Bernd Posselt (PPE). – (DE) Signor Presidente, ho grande considerazione di lei e della sua Presidenza, ma oggi devo avanzare una protesta. Ha dato la parola a diversi onorevoli colleghi, e per ben due volte agli onorevoli Lehne, Gollnisch e Fox. Anche io avevo avanzato un richiamo al regolamento in merito al calendario, un richiamo non da poco. Le chiedo di controllare la legittimità dell’emendamento n. 4: so che lo abbiamo respinto, ma è una questione di principio. Il trattato non fa riferimento a dodici plenarie l’anno, bensì a dodici plenarie mensili l’anno. L’emendamento presentato dall’onorevole Fox tentava di concentrare le plenarie di agosto e settembre in un’unica settimana, ma lo scopo non è convocare una prima e una seconda plenaria a settembre, ma una plenaria di agosto e un’altra di settembre. Mi preme precisare che si trattava di un’iniziativa illegittima.
Presidente. – Il punto è, onorevole Posselt, che la questione è stata già oggetto di votazione e non può essere riaperta. Può tuttavia star certo che tutti gli emendamenti inseriti nel calendario sono stati sottoposti all’attento esame della Presidenza.
Carl Schlyter (Verts/ALE). – (EN) Signor Presidente, il Commissario ha riferito in merito all’utilizzo della trombina appena prima della votazione. Mi chiedo se lei potrebbe invitarlo a fornirci i dati statistici a sostegno delle sue dichiarazioni, secondo cui i consumatori avrebbero maggiori benefici economici se i pezzi di carne più convenienti fossero rimpiazzati e utilizzati per i prodotti sostitutivi del manzo, anziché adoperarli oggi per le salsicce e altri prodotti.
Vorrei che ci presentasse le prove statistiche che dimostrano i benefici economici per i consumatori, visto che finora le indicazioni sono state contrarie. Il Commissario ha anche fatto il paragone con la carne macinata, ma sappiamo che le norme igienico-sanitarie applicate a quel prodotto differiscono dagli standard per i preparati a base di carne. Mi permetto dunque di dubitare di entrambe le dichiarazioni del Commissario, che, qualora abbia fornito informazioni errate al Parlamento appena prima della votazione, avrebbe commesso una grave irregolarità.
Presidente. – Adesso non stiamo discutendo quel punto, onorevole Schlyter, ma le dichiarazioni di voto relative al bilancio rettificativo.
Hynek Fajmon (ECR). – (CS) Ho votato contro la relazione dell’onorevole Maňka, che espone il bilancio comunitario per questo esercizio. A fronte della crisi economica, che impone una riduzione della spesa pubblica, non posso convenire se il Parlamento europeo intraprende la direzione diametralmente opposta aumentando nettamente le proprie uscite.
Non condivido la decisione di assumere altri 150 dipendenti nell’organico del Parlamento né di assegnare agli europarlamentari nuove risorse per gli assistenti, oltre a quelle che già riceviamo. La relazione Maňka propone di concedere agli onorevole deputati 1 500 euro in più al mese durante il presente esercizio, in aggiunta ai 1 500 che assegna loro la relazione Trüpel, approvata ieri.
I costi per i contribuenti ammontano a ulteriori 13,4 milioni di euro l’anno. Gli eurodeputati sono già bersaglio di critiche pubbliche per le ingenti somme che ricevono. Un altro aumento susciterebbe l’ira, peraltro giustificata, dell’opinione pubblica europea. Per queste ragioni, non ho appoggiato la proposta.
Bogusław Liberadzki (S&D). – (PL) A differenza dell’oratore che mi ha preceduto, ho appoggiato il bilancio rettificativo. La modifica proposta non riguarda soltanto la contabilità, ma ha una sua ragion d’essere. Perché? Le ragioni sono da rintracciarsi nel nuovo ruolo attribuito al Parlamento, un’istituzione cui sono stati assegnati poteri legislativi. Gli elettori si aspettano che noi europarlamentari ci dimostriamo capaci di riesaminare le proposte presentate dalla Commissione e dal Consiglio. Non dimentichiamo che ciascun Commissario dispone di un’équipe composta da centinaia di collaboratori, mentre noi abbiamo soltanto uno o due assistenti. E’ dunque evidente che, in questo caso, il punto non è risparmiare, ma soddisfare una nuova funzione e un nuovo ruolo. Vorrei infine ringraziare il relatore, onorevole Maňka, per l’eccellente lavoro svolto.
Kristian Vigenin (S&D). – (BG) Signor Presidente, premetto che ho sostenuto le relazioni riguardanti il piano d’azione per il trapianto di organi e la relazione sulla qualità e la sicurezza degli organi. Devo però precisare che, in questo ambito, sussistono profonde differenze tra gli Stati membri. Mi auguro dunque che il piano d’azione e la relazione sulla qualità e la sicurezza aiutino gli Stati membri a uniformare i criteri adottati e diventino uno standard di riferimento per il futuro.
Questo mio auspicio si deve al fatto che nel mio paese, la Bulgaria, il numero di donatori è trentacinque volte inferiore alla Spagna. I problemi riscontrati investono l’intero settore, dalle informazioni fornite ai cittadini fino al trapianto vero e proprio e alle cure post-operatorie. Non esiste una rete di strutture per i donatori; i macchinari disponibili sono insufficienti e manca una banca dati dei donatori affidabile. La Bulgaria non è membro della zona Eurotransplant né può fornire cure post-trapianto, mentre gli ospedali in cui si eseguono trapianti non sono dotati di ambulatori dedicati.
Per tutte queste ragioni, mi auguro che la presente relazione e le decisioni del Parlamento imprimano nuovo slancio e che la direttiva venga attuata quanto prima.
Siiri Oviir (ALDE). – (ET) Signor Presidente, anche io ho votato a favore della relazione, che stabilisce criteri uniformi e vincolanti per la qualità e gli standard degli organi destinati ai trapianti in tutti gli Stati membri, garantendo così la tutela dei donatori e dei riceventi e promuovendo, nel contempo, la cooperazione tra gli Stati membri. Grazie a questa relazione, offriamo una qualità della vita più elevata a quelle persone (oltre 56 000 cittadini residenti nell’Unione europea) che sono in attesa di un trapianto di organi.
Radvilė Morkūnaitė-Mikulėnienė (PPE). – (LT) Anche io ho votato a favore di quest’importante documento sulle norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti. Giudico eccellente l’idea di creare e gestire un sistema di trapianto degli organi comunitario che sia trasparente e corretto e garantisca condizioni di qualità e sicurezza nell’intera Unione. E’ uno degli obiettivi principali: 56 000 cittadini sono in attesa di un donatore, senza trascurare che la penuria di organi destinati ai trapianti genera anche altri problemi, come lo sviluppo delle attività criminali. Ritengo dunque che questo documento contribuirà a creare un sistema adeguato, che assicuri procedure di trapianto sicure e affidabili.
Martin Kastler (PPE). – (DE) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione e desidero congratularmi con l’onorevole Mikolášik per l’eccellente relazione che ha stilato. Credo che questo sia un giorno importante, perché abbiamo garantito ai donatori e ai riceventi di organi norme coerenti e condizioni di maggiore sicurezza. Mi auguro che questa iniziativa contribuirà anche a semplificare la cooperazione tra paesi e accolgo dunque con favore l’approvazione della relazione ad ampia maggioranza.
Richard Howitt (S&D). – (EN) Signor Presidente, accolgo con grande favore la presente relazione e l’introduzione di nuove norme comunitarie per la donazione di organi. Se un cittadino muore in un altro paese dell’Unione, perché i suoi organi non dovrebbero salvare altre vite? Se un cittadino ha bisogno di una combinazione rara proveniente da un altro paese europeo, è senza dubbio saggio attuare queste norme.
Anche se il punto non è stato sollevato durante la discussione, desidero mettere a verbale anche il mio personale sostegno all’adozione di un sistema di "opt-in" anziché di "opt-out" per la donazione di organi: l’ottanta per cento dei cittadini europei afferma di sostenere la donazione di organi, ma solo il dodici per cento ha il tesserino di donatore. Bisogna stringere la forbice.
Lo scorso anno, nella mia circoscrizione regionale, l’Est dell’Inghilterra, venticinque persone sono morte perché, sebbene fossero in lista d’attesa, non è stato possibile trovare un donatore in tempo. Gli ospedali di Addenbrooke e Papworth, nella mia circoscrizione, vantano un’esperienza di livello europeo e internazionale nei trapianti di cuore e polmoni. Lasciamo che i nostri chirurghi facciano il proprio lavoro e i nostri pazienti vengano curati: è il dono della vita.
Karin Kadenbach (S&D). – (DE) Signor Presidente, non posso che convenire con l'oratore che mi ha preceduta. Ringrazio inoltre l’Assemblea per aver adottato questa relazione oggi ad ampia maggioranza. Di fronte al dato dei 56 000 europei in attesa di un organo compatibile, che garantisca loro una qualità della vita elevata o dignitosa, o anche semplicemente la sopravvivenza, diventa chiaro che occorre armonizzare e migliorare le norme urgentemente e consentire ai riceventi di ottenere un organo da qualunque parte d’Europa.
Janusz Władysław Zemke (S&D). – (PL) Anche io sono favorevole all’adozione di questo documento, che rappresenta senza dubbio un passo nella giusta direzione. Pur condividendo sia questi principi sia la necessità di occuparsi della qualità dei donatori e degli organi, desidero però precisare che questo è soltanto il primo passo nella giusta direzione: se vogliamo ottenere un netto aumento delle donazioni di organi, l’Unione deve potenziare significativamente la propria campagna e adottare misure preventive e informative. Se non seguirà la promozione delle donazioni, temo che ci areneremo semplicemente a metà strada.
Calendario delle tornate del Parlamento europeo – 2011
Seán Kelly (PPE). – (EN) Signor Presidente, desidero innanzi tutto congratularmi con lei per l’abilità con cui ha gestito questo spinoso argomento oggi, per la cortesia con cui ha esposto l’interpretazione della Presidenza e per la coerenza dimostrata. Se non si fosse comportato così, probabilmente ne staremmo ancora discutendo. Non sto dicendo che concordo con lei, ma, non essendo sufficientemente preparato da esprimere un parere, mi fido ciecamente del suo.
In secondo luogo, credo che l’onorevole Salatto abbia formulato una giusta osservazione: ci occorre davvero una rete stradale più rapida e accessibile da e verso Strasburgo, a beneficio degli eurodeputati e non solo. Vorrei inoltre complimentarmi con i questori, ivi compreso il mio connazionale, l’onorevole Higgins, e quanti si stanno adoperando affinché l’aeroporto di Francoforte Hahn venga equiparato a quelli di Francoforte e Strasburgo sul piano dei trasporti.
Da ultimo, vorrei aggiungere che sarebbe utile uniformare i costi per la sistemazione a Strasburgo nelle settimane di attività parlamentare e negli altri periodi. Si contribuirebbe così ad accrescere l’attrattiva di Strasburgo, che è una bella città. Capisco i motivi per cui siamo qua e, una volta giunti a destinazione, ne siamo soddisfatti.
Laima Liucija Andrikienė (PPE). – (EN) Signor Presidente, ho votato a favore della risoluzione sul trapianto di organi umani. Ogni giorno, numerosi pazienti muoiono per l’insufficienza di un organo e la penuria di donatori. L’Unione europea può aiutare i pazienti che attendono il trapianto in tutta Europa e, di conseguenza, salvare vite umane. A tal fine, ci occorre un sistema di donazione e trapianto di organi perfettamente coordinato.
Desidero ribadire un punto fondamentale, di natura politica: l’opposizione tra donazione volontaria e remunerata per le parti del corpo umano. Le relazioni pubblicate dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e dal Consiglio d’Europa rivelano che, in diversi paesi del mondo, chi sia disposto a donare un organo riceve somme ingenti; risulta addirittura che alcune persone vengano uccise appositamente per prelevarne gli organi, come dimostra l’esempio dei seguaci del Falun Gong in Cina.
Siamo inoltre a conoscenza di casi in cui il donatore è soggetto a un elevato rischio medico e il trapianto viene spesso eseguito in pessime condizioni igienico-sanitarie. In conclusione, vorrei dunque ringraziare i fautori della risoluzione adottata oggi e, in particolare, il relatore, onorevole Mikolášik.
Proposta di risoluzione sugli additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti (trombina di origine bovina e/o suina) (B7-0264/2010)
Anna Maria Corazza Bildt (PPE). – (SV) Signor Presidente, io e gli altri conservatori svedesi abbiamo votato contro la proposta di divieto della trombina. La proposta della Commissione chiede un sistema di etichettatura chiaro per la carne ricostituita in questo modo, e dichiara altresì il divieto di utilizzarla nei ristoranti e in tutti gli esercizi di gastronomia di grandi dimensioni, data la difficoltà, in questi ambienti, di fornire al cliente informazioni chiare.
Il dibattito sui cosiddetti collanti per carne deve essere ridimensionato. Tutti i tipi di carne per loro natura contengono trombina: per evitarla sarebbe necessario astenersi completamente dal consumo di carne. Secondo quanto affermato dagli esperti della Commissione, la trombina non rappresenta un rischio per la salute, e tale affermazione è scientificamente provata.
Quel che più conta è che i prodotti alimentari siano sicuri e che il consumatore non sia indotto in errore. E’ necessario che le confezioni rechino informazioni precise concernenti la trombina e che il sistema di etichettatura sia chiaro.
Perché vietare la trombina? Farlo significherebbe aprire il vaso di Pandora. Spetta forse ai politici il compito di gestire le nostre scelte alimentari? Con quali conseguenze? Non c’è motivo, in questo caso, di limitare la libertà del consumatore e il suo diritto di scelta.
Di fronte a politiche allarmiste rivolte contro prodotti alimentari che non sono né pericolosi né nocivi, io dico “basta!”. Non si ricorra al divieto – si inaspriscano piuttosto le norme di etichettatura.
Renate Sommer (PPE). – (DE) Signor Presidente, adottare oggi la risoluzione che vieta l’uso della trombina per i prodotti alimentari significherebbe arrendersi semplicemente all’opinione pubblica. E’ populismo puro. Non adempiremmo ai nostri compiti se non ci basassimo sempre sulle prove scientifiche. E quali sono dette prove? Che cos’è la trombina? La trombina è un enzima naturale. E’ una componente del sangue e dunque anche della carne. Noi tutti abbiamo grandi quantità di trombina nei nostri organismi. Se ne verrà vietato l’utilizzo come additivo alimentare, che cosa faremo di noi stessi? Potremo continuare a vivere indisturbati o dovremo essere gradualmente smaltiti come rifiuti pericolosi?
Naturalmente non dobbiamo permettere che il consumatore venga indotto in errore da prodotti che hanno l’aspetto e sono concepiti per avere l’aspetto di altri prodotti. Possiamo evitare che accada utilizzando un sistema di etichettatura in linea con il nuovo regolamento sull’etichettatura dei prodotti alimentari, che voteremo in prima lettura a giugno. Vi sono regole che vietano di ricorrere alla pubblicità ingannevole, e altre che prevedono etichette addizionali per i prodotti alimentari speciali. La Commissione ha proposto un sistema identico per etichettare quei prodotti in cui la trombina viene utilizzata come collante. Vorrei sottolineare il fatto che molti enzimi simili alla trombina non sono stati vietati e sono tuttora in circolazione.
Anja Weisgerber (PPE). – (DE) Signor Presidente, ritengo che la tutela del consumatore sia di prioritaria importanza, e per questo non accetto alcuna misura che possa in qualsiasi modo indurre in errore il consumatore. E’ il motivo per cui, ad esempio, mi sto battendo, nell’ambito del regolamento sull’etichettatura dei prodotti alimentari, per ottenere un sistema di etichettatura migliore per le imitazioni dei prodotti alimentari. Mi appello al Consiglio affinché segua questo approccio, sostenuto anche dalla Commissione.
Oggi abbiamo votato sul collante per carne. La carne ricostituita è un insieme di tagli diversi incollati insieme e venduti come prodotto di alta qualità. Credo che tutto questo non dovrebbe accadere, in particolare se all’insaputa del consumatore. Non è stato facile per me oggi prendere questa decisione. La Commissione ha proposto norme di etichettatura molto dettagliate, ma i consumatori possono ancora essere indotti in errore, dal momento che è difficile dimostrare la presenza di trombina nei prodotti alimentari. Di conseguenza questo enzima potrebbe essere impiegato in un prodotto senza che l’etichetta ne rechi l’indicazione. Credo quindi che, in questo caso, non siano sufficiente introdurre un obbligo di etichettatura. Ho votato dunque a favore della risoluzione e del divieto della trombina.
