamati ad assolvere. Il valore aggiunto dell’adesione è stato spiegato in maniera esemplare nei testi oggi in discussione e negli interventi di molti parlamentari.

Gli Stati membri hanno tutti sottoscritto la convenzione, ma – come ha spiegato poc’anzi il Presidente in carica del Consiglio – hanno anche delegato competenze sostanziali all’Unione europea. E’ dunque normale che l’Unione, quando agisce in quanto tale, sia soggetta allo stesso controllo esterno della Corte specializzata in diritti dell’uomo, come lo sono gli Stati membri.

Per citare un esempio molto concreto, vi potrebbe essere una decisione della Commissione europea contro un’industria nell’ambito del diritto in materia di concorrenza che potrebbe essere impugnata direttamente dinanzi alla Corte di Strasburgo, oggi cosa difficile da fare. Come si è già sottolineato, vi saranno molti esempi tangibili, esempi che saranno di aiuto ai cittadini in quanto – aspetto del tutto nuovo – ora avranno una doppia garanzia. La Corte di giustizia europea di Lussemburgo giudicherà sulla base della carta dei diritti fondamentali che, per inciso, è vincolante per tutti gli Stati membri. Questo va detto chiaramente una volta per tutte.

Non riesco a capire come un rappresentante eletto dai cittadini al quale sia stato conferito un mandato elettivo possa rimettere in discussione i diritti di quei cittadini. E’ meglio per i cittadini avere il doppio dei diritti anziché nessuno. Qui stiamo garantendo loro il doppio dei diritti, ed è questa la finalità dell’Europa. L’Europa si occupa di diritti per i cittadini europei e sono molto orgogliosa che questa Camera si batta per tali diritti. Sì, adesso avremo carte di diritti che renderanno i cittadini consapevoli del fatto che possono rivolgersi ai tribunali affinché i loro diritti siano considerati con la serietà che meritano.

Domandarsi se ora saremo firmatari della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo non è più una domanda pertinente poiché l’articolo 6 del trattato obbliga l’Unione ad aderire alla convenzione. Non credo pertanto che dovremmo discutere ulteriormente l’argomento in quanto tutto è già stabilito.

Va inoltre rammentato che l’adesione lascerà la posizione dei singoli Stati membri nei confronti della convenzione completamente immutata fintantoché non entra in gioco il diritto comunitario. Così continuerà a essere. Il rapporto tra ogni singolo Stato e la convenzione resterà esattamente com’è. Vi saranno però ulteriori garanzie per quanto concerne il diritto comunitario.

Ovviamente la questione del rischio di conflitto a livello di giurisprudenza va analizzato. Di fatto lo è già e sono grata al relatore per aver menzionato tale aspetto. Sinora abbiamo visto che si ipotizza che tali conflitti siano estremamente limitati perché la convenzione fa già parte delle norme che la Corte di giustizia di Lussemburgo tiene oggi presenti e la convenzione fungerà da standard minimo. La Commissione si aspetta che nei prossimi anni la giurisprudenza di Strasburgo e quella di Lussemburgo si sviluppino in maniera armonica convergendo.

Passerei ora a questioni più specifiche.

In merito alla risoluzione delle controversie, non si tratta di un argomento che riguarda la Corte europea dei diritti dell’uomo o la Corte di giustizia europea. Per il momento, è un argomento che riguarda il sistema britannico per la risoluzione delle controversie e ho già iniziato a discuterne con il governo britannico per vedere se sia possibile rivedere tale sistema che in effetti, in alcuni casi, per esempio in materia di libertà di stampa, può diventare molto pericoloso.

A oggi il Parlamento europeo, sotto la guida dei suoi relatori, ha svolto un ottimo lavoro. Confido in tale istituzione affinché continui a partecipare a un processo che sicuramente sarà difficile e lungo, nel quale dovremo risolvere problemi tecnici, e i problemi tecnici possono di fatto politicizzarsi notevolmente. Confido dunque nel Parlamento affinché continui a partecipare a questo difficilissimo compito.

Quanto alle relazioni tra il Parlamento europeo e l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, lascio tutto nelle mani del Parlamento. Se avrete bisogno di aiuto, sarà pronta ad assistervi al riguardo, ma è una questione in merito alla quale spetta ai parlamentari vedere se riescono a trovare un terreno comune, e credo che non dovrebbe essere così difficile.

Quanto alla Corte penale internazionale, il Parlamento ha già ricevuto il procuratore Moreno-Ocampo e il presidente della Corte Song. Penso che questo sia stato un segnale politico molto forte da parte del Parlamento europeo circa il fatto che il Parlamento sta considerando la questione dei diritti umani con estrema serietà, non soltanto in Europa, ma anche al di fuori.

