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Procedura : 2009/2235(INI)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo dei documenti :

Testi presentati :

A7-0129/2010

Discussioni :

PV 19/05/2010 - 10
CRE 19/05/2010 - 10

Votazioni :

PV 20/05/2010 - 7.6
CRE 20/05/2010 - 7.6
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P7_TA(2010)0191

Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 19 maggio 2010 - Strasburgo Edizione GU

10. Attuazione delle sinergie dei fondi destinati alla ricerca e all'innovazione nell’ambito del regolamento (CE) n. 1080/2006 relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e del Settimo programma quadro di ricerca e sviluppo - Realizzare un mercato unico per i consumatori e i cittadini - Sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche per un’economia in ripresa - Contributo della politica di coesione alla realizzazione degli obiettivi di Lisbona e di Europa 2020 (discussione)
Video degli interventi
Processo verbale
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta:

– la relazione, presentata dall’onorevole van Nistelrooij, a nome della commissione per lo sviluppo regionale, sull'attuazione delle sinergie dei fondi destinati alla ricerca e all'innovazione nell'ambito del regolamento (CE) n. 1080/2006 relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e del Settimo programma quadro di attività comunitarie di ricerca e sviluppo nelle città, nelle regioni, negli Stati membri e nell'Unione [2009/2243(INI)] (A7-0138/2010),

– la relazione, presentata dall’onorevole Grech, a nome della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, sulla creazione di un mercato unico per i consumatori e i cittadini [2010/2011(INI)] (A7-0132/2010),

– la relazione, presentata dall’onorevole Hoang Ngoc, a nome della commissione per i problemi economici e monetari, sulla sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche nel contesto del rilancio economico [COM(2009/0545 - 2010/2038 (INI))] (A7-0147/2010), e

– la relazione presentata dall’onorevole Cortés Lastra, a nome della commissione per lo sviluppo regionale, sul contributo della politica di coesione al raggiungimento degli obiettivi di Lisbona e di Europa 2020 [2009/2235(INI)] (A7-0129/2010).

 
  
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  Lambert van Nistelrooij, relatore.(NL) Si tratta, effettivamente, di un pacchetto assai coerente. Facendo seguito alla discussione di questa mattina sul pacchetto di sostegno e su una governance finanziaria ed economica più rigorosa ed efficace, ci troviamo ora a discutere di alcuni fascicoli fondamentali, molto importanti in vista dell’impegno richiesto dalla strategia Europa 2020.

Il Parlamento desidera orientare in modo chiaro le proposte della Commissione e, soprattutto, del Consiglio; è inammissibile che, a giugno, il Consiglio adotti decisioni senza prima aver raggiunto un accordo chiaro con noi su una serie di questioni fondamentali. Ci riferiamo all’orientamento e all’attuazione nel prossimo futuro. Prendiamo, ad esempio, i progetti faro che, a breve, richiederanno anche il nostro sostegno congiunto: per questo è fondamentale dedicarvi il giusto tempo fin da ora.

Ebbene, sia la relazione Cortés Lastra sia la mia – entrambe a nome della commissione per lo sviluppo regionale – affrontano il tema della sinergia in ambito politico con l’obiettivo di migliorare l’efficacia, o meglio, i risultati a livello europeo. Il nostro punto di forza è che possiamo migliorare; anzi, in realtà dobbiamo migliorare. Le nostre attività risultano piuttosto frammentarie in svariati ambiti, ad esempio gli sviluppi a livello globale, la concorrenza e il genere di questioni che intendiamo affrontare. Per riassumere: dobbiamo puntare a interventi più intelligenti, più verdi, più sostenibili e più inclusivi.

Le relazioni presentate dalla commissione per i problemi economici e monetari affrontano anche la questione della governance le possibili strategie per garantire risorse finanziarie sufficienti, da destinare, fra le altre cose, anche all’istruzione. In breve, auspico che oggi pomeriggio si gettino delle basi chiare per questa risoluzione. Non so se le votazioni si terranno già domani, né se si raggiungerà un consenso sulla governance. In ogni caso, prevedo che il Parlamento sarà in grado di pronunciarsi definitivamente sulla strategia Europa 2020 nel mese di giugno.

Tornando alla mia relazione, preciso che si tratta di una relazione sull’attuazione. Abbiamo analizzato accuratamente la situazione dei settori della ricerca e dello sviluppo, delle politiche regionali e delle piccole e medie imprese. A questo proposito, desidero ringraziare i miei colleghi, ivi compresi i membri della commissione per l'industria, la ricerca e l'energia – con cui condividiamo la competenza per quest’ambito, in ottemperanza all’articolo 50 – per aver contribuito al raggiungimento di questo buon risultato.

Che conclusioni abbiamo tratto?

1. L’Europa vanta una ricerca di eccellenza. L’aspetto carente, tuttavia, è rappresentato dalla sua applicazione. La conoscenza è libera: si sposta da un angolo all’altro del pianeta e va condivisa. Se da un lato sappiamo investire molto bene nella ricerca, dall’altro non siamo ancora in grado di impiegarla al meglio, di introdurre l’innovazione nel mercato né, di conseguenza, di mantenere una produzione di elevata qualità in questa parte del mondo.

2. Dalla mia relazione si evince che, attualmente, un quarto dei Fondi regionali è destinato alle infrastrutture di ricerca e all’innovazione. Si tratta di un cambiamento radicale, di una ridefinizione delle priorità che ha funzionato in questo periodo grazie alle iniziative della Commissione. La destinazione degli stanziamenti rientra fra gli strumenti che si sono dimostrati efficaci e che hanno indubbiamente influenzato la strategia delle regioni, delle città e delle cittadine, e determina altresì una migliore struttura dell’economia basata sulla conoscenza, verso la quale ci stiamo dirigendo, e una maggiore specializzazione.

3. Nella relazione, di concerto con i miei colleghi, ho avanzato una serie di proposte di miglioramento che investono l’intera catena ricerca-innovazione-produzione con l’obiettivo migliorarne l’efficienza. Occorre altresì riconoscere l’importanza della dimensione territoriale sancita dal trattato di Lisbona. Dobbiamo concentrarci su vari settori per raggiungere un effetto di vasta portata, e dobbiamo avere il coraggio di specializzare la produzione in determinate regioni – per inciso, la specializzazione è un concetto acquisito da tempo all’interno dell’Unione – purché sussistano canali efficaci per la trasmissione della conoscenza (la banda larga o le infrastrutture tradizionali). Se l’Unione decide di investire risorse, dovrebbe esserci anche una cooperazione fra...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Liem Hoang Ngoc, relatore.(FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione d’iniziativa che voteremo questa settimana riveste una notevole importanza simbolica, in un momento in cui i mercati non sono in grado di valutare i rischi connessi alla situazione economica dell’aera dell’euro.

Dopo aver preteso rigide politiche di adeguamento del bilancio, ora si mette in dubbio la capacità degli Stati membri di dare un nuovo impulso alla crescita e, di conseguenza, di ottenere il gettito fiscale necessario per pagare gli interessi sul debito. Sfortunatamente, non è possibile effettuare una valutazione del rischio nella situazione di profonda incertezza in cui attualmente versa l’economia globale. Una valutazione di questo tipo è ancora più importante all’interno dell’Unione europea, dove il tasso di utilizzo della capacità di produzione è ai minimi storici.

Invece di investire, le società stanno spegnendo i macchinari perché, nonostante i primi segnali di ripresa registrati alla fine del 2009, la domanda è debole. La tendenza di crescita potrebbe addirittura invertirsi se la ripresa venisse bloccata da misure restrittive. L’obiettivo principe della nostra relazione è stato proprio quello di individuare il momento migliore per lanciare nuove politiche per uscire dalla crisi. Abbiamo proposto di mantenere le misure di sostegno fintantoché il tasso di utilizzo della capacità di produzione non si sarà attestato nuovamente su valori normali. Abbiamo suggerito, di conseguenza, di consacrare il principio delle politiche di bilancio anticicliche, adottate con successo durante la prima fase della crisi nel 2008 e nel 2009 e che condividono lo spirito di riforma del Patto di stabilità e crescita del 2005.

Queste politiche prevedono l’impiego di stabilizzatori automatici, ovvero l'allocazione delle eccedenze del bilancio primario al disindebitamento, all’inizio del ciclo, e la possibilità per gli Stati membri di prendere in prestito le risorse necessarie per la definizione di pacchetti di stimolo, alla fine del ciclo. Attualmente siamo alla fine del ciclo. I tassi di interesse sono decisamente sotto pressione e minacciano la sostenibilità del debito. Stando così le cose, risulta ragionevole la decisione della Banca centrale europea di comprare parte del debito degli Stati membri per consentire loro di diversificare le proprie fonti di finanziamento.

Ciononostante – oltre al fatto che manca una definizione del concetto di sostenibilità nella letteratura economica – mi chiedo: i premi di rischio pretesi dai mercati sono legittimi? No, non lo sono, poiché nel mercato dei derivati sui mutui, così come nel mercato del debito pubblico, il rischio è impossibile da calcolare. Proprio per questo, nella nostra relazione abbiamo suggerito di prestare particolare attenzione all’indicatore di deficit strutturale piuttosto che…

(Il Presidente interrompe l’oratore)

Proprio per questo, nella nostra relazione abbiamo suggerito di prestare particolare attenzione all’indicatore di deficit strutturale piuttosto che al disavanzo delle partite correnti, le cui proporzioni sono imputabili al deterioramento del disavanzo effettivo di bilancio. Si tratta di una conseguenza diretta della crisi che ha indebolito la crescita e ridotto il gettito fiscale. Su quest’ultimo è gravata, altresì, la riduzione delle imposte, manovra che non ha prodotto gli effetti sperati sull'offerta.

La nostra relazione intende proporre tre raccomandazioni in combinazione con alcuni indicatori operativi. La prima è di mantenere le misure di sostegno fintantoché la ripresa non si sarà consolidata. La seconda è di monitorare i deficit strutturali – ancora vicini all’equilibrio nonostante il deterioramento dei disavanzi effettivi di bilancio – con l’obiettivo di dare ai mercati un segnale rassicurante circo lo stato delle finanze pubbliche. La terza raccomandazione consiste nel valutare l’efficienza della spesa fiscale e, in particolare, di determinate riduzioni delle imposte legate alla diminuzione del gettito fiscale.

Purtroppo, per i membri liberalconservatori della commissione per i problemi economici e monetari il buon senso conta poco e gli effetti della crisi contano poco; conta poco anche il fatto che le enormi proporzioni del debito siano imputabili ai piani di salvataggio adottati degli istituti di credito. Per loro conta soltanto la fiducia cieca nell’efficienza dei mercati finanziari; conta soltanto la conformità dogmatica a un Patto di stabilità ormai palesemente obsoleto. Non vedono alcuna necessità di creare gli strumenti necessari alla governance economica, aspetto invece fondamentale ai fini del rafforzamento dell’Unione. Si tratta, piuttosto, di far fare all’Europa una dieta da fame e di tentare caparbiamente di soddisfare i criteri sanciti dal Patto, senza alcuna garanzia di successo, rischiando di tarpare la ripresa e senza considerare le ripercussioni sulla coesione sociale. Questa è la posizione che hanno difeso in seno alla commissione per i problemi economici e monetari. Da quella votazione, la situazione economica dell’Europa è peggiorata ulteriormente. La Banca centrale europea e la Commissione hanno infine messo a punto strumenti monetari e di bilancio che dovrebbero consentirci di migliorare la governance economica all’interno dell’area dell’euro. I mercati, tuttavia, sono crollati nuovamente, scombussolati come sono dai piani di austerità.

Il Consiglio Ecofin ha dovuto riprendere tutto daccapo lunedì scorso. In questo contesto, gli emendamenti che presenteremo sono, dopotutto, molto moderati e ne aggiungeremo anche altri. Prevedono un’attuazione flessibile del Patto di stabilità, in modo tale da evitare un’austerità poco gradita. Sostengono la creazione di un’agenzia pubblica di rating del credito per proteggere gli Stati membri dai diktat dei mercati. Si tratta di messaggi che il Parlamento deve lanciare. Onorevole Karas, ormai il momento per le reazioni impulsive è passato, e lo stesso vale per le manovre elettorali nazionali a breve termine. L’Europa ha bisogno di politiche basate sulla ferma volontà di rafforzare l’Unione. Se lei e il suo gruppo non siete all’altezza di questo compito, se non siete più in grado di farvi portatori dell’interesse collettivo, state pur certi che i cittadini sapranno trarre le proprie conclusioni: la posta in gioco è il futuro stesso dell’area dell’euro.

 
  
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  Ricardo Cortés Lastra, relatore.(ES) Signor Presidente, Commissario, onorevoli colleghi, vorrei innanzitutto ringraziare i relatori ombra, i loro assistenti e il segretariato della commissione per lo sviluppo regionale per il loro contributo, nonché la direzione generale della Politica regionale e la direzione generale per l’Occupazione, gli affari sociali e le pari opportunità della Commissione europea, il Comitato economico e sociale europeo, il Comitato delle regioni, i sindacati e le reti e le associazioni regionali europee per il loro apporto.

Nella fase di elaborazione della presente relazione, ho avuto modo di consultare svariate associazioni e istituzioni regionali, fra le quali si annoverano, in modo particolare, il Comitato delle regioni, la Conferenza delle regioni periferiche marittime, l’Assemblea delle regioni europee, la Rete europea per la ricerca e l’innovazione delle regioni, il Comitato economico e sociale europeo, la direzione generale della Politica regionale e la direzione regionale per l’Occupazione, gli affari sociali e le pari opportunità della Commissione europea. Desidero ringraziarvi tutti per la disponibilità dimostrata e per i vostri interessanti contributi.

Avendone modificato il titolo – che attualmente include anche il riferimento alla strategia Europa 2020 – l’obiettivo principe della relazione è quello di difendere la politica di coesione in quanto politica forte e ben finanziata (una politica presente in tutte le regioni dell’Unione europea) e il suo ruolo centrale nel quadro della strategia Europa 2020.

La relazione è stata approvata praticamente all’unanimità dalla commissione per lo sviluppo regionale con 40 voti a favore, un’astensione e un voto contrario.

La prima parte della relazione analizza brevemente il contributo della politica di coesione alla strategia di Lisbona e mette in luce lo scarso coinvolgimento delle autorità regionali e locali, degli attori sociali, economici e della società civile nella strategia stessa, fatto che ne ha ostacolato l’adozione, la comunicazione e l’efficacia. La relazione evidenzia, altresì, la necessità di condurre una valutazione, non solo delle spese effettive, ma anche dell’impatto reale di queste ultime.

La seconda parte si concentra sulle raccomandazioni relative alla futura strategia Europa 2020 e sottolinea l’importanza delle regioni, della governance multilivello e del principio del partenariato, pilastri fondamentali della politica di coesione che vanno integrati nella strategia Europa 2020, in quanto precondizione necessaria alla sua riuscita attuazione.

E’ altresì fondamentale rafforzare la partecipazione degli attori sociali ed economici e della società civile più in generale, per evitare che venga meno l’integrazione fra la suddetta strategia e i suoi attori chiave o che la strategia perda di valore agli occhi di questi ultimi.

Questa parte evidenzia il ruolo centrale dell’istruzione, della formazione, della ricerca e dell’innovazione; l’importanza di favorire l’istituzione del cosiddetto triangolo della conoscenza e la necessità di offrire sostegno alle piccole e medie imprese, che spesso svolgono un ruolo pionieristico nel campo dell'innovazione.

Allo stesso tempo, tuttavia, non dovremmo trascurare le esigenze specifiche delle singole regioni e dei gruppi sociali più in difficoltà. Per questa ragione, dovrebbe essere concesso un certo grado di flessibilità.

Nello specifico, al fine di incrementare l’effetto leva degli investimenti nella ricerca e nello sviluppo, nell’istruzione e nella formazione, riconosciamo la necessità di aumentare le sinergie tra i quadri di riferimento strategici e i programmi di riforma nazionali e di garantire un coordinamento e una coerenza maggiori tra le varie politiche europee, nazionali e regionali legate agli obiettivi della strategia.

La Banca europea per gli investimenti svolge, e deve continuare a svolgere, un ruolo di primo piano nel sostegno alle regioni e alle piccole e medie imprese, grazie agli strumenti di ingegneria finanziaria, di cooperazione e di sostegno di cui dispone. Tuttavia, per agevolare il suo compito e quello di tutti i suoi beneficiari, occorre puntare a un’ulteriore semplificazione.

Per concludere, la relazione difende una politica di coesione forte e ben finanziata per il futuro, una politica che sia presente in tutte le regioni europee e che rivesta un ruolo chiave nel quadro della strategia Europa 2020.

 
  
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  Louis Grech, relatore.(MT) Signor Presidente, in sostanza, la mia relazione affronta il tema della protezione del mercato unico da una micro-prospettiva, con l’obiettivo di analizzare il mercato come progetto a sé stante e di esaminare il quadro per il 2012, la strategia Europa 2020 e la recente crisi finanziaria.

Le strategie e le linee di intervento volte a rilanciare il mercato unico europeo dovrebbero basarsi su un accordo pragmatico, esaustivo e di ampia portata, che coinvolga tutti gli Stati membri e che si basi prevalentemente sulle priorità che gli Stati membri intendono davvero fare proprie.

L’Europa deve mettere a punto delle strategie per il 2020 che consentano al mercato stesso di essere il propulsore della ripresa economica e che ottengano, al contempo, il consenso dei cittadini tutelandone gli interessi; dei consumatori tutelandone i diritti; e delle piccole e medie imprese offrendo loro gli incentivi mirati. La mia relazione propone una serie di iniziative legislative e non, volte al risanamento del mercato unico europeo. Tali iniziative culminano con l'elaborazione di un atto per il mercato unico, che combina l'azione immediata (2012) con la prospettiva di lungo termine della strategia Europa 2020.

Ho altresì avanzato specifiche proposte di natura non legislativa, relative alla stesura della Carta dei cittadini, documento che sancisce i loro diritti e le loro facoltà. Sono incoraggianti le reazioni positive con cui il Commissario Barnier e il Commissario Dalli hanno accolto le mie proposte in merito alle venti principali fonti di frustrazione individuate dai cittadini europei, alla creazione di un meccanismo di rimedio collettivo e alla definizione di una strategia di comunicazione mirata, incentrata sui problemi che i cittadini incontrano quotidianamente.

Occorre adottare una linea politica del tutto nuova, basata sulla tutela dei consumatori e sulla dimensione sociale, che funga da base per l’elaborazione delle normative e dei compiti spettanti all’Unione europea. Soltanto così possiamo raggiungere una vera economia sociale di mercato, come sancito dal trattato di Lisbona.

Negli ultimi anni, purtroppo, il mercato unico non è riuscito a convincere i cittadini del fatto che esso rappresenta i loro interessi e le loro aspirazioni. Un aspetto ancora più preoccupante è che i cittadini e i consumatori comunitari sono alle prese con un crescente senso di incertezza e di sfiducia nei confronti del mercato. Dobbiamo accettare il fatto che la definizione tradizionale di mercato unico, legata unicamente alla dimensione economica, va rinnovata. Dobbiamo definire una nuova linea di intervento comune che sia olistica e in grado di soddisfare appieno le esigenze dei cittadini, dei consumatori e delle piccole e medie imprese. Possiamo farlo solo offrendo loro un ruolo di primo piano nel rilancio del mercato unico europeo. Ogni tentativo di racchiudere il mercato unico in una definizione dogmatica sortirà il solo effetto di sottovalutare le sfide, le incongruenze, gli interessi, le opinioni contrastanti e le perplessità cui dobbiamo far fronte.

Il processo di integrazione del mercato unico non è irreversibile. La situazione attuale va presa di petto. Il mercato unico europeo rischia di diventare estremamente debole e, di conseguenza, inadeguato a causa degli atteggiamenti protezionistici generati dalla crisi.

Il mercato unico non è fine a se stesso, bensì uno strumento che deve contribuire in modo significativo al miglioramento della qualità della vita di tutti i cittadini europei affinché, come affermato dall’onorevole Gebhardt, “il mercato unico operi a vantaggio dei cittadini e non contro di loro”.

Per garantire un mercato unico forte e redditizio, dobbiamo risolvere le tensioni fra integrazione del mercato e obiettivi sociali, individuate dall’ex-Commissario Monti nella sua relazione analitica e ricca di spunti. In ultima analisi, il sistema vincente è in grado di trovare il giusto equilibrio fra vitalità e concorrenza a livello economico, promuove l’innovazione e la creazione di posti di lavoro, protegge i consumatori e garantisce le tutele sociali e ambientali che chiedono i cittadini. Questi obiettivi vanno raggiunti attraverso uno spirito di solidarietà e di compromesso.

Signor Presidente, per concludere desidero ringraziare tutti i relatori ombra e i coordinatori per il loro contributo.

 
  
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  Pervenche Berès, autore. (FR) Signor Presidente, Commissario, qualche volta dubito della nostra programmazione e della nostra capacità di organizzare le discussioni. Sono lieta di partecipare a questa discussione così ricca di iniziative promosse dal Parlamento europeo, ma ho la sensazione di trovarmi di fronte a una sorta di pastiche, che temo non sia in grado di offrire un quadro preciso della posizione del Parlamento europeo in merito alla strategia Europa 2020. Ma forse sono troppo esigente.

D’altra parte, signor Presidente, auspico che condivida la mia preoccupazione dal momento che, lo scorso 10 maggio e a nome di quest’Aula, ha rivolto al Presidente Van Rompuy la seguente, fondamentale richiesta.

Per quanto concerne l’adozione degli orientamenti per l’occupazione, quest’anno – in via del tutto eccezionale, oserei dire, nel quadro di un partenariato speciale fra la Commissione e il Parlamento nonché di uno spirito di buona collaborazione con il Consiglio, e tenendo in debita considerazione la riorganizzazione del calendario (normalmente gli orientamenti per l’occupazione vengono pubblicati alla fine dell’anno precedente, mentre quest’anno sono stati pubblicati in aprile e, per quanto ci vincolino a un lungo ciclo per gli anni a venire, dobbiamo deliberare in materia prima del Consiglio europeo di primavera) – lei ha premurosamente sostenuto, a nome di tutti noi, la richiesta che abbiamo rivolto al Presidente Van Rompuy, ovvero far sì che il Consiglio europeo riconosca al Parlamento il diritto di esercitare le proprie funzioni in nome del trattato di Lisbona.

E’ chiaro che né la Commissione né il Consiglio hanno la benché minima intenzione di considerare tale richiesta e intendono, di conseguenza, violare in tutta consapevolezza il trattato. Credo che le autorità di quest’Aula debbano assumersi le proprie responsabilità e imparare la lezione.

Per quanto concerne la sfida rappresentata dai suddetti orientamenti per l’occupazione, che saranno un elemento chiave nell’attuazione della strategia Europa 2020, dobbiamo richiamare l’attenzione delle autorità sull’importanza che esse rivestono, in un momento in cui il 17 per cento degli europei vive al di sotto della soglia di povertà – desidero sottolineare che questi dati risalgono al 2007, ovvero a ben prima dell’inizio della crisi – e 23 milioni di nostri concittadini finiranno per perdere il posto di lavoro.

Sono due le questioni che attualmente preoccupano profondamente la commissione per l’occupazione e gli affari sociali. La prima concerne l’obiettivo di riduzione della povertà che, se non vado errata, è nato da un’iniziativa del Commissario Andor. Tale obiettivo è stato incluso nella strategia Europa 2020, decisione che accogliamo con favore. Non capiamo, tuttavia, come questo possa essere motivo di discussioni, esitazioni e dubbi sulle competenze dell’Unione in seno al Consiglio, dal momento che il trattato stabilisce che si tratta di un settore in cui anche l’Unione europea ha talune responsabilità.

Ebbene, la seconda questione concerne la relazione e la coerenza fra le varie politiche, dal momento che la Commissione afferma espressamente di aver apportato delle modifiche sostanziali alla strategia Europa 2020, riducendo il numero di obiettivi da raggiungere.

Ritengo che un cambiamento sostanziale vada ben oltre la mera riduzione del numero di obiettivi. Ad ogni modo, quello di cui siamo fermamente convinti è che la strategia Europa 2020 deve tenere in considerazione la realtà dell’Unione europea. La realtà è che chi soffre di più per gli effetti della crisi, chi ne è maggiormente colpito è proprio chi crea la ricchezza dell’Unione.

Il problema è che continuiamo a intavolare discussioni che rischiano di andare a scapito degli interessi degli stessi cittadini europei, perché mirano a una riduzione degli investimenti proprio quando invece ne avremmo più bisogno. Si tratta, in altre parole, degli investimenti nel nostro capitale di lungo termine: l’istruzione, la formazione e la sanità.

Dinanzi a questa sfida, dunque, la commissione per l’occupazione e gli affari sociali chiede che le autorità siano consapevoli degli effetti delle eventuali riduzioni degli investimenti pubblici in questi settori, in un momento in cui la crescita debole e gli scarsi investimenti privati non riescono a sopperire né, di conseguenza, a garantire la ripresa delle finanze pubbliche a breve termine.

Questo è un punto cruciale della nostra tabella di marcia e non possiamo far altro che rammaricarci del fatto che i ministri per gli Affari economici e monetari abbiano sostenuto il ritiro delle misure a sostegno dell’occupazione non convenzionale e a contrasto della disoccupazione, senza prima consultare i ministri per gli Affari sociali, in un momento in cui la situazione comunitaria in materia di occupazione e affari sociali è davvero drammatica.

 
  
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  Mary Honeyball, autore.(EN) Signor Presidente, la strategia Europa 2020 propone una linea di intervento volta a migliorare il rendimento dei sistemi di istruzione, a rendere più attraente l’istruzione superiore europea, a offrire più programmi di mobilità e di formazione per i giovani, a modernizzare il mercato del lavoro, a promuovere la mobilità dei lavoratori e a sviluppare le capacità e le competenze necessarie ad accrescere la partecipazione al mercato del lavoro.

Questa linea di intervento è stata appoggiata dal Consiglio europeo di primavera, che ha affermato che fra gli obiettivi fondamentali che richiedono un intervento comunitario si annoverano condizioni migliori per la ricerca e lo sviluppo, livelli di istruzione più elevati, la riduzione dell’abbandono scolastico precoce e una maggiore partecipazione dei giovani, dei lavoratori scarsamente qualificati e di quelli più anziani al mercato del lavoro.

La crisi economica globale, tuttavia, ha determinato tagli di bilancio nel settore dell’istruzione negli Stati membri dell’Unione. La Lettonia, ad esempio, sta attraversando una profonda crisi economica e ha effettuato drastici tagli di bilancio nei 34 istituti di istruzione superiore del paese, rischiando di ridurre del 50 per cento i fondi destinati a questo settore. Le università irlandesi hanno subito un taglio del 6 per cento e non ne esce indenne nemmeno la Gran Bretagna dove, stando ai dati dello Higher Education Funding Council (Consiglio per il finanziamento dell’istruzione superiore) dell’Inghilterra, i tagli all’istruzione superiore potrebbero raggiungere addirittura i 500 milioni di euro.

In questo triste quadro, tuttavia, si intravvedono alcuni spiragli di luce. Alcuni Stati membri, come la Francia, hanno ottenuto buoni risultati, ma il problema è dato dal fatto che i livelli di finanziamento variano da Stato membro a Stato membro. Perché la strategia Europa 2020 possa funzionare, occorre un approccio solido e coordinato. Chiedo dunque alla Commissione di spiegare, in primo luogo, come pensa di garantire che gli Stati membri ripettino gli impegni presi in relazione agli obiettivi per la formazione previsti dalla strategia Europa 2020, facendo sì che questo settore riceva finanziamenti e un sostegno adeguati, evitando che cada nel dimenticatoio, nella frenesia di far quadrare i conti a causa della crisi. In secondo luogo, vorrei sapere dalla Commissione come intende agire per garantire le risorse finanziarie addizionali da destinare a questi importanti programmi e strategie a livello comunitario.

 
  
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  Michel Barnier, membro della Commissione.(FR) Signor Presidente, onorevoli parlamentari, a nome della Commissione e del Presidente Barroso desidero commentare brevemente la strategia Europa 2020 e riprendere le interessanti relazioni presentate dai relatori, onorevoli Grech e Hoang Ngoc; più tardi, il Commissario Hahn e il Commissario Andor, miei colleghi e amici, interverranno a turno – in questa discussione a cui abbiamo preso parte – rispondendo alle altre interrogazioni orali che concernono i seguenti ambiti: la coesione, l’occupazione, la dimensione sociale e lo sviluppo.

A nome di noi tre, consentitemi di ringraziare i relatori e il Parlamento per questa iniziativa, adottata in un momento estremamente difficile e delicato per tutti noi, in un periodo di crisi economica in cui le recenti difficoltà dell’euro sono una prova tangibile dell’interdipendenza reciproca fra gli Stati membri e della necessità di coordinare le politiche economiche dei nostri paesi. E’ il momento di rispondere e di agire – e di farlo, per quanto possibile, insieme – in questo contesto di crisi e di incertezza. Le decisioni adottate negli ultimi giorni sono, a nostro avviso, molto importanti.

Non intendo riprendere la discussione avuta in mattinata con il mio collega, il Commissario Rehn. E’ evidente che dobbiamo creare alcuni strumenti per migliorare il coordinamento tra le varie politiche economiche e riteniamo che la strategia Europa 2020 possa essere il primo strumento di una politica economica nuova, rafforzata e coordinata.