Krisztina Morvai (NI). – (HU) Negli ultimi otto anni in Ungheria la dittatura post-comunista ha sistematicamente calpestato i diritti dei cittadini ungheresi. Ha disperso illegalmente, tra le altre cose, pressoché ogni singola dimostrazione pubblica. Grazie all’intervento di circa 100 eccellenti procuratori e avvocati del Servizio nazionale di patrocinio legale, nella maggior parte dei casi si è già riusciti ad adire le vie legali nazionali; tuttavia in altri casi, come ad esempio il celebre caso Bukta, è stato necessario adire la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a Strasburgo.
L’Unione europea sta cercando di demolire il sistema Strasburgo, perfettamente funzionante, adducendo come pretesto l’adesione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Mi appello a ogni singola organizzazione che difende i diritti dell’uomo, in Ungheria come in Europa, affinché si esamini attentamente questo processo e si lanci una protesta contro interventi come la relazione Atondo, adottata in data odierna, che mirano a demolire il sistema europeo di tutela dei diritti dell’uomo. L’Ungheria ha la responsabilità storica di evitare che durante la Presidenza ungherese si dia impulso a questo pericoloso processo e di impedire, anzi, che possa avere luogo.
Proposta di risoluzione sugli additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti (trombina di origine bovina e/o suina) (B7-0264/2010)
Radvilė Morkūnaitė-Mikulėnienė (PPE). – (LT) L’argomento in discussione è piuttosto delicato e ha scatenato numerose reazioni all’interno del Parlamento Europeo e, naturalmente, nella società intera. Rimango convinto che il divieto di determinati prodotti o additivi non costituisca una soluzione e forse dovremmo tutti convenire che spetta al consumatore scegliere che cosa vuole acquistare e consumare, una volta ottenute tutte le informazioni necessarie. D’altro canto controllare l’intero processo sarebbe difficoltoso. In quest’epoca di consapevolezza dell’opinione pubblica, in cui vi è libero accesso a una grande quantità di informazioni, mancano ancora formule chiare e univoche, giudicate accettabili da parte dei cittadini, che permettano loro di ottenere informazioni adeguate e comprendere la composizione del prodotto al momento dell’acquisto. Credo quindi che sia necessario continuare a consultare i cittadini, il mondo dell’istruzione e forse la comunità scientifica.
Martin Kastler (PPE). – (DE) Signor Presidente, i cittadini europei hanno ragione. Apprezzano la schiettezza, sia nel cibo che nei politici.
Io rispetto questo tipo di opinione pubblica. Non possiamo semplicemente ignorarla, né possiamo respingerla, definendola populista, perché non lo è. Dobbiamo ascoltare attentamente le indicazioni dei nostri cittadini. Se elettori e cittadini sono convinti che la carne debba essere genuina, e non un insieme di resti incollati insieme, allora sarà nostro dovere garantire che la carne non possa essere ricostituita. Per questo ho votato contro l’impiego della trombina come collante per gli alimenti.
Karin Kadenbach (S&D). – (DE) Signor Presidente, ho votato anch’io a favore della risoluzione che vieta l’uso della trombina come additivo per i prodotti alimentari, poiché non ho trovato convincenti le argomentazioni del Commissario. Non vogliamo carne ricostituita in Europa. Sebbene la trombina sia un enzima che non costituisce un rischio per la salute, nel momento in cui la si utilizza per incollare resti di carne fino a ricostituire un grande pezzo di carne compressa, il rischio di infezioni batteriche aumenta sicuramente in modo significativo. La decisione di oggi, inoltre, è un chiaro intervento a favore del consumatore in Europa, e a discapito degli interessi puramente finanziari dell’industria. Se un consumatore desidera una bistecca, dovrà avere una bistecca e non della carne ricostituita. Ciò significa che dobbiamo appellarci alla Commissione affinché non autorizzi l’impiego della trombina.
Peter Jahr (PPE). – (DE) Signor Presidente, la discussione odierna sulla cosiddetta carne incollata dimostra che vi sono produttori che agiscono in modo disonesto nei confronti del consumatore. Auspico un sistema di etichettatura tale da indurre i consumatori in errore. Se questo enzima è presente, i consumatori devono poterlo sapere: è questo il fondamento di un’equa ed efficace tutela del consumatore. E’ nostro compito garantire che il consumatore consapevole disponga di informazioni sufficienti per prendere decisioni nel proprio interesse.
Un’ultima osservazione sulla carne incollata. Non ha ancora avuto luogo un confronto con i consumatori per capire se siano favorevoli o meno. Tuttavia è di fondamentale importanza che i consumatori sappiano almeno che cosa mangiano.
Siiri Oviir (ALDE). – (ET) Sono favorevole a questo piano d’azione, cui va il mio voto positivo. Stiamo compiendo un passo avanti nella direzione giusta e dobbiamo lavorare in sintonia per risolvere questo problema. I provvedimenti su scala europea amplificheranno le misure adottate dagli Stati membri, volte a garantire la qualità e la sicurezza delle donazioni d’organi e dei trapianti, fare fronte alle difficoltà connesse alla penuria di organi disponibili e rendere così più efficace il sistema dei trapianti. Il piano d’azione da noi approvato consentirà agli Stati membri di ricorrere alle dieci misure prioritarie che abbiamo definito quale mezzo per coordinare meglio i rispettivi programmi nazionali. Nel limite del mandato conferitoci, è nostro dovere contribuire a un elevato grado di protezione in ambito sanitario ovunque nell’Unione europea.
Clemente Mastella (PPE). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'adesione alla convenzione europea costituisce senza dubbio un progresso nel processo di integrazione politica dell'Unione, il cui sistema di protezione dei diritti fondamentali risulta completato e rafforzato dall'integrazione della carta dei diritti fondamentali nel suo diritto primario.
Consideriamo di enorme valore e rilievo politico il diritto riconosciuto al Parlamento europeo di designare e di inviare un certo numero di rappresentanti all'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa in occasione dell'elezione dei giudici alla Corte europea dei diritti dell'uomo. Ricordiamo che la promozione del rispetto dei diritti umani rappresenta un valore fondamentale dell'Unione europea, già radicato in un suo trattato costitutivo.
Vorrei poi sottolineare l'importanza della convenzione e della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo per l'elaborazione di un quadro giuridico e normativo nuovo, con l'indicazione di principi guida nel settore delle libertà civili, della giustizia e degli affari interni, soprattutto alla luce delle nuove forme di integrazione e armonizzazione avviate con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona e l'adozione del programma di Stoccolma.
Inoltre fornirà uno strumento giuridico aggiuntivo, ovvero la possibilità di presentare una denuncia dinnanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo in relazione ad un'azione o ad una mancata azione di un'istituzione dell'Unione europea o di uno Stato membro nel quadro dell'attuazione del diritto dell'Unione.
Non è trascurabile, infine, la previsione dell'articolo 1 della convenzione europea, in base alla quale si garantirà non soltanto la protezione dei cittadini dell'Unione europea e delle altre persone all'interno del territorio dell'Unione, ma anche di tutti coloro che rientrano nella sua giurisdizione, anche se al di fuori del suo territorio.
Alfredo Antoniozzi (PPE). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono favorevole all'adesione dell'Unione europea alla convenzione europea dei diritti dell'uomo perché, come ben sintetizzato dalla relazione Atondo, ciò rappresenta un progresso nel processo di integrazione europea, che implica un passo avanti verso l'unione politica, un segnale forte della coerenza tra l'Unione e i paesi appartenenti al Consiglio d'Europa e al suo regime in materia di diritti dell'uomo, che rafforzerà la credibilità dell'Unione presso i paesi terzi, e infine una chiara volontà di armonizzare a livello legislativo e giurisprudenziale il tema dei diritti e delle libertà fondamentali.
Grazie al trattato di Lisbona l'Unione europea è per la prima volta un soggetto giuridico internazionale dotato di una propria personalità giuridica. Mi auguro che la firma della convenzione sia solo uno dei primi passi per l'affermazione dell'Unione europea come soggetto unico a livello di grandi negoziati internazionali.
Bruno Gollnisch (NI). – (FR) Signor Presidente, nutro alcune riserve su questo tema rispetto ai colleghi che mi hanno appena preceduto.
L’idea di sottoporre il diritto europeo alla giurisdizione della Corte europea dei diritti dell’uomo può apparire a prima vista una soluzione allettante. Ma mi turba, da un certo punto di vista, che il diritto nazionale possa essere in qualche modo censurato da tale Corte. Il diritto europeo, così come viene applicato dalle giurisdizioni nazionali, trascende il diritto nazionale; almeno così avviene nel mio paese, la Francia, dove esso ha precedenza sulle leggi interne francesi in virtù dell’articolo 55 della costituzione.
E’ opportuno interrogarsi sulla validità di questa procedura che potrebbe provocare una sorta di sovrapposizione. Sono infatti rari i casi in cui il diritto europeo è direttamente applicabile all’interno degli Stati membri; in genere viene trascritto in norme di diritto nazionale in sintonia con il principio di trasposizione del diritto derivato.
Peraltro la Corte di giustizia delle Comunità europee di Lussemburgo si è dimostrata sempre attenta al rispetto dei diritti fondamentali. Anch’essa ha assimilato questo diritto nella forma in cui è sancito dalla Carta dei diritti fondamentali. Temo che si potrebbe causare un prolungamento considerevole dei procedimenti, in particolare se viene istituito un meccanismo per le questioni pregiudiziali, come richiesto da alcuni. Da parte nostra, avremmo preferito che fosse operata una distinzione tra l’adesione alle norme e la partecipazione al meccanismo di ricorso.
Risoluzione: Conferenza di revisione sullo Statuto di Roma della Corte penale internazionale a Kampala, Uganda (B7-0265/2010)
Bruno Gollnisch (NI). – (FR) Signor Presidente, dinanzi agli eventi tragici che segnano la Tailandia aumenta la convinzione della necessità di portare in giudizio i crimini gravi perpetrati contro le popolazioni civili.
Purtroppo i precedenti sono meno incoraggianti di come li hanno dipinti alcuni colleghi nella discussione di ieri. In occasione del primo tribunale penale internazionale, coloro che avevano deciso di bruciare con il napalm la popolazione civile di Dresda senza alcuna finalità militare, autorizzato il lancio della bomba atomica contro le popolazioni civili di Hiroshima e Nagasaki, giustiziato con una pallottola nella nuca gli ufficiali polacchi prigionieri figuravano tra i giudici anziché sedere al banco degli imputati. Il bilancio dell’ex Tribunale penale internazionale per la ex-Iugoslavia è parimenti insoddisfacente, in particolare con riferimento a Milosevic e Šešelj.
Per quanto concerne il fondo di garanzia cui dovrebbero contribuire gli Stati membri, significa forse che l’Europa risarcirà le vittime di genocidi che si sono verificati in ambito extraeuropeo? Le persone aventi diritto sarebbero centinaia di migliaia, per non dire milioni. Temo che stiamo mettendo mano a un ingranaggio assai complesso. La citazione in giudizio dei vinti – nonostante le assicurazioni di segno contrario che sono state loro fatte in alcuni casi – ai fini della definizione di un accordo di pace potrebbe causare un prolungamento indefinito dei conflitti. Questi sono i motivi della riserva che abbiamo espresso su questa relazione.
Laima Liucija Andrikienė (PPE). – (LT) Ho votato a favore della risoluzione sulla Conferenza di revisione dello Statuto di Roma sulla Corte penale internazionale che sarà inaugurata all’inizio del mese a Kampala, in Uganda.
Nel 1998, 138 paesi convennero di istituire la Corte penale internazionale e fu approvato lo Statuto di Roma, in base al quale il tribunale ha operato per 7 anni dal 2003. E’ giunto il momento di rivedere questo Statuto e in particolare la cosiddetta “disposizione transitoria” su cui non è stato possibile addivenire a un consenso nel 2002. Tutti gli Stati membri UE hanno ratificato lo Statuto ma alcuni nostri partner, tra cui Stati Uniti, Russia e Cina, non aderito al lavoro della Corte penale internazionale. Con la risoluzione odierna il Parlamento europeo sollecita nuovamente questi paesi a ratificare lo Statuto di Roma e a collaborare con la Corte penale internazionale. Nel nuovo millennio chi si macchia di crimini come il genocidio, i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra non può cavarsela con una condanna morale da parte della comunità internazionale ma dovrà fare i conti con sanzioni legali. Non possiamo tollerare l’impunità per simili crimini.
ENDichiarazioni di voto scritte
Richiesta di consultazione del Comitato economico e sociale europeo (articolo 124 del regolamento) – Richiesta di consultazione del Comitato delle regioni – Iniziativa dei cittadini (articolo 125 del regolamento)
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) Oltre a rendere più celere il sistema decisionale, il trattato di Lisbona contribuisce a ridurre il deficit democratico, rafforza il ruolo dei parlamenti nazionali e di quello europeo, ribadisce il concetto di cittadinanza europea. Particolarmente importante in questo ambito è l’introduzione della petizione legislativa, ovvero del diritto a una “iniziativa dei cittadini”, come è stata definita. Questo nuovo dispositivo consente a gruppi di almeno un milione di cittadini provenienti da un numero rappresentativo di Stati membri di richiedere un’iniziativa legislativa da parte della Commissione negli ambiti di competenza dell’Unione.
Il trattato di Lisbona ribadisce altresì l’importanza delle consultazioni e del dialogo con altre istituzioni e organismi, con la società civile e le parti sociali. Credo che l’Europa debba essere un’Europa dei cittadini e pertanto occorre renderla più democratica e trasparente. In ragione di quanto illustrato convengo sulla necessità di ottenere un parere dal Comitato economico e sociale e dal Comitato delle regioni.
- Raccomandazione per la seconda lettura: Claude Moraes (A7-0117/2010)
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, sembrerà di ripetermi rispetto a quanto espresso ieri per la relazione del collega Tavares, ma il problema dei rifugiati è un problema europeo e non può essere lasciato alla gestione degli Stati nazionali, in considerazione anche delle differenze geografiche ed economiche.
Vedo pertanto con favore, la creazione a livello dell'Unione europea di un Fondo. La creazione di tale Fondo deve avere una doppia valenza, sia a sostegno dei rifugiati che arrivano nei nostri paesi, spesso sulle nostre coste, in cerca di aiuto, sia a sostegno di quegli Stati, che data la loro posizione geografica, risultano essere i maggiori riceventi di questi disperati.
Il problema infatti, è e deve essere un problema europeo e non può essere lasciato alla gestione di alcuni Stati. Mi auguro che il Fondo sia soltanto l'inizio di un cammino volto ad approcciare l'intera questione in un'ottica più europea e di solidarietà.
- Raccomandazione per la seconda lettura: Anni Podimata (A7-0128/2010)
Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. – (RO) La proposta di una direttiva concernente l’indicazione del consumo di energia e di altre risorse mediante l’etichettatura e informazioni uniformi relative ai prodotti fa parte del pacchetto sull’efficienza energetica presentato dalla Commissione nel novembre 2008, in cui rientrano anche altre due proposte sul rendimento energetico degli edifici e sull’etichettatura degli pneumatici in relazione al consumo di carburante. Abbiamo espresso un voto favorevole perché siamo riusciti a ottenere un sistema di etichettatura migliore grazie a un accordo siglato tra Parlamento, Consiglio e Commissione.
Le etichette recheranno maggiori informazioni sul consumo energetico degli elettrodomestici e dei prodotti ad alimentazione. In futuro questo sistema di etichettatura sarà esteso per la prima volta anche ai prodotti che consumano energia con destinazione industriale e commerciale. Inoltre qualsiasi pubblicità futura in cui sarà indicato il prezzo o l’efficienza energetica di determinate categorie di prodotti dovrà indicare la classe energetica di appartenenza.
Informazioni precise, pertinenti e raffrontabili sui consumi energetici dei prodotti consentiranno ai consumatori di operare scelte corrette ed efficaci che limiteranno il loro consumo energetico e la spesa domestica.
John Attard-Montalto (S&D), per iscritto. – (EN) Il governo maltese è contrario alla raccomandazione per la seconda lettura relativa all’indicazione del consumo di energia e di altre risorse mediante l’etichettatura e informazioni uniformi relative ai prodotti.
Il governo nazionalista è contrario a quanto affermato nelle motivazioni della relazione e in particolare non concorda con la seguente frase: “In tale lista delle priorità si debbono inserire anche i prodotti da costruzione che hanno un notevole impatto sul consumo energetico”. E’ inconcepibile che il governo osteggi la raccomandazione per questo motivo. Avrebbe potuto approvare la raccomandazione formulando semplicemente una riserva sui prodotti da costruzione che hanno un notevole impatto sul consumo energetico.
