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Resoconto integrale delle discussioni
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Mercoledì 19 maggio 2010 - Strasburgo Edizione GU
1. Apertura della seduta
 2. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
 3. Conclusioni del vertice del 7 maggio 2010 e della riunione ECOFIN - Qual è la pertinenza politica della strategia UE 2020 nel contesto dell'attuale crisi finanziaria ed economica? - Conseguenze della crisi finanziaria ed economica sulla strategia UE 2020 e la sua gestione - Qual è la rilevanza della strategia UE 2020 nel contesto dell'attuale crisi finanziaria ed economica? (discussione)
 4. Calendario delle tornate
 5. Benvenuto
 6. Turno di votazioni
  6.1. Richiesta di consultazione del Comitato economico e sociale europeo - Iniziativa dei cittadini (votazione)
  6.2. Richiesta di consultazione del Comitato delle regioni - Iniziativa dei cittadini (votazione)
  6.3. Fondo europeo per i rifugiati per il periodo 2008-2013 (modifica della decisione n. 573/2007/CE) (A7-0117/2010, Claude Moraes) (votazione)
  6.4. Indicazione del consumo di energia e di altre risorse mediante l'etichettatura ed informazioni uniformi relative ai prodotti (rifusione) (A7-0128/2010, Anni Podimata) (votazione)
  6.5. Bilancio rettificativo 01/2010: Sezione I - Parlamento (A7-0158/2010, Vladimír Maňka) (votazione)
  6.6. Discarico 2008: bilancio generale UE, Consiglio (A7-0096/2010, Ryszard Czarnecki) (votazione)
  6.7. Norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti (A7-0106/2010, Miroslav Mikolášik) (votazione)
  6.8. Calendario delle tornate del Parlamento europeo - 2011 (votazione)
  6.9. Additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti (trombina di origine bovina e/o suina) (B7-0264/2010) (votazione)
  6.10. Piano di azione per la donazione e il trapianto di organi (2009-2015 (A7-0103/2010, Andres Perello Rodriguez) (votazione)
  6.11. Aspetti istituzionali dell'adesione dell'Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (A7-0144/2010, Ramón Jáuregui Atondo) (votazione)
  6.12. Conferenza di riesame dello Statuto di Roma sulla Corte penale internazionale a Kampala, Uganda (B7-0265/2010) (votazione)
 7. Dichiarazioni di voto
 8. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
 9. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
 10. Attuazione delle sinergie dei fondi destinati alla ricerca e all'innovazione nell’ambito del regolamento (CE) n. 1080/2006 relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e del Settimo programma quadro di ricerca e sviluppo - Realizzare un mercato unico per i consumatori e i cittadini - Sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche per un’economia in ripresa - Contributo della politica di coesione alla realizzazione degli obiettivi di Lisbona e di Europa 2020 (discussione)
 11. Dialogo università-imprese (discussione)
 12. Partecipazione finanziaria comunitaria allo smantellamento dei reattori 1 - 4 della centrale nucleare di Kozloduy in Bulgaria – “Programma Kozloduy” (discussione)
 13. Misure di attuazione (articolo 88 del regolamento)
 14. Ordine del giorno della prossima seduta: vedasi processo verbale
 15. Chiusura della seduta


  

PRESIDENZA DELL’ON. BUZEK
Presidente

 
1. Apertura della seduta
Video degli interventi
  

(La seduta inizia alle 9.05)

 

2. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale

3. Conclusioni del vertice del 7 maggio 2010 e della riunione ECOFIN - Qual è la pertinenza politica della strategia UE 2020 nel contesto dell'attuale crisi finanziaria ed economica? - Conseguenze della crisi finanziaria ed economica sulla strategia UE 2020 e la sua gestione - Qual è la rilevanza della strategia UE 2020 nel contesto dell'attuale crisi finanziaria ed economica? (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente . – L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta:

– i meccanismi per il rafforzamento dell’ordine economico,

– le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione: Conclusioni del vertice del 7 maggio 2010 e della riunione ECOFIN [2010/269(RSP)],

– l’interrogazione orale (O-0052/2010 - B7-0213/2010), (O-0053/2010 - B7-0214/2010), al Consiglio e alla Commissione: Quale rilevanza politica riveste la strategia Europa 2020 nel quadro dell’attuale crisi economica e finanziaria?

– l’interrogazione orale (O-0068/2010 - B7-0301/2010) al Consiglio: Conseguenze della crisi finanziaria ed economica sulla strategia UE 2020 e la sua governance,

– l’interrogazione orale (O-0065/2010 - B7-0219/2010), (O-0066/2010 - B7-0220/2010) al Consiglio e alla Commissione: Rilevanza politica della strategia UE 2020 nel contesto dell’attuale crisi finanziaria ed economica.

 
  
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  Diego López Garrido, Presidente in carica del Consiglio.(ES) Signor Presidente, come tutti sanno, stiamo attraversando un periodo di eccezionali turbolenze finanziarie; è una situazione che perdura da alcuni mesi, ma le cui origini non risalgono solo a pochi mesi fa, bensì ad alcuni anni addietro, cioè al momento in cui gli Stati Uniti furono colpiti dalla crisi dei mutui subprime.

All’origine, quindi, vi è stata una crisi finanziaria del settore privato del sistema finanziario, che si è rapidamente propagata all’economia reale assumendo la forma di una profonda depressione: tecnicamente parlando, di una profonda recessione. Tutto questo ha comportato un declino della produzione e un rilevante incremento della disoccupazione, che hanno colpito con particolare durezza quei paesi in cui il settore immobiliare o quello dell’edilizia residenziale avevano un peso maggiore.

Gli Stati membri e le banche centrali hanno reagito immediatamente per impedire il crollo del sistema finanziario, e si è registrata una risposta anche nel campo dell’economia reale.

Tale reazione, come ovvio, ha inciso sull’economia pubblica e sulle finanze pubbliche; non stiamo più parlando di finanze private, bensì di finanze pubbliche. In primo luogo, c’è stata una crisi della stabilità finanziaria dei conti pubblici, provocata dalle dimensioni assai rilevanti dei deficit.

E c’è stata poi anche una crisi del debito sovrano. E’ questo l’aspetto venuto alla luce negli ultimi mesi, incoraggiato dall’attività di mercati assai volatili, e in qualche caso palesemente speculativi. Tali attività hanno, a loro volta, innescato un sensibile rialzo dell’interesse che i mercati esigono dagli Stati membri quando questi ultimi emettono i loro titoli. Per di più, questo fenomeno ha chiaramente interessato l’intera area dell’euro, e quindi siamo di fronte a un problema che non riguarda solo uno, due o tre paesi, ma che incide sulla stabilità dell’intera area dell’euro.

Tale è la situazione. Questi sono tutti gli avvenimenti, o la diagnosi dei fatti di cui l’Unione europea ha tenuto conto per reagire e rispondere a questo fenomeno, e a mio avviso in tutto questo periodo l’Unione ha agito in maniera corretta. Può aver dato l’impressione di muoversi con lentezza per giungere a una decisione; a volte può aver dato l’impressione di una lentezza esasperante nel suo processo decisionale, ma ha ottenuto i risultati giusti, che sono il frutto di un’azione prudente – e soprattutto coordinata – da parte dell’Unione europea.

Può sembrare che varie misure ci impediscano di cogliere il quadro complessivo della situazione, ma sono convinto che l’Unione abbia elaborato una strategia adeguata alle circostanze – cioè una strategia che deve includere alcune misure a breve termine e contemporaneamente guardare con maggior decisione al medio e lungo periodo, poiché si tratta di impedire il ripetersi di una crisi analoga.

Come abbiamo già detto, le misure a breve termine comprendono un’iniezione di denaro pubblico e il coordinamento dell’Unione europea. E’ l’iniziativa nota come piano europeo di ripresa economica, sostenuta dalla Commissione: un piano che coordina l’azione immediata, la terapia d’urto che gli Stati membri vanno adottando per limitare – ma non per far scomparire – i danni prodotti da questa gravissima crisi.

Un aspetto di tale azione a breve termine è indubbiamente rappresentato dagli aiuti alla Grecia, paese che già alcuni mesi or sono aveva ricevuto un avvertimento dalla Commissione per la difficile situazione dei propri conti pubblici. Il Consiglio si accinge a formulare una serie di raccomandazioni alla Grecia, ai sensi dell’articolo 126, paragrafo 9, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, e il Consiglio e la Commissione stanno sorvegliando l’evoluzione della situazione in quel paese.

Le raccomandazioni non riguardano solo la liquidità dei conti pubblici della Grecia, ma anche riforme strutturali del sistema pensionistico nonché la necessità di introdurre riforme nel sistema sanitario. Poi, il 23 aprile, è stato adottato un meccanismo d’azione nei confronti della Grecia. Ieri tale meccanismo si è concretizzato per la prima volta con l’erogazione di finanziamenti alla Grecia da parte dei paesi dell’Unione europea, tramite il sistema di questo meccanismo concordato.

Ecco quindi la prima espressione di quest’azione a breve termine, che diviene essenziale quando uno Stato membro si trova in gravi difficoltà, com’è ora il caso della Grecia.

Naturalmente, anche nel breve periodo – esigenza posta con estrema lucidità nell’interrogazione orale presentata dagli onorevoli Daul, Verhofstadt, Schulz e altri – dobbiamo dotarci di una strategia che ci permetta di uscire dalla crisi. Deve trattarsi di una strategia misurata e controllata, che naturalmente tenda a scongiurare gravi difficoltà per i conti pubblici senza però perdere di vista l’obiettivo della crescita.

Com’è ovvio, però, una strategia a breve termine non è sufficiente; dobbiamo adottare misure di medio e lungo periodo. L’economia europea è afflitta da problemi strutturali, ai quali in ultima analisi va addebitata la responsabilità dell’indebolimento dell’Europa di fronte a una situazione estremamente volatile, caratterizzata da un’elevatissima turbolenza finanziaria.

L’Unione europea sta adottando e proponendo misure a medio e lungo termine che è importante segnalare. In primo luogo, esse intendono costituire una risposta al tipo di crisi verificatosi a causa della grave situazione economica che affligge l’intera Unione europea, e in particolare il sistema dell’area dell’euro. Per mettersi in grado di reagire alla crisi del settore finanziario, l’Unione europea ha progettato una serie di misure che verranno discusse nei prossimi giorni in Parlamento: un pacchetto sulla vigilanza che, mi auguro, verrà adottato al più presto. Mi auguro altresì che Parlamento e Consiglio raggiungano un accordo in materia. Nel quadro di questo pacchetto, o in relazione a esso, il Consiglio Ecofin ha approvato ieri una misura: il regolamento sui fondi hedge, i fondi alternativi o ad alto rischio. Mi riferisco qui all’interrogazione presentata dall’onorevole Harms e dall’onorevole Cohn-Bendit, che sottolineano quest’aspetto con particolare forza.

Occorre inoltre tener conto della prospettiva di un’azione in sede di G20, tesa anche ad attuare le misure concordate in seno allo stesso G20.

Abbiamo anche affermato che l’Unione europea soffre di debolezze strutturali e che si impongono quindi riforme strutturali. La strategia Europa 2020 mira per l’appunto a tale obiettivo, e si basa sull’impegno degli Stati membri a realizzare determinati obiettivi per mezzo di una serie di orientamenti integrati. A questi orientamenti si aggiungeranno piani nazionali, elaborati nel quadro dei cosiddetti piani di riforma. Bisogna inoltre sottolineare l’importanza dell’azione che la Commissione sta adottando per l’intero sistema produttivo, parallelamente alla strategia Europa 2020. Nella comunicazione del 12 maggio, la Commissione ha proposto il coordinamento delle politiche economiche.

La strategia Europa 2020 costituisce quindi un modo per affrontare il problema di fondo del sistema economico e produttivo, evitare che questi punti deboli strutturali del sistema si ripresentino in futuro e rendere competitivo e produttivo il sistema economico dell’Unione. E’ anche un modo per avvicinarsi agli obiettivi del valore aggiunto tecnologico, tener conto dell’impatto sociale e perciò delle esigenze di specializzazione imposte dal mercato del lavoro, dell’occupabilità e infine della lotta contro il cambiamento climatico.

Non si tratta però di un problema che riguardi solamente il settore finanziario privato, il sistema produttivo e in ultima analisi il settore privato; c’è anche un problema dei conti pubblici, al quale si indirizza un altro aspetto delle misure di medio e lungo termine dell’Unione europea. Alludo alle misure contenute nella proposta presentata dalla Commissione il 12 maggio, che il Consiglio Ecofin ha cominciato a discutere ieri e continuerà a discutere; tali misure mirano a mantenere la disciplina di bilancio, a garantire il rispetto del patto di stabilità e di crescita e a stabilire metodi per risolvere e prevenire le crisi.

In tale prospettiva è stata istituita una task force che si riunirà per la prima volta venerdì 21 maggio, sotto la guida del Presidente Van Rompuy. Essa si pone come obiettivo la disciplina di bilancio e si varrà del documento della Commissione sul coordinamento delle politiche economiche e di bilancio presentato dal Commissario Rehn.

Ciò si collega alle misure di più lungo termine, tra le quali dobbiamo includere anche il dibattito che si sta avviando nell’Unione europea in merito alle tasse sulle rendite nel settore finanziario e a una tassa di cui si sta iniziando a discutere anche in seno al G20, ossia quella tassa sulle transazioni finanziarie che è anch’essa oggetto di discussione all’interno dell’UE. E’ un aspetto cui danno particolare rilievo, nella loro interrogazione, gli onorevoli Harms e Cohn-Bendit.

A tale proposito, bisogna osservare che tutte le istituzioni dell’Unione europea stanno lavorando per giungere a questo obiettivo; se ne è discusso nel dicembre scorso, in sede di Consiglio europeo. Il Fondo monetario internazionale è stato incaricato di svolgere uno studio concernente una possibile tassa sulle transazioni finanziarie internazionali. Se ne è discusso in marzo al Consiglio europeo, il 1° aprile la Commissione ha presentato la sua proposta, e l’argomento è stato discusso anche in occasione del Consiglio Ecofin.

C’è, dunque, un’altra misura che verrà discussa in seno al G20, e che riveste la massima importanza; si tratta di quelle che ho definito misure di medio e lungo termine proposte dall’Unione europea. Ieri, per esempio, nel corso del Vertice Unione europea-America Latina di Madrid, è stata proposta tra l’altro una riforma del sistema finanziario: in altre parole, l’Unione europea solleva questi problemi in tutte le sedi in cui è presente.

In breve, signor Presidente, stiamo adottando le misure e ci sono già le condizioni per avviarci verso quella che è stata definita la governance economica dell’Unione. Il Consiglio svolge un ruolo attivo in questo processo, insieme alla Commissione e al Parlamento nella sua qualità di organismo legislativo e di controllo.

Per concludere, signor Presidente, possiamo a mio avviso affermare che la crisi ha effettivamente dimostrato le debolezze di cui soffre l’unione monetaria europea in assenza di un’unione economica – unione economica che è prevista dai trattati ma non esiste nella realtà. Abbiamo mantenuto l’unione monetaria, ma non ci stiamo incamminando verso l’unione economica. Queste misure, adottate a breve, medio e lungo termine dall’Unione europea, stanno chiaramente conducendo l’Unione stessa sulla strada dell’unione economica.

L’attuale crisi ha indebolito le nostre economie, e ha messo a dura prova l’Unione, ma non l’ha distrutta e neppure frammentata. L’Unione europea ha reagito: in qualche occasione ci è sembrato che abbia reagito lentamente, ma la sua azione è stata comunque sicura. In qualche occasione è sembrata esitante, ma è rimasta unita, e ha fornito una risposta corretta e adeguata alle sfide che dobbiamo affrontare nel momento presente.

Mi auguro che il Consiglio europeo di giugno rafforzi la tendenza che ci sta portando verso la governance economica europea, e irrobustisca altresì la risposta unitaria che l’Unione sta dando alla crisi; spero quindi che esso riesca a preparare adeguatamente la posizione comune dell’Unione europea in vista della cruciale riunione del G20 a Toronto sulla regolamentazione del sistema finanziario e dell’importante dibattito sulla tassazione delle transazioni finanziarie internazionali.

 
  
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  Olli Rehn, membro della Commissione.(EN) Signor Presidente, giudico utile e importante questo dibattito dedicato alla risposta che l’Unione europea sta offrendo alla crisi, nonché alle sfide immediate e di più lungo periodo che dovremo affrontare nel campo della governance economica. Inizierò la mia analisi dalle sfide di carattere più immediato e dalla risposta alla crisi.

Dieci giorni fa l’Unione europea ha adottato decisioni coraggiose e necessarie miranti a salvaguardare la stabilità finanziaria nel nostro continente. Si è trattato di una duplice risposta all’aggravarsi della crisi, che si era trasformata ormai in una sfida sistemica all’euro; una risposta che a mio avviso si potrebbe definire un patto di consolidamento.

In primo luogo abbiamo concordato un meccanismo europeo di stabilità finanziaria che prevede una rete di protezione finanziaria fino a 500 miliardi di euro, la quale verrà integrata da finanziamenti del FMI in una proporzione di 2 a 1. In secondo luogo abbiamo convenuto di accelerare il consolidamento fiscale in quegli Stati membri in cui ciò è più urgente e necessario.

Con tali decisioni l’Europa ha presentato un pacchetto credibile che dimostra ai nostri cittadini, ai mercati e al mondo intero che noi difenderemo l’euro – la nostra moneta comune – a qualunque costo.

Non si tratta di un sacrificio che intendiamo compiere sull’altare di mistiche forze di mercato, bensì di uno sforzo teso a produrre in Europa occupazione e crescita sostenibile, evitando che le minacce alla stabilità finanziaria soffochino la ripresa economica ormai avviata, benché ancora modesta e fragile. E’ questa la responsabilità che abbiamo nei confronti dei nostri cittadini, e stiamo onorando in modo estremamente concreto. Ieri, con un’opera di coordinamento e gestione svolta a nome degli Stati membri dell’area dell’euro, la Commissione ha messo a disposizione della Grecia 14,5 miliardi di euro, che il FMI ha integrato con 5,5 miliardi di euro. Avevamo detto che saremmo stati pronti a sopperire alle immediate esigenze di rifinanziamento, e abbiamo agito in tempo.

Com’è ovvio, tutto questo dipende da una completa e integrale attuazione del programma elaborato dalla Commissione insieme al governo greco, in collegamento con la BCE e il FMI.

La Banca centrale europea ha adottato a sua volta misure straordinarie per sventare gli attacchi che abbiamo recentemente visto sferrare contro l’euro. Inoltre, i nostri Stati membri hanno perfettamente compreso la capitale importanza del consolidamento fiscale per la sostenibilità delle finanze pubbliche, e quindi come prerequisito di una crescita economica sostenibile.

La settimana scorsa, Spagna e Portogallo hanno presentato nuove misure di consolidamento fiscale assai rilevanti; si tratta di misure importanti e tutt’altro che indolori, ma necessarie per ridurre nel 2010 e nel 2011 la vertiginosa espansione dei deficit pubblici. Nell’arco delle prossime due settimane la Commissione presenterà una valutazione complessiva dell’adeguatezza dei nuovi obiettivi e delle nuove misure.

Permettetemi di sottolineare che una riduzione più rapida del deficit pubblico è un elemento davvero essenziale del pacchetto di stabilità finanziaria approvato il 10 maggio dal Consiglio Ecofin; ed è altrettanto importante che questi due paesi adottino riforme strutturali che contribuiscano a irrobustire il potenziale di crescita (alludo soprattutto a riforme del mercato del lavoro e dei sistemi pensionistici).

Se, da un lato, un rapido consolidamento fiscale costituisce una priorità immediata in tutta Europa, dall’altro dobbiamo coordinare le nostre politiche economiche e fiscali introducendo una differenziazione tra gli Stati membri. Occorre in altre parole differenziare gli sforzi di consolidamento fiscale in base al margine di manovra fiscale e alla vulnerabilità economica.

I paesi che dispongono di un margine di manovra fiscale minimo o nullo dovranno adottare misure rapide e immediate, mentre altri, che possono fruire di un migliore margine di manovra fiscale, dovrebbero mantenere posizioni meno restrittive in materia di politica fiscale, per contribuire alla crescita e all’occupazione in Europa.

Naturalmente, però, sarebbe errato limitare i nostri sforzi a queste misure. Non dimentichiamo che i primi dieci anni dell’euro hanno costituito un lusinghiero successo, e questo deve essere il nostro dato di partenza. La crisi ci costringe però a riconoscere i punti deboli del sistema: le pressioni esercitate dai pari sono state troppo deboli, i periodi favorevoli non sono stati sfruttati per ridurre il debito pubblico, e gli squilibri macroeconomici sono stati ignorati.

Proprio per questa ragione, il 12 maggio la Commissione ha presentato un’ambiziosa serie di proposte, miranti a rafforzare la governance economica in Europa. Vogliamo rendere più rigorosa la vigilanza preventiva sul bilancio, affrontare gli squilibri macroeconomici e istituire un robusto quadro permanente per la gestione delle crisi. Confido che il Parlamento sosterrà queste importanti proposte, che sono essenziali per condurre al successo, nei prossimi anni, la strategia Europa 2020.

Le nostre proposte si basano su due principi. In primo luogo, è sempre meglio prevenire che correggere, mentre la cosa peggiore, come abbiamo visto, è permettere che una situazione degeneri in una crisi. In secondo luogo, una vigilanza fiscale più rigorosa deve sempre accompagnarsi a una più ampia vigilanza macroeconomica, per andare alle radici e cogliere le origini dello sviluppo economico sostenibile.

Le nostre proposte si compongono di tre grandi blocchi. In primo luogo dobbiamo potenziare sia gli strumenti preventivi che quelli correttivi del patto di stabilità e di crescita. L’elemento essenziale per il potenziamento della governance economica è il coordinamento anticipato della politica fiscale, allo scopo di garantire la coerenza dei bilanci nazionali con le politiche e gli obblighi approvati di comune accordo a livello europeo; in tal modo sarà possibile evitare che i bilanci stessi mettano a repentaglio la stabilità dell’intera area dell’euro, oltre che degli altri Stati membri.

Su questo punto vorrei essere estremamente chiaro: ciò non significa esaminare ogni voce dei bilanci nazionali. Non abbiamo la minima intenzione di compiere una tale impresa, né avremmo le risorse per farlo. Si tratta piuttosto di analizzare e sottoporre a una revisione tra pari gli orientamenti di fondo del bilancio nonché il pareggio di bilancio, prima che i progetti dei bilanci nazionali vengano presentati dai governi all’esame parlamentare, con il diritto giuridico per l’Unione europea – sulla base del trattato e del patto – di formulare raccomandazioni e richiedere un’azione correttiva agli Stati membri interessati.

Alcuni hanno criticato tale proposta, giudicandola una violazione della sovranità parlamentare. Io stesso ho fatto parte in passato di un parlamento nazionale, oltre che del Parlamento europeo, e comprendo benissimo quanto sia delicata la questione dei poteri fiscali dei parlamenti. Ma ognuno può constatare che qui non siamo di fronte a una violazione della democrazia o della sovranità parlamentare, bensì alla volontà di far rispettare ai nostri Stati membri quelle medesime norme che essi stessi hanno già adottato: si tratta, in altre parole, di razzolare come si predica.

Dobbiamo introdurre un’autentica dimensione europea nell’elaborazione delle politiche economiche in Europa: non basta prendere in considerazione le decisioni internazionali solo a posteriori. Nell’Unione europea e in particolare nell’area dell’euro, lo sappiamo anche troppo bene, le decisioni nazionali fanno sentire il loro impatto al di là delle frontiere nazionali, e quindi prima di prendere tali decisioni occorre giungere a un coordinamento a livello europeo.

Il secondo blocco concerne la necessità di andare oltre la vigilanza di bilancio; occorre una vigilanza più ampia e profonda, che affronti gli squilibri macroeconomici. Perché questo punto è così importante? Le disuguaglianze in fatto di competitività e il divario che, nell’area dell’euro, separa i paesi che registrano avanzi da quelli su cui grava un deficit si sono aggravati negli ultimi dieci anni. Ecco il motivo di fondo per cui la crisi finanziaria si è fatta sentire con tanta durezza nell’Unione europea e soprattutto in alcuni Stati membri. Dobbiamo prevenire e poi affrontare i problemi emergenti, prima che possano degenerare in una crisi.

Proponiamo quindi di definire degli indicatori e una tabella di valutazione, di concordare soglie di allarme e di formulare raccomandazioni nonché, se necessario, procedure di allarme rapido. Gli indicatori potrebbero comprendere, per esempio, le tendenze della produttività, il costo unitario del lavoro e l’andamento delle partite correnti.

Ovviamente, con questo non intendiamo certo indebolire le prestazioni di alcun paese in fatto di esportazioni; non è assolutamente così. Si tratta invece di riequilibrare la crescita economica in tutta Europa. Dobbiamo potenziare la competitività delle esportazioni, dove ciò sia necessario, e la domanda interna, dove ciò sia necessario e possibile. Ecco il metodo di gioco che, come squadra europea, dobbiamo adottare a vantaggio dell’Europa intera.

In terzo luogo, dobbiamo far capire in maniera assolutamente inequivocabile a tutti coloro che osservano l’andamento dell’area dell’euro, che non ci faremo mai sconfiggere. Per scoraggiare chiunque intenda anche solamente tentare di mettere alla prova la nostra forza, ci serve un quadro permanente e robusto di gestione delle crisi per gli Stati membri dell’area dell’euro. Il meccanismo temporaneo istituito il 10 maggio è un coraggioso primo passo in tale direzione, ma per il medio e lungo periodo la Commissione proporrà un meccanismo di carattere più permanente, sottoposto a una severa condizionalità politica, e che naturalmente tenga conto delle esperienze passate. Sì, dobbiamo evitare gli azzardi di carattere etico; per tale motivo dobbiamo rendere questo meccanismo così poco invitante, da far sì che nessun leader e nessun paese sia tentato di farvi ricorso volontariamente. L’esperienza recente ha però dimostrato che è meglio disporre di un corpo di pompieri pronto a intervenire per domare un incendio di sterpaglia, piuttosto che cominciare a formare il corpo dei pompieri quando l’incendio si è già propagato a tutta la foresta: è meglio premunirsi prima che lamentarsi dopo.

Per concludere, queste proposte della Commissione preparano la strada a un salto di qualità nella governance economica in Europa, ma desidero richiamare la vostra attenzione su un’altra decisione di enorme importanza, che abbiamo preso nello stesso giorno in cui abbiamo presentato queste misure: ossia la proposta che l’Estonia entri a far parte dell’area dell’euro grazie ai propri meriti. Basti un dato: mentre in Europa, in questo momento, il debito medio si aggira intorno al 75 per cento, in Estonia il debito è del 7,5 per cento circa – non 75 ma 7,5 per cento – ed è sostenibile.

Questa proposta invia a tutti un importante segnale: l’area dell’euro sosterrà senza vacillare le attuali pressioni, e politiche economiche e fiscali sostenibili produrranno effetti benefici per gli Stati membri. Nel complesso, le iniziative della Commissione, una volta adottate, rinsalderanno in maniera decisiva la governance economica europea e porteranno a un prudente allargamento dell’area dell’euro. Nel quadro dell’Unione economica e monetaria, è giunto il momento di dare veramente vita all’aspetto economico.

 
  
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  Joseph Daul, a nome del gruppo PPE.(FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’Europa ha finalmente reagito. I capi di Stato e di governo hanno infine iniziato ad affrontare i problemi, e dieci giorni fa hanno varato un piano di sostegno per la nostra moneta, l’euro. Tale piano riflette fedelmente l’ampiezza della solidarietà europea, e quindi smentisce coloro che nutrivano dei dubbi in merito; è però ancora inadeguato, e deve accompagnarsi a misure che riducano i nostri deficit di bilancio nazionali, e che inoltre conducano a un accordo tra i 27 in materia di bilanci fiscali e sociali. Tutti, mi sembra, ribadiscono questo punto stamani, e in realtà tutti stiamo ripetendo il medesimo concetto da due settimane a questa parte. Bene, facciamolo subito! Questo piano, osservo infine, è stato completato mercoledì scorso dalla decisione della Commissione – cui va il mio apprezzamento – mirante a migliorare sostanzialmente la vigilanza e l’attuazione del patto di stabilità.

Onorevoli colleghi, non usciremo da questo ginepraio se non applicheremo tutte le misure in esame; e non ne usciremo senza dar prova di coraggio politico, poiché dovremo prendere ora tutte le misure che avremmo già dovuto prendere collettivamente, a livello di Unione europea, e individualmente, a livello nazionale. E’ un discorso che vale sia per i governi di destra che per quelli di sinistra, e constato con grande rammarico che ai socialisti tedeschi questo coraggio è mancato, in occasione del voto al Bundestag sul piano di aiuti europeo.

Da questa vicenda dobbiamo trarre gli opportuni insegnamenti. In primo luogo, dobbiamo conoscere il vero stato dei conti pubblici nazionali, così come conosciamo il vero stato dei conti pubblici dell’Unione europea. Chiedo alla Commissione di impegnarsi per garantire questo punto, e di punire – non solo di criticare timidamente – qualsiasi Stato non rispetti tale obbligo. Come ben sapete, tutti abbiamo paura degli Autovelox, delle sanzioni, dei punti che vengono tolti alla patente per un’infrazione al codice della strada; siamo fatti così, e quindi le sanzioni sono necessarie. E’ il principio fondamentale di qualsiasi politica seria in questo campo.

In secondo luogo, i 27 devono concentrarsi sulle proprie politiche di bilancio già in una fase precoce della procedura; è quello che la Commissione ha chiesto la settimana scorsa, e che io stesso ho chiesto in quest’Aula alcune settimane or sono. So che gli Stati membri trovano irritante questa richiesta di concentrazione, ma d’ora in poi dovranno abituarsi alle richieste irritanti, se continueranno a gestire le proprie finanze pubbliche come se si trovassero su un’isola deserta, e non fossero legati reciprocamente da una moneta unica e, di conseguenza, da un’indispensabile disciplina comune.

Inoltre, ciò che vale per i bilanci nazionali vale pure per la politica sociale e fiscale. Anche in questo caso, comprendo la collera che assale alcuni nostri compatrioti quando si sentono chiedere sacrifici a favore di altri, che lavorano di meno e vanno in pensione prima. Anche questa è una tendenza che non può continuare, ed è proprio questa la terza lezione che ho tratto dalla crisi. L’euro sarà vitale solo ci doteremo collettivamente delle risorse per renderlo tale. Non intendo contraddire il consulente finanziario del Presidente Obama, Paul Volcker, il quale ha affermato che l’euro rischia di crollare se noi non cambiamo cultura e comportamenti. Dobbiamo superare le considerazioni nazionali e passare alle considerazioni europee. Dobbiamo passare dalle politiche di breve periodo, concepite per impedire che i nostri governi nazionali perdano qualche punto nei sondaggi d’opinione, a piani di medio e lungo periodo, che sono poi quelli invocati anche dai nostri imprenditori per riuscire a investire e assumere.

Il mio gruppo chiede all’Europa di svegliarsi, e chiede alla Commissione di fare il suo lavoro, che in realtà consiste nell’usare il bastone e la carota con gli Stati membri: ricompensare in termini finanziari quelli che mettono ordine nelle proprie finanze pubbliche e punire quelli che si rifiutano di farlo!

Commissario Rehn, la Commissione non deve aver paura di agire in questo senso; la sua azione andrebbe a vantaggio dei cittadini europei e degli Stati membri. Una preoccupazione in particolare serpeggia in questo momento fra i cittadini, e viene costantemente sollevata in tutte le nostre riunioni: essi si chiedono se i loro risparmi sono ancora al sicuro. Comprendo lo stato d’animo di questi cittadini, che hanno lavorato tutta la vita per raggranellare modesti risparmi. Ecco quindi la prima assicurazione che dobbiamo fornire: i loro risparmi sono protetti. E’ semplicemente questo il compito della Commissione, che è stata creata proprio a tale scopo.

Solo in tale contesto, onorevoli colleghi, la strategia 2020 acquisterà un significato. Solo se dimostreremo ancora una volta serietà di propositi e se agiremo collettivamente in materia di conti pubblici, riusciremo a vincere la battaglia della disoccupazione, dell’istruzione, della formazione, della ricerca e dell’innovazione. L’ho detto ieri e lo ripeto ogni giorno: se è necessario risparmiare in tutti gli Stati membri, allora anche noi, deputati al Parlamento e funzionari della pubblica amministrazione europea, dobbiamo dare l’esempio per primi, altrimenti perderemo credibilità.

E’ tutto quel che volevo dire; conservo la speranza – ho vissuto alcune crisi assai gravi e profonde – che la crisi attuale possa almeno costituire un nuovo punto di partenza per l’Europa e i suoi cittadini.

 
  
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  Martin Schulz, a nome del gruppo S&D.(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, il dibattito odierno si svolge sullo sfondo di una situazione molto seria che rappresenta una grave minaccia per l’Unione europea. Abbiamo alle spalle decenni di ideologia del laissez-faire, nel corso dei quali chiunque esprimesse dubbi sulla presunta superiorità del sistema economico capitalistico veniva messo alla berlina. Questo sistema economico ci ha però gettati nella più profonda crisi finanziaria, economica e occupazionale, anzi, nella più profonda crisi di moralità e legittimità delle istituzioni che si sia vista dopo la fine della Seconda guerra mondiale.

Il sistema è sbagliato; in una certa misura è immorale, e inoltre è perverso. Vorrei farvi un esempio concreto, poiché molti cittadini non comprendono il gergo tecnico che si usa in questo campo. Che cos’è il mercato dei credit default swaps e dell’assicurazione contro il rischio d’insolvenza? Significa che una polizza di assicurazione si può vendere e comprare come una merce qualunque; permettetemi di illustrarlo in termini pratici. Sono sicuro che l’incantevole fattoria di proprietà dell’onorevole Daul è coperta da una polizza di assicurazione contro gli incendi; se io, Martin Schulz, posso comprare la polizza contro gli incendi dell’onorevole Daul e incassare l’indennità di assicurazione al suo posto se la casa brucia, allora mi basta trovare una persona (per esempio l’onorevole Cohn-Bendit) disposta ad appiccare il fuoco all’edificio, e sarò un uomo ricco.

E’ un sistema perverso; andrebbe abolito, e queste pratiche si dovrebbero vietare. Sono esattamente questi i meccanismi di cui stiamo discutendo, e gli esempi che ci offre la vita reale non sono affatto allegri. C’è per esempio la vicenda del fondo pensioni del sindacato degli insegnanti della California, che intendeva acquistare una compagnia aerea tedesca per mezzo di un fondo hedge. L’operazione non è riuscita, il fondo ha acquistato qualcos’altro e alla fine è andato in fallimento. Ma questo fallimento ha mandato in rovina un’intera generazione di insegnanti, che hanno versato i loro contributi al fondo per quarant’anni. Ecco la realtà di questo sistema economico che ha raggiunto i suoi limiti e deve essere rigidamente imbrigliato.

Ora tocca ai governi; è quanto hanno dichiarato il Presidente in carica del Consiglio López Garrido e il Commissario Rehn. Ottima cosa, ma in realtà siamo noi quelli che stanno reagendo, siamo noi quelli che vengono stimolati all’azione, e a mio avviso stiamo reagendo con grave ritardo. Molti settori si sarebbero dovuti regolamentare in una fase assai più precoce, come in realtà il nostro Parlamento ha spesso richiesto. Ora stiamo introducendo dei regolamenti per i fondi hedge, ma quando verrà istituita l’Agenzia europea di rating? E’ davvero normale che un’agenzia di rating americana, nel momento preciso in cui la speculazione contro la Grecia raggiunge l’apice, prenda di mira il bersaglio successivo e abbassi il rating del Portogallo? Che istituzioni sono mai queste, che possono decidere il destino di intere nazioni? E’ indispensabile controllarle e regolamentarle. Non ora però; è una cosa che si sarebbe dovuta fare anni addietro, e che noi anni addietro avevamo richiesto, ma i nostri appelli sono stati respinti. E sono stati respinti da quegli stessi governi che oggi proclamano di saper gestire la crisi.

(Proteste)

Onorevole Langen, so che lei questo pomeriggio presenterà un emendamento per chiedere che il Parlamento non si riunisca quando in Germania si festeggia il carnevale; fa bene. Quando lei è presente, ogni seduta del Parlamento diventa un carnevale. Sono davvero sconfortato.

Nell’Unione europea vi sono deficit strutturali, che le istituzioni hanno la responsabilità di risolvere. Affermiamo di aver creato un’unione economica e monetaria, ma in realtà abbiamo solo l’unione monetaria, non quella economica. In Europa abbiamo un mosaico di politiche economiche diverse; in un’area cha vanta una moneta unica, sedici Stati sovrani non riescono a coordinare le proprie politiche economiche, alcune delle quali sono reciprocamente contraddittorie. Ciò naturalmente costituisce un rischio gravissimo. Arnold Schwarzenegger e la sua splendida California sono completamente in bancarotta, ma ciò non incide assolutamente sul dollaro poiché la politica economica della California rientra nell’area della moneta unica degli Stati Uniti. Se invece viene messo a repentaglio il 2,8 per cento del prodotto interno lordo dell’area dell’euro, come nel caso della Grecia, qui si scatena una grave crisi. Dobbiamo eliminare questo deficit, e a tale scopo abbiamo bisogno di una governance economica. Chiunque vi si opponga ancora non ha evidentemente sentito i colpi di avvertimento.

Siamo nel bel mezzo di una gravissima crisi di legittimità; i cittadini si rendono conto che il sistema ha fallito e non nutrono più alcuna fiducia in esso. Hanno constatato che le istituzioni nazionali e internazionali vanno a rimorchio di questo sistema e perciò non si fidano più neppure delle istituzioni. In questa fase, di fronte a una sfida globale ed europea, molti cercano ancora rifugio nella retorica nazionale. Questa triplice contraddizione tra la crisi di fiducia nel nostro sistema economico e nelle nostre istituzioni statali, e la ritirata di molte istituzioni statali in un approccio nazionale, con il rifiuto di cercare una soluzione nelle strutture internazionali, è una miscela esplosiva che mette a rischio l’intera Unione europea.

Ci occorre dunque una governance economica e in ultima analisi abbiamo anche assoluto bisogno della forza per attuare le nostre stesse norme. Un’ultima osservazione: l’onorevole Daul, che presiede il gruppo di cui fanno parte i rappresentanti di Nea Dimokratia, dovrebbe essere un po’ più cauto nel criticare gli altri partiti.

 
  
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  Guy Verhofstadt, a nome del gruppo ALDE.(FR) Signor Presidente, a mio avviso né la retorica nazionalista, né quella marxista possono offrirci soluzioni valide per la crisi che stiamo attraversando.

(Applausi)

Quella in cui ci troviamo oggi, signor Presidente, non è, credo, una crisi monetaria all’interno dell’Unione, e neppure una crisi della nostra moneta unica; è piuttosto una crisi della governance dell’Unione europea. Ecco la nostra situazione attuale. Mi spingo anzi a dire che la crisi è stata generata dall’ossessiva convinzione degli Stati membri di poter risolvere i problemi d’Europa ricorrendo a un approccio intergovernativo, mentre un’area monetaria, signor Presidente, si deve governare sulla base di un unico metodo – il metodo comunitario – e sulla base dell’interesse europeo, non di un conglomerato di interessi nazionali, che è invece quello che (per loro stessa natura) rappresentano il Consiglio europeo e il Consiglio dell’Unione europea.

Da parte mia, dunque, desidero lanciare tre messaggi nella discussione di questa mattina. Il primo messaggio, Presidente López Garrido, è diretto al Consiglio. Forse potremmo chiedere alla Presidenza spagnola di invitare i membri del Consiglio a dimostrare un minimo di discrezione in merito alla crisi dell’euro, perché ogni volta che si individua una soluzione per venire in aiuto dell’euro l’uno o l’altro dei capi di Stato e di governo si sente in dovere di dire la sua e di sabotare, in realtà, la soluzione trovata. A mio avviso, quindi, la prima cosa da chiedere al Consiglio è di essere un po’ più discreto, e di lasciare che la Commissione e la Banca centrale europea propongano le soluzioni del caso.

Il mio secondo messaggio è diretto alla Commissione. Ritengo, Commissario Rehn, che mercoledì scorso abbiate preso decisioni coraggiose che costituiscono un passo nella direzione giusta, ma sono anche convinto che la Commissione debba spingersi più in là. Per il momento, abbiamo dunque un gruppo di lavoro. Questo gruppo di lavoro del Consiglio si riunirà per proporre soluzioni in ottobre o verso la fine dell’anno; a parer mio, è di gran lunga troppo tardi. Spetta alla Commissione, che dispone del diritto d’iniziativa, elaborare un ambizioso pacchetto complessivo nel corso delle prossime settimane o dei prossimi mesi. Ecco ciò che occorre fare: non dobbiamo aspettare che sia un gruppo di lavoro del Consiglio a indicarci la strada da seguire; spetta alla Commissione prendere quest’iniziativa. Tocca alla Commissione elaborare un pacchetto complessivo, da presentare poi al Consiglio e al Parlamento, comprendente quattro elementi.

In primo luogo, rafforzare il patto di stabilità e di crescita. In effetti ciò significa introdurre sanzioni. Personalmente sono favorevole all’idea del Commissario Rehn, e mi auguro che lo siano tutti. Egli sostiene che, nell’ambito di questo pacchetto, la Commissione dovrebbe avere il compito di effettuare uno screening dei bilanci prima che questi vengano approvati dai parlamenti nazionali. Non è una questione di sussidiarietà o di mancanza di sussidiarietà; è invece una questione di lealtà verso il patto di stabilità e di crescita e l’euro. Non possiamo da un lato dichiararci membri del patto di stabilità e di crescita e dell’area dell’euro, e dall’altro affermare che il nostro bilancio non ha nulla a che vedere con l’euro, oppure che si tratta di un problema di competenza esclusivamente nazionale.

In secondo luogo, ritengo che questo pacchetto debba comprendere anche una convincente strategia per il 2020. Quella che è attualmente all’esame del Consiglio, Presidente López Garrido, non convince affatto. Raggiungerete una conclusione in giugno? Ma quali conclusioni raggiungerete in giugno sulla strategia 2020? Sarà una conclusione analoga a quella raggiunta per la strategia di Lisbona, che è naufragata? Sarà ancora una volta un metodo di coordinamento aperto? Se fate le cose sul serio, dovete fornire alla Commissione tutti gli strumenti necessari per gestire efficacemente la strategia 2020, questa strategia economica che deve farci uscire dalla crisi.

Il terzo passo indispensabile è la creazione di un fondo monetario europeo che sostituisca il meccanismo di stabilità già creato, perché – come ha ammesso anche lei, Commissario Rehn – il meccanismo non sarà sufficiente. Ancora una volta, si tratta di un meccanismo intergovernativo escogitato in seno all’Ecofin, che esige l’unanimità. La concessione di ogni singolo prestito deve essere approvata da tutti gli Stati membri. Un sistema di tal genere non può funzionare nel lungo periodo, e si impone quindi il varo di un fondo monetario europeo, gestito dalla Commissione e, se necessario, dalla BCE. Non si devono però lasciare al fondo le decisioni che ricadono sotto la responsabilità di tutti gli Stati membri dell’area dell’euro. Dobbiamo infine dotarci di un mercato europeo delle obbligazioni.

Ecco quel che ci attendiamo dalla Commissione, Commissario Rehn. Vogliamo che voi dimostriate l’ambizione e il coraggio necessari per portare al tavolo dei negoziati, sia con il Consiglio che con il Parlamento, un pacchetto di ampio respiro che comprenda questi quattro punti.

(Applausi)

 
  
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  Rebecca Harms, a nome del gruppo Verts/ALE.(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, il mio gruppo ha deciso ancora una volta di adottare un approccio positivo nei confronti del meccanismo di stabilizzazione finanziaria approvato nel corso del fine settimana di colloqui sulla crisi tenuto a Bruxelles quasi due settimane fa.

Il nostro sostegno si accompagna a un deciso impegno per una politica più unitaria in campo finanziario ed economico. Da parte del mio gruppo non si tratta di una novità, bensì di una posizione per noi tradizionale ormai da parecchi anni. Tuttavia, Commissario Rehn e Presidente López Garrido, nel momento stesso in cui prendiamo tale impegno chiediamo che si adottino decisioni serie non solo per combattere i semplici sintomi della crisi, ma piuttosto per affrontare la sfida complessiva che la crisi stessa ci propone.

Secondo la nostra analisi, stiamo cercando di curare i sintomi dal 2008, e sempre dal 2008 – cioè dall’epoca del fallimento della Lehman Brothers – stiamo cercando di salvare le banche. Insisto che dobbiamo essere onesti con i cittadini europei: nel corso del penultimo fine settimana non è stato affatto stabilizzato l’euro; piuttosto, sono state salvate numerose banche francesi e tedesche. L’andamento dei prezzi delle azioni in borsa dimostra in maniera lampante il senso di quanto è avvenuto. Ora però dobbiamo uscire da questo ciclo di salvataggi bancari, che ci è costato miliardi e miliardi. Non sappiamo più da dove venga il denaro, e abbiamo unicamente il coraggio di procedere a timidi passi verso la regolamentazione dei mercati finanziari, a giudicare dall’accordo raggiunto in seno all’Ecofin.

L’aspetto centrale della richiesta che avanziamo oggi è che lo Stato deve tornare sui mercati finanziari e adottare un approccio estremamente deciso. Non deve più farsi tenere sotto scacco dalle banche e dagli speculatori di cui oggi ci lamentiamo tutti. E’ vero che le banche sono un elemento vitale del sistema, ma nel sistema deve esserci qualcosa di veramente marcio, se è possibile che i nostri Stati vengano spinti ripetutamente sull’orlo del disastro, e il sistema politico lo consente.

Vorrei riassumere la situazione in poche parole. Su determinati problemi dobbiamo prendere decisioni nette. Certi segni fanno sperare che alcuni Stati membri dell’Unione europea si stiano muovendo nella direzione giusta, ma a nostro avviso sarebbe necessario vietare i titoli tossici e le vendite allo scoperto in tutta l’Unione europea, instaurare un controllo rigorosissimo sui fondi hedge, smetterla di ventilare l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie e fare invece in proposito qualcosa di concreto. Questa tassa è necessaria, tra l’altro anche per rifinanziare le iniziative che stiamo attuando con il denaro pubblico. La partecipazione di banche e speculatori non può più rimanere un argomento da affrontare in comizi improvvisati; introducendo questa tassa possiamo invece coinvolgerli seriamente.

Un secondo tema che mi sta molto a cuore è il futuro di una politica di bilancio coordinata nell’Unione europea, ossia la disciplina di bilancio; è un termine che, nel contesto tedesco, mi è anzi molto familiare. Nel quadro della gestione di questa crisi e del voto sulla strategia Europa 2020, propongo comunque di raggiungere ancora una volta un accordo sugli obiettivi che ci prefiggiamo, sull’immagine di sé che gli Stati membri e l’Europa stessa dovranno presentare ai cittadini fra cinque o dieci anni in materia di responsabilità dello Stato. La strategia europea va forse utilizzata come ariete contro la responsabilità sociale dello Stato? Sono ansiosa di conoscere la vostra opinione su tutti questi problemi: asili, scuole, università, biblioteche, assistenza agli anziani, ospedali, musei e teatri.