Nella sua proposta relativa alla strategia, la Commissione aveva già messo in luce, all’inizio di marzo, la necessità di stabilizzare le finanze pubbliche. La crisi dell’euro che abbiamo appena attraversato dimostra quanto sia tuttora viva questa esigenza. Come ha fatto il Commissario e collega Rehn, ho preso nota delle proposte contenute nella relazione Hoang Ngoc in merito a tali questioni.

Cambiando argomento, onorevoli parlamentari, vi è un secondo prerequisito, fondamentale per il successo della strategia Europa 2020, che conferisce alla nostra economia, o meglio alle nostre economie, maggiore equilibrio e stabilità. Mi riferisco, ovviamente, alla necessità di controllare e regolamentare il mercato finanziario, affinché sia quest’ultimo a essere a servizio dell’economia reale e non viceversa.

Vi posso assicurare che la Commissione rispetterà la tabella di marcia in questi settori. Entro il prossimo anno, presenteremo tutte le proposte legislative necessarie, in modo tale da poter formalizzare gli impegni che ci siamo assunti in occasione del G20 su quattro questioni fondamentali: trasparenza, responsabilità, supervisione e prevenzione delle crisi. In merito a molte di queste questioni, già prese in esame nel corso del dibattito legislativo, auspico caldamente che il Parlamento e il Consiglio riescano a trovare un accordo sui testi oggetto di discussione. Mi riferisco al pacchetto supervisione finanziaria e al documento in materia di fondi hedge.

Dobbiamo ripristinare la fiducia e sfruttare ogni singola risorsa a nostra disposizione per liberare il potenziale di crescita della nostra economia. Si tratta di un’operazione che, ovviamente, include molti aspetti e la discussione, o meglio la discussione di questo pomeriggio, lo dimostra: il rilancio del mercato interno, una politica regionale per tutte le regioni, comprese quelle più lontane, ovvero quelle situate nelle zone più periferiche, la coesione, la governance economica, la vitalità delle finanze pubbliche, l’occupazione, l’istruzione e la ricerca.

Quando parliamo di Europa 2020, a cosa ci riferiamo esattamente? Credo che la suddetta strategia dovrebbe offrirci una prospettiva migliore sulle politiche economiche dei vari Stati membri, al fine di evitare, in futuro, situazioni di squilibrio o addirittura choc concorrenziali. Tali squilibri sono stati percepiti in modo piuttosto evidente nel corso della crisi attuale, ma oltre a far fronte a quest’ultima con la massima urgenza, dobbiamo intervenire anche sull’economia a medio e lungo termine. Proprio per questo motivo, sulla base delle proposte della Commissione, il Consiglio europeo ha definito cinque obiettivi comuni: un tasso di occupazione pari al 75 per cento; il 3 per cento del PIL da destinare alla ricerca e allo sviluppo; restrizioni all’abbandono scolastico precoce e il conseguente obiettivo di portare al 40 per cento il numero di studenti in possesso di un diploma universitario; gli obiettivi del 20/20/20 nel campo dell’energia e del cambiamento climatico e, in ultima istanza, la promozione dell’inclusione sociale attraverso la lotta alla povertà.

In occasione del Consiglio europeo di giugno, andranno definiti indicatori quantitativi in materia di istruzione e inclusione sociale. In seno a diversi forum del Consiglio si sta già lavorando in questa direzione. E’ fondamentale capire in modo chiaro che la strategia Europa 2020 non è solo una teoria. E’ soprattutto un programma concreto di riforme da attuare, motivo per cui proponiamo sette iniziative faro al suo interno.

Oltre alle suddette iniziative faro, verranno mobilitati altri strumenti europei – in particolare il mercato unico, le leve finanziarie e gli strumenti di politica estera – con l’obiettivo di eliminare alcuni ostacoli specifici. Desidero, altresì, esprimere il mio sincero apprezzamento per la relazione Monti, presentata qualche giorno fa, e rendere omaggio al relatore Grech per il suo brillante lavoro, che sta conferendo al mercato interno una dimensione più umana e concreta, cosa che vorrei riuscire a fare anch’io.

Per quanto concerne l’attuazione, occorre considerare alcuni requisiti. Per questo motivo, sono stati proposti meccanismi di governance più efficaci, che prevedono la partecipazione sia degli Stati membri sia della Commissione a tutte le fasi del processo di monitoraggio. La strategia Europa 2020 implica, inoltre, l’adozione di riforme da attuare all’interno dei singoli Stati membri. A partire da ora ed entro la fine dell’anno, gli Stati membri dovranno presentare programmi di riforma nazionali in maniera coordinata, accompagnandoli a un programma di stabilità e convergenza e rispettando, al contempo, il Patto di stabilità e crescita. Onorevole Hoang Ngoc, se mi è concesso, vorrei sottolineare che il suddetto Patto gode, ormai da una decina d’anni, del sostegno dei governi sia di destra sia di sinistra.

In ultima istanza, la Commissione chiede che il Parlamento europeo continui a fare quello che già gli riesce molto bene e che svolga un ruolo ancor più determinante nell’ambito di questa nuova strategia. In questo momento di crisi, vogliamo lanciare agli Stati membri messaggi chiari. E’ proprio questo lo scopo degli orientamenti integrati proposti dalla Commissione, orientamenti che verranno adottati solo una volta che avrete presentato i vostri pareri. Tenendo sempre presente l’urgenza della situazione, questa strategia va attuata. Dobbiamo puntare a un accordo politico in occasione del Consiglio europeo di giugno.

Signor Presidente, onorevoli parlamentari, cerchiamo di essere chiari: nel resto del mondo sono già state attuate strategie socio-economiche a medio termine. L’Europa non può rimanere indietro.

In conclusione, il Parlamento europeo sta svolgendo il suo compito e per questo lo ringraziamo; lo ringraziamo per aver mobilitato i cittadini, in particolare attraverso i parlamenti nazionali. Mi ha colpito molto l’iniziativa avanzata dalla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori e dal suo presidente, l’onorevole Harbour, relativa alla direttiva sui servizi, che ha riunito i parlamenti nazionali e il Parlamento europeo. Si potrebbero portare anche altri esempi. Si tratta di un’iniziativa estremamente importante.

Per concludere, desidero ribadire che la Commissione risponderà alle vostre esigenze e svolgerà il proprio ruolo con determinazione, al fine di attuare questa strategia e di raggiungere, assieme a voi, a una crescita rinnovata, qualitativamente migliore, più sostenibile e più equa, esattamente come si aspettano i nostri cittadini.

 
  
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  Ivaylo Kalfin, relatore per parere della commissione per i bilanci. – (BG) Signor Presidente, Commissari, se non fossimo stati colpiti dalla crisi, non ci sarebbe nessun problema a discutere della strategia Europa 2020. Tuttavia, proprio a causa della crisi e delle sue conseguenze, la strategia Europa 2020 non è sufficientemente ambiziosa e dinamica.

Il problema sollevato dalle domande poste nelle scorse settimane, è se vi sia un grado di coordinamento sufficiente – come avvenuto finora per le politiche europee – a far progredire l’Unione europea. A quanto pare, questo coordinamento sarebbe più che sufficiente in un periodo di crescita, ma durante una crisi non è in grado di soddisfare le esigenze del caso. In alternativa, andrebbero trasferite a livello europeo molte più funzioni – non soltanto il coordinamento, ma anche il processo decisionale – affinché l’Europa stessa possa attribuirsi compiti più ambiziosi e svolgere un ruolo maggiormente di punta proprio nell’ambito del suddetto coordinamento.

E’ questa la domanda fondamentale a cui dare risposta. Se non riusciamo a fare questo, non riusciremo nemmeno a gestire correttamente il programma 2020. Ritengo che nelle prossime settimane occorrerà concentrarsi soprattutto su questo punto.

 
  
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  Othmar Karas, a nome del gruppo PPE.(DE) Signor Presidente, Commissari, onorevoli colleghi, sono lieto di vedere il Commissario per la politica regionale Hahn e il Commissario per il mercato interno Barnier seduti uno accanto all’altro, perché è fondamentale non opporre la politica regionale al mercato interno. Dovremmo, invece, far sì che si completino a vicenda e che siano entrambi abbastanza solidi da consentirci di raggiungere gli obiettivi della strategia Europa 2020.

La strategia Europa 2020 deve iniziare qui e ora, e non deve ridursi a un mero elenco di obiettivi. Europa 2020 è un progetto di crescita e occupazione e noi abbiamo bisogno di progetti concreti, di strumenti, della procedura e di meccanismi sanzionatori per poterla attuare con esito positivo. Sono convinto che riusciremo ad attuare la strategia Europa 2020 solo se saremo pronti, o meglio, se l’Europa sarà pronta a concepire l’Unione europea come Stati Uniti d’Europa! Dobbiamo pensare in questi termini e ciascuno di noi deve dare il proprio contributo a un progetto più ampio.

Europa 2020 significa volontà di realizzare un’unione politica. Questo implica rafforzare ed espandere l’unione monetaria, rafforzare ed espandere il mercato interno, liberarlo dai vincoli esistenti e fare in modo che i cittadini sfruttino l’opportunità che l’Europa offre loro e abbattano le frontiere. Dobbiamo creare, da un lato, un’unione sociale; dall’altro, un’unione economica che faccia parte dell’unione politica. Non siamo ancora pronti su nessuno di questi fronti e vi sono ancora molte questioni da affrontare. La strategia Europa 2020 mira a creare un’unione di comunità, non un’Europa nazionalista od ostruzionista.

Abbiamo bisogno, di conseguenza, di una verifica finanziaria, di una valutazione d’impatto a livello comunitario, dell’attuazione dello Small Business Act e, ovviamente, di progetti specificamente europei per la crescita e l’occupazione nonché per l’estensione delle libertà legate all’istruzione, alla scienza, alla ricerca e all’innovazione in Europa.

(L’oratore accetta di rispondere a un’interrogazione presentata con la procedura del cartellino blu ai sensi dell’articolo 149, paragrafo 8, del regolamento)

 
  
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  William (The Earl of) Dartmouth (EFD). – (EN) Signor Presidente, desidero chiedere all’onorevole Karas se gli Stati Uniti d'Europa a cui ha fatto riferimento nel suo intervento nasceranno con o senza il consenso degli europei.

 
  
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  Othmar Karas (PPE).(DE) Signor Presidente, tutti noi – che rappresentiamo i cittadini europei e siamo costantemente in contatto con loro – condividiamo lo stesso obiettivo: collaborare con in cittadini per continuare il processo di sviluppo dell’Europa, per renderla più competitiva e per creare crescita e occupazione a vantaggio dei cittadini stessi. Se non agiamo insieme per diventare più forti e se ognuno si occupa esclusivamente dei propri interessi, l’Unione non ne uscirà rafforzata, bensì indebolita, proprio in una fase di espansione della globalizzazione. I cittadini sono i nostri più preziosi alleati per poter raggiungere i nostri obiettivi comuni.

 
  
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  Marita Ulvskog, a nome del gruppo S&D.(SV) Signor Presidente, l’Europa oggetto delle decisioni odierne è la stessa che decide quale sarà il suo assetto nel 2020. Le decisioni che ci rifiutiamo di prendere oggi porteranno a nuove crisi domani. Le decisioni di oggi devono dunque essere decisioni a lungo termine.

E’ grave che molte decisioni continuino a essere poco lungimiranti e pilotate da una filosofia di destra che impone una dieta da fame alle economie in crisi. E’ altrettanto grave continuare a discutere del sistema pensionistico greco invece che del comportamento dei grandi banchieri e degli operatori del mercato finanziario e immobiliare. Dobbiamo riequilibrare la situazione, altrimenti l’Europa del 2020 potrebbe trovarsi in una crisi addirittura peggiore di quella attuale.

Chiedo alla Commissione di impegnarsi a fondo per cambiare la situazione, affinché si smetta di credere ciecamente nelle soluzioni di mercato, si regolamentino i mercati e si investa maggiormente nei settori più benefici per la comunità. Mi riferisco, ad esempio, al sistema dei trasporti, all’approvvigionamento energetico, ad altre soluzioni importanti che gli Stati membri non possono gestire da soli e per le quali si rende doveroso l’intervento dell’Unione europea e della Commissione.

Auspico, altresì, che la Commissione sia pronta a presentare proposte che dimostrino che prendiamo seriamente il processo di transizione verso una società sostenibile. In altre parole, ristruttureremo l’industria, per renderla più competitiva e capace di creare nuovi posti di lavoro. Ma non possiamo farlo convincendoci di poter affrontare la situazione come abbiamo fatto finora. Occorrono anche investimenti, ma gli attuali 28 milioni di disoccupati registrati potrebbero subire il contraccolpo di questo processo.

Chiedo alla Commissione, inoltre, di dimostrare ai lavoratori dell’Unione europea il rispetto che si conviene loro in questo momento di crisi economica, al fine di coinvolgerli nella creazione di una società migliore e più forte. Per riuscire a domare la crisi, abbiamo bisogno dei diritti sindacali e di coinvolgere attivamente i lavoratori europei.

 
  
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  Lena Ek, a nome del gruppo ALDE.(EN) Signor Presidente, ero solita affermare che l’Europa stava vivendo una triplice crisi, che coinvolgeva i mercati finanziari, l’occupazione e il clima. Ora, purtroppo, la crisi è diventata quadruplice, se aggiungiamo anche la crisi del bilancio statale. E’ emerso in tutta la sua drammaticità il disperato bisogno di lungimiranza dell’Unione europea. Finora l’integrazione europea si è concentrata sull'elaborazione di nuovi progetti senza garantirne l’adeguato funzionamento. Ritengo che sia giunto il momento di affrontare i nostri problemi e di impegnarci a fondo per rafforzare le istituzioni esistenti. Si può ancora rimediare agli errori che sono stati commessi e l’Unione europea può ancora lavorare per – e con – i suoi cittadini.

L’Europa ha bisogno di un’Unione lungimirante. Dal mio punto di vista, l’obiettivo è chiaro: voglio un’Europa aperta, inclusiva e verde. Le proposte faro contenute nella strategia Europa 2020, proposta dalla Commissione, sono strumenti fondamentali per creare questo tipo di Europa, purché riusciamo a metterli in atto. E su questo punto avrei qualche riserva.

In primo luogo, l’obiettivo primario e generale della strategia è creare un’economia più dinamica e competitiva. In alcuni paesi, la partecipazione delle donne al mercato del lavoro non raggiunge il 40 per cento, e questo è un dato vergognoso. Un mercato del lavoro fondato sull’uguaglianza di genere costituisce una precondizione necessaria al fine di promuovere l’occupazione e di affrontare le sfide demografiche. Auspico che il Consiglio e la Commissione prendano in debita considerazione il fatto che le conclusioni del Consiglio, da due mesi a questa parte, si stanno occupando della questione della parità di genere. Una società più inclusiva richiede più posti di lavoro. La disoccupazione è la causa principale della povertà, come dimostra l’effetto devastante che una disoccupazione giovanile al 44 per cento produce in Spagna.

Abbiamo infinite possibilità di creare posti di lavoro verdi, ma le nostre politiche devono puntare tutte nella stessa direzione. Un’Europa efficiente dal punto di vista energetico è anche un motore per l’innovazione: l’energia adoperata dai treni ad alta velocità, dalle super-reti e dalle reti intelligenti ad alta tecnologia serve a migliorare la competitività dell’Europa.

Mi congratulo con la signora Commissario liberale Kroes per essere stata la prima a mettere a punto una chiara proposta faro sull’agenda digitale e attendo con impazienza di ricevere, entro giugno, materiale altrettanto dettagliato sulle altre piattaforme faro, in modo tale da poter cooperare anche a livello decisionale.

Tuttavia, signor Commissario, la strategia UE punta in una direzione, mentre la sua proposta di bilancio, detto in tutta onestà, punta in quella opposta. Oltre ai Fondi regionali, ai Fondi sociali e al Fondo agricolo, dobbiamo snellire e rendere coerenti i nostri strumenti comuni. Ci serve trasparenza, ci serve lo stesso tipo di statistiche e ci serve la politica del bastone e della carota da usare con gli Stati membri, non solo per sottoscrivere le promesse, ma anche per mantenerle. Questo è fondamentale tanto per i cittadini europei quanto per noi qui al Parlamento. Dobbiamo rafforzare il Patto di stabilità e crescita e appoggiamo incondizionatamente il pacchetto proposto dal Commissario Rehn.

Come ha affermato lei stesso, signor Commissario, per ripristinare la fiducia servono gli indicatori relativi alle altre proposte faro. Questo ripristinerebbe la nostra fiducia in lei in quanto rappresentante della Commissione e forse, se collaboriamo a livello decisionale, anche quella dei cittadini nel nostro operato.

 
  
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  Pascal Canfin, a nome del gruppo Verts/ALE. (FR) Signor Presidente, Commissario Barnier, nel suo intervento ha citato la relazione Monti, presentatale qualche giorno fa.

C’è un aspetto molto interessante nella relazione Monti, ovvero il risalto che attribuisce all’impellente necessità di passare alla prossima fase in materia di cooperazione fiscale. Spiega chiaramente che i criteri previsti dal Patto di stabilità e crescita vanno sì applicati, ma se ci si limiterà a intervenire sulla spesa, decurtandola, si arriverebbe quasi certamente alla recessione. E’ dunque fondamentale sfruttare entrambi i pilastri – quello fiscale in modo particolare – per consentire agli Stati membri di percepire introiti addizionali grazie alle attività e agli operatori economici il cui onere fiscale è stato ripetutamente ridotto nel corso degli ultimi anni: gli introiti delle società, del capitale e delle transazioni finanziarie.

Per farlo, però, abbiamo assoluto bisogno di un coordinamento a livello europeo. Questa è la conclusione cui giunge la relazione Monti, presentata due giorni fa. Questo argomento, tuttavia, non viene neanche sfiorato dalla strategia Europa 2020 presentata dalla Commissione. Non viene sfiorato neppure dalla comunicazione del Commissario Rehn, pubblicata qualche giorno fa. Si tratta di uno dei pilastri fondamentali, un valore aggiunto fra i più importanti che può offrire la Commissione in questo momento. Interveniamo, dunque, e creiamo il collegamento mancante; l’onorevole Berès ha giusto affermato che questa discussione ricorda un pastiche. Il coordinamento a livello fiscale ci consentirà di creare il collegamento fra la strategia Europa 2020, la relazione sulla governance dell’area dell’euro e sul mercato unico, l’occupazione e le questioni relative all’istruzione.

Siamo tutti consapevoli del fatto che, se rispettiamo le disposizioni del Patto di stabilità e crescita – aspetto, per inciso, fondamentale – tagliando solo le spese, ci incammineremo sulla via di una recessione sociale ed economica.

La mia domanda, quindi, è molto chiara: Commissario Barnier, in qualità di rappresentante della Commissione, quali proposte intende avanzare nelle prossime settimane? Come pensa di convincere i suoi colleghi – sempre supponendo che ne sia convinto lei stesso – del fatto che serve un piano d’azione, che occorre un piano di coordinamento fiscale per consentire ancora una volta agli Stati membri di percepire nuovi introiti in nome di una serie di accordi?

Quali sono le sue proposte? Non ha il diritto di rimanere in silenzio. Alla Commissione spetta il diritto di iniziativa legislativa, diritto che oggi, su questi temi, diventa dovere.

 
  
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  Malcolm Harbour, a nome del gruppo ECR.(EN) Signor Presidente, a nome del mio gruppo, desidero innanzitutto mostrare il mio apprezzamento per tutte le relazioni e, in modo particolare, per quella presentata dall’onorevole Grech, per la quale sono stato relatore ombra in seno alla commissione. Mi soffermerò su alcuni punti in essa contenuti a breve; prima, però, desidero esprimere il mio appoggio alle parole dell’onorevole Berès sull’eterogeneità della discussione di questo pomeriggio. D’altra parte, si tratta piuttosto di una discussione dispersiva. Sono giunti spunti fondamentali da parte di molti colleghi, ma detto francamente – e mi riferisco alla Commissione e al Commissario Barnier – questa situazione riflette la natura stessa del documento Europa 2020. Contiene molte idee brillanti, ma è dispersivo e ancora decisamente incompleto. Il Commissario ha menzionato le sette iniziative faro. Ebbene, noi non ne conosciamo ancora i dettagli.

La mia prima richiesta, dunque, è la seguente: possiamo far sì che il Consiglio non adotti nel dettaglio la suddetta proposta in occasione del prossimo vertice di giugno, dal momento che il testo non è pronto per l’approvazione? Ci serve ancora del tempo per analizzarne, insieme, i dettagli.

La mia seconda osservazione è che dovremmo trasformare il rilancio del mercato unico nell’ottava iniziativa faro. Ciò non complicherebbe eccessivamente le cose, dal momento che, in realtà, dovrebbe essere l’iniziativa numero uno. Onorevoli colleghi, il relatore Grech sostiene che vi sia il potenziale per creare nuovi posti di lavoro, per promuovere ulteriormente l’innovazione e per procedere verso un’economia più sostenibile; tuttavia, dobbiamo ottenere il sostegno dei cittadini e dei consumatori per questa proposta.

E’ proprio come nel caso della domanda rivolta all’onorevole Karas dall’onorevole conte di Dartmouth. Occorrerebbe che i cittadini prendessero parte al processo, ma spetta a loro decidere. Ne riceveranno i benefici. Abbiamo a disposizione questo strumento dotato di un potenziale enorme: perché allora, a maggior ragione visto che i bilanci pubblici corrispondono ancora al 16 per cento dell'economia europea, non utilizziamo i bilanci degli appalti pubblici per promuovere l’innovazione, per acquistare nuove tecnologie e per incentivare le PMI ad adottarle? Tra le politiche ancora incomplete, questa è la più vasta. Abbiamo sentito le parole del Commissario Barnier e del relatore Grech e abbiamo apportato il nostro contributo con la relazione Monti. Gli strumenti ci sono; ora dobbiamo sfruttarli.

 
  
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  Gabriele Zimmer, a nome del gruppo GUE/NGL.(DE) Signor Presidente, ci troviamo nel bel mezzo della più grave crisi che l’Unione europea ricordi e ancora quasi tutte le decisioni strategiche vengono prese a livello nazionale. Il Parlamento europeo ha potuto accomodarsi in panchina, ma nulla di più.

L’intera discussione odierna si è incentrata a più riprese su questioni specifiche inerenti alla strategia Europa 2020 per l’occupazione e la crescita, dando l’impressione errata che si stia discutendo del futuro dell’Europa e della sua linea di sviluppo. Forse ci è concesso di presentare interrogazioni orali sulla pertinenza politica della strategia Europa 2020 nel contesto della crisi economica e finanziaria attuale, ma non abbiamo la possibilità, con le nostre richieste, di influire né di modificare la strategia, di colmarne le eventuali lacune o di cambiarne le priorità.

Dinanzi a questo bivio strategico, invece di venire coinvolti, siamo rimasti intrappolati nel gioco di potere fra le istituzioni, nonostante, o forse a causa, del trattato di Lisbona. Questo è avvenuto quasi per ogni singolo punto discusso in quest’Aula nel corso degli ultimi mesi. La vittima principale di questa situazione è stato soprattutto il Parlamento europeo. Sia la strategia Europa 2020 sia, per esempio, gli orientamenti integrati per l’occupazione, illustrati dal presidente della commissione per l’occupazione, considerano il Parlamento come un organo che va solamente informato o consultato.

Inoltre, tutte le relazioni individuali presentate quest’oggi sono ben lontane dall’offrire una visione globale delle richieste e delle posizioni del Parlamento in merito alla suddetta strategia europea. Vogliamo introdurre un’enorme quantità di cambiamenti specifici.

Nel corso dell’ultima legislatura, il Parlamento europeo ha rivolto richieste specifiche al Consiglio e agli Stati membri in merito alla lotta alla povertà, all’introduzione di redditi minimi e di un salario minimo a prova di povertà su tutto il territorio comunitario. Nessuna di queste è stata inclusa nella strategia. Anzi: corriamo addirittura il rischio che obiettivi quali la lotta alla povertà e la relativa riduzione del 25 per cento possano sparire dal testo attuale perché non in linea con l’operato o gli interessi degli Stati membri e dei governi.

Persino i dati relativi all’occupazione all’interno dell’Unione europea negli ultimi dieci anni hanno mostrato chiaramente un aumento fino al 60 per cento, soprattutto dell’occupazione atipica e del lavoro precario. Questo aumento esponenziale dell’occupazione atipica, tuttavia, dovrebbe portarci a creare un modello, all’interno della strategia e degli orientamenti, a favore di posti di lavoro sicuri e a prova di povertà. Ebbene, quella che abbiamo di fronte è un’esigenza fondamentale.

D’altra parte, finché l’Unione europea, le istituzioni e le loro politiche specifiche non invieranno segnali a quanti sono emarginati, a quanti vivono in condizioni di povertà o non hanno un lavoro, ai giovani che non hanno prospettive per il futuro, non riusciremo a convincere queste persone del fatto che un'Unione europea comune è un progetto adeguato alle loro esigenze future. Si tratta di una lacuna democratica che l’attuale strategia Europa 2020 non si preoccupa di colmare, cosa che invece dovremmo fare insieme ai cittadini.

 
  
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  Bastiaan Belder, a nome del gruppo EFD.(NL) I problemi che hanno colpito la Grecia e l’area dell’euro stanno aggravando non poco la situazione e richiedono un approccio di tipo strutturale. La strategia Europa 2020 che è stata proposta punta proprio a questo, mirando a contribuire alla crescita economica e all’occupazione.

La strategia, giustamente, prevede che le finanze pubbliche siano in buono stato. Tuttavia, quest’iniziativa si dimostrerà vantaggiosa soltanto se verranno soddisfatte due condizioni. In primo luogo, il funzionamento del Patto di stabilità e crescita va rafforzato per evitare che si riproponga una situazione di questo tipo. Non è soltanto una questione di normative e di strutture, bensì di mentalità. L’obiettivo cruciale è che gli Stati membri rispettino i propri impegni di bilancio, come ho già sottolineato durante la conferenza tenutasi ad Atene la scorsa settimana.

Guardo inoltre con favore al fatto che gli Stati membri siano tenuti, in sede di Consiglio, a vigilare più intensamente sui progressi conseguiti da ciascuno di loro nelle riforme strutturali necessarie a rimettere in ordine le finanze pubbliche. A mio avviso, il rafforzamento del coordinamento a livello economico dovrebbe includere questo punto.

La seconda condizione su cui vorrei richiamare l’attenzione è l’inopportunità di un intervento comunitario in settori politici quali gli affari sociali, l’occupazione e la coesione sociale. In questi ambiti, gli obiettivi non possono essere attuati a livello europeo, ed è giusto che sia così. Abbiamo visto, nel caso della strategia di Lisbona, che un approccio di questo genere non funziona. Anche in questo caso, è nel senso della misura che si rivela il carattere del maestro: il maestro europeo.

 
  
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  Barry Madlener (NI).(NL) Quest’oggi ci troviamo a discutere dell’economia europea da una prospettiva di lungo termine e delle possibili strategie per raggiungere una crescita economica sostenibile. Mentre in Europa si parla di questo io non dormo sonni tranquilli, perché finora le proposte avanzate dall’Europa stessa non sono state risolutive. Vorrei richiamare l’attenzione di quest’Aula sulla strategia di Lisbona, con cui l’Europa si è impegnata a diventare l’economia più competitiva a livello mondiale, dimostrandosi, ovviamente, un totale fallimento.

L’Unione europea non ha fatto altro che aumentare la burocrazia, creare normative non necessarie – soprattutto nel mio paese, i Paesi Bassi – aumentare le tasse, l’immigrazione di massa, la criminalità e la mancanza di sicurezza. Diamo anche un’occhiata all’elenco dei paesi che vorrebbero entrare a far parte dell’Unione europea e con cui, ogni giorno, sediamo allo stesso tavolo: l’Albania, la Bosnia, la Turchia – tutti paesi poveri, paesi musulmani, per giunta corrotti e dediti ad attività criminali – e l’Islanda – uno Stato fallito.

Come se non bastasse, ogni giorno, in quest’Aula, i membri del gruppo Verde/Alleanza libera europea e del gruppo dell'Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento europeo e perfino gli esponenti del gruppo dell'Alleanza dei Liberali ribadiscono la necessità di un’economia verde, di finanziamenti di milioni di euro per le turbine eoliche e l’energia elettrica verde, sebbene la nostra industria diventi sempre meno competitiva rispetto alla Cina, agli Stati Uniti e all’India.

Vi sorprende che la nostra economia sia stagnante? C’è solo un modo per rendere l’Europa economicamente forte: meno burocrazia; meno funzionari a Bruxelles; meno burocrazia anche all’interno degli Stati membri; una riduzione e non un aumento delle tasse e la fine all’immigrazione di massa. La Grecia deve essere estromessa, senza ombra di dubbio, dall’area dell’euro. Guardiamoci allo specchio una buona volta e osserviamo gli eurodeputati qui presenti: cosa avete fatto in questi anni per far sì che la Grecia rispettasse i suoi impegni come previsto dal Patto di stabilità e crescita? Conosco già la risposta: assolutamente niente. Siete rimasti qui a sonnecchiare mentre paesi come la Grecia, che hanno ricevuto dall’Europa miliardi di euro ogni anno, scialacquavano quel denaro e lasciavano che al governo sfuggisse di mano la situazione.

Se l’Europa non riuscirà in questo, ho il sentore che il mio paese – i Paesi Bassi – e la Germania abbandoneranno la zona euro.