E’ inutile che il governo faccia mostra di voler sostenere l’efficienza energetica e il risparmio energetico che si potrebbe conseguire tramite l’etichettatura di alcuni prodotti, considerato che in realtà gli edifici sono responsabili per il 40 per cento del consumo complessivo di energia nell’Unione europea.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho espresso un voto favorevole su questa importante relazione. La direttiva sull’etichettatura energetica svolge un ruolo cruciale nel conseguimento dell’obiettivo UE di ridurre del 20 per cento il consumo energetico entro il 2020. Essa si colloca nel contesto più ampio della lotta ai cambiamenti climatici, della transizione dell’UE verso un’economia efficiente, sostenibile e competitiva, oltre a rafforzare la sicurezza energetica del continente. Vogliamo spianare la strada a una situazione vantaggiosa sia per il mercato che per i consumatori, garantendo che tutti i consumatori possano accedere a informazioni adeguate nella piena consapevolezza degli effetti che le loro scelte comportano. In questo quadro, l’accordo raggiunto sulla direttiva in parola conferisce un importante valore aggiunto. Sostengo la posizione assunta dal Parlamento europeo, favorevole al mantenimento del sistema di classificazione con scala A-G che, secondo uno studio, è il più comodo e di immediata comprensione per i consumatori. E’ previsto altresì l’obbligo di menzionare l’etichetta energetica nelle pubblicità relative a questi prodotti che fanno riferimento al prezzo o al consumo energetico.
Jan Březina (PPE), per iscritto. – (CS) Mi compiaccio che la nuova legislazione in materia di efficienza energetica dei prodotti sia stata finalmente approvata dopo un estenuante tiro alla fune tra il Parlamento europeo e il Consiglio, cui ho avuto l’onore di partecipare in qualità di relatore ombra del gruppo del Partito popolare europeo. Un vantaggio è rappresentato dall’espansione della classe A che consente di districarsi tra la schiera in continuo aumento di apparecchi a risparmio energetico e incoraggia i produttori a ideare dispositivi con consumi sempre inferiori. E’ parimenti importante che non sia stato incrementato il numero di classi nella scala dei consumi energetici per i singoli prodotti, poiché questo avrebbe compromesso in parte la chiarezza del sistema di classificazione. La suddivisione in sette classi consente ai consumatori di decidere con cognizione di causa l’acquisto dei prodotti che il mercato offre, operando scelte che contribuiscono a ridurre i loro costi per l’energia. Per quanto concerne le novità, in particolare l’obbligo di indicare la classe energetica dei prodotti nel materiale pubblicitario, mi pare corretto che tale obbligo sia stato limitato agli annunci pubblicitari che forniscono informazioni in merito al prezzo o al consumo energetico del prodotto. Per fortuna è prevalsa l’idea che la pubblicità deve essere regolamentata solo nei casi di effettiva necessità e solo entro i limiti indispensabili.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della raccomandazione perché aiuta effettivamente i consumatori europei a scegliere i prodotti a consumo energetico ridotto o che comportano anche indirettamente un consumo minore di energia. Con la presente raccomandazione, il Parlamento europeo fornisce un apporto concreto verso la realizzazione dell’obiettivo comunitario di un miglioramento dell’efficienza energetica del 20 per cento entro il 2020. Si tratta di un testo equilibrato che spiana la strada a una situazione vantaggiosa sia per il mercato che per i consumatori.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Questa iniziativa, alla pari di quella che abbiamo votato ieri sull’efficienza energetica degli edifici, fa parte del pacchetto legislativo sull’efficienza energetica che ci è stato presentato dalla Commissione nel novembre 2008. L’argomento è stato oggetto di una disamina approfondita da parte di Parlamento, Commissione e Consiglio. Finalmente siamo riusciti a trovare un accordo sul testo definitivo.
Oltre alle ricadute positive in termini ambientali, al raggiungimento dell’obiettivo europeo di riduzione delle emissioni e alla creazione di un’economia sostenibile sotto il profilo energetico, questa iniziativa ha il vantaggio di porre i consumatori al centro delle scelte d’acquisto. Grazie a indicazioni ed etichette precise, i consumatori sapranno esattamente cosa stanno comprando e potranno scegliere anche in base a criteri quali l’efficienza energetica e il minore impatto ambientale.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) La direttiva sulla classificazione dei consumi energetici assicura una corretta informazione ai consumatori grazie all’obbligo di indicazione della classe energetica negli annunci pubblicitari. Nel contesto dell’impegno europeo per l’efficienza energetica e la riduzione del consumo di energia, è fondamentale mobilitare l’opinione pubblica a sostegno di questa causa, anche ai fini della lotta ai cambiamenti climatici. Allo scopo occorre che i consumatori dispongano di informazioni chiare e precise in merito al consumo di energia dei prodotti acquistati o in vendita. Tutti i consumatori europei parteciperanno in questo modo alla lotta contro i mutamenti climatici. E’ fondamentale garantire ai consumatori la possibilità di operare consapevolmente delle scelte più rispettose dell’ambiente. La direttiva tiene conto proprio di questa esigenza; il consumo energetico dei prodotti viene quantificato sulla base di criteri e parametri universali al fine di rendere possibile raffronti affidabili. Indirettamente ciò incrementerà anche la fiducia nelle valutazioni tecniche e nel contenuto informativo delle etichette. Questa direttiva compie un passo concreto nella direzione della strategia per il 2020 e in particolare verso la riduzione del 20 per cento del consumo energetico entro il 2020.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) In seguito al voto odierno, i prodotti che consumano energia dovranno essere dotati della nuova etichetta sull’efficienza energetica, siano essi destinati all’uso domestico, commerciale o industriale. I consumatori saranno così meglio informati. Una disposizione della direttiva adottata oggi dal Parlamento europeo prevede l’aggiunta di nuove tipologie di classificazione dell’efficienza energetica e si può applicare anche a prodotti che comportano solo indirettamente un consumo di energia, come per esempio gli infissi.
Alcuni aspetti puntali del testo sono opinabili, come ad esempio la classificazione obbligatoria da A a G, attualmente già in uso per i frigoriferi, con la possibilità di aggiungere le classi A+, A++ e A+++ ma limitandosi in ogni caso a un massimo di sette classi energetiche. Si può comunque dire che la direttiva persegue uno scopo senz’altro condivisibile.
Tutte le comunicazioni pubblicitarie relative a prodotti in cu viene menzionato il consumo di energia o il prezzo devono fare menzionare anche la classe di efficienza energetica. Le informazioni fornite devono guidare i consumatori verso la scelta di prodotti a consumo inferiore o condurre indirettamente a un minore consumo di energia.
In avvenire qualsiasi pubblicità che menzioni il prezzo e l’efficienza energetica di frigoriferi, lavatrici o cucine economiche deve indicare la classe energetica in cui tale prodotto rientra.
Jarosław Kalinowski (PPE), per iscritto. – (PL) Molte parole sono state spese sul diritto dei consumatori di conoscere gli alimenti, gli elettrodomestici o gli accessori per la casa che acquistano. Vogliamo sapere da dove provengono, come sono stati prodotti e quale sia il loro valore nutritivo, nel caso degli alimenti. In un’epoca di cambiamenti climatici siamo tutti desiderosi di salvaguardare l’ambiente e di proteggerci dalle anomalie meteorologiche, sicché al momento dell’acquisto di alimenti o di generi di consumo corrente siamo ispirati da principi ecologici. In questo contesto è fondamentale che i consumatori sappiano quanta energia consumano i loro apparecchi e ritengo che abbiano il diritto di trovare tale indicazione sull’etichetta del prodotto. Le etichette che recano simili informazioni sono in qualche modo una garanzia dell’elevata qualità del prodotto. Questo può essere visto anche come uno strumento in grado di proteggere il mercato europeo da prodotti extraeuropei che sono mere imitazioni a basso costo.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Ho espresso un voto favorevole su questa relazione che riconosce l’incapacità, da parte del mercato, di procedere autonomamente alla razionalizzazione dei consumi energetici. Mi compiaccio che essa rappresenti una concessione evidente a sostegno delle nostre tesi. Condivido peraltro anche la volontà dichiarata di un’armonizzazione dall’alto per le etichette in materia di risparmio energetico. Purtroppo osservo con rammarico che l’etichettatura relativa all’impronta ecologica complessiva dei nostri prodotti non è stata menzionata da nessuna parte, anche se sarebbe urgente renderla obbligatoria al più presto.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) L’UE insiste nella ricerca dell’eccellenza in termini di efficienza energetica allo scopo di ridurre i consumi del 20 per cento entro il 2020. Le nuove etichette saranno molto utili ai consumatori, giacché forniranno le informazioni necessarie a compiere scelte informate di cui si riconosce l’impatto a livello di consumi energetici. In pratica i consumatori saranno più consapevoli di quanto i prodotti energetici da loro acquistati possono incidere sui consumi di energia. Con l’approvazione di questa direttiva contribuiamo a sensibilizzare i consumatori su questo aspetto. In considerazione di quanto esposto ho espresso il mio voto.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Solo dopo l’introduzione di un’etichetta energetica comprensibile per i consumatori scopriremo se questi sono effettivamente pronti ad accoglierla. La sensibilità verso l’aspetto energetico è aumentata e si presta maggiormente attenzione alle classi di efficienza energetica, in particolare per le apparecchiature elettriche. Ovviamente il sistema degli appalti pubblici dovrebbe dare anch’esso il buon esempio, ma non possiamo obbligare gli Stati membri ad acquistare esclusivamente prodotti con il massimo rendimento e il maggiore grado di efficienza energetica. In questi tempi di austerità, il prezzo di acquisto diverrà sempre più il criterio determinante. La possibilità di scelta nella procedura di assegnazione non è definita con sufficiente chiarezza e ho pertanto deciso di astenermi dal voto.
Radvilė Morkūnaitė-Mikulėnienė (PPE), per iscritto. – (LT) Con il mio voto ho deciso di sostenere la risoluzione sull’etichettatura dei prodotti che consumano energia e sulle informazioni di base che devono essere accessibili ai consumatori. Spesso in questo Parlamento parliamo di diritti dei cittadini – il diritto di scelta, il diritto di ricevere informazioni puntuali e precise. A mio modo di vedere, tali diritti sono importanti per qualsiasi aspetto della vita. Nella fattispecie in questione stiamo discutendo della quantità di elettricità consumata e dell’efficienza energetica. I cittadini vogliono risparmiare energia per motivi di ordine economico e ambientale. Con gli attuali progressi tecnologici, i cittadini devono avere la possibilità di scegliere gli apparecchi elettrici in funzione della loro efficienza energetica e il sistema di etichettatura che abbiamo definito consentirà loro di compiere scelte informate, contribuendo sia al risparmio energetico, con un conseguente risparmio economico personale, che alla salvaguardia dell’ambiente. Non ho dubbi che quando i cittadini europei si renderanno conto della quantità di energia consumata opteranno senz’altro per apparecchiature più efficienti e rispettose dell’ambiente. Come ho già sottolineato, condivido la posizione del Parlamento europeo su questo tema e spero che simili decisioni diventino un incentivo reale e una possibilità concreta per tenere fede ai nostri impegni di riduzione dei consumi di energia entro il 2020.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, la rifusione della direttiva sull'etichettatura dei prodotti energetici ha l'obiettivo di ampliare lo spettro di applicazione delle informazioni da inserire in etichetta a tutti i prodotti che incidono sul consumo energetico e non solo agli apparecchi domestici.
La direttiva fa parte del piano d'azione per l'efficienza energetica e prevede anche iniziative in materia di incentivi e appalti pubblici: costituirà dunque il fulcro di una politica dei prodotti integrata e sostenibile dal punto di vista ambientale. Uno dei punti più controversi riguardava il tipo di scala da utilizzare per non creare confusione al consumatore: si è deciso di mantenere la scala chiusa da A a G, anche in seguito all'adozione di una risoluzione del Parlamento europeo in tal senso.
La classe di efficienza energetica figurerà inoltre in tutta la pubblicità contenente informazioni relative al consumo di energia o riguardanti il prezzo dei prodotti. In ragione di quanto sopra esposto, concordo con l'impostazione della collega Podimata e sostengo la relazione.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, la direttiva sull'etichettatura energetica svolge un ruolo cruciale nel conseguimento dell'obiettivo comunitario di ridurre del 20% il consumo energetico entro il 2020. Essa costituisce un importante valore aggiunto sia per il mercato che per i consumatori. In effetti, l'obbligo di far riferimento all'etichetta sul consumo energetico negli annunci pubblicitari porrà fine alla disinformazione dei consumatori finali, fornendo loro tutte le informazioni di cui necessitano per effettuare delle scelte pienamente consapevoli.
Allo stesso tempo, in seguito alla decisa insistenza del Parlamento, è stata evitata l'introduzione di una classificazione aperta ed è stato assicurato il mantenimento del modello basato su una classificazione dalla A alla G, già risultato molto valido per i consumatori. Inoltre, l'aggiunta di una clausola di riesame permette altresì una rivalutazione approfondita, alla luce dell´evoluzione tecnologica e della comprensione dell´etichetta da parte dei consumatori, al più tardi nel 2014. Ciò rappresenta un'ulteriore garanzia che l'attuale classificazione, agevolmente comprensibile ai consumatori, rimarrà inalterata almeno fino a che non avrà luogo il riesame. Ribadisco quindi, con convinzione, il mio pieno sostegno alla direttiva.
Rovana Plumb (S&D), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione perché con l’estensione a tutti i prodotti energetici, l’emendamento alla direttiva sull’etichettatura energetica porterà a un risparmio di 4 milioni di euro in costi di trasporto per ogni misura d’attuazione aggiornata o creata ex novo (nel caso in cui si utilizzino regolamenti/decisioni anziché direttive). Si otterranno anche riduzioni supplementari pari a circa 78 milioni di tonnellate di emissioni di CO2. In avvenire l’etichettatura energetica sarà estesa ai prodotti a consumo di energia utilizzati per fini industriali e commerciali, come per esempio celle frigorifere, banconi per la vendita al dettaglio, cucine industriali, distributori automatici (per la vendita di panini, snack, caffè e altro), motori industriali, prodotti a consumo energetico compresi i prodotti che non consumano energia ma che hanno un “notevole impatto diretto o indiretto” sul risparmio energetico, quali gli infissi di finestre e porte.
La direttiva potrà dimostrare la propria efficacia a condizione che i cittadini abbiano effettivamente accesso a informazioni corrette e siano sensibilizzati in merito alle conseguenze delle loro scelte di acquisto. Indicazioni chiare, precise e pertinenti sul consumo energetico di questi prodotti consentirà agli utenti finali di optare per soluzioni a ridotto consumo energetico con un conseguente risparmio più duraturo sulle bollette.
Teresa Riera Madurell (S&D), per iscritto. – (ES) Ho votato a favore della relazione Podimata perché ritengo che il Parlamento e in particolare il gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici al Parlamento europeo (S&D) siano riusciti a ottenere un risultato assai importante in una direttiva fondamentale per il conseguimento degli obiettivi di efficienza energetica che ci siamo prefissati. Oltre ad avere insistito per mantenere la scala da A a G che è ormai nota e riconosciuta dai consumatori europei, siamo riusciti a imporre l’obbligo di menzione della classe energetica per gli apparecchi domestici pubblicizzati, nei casi in cui i messaggi promozionali contengano riferimenti al prezzo del prodotto. Un’altra modifica encomiabile proposta dal Parlamento riguarda l’obbligo imposto alla Commissione di stilare una lista di priorità tra i prodotti a consumo energetico tenendo conto anche dei prodotti da costruzione che potranno essere disciplinati in futuro. In ultima battuta vorrei menzionare il ruolo di guida del settore pubblico; ritengo fondamentale che le amministrazioni acquistino tramite appalto prodotti appartenenti alla classe di efficienza energetica più alta.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) La relazione dell’onorevole Maňka propone svariati emendamenti al bilancio del Parlamento europeo per il 2010. Ho votato a favore della relazione e segnatamente delle disposizioni che discendono dall’entrata in vigore del trattato di Lisbona il 1° dicembre 2009, compresa quella che prevede un incremento mensile di 1 500 euro dell’indennità di assistenza ai deputati. Tramite tale incremento gli eurodeputati potranno fare fronte alle nuove responsabilità conferite loro dal trattato di Lisbona che attribuisce competenze ben maggiori al Parlamento e moltiplica la sua influenza sul processo decisionale dell’UE. Il Parlamento deve perfezionare la propria competenza nelle questioni legislative per porsi alla pari con la Commissione e gli Stati membri. Noi rappresentiamo i cittadini europei e dobbiamo disporre dei mezzi necessari a difendere i loro interessi. Ho espresso dunque un voto favorevole alla relazione.
Göran Färm (S&D), per iscritto. – (SV) Ritengo che le commissioni parlamentari sottoposte a un carico di lavoro superiore in seguito all’entrata in vigore del trattato di Lisbona debbano essere rafforzate. In tal senso occorre aumentare gli effettivi per le segreterie parlamentari e dei singoli gruppi all’interno di tali commissioni. Tuttavia non credo che anche gli eurodeputati necessitino di più assistenti. Avrei preferito che le risorse del Parlamento venissero ottimizzate innanzi tutto tramite una ridistribuzione e iniziative volte a migliorarne l’efficienza, così da non comportare alcun aumento della spesa complessiva.