Riteniamo altresì che la conferenza di Kampala sia la conferenza internazionale più importante dedicata alla giustizia internazionale in un decennio. Dobbiamo fare in modo che assuma tutto il suo peso. Anche in questo caso confido nel Parlamento perché so che alcuni parlamentari parteciperanno e interverranno a Kampala.

Sappiamo che l’Unione europea ha svolto e svolgerà un ruolo importante integrando gli esiti della conferenza nelle proprie politiche sulla giustizia internazionale e l’assistenza agli Stati terzi, nonché soprattutto in ogni negoziato che avrà luogo nei prossimi mesi e anni. In particolare, continueremo a sostenere lo sviluppo di capacità a livello nazionale per rafforzare le giurisdizioni nazionali e consentire loro di condurre indagini e procedimenti nazionali sui crimini previsti dallo Statuto di Roma in maniera credibile ed efficace.

La nostra politica al riguardo resta immutata per quanto concerne la struttura e la portata, ma ora disponiamo di un nuovo strumento, il trattato di Lisbona, che ci consente di essere più coerenti ed efficaci nel nostro sostegno alla Corte. In linea con l’incoraggiamento del Parlamento espresso nella risoluzione e nel corso della discussione, l’Alto rappresentante/vicepresidente e i suoi servizi continueranno risolutamente a promuovere l’adesione universale allo Statuto di Roma. Lo faremo sistematicamente in tutte le nostre discussioni con i partner al di fuori dell’Europa.

Sono state poste due domande molto specifiche alle quali vorrei brevemente rispondere.

Nella prima domanda si chiedeva se un mandato di arresto spiccato contro il Presidente al-Bashir sia parte della soluzione o del problema. La Commissione lo vede chiaramente come parte di una soluzione a lungo termine perché il mandato di arresto dimostra che, con la creazione della Corte, la giustizia è diventata imminente. Di chiunque si tratti, anche se il soggetto in questione è un capo di Stato, e anche se tale mandato di arresto non dovesse essere immediatamente eseguito, non scomparirà perché la Corte penale internazionale è un tribunale permanente. Vi assicuro pertanto che l’Unione europea continuerà a esortare il Sudan a collaborare pienamente con la Corte.

Per quanto concerne la presentazione o meno di emendamenti della Commissione alla riunione di Kampala, la risposta è “no” perché l’Unione in quanto tale non è firmataria. Saranno gli Stati membri a negoziare gli emendamenti. La Commissione svolgerà tuttavia un ruolo attivo nella valutazione che sarà condotta alla conferenza e contiamo pienamente sulla Presidenza spagnola affinché guidi le nazioni europee in maniera che in tale occasione la loro voce faccia una profonda differenza.

 
  
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  Ramón Jáuregui Atondo, relatore. – (ES) Signora Presidente, vorrei esprimere i miei ringraziamenti a tutti coloro che sono intervenuti perché per la stragrande maggioranza si sono espressi a favore in merito all’accordo di adesione che voteremo domani. Il consenso è stato infatti pressoché unanime.

Vorrei in particolar modo ringraziare la signora Commissario Reding per averci concesso l’opportunità di continuare a lavorare insieme, poiché ci attendono negoziati estremamente complessi e credo che il Parlamento debba seguirli molto da vicino.

Vorrei brevemente rispondere ad alcune domande e chiarire alcuni aspetti. L’adesione non è un gesto simbolico, onorevoli colleghi, ha una valenza giuridica. Alcuni si domandano perché aderire e quale valore aggiunto comporti l’adesione. Vi fornirò un esempio.

Ipotizziamo che un concorso per l’assunzione di personale dell’Unione europea operi, per un motivo tecnico o senza motivo, una qualche discriminazione ai danni, per esempio, degli avvocati ungheresi. A quale sede dovrebbero rivolgersi gli avvocati ungheresi? Alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Qual è il valore aggiunto dell’adesione? L’opportunità per questi avvocati di sporgere denuncia alla Corte europea dei diritti dell’uomo se il loro diritto all’uguaglianza non è stato riconosciuto dalla Corte di giustizia dell’Unione europea. E’ una nuova corte, una nuova opportunità di garantire i diritti umani fondamentali come, per esempio, il diritto all’uguaglianza. E’ dunque chiaro che tale evento non rappresenta un contributo simbolico, bensì un contributo giuridico.

Vorrei chiarire due aspetti, onorevoli colleghi. I parlamentari hanno espresso l’auspicio che i negoziati non si limitino all’adesione alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, ma riguardino anche l’integrazione dei protocolli che la convenzione negli anni ha costruito, specialmente quelli concernenti i diritti riconosciuti dalla carta dei diritti fondamentali, poiché ciò assicurerà l’equivalenza tra i due documenti.