 
  
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  Gunnar Hökmark (PPE).(EN) Signor Presidente, il pacchetto di sostegno finanziario presentato quasi due settimane fa è stato sì necessario, ma non risolve i problemi che l’Europa si trova a dover affrontare. Ora servono azione, decisioni e una nuova fiducia nelle finanze pubbliche. Direi che dobbiamo sì discutere della strategia Europa 2020, ma servirebbe ancor di più una strategia Europa 2010, che descriva gli interventi necessari a ripristinare la crescita, a ridurre i disavanzi e a creare ottimismo.

Tuttavia non ci sarà la crescita di cui abbiamo bisogno se non verrà ripristinata la fiducia nelle finanze pubbliche. Su questo punto i socialisti sbagliano. Continuano a difendere le stesse politiche che hanno determinato i disavanzi e le crisi della Grecia, della Spagna, del Portogallo e di altri paesi. Il relatore Hoang Ngoc ritiene che le suddette politiche andrebbero prolungate e che dovremmo attendere prima di ridurre i disavanzi. L’onorevole svedese Ulvskog suggerisce di aumentare le spese. I socialisti sono diventati una minaccia per la prosperità, la ripresa e i nuovi posti di lavoro di cui ha bisogno l’Europa. Vi posso assicurare che, laddove falliscono i socialisti, noi del gruppo PPE ci adopereremo al fine di intraprendere le azioni necessarie, ovvero: riduzione dei disavanzi, ripristino della fiducia e riforme a favore della crescita e di nuovi posti di lavoro. Questo è ciò di cui l’Europa avrà bisogno: noi saremo lì, prenderemo le decisioni più difficili e ci assumeremo le responsabilità del caso laddove altri falliscono.

 
  
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  Alejandro Cercas (S&D). (ES) Signor Presidente, devo spendere alcuni secondi per chiedere all’oratore che mi ha preceduto di andare in Grecia e chiedere chi sono i responsabili dei problemi che, attualmente, incombono sui lavoratori. Loro non sono certo lì ad aspettare il gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano). Nossignore. Confidano in un cambiamento politico reale, come quello che può portare la strategia Europa 2020.

Se la nostra analisi è errata, probabilmente lo saranno anche le nostre soluzioni. L’analisi da compiere è la seguente: l’Europa patisce enormemente l’avidità, la mancanza di regolamentazione, la mancanza di governance economica, lo scarso livello di istruzione e di coesione della popolazione, la mancanza di giustizia sociale, la scarsa crescita economica, la scarsa crescita occupazionale e la presenza di molte categorie di lavoratori scarsamente qualificati ed esclusi dal mercato del lavoro.

Signor Presidente, nei prossimi dieci anni, i nostri sforzi devono mirare ad accrescere il numero dei lavoratori e a garantire che questi ultimi siano più preparati, sul piano dell’istruzione, alla battaglia per la produttività. L’Europa non potrà accrescere la propria competitività senza vincere la battaglia per la produttività. Non affermeremo la nostra posizione a livello mondiale riducendo i salari o distruggendo gli standard sociali; possiamo farlo, invece, aumentando il livello di conoscenza, accrescendo il grado di solidarietà e di coesione sociale all’interno della nostra società. Questi sono i nostri punti di forza. Dobbiamo trasformare l’Europa in un continente effettivamente unito, con un progetto chiaro, obiettivi chiari e una governance economica che ci consenta non solo di rispondere alle emergenze di oggi, ma anche di affrontare le sfide di domani.

Questi sono i nostri auspici. Questi sono gli auspici della netta maggioranza dei membri della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, che non ascoltano il canto delle sirene di quanti vorrebbero far rivivere l’idea del “ciascuno per sé” distruggendo, di conseguenza, la solidarietà.

Signor Presidente, questo è il nostro auspicio, ovvero che la strategia Europa 2020 coinvolga tutti i cittadini europei che ci chiedono più posti di lavoro, un’occupazione qualitativamente migliore, una governance economica e un regime di consolidamento fiscale. Il consolidamento fiscale va bene, ma deve essere accompagnato da un consolidamento sociale ed economico, altrimenti non andremo da nessuna parte.

 
  
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  Michael Theurer (ALDE).(DE) Signor Presidente, Commissari, onorevoli colleghi, come abbiamo avuto modo di sentire, i mercati finanziari vanno collocati all’interno di un nuovo quadro normativo, cosicché in futuro si possano evitare le intemperanze che hanno portato alla crisi attuale.

Tuttavia, se mettiamo in luce le cause alla radice dell’indebitamento dei governi, vediamo chiaramente che, qui al Parlamento, parliamo troppo del debito pubblico e troppo poco di come raggiungere prosperità e crescita. Cosa determina la nostra crescita? La nostra crescita e la nostra prosperità dipendono dalla capacità dei cittadini comunitari di sviluppare prodotti, di partorire nuove idee spendibili anche sul mercato globale.

Di conseguenza, è corretto che uno dei capitoli della strategia Europa 2020 sia intitolato “L’Unione dell’innovazione”. Dobbiamo concentrarci sulle invenzioni e sulle possibili strategie per rafforzare la ricerca e lo sviluppo. Successivamente, sarà fondamentale promuovere le sinergie tra i fondi destinati alla ricerca e la politica di sviluppo regionale. Si potrebbe fare molto di più in questi settori. Unitamente ai liberali e alla FDP tedesca, propongo di concentrarci sulle piccole e medie imprese (PMI). Dovremmo far sì che, in quanto Unione europea, i nostri fondi vengano gestiti in modo tale da consentire effettivamente alle PMI di accedervi e che vi sia un trasferimento di tecnologia fra università, istituti di istruzione superiore e PMI. Dovremmo incoraggiare le persone a prendere il destino nelle proprie mani attraverso l’assunzione di responsabilità a livello personale e lo spirito di intraprendenza. I governi non possono creare posti di lavoro: questi vanno creati all’interno dell’economia stessa.

 
  
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  Elisabeth Schroedter (Verts/ALE).(DE) Signor Presidente, Commissari, onorevoli colleghi, è evidente che avete riconosciuto la necessità di dare inizio immediato alla transizione verso uno sviluppo economico verde, dal momento che il cambiamento climatico metterà a repentaglio il successo dell’economia dell’Unione europea.

Tuttavia, ciò che manca alla strategia Europa 2020 è un collegamento fra il cambiamento dell’economia in senso ecologico e una strategia verde per l’occupazione. Alcuni studi hanno dimostrato che si possono creare 8 milioni di nuovi posti di lavoro soltanto con la transizione energetica. Nella strategia Europa 2020 va quindi inclusa un’iniziativa a favore dei posti di lavoro verdi, che si traduca in misure specifiche e orientamenti integrati. Di conseguenza, abbiamo bisogno di quadri giuridici e politici stabili, per far sì che gli investitori puntino effettivamente alla creazione di posti di lavoro verdi. Questo prevede, al contempo, la realizzazione di collegamenti fra il settore della ricerca e dello sviluppo e l’economia, la promozione dei cluster dell’innovazione nonché la possibilità di incentivare questi ultimi nelle regioni più svantaggiate. Questo è quanto sostiene la relazione van Nistelrooij ed io la appoggio. Sebbene non condivida la posizione di chi vorrebbe imporre alle regioni le richieste dall’alto in merito al programma di finanziamento, l’impulso derivante da questa relazione e dalle proposte che sono state avanzate vanno, tuttavia, nella giusta direzione e contribuiranno alla creazione di posti di lavoro verdi.

Ad ogni modo, nell’ambito della strategia per l’occupazione, dobbiamo adoperarci anche per incanalare il processo di trasformazione verso un’economia verde, per coinvolgere i lavoratori e per prepararli alla transizione. Rivolgo queste parole al Commissario Andor. Sostanzialmente, la struttura degli orientamenti per le politiche occupazionali è corretta ed equilibrata. Particolarmente importante è il fatto che l’istruzione sia stata concepita come un ambito di intervento a sé stante, che offre svariate possibilità di interrompere il ciclo della povertà. Costituisce la pietra angolare di una strategia per l’occupazione verde ed è, di conseguenza, fondamentale per il buon esito della strategia Europa 2020. Dobbiamo, tuttavia, migliorare anche gli orientamenti. Gli orientamenti per l’occupazione svolgono un ruolo chiave, che consiste nel darci la possibilità di sfruttare appieno il potenziale dei posti di lavoro verdi.

 
  
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  Konrad Szymański (ECR).(PL) Le conclusioni che si possono trarre dalla lenta crescita economica dell’Europa e dal collasso causato dalla crisi sono molto diverse. Si può, indubbiamente, condividere la posizione di quanti, in quest’Aula, chiedono una riduzione degli oneri di concessione, di informazione e di amministrazione, generati non soltanto dagli Stati membri, ma anche dall’Unione europea e da questo Parlamento. Corriamo il rischio, tuttavia, di iniziare una cura molto più deleteria della malattia stessa. Una misura di questo genere, così dannosa per la crescita in Europa, rafforzerebbe il ruolo dell’Unione europea nel settore della cooperazione e del coordinamento fiscale e determinerebbe, di conseguenza, un aumento dell’armonizzazione a livello fiscale. La concorrenza fiscale, come ogni genere di concorrenza, è positiva per i cittadini e per i mercati e offre la possibilità di conseguire risultati migliori, aspetto fondamentale della nostra competitività a livello globale. Di conseguenza, il principio che sta alla base della politica economica dell’Unione dovrebbe essere dato dalle libertà comuni e dal mercato comune, e non dall’estensione delle competenze dell’Unione.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL).(PT) Signor Presidente, nell’ambito di questa discussione vorremmo far presente che è ora di smetterla con i giochi di parole e che è giunto il momento di discutere dei problemi reali che affronta la maggior parte delle donne e degli uomini dei nostri paesi; della sofferenza; degli oltre 85 milioni di persone che vivono in condizioni di povertà all’interno dell’Unione, una delle zone più ricche del mondo dove si continua scandalosamente a ricavare profitti senza che vengano adottate misure volte a mantenere la situazione sotto controllo. Vogliamo discutere della mancanza di sicurezza occupazionale e dei miseri salari che ricevono i lavoratori; dei giovani e delle donne che non trovano lavoro; dei 23 milioni di disoccupati? Vogliamo discutere degli anziani a cui viene negata una pensione dignitosa e dei bambini che hanno un’ipoteca sul loro futuro?

Cerchiamo di essere chiari: il percorso che propone la strategia Europa 2020 è lo stesso dell’inizio della crisi. La Commissione europea non ha voluto analizzare le cause della situazione attuale né affrontare le conseguenze degli aspetti chiave delle politiche adottate dopo l’applicazione della strategia di Lisbona, ovvero: la liberalizzazione dei settori economici, inclusi i servizi finanziari, e la flessibilità del lavoro, che ha denominato flessicurezza.

Quello a cui puntano ora è gettare le basi per una maggiore concentrazione della ricchezza attraverso una serie di direttive a favore della privatizzazione dei settori strategici dell’economia e mediante attacchi ai servizi pubblici che servono gli interessi dei gruppi economici nei settori della sanità, della sicurezza sociale e dell’istruzione: insomma, qualsiasi ambito da cui si possa trarre un profitto. Preferiscono nascondere il fatto che soltanto allontanandosi da queste politiche la situazione potrà cambiare e si potrà registrare un progresso dal punto di vista sociale. Ad ogni modo, noi insistiamo su questo punto e riteniamo che sia giunto il momento di mettere da parte il Patto di stabilità e crescita e di sostituirlo con un programma di sviluppo e progresso sociale. Tale programma dovrà includere fra le sue priorità la produzione, servizi pubblici di qualità, la creazione di posti di lavoro, garantendo diritti, salari, pensioni e condizioni di pensione dignitose, inclusione sociale, nonché un’equa suddivisione e ridistribuzione della ricchezza. Queste priorità richiederanno un’effettiva coesione economica e sociale, un palese rafforzamento del bilancio dell’Unione, solidarietà, politiche pubbliche e il controllo da parte dello Stato dei settori chiave dell’economia.

Siamo certi che lavoratori e cittadini continueranno a lottare per questo, magari domani in Grecia e il 29 maggio in Portogallo; in questa sede, rendiamo onore alla loro battaglia.

 
  
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  William (The Earl of) Dartmouth (EFD).(EN) Signor Presidente, senza dubbio la strategia Europa 2020 contiene molti spunti interessanti, ma afferma anche che, per quanto concerne l’allargamento, entro il 2020, entreranno a far parte dell’UE altri cinque, o più probabilmente otto, nuovi Stati membri. Già nell’UE del 2010, solo 12 paesi sono contribuenti netti al bilancio dell'Unione, mentre gli altri 15 ricevono sussidi.

E’ probabile che nessuno dei nuovi paesi diventi contribuente. Nel 2020, dunque, saranno probabilmente almeno 23 i paesi che riceveranno sussidi. In pratica, entro il 2020, l'UE sarà diventata l’Unione del trasferimento, ovvero un’Unione che si limiterà a trasferire denaro dai 12 paesi contribuenti ai 23 beneficiari dei sussidi. Sfortunatamente e ingiustamente, i contribuenti britannici sono coinvolti, loro malgrado, in questa situazione. L’ormai relativamente impoverito Regno Unito è il secondo contribuente netto al bilancio dell’UE in ordine di importanza.

In occasione delle ultime elezioni provinciali in Germania, gli elettori della Renania settentrionale-Westfalia hanno detto “no” alla loro coalizione e hanno ribadito il loro “no” all'Unione del trasferimento. Nei prossimi dieci anni, anche gli elettori di altri paesi contribuenti daranno voce al proprio dissenso. Per il 2020, il divario sarà diventato incolmabile. Non è certo nell’interesse nazionale del Regno Unito che viga una situazione di caos economico oltremanica ma, a meno che il processo di allargamento non si fermi immediatamente, il caos economico sarà inevitabile. La strategia Europa 2020, dunque, non coglie il nocciolo della questione.

 
  
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  Krisztina Morvai (NI). (HU) Onorevoli colleghi, con tutto il rispetto, desidero chiedervi se, secondo voi, non vi sia un che di incredibilmente bizzarro in quello che sta succedendo qui oggi. A questa discussione estremamente importante sulla crisi economica e finanziaria, causa del dramma di milioni di europei, hanno preso parte sì e no una quarantina di persone. Invitiamo gli operatori economici e i cittadini europei a risparmiare energia elettrica, mentre in quest’Aula, da tre giorni a questa parte – ma questo vale per tutte le plenarie e le telecamere possono provarlo – sprechiamo una quantità enorme di energia per illuminare una stanza delle dimensioni di uno stadio di calcio, in cui siedono, sì e no, una quarantina persone per l’intera durata della seduta, eccezion fatta per le votazioni. Nelle 27 cabine degli interpreti ci sono 27 per 3, ovvero 81 interpreti simultanei altamente qualificati che traducono per noi. 81 interpreti per 40 eurodeputati, ovvero 2 interpreti a persona. Non è forse giunto il momento di guardare in faccia la realtà e smettere di costringere pensionati, vigili del fuoco, infermieri e insegnanti a tirare la cinghia?

 
  
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  Lena Kolarska-Bobińska (PPE).(PL) In un periodo di crisi, quando l’integrità dell’Unione europea viene minacciata, dovremmo prestare particolare attenzione alla coesione dell’Unione nel promuovere la crescita economica. Non sappiamo ancora se la crisi acuirà le differenze fra le varie regioni d’Europa. Le differenze storiche in termini di livello di sviluppo delle regioni potrebbero aumentare e potremmo addirittura assistere alla nascita di nuovi fattori di differenziazione.

In questa situazione, ciò di cui abbiamo particolare bisogno sono meccanismi in grado di livellare le differenze fra le regioni e la prosecuzione di una politica regionale forte è la via per raggiungere questo obiettivo. In questa situazione, sarebbe poco saggio abbandonare questa politica e ridurre drasticamente i finanziamenti alle autorità locali e regionali, poiché ciò metterebbe seriamente a rischio non solo il rilancio della crescita economica, ma anche la stessa unità europea.

Sia la strategia Europa 2020, sia la politica di coesione puntano allo stesso obiettivo. Influiscono notevolmente sulla ripresa economica e sono fondamentali ai fini della politica europea di solidarietà. Tuttavia, ciò che serve è un migliore coordinamento fra le due. Creare nuovi fondi tematici separati per far fronte alle nuove sfide sarebbe una perdita di tempo e di denaro, e ritarderebbe, inoltre, l’attuazione della strategia Europa 2020, condannandola allo stesso destino del trattato di Lisbona. Dobbiamo garantire il finanziamento dei progetti chiave di infrastruttura e respingere una nuova nazionalizzazione della politica regionale.

Attualmente sentiamo spesso parlare di forti pressioni da parte dei governi di determinati Stati membri o della Commissione europea per tagliare, o comunque ridurre, le spese nel settore della politica regionale. Ad ogni modo, il messaggio del Parlamento europeo contenuto nella relazione di cui sono stata relatrice ombra è chiaro. Occorre una politica di coesione più forte, non più debole. Occorre una solidarietà europea reale.

 
  
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  Evelyne Gebhardt (S&D).(EN) Signor Presidente, onorevole Grech, desidero congratularmi con lei per l’eccellente relazione che ci ha presentato e che ci offre una buona base per proseguire. La ringrazio anche per aver adoperato una frase che uso sempre anch’io, ovvero che è l’economia a essere al servizio della popolazione e non viceversa. La politica dell’Unione europea dovrebbe basarsi proprio su questo.

Inoltre, nella sua relazione sottolinea, giustamente, che una corretta valutazione degli impatti del mercato interno sulla società, sull’ambiente, sull’economia e sui consumatori e le decisioni che adottiamo all’interno del mercato stesso rivestono un’importanza capitale. Questo è esattamente quello che è mancato finora o che non è stato reso sufficientemente visibile agli occhi dei cittadini. E’ fondamentale mettere in luce gli elementi umani e olistici della nostra politica, anche quando si tratta di mercato interno.

Nella sua relazione, fa anche un’affermazione particolarmente importante per noi socialdemocratici, ovvero che la politica sociale dovrebbe essere considerata il fulcro della politica del mercato interno e che è fondamentale tutelare i servizi di interesse economico generale. Chiede, inoltre, che venga sviluppata una strategia per migliorare la comunicazione dei vantaggi sociali che offre il mercato interno.

Se prendiamo in esame questi pochi punti, ci rendiamo conto del fatto che potremmo raggiungere ottimi risultati se solo la Commissione ci offrisse il suo sostegno. Auspico davvero che la Commissione sfrutti appieno l’opportunità offerta dalla relazione Grech di mettere in primo piano il progresso dei cittadini dell’Unione europea. Avanzo tale richiesta con fermezza, e come sappiamo, il Commissario Barnier ha già offerto la sua disponibilità. Se affrontiamo la questione del mercato interno da questa prospettiva, la politica dell’Unione europea otterrà un maggiore consenso e noi potremo puntare a un futuro migliore.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. McMILLAN-SCOTT
Vicepresidente

 
  
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  Robert Rochefort (ALDE).(FR) Signor Presidente, in questa discussione sulla strategia 2020, vorrei cogliere l’occasione offerta dalla relazione, estremamente interessante, dell’onorevole Grech per dirvi che sono convinto che, in questa strategia futura, non si debbano tralasciare i consumatori.

Nell’analizzare il testo della Commissione sulla strategia 2020, ho constatato che i consumatori non vengano quasi mai citati. Nel periodo di crisi che attraversiamo, non dimentichiamo mai che gli investimenti costituiscono la variabile fondamentale, ovviamente, ma che i consumi, nei nostri diversi paesi, rappresentano il 60-70 per cento del prodotto interno lordo.

Pertanto, mi piacerebbe che, nell’ambito della strategia 2020, si compissero progressi più rilevanti in questa direzione. Mi piacerebbe un’Europa all’avanguardia in forme di consumo differenti, basate sul triangolo della conoscenza e sullo sviluppo sostenibile, un’Europa capace di sviluppare modalità di produzione e prodotti che interessino i consumatori, pensati insieme a questi ultimi, un’Europa che punti sulla qualità e non sulla quantità fine a se stessa. Mi piacerebbe vedere una concorrenza rafforzata, che non incentivi il discount a qualsiasi costo, ma che serva a migliorare la soddisfazione dei consumatori.

Signor Commissario, la mia domanda è, quindi, molto semplice: consiglierà al Presidente Barroso e al collegio dei Commissari di costituire un gruppo che lavori su questo punto, in modo che i consumatori non siano più considerati una variabile correttiva, individui destinati a subire passivamente, ma piuttosto soggetti attivi, che partecipano, che sono al vostro e al nostro fianco, per costruire questa società del futuro di cui abbiamo un disperato bisogno.

 
  
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  Emilie Turunen (Verts/ALE).(DA) Signor Presidente, vorrei impiegare il mio tempo per discutere gli aspetti sociali e occupazionali della strategia Europa 2020 e gli sforzi profusi dalla Commissione in tal senso. Non è certo un segreto che il gruppo Verde/Alleanza libera europea avrebbe voluto un programma molto più ambizioso di quello attualmente in discussione per il 2020, con il sincero auspicio di definire le modalità con cui l’Europa dovrà provvedere alle proprie esigenze e stabilire obiettivi sociali e occupazionali ambiziosi. Tuttavia, proprio adesso osserviamo un contesto nel quale gli Stati membri non hanno intenzione di sviluppare il programma presentato dalla Commissione. Anzi, stanno compiendo passi indietro.

Innanzi tutto, una nota sulla lotta contro la povertà: molti Stati membri si sono chiesti se il contrasto alla povertà e la definizione di obiettivi specifici in questo ambito rientrino effettivamente tra le competenze dell’Europa. A tal proposito, vorrei soltanto affermare che numerosi passaggi del trattato di Lisbona offrono una base giuridica per questa azione, per esempio l’articolo 3 del trattato sull’Unione europea e gli articoli 9 e 153 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Pertanto, si tratta soltanto di prendere l’abbrivio. In secondo luogo, altri Stati membri, incluso il mio, la Danimarca, hanno criticato la definizione di povertà. Naturalmente, è necessario elaborare una definizione valida. Nondimeno, tali argomentazioni non possono celare che il punto in discussione è soltanto uno, ovvero se si voglia realmente combattere la povertà in Europa. E’ su questo aspetto che verte il vero dibattito.

Vogliamo ridurre il numero di poveri in Europa, che oggi ammonta a 84 milioni di individui? Vogliamo ridurre il numero di lavoratori poveri, che sono circa 17 milioni? Vogliamo che tutti abbiano un lavoro dignitoso e onesto, e non soltanto un lavoro qualsiasi? Vogliamo che i giovani abbiano accesso al mercato del lavoro? Sì, certo che vogliamo tutto ciò, ed è proprio per questo che sono necessari obiettivi specifici riguardanti le questioni sociali e l’occupazione. Oggi l’Europa sta attraversando una crisi economica, ma non dobbiamo permettere che quest’ultima ci blocchi mentalmente e ci inibisca nello stabilire obiettivi ambiziosi in questi settori. Se non abbiamo il coraggio di compiere questi passi adesso, mineremo l’economia europea, così come la nostra coesione sociale. Pertanto, signori Commissari, onorevoli colleghi, direi che la volontà politica sarà fondamentale. Spero che il Parlamento e la Commissione prendano le redini della situazione ed esortino gli Stati membri che ancora esitano a impegnarsi per l’affermazione di un’Europa sociale entro il 2020. Mi auguro inoltre che, in quanto membri della Commissione, siate pronti ad assumervi questo compito.

 
  
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  Oldřich Vlasák (ECR). (CS) Abbiamo passato tutto il giorno a discutere dell’indirizzo strategico più auspicabile per l’Unione europea. A mio avviso, tuttavia, avremmo dovuto consultare innanzi tutto i nostri cittadini e coloro che sono più direttamente coinvolti, ovvero i sindaci e i rappresentanti delle istituzioni locali, chiedendo loro quale sviluppo futuro desiderino per l’Europa. A tal proposito, sono molto deluso dall’attenzione insufficiente che la strategia Europa 2020 presta al ruolo delle autorità locali. La strategia giustamente cita la necessità di un legame più stretto con i partner locali e regionali, ma non è chiaro come si debba applicare, nella pratica, il concetto di partenariato. Inoltre, la consultazione avviene su base discrezionale, quindi non è in alcun modo vincolante per il processo decisionale degli Stati membri. Posso confermare le mie parole con un esempio concreto. Quando la Federazione dei comuni della Repubblica ceca ha formulato alcune osservazioni sulla posizione del nostro governo nei confronti della strategia Europa 2020, non soltanto queste considerazioni non sono state accolte, ma la Federazione non ha neanche ricevuto una risposta adeguata circa il trattamento loro riservato.

Se vogliamo evitare che si ripeta il fallimento della strategia di Lisbona, non dobbiamo continuare a ignorare la voce degli enti locali, che costituiscono parte integrante della pubblica amministrazione in tutti gli Stati membri e il cui ruolo è centrale per il perseguimento di qualsiasi politica europea. Di contro, una consultazione obbligatoria degli attori che agiscono “dal basso” ci fornirebbe indicazioni fondamentali sull’attuazione corretta, efficace ed efficiente delle misure adottate. Vorrei dunque esortare la Commissione a dedicare particolare attenzione al coinvolgimento delle autorità locali in tutto il processo.

 
  
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  Kyriacos Triantaphyllides (GUE/NGL).(EL) Signor Presidente, l’attuale strategia di Lisbona è stata semplicemente ribattezzata strategia Europa 2020. In sostanza, le proposte della Commissione, nel complesso, non stravolgono gli attuali obiettivi; non soltanto gli impegni presi sono stati disattesi, ma gli sviluppi degli ultimi dieci anni hanno dimostrato che è peggiorato il tenore di vita dei cittadini dell’Unione europea. Nonostante ciò, le proposte avanzate dalla Commissione non comprendono sufficienti parametri di carattere sociale. Pertanto, poniamo i seguenti interrogativi: quali sono le misure che la Commissione propone per prevenire l’irresponsabilità del mercato, i numerosi licenziamenti e il dilagare dell’insicurezza del lavoro? Il coinvolgimento del Fondo monetario internazionale non significa condizioni più onerose per gli Stati membri e per la popolazione? A nostro avviso, se il Patto di stabilità non viene sostituito da un patto per il raggiungimento degli obiettivi sociali, si stringerà ancora di più il cappio attorno al collo della popolazione e saranno necessari sacrifici più imponenti.

 
  
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  Timo Soini (EFD).(FI) Signor Presidente, quando studiavo all’Università di Helsinki negli anni ottanta, l’Unione sovietica era ancora potente. Quando si creavano problemi lì, si chiedeva più socialismo. Adesso sono un padre di famiglia di mezza età, vivo nell’Unione europea e quando ci sono problemi qui, chiediamo una maggiore integrazione. E’ sorprendente quanto questa filosofia somigli all’altra e anche il risultato sarà lo stesso: non funzionerà.

Bisogna costruire partendo dal fondamento degli Stati nazionali. Dobbiamo dunque cuocere il pane prima di spartirlo, come diciamo in Finlandia. Creiamo posti di lavoro e condizioni eque: sarà questa la fonte della nostra forza, così compiremo progressi. Assistiamo a una carenza di datori di lavoro – non a una carenza di lavoratori, ma di datori di lavoro, che possano offrire occupazione.

Le piccole imprese sono fondamentali. Dobbiamo rinviare la discussione sulla direttiva relativa all’orario di lavoro dei padroncini alla prossima tornata. Questo è un tipico esempio di una situazione in cui dovremmo far sentire la nostra voce, in nome degli imprenditori, che creano occupazione, che fanno del bene e danno lavoro alle persone. Adesso sussiste tuttavia il pericolo che si perdano posti di lavoro a causa di decisioni amministrative. Amo davvero l’Europa, anche se non amo l’Unione europea.

 
  
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  Franz Obermayr (NI).(DE) Signor Presidente, nell’anno del campionato mondiale di calcio, i rappresentanti in seno al Consiglio potrebbero trarre una lezione da questo sport: non è possibile praticare un bel gioco se ogni giocatore ha un arbitro che lo controlla. Nondimeno, giocare senza regole, senza un arbitro e senza calci di punizione, significherebbe il caos. E’ esattamente questo lo stato dei fatti in questo momento!

E’ davvero giunto il momento che la strategia Europa 2020 metta fine all’azione degli speculatori di fondi hedge. Coloro che, per anni, hanno vissuto negli agi grazie alla speculazione e a tassi di interesse esorbitanti adesso dovrebbero dare il proprio contributo. A pagare il conto non dovrebbero essere i piccoli risparmiatori, ma le grandi società, usando i cospicui profitti generati dalla speculazione.

La politica di coesione non dovrebbe poi ignorare la crisi dell’euro. Al di là dell’attuale pacchetto di salvataggio, la Grecia ha beneficiato, in passato, dei finanziamenti agricoli e regionali in modo smisurato. Senza i necessari cambiamenti strutturali, quei soldi chiaramente sono andati sprecati e, nonostante anni di sovvenzionamenti, il paese è stato condotto sull’orlo del precipizio. Non vedo perché dovremmo lasciare aperto il rubinetto del denaro in una situazione simile. Perché non ascoltiamo il Commissario Rehn che ha avanzato la proposta, piuttosto ragionevole, di tagliare i finanziamenti? Infine, non possiamo permettere che l’UE degeneri in un’unione dei trasferimenti. La pianificazione accentrata dell’economia, come quella che alcuni di voi auspicano, deve ancora dimostrare i suoi pregi, anche se promana da Bruxelles.

Di cosa abbiamo bisogno, quindi? Di responsabilità nella politica di bilancio e, in caso di malfunzionamento, di meccanismi sanzionatori coraggiosi ed efficaci. Tutto ciò dovrebbe rientrare nella strategia Europa 2020.