Nella mia veste di capogruppo all’interno della commissione per i bilanci del gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici al Parlamento europeo, questa è la linea che ho adottato durante le trattative con l’Ufficio di presidenza. La soluzione di compromesso raggiunta consentirà di finanziare una parte di quanto proposto tramite risparmi pari a 4,4 milioni di euro. Continuo a pensare che la proposta avrebbe dovuto prevedere ulteriori tagli ma, avendo partecipato in prima persona alle trattative, ho deciso di avallare il compromesso raggiunto.
Bogusław Liberadzki (S&D), per iscritto. – (PL) L’entrata in vigore del trattato di Lisbona comporterà con tutta probabilità un aumento significativo del lavoro svolto dal Parlamento. L’effetto principale consterà nel maggiore ricorso alla procedura legislativa ordinaria che riguarderà all’incirca il 95 per cento di tutta la legislazione varata. Le nuove risorse finanziarie e umane consentiranno al Parlamento di espletare la propria funzione di co-legislatore alla pari con il Consiglio.
Mairead McGuinness (PPE), per iscritto. – (EN) Ho sostenuto la relazione dell’onorevole Maňka relativa al bilancio rettificativo del Parlamento europeo, pur rendendomi conto di quanto sia delicato aumentare le spese in bilancio in questo momento, quando i cittadini devono accettare riduzioni salariali e la disoccupazione è in aumento. Il lavoro del Parlamento europeo è senz’altro aumentato a seguito del trattato di Lisbona. E’ mia intenzione utilizzare l’indennità supplementare per offrire un’opportunità ai tanti giovani che si candidano per un posto presso il mio ufficio.
Essi avranno così la possibilità di accedere a un lavoro remunerato e a una preziosa esperienza professionale che mi auguro li aiuterà nella loro successiva carriera. Parimenti ritengo necessario che il Parlamento europeo riveda il proprio metodo di lavoro e di utilizzo delle risorse umane al fine di renderlo più efficace.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Il trattato di Lisbona attribuisce al Parlamento nuove responsabilità. Ne consegue un maggiore carico amministrativo cui i deputati devono fare fronte avvalendosi di consulenti qualificati. Questa nuova situazione comporta necessariamente un aumento dei costi per la retribuzione degli assistenti e nuovi spazi per consentire loro di lavorare in condizioni soddisfacenti. Tale aumento dei costi è difficile da giustificare in questi tempi di crisi ma per svolgere il proprio compito con eccellenza il Parlamento deve essere dotato delle risorse finanziarie e umane necessarie. Il mio voto tiene conto di questa necessità.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore, potrebbe sembrare demagogia, o un ulteriore privilegio della casta, ma in questo caso non è così. Gli emendamenti al bilancio risultano importanti e fondamentali per una gestione adeguata della vita e dell'attività del Parlamento.
In qualità di europarlamentari e dopo l'approvazione del trattato di Lisbona, siamo chiamati ad un lavoro molto più importante e cospicuo. In ragione di ciò, necessitiamo di collaboratori ed esperti in grado di poterci assistere nel nostro lavoro quotidiano. Per fare ciò, sono necessarie risorse e queste risorse si tradurranno, da parte mia e spero da parte di tutti i colleghi, in un lavoro ancora più efficace, efficiente e mirato.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Ho firmato e votato a favore dell’emendamento che respinge questa tranche insieme ad altri 16 deputati del mio gruppo. Credo infatti sia importante dimostrare che un gruppo rappresentativo di eurodeputati non è favorevole a un aumento delle risorse per i collaboratori in questi tempi di crisi economica.
Ciò nondimeno in sede di votazione finale ho sostenuto la relazione sulla rettifica del bilancio parlamentare per il 2010.
Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. – (SV) Ho votato contro la relazione sul bilancio rettificativo per il 2010. Non è giustificato un incremento nella dotazione dei deputati di 1 500 euro al mese per fare fronte alla maggiore mole di lavoro conseguente al trattato di Lisbona. In prima battuta faccio presente che con 1 500 euro al mese non è possibile ingaggiare esperti qualificati. In secondo luogo la sede di lavoro del Parlamento non è in grado di accogliere altri collaboratori. Peraltro una parte delle risorse di bilancio sono state stornate proprio dalla riserva istituita per gli investimenti immobiliari. Inoltre con riferimento alla rubrica 5 del bilancio 2011, la relatrice Trüpel ha dichiarato che le indennità per le spese di segreteria non potranno essere garantite in futuro se non dopo un’idonea valutazione del loro rendimento. Considero immotivato l’incremento dell’indennità di per sé già elevata per le spese di segreteria nella situazione attuale, in cui ci sono disoccupati, donne sole, pensionati e altri gruppi sociali vulnerabili costretti a fare sacrifici per salvare il progetto dell’euro dal collasso.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) In nome della trasparenza richiesta dai cittadini e del rigore, non credo che il Consiglio sia esonerato dall’obbligo di rispondere pubblicamente delle risorse che gli vengono conferite. Condivido pertanto la scelta del relatore di deferire la decisione sul discarico del bilancio del Consiglio finché questi non avrà fornito le informazioni puntuali richieste.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Sono favorevole a posticipare la decisione sul discarico del bilancio generale dell’Unione per l’anno 2008 nell’interesse della trasparenza e del rigore, da intendersi non solo in fase di attuazione del bilancio ma anche nella successiva verifica sull’impiego di tutte le risorse finanziarie dell’UE. Con questo slittamento, il Consiglio avrà modo di fornire tutte le spiegazioni e informazioni necessarie a un voto favorevole del Parlamento. Non possiamo prescindere da questo se vogliamo mantenere la credibilità delle istituzioni europee e la fiducia che i cittadini ripongono in esse. Infatti è in gioco il rispetto delle politiche e degli orientamenti definiti da organi democratici e legalmente competenti.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, la procedura del discarico del bilancio è una procedura importante e un perno dell'attività legislativa e di controllo di questo Parlamento.
Non sto qui a ricordare il potere che questo Parlamento ha acquisito nel controllo degli anni grazie anche alla procedura di bilancio, grazie alla quale è riuscito ha rendere l'obbligo di rendiconto delle istituzioni europee una questione seria e importante. Inoltre, risulta fondamentale anche alla luce di quanto si aspettano i cittadini nei nostri confronti.
In un momento di crisi come quello attuale, in cui i cittadini europei sono chiamati a sacrifici straordinari, è necessario attuare una sorveglianza attenta e puntale sulle spese legate alla burocrazia o all'effettiva gestione. In ragione di quanto ciò espresso, faccio i complimenti al relatore ed esprimo il mio parere favorevole.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione perché condivido la proposta di deferire la decisione in merito al discarico del bilancio al prossimo ottobre.
Konrad Szymański (ECR), per iscritto. – (PL) Non ho voluto votare a favore del discarico del bilancio del Consiglio per il 2008 perché la documentazione finanziaria è giunta in Parlamento con eccessivo ritardo. La supervisione esercitata dal Parlamento europeo sulle finanze del Consiglio non riesce a essere affatto trasparente.
Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. – (RO) Negli ultimi anni abbiamo assistito a un rapido e costante aumento nella domanda di trapianti di organi all’interno dell’Unione europea. Sebbene la penuria di organi disponibili rimanga il punto più critico, esistono difficoltà ben maggiori causate dai diversi sistemi di trapianto in uso presso gli Stati membri.
Con una risoluzione approvata nell’aprile 2008, il Parlamento europeo aveva invitato la Commissione a redigere una direttiva per l’istituzione di un quadro legislativo capace di garantire la qualità e la sicurezza delle donazioni di organi nell’Unione europea. La Commissione ha presentato una proposta di direttiva, discussa in quest’Aula, che fa perno su tre obiettivi principali: garantire la qualità e la sicurezza per i pazienti in tutta l’UE, tutelare i donatori e agevolare la cooperazione tra gli Stati membri.
Abbiamo votato a favore del compromesso raggiunto da Parlamento, Consiglio e Commissione perché occorrono norme comuni di qualità e sicurezza a livello di UE in relazione al reperimento, al trasporto e all’utilizzo di organi umani. Questo dispositivo agevolerà gli scambi di organi a tutto beneficio delle migliaia di pazienti che ogni anno in Europa necessitano di questo tipo di terapia.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Voto a favore di questa relazione relativa alle norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti. Dinanzi a una richiesta di trapianti in crescita nell’Unione europea e alla sproporzione tra il numero di pazienti in attesa di un trapianto e il numero di organi donati, dobbiamo badare a evitare la commercializzazione delle donazioni e contrastare il traffico illegale degli organi. Occorre applicare una legislazione severa per i donatori viventi, garantire la trasparenza delle liste di attesa degli organi, definire norme sulla privacy atte a tutelare i dati personali dei donatori e dei pazienti in attesa di un trapianto, nonché precisare le responsabilità dei medici. Con la definizione di norme per la qualità e la sicurezza si creeranno nuove possibilità di scambio transfrontaliero degli organi e forse potrà aumentare il numero dei trapianti effettuati.
Regina Bastos (PPE), per iscritto. – (PT) Negli ultimi cinquant’anni il trapianto degli organi si è diffuso in tutto il mondo, contribuendo sia a migliorare la qualità della vita che a prolungare l’aspettativa di vita dei pazienti. Questa direttiva stabilisce alcune norme volte a garantire standard qualitativi e di sicurezza elevati per gli organi di origine umana che devono essere trapiantati nei pazienti al fine di salvaguardare al meglio la salute umana. La direttiva introduce il concetto di programmi nazionali di qualità entro cui devono essere definiti gli standard e le pratiche per il trapianto negli Stati membri. Il testo precisa inoltre la procedura di reperimento degli organi e le questioni relative al sistema informatico.
La tracciabilità e la tutela di donatori e riceventi sono altri aspetti importanti. Ho votato a favore della relazione perché ne condivido le finalità: garantire la qualità e la sicurezza per i pazienti in tutta l’UE, tutelare i donatori e agevolare la cooperazione tra gli Stati membri. Mi preme anche sottolineare che i programmi di trapianto degli organi devono fondarsi sul principio della donazione libera e volontaria già sancito in precedenti atti normativi sulle sostanze di origine umana che non possono essere in alcun caso vendute.
Gerard Batten, John Bufton, David Campbell Bannerman e Derek Roland Clark (EFD), per iscritto. – (EN) Il Partito per l’Indipendenza del Regno Unito ritiene che l’attuale rete di strutture e agenzie per lo scambio di organi continuerà a crescere e migliorare anche senza i tentativi d’interferenza e di regolamentazione dell’UE. Anzi, la donazione di organi nei pochi paesi dove esistono tanti donatori rischia di diminuire se viene imposto l’obbligo comunitario di trasferire gli organi ai paesi con pochi donatori. In tali paesi peraltro l’afflusso di organi dall’esterno potrebbe ulteriormente inibire la donazione di organi. Per questi motivi i deputati del nostro partito hanno votato contro la relazione.
Françoise Castex (S&D), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della proposta di direttiva sulle norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti. La direttiva disciplina tutte le fasi dalla donazione all’impianto e prevede una cooperazione tra gli Stati membri. Un sistema di trapianti efficaci non si fonda esclusivamente sulla solidarietà dei donatori ma trova forza in particolare nell’utilizzo corretto delle informazioni e nella qualità di una rete che consente di scambiare tali informazioni. Ho sostenuto pertanto l’idea di creare una banca dati europea in cui saranno archiviate le informazioni sugli organi disponibili e l’istituzione di un sistema di certificazione paneuropeo tramite il quale sarà possibile dimostrare l’origine legale degli organi e dei tessuti umani proposti per il trapianto. La donazione degli organi deve restare volontaria e non retribuita al fine di garantire la parità di accesso agli organi disponibili. Il principio della gratuità non pregiudicherà tuttavia la possibilità di un indennizzo per i donatori viventi, a condizione che questo si limiti a compensare le spese e la perdita di reddito conseguenti alla donazione. Un siffatto sistema di donazione trasparente, sicuro ed efficace è l’unico mezzo per contrastare il traffico di organi.
Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Ho votato a favore della proposta di direttiva per i seguenti motivi: 1. A fronte di un aumento nella domanda di organi per i trapianti e della scarsità nell’offerta che spinge spesso i pazienti a cercare una soluzione anche in altri paesi, l’adozione di un quadro legislativo comune a livello dell’UE sulle norme di qualità e sicurezza, nonché la creazione di una rete di cooperazione e di informazione reciproca sono elementi indispensabili per migliorare la tutela della salute pubblica e i servizi ai pazienti. 2. Le norme nazionali in materia di assenso alla donazione degli organi e la selezione dei medesimi rimangono di competenza degli Stati membri e non subiscono alcuna variazione. La proposta di direttiva integra vieppiù le normative in essere nei vari Stati membri con norme specifiche sulla qualità e la sicurezza relative all’intera procedura di trapianto, mettendo al riparo da qualsiasi forma di speculazione e garantendo l’anonimato e la sicurezza dei dati personali del donatore e del ricevente. 3. Il rischio di traffico degli organi viene minimizzato e si rafforza la fiducia dei potenziali donatori con l’auspicio che il loro numero possa aumentare. 4. Nel caso di infrazioni alla legislazione in materia di anonimato dei donatori o dei riceventi, gli Stati membri sono soggetti a sanzioni.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione sulle norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti perché contribuisce a ridurre i tempi di attesa per i pazienti europei che necessitano di un trapianto. E’ intollerabile che ogni giorno muoiano 12 pazienti in attesa di un trapianto. Questa direttiva agevolerà la donazione e il trapianto di organi, nonché gli scambi di organi tra gli Stati membri dell’UE a tutto vantaggio di migliaia di malati europei.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La penuria di organi disponibili per i trapianti ha alimentato un mercato orrendo che interessa soprattutto i paesi in via di sviluppo ma colpisce anche i poveri dell’Europa orientale. Mi rendo conto con apprensione di quanto sia difficile contrastare questo commercio brutale e le conseguenze terribili per chi, con la forza o meno, viene privato dei propri organi: drastico calo della qualità di vita, malattie croniche e, in molti casi, la morte. L’attuazione di norme comuni crea un quadro europeo armonico per quanto concerne i requisiti e le responsabilità che è diametralmente opposto alla situazione drammatica appena descritta.
Ai pazienti e ai donatori saranno garantite condizioni, tutela e assistenza medica di cui non dispongono certo le reti illegali e gli Stati membri potranno cominciare a collaborare con maggiore efficacia. Convengo con il relatore che la donazione debba essere altruistica, volontaria e non remunerata; il donatore può ricevere un compenso solo a copertura delle spese o del tempo perso per la donazione. A mio giudizio il collega Mikolášik ha proposto alcune modifiche valide che migliorano il testo di partenza e che scaturiscono probabilmente dalla sua formazione medica e dal fatto di avere seguito la questione sin dalla precedente sessione del Parlamento.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Condivido con entusiasmo questa proposta e i tre obiettivi principali che persegue: garantire la qualità e la sicurezza per i pazienti in tutta l’UE, tutelare i donatori e agevolare la cooperazione tra gli Stati membri. Nell’UE esiste un ampio consenso a favore della donazione di organi per il trapianto. Nondimeno esistono differenze culturali e di prassi, anche nell’organizzazione del sistema, che spiegano perché i diversi Stati membri affrontino la questione in modi diversi. Desidero sottolineare che in questo tentativo di conseguire un’armonizzazione tra le norme di qualità e sicurezza, la direttiva non dovrebbe accollare agli Stati membri un onere amministrativo supplementare. Piuttosto si dovrebbe garantire un margine di flessibilità sufficiente per non mettere a rischio le buone pratiche già in essere. La proposta di direttiva definisce norme comuni vincolanti di qualità e sicurezza per gli organi di origine umana destinati ai trapianti al fine di garantire un elevato grado di tutela della salute in tutta l’UE. Sottoscrivo il punto di vista della Commissione, secondo cui i programmi di trapianto di organi dovranno essere basati sulla donazione volontaria e non remunerata. La donazione di organi dovrà restare gratuita e lontana da qualsiasi tentativo di commercializzazione.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) I trapianti di organi sono uno strumento cruciale di riabilitazione per i pazienti affetti da svariate patologie che provocano disfunzioni fatali di alcuni organi. Nell’Unione europea i trapianti sono in aumento e contribuiscono a salvare o prolungare molte vite. Ciò non toglie che rimangono lunghi i tempi di attesa per ottenere un trapianto. Il voto favorevole sottolinea il nostro consenso alle migliorie che la relazione vuole apportare alla situazione attuale. Oltre ad affrontare la questione della qualità e della sicurezza o delle procedure per il reperimento e il trasporto degli organi, il testo migliora la tutela dei donatori e dei riceventi nel pieno rispetto dei valori etici e del principio di non remunerazione. La relazione affronta anche il tema allarmante del traffico di organi umani in maniera opportuna.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Lo scopo di questa direttiva è evidente: occorrono più organi per i pazienti e una maggiore cooperazione tra Stati membri in questo ambito e nella lotta al traffico di organi. Tra i pilastri essenziali di questa nuova normativa figura la designazione presso ciascuno Stato membro di una nuova autorità che dovrà garantire l’applicazione delle norme di qualità e sicurezza degli organi. Tali organismi dovranno garantire la qualità e la sicurezza degli organi “in tutto il processo che va dalla donazione al trapianto e durante l'intera convalescenza e il monitoraggio post-trapianto del paziente”. La nuova direttiva impone altresì che il personale sanitario coinvolto nell’intero processo, dalla donazione al trapianto o espianto dell’organo, sia adeguatamente formato e qualificato. Occorre creare percorsi formativi specifici per queste figure professionali. In ragione di ciò abbiamo votato a favore della proposta e questa è altresì la motivazione alla base del mio voto.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Il trapianto di organi può salvare vite umane, a condizione di trapiantare un organo sano di un donatore compatibile. Purtroppo in passato sono stati commessi alcuni errori ed è quanto mai importante stabilire norme di qualità e di sicurezza in questo ambito. Bisognerebbe anche fare presente che i mussulmani ricorrono volentieri a organi donati ma sono contrari a diventare donatori per motivi di ordine religioso. La relazione porterà auspicabilmente a standard di qualità e di sicurezza più elevati e per questo motivo ho espresso il mio voto favorevole.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo il mio voto favorevole alla relazione del collega Mikolasik. La crescente necessità di organi disponibili per i trapianti in un contesto di scambi transfrontalieri e di sensibili differenze tra i sistemi di trapianto adottati dai diversi Stati membri impone un rafforzamento della cooperazione e norme comuni in tema di qualità e sicurezza degli organi stessi.