Una settimana fa il mio collega, onorevole Cohn-Bendit, ha affermato che la Grecia aveva bisogno di più tempo per varare il suo piano di ricostruzione. Conosco benissimo la disastrosa situazione finanziaria di molti Stati membri e credo che alcuni di essi abbiano bisogno di tempo per decidere il da farsi. Come ho appena detto, mettere in campo un ariete per abbattere il sistema di sicurezza sociale sarebbe in assoluto il peggior errore che l’Unione europea potrebbe commettere a questo punto. Questo tuttavia non ci impedisce di esaminare con estremo scrupolo la nostra politica di bilancio per garantire alle generazioni successive parità di trattamento. In Germania, noi Verdi ci siamo ripetutamente schierati a favore di bilanci di questo tipo.

Vorrei formulare un’ultima osservazione. Se dovessimo rinunciare ora alla nostra politica sul clima e lo sviluppo sostenibile – come pure alcuni hanno suggerito – finiremmo veramente per farci ispirare dal diavolo. Non dobbiamo trascurare l’innovazione dell’industria e delle imprese, l’approccio ecocompatibile alla produzione e all’organizzazione dei trasporti pubblici. Dobbiamo tutelare l’occupazione per mezzo dell’innovazione e creando un futuro praticabile e sostenibile, ma tutto questo costa denaro. L’introduzione di nuove tasse è un argomento tabù, ma da parte mia sono convinta che potremo uscire da questa crisi solo infrangendo il tabù dell’intervento statale, del ruolo dello Stato e della necessità di tasse intelligenti.

(Applausi)

 
  
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  Timothy Kirkhope, a nome del gruppo ECR.(EN) Signor Presidente, purtroppo è diventato un luogo comune, per coloro che intervengono a favore dell’Unione europea, affermare che una maggiore integrazione sarebbe la panacea per ogni male. Tale approccio però non coglie l’essenza del problema. Ciò che, troppo spesso, manca all’Europa, non sono ulteriori meccanismi per l’attuazione delle politiche concordate, bensì la volontà politica di adempiere gli impegni già presi ma finora non attuati.

Mi auguro perciò di tutto cuore che l’iniziativa Europa 2020, sicuramente necessaria per affrontare la crisi economica di fondo che incombe sull’Europa, non si infranga sul medesimo scoglio. Per quanto riguarda poi la crisi dell’area dell’euro, ci viene detto che, per evitare crisi analoghe in futuro, l’Unione deve avere il potere di chiedere la presentazione preliminare dei progetti di bilancio da parte degli Stati membri e di infliggere sanzioni più severe agli Stati membri; però le informazioni sui bilanci dovevano già essere disponibili, solo che non erano precise e non sono state analizzate in maniera adeguata.

L’introduzione di una procedura più rigorosa basterebbe a migliorare la qualità dell’informazione e la competenza di coloro che analizzano i dati? Le sanzioni esistevano già in precedenza; solamente mancavano di credibilità. Ampliarne la portata non significa affatto renderne più probabile l’applicazione. Forse che le nuove misure verrebbero considerate con maggiore serietà? Inoltre, l’emissione di un debito, che rischia di incrementare il bilancio dell’Unione europea e di portare a una garanzia diretta dei prestiti dell’Unione, costituisce un grave strappo, tale da intaccare proprio quei principi di sana finanza pubblica che – in teoria – noi qui siamo chiamati ad applicare.

Noi rappresentanti del gruppo ECR, vogliamo che l’euro abbia successo, sia a vantaggio di coloro che scelgono di aderirvi, sia per il bene dell’intera economia europea; a tale scopo, però, è necessario che gli Stati membri si assumano seriamente le proprie responsabilità, si comportino con onestà reciproca e rispettino gli impegni presi.

La Commissione si è esplicitamente dichiarata convinta che le sue proposte produrranno un sostanziale rafforzamento dell’unione economica e monetaria. Non sorprende che, laddove la versione inglese del testo del vertice di marzo parlava di “governance” (che è il termine usato anche dalla Commissione), nel testo francese comparisse invece la parola “governo”. A quanto sembra, alcuni nutrono effettivamente l’ambizione di realizzare un “governo” economico europeo centralizzato, ma questo non risolverebbe certo i problemi con cui dobbiamo confrontarci: sarebbe un pessimo affare per i cittadini, per gli Stati membri e, ne sono convinto, anche per l’Unione europea.

 
  
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  Lothar Bisky, a nome del gruppo GUE/NGL.(DE) Signor Presidente, dalle ultime riunioni del Consiglio risulta che sono in corso cambiamenti di grande portata. Attualmente stiamo attraversando un processo di governamentalizzazione della politica europea. Il trattato di Lisbona ha parole di elogio per il ruolo del Parlamento e per il rafforzamento di tale ruolo; anche noi abbiamo espresso un giudizio positivo in merito.

I governi stringono accordi di fondamentale importanza, e si spendono somme di denaro sbalorditive. Fino a questo momento i parlamenti hanno avuto scarsissima voce in capitolo, e dobbiamo bloccare questa tendenza. Per effetto del metodo usato delle classi di governo, si sono spese somme enormi per salvare banche che si sono pesantemente indebitate per responsabilità propria: questi governi hanno salvato un capitalismo da giocatori d’azzardo usando il denaro dei contribuenti, ma quando si è trattato di salvare gli Stati oppressi dai debiti il loro approccio è stato assai esitante. Da qualche parte sono riusciti trovare 750 miliardi di euro, ma c’è da chiedersi se stampando denaro si salverà lo sviluppo economico; secondo me, probabilmente verranno salvati i capitali delle banche. Però l’Unione europea deve essere qualcosa di più di un mercato interno libero con una moneta unica.

Il Presidente Barroso ha pienamente ragione, quando afferma che senza unione economica possiamo dire addio all’unione monetaria. Tuttavia, non riesco a scorgere alcun progetto chiaro. L’insistenza sul patto di stabilità e di crescita, ormai fallito, ha relativamente poco a che vedere con un razionale coordinamento della politica economica. Quel che ci manca è un’unione sociale; ci manca una duratura ed efficace nuova regolamentazione del settore finanziario; ci mancano una politica fiscale e una politica salariale coordinate, e ci manca una tassa sulle transazioni finanziarie. Di questa tassa in realtà parliamo da molto tempo, ma non siamo mai andati al di là delle chiacchiere.

E’ il momento di salvaguardare lo Stato sociale per mezzo delle istituzioni dell’Unione europea, non di smantellarlo. I greci e gli altri popoli hanno paura, perché vedono le misure che si vanno prendendo in campo sociale. E’ il momento di lottare per armonizzare gli standard sociali a un livello elevato.

Si devono proibire i fondi hedge, e si devono abolire i paradisi fiscali. Nella lotta contro la crisi dei mercati finanziari si registrano progressi lentissimi. Considerata la velocità con cui si muovono gli speculatori, il nostro operato è assolutamente insufficiente. In situazioni di emergenza come quelle che dobbiamo ripetutamente affrontare, è completamente sbagliato nazionalizzare, come perdite, i miliardi che si spendono, e privatizzare invece i profitti. Non si deve consentire alle banche di accedere direttamente al denaro dei contribuenti con l’aiuto dello Stato. Aggiungo per inciso un’ultima osservazione, e cioè che, nelle condizioni attuali, dovremo fornire una nuova definizione del termine “rapinatore di banche”.

 
  
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  Niki Tzavela, a nome del gruppo EFD Group.(EL) Signor Commissario, desidero cogliere l’occasione per ringraziarla personalmente per il duro ed efficace lavoro che ha svolto per risolvere la crisi economica che attanaglia la Grecia; e ringrazio anche tutti i partiti presenti in Parlamento per il sostegno e la solidarietà che hanno dimostrato alla Grecia.

Vorrei formulare tre proposte e chiedere con forza il vostro sostegno in merito. Per quanto riguarda l’adozione di uno strumento permanente di governance economica, l’Istituto Bruegel, che è un think tank del settore economico, avanza le seguenti proposte: la Banca centrale europea dovrebbe garantire obbligazioni europee fino al 60 per cento del PIL di ciascun paese; sono questi i cosiddetti blue bonds. Qualora le obbligazioni superino il limite del 60 per cento, l’eccedenza andrebbe collocata alle condizioni di mercato; questi sono invece i cosiddetti red bonds. Questa proposta prevede uno strumento permanente di governance economica; non implica la necessità di istituire nuovi meccanismi o altro, e si può adottare con grande rapidità.

Ho due proposte specifiche per la Grecia: il Fondo monetario internazionale potrebbe estendere il periodo per il rimborso del prestito concesso alla Grecia da tre a cinque anni. Se la stessa estensione venisse adottata dai nostri prestatori europei, per la Grecia diventerebbe assai più agevole e realistico rimborsare il proprio debito, e ciò costituirebbe un messaggio positivo per i mercati. La seconda proposta è la seguente: l’importo dell’aiuto concesso alla Grecia potrebbe essere utilizzato per rimborsare le nostre obbligazioni. Sarebbe un esempio di gestione razionale di questo problema, se l’Europa mettesse ora a disposizione risorse da concedere in futuro alla Grecia, e da utilizzare per sviluppare l’economia greca. In questo momento il governo greco è sulla difensiva: sta cercando di raggranellare denaro per ridurre il debito. Non si può tuttavia cercare contemporaneamente di stimolare la crescita. Per questo, signor Commissario, ritengo che sarebbe una buona idea incoraggiare uno sforzo parallelo teso a stimolare la crescita.

Concludo auspicando che la crisi greca sia l’unico prezzo che l’Unione europea dovrà pagare per l’affrettata istituzione di quella governance economica cui avremmo dovuto dare vita dieci anni fa. Auguriamoci che la crisi greca rimanga per noi l’unico prezzo da pagare.

 
  
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  Presidente . – Onorevole Tzavela, non l’ho interrotta perché lei è greca e quest’argomento è estremamente importante; lei però ha parlato per più di un minuto. La prossima volta la prego di rispettare i tempi assegnati.

 
  
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  Nicole Sinclaire (NI) . – (EN) Signor Presidente, l’anno scorso, quando è stato eletto Presidente di quest’Assemblea, lei si era impegnato a trattare allo stesso modo tutti i gruppi. Ho notato però in questo interessante dibattito, che l’onorevole Schulz ha oltrepassato il limite di tempo di due minuti – tutti i gruppi l’hanno oltrepassato – ma lei ha rimproverato un solo gruppo. Può spiegarne la ragione?

 
  
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  Presidente . – Vorrei precisare, onorevole Sinclaire, che tengo d’occhio il tempo. Quegli interventi hanno effettivamente oltrepassato il limite di alcuni secondi; la collega che ha appena parlato è quella che l’ha oltrepassato per il tempo più lungo, ma non l’ho interrotta perché ella rappresenta la Grecia, si trattava quindi dell’opinione di una persona che vive in Grecia e la questione mi è sembrata di grande importanza. Di norma non permetto agli oratori di oltrepassare i tempi stabiliti, ma tutti, penso, conveniamo sul fatto che l’intervento dell’onorevole Tzavela era per noi particolarmente importante.

 
  
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  Francisco Sosa Wagner (NI) . – (ES) Signor Presidente, è stato necessario che ci trovassimo sull’orlo del baratro economico perché i capi di Stato e di governo comprendessero che la strada del futuro non è quella del nazionalismo, ma quella dell’Europa.

Alcune delle misure adottate puntano in questa direzione: per esempio la limitazione del diritto di veto in seno al Consiglio europeo, oppure il germoglio di un tesoro pubblico europeo.

Infine, benché quasi a tempo scaduto, ci siamo resi conto che siamo tutti sulla stessa barca e che quindi non ha senso affrontare i problemi individualmente, soprattutto se si agisce in maniera improvvisata.

Mi chiedo tuttavia se questo nuovo atteggiamento sia un fatto puramente episodico, o se al contrario si tratti dell’inizio di un’autentica governance economica europea. Infatti, onorevoli colleghi, non abbiamo bisogno di una governance; se vogliamo mantenerci fedeli alla volontà dei padri fondatori quello che ci serve è un autentico governo.

Il Parlamento deve quindi promuovere tutte le riforme miranti a rafforzare l’Europa e a dare concretezza alla disciplina fiscale e di bilancio, accantonando le nostalgie della sovranità.

Onorevoli colleghi, il rafforzamento della Commissione europea e del Parlamento è l’unica ricetta giusta per costruire l’Europa, che altrimenti sarà destinata a svanire come l’ombra di un sogno.

 
  
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  Corien Wortmann-Kool (PPE) . – (NL) Signor Presidente, l’insegnamento che ho tratto io è che, se la fattoria dell’onorevole Daul brucia, la prima cosa da fare è spegnere l’incendio. Quindi il nostro gruppo – il gruppo PPE – sostiene senza riserve il pacchetto di salvataggio concordato dal Consiglio e dalla Commissione.

Il fatto che l’adozione di un pacchetto del tenore di centinaia di miliardi di euro si sia dimostrata inevitabile nel corso di un fine settimana, è un segnale che ci dimostra bruscamente quanto sia importante adottare e rafforzare norme di bilancio più severe e coerenti.

Signor Presidente, il Consiglio è stato unanime; cerchiamo di dimostrare anche noi la stessa unanimità. Purtroppo, però, dopo aver ascoltato l’onorevole Schulz, presidente del gruppo S&D, devo constatare che tale unanimità non regna affatto nella nostra Assemblea. Tutti, in questo Parlamento, vogliamo un’Europa che possa vantare una crescita economica sostenibile, un’occupazione adeguata per i nostri cittadini e imprese fiorenti. Potremo raggiungere tale obiettivo solo con una moneta stabile e un’economia stabile.

Un patto di stabilità e di crescita applicato e funzionante è un requisito essenziale di un’ambiziosa strategia UE 2020. Il successo di entrambi dipende da una solida governance europea. Ecco il nocciolo della risoluzione che abbiamo discusso la settimana scorsa in Parlamento con i gruppi. Il Commissario Rehn merita il nostro sostegno, e giudico irresponsabile che i colleghi del gruppo S&D neghino tale sostegno.

L’irresponsabile comportamento degli speculatori, pur senza esserne la causa, ha alimentato le fiamme della crisi dell’euro. Per quel che riguarda il nostro gruppo, il Commissario Barnier deve lavorare con energia a proposte che ostacolino il comportamento irresponsabile dei mercati finanziari.

 
  
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  Hannes Swoboda (S&D) . – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’onorevole Wortmann-Kool si sbaglia su due punti. In primo luogo, noi non vogliamo assolutamente che la fattoria dell’onorevole Daul vada a fuoco; non vogliamo veder bruciare nessuna fattoria. Vogliamo prendere precauzioni, ecco il nostro obiettivo.

In secondo luogo, sosteniamo con vigore le misure proposte dal Commissario Rehn. Si tratta semplicemente del fatto che, in alcuni casi, esse non sono abbastanza audaci, poiché la maggioranza di queste misure è stata proposta solo quando la fattoria dell’onorevole Daul stava già bruciando. Avete giustamente osservato che la prima cosa da fare è impedire che la fattoria prenda fuoco, ed è questo il punto decisivo su cui vorrei soffermarmi. Il Presidente López Garrido ha affermato oggi che l’elaborazione delle decisioni aveva richiesto un tempo di esasperante lunghezza. In realtà è stato di esasperante lunghezza anche il tempo che abbiamo impiegato per renderci conto dei cambiamenti avvenuti nell’Unione europea nel corso degli ultimi dieci anni.

Il Commissario Rehn ha correttamente osservato che le differenze tra i singoli paesi dell’area dell’euro in fatto di competitività si sono ampliate e non ridotte. Quello che però lei ha taciuto, Commissario Rehn, è un particolare per noi molto importante, ossia il fatto che in Europa si sta ampliando anche il divario che divide i ricchi dai poveri. Forse per l’onorevole Verhofstadt questo è marxismo, per noi è una questione di sicurezza sociale e di politica sociale. Comunque, è una cosa che ad alcuni semplicemente non interessa.

Il problema è questo: come pensate di indurre i cittadini ad accettare le misure economiche e i severi requisiti di bilancio che giustamente proponete, se essi cominciano a rendersi conto che l’Europa e l’area dell’euro sono caratterizzate da un crescente divario tra ricchi e poveri? E’ un fatto inaccettabile, e proprio per tale motivo contro queste misure necessarie si levano proteste più ampie di quanto sarebbe normalmente prevedibile.

Di conseguenza, invitiamo la Commissione ed il Consiglio ad agire. Dobbiamo ridurre le differenze di competitività. A mio avviso lei ha perfettamente ragione ad affermare che dobbiamo riuscire a migliorare la competitività di paesi come la Grecia e la Spagna. Non si tratta di peggiorare le condizioni della concorrenza nei Paesi Bassi, in Germania, in Austria o altrove, bensì di migliorare le condizioni della concorrenza nei paesi più deboli. E’ una strategia assolutamente giusta, ma la sua proposta, Commissario Rehn, non comprende alcuna misura specifica per realizzarla.

Lei ha parlato oggi della riforma del mercato del lavoro e del sistema pensionistico. E’ l’approccio giusto, ma riformare mercato del lavoro e pensioni non basta; bisogna considerare anche il bilancio. Se non svilupperemo le nostre infrastrutture e non utilizzeremo tutti i mezzi che ci offre la strategia Europa 2020 – tecnologie verdi e così via – non riusciremo a raggiungere quest’obiettivo. Le chiedo quindi di tener presente che in Europa è necessario rafforzare sia la competitività che la sicurezza sociale.

 
  
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  Adina-Ioana Vălean (ALDE) . – (EN) Signor Presidente, vorrei illustrare la situazione di quegli Stati membri che non fanno parte dell’area dell’euro ma ne condividono le preoccupazioni. I leader politici dei nostri paesi ci hanno propinato l’idea che l’ingresso nell’Unione europea si dovesse considerare una garanzia contro i periodi di difficoltà economiche, ma la realtà si è dimostrata ben diversa. Nonostante tutti gli sforzi, l’euro subisce costanti attacchi da ogni lato, e tutti sappiamo che il denaro fresco è solo un palliativo, mentre il problema è ben più profondo. La situazione è eccezionalmente grave e occorrono rimedi eccezionali.

Ammettiamolo: non ci sono alternative a un’integrazione economica più profonda, e ciò implica una più profonda unione politica. Dal momento che questo squilibrio provoca gravi disparità fra gli Stati membri, e anche per garantire la disciplina finanziaria a livello europeo, occorrono una valida governance, un sistema di sanzioni e meccanismi che assicurino il rispetto delle norme. Dobbiamo individuare i metodi adatti per incoraggiare gli investimenti, attirare capitali e tagliare coraggiosamente gli oneri burocratici. E’ necessario che i governi adottino misure intelligenti. In Romania, per esempio, il governo taglia pensioni e salari anziché ridurre gli oneri burocratici ed il denaro destinato alle clientele politiche. I servizi segreti romeni hanno più agenti dell’FBI, ma i tagli non colpiscono costoro, bensì medici e insegnanti.

Incoraggio vivamente la Commissione a difendere con fermezza le misure proposte e a non cedere alle pressioni degli Stati membri, ben pochi dei quali possono oggi proporsi come esempio.

 
  
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  Philippe Lamberts (Verts/ALE) . – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, è vero, abbiamo bisogno di una spesa pubblica responsabile; ed è altrettanto vero che abbiamo bisogno di riequilibrare i nostri bilanci. Tutto questo esige una gestione responsabile delle spese, e tale argomento è stato adeguatamente sviscerato per ora. E naturalmente è necessaria pure una più intensa vigilanza reciproca fra uguali. Tuttavia, signori del Consiglio – e in realtà è un rilievo che rivolgo soprattutto ai signori, piuttosto che alle signore che rappresentano il Consiglio – non è onesto far credere ai cittadini che riusciremo a far fronte alle sfide odierne con la pura riduzione delle spese; una soluzione di tal genere farebbe quasi sicuramente precipitare l’Europa nella recessione e quasi sicuramente distruggerebbe il tessuto sociale, quella coesione sociale che fa parte dell’identità dell’Unione europea. Perciò, se vogliamo riequilibrare le finanze pubbliche, che è l’unica scelta possibile, e contemporaneamente riuscire a investire – poiché non si tratta solo di ridurre i deficit, ma anche di investire nel nostro futuro – dovremo individuare nuove fonti di introiti. Ciò significa costringere il settore finanziario a contribuire, significa imporre una tassa sulle transazioni finanziarie ma anche sulle banche, e non si tratta di scegliere fra l’una e l’altra. Significa costringere a contribuire coloro che dalla situazione hanno tratto i maggiori vantaggi (alludo al settore energetico); significa smettere di distribuire regali – questo infatti sono le riforme fiscali attuate finora – ai più ricchi o alle imprese che sfruttano i paradisi fiscali, e cercare seriamente di stroncare le frodi fiscali. E tutto questo, onorevoli colleghi, significa infrangere un altro tabù: non il tabù delle tasse ma il tabù della sovranità, che voi, signori del Consiglio – purtroppo con il sostegno del gruppo PPE – difenderete fino alla morte. Meglio fallire mantenendo la sovranità fiscale che affrontare veramente il problema alla radice.

Per quanto riguarda infine la vigilanza finanziaria, vorrei incoraggiare …

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Derk Jan Eppink (ECR) . – (EN) Signor Presidente, il Presidente in carica del Consiglio ha appena chiesto se esiste una strategia per uscire da questa crisi, ed io vorrei rispondere di sì: esiste, e si chiama conservatorismo fiscale. Il nostro problema strutturale è stato una spesa pubblica eccessiva e durata troppo a lungo. Il settore pubblico è rimasto fuori controllo per molti anni. Anche in periodi favorevoli, il governo tedesco del Cancelliere Schröder superava il limite del 3 per cento, e la Grecia naturalmente ha battuto tutti i record, perché la classe politica greca è totalmente incapace di gestire risorse finanziarie.

Avevamo il patto di stabilità. Com’era stato definito il patto di stabilità dal Presidente Prodi, ancora nel 2002? Lei lo sa, perché era capo di gabinetto del Commissario Liikanen. Il Presidente Prodi disse che il Patto era stupido, e così abbiamo dovuto cambiarlo. Era il custode dei trattati; l’abbiamo cambiato e l’abbiamo posto su un pendio scivoloso: oggi vediamo i risultati. D’ora in poi, l’Unione europea si troverà a percorrere per molti anni una strada di conservatorismo fiscale, e questo è un aspetto molto importante.

Quel che ci occorre, onorevole Schulz, è innovazione, e poi una dose maggiore di libero mercato e capacità imprenditoriali. Signor Presidente in carica del Consiglio, lei che è spagnolo: abbiamo bisogno di tasse? No, non fanno che peggiorare le cose; spingeranno l’Unione europea nella stagnazione, e lei sarà un Robin Hood alla rovescia.

Comprendo la collera dei cittadini, che pensano alla pensione e ai propri risparmi. Comprendo i contribuenti tedeschi; sanno che dovranno pagare, ma non possono essere sempre i contribuenti tedeschi a pagare. Mi sembra un po’ pretenzioso da parte dell’onorevole Verhofstadt (se è ancora presente) intimare al Cancelliere, signora Merkel, di smetterla di parlare dell’euro. Un’affermazione del genere, da parte di un ex leader di governo che ha messo nei guai il proprio paese; cosa vuole dimostrare?

 
  
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  Patrick Le Hyaric (GUE/NGL) . – (FR) Signor Presidente, non riuscirete a placare i mercati senza rinunciare a un sacrosanto principio che difendete a spada tratta, ossia la completa libertà di circolazione dei capitali e la cosiddetta libera concorrenza, che in realtà significa concorrenza sleale.

Oggi viene messa a disposizione una quantità enorme di denaro, destinata però, in realtà, solo a rassicurare i mercati finanziari, mentre ai comuni cittadini si promettono sangue, sudore e lacrime. Avete riportato il FMI all’ovile europeo; perché non siamo stati consultati in merito a questa decisione? Ora, con un’ostentazione di forza, cercate di usurpare poteri non vostri, pretendendo di far controllare alla Commissione i bilanci nazionali.

Parlate continuamente di deficit e debito; perché allora non parliamo mai delle possibilità di introiti esistenti oggi? In questo momento abbiamo un deficit perché abbiamo considerevolmente abbassato le tasse sui capitali, creando le condizioni per una distribuzione della ricchezza sempre più disuguale. Tra le misure da prendere occorre quindi inserire una modifica degli statuti e dei ruoli della Banca centrale europea. Abbiamo bisogno di autentica solidarietà ...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Mario Borghezio (EFD) . – Signor Presidente, onorevoli colleghi, una domanda: quanto durerà l'euro così come lo abbiamo oggi? O ci avviamo entro un anno, due anni alla sua destrutturazione?

Io non sono d'accordo sul fatto che aprendo un nuovo buco supplementare di settecentocinquanta miliardi di euro per coprirne uno precedente, in questo modo queste misure siano sufficienti per costruire il futuro economico e sociale di cinquecento milioni di europei, né tantomeno sono d'accordo sul dogma di salvare l'euro così com'è, perché lo si farebbe piuttosto tenendo l'euro il più basso possibile, riducendo il tasso d'interesse per indirizzare i capitali verso investimenti produttivi, per le nostre industrie, che sono asmatiche, anziché verso le rendite finanziarie.

Non sono d'accordo con una Commissione europea che arriva a pretendere di esaminare preventivamente e revisionare i brogliacci dei bilanci dei paesi membri, prima dei Parlamenti nazionali, addio completo alla sovranità. Non sono d'accordo su una strategia economico-finanziaria che non tenga conto delle esigenze specifiche.

 
  
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  Hans-Peter Martin (NI) . – (DE) Signor Presidente, mi oppongo all’inaccettabile atteggiamento antieuropeo del Consiglio. Vi lamentate della crisi e contemporaneamente vi accingete a introdurre un protettorato economico, mentre siete voi stessi i principali responsabili di parecchie cause della crisi. Non avete consentito il varo di regolamentazioni, allorché sarebbero state necessarie; basti pensare all’esempio dell’Eurostat. Quei funzionari che sono stati tanto biasimati – e che io stesso ho criticato in altre occasioni – avevano segnalato i problemi della Grecia, e anche quelli della Spagna e del Portogallo, in una fase assai precoce. La Commissione ha proposto di conferire a Eurostat i poteri necessari per svolgere le indagini. Chi ha bloccato quest’iniziativa? Gli spagnoli, i britannici – l’onorevole Martin non è presente – i tedeschi, l’onorevole Daul e i suoi colleghi per la Francia, e infine gli austriaci: non volete che i vostri conti vengano controllati, perché sapete benissimo quanto c’è da nascondere. Questo vale anche per l’ex ministro delle finanze Grasser, che compare continuamente alla televisione tedesca, anziché rispondere dei reati penali di cui è accusato in Austria.

Quel che ci serve non è naturalmente un governo di emergenza. Non imiterete certo la saggia politica adottata, in occasione di una crisi analoga, dagli Stati Uniti, ossia l’approvazione di una legge Glass-Steagall per aumentare il capitale delle banche, controllarne il comportamento e ridurre i rischi sistemici. C’è bisogno invece di legittimità democratica, di un sistema bicamerale che ponga fine, una buona volta, all’assurdità di un Consiglio che esteriormente ostenta europeismo, ma internamente prende decisioni prive di legittimità democratica: in tal modo potremo introdurre in Europa una vera democrazia.

 
  
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  Othmar Karas (PPE) . – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, in primo luogo la crisi dimostra in maniera lampante i limiti dei trattati, le nostre debolezze, la doppia morale che pervade i rapporti con l’Unione europea, i deficit, gli errori e la mancanza di serietà.

In secondo luogo, indica anche che chi non fa i compiti nuoce a se stesso e mette a rischio l’Unione europea; è una considerazione che vale per gli Stati membri, ma anche per la Commissione e per noi.

In terzo luogo, quando l’Unione europea si dà obiettivi e norme e stabilisce procedure e sanzioni, la Commissione non deve poi dipendere dal consenso degli Stati membri per poter adempiere i propri obblighi. Le procedure concernenti i deficit e le sanzioni devono essere automatiche.

In quarto luogo, esorto il Consiglio a porre fine al blocco di Eurostat. Eurostat deve avere la possibilità di svolgere indagini negli Stati membri ogniqualvolta lo desideri, e i suoi funzionari devono avere la possibilità di parlare con chi desiderano, quando lo giudicano necessario e opportuno. Abbiamo bisogno di informazioni, ma senza autorizzazioni preventive.

In quinto luogo, avete ricordato i fondi hedge; su questo tema non abbiamo ancora raggiunto una decisione. Invito il Consiglio ad avviare con la massima rapidità negoziati con il Parlamento, per giungere prima dell’estate alla prima lettura del regolamento sui fondi hedge.

In sesto luogo, per quanto riguarda la tassa sulle transazioni non dobbiamo limitarci a invocarla costantemente; dobbiamo istituirla in pratica. La Commissione deve presentare al più presto una proposta per una tassa europea sulle transazioni.

La mia ottava osservazione è diretta al Consiglio. Intendiamo impegnarci a elaborare una valutazione d’impatto di tutta la legislazione nazionale rilevante per l’Unione europea.

In nono luogo, dobbiamo studiare gli effetti di tutte le misure sull’economia reale, e abbiamo bisogno di più Europa e meno intergovernativismo.

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Udo Bullmann (S&D) . – (DE) Signor Presidente, Presidente López Garrido, onorevoli colleghi, vorrei porre una domanda estremamente specifica che ci consentirà di uscire dalla situazione in cui ci ha gettato la crisi, da questo stato di confusione e impotenza in cui nessuno sa quali siano le cause della crisi stessa e quali le vie d’uscita. L’onorevole Schulz ha fatto riferimento ai prodotti speculativi più critici, all’assicurazione contro il rischio d’insolvenza e alla nociva pratica delle vendite allo scoperto, che hanno condotto la Grecia sull’orlo del disastro e potrebbero rappresentare un grave problema per il Portogallo e per molti altri paesi. Presidente López Garrido, lei che ha frequentemente partecipato ai Consigli Ecofin dei mesi scorsi, come mai gli Stati membri non sono riusciti a intraprendere un’azione comune per vietare questi prodotti?

Negli ultimi mesi e nelle ultime settimane ho costantemente ripetuto questa domanda nella capitale del mio paese, e voi avete impiegato mesi (in effetti, ci siete riusciti appena ieri sera) per introdurre un divieto sulla nociva pratica delle vendite allo scoperto. Mi chiedo perché dobbiamo aspettare che le cose precipitino, prima di utilizzare le adeguate misure legislative – oltretutto già vigenti – per tutelare i cittadini e le economie d’Europa. Sono convinto che ciò dipenda dalla terribile, sconfortante lentezza con cui agisce il Consiglio: una caratteristica che lei stesso ha sottolineato. Le propongo un patto: noi, qui al Parlamento europeo, stiamo presentando proposte concrete; nel contesto della regolamentazione degli organismi di vigilanza e della discussione sui fondi hedge, abbiamo proposto di prendere misure adeguate a livello europeo e faremo lo stesso per i derivati, se lei, onorevole Langen, farà veramente quello che sempre proclama.

Vi esortiamo vivamente a far sì che il Consiglio inizi a lavorare con noi per approntare una legislazione che consenta a noi in Europa di agire, senza dover sempre attendere che sia il Consiglio a muoversi. In Europa, dobbiamo avere a disposizione gli strumenti per procedere; per favore, stimolate il Consiglio per giungere a questo risultato. Il punto decisivo è però che il Consiglio deve agire sul terreno legislativo.

 
  
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  Marielle De Sarnez (ALDE) . – (FR) Signor Presidente, questa è probabilmente la crisi più grave che l’Europa abbia mai dovuto affrontare, e quindi è indispensabile agire senza indugi. Dobbiamo prendere decisioni – decisioni valide, tra l’altro – e non possiamo aspettare fino a ottobre.

Il piano di salvataggio è stato la prima decisione adottata, e probabilmente è giunto troppo tardi; comunque, meglio tardi che mai. Ora è urgente dargli seguito istituendo, a lungo termine, un autentico fondo monetario europeo, un mercato europeo delle obbligazioni, e un’agenzia europea di rating; tutti sappiamo, infatti, che la moneta unica non potrà funzionare senza una convergenza di bilancio, fiscale, economica e politica. Inoltre, fino a quando l’Europa non manifesterà l’intenzione di farsi governare, mercati e speculatori potranno agevolmente prendere le redini. Si parla molto di governance economica, ma forse dovremmo concentrarci sul tema della vera governance dell’Unione europea, della quale recentemente si è sentita la mancanza.

A mio parere dovremmo porci due obiettivi: naturalmente è necessario ridurre il debito, ma questa riduzione va effettuata con criteri realistici e credibili, e contemporaneamente dobbiamo procurarci i margini di manovra e attuare le riforme indispensabili per prepararci per il futuro. Sono due compiti da svolgere contemporaneamente. Per tale motivo è essenziale creare sinergie tra i bilanci nazionali degli Stati membri – avrei preferito che la Commissione avesse espresso il concetto in questi termini – e di conseguenza è probabilmente essenziale riformare il nostro sistema fiscale, indirizzarlo più decisamente verso lo sviluppo e la crescita, e armonizzarlo. Non vi potrà essere unione monetaria senza convergenza di bilancio, economica e politica.

 
  
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  Pascal Canfin (Verts/ALE) . – (FR) Signor Presidente, Commissario Rehn, come sapete vi sono due metodi per ridurre un deficit: si possono tagliare le spese oppure aumentare le tasse. Tutti gli Stati possono tagliare le spese contemporaneamente, ancorché separatamente, senza necessità di alcun coordinamento europeo. Al contrario, per aumentare le tasse – e più specificamente le tasse su capitale, imprese, profitti e banche – gli Stati hanno bisogno del coordinamento europeo.

La vostra comunicazione della settimana scorsa non conteneva il minimo cenno a questo problema. La mia domanda, frequentemente posta da deputati di tutti i gruppi, è la seguente: nel corso delle prossime settimane, intendete proporre un piano di coordinamento fiscale che offra agli Stati membri i margini di manovra per aumentare alcune tasse, cosa che non sono in gradi di fare da soli? Ecco il valore aggiunto che la Commissione europea può fornire in questo momento; ma purtroppo in questo settore non avete alcun progetto. L’onorevole Verhofstadt ha affermato che avete il diritto di prendere l’iniziativa: nella situazione attuale, avete il dovere di prendere l’iniziativa in questo campo.

 
  
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  Peter van Dalen (ECR) . – (NL) Signor Presidente, c’è da temere che il pacchetto di sostegno per la Grecia non funzioni. Dopo tutto, nessun paese al mondo è mai riuscito a ridurre il deficit di bilancio dal 14 al 3 per cento nel giro di tre anni, e la Grecia non farà certo eccezione. Nel paese l’opposizione alle misure di austerità è forte e diffusa, ed è quindi molto probabile che la Grecia si faccia risucchiare in una spirale di crescita negativa, tale da deprimere bruscamente le spese dei consumatori, quando invece, per rimborsare i prestiti con gli interessi, sarebbe necessario incrementare quelle spese.

Di conseguenza, a un certo momento Atene suonerà nuovamente l’allarme e annuncerà “Non riusciamo a pagare”. Molto probabilmente, l’Europa allora stralcerà i crediti, con una giustificazione familiare: “Non abbiamo scelta; dobbiamo farlo per scongiurare il peggio”. Signor Presidente, da questa crisi dobbiamo trarre il seguente insegnamento: bisogna comportarsi onestamente e tener fede alla parola data. I paesi dell’area dell’euro devono mantenere in ordine i propri bilanci, pubblicare dati veritieri, rispettare le prescrizioni del patto di stabilità e di crescita e sanare i propri debiti. I paesi che non lo fanno devono uscire dall’area dell’euro.

 
  
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  Nikolaos Chountis (GUE/NGL) . – (EL) Signor Presidente, la più grande manifestazione contro la disoccupazione dell’ultimo decennio avrà luogo domani in Grecia. I lavoratori greci protestano contro le misure adottate dal governo, e si tratta di lavoratori che non lavorano certo di meno né sono pagati più degli altri: potete controllare voi stessi i dati.

Commissario Rehn, è una grande ipocrisia definire questo triplice meccanismo di finanziamento un meccanismo di “soccorso e solidarietà”. E’ un meccanismo europeo di punizione, al cui interno il Fondo monetario internazionale fa la parte del poliziotto cattivo. Da sei mesi vi suggeriamo di ricorrere all’articolo 122 del trattato di Lisbona; da sei mesi, chiediamo che la Banca centrale europea cambi politica; da sei mesi vi chiediamo di indagare sull’inaccettabile comportamento delle agenzie di rating americane. Non avete fatto nulla di tutto questo. Avete permesso agli speculatori di imperversare, avete introdotto il Fondo monetario internazionale nell’area dell’euro e ora chiedete draconiani programmi di austerità. Questo meccanismo deve essere discusso dal Parlamento europeo, ai sensi dell’articolo 218 del trattato di Lisbona; dobbiamo avviare una seria discussione sulla politica di solidarietà.

 
  
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  Marta Andreasen (EFD) . – (EN) Signor Presidente, tutti ricordiamo la pomposa presentazione pronunciata dal Primo Ministro spagnolo all’inizio di quest’anno. Ora la Spagna sta tallonando la Grecia, con un deficit pari all’11 per cento del PIL. La burocrazia comunitaria ha subito cominciato a guardarsi intorno, in cerca di qualcuno su cui scaricare la colpa, ma la responsabilità della crisi ricade su questa stessa burocrazia, che ha trascinato nell’area dell’euro alcuni paesi, ben sapendo che nelle loro economie non vi erano le condizioni per l’adesione; o forse i mille funzionari di Eurostat si occupano solo di raccogliere dati?

Forse i fondi hedge stanno approfittando della situazione, ma non sono certo la causa della crisi. L’Unione europea chiede ora di ridurre i costi, ma è realistico aspettarsi una riduzione dei costi del settore pubblico in Grecia, se il 20 per cento della popolazione attiva è impiegato dallo Stato e il 50 per cento delle piccole e medie imprese ha lo Stato per unico cliente? Ora è stato presentato un pacchetto di salvataggio, ma in realtà quasi tutti i paesi chiamati a contribuirvi, è il caso per esempio del Regno Unito, non hanno il denaro per farlo.

In ogni caso, l’Unione europea non si lascia sfuggire occasione ...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Andreas Mölzer (NI) . – (DE) Signor Presidente, un processo eccessivamente rapido di centralizzazione ed europeizzazione, forse connesso all’introduzione della moneta unica, è una delle cause degli attuali problemi. Di fatto, nel lungo periodo la moneta europea non può essere una moneta forte, in quanto ha riunito, sotto l’ombrello della medesima politica monetaria, economie nazionali assai differenti, alcune delle quali si trovano in una posizione di estrema debolezza.

Ora si invoca una politica economica comune, gestita dal centro, che accompagni la moneta unica: ciò equivale praticamente a una governance economica europea. Indubbiamente le economie deboli, se desiderano rimanere nell’area dell’euro, devono sottostare a un rigido controllo del proprio bilancio e della strategia con cui gestiscono il debito. Tuttavia una forma di centralizzazione che porti Bruxelles a esercitare un’autorità di bilancio su tutti gli Stati membri costituirebbe, a mio avviso, una massiccia e inopportuna ingerenza nella sovranità degli Stati membri stessi: significherebbe cadere dalla padella nella brace.

La crisi non va sfruttata per intensificare ulteriormente la centralizzazione comunitaria, esito che molti si augurano sin da prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona. Se veramente desideriamo trarre un insegnamento dalla crisi attuale, dobbiamo ideare per la politica monetaria europea una struttura del tutto diversa. Può trattarsi di una stretta unione monetaria europea limitata a un nucleo europeo forte, nel cui contesto le economie nazionali che non soddisfano i criteri di convergenza si escluderebbero dall’area dell’euro.

Come ben sappiamo, i programmi di austerità saranno presto all’ordine del giorno in tutta Europa. Una cosa è chiara: gli Stati membri e i cittadini europei devono fare economie e altrettanto deve fare l’Unione europea, magari analizzando il sovrapporsi delle aree di competenza e la duplicazione degli sforzi che caratterizzano la selva delle agenzie comunitarie, e sciogliendo il nodo dei propri controlli di bilancio. Anche in seno al Parlamento dovremo chiederci se incrementare il nostro bilancio per il personale e l’indennità di segreteria sia un segnale opportuno nel momento in cui si introducono misure di risparmio in tutti i settori.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. LAMBRINIDIS
Vicepresidente

 
  
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  Werner Langen (PPE) . – (DE) Signor Presidente, il 9 maggio 2010, cioè il giorno stesso in cui abbiamo celebrato il sessantesimo anniversario del piano Schuman, il Consiglio, con l’aiuto della Commissione, ha mandato ufficialmente in pensione il metodo Monnet. Per gli aiuti finanziari, per esempio, è stata scelta una base giuridica – l’articolo 122, paragrafo 2 – che impedisce la partecipazione del Parlamento, e la Commissione ha tollerato tutto ciò. Mi associo alla critica formulata dall’onorevole Verhofstadt: non siamo di fronte a una crisi del sistema o dell’euro, ma a una crisi dei governi. Quando vedo qui in Aula il rappresentante della Presidenza spagnola del Consiglio, mi chiedo quali risultati concreti abbia raggiunto questa Presidenza; essa non ha recato né idee nuove, né nuovi stimoli. Mentre noi qui discutiamo i più gravi problemi che incalzano l’Europa, voi organizzate splendidi vertici a Madrid; buon per voi, ma la situazione ci impone di stare qui.

La Commissione ha accettato tutto quel che le è stato propinato; si è lasciata prendere per il naso dal Consiglio e, dopo doglie dolorosissime, ha dato alla luce una comunicazione priva della benché minima proposta concreta. Sotto questo aspetto non posso che dichiararmi d’accordo con l’onorevole Bullmann: dove sono le proposte concrete? Avremo ancora una base di discussione per i prossimi due o tre anni? Non basta! La Commissione deve avere il coraggio di prendere l’iniziativa sul metodo Monnet, sul metodo comunitario nonché sulle istituzioni e le proposte comuni.

Qui tutti sappiamo che la cooperazione degli Stati membri in materia economica e finanziaria si fa attendere da troppo tempo, e proprio questa è la causa della crisi odierna. Essa dipende dal livello del debito negli Stati membri e dal fatto che essi ne hanno perduto il controllo. Le tattiche diversive indirizzate a determinati settori del mercato finanziario rappresentano l’approccio sbagliato. L’onorevole Schulz non è intervenuto qui in veste diversa da quella di leader del suo gruppo, ma su un punto ha ragione e tengo a dirglielo. Anche noi ci rammarichiamo che i colleghi greci del nostro gruppo non abbiano sostenuto questo pacchetto in seno al parlamento greco; è stato a mio avviso un comportamento irresponsabile. Ma dobbiamo d’altra parte osservare che tutti gli Stati europei in crisi – tutti quelli che hanno bloccato le nuove iniziative, tra cui Regno Unito, Ungheria, Portogallo e Spagna – hanno governi socialisti.

 
  
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  Juan Fernando López Aguilar (S&D) . – (ES) Signor Presidente, l’attuale legislatura del Parlamento europeo è iniziata un anno fa, e da allora non c’è stata una sola seduta plenaria in cui non si sia discusso della crisi. E’ vero che non abbiamo argomento da discutere più importante di una crisi che ha distrutto 20 milioni di posti di lavoro in Europa. E’ assai importante, però, definire correttamente l’oggetto della nostra discussione, poiché un’equazione male impostata è impossibile da risolvere.

Questa crisi non é la “crisi dell’euro in Grecia”; è invece una crisi che ha messo in luce tre inaccettabili asimmetrie che dobbiamo correggere.

La prima è l’asimmetria fra l’economia reale e l’economia finanziaria.

La seconda è l’asimmetria fra l’unione monetaria e la mancanza di un’unione fiscale, di bilancio e di politica economica, che corrisponda alle esigenze dell’unione monetaria.

La terza riguarda la virulenza della crisi e delle sfide che essa comporta, contrapposta all’esasperante lentezza della risposta e dei meccanismi decisionali tipici dell’Unione europea.

Tardiamo quindi a rispondere a tutti i milioni di disoccupati che guardano a noi, e solleviamo difficoltà che non insorgono in altri paesi che stanno affrontando la crisi con migliori capacità decisionali.

Contemporaneamente, abbiamo assistito a decisioni straordinarie: la comunicazione della Commissione, le decisioni straordinarie prese dal Consiglio dei ministri la settimana scorsa e, naturalmente, la strategia 2020.

Queste misure straordinarie hanno però un prezzo: sono accompagnate da importanti prescrizioni, restrizioni e minacce di sanzioni per i paesi che non sono in grado di limitare le spese e quindi potrebbero compromettere la crescita.

Ieri in Parlamento discutevamo della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e del piano d’azione per il programma di Stoccolma. Abbiamo avuto l’opportunità di ribadire che l’Europa non può fondarsi solo sul mercato interno e l’unione monetaria. La base essenziale dell’Europa non è formata da questi elementi, bensì dalla cittadinanza. E’ quindi il momento di ricordare, ancora una volta, che milioni di europei stanno esprimendo il loro scontento per l’Europa che noi gli offriamo, un’Europa da cui vengono minacce e sanzioni per i paesi non in regola, ma non stimoli per creare un modello di crescita tale da ripristinare occupazione e coesione sociale e contribuire alla lotta contro la povertà.

Senza quest’Europa dei cittadini, sarà impossibile risolvere la crisi.

 
  
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  Sylvie Goulard (ALDE) . – (FR) Signor Presidente, desidero anzitutto ringraziare il Commissario e la Presidenza spagnola per tutti i risultati, pur tardivi, che sono stati raggiunti negli ultimi tempi. Governare una nave nel mare in tempesta è un’ardua impresa.

Nel giro di quindici giorni avete infranto più barriere di quante ne fossero cadute nel corso di tutti gli anni precedenti, e voglio incoraggiarvi a continuare sulla stessa strada. Ho un messaggio per ciascuno di voi: alla Presidenza spagnola desidero ricordare che in giugno avrete la responsabilità di adottare la strategia Europa 2020. Non legate il vostro nome a una burla. La strategia di Lisbona non ha funzionato, e alcuni dei problemi che affliggono l’Europa meridionale derivano dalla carenza di competitività. Come ha detto l’onorevole Verhofstadt, dobbiamo trovare un’altra via. E’ anche indispensabile una vigilanza finanziaria. Ci è stato appena spiegato che il Parlamento si sta spingendo troppo lontano. Io sono relatrice per il Comitato europeo per il rischio sistemico, e osservo che durante il più turbolento degli ultimi fine settimana, la parola “sistemico” è stata pronunciata spessissimo. La vostra Presidenza è responsabile di questo pacchetto; siate ambiziosi! Avete il nostro appoggio; non ascoltate coloro che, in seno al Consiglio, speculano sull’assenza di regolamentazione.

Il mio secondo messaggio è diretto al Commissario Rehn, di cui riconosco e apprezzo il coraggio; sostengo senza riserve le proposte della Commissione, miranti a far sì che i parlamenti nazionali collaborino con l’Unione europea in una fase assai più a monte. Si tratta però di un tema da affrontare con grande scrupolo e cautela, per non offrire un’occasione d’oro a tutti i populisti e a tutti i critici dell’Europa. Avete il nostro sostegno, ma cerchiamo di adottare un approccio più inclusivo nei confronti dei parlamenti nazionali, per non dare l’impressione che “Bruxelles” voglia dettare la linea in maniera autoritaria su ogni particolare. Faccio notare che quegli stessi parlamenti nazionali che si proclamano paladini della democrazia hanno gettato l’Europa nella situazione attuale votando, anno dopo anno, bilanci in deficit.