Infine, il Parlamento chiede anche l’adesione agli organi e alle autorità della convenzione e del Consiglio d’Europa, perché questo permetterà il riconoscimento del sistema universale di salvaguardia dei diritti umani, compresa la carta sociale europea di Torino.

 
  
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  Presidente. – Comunico di aver ricevuto una proposta di risoluzione(1) a conclusione della discussione.

La discussione congiunta è chiusa.

La votazione si svolgerà mercoledì 19 maggio 2010.

Dichiarazioni scritte (articolo 149)

 
  
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  Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. – (RO) L’entrata in vigore del trattato di Lisbona crea il quadro giuridico per l’adesione alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (CEDU), facendo dell’Unione il quarantottesimo firmatario della convenzione. L’adesione dell’Unione alla convenzione potenzierà il livello di salvaguardia stabilito dal trattato di Lisbona attraverso la carta dei diritti fondamentali, che ha forza giuridica vincolante.

La Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo acquisirà l’autorità per esercitare un controllo giudiziario sugli atti delle istituzioni, degli organismi e delle agenzie comunitari, comprese le decisioni prese dalla Corte di giustizia europea, per quanto concerne il rispetto della convenzione, creando in tal modo un ulteriore livello di controllo giudiziario dei diritti fondamentali nell’Unione. A seguito dell’adesione dell’Unione, la convenzione assicurerà lo standard minimo di salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Europa e sarà applicata su base obbligatoria, specialmente in situazioni in cui il livello di tutela garantito dall’Unione è inferiore a quello offerto nell’ambito della convenzione.

Credo che sia gli Stati membri sia la Commissione dovranno predisporre riunioni informative che forniscano spiegazioni in merito alle implicazioni e agli effetti dell’adesione in maniera che i cittadini europei siano pienamente consapevoli del significato di tale processo.

 
  
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  Corina Creţu (S&D), per iscritto. – (RO) L’adesione dell’Unione europea alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali è un passo logico dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona e approfondisce ulteriormente l’integrazione e la creazione di uno spazio politico comune. L’adesione dell’Unione alla convenzione assicurerà maggiore coerenza tra l’Unione europea e i paesi che appartengono al Consiglio d’Europa e il sistema paneuropeo che ha istituito nel campo dei diritti umani.

A mio parere, il maggiore beneficio dell’adesione alla convenzione consiste nel fatto che garantirà protezione ai cittadini per le azioni dell’Unione, tutela analoga a quella di cui godono per le azioni di tutti gli Stati membri. Si tratta di uno sviluppo sostanziale, poiché gli Stati membri hanno delegato importanti poteri all’Unione. E’ logico avere la possibilità di ricorrere alla Corte europea dei diritti dell’uomo per decisioni prese dall’Unione nel suo complesso. Poiché parliamo di cittadinanza europea, dobbiamo anche attribuire a tale nozione un contenuto specifico, che include l’offerta di questa possibilità.

Spero che tale ulteriore strumento messo a disposizione dei cittadini europei sia facilmente accessibile e, in particolare, che la decisione di aderire a tale convenzione contribuisca a creare nell’Unione europea un quadro più coerente per i diritti umani.

 
  
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  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (S&D), per iscritto. – (PL) In relazione agli imminenti negoziati sull’adesione dell’Unione europea alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, vorrei richiamare l’attenzione sulla questione delle relazioni esterne. Questo è un ambito sul quale l’adesione dell’Unione alla convenzione inciderà particolarmente. Perché? In primo luogo, mi permetto di ricordare che nel quadro del trattato di Lisbona la Corte di giustizia europea ha una competenza molto limitata nel campo della politica estera. L’adesione alla convenzione in parte ovvierà a tali limiti garantendo una supervisione giudiziaria esterna di tutti gli aspetti dell’attività dell’Unione. La Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo acquisirà il diritto di valutare come l’Unione osserva i diritti fondamentali in tutti gli ambiti della sua attività, per cui anche nel campo della politica estera. In secondo luogo, non è necessario rammentare quanto spesso riemerge la discussione sulla necessità di rispettare i diritti umani nelle relazioni dell’Unione con paesi terzi, anche nel consesso del Parlamento europeo. L’adesione alla convenzione conferirà pertanto all’Unione credibilità nel dialogo sui diritti umani con i paesi terzi. Non vi è dubbio che assoggettandosi alla supervisione della Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo l’Unione ha l’opportunità di rafforzare la dimensione dei diritti umani nella sicurezza e nella politica estera, promuovendo in tal modo più efficacemente l’idea dei diritti umani nel mondo poiché l’Unione affronta seriamente i propri obblighi in tale ambito. Speriamo che sia così.