 
  
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  Jean-Paul Gauzès (PPE).(FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, la situazione economica e finanziaria dell’Europa giustifica totalmente i drastici provvedimenti adottati, in particolare per stabilizzare l’area dell’euro e per evitare di mettere in discussione la nostra moneta unica. L’urgenza della situazione giustifica il pragmatismo adottato. Tuttavia, per l’attuazione delle misure approvate, sarebbe utile garantire che il Parlamento sia coinvolto, nei limiti delle sue competenze, e possa esercitare la propria funzione di controllo democratico in condizioni adeguate.

In effetti, dobbiamo assicurarci che i nostri concittadini non perdano o ritrovino la fiducia nelle istituzioni politiche; senza questa fiducia, non sarà possibile nessuna riforma strutturale e neppure l’accettazione dei necessari provvedimenti di austerità.

Di fronte alla crisi finanziaria, l’Europa non è rimasta inerte. Non lo ripetiamo mai abbastanza. Nel 2009 abbiamo elaborato e adottato regolamenti sulle agenzie di rating, le cui disposizioni attuative saranno pubblicate a breve dalla Commissione. Alcuni giorni fa la commissione per i problemi economici e monetari di questo Parlamento ha votato il pacchetto relativo alla supervisione delle attività finanziarie. Lunedì scorso è stata invece adottata, a larga maggioranza, dalla stessa commissione, la relazione sulla regolamentazione dei gestori di fondi hedge.

Sono stati avviati dialoghi a tre per cercare un accordo con il Consiglio. Tale accordo deve essere raggiunto rapidamente, affinché le nostre istituzioni preservino la loro credibilità. I nostri concittadini ci pongono spesso la seguente domanda: “Cosa fa l’Europa?” Dobbiamo essere all’altezza delle loro aspettative.

A tal proposito, signor Commissario, vorrei congratularmi con lei per la sua determinazione e incoraggiarla a perseguire il programma di lavoro che si è prefissato, nel rispetto degli impegni presi durante l’audizione. Il suo calendario ambizioso ma indispensabile gode del nostro sostegno. Saremo accanto a lei affinché venga applicata la necessaria regolamentazione dei servizi finanziari. Non si tratta di opprimere il settore finanziario, ma di stabilire norme che permettano di regolamentare un’attività che deve essere disciplinata, e di assicurare una maggiore sicurezza e trasparenza delle operazioni.

 
  
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  Csaba Sándor Tabajdi (S&D). (HU) Signori Commissari, onorevoli colleghi, oggi l’Europa è di fronte a due grandi compiti: tracciare una nuova strategia, che stiamo ora discutendo e che penso si stia delineando correttamente. Se non troverà un nuovo modus operandi, l’Europa si troverà però a un bivio. Gli eventi delle ultime settimane, riguardanti la crisi della Grecia – e qui devo dissentire dall’onorevole Gauzès, perché purtroppo l’Unione europea e gli Stati membri, soprattutto il Cancelliere Merkel, hanno reagito in ritardo a questa situazione – ci dicono che l’Europa è a un punto di svolta. Si tratta di una scelta estremamente insidiosa, che determinerà se andremo verso una nuova nazionalizzazione, verso la ritirata degli Stati e i particolarismi, o nella direzione del comunitarismo. Se non progrediamo verso il comunitarismo, il programma delineato dal Commissario Barnier non sarà attuato e risulterà inutile. Nel fissare i nuovi obiettivi, è molto importante non dimenticare le nostre precedenti politiche: la politica di coesione, la politica agricola comune o, rivolgendomi al Commissario Andor, il rinnovamento del modello sociale europeo. Siamo a un punto di svolta, onorevoli parlamentari. Le ultime settimane ci hanno fornito questa indicazione: il modello precedente non funziona e il modello attuale non funziona come dovrebbe. Mi schiero a favore del controllo preventivo dei bilanci nazionali da parte della Commissione, prima che essi siano sottoposti all’approvazione dei parlamenti degli Stati membri.

 
  
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  Carl Haglund (ALDE).(SV) Signor Presidente, il mio contributo riguarda la relazione dell’onorevole Hoang Ngoc sulle finanze pubbliche sostenibili. L’elaborazione di questa relazione è stata molto interessante. Come ha evidenziato lo stesso relatore nel suo discorso, da un punto di vista ideologico, avevamo opinioni differenti su questo tema.

A tal proposito, è importante ricordare gli eventi verificatisi in Europa nelle ultime settimane, che hanno visto una crisi economica, quasi senza precedenti. La crisi è in gran parte dovuta all’incapacità, dimostrata dagli Stati membri, di controllare le proprie finanze e di tenere i conti in ordine. E’ stato, pertanto, alquanto sorprendente che sussistessero queste grandi differenze ideologiche circa l’opportunità di chiedere in prestito e impiegare tanto denaro quanto quello speso da molti paesi negli ultimi anni.

Come ho detto, sussistevano divergenze abbastanza rilevanti su questi argomenti, un contrasto che ho avuto modo di vedere anche in Aula. Fortunatamente, una larghissima maggioranza in seno alla commissione era concorde nel ritenere che fossero necessarie misure più severe per rimediare alla situazione in cui ci troviamo. La Commissione ha presentato ottime proposte nelle ultime settimane. Si è avviato l’iter decisionale che ci porterà effettivamente verso il ripristino dell’ordine nell’economia europea. E’ esattamente ciò di cui abbiamo bisogno.

E’ questo il motivo per cui le discussioni in seno alla commissione sono state a dir poco avvincenti. E’ importante ricordare che non parliamo soltanto del debito attuale, ma anche delle sfide future, quali la demografia europea, l’invecchiamento della popolazione e così via. E’ una relazione fondamentale e penso che siano stati presentati emendamenti positivi. Sono convinto che questo Parlamento giungerà a una decisione valida in merito.

 
  
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  Bas Eickhout (Verts/ALE).(NL) Questa discussione sulla crisi è stata principalmente incentrata sulla disciplina di bilancio, e a ragione, vista la sua importanza. Comunque, non è tutto. Poniamo questa crisi nella giusta prospettiva: si parla infatti ancora di una crisi del settore bancario.

Per molti anni gli istituti di credito hanno creato denaro dal nulla, utilizzando strutture opache e, nel 2008, è scoppiata la bolla. I paesi hanno così trasformato il debito privato in debito pubblico e questo è il problema che deve fronteggiare la Grecia oggi: un livello insostenibile di debito pubblico. Alla luce di quanto detto, quando discutiamo della strategia 2020, dobbiamo anche considerare il ruolo delle banche. La Commissione non è affatto ambiziosa su questo punto. Non è stato detto quasi nulla sulle banche. La crisi ci ha indicato che è necessario operare una distinzione chiara tra le banche di investimento e le banche di risparmio. Dov’è l’ambizione della Commissione quando parliamo di un piano per intervenire su questo punto? Questa è la mia prima osservazione.

Dobbiamo, tuttavia, anche volgere il nostro sguardo verso l’economia di domani. L’economia del futuro utilizzerà le risorse naturali in modo efficiente. Anche su questo punto, la Commissione ha mostrato scarsa ambizione. O gli scopi sono troppo vaghi, o gli obiettivi troppo modesti; ne è un esempio la riduzione del 20 per cento delle emissioni di gas serra, che si rivela vergognosamente inadeguata per promuovere l’innovazione verde. Come potranno le aziende accogliere l’invito a investire nelle tecnologie ecologiche? Riteniamo che i programmi della Commissione debbano includere anche questo punto.

Infine, anche il nostro bilancio deve essere in linea con la nostra strategia. Ciò vuol dire che i Fondi strutturali, in definitiva, debbano essere utilizzati per promuovere le nuove tecnologie ecocompatibili. Al momento, stiamo sostanzialmente sovvenzionando un aumento delle emissioni di gas serra. Dov’è il denaro per l’innovazione e dove sono gli stanziamenti per l’agricoltura sostenibile tra i fondi destinati all’agricoltura? E’ necessario che la Commissione indichi i dettagli e dimostri ambizione, invece di presentare programmi vaghi, che non rappresentano una soluzione per questa crisi.

 
  
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  Kay Swinburne (ECR).(EN) Signor Presidente, i fondi di stabilizzazione e le iniziative di salvataggio non dovrebbero essere l’elemento centrale della strategia Europa 2020. Deve essere una nuova strategia, seguita da tutti i nostri Stati per rilanciare il mercato interno dell’Unione europea, imprimendogli nuovi impulsi. Dobbiamo individuare le strategie atte a cambiare le nostre economie, in modo che siano adeguate a queste sfide. L’unica strada è rappresentata dai nuovi settori, attraverso la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione. L’Unione europea dovrebbe incoraggiare un nuovo dinamismo economico nello Spazio europeo della ricerca, creando reti di eccellenza e distretti della ricerca per il varo di progetti integrati, basati sull’innovazione di prodotti e servizi, non perdendo di vista i nuovi processi, le nuove tecnologie e le nuove soluzioni aziendali. Dobbiamo considerare i progetti di successo già esistenti e utilizzare i canali comunitari per individuare le buone pratiche.

Nel mio collegio elettorale, ho visitato l’Università “Glyndŵr”, che ha curato rapporti diretti con le aziende ad alta tecnologia del Galles settentrionale, raggiungendo una percentuale di inserimento dei laureati nel mercato del lavoro pari al 90 per cento, anche lo scorso anno. Questa iniziativa non ha soltanto migliorato le prospettive lavorative dei giovani che frequentavano l’università, ma ha rivitalizzato tutta la regione del Galles settentrionale. Invece di puntare su progetti da miliardi di dollari e su soluzioni mirabolanti, dobbiamo tornare ai rudimenti di un’economia di successo. Il Galles meridionale vanta cinque società farmaceutiche di primaria importanza, dotate di tecnologie di livello mondiale. Con una minima assistenza da parte dell’Unione europea, questo distretto industriale ad alta tecnologia potrebbe essere elevato al rango di centro di prestigio mondiale, in grado di far decollare, verso un futuro migliore, un’intera economia che attualmente possiede i requisiti per accedere ai Fondi di coesione. Necessitiamo di soluzioni per operare in modo efficace a vantaggio dei nostri cittadini.

 
  
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  Jacky Hénin (GUE/NGL).(FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, non lo ammetterete, ma la realtà è davanti a noi, in tutta la sua flagranza: si è spenta l’idea, o almeno il mito, di un’Europa liberale. Chi crede ancora in un approfondimento della dimensione federale, mentre ci apprestiamo a depauperare i paesi più indebitati, a vantaggio dei mercati finanziari?

Eppure, anche le attività e il progetto di un’Europa liberale si sono spenti, e in modo spettacolare. Con le crisi che si sono succedute, l’ultima più violenta di tutte, è esploso il debito pubblico. Ma è ancor più preoccupante che sia svanita la credibilità dell’area dell’euro. La situazione richiede un’autentica dimostrazione di solidarietà, quando il trattato di Maastricht esclude qualsiasi forma di solidarietà tra i paesi dell’area dell’euro. Questo è il primo paradosso europeo.

L’indebolimento dell’Europa emerge, del resto, anche dai negoziati in seno all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e dalla favola, puntualmente riproposta, dell’Europa che ci protegge dalla globalizzazione. Lungi dal costituire uno scudo o una protezione, spesso le direttive europee hanno silenziosamente surclassato l’OMC. Infatti, a causa dell’Europa, siamo molto esposti e scontiamo oggi attraverso il processo di deindustrializzazione e le diverse forme di delocalizzazione. Per il bene dei popoli, urge un nuovo orientamento della politica europea.

 
  
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  Mara Bizzotto (EFD). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, trecentootto miliardi di euro è l'ammontare dei fondi destinati alla programmazione della politica di coesione per il periodo 2007-2013. Finora l'Europa ha speso e, visti i risultati, buttato, parte di queste priorità indicate da Lisbona. Perché la UE 2020 abbia successo e le montagne di soldi che restano da spendere servano da stimolo alla crescita economica e da sostegno della competitività, si rendono necessari due ordini di intervento: semplificazione, revisione.

Semplificazione come parola d'ordine per svincolare l'accesso a queste risorse dalla burocrazia paralizzante: regione, cittadini e imprese vogliono poter agire con più fluidità per poter sprigionare le loro potenzialità!

Revisione, ossia intervento di urgenza per modificare i criteri che ne definiscono l'assegnazione, attraverso un ripensamento dello spirito generale della politica di coesione!

Mai come in questo momento la politica di coesione deve poter dimostrare la sua dimensione di governo multilivello, dando veramente voce ai problemi del nostro territorio e formulando da Bruxelles le tanto attese risposte sul futuro del nostro modello sociale ed economico.

Gentili colleghi, il compito di chi, come l'Unione europea, si trova oggi a maneggiare le cifre di cui stiamo discutendo impone severità nella vigilanza dei progetti sostenuti e agguerrita lotta agli sprechi. Solo così la strategia UE 2020 non sarà la brutta copia di un brutto originale!

 
  
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  Regina Bastos (PPE).(PT) Signor Presidente, assistiamo a un’accelerazione dei cambiamenti internazionali che ha conseguenze devastanti per i nostri sistemi economici, politici e sociali e, quindi, per tutti i nostri cittadini. Siamo testimoni di un calo senza precedenti nella capacità di reazione degli Stati. L’Unione europea, pertanto, deve individuare cause e alleati comuni, per agire in modo chiaro e unitario nel contesto mondiale.

L’eccezionalità della situazione richiede un’azione comune chiara. Se non adottiamo le misure rigorose necessarie e non ci assumiamo una responsabilità collettiva, l’Europa è destinata alla marginalizzazione e all’impoverimento. Soltanto un’Europa forte che rispetti le regole di tutti sarà in grado di fornire una risposta adeguata alla nuova epoca.

Gli Stati indeboliti e indebitati non hanno la capacità di proteggere i propri cittadini. Dobbiamo dunque essere in grado di riconquistare la fiducia pubblica, di vincere la battaglia della stabilità, del rigore di bilancio, della creazione di posti di lavoro, della stabilità dell’unione monetaria, della globalizzazione e delle scelte strategiche.

Se non agiamo in tal senso, rischiamo di compromettere il nostro futuro. Si può vincere la sfida dell’avvenire impegnandosi per la coesione sociale, per la pace, per la costruzione di un nuovo modello basato sui valori di libertà, di giustizia sociale e di responsabilità. Pertanto, la strategia Europa 2020 e gli orientamenti integrati in essa contenuti costituiscono elementi essenziali di un nuovo ciclo di crescita e di occupazione in Europa.

Per attuare ed eseguire correttamente tali misure, devono essere fissati obiettivi chiari e quantificabili in materia di occupazione, istruzione e riduzione della povertà. E’ altresì essenziale che siano intraprese tutte le azioni necessarie ad agevolare gli Stati membri nella trasposizione dei propri obiettivi nazionali, se vogliamo che la strategia sia coronata da successo e sia correttamente applicata.

 
  
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  Constanze Angela Krehl (S&D).(DE) Signor Presidente, l’attuale politica di coesione è nata con il nome di strategia di Lisbona. Nondimeno, sono fermamente convinta che la politica di coesione possa offrire, come farà, uno straordinario contributo alla strategia Europa 2020, non soltanto perché per essa prevediamo un bilancio notevole, al confronto con altre politiche europee, ma, soprattutto, perché la politica di coesione ci permette di creare uno sviluppo sostenibile nelle nostre regioni e di garantire un controllo efficace delle sfide e dei processi di ristrutturazione che vi hanno luogo.

Tuttavia, vi è un elemento centrale che vorrei sottolineare ancora una volta e che è condiviso anche dal nostro gruppo: la nostra politica di coesione può funzionare soltanto se si attribuisce pari importanza allo sviluppo economico e allo sviluppo sociale e soltanto se si offre una formazione ai lavoratori. In linea di principio, è necessario condividere la responsabilità dei fondi a nostra disposizione. E’ un rapporto simile a quello esistente tra hardware e software: l’uno non può fare a meno dell’altro.

 
  
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  Ramona Nicole Mănescu (ALDE).(RO) Vorrei aprire il mio intervento congratulandomi con l’onorevole Cortés Lastra per gli sforzi profusi nella redazione di questa relazione. Essa sottolinea ancora una volta l’importante contributo offerto dalla politica di coesione per il raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020. Dobbiamo pertanto garantire che il baricentro regionale della politica di coesione sia riconosciuto come parte di questa strategia.

Siamo tutti consapevoli del fatto che un’attuazione efficace della strategia dipende, in larga misura, dal modo in cui viene concepita. Di conseguenza, credo che le autorità locali e regionali debbano essere coinvolte anche nella fase di elaborazione, al fine di garantire che, in seguito, si possano conseguire risultati davvero efficaci. Al tempo stesso, una migliore governance multi-livello assicura un’applicazione efficace della politica di coesione a livello nazionale, regionale e locale.

In quanto beneficiari di queste politiche, ritengo che gli Stati membri debbano conservare il ruolo centrale che hanno in Consiglio nel processo decisionale relativo alla politica di coesione. Infine, condivido l’apprezzamento per il ruolo che i Fondi strutturali rivestono nel raggiungimento degli obiettivi della strategia. Vorrei però attirare la vostra attenzione sul fatto che, ancora una volta, non dobbiamo cadere nel tranello di utilizzare questi Fondi come strumento punitivo nei confronti degli Stati membri. Credo che un simile provvedimento sia totalmente contrario ai veri obiettivi della politica di coesione.

 
  
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  François Alfonsi (Verts/ALE).(FR) Signor Presidente, la parola chiave di questa strategia 2020 è la crescita, indipendentemente da come si voglia definirla, intelligente, sostenibile o inclusiva. Oggi in Europa è in atto una crisi che non finirà domani. Suonano ipocriti gli obiettivi in cifre di questa strategia 2020 – aumento del tasso di occupati, riduzione del tasso di povertà, eccetera – perché richiamano lo stesso modello della strategia di Lisbona, che è stata un fallimento.

L’Europa attraversa una crisi che richiede un progetto molto più lungimirante e molto più politico, dotato delle idee nuove che mancano completamente da questa strategia 2020.

Mi soffermerò su una di esse. Non dovremmo finalmente prefiggerci l’obiettivo di potenziare la diversità culturale dell’Europa, che è un valore fondante dell’Unione e che può offrire allo sviluppo economico del nostro continente una materia prima che non ha pari altrove, grazie a beni immateriali, come l’economia della cultura, e materiali, quali le nostre specialità regionali?

D’altro canto, si è sviluppata una visione strategica totalmente orientata verso gli Stati membri. Orbene, gli Stati, con i loro confini, con le loro logiche storiche, con le amministrazioni centralizzate, continuano a ingessare l’Europa.

Occorre una più ampia dimensione regionale nella futura strategia dell’Unione europea. Bisogna anche promuovere progetti macroregionali che riorganizzino le politiche territoriali attorno ai bacini biologici naturali del continente, a bacini che hanno anche un valore culturale e storico: il Mar Baltico, il Mediterraneo occidentale, il Danubio, le Alpi, l’Arco atlantico, eccetera.

Oggi un simile approccio sta prendendo piede gradualmente, per esempio nel Mar Baltico, ma non viene ripreso nella strategia 2020 e rischia di essere stroncato sul nascere quando si tratterà di ottenere fondi per la sua attuazione. La strategia 2020 che ci viene presentata, a nostro avviso, è caratterizzata da un approccio molto convenzionale e tecnocratico e dalla mancanza di una prospettiva politica.

 
  
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  Zbigniew Ziobro (ECR).(PL) La strategia Europa 2020 è un documento volto a indirizzare lo sviluppo dell’Unione nel prossimo decennio. Tuttavia, se non vogliamo che questo documento subisca la stessa sorte della strategia di Lisbona, dobbiamo renderlo più realistico e più vicino alle ambizioni degli Stati membri. Guidati da questa idea, apprezziamo gli emendamenti alla proposta della Commissione adottati dal Parlamento che, in particolare, riguardano il rafforzamento del mercato comune, la riduzione del protezionismo, la prosecuzione della politica di coesione e il sostegno all’agricoltura.

Nondimeno, e questo punto merita una sottolineatura particolare, è necessario praticare la politica del clima con maggiore correttezza, evitando, in altre parole, che gli eccessivi fardelli imposti impediscano ai paesi dell’Europa centro-orientale di avanzare dallo stato di eterno parente povero dell’Unione europea.

Infine, vorrei sottolineare che il nucleo centrale della strategia dell’Unione europea è l’innovazione, ma dobbiamo ricordarci di dare seguito alla politica di coesione e di sostenere l’agricoltura, perché è quest’ultima che permette alle regioni meno ricche di colmare il divario dello sviluppo.

 
  
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  Mario Borghezio (EFD). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, io ritengo che una politica industriale incentrata solo su aziende che operano a livello internazionale ad alta tecnologia non sia destinato al successo. Non dobbiamo dimenticare tutto il comparto delle piccole e medie imprese, comprese quelle artigianali, quelle commerciali. Anche a loro dev'essere rivolta l'attenzione della politica di innovazione.

Questa strategia deve garantire in particolare alle piccole e medie imprese condizioni di parità coi concorrenti extra-UE, attraverso l'adozione di clausole di salvaguardia e misure drastiche ed efficaci contro il problema gravissimo della contraffazione, anche con strumenti efficaci di difesa commerciale. Occorre che la governance della strategia europea 2020 non resti solo nelle mani della Commissione, ma preveda vari livelli, ivi compreso quello nazionale e macroregionale.

Dobbiamo cominciare a pensare a una politica, a una strategia, che faccia perno sui territori, sulle realtà produttive – ed io voglio ricordare la grande attenzione che si deve avere per la realtà produttiva del comparto della Padania. In altre parole noi chiediamo maggior attenzione verso le realtà produttive della produzione reale, con particolare attenzione, ripeto, a quella struttura di piccole e medie imprese che dappertutto in Europa costituisce il nerbo della nostra produzione e quindi la vera speranza per un futuro di produzione e di sviluppo dell'Unione europea.

 
  
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  Bendt Bendtsen (PPE).(DA) Signor Presidente, il nostro obiettivo era proprio diventare “l’economia basata sulla conoscenza più competitiva al mondo”, ma non è stato così. Sono colossali le sfide che l’Europa dovrà affrontare nei prossimi cinque anni. I problemi che vediamo in Grecia oggi, e che forse osserveremo in numerosi altri paesi fra breve tempo, sono il risultato di due fattori: la mancanza di competitività in Europa e il divario tra lo stile di vita e le effettive possibilità degli europei. In altre parole, abbiamo speso più denaro di quanto ne abbiamo guadagnato e di quanto la nostra produttività non sia in grado di sostenere.

Molti economisti amano rendere l’economia più complicata di quanto già non sia, ma la spiegazione è abbastanza semplice: i mercati hanno sostanzialmente perso la fiducia nel fatto che i paesi europei, oppressi dal debito, possano competere e osservare le proprie responsabilità. E’ questa è la ragione di tutto. Il problema principale dell’Europa, come ho detto, è la mancanza di competitività ed è questa la questione che deve affrontare la strategia Europa 2020. Dobbiamo aumentare la nostra competitività rispetto ad altri paesi, mentre gli Stati membri devono mettere ordine nella propria economia e, al tempo stesso, investire nel futuro.

In effetti, potrebbe essere necessario praticare dei tagli alle cosiddette prestazioni della previdenza sociale, per utilizzare il denaro risparmiato a favore dell’istruzione e della ricerca. Le piccole e medie imprese sono il nerbo dell’economia europea. Abbiamo pertanto necessità di includerle seriamente in questa strategia. Soffrono della carenza di capitali e hanno difficoltà a ottenere crediti. Dobbiamo intraprendere una qualche iniziativa per superare questo ostacolo. Molte piccole e medie imprese sono escluse dalle gare d’appalto pubbliche negli Stati membri, ma soprattutto alle gare europee, dove viene attribuita la priorità alle grandi aziende.

Infine, vorrei anche dire che fardelli gli oneri amministrativi sono un ostacolo che dobbiamo sempre combattere. Le norme amministrative che disponiamo rappresentano, naturalmente, una zavorra pesante per le piccole imprese, con pochissimi dipendenti. Inoltre, dobbiamo aiutare le piccole e medie imprese a penetrare i mercati delle esportazioni.

 
  
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  Sergio Gaetano Cofferati (S&D). – Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, credo che stiamo correndo tutti insieme un rischio grave, che è quello di essere condizionati oltre ogni dire dall'emergenza. Dopo l'azione intrapresa con la costituzione del fondo per difendere l'euro, per aiutare i paesi in difficoltà e per fermare la speculazione, è innegabile che la discussione anche in questa sede si sia concentrata molto sui temi del risanamento e della stabilità, ignorando tutto il resto. Sono temi che riguardano gli Stati.

La concentrazione di attenzione è stata così forte che addirittura, per quanto concerne il sistema finanziario e quello delle banche, e dunque i problemi della sorveglianza e della regolazione, sono stati questi messi in un cantuccio, sono stati quasi dimenticati. Io sono convinto invece che serva contestualità nella definizione delle politiche. Non a caso il patto si chiamava "di stabilità e crescita". Sarebbe stato ancor più esatto chiamarlo "di stabilità per la crescita".

Dobbiamo tornare a parlare di crescita e di sviluppo: è la strada principale per fermare le speculazioni ma per dare fiducia agli investitori, ai normali investitori. Senza proposte che riguardino la crescita – penso all'uniformità fiscale, della quale parla Mario Monti, penso alle risorse per investire, gli eurobond da rendere disponibili, e penso agli strumenti della coesione, perché la coesione è un grandissimo fattore di competitività – difficilmente potremo creare quel clima positivo che invece è indispensabile, in particolar modo in questi giorni!

 
  
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  Olle Schmidt (ALDE).(SV) Signor Presidente, gli ultimi tempi ci hanno dimostrato l’importanza di avere finanze pubbliche sane. E’ pertanto, a dir poco, curioso che il relatore, onorevole Hoang Ngoc, voglia smussare – se non rimuovere – l’obbligo di attenersi alle rigide condizioni del Patto di stabilità e di crescita. Al contrario, la verità è che per l’Europa, oggi, è essenziale concentrarsi sull’obiettivo di riportare sotto controllo il debito galoppante. Senza una simile iniziativa, il futuro potrebbe essere ancora più drammatico.

Sono stato deputato presso il parlamento svedese, il Riksdag, durante gli anni novanta ed ero membro della commissione per gli affari finanziari quando crollarono le nostre finanze pubbliche. Non sono particolarmente orgoglioso di questo evento, ma è la verità: per un periodo, abbiamo avuto tassi di interesse del 500 per cento! Stavano andando verso il 2 000 per cento e rischiavamo seriamente di diventare una repubblica delle banane, ma non bastò neanche un tasso del 500 per cento – la nostra moneta crollò e vinse George Soros.

Tempi duri per il popolo svedese. In compenso, onorevole Hoang Ngoc, abbiamo imparato una lezione: tenere i nostri conti in ordine. Lo stesso principio vale per l’Europa: i conti in equilibrio consentono la stabilità e la crescita.

 
  
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  Michail Tremopoulos (Verts/ALE).(EL) L’Europa fronteggia ancora oggi una crisi multidimensionale, che sta colpendo in modo particolarmente spietato l’occupazione e i redditi bassi. Quando è nata l’Unione europea, la povertà esisteva soltanto dove non c’era lavoro. Oggi il 9,6 per cento degli europei è disoccupato e l’8 per cento dei lavoratori vive con stipendi al di sotto della soglia di povertà. Quali sono le prospettive per il 2020?

Tale combinazione di disoccupazione e povertà è esacerbata dalle pressioni che crea la facilità con cui si può licenziare un lavoratore. A livello europeo, non c’è alcuna tutela dal licenziamento e la normativa nazionale viene annacquata, come in Grecia. Tutto ciò avviene nell’anno della lotta contro la povertà e l’esclusione sociale.

Pertanto, è necessario un minimo contesto normativo che disincentivi i licenziamenti. Sono state avanzate alcune proposte. Il punto di partenza è riconoscere come pratica abusiva il licenziamento di massa operato da società che conseguano dei profitti nello stesso paese. La logica conseguenza è l’esclusione di queste società dai sussidi europei, il pagamento di imposte più elevate e di sanzioni e il rimborso dei finanziamenti ottenuti. La domanda è la seguente: la responsabilità sociale delle aziende rientra nell’obbligo di operare come parte integrante della società o le imprese non escludono di porsi come concorrenti dei lavoratori?

 
  
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  Vicky Ford (ECR).(EN) Signor Presidente, accolgo con favore molti degli obiettivi della strategia Europa 2020: la centralità della crescita generata dalle aziende innovative, di una crescita sostenibile e di un tasso di occupazione più elevato. Tuttavia, per raggiungere questi scopi, l’Unione europea non deve soltanto parlare: dobbiamo anche agire.

Per esempio, nell’attuare le riforme essenziali dei servizi finanziari, dobbiamo ricordare che quelle aziende innovative e quegli imprenditori hanno bisogno di accedere ai capitali dei mercati globali, al pari dei nostri Stati membri; mentre tutti gli occhi sono puntati sul Fondo europeo di stabilità e sulla capacità di quest’ultimo di ridurre la volatilità nell’immediato, fondamentalmente la fiducia di lungo periodo potrà essere conquistata soltanto se, insieme a questa crescita ambiziosa, i nostri deficit saranno nuovamente sotto controllo e le stesse finanze pubbliche saranno ritenute sostenibili.