La proposta di direttiva si propone di raggiungere tali obiettivi puntando ad accrescere il numero dei trapianti ed elevare gli standard qualitativi nei processi di donazione, approvvigionamento, controllo, conservazione, trasporto e trapianto. Inoltre, sottolineando il principio della donazione volontaria contro le pratiche di commercializzazione e traffico di organi, intende garantire i diritti dei donatori e dei pazienti. Pur riconoscendo la necessità di armonizzare le misure in materia di qualità e sicurezza, il relatore evidenzia che la direttiva non deve creare un ulteriore onere amministrativo per gli Stati membri e deve concedere un sufficiente margine di flessibilità senza compromettere le attuali buone prassi.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Il trapianto di organi è uno dei campi medici in cui negli ultimi decenni sono stati compiuti enormi progressi, con un aumento significativo della percentuale di successo che ha consentito di salvare molte vite umane. Paradossalmente proprio questo successo, insieme ad altri fattori, ha fatto lievitare il numero di pazienti che richiedono un trapianto con un conseguente allungamento dei tempi di attesa. Si vengono così a creare situazioni umanamente drammatiche, giacché ogni giorno nell’UE muoiono all’incirca 12 pazienti che non sono riusciti a ricevere l’organo da cui sarebbe dipesa la loro sopravvivenza. Un modo per ovviare in parte a questo problema è promuovere gli scambi di organi tra gli Stati membri al fine di garantire una maggiore compatibilità tra donatore e ricevente in tempi più brevi e con una minore incidenza dei casi di rigetto. Tali scambi presuppongono norme di qualità e sicurezza uniformi tra i paesi, come prospettato dalla presente direttiva del Parlamento e del Consiglio. La relazione Mikolášik sulle norme di qualità e sicurezza degli organi destinati ai trapianti fornisce un apporto prezioso nella direzione di una migliore gestione degli organi disponibili e una maggiore tutela della salute di riceventi e donatori viventi.. Abbiamo pertanto espresso il nostro assenso a questa relazione.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, il trapianto di organi rappresenta senza dubbio uno degli aspetti più positivi del progresso in ambito sanitario, ma al contempo apre tutta una serie di problemi rispetto ai diritti del donatore e del paziente, che devono essere fronteggiati sul piano etico, sociale, giuridico ed economico.
Si tratta di attivare un percorso virtuoso che affronti il grave squilibrio tra necessità e quantità di organi disponibili, senza però ledere il principio di donazione libera e volontaria, impedendo quindi ogni forma di commercializzazione e di traffico illegale, garantendo la qualità e la sicurezza degli organi destinati ai trapianti con misure che sappiano coniugare la riservatezza con la tracciabilità.
L'adozione di standard di qualità comuni è senz'altro un passo avanti che va registrato con favore in una prospettiva nella quale l'Organizzazione mondiale della sanità può dare un ulteriore contributo. Nell'istituire una banca dati europea occorre però stare attenti a non introdurre forme inutili di rigidità o creare ulteriori oneri burocratici che compromettano ciò che attualmente viene svolto in maniera corretta ed efficace.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Ho sostenuto con il mio voto la relazione del collega Mikolášik sulle norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti giacché essa propone un provvedimento urgente, volto a migliorare le aspettative di vita per gli oltre 60 000 pazienti europei in attesa di un trapianto. Spero che questa direttiva renderà più facile e sicuro il reperimento di organi.
Olga Sehnalová (S&D), per iscritto. – (CS) Ho votato a favore della relazione benché mi renda conto della necessità, insieme al comune auspicio di uniformare i criteri di sicurezza e qualità per gli organi umani destinati ai trapianti, di concentrarsi in particolare su come aumentare le donazioni nei diversi Stati membri, tenuto conto dei diversi sistemi sanitari e pratiche nazionali. E’ fondamentale esaminare questo argomento garantendo con rigore il principio della sussidiarietà.
Peter Skinner (S&D), per iscritto. – (EN) Ho sostenuto volentieri questa relazione in sede di votazione presso il Parlamento. Nell’Inghilterra Sud-orientale, molte famiglie devono confrontarsi con la dura realtà di una penuria di organi necessari ai trapianti. Questa relazione contribuisce a creare uno standard uniforme nell’UE capace di migliorare l’offerta all’interno dell’Unione per venire meglio incontro alle speranze delle famiglie di pazienti in attesa di un organo che allevi la loro condizione.
Konrad Szymański (ECR), per iscritto. – (PL) Ho votato a favore della relazione sulle norme di sicurezza per le donazioni di organi perché vi è sancito il principio della non-commercializzazione.
Calendario delle tornate del Parlamento europeo - 2011
Mário David (PPE), per iscritto. – (PT) Il Parlamento europeo ha approvato il calendario delle tornate per il 2011. Mi rammarico che ogni anno vengano spesi 200 milioni di euro dei contribuenti per tenere 12 plenarie a Strasburgo. L’ipocrisia è tale che non si rispettano neppure le disposizioni dei trattati, secondo cui bisognerebbe tenere una sessione al mese, dunque anche in agosto. Le aspirazioni legittime di Strasburgo potrebbero essere soddisfatte stabilendo qui una o due sedi permanenti di agenzie UE, mentre questo “circo” dovrebbe giungere a una fine. Inoltre non ha alcun senso che il Parlamento europeo si riunisca in plenaria per 48 giorni all’anno in una città che non dispone di alcun collegamento aereo diretto con la maggior parte delle capitali degli Stati membri.
Peraltro, i pochi collegamenti diretti che esistono seguono orari commerciali che sono assolutamente incompatibili con l’attività parlamentare. E’ evidente che i capi di Stato o di governo che prendono queste decisioni viaggiano con velivoli privati e non debbono sprecare centinaia di ore ogni anno per raggiungere Strasburgo.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Ho votato contro la proposta avanzata da alcuni colleghi di suddividere la sessione settimanale in due parti da tenersi comunque nell’arco di una settimana. A prescindere dall’assurdità della proposta, insorgerebbero inutili costi supplementari di viaggio e andrebbe perso ben più tempo prezioso di lavoro.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Sono un fervente sostenitore dell’emendamento che ha proposto di ridurre le due sessioni di settembre a una sola. Sono un sostenitore ancora più fervente della proposta di riunificare le due sedi del PE in un’unica sede a Bruxelles. In sostanza sono favorevole a qualsiasi iniziativa volta a liberarsi della sede di Strasburgo.
Risoluzione: Additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti (trombina di origine bovina e/o suina) (B7-0264/2010)
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Qualsiasi questione relativa all’alimentazione e alla salute dei cittadini è estremamente sensibile e dev’essere affrontata con la serietà e il distacco necessari. Ciò vale anche per la discussione sull’autorizzazione di additivi alimentari come la trombina. La trombina è un prodotto derivato dal plasma e dal sangue animale di bovini o suini, contraddistinto da una capacità di cicatrizzazione che viene sfruttata dall’industria agroalimentare per unire insieme pezzi di carne separati. Questo additivo soddisfa i 4 criteri per l’autorizzazione previsti dal regolamento 1333/2008, ovvero la sicurezza alimentare (confermata con parere dell’EFSA nel 2005); la risposta a una funzione tecnologica (evidente utilità come stabilizzante); il suo utilizzo non ingannevole per i consumatori (limitato ai prodotti preconfezionati e debitamente etichettati); l’apporto di un vantaggio per il consumatore (stabilizzazione del prodotto finale). Inoltre la stragrande maggioranza degli Stati membri è favorevole all’autorizzazione della trombina. Giacché non rappresenta alcun pericolo per la salute ed è essenziale nelle preparazioni alimentari, non sussistono motivi per opporsi all’autorizzazione di questo additivo.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore di questa risoluzione mirata a limitare l’utilizzo nei prodotti alimentari di additivi pericolosi al fine di proteggere la salute dei consumatori. La legislazione in vigore nell’Unione europea acconsente all’utilizzo di additivi alimentari a condizione che siano vantaggiosi per il consumatore. Considerato che l’utilità della trombina, un “collante per carne”, non è stata comprovata e che il processo di combinazione di più pezzi di carne in un unico prodotto aumenta significativamente il rischio di infezioni batteriche, non ho sostenuto la proposta volta ad autorizzarne l’uso nei prodotti di carne bovina e suina. Inoltre dovremmo impedire che simili prodotti contenenti questo “collante per carne” siano utilizzati nei pubblici esercizi che servono alimenti.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR) Ho votato una risoluzione in cui si richiede che la trombina non sia utilizzata nella carne. Questo additivo serve come legante per la carne ricostituita e presenta un rischio sanitario, poiché il processo di combinazione di vari tagli di carne incrementa in maniera significativa la superfice dell’alimento esposta al rischio di infezione batterica. Inoltre la carne ricostituita in un solo taglio può indurre in errore i consumatori all’atto dell’acquisto.
Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Ho votato a favore della risoluzione del Parlamento che non consente l’utilizzo di additivi ed enzimi come la trombina negli alimenti in quanto dannosi e pregiudizievoli per la qualità degli alimenti e la sicurezza dei consumatori. Le garanzie avanzate dalla Commissione sono poco convincenti, inadeguate e alimentano vieppiù i miei timori. Inoltre la Commissione e segnatamente il signor Commissario non sono sufficientemente sensibili a questo aspetto, come dimostrato dalla recente decisione sull’autorizzazione per la coltivazione di patate modificate.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La proposta di risoluzione formula alcune riserve, a nostro giudizio pertinenti, in merito all’utilizzo di un composto enzimatico a base di trobina con fibrogenina quale additivo per la ricostituzione degli alimenti. La proposta della Commissione non tiene debito conto di queste riserve. Persistono perplessità in merito alla possibilità d’uso di prodotti ricostituiti non confezionati che non fornirebbero adeguate informazioni ai consumatori, o all’efficacia del divieto all’utilizzo di questi prodotti nei ristoranti e in esercizi pubblici che servono alimenti.
La Commissione stessa ammette che l’utilizzo di questo additivo potrebbe indurre in errore il consumatore riguardo allo stato del prodotto alimentare finale. La proposta di etichettatura avanzata per ovviare al problema potrebbe rivelarsi insufficiente, da sola, a risolverlo. Rimangono altresì i dubbi in merito alla validità del processo di ricostituzione degli alimenti – per esempio con l’unione a freddo senza l’aggiunta di sale o una successiva cottura – e la sicurezza dei prodotti alimentari finali. Riteniamo pertanto che questa risoluzione meriti il nostro sostegno.
Françoise Grossetête (PPE), per iscritto. – (FR) Con forte rammarico prendo atto dell’approvazione di questa risoluzione che vieta l’uso della trombina di origine bovina o suina. Il testo non si basa su alcun fondamento scientifico valido. Questo additivo alimentare derivato dal plasma del sangue animale viene utilizzato nei prodotti preconfezionati per ottenere un prodotto unico da pezzi di carne separati e soddisfa tutti i criteri igienici e sanitari previsti dall’EFSA. Il suo uso è lecito in Francia e tale additivo viene utilizzato per esempio nel sanguinaccio. E’ importante che le nostre decisioni si basino su dati scientifici e non sull’influenza dei media. Non permettiamo alla discussione di scivolare sul piano emotivo. Gli obblighi di etichettatura sarebbero resi peraltro più severi per i prodotti contenenti questo additivo; le diciture “trombina” e “tagli di carne combinati” sarebbero state ben visibili. Non si è mai voluto trarre in inganno il consumatore, che sarebbe anzi adeguatamente informato.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) La salute e la sicurezza alimentare dei cittadini sono in pericolo. La questione è stata affrontata dal Parlamento europeo in relazione alla trombina, un additivo alimentare che serve a “combinare” i pezzi di carne in un prodotto finale che potrebbe facilmente indurre in errore i consumatori. L’industria agroalimentare si stava già fregando le mani in vista della liberalizzazione d’uso di questo additivo e a ragion veduta, poiché potrebbe disfarsi degli scarti di carne e vendere pezzi di scarso valore a prezzo contenuto. Sebbene l’autorità alimentare per la sicurezza alimentare abbia decretato l’innocuità della trombina, I miei dubbi su questo additivo non sono stati fugati. E’ ora di dimostrare alla Commissione che la sicurezza e la salute alimentari sono temi fondamentali per il Parlamento europeo. Mi compiaccio che con questo voto abbiamo respinto l’impiego di questo enzima.
Christa Klaß (PPE), per iscritto. – (DE) L’additivo alimentare trombina non deve trarre in inganno i consumatori. Con il regolamento n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 è stato diciplinato a livello europeo l’utilizzo degli additivi alimentari. Nuovi additivi possono essere autorizzati solo a condizione che sia dimostrata la loro innocuità. Per venire incontro alla richiesta di prodotti di bell’aspetto da parte dei consumatori, l’industria alimentare ha inventato additivi che vengono aggiunti esclusivamente per motivi estetici. Tra tali prodotti figura la trombina che viene derivata da parti animali commestibili e non arreca danni alla salute ma che ha come unico scopo quello di unire pezzi di carne diversi in un unico prodotto di carne.
Anche se non sussiste un rischio per la salute, presentare questi pezzi di carne incollati come se si trattasse di un unico pezzo di prosciutto rappresenta effettivamente una froda a danno dei consumatori. Simili prodotti non possono essere vietati per motivi di salute ma devono recare diciture perfettamente chiare e puntuali che oltre al nome dell’additivo precisino i suoi effetti e descrivino chiaramente il prodotto addittivato. Un pezzo di carne tenuto insieme con la trombina non dovrà mai essere messo in commercio come prosciutto, bensì dovrà recare chiaramente la dicitura “Tagli di carne combinati, trattati con trombina”. Posso accettare che questa sostanza sia autorizzata solo a condizione che sia previsto un obbligo chiaro di indicazione dell’additivo.
Mairead McGuinness (PPE), per iscritto. – (EN) Il Parlamento ha votato oggi contro l’autorizzazione all’uso della trombina come additivo alimentare. Non conosciamo ancora le implicazioni di questa decisione dettata da una reazione emotiva alla carne ricostituita anziché da una valutazione scientifica dell’enzima in discussione. La Commissione ha precisato che l’EFSA, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, ha dichiarato tale sostanza priva di rischi per la salute.
La proposta della Commissione avrebbe autorizzato l’uso della trombina solo nei prodotti di carne preconfezionati che avrebbero indicato questo enzima derivato dal sangue nell’elenco degli ingredienti. La trombina è attualmente in uso e dopo la decisione odierna sarà invece bandita. E’ opportuno che il Parlamento decida cosa devono mangiare i cittadini o sarebbe forse meglio che fornisse loro informazioni su ciò che mangiano? Occorre fare i distinguo del caso.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) La proposta di includere la trombina derivata da bovini e/o suini nell’elenco degli additivi alimentari autorizzati nell’UE non ci garantisce in alcun modo che tale sostanza offra un vantaggio ai consumatori mentre potrebbe trarli in inganno. Inoltre la procedura di combinazione di diversi pezzi di carne aumenta sostanzialmente la superfice esposta alle infezioni di batteri patogeni. Ciò ha determinato la mia scelta di voto.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) In considerazione dell’aumento delle allergie e delle intolleranze alimentari, nonché delle nuove conoscenze che vengono acquisite mano a mano in questo campo è fondamentale che gli additivi siano regolamentati. Proprio alla luce degli scandali pregressi è fondamentale impedire che i consumatori siano tratti in errore. Sarebbe auspicabile approfondire la ricerca sull’innocuità e sulla tollerabilità di alcuni additivi come per esempio l’aspartame, ma ciò esula dal tema della presente relazione, per la quale ho comunque espresso un voto favorevole.