 
  
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  Kay Swinburne (ECR) . – (EN) Signor Presidente, la situazione in cui ci troviamo è opera dei nostri stessi governi; non si può dire che non esistessero norme concepite per scongiurare il verificarsi di crisi siffatte. Se si fossero rispettate le disposizioni del patto di stabilità e di crescita e i criteri di Maastricht, la crisi del debito non sarebbe giunta al livello che attualmente si registra in molti Stati membri. Mi trovo nella curiosa situazione di dover tracciare un parallelo tra il comportamento e le competenze finanziarie dei governi dei nostri Stati membri e quelli delle nostre banche d’investimento.

Ogni settimana, alla commissione per i problemi economici e monetari, ci riuniamo per discutere la poco corretta condotta delle nostre banche e rileviamo che esse non hanno rispettato le norme o le hanno applicate in maniera flessibile, ricorrendo a misure contabili fondate su elementi finanziari. I nostri governi hanno fatto esattamente la stessa cosa. Noi chiediamo una governance responsabile delle imprese, eppure il livello di veicoli finanziari non compresi nel bilancio, veicoli speciali e passività potenziali non dichiarate di cui fanno uso i nostri governi non è certo una dimostrazione di governance responsabile.

Nel Regno Unito, constatiamo con sgomento la differenza tra il deficit dichiarato dal governo precedente e quello realmente riscontrato dopo l’esame della contabilità. Il cambio di leadership nel Regno Unito ci conferisce il chiaro mandato di valutare il vero stato delle finanze. Mi auguro vivamente che il resto d’Europa possa fare altrettanto: effettuare una nuova valutazione delle proprie finanze e trovare una strada per progredire.

 
  
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  Cornelis de Jong (GUE/NGL) . – (NL) Signor Presidente, per affrontare le conseguenze della crisi ci occorre una politica europea coordinata; ma l’Europa deve smettere di andare a rimorchio delle grandi imprese, tra cui le grandi istituzioni finanziarie.

Per due volte i governi sono stati costretti a salvare le nostre istituzioni finanziarie, senza che tali istituzioni dovessero pagare neppure una parte del conto. Negli ultimi due anni, gli aiuti concessi a tali istituzioni dai soli Paesi Bassi hanno provocato un incremento di 2,5 miliardi di euro delle spese per interessi. Nello stesso periodo ABP, il maggior fondo pensioni olandese, ha speso un miliardo di euro in titoli pubblici greci per ottenere un tasso d’interesse un po’ più alto. In altre parole, la speculazione continua come prima, e forse presto dovremo salvare anche i fondi pensioni.

La strategia UE 2020 dovrebbe presentare il conto all’indirizzo giusto. Anziché apportare tagli durissimi a servizi pubblici essenziali, sarebbe opportuno far pagare i costi ai maggiori speculatori e a coloro che hanno realizzato i profitti più cospicui, per mezzo, ad esempio, di una parziale riduzione del debito a favore di paesi come la Grecia e di una tassa sulle banche. In tal modo riusciremo a conservare il modello sociale europeo.

 
  
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  Nikolaos Salavrakos (EFD) . – (EL) Signor Presidente, vorrei dichiarare che, in teoria, sostengo senza riserve le proposte formulate dal Commissario Rehn, che oso considerare il vero leader politico d’Europa e una persona che merita il nostro speciale rispetto.

Voglio però osservare che una febbre altissima è altrettanto pericolosa dell’ipotermia, sia nel corpo umano che nell’economia. Non dobbiamo saltare dal lento adattamento di Maastricht, attraverso il quale è passata per anni l’intera economia europea, a un adattamento forzato e improvviso, destinato a prolungare la recessione. I ricchi diventeranno ancor più ricchi, e i poveri ancora più poveri. Faccio quindi notare che il persistente disordine economico globale dipende sostanzialmente dalla creazione di ampie riserve non desiderate a livello globale; per combatterlo sarebbe dunque necessario stimolare la crescita a livello europeo, così da affrontare razionalmente la crisi attuale.

 
  
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  Mario Mauro (PPE) . – Signor Presidente, onorevoli colleghi, Guy Verhofstadt ha denunciato l'insufficienza delle retoriche sia nazionalista che marxista per venir fuori dalla crisi. Farò un tentativo con la retorica europeista: solo poche settimane fa in quest'Aula molti di noi hanno invocato solidarietà per la Grecia. A cosa serve infatti l'Europa se non per sostenere nel bisogno i paesi membri?

Però a cosa servono l'euro e l'Eurogruppo se non favoriscono una cultura della responsabilità e della stabilità? Cosa succede infatti se la solidarietà diventa sinonimo di un'Unione europea che violando i trattati si riduce a pagare il conto di quei paesi che sacrificano al consenso effimero di una stagione la responsabilità nei confronti del futuro dei propri cittadini?

È retorica europeista, signor Commissario, se chiediamo alla Commissione europea di essere indipendente e autorevole e di non avere riguardi per i governi che truccano i conti? È retorica europeista se chiediamo nuove regole per i mercati finanziari? È retorica europeista se denunciamo gli errori nella costruzione dell'euro, cui non corrispondono ancora politiche comuni sul piano fiscale e pensionistico?

È vero, siamo nel pieno di una crisi, ma questa crisi non è stata prodotta da un eccesso di Europa, da troppa Europa, bensì da una insufficienza di Europa, da troppo poca Europa, un'Europa che con forza deve richiamare gli Stati alla responsabilità, alla stabilità, al servizio nei confronti delle generazioni future; e tutto questo non è retorica, a condizione che le iniziative di cui parliamo semplicemente vengano realizzate, attuate, siano cioè parte di una strategia politica che anticipa gli avvenimenti e non ci costringe invece a rincorrerli!

 
  
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  David-Maria Sassoli (S&D) . – Signor Presidente, onorevoli colleghi, un'Europa dei popoli e non un'Europa degli Stati! La crisi che stiamo vivendo è la crisi di una politica europea incapace di governare il mercato e per salvare l'euro occorre rafforzare le istituzioni politiche, uscire dalla logica intergovernativa e consentire una governance europea.

Questa non è retorica, perché pochi minuti fa a Berlino la cancelliera tedesca Angela Merkel ha lanciato un allarme, dicendo che l'euro è in pericolo. Lanciare allarmi senza contribuire a indicare misure forti e convincenti agli investitori, al mercato, rischia di indebolire ulteriormente la moneta unica e rendere più debole tutta l'Europa. Immaginiamoci le risposte dei mercati in queste ore, se solo pochi minuti fa l'euro è di nuovo crollato.

Quando usciremo da quest'Aula, signor Presidente, potremmo ritrovarci più poveri e più insicuri. Solo una nuova governance europea potrà consentirci di difendere la moneta unica, promuovere crescita, occupazione, inclusione sociale. Dobbiamo abbandonare il vecchio approccio del coordinamento delle politiche nazionali, dotarci di forti strumenti decisionali.

Una nuova governance europea deve garantire tre piani di intervento: una politica per la crescita, strumenti finanziari adeguati, una gestione delle emergenze. Il maxipiano da settecentocinquanta miliardi è stato importante ma abbiamo capito che non è sufficiente, oggi c'è bisogno di una forte iniziativa politica, che riesca a guidare il mercato, a consentire un'alta mobilità delle risorse. Le politiche monetarie e di bilancio si mostrano inadeguate a garantire produttività e competitività. Non dobbiamo avere paura di investire, soprattutto nei progetti di interesse comunitario: infrastrutture, energie, ambiente, sapere e capitale umano.

E questo Parlamento, signor Presidente, ha una grande responsabilità: rafforzare con la propria autonomia la capacità degli Stati di uscire da una politica intergovernativa e rilanciare uno spirito europeo.

 
  
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  Wolf Klinz (ALDE) . – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, i governi europei sono guidati dai mercati. Finalmente reagiscono, ma purtroppo si limitano a reagire agli eventi invece di anticiparli. E’ vergognoso: governi e Commissione europea reagiscono soltanto quando i mercati rivelano i veri punti deboli che ci affliggono.

Avrebbero dovuto individuare questi punti deboli assai prima. Quando è stato introdotto l’euro, sapevamo che non avremmo avuto un’unica politica monetaria e fiscale, come quelle solitamente vigenti nei singoli Stati. Per questo motivo abbiamo adottato alcune misure nella speranza di ottenere dei succedanei, ma non abbiamo rispettato rigorosamente queste misure. Fin dall’inizio, le norme sono state violate rapidamente, anche dai maggiori Stati membri. Abbiamo quindi bisogno di una nuova serie di norme, più efficaci e provviste di meccanismi sanzionatori, come una politica che individui e additi alla riprovazione del pubblico i responsabili, la perdita dei diritti di voto e la sospensione dei finanziamenti erogati dai fondi europei fino a quando non siano state pagate le sanzioni.

In secondo luogo, è ormai chiaro che esistono tensioni interne nell’area dell’euro che ne stanno mettendo alla prova la resistenza, e che si manifestano sotto forma di differenze di competitività tra un paese e l’altro. La Commissione deve agire in questo settore, esaminando i bilanci dei singoli Stati membri per verificare se rappresentino un rischio per l’area dell’euro.

Sappiamo bene che la preparazione del bilancio è un diritto fondamentale dei parlamenti nazionali. Ma questo non giustifica la mancanza di un approccio comune europeo, che è urgentemente necessario. Abbiamo bisogno di più Europa, non certo di meno Europa, e questa potrebbe essere la nostra ultima occasione. Se la Commissione e il Consiglio non avviano negoziati con il Parlamento, temo che in futuro subiremo un grave disastro.

 
  
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  Janusz Wojciechowski (ECR) . – (PL) Sono d’accordo con l’onorevole Mauro: nella nostra lotta contro la crisi, c’è stata un’insufficienza di Europa. Negli ultimi anni, abbiamo concentrato la nostra azione sull’integrazione politica – il trattato di Lisbona e il consolidamento delle competenze delle istituzioni politiche – ma abbiamo trascurato qualsiasi forma di cooperazione al momento di ingaggiare una lotta contro le crisi che ci hanno investito. E penso a diverse crisi, non soltanto alle crisi finanziarie; tutte richiedono cooperazione e solidarietà.

Mentre si teneva questo dibattito, vari paesi dell’Unione europea, tra cui la Polonia, mio paese d’origine, sono stati colpiti da una terribile alluvione. Ci sono state vittime e gravi danni materiali. In simili situazioni, i cittadini si aspetterebbero che l’Unione europea giungesse in loro aiuto, ma gli aiuti effettivamente prestati sono stati carenti. L’Unione europea è debole perché ha un bilancio troppo limitato, e non dispone di fondi sufficienti per adottare misure specifiche. Al consolidamento politico non è seguito un adeguato consolidamento finanziario. Mi auguro che, in seguito a questa crisi, la tendenza a ridurre il bilancio non si rafforzi ulteriormente, perché in tal caso saremmo sempre più deboli e inermi.

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE) . – (FR) Signor Presidente, è giunto il momento della verità, della lucidità e della responsabilità in questa crisi che non è soltanto europea ma anche mondiale.

La governance globale è in corso di realizzazione. Quale sarà l’influenza degli europei? Come potremo influire su questa governance globale se non siamo capaci di istituire una governance europea? Non era forse evidente a tutti che, dopo 50 anni di integrazione, a causa del crescente egoismo nazionale correvamo il rischio di 50 anni di disintegrazione? Non era forse evidente a tutti che stavamo cercando di creare la cittadinanza senza i cittadini, di fare politica senza gli elettori, di far credere all’ideale di uno Stato di diritto senza rispettarlo?

Dopo la caduta del muro di Berlino abbiamo riunificato il continente credendo nelle nostre forze, ma eravamo troppo orgogliosi per vedere le nostre debolezze. E adesso che succede? La crisi ci ha investito con violenza proprio nel momento in cui la nostra integrazione europea è fragile, fatta di Stati mal governati e talvolta corrotti. Adesso la catena di solidarietà dell’Unione viene messa alla prova, e sappiamo tutti che la forza di una catena è quella dell’anello più debole. E’ giusto salvare il più debole, perché è giunto il momento e sarà la nostra forza a salvarlo. Non sono inadeguate le norme europee, ma la loro applicazione da parte degli Stati membri e della Commissione europea, che ha mancato di esercitare gli opportuni controlli sugli Stati.

Non è di meno Europa che abbiamo bisogno; ci serve più Europa, un’Europa che si ispiri alla verità, alla lucidità e al senso di responsabilità. Sì, dobbiamo rispettare il patto di stabilità e di crescita che deve essere riformato. Ma il compito che dobbiamo assolvere adesso è quello di ritrovare la fiducia dei cittadini, e per questo è necessario garantire crescita e occupazione. E per la crescita servono investimenti. Se il settore pubblico non investe, non possiamo aspettarci che lo faccia il settore privato.

Oltre a un’indispensabile politica industriale, propongo, nei dieci anni della strategia 2020, un grande piano europeo di investimenti pari a 1 000 miliardi di euro, che faccia dell’Unione europea l’area più competitiva al mondo in termini di reti transeuropee, infrastrutture, interconnessioni, treni ad alta velocità, servizi a banda larga, autostrade, acqua, spazio, ricerca, salute, energia e istruzione, riformando le misure di sostegno di bilancio, in cooperazione con tutti i soggetti pubblici interessati e, in particolare, con la BEI.

 
  
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  Elisa Ferreira (S&D) . – (PT) Signor Presidente, signor Commissario, quando l’Unione economica e monetaria ha compiuto dieci anni, la Commissione pensava che l’euro fosse il maggiore successo dell’Unione. Adesso sarebbe difficile per noi affermarlo senza fare alcune precisazioni, perché la crisi ha dimostrato che l’Unione economica e monetaria è un progetto incompiuto.

Le misure minime necessarie a salvarlo sono state adottate in un clima di emergenza, ma non illudiamoci: le pressioni, gli interessi diretti dei principali Stati membri, la penosa lentezza che hanno contraddistinto le nostre decisioni sono alla radice di quell’immagine di fragilità che, agli occhi dei cittadini e del mondo intero, caratterizza l’euro e l’Unione europea.

Dobbiamo affrontare la realtà. L’Unione europea e l’euro sono un processo di integrazione, non una semplice cooperazione tra paesi: un processo incompiuto che deve essere consolidato adesso, perché altrimenti corriamo il rischio di vederlo svanire. Ci sono tre problemi da affrontare: in primo luogo, è importante consolidare gli strumenti che sono stati creati in questo clima di emergenza: dobbiamo istituire un fondo monetario europeo; è necessario realizzare progressi in materia di Eurobond; è necessario realizzare progressi in materia di architettura di regolamentazione e vigilanza europea, ed è necessario realizzare progressi acquisendo una dimensione europea che consenta di gestire le crisi bancarie.

In secondo luogo, è importante capire che non può esserci una valuta forte se l’economia è debole: la crescita dell’1 per cento prevista per l’Unione europea è insostenibile sia per la sua composizione demografica che per la lotta alla disoccupazione; e la strategia 2020 non è altro che un coacervo di buone idee se mancano gli strumenti per attuarla concretamente.

In terzo luogo, Commissario Rehn, il consolidamento fiscale è importante ma non può coesistere con le crescenti divergenze tra gli Stati membri che fanno parte dell’Unione: la politica di convergenza deve essere riveduta urgentemente.

 
  
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  Mirosław Piotrowski (ECR) . – (PL) Per la terza volta oggi il Parlamento europeo rivolge la propria attenzione a un piano decennale preparato a livello centrale nominato Europa 2020. Il piano è stato giudicato negativamente da molti deputati, non solo per le associazioni che evoca con sistemi politici ormai antiquati, ma anche per il fiasco spettacolare del suo predecessore, la strategia di Lisbona.

Nella precedente discussione, ho evidenziato il disinteresse del documento per la crisi finanziaria ed economica dell’Unione europea. Da allora, sia il Consiglio sia la Commissione hanno intrapreso con risolutezza iniziative volte a stabilizzare l’area dell’euro e le economie degli Stati membri. Lo stanziamento annunciato di svariate centinaia di miliardi di euro mira a sanare le economie dell’Europa occidentale, che devono contrastare cospicui deficit di bilancio. Non si può però permettere che questi stanziamenti vadano a discapito dei programmi di assistenza per i nuovi Stati membri, che non hanno disatteso gli indicatori economici.

Se la strategia Europa 2020 deve essere mantenuta, occorre affrontare il problema in modo equilibrato.

 
  
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  Jaime Mayor Oreja (PPE) . – (ES) Signor Presidente, la crisi peggiore che potrebbe colpirci non è tanto quella che stiamo attraversando ora, ma quella che ci attende se non riusciremo a trarre il corretto insegnamento politico dagli avvenimenti.

Viviamo da tempo al di sopra dei nostri mezzi, soprattutto in alcuni paesi. Sia nei conti pubblici che nella vita familiare e privata ci siamo allontanati dall’economia reale, per abbracciare un’economia fittizia.

Non riusciamo a capire che, come avviene per qualsiasi organismo vivente, crescere non equivale a ingrassare. La crescita richiede sforzi e proporzioni, mentre ingrassare comporta squilibrio e mancanza di proporzioni rispetto al lavoro che facciamo e al benessere di cui godiamo.

Questa crisi non è statica. Il quadro della crisi di alcuni mesi fa era diverso, completamente diverso, rispetto a quello odierno. E quello dei prossimi mesi sarà ancora diverso rispetto a quello attuale.

Questa è stata una crisi economica e finanziaria, che acquisirà una dimensione sociale sempre più importante e scatenerà conflitti sociali. Ciò significa che in questa fase, prima che il conflitto assuma una dimensione sociale, quelli di noi che sono politicamente impegnati devono rendersi conto del fatto che questa è soprattutto una crisi di fiducia, e non solo una crisi dell’euro.

Analizziamo tutti i processi politici ed elettorali degli ultimi mesi. C’è una crisi di fiducia, e dobbiamo quindi chiederci come dobbiamo cambiare, come deve mutare il nostro atteggiamento: il nostro atteggiamento politico, istituzionale e personale. A questo riguardo, invece di pensare alle altre istituzioni, il Parlamento deve chiedersi in che modo può contribuire a mutare l’atteggiamento politico e istituzionale di quest’Assemblea.

Aggiungerei che oggi, dopo che sono state illustrate molte delle ragioni che sono all’origine della crisi – la burocrazia, le agenzie, i governi – ci sono due settori nei quali dobbiamo intervenire per realizzare dei cambiamenti. In primo luogo, l’Europa ha bisogno di un livello minimo di coesione all’interno del nostro Parlamento: non può dissanguarsi in un dibattito così profondo su due concezioni diverse della società europea. In secondo luogo, dobbiamo avere il coraggio di dire la verità su quello che ci sta succedendo.

 
  
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  Anni Podimata (S&D) . – (EL) Innanzi tutto, ruberò dieci secondi alla sessione per ristabilire la verità. L’onorevole Langen, che non è presente, ha affermato che, in seno al parlamento greco, i deputati avevano votato contro il programma di stabilizzazione triennale. Sarebbe opportuno che l’onorevole Langen ripetesse le proprie raccomandazioni nel corso della prossima riunione del gruppo del Partito popolare europeo (democratico cristiano), perché quei deputati, responsabili del governo del paese fino a qualche mese fa, sono membri del PPE.

Per tornare alla questione più generale, dobbiamo constatare che la crisi odierna ha messo in evidenza le croniche debolezze e criticità del coordinamento economico nell’area dell’euro anche in relazione al sistema della governance economica e, di conseguenza, un potere enorme e incontrollato si è accumulato all’interno del sistema finanziario globale. Oggi perciò, l’Europa ha un problema di democrazia da affrontare: se vuole tener fede ai propri valori e alla propria storia, deve assumere un ruolo guida.

La decisione di realizzare un meccanismo di sostegno alla stabilità nell’area dell’euro rappresenta un passo importante: su questo non ci sono dubbi. Ma un meccanismo di gestione della crisi non è sufficiente; dobbiamo affrontarne le cause di fondo, non solo a livello nazionale ma anche a livello europeo. Stiamo sbagliando: concentrandoci esclusivamente sulla ripresa finanziaria immediata e sottovalutando gli effetti della crescita, dell’occupazione e delle strutture fondamentali dello Stato sociale che sono state realizzate nel corso di vari decenni, miniamo il nostro futuro comune e il futuro delle generazioni che verranno.

Signor Commissario, le proposte che lei ha presentato il 12 maggio, tese a rafforzare la cooperazione economica, potrebbero effettivamente contribuire alla costruzione di un’Europa più coesa, caratterizzata da minori squilibri macroeconomici, ma a due condizioni: in primo luogo, non devono limitarsi a un’inflessibile attuazione del patto di stabilità e di crescita, e in secondo luogo, devono includere integralmente obiettivi mirati di crescita sostenibile e occupazione nell’ambito della strategia 2020.

 
  
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  Paulo Rangel (PPE) . – (PT) Signor Presidente, molti colleghi del gruppo del Partito popolare europeo (democratico cristiano) hanno già fornito un quadro completo della situazione. Credo che adesso sia opportuno ricordare il ruolo degli Stati membri.

Il fatto è che anche i governi nazionali degli Stati membri hanno un ruolo da svolgere nell’imposizione delle condizioni e dei requisiti volti a rafforzare la moneta unica e a far progredire il progetto di integrazione economica e monetaria. Il nostro partito, il partito socialdemocratico portoghese (PSD) associato al gruppo del PPE, sostiene le misure di austerità adottate dal governo, giacché riteniamo che sia necessario porre rimedio agli errori commessi in Portogallo in 15 anni di governo socialista, che purtroppo sono visibili a tutti; il PSD sosterrà tutte le misure necessarie per realizzare di questo obiettivo.

Tuttavia, se da un lato sosteniamo le misure di austerità, dall’altro critichiamo il governo portoghese – e questo è un buon esempio di altri casi analoghi – per non aver tagliato le spese. Per ridurre il deficit, è necessario non soltanto aumentare le imposte, ma anche ridurre le spese, e il governo deve avere il coraggio di adottare misure volte a tagliare le spese, ridurre il deficit e diminuire il debito pubblico.

Questo vale per il Portogallo e anche per altri Stati membri che si trovano in situazioni difficili. Nella nostra veste di deputati al Parlamento europeo, siamo anche responsabili della difesa, all’interno dei nostri paesi, delle misure necessarie a rafforzare l’euro e a realizzare quest’area di integrazione e questo sogno – il sogno del gruppo PPE e il sogno di noi tutti. Questo è il motivo per cui critichiamo quei governi che non hanno il coraggio di adottare le misure necessarie nei propri paesi.

 
  
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  Göran Färm (S&D) . – (SV) Signor Presidente, per alcuni punti fondamentali, anche questa politica economica sempre più comune influisce sul bilancio dell’Unione europea. Parliamo del finanziamento dello strategico progetto faro Europa 2020. Parliamo di costi, garanzie e altri strumenti per il meccanismo dei prestiti e il controllo dei mercati finanziari. Parliamo altresì di una serie di nuovi obblighi sanciti dal trattato di Lisbona. I deputati al Parlamento europeo sono consapevoli del fatto che molti Stati membri, in questo momento, si trovano in una situazione economica assai difficile, spesso caratterizzata da gravi problemi in relazione al bilancio nazionale.

D’altro canto è evidente che, in questa situazione, l’Unione europea può offrire un contributo positivo adottando misure importanti per la ripresa economica degli Stati membri, che daranno nuovo impulso alla crescita e all’occupazione. Il bilancio dell’UE quindi deve concentrare la propria azione in quei settori in cui l’Unione può offrire valore aggiunto – un valore aggiunto europeo – e in cui i bilanci degli Stati membri e dell’Unione possono integrarsi e sostenersi reciprocamente. Questo significa, però, che gli Stati membri non possono attribuire all’Unione europea altre responsabilità importanti senza fornire le risorse necessarie.

Penso alla politica della ricerca, ai progetti faro, e agli investimenti nell’istruzione e nelle infrastrutture, che sono necessari se vogliamo assicurarci un futuro migliore per quanto riguarda l’economia. Mi sembra perciò estremamente importante che lo spirito di questa politica economica sempre più comune si rispecchi anche in un atteggiamento costruttivo nei negoziati sul bilancio dell’Unione europea per il 2011, nella revisione di medio termine del bilancio pluriennale e nella discussione sul nuovo quadro finanziario a partire dal 2012. Altrimenti non potremo progredire né mettere in atto misure comuni volte a promuovere la crescita e l’occupazione.

 
  
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  Theodoros Skylakakis (PPE) . – (EL) Signor Presidente, nella mia veste di deputato greco al Parlamento europeo, ripeterò in quest’Aula una mia dichiarazione resa in pubblico in Grecia fin dall’inizio; desidero inoltre esprimere la mia gratitudine per l’aiuto che il mio paese ha ricevuto grazie al meccanismo di sostegno europeo che, insieme a misure severe ma in gran parte inevitabili, ha consentito all’economia greca di scongiurare il collasso immediato.

Sarebbe stato opportuno che il meccanismo per la Grecia fosse stato adottato con la stessa velocità con cui il meccanismo di sostegno operava per le altre economie, quando l’Europa finalmente è divenuta consapevole del rischio che noi tutti stavamo correndo. Oggi per la prima volta scorgo una vera determinazione, sia in Parlamento che nelle altre istituzioni europee, che consente di guardare direttamente e in modo realistico alle vere impasse economiche che affliggono l’Europa. Perché ci troviamo in questa situazione? Il motivo principale è che siamo vissuti al di sopra dei nostri mezzi indebitandoci per il futuro. Abbiamo speso quando la crisi non c’era, abbiamo speso durante la crisi, e stiamo spendendo adesso mentre usciamo dalla crisi. Chiunque desideri sapere che cosa succede se si spende costantemente di più di quanto si possiede può venire in Grecia.

Il fondo monetario europeo e le altre istituzioni proposte nella risoluzione oggetto di negoziati si stanno muovendo nella giusta direzione. Ma se vuole offrire dei veri incentivi, il fondo dovrà tener conto non soltanto dell’entità assoluta del debito e del deficit, ma anche della velocità con cui si riduce il debito e il deficit. Il nostro vero problema – e mi rivolgo alla sinistra – è che nel mondo in via di sviluppo ci sono quattro miliardi di persone che vivono con 200 euro al mese e hanno scoperto il capitalismo, e rivendicano quindi mercati e risorse globali da noi ricchi, che viviamo con 2 000 euro al mese. Noi in occidente non possediamo il monopolio del capitalismo sulle cui basi è stato costruito il vecchio modello europeo. Se non cambieremo, se non ci affretteremo a realizzare cambiamenti strutturali, competitività e innovazione, dovremo rassegnarci a un tenore di vita più basso.

 
  
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  Danuta Maria Hübner (PPE) . – (EN) Signor Presidente, ci sono pochi dubbi sulla gravità dell’attuale crisi, e il “costo d’uso” dei metodi politici privi di precedenti è molto alto. Il compito delle autorità politiche e di regolamentazione è di intraprendere azioni che consentano di ripristinare l’equilibrio sconvolto dal dissesto del mercato e di correggere le fallimentari politiche governative. Questo compito viene assolto, ma resta da vedere con che velocità e con quali misure politiche gli Stati membri dell’Unione europea riprenderanno a crescere economicamente.

La maggiore regolamentazione non è una garanzia contro i rischi della crisi attuale. Dal momento che abbiamo scelto di adottare una maggiore regolamentazione, questa deve procedere di pari passo con una maggiore semplicità, riducendo la complessità dei mercati finanziari. E’ altrettanto evidente che le politiche fiscali e monetarie non sono semplici sostituti delle riforme strutturali, riforme che devono affrontare le debolezze tipiche dell’economia dell’Unione europea: debiti e deficit in rapida crescita, invecchiamento, probabile ripresa dell’inflazione, rischi generati dalle politiche tese ad affrontare il cambiamento climatico, bassa produttività e scarsa competitività.

Sarà necessario fare di più con minori risorse a disposizione; di conseguenza il denaro pubblico, sia europeo che nazionale, dovrà essere utilizzato con maggiore efficienza. Un ambiente normativo compatibile con l’attività economica, un governo efficiente, imposte non distorsive, alti tassi di partecipazione al lavoro, soprattutto fra le donne, un buon sistema scolastico, ricerca e innovazione: sono tutti elementi che costituiscono un pacchetto minimo di misure essenziali per favorire la crescita, l’occupazione e la competitività. Indubbiamente la strategia vincente europea deve basarsi sull’inasprimento fiscale, ma senza mai trascurare l’innovazione, l’unico strumento per rilanciare la produttività e la crescita in modo sostenibile.

La Commissione europea e il Parlamento europeo devono riacquistare il proprio ruolo strategico e ricercare audaci soluzioni europee. C’è bisogno di più Europa, per i cittadini e per i mercati.

 
  
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  Gay Mitchell (PPE) . – (EN) Signor Presidente, parto dal presupposto che gli Stati sovrani devono essere chiamati a rispondere degli impegni assunti, e devono raggiungere gli obiettivi concordati. Ma è giunto il momento di guardarsi intorno, per capire quali altre azioni abbiano contribuito ai recenti sconvolgimenti. Negli anni trenta, il gold standard e il protezionismo concorsero ad aggravare la recessione. Nell’Unione europea invece, grazie all’azione della Banca centrale europea e della Commissione, abbiamo potuto fare affidamento su solidarietà e capacità istituzionale, che ci hanno permesso di imparare dagli errori del passato.

Il lavoro delle istituzioni è stato considerevole, dal momento che l’Unione europea conta 27 Stati membri, tra cui 16 membri dell’area dell’euro. Inoltre, le nostre istituzioni hanno cooperato con la Federal Reserve statunitense, la Banca d’Inghilterra, la Banca centrale giapponese e altri organismi. Nonostante ciò, i mercati – i cosiddetti mercati – hanno assunto un atteggiamento negativo nei confronti di ogni misura adottata, o quasi. Personalmente sono favorevole al mercato libero, perché il protezionismo non funziona. Ma i nostri mercati sono veramente liberi? In primo luogo, i mercati sono stati influenzati e indotti a spingerci verso la crisi. Mi sembra ragionevole sospettare, a questo punto, che potenti interessi abbiano la capacità di sopraffare e vincere gli Stati sovrani, e che alcuni – con gli obiettivi più diversi – sfruttino questo potere per realizzare i propri piani, piegando i mercati ai propri fini.

Un programma politico potrebbe nascere dalla preoccupazione che l’euro, in futuro, sostituisca il dollaro come valuta utilizzata per determinare il prezzo del petrolio; un programma di interessi economici e imprenditoriali potrebbe prevedere la semplice acquisizione di potere e ricchezza distruggendo diritti sovrani, come i diritti sovrani condivisi, all’interno dell’Unione europea. E’ giunto il momento che i leader politici riflettano su ciò che sta avvenendo. Lo ripeto: tutti gli Stati membri, anche il mio, hanno bisogno di disciplina. Ovviamente dobbiamo fare in modo che ciò si realizzi. Ma i nostri sforzi si concentrano sugli Stati membri, trascurando ciò che sta dietro a un certo tipo di attività del mercato.

Vorrei che il Presidente del Consiglio e il Commissario mi dicessero che cosa si sta facendo per controllare il settore. In passato non abbiamo esercitato alcun controllo su questi soggetti, e guardate dove ci hanno portato. D’ora in poi dovremo combattere su due fronti!

 
  
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  Alajos Mészáros (PPE) . – (HU) La strategia Europa 2020 è di grande importanza, soprattutto adesso, in un momento di crescente crisi economica e finanziaria. Questa crisi ha portato alla ribalta questioni cruciali e processi negativi che potrebbero mettere in pericolo il successo della nostra politica economica se non saranno integrati nella nostra strategia.

Non possiamo permettere che il prestigio dell’euro venga a soffrire, ma dobbiamo fare ogni sforzo per garantire la sostenibilità dell’unione monetaria. Rappresento l’ultimo paese che ha aderito all’area dell’euro. I cittadini della Slovacchia considerano un successo l’introduzione dell’euro, e quindi ci battiamo per proteggerlo con ogni mezzo a nostra disposizione.

Serve un’opera di sensibilizzazione, per far comprendere che la crisi monetaria potrebbe avere gravi conseguenze politiche, per esempio la diffusione dell’euroscetticismo e dell’incertezza in quei paesi che si preparano a entrare nell’area dell’euro. Dobbiamo invece assistere e incoraggiare i paesi che non hanno ancora introdotto la moneta unica.

Nella definizione della strategia UE 2020, si deve attribuire un ruolo preponderante a quelle politiche che garantiscono lo sviluppo sostenibile. Benché sia in corso il lavoro sulle varie opzioni di diversificazione energetica, bisogna ricorrere sempre più alle fonti di energia alternativa per arginare il cambiamento climatico. Dobbiamo altresì far capire ai cittadini che la capacità delle attuali fonti di energia alternativa è limitata. Per quanto riguarda la nostra sicurezza energetica di lungo periodo, l’energia nucleare è l’opzione che può garantire una quantità sufficiente di energia con i più bassi livelli di emissioni di anidride carbonica, e quindi dobbiamo rivolgere particolare attenzione alla questione correlata dello stoccaggio sicuro e della produzione di combustibile. E’ anche indispensabile condurre ulteriori ricerche nelle tecnologie energetiche moderne, come l’innovazione associata ai reattori a fusione. Ci sono molte tematiche cruciali che desideriamo incorporare nella nostra strategia, e abbiamo un arduo compito da affrontare: migliorare il coordinamento e l’integrazione delle varie regioni. Soltanto così potremo garantire, oltre all’unione monetaria, la realizzazione di quella unione economica che riveste un’importanza fondamentale.

 
  
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  Marian-Jean Marinescu (PPE) . – (RO) Accolgo con estremo favore le misure proposte dalla Commissione e dal Consiglio. Se queste misure fossero state adottate un po’ di tempo fa, avremmo potuto evitare molti effetti della crisi che stiamo attraversando. L’inefficace governance economica ha fatto sì che il processo decisionale fosse soggetto a pressioni e si tenesse senza alcuna consultazione con il Parlamento europeo. Inoltre, non esistono meccanismi per monitorare le misure adottate.

L’anno scorso, grandi somme di denaro sono state iniettate nelle banche; era una misura necessaria, ma il salvataggio delle banche non ha contribuito ad alleviare successivamente la crisi, che invece è proseguita. Il patto di stabilità e di crescita non è stato rispettato; sono stati accumulati deficit inaccettabili. Gli Stati hanno adottato misure diverse in situazioni simili. Alcuni hanno deciso di dire la verità ai propri cittadini e di adottare misure di austerità. La carenza di norme comuni sta producendo effetti diversi sui cittadini europei, benché tutti gli Stati membri siano ugualmente responsabili della crisi. Non è possibile consumare più di quanto si produce, né si può spendere più di quanto si incassa.

Abbiamo bisogno di stabilità finanziaria. Per questo motivo le proposte tese a creare un nuovo meccanismo di stabilità finanziaria o un fondo monetario europeo rappresentano una necessità assoluta. Tuttavia, queste misure devono essere sostenute da una strategia coerente tesa a stimolare la ripresa economica e da meccanismi basati sul controllo e le sanzioni. In tal modo potremo affermare di voler realizzare una governance economica reale ed efficace, a vantaggio di tutti gli Stati membri.

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE) . – (EN) Signor Presidente, rispetterò le regole da lei fissate. Condivido i commenti della Presidenza spagnola sui sistemi produttivi, e l’attenzione rivolta alla competitività. Credo che dovremmo parlarne ancora in seno a quest’Assemblea, al Consiglio e alla Commissione.

In relazione ai suoi commenti sulla lentezza della reazione, dobbiamo affrontare il problema della letargia del sistema europeo. Gli Stati membri avrebbero potuto reagire con maggiore tempestività quando la crisi bancaria si è fatta sentire; ma a quanto pare in questo caso specifico non siamo stati capaci di farlo.

Infine, la Commissione sta cercando i quattro pilastri di una nuova strategia. Credo che la Commissione debba rivedere il proprio ruolo in questa crisi. A mio avviso, il monitoraggio delle norme sancite dal patto di stabilità e di crescita è stato effettuato con un approccio “morbido” che non ha funzionato. Se avessimo rispettato le norme, come altri hanno già ricordato, non ci troveremmo a dover affrontare questo problema. Non basta ottenere maggiore potere; perché questo serva, bisogna sfruttare il potere di cui già si dispone.

 
  
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  Elena Băsescu (PPE) . – (RO) Di fronte all’attuale crisi economica, la strategia Europa 2020 sembra lanciare una vera sfida; d’altro canto, offre un’autentica opportunità. Può dare infatti un impulso importante a sostegno delle riforme sociali ed economiche necessarie nel lungo periodo. I principi fondanti di questa strategia devono essere solidarietà e adattabilità.

Credo che sia necessario mantenere gli stanziamenti a favore dei Fondi di coesione, giacché svolgono un ruolo fondamentale per ridurre le disparità di sviluppo economico tra le varie regioni dell’Unione europea. Ovviamente, gli obiettivi adottati a livello di Unione europea non potranno diventare automaticamente obiettivi nazionali, ma dovranno essere adattati alle possibilità di ogni paese. Il governo romeno ha istituito un gruppo di lavoro d’alto livello che fisserà gli obiettivi nazionali. Al contempo, contribuirà a coordinare l’elaborazione del piano di riforma nazionale.

 
  
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  Antigoni Papadopoulou (S&D) . – (EL) I mercati e le banche si comportano come un branco di lupi – così li ha definiti il ministro delle Finanze svedese – un branco di lupi pronti a sbranare i paesi economicamente più deboli. La prima vittima è stata la Grecia, seguita da Spagna e Portogallo. Nel caso della Grecia, abbiamo potuto constatare da un lato con quale spietata violenza gli speculatori l’abbiano attaccata, dall’altro la tardiva solidarietà offerta dalla Comunità a condizioni molto dure, che hanno costretto il popolo greco a gravi sacrifici e a scioperi del tutto giustificati. Sembra che adesso i protagonisti della crisi economica internazionale siano gli Stati e non le banche.

Da queste avversità dobbiamo trarre insegnamenti utili. L’Unione europea ha bisogno di maggiore solidarietà comunitaria, maggiore vigilanza sul sistema finanziario, più rigoroso rispetto del patto di stabilità a livello nazionale, maggiore coordinamento della politica finanziaria e delle misure volte a scongiurare gli squilibri competitivi. I cittadini europei vogliono un’Europa più umana, caratterizzata da minori disuguaglianze tra gli Stati membri. E’ giunto il momento di realizzare un programma più realistico e più compatibile con le esigenze dei nostri cittadini per un’Unione europea del 2020 che sia pronta a raccogliere le sfide del suo tempo.

 
  
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  Olle Schmidt (ALDE) . – (SV) Signor Presidente, l’Europa ha bisogno di maggiore cooperazione e maggiore solidarietà, non di protezionismo o nazionalismo. Lo sappiamo, perché questo è ciò che ci ha insegnato la storia.

Stento a comprendere il timore manifestato dai ministri delle Finanze per la proposta di procedere a un esame preliminare dei bilanci degli Stati membri. Nei mesi recenti, perfino gli inflessibili ministri delle Finanze hanno avuto paura, e giustamente. Qui possiamo certamente scorgere una vena di orgoglio nazionale. Controllate pure gli altri paesi, ma non il mio. Controllate la Grecia, la Spagna e il Portogallo, ma non il mio paese. Noli me tangere – Non mi toccate!

La nostra reciproca dipendenza ha bisogno di apertura e fiducia. Già negli anni novanta i governi svedese e finlandese hanno sperimentato gravi crisi, e dovrebbero quindi appoggiare incondizionatamente le proposte del Commissario Rehn.

 
  
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  Jaroslav Paška (EFD) . – (SK) Una politica di bilancio responsabile in tutti i paesi dell’Unione europea è soltanto la prima tappa di un processo volto a risolvere la situazione attuale. La tappa successiva, certamente più difficile da attuare, deve mirare a un cambiamento ponderato della struttura della nostra forza lavoro. Una consistente percentuale dei cittadini dell’Unione europea è occupata in settori non produttivi, soprattutto nell’amministrazione pubblica, e la sfera produttiva non può sostenere un numero così ampio di burocrati, la cui azione si limita a complicarci l’esistenza con l’introduzione di ulteriori regolamenti e restrizioni.

Signor Commissario, consideriamo per esempio l’Asia. In quel continente, la percentuale delle persone in possesso di titoli di studio e il numero delle università sono inferiori a quelli che si registrano in Europa. Eppure in quel continente ci sono una pubblica amministrazione di dimensioni assai ridotte, e un ambiente imprenditoriale privo di complicazioni, che consentono di sviluppare la competitività naturale che molti possiedono. Un ambiente imprenditoriale semplice e trasparente, un’amministrazione pubblica più scarna e maggiore spazio alle attività creative, indipendenti e imprenditoriali dei nostri cittadini: ecco il modo migliore per risolvere i problemi attuali.

 
  
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  Andrew Henry William Brons (NI) . – (EN) Signor Presidente, la crisi economica non è un malessere passeggero da cui gli Stati membri dell’Unione europea si riprenderanno presto, per riacquistare un’ottima salute economica. L’approccio alla politica economica dell’UE e dei suoi Stati membri infatti è caratterizzato da difetti sistemici. L’obiettivo di adottare una moneta unica, possibilmente in 27 Stati o più, si basa sull’errato presupposto che un’unica moneta possa essere adatta a molte economie diverse. Il valore di una moneta deve riflettere lo stato di salute dell’economia in cui viene adottata.

Esistono però altri problemi. L’Unione europea e gli Stati membri hanno abbracciato la globalizzazione, votando al disastro i propri cittadini. Non possiamo permettere che l’Europa sia sommersa da beni e lavoratori dei paesi a bassi salari. Non possiamo competere con i loro prodotti senza ridurre i nostri tassi salariali ai loro livelli, né i salari minimi legali proteggeranno i nostri lavoratori dalla concorrenza sleale dei lavoratori migranti, dall’esternalizzazione del lavoro a danno dei nostri cittadini o dalla delocalizzazione delle attività manifatturiere nel terzo mondo.

 
  
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  Tunne Kelam (PPE) . – (EN) Signor Presidente, ringrazio il Commissario Rehn per le sue cortesi parole e per la fiducia negli sforzi dell’Estonia, che intende aderire all’area dell’euro, e posso garantire che, con un debito pubblico pari al 7,5 per cento del PIL, l’Estonia non aggraverà certamente il livello del debito medio dell’Unione europea. Confido inoltre che i colleghi dell’area dell’euro accolgano l’Estonia come un esempio positivo, perché questo sarebbe un segnale incoraggiante anche per la Lettonia e la Lituania; convincerebbe infatti i loro cittadini dell’opportunità di fare sforzi e del fatto che tutti i candidati saranno trattati secondo i loro meriti.

L’adesione all’area dell’euro in questo momento non è soltanto un privilegio. Comporta infatti l’assunzione di impegni in termini di solidarietà e il nostro contributo al patto di consolidamento fin dall’inizio, ma sono convinto che sia la decisione giusta; considereremo così l’Unione europea non solo un’opportunità per ricevere ma soprattutto una possibilità di contribuire ai progressi della nostra causa comune.

 
  
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  Danuta Jazłowiecka (PPE) . – (PL) La discussione odierna sulla governance economica nell’Unione europea è di fondamentale importanza, poiché riguarda la possibilità di continuare a rafforzare l’integrazione europea. In considerazione dei complessi rapporti economici che intercorrono tra gli Stati membri, questi devono sentirsi ugualmente responsabili dell’istituzione di un meccanismo di stabilizzazione europeo e dell’intera situazione economica in Europa

Non credo che si possano nutrire dubbi sul fatto che misure quali un attento monitoraggio delle spese e dei debiti istituzionali (il Presidente interrompe l’oratore), il coordinamento del processo di preparazione dei bilanci e dei piani di riforma negli Stati membri in una fase precoce, nonché un meccanismo di aiuti in periodi di crisi, vadano nella direzione giusta. La scrupolosa applicazione dei principi del patto di stabilità e di crescita deve essere una priorità. Infatti è fondamentale per garantire la stabilità macroeconomica e di bilancio nell’Unione europea. Una serie di sanzioni e una politica che individui e additi alla riprovazione del pubblico i responsabili sono essenziali per disciplinare gli Stati membri nell’introduzione dei principi del patto e delle riforme necessarie; nutro però alcuni dubbi sull’opportunità di comminare sanzioni finanziarie. Tali sanzioni infatti, se applicate a Stati membri che si trovano già in una difficile situazione finanziaria, potrebbero avere l’effetto opposto, un effetto avverso sulle economie di quei paesi …

(Il Presidente interrompe l’oratore)

Chiedo quindi di pianificare il futuro dell’Europa con senso di responsabilità.

 
  
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  Liisa Jaakonsaari (S&D) . – (FI) Signor Presidente, quando c’è una crisi le reazioni psicologiche più frequenti sono chiudersi a riccio, dare la colpa agli altri, individuare dei nemici o cercare le soluzioni più adatte. L’Europa adesso assiste a questo triplice approccio: da un lato, nazionalismo e protezionismo si stanno diffondendo in molti paesi; dall’altro, si cercano nuove soluzioni, come avviene nel caso della Commissione europea. Dobbiamo accoglierle con favore; quanto più forte è il sistema politico, sia a livello di Unione europea che dei singoli Stati membri, tanto più potremo disciplinare le forze del mercato. Altrimenti, i risultati saranno pessimi.

C’è una cosa che dovremmo smettere di fare: ridicolizzare la Grecia. La nazione greca, il suo primo ministro e la sua classe politica meritano il nostro rispetto, poiché stanno adottando decisioni molto difficili. Come ha affermato l’onorevole Schmidt, la Finlandia, e la Svezia si sono trovate nella stessa situazione della Grecia all’inizio degli anni novanta. Abbiamo dovuto prendere decisioni altrettanto dure, ma siamo riusciti nel nostro intento.

 
  
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  Presidente . – Mi dispiace interromperla. Come l’Assemblea può notare, benché l’onorevole collega stesse facendo apprezzamenti molto lusinghieri sulla Grecia, l’ho interrotta allo scadere del minuto; sto cercando di essere il più obiettivo possibile.

 
  
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  Michael Theurer (ALDE) . – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, nell’attuale discussione su un sistema di governance economica europea in grado di funzionare correttamente, tendiamo a trascurare, secondo me, la prospettiva di lungo periodo. E’ giunto il momento di incorporare le misure di stabilizzazione di breve periodo in una strategia di lungo periodo. Abbiamo bisogno di una visione precisa dell’economia di mercato. Il principio fondamentale dell’economia sociale di mercato è già sancito dal trattato di Lisbona; spetta a noi adesso riportarlo in vita.