 
  
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  Johannes Hahn, membro della Commissione.(DE) Signor Presidente, credo che la discussione odierna abbia mostrato e dimostrato che il Parlamento può e deve offrire un contributo significativo allo sviluppo della strategia. Nella mia qualità di Commissario, vorrei ringraziare l’onorevole van Nistelrooij e l’onorevole Cortés Lastra, in particolare, per le loro relazioni. Ringrazio altresì tutti coloro che si sono spesi alacremente in questo lavoro, perché avranno voce in capitolo nell’elaborazione della politica regionale e perché entrambe le relazioni hanno indicato quanto sia importante considerare tutte le regioni d’Europa e quanto la politica regionale possa e debba essere una politica per tutte le regioni, come sarà in futuro.

Entrambe le relazioni, in ultima analisi, sottolineano l’impatto positivo di questo provvedimento. Vorrei ringraziare l’onorevole Cortés Lastra, in particolare, per il significativo contributo apportato e per aver evidenziato i risultati effettivi della strategia di Lisbona, nonostante tutte le critiche. Alla fine, non era soltanto un’idea, ma la logica attuazione del concetto di assegnazione delle risorse di bilancio, che in questo caso ha avuto un impatto significativo, soprattutto nel campo dell’innovazione e della ricerca.

L’onorevole Schroeder lo considera forse un boccone amaro, ma ovviamente bisogna pur fissare un obiettivo. Nondimeno, le regioni dotate di strutture locali e di curatori per ciascun progetto hanno avuto, e avranno in futuro, la possibilità di realizzare i singoli progetti e, nel contempo, di raggiungere obiettivi nell’ambito di un unico quadro generale. Naturalmente, è necessario fissare i punti di attenzione e le priorità, un aspetto che costituisce la base per l’assegnazione delle risorse di bilancio. Tuttavia, possiamo conseguire risultati interessanti se utilizziamo contemporaneamente un approccio dal basso verso l’alto e dall’alto verso il basso.

Inoltre, la relazione strategica che ho presentato di recente sulle relazioni dei 27 Stati membri riguardanti lo stadio di attuazione, finora raggiunto, del periodo di programmazione in corso dimostra quanto sia stata sostenibile e puntuale l’assegnazione delle risorse, poiché, su 93 miliardi di euro finora stanziati, 63 sono stati spesi per gli obiettivi di Lisbona, ovvero per la ricerca, l’innovazione, l’investimento nella formazione e, infine, anche per i trasporti e le infrastrutture, nel senso più ampio del termine.

La politica regionale – e quanto dico si evince molto chiaramente dalla relazione dell’onorevole van Nistelrooij – è una locomotiva dell’innovazione, in grado di stimolare il progresso e di rendere e mantenere la società europea più competitiva a livello mondiale. E’ stato dimostrato che, su più di 450 programmi operativi, soltanto 246 sono incentrati sulla ricerca e l’innovazione. Ne emerge in maniera abbastanza evidente la necessità di individuare i punti di attenzione, quali la ricerca e lo sviluppo; occorre dunque continuare a farlo.

Per queste ragioni, era ovvio che nell’attuale periodo di programmazione il settore ricevesse proprio 86 miliardi di euro, che rappresentano il triplo della cifra stanziata per il periodo 2000-2006. Tuttavia, è necessario garantire un miglior coordinamento, soprattutto nel campo della ricerca e dell’innovazione. Non c’è conflitto tra l’eccellenza, da una parte, e un’ampia diffusione geografica, dall’altra. Il nostro obiettivo deve essere la promozione della circolazione dei cervelli, non la fuga di cervelli da alcune o da molte regioni verso poche aree. Al contrario, dobbiamo garantire la circolazione della conoscenza e delle persone coinvolte, in particolare quando parliamo di ricerca, innovazione e sviluppo.

Soprattutto se consideriamo il prossimo periodo di programmazione, uno dei principali obiettivi dovrebbe essere la transizione da un approccio basato essenzialmente sul rendimento, ovvero su una corretta conduzione finanziaria, a una prospettiva e un approccio incentrati sul risultato. Questo deve essere uno dei progressi fondamentali di Europa 2020, rispetto a Lisbona, un passo che davvero ci permetta di frazionare gli obiettivi europei in obiettivi nazionali, regionali e, infine, locali, rendendo le strategie tangibili, visibili e comprensibili.

Una nota finale: a mio modo di vedere, la politica regionale è una politica di investimenti, e con questo intendo investimenti in tutte le regioni. In fin dei conti, tutte le regioni possono beneficiare dall’investimento riuscito di una singola regione, se si considera che due terzi delle esportazioni di ogni Stato membro sono destinati all’Unione europea, agli altri 26 Stati membri. Ciò vuol dire che, se questi paesi conseguono risultati positivi, il ventisettesimo Stato membro farà altrettanto. Questo deve essere uno dei nostri obiettivi. Se oggi parliamo anche delle strategie per affrontare la crisi, la ristrutturazione del bilancio non può essere la nostra unica preoccupazione, perché la crescita costituisce anch’essa un fattore importante. Solo in questo modo si imboccherà la giusta via d’uscita dalla crisi sul lungo termine, e la politica regionale può offrire un contributo significativo a tal fine.

 
  
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  László Andor, membro della Commissione.(EN) Signor Presidente, sono state sollevate cinque domande più due, rispettivamente sulla governance economica e sulla strategia Europa 2020. Farò il possibile per rispondere in cinque minuti e, a tal fine, mi esprimerò in inglese, invece che nella mia madrelingua.

Onorevoli deputati, la prima questione riguarda le strategie che la Commissione adotterà per rafforzare il controllo degli orientamenti generali di politica economica e per garantire un ruolo attivo dei parlamenti nazionali e del Parlamento europeo nel processo di controllo multilaterale.

Per rispondere a questa prima domanda, vorrei riferirmi alla comunicazione della Commissione su Europa 2020, in cui si propone che il Parlamento europeo rivesta un ruolo importante, non soltanto nell’esercizio della sua funzione di colegislatore, ma come forza trainante per la mobilitazione dei cittadini e dei parlamenti nazionali. La Commissione sottolinea altresì l’importanza di instaurare un dialogo permanente tra i diversi livelli di governo, includendo le autorità nazionali, regionali, locali e i parlamenti nazionali, senza tralasciare le parti sociali e i rappresentanti della società civile.

Il secondo quesito riguarda il Patto di stabilità e di crescita e gli strumenti complementari eventualmente previsti dalla Commissione per integrarlo. Vorrei qui far riferimento alla nostra comunicazione sul rafforzamento del coordinamento delle politiche economiche, adottata la scorsa settimana. In tale comunicazione la Commissione ha avanzato delle proposte per rafforzare il rispetto del Patto di stabilità e di crescita e per meglio coordinare le politiche fiscali. Nel dettaglio, la Commissione intende rendere più lungimiranti il controllo sul bilancio e il coordinamento delle politiche. Nell’area dell’euro, in particolare, sembra giustificata l’adozione di un approccio più esaustivo nella valutazione delle politiche di bilancio, che comprenda un esame più approfondito dei punti deboli nei progetti di bilancio nazionali, prima della loro approvazione. Inoltre, affinché gli Stati membri siano giustamente incentivati a ripristinare gli equilibri di bilancio, bisognerebbe migliorare il funzionamento dell’iter da seguire per l’eccesso di disavanzo, accelerando le singole procedure, in particolare, nei confronti degli Stati membri che hanno ripetutamente violato il Patto. La Commissione propone, altresì, di consolidare le misure macroeconomiche di prevenzione per gli Stati membri dell’area dell’euro, elaborando procedure permanenti di risoluzione delle crisi. Con tale meccanismo, l’Unione europea potrebbe emettere obbligazioni per finanziare i prestiti d’emergenza, destinati a un membro dell’eurozona in difficoltà.

Il terzo quesito riguarda le differenze tra i due documenti della Commissione: da una parte, la comunicazione sulle finanze pubbliche nell’UEM 2006, del giugno 2006 e, dall’altra, la relazione “UEM@10” del 2008. Le raccomandazioni politiche formulate nel 2006 erano incentrate sui cambiamenti generati dalla riforma del Patto di stabilità nel 2005. La relazione “UEM@10” è coerente con le tesi sostenute all’epoca, ad esempio l’opportunità della sostenibilità sul lungo termine, la necessità di predisporre incentivi nei periodi più prosperi e il ruolo positivo delle normative fiscali nazionali. Al tempo stesso, la lezione tratta da più di 10 anni di UEM e l’impatto recente della crisi ci invitano a una valutazione aggiornata, ma sempre coerente. La comunicazione della scorsa settimana sul rafforzamento del coordinamento delle politiche economiche verte sulla necessità di rendere il patto più rigoroso, sia negli aspetti preventivi, che in quelli correttivi. Essa formula anche proposte dettagliate in merito alle nuove opportunità offerte dal trattato di Lisbona.

Proponiamo di rafforzare il quadro del Patto di stabilità e di crescita, sia nella sua dimensione preventiva che in quella correttiva; raccomandiamo, inoltre, di estendere la vigilanza sugli squilibri macroeconomici e sulle tendenze della competitività all’interno dell’area dell’euro e di introdurre un “semestre europeo” per rafforzare ex ante il coordinamento delle politiche economiche; infine, proponiamo di lavorare per un meccanismo solido e permanente di risoluzione delle crisi per gli Stati membri dell’area dell’euro afflitti da problemi fiscali.

Il quarto interrogativo riguarda la task force creata dal Consiglio europeo nel marzo del 2010 per migliorare la governance economica nell’Unione. La Commissione coopererà in modo costruttivo, nell’interesse dell’Unione e nel pieno rispetto del suo diritto di iniziativa. La comunicazione della settimana scorsa offre già un contributo concreto a questa task force. Il Parlamento europeo, in questo ambito, è ovviamente un soggetto fortemente interessato alla riforma della governance economica dell’Unione europea. Con la sua opera e con le relazioni presentate nelle commissioni competenti – in particolare, in seno alle commissioni competenti per la crisi economica – il Parlamento sta già dimostrando di offrire contributi validi alle decisioni della task force.

Il quinto e ultimo quesito riguarda la necessità di ripristinare la fiducia nelle banche europee, nei mercati finanziari e nel progetto europeo, in generale. E’ un argomento molto vasto, per cui mi limiterò a sintetizzarlo molto rapidamente. Penso che ci siano tre punti da sottolineare: innanzi tutto, l’importanza della regolamentazione finanziaria per creare un sistema finanziario più sano; in secondo luogo, la formulazione chiara delle norme per la stabilità fiscale, affinché siano trasparenti e comprensibili per tutti; in terzo luogo, il ripristino del potenziale di crescita dell’Europa. E’ per questo motivo che Europa 2020 ha un ruolo essenziale anche in tale contesto. A mio avviso, questi elementi sono dunque tutti ugualmente importanti per ricostruire la fiducia nel progetto europeo.

Tali considerazioni mi portano alle due domande sulla strategia Europa 2020. In linea con le conclusioni del Consiglio europeo di primavera, in particolare per quanto attiene agli obiettivi principali della strategia Europa 2020, la Commissione ha iniziato a lavorare con gli Stati membri per la definizione di obiettivi nazionali che corroborino gli obiettivi chiave. Per agevolare quest’opera, il gruppo indicatori del comitato per l'occupazione ha elaborato due diversi approcci tecnici che indicano le misure che ogni Stato membro deve attuare per garantire che l’Unione europea raggiunga l’obiettivo dell’occupazione al 75 per cento.

Durante l’ultima settimana di aprile e la prima settimana di maggio, la Commissione e la Presidenza hanno tenuto una tornata di incontri bilaterali per scambiare le prime idee sui possibili obiettivi nazionali della strategia. Tali discussioni sono state molto fruttuose e ci hanno permesso di elaborare un primo quadro della posizione degli Stati membri e di comprendere le peculiarità economiche di ogni Stato. Dagli incontri bilaterali è emerso che la maggior parte degli Stati membri sostiene con forza gli obiettivi chiave ed è pronta a prefiggersi ambiziosi obiettivi nazionali per raggiungere le finalità chiave indicate dal Consiglio di primavera. Sulla scorta dell’esito generale di questi incontri, la Commissione elaborerà i risultati, che serviranno da punto di partenza per le diverse formazioni del Consiglio in maggio e in giugno. Se ci sono discrepanze tra gli obiettivi europei e l’insieme degli obiettivi nazionali, continueremo la discussione con gli Stati membri per capire come le azioni a livello nazionale o europeo possano far avvicinare l’Unione europea ai propri obiettivi. Il Consiglio europeo ha dichiarato che rivedrà l’obiettivo principale in giugno, sulla base di questo nuovo lavoro.

Se mi è concesso, ritengo che illustrare l’obiettivo riguardante la povertà sia di particolare interesse. Il Consiglio di primavera ha chiesto alla Commissione di aiutare gli Stati membri a individuare gli indicatori adeguati a conseguire l’obiettivo chiave europeo dell’inclusione sociale, da raggiungere, in particolare, attraverso la riduzione della povertà. Dopo aver appreso delle inquietudini dei diversi Stati membri, la Commissione ha presentato una possibile proposta di compromesso. La proposta si basa sui tre indicatori fondamentali della povertà a livello comunitario, ovvero il rischio di povertà, le privazioni materiali e il numero di famiglie senza reddito: essi riflettono la natura sfaccettata della povertà e il ventaglio delle diverse situazioni negli Stati membri. Mentre molte delegazioni hanno espresso sostegno alla proposta della Commissione in seno al comitato per la protezione sociale, altre hanno insistito per includere il mercato del lavoro nella lista degli obiettivi europei. La Commissione sta analizzando attivamente le possibili soluzioni.

Quanto alla governance, vorrei rassicurarvi sul fatto che abbiamo tenuto in alta considerazione il vostro ruolo nella strategia e le vostre indicazioni. Il Presidente Barroso ha chiaramente segnalato che un maggior coinvolgimento del Parlamento nella strategia Europa 2020 è una delle principali preoccupazioni del suo secondo mandato. Stiamo profondendo tutti i nostri sforzi per garantire che il Parlamento abbia il tempo sufficiente per formulare un parere quest’anno. Sono impegnato in prima persona nel facilitare in ogni modo possibile il vostro compito in questo processo. Abbiamo bisogno di ottenere la collaborazione di tutte le istituzioni europee se vogliamo un controllo di natura politica e il successo della strategia.

Quanto all’istruzione e alla formazione, che è l’argomento del secondo interrogativo su Europa 2020, vorrei soltanto esprimere quanto segue. Già ai tempi del piano di ripresa dalla crisi del novembre 2008, la Commissione invitò gli Stati membri a mantenere gli investimenti in istruzione e formazione, e terremo questa rotta. In generale, gli Stati membri hanno reagito positivamente all’invito a concentrare le misure per la ripresa su investimenti intelligenti e mirati sui fattori di crescita. Molti governi non hanno né ridotto i sussidi agli studenti, né assistito alla progressiva riduzione delle immatricolazioni. Anzi, molti pacchetti per la ripresa includevano misure per sostenere una più ampia partecipazione all’istruzione, soprattutto all’istruzione superiore. Nonostante la crisi, i fondi per l’istruzione annunciati per il 2010 sono rimasti invariati o sono stati aumentati in molti Stati membri. Tuttavia, osserviamo un programma di riduzione della spesa per l’istruzione nei bilanci di altri paesi.

Dobbiamo ricordare che alcuni governi hanno già pianificato – e in alcuni casi effettuato – dei tagli generalizzati dei bilanci pubblici prima dello scoppio della crisi. Molti di questi tagli riguarderebbero l’istruzione. Altri Stati membri stanno studiando le possibili strategie per diversificare le fonti di finanziamento. La Commissione continuerà a vigilare con attenzione su questi aspetti. In alcuni paesi, i vincoli finanziari emergeranno soltanto adesso. Veglieremo sullo stato generale dei bilanci e sull’efficacia degli investimenti.

A livello europeo e nell’ambito del quadro finanziario pluriennale esistente, la Commissione intende attribuire la priorità alle azioni di sostegno alla strategia Europa 2020. Promuovere la ripresa economica, investire nella gioventù europea e costruire le infrastrutture di domani sono le priorità del progetto di bilancio per il 2011, adottato di recente dalla Commissione. Sostenere l’iniziativa faro “Gioventù in movimento” significa rafforzare i programmi “Formazione continua” e “Gioventù in azione”, così come l’azione “Marie Curie” e il programma “Erasmus per giovani imprenditori”.

Non dimentichiamo che in questo ambito interveniamo anche con i Fondi strutturali. Il Fondo sociale europeo, con una dotazione di 76 miliardi di euro per il periodo 2007-2013, aiuta i giovani nel passaggio dalla formazione al mondo del lavoro e fornisce assistenza ai lavoratori che vogliano riprendere la formazione per rinnovare e aumentare le proprie competenze. Circa un terzo dei beneficiari del Fondo sociale europeo è costituito da giovani. Il Fondo sociale destina anche 8,3 miliardi di euro, che rappresentano circa l’11 per cento dell’ammontare complessivo, alla riforma del sistema dell’istruzione e della formazione degli Stati membri.

Tutto ciò dimostra che la strategia Europa 2020 corrobora il concetto di un’economia basata sulla conoscenza e che l’istruzione e la formazione si collocano al centro di questa strategia. Ci assicureremo di avere le risorse per raggiungere i nostri obiettivi.

 
  
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  David Casa (PPE). (MT) E’ preoccupante che la crisi economica stia generando ripercussioni di lungo termine. Con l’invecchiamento della popolazione, si complica anche la sfida, in capo agli Stati membri, di garantire la sostenibilità dello Stato sociale. Pur comprendendo che la spesa pubblica debba essere diversificata perché l’Europa possa realizzare il suo progetto per il 2020, credo anche che questa spesa debba costituire parte integrante della politica fiscale nazionale. La riduzione del tasso di natalità e il crescente invecchiamento della popolazione richiedono un cambiamento delle politiche, se vogliamo garantire la sostenibilità fiscale. Inoltre, bisogna tener presente la crescita delle richieste di erogazioni pensionistiche e di assistenza sanitaria.

Per quanto attiene ai cambiamenti della struttura demografica, l’Unione europea necessita di una strategia volta a motivare i lavoratori più anziani affinché continuino a lavorare per un periodo di tempo più lungo. E’ essenziale considerare queste strategie alla luce delle specifiche necessità dei diversi Stati membri. Non possiamo adottare una politica che vada bene per tutti. Ogni caso merita una specifica attenzione. Di conseguenza, è fondamentale che ci siano più occupati nel mercato del lavoro e che aumentino le occasioni di lavoro altamente qualificato. In questo modo non soltanto si ridurrà la dipendenza dalla previdenza sociale, ma si accrescerà anche il numero dei contribuenti.

Quanto ai posti di lavoro e alla formazione, è fondamentale che l’Unione europea incentri le sue politiche sull’occupazione attiva e inclusiva, sfruttando pienamente il potenziale di tutti coloro che sono in grado di lavorare, soprattutto delle donne, al fine di promuovere l’integrazione dei cittadini più esclusi dal mondo del lavoro e di fornire loro gli strumenti necessari per il proprio successo professionale. Signor Commissario, a qualche settimana di distanza dal nostro rispettivo insediamento, è giunto il momento di rimboccarsi le maniche e di mettersi al lavoro, in modo da raggiungere questi obiettivi, aumentando così l’occupazione nell’Unione europea.

 
  
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  Ole Christensen (S&D).(DA) Signor Presidente, ogni giorno si perdono migliaia di posti di lavoro in Europa e la strategia Europa 2020 vuole essere la risposta europea alle sfide che il futuro ci riserva in questo campo e alla necessità di preservare e rafforzare la nostra competitività, al fine di generare crescita e nuovi posti di lavoro. Dobbiamo scegliere la strada che vogliamo percorrere: vogliamo competere a colpi di ribassi salariali e condizioni di lavoro deplorevoli o vogliamo competere puntando sulla conoscenza e sulle competenze, su posti di lavoro verdi e di qualità nonché sulla garanzia di condizioni occupazionali dignitose?

A tal proposito, è un po’ preoccupante vedere lo sbilanciamento della Commissione verso la flessibilità nel modello della flessicurezza. Non porterà a niente. Le persone hanno bisogno di sentirsi sicure per essere flessibili. C’è bisogno di forme di sostegno sulle quali le persone possano contare, in caso di perdita del posto di lavoro. E’ necessario offrire ulteriore formazione, in modo che i cittadini possano circolare nel mercato del lavoro per cogliere le migliori opportunità occupazionali. Sono necessari investimenti negli Stati membri, ma devono essere investimenti che ripaghino sul lungo termine.

La Commissione deve agire in maniera più decisa per colpire il dumping sociale. Coloro che lasciano un paese per andare in un altro, per motivi di lavoro, dovrebbero lavorare alle condizioni previste nel secondo paese. La Commissione deve garantire che tutti siano tutelati dalla normativa sui lavoratori immigrati – che ha valenza comunitaria – e che la normativa relativa al mercato interno non abbia il sopravvento sulle norme relative alla tutela dei diritti dei lavoratori.

 
  
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  Marian Harkin (ALDE).(EN) Signor Presidente, vorrei soltanto dire che la discussione di questo pomeriggio riflette la volontà del Parlamento, o meglio l’insistenza sul dovere di essere totalmente impegnati in questo processo. Considerando il poco tempo a mia disposizione, vorrei soltanto formulare tre brevi osservazioni. Concordo con l’affermazione del Commissario Rehn – e anche con quella espressa oggi dal Commissario Andor – sulla necessità di esaminare i bilanci degli Stati membri. Innanzi tutto, sembrava che l’area dell’euro e l’Unione europea non sarebbero neanche arrivate al 2020, in quanto tali. Per garantire non soltanto la nostra sopravvivenza, ma anche la nostra prosperità, è essenziale che gli Stati membri mantengano gli impegni presi e le promesse già formulate. Chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati è sempre stato un esercizio inutile.

In secondo luogo, negli ultimi 18 mesi, gli Stati membri e l’Unione europea si sono concentrati quasi esclusivamente sulla stabilizzazione delle istituzioni finanziarie. Infatti, ne siamo stati logorati. Sebbene si tratti di un obiettivo importante, moltissimi cittadini hanno perso fiducia e si sentono ora abbandonati. Chiedono sostegno agli Stati membri e guardano all’Unione europea affinché definisca un quadro favorevole alla creazione di posti di lavoro, allo spirito d’impresa e al sostegno alle piccole e medie imprese; ma principalmente un quadro che coniughi la crescita economica e la creazione di posti di lavoro dignitosi, unitamente al miglioramento del benessere di tutti i cittadini, soprattutto di coloro che vivono al di sotto della soglia di povertà.

Infine, la disoccupazione giovanile sta causando una profonda crisi. Un documento della Commissione pubblicato ieri ha confermato che i giovani disoccupati nell’Unione europea sono pari al 20 per cento, il doppio rispetto alle previsioni formulate per la disoccupazione generale. Tale crisi è non meno reale e immediata della crisi economica e, pur avendo ascoltato i commenti della Commissione sulle iniziative per i giovani, che apprezzo, deve esserci un concreto coordinamento tra gli Stati membri e una forte influenza sugli stessi per tradurre tali iniziative in posti di lavoro effettivi.

 
  
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  Janusz Wojciechowski (ECR).(PL) La strategia Europa 2020 contiene obiettivi ambiziosi e quasi incontestabili, che però sono stati definiti come se l’Unione europea fosse già in salute, libera da preoccupazioni, pronta a dedicarsi soltanto alla costruzione di un futuro radioso. Nel frattempo, sappiamo che molte sono le cause di preoccupazione e, soprattutto, molte le differenze tra le nazioni e le regioni europee ricche e quelle povere sul piano dello sviluppo.

Osservo con stupore che, tra le priorità della strategia, non c’è posto per lo sviluppo dell’agricoltura, mentre sappiamo che, in definitiva, entro il 2050 il pianeta dovrà aumentare la produzione di cibo del 70 per cento, perché ci saranno sempre più individui al mondo e la superficie usata per scopi agricoli sarà sempre più ridotta. E’ difficile capire perché lo sviluppo dell’agricoltura non figuri tra le priorità nella strategia.

Agricoltura significa sicurezza alimentare, agricoltura significa sicurezza ecologica e questi aspetti sono estremamente importanti per noi e per le future generazioni. Non riesco a immaginare una strategia di sviluppo responsabile per l’UE che non comprenda l’attenzione per lo sviluppo dell’agricoltura europea.

 
  
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  Georgios Koumoutsakos (PPE).(EL) Signor Presidente, prima di parlare della strategia 2020, ritengo che sia necessari o rispondere ad alcuni punti sollevati in precedenza da uno o due deputati circa la posizione del partito greco di centro-destra sul meccanismo di sostegno all’economia greca. Dobbiamo chiarire alcuni aspetti. Il nostro partito non si è mai opposto al meccanismo europeo di sostegno alla Grecia. Il nostro partito aveva soltanto una certa idea delle misure che si sarebbero dovute adottare. I provvedimenti che si applicano adesso certamente provocheranno una recessione importante e una stagflazione profonda; il governo li ha definiti da solo, senza cercare un consenso e senza informare preliminarmente gli altri partiti politici e la società greca. La maggioranza del governo ha rifiutato ogni accordo preliminare che avrebbe potuto condurre a un più ampio e necessario consenso politico e sociale. Ribadisco che il partito ND non si è opposto al meccanismo di sostegno dell’Unione europea e del Fondo monetario internazionale. Abbiamo il massimo rispetto per tutte le risorse stanziate dai nostri partner e li ringraziamo del loro sostegno. E’ per questo che, con responsabilità, abbiamo sostenuto un insieme di politiche diverso, più efficace. Siamo a favore di una disciplina finanziaria rigorosa e di una politica per la crescita, in modo che la Grecia possa rompere il circolo vizioso della recessione profonda e dell’inflazione galoppante, con conseguenze disastrose per la società e per l’economia greca e, in ultima istanza, con un impatto negativo sull’Europa.

Per quanto riguarda la nostra discussione sulla crisi economica e sulla strategia 2020, ritengo che sia giunto il momento di azioni specifiche e di risultati tangibili. Basta con le parole. E’ questo il nodo centrale del mio discorso. Semplifichiamo. L’euro è un successo storico dell’integrazione europea e dobbiamo difenderlo e salvarlo. E’ per questo motivo che è necessaria una solida governance finanziaria ed economica poiché, senza questa strategia 2020, rischiamo il fallimento e rischiamo di ripetere il precedente costituito dalla strategia di Lisbona.

(L’oratore accetta di rispondere a un’interrogazione presentata con la procedura del cartellino blu ai sensi dell’articolo 149, paragrafo 8, del regolamento)

 
  
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  Marc Tarabella (S&D).(FR) Onorevole Koumoutsakos, lei è davvero impudente! L’ho appena sentita chiamare in causa il governo greco, sostenendo che non si è disturbato a consultarvi o a consultare gli altri partiti e la società civile per adottare le misure necessarie. Tengo a ribadire che l’attuale governo greco non è assolutamente responsabile della situazione. E’ vittima degli speculatori, che denuncerò tra un attimo, quando avrò la parola. Mi sembra però ugualmente doveroso sottolineare la responsabilità del precedente governo, che ha truccato le cifre per diversi anni, e il suo partito è stato al potere per almeno due legislature. Ritengo, pertanto, che la responsabilità sia da attribuire principalmente alla Grecia e che la responsabilità politica ricada sul suo partito. Può rispondere a questa mia domanda, onorevole Koumoutsakos?

 
  
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  Georgios Koumoutsakos (PPE).(EL) Onorevole collega, il suo discorso denota una certa disinformazione. Il precedente governo greco ha ereditato un’economia profondamente indebitata, davvero fortemente indebitata, un’economia con le fondamenta marce, e questi problemi, problemi cronici, profondamente radicati da più di 30 anni, sono stati evidenziati e amplificati dalla grande crisi economica internazionale.

Naturalmente, il precedente governo non è stato impeccabile, ma errori molto più imponenti, dovuti o alla debolezza o alla mancanza di coraggio, sono stati commessi dall’attuale governo, che ha preso provvedimenti per contenere la situazione con almeno cinque mesi di ritardo: in questo modo, la crisi del deficit, che esiste in ogni paese, come lei sa bene, è diventata una crisi del debito.

E’ così che siamo giunti oggi a questa situazione drammatica. E’ questa la risposta che le porgo, in considerazione della nostra disponibilità all’auto-critica; ma in questo caso vale l’antico adagio “chi è senza peccato, scagli la prima pietra”.

 
  
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  Edward Scicluna (S&D). (MT) Signor Presidente, l’importanza della sostenibilità di lungo termine delle finanze pubbliche non era mai giunta alla ribalta in modo così eclatante. E’ facile e naturale dire “vi avevamo avvertito di non lasciare fuori controllo il deficit e il debito” e avevamo tutte le ragioni per farlo. Tuttavia, oggi che molti Stati membri dell’Unione europea, inclusi quelli dell’area dell’euro, si trovano in questa situazione insostenibile, non possiamo capovolgere la situazione e cercare di riprendere le redini nel più breve tempo possibile, ignorando il grave contesto economico che ci circonda.

Non è un appello a rimandare l’intervento sui conti pubblici. Non voglio insinuare niente del genere. Nondimeno, chiedendo l’attuazione indiscriminata di programmi di austerità nei paesi dell’Unione europea condanneremmo l’intero continente a un lungo periodo di crescita economica lenta, se non peggio. Non possiamo permetterci di frenare la domanda, anche in quei paesi che vantano avanzi di bilancio, sia sul piano interno che esterno, e che hanno i mezzi per spender di più e non di meno.