Rareş-Lucian Niculescu (PPE), per iscritto. – (RO) Ho votato contro la risoluzione perché la trombina è un additivo considerato innocuo in termini di sicurezza alimentare. La carne trattata con la trombina potrebbe essere venduta con un’etichetta recante la dicitura “tagli di carne combinati” e un elenco dettagliato degli ingredienti, come previsto dalla legge. Ciò consentirebbe ai cittadini di compiere scelte informate e nessuno sarebbe indotto in errore. L’impiego della trombina consentirebbe a molti cittadini di acquistare prodotti alimentari a prezzi ben più abbordabili.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. – (DE) Mi oppongo all’aggiunta della trombina e alla combinazione di diversi tagli di carne, in genere poco pregiati. Il consumatore spesso non è informato e cade facilmente in errore, per di più questo processo alimentare non comporta alcun vantaggio accertato per i consumatori. Ho pertanto votato a favore di questa relazione volta a limitare simili pratiche.
Justas Vincas Paleckis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della risoluzione perché condivido l’idea che gli additivi dovrebbero essere utilizzati con moderazione negli alimenti e solo nei casi in cui offrono un valore aggiunto ai consumatori. Non credo che il “collante per carne” trombina risponda a questo requisito. Se il suo utilizzo si diffondesse, diventerebbe difficile per i consumatori riuscire a distinguere tra i tagli di carne unici e i prodotti composti da più pezzi combinati. Come indicato nella relazione, tali prodotti di carne sono più esposti ai rischi d’infezione. La trombina aiuterebbe solo i produttori a immettere nel mercato pezzi di carne che sarebbero altrimenti inutilizzabili. In tutti gli altri comparti industriali, l’Unione europea lotta contro le sofisticazioni e le contraffazioni. Non credo che l’industria alimentare dovrebbe costituire un’eccezione.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, la protezione dei consumatori è una delle esigenze primarie del Parlamento europeo, spesso il consumatore europeo è ignaro dei prodotti e degli additivi contenuti nei prodotti che si appresta ad acquistare.
Chiaramente, l'importanza di un'etichettatura chiara e precisa è evidente, tuttavia è necessario che noi, in qualità di legislatori, mettiamo al bando alcuni prodotti nocivi. Sebbene il progetto di direttiva della Commissione non consenta l'utilizzo di trombina come additivo alimentare nelle pietanze a base di carne servite nei ristoranti o in altri pubblici esercizi che servono alimenti, ciononostante esiste il rischio evidente che in tali pietanze finisca della carne contenente trombina, dati i prezzi più elevati che si possono applicare a pezzi di carne serviti come un unico taglio di carne.
Le condizioni di etichettatura, contenute nel progetto di direttiva della Commissione, non riuscirebbero a impedire che i consumatori ricevano un'impressione falsa e fuorviante riguardo all'esistenza di un prodotto costituito da un unico taglio di carne, e che pertanto esiste il rischio che i consumatori siano tratti in errore e messi nell'impossibilità di compiere una scelta consapevole riguardo al consumo di prodotti a base di carne contenente trombina. In ragione di ciò sono d'accordo con quanto espresso dalla risoluzione.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (FR) Sono oltremodo soddisfatto del voto odierno che vieta l’uso della trombina. Questa è una vittoria per i consumatori. Il problema della trombina non riguarda tanto la sua pericolosità, seppure sussistano alcune incertezze anche su questo aspetto, quanto il suo aspetto ingannevole. Senza un’adeguata informazione non è possibile distinguere a occhio nudo tra un pezzo unico di carne e un prodotto tenuto insieme dalla trombina.
E’ estremamente ingannevole. Usare la trombina significa mettere in vendita una sorta di carne prefabbricata e artificiale. Non vedo in questo alcun vantaggio per il consumatore. Eppure in alcuni Stati membri la trombina viene utilizzata all’insaputa dei consumatori. E’ ora di dire basta agli inganni o ai tentativi di mascheramento. Non è così facendo che gli industriali si riconquisteranno la fiducia dei consumatori.
Daciana Octavia Sârbu (S&D), per iscritto. – (EN) Appoggio con convinzione questa risoluzione e gli sforzi per impedire l’approvazione della trombina o “collante per carne”. I consumatori sarebbero tratti in inganno perché penserebbero di stare comprando un taglio unico di carne mentre in realtà acquistano diversi pezzi di carne combinati insieme in modo artificiale. L’industria ha argomentato che simili sostanze consentono di produrre carne a basso costo per chi non può permettersi prodotti superiori, ma la realtà è che l’industria può così vendere pezzi di carne più piccoli a più soldi anziché a meno.
E permane anche la questione sanitaria: tanti piccoli pezzi di carne incollati tra loro hanno una superficie molto più ampia di un taglio di carne unico e ciò aumenta in maniera significativa la superficie a disposizione dei batteri patogeni.
Trarre in inganno il consumatore è contrario al diritto comunitario e inoltre questo utilizzo della trombina ha implicazioni potenzialmente gravi per la salute. Il mio voto è stato dunque favorevole.
Marc Tarabella (S&D), per iscritto. – (FR) Mi compiaccio per l’approvazione “risicata” (370 voti dinanzi a un quorum minimo di 369) di questa risoluzione che tutela i consumatori dall’impiego della trombina come “collante per carne”, ovvero come additivo alimentare in grado di unire insieme pezzi di carne separati in modo da ottenere un unico prodotto a base di carne. E’ palese che il suo utilizzo potrebbe indurre in errore il consumatore in merito alla qualità del prodotto che sta acquistando. Insieme ai miei colleghi europei mi sono sentito in dovere di reagire con fermezza contro la volontà della Commissione di autorizzare l’utilizzo da parte dell’industria agroalimentare di un nuovo additivo che si pone come unico scopo quello di ingrassare gli utili delle aziende nel disprezzo dei diritti dei consumatori, compreso quello di ricevere informazioni certe sugli alimenti che decidono di consumare.
Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. – (RO) Nel 2008 la Commissione ha presentato un Piano di azione per la donazione e il trapianto di organi (2009-2015) al fine di rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri nell’ambito della donazione di organi mediante lo scambio di buone pratiche. Le iniziative proposte in tale piano integrano il quadro normativo europeo contenuto nella proposta di direttiva della Commissione sulla donazione e sul trapianto di organi. Nonostante le differenze anche marcate tra gli Stati membri a livello di pratiche e risultati, lo scambio di informazioni e buone prassi contribuirà a migliorare la disponibilità di organi in quei paesi dove essa è alquanto esigua.
Le altre misure previste nel piano sono volte a migliorare la qualità e la sicurezza dei trapianti di organi, a creare un registro per la valutazione dei risultati post-trapianto e a istituire un sistema per lo scambio di organi destinati a pazienti particolari quali i bambini o gli adulti con bisogni speciali. Insieme ai deputati del mio gruppo ho votato a favore di questo piano che agevolerà la cooperazione tra Stati membri e contrasterà il traffico illecito di organi.
Regina Bastos (PPE), per iscritto. – (PT) Il trapianto di organi si rivela indispensabile nella cura di alcune malattie, offre la possibilità di salvare vite umane e di migliorare la qualità di vita dei pazienti, oltre a garantire il miglior rapporto costo/benefici rispetto ad altre terapie sostitutive. Permangono diverse criticità in relazione a questa terapia, per esempio il rischio di trasmissione di malattie, la disponibilità limitata di organi e il traffico illegale degli organi.
Attualmente non esiste una banca dati europea contenente le informazioni sugli organi destinati alla donazione o al trapianto, oppure sui donatori viventi o deceduti. Non esiste neppure un sistema di certificazione paneuropeo che attesti l’origine legale di organi e tessuti umani. Ho votato a favore della relazione perché condivido i contenuti del Piano di azione per la donazione e il trapianto di organi (2009-2015) varato dalla Commissione nel dicembre 2008 che definisce un approccio cooperativo fra gli Stati membri sotto forma di una serie di azioni prioritarie, basate sull'individuazione e lo sviluppo di obiettivi comuni e la valutazione della donazione e delle attività di trapianto mediante indicatori concordati che potrebbero contribuire a individuare i parametri di riferimento e le pratiche migliori.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR) Ogni giorno in Europa muoiono 12 persone per mancanza di un trapianto d’organo e altre 60 000 restano in attesa di un trapianto. Ciononostante non esiste ancora una rete per lo scambio di organi tra i 27 Stati membri. In attesa di una direttiva che sarà presto varata, ho votato con gli altri deputati una risoluzione che illustra gli orientamenti del Parlamento su questo tema. Tre in particolare sono i punti sensibili: lo scambio trasfrontaliero degli organi disponibili, l’informazione dei cittadini e l’identificazione dei donatori potenziali. La risoluzione suggerisce per esempio che i cittadini dovrebbero avere la facoltà di iscriversi in rete come “donatori volontari”.
Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. – (RO) Un trapianto d’organo è l’ultima speranza di vita per migliaia di persone ogni giorno. In Romania ogni giorno muoiono 13 pazienti in attesa di un trapianto a causa della mancanza di donatori.
La Romania versa in una condizione drammatica con un solo donatore per ogni milione di abitanti. Ogni volta che il parlamento rumeno ha tentato di introdurre il concetto del consenso presunto, l’opinione pubblica lo ha respinto. I provvedimenti proposti dalla Commissione e dal Parlamento europeo possono solo portare un poco d’ordine e formulare raccomandazioni in un sistema cruciale per salvare il maggior numero di vite umane. L’apparato sanitario è tutt’altro che economico da mantenere. L’espianto degli organi e le operazioni di trapianto, con il conseguente trattamento post-trapianto, sono procedure costose ma ogni Stato membro deve compiere sforzi per incoraggiare queste pratiche mediche.
Per esempio, la Spagna offre un buon modello perché è riuscita a ottenere il più alto numero di donatori all’interno dell’Unione europea. Non occorre reinventare la ruota quando abbiamo un modello di successo già disponibile. In questa situazione la presente direttiva, la cooperazione tra gli Stati membri e lo scambio di organi adeguatamente regolamentato da norme di qualità e di sicurezza sono per noi fonte di incoraggiamento.
Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Le cifre parlano da sole. All’incirca 60 000 pazienti sono in attesa di un trapianto in uno degli Stati membri dell’UE. Di questi, ogni giorno 12 perdono la vita. Nell’UE la disponibilità di organi varia sostanzialmente da da paese a paese: da 33,8 donatori deceduti in Spagna a 1 donatore deceduto in Romania per ogni milione di persone. Lo scarto tra la domanda e l’offerta di organi è sfruttato dalle organizzazioni criminali per fare quattrini. Il Piano di azione per la donazione e il trapianto degli organi presentato dalla Commissione è uno strumento valido che si propone di rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri al fine di aumentare la disponibilità di organi, migliorare l’efficacia e l’accessibilità dei sistemi di trapianto, migliorare la qualità e la sicurezza degli organi e promuovere lo scambio delle pratiche migliori.
Ho votato a favore della relazione Perello perché propone una serie di azioni prioritarie che massimizzano la percentuale di donazioni da parte dei donatori, introducono la figura del coordinatore dei trapianti in tutti gli ospedali in cui la donazione è contemplata, sensibilizzano il pubblico, migliorano le conoscenze e le competenze dei professionisti sanitari e dei gruppi di sostegno per i pazienti, propongono la creazione di registri per agevolare la valutazione dei risultati post-trapianto.
Marielle De Sarnez (ALDE), per iscritto. – (FR) Le donazioni e i trapianti di organi aumentano di anno in anno in Europa e consentono di salvare migliaia di vite. Rimangono purtroppo molteplici ostacoli, giacché la loro quantità resta inferiore al fabbisogno. Ogni giorno nell’Unione europea una dozzina di pazienti muore per mancanza di donatori compatibili. La donazione di organi varia sensibilente da uno Stato membro all’altro, oscillando tra le 34,6 donazioni per milione di abitanti in Spagna e lo 0,5 in Romania. Inoltre lo scambio di organi è poco praticato tra gli Stati membri. Il voto del Parlamento europeo pone la prima pietra di una rete europea in grado di rispondere ai requisiti di rapidità, flessibilità e sicurezza dei trapianti, sul modello d’Eurotransplant (Austria, Benelux, Croazia, Germania, Paesi Bassi e Slovenia) e di Scandiatransplant (Svezia, Danimarca, Finlandia, Norvegia e Islanda). Di pari passo, l’Unione europea promuoverà l’utilizzo della carta del donatore che è teoricamente approvata dall’81 per cento dei cittadini europei ma detenuta da appena il 12 per cento di essi. Gli Stati membri devono farsi garanti della gratuità, tracciabilità e riservatezza delle donazioni al fine di contrastare il traffico internazionale di organi.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La discordanza nella percentuale dei donatori di organi nei vari paesi europei sembra suggerire che il sistema è più efficente presso alcuni Stati membri rispetto ad altri. I sistemi più efficaci andrebbero studiati e possibilmente replicati dai paesi più carenti. In questo ambito strettamente connesso alla salute e alla vita delle persone, oltre all’adozione delle pratiche migliori è ovviamente necessario ottimizzare le risorse e utilizzare su scala europea la disponibilità di organi.
E’ assurdo che un paziente muoia in un paese per la mancanza di un organo che potrebbe essere disponibile altrove. Sono d’accordo che chiunque incoraggi e promuova il cosiddetto “turismo dei trapianti” debba essere punito, come deve essere sanzionato il ricorso alle reti illecite di traffico degli organi. Le pene devono essere particolarmente severe nei confronti del personale medico o delle compagnie di assicurazione. Sottolineo la necessità di un monitoraggio efficace sia sui riceventi che sui donatori altruisti e volontari, nei confronti dei quali abbiamo tutti un debito di gratitudine.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Attualmente nell'UE sono 56 000 i pazienti in attesa di un donatore compatibile di organi e ogni giorno 12 persone muoiono in attesa di un trapianto d'organo solido. I trapianti d’organo rappresentano l’unica possibilità terapeutica per pazienti con insufficienze epatiche, cardiache e polmonari in fase terminale. Tuttavia esiste una discrepanza considerevole tra il numero di pazienti in attesa di un trapianto e il numero dei trapianti effettuati. Questo divario è il risultato di una carenza di organi disponibili per il trapianto rispetto al fabbisogno. L’inclusione di un numero maggiore di pazienti nelle liste d’attesa e contestualmente l’aumento solo minimo nel numero di coloro che ricevono un trapianto si traduce in tempi di attesa sempre più lunghi. Ma il tempo è tiranno e può incidere negativamente sia sul tasso di sopravvivenza dei pazienti che sul tasso di riuscita degli impianti. La Commissione ha proposto un Piano di azione europeo per la donazione e il trapianto di organi nel periodo 2009-2015 che definisce un approccio cooperativo fra gli Stati membri sotto forma di una serie di azioni prioritarie, basate sull'individuazione e lo sviluppo di obiettivi comuni e la definizione di indicatori e parametri di riferimento consensuali, quantitativi e indicativi, su una rendicontazione periodica e sulla diffusione delle pratiche migliori.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il trapianto di organi può assicurare ancora diversi anni di vita piena e sana a chi avrebbe altrimenti necessitato di cure intensive o sarebbe deceduto. Nell’Unione europea i trapianti sono in aumento e contribuiscono a salvare o prolungare molte vite.
Ciò non toglie che rimangono lunghi i tempi di attesa per ottenere un trapianto. Attualmente nell'Unione europea sono 56 000 i pazienti in attesa di un donatore compatibile di organi e ogni giorno 12 persone muoiono in attesa di un trapianto d'organo solido. Il numero di donatori di organi deceduti non è sufficiente e il numero di donatori viventi è pure inferiore al fabbisogno.
Esistono peraltro differenze sostanziali nel tasso di organi provenienti da donatori deceduti dei singoli Stati membri e attualmente non vi è né una banca dati comune che copra l'intera Unione europea, contenente informazioni sugli organi destinati alla donazione e al trapianto o sui donatori viventi o deceduti, né un sistema di certificazione che fornisca la prova che organi e tessuti umani sono stati ottenuti legalmente. In questo contesto, la relazione in discussione suggerisce alcuni passi che consideriamo importanti per rafforzare la cooperazione tra gli Stati europei in questo ambito a vantaggio di tutti.
Nick Griffin (NI), per iscritto. – (EN) La perenne scarsità di organi per i trapianti interferisce con gli eccezionali sforzi compiuti dal personale medico per aiutare i pazienti. E’ demoralizzante che i donatori siano così pochi e che ciò alimenti vili attività criminali. Tentare di risolvere questi problemi con la creazione di una banca dati europea è però sbagliato. E’ ingenuo riporre le nostre speranze in una banca dati di scala comunitaria, con le inevitabili differenze linguistiche e nei sistemi informatici, quando nel Regno Unito il tentativo di creare una simile banca dati per il servizio sanitario nazionale è fallito nonostante l’investimento di diversi miliardi di sterline.