L’economia sociale di mercato è il modello di successo che ha reso possibile il miracolo economico tedesco. Walter Eugen, lo spiritus rector del miracolo economico, osservava già nel 1950 che l’attività economica dello Stato deve dare la priorità all’elaborazione dei sistemi regolatori dell’economia piuttosto che alla gestione dei processi economici. Auspico quindi un approccio regolatore; lo Stato deve adottare misure volte a influire sulle condizioni fondamentali dell’attività economica mediante la legislazione generale. Non spetta allo Stato creare posti di lavoro; esso deve istituire un quadro normativo per la creazione di posti di lavoro, ed è su questo che dobbiamo concentrare la nostra attenzione. La competitività non è l’inizio ma il risultato dell’attività economica.

 
  
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  Franz Obermayr (NI) . – (DE) Signor Presidente, con la strategia Europa 2020 dobbiamo affrontare la crisi attuale alle radici. Sarebbe ragionevole introdurre un’unione monetaria secondo il modello degli Stati Uniti senza i necessari controlli centralizzati sulla politica finanziaria? La risposta è “no”. Non dobbiamo consentire all’euro di trasformare l’Unione europea in un enorme meccanismo di ridistribuzione basato sulla solidarietà obbligatoria. Se vogliamo un’unione monetaria, deve essere un’unione monetaria dura e severa.

Inoltre, in futuro, i mercati finanziari liberi non devono essere considerati come unità distinte dall’economia reale. Nella strategia Europa 2020 avremo bisogno di norme chiare per affrontare gli speculatori e i fondi hedge. La soluzione proposta dall’Austria e ieri dalla Germania, l’introduzione di un’imposta sulle transazioni finanziarie, che prevede la tassazione dei profitti delle banche e del settore finanziario, è certamente l’approccio giusto. Dobbiamo dare l’esempio ai contribuenti e ricordare al settore finanziario i suoi doveri. Inoltre, si richiede un’attuazione più coraggiosa delle norme nei confronti degli Stati membri. Se uno Stato falsifica deliberatamente i propri conti, deve essere espulso dall’area dell’euro. I paesi che si rendono colpevoli di frodi devono andarsene.

 
  
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  Paul Rübig (PPE) . – (DE) Signor Presidente, Commissario Rehn, onorevoli colleghi, la strategia Europa 2020 ci pone davanti a una sfida ben precisa. La nostra azione deve essere diretta in modo particolare alle piccole e medie imprese (PMI). Dobbiamo fare in modo che, entro il 2020, le piccole e medie imprese dispongano di un minimo di fondi propri pari in media al 20 per cento.

L’Europa ha bisogno di PMI forti, perché esse occupano due terzi della forza lavoro, producono il 50 per cento del prodotto interno lordo e pagano l’80 per cento delle imposte. La Commissione ha semplicemente dimenticato di includere il rafforzamento delle piccole e medie imprese tra gli obiettivi di questo programma.

Commissario Rehn, mi rivolgo a lei in particolare, e le chiedo di agire per conto delle PMI, includendo il consolidamento di queste aziende e dei loro dipendenti fra gli obiettivi del programma.

 
  
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  Milan Zver (PPE) . – (SL) La discussione odierna è stata una delle più utili tra quelle dedicate alla crisi finanziaria ed economica, e soprattutto ai risvolti della crisi stessa in Grecia; gran parte degli interventi si sono soffermati sul modo di governare l’Unione europea in futuro. Sono d’accordo con le affermazioni di coloro che cercano i responsabili di questa situazione. A mio avviso, questa è la strada giusta ed è perciò necessario percorrerla. Dobbiamo accertare le eventuali responsabilità di alcune istituzioni europee, e non soltanto la responsabilità collettiva delle istituzioni ma anche quella individuale.

Per esempio, forse dovremmo richiamare all’ordine Joaquin Almunia, ex Commissario per gli affari economici e monetari, giacché egli è stato piuttosto critico nei confronti di alcuni paesi durante il suo mandato, mentre poi è emersa la questione greca. Gli chiedo quindi di chiarire il suo ruolo in questa storia; se non ci riuscirà, dovrà dare le dimissioni.

 
  
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  Seán Kelly (PPE) . – (EN) Signor Presidente, innanzi tutto le ultime settimane ci hanno visto adottare misure volte ad affrontare una crisi finanziaria che ci ha già colpito, una crisi finanziaria provocata dalla mancanza di regolamentazione, dalla mancanza di vigilanza e dalla mancanza di governance. Le misure odierne meritano la nostra approvazione, poiché con esse intendiamo anticipare le situazioni appena descritte, affinché non si ripetano in futuro.

E’ evidente che il nostro rendimento migliora, se qualcuno ci controlla. E questo vale sia per i governi che per le singole persone. Apprezzo perciò quanto è stato fatto oggi in questa sede, e credo che, d’ora in poi, dovremo occuparci dei terroristi finanziari che lavorano nelle agenzie di rating e degli speculatori che devastano la nostra vita e cercano di abbattere i governi sovrani. Con questo duplice approccio – gestire la governance a livello politico e occuparsi dei terroristi finanziari – possiamo sperare in un futuro migliore.

 
  
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  Karin Kadenbach (S&D) . – (DE) Signor Presidente, Commissario Rehn, signor Presidente in carica del Consiglio López Garrido, oggi parliamo di una governance economica europea comune. Credo sia giunto il momento di capire che il mercato non ha un valore indipendente, e che i cittadini europei non devono servire il mercato; è il mercato a dover servire i cittadini, i 500 milioni di europei.

Sono convinta che il consolidamento e la crescita siano necessari, ma entrambi questi elementi sono connessi a un altro aspetto: in altre parole, consolidamento socialmente responsabile da un lato e crescita sostenibile dall’altro. Per raggiungere questo obiettivo abbiamo bisogno di fiducia, e i cittadini europei hanno bisogno di prospettive. Tuttavia, saremo in grado di offrire loro queste prospettive soltanto se potremo promettere che, nell’Europa del futuro, essi potranno condividere la prosperità, o se metteremo in atto le misure necessarie a far sì che questo avvenga. Nell’Europa del futuro, la crescita non dovrà andare a vantaggio di pochi.

 
  
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  Rachida Dati (PPE) . – (FR) Signor Presidente, è vero: l’improvvisa comparsa e l’entità della crisi greca hanno suscitato nei nostri concittadini profondi timori, che mi sembrano legittimi. Non si tratta, ancora una volta, come ha detto uno dei colleghi, di mettere alla berlina la Grecia; è invece importante e urgente – benché se ne parli già da qualche tempo – trarre gli insegnamenti necessari per costruire un’Europa più politica e orientarsi verso una governance economica. Dobbiamo proporre con urgenza una governance economica.

Mi risulta che la Commissione abbia proposto di esaminare i bilanci nazionale in via preliminare. Da parte mia, ritengo che non sia opportuno passare da un problema a un altro. La cosa essenziale e urgente è la governance economica europea e non l’esame preliminare dei bilanci nazionali da parte della Commissione. Credo che questa proposta rivelerebbe alcune incoerenze costituzionali, dando luogo altresì a ritardi e complessità, di cui l’Europa non ha assolutamente bisogno oggi. E’ la governance economica europea la vera urgenza, e non l’esame preliminare dei bilanci nazionali.

 
  
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  Vasilica Viorica Dăncilă (S&D) . – (RO) Sappiamo tutti che la strategia Europa 2020 è stata varata per consentire all’Unione europea di emergere dall’attuale crisi economica e preparare la sua economia per il nuovo decennio. Purtroppo la strategia Europa 2020 non fornisce chiari orientamenti sulla revisione di una delle più importanti politiche comuni: la riforma della politica agricola comune.

La cosa ancora più preoccupante è che il riferimento all’agricoltura come strumento politico vitale per raggiungere gli obiettivi della strategia UE 2020 è stato aggiunto all’ultimo momento. Non siamo quindi sorpresi nel constatare che il documento menziona appena le politiche agricole. A questo proposito, la strategia UE 2020 comprende alcune idee sulla futura PAC, ma non le conferisce un ruolo strategico nell’ambito di un più ampio approccio globale che tenga conto dei gravi problemi che potrebbero derivare dal raddoppiamento della domanda globale di prodotti alimentari e dal cambiamento climatico.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE) . – (PL) Onorevoli colleghi, non disponiamo di analisi dettagliate sulle cause della crisi nell’area dell’euro e sul disastro economico che ha colpito la Grecia, né sui pericoli che gli altri paesi devono affrontare. La crisi finanziaria globale, che ha generato una crisi economica, è forse la causa di questa situazione? O è piuttosto il risultato dei nostri errori, della nostra negligenza e della nostra passività?

Siamo onesti, e diciamo chiaramente che nell’Unione europea è mancato il coordinamento della politica finanziaria. Il patto di stabilità e di crescita non è stato rispettato, né si è mantenuta la disciplina finanziaria. I bilanci nazionali spesso si sono dimostrati lontani dalla realtà: alti costi, bassi redditi, e scarsa responsabilità nel governo dello Stato. Chiedo allora: dov’era la Banca centrale europea? Dov’era la Commissione?

Dobbiamo riconoscere con onestà che gli Stati membri non consentono alle istituzioni europee di monitorare, valutare e analizzare i propri bilanci. Negli ultimi anni, ci siamo concentrati soprattutto sul trattato di Lisbona, e abbiamo riservato meno attenzione all’unione economica, e soprattutto all’unione monetaria.

 
  
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  Diego López Garrido, Presidente in carica del Consiglio.(ES) Signor Presidente, possiamo davvero dire che l’Unione europea sta affrontando una situazione simile ad altre che, nella sua storia dolorosa, si sono risolte felicemente. L’Europa adesso si trova a un crocevia, proprio come avvenne alla fine della Seconda guerra mondiale, quando si gettarono i semi di quella che allora non si chiamava ancora Unione europea. Oppure, come avvenne dopo la caduta del muro di Berlino, quando l’Europa fu riunificata, e quando ci fu, tra l’altro, una crisi del sistema monetario europeo. Allora si decise di procedere e adottare un nuovo trattato. E’ ciò che è avvenuto all’inizio di questo secolo con il trattato di Lisbona, ed è l’unico modo per uscire da una situazione difficile come quella in cui ci troviamo.

Le altre alternative, naturalmente, sono il populismo o il protezionismo, e non sono un’opzione. Dobbiamo optare per un’Europa che ponga rimedio alle proprie carenze, venute alla luce con estrema chiarezza con l’emergere di questa gravissima crisi che non ha precedenti per nessuno dei presenti in Aula.

Quindi, per affrontare la situazione dei mercati deregolamentati, la carenza di competitività nel sistema di produzione che sta avendo gravi effetti sociali in termini di disoccupazione, il problema del deficit per cui nei confronti di 20 dei 27 Stati membri è stata avviata la procedura per debito eccessivo, e l’ovvia carenza di governance economica nell’Unione europea, serve più Europa, e non meno Europa. E’ questo, ora, il modo giusto di affrontare la situazione.

Effettivamente c’è stata una reazione; l’Unione europea ha reagito, e nei nostri precedenti interventi il Commissario Rehn ed io abbiamo esposto la reazione dell’Unione europea. In questo momento però, il ritmo degli eventi sta accelerando e la nostra risposta deve essere ancora più rapida, per risolvere i gravi problemi che ancora affliggono l’Unione europea e che questa crisi ha reso ineludibili.

Propongo quindi che le istituzioni dell’Unione europea e, naturalmente, il Parlamento, collaborino sui cinque aspetti nell’ambito dei quali dobbiamo muoverci più rapidamente. Dobbiamo accelerare, rifinire o portare a termine il compito che era stato fissato e intrapreso correttamente.

Il primo aspetto è quello della solidarietà. La solidarietà nell’area dell’euro deve essere intensificata; questo è il motivo per cui gli aiuti alla Grecia sono stati estremamente opportuni, e altrettanto opportuna è stata la decisione di creare questo fondo da 750 milioni di euro – per un periodo di tre anni, affinché non sia permanente – per scongiurare difficoltà o squilibri nei conti pubblici. Credo che questo sia un elemento fondamentale, e bene ha fatto il Consiglio a proporlo e adottarlo il 9 maggio. Oltre a questo, c’è stata l’azione della Banca centrale europea, che continua a intervenire, acquistando il debito degli Stati membri attraverso i canali autorizzati dal trattato di Lisbona.

In secondo luogo, proprio oggi il Parlamento sta esaminando un pacchetto per la vigilanza finanziaria. In una certa misura, ne abbiamo già avuto un assaggio ieri con l’approvazione del regolamento sui fondi hedge in seno all’Ecofin, il Consiglio “Economia e finanza”. Perciò, ovviamente, possiamo farcela. Il regolamento è pronto, adesso restano da portare a termine quanto prima i negoziati tra Consiglio e Parlamento sull’intero pacchetto di vigilanza finanziaria. Il pacchetto, peraltro, regola il funzionamento delle agenzie di rating perché – in relazione ad alcune proposte o domande che sono state avanzate dai deputati – tali agenzie saranno soggette alla vigilanza dell’autorità europea.

In terzo luogo dobbiamo impegnarci a favore della competitività. E’ perciò molto importante adottare e avviare la strategia 2020 nel Consiglio europeo di giugno: una strategia che quantifichi gli obiettivi, per esempio in materia di povertà e inclusione sociale, che non sono stati ancora quantificati. Deve essere una strategia che definisca la propria governance – una governance assai più esigente di quella praticamente inesistente del trattato di Lisbona, come ha dichiarato in precedenza l’onorevole Verhofstadt – una strategia che utilizzi gli incentivi positivi per garantire il raggiungimento degli obiettivi, come l’utilizzo dei fondi europei o dei Fondi strutturali.

Il quarto elemento importante è il pacchetto sul coordinamento delle politiche economiche presentato dal Commissario Rehn il 12 maggio, che è stato esaminato ieri in sede di Consiglio Ecofin. E’ essenziale rispettare il trattato di Lisbona, quando afferma nell’articolo 5 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) che gli Stati membri devono – non dice che sia meglio o auspicabile, dice che devono – coordinare le proprie politiche economiche e occupazionali, e possono anche coordinare le proprie politiche sociali. Sulla stessa linea, riteniamo che l’attuazione dell’articolo 136 del TFUE, secondo la proposta della Commissione, sia estremamente importante, e che sia necessario accelerare tale attuazione.

Infine, è necessario accelerare il dibattito o la decisione, da sollevare in occasione del G20, in merito a un’imposta sulle transazioni finanziarie internazionali.

Chiedo al Parlamento di sostenere questi punti, molto significativi e molto importanti, che rifletterebbero un deciso e notevole impulso a ciò che viene definito la governance o il governo economico dell’Unione, affinché sia possibile decidere in materia quanto prima. Non rimane più molto tempo.

L’unità nell’Unione europea non è mai stata importante come adesso, e non parlo soltanto dell’unità tra gli Stati membri, ma anche tra le istituzioni. Il Parlamento è un’istituzione europea, la Commissione è un’istituzione europea e anche il Consiglio è un’istituzione europea. Le istituzioni devono collaborare adesso per consolidare l’impulso al governo dell’Unione e la soluzione dei problemi fondamentali che sono emersi. Mi auguro che questa possa essere l’espressione del nostro impegno per l’avvio di una nuova fase politica nell’Unione europea, una fase favorevole per i nostri cittadini; perché è questo che essi si aspettano da noi. Questo e nient’altro.

 
  
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  Olli Rehn, membro della Commissione.(EN) Signor Presidente, ringrazio gli onorevoli deputati per la seria e proficua discussione che riflette la grave situazione che l’Europa deve affrontare. Innanzi tutto devo dire che apprezzo l’ampio sostegno offerto dal Parlamento europeo al rafforzamento della governance economica. Ho ascoltato con estrema attenzione l’intervento del ministro López Garrido, e ringrazio la Presidenza spagnola per il sostegno e l’ottima cooperazione di cui ha dato prova in questa e altre circostanze.

Condivido l’opinione espressa da alcuni di voi, che sostengono la necessità di integrare l’unione monetaria con un’unione economica. E’ questa la strada da seguire, ed è questo l’insegnamento che dobbiamo trarre dalla crisi. Dobbiamo lavorare su tre punti di forza. Innanzi tutto, dobbiamo esercitare un attento controllo per risolvere immediatamente la crisi in Grecia e in altri paesi europei. Siamo riusciti a evitare il ripetersi nel continente europeo di un’altra bancarotta come quella di Lehman Brothers, ma non siamo ancora fuori pericolo, e quindi dobbiamo continuare a esercitare con determinazione la funzione di controllo per tutelare la stabilità finanziaria in Europa e proteggere la ripresa economica del nostro continente, ancora molto fragile.

In secondo luogo, dobbiamo accelerare, intensificare e completare la riforma normativa concernente mercati finanziari, prelievi a carico delle banche, vendite allo scoperto e istituti di credito. E’ certamente meglio agire a livello europeo e farlo il prima possibile.

Dobbiamo istituire un quadro per correggere gli errori sistemici dei mercati finanziari e su questo punto concordo con gli onorevoli Jaakonsaari e Swoboda. Il mercato può essere un buon servitore ma è un pessimo padrone e, come ha affermato l’onorevole Theurer, dobbiamo lavorare per realizzare l’idea di base di un’economia sociale di mercato al fine di istituire un quadro giuridico credibile per i mercati finanziari, con il completamento della riforma normativa.

In terzo luogo, dobbiamo prendere decisioni che riguardano il consolidamento della governance economica in Europa; dobbiamo rafforzare il patto di stabilità e di crescita mediante la vigilanza fiscale preventiva; dobbiamo mettere in atto sanzioni efficaci che facciano riferimento alle norme, come ha dichiarato l’onorevole Kallas, e dobbiamo ottenere poteri di audit per Eurostat...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Presidente . – Onorevoli deputati, questo è il riepilogo di una discussione molto importante. Vi chiedo di ridurre le vostre conversazioni in quest’Aula al minimo e di rispettare le osservazioni finali del Commissario. Do la parola al Commissario.

 
  
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  Olli Rehn, membro della Commissione.(EN) Signor Presidente, sono ormai abituato a tutto questo, ma mi piacerebbe che il mio intervento fosse accolto con un po’ di interesse.

Soluzione immediata della crisi, riforma completa del mercato finanziario e rafforzamento della governance economica: questi sono i tre compiti principali a cui dovremo applicarci quanto prima.

Sono d’accordo con l’onorevole Marinescu, che ha fatto riferimento alla comunicazione della Commissione; è certamente più di quanto sarebbe stato concepibile soltanto sei mesi fa. Vi prego di leggere le dieci pagine della comunicazione sul rafforzamento della governance economica in Europa. Dieci pagine sembrano poche, ma sono dense di iniziative concrete. Si tratta di materiale importante, proprio ciò di cui abbiamo bisogno in Europa. Tra breve, avanzerò proposte legislative concrete.

Abbiamo preso l’iniziativa e adesso procederemo. L’onorevole Verhofstadt ha affermato che non dobbiamo aspettare la task force. Bene, contribuiamo dunque attivamente e in modo costruttivo al lavoro della task force guidata dal Presidente Van Rompuy, ma eserciteremo il nostro diritto di iniziativa e presto presenteremo proposte legislative concrete sul rafforzamento della governance economica.

Questa è l’essenza del metodo comunitario, ed è ciò che oggi avete giustamente richiesto. Non possiamo permetterci di perdere tempo, ma anzi dobbiamo agire senza indugio. E’ essenziale procedere con queste iniziative.

Concluderò auspicando un’alleanza delle istituzioni per raggiungere questi obiettivi. L’Unione europea ha già prodotto ottimi risultati con l’alleanza tra Parlamento e Commissione, e quindi conto sul vostro sostegno a questo riguardo. E’ altrettanto importante coinvolgere i parlamenti nazionali adottando un approccio inclusivo, come ha proposto l’onorevole Goulard.

Ma è ancora più importante ricordare che il Parlamento europeo può aiutare noi tutti, che facciamo parte dell’Unione europea, ad agire con maggiore rapidità e determinazione. Vi prego perciò di convincere i vostri elettori, e di aiutarci a convincere gli Stati membri – e non solo la Presidenza spagnola, che è già convinta. Sono certo che potete far sentire la vostra voce, e quindi lo farete. Conto su di voi: adottate una posizione forte e decisa per la risoluzione Europa 2020 durante questa tornata del Parlamento.

Onorevoli deputati, dobbiamo procedere a tutto vapore per rafforzare la governance economica in Europa.

 
  
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  Presidente . – La discussione è chiusa.

Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)

 
  
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  George Sabin Cutaş (S&D), per iscritto.(RO) Se c’è un insegnamento che dobbiamo trarre dall’attuale crisi economica è la solidarietà. Il fatto che viviamo in un mondo globalizzato nel quale le economie degli Stati sono interdipendenti non è certo una novità; ma gli Stati non sono riusciti ad abbandonare la loro logica isolazionistica, che spinge ad applicare a livello nazionale le soluzioni ai problemi economici, senza considerare in alcun modo il loro impatto su una scala più ampia.

La strategia di Lisbona è fallita per mancanza di impegno politico da parte degli Stati membri che non hanno preso alcuna iniziativa per raggiungerne gli obiettivi. Se vogliamo che la strategia UE 2020 riesca laddove la strategia di Lisbona ha fallito, è necessario esercitare un più efficace controllo a livello europeo sui programmi di riforma nazionali. Anche l’inclusione sociale deve essere l’obiettivo principale della governance economica, e i fornitori di servizi statali devono imparare a dare la priorità agli individui rispetto ai profitti finanziari.

 
  
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  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto.(PT) Poco più di dieci anni dopo la creazione dell’euro, i tristi presagi che avevamo formulato allora si stanno materializzando. L’integrazione di economie che si trovano in fasi di sviluppo molto diverse – con criteri di convergenza nominale e differenti politiche in campo monetario e in materia di tassi di cambio, all’unico scopo di soddisfare le esigenze delle grandi potenze – ha aggravato la crisi e acuito le divergenze in seno all’Unione europea, generando così le situazioni che oggi travagliano le economie periferiche.

Davanti alla crisi che essi stessi hanno creato, i centri decisionali del capitale finanziario speculativo – nonché le loro estensioni istituzionali in seno alle istituzioni dell’Unione europea e ai governi – hanno lanciato un nuovo e inusitato attacco ai cittadini e ai lavoratori europei. I signori dell’UE hanno deciso di usurpare i poteri di bilancio degli Stati membri; non in nome della solidarietà – concetto sempre più estraneo a questi signori – ma in nome di quella stabilità dell’euro che le grandi potenze esigono. Si tratta di un affronto intollerabile alla democrazia e alla sovranità dei popoli. A questo affronto si associano misure di vero terrorismo sociale, a cui i governi nazionali si sono umilmente sottomessi. La risposta al cosiddetto “governo economico europeo”, e alla natura sempre più antidemocratica del processo di integrazione in corso, giunge dalla lotta dei lavoratori di tutta Europa. Da questa lotta, dal suo impulso progressista, sorgerà il necessario cambiamento.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto.(PT) Trovo deplorevole che il Consiglio e la Commissione si siano presentati in Aula per dichiarare di aver adottato misure volte a risolvere i problemi finanziari e produttivi nel quadro della disciplina di bilancio, e che stiano presentando la creazione di una task force come l'asso nella manica per le misure di lungo periodo.

Pur riconoscendo i ritardi nell’attuazione delle timide misure adottate, i rappresentanti della Presidenza spagnola dell’Unione europea e della Commissione hanno riaffermato l’intenzione di continuare sulla strada dell’integrazione capitalistica, intensificando anzi l’azione in questo senso; starnazzano intorno come galline impazzite. Preferiscono ignorare le cosiddette “misure temporanee di stabilizzazione” e il rispettivo fondo non sarà nient’altro che un palliativo alla crisi finanziaria, usato come escamotage per nascondere il fatto che soltanto una rottura decisa con le attuali politiche e un cambiamento di rotta potranno arrecare il progresso sociale. A tal fine, è essenziale dare la priorità alla produzione, ai servizi pubblici di qualità, alla creazione di posti di lavoro in cui i lavoratori godano di veri diritti, ai salari, a pensioni dignitose, all’inclusione sociale e all’equa divisione e distribuzione del reddito.

Ma tutto ciò esige una vera coesione economica e sociale, accompagnata da un chiaro rafforzamento del bilancio dell’Unione, da solidarietà, da un maggior numero di politiche pubbliche e da un più efficace monitoraggio dei settori essenziali dell’economia da parte dello Stato.

 
  
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  Edit Herczog (S&D), per iscritto. (HU) La strada che condurrà fuori dalla crisi economica è estremamente accidentata; i problemi fiscali della Grecia e degli altri Stati membri hanno scosso violentemente l’area dell’euro. Questi problemi ci spingono a chiederci se l’Europa sia in grado di competere con la potenza economica degli Stati Uniti e della Cina. Con la strategia UE 2020, l’Unione europea quindi dovrà dare una risposta efficace alla crisi economica e finanziaria e garantire che la capacità economica di questo blocco di 500 milioni di persone rimanga competitiva, in altre parole che l’UE a 27 non perda terreno rispetto ai suoi rivali economici e politici. La complessità delle sfide odierne richiede una serie integrata di strumenti politici. L’Unione deve dare la priorità alla ricerca e all’innovazione, nell’affrontare sfide come il cambiamento climatico e la definizione delle soluzioni necessarie ad accrescere la concorrenza globale. Poiché nel periodo successivo alla crisi stimolare la crescita e l’occupazione mediante la ricerca e l’innovazione è diventato più importante che mai, propongo che questo sia l’obiettivo principale della strategia UE 2020. Le nostre preoccupazioni tuttavia sono giustificate: l’attuale bilancio non soddisfa a sufficienza i requisiti monetari necessari a raccogliere le sfide del ventunesimo secolo. Nella mia veste di componente della commissione per i bilanci, chiedo alla Commissione europea di proporre un nuovo modello di bilancio, audace e ambizioso ma realizzabile, per garantire il successo della strategia UE 2020.

 
  
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  Anneli Jäätteenmäki (ALDE), per iscritto. (FI) Trovo estremamente positivo che la strategia Europa 2020 debba tenere conto dei giovani; purtroppo non è sufficientemente ambiziosa. Il suo contenuto è limitato e pessimistico; gli obiettivi concreti indicati non sono sufficienti e ne servirebbero di più. Le cifre relative alla disoccupazione giovanile sono allarmanti: il numero dei giovani disoccupati è il doppio di qualsiasi altra categoria di disoccupati. Circa la metà dei giovani in Lettonia e Spagna è disoccupata. All’aumentare del periodo di disoccupazione, aumenta proporzionalmente non solo il rischio di povertà, ma anche di esclusione. I giovani con scarsa esperienza lavorativa sono in una situazione particolarmente difficile nel mercato del lavoro, dal momento che sono i più colpiti dai tagli di personale. Le previsioni ci dicono che ci sarà una carenza di manodopera, ma non possiamo dare per scontato che i giovani attualmente disoccupati potranno soddisfare questo futuro bisogno di manodopera. L’integrazione dei giovani disoccupati di lungo periodo nella società non è una procedura semplice, anzi. Abbiamo bisogno di misure concrete; ai giovani servono posti di lavoro, non promesse. Dobbiamo assolutamente assumerci le nostre responsabilità per il futuro; i bambini e i giovani rimangono al centro dei nostri piani.

 
  
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  Lívia Járóka (PPE), per iscritto.(HU) Il varo della strategia UE 2020, tesa ad armonizzare le politiche economiche e occupazionali degli Stati membri secondo i principi comuni, è forse il compito più importante che ci aspetta. Constato con soddisfazione che, oltre agli aspetti concernenti un’economia sociale di mercato sostenibile, la protezione ambientale e l’innovazione, la strategia rivolge particolare attenzione alla lotta contro la povertà e l’esclusione, ossia al rafforzamento della coesione sociale, un prerequisito per i suddetti obiettivi e uno dei pilastri fondamentali del programma del trio di Presidenza composto da Spagna, Belgio e Ungheria. Nella seconda metà dei suoi orientamenti integrati sulla strategia, la Commissione europea ha fissato obiettivi quantitativi ambiziosi in materia, e questo mi sembra un importante passo avanti. Due di questi obiettivi prevedono che il 75 per cento della popolazione in età lavorativa debba essere occupato, e che il numero delle persone che vivono al di sotto della soglia di povertà nazionale debba essere ridotto del 25 per cento. Per monitorare e verificare i progressi concernenti tali obiettivi e per valutare i risultati della lotta contro l’esclusione sociale, è opportuno prendere in considerazione gli “indicatori di Laeken” adottati dal Consiglio europeo del 2001 a Laeken, insieme alle loro componenti che, nel frattempo, sono state ampliate e definite nei dettagli. Gli indicatori di Laeken offrono un’immagine dettagliata e affidabile della posizione occupata dai vari gruppi sociali in alcuni segmenti della vita pubblica, e sono stati utilizzati con successo negli ultimi anni da numerose istituzioni dell’UE, tra cui Eurostat.

 
  
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  Danuta Jazłowiecka (PPE), per iscritto.(PL) Il principale obiettivo della strategia Europa 2020, di cui stiamo discutendo, deve essere quello di assicurare la crescita economica nell’Unione europea e di aumentare l’occupazione. Le misure che adottiamo devono mirare a sviluppare l’attività economica e quindi a consolidare la crescita economica nel lungo periodo. Gli indicatori proposti dalla Commissione devono essere integrati da un indicatore della saturazione delle infrastrutture in settori come la teleinformatica, i trasporti, l’energia, l’ambiente e le questioni sociali. Un’infrastruttura evoluta è alla base del funzionamento efficiente del mercato interno che, di conseguenza, stimola la crescita della domanda interna e dell’attività economica. Inoltre, un’infrastruttura evoluta è necessaria per ridurre le differenze di sviluppo tra le regioni, e quindi per ottenere una maggiore competitività e una più sostenuta coesione economica, sociale e territoriale. Vorrei fare riferimento tra l’altro all’indicatore dell’occupazione, che deve essere considerato una priorità. Le misure che adottiamo devono concentrarsi non soltanto sulle riforme strutturali, ma anche sulla migliore preparazione e sul più efficiente utilizzo della forza lavoro e del capitale intellettuale dell’Unione europea. Oltre all’attuazione della strategia Europa 2020, avremo bisogno di una leadership più forte e di una maggiore responsabilità politica da parte degli Stati membri e della Commissione europea, per quanto riguarda l’avvio di riforme strutturali; su questo punto, presumo, non ci sono dubbi. In tale contesto, sarebbe utile effettuare una valutazione accurata della strategia UE 2020 a cinque anni dalla sua introduzione, ossia alla fine del mandato dell’attuale Commissione europea. Ciò consentirebbe di rafforzare la responsabilità politica e di collegare le azioni ai risultati.

 
  
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  Sandra Kalniete (PPE), per iscritto.(EN) L’attuazione della strategia UE 2020 deve mettere in evidenza la coesione economica, giacché rimane cruciale ridurre le disparità economiche tra le regioni dell’Unione europea meno sviluppate e quelle più prospere. A mio avviso, l’Unione europea deve ancora concentrare la propria attenzione sul principio di solidarietà e sugli strumenti necessari per riequilibrare le disparità di reddito. Le nostre azioni devono concentrarsi sulle regioni dell’Unione che più hanno sofferto a causa della crisi economica e finanziaria, e la specifica situazione di ognuna di queste regioni dovrà essere valutata, per affrontare in maniera adeguata i relativi problemi.

Nella strategia Europa 2020, il settore agricolo viene considerato alla stregua di qualsiasi altro settore della nostra economia moderna, e questo è positivo. Sono una decisa sostenitrice della politica agricola comune, che assicura condizioni paritarie a tutti gli Stati membri. La concorrenza equa nel mercato interno è essenziale per garantire competitività all’agricoltura europea nel mercato globale. Ci deve essere sinergia tra la strategia 2020 e la riforma della PAC dopo il 2013: entrambe devono favorire la crescita verde intelligente.

 
  
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  Filip Kaczmarek (PPE), per iscritto.(PL) Il ministro polacco della Cultura e del Patrimonio nazionale, Bogdan Zdrojewski, ha ricordato che la cultura è un elemento da includere nella strategia Europa 2020. Devo ammettere che le argomentazioni del ministro sono convincenti. Egli infatti intende “ribadire la necessità di sfruttare appieno il potenziale della cultura e delle attività creative – il capitale intellettuale e sociale dell’Europa”.

Le attività creative possono essere considerate fattori che consentono all’Europa di dotarsi di un vantaggio competitivo. La strategia Europa 2020 è stata discussa nel corso di una riunione informale dei ministri della Cultura nel marzo di quest’anno, in seguito alla quale la Presidenza spagnola ha invitato “il Consiglio a riconoscere e sfruttare il potenziale creativo europeo attraverso la cultura e i settori associati nella strategia 2020” e “gli Stati membri e la Commissione a operare nei rispettivi campi d’azione per raggiungere gli obiettivi fissati…mediante iniziative di rappresentanza connesse all’innovazione, alla competitività, all’agenda digitale e all’inclusione sociale.”

Mi auguro che questi inviti vengano raccolti e realizzati.

 
  
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  Iosif Matula (PPE), per iscritto.(RO) La profonda crisi economica degli ultimi anni ha contribuito al mancato raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Unione europea all’inizio di questo secolo. Per questo motivo, è importante individuare le carenze dell’Agenda di Lisbona e concentrare la nostra attenzione sui risultati positivi che sono stati ottenuti, nonché sulla necessità di non ripetere gli errori del passato. Credo che per noi sia importante imparare dal fallimento della strategia di Lisbona e agire per mitigarne l’impatto futuro. Il nostro principale atout è quello di conoscere i motivi del fallimento e di riuscire a evitarli nell’ambito della nuova strategia UE 2020. Adesso vorrei ricordare la necessità di rafforzare la governance multilivello. Dobbiamo coinvolgere nel processo di governance le autorità locali e regionali nonché la società civile, dal momento che, secondo le statistiche dell’Unione europea, le autorità locali e regionali godono di un altissimo livello di fiducia tra i comuni cittadini. Al contempo, il rafforzamento dell’aspetto regionale è compreso nell’elenco delle priorità della strategia UE 2020. A questo riguardo, ritengo che il ruolo della futura politica di coesione sia quello di individuare e utilizzare lo specifico potenziale locale.

 
  
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  Rareş-Lucian Niculescu (PPE), per iscritto.(RO) La relazione indica chiaramente l’importante contributo offerto dai Fondi strutturali e dal Fondo di coesione alla vita economica europea e al raggiungimento degli obiettivi che ci sono stati presentati nell’ambito dell’Agenda UE 2020. Mi sembra opportuno ricordare alcuni elementi: il ruolo essenziale svolto dalle città nel raggiungimento di questi obiettivi, e il ruolo della ricerca e dell’istruzione.

Purtroppo però la relazione non è esaustiva, giacché trascura il ruolo svolto dai Fondi per lo sviluppo rurale. Rivitalizzando la vita economica rurale, ammodernando l’agricoltura in Europa, offrendo assistenza ai giovani agricoltori che vogliono avviare un’attività e diffondendo le migliori prassi, i Fondi per lo sviluppo rurale forniscono un importante e positivo contributo al generale progresso economico dell’Unione europea.

 
  
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  Kristiina Ojuland (ALDE), per iscritto.(ET) Signor Presidente, nel delineare la strategia Europa 2020, la Commissione è certamente riuscita a dar voce a molti dei nostri desideri, ma apparentemente ha dimenticato la realtà attuale. Molti Stati membri, tra cui l’Estonia, hanno effettuato tagli consistenti per riequilibrare il bilancio nazionale. Rispettando i criteri di Maastricht per l’area dell’euro, l’Estonia è riuscita a stabilizzare il proprio bilancio. Al contempo, le conseguenze dell’irresponsabile politica di bilancio che finora è stata adottata in numerosi Stati membri si ripercuoteranno sull’Unione europea anche in futuro. In considerazione della complessa situazione economica attuale, non è chiaro in che modo la strategia della Commissione e gli ampi progetti in questa contemplati intendano operare. Potremmo imparare dai nostri errori così che, a differenza della fallita strategia di Lisbona, sapremo come raggiungere gli obiettivi fissati, che tipo di risorse finanziarie potremo utilizzare e se le nostre risorse ci consentiranno di raggiungere tali obiettivi. Non ci servono parole altisonanti in seno all’Unione europea; ogni Stato membro deve mirare a equilibrare il proprio bilancio e a realizzare una vera crescita economica. Osservando i mutamenti strutturali che si verificano nell’economia mondiale, in particolare l’inasprirsi della concorrenza e i cambiamenti demografici in Europa, invece di dare spazio a idee roboanti ma prive di significato, dobbiamo concentrare la nostra azione sulla riforma radicale dell’intero sistema economico e sociale dell’Unione europea. Non c’è altro modo per sottrarsi a una società assistenzialistica che vive ancora in condizioni agiate ma sta rapidamente perdendo competitività e si sta perciò deteriorando. Dobbiamo necessariamente affrontare alcune decisioni impopolari ma, prendendo queste decisioni oggi, potremo adattarci molto più rapidamente alla nuova realtà.

 
  
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  Sirpa Pietikäinen (PPE), per iscritto.(FI) L’attuale crisi economica si compone di un continuum di tre crisi, l’una legata all’altra: la crisi finanziaria, la crisi dell’economia reale che l’ha seguita, e la conseguente crisi delle economie pubbliche.

Queste crisi rivelano i problemi della vigilanza e del controllo europei e globali: la crisi economica è essenzialmente una crisi del sistema che prevaleva in passato e della politica. Sia il mondo della finanza che l’attività economica non conoscono più i propri limiti. Non è possibile gestire un’attività che supera i propri limiti facendo affidamento soltanto sugli strumenti nazionali: abbiamo bisogno di norme regionali e globali.

Come si legge nel rapporto Monti pubblicato la settimana scorsa, un’unica soluzione ad hoc per ogni crisi non è più sufficiente all’Europa. Abbiamo bisogno di soluzioni e strumenti predittivi e di lungo periodo che ci consentano di gestire le future crisi meglio di quanto facciamo adesso. Saranno cruciali la disponibilità e la capacità degli Stati membri a cooperare, e queste lasciano ancora molto a desiderare. Il Consiglio merita elogi per la decisione con cui ha agito per risolvere la crisi che ha minacciato l’intera Unione, ma non per la tempestività: gli Stati membri hanno agito solo perché dovevano. L’indecisione e l’irresolutezza probabilmente hanno deteriorato la situazione.

Una delle iniziative più ovvie da prendere in futuro riguarda la necessità di riformare il bilancio dell’Unione europea e di garantire che i bilanci nazionali rispettino più rigorosamente gli obiettivi prefissati. Si sta già lavorando per rendere più efficaci i regolamenti e i controlli finanziari, ma abbiamo bisogno di altre misure che sottopongano tutti i prodotti finanziari a un regolamento efficace e realizzabile.

 
  
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  Rovana Plumb (S&D), per iscritto.(RO) Ridurre la soglia di povertà nell’Unione europea almeno del 25 per cento entro il 2020: questo obiettivo è strettamente legato alla crescita dell’occupazione, una priorità della politica che vuole favorire l’inclusione sociale. Per questo motivo è necessaria un’ambiziosa strategia di lungo periodo per combattere la povertà, che fissi obiettivi per ridurre la povertà su vasta scala, i cui punti principali devono includere un aumento del tasso di occupazione e dei posti di lavoro di qualità, accessibili anche a donne, giovani, anziani e lavoratori poveri.

Questa strategia deve comprendere misure tese a raggiungere un equilibrio tra vita e lavoro e una maggiore partecipazione a un mercato del lavoro aperto, il che comporta tra l’altro la rimozione delle restrizioni all’accesso dei lavoratori romeni e bulgari. Un altro obiettivo per ridurre la povertà è quello di stabilire un reddito minimo pari almeno al 60 per cento del reddito equivalente medio nazionale, un salario minimo pari almeno al 60 per cento del salario medio dei settori rilevanti a livello nazionale, insieme a una strategia coordinata per l’edilizia in Europa. Tutte queste misure devono essere accompagnate da un calendario facile da attuare e monitorare.

 
  
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  Joanna Katarzyna Skrzydlewska (PPE), per iscritto.(PL) Uno degli obiettivi della strategia Europa 2020 è l’aumento del tasso di occupazione al 75 per cento tra le persone di età compresa fra i 20 e i 64 anni d’età. Un altro è la lotta alla povertà, al fine di migliorare la situazione di 20 milioni di persone. Questi effetti sono auspicabili e molto ambiziosi. Il nostro obiettivo è un mercato del lavoro moderno, dotato di una forza lavoro altamente specializzata, orientata e molto efficiente; credo però che sia difficile da raggiungere. Attualmente il 15 per cento dei giovani non conclude il ciclo dell’istruzione secondaria. Più del 30 per cento conclude l’istruzione universitaria ma, nonostante ciò, non trova lavoro perché le qualifiche ottenute non soddisfano le esigenze del mercato. Il programma di apprendimento permanente non tiene conto della particolare situazione di coloro che non possiedono un’istruzione universitaria. Se però parliamo del fenomeno della povertà, gli stessi gruppi sociali sono quelli più a rischio: i disoccupati, gli individui con basso livello di istruzione e gli anziani. Un livello così alto di disoccupazione è certamente un effetto della crisi, che ha causato, tra l’altro, un calo della produzione industriale, riducendola al livello di 20 anni fa. Sostengo la Commissione nel suo sforzo coerente di aumentare la competitività dell’economia dell’Unione europea rispetto a Stati Uniti e Giappone, ma propongo un approccio più realistico data la straordinaria gravità della situazione finanziaria.

 
  
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  Csaba Sógor (PPE), per iscritto.(HU) La crisi economica e finanziaria ha spinto molti Stati membri a introdurre misure volte a ridurre i costi e riformare le strutture esistenti. Ancora una volta, si è dimostrato che una crisi può accelerare l’introduzione di mutamenti e riforme radicali. L’Unione europea deve anche considerare in quale direzione deve muoversi per raccogliere le nuove sfide e accrescere la competitività, e se sarà in grado di armonizzare gli interessi degli Stati membri con maggiore successo, rafforzando così la coesione interna. Credo che una più intensa vigilanza della situazione particolare venutasi a creare nei nuovi Stati membri durante il processo di attuazione delle riforme sia di cruciale importanza, non solo per il successo della strategia Europa 2020, ma per il futuro dell’Unione stessa. Chiedo al Consiglio di rivolgere maggiore attenzione alla questione, soprattutto in rapporto ai mutamenti strutturali nei settori della politica agricola comune e della politica di coesione.

 
  
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  Nuno Teixeira (PPE), per iscritto.(PT) Possiamo identificare vari aspetti della strategia di Lisbona che hanno avuto scarso successo. Sono stati raggiunti pochi degli obiettivi stabiliti, a causa di diversi fattori: tra gli altri, la mancanza di volontà politica e di strumenti – non da ultimo di strumenti finanziari. Anche le autorità locali e regionali hanno affermato di non essere state coinvolte a sufficienza nella definizione e nell’attuazione della strategia, e hanno lamentato la mancata corrispondenza tra gli obiettivi europei e quelli nazionali.

Tutto questo ha ridotto la credibilità del programma della strategia di Lisbona che, pur definito nei dettagli, non è stato attuato con sufficiente senso di responsabilità. In un momento di incertezza economica, fragili finanze pubbliche e alta disoccupazione, la nuova strategia 2020 deve essere considerata un’occasione per riflettere sulla direzione in cui i cittadini vogliono avviare l’Unione europea. Sarà però difficile che tutti seguano la stessa direzione, finché permangono le attuali differenze tra gli Stati membri e tra le loro regioni – soprattutto quelle periferiche.

Forse è giunto il momento di sviluppare nuovi tipi di collegamenti economici, finanziari e perfino di bilancio, soprattutto nell’area dell’euro. Sono convinto che tali collegamenti possano contribuire in modo decisivo a realizzare gli obiettivi che sono in corso di definizione, soprattutto quelli concernenti la coesione territoriale.

 
  
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  Jarosław Leszek Wałęsa (PPE), per iscritto.(PL) Nel mese di marzo, la Commissione europea ha presentato un nuovo piano di sviluppo economico per l’Europa. Dopo la strategia di Lisbona, Europa 2020 è il nuovo tentativo di ravvivare l’economia europea. Ma questa volta la sfida è più complessa, perché il piano deve essere realizzato in una situazione di crisi economica. Crescita intelligente, crescita sostenibile e crescita inclusiva: sono queste le priorità proposte dalla nuova strategia, che definiscono gli auspici dell’Unione europea per il 2020.

Ma prima di cominciare ad agire sulla base di queste priorità, dobbiamo trarre qualche insegnamento dal disastro economico che si è propagato in tutto il mondo. Le economie europee sono fortemente legate tra loro. Nessuno degli Stati membri da solo è capace di opporre una resistenza efficace alle minacce globali. Un’azione comune ci rende più forti e quindi più capaci di emergere con successo dalla crisi, e di realizzare i principi di Europa 2020; abbiamo bisogno di un più stretto coordinamento delle politiche economiche di tutti i paesi dell’Unione europea. Altrimenti, potremmo perdere un altro decennio, perpetuando l’arresto della crescita e la disoccupazione di massa.

La nuova strategia si basa su idee molto ambiziose. Di conseguenza, dobbiamo fare del nostro meglio affinché questo tentativo di sviluppare un’altra strategia economica per l’Europa non si riveli un pio desiderio, e non finisca come la strategia di Lisbona, che avrebbe dovuto trasformare l’Unione europea nella più dinamica economia al mondo basata sulla conoscenza entro il 2010, ma che si è conclusa con uno spettacolare fallimento. Vi ringrazio.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. VIDAL-QUADRAS
Vicepresidente

 

4. Calendario delle tornate
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  Presidente. – Prima di procedere con la votazione, devo informarvi che, in occasione della riunione del 12 maggio scorso, la Conferenza dei presidenti ha deciso, ai sensi dell’articolo 134 del regolamento, di convocare una sessione straordinaria mercoledì 23 giugno dalle 15.00 alle 17.00. In quell’occasione, il Presidente del Consiglio europeo Van Rompuy potrà riferire al Parlamento sulle conclusioni del Consiglio europeo del 17 giugno in conformità all’articolo 15 del trattato di Lisbona.

 
  
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  Robert Atkins (ECR).(EN) Signor Presidente, vorrei fare un richiamo al regolamento per sapere se diventerà abituale trovare sui nostri banchi in Aula materiale informativo sulle proposte da firmare. A prescindere dai meriti o demeriti del caso, è certamente deplorevole che i nostri seggi vengano riempiti da una spazzatura che non possiamo controllare in alcun modo. Può fare qualcosa per porvi rimedio?

(Applausi)

 
  
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  Presidente. – Onorevole Atkins, prendiamo nota della sua osservazione o protesta o comunque la si voglia definire.

 
  
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  Werner Langen (PPE).(DE) Signor Presidente, riprendo questo stesso richiamo al regolamento per precisare che non è sufficiente che il Presidente ne prenda nota. La esorto a porre rimedio.

 
  
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  Presidente. – La Presidenza ha preso nota e adotterà tutte le misure del caso. Si inizia prendendo nota del problema, per poi agire di conseguenza.

 

5. Benvenuto
Video degli interventi
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  Presidente. – Sono lieto di informarvi che la nostra tribuna ospita una delegazione dell’Assemblea nazionale del Kuwait. Desidero porgere un caloroso benvenuto alla delegazione del Kuwait.

(Applausi)

La delegazione è capeggiata dall’onorevole Al-Debaqbasi ed è venuta a Strasburgo per incontrare i deputati di quest’Assemblea.

I rapporti tra l’Unione europea e i membri del Consiglio di cooperazione del Golfo, che quest’anno è presieduto dal Kuwait, rivestono grande importanza per il nostro Parlamento.