Dobbiamo aiutare i paesi dell’Unione europea più deboli a stimolare l’economia con le esportazioni e, di conseguenza, aiutarli a incentivare le possibilità di crescita dell’occupazione. Non dobbiamo essere dogmatici. La situazione richiede un’azione intelligente e una certa flessibilità in molti ambiti, non ultima la politica economica.

 
  
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  Elizabeth Lynne (ALDE).(EN) Signor Presidente, la proposta della Commissione per la strategia Europa 2020 contiene, del tutto legittimamente, numerosi riferimenti alla ripresa economica, ma non si occupa a sufficienza della povertà, a mio avviso, ed è per questo che apprezzo che lei abbia citato la riduzione della povertà nel suo discorso.

Dobbiamo ricordare che i soggetti più vulnerabili della società soffrono in ogni recessione economica più di chiunque altro, ed è per questo che dobbiamo creare meccanismi atti a proteggerli. Per esempio, vorrei vedere un obiettivo di riduzione del 25 per cento del numero di cittadini europei che vivono in povertà, così come vorrei che fosse garantito, a coloro che oggi sono esclusi dal mercato del lavoro, di avere nuovamente accesso a un posto di buona qualità; al tempo stesso, vorrei che ci prefiggessimo degli obiettivi per sradicare il lavoro in nero.

Dobbiamo anche assicurarci che gli Stati membri investano nella previdenza sociale e nello Stato sociale e che garantiscano il godimento dei diritti, l’accesso alle risorse e ai servizi universali. Auspico inoltre che venga fissato un obiettivo comunitario affinché gli Stati membri mettano fine al fenomeno dei senzatetto entro il 2015 e si elaborino strategie integrate in questo ambito.

In tutti questi ambiti, è necessario consultare con maggiore frequenza non soltanto il Parlamento – e mi rallegro del fatto che lei abbia citato questo punto – ma anche le ONG che lavorano nel settore. Deve essere inoltre rafforzato il metodo aperto del coordinamento in campo sociale. Sappiamo tutti che non ha funzionato tanto egregiamente quanto avrebbe potuto, ma credo che possa funzionare bene in futuro, se verranno creati i giusti meccanismi – ma soltanto a questa condizione.

 
  
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  Ryszard Czarnecki (ECR).(PL) L’adozione della strategia avviene nel peggior momento possibile, quando la produzione industriale in Europa è precipitata ai livelli degli anni novanta e il prodotto interno lordo dell’Unione europea è sceso del 4 per cento. Tuttavia, l’aspetto più preoccupante non è rappresentato dalla tempistica. L’aspetto peggiore è che quattro delle cinque priorità presentateci come le locomotive principali dello sviluppo dell’Unione difficilmente possono essere considerate europee, in particolare l’occupazione, la ricerca e lo sviluppo, l’istruzione e la lotta contro la povertà. In sostanza, non c’è nulla di sovranazionale in questi settori. Sono aspetti di cui sono responsabili i singoli paesi. Si può dire che soltanto la politica del clima sia un ambito in cui si possano intraprendere determinati percorsi a livello europeo. Le altre, francamente, sono questioni di competenza dei singoli Stati membri.

 
  
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  Marc Tarabella (S&D).(FR) Signor Presidente, la strategia Europa 2020 dovrebbe integrare le analisi sulla crisi economica e proporre una nuova governance, anziché emendare l’attuale sistema fallimentare.

Innanzi tutto, basta con le false convinzioni, soprattutto quelle riguardanti la Grecia. Non è una crisi greca. La Grecia e il suo popolo sono oggi vittime di un sistema economico e finanziario dominato dall’avidità, un sistema nel quale i paesi del G20 hanno versato, in totale, diverse migliaia di miliardi di dollari in pochi giorni per salvare le banche, lasciando la Grecia agonizzante per diversi mesi.

Oggi non si contano neanche più i vertici internazionali: che sia quel che sia. Si stava finalmente per regolamentare la finanza e l’Europa continuava a riflettere, discutere, ma gli avvoltoi sono rimasti lì. Cosa si sente dire da tutti, oggi? Bisogna rassicurare il mercato. Ma chi è il mercato? Sono gli speculatori, come se fossero delle semidivinità cui presentare offerte per supplicarli di graziarci.

Per quanto tempo ancora i cittadini dovranno subire questo cinismo? Per quanto tempo ancora vivremo nell’illusione del mercato, che riserva ai finanzieri più di quanto meritino, depauperando il popolo? Non possiamo accettare che il terrorismo dei mercati finanziari metta in ginocchio interi paesi.

Un falsario corre un grosso rischio perché attacca un elemento della sovranità di uno Stato: la moneta. Eppure, quando un broker specula sul debito di un paese, non rischia nulla. Quando ci saranno vere sanzioni per i colletti bianchi, criminali dell’alta finanza? Bisogna mettere al bando gli speculatori che si arricchiscono avidamente alle spalle della popolazione; bisogna finirla con le banche casinò, che giocano con la vita e con l’avvenire dei cittadini, ed esigere che l’Europa ponga sotto serio controllo i mercati finanziari, invece di minare i servizi pubblici.

Onorevoli colleghi, per concludere, penso che si siano presi gioco di noi abbastanza a lungo. Possiamo anche indire un vertice straordinario ogni venerdì e stanziare miliardi, ma se non si interviene sulle radici di questo malcostume, uno di questi venerdì finiremo per annunciare che l’Unione europea è in bancarotta.

 
  
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  Filiz Hakaeva Hyusmenova (ALDE).(BG) Signor Presidente, nel corso degli anni la politica di coesione europea ha dimostrato il proprio ruolo vitale ed è diventata una delle politiche centrali della Comunità. Offre ai cittadini europei un indicatore della solidarietà visibile e quantificabile e la sua importanza viene attestata dall’inserimento tra gli obiettivi del trattato di Lisbona. Tutto ciò merita giustamente un suo posto nella strategia Europa 2020.

Nel progetto di strategia, a questa politica non è stato riservato il posto che le spetta. Per questo motivo, apprezzo molto la relazione che include la politica di coesione tra gli obiettivi da raggiungere con il trattato di Lisbona e con la strategia 2020 e presenta preziosi orientamenti. Oltretutto, abbiamo bisogno di una forte politica di coesione adesso che la crisi economica sta riducendo il numero di posti di lavoro e indebolendo la nostra competitività; la stessa esigenza si presenterà anche per il futuro e solo in questo modo potremo confermare il ruolo di forte competitore globale dell’Unione europea.

E’ essenziale introdurre indicatori affidabili, che mostrino l’efficacia e l’efficienza delle risorse investite in questa politica. Come recita la relazione, è necessario valutare, sulla base di indicatori specifici, l’impatto sullo sviluppo regionale degli stanziamenti della politica di coesione. Per individuare gli indicatori necessari alla valutazione, la Commissione dovrebbe prendere in considerazione e proporre una definizione chiara del concetto di “coesione territoriale”, perché è esattamente ciò che figura nel trattato di Lisbona. Soltanto dopo aver elaborato la definizione di questo concetto, possono essere stabiliti criteri di valutazione precisi e obiettivi. Si edificherà così una base concreta per la politica di coesione, così come per le istituzioni e per i cittadini.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. PITTELLA
Vicepresidente

 
  
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  Tamás Deutsch (PPE). (HU) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto congratularmi con i relatori per l’ottimo lavoro svolto e ringraziare i Commissari per le loro riflessioni, che ritengo valide e significative.

Qualche anno fa, un mio buon amico, nonché mentore, mi ha detto che, nella vita, ci si troverà sempre in situazioni in cui si può essere parte del problema o parte della soluzione. A mio avviso, al momento la strategia UE 2020 può essere considerata più parte del problema che della soluzione, ma è una nostra responsabilità congiunta garantire che diventi più parte della soluzione. Soffermatevi un attimo a riflettere sul nome attribuito alla strategia, già di per sé problematico: nella stragrande maggioranza delle lingue dell’Unione europea, il nome “strategia UE 2020” non riveste alcun significato. E’ difficile immaginare che una comunità composta da oltre 500 milioni di cittadini possa identificarsi con una strategia che dovrebbe risolvere i problemi quotidiani e che porta invece un nome tanto immateriale e lontano dalla loro realtà personale. Questo nome può avere un senso in una discussione tra specialisti di marketing, ma non è questo il caso; qui si tratta di normali cittadini europei.

Vi è anche un altro saggio detto molto usato in Ungheria: chi troppo vuole nulla stringe. Dal mio punto di vista, questo proverbio ben rappresenta l’essenza di questa strategia, che è ancora parte del problema e che dovrebbe forse concentrarsi sulla questione più importante. A mio avviso, dovremmo innanzi tutto rafforzare lo sviluppo regionale, che richiede indubbiamente investimenti, crescita e creazione di posti di lavoro, dato che attualmente il problema più grave per la popolazione è appunto il lavoro. Abbiamo bisogno di più posti di lavoro. Sono questi gli aspetti che vorrei portare alla vostra attenzione.

 
  
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  Francesco De Angelis (S&D). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il varo della strategia dell'Unione europea per il 2020 chiude di fatto una fase, quella della strategia di Lisbona, e deve fare i conti con gli effetti negativi e strutturali che la crisi finanziaria, economica e sociale ha prodotto e continua a produrre.

Ecco, io credo che, per essere effettiva, la strategia 2020 deve puntare su due elementi qualificanti: il primo, un sistema di valutazione dei progressi che preveda anche il ricorso al meccanismo di premi e sanzioni; il secondo, una energica politica di investimenti in infrastrutture, oltre ovviamente a strumenti per il governo del sistema finanziario e a politiche per il recupero del dialogo e della coesione sociale.

Le infrastrutture sono l'asse per il rilancio delle politiche dell'innovazione nell'industria, nella piccola e media impresa, nell'ambito dei consorzi produttivi, degli istituti di ricerca, nel rapporto di questi con le università e le istituzioni di prossimità. È per questa ragione che la relazione van Nistelrooij è da salutare con apprezzamento, perché oltre a darci un quadro approfondito del lavoro compiuto finora negli Stati membri, inizia a lavorare sui criteri di armonizzazione degli strumenti finanziari e dei programmi operativi rivolti alla innovazione.

L'armonizzazione di regole, di procedure, di pratiche amministrative per la gestione dei progetti europei, la semplificazione, lo snellimento delle procedure sono le risposte che i nostri attori territoriali e i cittadini ci chiedono da molto tempo. Ecco, io credo che su questo punto l'Europa può e deve fare molto, per favorire la crescita, lo sviluppo e il lavoro.

 
  
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  Marietje Schaake (ALDE).(EN) Signor Presidente, mentre tentiamo di risolvere la crisi finanziaria ed economica, vorrei sottolineare l’esistenza di un altro deficit non trascurabile: la conoscenza. Devo ammettere con rammarico che l’Europa sta diventando di giorno in giorno un continente sempre più ignorante, sebbene la conoscenza rappresenti la nostra risorsa più ricca e prospera. Investire nella conoscenza non comporta alcun rischio.

E’ però la generazione di giovani europei a pagare il prezzo della crisi, poiché la disoccupazione giovanile cresce e le spese per educazione e innovazione vengono congelate o tagliate. Non possiamo evitare i tagli alle spese, ma manteniamo quantomeno un atteggiamento da XXI secolo. Infatti, dove va a finire la metà dei fondi europei oggi? Nell’agricoltura, quando dovrebbe essere invece destinata alle generazioni giovani e alla loro crescita. E non mi riferisco solo all’educazione tradizionale, ma a un’istruzione che si concentri, per esempio, sulla conoscenza degli strumenti informatici e sullo sviluppo di uno spirito imprenditoriale.

Sappiamo che più titoli di studio si hanno, meno si rischia di perdere il proprio posto di lavoro. Gli Stati membri però non si stanno impegnando come dovrebbero per promuovere un’economia della conoscenza ambiziosa. L’Europa penalizza le future generazioni di europei impedendo loro di sviluppare il proprio talento e di realizzare appieno le proprie ambizioni, mentre lascia che Cina, India e Stati Uniti diventino mete privilegiate per i giovani di talento, per la ricerca, per la creatività e per l’innovazione.

L’adozione di misure a breve termine comporterà un costo elevato sul lungo periodo. Per promuovere uno spirito imprenditoriale, l’eccellenza e un futuro sostenibile per l’economia europea è necessario essere disposti a investire nella conoscenza. Chi pensa che la conoscenza costi, infatti, non sa qual è il prezzo dell’ignoranza.

Il Commissario Kroes ha presentato oggi la sua visione per l’agenda digitale europea, uno dei programmi ammiraglio per Europa 2020. Si tratta di una strategia ambiziosa ma concreta, volta a rafforzare il mercato digitale europeo nel contesto economico globale e a collegare molti europei a una rete Internet aperta.

Ritengo sia giunto il momento di prendere più decisioni intelligenti e di fare in modo che l’attuale crisi non gravi come un’ipoteca sulle spalle dei giovani e della loro generazione con un interesse che non saranno mai in grado di rimborsare.

La Commissione appoggia un approccio coordinato, che prenda le distanze da un processo decisionale gestito in un’ottica intergovernativa per conferire un ruolo di maggior peso alla Commissione e al Parlamento, in modo tale da garantire che gli Stati membri possano tener fede ai propri impegni?

 
  
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  Thomas Mann (PPE).(DE) Signor Presidente, la strategia di Lisbona non ha registrato risultati sostenibili. Per quale motivo? Gli Stati membri, le parti sociali e ampie fette della società civile non sono stati coinvolti in misura sufficiente e, pertanto, non sentivano di dover condividere la responsabilità della buona riuscita della strategia. La strategia UE 2020 può essere diversa: potrebbe essere un successo, signor Commissario, se coinvolgesse anche i soggetti esclusi, che si sentono sconfitti e che spesso non hanno un gruppo di pressione con cui esprimersi.

Nell’Unione europea, meno di due terzi della popolazione attiva ha un posto di lavoro; meno della metà dei lavoratori più anziani è occupata; ottanta milioni di europei non sono sufficientemente qualificati e hanno sempre meno opportunità sul mercato del lavoro. E’ una situazione inaccettabile, ma una strategia futura, per essere efficace, deve avere una dimensione sociale. La crescita qualitativa nell’economia e nell’occupazione deve poter andare di pari passo con l’uguaglianza sociale e la sostenibilità. Rivolgendomi al Commissario Andor, posso affermare che stiamo lavorando entrambi su questo fronte.

Cosa significa concretamente? I sistemi di previdenza sociale degli Stati membri devono essere adattati ai cambiamenti democratici e attraverso lo scambio delle migliori prassi in tutta Europa, possiamo offrire il nostro contributo in questo senso, imparando gli uni dagli altri. Il Fondo sociale europeo – uno dei vostri argomenti preferiti – deve essere adattato alle nuove sfide se vogliamo essere più efficienti sul campo. Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione è strutturato in modo tale per cui chi è a rischio di disoccupazione riesca a trovare la sua strada. La nostra società deve fondarsi sul concetto di inclusione e di integrazione dei giovani – attraverso opportune offerte educative e formative, per esempio – per consentir loro di crescere sul piano professionale e personale.

Nonostante i necessari provvedimenti di consolidamento dei bilanci nazionali – oggetto, per l’appunto, della disamina e della discussione odierne – c’è un ambito in cui non dobbiamo tentare di risparmiare: gli investimenti nei nostri cittadini, sotto il profilo economico, sociale e della sostenibilità. Il destino della strategia UE 2020 dipende da questi tre pilastri.

 
  
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  Jutta Steinruck (S&D).(DE) Signor Presidente, onorevole Mann, spero che si tenga regolarmente in contatto con il suo cancelliere, se vede le cose come me.

La strategia UE 2020 offre l’effettiva opportunità di rafforzare la dimensione sociale dell’Europa: un’opportunità di cui abbiamo bisogno proprio in questo momento, considerando le numerose critiche rivolte all’Europa e l’allontanamento dai suoi cittadini. Abbiamo assolutamente bisogno di offrire elementi positivi ai nostri cittadini, elementi in grado di compensare questa situazione. In termini di crescita e occupazione, dobbiamo smettere di anteporre gli interessi delle aziende a quelli dei cittadini. Anzi, proprio questo deve essere l’obiettivo prioritario della strategia UE 2020, dato che l’Europa ha bisogno di compiere passi avanti sul fronte sociale.

Come ho già sottolineato lunedì scorso in occasione del dibattito in seno alla nostra commissione riguardo le linee guida per la politica sull’occupazione, non dobbiamo perdere di vista l’obiettivo della piena occupazione, ma non possiamo puntare a questo risultato a tutti i costi, poiché abbiamo comunque bisogno di posti di lavoro di qualità. Diciamo sempre che abbiamo bisogno di posti di lavoro, ma per me è importanti che si tratti di posti di buona qualità, che si possa garantire un’efficace sistema di previdenza sociale, che le persone non debbano vivere con il sussidio e che possano effettivamente guadagnarsi da vivere.

La natura sempre più precaria della vita lavorativa, le disuguaglianze sempre più accentuate e l’aumento della povertà – cui hanno accennato molti oratori oggi – sono tutte realtà cui è necessario porre fine con la strategia UE 2020. Abbiamo bisogno di una politica del mercato del lavoro più attiva, in grado di coprire numerosi ambiti. I cittadini europei si aspettano risposte più specifiche, risposte molto specifiche e non, per l’appunto, l’ennesima strategia!

 
  
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  Bogusław Sonik (PPE).(PL) La crisi economica che ha colpito il nostro continente ha richiesto – giustamente – tutta la nostra attenzione, nel tentativo di salvare le economie degli Stati membri e di costruire un meccanismo europeo comune volto tutelarci contro il crollo dell’economia. E’ comprensibile che, oggi, l’attenzione degli europei sia diretta verso la necessità di accelerare il ritmo dello sviluppo e la creazione di posti di lavoro. Tuttavia, al momento di costruire una strategia per l’Unione europea, non possiamo limitarci per anni solo a un dibattito sull’economia; l’Unione europea non deve comportarsi da semplice uomo d’affari che sta costruendo il successo della propria impresa.

La strategia UE 2020 deve contenere un riferimento specifico al ruolo della cultura nel conseguimento degli obiettivi sociali ed economici prefissati. Dopotutto, queste priorità influiranno sulla futura distribuzione dei fondi europei. Dobbiamo pertanto mantenere la possibilità di finanziare ambiti quali lo sviluppo delle infrastrutture culturali e la tutela del patrimonio culturale nell’ambito del Fondo europeo di sviluppo regionale. Con la strategia UE 2020 dobbiamo evidenziare l’influenza esercitata dalla cultura sullo sviluppo socio-economico europeo, dato che, in ultima analisi, l’Europa deve la propria reputazione al capitale intellettuale e ai settori creativi. E’ in questi ambiti che possiamo costruire la nostra competitività rispetto ad altre regioni del mondo. La creatività deve essere stimolata e sviluppata sin dalle prime fasi della vita per potersi trasformare, in un secondo tempo, in vera innovazione, anche nel campo delle moderne tecnologie.

La politica europea non deve trascurare la cultura e non deve rifiutare tutte le proposte volte a potenziarne il ruolo nella politica dell’Unione, limitandoci a dire che rientra nelle competenze degli Stati membri. L’Europa, oggi, è fiera di progetti come la Capitale europea della cultura, un progetto creato dalle città europee, che devono quindi farsi carico in misura maggioritaria dell’intero programma, di per sé spettacolare.

Mi auguro che la Commissione europea dimostrerà maggiore determinazione nel garantire che la versione finale della strategia UR 2020 non tralasci la dimensione culturale.

 
  
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  Silvia Costa (S&D). – Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, a dieci anni dall'avvio della strategia di Lisbona e alla vigilia della strategia Europa 2020, in piena crisi economica ma anche sociale e occupazionale, sappiamo che non si esce da questa crisi, non si gettano le basi per una nuova crescita sostenibile, una nuova coesione sociale – come lei ha detto – se non si rafforzano i meccanismi e gli strumenti dell'Unione europea per sostenere gli investimenti nelle politiche del triangolo della conoscenza: l'istruzione, la formazione, la ricerca.

Lei, signor Commissario, poco fa ha affermato che rispetto a questo obiettivo alcuni governi europei stanno lavorando bene, altri un po' meno. Per non cadere nei limiti rivelati dalla strategia di Lisbona, la Commissione credo che debba rafforzare su questo piano il metodo aperto di coordinamento con gli Stati membri, prevedere incentivi e sanzioni nel Fondo sociale europeo, monitorare i risultati.

Non penso che possa essere coerente che governi, come anche il governo italiano, taglino in tre anni otto miliardi di euro nell'istruzione e nell'università, senza reinvestirli in questi ambiti, pur avendo noi il 19% di dispersione scolastica e il 25% di disoccupazione giovanile.

Le chiedo infine se non ritiene opportuno il rafforzamento giuridico della direttiva 2005/36/CE per agevolare il riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali tra gli Stati membri. Secondo il rapporto del professor Monti, infatti, oggi meno del 3% dei lavoratori europei lavora in un altro Stato membro e una delle ragioni sembra essere appunto questo difficile riconoscimento mutuo delle qualifiche.

 
  
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  Amalia Sartori (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, una considerazione anche da parte mia su quello che è avvenuto nel decennio scorso 2000-2010 per quanto riguarda Lisbona. È vero che molti di noi, visto anche quello che poi è successo fino al 2008-2009, abbiamo guardato con non piena soddisfazione sui risultati ottenuti. Però è indubbio che in quel decennio erano nate aspettative e speranze e si era anche lavorato molto per raggiungere gli obiettivi che si era posti, soprattutto sul piano dell'occupazione.

Oggi ci troviamo davanti a un nuovo decennio più problematico, più difficile, e rispetto alle proposte che finora ci sono arrivate, io in parte le condivido anche se leggendole approfonditamente vedo ancora troppa dispersione. Io mi fermerei molto su quelli che sono i capitoli guida di questa proposta e mi limiterei a pensare alla crescita e all'occupazione.

Più posti di lavoro, più crescita economica: questo è l'obiettivo che noi dobbiamo porci, tenendo conto che ce lo poniamo in una situazione di eccessivo livello di debito pubblico, di crescita strutturale lenta, di alti tassi di disoccupazione. E quindi gli obiettivi che ci poniamo sono troppo ambiziosi e a volte ci sono delle rigidità. Ecco, forse un po' meno di ambizione, un po' più di flessibilità, e gli obiettivi di crescita e di occupazione sono raggiungibili

 
  
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  Zita Gurmai (S&D).(EN) Signor Presidente, il Commissario Reding ha confermato – come ribadito peraltro anche dal Presidente Barroso nella sua lettera di oggi – che la Carta delle donne impegna la Commissione a promuovere e garantire l’uguaglianza di genere e i diritti della donna in tutti gli ambiti della politica. A questo proposito, non nascondo la mia delusione nel constatare che questo intento non è stato tradotto in realtà nella strategia UE 2020. Non dovremmo mostrare più ambizione rispetto alla strategia di Lisbona? Ignorare il 52 per cento delle competenze, della conoscenza e della forza lavoro disponibili in Europa, in ogni settore e ad ogni livello, sarebbe una grave perdita.

Se l’Europa intende effettivamente sfruttare tutto il proprio potenziale e uscire dalla crisi, dobbiamo garantire che il tasso di occupazione femminile aumenti fino a raggiungere almeno il 70 per cento, da dimostrare sulla base di statistiche specifiche di genere. Abbiamo bisogno di obiettivi specifici che ci consentano di misurare l’impegno di ogni Stato membro nei confronti dell’uguaglianza di genere e di apportarvi i necessari miglioramenti.

In che modo? Dobbiamo diminuire la differenza salariale di genere del 10 per cento in ogni Stato membro; dobbiamo rivalutare il settore sanitario, di stampo prevalentemente femminile, aumentando le retribuzioni e migliorando le condizioni di lavoro; dobbiamo incrementare la disponibilità dei servizi, settore sempre più importante per la nostra società, soggetta al fenomeno dell’invecchiamento.

Il numero di donne all’interno degli organi decisionali, in particolare in posizioni direttive ed esecutive in seno ai consigli, deve aumentare sulla falsariga del modello norvegese basato su una quota del 40 per cento. Allo stesso modo, alle donne spetta una maggiore possibilità di impiego nei settori della ricerca, dello sviluppo e dell’innovazione, nonché una formazione specifica per i nuovi lavori verdi.

Gli Stati membri devono assolutamente espandere, migliorare e attuare al proprio interno gli obiettivi di Barcellona. Abbiamo bisogno di un vero impegno da parte dell’Unione europea e di tutti gli Stati membri, con il coinvolgimento di tutti i cittadini verso una società progressista, intelligente e verde. Sono convinta che il Commissario Andor porterà avanti questo impegno.

 
  
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  Jan Olbrycht (PPE).(PL) Una discussione sulla strategia UE 2020 deve tener conto dell’esperienza maturata con la strategia precedente. Sappiamo tutti bene che gli insuccessi registrati dalla strategia di Lisbona sono dovuti, essenzialmente, al fatto che si fondava sulla responsabilità degli Stati membri nell’ambito del metodo di coordinamento aperto. I successi, invece, sono stati conseguiti grazie alla “lisbonizzazione”, ovvero all’inserimento di alcuni obiettivi di Lisbona nella politica di coesione.

Dobbiamo ora chiederci quale approccio intendiamo adottare nella definizione della nuova strategia. In questo momento sembra fondamentale, in primo luogo, dimostrare in maniera chiara che abbiamo a che fare con politiche inerenti al trattato, vale a dire politiche che non sono state preparate ai fini di una strategia, ma che operano su un orizzonte temporale più ampio, come la politica di coesione. Per questo è necessario impiegare le singole politiche per mettere in pratica la strategia, che – come ci insegna l’esperienza – potrà funzionare solo se le singole politiche sono integrate tra di loro. Ogni misura che tende a separare le politiche, a ripartire fondi e a suddividere ruoli condurrà al fallimento, come è accaduto con l’ultima strategia. Dobbiamo pertanto associare, integrare e produrre azioni in un’ottica sinergica.

 
  
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  Liisa Jaakonsaari (S&D).(FI) Signor Presidente, l’indebitamento delle economie nazionali e l’invecchiamento della popolazione rappresentano, per l’Europa, una vera e propria bomba a orologeria. Sappiamo che, per esempio, nel corso dei prossimi dieci anni l’incidenza delle patologie legate all’età, come il morbo di Alzheimer, raddoppierà, andando a pesare in maniera consistente sulle economie nazionali. Anche l’indebitamento costituisce peraltro un grave problema; per quanto mi ricordo, la Romania di Ceauşescu era un paese privo di debiti, così come la Corea del Nord. Esiste anche un debito intelligente e produttivo, ovvero un debito investito nelle persone. Da questo punto di vista, l’eliminazione della povertà, per esempio, rappresenta un investimento molto redditizio per la società, come del resto la riduzione della disoccupazione giovanile.

Sono tuttavia molto preoccupato – e a ragione – dallo scoprire oggi, nel momento in cui gli Stati membri si apprestano a ridurre i propri deficit, quali saranno i settori colpiti dai tagli. Saranno forse di istruzione,, occupazione dei cittadini più anziani o dei disabili? O quale altro ambito sarà coinvolto? Non sarebbe certo una scelta intelligente. Ecco perché la strategia UE 2020 è un documento molto importante ed io sostengo che abbiamo bisogno di più Europa e non meno Europa. E l’idea di “più Europa” potrebbe essere assimilata a una devitalizzazione: gli Stati membri saranno obbligati a conseguire gli obiettivi prefissati in questa strategia EU 2020.

 
  
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  Angelika Niebler (PPE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, la strategia Europa 2020…ad essere onesti, non ho nessuna voglia di discutere della strategia Europa 2020. Dieci anni fa abbiamo adottato una strategia, la strategia di Lisbona; volgendo ora lo sguardo all’ultimo decennio, ci rendiamo conto che i risultati ottenuti sono scarsi, se posso usare questo eufemismo.

Penso che ora dobbiamo concentrarci su cosa interessa veramente ai cittadini dei nostri Stati membri, piuttosto che ripetere di nuovo lo stesso errore. Gli europei si stanno chiedendo se riusciremo a garantire la stabilità della nostra moneta. Ci sarà inflazione? Quali lezioni ci insegnano gli avvenimenti degli ultimi due anni, la crisi finanziaria ed economica e, adesso, la crisi monetaria? Stiamo davvero richiamando all’ordine gli attori dei mercati finanziari che hanno contribuito alla crisi?

Mi appello con vigore in primis alla Commissione, affinché si possa giungere rapidamente a una regolamentazione del mercato finanziario e si compiano passi in avanti per evitare che, come è accaduto di recente, alcuni fondi vengano trasferiti intorno al pianeta cinque volte nello stesso giorno, consentendo a qualcuno di guadagnarci mentre le perdite vengono nazionalizzate. Invito la Commissione a imporre agli Stati membri l’adozione di una rigorosa disciplina di bilancio e l’attuazione di opportune regole in materia. Vorrei inoltre richiedere un inasprimento delle regole alla base del Patto di stabilità e crescita.

Sono questi gli ambiti in cui dovremmo concentrare i nostri sforzi. Richiedo quindi con urgenza alla Commissione di adottare le necessarie misure, ma evitando di ripetere gli errori del passato, quando ha agito da sola o discutendone solo, per quanto approfonditamente, con gli Stati membri. La Commissione deve prendere finalmente sul serio il Parlamento nella sua veste di colegislatore alla pari con i 27 Stati membri.