 
  
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  Jarosław Kalinowski (PPE), per iscritto. – (PL) L’adesione dell’Unione europea alla convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali è indubbiamente un passo nella giusta direzione lungo il cammino per garantire privilegi equi e paritari. Dobbiamo assicurarci che tali principi siano sostenuti in tutti gli Stati membri, il che migliorerà anche la coesione legislativa tra l’Unione e i paesi del Consiglio d’Europa, oltre a incrementare il numero di istituzioni a cui i cittadini possono ricorrere in caso di violazione dei loro diritti. Si rafforzerà altresì il significato e la credibilità di numerose iniziative del Parlamento europeo nel campo della salvaguardia delle libertà fondamentali, che sono diritto di ogni individuo. Non dimentichiamo però che prima di sostenere i diritti dei cittadini di paesi terzi, l’Unione dovrebbe preoccuparsi che tali diritti non siano violati negli Stati membri.

 
  
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  Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (LV) Esiste un paese nell’Unione europea in cui, per quasi 20 anni, i diritti umani e le libertà fondamentali quasi del 20 per cento della popolazione sono stati violati. Nonostante ciò, nel 2003 la Lettonia è stata accolta nell’Unione europea. All’epoca dei negoziati di adesione della Lettonia, il governo lettone ha promesso all’allora Commissario responsabile dell’allargamento dell’Unione, Günther Verheugen, che il problema dei non cittadini sarebbe stato risolto, ma a oggi, malgrado le promesse, la questione è tuttora irrisolta. Di conseguenza, vi sono circa 340 000 non cittadini che vivono nel territorio dell’Unione. In Lettonia sono cittadini di seconda categoria ai quali non è consentito lavorare nel settore pubblico né ricoprire cariche ufficiali, anche nelle circoscrizioni in cui più del 60 per cento della popolazione è rappresentato da non cittadini. Esiste una città in Lettonia, Daugavpils, dove più del 90 per cento della popolazione è russofona. Nonostante ciò, l’uso del russo come lingua ufficiale nella città è vietato e il 30 per cento della popolazione non ha diritto di voto alle elezioni locali. I consiglieri locali eletti in una città russofona non possono usare la propria madrelingua nelle riunioni. Per quanto possa sembrare paradossale, a oggi, la Commissione non ha trovato né le necessarie argomentazioni né il tempo per esercitare pressioni sul governo lettone affinché ponga fine a questa discriminazione per motivi linguistici. E’ essenziale costituire un gruppo di lavoro per approfondire la situazione in Lettonia senza ulteriori indugi, altrimenti non vedo perché l’Unione debba sottoscrivere la convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Dobbiamo rendere noto con chiarezza e senza ambiguità che esiste un paese nell’Unione europea in cui i diritti di più del 25 per cento della popolazione sono stati cinicamente violati per anni.

 
  
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  Rafał Trzaskowski (PPE), per iscritto. – (PL) Quando parliamo di adesione dell’Unione europea alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, parliamo di un lavoro in corso da 10 anni e di molti timori riguardanti, tra l’altro, la concorrenza tra la Corte di giustizia e la Corte europea dei diritti dell’uomo. Questo sicuramente creerà problemi per quanto concerne la giurisdizione e l’autonomia della Corte di giustizia. Penso tuttavia che ciò che abbiamo conseguito dopo questi 10 anni può significare la complementarietà dei due sistemi, per cui forse dovremmo prendere le distanze da tale approccio gerarchico. La Corte di giustizia segue da tempo l’operato della Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo e viceversa. I due sistemi coesistono e non vi è concorrenza tra loro; probabilmente i timori sono dunque ingiustificati. Abbiamo bisogno dell’adesione alla convenzione per ragioni simboliche, ma soprattutto ne abbiamo bisogno perché la convenzione integrerà il sistema di salvaguardia dei diritti umani nell’Unione europea e gli conferirà maggiore credibilità agli occhi dei suoi cittadini perché si potranno tutelare dall’Unione europea e dalle sue istituzioni, quindi non solo dagli Stati membri come è avvenuto sinora. Dovremmo pertanto rallegrarci per il fatto che il sistema sarà rafforzato. Ci occorre nondimeno una certa lealtà in modo da non compromettere la credibilità del sistema. Per questo proponiamo che gli Stati membri non si possano perseguire l’un l’altro per questioni riguardanti il diritto comunitario avvalendosi delle possibilità offerte dalla convenzione.

 
  

(1)Cfr. processo verbale.

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