Siamo convinti che un dialogo proficuo tra il Parlamento europeo e i parlamenti dei membri del Consiglio di cooperazione del Golfo contribuirà a consolidare la cooperazione tra l’Unione e il Consiglio stesso, favorendo così la rapida e fruttuosa conclusione dei negoziati per l’accordo di libero scambio.

Auguriamo dunque all’onorevole Al-Debaqbasi e ai suoi colleghi che il soggiorno in nostra compagnia dia buoni frutti.

 

6. Turno di votazioni
Video degli interventi
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  Presidente. – Procediamo ora con il turno di votazioni.

(Per l’esito delle votazioni e altri dettagli: vedasi processo verbale)

 

6.1. Richiesta di consultazione del Comitato economico e sociale europeo - Iniziativa dei cittadini (votazione)

6.2. Richiesta di consultazione del Comitato delle regioni - Iniziativa dei cittadini (votazione)

6.3. Fondo europeo per i rifugiati per il periodo 2008-2013 (modifica della decisione n. 573/2007/CE) (A7-0117/2010, Claude Moraes) (votazione)

6.4. Indicazione del consumo di energia e di altre risorse mediante l'etichettatura ed informazioni uniformi relative ai prodotti (rifusione) (A7-0128/2010, Anni Podimata) (votazione)

6.5. Bilancio rettificativo 01/2010: Sezione I - Parlamento (A7-0158/2010, Vladimír Maňka) (votazione)

6.6. Discarico 2008: bilancio generale UE, Consiglio (A7-0096/2010, Ryszard Czarnecki) (votazione)
  

- Dopo la votazione:

 
  
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  Ryszard Czarnecki, relatore.(PL) Si può affermare che ci troviamo in una posizione di gran lunga migliore rispetto all’anno scorso, quando abbiamo concesso il discarico appena a novembre. Questa volta, abbiamo l’opportunità di farlo con sei mesi di anticipo, sebbene sia doveroso precisare che il Parlamento deve assolutamente persuadere il Consiglio a presentare la documentazione innanzi tutto con maggiore anticipo e, in secondo luogo, nella sua completezza, coprendo l’intero periodo di riferimento. Per citare un esempio, ci sono stati forniti documenti dell’anno precedente.

Credo che la situazione attuale, caratterizzata da una certa incrinatura nei rapporti tra Parlamento e Consiglio, dimostri che il primo deve esercitare pressioni maggiori sul secondo per accrescere la trasparenza delle spese di bilancio. E’ un risultato imprescindibile, soprattutto alla luce del trattato di Lisbona, che potenzia il ruolo del Parlamento europeo.

 

6.7. Norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti (A7-0106/2010, Miroslav Mikolášik) (votazione)
  

- Prima della votazione:

 
  
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  Miroslav Mikolášik, relatore. (SK) Oggi è un grande giorno per i cittadini e i pazienti europei. Grazie all’adozione della direttiva sulla donazione e il trapianto di organi umani, offriamo alle migliaia di persone in attesa di trapianto cure e un elevato tenore di vita, sia a casa sia sul posto di lavoro.

Desidero ringraziare tutti i gruppi politici che intendono sostenere la mia direttiva.

Onorevoli colleghi, non è in gioco la politica, ma la salute dei cittadini.

Vi ringrazio.

 

6.8. Calendario delle tornate del Parlamento europeo - 2011 (votazione)
  

- Sull’emendamento n. 4:

 
  
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  Ashley Fox (ECR).(EN) Signor Presidente, un richiamo al regolamento: può confermarmi che, votando a favore dell'emendamento n. 4, si ridurrà il numero di viaggi a Strasburgo ma si ottempererà comunque all’obbligo di tenere 12 sessioni, come prevede il trattato?

(Applausi)

 
  
 

- Sull’emendamento n. 2:

 
  
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  Klaus-Heiner Lehne (PPE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vedo dalla lista di voto che lei, signor Presidente, intende dichiarare l’emendamento n. 2 inammissibile. La invito a riconsiderare la sua posizione. E’ vero che l’articolo 229 del trattato stabilisce che si tenga una sessione del Parlamento europeo il secondo martedì di marzo, ma tale disposizione non contrasta con l’emendamento presentato dal mio gruppo.

L’emendamento del mio gruppo mira a spostare la sessione di Strasburgo dalla decima all’undicesima settimana, ma non impedisce di indire una plenaria il secondo martedì di marzo. Vogliamo che le nostre attività si trasferiscano a Strasburgo nell’undicesima settimana, ma non per questo il nostro emendamento è inammissibile. La esorto dunque a rivedere la sua posizione.

 
  
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  Presidente. – Mi ha letto nel pensiero, onorevole Lehne. Stavo per procedere esattamente come lei ha previsto.

- Sull’emendamento n. 4:

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI).(FR) Sarò molto breve, signor Presidente. Credo che, nonostante la sua formulazione ambigua, l’emendamento n. 4 avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile perché contravviene ai trattati e – cosa ancora più grave – all’interpretazione dei trattati indicata chiaramente dalla Corte di giustizia dell’Unione europea di Lussemburgo in una sentenza che prescrive il mantenimento dell’attuale numero di tornate su Strasburgo. Capisco che alcuni onorevoli colleghi potrebbero non essere d’accordo, ma, allo stato attuale del diritto, sia i trattati sia la sentenza non lasciano dubbi al riguardo.

 
  
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  Presidente. – Prima della votazione, mi preme informarvi che la Presidenza ritiene la norma lesiva del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e dichiara dunque l’emendamento n. 2 inammissibile.

L’articolo 229 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea dichiara infatti che il Parlamento "si riunisce di diritto il secondo martedì del mese di marzo". La Conferenza dei presidenti ha approvato una proposta di calendario per il 2011 che prevede una tornata dal 7 al 10 marzo, in ottemperanza all’articolo 229 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

L’emendamento n. 2 propone che questa tornata venga rimandata alla settimana successiva. Accogliendo l’emendamento, il Parlamento violerebbe l’articolo 229: di conseguenza, lo si dichiara inammissibile.

- Prima della votazione sull’emendamento n. 3:

 
  
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  Klaus-Heiner Lehne (PPE).(DE) Signor Presidente, sono spiacente ma la situazione non è così semplice. La sua citazione dell’articolo 229 è del tutto corretta, ma non è in conflitto con il nostro emendamento: l’articolo 229 si riferisce infatti a un giorno specifico, ossia il secondo martedì del mese di marzo, mentre il nostro emendamento riguarda l’intera settimana di Strasburgo, dunque quattro giorni. Nulla dovrebbe quindi impedire che la plenaria di Strasburgo venga rimandata dalla decima all’undicesima settimana e che si convochi una plenaria a Bruxelles per il secondo martedì di marzo. Come ha ricordato lei stesso, sono queste le condizioni del trattato.

 
  
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  Presidente. – Onorevole Lehne, l’emendamento solleva un interrogativo che potrebbe tranquillamente prestarsi a interpretazioni diverse. Il regolamento stabilisce che, in questi casi, è la Presidenza ad avere l’ultima parola sull’interpretazione da applicarsi. Per le ragioni che ho già spiegato, la Presidenza ha deciso di dichiarare inammissibile l’emendamento n. 2 in quanto lesivo dell’articolo 229 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Ovviamente qualunque altra interpretazione merita rispetto, ma la Presidenza, cui spetta l’ultima parola, ha deciso così.

 
  
  

- Prima della votazione:

 
  
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  Potito Salatto (PPE). - Signor Presidente, chiedo scusa, voglio approfittare di questa occasione per far presente alla Presidenza di intervenire perché i collegamenti aerei fra Strasburgo e le capitali europee siano diretti e non creino disagi a che deve prendere tre o quattro aerei per venire a Strasburgo. La prego di intervenire adeguatamente.

(Applausi)

 

6.9. Additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti (trombina di origine bovina e/o suina) (B7-0264/2010) (votazione)
  

- Prima della votazione:

 
  
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  Jo Leinen, a nome del gruppo S&D.(DE) Signor Presidente, non è necessario tergiversare su questa votazione, possiamo direttamente decidere. La commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare ha raccomandato alla plenaria di vietare la commistione di pezzi di carne separati e, dunque, l’uso della trombina come additivo.

La bistecca e il prosciutto devono restare tali. Sono certo che è questa la volontà degli elettori di tutti gli onorevoli deputati in quest’Assemblea. Vi esorto dunque a votare a favore della nostra modifica, volta a escludere l’uso della trombina come additivo nella normativa comunitaria in ambito alimentare.

 
  
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  Pilar Ayuso, a nome del gruppo PPE. (ES) Signor Presidente, la trombina è un additivo che può fungere da collante perché il suo utilizzo non pone problemi sul piano tecnologico o della sicurezza alimentare, ed è peraltro diffuso in taluni paesi,

La proposta di modifica dell’allegato ipotizza che la carne trattata con la trombina venga venduta preconfezionata ed etichettata per non indurre in errore il consumatore: è questo il principio alla base della risoluzione.

Ad ogni modo, desidero chiedere al Commissario se la Commissione europea si impegnerà a evitare che i prodotti contenenti trombina vengano classificati come imitazioni grazie a un’apposita etichettatura, soprattutto alla luce della proposta di regolamento sulle informazioni alimentari fornite al consumatore, attualmente sul piatto.

 
  
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  John Dalli, membro della Commissione.(EN) Signor Presidente, nel valutare l’autorizzazione della trombina come additivo alimentare, la Commissione ha collaborato con tutti gli Stati membri esaminando attentamente tutti e quattro i requisiti indicati dal regolamento sugli additivi alimentari. Mi riferisco alla sicurezza, alla sussistenza di una ragionevole necessità tecnologica, alle informazioni fornite e ai vantaggi e benefici per i consumatori.

A proposito della sicurezza e dell’igiene, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha valutato il prodotto, giungendo alla conclusione che questo additivo non pone problemi di sicurezza. Dal punto di vista igienico, non posso accettare l’idea secondo cui il rischio di contaminazione sarebbe più elevato per questi prodotti rispetto ad altri, come la carne macinata.

In secondo luogo, è stata accertata la ragionevole necessità tecnologica del prodotto: il preparato enzimatico funge infatti da stabilizzatore del prodotto finale, una funzione tecnologica che viene espressamente descritta nel regolamento relativo agli additivi alimentari adottato dal Parlamento.

Il terzo punto riguarda le informazioni fornite e soprattutto il forte timore, espresso nella relazione, che il prodotto possa indurre in errore i consumatori. Nella consapevolezza che tale rischio sussiste, la nostra proposta stabilisce criteri rigorosi, che peraltro si spingono ben oltre i consueti requisiti per gli additivi alimentari. In primo luogo, il prodotto potrà essere venduto solo preconfezionato ai consumatori finali e, secondariamente, dovrà recare un’etichetta addizionale in cui figuri la dicitura "tagli di carne combinati" in prossimità della denominazione commerciale. In questo modo, i consumatori saranno perfettamente informati sulla natura del prodotto. In terzo luogo, il nome dell’enzima e la relativa origine animale dovranno figurare nella lista degli ingredienti. Mi preme sottolineare che questi obblighi di etichettatura sono più severi di quelli applicati a prodotti cui sono stati aggiunti allo stesso scopo altri ingredienti, come le proteine del sangue e gli additivi ammessi, ma che non richiedono alcuna etichetta addizionale.

Ove richiesti, verranno esaminati obblighi di etichettatura più rigorosi. Il preparato enzimatico in discussione viene già utilizzato in diversi Stati membri come coadiuvante del trattamento senza alcun obbligo di etichettatura. La nostra proposta chiarisce la situazione e ha la funzione di costringere gli Stati membri ad attuare gli obblighi di etichettatura vigenti, così da informare meglio i consumatori. Questi ultimi, soprattutto i più bisognosi di assistenza, beneficieranno inoltre della disponibilità di prodotti a base di carne a prezzi più convenienti, grazie al miglior utilizzo dei pezzi di carne più pregiati in fase di lavorazione.

A mio parere, quest’additivo ci offre un esempio degli sviluppi del settore alimentare che andranno a tutto vantaggio dei consumatori. Non vedo ragione di vietarlo e mi auguro che apprezziate le argomentazioni, del tutto valide, che vi ho esposto a favore della sua approvazione. Ho preso un impegno al cospetto del Parlamento: non dirò i consumatori cosa mangiare, ma dirò loro cosa stanno mangiando. La mia posizione è coerente con questo impegno.

 

6.10. Piano di azione per la donazione e il trapianto di organi (2009-2015 (A7-0103/2010, Andres Perello Rodriguez) (votazione)

6.11. Aspetti istituzionali dell'adesione dell'Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (A7-0144/2010, Ramón Jáuregui Atondo) (votazione)

6.12. Conferenza di riesame dello Statuto di Roma sulla Corte penale internazionale a Kampala, Uganda (B7-0265/2010) (votazione)
  

- Prima della votazione sull’emendamento n. 3:

 
  
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  Richard Howitt (S&D).(EN) Signor Presidente, con l’emendamento n. 3 desidero semplicemente sostituire il termine "prende atto" con "accoglie con favore".

 
  
 

(Il Parlamento accoglie l’emendamento orale)

(Per gli emendamenti orali non presentati in Parlamento: vedasi processo verbale)

 

7. Dichiarazioni di voto
Video degli interventi
  

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  Bernd Posselt (PPE).(DE) Signor Presidente, ho grande considerazione di lei e della sua Presidenza, ma oggi devo avanzare una protesta. Ha dato la parola a diversi onorevoli colleghi, e per ben due volte agli onorevoli Lehne, Gollnisch e Fox. Anche io avevo avanzato un richiamo al regolamento in merito al calendario, un richiamo non da poco. Le chiedo di controllare la legittimità dell’emendamento n. 4: so che lo abbiamo respinto, ma è una questione di principio. Il trattato non fa riferimento a dodici plenarie l’anno, bensì a dodici plenarie mensili l’anno. L’emendamento presentato dall’onorevole Fox tentava di concentrare le plenarie di agosto e settembre in un’unica settimana, ma lo scopo non è convocare una prima e una seconda plenaria a settembre, ma una plenaria di agosto e un’altra di settembre. Mi preme precisare che si trattava di un’iniziativa illegittima.

 
  
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  Presidente. – Il punto è, onorevole Posselt, che la questione è stata già oggetto di votazione e non può essere riaperta. Può tuttavia star certo che tutti gli emendamenti inseriti nel calendario sono stati sottoposti all’attento esame della Presidenza.

 
  
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  Carl Schlyter (Verts/ALE).(EN) Signor Presidente, il Commissario ha riferito in merito all’utilizzo della trombina appena prima della votazione. Mi chiedo se lei potrebbe invitarlo a fornirci i dati statistici a sostegno delle sue dichiarazioni, secondo cui i consumatori avrebbero maggiori benefici economici se i pezzi di carne più convenienti fossero rimpiazzati e utilizzati per i prodotti sostitutivi del manzo, anziché adoperarli oggi per le salsicce e altri prodotti.

Vorrei che ci presentasse le prove statistiche che dimostrano i benefici economici per i consumatori, visto che finora le indicazioni sono state contrarie. Il Commissario ha anche fatto il paragone con la carne macinata, ma sappiamo che le norme igienico-sanitarie applicate a quel prodotto differiscono dagli standard per i preparati a base di carne. Mi permetto dunque di dubitare di entrambe le dichiarazioni del Commissario, che, qualora abbia fornito informazioni errate al Parlamento appena prima della votazione, avrebbe commesso una grave irregolarità.

 
  
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  Presidente. – Adesso non stiamo discutendo quel punto, onorevole Schlyter, ma le dichiarazioni di voto relative al bilancio rettificativo.

 
  
  

Dichiarazioni di voto orali

 
  
  

Relazione Maňka (A7-0158/2010)

 
  
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  Hynek Fajmon (ECR). (CS) Ho votato contro la relazione dell’onorevole Maňka, che espone il bilancio comunitario per questo esercizio. A fronte della crisi economica, che impone una riduzione della spesa pubblica, non posso convenire se il Parlamento europeo intraprende la direzione diametralmente opposta aumentando nettamente le proprie uscite.

Non condivido la decisione di assumere altri 150 dipendenti nell’organico del Parlamento né di assegnare agli europarlamentari nuove risorse per gli assistenti, oltre a quelle che già riceviamo. La relazione Maňka propone di concedere agli onorevole deputati 1 500 euro in più al mese durante il presente esercizio, in aggiunta ai 1 500 che assegna loro la relazione Trüpel, approvata ieri.

I costi per i contribuenti ammontano a ulteriori 13,4 milioni di euro l’anno. Gli eurodeputati sono già bersaglio di critiche pubbliche per le ingenti somme che ricevono. Un altro aumento susciterebbe l’ira, peraltro giustificata, dell’opinione pubblica europea. Per queste ragioni, non ho appoggiato la proposta.

 
  
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  Bogusław Liberadzki (S&D).(PL) A differenza dell’oratore che mi ha preceduto, ho appoggiato il bilancio rettificativo. La modifica proposta non riguarda soltanto la contabilità, ma ha una sua ragion d’essere. Perché? Le ragioni sono da rintracciarsi nel nuovo ruolo attribuito al Parlamento, un’istituzione cui sono stati assegnati poteri legislativi. Gli elettori si aspettano che noi europarlamentari ci dimostriamo capaci di riesaminare le proposte presentate dalla Commissione e dal Consiglio. Non dimentichiamo che ciascun Commissario dispone di un’équipe composta da centinaia di collaboratori, mentre noi abbiamo soltanto uno o due assistenti. E’ dunque evidente che, in questo caso, il punto non è risparmiare, ma soddisfare una nuova funzione e un nuovo ruolo. Vorrei infine ringraziare il relatore, onorevole Maňka, per l’eccellente lavoro svolto.

 
  
  

Relazione Mikolášik (A7-0106/2010)

 
  
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  Kristian Vigenin (S&D).(BG) Signor Presidente, premetto che ho sostenuto le relazioni riguardanti il piano d’azione per il trapianto di organi e la relazione sulla qualità e la sicurezza degli organi. Devo però precisare che, in questo ambito, sussistono profonde differenze tra gli Stati membri. Mi auguro dunque che il piano d’azione e la relazione sulla qualità e la sicurezza aiutino gli Stati membri a uniformare i criteri adottati e diventino uno standard di riferimento per il futuro.

Questo mio auspicio si deve al fatto che nel mio paese, la Bulgaria, il numero di donatori è trentacinque volte inferiore alla Spagna. I problemi riscontrati investono l’intero settore, dalle informazioni fornite ai cittadini fino al trapianto vero e proprio e alle cure post-operatorie. Non esiste una rete di strutture per i donatori; i macchinari disponibili sono insufficienti e manca una banca dati dei donatori affidabile. La Bulgaria non è membro della zona Eurotransplant né può fornire cure post-trapianto, mentre gli ospedali in cui si eseguono trapianti non sono dotati di ambulatori dedicati.

Per tutte queste ragioni, mi auguro che la presente relazione e le decisioni del Parlamento imprimano nuovo slancio e che la direttiva venga attuata quanto prima.

 
  
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  Siiri Oviir (ALDE).(ET) Signor Presidente, anche io ho votato a favore della relazione, che stabilisce criteri uniformi e vincolanti per la qualità e gli standard degli organi destinati ai trapianti in tutti gli Stati membri, garantendo così la tutela dei donatori e dei riceventi e promuovendo, nel contempo, la cooperazione tra gli Stati membri. Grazie a questa relazione, offriamo una qualità della vita più elevata a quelle persone (oltre 56 000 cittadini residenti nell’Unione europea) che sono in attesa di un trapianto di organi.

 
  
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  Radvilė Morkūnaitė-Mikulėnienė (PPE).(LT) Anche io ho votato a favore di quest’importante documento sulle norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti. Giudico eccellente l’idea di creare e gestire un sistema di trapianto degli organi comunitario che sia trasparente e corretto e garantisca condizioni di qualità e sicurezza nell’intera Unione. E’ uno degli obiettivi principali: 56 000 cittadini sono in attesa di un donatore, senza trascurare che la penuria di organi destinati ai trapianti genera anche altri problemi, come lo sviluppo delle attività criminali. Ritengo dunque che questo documento contribuirà a creare un sistema adeguato, che assicuri procedure di trapianto sicure e affidabili.

 
  
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  Martin Kastler (PPE).(DE) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione e desidero congratularmi con l’onorevole Mikolášik per l’eccellente relazione che ha stilato. Credo che questo sia un giorno importante, perché abbiamo garantito ai donatori e ai riceventi di organi norme coerenti e condizioni di maggiore sicurezza. Mi auguro che questa iniziativa contribuirà anche a semplificare la cooperazione tra paesi e accolgo dunque con favore l’approvazione della relazione ad ampia maggioranza.

 
  
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  Richard Howitt (S&D).(EN) Signor Presidente, accolgo con grande favore la presente relazione e l’introduzione di nuove norme comunitarie per la donazione di organi. Se un cittadino muore in un altro paese dell’Unione, perché i suoi organi non dovrebbero salvare altre vite? Se un cittadino ha bisogno di una combinazione rara proveniente da un altro paese europeo, è senza dubbio saggio attuare queste norme.

Anche se il punto non è stato sollevato durante la discussione, desidero mettere a verbale anche il mio personale sostegno all’adozione di un sistema di "opt-in" anziché di "opt-out" per la donazione di organi: l’ottanta per cento dei cittadini europei afferma di sostenere la donazione di organi, ma solo il dodici per cento ha il tesserino di donatore. Bisogna stringere la forbice.

Lo scorso anno, nella mia circoscrizione regionale, l’Est dell’Inghilterra, venticinque persone sono morte perché, sebbene fossero in lista d’attesa, non è stato possibile trovare un donatore in tempo. Gli ospedali di Addenbrooke e Papworth, nella mia circoscrizione, vantano un’esperienza di livello europeo e internazionale nei trapianti di cuore e polmoni. Lasciamo che i nostri chirurghi facciano il proprio lavoro e i nostri pazienti vengano curati: è il dono della vita.

 
  
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  Karin Kadenbach (S&D).(DE) Signor Presidente, non posso che convenire con l'oratore che mi ha preceduta. Ringrazio inoltre l’Assemblea per aver adottato questa relazione oggi ad ampia maggioranza. Di fronte al dato dei 56 000 europei in attesa di un organo compatibile, che garantisca loro una qualità della vita elevata o dignitosa, o anche semplicemente la sopravvivenza, diventa chiaro che occorre armonizzare e migliorare le norme urgentemente e consentire ai riceventi di ottenere un organo da qualunque parte d’Europa.

 
  
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  Janusz Władysław Zemke (S&D).(PL) Anche io sono favorevole all’adozione di questo documento, che rappresenta senza dubbio un passo nella giusta direzione. Pur condividendo sia questi principi sia la necessità di occuparsi della qualità dei donatori e degli organi, desidero però precisare che questo è soltanto il primo passo nella giusta direzione: se vogliamo ottenere un netto aumento delle donazioni di organi, l’Unione deve potenziare significativamente la propria campagna e adottare misure preventive e informative. Se non seguirà la promozione delle donazioni, temo che ci areneremo semplicemente a metà strada.

 
  
  

Calendario delle tornate del Parlamento europeo – 2011

 
  
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  Seán Kelly (PPE).(EN) Signor Presidente, desidero innanzi tutto congratularmi con lei per l’abilità con cui ha gestito questo spinoso argomento oggi, per la cortesia con cui ha esposto l’interpretazione della Presidenza e per la coerenza dimostrata. Se non si fosse comportato così, probabilmente ne staremmo ancora discutendo. Non sto dicendo che concordo con lei, ma, non essendo sufficientemente preparato da esprimere un parere, mi fido ciecamente del suo.

In secondo luogo, credo che l’onorevole Salatto abbia formulato una giusta osservazione: ci occorre davvero una rete stradale più rapida e accessibile da e verso Strasburgo, a beneficio degli eurodeputati e non solo. Vorrei inoltre complimentarmi con i questori, ivi compreso il mio connazionale, l’onorevole Higgins, e quanti si stanno adoperando affinché l’aeroporto di Francoforte Hahn venga equiparato a quelli di Francoforte e Strasburgo sul piano dei trasporti.

Da ultimo, vorrei aggiungere che sarebbe utile uniformare i costi per la sistemazione a Strasburgo nelle settimane di attività parlamentare e negli altri periodi. Si contribuirebbe così ad accrescere l’attrattiva di Strasburgo, che è una bella città. Capisco i motivi per cui siamo qua e, una volta giunti a destinazione, ne siamo soddisfatti.

 
  
  

Relazione Mikolášik (A7-0106/2010)

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE).(EN) Signor Presidente, ho votato a favore della risoluzione sul trapianto di organi umani. Ogni giorno, numerosi pazienti muoiono per l’insufficienza di un organo e la penuria di donatori. L’Unione europea può aiutare i pazienti che attendono il trapianto in tutta Europa e, di conseguenza, salvare vite umane. A tal fine, ci occorre un sistema di donazione e trapianto di organi perfettamente coordinato.

Desidero ribadire un punto fondamentale, di natura politica: l’opposizione tra donazione volontaria e remunerata per le parti del corpo umano. Le relazioni pubblicate dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e dal Consiglio d’Europa rivelano che, in diversi paesi del mondo, chi sia disposto a donare un organo riceve somme ingenti; risulta addirittura che alcune persone vengano uccise appositamente per prelevarne gli organi, come dimostra l’esempio dei seguaci del Falun Gong in Cina.

Siamo inoltre a conoscenza di casi in cui il donatore è soggetto a un elevato rischio medico e il trapianto viene spesso eseguito in pessime condizioni igienico-sanitarie. In conclusione, vorrei dunque ringraziare i fautori della risoluzione adottata oggi e, in particolare, il relatore, onorevole Mikolášik.

 
  
  

Proposta di risoluzione sugli additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti (trombina di origine bovina e/o suina) (B7-0264/2010)

 
  
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  Anna Maria Corazza Bildt (PPE).(SV) Signor Presidente, io e gli altri conservatori svedesi abbiamo votato contro la proposta di divieto della trombina. La proposta della Commissione chiede un sistema di etichettatura chiaro per la carne ricostituita in questo modo, e dichiara altresì il divieto di utilizzarla nei ristoranti e in tutti gli esercizi di gastronomia di grandi dimensioni, data la difficoltà, in questi ambienti, di fornire al cliente informazioni chiare.

Il dibattito sui cosiddetti collanti per carne deve essere ridimensionato. Tutti i tipi di carne per loro natura contengono trombina: per evitarla sarebbe necessario astenersi completamente dal consumo di carne. Secondo quanto affermato dagli esperti della Commissione, la trombina non rappresenta un rischio per la salute, e tale affermazione è scientificamente provata.

Quel che più conta è che i prodotti alimentari siano sicuri e che il consumatore non sia indotto in errore. E’ necessario che le confezioni rechino informazioni precise concernenti la trombina e che il sistema di etichettatura sia chiaro.

Perché vietare la trombina? Farlo significherebbe aprire il vaso di Pandora. Spetta forse ai politici il compito di gestire le nostre scelte alimentari? Con quali conseguenze? Non c’è motivo, in questo caso, di limitare la libertà del consumatore e il suo diritto di scelta.

Di fronte a politiche allarmiste rivolte contro prodotti alimentari che non sono né pericolosi né nocivi, io dico “basta!”. Non si ricorra al divieto – si inaspriscano piuttosto le norme di etichettatura.

 
  
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  Renate Sommer (PPE).(DE) Signor Presidente, adottare oggi la risoluzione che vieta l’uso della trombina per i prodotti alimentari significherebbe arrendersi semplicemente all’opinione pubblica. E’ populismo puro. Non adempiremmo ai nostri compiti se non ci basassimo sempre sulle prove scientifiche. E quali sono dette prove? Che cos’è la trombina? La trombina è un enzima naturale. E’ una componente del sangue e dunque anche della carne. Noi tutti abbiamo grandi quantità di trombina nei nostri organismi. Se ne verrà vietato l’utilizzo come additivo alimentare, che cosa faremo di noi stessi? Potremo continuare a vivere indisturbati o dovremo essere gradualmente smaltiti come rifiuti pericolosi?

Naturalmente non dobbiamo permettere che il consumatore venga indotto in errore da prodotti che hanno l’aspetto e sono concepiti per avere l’aspetto di altri prodotti. Possiamo evitare che accada utilizzando un sistema di etichettatura in linea con il nuovo regolamento sull’etichettatura dei prodotti alimentari, che voteremo in prima lettura a giugno. Vi sono regole che vietano di ricorrere alla pubblicità ingannevole, e altre che prevedono etichette addizionali per i prodotti alimentari speciali. La Commissione ha proposto un sistema identico per etichettare quei prodotti in cui la trombina viene utilizzata come collante. Vorrei sottolineare il fatto che molti enzimi simili alla trombina non sono stati vietati e sono tuttora in circolazione.

 
  
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  Anja Weisgerber (PPE).(DE) Signor Presidente, ritengo che la tutela del consumatore sia di prioritaria importanza, e per questo non accetto alcuna misura che possa in qualsiasi modo indurre in errore il consumatore. E’ il motivo per cui, ad esempio, mi sto battendo, nell’ambito del regolamento sull’etichettatura dei prodotti alimentari, per ottenere un sistema di etichettatura migliore per le imitazioni dei prodotti alimentari. Mi appello al Consiglio affinché segua questo approccio, sostenuto anche dalla Commissione.

Oggi abbiamo votato sul collante per carne. La carne ricostituita è un insieme di tagli diversi incollati insieme e venduti come prodotto di alta qualità. Credo che tutto questo non dovrebbe accadere, in particolare se all’insaputa del consumatore. Non è stato facile per me oggi prendere questa decisione. La Commissione ha proposto norme di etichettatura molto dettagliate, ma i consumatori possono ancora essere indotti in errore, dal momento che è difficile dimostrare la presenza di trombina nei prodotti alimentari. Di conseguenza questo enzima potrebbe essere impiegato in un prodotto senza che l’etichetta ne rechi l’indicazione. Credo quindi che, in questo caso, non siano sufficiente introdurre un obbligo di etichettatura. Ho votato dunque a favore della risoluzione e del divieto della trombina.

 
  
  

Relazione Atondo (A7-0144/2010)

 
  
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  Krisztina Morvai (NI). (HU) Negli ultimi otto anni in Ungheria la dittatura post-comunista ha sistematicamente calpestato i diritti dei cittadini ungheresi. Ha disperso illegalmente, tra le altre cose, pressoché ogni singola dimostrazione pubblica. Grazie all’intervento di circa 100 eccellenti procuratori e avvocati del Servizio nazionale di patrocinio legale, nella maggior parte dei casi si è già riusciti ad adire le vie legali nazionali; tuttavia in altri casi, come ad esempio il celebre caso Bukta, è stato necessario adire la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a Strasburgo.

L’Unione europea sta cercando di demolire il sistema Strasburgo, perfettamente funzionante, adducendo come pretesto l’adesione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Mi appello a ogni singola organizzazione che difende i diritti dell’uomo, in Ungheria come in Europa, affinché si esamini attentamente questo processo e si lanci una protesta contro interventi come la relazione Atondo, adottata in data odierna, che mirano a demolire il sistema europeo di tutela dei diritti dell’uomo. L’Ungheria ha la responsabilità storica di evitare che durante la Presidenza ungherese si dia impulso a questo pericoloso processo e di impedire, anzi, che possa avere luogo.

 
  
  

Proposta di risoluzione sugli additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti (trombina di origine bovina e/o suina) (B7-0264/2010)

 
  
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  Radvilė Morkūnaitė-Mikulėnienė (PPE).(LT) L’argomento in discussione è piuttosto delicato e ha scatenato numerose reazioni all’interno del Parlamento Europeo e, naturalmente, nella società intera. Rimango convinto che il divieto di determinati prodotti o additivi non costituisca una soluzione e forse dovremmo tutti convenire che spetta al consumatore scegliere che cosa vuole acquistare e consumare, una volta ottenute tutte le informazioni necessarie. D’altro canto controllare l’intero processo sarebbe difficoltoso. In quest’epoca di consapevolezza dell’opinione pubblica, in cui vi è libero accesso a una grande quantità di informazioni, mancano ancora formule chiare e univoche, giudicate accettabili da parte dei cittadini, che permettano loro di ottenere informazioni adeguate e comprendere la composizione del prodotto al momento dell’acquisto. Credo quindi che sia necessario continuare a consultare i cittadini, il mondo dell’istruzione e forse la comunità scientifica.

 
  
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  Martin Kastler (PPE).(DE) Signor Presidente, i cittadini europei hanno ragione. Apprezzano la schiettezza, sia nel cibo che nei politici.

Io rispetto questo tipo di opinione pubblica. Non possiamo semplicemente ignorarla, né possiamo respingerla, definendola populista, perché non lo è. Dobbiamo ascoltare attentamente le indicazioni dei nostri cittadini. Se elettori e cittadini sono convinti che la carne debba essere genuina, e non un insieme di resti incollati insieme, allora sarà nostro dovere garantire che la carne non possa essere ricostituita. Per questo ho votato contro l’impiego della trombina come collante per gli alimenti.

 
  
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  Karin Kadenbach (S&D).(DE) Signor Presidente, ho votato anch’io a favore della risoluzione che vieta l’uso della trombina come additivo per i prodotti alimentari, poiché non ho trovato convincenti le argomentazioni del Commissario. Non vogliamo carne ricostituita in Europa. Sebbene la trombina sia un enzima che non costituisce un rischio per la salute, nel momento in cui la si utilizza per incollare resti di carne fino a ricostituire un grande pezzo di carne compressa, il rischio di infezioni batteriche aumenta sicuramente in modo significativo. La decisione di oggi, inoltre, è un chiaro intervento a favore del consumatore in Europa, e a discapito degli interessi puramente finanziari dell’industria. Se un consumatore desidera una bistecca, dovrà avere una bistecca e non della carne ricostituita. Ciò significa che dobbiamo appellarci alla Commissione affinché non autorizzi l’impiego della trombina.

 
  
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  Peter Jahr (PPE).(DE) Signor Presidente, la discussione odierna sulla cosiddetta carne incollata dimostra che vi sono produttori che agiscono in modo disonesto nei confronti del consumatore. Auspico un sistema di etichettatura tale da indurre i consumatori in errore. Se questo enzima è presente, i consumatori devono poterlo sapere: è questo il fondamento di un’equa ed efficace tutela del consumatore. E’ nostro compito garantire che il consumatore consapevole disponga di informazioni sufficienti per prendere decisioni nel proprio interesse.

Un’ultima osservazione sulla carne incollata. Non ha ancora avuto luogo un confronto con i consumatori per capire se siano favorevoli o meno. Tuttavia è di fondamentale importanza che i consumatori sappiano almeno che cosa mangiano.

 
  
  

Relazione Perello Rodriguez (A7-0103/2010)

 
  
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  Siiri Oviir (ALDE).(ET) Sono favorevole a questo piano d’azione, cui va il mio voto positivo. Stiamo compiendo un passo avanti nella direzione giusta e dobbiamo lavorare in sintonia per risolvere questo problema. I provvedimenti su scala europea amplificheranno le misure adottate dagli Stati membri, volte a garantire la qualità e la sicurezza delle donazioni d’organi e dei trapianti, fare fronte alle difficoltà connesse alla penuria di organi disponibili e rendere così più efficace il sistema dei trapianti. Il piano d’azione da noi approvato consentirà agli Stati membri di ricorrere alle dieci misure prioritarie che abbiamo definito quale mezzo per coordinare meglio i rispettivi programmi nazionali. Nel limite del mandato conferitoci, è nostro dovere contribuire a un elevato grado di protezione in ambito sanitario ovunque nell’Unione europea.

 
  
  

Relazione Atondo (A7-0144/2010)

 
  
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  Clemente Mastella (PPE). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'adesione alla convenzione europea costituisce senza dubbio un progresso nel processo di integrazione politica dell'Unione, il cui sistema di protezione dei diritti fondamentali risulta completato e rafforzato dall'integrazione della carta dei diritti fondamentali nel suo diritto primario.

Consideriamo di enorme valore e rilievo politico il diritto riconosciuto al Parlamento europeo di designare e di inviare un certo numero di rappresentanti all'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa in occasione dell'elezione dei giudici alla Corte europea dei diritti dell'uomo. Ricordiamo che la promozione del rispetto dei diritti umani rappresenta un valore fondamentale dell'Unione europea, già radicato in un suo trattato costitutivo.

Vorrei poi sottolineare l'importanza della convenzione e della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo per l'elaborazione di un quadro giuridico e normativo nuovo, con l'indicazione di principi guida nel settore delle libertà civili, della giustizia e degli affari interni, soprattutto alla luce delle nuove forme di integrazione e armonizzazione avviate con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona e l'adozione del programma di Stoccolma.

Inoltre fornirà uno strumento giuridico aggiuntivo, ovvero la possibilità di presentare una denuncia dinnanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo in relazione ad un'azione o ad una mancata azione di un'istituzione dell'Unione europea o di uno Stato membro nel quadro dell'attuazione del diritto dell'Unione.

Non è trascurabile, infine, la previsione dell'articolo 1 della convenzione europea, in base alla quale si garantirà non soltanto la protezione dei cittadini dell'Unione europea e delle altre persone all'interno del territorio dell'Unione, ma anche di tutti coloro che rientrano nella sua giurisdizione, anche se al di fuori del suo territorio.

 
  
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  Alfredo Antoniozzi (PPE). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono favorevole all'adesione dell'Unione europea alla convenzione europea dei diritti dell'uomo perché, come ben sintetizzato dalla relazione Atondo, ciò rappresenta un progresso nel processo di integrazione europea, che implica un passo avanti verso l'unione politica, un segnale forte della coerenza tra l'Unione e i paesi appartenenti al Consiglio d'Europa e al suo regime in materia di diritti dell'uomo, che rafforzerà la credibilità dell'Unione presso i paesi terzi, e infine una chiara volontà di armonizzare a livello legislativo e giurisprudenziale il tema dei diritti e delle libertà fondamentali.

Grazie al trattato di Lisbona l'Unione europea è per la prima volta un soggetto giuridico internazionale dotato di una propria personalità giuridica. Mi auguro che la firma della convenzione sia solo uno dei primi passi per l'affermazione dell'Unione europea come soggetto unico a livello di grandi negoziati internazionali.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI).(FR) Signor Presidente, nutro alcune riserve su questo tema rispetto ai colleghi che mi hanno appena preceduto.

L’idea di sottoporre il diritto europeo alla giurisdizione della Corte europea dei diritti dell’uomo può apparire a prima vista una soluzione allettante. Ma mi turba, da un certo punto di vista, che il diritto nazionale possa essere in qualche modo censurato da tale Corte. Il diritto europeo, così come viene applicato dalle giurisdizioni nazionali, trascende il diritto nazionale; almeno così avviene nel mio paese, la Francia, dove esso ha precedenza sulle leggi interne francesi in virtù dell’articolo 55 della costituzione.

E’ opportuno interrogarsi sulla validità di questa procedura che potrebbe provocare una sorta di sovrapposizione. Sono infatti rari i casi in cui il diritto europeo è direttamente applicabile all’interno degli Stati membri; in genere viene trascritto in norme di diritto nazionale in sintonia con il principio di trasposizione del diritto derivato.

Peraltro la Corte di giustizia delle Comunità europee di Lussemburgo si è dimostrata sempre attenta al rispetto dei diritti fondamentali. Anch’essa ha assimilato questo diritto nella forma in cui è sancito dalla Carta dei diritti fondamentali. Temo che si potrebbe causare un prolungamento considerevole dei procedimenti, in particolare se viene istituito un meccanismo per le questioni pregiudiziali, come richiesto da alcuni. Da parte nostra, avremmo preferito che fosse operata una distinzione tra l’adesione alle norme e la partecipazione al meccanismo di ricorso.

 
  
  

Risoluzione: Conferenza di revisione sullo Statuto di Roma della Corte penale internazionale a Kampala, Uganda (B7-0265/2010)

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI).(FR) Signor Presidente, dinanzi agli eventi tragici che segnano la Tailandia aumenta la convinzione della necessità di portare in giudizio i crimini gravi perpetrati contro le popolazioni civili.

Purtroppo i precedenti sono meno incoraggianti di come li hanno dipinti alcuni colleghi nella discussione di ieri. In occasione del primo tribunale penale internazionale, coloro che avevano deciso di bruciare con il napalm la popolazione civile di Dresda senza alcuna finalità militare, autorizzato il lancio della bomba atomica contro le popolazioni civili di Hiroshima e Nagasaki, giustiziato con una pallottola nella nuca gli ufficiali polacchi prigionieri figuravano tra i giudici anziché sedere al banco degli imputati. Il bilancio dell’ex Tribunale penale internazionale per la ex-Iugoslavia è parimenti insoddisfacente, in particolare con riferimento a Milosevic e Šešelj.

Per quanto concerne il fondo di garanzia cui dovrebbero contribuire gli Stati membri, significa forse che l’Europa risarcirà le vittime di genocidi che si sono verificati in ambito extraeuropeo? Le persone aventi diritto sarebbero centinaia di migliaia, per non dire milioni. Temo che stiamo mettendo mano a un ingranaggio assai complesso. La citazione in giudizio dei vinti – nonostante le assicurazioni di segno contrario che sono state loro fatte in alcuni casi – ai fini della definizione di un accordo di pace potrebbe causare un prolungamento indefinito dei conflitti. Questi sono i motivi della riserva che abbiamo espresso su questa relazione.

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE).(LT) Ho votato a favore della risoluzione sulla Conferenza di revisione dello Statuto di Roma sulla Corte penale internazionale che sarà inaugurata all’inizio del mese a Kampala, in Uganda.

Nel 1998, 138 paesi convennero di istituire la Corte penale internazionale e fu approvato lo Statuto di Roma, in base al quale il tribunale ha operato per 7 anni dal 2003. E’ giunto il momento di rivedere questo Statuto e in particolare la cosiddetta “disposizione transitoria” su cui non è stato possibile addivenire a un consenso nel 2002. Tutti gli Stati membri UE hanno ratificato lo Statuto ma alcuni nostri partner, tra cui Stati Uniti, Russia e Cina, non aderito al lavoro della Corte penale internazionale. Con la risoluzione odierna il Parlamento europeo sollecita nuovamente questi paesi a ratificare lo Statuto di Roma e a collaborare con la Corte penale internazionale. Nel nuovo millennio chi si macchia di crimini come il genocidio, i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra non può cavarsela con una condanna morale da parte della comunità internazionale ma dovrà fare i conti con sanzioni legali. Non possiamo tollerare l’impunità per simili crimini.

 
  
  

ENDichiarazioni di voto scritte

 
  
  

Richiesta di consultazione del Comitato economico e sociale europeo (articolo 124 del regolamento) – Richiesta di consultazione del Comitato delle regioni – Iniziativa dei cittadini (articolo 125 del regolamento)

 
  
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  Carlos Coelho (PPE), per iscritto. (PT) Oltre a rendere più celere il sistema decisionale, il trattato di Lisbona contribuisce a ridurre il deficit democratico, rafforza il ruolo dei parlamenti nazionali e di quello europeo, ribadisce il concetto di cittadinanza europea. Particolarmente importante in questo ambito è l’introduzione della petizione legislativa, ovvero del diritto a una “iniziativa dei cittadini”, come è stata definita. Questo nuovo dispositivo consente a gruppi di almeno un milione di cittadini provenienti da un numero rappresentativo di Stati membri di richiedere un’iniziativa legislativa da parte della Commissione negli ambiti di competenza dell’Unione.

Il trattato di Lisbona ribadisce altresì l’importanza delle consultazioni e del dialogo con altre istituzioni e organismi, con la società civile e le parti sociali. Credo che l’Europa debba essere un’Europa dei cittadini e pertanto occorre renderla più democratica e trasparente. In ragione di quanto illustrato convengo sulla necessità di ottenere un parere dal Comitato economico e sociale e dal Comitato delle regioni.

 
  
  

- Raccomandazione per la seconda lettura: Claude Moraes (A7-0117/2010)

 
  
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  Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, sembrerà di ripetermi rispetto a quanto espresso ieri per la relazione del collega Tavares, ma il problema dei rifugiati è un problema europeo e non può essere lasciato alla gestione degli Stati nazionali, in considerazione anche delle differenze geografiche ed economiche.

Vedo pertanto con favore, la creazione a livello dell'Unione europea di un Fondo. La creazione di tale Fondo deve avere una doppia valenza, sia a sostegno dei rifugiati che arrivano nei nostri paesi, spesso sulle nostre coste, in cerca di aiuto, sia a sostegno di quegli Stati, che data la loro posizione geografica, risultano essere i maggiori riceventi di questi disperati.

Il problema infatti, è e deve essere un problema europeo e non può essere lasciato alla gestione di alcuni Stati. Mi auguro che il Fondo sia soltanto l'inizio di un cammino volto ad approcciare l'intera questione in un'ottica più europea e di solidarietà.

 
  
  

- Raccomandazione per la seconda lettura: Anni Podimata (A7-0128/2010)

 
  
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  Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. (RO) La proposta di una direttiva concernente l’indicazione del consumo di energia e di altre risorse mediante l’etichettatura e informazioni uniformi relative ai prodotti fa parte del pacchetto sull’efficienza energetica presentato dalla Commissione nel novembre 2008, in cui rientrano anche altre due proposte sul rendimento energetico degli edifici e sull’etichettatura degli pneumatici in relazione al consumo di carburante. Abbiamo espresso un voto favorevole perché siamo riusciti a ottenere un sistema di etichettatura migliore grazie a un accordo siglato tra Parlamento, Consiglio e Commissione.

Le etichette recheranno maggiori informazioni sul consumo energetico degli elettrodomestici e dei prodotti ad alimentazione. In futuro questo sistema di etichettatura sarà esteso per la prima volta anche ai prodotti che consumano energia con destinazione industriale e commerciale. Inoltre qualsiasi pubblicità futura in cui sarà indicato il prezzo o l’efficienza energetica di determinate categorie di prodotti dovrà indicare la classe energetica di appartenenza.

Informazioni precise, pertinenti e raffrontabili sui consumi energetici dei prodotti consentiranno ai consumatori di operare scelte corrette ed efficaci che limiteranno il loro consumo energetico e la spesa domestica.

 
  
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  John Attard-Montalto (S&D), per iscritto. (EN) Il governo maltese è contrario alla raccomandazione per la seconda lettura relativa all’indicazione del consumo di energia e di altre risorse mediante l’etichettatura e informazioni uniformi relative ai prodotti.

Il governo nazionalista è contrario a quanto affermato nelle motivazioni della relazione e in particolare non concorda con la seguente frase: “In tale lista delle priorità si debbono inserire anche i prodotti da costruzione che hanno un notevole impatto sul consumo energetico”. E’ inconcepibile che il governo osteggi la raccomandazione per questo motivo. Avrebbe potuto approvare la raccomandazione formulando semplicemente una riserva sui prodotti da costruzione che hanno un notevole impatto sul consumo energetico.

E’ inutile che il governo faccia mostra di voler sostenere l’efficienza energetica e il risparmio energetico che si potrebbe conseguire tramite l’etichettatura di alcuni prodotti, considerato che in realtà gli edifici sono responsabili per il 40 per cento del consumo complessivo di energia nell’Unione europea.