I servizi sanitari europei non hanno denaro neppure per le necessità primarie e sono vittime di tagli selvaggi mentre i normali cittadini pagano per il crollo dell’economia globale. Alla luce della situazione attuale si può fare molto di più per incoraggiare le donazioni tramite investimenti in programmi educativi su scala nazionale, piuttosto che stornare fondi per finanziare interferenze burocratiche ben intenzionate. Inoltre la disponibilità di un organo ha tempi limitatissimi. Una rete su scala europea tornerebbe utile solo a pochi pazienti. Una simile proposta è l’ennesima operazione cosmetica a giustificazione di un programma che non ha nulla a che fare con il benessere dei pazienti e molto a che fare con il dogma federalista.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) Ogni anno in Europa muoiono diverse migliaia di persone che non hanno potuto sottoporsi a un trapianto in tempo utile. Urge mettere in atto dei dispositivi europei che facilitino gli scambi intracomunitari di organi umani destinati al trapianto grazie al rafforzamento delle norme di qualità e sicurezza in questo ambito. In ragione di quanto sopra ho votato a favore di questa direttiva che mira a proteggere i donatori viventi e i riceventi garantendo principi etici fondamentali quali l’anonimato, il volontariato e la natura inalienabile del corpo umano che non deve diventare merce di scambio. L’idea di istituire una rete tra le autorità competenti degli Stati membri mi pare altrettanto positiva, come pure quella dell’iscrizione on-line nei registri nazionali o europei. Certo, occorrerà prendere tutte le precauzioni del caso per vigilare sul buon funzionamento di queste iniziative.
Véronique Mathieu (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione relativa al Piano d’azione 2009-2015 per la donazione e il trapianto di organi. I progressi tecnici compiuti nel trapianto di organi è una fonte di speranza incommensurabile per chi ha nel trapianto l’unica terapia possibile. La criticità principale rimane oggi la penuria di donatori d’organi, comprovata dale lunghe liste di pazienti in attesa di un trapianto. La soluzione va ricercata anche nelle misure di individuazione dei donatori potenziali ed è senz’altro possibile migliorare significativamente la percentuale di donazioni di organi in Europa. Come ha sottolineato il relatore, la presenza di un responsabile delle donazioni negli ospedali rappresenta probabilmente un elemento chiave per un’organizzazione ottimale in questo ambito.
Il rafforzamento della cooperazione tra gli Stati membri renderà possibile un migliore scambio d’informazioni e di buone pratiche al fine d’incrementare il tasso di donazione. Per esempio, dare la possibilità ai cittadini di iscriversi a un registro dei donatori all’atto della richiesta del passaporto o della patente è un’iniziativa che merita di essere presa in considerazione dagli Stati membri e che personalmente giudico positiva, come la maggioranza dei mei colleghi.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Abbiamo approvato questa nuova direttiva per diversi motivi, ma in particolare perché crediamo che sarà fondamentale per salvare molte vite nell’UE. Nell’UE muoiono ogni giorno dodici pazienti e 60 000 sono in attesa di un donatore compatibile per un trapianto d’organo. I trapianti sono in costante aumento da un paio di decenni e rimangono l’unica terapia possibile per i casi di insufficienze in fase terminale di organi quali il fegato, i polmoni e il cuore. Il tasso di mortalità per i pazienti in attesa di un trapianto di cuore, fegato o polmoni si aggira tra il 15 e il 30 per cento, ma questa nuova direttiva consentirà di ridurre i tempi di attesa per chi necessita di un trapianto d’organo. Ciò ha motivato la mia scelta di voto.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, garantire la qualità e la sicurezza per i pazienti a livello UE, garantire la protezione dei donatori e facilitare la cooperazione tra Stati membri, sono questi i tre obiettivi fondamentali quando si parla di donazione e trapianto di organi.
Un approccio europeo alla questione è importante, data anche la mobilità dei nostri pazienti all'interno dell'Unione europea. In generale, nell'Unione europea esiste un ampio consenso sociale sulla donazione di organi a scopo di trapianto, tuttavia, a causa del diverso bagaglio culturale, delle diverse tradizioni e dei diversi sistemi organizzativi, tra gli Stati membri esistono differenze nell'approccio a tale questione.
Abbiamo, infatti, paesi con un elevato tasso di donazioni, mentre altri in cui la cultura della donazione deve ancora svilupparsi. La condivisione delle migliori prassi, dei modelli e delle esperienze all'interno dell'Unione europea potrebbe risultare molto utile ai fini dell'aumento del tasso di donatori di organi.
Occorre incoraggiare la cooperazione al fine di identificare gli elementi di successo dei diversi sistemi di trapianto e di promuoverli a livello europeo, nell'ottica di migliorare le garanzie di elevata qualità e sicurezza nell'ambito della donazione e del trapianto di organi. Per questi motivi esprimo il mio voto favorevole.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) La presente relazione propone una serie di azioni volte a rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri in materia di trapianti per contribuire all’aumento del numero di trapianti, alla riduzione dei tempi di attesa e dunque anche del numero di pazienti che muoiono in attesa di un organo. Il piano d’azione prevede inoltre alcune norme di qualità e sicurezza per gli Stati membri che oltre a facilitare la cooperazione tra paesi rafforzano anche la tutela dei pazienti. La creazione di registri nazionali e comunitari per tenere traccia di diversi aspetti attinenti ai trapianti (evitare le discriminazioni, monitorare i risultati, ecc.) è pure un’iniziativa lodevole. Si avrà un quadro più chiaro della situazione odierna in Europa e si ridurranno i traffici illeciti di organi. La relazione sostiene il piano d’azione e ribadisce la necessità e l’urgenza di queste iniziative, prende fermamente posizione contro qualsiasi forma di commercio degli organi praticata in varie parti del mondo. Credo che la relazione contribuisca con alcune integrazioni importanti alla proposta della Commissione su una causa umana importante nell’ambito dell’assistenza sanitaria garantita ai cittadini europei.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (ES) Desidero complimentarmi con l’onorevole Perello Rodriguez del gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici al Parlamento europeo per questa relazione. Il piano di azione farà si che le 60 000 persone attualmente in attesa di un organo vedranno allungarsi notevolmente le loro aspettative di vita. E’ importante sottolineare la posizione di punta assunta dal sistema sanitario spagnolo in questo ambito e riconosciuta sia dai relatori che dai diversi gruppi.
Olga Sehnalová (S&D), per iscritto. – (CS) Ho votato a favore della relazione sebbene ritengo sia fondamentale concentrarsi innanzi tutto sulle iniziative volte a incrementare il numero di donatori negli Stati membri, tenuto conto delle diverse pratiche dei sistemi sanitari nazionali. Occorre valutare questo tema con rigore dal punto di vista del principio di sussidiarietà.
Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto. – (LT) Onorevoli deputati, le statistiche parlano da sole. Secondo la relazione vi sono attualmente 56 000 pazienti nell’Unione europea in attesa di un donatore d’organi compatibile. Ogni giorno dodici persone muoiono in attesa di un trapianto d’organo. Putroppo queste morti sono dovute alla grave penuria di donatori d’organi e a un coordinamento transfrontaliero inadeguato. Questo tema sensibile ha diversi risvolti giuridici e culturali. La situazione risulta ulteriormente complicata dalle diverse politiche nazionali degli Stati membri e da un significativo divario nelle percentuali di donatori. Sarebbe possibile ovviare in parte a questa penuria tramite una banca dati UE e un sistema di certificazione che fornirebbero informazioni sulla disponibilità di organi legalmente ottenuti e di qualità controllata.
E’ importante anche mobilitare e informare la società. Molti cittadini UE non sono contro la donazione per principio ma hanno paura di iscriversi nel registro. La donazione dovrebbe essere facilmente accessibile e la promozione molte volte si rivela efficace. Sarei favorevole per esempio a formulari che consentono ai cittadini di iscriversi direttamente nel registro dei donatori d’organi nel momento in cui fanno domanda per la patente di guida. La penuria di organi per i trapianti è un forte incentivo al traffico di organi e di esseri umani. L’UE dovrebbe migliorare il coordinamento per la donazione e i trapianti perché, come possiamo vedere, le regioni europee più povere stanno diventando un terreno fertile per il commercio illegale di organi.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Accolgo con favore il fatto che il trattato di Lisbona preveda l’adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Tale adesione diventerà effettiva soltanto se si raggiungerà l’unanimità tra i membri del Consiglio e si otterrà l’approvazione del Parlamento europeo. Dal canto mio, desidero esprimere il più totale sostegno all’adesione, che andrà a integrare il sistema europeo di tutela dei diritti fondamentali.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR) Il trattato di Lisbona prevede l’adesione obbligatoria dell’Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Non si tratta di un’adesione puramente simbolica: permetterà, infatti, di migliorare la tutela dei diritti fondamentali dei cittadini europei e, inoltre, farà sì che le decisioni prese e le azioni attuate nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune siano subordinate alla Convenzione europea, anche se esulano dalla competenza giurisdizionale della Corte di giustizia europea.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Il trattato di Lisbona crea la base giuridica per l’adesione dell’Unione europea alla CEDU, lo strumento più importante per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali in Europa, vale a dire il cuore dell’Unione stessa. L’adesione dell’UE alla Convenzione permetterà di consolidare ulteriormente il sistema per la tutela dei diritti fondamentali all’interno dell’Unione. Desidero esprimere il mio sostegno a questa proposta, che rappresenta un’opportunità storica e consente di tutelare sulla stessa base i diritti umani e le libertà fondamentali per i cittadini europei e gli Stati membri. La Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo riceverà la competenza giurisdizionale di verificare che le leggi delle istituzioni, degli organismi e delle agenzie comunitari, comprese le sentenze della Corte di giustizia europea, ottemperino alle disposizioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo E’ di fondamentale importanza che i cittadini dispongano di un nuovo strumento per difendere i propri diritti: una volta esauriti tutti i mezzi giuridici nazionali, potranno adire la Corte europea dei diritti dell’uomo in merito a presunte violazioni dei diritti umani fondamentali da parte dell’Unione, incoraggiando in questo modo l’armonizzazione del sistema giuridico in materia di diritti umani. L’applicazione uniforme e completa della Carta dei diritti fondamentali a livello comunitario è ugualmente essenziale per garantire la credibilità dell’Unione. Poiché l’adesione alla Convenzione avrà notevoli ripercussioni giuridiche sulla creazione di un sistema per la tutela dei diritti umani armonioso, invito la Commissione e gli Stati membri a considerare la possibilità di elaborare orientamenti che espongano chiaramente le conseguenze dell’adesione, gli effetti per i diritti umani e la procedura prevista per la presentazione di un esposto.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) I diritti umani e le libertà fondamentali rappresentano l’insieme di valori e principi che ci contraddistinguono in quanto esseri umani e sono alla base della nostra coesistenza: sono universali, indivisibili e interdipendenti. L’entrata in vigore del trattato di Lisbona costituisce una svolta importante in materia di diritti umani, non solo perché rende vincolante la Carta dei diritti fondamentali, ma anche perché, conferendo all’Unione europea personalità giuridica, le permette di aderire alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU). Tale adesione assume la massima importanza, sia politica sia giuridica, per la creazione di un vero e proprio ambito dei diritti umani. Per quanto riguarda le azioni compiute dall’Unione, cui gli Stati membri hanno trasferito importanti poteri, l’adesione permetterà di garantire ai cittadini un livello di tutela pari a quello di cui attualmente godono nei confronti degli Stati membri.
Le istituzioni europee sono obbligate a ottemperare alla Convenzione, non da ultimo nell’iter di elaborazione e di approvazione dei progetti di legge. D’altro canto, l’armonizzazione legislativa e giurisprudenziale tra l’UE e la CEDU in materia di diritti dell’uomo deve contribuire alla creazione di un sistema integrato, in cui le Corti europee competenti per i diritti umani (vale a dire la Corte di giustizia europea e la Corte europea dei diritti dell’uomo) funzioneranno in sincronia, in un rapporto che non si fonda sulle gerarchie, ma sulla specializzazione.
Proinsias De Rossa (S&D), per iscritto. – (EN) Desidero esprimere il mio sostegno a questa relazione sull’adesione dell’Unione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), prevista dal trattato di Lisbona. Le istituzioni comunitarie rientreranno ora nel sistema di tutela dei diritti fondamentali. L’adesione comunitaria alla CEDU darà maggior vigore agli appelli dell’Unione nei confronti dei paesi terzi affinché rispettino i suoi standard in materia di diritti umani, e tutelerà i cittadini europei dagli interventi comunitari come dalle azioni degli Stati membri. Nonostante l’Unione non entri a far parte del Consiglio d’Europa (CdE), l’adesione alla Convenzione dovrebbe conferirle il diritto di presentare candidati per l’incarico di giudice e dovrebbe garantire che il Parlamento europeo sia rappresentato in seno all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa in occasione dell’elezione dei giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo. Inoltre, per continuare lungo il cammino intrapreso, alla Commissione dovrebbe essere affidato il mandato di negoziare l’adesione ai protocolli integrativi della CEDU che riguardano i diritti sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali. Il prossimo passo da compiere, a rigor di logica e anche in accordo con la suddetta Carta, è l’adesione delle istituzioni comunitarie alla Carta sociale europea.
Philippe de Villiers (EFD), per iscritto. – (FR) La salvaguardia dei diritti umani fondamentali deve rimanere di competenza nazionale perché le interpretazioni variano da un paese all’altro e da una cultura all’altra, con particolare riguardo ai concetti di discriminazione, laicismo e alla definizione stessa della vita umana (dal concepimento alla sua fine naturale).
La Corte di giustizia europea, le cui sentenze stanno assumendo sempre più una connotazione politica, cercherà di indebolire un po’ di più i sistemi costituzionali nazionali e le fondamenta della civiltà europea. L’adesione dell’Unione europea alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali, oltre a rappresentare un inutile spreco di risorse, genererà confusione e produrrà conflitti giuridici irrisolvibili con la Corte di Strasburgo.
Per una questione di razionalità, mi oppongo dunque a questo nuovo effetto della personalità giuridica dell’UE, sancita dal trattato di Lisbona.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Mi sono espressa a favore di questa relazione perché ritengo che l’adesione dell’Unione europea alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali (CEDU) rappresenti un messaggio di notevole impatto: questa adesione rafforzerà altresì la credibilità dell'Unione presso i paesi terzi a cui essa chiede regolarmente il rispetto della CEDU.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) L’adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali è il risultato di un processo iniziato a Maastricht, quando fu conferita personalità giuridica alla Comunità europea, e che vede il proprio culmine nel trattato di Lisbona. L’adozione della Carta dei diritti fondamentali, inizialmente con un ambito limitato e successivamente estesa attraverso l’integrazione nel trattato, ha rappresentato una tappa fondamentale di questo processo.
Adesso l’Unione europea è molto più partecipe di un settore dei diritti umani che abbraccia tutto il continente, e desidero esprimere il mio apprezzamento per questo progresso. Mi auguro che si possa trovare una soluzione alle diverse questioni giuridiche, tecniche e istituzionali che attualmente si pongono, e che queste possano essere basate sul principio di sussidiarietà, sulla cooperazione volontaria tra gli Stati membri, sul rispetto delle sovranità nazionali e dei sistemi giuridici di ciascuno, nonché sullo stato di diritto.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Accolgo con favore l’adozione di questa relazione, che rafforza l’impegno dell’UE a favore della Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali (CEDU): si tratta di un passo avanti tanto nel processo di integrazione europea quanto verso l’unità politica. Inoltre, poiché l’integrazione della Carta dei diritti fondamentali nel diritto primario consolida e rafforza il sistema comunitario per la tutela dei diritti umani fondamentali, l’adesione dell’UE alla CEDU invierà un chiaro segnale di coerenza tra l’Unione, i paesi membri del Consiglio d’Europa e il regime paneuropeo in materia di diritti umani. Questa adesione rafforzerà altresì la credibilità dell'Unione presso i paesi terzi a cui, nel quadro dei suoi rapporti bilaterali, essa chiede regolarmente il rispetto della CEDU. Inoltre, per quanto riguarda le attività dell’Unione, l’adesione assicurerà ai cittadini una protezione simile a quella di cui già godono nelle proprie relazioni con tutti gli Stati membri.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) Mi sono espressa a favore di questa relazione per dare il via libera ai negoziati per l’adesione dell’UE, in quanto persona giuridica a tutti gli effetti, alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. L’adesione fornirà ai cittadini un nuovo strumento di ricorso, consentendo loro di deferire le cause alla Corte europea dei diritti dell’uomo qualora la violazione dei diritti fondamentali avvenga ad opera di un’istituzione comunitaria o di uno Stato membro a seguito di una loro azione o mancata azione. E’ necessario continuare a insistere sull’adesione dell’UE ai protocolli aggiuntivi della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e alla Carta sociale europea riveduta, affinché l’Unione compia passi in avanti anche su questi fronti.