 
  
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  Sylvana Rapti (S&D).(EL) Sono d’accordo con l’oratore che mi ha preceduto: il Patto di stabilità deve essere applicato, ma vi sono molte altre azioni da intraprendere prima. Gli organi decisionali dell’Unione europea devono avere i riflessi pronti e agire quando necessario. Se il Cancelliere Merkel, infatti, avesse preso per tempo una decisione e se l’Unione europea avesse adottato le misure necessarie, avremmo risparmiato molto alle tasche dei cittadini europei.

Per essere forte economicamente e svolgere un ruolo centrale sulla scena globale, l’Unione europea ha bisogno dei propri cittadini, di cittadini sani, con un buon livello di istruzione e un lavoro. L’Unione europea non deve dimenticarlo mentre definisce i propri piani per il 2020 e per il mercato interno, che deve essere incentrato sul cittadino e con un volto umano.

 
  
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  Arturs Krišjānis Kariņš (PPE).(LV) La ringrazio, signor Presidente. Io a casa ho un cane. Di recente il mio cane ha afferrato una salsiccia dal tavolo e l’ha mangiata. La domanda è: a chi dare la colpa? La colpa è del cane, che ha agito secondo la sua natura, o è piuttosto colpa mia, perché non ho sparecchiato e non ho messo la salsiccia in frigorifero dopo aver finito di mangiare?

Sui mercati finanziari globali la quotazione dell’euro continua a scendere ogni giorno. Di chi è la colpa? Molti dei miei colleghi parlamentari sostengono che la colpa sia degli speculatori e del mercato, che ha attaccato l’euro e ne ha deprezzato il valore. Onorevoli colleghi, oserei dire che, forse, la colpa non è del mercato, che, anzi, ha messo in evidenza i veri colpevoli, la causa soggiacente a questo fenomeno. La causa alla base delle difficoltà di oggi è piuttosto semplice: i paesi europei hanno vissuto al di sopra delle proprie possibilità per troppo tempo, spendendo molto di più di quanto non fossero in grado di guadagnare. I mercati hanno reagito come il mio cane al sentire l’odore della salsiccia che avevo lasciato sul tavolo. Un anno e mezzo fa la Lettonia ha attraversato una crisi simile a quella che stiamo vivendo ora in Europa: i mercati finanziari avevano colpito la nostra moneta perdendo completamente la fiducia in essa. Anziché lamentarci, abbiamo corretto i nostri indicatori fondamentali e abbiamo risanato e consolidato i conti pubblici. A mio avviso, se vogliamo che la strategia UE 2020 abbia un senso, dobbiamo porci come priorità la necessità, per i paesi europei, di tenere sotto controllo le spese pubbliche, in modo tale da raggiungere un equilibrio tra entrate e uscite. Solo così riusciremo a ripristinare la fiducia, ad attenuare la portata della crisi e a riportare la calma sui mercati finanziari. Grazie.

 
  
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  Georgios Stavrakakis (S&D).(EN) Signor Presidente, oggi stiamo discutendo, tra le altre cose, due ottime relazioni, stilate dagli onorevoli Cortés Lastra e van Nistelrooij. Entrambi gli autori hanno illustrato in maniera chiara l’importante contributo fornito dalla politica di coesione al conseguimento degli obiettivi di competitività e di occupazione, nonché il ruolo significativo dell’economia della conoscenza nella promozione dell’innovazione e della crescita.

La strategia UE 2020 è, sotto diversi punti di vista, simile alla strategia di Lisbona, ma vuole proporsi come una sua evoluzione, concentrandosi sugli obiettivi e limitandoli in numero. Tuttavia c’è ancora un ambito piuttosto significativo che rimane poco chiaro, ovvero il meccanismo di realizzazione, lasciato di competenza degli Stati membri e soggetto a una revisione inter pares, sostenuta dall’attività di monitoraggio della Commissione.

Mi sembra che non abbiamo saputo trarre insegnamento dall’esperienza maturata con la strategia di Lisbona, che ha lasciato a desiderare in termini di realizzazione. Chiedo con urgenza alla Commissione di avanzare proposte per definire un meccanismo di realizzazione più valido per la strategia UE 2020, al fine di garantire che tutti i suoi obiettivi vengano conseguiti con le azioni e non solo a parole.

 
  
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  Georgios Papanikolaou (PPE).(EL) La strategia di Lisbona si era prefissata obiettivi ambiziosi, ma l’Europa non è stata in grado di conseguirli. Ci stiamo muovendo verso una nuova strategia per i prossimi dieci anni e, sinceramente, lo stiamo facendo in un clima eccezionalmente difficile e sfortunato. Siamo tutti concordi nell’affermare che la priorità assegnata al triangolo della conoscenza – istruzione, ricerca e innovazione – rappresenti il miglior investimento se intendiamo uscire dalla crisi ed essere ottimisti per il futuro dell’Europa.

E’ importante sottolineare che questa strategia deve essere attuata in un clima di solidarietà, caratterizzato da una stretta cooperazione tra gli Stati membri. A questo punto, a scanso di dubbi, vorrei chiarire che il meccanismo di sostegno per la Grecia, nonostante i ritardi, è un segno di questa solidarietà e noi ne siamo perfettamente coscienti.

All’interno di Nea Dimokratia, il partito di centro-destra greco cui appartengo, abbiamo dimostrato tutto il nostro rispetto nei confronti del fatto che i fondi provenienti da altri popoli europei vadano ad alimentare il meccanismo di sostegno. Tuttavia, oltre ai sacrifici richiesti che devono essere ripartiti equamente – e sotto questo profilo abbiamo espresso critiche in merito ad alcune misure –oltre ai tagli alle spese necessari per ridurre l’indebitamento e il deficit, sono necessarie anche iniziative di crescita, che faranno emergere il paese dalla recessione. Sinora non abbiamo ancora visto iniziative simili, ma in questo modo anche noi, in Grecia, potremo affrontare gli ambiziosi obiettivi della strategia UE 2020 e uscire dalla crisi più forti di prima.

(L’oratore accetta di rispondere A TEMPO DEBITO a un’interrogazione presentata con la procedura del cartellino blu ai sensi dell’articolo 149, paragrafo 8 del regolamento)

 
  
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  Derek Vaughan (S&D).(EN) Signor Presidente, mi sono reso conto in prima persona dell’importanza della politica di coesione per il Galles e, pertanto, accolgo con favore la relazione Cortés Lastra sul contributo di questa politica al raggiungimento degli obiettivi di Lisbona e della strategia UE 2020. Sono molti i progetti avviati in Galles che vanno a vantaggio dei singoli cittadini e delle comunità. Non ho quindi dubbi sul contributo dei Fondi strutturali nel raggiungimento degli obiettivi del 2020, ma vorrei comunque sottolineare alcuni aspetti.

La strategia 2020, la quinta relazione annuale sul Fondo di coesione e il bilancio devono essere allineati. In futuro i Fondi strutturali devono essere opportunamente finanziati e non rinazionalizzati, mentre si dovrebbe riconoscere lo stato di transizione per le regioni che non rientrano più nello stato di convergenza.

Se riusciamo a intraprendere tutte queste azioni, sono certo che la politica di coesione potrà aiutarci a realizzare la strategia UE 2020, garantendone la rilevanza per i cittadini europei.

 
  
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  Sylvana Rapti (S&D).(EL) Vorrei cogliere questa occasione, sulla scia della posizione assunta dal mio collega greco, l’onorevole Papanikolaou, del gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano), per chiarire un aspetto che considero estremamente importante in questi tempi di crisi, in particolare per la Grecia.

La Grecia non sta sottraendo denaro ad altre nazioni, ma gli Stati membri dell’Unione europea contraggono prestiti a un tasso di interesse inferiore. I fondi così ottenuti vanno ad alimentare il meccanismo di sostegno e poi, attraverso questo stesso meccanismo, vengono concessi in prestito alla Grecia, ma ad un tasso di interesse più elevato. Non stiamo quindi sottraendo denaro ad altre nazioni.

 
  
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  Georgios Papanikolaou (PPE).(EL) Ha assolutamente ragione, onorevole Rapti. Ovviamente le condizioni di prestito sarebbero meno onerose e la Grecia sarebbe in grado di raccogliere capitali sui mercati più facilmente se non ci fosse stato un tale ritardo – sei mesi ormai – da parte dell’attuale governo greco.

 
  
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  Thomas Ulmer (PPE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, l’onorevole Niebler ha già affrontato molti degli argomenti che rappresentano anche per me fonte di preoccupazione. Sono particolarmente preoccupato per il nostro futuro comune in seno all’Unione europea. Non posso passare agli altri punti all’ordine del giorno senza parlare della crisi.

Uno dei nostri principali obiettivi – l’euro e, con esso, un’elevata stabilità monetaria – rischia di crollare e non è possibile garantire prosperità e posti di lavoro senza una valuta stabile. Stiamo parlando dell’Europa del 2020, ma non sapremo neppure come sarà l’Europa del 2011. Nelle nostre discussioni affrontiamo gli argomenti più disparati, dalla carne alla trombina ai tempi di guida per gli autotrasportatori autonomi, come se i principali problemi dell’Unione si risolvessero da sé.

Dobbiamo invece trasmettere segnali forti e rapidi sulla regolamentazione, l’organizzazione e il consolidamento dei deficit nei conti pubblici degli Stati membri e nel settore bancario. Vorrei portare alla vostra attenzione un paio di esempi: abbiamo bisogno di definizioni chiare e di sanzioni severe per i paesi che non rispettano i criteri stabiliti in materia di deficit, come ad esempio il ritiro dei finanziamenti. Abbiamo bisogno di regole chiare per le banche, come il divieto sui credit default swap o l’imposizione di garanzie e il deposito delle stesse a fronte del relativo valore nominale. Vorrei infine riportare una frase pronunciata da un famoso sindaco tedesco, presidente dell’associazione tedesca delle città per molti anni: chi non spende soldi che non ha è ben lungi dall’essere un risparmiatore.

 
  
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  Kerstin Westphal (S&D).(DE) Signor Presidente, vorrei ritornare sulla relazione dell’onorevole Cortés Lastra, che ritengo ottima. La politica di coesione rappresenta, effettivamente, il migliore strumento a nostra disposizione per mobilitare gli investimenti nella crescita e nell’occupazione, ma vorrei sottolineare ancora l’importanza delle città, poiché svolgeranno un ruolo chiave nel conseguimento degli obiettivi della strategia UE 2020.

Quattro europei su cinque vivono in zone urbane; le città sono il motore della crescita economica europea. Al contempo, devono però affrontare molti problemi gravi. Le parole chiave in questo senso sono integrazione sociale, ambiente e trasporti, per esempio, ma anche cambiamento demografico. Le città hanno un ruolo particolare da svolgere quando si tratta di migliorare effettivamente le condizioni di vita dei cittadini.

Le città europee, inoltre, sono attori chiave nei campi dell’innovazione, della ricerca e dell’istruzione, ricoprendo un ruolo fondamentale nell’attuazione della strategia di Lisbona e della strategia UE 2020. Tutti questi aspetti devono essere presi in considerazione nell’ambito dell’attuazione delle strategie menzionate e nella definizione della politica di coesione in futuro.

 
  
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  Raffaele Baldassarre (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, gli ultimi due anni hanno lasciato dietro di sé milioni di disoccupati, hanno provocato un ulteriore indebitamento statale che durerà molti anni ancora ed hanno esercitato nuove pressioni e nuove lacerazioni sulla nostra coesione sociale.

Occorre reagire tempestivamente in modo incisivo e, per evitare gli errori di valutazione in cui si è incorsi nella strategia di Lisbona, è necessario che la strategia Europa 2020 sia estremamente realistica negli obiettivi ed equilibrata nelle finalità che si pone. Tre di questi, Commissario, mi paiono prioritari: prima di tutto sicuramente la stabilità monetaria e dei bilanci nazionali, che però non può essere disgiunta dallo sviluppo, dalla crescita economica; investire nella ricerca, nell'innovazione per rendere il nostro sistema industriale sempre più competitivo e la nostra produzione di maggiore qualità. Favorire le piccole e medie imprese, favorire i settori emergenti, quale quello del digitale e dell'energia sostenibile oltre naturalmente al sistema infrastrutturale. Innalzare sì il livello complessivo dell'istruzione, ma soprattutto rendere la formazione complementare alle necessità del mercato del lavoro e del sistema produttivo. È paradossale che ancora oggi il sistema delle imprese chieda delle specializzazioni che il mercato non è in condizioni di dare. È evidente che ogni obiettivo e ogni azione va rapportata al contesto nazionale, pur nel quadro di una strategia europea più ampia.

Concludo dicendo che la crisi greca e quella economica e occupazionale dell'intera Europa testimoniano che per assicurare coesione sociale, sviluppo e stabilità dei bilanci è necessaria una forte e solida governance economica a livello europeo per permettere alle istituzioni europee, compreso il Parlamento, di poter agire in maniera efficace e preventiva.

 
  
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  Damien Abad (PPE).(FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo tutti d’accordo sui principali obiettivi della strategia UE 2020. Se concordiamo sugli obiettivi, dobbiamo ora dotarci degli strumenti per conseguirli, quali ad esempio l’istituzione di un sistema di governo economico a livello di Unione.

Per garantire che queste belle parole e questi fondamentali obiettivi possano tradursi in realtà e per evitare, questa volta, quello che definirei una sorta di disincanto collettivo, come nel caso della strategia di Lisbona, è essenziale dotarci delle risorse necessarie per agire. Per questi motivi appoggio appieno la proposta della Commissione di far esaminare anticipatamente dall’Unione i conti pubblici dei singoli paesi, a condizione che anche i parlamenti nazionali e il Parlamento europeo vengano coinvolti in queste operazioni.

Vorrei soffermarmi più in dettaglio sulla crisi e sui giovani, che ritengo essere le principali vittime di questa crisi. Dobbiamo cogliere l’opportunità che ci viene offerta di rimettere i giovani al centro della strategia UE 2020.

In primo luogo, la strategia UE 2020 deve essere di natura inclusiva. La mobilità, espressione concreta dell’idea di libera circolazione all’interno dell’Unione, deve diventare una possibilità reale per tutti i giovani, non solo per gli studenti. Per questo spero che la Commissione appoggi la mia proposta di estendere i programmi europei per la mobilità ai giovani apprendisti.

Ritengo inoltre che questa strategia debba promuovere il potenziamento delle competenze, in modo da eliminare la maledizione della disoccupazione giovanile. Sappiamo tutti, infatti, che il passaggio dalla scuola o dall’università al mondo del lavoro rappresenta una delle sfide più ardue che i giovani sono chiamati ad affrontare. Per migliorare su questo fronte è necessario perfezionare le loro competenze, per esempio destinando i fondi europei in maniera più efficace alle politiche dedicate ai giovani.

Infine, tutti i giovani europei devono poter contare su opportunità di mobilità e di potenziamento delle competenze, perché abbiamo prima di tutto bisogno di una giovane generazione innovativa. Sono infatti i giovani che getteranno, oggi, le fondamenta per la crescita e l’innovazione di domani. Ecco perché non voglio che i giovani vengano trascurati nella strategia UE 2020.

 
  
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  Rosa Estaràs Ferragut (PPE). (ES) Signor Presidente, abbiamo approvato l’agenda di Lisbona con i suoi obiettivi, molto ambiziosi, nel 2000. Alcuni obiettivi sono stati conseguiti, ma molti di essi sono rimasti lettera morta. Indubbiamente i fondi regionali hanno contribuito alla strategia di Lisbona.

Sono passati dieci anni e oggi siamo colpiti dalla peggiore crisi economica a memoria d’uomo. Penso che questa crisi ci sia servita per capire cosa non ha funzionato, in vista della nuova strategia 2020, e per consentirci di progredire verso risultati migliori.

In primo luogo, ci siamo resi conto della fondamentale importanza di un coordinamento tra tutti i livelli di governance, come illustrato chiaramente nella relazione dell’onorevole Cortés Lastra. Abbiamo imparato anche l’importanza dei fondi regionali per conseguire gli obiettivi che stiamo proponendo.

Il coordinamento di azioni specifiche a tutti i livelli – europeo, nazionale, regionale e locale – rappresenta una necessità assoluta; solo collaborando saremo più forti. E’ importante che nella strategia UE 2020 venga integrata una politica di coesione che copra gli aspetti economici, sociali e territoriali.

Vorrei spendere due parole in merito alla politica di coesione: le procedure burocratiche dovrebbero essere più flessibili ed efficienti e si dovrà tener conto delle differenze legate alle disabilità.

Anche le regioni e le città europee sono chiamate a rivestire un ruolo di rilievo e, in particolare, meritano maggiore attenzione le zone con bisogni specifici, come le zone di montagna, le aree costiere e le isole.

In breve, se vogliamo avere successo, dobbiamo poter contare sull’apporto delle regioni e delle città europee, nonché su una politica di coesione riformata in linea con la nuova situazione.

 
  
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  Petru Constantin Luhan (PPE).(RO) L’Europa del 2020 deve essere un’Europa per i cittadini e deve soddisfare i loro bisogni. Questo è l’approccio che, a mio avviso, deve essere alla base di questa strategia. E’ importante che, all’interno del nuovo quadro europeo, si prosegua sulla strada intrapresa, verso la promozione dello sviluppo e degli obiettivi prefissati, la cui realizzazione concreta deve essere controllata per ottenere un impatto positivo. Mi riferisco, in particolare, agli investimenti in ogni tipo di infrastruttura, in grado di garantirci maggiore competitività economica.

Dobbiamo portare avanti le politiche di coesione economica, sociale e territoriale, al fine di ridurre le disparità tra le regioni e creare una piattaforma di sviluppo economico equilibrato, come indicato peraltro anche nel trattato di Lisbona.

L’Europa del 2020 deve essere un’Europa di azione globale. Potremo centrare questo obiettivo se l’UE potrà contare su uno sviluppo uniforme, che potenzi la capacità degli attori locali e regionali di cogliere le sfide globali.

L’Europa del 2020 è un’Europa in cui le regioni crescono secondo il proprio potenziale, sfruttando la dimensione regionale della ricerca, dello sviluppo e dell’innovazione per promuovere lo sviluppo economico e incrementare l’occupazione.

 
  
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  Richard Seeber (PPE).(DE) Signor Presidente, quando parliamo di Europa 2020, parliamo, innanzi tutto, del futuro del nostro continente. Dove vogliamo andare? Quale vita potranno avere i nostri cittadini?

In primo luogo dobbiamo svolgere un’analisi della situazione effettiva, che ci consenta di reperire gli strumenti adatti per raggiungere gli obiettivi prefissati. E’ importante operare una distinzione tra causa ed effetto: quali sono, davvero, i problemi principali che dobbiamo affrontare oggi? Sicuramente l’invecchiamento delle società europee. Finora, purtroppo, non siamo stati nemmeno in grado di rendere l’Europa, un ambiente in cui creare una famiglia e avere dei figli. Questo significa che dovremo fare i conti con una notevole pressione sui conti pubblici in futuro, dato che i nostri sistemi pensionistici rischiano di essere sottofinanziati.

In secondo luogo, registriamo già deficit pubblici elevati. Secondo la dottrina classica di Keynes, in questa crisi abbiamo speso troppo ed è ora giunto il momento di risparmiare. Questo significa, ovviamente, che la nostra valuta sarà sotto pressione. Possiamo già intravedere qualche segno di questo fenomeno nell’attuale crisi greca. Stiamo inoltre facendo i conti con la nostra incapacità di garantire all’economia un livello di competitività sufficiente da consentirci di generare crescita e, quindi, di far fronte a deficit pubblici tanto elevati.

Qui, in Europa, abbiamo regole che disciplinano questi ambiti, quali il Patto di stabilità e di crescita, ma purtroppo nessuno li rispetta. Ecco uno dei problemi principali. Stiamo creando nuove regole, ma a volte sarebbe molto più semplice applicare le norme già esistenti in modo che possano produrre appieno i propri effetti. Chiedo pertanto alla Commissione, in particolare, di creare quanto prima un clima di rigore che ci consenta di conseguire gli obiettivi concordati.

 
  
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  Sabine Verheyen (PPE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei allacciarmi a quanto già affermato dall’onorevole Seeber: se vogliamo conseguire davvero gli obiettivi da prefissati nell’agenda 2020, dobbiamo prima occuparci delle questioni ancora aperte.

Abbiamo bisogno di un solido sistema di regolamentazione dei mercati finanziari, un sistema che consenta di sorvegliare e regolamentare il settore in maniera più efficace in futuro. Tuttavia, dobbiamo anche mettere ordine nei nostri affari interni, dotandoci di forme di controllo più efficaci volte a monitorare le modalità di spesa dei Fondi strutturali e le azioni da intraprendere per sostenere un ulteriore sviluppo. Dobbiamo coinvolgere maggiormente gli enti locali e le autorità regionali nelle nostre strutture e nelle nostre attività di pianificazione – dato che, in ultima analisi, spetta a questi soggetti agire sul campo – chiarendo al contempo i vari compiti da assolvere. Definire degli obiettivi senza affrontare in maniera decisa e coerente lo status quo, i compiti e senza analizzare le necessarie azioni da intraprendere ha poco senso.

Come sottolineato prima dall’onorevole Ulmer, siamo andati avanti nella discussione del nostro ordine del giorno e adesso, in seno a questo Parlamento, stiamo discutendo questioni che riguardano l’ordinaria amministrazione, come la sicurezza alimentare per esempio, senza renderci conto delle questioni realmente prioritarie ancora da risolvere. Questo deve essere il nostro punto di partenza: dobbiamo prima ripristinare il controllo della situazione finanziaria e garantire che tutti si attengano alle regole, facendo in modo che in futuro il Parlamento e, in particolare, la Commissione applichino in maniera più rigorosa i meccanismi di controllo messi a loro disposizione in passato. Infine, dobbiamo avere maggiore voce in capitolo su quanto sta accadendo in alcuni Stati membri.

 
  
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  Seán Kelly (PPE). (GA) Signor Presidente, sono fiero di poter prendere la parola nell’ambito di questa discussione relativa alla strategia UE 2020 e vorrei formulare alcune considerazioni.

(EN) Vorrei esprimere la mia delusione nell’ascoltare un oratore dopo l’altro, qui a Strasburgo e a Bruxelles, parlare del fallimento della strategia di Lisbona. Non è stata un fallimento e, se lo fosse stata, non penso che il 57 per cento del popolo irlandese avrebbe votato a favore del trattato di Lisbona a ottobre. Ci sono stati molti vantaggi per tutti, in particolare a livello regionale, come sottolineato dal Commissario. Numerosi altri settori, però, rappresentano, per me, fonte di preoccupazione.

In primo luogo, dove si inserisce in questo contesto la Presidenza a rotazione semestrale? Ogni paese illustra le proprie priorità per il semestre di Presidenza che l’attende, senza spiegare come esse si inseriscano negli obiettivi generali definiti per il decennio. Penso si tratti di un aspetto molto importante: non c’è squadra di calcio che cambi allenatore ogni sei mesi per ritrovarsi con una serie di priorità diverse, che non possono essere certo realizzate in poco tempo.

In secondo luogo, accolgo con favore gli strumenti introdotti per garantire che gli Stati membri si assumano le proprie responsabilità, pagando per i propri inadempimenti se non vi fanno fronte. L’approccio morbido non funziona più: se fai parte di una squadra e giochi male, o ti fanno uscire o ti dicono di giocare all’altezza della partita. E noi dobbiamo essere in grado di giocare al meglio.

Infine, vorrei sottolineare che accolgo con favore anche il suggerimento di attribuire maggiori responsabilità alle città nell’ambito di questo processo.

 
  
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  Sophie Auconie (PPE).(FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, il 9 maggio l’Unione europea, su iniziativa dei ministri dell’Economia e delle Finanze, ha dato una risposta ferma ai mercati finanziari. Sebbene sia soggetto a iter parlamentari più laboriosi, il Parlamento europeo non deve essere condannato per inerzia.

Questo Parlamento, e noi in quanto eurodeputati, dobbiamo svolgere tre ruoli principali: in primo luogo, dobbiamo dimostrare il nostro pieno appoggio ai governi e alla Commissione nell’ambito delle iniziative adottate di recente. In secondo luogo, dobbiamo metterci subito al lavoro per trovare soluzioni a medio e a lungo termine che ci consentano di uscire dalla crisi, nonché di favorire un modello di crescita davvero dinamico e al servizio dell’economia reale. E’ questa la sfida sia della strategia UE 2020 sia degli obiettivi prioritari che assegneremo ai Fondi strutturali europei per il periodo 2014-2020.

Onorevole Bowles, vorrei dirle che, se la strategia di Lisbona può essere considerata in certa misura un fallimento, è perché risale ad anni fa, quando la congiuntura era ben diversa da quella odierna, e viene ora condannata perché non è flessibile né adatta alla situazione attuale. E’ questo il problema delle strategie. La nuova strategia UE 2020, pertanto, sarà tanto più forte quanto riuscirà ad adattarsi all’evoluzione del contesto.

Infine – e questo è il punto a mio avviso più importante – bisogna spiegare a livello locale quanto accade a livello europeo e cercare il consenso dell’opinione pubblica. Lunedì 10 maggio i cittadini europei si sono svegliati in una nuova Europa, ma non solo loro i fautori di questa metamorfosi e nessuno è in grado di misurarne le conseguenza sul lungo periodo. Questi cambiamenti potranno dare frutti solo se affonderanno le radici nella democrazia. Eravamo uniti nella diversità, oggi dobbiamo essere uniti nelle avversità.

(Applausi)

 
  
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  Antonio Cancian (PPE). – Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, ho ascoltato molto oggi ed è stato abbastanza utile, però devo anche richiamare l'attenzione su un aspetto che ritengo importante: non riusciamo, a mio avviso, a collocare tutta questa strategia su un contesto di mercato che oggi è deviato, soggetto ad una speculazione continua e in profonda crisi. Mentre noi facciamo un ragionamento Europa 2020, dobbiamo tener conto di una situazione di questo tipo.

Io dividerei il ragionamento in due parti: primo, che il mercato deve essere al servizio dell'economia reale e non viceversa; secondo, io credo che l'Europa debba trainare questa economia. Per quanto riguarda la prima parte si è parlato molto ed è urgente avviare una copertura di questo mercato, affinché non dipendiamo da chicchessia, ma quello che è importante è il traino, quindi per trainare ci vogliono anche le possibilità.

Abbiamo il coraggio di cambiare questo bilancio, abbiamo il coraggio di assumerci delle responsabilità nel formare un fondo importante che serva per la copertura finanziaria, ma soprattutto possa mettere in moto le reti TEN-T, le TEN-E, le E-TEN, cioè questo è il traino che noi dobbiamo portare nel territorio e per trainare anche l'economia reale, il privato, nel sistema dei PPP, questo è il compito, signor Commissario, che dobbiamo fare assolutamente subito, perché la crisi non è finita, la crisi è insieme a noi e noi dobbiamo dare questa spinta forte in questo momento.

 
  
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  Diogo Feio (PPE).(PT) Signor Presidente, una discussione sulla strategia UE 2020 si traduce inevitabilmente nell’accettazione di un migliore coordinamento delle diverse politiche nazionali, in “più Europa” e nel riconoscimento degli obiettivi delle riforme strutturali per garantire la crescita economica. Tuttavia, per raggiungere l’orizzonte 2020, dobbiamo prima superare il 2010 e vorrei sottolineare l’esigenza di trovare un equilibrio tra le politiche di consolidamento del bilancio e la necessità di evitare un ritorno della recessione.

Sono un cittadino portoghese e ci viene oggi proposto un aumento del carico fiscale. Gli Stati membri dovrebbero scegliere un percorso diverso, rappresentato da seri tagli alle spese pubbliche, da sistemi fiscali competitivi e da riforme strutturali in grado di generare la necessaria crescita.

Oltre a un orizzonte temporale a lungo e a medio termine, dobbiamo pensare anche al breve periodo e creare le condizioni adatte per le aziende che operano nel campo della creatività. Dobbiamo sottoscrivere un impegno nei settori di università, ricerca e sviluppo, dato che oggi rappresentano ambiti imprescindibili. Per raggiungere il 2020, dobbiamo prima uscire interi dal 2010.

Vorrei lasciarmi alle spalle questa preoccupazione. E’ vero, abbiamo un patto di stabilità, ma esiste anche un patto di crescita e questa è proprio la parola chiave per le nostre economie nel futuro.

 
  
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  Veronica Lope Fontagné (PPE). (ES) Signor Presidente, signor Commissario, la futura strategia UE 2020 deve consentire all’Unione europea di correggere le mancanze rilevate nella strategia di Lisbona, se vogliamo davvero creare uno spazio economico competitivo e coeso sotto il profilo economico, sociale e territoriale.

Indipendentemente dal fatto che siano ancora in vigore le disposizioni dell’ormai datata strategia di Lisbona, vorrei sottolineare che due dei motivi per cui questa strategia ha perso incisività sono la sua struttura troppo complessa e la mancanza di chiarezza nella definizione delle responsabilità e dei compiti in capo all’Unione europea e agli altri livelli di governo, in particolare regionale e locale.

Le regioni e gli enti locali devono essere coinvolti nella definizione e nell’attuazione delle politiche se vogliamo che la strategia UE 2020 dia i suoi frutti sul medio periodo.

Le nostre regioni e città sono attori chiave dello sviluppo e dell’attuazione di gran parte degli investimenti pubblici europei in ambito di crescita e occupazione.

L’allocazione delle risorse politiche regionali diventa un elemento centrale per il raggiungimento degli obiettivi europei che stiamo definendo. Le risorse investite dal 2000 al 2006 tramite il Fondo europeo di sviluppo regionale hanno consentito di creare 1 400 000 posti di lavoro nell’Unione europea e di costruire oltre 2 000 chilometri di autostrade.