 
  
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  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Ho espresso un voto favorevole su questa importante relazione. La direttiva sull’etichettatura energetica svolge un ruolo cruciale nel conseguimento dell’obiettivo UE di ridurre del 20 per cento il consumo energetico entro il 2020. Essa si colloca nel contesto più ampio della lotta ai cambiamenti climatici, della transizione dell’UE verso un’economia efficiente, sostenibile e competitiva, oltre a rafforzare la sicurezza energetica del continente. Vogliamo spianare la strada a una situazione vantaggiosa sia per il mercato che per i consumatori, garantendo che tutti i consumatori possano accedere a informazioni adeguate nella piena consapevolezza degli effetti che le loro scelte comportano. In questo quadro, l’accordo raggiunto sulla direttiva in parola conferisce un importante valore aggiunto. Sostengo la posizione assunta dal Parlamento europeo, favorevole al mantenimento del sistema di classificazione con scala A-G che, secondo uno studio, è il più comodo e di immediata comprensione per i consumatori. E’ previsto altresì l’obbligo di menzionare l’etichetta energetica nelle pubblicità relative a questi prodotti che fanno riferimento al prezzo o al consumo energetico.

 
  
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  Jan Březina (PPE), per iscritto. (CS) Mi compiaccio che la nuova legislazione in materia di efficienza energetica dei prodotti sia stata finalmente approvata dopo un estenuante tiro alla fune tra il Parlamento europeo e il Consiglio, cui ho avuto l’onore di partecipare in qualità di relatore ombra del gruppo del Partito popolare europeo. Un vantaggio è rappresentato dall’espansione della classe A che consente di districarsi tra la schiera in continuo aumento di apparecchi a risparmio energetico e incoraggia i produttori a ideare dispositivi con consumi sempre inferiori. E’ parimenti importante che non sia stato incrementato il numero di classi nella scala dei consumi energetici per i singoli prodotti, poiché questo avrebbe compromesso in parte la chiarezza del sistema di classificazione. La suddivisione in sette classi consente ai consumatori di decidere con cognizione di causa l’acquisto dei prodotti che il mercato offre, operando scelte che contribuiscono a ridurre i loro costi per l’energia. Per quanto concerne le novità, in particolare l’obbligo di indicare la classe energetica dei prodotti nel materiale pubblicitario, mi pare corretto che tale obbligo sia stato limitato agli annunci pubblicitari che forniscono informazioni in merito al prezzo o al consumo energetico del prodotto. Per fortuna è prevalsa l’idea che la pubblicità deve essere regolamentata solo nei casi di effettiva necessità e solo entro i limiti indispensabili.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della raccomandazione perché aiuta effettivamente i consumatori europei a scegliere i prodotti a consumo energetico ridotto o che comportano anche indirettamente un consumo minore di energia. Con la presente raccomandazione, il Parlamento europeo fornisce un apporto concreto verso la realizzazione dell’obiettivo comunitario di un miglioramento dell’efficienza energetica del 20 per cento entro il 2020. Si tratta di un testo equilibrato che spiana la strada a una situazione vantaggiosa sia per il mercato che per i consumatori.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Questa iniziativa, alla pari di quella che abbiamo votato ieri sull’efficienza energetica degli edifici, fa parte del pacchetto legislativo sull’efficienza energetica che ci è stato presentato dalla Commissione nel novembre 2008. L’argomento è stato oggetto di una disamina approfondita da parte di Parlamento, Commissione e Consiglio. Finalmente siamo riusciti a trovare un accordo sul testo definitivo.

Oltre alle ricadute positive in termini ambientali, al raggiungimento dell’obiettivo europeo di riduzione delle emissioni e alla creazione di un’economia sostenibile sotto il profilo energetico, questa iniziativa ha il vantaggio di porre i consumatori al centro delle scelte d’acquisto. Grazie a indicazioni ed etichette precise, i consumatori sapranno esattamente cosa stanno comprando e potranno scegliere anche in base a criteri quali l’efficienza energetica e il minore impatto ambientale.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) La direttiva sulla classificazione dei consumi energetici assicura una corretta informazione ai consumatori grazie all’obbligo di indicazione della classe energetica negli annunci pubblicitari. Nel contesto dell’impegno europeo per l’efficienza energetica e la riduzione del consumo di energia, è fondamentale mobilitare l’opinione pubblica a sostegno di questa causa, anche ai fini della lotta ai cambiamenti climatici. Allo scopo occorre che i consumatori dispongano di informazioni chiare e precise in merito al consumo di energia dei prodotti acquistati o in vendita. Tutti i consumatori europei parteciperanno in questo modo alla lotta contro i mutamenti climatici. E’ fondamentale garantire ai consumatori la possibilità di operare consapevolmente delle scelte più rispettose dell’ambiente. La direttiva tiene conto proprio di questa esigenza; il consumo energetico dei prodotti viene quantificato sulla base di criteri e parametri universali al fine di rendere possibile raffronti affidabili. Indirettamente ciò incrementerà anche la fiducia nelle valutazioni tecniche e nel contenuto informativo delle etichette. Questa direttiva compie un passo concreto nella direzione della strategia per il 2020 e in particolare verso la riduzione del 20 per cento del consumo energetico entro il 2020.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) In seguito al voto odierno, i prodotti che consumano energia dovranno essere dotati della nuova etichetta sull’efficienza energetica, siano essi destinati all’uso domestico, commerciale o industriale. I consumatori saranno così meglio informati. Una disposizione della direttiva adottata oggi dal Parlamento europeo prevede l’aggiunta di nuove tipologie di classificazione dell’efficienza energetica e si può applicare anche a prodotti che comportano solo indirettamente un consumo di energia, come per esempio gli infissi.

Alcuni aspetti puntali del testo sono opinabili, come ad esempio la classificazione obbligatoria da A a G, attualmente già in uso per i frigoriferi, con la possibilità di aggiungere le classi A+, A++ e A+++ ma limitandosi in ogni caso a un massimo di sette classi energetiche. Si può comunque dire che la direttiva persegue uno scopo senz’altro condivisibile.

Tutte le comunicazioni pubblicitarie relative a prodotti in cu viene menzionato il consumo di energia o il prezzo devono fare menzionare anche la classe di efficienza energetica. Le informazioni fornite devono guidare i consumatori verso la scelta di prodotti a consumo inferiore o condurre indirettamente a un minore consumo di energia.

In avvenire qualsiasi pubblicità che menzioni il prezzo e l’efficienza energetica di frigoriferi, lavatrici o cucine economiche deve indicare la classe energetica in cui tale prodotto rientra.

 
  
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  Jarosław Kalinowski (PPE), per iscritto.(PL) Molte parole sono state spese sul diritto dei consumatori di conoscere gli alimenti, gli elettrodomestici o gli accessori per la casa che acquistano. Vogliamo sapere da dove provengono, come sono stati prodotti e quale sia il loro valore nutritivo, nel caso degli alimenti. In un’epoca di cambiamenti climatici siamo tutti desiderosi di salvaguardare l’ambiente e di proteggerci dalle anomalie meteorologiche, sicché al momento dell’acquisto di alimenti o di generi di consumo corrente siamo ispirati da principi ecologici. In questo contesto è fondamentale che i consumatori sappiano quanta energia consumano i loro apparecchi e ritengo che abbiano il diritto di trovare tale indicazione sull’etichetta del prodotto. Le etichette che recano simili informazioni sono in qualche modo una garanzia dell’elevata qualità del prodotto. Questo può essere visto anche come uno strumento in grado di proteggere il mercato europeo da prodotti extraeuropei che sono mere imitazioni a basso costo.

 
  
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  Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. (FR) Ho espresso un voto favorevole su questa relazione che riconosce l’incapacità, da parte del mercato, di procedere autonomamente alla razionalizzazione dei consumi energetici. Mi compiaccio che essa rappresenti una concessione evidente a sostegno delle nostre tesi. Condivido peraltro anche la volontà dichiarata di un’armonizzazione dall’alto per le etichette in materia di risparmio energetico. Purtroppo osservo con rammarico che l’etichettatura relativa all’impronta ecologica complessiva dei nostri prodotti non è stata menzionata da nessuna parte, anche se sarebbe urgente renderla obbligatoria al più presto.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) L’UE insiste nella ricerca dell’eccellenza in termini di efficienza energetica allo scopo di ridurre i consumi del 20 per cento entro il 2020. Le nuove etichette saranno molto utili ai consumatori, giacché forniranno le informazioni necessarie a compiere scelte informate di cui si riconosce l’impatto a livello di consumi energetici. In pratica i consumatori saranno più consapevoli di quanto i prodotti energetici da loro acquistati possono incidere sui consumi di energia. Con l’approvazione di questa direttiva contribuiamo a sensibilizzare i consumatori su questo aspetto. In considerazione di quanto esposto ho espresso il mio voto.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Solo dopo l’introduzione di un’etichetta energetica comprensibile per i consumatori scopriremo se questi sono effettivamente pronti ad accoglierla. La sensibilità verso l’aspetto energetico è aumentata e si presta maggiormente attenzione alle classi di efficienza energetica, in particolare per le apparecchiature elettriche. Ovviamente il sistema degli appalti pubblici dovrebbe dare anch’esso il buon esempio, ma non possiamo obbligare gli Stati membri ad acquistare esclusivamente prodotti con il massimo rendimento e il maggiore grado di efficienza energetica. In questi tempi di austerità, il prezzo di acquisto diverrà sempre più il criterio determinante. La possibilità di scelta nella procedura di assegnazione non è definita con sufficiente chiarezza e ho pertanto deciso di astenermi dal voto.

 
  
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  Radvilė Morkūnaitė-Mikulėnienė (PPE), per iscritto. (LT) Con il mio voto ho deciso di sostenere la risoluzione sull’etichettatura dei prodotti che consumano energia e sulle informazioni di base che devono essere accessibili ai consumatori. Spesso in questo Parlamento parliamo di diritti dei cittadini – il diritto di scelta, il diritto di ricevere informazioni puntuali e precise. A mio modo di vedere, tali diritti sono importanti per qualsiasi aspetto della vita. Nella fattispecie in questione stiamo discutendo della quantità di elettricità consumata e dell’efficienza energetica. I cittadini vogliono risparmiare energia per motivi di ordine economico e ambientale. Con gli attuali progressi tecnologici, i cittadini devono avere la possibilità di scegliere gli apparecchi elettrici in funzione della loro efficienza energetica e il sistema di etichettatura che abbiamo definito consentirà loro di compiere scelte informate, contribuendo sia al risparmio energetico, con un conseguente risparmio economico personale, che alla salvaguardia dell’ambiente. Non ho dubbi che quando i cittadini europei si renderanno conto della quantità di energia consumata opteranno senz’altro per apparecchiature più efficienti e rispettose dell’ambiente. Come ho già sottolineato, condivido la posizione del Parlamento europeo su questo tema e spero che simili decisioni diventino un incentivo reale e una possibilità concreta per tenere fede ai nostri impegni di riduzione dei consumi di energia entro il 2020.

 
  
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  Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, la rifusione della direttiva sull'etichettatura dei prodotti energetici ha l'obiettivo di ampliare lo spettro di applicazione delle informazioni da inserire in etichetta a tutti i prodotti che incidono sul consumo energetico e non solo agli apparecchi domestici.

La direttiva fa parte del piano d'azione per l'efficienza energetica e prevede anche iniziative in materia di incentivi e appalti pubblici: costituirà dunque il fulcro di una politica dei prodotti integrata e sostenibile dal punto di vista ambientale. Uno dei punti più controversi riguardava il tipo di scala da utilizzare per non creare confusione al consumatore: si è deciso di mantenere la scala chiusa da A a G, anche in seguito all'adozione di una risoluzione del Parlamento europeo in tal senso.

La classe di efficienza energetica figurerà inoltre in tutta la pubblicità contenente informazioni relative al consumo di energia o riguardanti il prezzo dei prodotti. In ragione di quanto sopra esposto, concordo con l'impostazione della collega Podimata e sostengo la relazione.

 
  
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  Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, la direttiva sull'etichettatura energetica svolge un ruolo cruciale nel conseguimento dell'obiettivo comunitario di ridurre del 20% il consumo energetico entro il 2020. Essa costituisce un importante valore aggiunto sia per il mercato che per i consumatori. In effetti, l'obbligo di far riferimento all'etichetta sul consumo energetico negli annunci pubblicitari porrà fine alla disinformazione dei consumatori finali, fornendo loro tutte le informazioni di cui necessitano per effettuare delle scelte pienamente consapevoli.

Allo stesso tempo, in seguito alla decisa insistenza del Parlamento, è stata evitata l'introduzione di una classificazione aperta ed è stato assicurato il mantenimento del modello basato su una classificazione dalla A alla G, già risultato molto valido per i consumatori. Inoltre, l'aggiunta di una clausola di riesame permette altresì una rivalutazione approfondita, alla luce dell´evoluzione tecnologica e della comprensione dell´etichetta da parte dei consumatori, al più tardi nel 2014. Ciò rappresenta un'ulteriore garanzia che l'attuale classificazione, agevolmente comprensibile ai consumatori, rimarrà inalterata almeno fino a che non avrà luogo il riesame. Ribadisco quindi, con convinzione, il mio pieno sostegno alla direttiva.

 
  
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  Rovana Plumb (S&D), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della relazione perché con l’estensione a tutti i prodotti energetici, l’emendamento alla direttiva sull’etichettatura energetica porterà a un risparmio di 4 milioni di euro in costi di trasporto per ogni misura d’attuazione aggiornata o creata ex novo (nel caso in cui si utilizzino regolamenti/decisioni anziché direttive). Si otterranno anche riduzioni supplementari pari a circa 78 milioni di tonnellate di emissioni di CO2. In avvenire l’etichettatura energetica sarà estesa ai prodotti a consumo di energia utilizzati per fini industriali e commerciali, come per esempio celle frigorifere, banconi per la vendita al dettaglio, cucine industriali, distributori automatici (per la vendita di panini, snack, caffè e altro), motori industriali, prodotti a consumo energetico compresi i prodotti che non consumano energia ma che hanno un “notevole impatto diretto o indiretto” sul risparmio energetico, quali gli infissi di finestre e porte.

La direttiva potrà dimostrare la propria efficacia a condizione che i cittadini abbiano effettivamente accesso a informazioni corrette e siano sensibilizzati in merito alle conseguenze delle loro scelte di acquisto. Indicazioni chiare, precise e pertinenti sul consumo energetico di questi prodotti consentirà agli utenti finali di optare per soluzioni a ridotto consumo energetico con un conseguente risparmio più duraturo sulle bollette.

 
  
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  Teresa Riera Madurell (S&D), per iscritto. (ES) Ho votato a favore della relazione Podimata perché ritengo che il Parlamento e in particolare il gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici al Parlamento europeo (S&D) siano riusciti a ottenere un risultato assai importante in una direttiva fondamentale per il conseguimento degli obiettivi di efficienza energetica che ci siamo prefissati. Oltre ad avere insistito per mantenere la scala da A a G che è ormai nota e riconosciuta dai consumatori europei, siamo riusciti a imporre l’obbligo di menzione della classe energetica per gli apparecchi domestici pubblicizzati, nei casi in cui i messaggi promozionali contengano riferimenti al prezzo del prodotto. Un’altra modifica encomiabile proposta dal Parlamento riguarda l’obbligo imposto alla Commissione di stilare una lista di priorità tra i prodotti a consumo energetico tenendo conto anche dei prodotti da costruzione che potranno essere disciplinati in futuro. In ultima battuta vorrei menzionare il ruolo di guida del settore pubblico; ritengo fondamentale che le amministrazioni acquistino tramite appalto prodotti appartenenti alla classe di efficienza energetica più alta.

 
  
  

Relazione Maňka (A7-0158/2010)

 
  
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  Sophie Auconie (PPE), per iscritto. (FR) La relazione dell’onorevole Maňka propone svariati emendamenti al bilancio del Parlamento europeo per il 2010. Ho votato a favore della relazione e segnatamente delle disposizioni che discendono dall’entrata in vigore del trattato di Lisbona il 1° dicembre 2009, compresa quella che prevede un incremento mensile di 1 500 euro dell’indennità di assistenza ai deputati. Tramite tale incremento gli eurodeputati potranno fare fronte alle nuove responsabilità conferite loro dal trattato di Lisbona che attribuisce competenze ben maggiori al Parlamento e moltiplica la sua influenza sul processo decisionale dell’UE. Il Parlamento deve perfezionare la propria competenza nelle questioni legislative per porsi alla pari con la Commissione e gli Stati membri. Noi rappresentiamo i cittadini europei e dobbiamo disporre dei mezzi necessari a difendere i loro interessi. Ho espresso dunque un voto favorevole alla relazione.

 
  
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  Göran Färm (S&D), per iscritto. (SV) Ritengo che le commissioni parlamentari sottoposte a un carico di lavoro superiore in seguito all’entrata in vigore del trattato di Lisbona debbano essere rafforzate. In tal senso occorre aumentare gli effettivi per le segreterie parlamentari e dei singoli gruppi all’interno di tali commissioni. Tuttavia non credo che anche gli eurodeputati necessitino di più assistenti. Avrei preferito che le risorse del Parlamento venissero ottimizzate innanzi tutto tramite una ridistribuzione e iniziative volte a migliorarne l’efficienza, così da non comportare alcun aumento della spesa complessiva.

Nella mia veste di capogruppo all’interno della commissione per i bilanci del gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici al Parlamento europeo, questa è la linea che ho adottato durante le trattative con l’Ufficio di presidenza. La soluzione di compromesso raggiunta consentirà di finanziare una parte di quanto proposto tramite risparmi pari a 4,4 milioni di euro. Continuo a pensare che la proposta avrebbe dovuto prevedere ulteriori tagli ma, avendo partecipato in prima persona alle trattative, ho deciso di avallare il compromesso raggiunto.

 
  
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  Bogusław Liberadzki (S&D), per iscritto.(PL) L’entrata in vigore del trattato di Lisbona comporterà con tutta probabilità un aumento significativo del lavoro svolto dal Parlamento. L’effetto principale consterà nel maggiore ricorso alla procedura legislativa ordinaria che riguarderà all’incirca il 95 per cento di tutta la legislazione varata. Le nuove risorse finanziarie e umane consentiranno al Parlamento di espletare la propria funzione di co-legislatore alla pari con il Consiglio.

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE), per iscritto. (EN) Ho sostenuto la relazione dell’onorevole Maňka relativa al bilancio rettificativo del Parlamento europeo, pur rendendomi conto di quanto sia delicato aumentare le spese in bilancio in questo momento, quando i cittadini devono accettare riduzioni salariali e la disoccupazione è in aumento. Il lavoro del Parlamento europeo è senz’altro aumentato a seguito del trattato di Lisbona. E’ mia intenzione utilizzare l’indennità supplementare per offrire un’opportunità ai tanti giovani che si candidano per un posto presso il mio ufficio.

Essi avranno così la possibilità di accedere a un lavoro remunerato e a una preziosa esperienza professionale che mi auguro li aiuterà nella loro successiva carriera. Parimenti ritengo necessario che il Parlamento europeo riveda il proprio metodo di lavoro e di utilizzo delle risorse umane al fine di renderlo più efficace.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Il trattato di Lisbona attribuisce al Parlamento nuove responsabilità. Ne consegue un maggiore carico amministrativo cui i deputati devono fare fronte avvalendosi di consulenti qualificati. Questa nuova situazione comporta necessariamente un aumento dei costi per la retribuzione degli assistenti e nuovi spazi per consentire loro di lavorare in condizioni soddisfacenti. Tale aumento dei costi è difficile da giustificare in questi tempi di crisi ma per svolgere il proprio compito con eccellenza il Parlamento deve essere dotato delle risorse finanziarie e umane necessarie. Il mio voto tiene conto di questa necessità.

 
  
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  Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore, potrebbe sembrare demagogia, o un ulteriore privilegio della casta, ma in questo caso non è così. Gli emendamenti al bilancio risultano importanti e fondamentali per una gestione adeguata della vita e dell'attività del Parlamento.

In qualità di europarlamentari e dopo l'approvazione del trattato di Lisbona, siamo chiamati ad un lavoro molto più importante e cospicuo. In ragione di ciò, necessitiamo di collaboratori ed esperti in grado di poterci assistere nel nostro lavoro quotidiano. Per fare ciò, sono necessarie risorse e queste risorse si tradurranno, da parte mia e spero da parte di tutti i colleghi, in un lavoro ancora più efficace, efficiente e mirato.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Ho firmato e votato a favore dell’emendamento che respinge questa tranche insieme ad altri 16 deputati del mio gruppo. Credo infatti sia importante dimostrare che un gruppo rappresentativo di eurodeputati non è favorevole a un aumento delle risorse per i collaboratori in questi tempi di crisi economica.

Ciò nondimeno in sede di votazione finale ho sostenuto la relazione sulla rettifica del bilancio parlamentare per il 2010.

 
  
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  Eva-Britt Svensson (GUE/NGL) , per iscritto. (SV) Ho votato contro la relazione sul bilancio rettificativo per il 2010. Non è giustificato un incremento nella dotazione dei deputati di 1 500 euro al mese per fare fronte alla maggiore mole di lavoro conseguente al trattato di Lisbona. In prima battuta faccio presente che con 1 500 euro al mese non è possibile ingaggiare esperti qualificati. In secondo luogo la sede di lavoro del Parlamento non è in grado di accogliere altri collaboratori. Peraltro una parte delle risorse di bilancio sono state stornate proprio dalla riserva istituita per gli investimenti immobiliari. Inoltre con riferimento alla rubrica 5 del bilancio 2011, la relatrice Trüpel ha dichiarato che le indennità per le spese di segreteria non potranno essere garantite in futuro se non dopo un’idonea valutazione del loro rendimento. Considero immotivato l’incremento dell’indennità di per sé già elevata per le spese di segreteria nella situazione attuale, in cui ci sono disoccupati, donne sole, pensionati e altri gruppi sociali vulnerabili costretti a fare sacrifici per salvare il progetto dell’euro dal collasso.

 
  
  

Relazione Czarnecki (A7-0096/2010)

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) In nome della trasparenza richiesta dai cittadini e del rigore, non credo che il Consiglio sia esonerato dall’obbligo di rispondere pubblicamente delle risorse che gli vengono conferite. Condivido pertanto la scelta del relatore di deferire la decisione sul discarico del bilancio del Consiglio finché questi non avrà fornito le informazioni puntuali richieste.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Sono favorevole a posticipare la decisione sul discarico del bilancio generale dell’Unione per l’anno 2008 nell’interesse della trasparenza e del rigore, da intendersi non solo in fase di attuazione del bilancio ma anche nella successiva verifica sull’impiego di tutte le risorse finanziarie dell’UE. Con questo slittamento, il Consiglio avrà modo di fornire tutte le spiegazioni e informazioni necessarie a un voto favorevole del Parlamento. Non possiamo prescindere da questo se vogliamo mantenere la credibilità delle istituzioni europee e la fiducia che i cittadini ripongono in esse. Infatti è in gioco il rispetto delle politiche e degli orientamenti definiti da organi democratici e legalmente competenti.

 
  
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  Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, la procedura del discarico del bilancio è una procedura importante e un perno dell'attività legislativa e di controllo di questo Parlamento.

Non sto qui a ricordare il potere che questo Parlamento ha acquisito nel controllo degli anni grazie anche alla procedura di bilancio, grazie alla quale è riuscito ha rendere l'obbligo di rendiconto delle istituzioni europee una questione seria e importante. Inoltre, risulta fondamentale anche alla luce di quanto si aspettano i cittadini nei nostri confronti.

In un momento di crisi come quello attuale, in cui i cittadini europei sono chiamati a sacrifici straordinari, è necessario attuare una sorveglianza attenta e puntale sulle spese legate alla burocrazia o all'effettiva gestione. In ragione di quanto ciò espresso, faccio i complimenti al relatore ed esprimo il mio parere favorevole.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della relazione perché condivido la proposta di deferire la decisione in merito al discarico del bilancio al prossimo ottobre.

 
  
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  Konrad Szymański (ECR), per iscritto.(PL) Non ho voluto votare a favore del discarico del bilancio del Consiglio per il 2008 perché la documentazione finanziaria è giunta in Parlamento con eccessivo ritardo. La supervisione esercitata dal Parlamento europeo sulle finanze del Consiglio non riesce a essere affatto trasparente.

 
  
  

Relazione Mikolášik (A7-0106/2010)

 
  
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  Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. (RO) Negli ultimi anni abbiamo assistito a un rapido e costante aumento nella domanda di trapianti di organi all’interno dell’Unione europea. Sebbene la penuria di organi disponibili rimanga il punto più critico, esistono difficoltà ben maggiori causate dai diversi sistemi di trapianto in uso presso gli Stati membri.

Con una risoluzione approvata nell’aprile 2008, il Parlamento europeo aveva invitato la Commissione a redigere una direttiva per l’istituzione di un quadro legislativo capace di garantire la qualità e la sicurezza delle donazioni di organi nell’Unione europea. La Commissione ha presentato una proposta di direttiva, discussa in quest’Aula, che fa perno su tre obiettivi principali: garantire la qualità e la sicurezza per i pazienti in tutta l’UE, tutelare i donatori e agevolare la cooperazione tra gli Stati membri.

Abbiamo votato a favore del compromesso raggiunto da Parlamento, Consiglio e Commissione perché occorrono norme comuni di qualità e sicurezza a livello di UE in relazione al reperimento, al trasporto e all’utilizzo di organi umani. Questo dispositivo agevolerà gli scambi di organi a tutto beneficio delle migliaia di pazienti che ogni anno in Europa necessitano di questo tipo di terapia.

 
  
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  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Voto a favore di questa relazione relativa alle norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti. Dinanzi a una richiesta di trapianti in crescita nell’Unione europea e alla sproporzione tra il numero di pazienti in attesa di un trapianto e il numero di organi donati, dobbiamo badare a evitare la commercializzazione delle donazioni e contrastare il traffico illegale degli organi. Occorre applicare una legislazione severa per i donatori viventi, garantire la trasparenza delle liste di attesa degli organi, definire norme sulla privacy atte a tutelare i dati personali dei donatori e dei pazienti in attesa di un trapianto, nonché precisare le responsabilità dei medici. Con la definizione di norme per la qualità e la sicurezza si creeranno nuove possibilità di scambio transfrontaliero degli organi e forse potrà aumentare il numero dei trapianti effettuati.

 
  
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  Regina Bastos (PPE), per iscritto. (PT) Negli ultimi cinquant’anni il trapianto degli organi si è diffuso in tutto il mondo, contribuendo sia a migliorare la qualità della vita che a prolungare l’aspettativa di vita dei pazienti. Questa direttiva stabilisce alcune norme volte a garantire standard qualitativi e di sicurezza elevati per gli organi di origine umana che devono essere trapiantati nei pazienti al fine di salvaguardare al meglio la salute umana. La direttiva introduce il concetto di programmi nazionali di qualità entro cui devono essere definiti gli standard e le pratiche per il trapianto negli Stati membri. Il testo precisa inoltre la procedura di reperimento degli organi e le questioni relative al sistema informatico.

La tracciabilità e la tutela di donatori e riceventi sono altri aspetti importanti. Ho votato a favore della relazione perché ne condivido le finalità: garantire la qualità e la sicurezza per i pazienti in tutta l’UE, tutelare i donatori e agevolare la cooperazione tra gli Stati membri. Mi preme anche sottolineare che i programmi di trapianto degli organi devono fondarsi sul principio della donazione libera e volontaria già sancito in precedenti atti normativi sulle sostanze di origine umana che non possono essere in alcun caso vendute.

 
  
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  Gerard Batten, John Bufton, David Campbell Bannerman e Derek Roland Clark (EFD), per iscritto. (EN) Il Partito per l’Indipendenza del Regno Unito ritiene che l’attuale rete di strutture e agenzie per lo scambio di organi continuerà a crescere e migliorare anche senza i tentativi d’interferenza e di regolamentazione dell’UE. Anzi, la donazione di organi nei pochi paesi dove esistono tanti donatori rischia di diminuire se viene imposto l’obbligo comunitario di trasferire gli organi ai paesi con pochi donatori. In tali paesi peraltro l’afflusso di organi dall’esterno potrebbe ulteriormente inibire la donazione di organi. Per questi motivi i deputati del nostro partito hanno votato contro la relazione.

 
  
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  Françoise Castex (S&D), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della proposta di direttiva sulle norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti. La direttiva disciplina tutte le fasi dalla donazione all’impianto e prevede una cooperazione tra gli Stati membri. Un sistema di trapianti efficaci non si fonda esclusivamente sulla solidarietà dei donatori ma trova forza in particolare nell’utilizzo corretto delle informazioni e nella qualità di una rete che consente di scambiare tali informazioni. Ho sostenuto pertanto l’idea di creare una banca dati europea in cui saranno archiviate le informazioni sugli organi disponibili e l’istituzione di un sistema di certificazione paneuropeo tramite il quale sarà possibile dimostrare l’origine legale degli organi e dei tessuti umani proposti per il trapianto. La donazione degli organi deve restare volontaria e non retribuita al fine di garantire la parità di accesso agli organi disponibili. Il principio della gratuità non pregiudicherà tuttavia la possibilità di un indennizzo per i donatori viventi, a condizione che questo si limiti a compensare le spese e la perdita di reddito conseguenti alla donazione. Un siffatto sistema di donazione trasparente, sicuro ed efficace è l’unico mezzo per contrastare il traffico di organi.

 
  
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  Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) Ho votato a favore della proposta di direttiva per i seguenti motivi: 1. A fronte di un aumento nella domanda di organi per i trapianti e della scarsità nell’offerta che spinge spesso i pazienti a cercare una soluzione anche in altri paesi, l’adozione di un quadro legislativo comune a livello dell’UE sulle norme di qualità e sicurezza, nonché la creazione di una rete di cooperazione e di informazione reciproca sono elementi indispensabili per migliorare la tutela della salute pubblica e i servizi ai pazienti. 2. Le norme nazionali in materia di assenso alla donazione degli organi e la selezione dei medesimi rimangono di competenza degli Stati membri e non subiscono alcuna variazione. La proposta di direttiva integra vieppiù le normative in essere nei vari Stati membri con norme specifiche sulla qualità e la sicurezza relative all’intera procedura di trapianto, mettendo al riparo da qualsiasi forma di speculazione e garantendo l’anonimato e la sicurezza dei dati personali del donatore e del ricevente. 3. Il rischio di traffico degli organi viene minimizzato e si rafforza la fiducia dei potenziali donatori con l’auspicio che il loro numero possa aumentare. 4. Nel caso di infrazioni alla legislazione in materia di anonimato dei donatori o dei riceventi, gli Stati membri sono soggetti a sanzioni.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della relazione sulle norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti perché contribuisce a ridurre i tempi di attesa per i pazienti europei che necessitano di un trapianto. E’ intollerabile che ogni giorno muoiano 12 pazienti in attesa di un trapianto. Questa direttiva agevolerà la donazione e il trapianto di organi, nonché gli scambi di organi tra gli Stati membri dell’UE a tutto vantaggio di migliaia di malati europei.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) La penuria di organi disponibili per i trapianti ha alimentato un mercato orrendo che interessa soprattutto i paesi in via di sviluppo ma colpisce anche i poveri dell’Europa orientale. Mi rendo conto con apprensione di quanto sia difficile contrastare questo commercio brutale e le conseguenze terribili per chi, con la forza o meno, viene privato dei propri organi: drastico calo della qualità di vita, malattie croniche e, in molti casi, la morte. L’attuazione di norme comuni crea un quadro europeo armonico per quanto concerne i requisiti e le responsabilità che è diametralmente opposto alla situazione drammatica appena descritta.

Ai pazienti e ai donatori saranno garantite condizioni, tutela e assistenza medica di cui non dispongono certo le reti illegali e gli Stati membri potranno cominciare a collaborare con maggiore efficacia. Convengo con il relatore che la donazione debba essere altruistica, volontaria e non remunerata; il donatore può ricevere un compenso solo a copertura delle spese o del tempo perso per la donazione. A mio giudizio il collega Mikolášik ha proposto alcune modifiche valide che migliorano il testo di partenza e che scaturiscono probabilmente dalla sua formazione medica e dal fatto di avere seguito la questione sin dalla precedente sessione del Parlamento.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto.(PT) Condivido con entusiasmo questa proposta e i tre obiettivi principali che persegue: garantire la qualità e la sicurezza per i pazienti in tutta l’UE, tutelare i donatori e agevolare la cooperazione tra gli Stati membri. Nell’UE esiste un ampio consenso a favore della donazione di organi per il trapianto. Nondimeno esistono differenze culturali e di prassi, anche nell’organizzazione del sistema, che spiegano perché i diversi Stati membri affrontino la questione in modi diversi. Desidero sottolineare che in questo tentativo di conseguire un’armonizzazione tra le norme di qualità e sicurezza, la direttiva non dovrebbe accollare agli Stati membri un onere amministrativo supplementare. Piuttosto si dovrebbe garantire un margine di flessibilità sufficiente per non mettere a rischio le buone pratiche già in essere. La proposta di direttiva definisce norme comuni vincolanti di qualità e sicurezza per gli organi di origine umana destinati ai trapianti al fine di garantire un elevato grado di tutela della salute in tutta l’UE. Sottoscrivo il punto di vista della Commissione, secondo cui i programmi di trapianto di organi dovranno essere basati sulla donazione volontaria e non remunerata. La donazione di organi dovrà restare gratuita e lontana da qualsiasi tentativo di commercializzazione.

 
  
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  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) I trapianti di organi sono uno strumento cruciale di riabilitazione per i pazienti affetti da svariate patologie che provocano disfunzioni fatali di alcuni organi. Nell’Unione europea i trapianti sono in aumento e contribuiscono a salvare o prolungare molte vite. Ciò non toglie che rimangono lunghi i tempi di attesa per ottenere un trapianto. Il voto favorevole sottolinea il nostro consenso alle migliorie che la relazione vuole apportare alla situazione attuale. Oltre ad affrontare la questione della qualità e della sicurezza o delle procedure per il reperimento e il trasporto degli organi, il testo migliora la tutela dei donatori e dei riceventi nel pieno rispetto dei valori etici e del principio di non remunerazione. La relazione affronta anche il tema allarmante del traffico di organi umani in maniera opportuna.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Lo scopo di questa direttiva è evidente: occorrono più organi per i pazienti e una maggiore cooperazione tra Stati membri in questo ambito e nella lotta al traffico di organi. Tra i pilastri essenziali di questa nuova normativa figura la designazione presso ciascuno Stato membro di una nuova autorità che dovrà garantire l’applicazione delle norme di qualità e sicurezza degli organi. Tali organismi dovranno garantire la qualità e la sicurezza degli organi “in tutto il processo che va dalla donazione al trapianto e durante l'intera convalescenza e il monitoraggio post-trapianto del paziente”. La nuova direttiva impone altresì che il personale sanitario coinvolto nell’intero processo, dalla donazione al trapianto o espianto dell’organo, sia adeguatamente formato e qualificato. Occorre creare percorsi formativi specifici per queste figure professionali. In ragione di ciò abbiamo votato a favore della proposta e questa è altresì la motivazione alla base del mio voto.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Il trapianto di organi può salvare vite umane, a condizione di trapiantare un organo sano di un donatore compatibile. Purtroppo in passato sono stati commessi alcuni errori ed è quanto mai importante stabilire norme di qualità e di sicurezza in questo ambito. Bisognerebbe anche fare presente che i mussulmani ricorrono volentieri a organi donati ma sono contrari a diventare donatori per motivi di ordine religioso. La relazione porterà auspicabilmente a standard di qualità e di sicurezza più elevati e per questo motivo ho espresso il mio voto favorevole.

 
  
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  Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo il mio voto favorevole alla relazione del collega Mikolasik. La crescente necessità di organi disponibili per i trapianti in un contesto di scambi transfrontalieri e di sensibili differenze tra i sistemi di trapianto adottati dai diversi Stati membri impone un rafforzamento della cooperazione e norme comuni in tema di qualità e sicurezza degli organi stessi.

La proposta di direttiva si propone di raggiungere tali obiettivi puntando ad accrescere il numero dei trapianti ed elevare gli standard qualitativi nei processi di donazione, approvvigionamento, controllo, conservazione, trasporto e trapianto. Inoltre, sottolineando il principio della donazione volontaria contro le pratiche di commercializzazione e traffico di organi, intende garantire i diritti dei donatori e dei pazienti. Pur riconoscendo la necessità di armonizzare le misure in materia di qualità e sicurezza, il relatore evidenzia che la direttiva non deve creare un ulteriore onere amministrativo per gli Stati membri e deve concedere un sufficiente margine di flessibilità senza compromettere le attuali buone prassi.

 
  
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  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Il trapianto di organi è uno dei campi medici in cui negli ultimi decenni sono stati compiuti enormi progressi, con un aumento significativo della percentuale di successo che ha consentito di salvare molte vite umane. Paradossalmente proprio questo successo, insieme ad altri fattori, ha fatto lievitare il numero di pazienti che richiedono un trapianto con un conseguente allungamento dei tempi di attesa. Si vengono così a creare situazioni umanamente drammatiche, giacché ogni giorno nell’UE muoiono all’incirca 12 pazienti che non sono riusciti a ricevere l’organo da cui sarebbe dipesa la loro sopravvivenza. Un modo per ovviare in parte a questo problema è promuovere gli scambi di organi tra gli Stati membri al fine di garantire una maggiore compatibilità tra donatore e ricevente in tempi più brevi e con una minore incidenza dei casi di rigetto. Tali scambi presuppongono norme di qualità e sicurezza uniformi tra i paesi, come prospettato dalla presente direttiva del Parlamento e del Consiglio. La relazione Mikolášik sulle norme di qualità e sicurezza degli organi destinati ai trapianti fornisce un apporto prezioso nella direzione di una migliore gestione degli organi disponibili e una maggiore tutela della salute di riceventi e donatori viventi.. Abbiamo pertanto espresso il nostro assenso a questa relazione.

 
  
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  Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, il trapianto di organi rappresenta senza dubbio uno degli aspetti più positivi del progresso in ambito sanitario, ma al contempo apre tutta una serie di problemi rispetto ai diritti del donatore e del paziente, che devono essere fronteggiati sul piano etico, sociale, giuridico ed economico.

Si tratta di attivare un percorso virtuoso che affronti il grave squilibrio tra necessità e quantità di organi disponibili, senza però ledere il principio di donazione libera e volontaria, impedendo quindi ogni forma di commercializzazione e di traffico illegale, garantendo la qualità e la sicurezza degli organi destinati ai trapianti con misure che sappiano coniugare la riservatezza con la tracciabilità.

L'adozione di standard di qualità comuni è senz'altro un passo avanti che va registrato con favore in una prospettiva nella quale l'Organizzazione mondiale della sanità può dare un ulteriore contributo. Nell'istituire una banca dati europea occorre però stare attenti a non introdurre forme inutili di rigidità o creare ulteriori oneri burocratici che compromettano ciò che attualmente viene svolto in maniera corretta ed efficace.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Ho sostenuto con il mio voto la relazione del collega Mikolášik sulle norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti giacché essa propone un provvedimento urgente, volto a migliorare le aspettative di vita per gli oltre 60 000 pazienti europei in attesa di un trapianto. Spero che questa direttiva renderà più facile e sicuro il reperimento di organi.

 
  
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  Olga Sehnalová (S&D), per iscritto.(CS) Ho votato a favore della relazione benché mi renda conto della necessità, insieme al comune auspicio di uniformare i criteri di sicurezza e qualità per gli organi umani destinati ai trapianti, di concentrarsi in particolare su come aumentare le donazioni nei diversi Stati membri, tenuto conto dei diversi sistemi sanitari e pratiche nazionali. E’ fondamentale esaminare questo argomento garantendo con rigore il principio della sussidiarietà.

 
  
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  Peter Skinner (S&D), per iscritto. (EN) Ho sostenuto volentieri questa relazione in sede di votazione presso il Parlamento. Nell’Inghilterra Sud-orientale, molte famiglie devono confrontarsi con la dura realtà di una penuria di organi necessari ai trapianti. Questa relazione contribuisce a creare uno standard uniforme nell’UE capace di migliorare l’offerta all’interno dell’Unione per venire meglio incontro alle speranze delle famiglie di pazienti in attesa di un organo che allevi la loro condizione.

 
  
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  Konrad Szymański (ECR), per iscritto.(PL) Ho votato a favore della relazione sulle norme di sicurezza per le donazioni di organi perché vi è sancito il principio della non-commercializzazione.

 
  
  

Calendario delle tornate del Parlamento europeo - 2011

 
  
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  Mário David (PPE), per iscritto. (PT) Il Parlamento europeo ha approvato il calendario delle tornate per il 2011. Mi rammarico che ogni anno vengano spesi 200 milioni di euro dei contribuenti per tenere 12 plenarie a Strasburgo. L’ipocrisia è tale che non si rispettano neppure le disposizioni dei trattati, secondo cui bisognerebbe tenere una sessione al mese, dunque anche in agosto. Le aspirazioni legittime di Strasburgo potrebbero essere soddisfatte stabilendo qui una o due sedi permanenti di agenzie UE, mentre questo “circo” dovrebbe giungere a una fine. Inoltre non ha alcun senso che il Parlamento europeo si riunisca in plenaria per 48 giorni all’anno in una città che non dispone di alcun collegamento aereo diretto con la maggior parte delle capitali degli Stati membri.

Peraltro, i pochi collegamenti diretti che esistono seguono orari commerciali che sono assolutamente incompatibili con l’attività parlamentare. E’ evidente che i capi di Stato o di governo che prendono queste decisioni viaggiano con velivoli privati e non debbono sprecare centinaia di ore ogni anno per raggiungere Strasburgo.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Ho votato contro la proposta avanzata da alcuni colleghi di suddividere la sessione settimanale in due parti da tenersi comunque nell’arco di una settimana. A prescindere dall’assurdità della proposta, insorgerebbero inutili costi supplementari di viaggio e andrebbe perso ben più tempo prezioso di lavoro.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Sono un fervente sostenitore dell’emendamento che ha proposto di ridurre le due sessioni di settembre a una sola. Sono un sostenitore ancora più fervente della proposta di riunificare le due sedi del PE in un’unica sede a Bruxelles. In sostanza sono favorevole a qualsiasi iniziativa volta a liberarsi della sede di Strasburgo.

 
  
  

Risoluzione: Additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti (trombina di origine bovina e/o suina) (B7-0264/2010)

 
  
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  Sophie Auconie (PPE), per iscritto. (FR) Qualsiasi questione relativa all’alimentazione e alla salute dei cittadini è estremamente sensibile e dev’essere affrontata con la serietà e il distacco necessari. Ciò vale anche per la discussione sull’autorizzazione di additivi alimentari come la trombina. La trombina è un prodotto derivato dal plasma e dal sangue animale di bovini o suini, contraddistinto da una capacità di cicatrizzazione che viene sfruttata dall’industria agroalimentare per unire insieme pezzi di carne separati. Questo additivo soddisfa i 4 criteri per l’autorizzazione previsti dal regolamento 1333/2008, ovvero la sicurezza alimentare (confermata con parere dell’EFSA nel 2005); la risposta a una funzione tecnologica (evidente utilità come stabilizzante); il suo utilizzo non ingannevole per i consumatori (limitato ai prodotti preconfezionati e debitamente etichettati); l’apporto di un vantaggio per il consumatore (stabilizzazione del prodotto finale). Inoltre la stragrande maggioranza degli Stati membri è favorevole all’autorizzazione della trombina. Giacché non rappresenta alcun pericolo per la salute ed è essenziale nelle preparazioni alimentari, non sussistono motivi per opporsi all’autorizzazione di questo additivo.

 
  
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  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore di questa risoluzione mirata a limitare l’utilizzo nei prodotti alimentari di additivi pericolosi al fine di proteggere la salute dei consumatori. La legislazione in vigore nell’Unione europea acconsente all’utilizzo di additivi alimentari a condizione che siano vantaggiosi per il consumatore. Considerato che l’utilità della trombina, un “collante per carne”, non è stata comprovata e che il processo di combinazione di più pezzi di carne in un unico prodotto aumenta significativamente il rischio di infezioni batteriche, non ho sostenuto la proposta volta ad autorizzarne l’uso nei prodotti di carne bovina e suina. Inoltre dovremmo impedire che simili prodotti contenenti questo “collante per carne” siano utilizzati nei pubblici esercizi che servono alimenti.

 
  
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  Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. (FR) Ho votato una risoluzione in cui si richiede che la trombina non sia utilizzata nella carne. Questo additivo serve come legante per la carne ricostituita e presenta un rischio sanitario, poiché il processo di combinazione di vari tagli di carne incrementa in maniera significativa la superfice dell’alimento esposta al rischio di infezione batterica. Inoltre la carne ricostituita in un solo taglio può indurre in errore i consumatori all’atto dell’acquisto.

 
  
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  Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) Ho votato a favore della risoluzione del Parlamento che non consente l’utilizzo di additivi ed enzimi come la trombina negli alimenti in quanto dannosi e pregiudizievoli per la qualità degli alimenti e la sicurezza dei consumatori. Le garanzie avanzate dalla Commissione sono poco convincenti, inadeguate e alimentano vieppiù i miei timori. Inoltre la Commissione e segnatamente il signor Commissario non sono sufficientemente sensibili a questo aspetto, come dimostrato dalla recente decisione sull’autorizzazione per la coltivazione di patate modificate.

 
  
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  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) La proposta di risoluzione formula alcune riserve, a nostro giudizio pertinenti, in merito all’utilizzo di un composto enzimatico a base di trobina con fibrogenina quale additivo per la ricostituzione degli alimenti. La proposta della Commissione non tiene debito conto di queste riserve. Persistono perplessità in merito alla possibilità d’uso di prodotti ricostituiti non confezionati che non fornirebbero adeguate informazioni ai consumatori, o all’efficacia del divieto all’utilizzo di questi prodotti nei ristoranti e in esercizi pubblici che servono alimenti.

La Commissione stessa ammette che l’utilizzo di questo additivo potrebbe indurre in errore il consumatore riguardo allo stato del prodotto alimentare finale. La proposta di etichettatura avanzata per ovviare al problema potrebbe rivelarsi insufficiente, da sola, a risolverlo. Rimangono altresì i dubbi in merito alla validità del processo di ricostituzione degli alimenti – per esempio con l’unione a freddo senza l’aggiunta di sale o una successiva cottura – e la sicurezza dei prodotti alimentari finali. Riteniamo pertanto che questa risoluzione meriti il nostro sostegno.

 
  
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  Françoise Grossetête (PPE), per iscritto. (FR) Con forte rammarico prendo atto dell’approvazione di questa risoluzione che vieta l’uso della trombina di origine bovina o suina. Il testo non si basa su alcun fondamento scientifico valido. Questo additivo alimentare derivato dal plasma del sangue animale viene utilizzato nei prodotti preconfezionati per ottenere un prodotto unico da pezzi di carne separati e soddisfa tutti i criteri igienici e sanitari previsti dall’EFSA. Il suo uso è lecito in Francia e tale additivo viene utilizzato per esempio nel sanguinaccio. E’ importante che le nostre decisioni si basino su dati scientifici e non sull’influenza dei media. Non permettiamo alla discussione di scivolare sul piano emotivo. Gli obblighi di etichettatura sarebbero resi peraltro più severi per i prodotti contenenti questo additivo; le diciture “trombina” e “tagli di carne combinati” sarebbero state ben visibili. Non si è mai voluto trarre in inganno il consumatore, che sarebbe anzi adeguatamente informato.