Petru Constantin Luhan (PPE), per iscritto. – (RO) A seguito dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea impone all’UE di aderire alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Desidero esprimere il mio sostegno a questa misura, che permetterà di accrescere la credibilità dell’Unione agli occhi dei cittadini, assicurando il rispetto dei diritti. L’adesione alla Convenzione tutelerà i cittadini da azioni dell’Unione e delle sue istituzioni, garantendo lo stesso livello di tutela di cui essi godono attualmente per le azioni degli Stati membri. Al contempo sarà possibile rafforzare la cooperazione tra la Corte di giustizia europea, la Corte europea dei diritti dell’uomo e i tribunali nazionali.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Le sentenze della Corte dei diritti umani riguardanti la separazione tra Stato e Chiesa sono in linea con la tradizione laica della Repubblica francese, come dimostrano le sentenze che vietano a un’insegnante di indossare il velo in classe nonché di esporre il crocifisso nelle scuole. Tuttavia, la Corte di giustizia prevede la limitazione delle libertà civili soltanto se i valori sanciti dai testi fondanti dell’Unione lo richiedono. Purtroppo tali testi non citano in nessun punto l’obbligo di separare Stato e Chiesa né tanto meno la laicità delle istituzioni. L’Unione non è dunque in grado di garantire la libertà di coscienza dei propri cittadini.
Wojciech Michał Olejniczak (S&D), per iscritto. – (PL) Il rispetto dei diritti umani è stato sin dall’inizio uno dei pilastri dell’Unione europea: è un valore che continua a rivestire un ruolo fondamentale negli interessi dell’Unione e la giurisprudenza europea ne fornisce prova, insieme alle disposizioni costituzionali di ogni Stato membro. L’adesione dell’Unione europea alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali (CEDU) rappresenta un passo notevole verso il rafforzamento della tutela dei diritti fondamentali. Questa decisione integra l’Unione europea all’interno del sistema internazionale per la tutela dei diritti, accrescendone così la credibilità agli occhi dei paesi terzi e dei cittadini. Pur non alterando l’assetto istituzionale dell’Unione, la Convenzione aggiunge però una nuova corte, la Corte europea dei diritti dell’uomo, che monitorerà il rispetto, da parte dell’Unione, degli obblighi derivanti dalle disposizioni della CEDU. Poiché la relazione sugli aspetti istituzionali dell’adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali contiene disposizioni che sono coerenti con le precedenti considerazioni, ho deciso di esprimermi a favore della sua adozione.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'importanza dell'adesione dell'Unione europea alla CEDU è legata sia alla sua valenza simbolica e politica, sia al fatto che si renderà più stringente per l'UE, e per le sue istituzioni, l’obbligo di garantire i diritti fondamentali degli individui. L'entrata in vigore del trattato di Lisbona fornisce la base giuridica per avviare i negoziati relativi all'adesione dell'UE alla CEDU.
Sostengo l’adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Questione preliminare indispensabile, però, è il rispetto di alcune garanzie che l’accordo relativo all’adesione dell’Unione alla CEDU deve contenere. In particolare, preservare le caratteristiche specifiche dell’Unione e del diritto dell’Unione, l’adesione non deve incidere sulle competenze dell’Unione né sull’obbligo degli SM a non sottoporre le controversie che ricadono nella sfera di applicazione del diritto UE a sistemi esterni di soluzione delle controversie. Occorre, poi, in ultima analisi, salvaguardare le prerogative della Corte di giustizia qualora la Corte di Strasburgo sia chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità di un atto UE con i diritti fondamentali prima che la Corte di giustizia abbia avuto modo di farlo.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio il relatore per l'ottimo lavoro svolto sull'adesione dell'Unione europea alla Convenzione per i diritti dell'uomo, che rappresenta un beneficio per i cittadini europei perché grazie ad essa ci sarà un nuovo tribunale, esterno all'Unione europea, per assicurare che i diritti dei cittadini europei siano sempre rispettati dall'Unione europea e dagli Stati membri.
In virtù del principio di democrazia, l'Unione europea e gli Stati membri devono avere sempre il diritto di potersi difendere, per questo credo sia fondamentale che ogni nazione che aderisce alla convenzione debba avere un giudice che spieghi il contesto di ogni ricorso, così come ritengo importante che il Parlamento europeo abbia un organo informale con lo scopo di coordinare lo scambio di informazioni fra il Parlamento e l'assemblea parlamentare del Consiglio, ed importante che il Parlamento sia inoltre consultato e coinvolto nel processo di negoziazione.
Evelyn Regner (S&D), per iscritto. – (DE) Ho votato a favore della risoluzione perché ritengo che l’adesione dell’Unione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) rappresenti un passo cruciale al fine di garantire certezza del diritto e coerenza. Negli ultimi decenni, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha emesso numerose sentenze che danno corpo alla difesa dei diritti fondamentali dei cittadini europei. L’adesione alla Convenzione dell’Unione europea potrà contribuire ad accrescerne la credibilità agli occhi dei paesi terzi.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (ES) Desidero esprimere il mio compiacimento per l’adozione della relazione presentata dall’onorevole collega Jáuregui concernente l’adesione dell’UE alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Temo che alcuni onorevoli colleghi eurofobici si ostineranno a negare la necessità di tale misura, che, a mio parere, comporti invece una maggiore tutela dei diritti umani all’interno dell’Unione.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) L’adesione dell’UE alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali era già propugnata nel trattato sull’Unione europea e l’entrata in vigore del trattato di Lisbona ha reso tale misura obbligatoria. L’adesione consoliderà la salvaguardia dei diritti umani in Europa e sottoporrà il sistema giuridico comunitario a un controllo giuridico esterno, assicurando l’armonizzazione della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e della Corte europea dei diritti dell’uomo e tutelando i cittadini dalle azioni delle istituzioni europee a condizioni simili a quelle vigenti per gli Stati membri.
E’ opportuno sottolineare che l’adesione non comporta l’entrata dell’UE nel Consiglio d’Europa né tanto meno mette in discussione l’autonomia del diritto comunitario, poiché la Corte di giustizia dell’Unione europea rimane l’unica autorità con facoltà di esprimersi su questioni relative alla validità e all’interpretazione delle leggi comunitarie. Vorrei inoltre porre l’accento sulla possibilità di proporre candidature comunitarie e nominare un giudice che rappresenti l’Unione, nonché sulla necessità, cui si fa riferimento, di tenere debitamente informato il Parlamento sui negoziati di adesione e di creare un meccanismo per lo scambio di informazioni tra le assemblee parlamentari di entrambe le istituzioni.
Rafał Trzaskowski (PPE), per iscritto. – (PL) Vorrei esprimere il mio sostegno a favore della relazione, in particolar modo perché amplia il sistema per la tutela dei diritti umani all’interno dell’Unione europea e le conferisce maggiore credibilità agli occhi dei cittadini. Il valore aggiunto apportato dall’adesione alla Convenzione sarà tangibile nei casi in cui non è possibile fare ricorso a livello nazionale o europeo, in quelli in cui al firmatario di una petizione viene negato il permesso di agire in giudizio o ancora nelle situazioni in cui non è possibile convenire in giudizio un’istituzione europea. Esorto quindi a continuare in questa lotta per rafforzare il sistema per la tutela dei diritti umani all’interno nell’Unione europea.
Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto. – (LT) Onorevoli colleghi, come ben noto a tutti, il rispetto dei diritti umani è un valore fondamentale dell’Unione ed è sancito dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea. E’ indubbio che, se si adotteranno le giuste misure, l’adesione dell’UE alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle liberta fondamentali (CEDU) possa rappresentare un’opportunità storica per migliorare la situazione dei diritti umani nell’Unione e in tutta Europa. Questa potrebbe essere la nostra chance per garantire il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali dei cittadini europei. L’adesione dell’UE alla CEDU rappresenta infatti un’eccellente opportunità affinché l’Europa si ponga come alfiere della moralità e funga da modello esemplare. L’adesione non solo accrescerebbe la credibilità dell’Unione nelle relazioni con paesi non membri, ma migliorerebbe l’opinione dei cittadini in merito alle strutture comunitarie. Tuttavia, sarà possibile raggiungere questi obiettivi solo se concentreremo tutti i nostri sforzi sull’eliminazione di ogni incongruità dai programmi politici e dai sistemi giuridici.
Come hanno purtroppo dimostrato gli eventi degli ultimi anni, le accuse presentano spesso sfumature meramente politiche. I tribunali sia nel mio paese che nel resto d’Europa sono ancora molto spesso esposti alle manipolazioni politiche. A meno che questa situazione non cambi, eventi fondamentali quali l’adesione dell’Unione alla CEDU risulteranno soltanto uno spreco di tempo. Desidero quindi esprimere il mio più totale sostegno all’adesione alla CEDU, soprattutto perché comporterà un’effettiva tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali all’interno dell’UE stessa.
Geoffrey Van Orden (ECR), per iscritto. – (EN) Mi esprimo a favore della CEDU pur riconoscendo che l’interpretazione giuridica di alcune disposizioni della Convenzione ha ostacolato l’estradizione di alcuni sospettati di terrorismo: la situazione deve essere modificata.
A prescindere da qualunque manifestazione di rispetto per la posizione degli Stati membri in merito alla CEDU, l’adesione dell’Unione europea alla Convenzione complicherà e probabilmente annullerà la libertà degli Stati membri di interpretare individualmente o derogare a taluni aspetti della CEDU.
Da un punto di vista strettamente politico, mi oppongo fermamente alla diffusa tendenza a considerare l’adesione dell’UE alla CEDU “un progresso nel processo di integrazione europea e un passo avanti verso l’Unione politica”. Questa aspirazione perversa trova riscontro anche nell’affermazione secondo cui l’adesione dell’UE rappresenta “l’adesione di una parte ‘non Stato’ a uno strumento giuridico creato per gli Stati”. Ho votato quindi a sfavore della risoluzione per le motivazioni fin qui esposte.
Risoluzione: Conferenza di revisione sullo Statuto di Roma della Corte penale internazionale a Kampala, Uganda (B7-0265/2010)
Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. – (RO) L’organizzazione della conferenza della Corte penale internazionale in Uganda lancia un segnale importante: l’accettazione di questa istituzione internazionale in tutto il continente africano, in particolare perché le prime inchieste della Corte, dopo la sua istituzione nel 2002, sono state avviate proprio qui. L’importanza di una Corte internazionale che si occupa di casi gravi, concernenti la violazione dei diritti umani, genocidi, crimini contro l’umanità e crimini di guerra, è sicuramente innegabile. E’ dunque di cruciale importanza che sempre più Stati riconoscano l’autorità della Corte penale internazionale e che i firmatari dello Statuto di Roma ratifichino l’accordo nel più breve tempo possibile. L’idea di istituire una Corte internazionale per esaminare i casi di crimini contro l’umanità emerse già nel 1919, nel corso della Conferenza di pace di Parigi. Sono stati necessari 83 anni per raggiungere un accordo internazionale e istituire la Corte penale internazionale e, allo stadio attuale, gli Stati che hanno ratificato lo Statuto di Roma della Corte sono tenuti anche a disciplinare la sua facoltà di condurre indagini su crimini di aggressione. Gli Stati firmatari devono inoltre armonizzare la legislazione nazionale con le disposizioni previste dallo Statuto di Roma, conformemente agli impegni presi.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) L’Unione europea ha sempre sostenuto fermamente la Corte penale internazionale e tutti gli Stati membri partecipano alla sua adesione a questo importante tribunale. Auspico che gli Stati parte possano essere all’altezza delle loro responsabilità e che la conferenza di Kampala rafforzi la capacità della Corte penale internazionale di affrontare le sfide del nostro tempo, le garantisca l’adeguata cooperazione dei sistemi giuridici nazionali e le offra mezzi sufficienti a esercitare efficacemente la propria autorità: lo richiede proprio l’enorme gravità dei crimini su cui la corte più si concentra.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) L’Unione europea è una ferma sostenitrice della Corte penale internazionale, che promuove l’universalità e vigila sull’integrità dello Statuto di Roma al fine di salvaguardare e consolidare l’indipendenza, la legittimità e l’efficacia della giustizia internazionale. L’Unione, infatti, promuove sistematicamente l’inclusione di una clausola relativa alla Corte penale internazionale nei negoziati su mandati e accordi con paesi terzi e, inoltre, ha già stanziato più di 40 milioni di euro in dieci anni nell’ambito dello strumento europeo per la democrazia e i diritti umani, con l’obiettivo di sostenere la Corte penale internazionale e la giustizia penale internazionale. La Conferenza di revisione sullo Statuto di Roma della Corte penale internazionale a Kampala, Uganda, rappresenta un’opportunità unica affinché gli Stati firmatari, le parti non governative, la società civile e gli altri attori interessati ribadiscano in maniera decisa il proprio impegno a favore della giustizia e della responsabilità. Gli Stati che hanno aderito alla Corte penale internazionale sono 111 e vi sono delle regioni, quali il Medio oriente, l’Africa settentrionale e l’Asia, che non sono rappresentate a dovere. Auspico vi possa essere un’adeguata partecipazione degli Stati membri a questa conferenza, con una rappresentanza ad alto livello e la conferma pubblica degli impegni assunti nei confronti della Corte penale internazionale.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Noto con soddisfazione che la risoluzione proposta dal Parlamento sulla revisione dello Statuto di Roma prevede che il crimine di aggressione sia ufficialmente incluso tra i crimini di guerra e che non sia necessario alcun filtro giurisdizionale per determinare se tale crimine sia stato commesso o meno. Com’è possibile, tuttavia, attuare queste nuove norme se proprio i principali Stati che hanno commesso crimini di aggressione sin dall’entrata in vigore dello Statuto di Roma (vale a dire gli Stati Uniti e Israele) non sono tenuti a ratificarle?
Com’è possibile assicurarne l’efficacia se non si esortano questi Stati a porre fine alle pressioni esercitate sugli altri membri della Corte penale internazionale per garantire l’immunità dei propri cittadini? Sono spiacente che un Parlamento che si professa all’avanguardia nella lotta ai cambiamenti climatici non abbia proposto di inserire i crimini ambientali tra i crimini contro l’umanità, come è stato proposto in occasione del vertice di Cochabamba. I più gravi crimini contro l’umanità devono essere puniti e la Corte penale internazionale rappresenta uno strumento utile: è sufficiente fornirle le risorse adeguate. Poiché tutto ciò non si sta verificando, mi astengo dalla votazione.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, non posso che esprimere il mio accordo rispetto alla proposta di risoluzione sulla Conferenza di revisione sullo Statuto di Roma della Corte penale internazionale a Kampala, Uganda.
L'Europa stessa nasce dalla necessità di porre un termine alle espressioni di odio razziale che hanno raggiunto il culmine nelle atrocità della seconda guerra mondiale. L'Unione europea è stata sempre coerente nel voler rafforzare la cooperazione tra gli Stati al fine di accertare e perseguire i crimini contro l'umanità.
È giusto che a distanza di 8 anni dall'entrata in vigore dello Statuto di Roma gli Stati riaffermino con enfasi il loro impegno a favore del consolidamento della pace, della stabilità e dello Stato di diritto. Gli Stati dovrebbero in particolare impegnarsi in politiche volte alla collaborazione con la Corte penale internazionale e alla tutela delle vittime delle violenze. Risulta infatti che in molti casi le vittime abbiano grosse difficoltà ad accedere alle informazioni sulla corte e non riescano a veder tutelati i propri diritti.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della risoluzione con grande entusiasmo e sono particolarmente lieto che l’emendamento orale presentato dal mio onorevole collega sia stato accolto, vale a dire l’inclusione della “popolazione autoctona” nella lista dei gruppi che richiedono particolare attenzione.
Sabine Wils (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Accolgo favorevolmente la proposta di risoluzione sulla Conferenza di revisione sullo Statuto di Roma della Corte penale internazionale a Kampala, Uganda, perché contiene alcuni punti cruciali e richieste molto importanti riguardanti la ratifica e l’attuazione della Corte penale internazionale, ed è per questo che ho espresso il mio voto a favore.
Desidero, tuttavia, esprimere le mie preoccupazioni in merito a talune espressioni contenute nella risoluzione, che parlano in termini positivi del “programma di Stoccolma”, dell’ “EIDHR” e del ruolo dell’Unione europea in quanto “attore globale”: in questo ambito, infatti, il programma di Stoccolma e l’EIDHR hanno forse prodotto effetti positivi, ma in molti altri ambiti non sono usati in maniera trasparente e democratica. L’Unione europea ha effettivamente da sempre rivestito un ruolo di “attore globale”, ma ritengo che non abbia fatto dato un contributo positivo alla promozione di un ordine mondiale più solidale ed equo.