Vorrei ricordare ancora una volta il valore della politica regionale europea rispetto a obiettivi strategici quali la crescita e l’occupazione. La coesione economica, sociale e territoriale rappresenta un obiettivo di base sancito dai trattati.

 
  
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  Joachim Zeller (PPE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei porgere un saluto speciale agli ospiti che abbiamo accolto in visita oggi presso il nostro Parlamento. Hanno seguito la nostra discussione – incentrata su una delle questioni più importanti per l’Unione europea nei prossimi dieci anni – con maggiore attenzione e in numero superiore rispetto a molti dei nostri deputati.

Questa discussione si sta svolgendo in un’ottica eccessivamente tecnocratica. Sono cresciuto in un paese la cui società era organizzata secondo piani pluriennali. Questo paese, la Repubblica democratica di Germania, non esiste più. Ecco perché nutro ancora un certo scetticismo nei confronti di programmi che uniscono strategie, obiettivi attesi e codici per un’economia pianificata, che abbracciano un ampio orizzonte temporale e delegano le misure attuative ad altri soggetti. Indipendentemente dalle decisioni che prendiamo per l’Unione europea nell’ambito della strategia UE 2020, spetta agli Stati membri, ai governi e ai parlamenti nazionali, alle autorità regionali e agli enti locali provvedere all’attuazione. L’apprensione nei confronti di queste procedure è molto evidente.

Un approccio dall’alto verso il basso per l’Europa non funziona. L’Europa unita può funzionare solo se continuiamo a costruirla insieme alle istituzioni nazionali e regionali e ai cittadini. La Commissione ha abbandonato la strategia di Lisbona troppo in fretta, senza analizzare accuratamente i motivi per cui i suoi obiettivi non sono stati raggiunti. Non è quindi una coincidenza se, in questo Parlamento, le relazioni e le domande di oggi siano state raggruppate sotto il titolo di “UE 2020”, sebbene ognuna di loro meritasse una discussione distinta. Da questi temi si possono individuare per lo meno due aspetti per cui la politica europea si è rivelata un successo finora: la creazione del mercato interno e le politiche strutturali e di coesione. Secondo la strategia UE 2020, invece, la politica di coesione avrà solo un ruolo di supporto nel conseguimento degli obiettivi. Ora, questa è una contraddizione: non abbiamo bisogno di più economia pianificata nell’Unione europea. Altri hanno già fallito su questo fronte in passato.

Prima di mettere gli Stati membri di fronte a una serie di codici di economia pianificata – che, per ora, nessuno sa come attuare – dobbiamo ricordare le incertezze e la turbolenza che hanno investito i mercati economici e finanziari oggi come negli ultimi anni, nonché il loro impatto sull’occupazione e sulla situazione sociale negli Stati membri. Tenendo conto di queste premesse, abbiamo bisogno di una discussione approfondita che interessi gli ambiti in cui l’Unione europea ha avuto successo, i settori in cui possiamo conseguire obiettivi comuni – per esempio, un patto con le regioni europee – nonché le modalità per ottenere “più Europa” senza violare il principio di sussidiarietà.

Se avessimo proceduto in tal modo, questa discussione si sarebbe di certo chiusa con una strategia globale. Tuttavia, come l’esempio di oggi ci ha dimostrato, questa discussione è solamente all’inizio e spetta all’Unione europea condurla

 
  
  

PRESIDENZA DELLA ON. WALLIS
Vicepresidente

 
  
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  Csaba Sógor (PPE). (HU) Signor Commissario, credo che il principio guida di qualsiasi piano o strategia di sviluppo europeo debba essere la creazione di un’Europa che opera da regione realmente unita a servizio dei cittadini europei. Si è detto molto sulle dimensioni economiche e sociali della strategia Europa 2020. Oggi, però, l’Unione europea è molto di più. L’Unione non rappresenta solo una comunità di interessi, ma anche una comunità di valori: è questo che le conferisce potere economico e influenza politica. Se veramente intendiamo creare, prima della fine del decennio, un’Europa più competitiva e vincente, dobbiamo fare il possibile per garantire il pieno rispetto, il consolidamento e l’attuazione dei valori comuni. Occorre inoltre puntare su una maggiore armonizzazione delle politiche degli Stati membri nell’istruzione, sulla riduzione delle disparità regionali e sulla continuazione del processo di allargamento, nonché sulla tutela dei diritti fondamentali e dei diritti delle minoranze, per citare solo alcune delle politiche fondate sui valori europei. La crescita economica e il miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini sono inimmaginabili senza queste politiche basate su valori.

 
  
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  Frédéric Daerden (S&D).(FR) Signora Presidente, signor Commissario, la strategia 2020 è molto vasta e verte su molti temi, come evidenziato dalla discussione di questo pomeriggio. Vorrei semplicemente insistere su due particolari aspetti.

In primo luogo, con riferimento alla dimensione sociale di questa strategia, appoggio pienamente l’onorevole Berès nella domanda posta alla Commissione, riferita nello specifico alla definizione di obiettivi quantificabili in termini di riduzione della povertà in questa strategia che, per me, rappresenta una condizione sine qua non. Inoltre, il principio di reddito minimo a livello europeo per raggiungere questi obiettivi mi sembra un’evidente necessità, da attuare in concreto.

In secondo luogo, la coerenza tra il bilancio dell’Unione europea e la strategia. Né il Consiglio né la Commissione hanno manifestato la volontà di rivedere il quadro finanziario pluriennale per il periodo in corso, nonostante abbia dimostrato i suoi limiti. Tuttavia, se non lo adattiamo alle nuove sfide della strategia, insieme corriamo un grande rischio. Né il bilancio dell’Unione europea, troppo limitato, né i bilanci pubblici nazionali saranno in grado di fare gli investimenti necessari per sostenere le varie iniziative faro della strategia 2020.

 
  
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  Andrew Henry William Brons (NI).(EN) Signora Presidente, a pagina 7 del documento Europa 2020 si legge: “L’Europa vanta molti punti di forza: possiamo contare sul talento e sulla creatività dei nostri cittadini”. Ovviamente non dice che le altre persone hanno meno talento o sono meno creative – sarebbe terribilmente scortese e quasi sicuramente ingiusto – ma, indubbiamente, elogia in particolar modo la popolazione europea.

Altrove lamenta l’invecchiamento demografico della popolazione europea. Questo, ovviamente, è in gran parte attribuibile alla netta riduzione dei tassi di natalità, anche se il documento non lo dice. Forse gli Stati nazione dovrebbero incoraggiare, per quanto sia loro possibile, un aumento dei tassi di natalità nelle proprie popolazioni. Ciò sicuramente riuscirebbe a ripristinare gli equilibri, e potrebbe persino portare a un buon incremento delle persone creative e di talento tanto necessarie allo sviluppo economico e culturale. Spero di non rovinare il documento della Commissione argomentandone le parti in maniera motivata, ma ho rispettato il tempo di parola che mi è stato concesso!

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE).(PL) La strategia Europa 2020 non può fare tutto ciò che viene affermato, oggi, in questa sede. Non è possibile fare così tanto avendo solo a disposizione meno dell’1 per cento del PIL, perché è questa la somma del bilancio dell’Unione europea. Dimostriamo ciò che possiamo fare, creando una legislazione moderna e adeguata, e facciamo vedere quali sono i fini ai quali verranno assegnati i fondi del bilancio dell’Unione europea.

Diciamolo chiaramente: nelle nostre aspettative sulla strategia Europa 2020 non siamo abbastanza realisti, ci sono troppe cose da fare e troppe speranze riposte, e il ruolo degli Stati membri non è stato definito. L’aumento dell’occupazione, la riduzione della povertà, l’istruzione e soprattutto la crescita economica sono i grandi temi e le principali priorità nella situazione attuale, in un momento di crisi in cui dobbiamo agire per risollevare l’economia. Perché è questo il primo problema della strategia Europa 2020: risollevare le sorti dell’economia moderna.

 
  
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  Vasilica Viorica Dăncilă (S&D).(RO) La politica di coesione dell’Unione europea ha contribuito e continua a contribuire alla creazione di sinergie con le politiche di ricerca e innovazione. Inoltre, ha insistito sul ruolo della coesione territoriale.

Credo che le regioni debbano specializzarsi in una forma di sviluppo ecologico e intelligente, e definire una serie di priorità nell’innovazione in base agli obiettivi europei e alle proprie esigenze, concentrando le risorse comunitarie sulle priorità individuate. Al tempo stesso, esse devono promuovere modelli di successo nel triangolo delle conoscenze e nelle relazioni tra imprese, centri di ricerca, università e autorità pubbliche, soprattutto in quelle stabilite attraverso partenariati tra pubblico e privato.

Credo, inoltre, che lo scambio di conoscenze tra gruppi regionali possa essere facilitato anche dai Fondi strutturali perché le politiche europee mirano con coerenza allo sviluppo sostenibile, offrendo risultati tangibili a livello regionale. Tutti questi elementi rappresentano un’opportunità concreta di realizzare la coesione territoriale nell’Unione europea.

 
  
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  Iosif Matula (PPE).(RO) Desidero congratularmi con i relatori di oggi, in particolare l’onorevole van Nistelrooij, per l’ottima relazione presentata. Ricerca e sviluppo ci forniranno le soluzioni da utilizzare in futuro per affrontare con successo le principali sfide che ci attendono, che si tratti della grave crisi economica o di raggiungere gli obiettivi a lungo termine della strategia 2020. Con l’impulso dato dalla politica di coesione, che si propone di incoraggiare l’innovazione e l’imprenditoria e di sviluppare un’economia basata sulla conoscenza, ricerca e sviluppo devono essere portate avanti in due diverse direzioni.

Basate su un approccio top-down, ricerca e innovazione saranno i principali settori per individuare soluzioni tese al superamento dei problemi attuali e per dare un impulso alla crescita economica e allo sviluppo sostenibile. Per l’innovazione è importante uscire dai laboratori e dai centri di ricerca a livelli il più possibile adeguati alle esigenze dei cittadini europei. Dobbiamo incoraggiare le economie locali e regionali a potenziare le loro capacità di innovazione e a individuare le soluzioni più efficaci in un approccio bottom-up, sfruttando in tal modo il potenziale locale e regionale.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (S&D).(RO) L’Unione europea si trova di fronte a una crisi economica, finanziaria e sociale. La politica di deindustrializzazione perseguita negli ultimi anni ha portato alla perdita di milioni di posti di lavoro, alla delocalizzazione dell’industria europea verso paesi terzi e a un tasso di disoccupazione del 10 per cento, che raggiunge il 20 per cento tra i giovani, mettendo in pericolo la competitività dell’Unione europea.

Credo che l’Unione europea debba fare ingenti investimenti nelle infrastrutture dei trasporti e dell’energia, nell’agricoltura, nella sanità, nell’istruzione e nella ricerca ma, soprattutto, nello sviluppo economico sostenibile. Lo sviluppo della produzione industriale e, per estensione, la creazione di posti di lavoro nell’Unione europea richiedono investimenti nella modernizzazione delle imprese europee per giungere a una produzione più ecologica. Nei prossimi 10 anni l’efficienza energetica deve essere la nostra priorità assoluta.

Oltre a ciò, la popolazione dell’Unione europea invecchia sempre più e il tasso di natalità diminuisce, mentre il forte tasso di disoccupazione compromette la sostenibilità dei sistemi pensionistici. Credo che per l’Unione sia giunta l’ora di difendere le proprie risorse e i propri principi fondamentali, e la più grande risorsa dell’Unione europea sono i 500 milioni di cittadini europei.

 
  
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  Angelika Werthmann (NI).(DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, stiamo parlando della strategia Europa 2020 e delle sue priorità fondamentali. Dobbiamo trarre un insegnamento dalla crisi greca: la necessità di agire, non di reagire.

Il coordinamento e il controllo della politica di bilancio e la supervisione e regolamentazione del mercato finanziario sono indispensabili. Per il bene dei nostri cittadini, dobbiamo puntare agli investimenti nella crescita e nell’occupazione allo scopo di ridurre la disoccupazione e di creare e garantire posti di lavoro. Questo significa anche rafforzare il settore dell’istruzione e investire nell’istruzione, nella ricerca e nell’innovazione come pilastri di un’economia di mercato sociale sostenibile, e di un’economia sostenibile e più rispettosa dell’ambiente.

 
  
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  Anna Záborská (PPE). (SK) La strategia 2020 e la strategia di Lisbona hanno un punto in comune: la convinzione che l’economia debba essere gestita. Purtroppo, la ricetta della Commissione “concorrenza o crisi” rimane immutata. La strategia 2020 afferma che il facile accesso al credito e una logica a breve termine hanno portato a comportamenti che hanno generato una crescita non sostenuta e gravi squilibri.

Tuttavia, nel testo della strategia si legge anche che la Commissione cercherà di migliorare l’accesso al capitale e di facilitare l’accesso ai finanziamenti per le piccole e medie imprese. Anche questo ha comportato maggiore accesso al credito, che a sua volta comporterà speculazioni e crescita non sostenuta.

Nel 1991 il primo ministro malese di allora annunciava il progetto Vision 2020, in malese Vavasan 2020, secondo cui la Malesia doveva mettersi alla pari con Regno Unito, Francia, Germania e Giappone entro il 2020. Onorevoli colleghi, le economie pianificate non funzionano, come possono confermare tutti i colleghi dei nuovi Stati membri, incluso il Commissario.

 
  
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  László Andor, membro della Commissione.(EN) Signora Presidente, la discussione odierna sulla strategia Europa 2020 è stata per noi, Commissione, estremamente utile e interessante, così come il dibattito di questa mattina sulla governance economica. Vi ringrazio di questa opportunità e di tutti i messaggi lanciati su questa strategia. A nome della Commissione europea, sono particolarmente grato agli onorevoli van Nistelrooij, Grech, Cortés Lastra e Hoang Ngoc per le relazioni presentate.

Sono pronto a continuare il dibattito su vari dettagli e persino su sfumature riguardanti la strategia Europa 2020. Ora, però, vorrei concentrare le risposte su alcuni aspetti fondamentali della discussione e fare alcune osservazioni conclusive.

Innanzi tutto sottolineo nuovamente l’importanza del forte coinvolgimento del Parlamento europeo in tutte le prossime fasi della strategia Europa 2020: in primis il parere del Parlamento europeo sugli orientamenti integrati; poi il ruolo del Parlamento in qualità di colegislatore sulle varie proposte da avanzare nel quadro delle iniziative faro; senza dimenticare, da ultimo, il prossimo quadro finanziario pluriennale per fare in modo che i futuri bilanci dell’Unione riflettano al meglio le priorità definite per l’Unione europea nell’ambito della strategia Europa 2020.

Permettetemi inoltre di essere molto chiaro sugli obiettivi della strategia. Essa persegue un duplice scopo. In primo luogo, rappresenta un pilastro fondamentale della risposta dell’Unione alla crisi attuale. Si tratta di uno strumento essenziale per rafforzare il coordinamento della politica economica nell’UE a 27 e, ovviamente, all’interno dell’eurozona. Oltre a questo obiettivo a breve termine, però, la nuova strategia mira a dotare l’Europa di un sistema – o per meglio dire, come sottolineato dal Commissario Barnier nell’intervento di apertura, un programma d’azione – che consenta all’Unione europea di uscire dalla crisi economica rilanciando la crescita e facendo in modo che questa si traduca in un incremento e miglioramento dei posti di lavoro.

Occorre però puntare a modalità di creazione di posti di lavoro diverse rispetto al passato, più sostenibili non solo in termini ecologici ma anche economici, sociali e finanziari. Si tratta di ripristinare un’Unione europea competitiva in grado di assicurare la sostenibilità del proprio modello sociale, unico nel suo genere, un’Unione concorrenziale che si proponga come leader globale nella lotta al cambiamento climatico, un’Unione che investa di più nei cittadini attraverso una maggiore e migliore istruzione e, infine, un’Unione che rafforzi la coesione sociale lottando contro la povertà.

Ovviamente, come sottolineato nelle conclusioni della Commissione nel dibattito di questa mattina, il ritorno a una crescita forte sarà possibile solo se nei prossimi anni gli Stati membri attueranno il dovuto consolidamento fiscale, tenendo conto dei propri punti di partenza, senza minare la fragile ripresa, e valutando sia le entrate che le uscite. Sono tutti elementi molto importanti.

Sottolineo nuovamente l’importanza e la complessità dei problemi fiscali all’ordine del giorno, ma vorrei anche attirare la vostra attenzione sul fatto che questa crisi economica e finanziaria è molto più complessa di un mero dibattito sul disavanzo di bilancio. Alla radice della crisi vedrete un fondamentale malfunzionamento del settore finanziario, a iniziare da quello bancario, che deve assolutamente essere corretto se vogliamo dare il via a una ripresa sostenibile. Occorre poi affrontare le altre cause della recente recessione, ad esempio la mancanza di una politica industriale e, per certi versi, il parziale successo delle nostre strategie precedenti, per giungere a una crescita economica basata sulla conoscenza e diffonderla in ogni regione, ogni angolo dell’Unione europea.

Per questo motivo dobbiamo consolidare i nostri sforzi a livello di governance economica, consolidare i nostri sforzi nella regolamentazione finanziaria, e garantire una migliore coesione economica, sociale e territoriale.

Nel complesso, credo fermamente che non vi sia alternativa per l’Europa che attuare questa strategia, in maniera molto rapida. Se l’Europa non tornerà sulla strada della crescita subirà un contraccolpo sul piano economico e, di conseguenza, anche sul piano politico. Mentre discutiamo questa nuova strategia, gran parte dei nostri più importanti partner commerciali non solo ha già messo a punto strategie di sviluppo socioeconomico decennali e a lungo termine, ma le sta anche già attuando.

Volendo trarre un insegnamento dalla crisi economica attuale e da ciò che l’ha preceduta, ovvero la strategia di Lisbona – e concordo con l’onorevole Kelly sul fatto che spesso la strategia di Lisbona è oggetto di critiche troppo severe – l’attuazione delle riforme costituisce la chiave per il successo. E’ quindi urgente lanciare Europa 2020 al Consiglio europeo di giugno e fare in modo che sia l’Unione europea sia gli Stati membri diano il via all’attuazione subito dopo.

A questo punto desidero ringraziare anche la Presidenza spagnola per gli sforzi compiuti nel riunire gli Stati membri e nel sostenere questa strategia negli ultimi mesi e, senza ombra di dubbio, nelle prossime settimane. Non vi possono essere ritardi, considerando la situazione economica odierna e la crisi che stiamo attraversando. E’ nostro dovere nei confronti dei cittadini fornire loro soluzioni per uscire dalla crisi attuale e migliorare il coordinamento delle politiche economiche preparando, al contempo, un ritorno a una crescita economica intelligente, sostenibile e inclusiva. Con un intervento comune e coordinato, avremo il peso necessario per riuscire anche su scala globale. La Commissione conta sul sostegno del Parlamento per garantire un rapido e riuscito lancio della strategia Europa 2020.

 
  
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  Lambert van Nistelrooij, relatore.(NL) Dopo la discussione desidero esprimere i miei ringraziamenti per il sostegno dimostrato a favore della mia relazione. Vorrei fare ancora un paio di commenti, ed esprimere alcune idee sulla governance socioeconomica a breve termine. L’aspetto finanziario ha suscitato sufficiente attenzione ed è stato considerato una delle principali priorità. Questo pomeriggio siamo anche riusciti a discutere l’orizzonte a medio termine e a esprimere diversi commenti in materia.

Tutto ciò sarà incluso in una risoluzione parlamentare che discuteremo in Aula prima del vertice di giugno.

Altre due osservazioni, di cui una riguardante la governance. Si è chiesto di chi è in realtà questa strategia. Una delle colpe di Lisbona era che le parti decentrate – i comuni, le regioni, i nostri partner – non erano coinvolti a sufficienza nel processo. Pertanto, oltre all’accordo in Consiglio con gli Stati membri e la Commissione, propongo un patto territoriale con le regioni, le cittadine e le grandi città. In caso contrario le cose si ripeteranno, e noi parleremo delle regioni e dei partner invece che con loro.

Se questa volta le cose non arrivano ai cittadini sono convinto di una cosa: possiamo far mostra di tutto quello che abbiamo, ma presto l’apparenza sarà molto più della sostanza. La partecipazione alla strategia di Lisbona e alla strategia Europa 2020 deve essere resa più interessante. In effetti ciò è possibile dicendo, quando si tratta di fornire sovvenzioni e dare incoraggiamenti, che può partecipare chi si mette in gioco e fornisce finanziamenti. E’ tutto troppo noioso. Invito quindi la Commissione a concludere un patto territoriale con le regioni, le cittadine e le grandi città.

Per concludere la politica integrata, soprattutto tra settori diversi, è di fondamentale importanza; la frammentazione di tutte le nuove strutture di finanziamento non porta a niente e non ci aiuterà a rispettare questo programma. La mia relazione verte sulle sinergie tra ricerca, sviluppo, innovazione, produzione e occupazione in Europa. Dobbiamo combattere contro la frammentazione e, pertanto, esorto il Commissario Andor a mantenere un unico regolamento del Fondo sociale europeo, e non a suddividerlo come talvolta suggerito in Assemblea.

 
  
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  Louis Grech, relatore.(MT) Nel poco tempo concessomi vorrei rispondere ad alcuni commenti dei colleghi deputati sulla mia relazione.

Concordo con l’onorevole Harbour in quanto non sembra esserci una forte volontà di considerare il mercato unico come strumento fondamentale della strategia per il 2020, che non è ancora stata definita e sviluppata in maniera adeguata. E’ una vera vergogna, visto che un mercato unico con una prospettiva più ampia e olistica può essere una delle iniziative più importanti, se non la più importante, per garantire ai cittadini europei una migliore qualità della vita nell’ambito della strategia dell’Unione.

Anche l’onorevole Gebhardt ha ragione quando afferma che oggi è evidente che il mercato unico, nel quadro della strategia per il 2020, richiede un nuovo impulso che esige una forte leadership da parte di tutte le istituzioni dell’Unione, soprattutto della Commissione, cosicché il mercato unico possa nuovamente riconquistare la fiducia dei nostri cittadini.

Per concludere, signora Presidente, bisogna fare in modo che la nuova agenda 2020 non diventi eccessivamente ambiziosa e sovraccarica, perché ciò la renderebbe un’agenda piena di priorità dove niente viene attuato, come è successo l’ultima volta.

 
  
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  Liem Hoang Ngoc, relatore. (FR) Signora Presidente, onorevoli colleghi, nelle ultime settimane sono venuti meno due tabù. Il primo è che la Banca centrale europea ora può monetizzare i debiti sovrani. Il secondo è che ormai si possono finanziare le spese comunitarie mediante i prestiti, soprattutto nella creazione di fondi di stabilizzazione e di sostegno.

C’è un terzo tabù che purtroppo non è venuto meno, ovvero il patto di stabilità e di crescita, che alcuni deputati dell’Assemblea chiedono dogmaticamente di rafforzare. Signori Commissari, noi socialisti siamo favorevoli al federalismo. Siamo favorevoli al coordinamento delle politiche di bilancio. Tuttavia, se il coordinamento delle politiche di bilancio significa calpestare i parlamenti nazionali per ridurre i loro cittadini alla fame, temo che questa potrebbe essere una bella idea europea che finirà per ridursi da sola alla fame. Questa è la vera minaccia che ci aspetta.

Signori Commissari, i piani di austerità in Grecia, Spagna, Portogallo e Francia non hanno alcuna possibilità di successo. Vi chiedo di prenderne coscienza.

 
  
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  Ricardo Cortés Lastra, relatore.(ES) Signora Presidente, desidero ringraziare tutti i colleghi per i contributi dati e il clima costruttivo mantenuto nel corso di questo importante dibattito.

Questa relazione sul contributo della politica di coesione agli obiettivi di Lisbona e alla strategia Europa 2020 rappresenta uno dei contributi essenziali del Parlamento europeo alla definizione della futura strategia Europa 2020 per la crescita e l’occupazione, una delle priorità della Presidenza spagnola.

La relazione pone l’accento su creazione di posti di lavoro, promozione di un’economia sostenibile, istruzione e formazione per promuovere lo sviluppo, occupazione e competitività, nonché sul ruolo fondamentale degli investimenti nella ricerca e nello sviluppo, tenendo conto della necessità di adottare misure specifiche per le regioni con difficoltà naturali.

Tuttavia, non sarà possibile attuare la strategia Europa 2020 con successo senza la partecipazione e la piena approvazione da parte degli enti locali e regionali e della società civile.

Le regioni non solo contribuiscono al cofinanziamento dei progetti, ma sono nelle migliori condizioni per valutare le necessità dei cittadini e delle piccole e medie imprese grazie alla loro vicinanza, oltre a essere nella posizione di stabilire un vincolo diretto con le università e i centri di innovazione, promuovendo così il triangolo della conoscenza.

In questo contesto, la politica di coesione non è semplicemente una fonte di dotazioni finanziarie stabili, ma rappresenta anche un potente strumento di sviluppo economico di tutte le regioni europee.

I suoi obiettivi, ovvero eliminare le disuguaglianze esistenti tra regioni e introdurre una coesione economica, sociale e territoriale, insieme ai principi su cui si fonda di natura integrata, governance a più livelli e autentica collaborazione, sono tutti elementi essenziali per la riuscita della strategia Europa 2020.

 
  
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  Presidente. – La discussione su questo punto è chiusa.

La votazione si svolgerà domani, giovedì 20 maggio 2010.

Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)

 
  
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  Cristian Silviu Buşoi (ALDE), per iscritto.(RO) I principi della strategia UE 2020 sono essenziali per dare impulso alla competitività dell’economia europea. Le riforme strutturali sono fondamentali per uscire dalla crisi attuale. Le soluzioni finora adottate per uscire dalla crisi non sono state mirate alle cause che ci hanno messo in questa situazione. Le cause della crisi possono essere eliminate solo attraverso le riforme strutturali. Dobbiamo insistere maggiormente sulla capacità di innovazione delle nostre economie, perché sarà questo il fulcro della competitività europea nel prossimo periodo. Dobbiamo adottare un approccio coordinato per sfruttare i fondi stanziati a favore dell’innovazione e dello sviluppo regionale. L’innovazione deve figurare come una componente dello sviluppo regionale: essa è stata un obiettivo della strategia di Lisbona ma, purtroppo, è rimasta solo un principio sulla carta. I progressi registrati dagli Stati membri sono stati di entità molto diversa, e l’obiettivo globale non è stato raggiunto. Questo è il motivo per cui faccio appello a tutti gli Stati membri, affinché diano prova di responsabilità e rispettino gli impegni assunti. Anche la Commissione deve svolgere un ruolo più attivo nel coordinare l’attuazione di questa strategia, per sottrarla al fallimento disastroso che ha caratterizzato la strategia di Lisbona.

 
  
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  Alain Cadec (PPE), per iscritto.(FR) La strategia UE 2020 proposta dalla Commissione europea per stimolare la crescita e l’occupazione nell’Unione europea pone l’accento su ricerca e innovazione. Vari strumenti già danno un sostegno importante ai progetti realizzati in questi settori: i Fondi strutturali, il settimo programma quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico e il programma quadro per l’innovazione e la competitività. Questi diversi programmi erogano un finanziamento dell’ordine di 86 miliardi di euro per il periodo 2007-2013. La strategia UE 2020, inoltre, insiste sull’interdipendenza delle varie politiche comunitarie. Per garantire l’efficienza, è quindi essenziale definire sinergie tra i vari strumenti. In tal senso mi rallegro dell’importanza attribuita dal relatore al ruolo svolto da una politica regionale forte e adeguatamente finanziata nella realizzazione degli obiettivi della strategia UE 2020. Concordo poi con il relatore sul fatto che i potenziali beneficiari non sempre conoscono appieno le possibili sinergie nel settore dei finanziamenti. Credo quindi sia essenziale migliorare la comunicazione, ad esempio sul modello della guida pratica delle opportunità di finanziamento dell’Unione europea per la ricerca e lo sviluppo.

 
  
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  Elżbieta Katarzyna Łukacijewska (PPE), per iscritto.(PL) Nelle discussioni sullo sfruttamento efficace di tutti i fondi stanziati dall’Unione europea per ricerca e innovazione, bisogna parlare dell’adeguata promozione di soluzioni innovative all’interno dei singoli Stati membri.

Spesso succede che a causa del cattivo flusso di informazioni, vengono fatti investimenti in progetti di ricerca già effettuati da scienziati in uno Stato membro. E’ uno spreco di denaro europeo, che non possiamo permetterci in un periodo di crisi economica. Bisogna insistere maggiormente sul miglioramento delle comunicazioni e sull’acquisto delle nuove tecnologie esistenti da parte dell’Unione europea: ciò darà anche maggiore sostegno finanziario alle imprese innovative.

E’ altresì importante finanziare i progetti soft quali la formazione e la diffusione delle conoscenze sull’importanza dell’innovazione per la crescita economica, la migliore informazione degli enti locali riguardo ai programmi esistenti, e la flessibilità nel definire le condizioni di concessione degli aiuti, cosicché i paesi con scarso livello di innovazione possano, sviluppando il settore interessato, contribuire alla creazione del vantaggio competitivo dell’Unione europea su scala globale.

Oltre a ciò è indispensabile creare incentivi agli investimenti nei centri locali di ricerca. Le piccole e medie imprese non possono permettersi di farlo, mentre le grandi società internazionali non vogliono utilizzarli, allargando così il divario di innovazione tra gli Stati membri dell’Unione europea.

 
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