 
  
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  Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. (FR) La salute e la sicurezza alimentare dei cittadini sono in pericolo. La questione è stata affrontata dal Parlamento europeo in relazione alla trombina, un additivo alimentare che serve a “combinare” i pezzi di carne in un prodotto finale che potrebbe facilmente indurre in errore i consumatori. L’industria agroalimentare si stava già fregando le mani in vista della liberalizzazione d’uso di questo additivo e a ragion veduta, poiché potrebbe disfarsi degli scarti di carne e vendere pezzi di scarso valore a prezzo contenuto. Sebbene l’autorità alimentare per la sicurezza alimentare abbia decretato l’innocuità della trombina, I miei dubbi su questo additivo non sono stati fugati. E’ ora di dimostrare alla Commissione che la sicurezza e la salute alimentari sono temi fondamentali per il Parlamento europeo. Mi compiaccio che con questo voto abbiamo respinto l’impiego di questo enzima.

 
  
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  Christa Klaß (PPE), per iscritto. (DE) L’additivo alimentare trombina non deve trarre in inganno i consumatori. Con il regolamento n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 è stato diciplinato a livello europeo l’utilizzo degli additivi alimentari. Nuovi additivi possono essere autorizzati solo a condizione che sia dimostrata la loro innocuità. Per venire incontro alla richiesta di prodotti di bell’aspetto da parte dei consumatori, l’industria alimentare ha inventato additivi che vengono aggiunti esclusivamente per motivi estetici. Tra tali prodotti figura la trombina che viene derivata da parti animali commestibili e non arreca danni alla salute ma che ha come unico scopo quello di unire pezzi di carne diversi in un unico prodotto di carne.

Anche se non sussiste un rischio per la salute, presentare questi pezzi di carne incollati come se si trattasse di un unico pezzo di prosciutto rappresenta effettivamente una froda a danno dei consumatori. Simili prodotti non possono essere vietati per motivi di salute ma devono recare diciture perfettamente chiare e puntuali che oltre al nome dell’additivo precisino i suoi effetti e descrivino chiaramente il prodotto addittivato. Un pezzo di carne tenuto insieme con la trombina non dovrà mai essere messo in commercio come prosciutto, bensì dovrà recare chiaramente la dicitura “Tagli di carne combinati, trattati con trombina”. Posso accettare che questa sostanza sia autorizzata solo a condizione che sia previsto un obbligo chiaro di indicazione dell’additivo.

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE), per iscritto. (EN) Il Parlamento ha votato oggi contro l’autorizzazione all’uso della trombina come additivo alimentare. Non conosciamo ancora le implicazioni di questa decisione dettata da una reazione emotiva alla carne ricostituita anziché da una valutazione scientifica dell’enzima in discussione. La Commissione ha precisato che l’EFSA, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, ha dichiarato tale sostanza priva di rischi per la salute.

La proposta della Commissione avrebbe autorizzato l’uso della trombina solo nei prodotti di carne preconfezionati che avrebbero indicato questo enzima derivato dal sangue nell’elenco degli ingredienti. La trombina è attualmente in uso e dopo la decisione odierna sarà invece bandita. E’ opportuno che il Parlamento decida cosa devono mangiare i cittadini o sarebbe forse meglio che fornisse loro informazioni su ciò che mangiano? Occorre fare i distinguo del caso.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) La proposta di includere la trombina derivata da bovini e/o suini nell’elenco degli additivi alimentari autorizzati nell’UE non ci garantisce in alcun modo che tale sostanza offra un vantaggio ai consumatori mentre potrebbe trarli in inganno. Inoltre la procedura di combinazione di diversi pezzi di carne aumenta sostanzialmente la superfice esposta alle infezioni di batteri patogeni. Ciò ha determinato la mia scelta di voto.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) In considerazione dell’aumento delle allergie e delle intolleranze alimentari, nonché delle nuove conoscenze che vengono acquisite mano a mano in questo campo è fondamentale che gli additivi siano regolamentati. Proprio alla luce degli scandali pregressi è fondamentale impedire che i consumatori siano tratti in errore. Sarebbe auspicabile approfondire la ricerca sull’innocuità e sulla tollerabilità di alcuni additivi come per esempio l’aspartame, ma ciò esula dal tema della presente relazione, per la quale ho comunque espresso un voto favorevole.

 
  
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  Rareş-Lucian Niculescu (PPE), per iscritto. (RO) Ho votato contro la risoluzione perché la trombina è un additivo considerato innocuo in termini di sicurezza alimentare. La carne trattata con la trombina potrebbe essere venduta con un’etichetta recante la dicitura “tagli di carne combinati” e un elenco dettagliato degli ingredienti, come previsto dalla legge. Ciò consentirebbe ai cittadini di compiere scelte informate e nessuno sarebbe indotto in errore. L’impiego della trombina consentirebbe a molti cittadini di acquistare prodotti alimentari a prezzi ben più abbordabili.

 
  
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  Franz Obermayr (NI), per iscritto. (DE) Mi oppongo all’aggiunta della trombina e alla combinazione di diversi tagli di carne, in genere poco pregiati. Il consumatore spesso non è informato e cade facilmente in errore, per di più questo processo alimentare non comporta alcun vantaggio accertato per i consumatori. Ho pertanto votato a favore di questa relazione volta a limitare simili pratiche.

 
  
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  Justas Vincas Paleckis (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore della risoluzione perché condivido l’idea che gli additivi dovrebbero essere utilizzati con moderazione negli alimenti e solo nei casi in cui offrono un valore aggiunto ai consumatori. Non credo che il “collante per carne” trombina risponda a questo requisito. Se il suo utilizzo si diffondesse, diventerebbe difficile per i consumatori riuscire a distinguere tra i tagli di carne unici e i prodotti composti da più pezzi combinati. Come indicato nella relazione, tali prodotti di carne sono più esposti ai rischi d’infezione. La trombina aiuterebbe solo i produttori a immettere nel mercato pezzi di carne che sarebbero altrimenti inutilizzabili. In tutti gli altri comparti industriali, l’Unione europea lotta contro le sofisticazioni e le contraffazioni. Non credo che l’industria alimentare dovrebbe costituire un’eccezione.

 
  
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  Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, la protezione dei consumatori è una delle esigenze primarie del Parlamento europeo, spesso il consumatore europeo è ignaro dei prodotti e degli additivi contenuti nei prodotti che si appresta ad acquistare.

Chiaramente, l'importanza di un'etichettatura chiara e precisa è evidente, tuttavia è necessario che noi, in qualità di legislatori, mettiamo al bando alcuni prodotti nocivi. Sebbene il progetto di direttiva della Commissione non consenta l'utilizzo di trombina come additivo alimentare nelle pietanze a base di carne servite nei ristoranti o in altri pubblici esercizi che servono alimenti, ciononostante esiste il rischio evidente che in tali pietanze finisca della carne contenente trombina, dati i prezzi più elevati che si possono applicare a pezzi di carne serviti come un unico taglio di carne.

Le condizioni di etichettatura, contenute nel progetto di direttiva della Commissione, non riuscirebbero a impedire che i consumatori ricevano un'impressione falsa e fuorviante riguardo all'esistenza di un prodotto costituito da un unico taglio di carne, e che pertanto esiste il rischio che i consumatori siano tratti in errore e messi nell'impossibilità di compiere una scelta consapevole riguardo al consumo di prodotti a base di carne contenente trombina. In ragione di ciò sono d'accordo con quanto espresso dalla risoluzione.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (FR) Sono oltremodo soddisfatto del voto odierno che vieta l’uso della trombina. Questa è una vittoria per i consumatori. Il problema della trombina non riguarda tanto la sua pericolosità, seppure sussistano alcune incertezze anche su questo aspetto, quanto il suo aspetto ingannevole. Senza un’adeguata informazione non è possibile distinguere a occhio nudo tra un pezzo unico di carne e un prodotto tenuto insieme dalla trombina.

E’ estremamente ingannevole. Usare la trombina significa mettere in vendita una sorta di carne prefabbricata e artificiale. Non vedo in questo alcun vantaggio per il consumatore. Eppure in alcuni Stati membri la trombina viene utilizzata all’insaputa dei consumatori. E’ ora di dire basta agli inganni o ai tentativi di mascheramento. Non è così facendo che gli industriali si riconquisteranno la fiducia dei consumatori.

 
  
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  Daciana Octavia Sârbu (S&D), per iscritto. (EN) Appoggio con convinzione questa risoluzione e gli sforzi per impedire l’approvazione della trombina o “collante per carne”. I consumatori sarebbero tratti in inganno perché penserebbero di stare comprando un taglio unico di carne mentre in realtà acquistano diversi pezzi di carne combinati insieme in modo artificiale. L’industria ha argomentato che simili sostanze consentono di produrre carne a basso costo per chi non può permettersi prodotti superiori, ma la realtà è che l’industria può così vendere pezzi di carne più piccoli a più soldi anziché a meno.

E permane anche la questione sanitaria: tanti piccoli pezzi di carne incollati tra loro hanno una superficie molto più ampia di un taglio di carne unico e ciò aumenta in maniera significativa la superficie a disposizione dei batteri patogeni.

Trarre in inganno il consumatore è contrario al diritto comunitario e inoltre questo utilizzo della trombina ha implicazioni potenzialmente gravi per la salute. Il mio voto è stato dunque favorevole.

 
  
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  Marc Tarabella (S&D), per iscritto. (FR) Mi compiaccio per l’approvazione “risicata” (370 voti dinanzi a un quorum minimo di 369) di questa risoluzione che tutela i consumatori dall’impiego della trombina come “collante per carne”, ovvero come additivo alimentare in grado di unire insieme pezzi di carne separati in modo da ottenere un unico prodotto a base di carne. E’ palese che il suo utilizzo potrebbe indurre in errore il consumatore in merito alla qualità del prodotto che sta acquistando. Insieme ai miei colleghi europei mi sono sentito in dovere di reagire con fermezza contro la volontà della Commissione di autorizzare l’utilizzo da parte dell’industria agroalimentare di un nuovo additivo che si pone come unico scopo quello di ingrassare gli utili delle aziende nel disprezzo dei diritti dei consumatori, compreso quello di ricevere informazioni certe sugli alimenti che decidono di consumare.

 
  
  

Relazione Perello Rodriguez (A7-0103/2010)

 
  
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  Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. (RO) Nel 2008 la Commissione ha presentato un Piano di azione per la donazione e il trapianto di organi (2009-2015) al fine di rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri nell’ambito della donazione di organi mediante lo scambio di buone pratiche. Le iniziative proposte in tale piano integrano il quadro normativo europeo contenuto nella proposta di direttiva della Commissione sulla donazione e sul trapianto di organi. Nonostante le differenze anche marcate tra gli Stati membri a livello di pratiche e risultati, lo scambio di informazioni e buone prassi contribuirà a migliorare la disponibilità di organi in quei paesi dove essa è alquanto esigua.

Le altre misure previste nel piano sono volte a migliorare la qualità e la sicurezza dei trapianti di organi, a creare un registro per la valutazione dei risultati post-trapianto e a istituire un sistema per lo scambio di organi destinati a pazienti particolari quali i bambini o gli adulti con bisogni speciali. Insieme ai deputati del mio gruppo ho votato a favore di questo piano che agevolerà la cooperazione tra Stati membri e contrasterà il traffico illecito di organi.

 
  
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  Regina Bastos (PPE), per iscritto. (PT) Il trapianto di organi si rivela indispensabile nella cura di alcune malattie, offre la possibilità di salvare vite umane e di migliorare la qualità di vita dei pazienti, oltre a garantire il miglior rapporto costo/benefici rispetto ad altre terapie sostitutive. Permangono diverse criticità in relazione a questa terapia, per esempio il rischio di trasmissione di malattie, la disponibilità limitata di organi e il traffico illegale degli organi.

Attualmente non esiste una banca dati europea contenente le informazioni sugli organi destinati alla donazione o al trapianto, oppure sui donatori viventi o deceduti. Non esiste neppure un sistema di certificazione paneuropeo che attesti l’origine legale di organi e tessuti umani. Ho votato a favore della relazione perché condivido i contenuti del Piano di azione per la donazione e il trapianto di organi (2009-2015) varato dalla Commissione nel dicembre 2008 che definisce un approccio cooperativo fra gli Stati membri sotto forma di una serie di azioni prioritarie, basate sull'individuazione e lo sviluppo di obiettivi comuni e la valutazione della donazione e delle attività di trapianto mediante indicatori concordati che potrebbero contribuire a individuare i parametri di riferimento e le pratiche migliori.

 
  
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  Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. (FR) Ogni giorno in Europa muoiono 12 persone per mancanza di un trapianto d’organo e altre 60 000 restano in attesa di un trapianto. Ciononostante non esiste ancora una rete per lo scambio di organi tra i 27 Stati membri. In attesa di una direttiva che sarà presto varata, ho votato con gli altri deputati una risoluzione che illustra gli orientamenti del Parlamento su questo tema. Tre in particolare sono i punti sensibili: lo scambio trasfrontaliero degli organi disponibili, l’informazione dei cittadini e l’identificazione dei donatori potenziali. La risoluzione suggerisce per esempio che i cittadini dovrebbero avere la facoltà di iscriversi in rete come “donatori volontari”.

 
  
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  Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. (RO) Un trapianto d’organo è l’ultima speranza di vita per migliaia di persone ogni giorno. In Romania ogni giorno muoiono 13 pazienti in attesa di un trapianto a causa della mancanza di donatori.

La Romania versa in una condizione drammatica con un solo donatore per ogni milione di abitanti. Ogni volta che il parlamento rumeno ha tentato di introdurre il concetto del consenso presunto, l’opinione pubblica lo ha respinto. I provvedimenti proposti dalla Commissione e dal Parlamento europeo possono solo portare un poco d’ordine e formulare raccomandazioni in un sistema cruciale per salvare il maggior numero di vite umane. L’apparato sanitario è tutt’altro che economico da mantenere. L’espianto degli organi e le operazioni di trapianto, con il conseguente trattamento post-trapianto, sono procedure costose ma ogni Stato membro deve compiere sforzi per incoraggiare queste pratiche mediche.

Per esempio, la Spagna offre un buon modello perché è riuscita a ottenere il più alto numero di donatori all’interno dell’Unione europea. Non occorre reinventare la ruota quando abbiamo un modello di successo già disponibile. In questa situazione la presente direttiva, la cooperazione tra gli Stati membri e lo scambio di organi adeguatamente regolamentato da norme di qualità e di sicurezza sono per noi fonte di incoraggiamento.

 
  
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  Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) Le cifre parlano da sole. All’incirca 60 000 pazienti sono in attesa di un trapianto in uno degli Stati membri dell’UE. Di questi, ogni giorno 12 perdono la vita. Nell’UE la disponibilità di organi varia sostanzialmente da da paese a paese: da 33,8 donatori deceduti in Spagna a 1 donatore deceduto in Romania per ogni milione di persone. Lo scarto tra la domanda e l’offerta di organi è sfruttato dalle organizzazioni criminali per fare quattrini. Il Piano di azione per la donazione e il trapianto degli organi presentato dalla Commissione è uno strumento valido che si propone di rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri al fine di aumentare la disponibilità di organi, migliorare l’efficacia e l’accessibilità dei sistemi di trapianto, migliorare la qualità e la sicurezza degli organi e promuovere lo scambio delle pratiche migliori.

Ho votato a favore della relazione Perello perché propone una serie di azioni prioritarie che massimizzano la percentuale di donazioni da parte dei donatori, introducono la figura del coordinatore dei trapianti in tutti gli ospedali in cui la donazione è contemplata, sensibilizzano il pubblico, migliorano le conoscenze e le competenze dei professionisti sanitari e dei gruppi di sostegno per i pazienti, propongono la creazione di registri per agevolare la valutazione dei risultati post-trapianto.

 
  
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  Marielle De Sarnez (ALDE), per iscritto. (FR) Le donazioni e i trapianti di organi aumentano di anno in anno in Europa e consentono di salvare migliaia di vite. Rimangono purtroppo molteplici ostacoli, giacché la loro quantità resta inferiore al fabbisogno. Ogni giorno nell’Unione europea una dozzina di pazienti muore per mancanza di donatori compatibili. La donazione di organi varia sensibilente da uno Stato membro all’altro, oscillando tra le 34,6 donazioni per milione di abitanti in Spagna e lo 0,5 in Romania. Inoltre lo scambio di organi è poco praticato tra gli Stati membri. Il voto del Parlamento europeo pone la prima pietra di una rete europea in grado di rispondere ai requisiti di rapidità, flessibilità e sicurezza dei trapianti, sul modello d’Eurotransplant (Austria, Benelux, Croazia, Germania, Paesi Bassi e Slovenia) e di Scandiatransplant (Svezia, Danimarca, Finlandia, Norvegia e Islanda). Di pari passo, l’Unione europea promuoverà l’utilizzo della carta del donatore che è teoricamente approvata dall’81 per cento dei cittadini europei ma detenuta da appena il 12 per cento di essi. Gli Stati membri devono farsi garanti della gratuità, tracciabilità e riservatezza delle donazioni al fine di contrastare il traffico internazionale di organi.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) La discordanza nella percentuale dei donatori di organi nei vari paesi europei sembra suggerire che il sistema è più efficente presso alcuni Stati membri rispetto ad altri. I sistemi più efficaci andrebbero studiati e possibilmente replicati dai paesi più carenti. In questo ambito strettamente connesso alla salute e alla vita delle persone, oltre all’adozione delle pratiche migliori è ovviamente necessario ottimizzare le risorse e utilizzare su scala europea la disponibilità di organi.

E’ assurdo che un paziente muoia in un paese per la mancanza di un organo che potrebbe essere disponibile altrove. Sono d’accordo che chiunque incoraggi e promuova il cosiddetto “turismo dei trapianti” debba essere punito, come deve essere sanzionato il ricorso alle reti illecite di traffico degli organi. Le pene devono essere particolarmente severe nei confronti del personale medico o delle compagnie di assicurazione. Sottolineo la necessità di un monitoraggio efficace sia sui riceventi che sui donatori altruisti e volontari, nei confronti dei quali abbiamo tutti un debito di gratitudine.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Attualmente nell'UE sono 56 000 i pazienti in attesa di un donatore compatibile di organi e ogni giorno 12 persone muoiono in attesa di un trapianto d'organo solido. I trapianti d’organo rappresentano l’unica possibilità terapeutica per pazienti con insufficienze epatiche, cardiache e polmonari in fase terminale. Tuttavia esiste una discrepanza considerevole tra il numero di pazienti in attesa di un trapianto e il numero dei trapianti effettuati. Questo divario è il risultato di una carenza di organi disponibili per il trapianto rispetto al fabbisogno. L’inclusione di un numero maggiore di pazienti nelle liste d’attesa e contestualmente l’aumento solo minimo nel numero di coloro che ricevono un trapianto si traduce in tempi di attesa sempre più lunghi. Ma il tempo è tiranno e può incidere negativamente sia sul tasso di sopravvivenza dei pazienti che sul tasso di riuscita degli impianti. La Commissione ha proposto un Piano di azione europeo per la donazione e il trapianto di organi nel periodo 2009-2015 che definisce un approccio cooperativo fra gli Stati membri sotto forma di una serie di azioni prioritarie, basate sull'individuazione e lo sviluppo di obiettivi comuni e la definizione di indicatori e parametri di riferimento consensuali, quantitativi e indicativi, su una rendicontazione periodica e sulla diffusione delle pratiche migliori.

 
  
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  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Il trapianto di organi può assicurare ancora diversi anni di vita piena e sana a chi avrebbe altrimenti necessitato di cure intensive o sarebbe deceduto. Nell’Unione europea i trapianti sono in aumento e contribuiscono a salvare o prolungare molte vite.

Ciò non toglie che rimangono lunghi i tempi di attesa per ottenere un trapianto. Attualmente nell'Unione europea sono 56 000 i pazienti in attesa di un donatore compatibile di organi e ogni giorno 12 persone muoiono in attesa di un trapianto d'organo solido. Il numero di donatori di organi deceduti non è sufficiente e il numero di donatori viventi è pure inferiore al fabbisogno.

Esistono peraltro differenze sostanziali nel tasso di organi provenienti da donatori deceduti dei singoli Stati membri e attualmente non vi è né una banca dati comune che copra l'intera Unione europea, contenente informazioni sugli organi destinati alla donazione e al trapianto o sui donatori viventi o deceduti, né un sistema di certificazione che fornisca la prova che organi e tessuti umani sono stati ottenuti legalmente. In questo contesto, la relazione in discussione suggerisce alcuni passi che consideriamo importanti per rafforzare la cooperazione tra gli Stati europei in questo ambito a vantaggio di tutti.

 
  
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  Nick Griffin (NI), per iscritto. (EN) La perenne scarsità di organi per i trapianti interferisce con gli eccezionali sforzi compiuti dal personale medico per aiutare i pazienti. E’ demoralizzante che i donatori siano così pochi e che ciò alimenti vili attività criminali. Tentare di risolvere questi problemi con la creazione di una banca dati europea è però sbagliato. E’ ingenuo riporre le nostre speranze in una banca dati di scala comunitaria, con le inevitabili differenze linguistiche e nei sistemi informatici, quando nel Regno Unito il tentativo di creare una simile banca dati per il servizio sanitario nazionale è fallito nonostante l’investimento di diversi miliardi di sterline.

I servizi sanitari europei non hanno denaro neppure per le necessità primarie e sono vittime di tagli selvaggi mentre i normali cittadini pagano per il crollo dell’economia globale. Alla luce della situazione attuale si può fare molto di più per incoraggiare le donazioni tramite investimenti in programmi educativi su scala nazionale, piuttosto che stornare fondi per finanziare interferenze burocratiche ben intenzionate. Inoltre la disponibilità di un organo ha tempi limitatissimi. Una rete su scala europea tornerebbe utile solo a pochi pazienti. Una simile proposta è l’ennesima operazione cosmetica a giustificazione di un programma che non ha nulla a che fare con il benessere dei pazienti e molto a che fare con il dogma federalista.

 
  
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  Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. (FR) Ogni anno in Europa muoiono diverse migliaia di persone che non hanno potuto sottoporsi a un trapianto in tempo utile. Urge mettere in atto dei dispositivi europei che facilitino gli scambi intracomunitari di organi umani destinati al trapianto grazie al rafforzamento delle norme di qualità e sicurezza in questo ambito. In ragione di quanto sopra ho votato a favore di questa direttiva che mira a proteggere i donatori viventi e i riceventi garantendo principi etici fondamentali quali l’anonimato, il volontariato e la natura inalienabile del corpo umano che non deve diventare merce di scambio. L’idea di istituire una rete tra le autorità competenti degli Stati membri mi pare altrettanto positiva, come pure quella dell’iscrizione on-line nei registri nazionali o europei. Certo, occorrerà prendere tutte le precauzioni del caso per vigilare sul buon funzionamento di queste iniziative.

 
  
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  Véronique Mathieu (PPE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della relazione relativa al Piano d’azione 2009-2015 per la donazione e il trapianto di organi. I progressi tecnici compiuti nel trapianto di organi è una fonte di speranza incommensurabile per chi ha nel trapianto l’unica terapia possibile. La criticità principale rimane oggi la penuria di donatori d’organi, comprovata dale lunghe liste di pazienti in attesa di un trapianto. La soluzione va ricercata anche nelle misure di individuazione dei donatori potenziali ed è senz’altro possibile migliorare significativamente la percentuale di donazioni di organi in Europa. Come ha sottolineato il relatore, la presenza di un responsabile delle donazioni negli ospedali rappresenta probabilmente un elemento chiave per un’organizzazione ottimale in questo ambito.

Il rafforzamento della cooperazione tra gli Stati membri renderà possibile un migliore scambio d’informazioni e di buone pratiche al fine d’incrementare il tasso di donazione. Per esempio, dare la possibilità ai cittadini di iscriversi a un registro dei donatori all’atto della richiesta del passaporto o della patente è un’iniziativa che merita di essere presa in considerazione dagli Stati membri e che personalmente giudico positiva, come la maggioranza dei mei colleghi.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Abbiamo approvato questa nuova direttiva per diversi motivi, ma in particolare perché crediamo che sarà fondamentale per salvare molte vite nell’UE. Nell’UE muoiono ogni giorno dodici pazienti e 60 000 sono in attesa di un donatore compatibile per un trapianto d’organo. I trapianti sono in costante aumento da un paio di decenni e rimangono l’unica terapia possibile per i casi di insufficienze in fase terminale di organi quali il fegato, i polmoni e il cuore. Il tasso di mortalità per i pazienti in attesa di un trapianto di cuore, fegato o polmoni si aggira tra il 15 e il 30 per cento, ma questa nuova direttiva consentirà di ridurre i tempi di attesa per chi necessita di un trapianto d’organo. Ciò ha motivato la mia scelta di voto.

 
  
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  Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, garantire la qualità e la sicurezza per i pazienti a livello UE, garantire la protezione dei donatori e facilitare la cooperazione tra Stati membri, sono questi i tre obiettivi fondamentali quando si parla di donazione e trapianto di organi.

Un approccio europeo alla questione è importante, data anche la mobilità dei nostri pazienti all'interno dell'Unione europea. In generale, nell'Unione europea esiste un ampio consenso sociale sulla donazione di organi a scopo di trapianto, tuttavia, a causa del diverso bagaglio culturale, delle diverse tradizioni e dei diversi sistemi organizzativi, tra gli Stati membri esistono differenze nell'approccio a tale questione.

Abbiamo, infatti, paesi con un elevato tasso di donazioni, mentre altri in cui la cultura della donazione deve ancora svilupparsi. La condivisione delle migliori prassi, dei modelli e delle esperienze all'interno dell'Unione europea potrebbe risultare molto utile ai fini dell'aumento del tasso di donatori di organi.

Occorre incoraggiare la cooperazione al fine di identificare gli elementi di successo dei diversi sistemi di trapianto e di promuoverli a livello europeo, nell'ottica di migliorare le garanzie di elevata qualità e sicurezza nell'ambito della donazione e del trapianto di organi. Per questi motivi esprimo il mio voto favorevole.

 
  
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  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) La presente relazione propone una serie di azioni volte a rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri in materia di trapianti per contribuire all’aumento del numero di trapianti, alla riduzione dei tempi di attesa e dunque anche del numero di pazienti che muoiono in attesa di un organo. Il piano d’azione prevede inoltre alcune norme di qualità e sicurezza per gli Stati membri che oltre a facilitare la cooperazione tra paesi rafforzano anche la tutela dei pazienti. La creazione di registri nazionali e comunitari per tenere traccia di diversi aspetti attinenti ai trapianti (evitare le discriminazioni, monitorare i risultati, ecc.) è pure un’iniziativa lodevole. Si avrà un quadro più chiaro della situazione odierna in Europa e si ridurranno i traffici illeciti di organi. La relazione sostiene il piano d’azione e ribadisce la necessità e l’urgenza di queste iniziative, prende fermamente posizione contro qualsiasi forma di commercio degli organi praticata in varie parti del mondo. Credo che la relazione contribuisca con alcune integrazioni importanti alla proposta della Commissione su una causa umana importante nell’ambito dell’assistenza sanitaria garantita ai cittadini europei.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto.(ES) Desidero complimentarmi con l’onorevole Perello Rodriguez del gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici al Parlamento europeo per questa relazione. Il piano di azione farà si che le 60 000 persone attualmente in attesa di un organo vedranno allungarsi notevolmente le loro aspettative di vita. E’ importante sottolineare la posizione di punta assunta dal sistema sanitario spagnolo in questo ambito e riconosciuta sia dai relatori che dai diversi gruppi.

 
  
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  Olga Sehnalová (S&D), per iscritto.(CS) Ho votato a favore della relazione sebbene ritengo sia fondamentale concentrarsi innanzi tutto sulle iniziative volte a incrementare il numero di donatori negli Stati membri, tenuto conto delle diverse pratiche dei sistemi sanitari nazionali. Occorre valutare questo tema con rigore dal punto di vista del principio di sussidiarietà.

 
  
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  Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto. (LT) Onorevoli deputati, le statistiche parlano da sole. Secondo la relazione vi sono attualmente 56 000 pazienti nell’Unione europea in attesa di un donatore d’organi compatibile. Ogni giorno dodici persone muoiono in attesa di un trapianto d’organo. Putroppo queste morti sono dovute alla grave penuria di donatori d’organi e a un coordinamento transfrontaliero inadeguato. Questo tema sensibile ha diversi risvolti giuridici e culturali. La situazione risulta ulteriormente complicata dalle diverse politiche nazionali degli Stati membri e da un significativo divario nelle percentuali di donatori. Sarebbe possibile ovviare in parte a questa penuria tramite una banca dati UE e un sistema di certificazione che fornirebbero informazioni sulla disponibilità di organi legalmente ottenuti e di qualità controllata.

E’ importante anche mobilitare e informare la società. Molti cittadini UE non sono contro la donazione per principio ma hanno paura di iscriversi nel registro. La donazione dovrebbe essere facilmente accessibile e la promozione molte volte si rivela efficace. Sarei favorevole per esempio a formulari che consentono ai cittadini di iscriversi direttamente nel registro dei donatori d’organi nel momento in cui fanno domanda per la patente di guida. La penuria di organi per i trapianti è un forte incentivo al traffico di organi e di esseri umani. L’UE dovrebbe migliorare il coordinamento per la donazione e i trapianti perché, come possiamo vedere, le regioni europee più povere stanno diventando un terreno fertile per il commercio illegale di organi.

 
  
  

Relazione Atondo (A7-0144/2010)

 
  
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  Sophie Auconie (PPE), per iscritto. (FR) Accolgo con favore il fatto che il trattato di Lisbona preveda l’adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Tale adesione diventerà effettiva soltanto se si raggiungerà l’unanimità tra i membri del Consiglio e si otterrà l’approvazione del Parlamento europeo. Dal canto mio, desidero esprimere il più totale sostegno all’adesione, che andrà a integrare il sistema europeo di tutela dei diritti fondamentali.

 
  
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  Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. (FR) Il trattato di Lisbona prevede l’adesione obbligatoria dell’Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Non si tratta di un’adesione puramente simbolica: permetterà, infatti, di migliorare la tutela dei diritti fondamentali dei cittadini europei e, inoltre, farà sì che le decisioni prese e le azioni attuate nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune siano subordinate alla Convenzione europea, anche se esulano dalla competenza giurisdizionale della Corte di giustizia europea.

 
  
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  Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. (LT) Il trattato di Lisbona crea la base giuridica per l’adesione dell’Unione europea alla CEDU, lo strumento più importante per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali in Europa, vale a dire il cuore dell’Unione stessa. L’adesione dell’UE alla Convenzione permetterà di consolidare ulteriormente il sistema per la tutela dei diritti fondamentali all’interno dell’Unione. Desidero esprimere il mio sostegno a questa proposta, che rappresenta un’opportunità storica e consente di tutelare sulla stessa base i diritti umani e le libertà fondamentali per i cittadini europei e gli Stati membri. La Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo riceverà la competenza giurisdizionale di verificare che le leggi delle istituzioni, degli organismi e delle agenzie comunitari, comprese le sentenze della Corte di giustizia europea, ottemperino alle disposizioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo E’ di fondamentale importanza che i cittadini dispongano di un nuovo strumento per difendere i propri diritti: una volta esauriti tutti i mezzi giuridici nazionali, potranno adire la Corte europea dei diritti dell’uomo in merito a presunte violazioni dei diritti umani fondamentali da parte dell’Unione, incoraggiando in questo modo l’armonizzazione del sistema giuridico in materia di diritti umani. L’applicazione uniforme e completa della Carta dei diritti fondamentali a livello comunitario è ugualmente essenziale per garantire la credibilità dell’Unione. Poiché l’adesione alla Convenzione avrà notevoli ripercussioni giuridiche sulla creazione di un sistema per la tutela dei diritti umani armonioso, invito la Commissione e gli Stati membri a considerare la possibilità di elaborare orientamenti che espongano chiaramente le conseguenze dell’adesione, gli effetti per i diritti umani e la procedura prevista per la presentazione di un esposto.

 
  
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  Carlos Coelho (PPE), per iscritto. (PT) I diritti umani e le libertà fondamentali rappresentano l’insieme di valori e principi che ci contraddistinguono in quanto esseri umani e sono alla base della nostra coesistenza: sono universali, indivisibili e interdipendenti. L’entrata in vigore del trattato di Lisbona costituisce una svolta importante in materia di diritti umani, non solo perché rende vincolante la Carta dei diritti fondamentali, ma anche perché, conferendo all’Unione europea personalità giuridica, le permette di aderire alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU). Tale adesione assume la massima importanza, sia politica sia giuridica, per la creazione di un vero e proprio ambito dei diritti umani. Per quanto riguarda le azioni compiute dall’Unione, cui gli Stati membri hanno trasferito importanti poteri, l’adesione permetterà di garantire ai cittadini un livello di tutela pari a quello di cui attualmente godono nei confronti degli Stati membri.

Le istituzioni europee sono obbligate a ottemperare alla Convenzione, non da ultimo nell’iter di elaborazione e di approvazione dei progetti di legge. D’altro canto, l’armonizzazione legislativa e giurisprudenziale tra l’UE e la CEDU in materia di diritti dell’uomo deve contribuire alla creazione di un sistema integrato, in cui le Corti europee competenti per i diritti umani (vale a dire la Corte di giustizia europea e la Corte europea dei diritti dell’uomo) funzioneranno in sincronia, in un rapporto che non si fonda sulle gerarchie, ma sulla specializzazione.

 
  
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  Proinsias De Rossa (S&D), per iscritto. (EN) Desidero esprimere il mio sostegno a questa relazione sull’adesione dell’Unione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), prevista dal trattato di Lisbona. Le istituzioni comunitarie rientreranno ora nel sistema di tutela dei diritti fondamentali. L’adesione comunitaria alla CEDU darà maggior vigore agli appelli dell’Unione nei confronti dei paesi terzi affinché rispettino i suoi standard in materia di diritti umani, e tutelerà i cittadini europei dagli interventi comunitari come dalle azioni degli Stati membri. Nonostante l’Unione non entri a far parte del Consiglio d’Europa (CdE), l’adesione alla Convenzione dovrebbe conferirle il diritto di presentare candidati per l’incarico di giudice e dovrebbe garantire che il Parlamento europeo sia rappresentato in seno all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa in occasione dell’elezione dei giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo. Inoltre, per continuare lungo il cammino intrapreso, alla Commissione dovrebbe essere affidato il mandato di negoziare l’adesione ai protocolli integrativi della CEDU che riguardano i diritti sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali. Il prossimo passo da compiere, a rigor di logica e anche in accordo con la suddetta Carta, è l’adesione delle istituzioni comunitarie alla Carta sociale europea.

 
  
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  Philippe de Villiers (EFD), per iscritto. (FR) La salvaguardia dei diritti umani fondamentali deve rimanere di competenza nazionale perché le interpretazioni variano da un paese all’altro e da una cultura all’altra, con particolare riguardo ai concetti di discriminazione, laicismo e alla definizione stessa della vita umana (dal concepimento alla sua fine naturale).

La Corte di giustizia europea, le cui sentenze stanno assumendo sempre più una connotazione politica, cercherà di indebolire un po’ di più i sistemi costituzionali nazionali e le fondamenta della civiltà europea. L’adesione dell’Unione europea alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali, oltre a rappresentare un inutile spreco di risorse, genererà confusione e produrrà conflitti giuridici irrisolvibili con la Corte di Strasburgo.

Per una questione di razionalità, mi oppongo dunque a questo nuovo effetto della personalità giuridica dell’UE, sancita dal trattato di Lisbona.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Mi sono espressa a favore di questa relazione perché ritengo che l’adesione dell’Unione europea alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali (CEDU) rappresenti un messaggio di notevole impatto: questa adesione rafforzerà altresì la credibilità dell'Unione presso i paesi terzi a cui essa chiede regolarmente il rispetto della CEDU.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) L’adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali è il risultato di un processo iniziato a Maastricht, quando fu conferita personalità giuridica alla Comunità europea, e che vede il proprio culmine nel trattato di Lisbona. L’adozione della Carta dei diritti fondamentali, inizialmente con un ambito limitato e successivamente estesa attraverso l’integrazione nel trattato, ha rappresentato una tappa fondamentale di questo processo.

Adesso l’Unione europea è molto più partecipe di un settore dei diritti umani che abbraccia tutto il continente, e desidero esprimere il mio apprezzamento per questo progresso. Mi auguro che si possa trovare una soluzione alle diverse questioni giuridiche, tecniche e istituzionali che attualmente si pongono, e che queste possano essere basate sul principio di sussidiarietà, sulla cooperazione volontaria tra gli Stati membri, sul rispetto delle sovranità nazionali e dei sistemi giuridici di ciascuno, nonché sullo stato di diritto.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Accolgo con favore l’adozione di questa relazione, che rafforza l’impegno dell’UE a favore della Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali (CEDU): si tratta di un passo avanti tanto nel processo di integrazione europea quanto verso l’unità politica. Inoltre, poiché l’integrazione della Carta dei diritti fondamentali nel diritto primario consolida e rafforza il sistema comunitario per la tutela dei diritti umani fondamentali, l’adesione dell’UE alla CEDU invierà un chiaro segnale di coerenza tra l’Unione, i paesi membri del Consiglio d’Europa e il regime paneuropeo in materia di diritti umani. Questa adesione rafforzerà altresì la credibilità dell'Unione presso i paesi terzi a cui, nel quadro dei suoi rapporti bilaterali, essa chiede regolarmente il rispetto della CEDU. Inoltre, per quanto riguarda le attività dell’Unione, l’adesione assicurerà ai cittadini una protezione simile a quella di cui già godono nelle proprie relazioni con tutti gli Stati membri.

 
  
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  Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. (FR) Mi sono espressa a favore di questa relazione per dare il via libera ai negoziati per l’adesione dell’UE, in quanto persona giuridica a tutti gli effetti, alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. L’adesione fornirà ai cittadini un nuovo strumento di ricorso, consentendo loro di deferire le cause alla Corte europea dei diritti dell’uomo qualora la violazione dei diritti fondamentali avvenga ad opera di un’istituzione comunitaria o di uno Stato membro a seguito di una loro azione o mancata azione. E’ necessario continuare a insistere sull’adesione dell’UE ai protocolli aggiuntivi della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e alla Carta sociale europea riveduta, affinché l’Unione compia passi in avanti anche su questi fronti.

 
  
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  Petru Constantin Luhan (PPE), per iscritto. (RO) A seguito dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea impone all’UE di aderire alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Desidero esprimere il mio sostegno a questa misura, che permetterà di accrescere la credibilità dell’Unione agli occhi dei cittadini, assicurando il rispetto dei diritti. L’adesione alla Convenzione tutelerà i cittadini da azioni dell’Unione e delle sue istituzioni, garantendo lo stesso livello di tutela di cui essi godono attualmente per le azioni degli Stati membri. Al contempo sarà possibile rafforzare la cooperazione tra la Corte di giustizia europea, la Corte europea dei diritti dell’uomo e i tribunali nazionali.

 
  
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  Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. (FR) Le sentenze della Corte dei diritti umani riguardanti la separazione tra Stato e Chiesa sono in linea con la tradizione laica della Repubblica francese, come dimostrano le sentenze che vietano a un’insegnante di indossare il velo in classe nonché di esporre il crocifisso nelle scuole. Tuttavia, la Corte di giustizia prevede la limitazione delle libertà civili soltanto se i valori sanciti dai testi fondanti dell’Unione lo richiedono. Purtroppo tali testi non citano in nessun punto l’obbligo di separare Stato e Chiesa né tanto meno la laicità delle istituzioni. L’Unione non è dunque in grado di garantire la libertà di coscienza dei propri cittadini.

 
  
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  Wojciech Michał Olejniczak (S&D), per iscritto.(PL) Il rispetto dei diritti umani è stato sin dall’inizio uno dei pilastri dell’Unione europea: è un valore che continua a rivestire un ruolo fondamentale negli interessi dell’Unione e la giurisprudenza europea ne fornisce prova, insieme alle disposizioni costituzionali di ogni Stato membro. L’adesione dell’Unione europea alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali (CEDU) rappresenta un passo notevole verso il rafforzamento della tutela dei diritti fondamentali. Questa decisione integra l’Unione europea all’interno del sistema internazionale per la tutela dei diritti, accrescendone così la credibilità agli occhi dei paesi terzi e dei cittadini. Pur non alterando l’assetto istituzionale dell’Unione, la Convenzione aggiunge però una nuova corte, la Corte europea dei diritti dell’uomo, che monitorerà il rispetto, da parte dell’Unione, degli obblighi derivanti dalle disposizioni della CEDU. Poiché la relazione sugli aspetti istituzionali dell’adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali contiene disposizioni che sono coerenti con le precedenti considerazioni, ho deciso di esprimermi a favore della sua adozione.

 
  
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  Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'importanza dell'adesione dell'Unione europea alla CEDU è legata sia alla sua valenza simbolica e politica, sia al fatto che si renderà più stringente per l'UE, e per le sue istituzioni, l’obbligo di garantire i diritti fondamentali degli individui. L'entrata in vigore del trattato di Lisbona fornisce la base giuridica per avviare i negoziati relativi all'adesione dell'UE alla CEDU.

Sostengo l’adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Questione preliminare indispensabile, però, è il rispetto di alcune garanzie che l’accordo relativo all’adesione dell’Unione alla CEDU deve contenere. In particolare, preservare le caratteristiche specifiche dell’Unione e del diritto dell’Unione, l’adesione non deve incidere sulle competenze dell’Unione né sull’obbligo degli SM a non sottoporre le controversie che ricadono nella sfera di applicazione del diritto UE a sistemi esterni di soluzione delle controversie. Occorre, poi, in ultima analisi, salvaguardare le prerogative della Corte di giustizia qualora la Corte di Strasburgo sia chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità di un atto UE con i diritti fondamentali prima che la Corte di giustizia abbia avuto modo di farlo.

 
  
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  Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio il relatore per l'ottimo lavoro svolto sull'adesione dell'Unione europea alla Convenzione per i diritti dell'uomo, che rappresenta un beneficio per i cittadini europei perché grazie ad essa ci sarà un nuovo tribunale, esterno all'Unione europea, per assicurare che i diritti dei cittadini europei siano sempre rispettati dall'Unione europea e dagli Stati membri.

In virtù del principio di democrazia, l'Unione europea e gli Stati membri devono avere sempre il diritto di potersi difendere, per questo credo sia fondamentale che ogni nazione che aderisce alla convenzione debba avere un giudice che spieghi il contesto di ogni ricorso, così come ritengo importante che il Parlamento europeo abbia un organo informale con lo scopo di coordinare lo scambio di informazioni fra il Parlamento e l'assemblea parlamentare del Consiglio, ed importante che il Parlamento sia inoltre consultato e coinvolto nel processo di negoziazione.

 
  
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  Evelyn Regner (S&D), per iscritto. (DE) Ho votato a favore della risoluzione perché ritengo che l’adesione dell’Unione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) rappresenti un passo cruciale al fine di garantire certezza del diritto e coerenza. Negli ultimi decenni, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha emesso numerose sentenze che danno corpo alla difesa dei diritti fondamentali dei cittadini europei. L’adesione alla Convenzione dell’Unione europea potrà contribuire ad accrescerne la credibilità agli occhi dei paesi terzi.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto.(ES) Desidero esprimere il mio compiacimento per l’adozione della relazione presentata dall’onorevole collega Jáuregui concernente l’adesione dell’UE alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Temo che alcuni onorevoli colleghi eurofobici si ostineranno a negare la necessità di tale misura, che, a mio parere, comporti invece una maggiore tutela dei diritti umani all’interno dell’Unione.

 
  
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  Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. (PT) L’adesione dell’UE alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali era già propugnata nel trattato sull’Unione europea e l’entrata in vigore del trattato di Lisbona ha reso tale misura obbligatoria. L’adesione consoliderà la salvaguardia dei diritti umani in Europa e sottoporrà il sistema giuridico comunitario a un controllo giuridico esterno, assicurando l’armonizzazione della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e della Corte europea dei diritti dell’uomo e tutelando i cittadini dalle azioni delle istituzioni europee a condizioni simili a quelle vigenti per gli Stati membri.

E’ opportuno sottolineare che l’adesione non comporta l’entrata dell’UE nel Consiglio d’Europa né tanto meno mette in discussione l’autonomia del diritto comunitario, poiché la Corte di giustizia dell’Unione europea rimane l’unica autorità con facoltà di esprimersi su questioni relative alla validità e all’interpretazione delle leggi comunitarie. Vorrei inoltre porre l’accento sulla possibilità di proporre candidature comunitarie e nominare un giudice che rappresenti l’Unione, nonché sulla necessità, cui si fa riferimento, di tenere debitamente informato il Parlamento sui negoziati di adesione e di creare un meccanismo per lo scambio di informazioni tra le assemblee parlamentari di entrambe le istituzioni.

 
  
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  Rafał Trzaskowski (PPE), per iscritto.(PL) Vorrei esprimere il mio sostegno a favore della relazione, in particolar modo perché amplia il sistema per la tutela dei diritti umani all’interno dell’Unione europea e le conferisce maggiore credibilità agli occhi dei cittadini. Il valore aggiunto apportato dall’adesione alla Convenzione sarà tangibile nei casi in cui non è possibile fare ricorso a livello nazionale o europeo, in quelli in cui al firmatario di una petizione viene negato il permesso di agire in giudizio o ancora nelle situazioni in cui non è possibile convenire in giudizio un’istituzione europea. Esorto quindi a continuare in questa lotta per rafforzare il sistema per la tutela dei diritti umani all’interno nell’Unione europea.

 
  
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  Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto. (LT) Onorevoli colleghi, come ben noto a tutti, il rispetto dei diritti umani è un valore fondamentale dell’Unione ed è sancito dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea. E’ indubbio che, se si adotteranno le giuste misure, l’adesione dell’UE alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle liberta fondamentali (CEDU) possa rappresentare un’opportunità storica per migliorare la situazione dei diritti umani nell’Unione e in tutta Europa. Questa potrebbe essere la nostra chance per garantire il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali dei cittadini europei. L’adesione dell’UE alla CEDU rappresenta infatti un’eccellente opportunità affinché l’Europa si ponga come alfiere della moralità e funga da modello esemplare. L’adesione non solo accrescerebbe la credibilità dell’Unione nelle relazioni con paesi non membri, ma migliorerebbe l’opinione dei cittadini in merito alle strutture comunitarie. Tuttavia, sarà possibile raggiungere questi obiettivi solo se concentreremo tutti i nostri sforzi sull’eliminazione di ogni incongruità dai programmi politici e dai sistemi giuridici.

Come hanno purtroppo dimostrato gli eventi degli ultimi anni, le accuse presentano spesso sfumature meramente politiche. I tribunali sia nel mio paese che nel resto d’Europa sono ancora molto spesso esposti alle manipolazioni politiche. A meno che questa situazione non cambi, eventi fondamentali quali l’adesione dell’Unione alla CEDU risulteranno soltanto uno spreco di tempo. Desidero quindi esprimere il mio più totale sostegno all’adesione alla CEDU, soprattutto perché comporterà un’effettiva tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali all’interno dell’UE stessa.

 
  
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  Geoffrey Van Orden (ECR), per iscritto. (EN) Mi esprimo a favore della CEDU pur riconoscendo che l’interpretazione giuridica di alcune disposizioni della Convenzione ha ostacolato l’estradizione di alcuni sospettati di terrorismo: la situazione deve essere modificata.

A prescindere da qualunque manifestazione di rispetto per la posizione degli Stati membri in merito alla CEDU, l’adesione dell’Unione europea alla Convenzione complicherà e probabilmente annullerà la libertà degli Stati membri di interpretare individualmente o derogare a taluni aspetti della CEDU.

Da un punto di vista strettamente politico, mi oppongo fermamente alla diffusa tendenza a considerare l’adesione dell’UE alla CEDU “un progresso nel processo di integrazione europea e un passo avanti verso l’Unione politica”. Questa aspirazione perversa trova riscontro anche nell’affermazione secondo cui l’adesione dell’UE rappresenta “l’adesione di una parte ‘non Stato’ a uno strumento giuridico creato per gli Stati”. Ho votato quindi a sfavore della risoluzione per le motivazioni fin qui esposte.

 
  
  

Risoluzione: Conferenza di revisione sullo Statuto di Roma della Corte penale internazionale a Kampala, Uganda (B7-0265/2010)

 
  
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  Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. (RO) L’organizzazione della conferenza della Corte penale internazionale in Uganda lancia un segnale importante: l’accettazione di questa istituzione internazionale in tutto il continente africano, in particolare perché le prime inchieste della Corte, dopo la sua istituzione nel 2002, sono state avviate proprio qui. L’importanza di una Corte internazionale che si occupa di casi gravi, concernenti la violazione dei diritti umani, genocidi, crimini contro l’umanità e crimini di guerra, è sicuramente innegabile. E’ dunque di cruciale importanza che sempre più Stati riconoscano l’autorità della Corte penale internazionale e che i firmatari dello Statuto di Roma ratifichino l’accordo nel più breve tempo possibile. L’idea di istituire una Corte internazionale per esaminare i casi di crimini contro l’umanità emerse già nel 1919, nel corso della Conferenza di pace di Parigi. Sono stati necessari 83 anni per raggiungere un accordo internazionale e istituire la Corte penale internazionale e, allo stadio attuale, gli Stati che hanno ratificato lo Statuto di Roma della Corte sono tenuti anche a disciplinare la sua facoltà di condurre indagini su crimini di aggressione. Gli Stati firmatari devono inoltre armonizzare la legislazione nazionale con le disposizioni previste dallo Statuto di Roma, conformemente agli impegni presi.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) L’Unione europea ha sempre sostenuto fermamente la Corte penale internazionale e tutti gli Stati membri partecipano alla sua adesione a questo importante tribunale. Auspico che gli Stati parte possano essere all’altezza delle loro responsabilità e che la conferenza di Kampala rafforzi la capacità della Corte penale internazionale di affrontare le sfide del nostro tempo, le garantisca l’adeguata cooperazione dei sistemi giuridici nazionali e le offra mezzi sufficienti a esercitare efficacemente la propria autorità: lo richiede proprio l’enorme gravità dei crimini su cui la corte più si concentra.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) L’Unione europea è una ferma sostenitrice della Corte penale internazionale, che promuove l’universalità e vigila sull’integrità dello Statuto di Roma al fine di salvaguardare e consolidare l’indipendenza, la legittimità e l’efficacia della giustizia internazionale. L’Unione, infatti, promuove sistematicamente l’inclusione di una clausola relativa alla Corte penale internazionale nei negoziati su mandati e accordi con paesi terzi e, inoltre, ha già stanziato più di 40 milioni di euro in dieci anni nell’ambito dello strumento europeo per la democrazia e i diritti umani, con l’obiettivo di sostenere la Corte penale internazionale e la giustizia penale internazionale. La Conferenza di revisione sullo Statuto di Roma della Corte penale internazionale a Kampala, Uganda, rappresenta un’opportunità unica affinché gli Stati firmatari, le parti non governative, la società civile e gli altri attori interessati ribadiscano in maniera decisa il proprio impegno a favore della giustizia e della responsabilità. Gli Stati che hanno aderito alla Corte penale internazionale sono 111 e vi sono delle regioni, quali il Medio oriente, l’Africa settentrionale e l’Asia, che non sono rappresentate a dovere. Auspico vi possa essere un’adeguata partecipazione degli Stati membri a questa conferenza, con una rappresentanza ad alto livello e la conferma pubblica degli impegni assunti nei confronti della Corte penale internazionale.

 
  
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  Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. (FR) Noto con soddisfazione che la risoluzione proposta dal Parlamento sulla revisione dello Statuto di Roma prevede che il crimine di aggressione sia ufficialmente incluso tra i crimini di guerra e che non sia necessario alcun filtro giurisdizionale per determinare se tale crimine sia stato commesso o meno. Com’è possibile, tuttavia, attuare queste nuove norme se proprio i principali Stati che hanno commesso crimini di aggressione sin dall’entrata in vigore dello Statuto di Roma (vale a dire gli Stati Uniti e Israele) non sono tenuti a ratificarle?

Com’è possibile assicurarne l’efficacia se non si esortano questi Stati a porre fine alle pressioni esercitate sugli altri membri della Corte penale internazionale per garantire l’immunità dei propri cittadini? Sono spiacente che un Parlamento che si professa all’avanguardia nella lotta ai cambiamenti climatici non abbia proposto di inserire i crimini ambientali tra i crimini contro l’umanità, come è stato proposto in occasione del vertice di Cochabamba. I più gravi crimini contro l’umanità devono essere puniti e la Corte penale internazionale rappresenta uno strumento utile: è sufficiente fornirle le risorse adeguate. Poiché tutto ciò non si sta verificando, mi astengo dalla votazione.

 
  
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  Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, non posso che esprimere il mio accordo rispetto alla proposta di risoluzione sulla Conferenza di revisione sullo Statuto di Roma della Corte penale internazionale a Kampala, Uganda.

L'Europa stessa nasce dalla necessità di porre un termine alle espressioni di odio razziale che hanno raggiunto il culmine nelle atrocità della seconda guerra mondiale. L'Unione europea è stata sempre coerente nel voler rafforzare la cooperazione tra gli Stati al fine di accertare e perseguire i crimini contro l'umanità.

È giusto che a distanza di 8 anni dall'entrata in vigore dello Statuto di Roma gli Stati riaffermino con enfasi il loro impegno a favore del consolidamento della pace, della stabilità e dello Stato di diritto. Gli Stati dovrebbero in particolare impegnarsi in politiche volte alla collaborazione con la Corte penale internazionale e alla tutela delle vittime delle violenze. Risulta infatti che in molti casi le vittime abbiano grosse difficoltà ad accedere alle informazioni sulla corte e non riescano a veder tutelati i propri diritti.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della risoluzione con grande entusiasmo e sono particolarmente lieto che l’emendamento orale presentato dal mio onorevole collega sia stato accolto, vale a dire l’inclusione della “popolazione autoctona” nella lista dei gruppi che richiedono particolare attenzione.

 
  
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  Sabine Wils (GUE/NGL), per iscritto. (EN) Accolgo favorevolmente la proposta di risoluzione sulla Conferenza di revisione sullo Statuto di Roma della Corte penale internazionale a Kampala, Uganda, perché contiene alcuni punti cruciali e richieste molto importanti riguardanti la ratifica e l’attuazione della Corte penale internazionale, ed è per questo che ho espresso il mio voto a favore.

Desidero, tuttavia, esprimere le mie preoccupazioni in merito a talune espressioni contenute nella risoluzione, che parlano in termini positivi del “programma di Stoccolma”, dell’ “EIDHR” e del ruolo dell’Unione europea in quanto “attore globale”: in questo ambito, infatti, il programma di Stoccolma e l’EIDHR hanno forse prodotto effetti positivi, ma in molti altri ambiti non sono usati in maniera trasparente e democratica. L’Unione europea ha effettivamente da sempre rivestito un ruolo di “attore globale”, ma ritengo che non abbia fatto dato un contributo positivo alla promozione di un ordine mondiale più solidale ed equo.

 

8. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
 

(La seduta, sospesa alle 13.25, riprende alle 15.00)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. BUZEK
Presidente

 

9. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
Video degli interventi

10. Attuazione delle sinergie dei fondi destinati alla ricerca e all'innovazione nell’ambito del regolamento (CE) n. 1080/2006 relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e del Settimo programma quadro di ricerca e sviluppo - Realizzare un mercato unico per i consumatori e i cittadini - Sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche per un’economia in ripresa - Contributo della politica di coesione alla realizzazione degli obiettivi di Lisbona e di Europa 2020 (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta:

– la relazione, presentata dall’onorevole van Nistelrooij, a nome della commissione per lo sviluppo regionale, sull'attuazione delle sinergie dei fondi destinati alla ricerca e all'innovazione nell'ambito del regolamento (CE) n. 1080/2006 relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e del Settimo programma quadro di attività comunitarie di ricerca e sviluppo nelle città, nelle regioni, negli Stati membri e nell'Unione [2009/2243(INI)] (A7-0138/2010),

– la relazione, presentata dall’onorevole Grech, a nome della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, sulla creazione di un mercato unico per i consumatori e i cittadini [2010/2011(INI)] (A7-0132/2010),

– la relazione, presentata dall’onorevole Hoang Ngoc, a nome della commissione per i problemi economici e monetari, sulla sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche nel contesto del rilancio economico [COM(2009/0545 - 2010/2038 (INI))] (A7-0147/2010), e

– la relazione presentata dall’onorevole Cortés Lastra, a nome della commissione per lo sviluppo regionale, sul contributo della politica di coesione al raggiungimento degli obiettivi di Lisbona e di Europa 2020 [2009/2235(INI)] (A7-0129/2010).

 
  
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  Lambert van Nistelrooij, relatore.(NL) Si tratta, effettivamente, di un pacchetto assai coerente. Facendo seguito alla discussione di questa mattina sul pacchetto di sostegno e su una governance finanziaria ed economica più rigorosa ed efficace, ci troviamo ora a discutere di alcuni fascicoli fondamentali, molto importanti in vista dell’impegno richiesto dalla strategia Europa 2020.

Il Parlamento desidera orientare in modo chiaro le proposte della Commissione e, soprattutto, del Consiglio; è inammissibile che, a giugno, il Consiglio adotti decisioni senza prima aver raggiunto un accordo chiaro con noi su una serie di questioni fondamentali. Ci riferiamo all’orientamento e all’attuazione nel prossimo futuro. Prendiamo, ad esempio, i progetti faro che, a breve, richiederanno anche il nostro sostegno congiunto: per questo è fondamentale dedicarvi il giusto tempo fin da ora.

Ebbene, sia la relazione Cortés Lastra sia la mia – entrambe a nome della commissione per lo sviluppo regionale – affrontano il tema della sinergia in ambito politico con l’obiettivo di migliorare l’efficacia, o meglio, i risultati a livello europeo. Il nostro punto di forza è che possiamo migliorare; anzi, in realtà dobbiamo migliorare. Le nostre attività risultano piuttosto frammentarie in svariati ambiti, ad esempio gli sviluppi a livello globale, la concorrenza e il genere di questioni che intendiamo affrontare. Per riassumere: dobbiamo puntare a interventi più intelligenti, più verdi, più sostenibili e più inclusivi.

Le relazioni presentate dalla commissione per i problemi economici e monetari affrontano anche la questione della governance le possibili strategie per garantire risorse finanziarie sufficienti, da destinare, fra le altre cose, anche all’istruzione. In breve, auspico che oggi pomeriggio si gettino delle basi chiare per questa risoluzione. Non so se le votazioni si terranno già domani, né se si raggiungerà un consenso sulla governance. In ogni caso, prevedo che il Parlamento sarà in grado di pronunciarsi definitivamente sulla strategia Europa 2020 nel mese di giugno.

Tornando alla mia relazione, preciso che si tratta di una relazione sull’attuazione. Abbiamo analizzato accuratamente la situazione dei settori della ricerca e dello sviluppo, delle politiche regionali e delle piccole e medie imprese. A questo proposito, desidero ringraziare i miei colleghi, ivi compresi i membri della commissione per l'industria, la ricerca e l'energia – con cui condividiamo la competenza per quest’ambito, in ottemperanza all’articolo 50 – per aver contribuito al raggiungimento di questo buon risultato.

Che conclusioni abbiamo tratto?

1. L’Europa vanta una ricerca di eccellenza. L’aspetto carente, tuttavia, è rappresentato dalla sua applicazione. La conoscenza è libera: si sposta da un angolo all’altro del pianeta e va condivisa. Se da un lato sappiamo investire molto bene nella ricerca, dall’altro non siamo ancora in grado di impiegarla al meglio, di introdurre l’innovazione nel mercato né, di conseguenza, di mantenere una produzione di elevata qualità in questa parte del mondo.

2. Dalla mia relazione si evince che, attualmente, un quarto dei Fondi regionali è destinato alle infrastrutture di ricerca e all’innovazione. Si tratta di un cambiamento radicale, di una ridefinizione delle priorità che ha funzionato in questo periodo grazie alle iniziative della Commissione. La destinazione degli stanziamenti rientra fra gli strumenti che si sono dimostrati efficaci e che hanno indubbiamente influenzato la strategia delle regioni, delle città e delle cittadine, e determina altresì una migliore struttura dell’economia basata sulla conoscenza, verso la quale ci stiamo dirigendo, e una maggiore specializzazione.

3. Nella relazione, di concerto con i miei colleghi, ho avanzato una serie di proposte di miglioramento che investono l’intera catena ricerca-innovazione-produzione con l’obiettivo migliorarne l’efficienza. Occorre altresì riconoscere l’importanza della dimensione territoriale sancita dal trattato di Lisbona. Dobbiamo concentrarci su vari settori per raggiungere un effetto di vasta portata, e dobbiamo avere il coraggio di specializzare la produzione in determinate regioni – per inciso, la specializzazione è un concetto acquisito da tempo all’interno dell’Unione – purché sussistano canali efficaci per la trasmissione della conoscenza (la banda larga o le infrastrutture tradizionali). Se l’Unione decide di investire risorse, dovrebbe esserci anche una cooperazione fra...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Liem Hoang Ngoc, relatore.(FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione d’iniziativa che voteremo questa settimana riveste una notevole importanza simbolica, in un momento in cui i mercati non sono in grado di valutare i rischi connessi alla situazione economica dell’aera dell’euro.

Dopo aver preteso rigide politiche di adeguamento del bilancio, ora si mette in dubbio la capacità degli Stati membri di dare un nuovo impulso alla crescita e, di conseguenza, di ottenere il gettito fiscale necessario per pagare gli interessi sul debito. Sfortunatamente, non è possibile effettuare una valutazione del rischio nella situazione di profonda incertezza in cui attualmente versa l’economia globale. Una valutazione di questo tipo è ancora più importante all’interno dell’Unione europea, dove il tasso di utilizzo della capacità di produzione è ai minimi storici.

Invece di investire, le società stanno spegnendo i macchinari perché, nonostante i primi segnali di ripresa registrati alla fine del 2009, la domanda è debole. La tendenza di crescita potrebbe addirittura invertirsi se la ripresa venisse bloccata da misure restrittive. L’obiettivo principe della nostra relazione è stato proprio quello di individuare il momento migliore per lanciare nuove politiche per uscire dalla crisi. Abbiamo proposto di mantenere le misure di sostegno fintantoché il tasso di utilizzo della capacità di produzione non si sarà attestato nuovamente su valori normali. Abbiamo suggerito, di conseguenza, di consacrare il principio delle politiche di bilancio anticicliche, adottate con successo durante la prima fase della crisi nel 2008 e nel 2009 e che condividono lo spirito di riforma del Patto di stabilità e crescita del 2005.

Queste politiche prevedono l’impiego di stabilizzatori automatici, ovvero l'allocazione delle eccedenze del bilancio primario al disindebitamento, all’inizio del ciclo, e la possibilità per gli Stati membri di prendere in prestito le risorse necessarie per la definizione di pacchetti di stimolo, alla fine del ciclo. Attualmente siamo alla fine del ciclo. I tassi di interesse sono decisamente sotto pressione e minacciano la sostenibilità del debito. Stando così le cose, risulta ragionevole la decisione della Banca centrale europea di comprare parte del debito degli Stati membri per consentire loro di diversificare le proprie fonti di finanziamento.

Ciononostante – oltre al fatto che manca una definizione del concetto di sostenibilità nella letteratura economica – mi chiedo: i premi di rischio pretesi dai mercati sono legittimi? No, non lo sono, poiché nel mercato dei derivati sui mutui, così come nel mercato del debito pubblico, il rischio è impossibile da calcolare. Proprio per questo, nella nostra relazione abbiamo suggerito di prestare particolare attenzione all’indicatore di deficit strutturale piuttosto che…

(Il Presidente interrompe l’oratore)

Proprio per questo, nella nostra relazione abbiamo suggerito di prestare particolare attenzione all’indicatore di deficit strutturale piuttosto che al disavanzo delle partite correnti, le cui proporzioni sono imputabili al deterioramento del disavanzo effettivo di bilancio. Si tratta di una conseguenza diretta della crisi che ha indebolito la crescita e ridotto il gettito fiscale. Su quest’ultimo è gravata, altresì, la riduzione delle imposte, manovra che non ha prodotto gli effetti sperati sull'offerta.

La nostra relazione intende proporre tre raccomandazioni in combinazione con alcuni indicatori operativi. La prima è di mantenere le misure di sostegno fintantoché la ripresa non si sarà consolidata. La seconda è di monitorare i deficit strutturali – ancora vicini all’equilibrio nonostante il deterioramento dei disavanzi effettivi di bilancio – con l’obiettivo di dare ai mercati un segnale rassicurante circo lo stato delle finanze pubbliche. La terza raccomandazione consiste nel valutare l’efficienza della spesa fiscale e, in particolare, di determinate riduzioni delle imposte legate alla diminuzione del gettito fiscale.

Purtroppo, per i membri liberalconservatori della commissione per i problemi economici e monetari il buon senso conta poco e gli effetti della crisi contano poco; conta poco anche il fatto che le enormi proporzioni del debito siano imputabili ai piani di salvataggio adottati degli istituti di credito. Per loro conta soltanto la fiducia cieca nell’efficienza dei mercati finanziari; conta soltanto la conformità dogmatica a un Patto di stabilità ormai palesemente obsoleto. Non vedono alcuna necessità di creare gli strumenti necessari alla governance economica, aspetto invece fondamentale ai fini del rafforzamento dell’Unione. Si tratta, piuttosto, di far fare all’Europa una dieta da fame e di tentare caparbiamente di soddisfare i criteri sanciti dal Patto, senza alcuna garanzia di successo, rischiando di tarpare la ripresa e senza considerare le ripercussioni sulla coesione sociale. Questa è la posizione che hanno difeso in seno alla commissione per i problemi economici e monetari. Da quella votazione, la situazione economica dell’Europa è peggiorata ulteriormente. La Banca centrale europea e la Commissione hanno infine messo a punto strumenti monetari e di bilancio che dovrebbero consentirci di migliorare la governance economica all’interno dell’area dell’euro. I mercati, tuttavia, sono crollati nuovamente, scombussolati come sono dai piani di austerità.

Il Consiglio Ecofin ha dovuto riprendere tutto daccapo lunedì scorso. In questo contesto, gli emendamenti che presenteremo sono, dopotutto, molto moderati e ne aggiungeremo anche altri. Prevedono un’attuazione flessibile del Patto di stabilità, in modo tale da evitare un’austerità poco gradita. Sostengono la creazione di un’agenzia pubblica di rating del credito per proteggere gli Stati membri dai diktat dei mercati. Si tratta di messaggi che il Parlamento deve lanciare. Onorevole Karas, ormai il momento per le reazioni impulsive è passato, e lo stesso vale per le manovre elettorali nazionali a breve termine. L’Europa ha bisogno di politiche basate sulla ferma volontà di rafforzare l’Unione. Se lei e il suo gruppo non siete all’altezza di questo compito, se non siete più in grado di farvi portatori dell’interesse collettivo, state pur certi che i cittadini sapranno trarre le proprie conclusioni: la posta in gioco è il futuro stesso dell’area dell’euro.

 
  
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  Ricardo Cortés Lastra, relatore.(ES) Signor Presidente, Commissario, onorevoli colleghi, vorrei innanzitutto ringraziare i relatori ombra, i loro assistenti e il segretariato della commissione per lo sviluppo regionale per il loro contributo, nonché la direzione generale della Politica regionale e la direzione generale per l’Occupazione, gli affari sociali e le pari opportunità della Commissione europea, il Comitato economico e sociale europeo, il Comitato delle regioni, i sindacati e le reti e le associazioni regionali europee per il loro apporto.

Nella fase di elaborazione della presente relazione, ho avuto modo di consultare svariate associazioni e istituzioni regionali, fra le quali si annoverano, in modo particolare, il Comitato delle regioni, la Conferenza delle regioni periferiche marittime, l’Assemblea delle regioni europee, la Rete europea per la ricerca e l’innovazione delle regioni, il Comitato economico e sociale europeo, la direzione generale della Politica regionale e la direzione regionale per l’Occupazione, gli affari sociali e le pari opportunità della Commissione europea. Desidero ringraziarvi tutti per la disponibilità dimostrata e per i vostri interessanti contributi.

Avendone modificato il titolo – che attualmente include anche il riferimento alla strategia Europa 2020 – l’obiettivo principe della relazione è quello di difendere la politica di coesione in quanto politica forte e ben finanziata (una politica presente in tutte le regioni dell’Unione europea) e il suo ruolo centrale nel quadro della strategia Europa 2020.

La relazione è stata approvata praticamente all’unanimità dalla commissione per lo sviluppo regionale con 40 voti a favore, un’astensione e un voto contrario.

La prima parte della relazione analizza brevemente il contributo della politica di coesione alla strategia di Lisbona e mette in luce lo scarso coinvolgimento delle autorità regionali e locali, degli attori sociali, economici e della società civile nella strategia stessa, fatto che ne ha ostacolato l’adozione, la comunicazione e l’efficacia. La relazione evidenzia, altresì, la necessità di condurre una valutazione, non solo delle spese effettive, ma anche dell’impatto reale di queste ultime.

La seconda parte si concentra sulle raccomandazioni relative alla futura strategia Europa 2020 e sottolinea l’importanza delle regioni, della governance multilivello e del principio del partenariato, pilastri fondamentali della politica di coesione che vanno integrati nella strategia Europa 2020, in quanto precondizione necessaria alla sua riuscita attuazione.

E’ altresì fondamentale rafforzare la partecipazione degli attori sociali ed economici e della società civile più in generale, per evitare che venga meno l’integrazione fra la suddetta strategia e i suoi attori chiave o che la strategia perda di valore agli occhi di questi ultimi.

Questa parte evidenzia il ruolo centrale dell’istruzione, della formazione, della ricerca e dell’innovazione; l’importanza di favorire l’istituzione del cosiddetto triangolo della conoscenza e la necessità di offrire sostegno alle piccole e medie imprese, che spesso svolgono un ruolo pionieristico nel campo dell'innovazione.

Allo stesso tempo, tuttavia, non dovremmo trascurare le esigenze specifiche delle singole regioni e dei gruppi sociali più in difficoltà. Per questa ragione, dovrebbe essere concesso un certo grado di flessibilità.

Nello specifico, al fine di incrementare l’effetto leva degli investimenti nella ricerca e nello sviluppo, nell’istruzione e nella formazione, riconosciamo la necessità di aumentare le sinergie tra i quadri di riferimento strategici e i programmi di riforma nazionali e di garantire un coordinamento e una coerenza maggiori tra le varie politiche europee, nazionali e regionali legate agli obiettivi della strategia.

La Banca europea per gli investimenti svolge, e deve continuare a svolgere, un ruolo di primo piano nel sostegno alle regioni e alle piccole e medie imprese, grazie agli strumenti di ingegneria finanziaria, di cooperazione e di sostegno di cui dispone. Tuttavia, per agevolare il suo compito e quello di tutti i suoi beneficiari, occorre puntare a un’ulteriore semplificazione.

Per concludere, la relazione difende una politica di coesione forte e ben finanziata per il futuro, una politica che sia presente in tutte le regioni europee e che rivesta un ruolo chiave nel quadro della strategia Europa 2020.

 
  
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  Louis Grech, relatore.(MT) Signor Presidente, in sostanza, la mia relazione affronta il tema della protezione del mercato unico da una micro-prospettiva, con l’obiettivo di analizzare il mercato come progetto a sé stante e di esaminare il quadro per il 2012, la strategia Europa 2020 e la recente crisi finanziaria.

Le strategie e le linee di intervento volte a rilanciare il mercato unico europeo dovrebbero basarsi su un accordo pragmatico, esaustivo e di ampia portata, che coinvolga tutti gli Stati membri e che si basi prevalentemente sulle priorità che gli Stati membri intendono davvero fare proprie.

L’Europa deve mettere a punto delle strategie per il 2020 che consentano al mercato stesso di essere il propulsore della ripresa economica e che ottengano, al contempo, il consenso dei cittadini tutelandone gli interessi; dei consumatori tutelandone i diritti; e delle piccole e medie imprese offrendo loro gli incentivi mirati. La mia relazione propone una serie di iniziative legislative e non, volte al risanamento del mercato unico europeo. Tali iniziative culminano con l'elaborazione di un atto per il mercato unico, che combina l'azione immediata (2012) con la prospettiva di lungo termine della strategia Europa 2020.

Ho altresì avanzato specifiche proposte di natura non legislativa, relative alla stesura della Carta dei cittadini, documento che sancisce i loro diritti e le loro facoltà. Sono incoraggianti le reazioni positive con cui il Commissario Barnier e il Commissario Dalli hanno accolto le mie proposte in merito alle venti principali fonti di frustrazione individuate dai cittadini europei, alla creazione di un meccanismo di rimedio collettivo e alla definizione di una strategia di comunicazione mirata, incentrata sui problemi che i cittadini incontrano quotidianamente.

Occorre adottare una linea politica del tutto nuova, basata sulla tutela dei consumatori e sulla dimensione sociale, che funga da base per l’elaborazione delle normative e dei compiti spettanti all’Unione europea. Soltanto così possiamo raggiungere una vera economia sociale di mercato, come sancito dal trattato di Lisbona.

Negli ultimi anni, purtroppo, il mercato unico non è riuscito a convincere i cittadini del fatto che esso rappresenta i loro interessi e le loro aspirazioni. Un aspetto ancora più preoccupante è che i cittadini e i consumatori comunitari sono alle prese con un crescente senso di incertezza e di sfiducia nei confronti del mercato. Dobbiamo accettare il fatto che la definizione tradizionale di mercato unico, legata unicamente alla dimensione economica, va rinnovata. Dobbiamo definire una nuova linea di intervento comune che sia olistica e in grado di soddisfare appieno le esigenze dei cittadini, dei consumatori e delle piccole e medie imprese. Possiamo farlo solo offrendo loro un ruolo di primo piano nel rilancio del mercato unico europeo. Ogni tentativo di racchiudere il mercato unico in una definizione dogmatica sortirà il solo effetto di sottovalutare le sfide, le incongruenze, gli interessi, le opinioni contrastanti e le perplessità cui dobbiamo far fronte.

Il processo di integrazione del mercato unico non è irreversibile. La situazione attuale va presa di petto. Il mercato unico europeo rischia di diventare estremamente debole e, di conseguenza, inadeguato a causa degli atteggiamenti protezionistici generati dalla crisi.

Il mercato unico non è fine a se stesso, bensì uno strumento che deve contribuire in modo significativo al miglioramento della qualità della vita di tutti i cittadini europei affinché, come affermato dall’onorevole Gebhardt, “il mercato unico operi a vantaggio dei cittadini e non contro di loro”.

Per garantire un mercato unico forte e redditizio, dobbiamo risolvere le tensioni fra integrazione del mercato e obiettivi sociali, individuate dall’ex-Commissario Monti nella sua relazione analitica e ricca di spunti. In ultima analisi, il sistema vincente è in grado di trovare il giusto equilibrio fra vitalità e concorrenza a livello economico, promuove l’innovazione e la creazione di posti di lavoro, protegge i consumatori e garantisce le tutele sociali e ambientali che chiedono i cittadini. Questi obiettivi vanno raggiunti attraverso uno spirito di solidarietà e di compromesso.

Signor Presidente, per concludere desidero ringraziare tutti i relatori ombra e i coordinatori per il loro contributo.

 
  
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  Pervenche Berès, autore. (FR) Signor Presidente, Commissario, qualche volta dubito della nostra programmazione e della nostra capacità di organizzare le discussioni. Sono lieta di partecipare a questa discussione così ricca di iniziative promosse dal Parlamento europeo, ma ho la sensazione di trovarmi di fronte a una sorta di pastiche, che temo non sia in grado di offrire un quadro preciso della posizione del Parlamento europeo in merito alla strategia Europa 2020. Ma forse sono troppo esigente.

D’altra parte, signor Presidente, auspico che condivida la mia preoccupazione dal momento che, lo scorso 10 maggio e a nome di quest’Aula, ha rivolto al Presidente Van Rompuy la seguente, fondamentale richiesta.

Per quanto concerne l’adozione degli orientamenti per l’occupazione, quest’anno – in via del tutto eccezionale, oserei dire, nel quadro di un partenariato speciale fra la Commissione e il Parlamento nonché di uno spirito di buona collaborazione con il Consiglio, e tenendo in debita considerazione la riorganizzazione del calendario (normalmente gli orientamenti per l’occupazione vengono pubblicati alla fine dell’anno precedente, mentre quest’anno sono stati pubblicati in aprile e, per quanto ci vincolino a un lungo ciclo per gli anni a venire, dobbiamo deliberare in materia prima del Consiglio europeo di primavera) – lei ha premurosamente sostenuto, a nome di tutti noi, la richiesta che abbiamo rivolto al Presidente Van Rompuy, ovvero far sì che il Consiglio europeo riconosca al Parlamento il diritto di esercitare le proprie funzioni in nome del trattato di Lisbona.

E’ chiaro che né la Commissione né il Consiglio hanno la benché minima intenzione di considerare tale richiesta e intendono, di conseguenza, violare in tutta consapevolezza il trattato. Credo che le autorità di quest’Aula debbano assumersi le proprie responsabilità e imparare la lezione.

Per quanto concerne la sfida rappresentata dai suddetti orientamenti per l’occupazione, che saranno un elemento chiave nell’attuazione della strategia Europa 2020, dobbiamo richiamare l’attenzione delle autorità sull’importanza che esse rivestono, in un momento in cui il 17 per cento degli europei vive al di sotto della soglia di povertà – desidero sottolineare che questi dati risalgono al 2007, ovvero a ben prima dell’inizio della crisi – e 23 milioni di nostri concittadini finiranno per perdere il posto di lavoro.

Sono due le questioni che attualmente preoccupano profondamente la commissione per l’occupazione e gli affari sociali. La prima concerne l’obiettivo di riduzione della povertà che, se non vado errata, è nato da un’iniziativa del Commissario Andor. Tale obiettivo è stato incluso nella strategia Europa 2020, decisione che accogliamo con favore. Non capiamo, tuttavia, come questo possa essere motivo di discussioni, esitazioni e dubbi sulle competenze dell’Unione in seno al Consiglio, dal momento che il trattato stabilisce che si tratta di un settore in cui anche l’Unione europea ha talune responsabilità.

Ebbene, la seconda questione concerne la relazione e la coerenza fra le varie politiche, dal momento che la Commissione afferma espressamente di aver apportato delle modifiche sostanziali alla strategia Europa 2020, riducendo il numero di obiettivi da raggiungere.

Ritengo che un cambiamento sostanziale vada ben oltre la mera riduzione del numero di obiettivi. Ad ogni modo, quello di cui siamo fermamente convinti è che la strategia Europa 2020 deve tenere in considerazione la realtà dell’Unione europea. La realtà è che chi soffre di più per gli effetti della crisi, chi ne è maggiormente colpito è proprio chi crea la ricchezza dell’Unione.

Il problema è che continuiamo a intavolare discussioni che rischiano di andare a scapito degli interessi degli stessi cittadini europei, perché mirano a una riduzione degli investimenti proprio quando invece ne avremmo più bisogno. Si tratta, in altre parole, degli investimenti nel nostro capitale di lungo termine: l’istruzione, la formazione e la sanità.

Dinanzi a questa sfida, dunque, la commissione per l’occupazione e gli affari sociali chiede che le autorità siano consapevoli degli effetti delle eventuali riduzioni degli investimenti pubblici in questi settori, in un momento in cui la crescita debole e gli scarsi investimenti privati non riescono a sopperire né, di conseguenza, a garantire la ripresa delle finanze pubbliche a breve termine.

Questo è un punto cruciale della nostra tabella di marcia e non possiamo far altro che rammaricarci del fatto che i ministri per gli Affari economici e monetari abbiano sostenuto il ritiro delle misure a sostegno dell’occupazione non convenzionale e a contrasto della disoccupazione, senza prima consultare i ministri per gli Affari sociali, in un momento in cui la situazione comunitaria in materia di occupazione e affari sociali è davvero drammatica.

 
  
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  Mary Honeyball, autore.(EN) Signor Presidente, la strategia Europa 2020 propone una linea di intervento volta a migliorare il rendimento dei sistemi di istruzione, a rendere più attraente l’istruzione superiore europea, a offrire più programmi di mobilità e di formazione per i giovani, a modernizzare il mercato del lavoro, a promuovere la mobilità dei lavoratori e a sviluppare le capacità e le competenze necessarie ad accrescere la partecipazione al mercato del lavoro.

Questa linea di intervento è stata appoggiata dal Consiglio europeo di primavera, che ha affermato che fra gli obiettivi fondamentali che richiedono un intervento comunitario si annoverano condizioni migliori per la ricerca e lo sviluppo, livelli di istruzione più elevati, la riduzione dell’abbandono scolastico precoce e una maggiore partecipazione dei giovani, dei lavoratori scarsamente qualificati e di quelli più anziani al mercato del lavoro.

La crisi economica globale, tuttavia, ha determinato tagli di bilancio nel settore dell’istruzione negli Stati membri dell’Unione. La Lettonia, ad esempio, sta attraversando una profonda crisi economica e ha effettuato drastici tagli di bilancio nei 34 istituti di istruzione superiore del paese, rischiando di ridurre del 50 per cento i fondi destinati a questo settore. Le università irlandesi hanno subito un taglio del 6 per cento e non ne esce indenne nemmeno la Gran Bretagna dove, stando ai dati dello Higher Education Funding Council (Consiglio per il finanziamento dell’istruzione superiore) dell’Inghilterra, i tagli all’istruzione superiore potrebbero raggiungere addirittura i 500 milioni di euro.

In questo triste quadro, tuttavia, si intravvedono alcuni spiragli di luce. Alcuni Stati membri, come la Francia, hanno ottenuto buoni risultati, ma il problema è dato dal fatto che i livelli di finanziamento variano da Stato membro a Stato membro. Perché la strategia Europa 2020 possa funzionare, occorre un approccio solido e coordinato. Chiedo dunque alla Commissione di spiegare, in primo luogo, come pensa di garantire che gli Stati membri ripettino gli impegni presi in relazione agli obiettivi per la formazione previsti dalla strategia Europa 2020, facendo sì che questo settore riceva finanziamenti e un sostegno adeguati, evitando che cada nel dimenticatoio, nella frenesia di far quadrare i conti a causa della crisi. In secondo luogo, vorrei sapere dalla Commissione come intende agire per garantire le risorse finanziarie addizionali da destinare a questi importanti programmi e strategie a livello comunitario.

 
  
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  Michel Barnier, membro della Commissione.(FR) Signor Presidente, onorevoli parlamentari, a nome della Commissione e del Presidente Barroso desidero commentare brevemente la strategia Europa 2020 e riprendere le interessanti relazioni presentate dai relatori, onorevoli Grech e Hoang Ngoc; più tardi, il Commissario Hahn e il Commissario Andor, miei colleghi e amici, interverranno a turno – in questa discussione a cui abbiamo preso parte – rispondendo alle altre interrogazioni orali che concernono i seguenti ambiti: la coesione, l’occupazione, la dimensione sociale e lo sviluppo.

A nome di noi tre, consentitemi di ringraziare i relatori e il Parlamento per questa iniziativa, adottata in un momento estremamente difficile e delicato per tutti noi, in un periodo di crisi economica in cui le recenti difficoltà dell’euro sono una prova tangibile dell’interdipendenza reciproca fra gli Stati membri e della necessità di coordinare le politiche economiche dei nostri paesi. E’ il momento di rispondere e di agire – e di farlo, per quanto possibile, insieme – in questo contesto di crisi e di incertezza. Le decisioni adottate negli ultimi giorni sono, a nostro avviso, molto importanti.

Non intendo riprendere la discussione avuta in mattinata con il mio collega, il Commissario Rehn. E’ evidente che dobbiamo creare alcuni strumenti per migliorare il coordinamento tra le varie politiche economiche e riteniamo che la strategia Europa 2020 possa essere il primo strumento di una politica economica nuova, rafforzata e coordinata.

Nella sua proposta relativa alla strategia, la Commissione aveva già messo in luce, all’inizio di marzo, la necessità di stabilizzare le finanze pubbliche. La crisi dell’euro che abbiamo appena attraversato dimostra quanto sia tuttora viva questa esigenza. Come ha fatto il Commissario e collega Rehn, ho preso nota delle proposte contenute nella relazione Hoang Ngoc in merito a tali questioni.

Cambiando argomento, onorevoli parlamentari, vi è un secondo prerequisito, fondamentale per il successo della strategia Europa 2020, che conferisce alla nostra economia, o meglio alle nostre economie, maggiore equilibrio e stabilità. Mi riferisco, ovviamente, alla necessità di controllare e regolamentare il mercato finanziario, affinché sia quest’ultimo a essere a servizio dell’economia reale e non viceversa.

Vi posso assicurare che la Commissione rispetterà la tabella di marcia in questi settori. Entro il prossimo anno, presenteremo tutte le proposte legislative necessarie, in modo tale da poter formalizzare gli impegni che ci siamo assunti in occasione del G20 su quattro questioni fondamentali: trasparenza, responsabilità, supervisione e prevenzione delle crisi. In merito a molte di queste questioni, già prese in esame nel corso del dibattito legislativo, auspico caldamente che il Parlamento e il Consiglio riescano a trovare un accordo sui testi oggetto di discussione. Mi riferisco al pacchetto supervisione finanziaria e al documento in materia di fondi hedge.

Dobbiamo ripristinare la fiducia e sfruttare ogni singola risorsa a nostra disposizione per liberare il potenziale di crescita della nostra economia. Si tratta di un’operazione che, ovviamente, include molti aspetti e la discussione, o meglio la discussione di questo pomeriggio, lo dimostra: il rilancio del mercato interno, una politica regionale per tutte le regioni, comprese quelle più lontane, ovvero quelle situate nelle zone più periferiche, la coesione, la governance economica, la vitalità delle finanze pubbliche, l’occupazione, l’istruzione e la ricerca.

Quando parliamo di Europa 2020, a cosa ci riferiamo esattamente? Credo che la suddetta strategia dovrebbe offrirci una prospettiva migliore sulle politiche economiche dei vari Stati membri, al fine di evitare, in futuro, situazioni di squilibrio o addirittura choc concorrenziali. Tali squilibri sono stati percepiti in modo piuttosto evidente nel corso della crisi attuale, ma oltre a far fronte a quest’ultima con la massima urgenza, dobbiamo intervenire anche sull’economia a medio e lungo termine. Proprio per questo motivo, sulla base delle proposte della Commissione, il Consiglio europeo ha definito cinque obiettivi comuni: un tasso di occupazione pari al 75 per cento; il 3 per cento del PIL da destinare alla ricerca e allo sviluppo; restrizioni all’abbandono scolastico precoce e il conseguente obiettivo di portare al 40 per cento il numero di studenti in possesso di un diploma universitario; gli obiettivi del 20/20/20 nel campo dell’energia e del cambiamento climatico e, in ultima istanza, la promozione dell’inclusione sociale attraverso la lotta alla povertà.

In occasione del Consiglio europeo di giugno, andranno definiti indicatori quantitativi in materia di istruzione e inclusione sociale. In seno a diversi forum del Consiglio si sta già lavorando in questa direzione. E’ fondamentale capire in modo chiaro che la strategia Europa 2020 non è solo una teoria. E’ soprattutto un programma concreto di riforme da attuare, motivo per cui proponiamo sette iniziative faro al suo interno.

Oltre alle suddette iniziative faro, verranno mobilitati altri strumenti europei – in particolare il mercato unico, le leve finanziarie e gli strumenti di politica estera – con l’obiettivo di eliminare alcuni ostacoli specifici. Desidero, altresì, esprimere il mio sincero apprezzamento per la relazione Monti, presentata qualche giorno fa, e rendere omaggio al relatore Grech per il suo brillante lavoro, che sta conferendo al mercato interno una dimensione più umana e concreta, cosa che vorrei riuscire a fare anch’io.

Per quanto concerne l’attuazione, occorre considerare alcuni requisiti. Per questo motivo, sono stati proposti meccanismi di governance più efficaci, che prevedono la partecipazione sia degli Stati membri sia della Commissione a tutte le fasi del processo di monitoraggio. La strategia Europa 2020 implica, inoltre, l’adozione di riforme da attuare all’interno dei singoli Stati membri. A partire da ora ed entro la fine dell’anno, gli Stati membri dovranno presentare programmi di riforma nazionali in maniera coordinata, accompagnandoli a un programma di stabilità e convergenza e rispettando, al contempo, il Patto di stabilità e crescita. Onorevole Hoang Ngoc, se mi è concesso, vorrei sottolineare che il suddetto Patto gode, ormai da una decina d’anni, del sostegno dei governi sia di destra sia di sinistra.

In ultima istanza, la Commissione chiede che il Parlamento europeo continui a fare quello che già gli riesce molto bene e che svolga un ruolo ancor più determinante nell’ambito di questa nuova strategia. In questo momento di crisi, vogliamo lanciare agli Stati membri messaggi chiari. E’ proprio questo lo scopo degli orientamenti integrati proposti dalla Commissione, orientamenti che verranno adottati solo una volta che avrete presentato i vostri pareri. Tenendo sempre presente l’urgenza della situazione, questa strategia va attuata. Dobbiamo puntare a un accordo politico in occasione del Consiglio europeo di giugno.

Signor Presidente, onorevoli parlamentari, cerchiamo di essere chiari: nel resto del mondo sono già state attuate strategie socio-economiche a medio termine. L’Europa non può rimanere indietro.

In conclusione, il Parlamento europeo sta svolgendo il suo compito e per questo lo ringraziamo; lo ringraziamo per aver mobilitato i cittadini, in particolare attraverso i parlamenti nazionali. Mi ha colpito molto l’iniziativa avanzata dalla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori e dal suo presidente, l’onorevole Harbour, relativa alla direttiva sui servizi, che ha riunito i parlamenti nazionali e il Parlamento europeo. Si potrebbero portare anche altri esempi. Si tratta di un’iniziativa estremamente importante.

Per concludere, desidero ribadire che la Commissione risponderà alle vostre esigenze e svolgerà il proprio ruolo con determinazione, al fine di attuare questa strategia e di raggiungere, assieme a voi, a una crescita rinnovata, qualitativamente migliore, più sostenibile e più equa, esattamente come si aspettano i nostri cittadini.

 
  
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  Ivaylo Kalfin, relatore per parere della commissione per i bilanci. – (BG) Signor Presidente, Commissari, se non fossimo stati colpiti dalla crisi, non ci sarebbe nessun problema a discutere della strategia Europa 2020. Tuttavia, proprio a causa della crisi e delle sue conseguenze, la strategia Europa 2020 non è sufficientemente ambiziosa e dinamica.

Il problema sollevato dalle domande poste nelle scorse settimane, è se vi sia un grado di coordinamento sufficiente – come avvenuto finora per le politiche europee – a far progredire l’Unione europea. A quanto pare, questo coordinamento sarebbe più che sufficiente in un periodo di crescita, ma durante una crisi non è in grado di soddisfare le esigenze del caso. In alternativa, andrebbero trasferite a livello europeo molte più funzioni – non soltanto il coordinamento, ma anche il processo decisionale – affinché l’Europa stessa possa attribuirsi compiti più ambiziosi e svolgere un ruolo maggiormente di punta proprio nell’ambito del suddetto coordinamento.

E’ questa la domanda fondamentale a cui dare risposta. Se non riusciamo a fare questo, non riusciremo nemmeno a gestire correttamente il programma 2020. Ritengo che nelle prossime settimane occorrerà concentrarsi soprattutto su questo punto.

 
  
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  Othmar Karas, a nome del gruppo PPE.(DE) Signor Presidente, Commissari, onorevoli colleghi, sono lieto di vedere il Commissario per la politica regionale Hahn e il Commissario per il mercato interno Barnier seduti uno accanto all’altro, perché è fondamentale non opporre la politica regionale al mercato interno. Dovremmo, invece, far sì che si completino a vicenda e che siano entrambi abbastanza solidi da consentirci di raggiungere gli obiettivi della strategia Europa 2020.

La strategia Europa 2020 deve iniziare qui e ora, e non deve ridursi a un mero elenco di obiettivi. Europa 2020 è un progetto di crescita e occupazione e noi abbiamo bisogno di progetti concreti, di strumenti, della procedura e di meccanismi sanzionatori per poterla attuare con esito positivo. Sono convinto che riusciremo ad attuare la strategia Europa 2020 solo se saremo pronti, o meglio, se l’Europa sarà pronta a concepire l’Unione europea come Stati Uniti d’Europa! Dobbiamo pensare in questi termini e ciascuno di noi deve dare il proprio contributo a un progetto più ampio.

Europa 2020 significa volontà di realizzare un’unione politica. Questo implica rafforzare ed espandere l’unione monetaria, rafforzare ed espandere il mercato interno, liberarlo dai vincoli esistenti e fare in modo che i cittadini sfruttino l’opportunità che l’Europa offre loro e abbattano le frontiere. Dobbiamo creare, da un lato, un’unione sociale; dall’altro, un’unione economica che faccia parte dell’unione politica. Non siamo ancora pronti su nessuno di questi fronti e vi sono ancora molte questioni da affrontare. La strategia Europa 2020 mira a creare un’unione di comunità, non un’Europa nazionalista od ostruzionista.

Abbiamo bisogno, di conseguenza, di una verifica finanziaria, di una valutazione d’impatto a livello comunitario, dell’attuazione dello Small Business Act e, ovviamente, di progetti specificamente europei per la crescita e l’occupazione nonché per l’estensione delle libertà legate all’istruzione, alla scienza, alla ricerca e all’innovazione in Europa.

(L’oratore accetta di rispondere a un’interrogazione presentata con la procedura del cartellino blu ai sensi dell’articolo 149, paragrafo 8, del regolamento)

 
  
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  William (The Earl of) Dartmouth (EFD). – (EN) Signor Presidente, desidero chiedere all’onorevole Karas se gli Stati Uniti d'Europa a cui ha fatto riferimento nel suo intervento nasceranno con o senza il consenso degli europei.

 
  
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  Othmar Karas (PPE).(DE) Signor Presidente, tutti noi – che rappresentiamo i cittadini europei e siamo costantemente in contatto con loro – condividiamo lo stesso obiettivo: collaborare con in cittadini per continuare il processo di sviluppo dell’Europa, per renderla più competitiva e per creare crescita e occupazione a vantaggio dei cittadini stessi. Se non agiamo insieme per diventare più forti e se ognuno si occupa esclusivamente dei propri interessi, l’Unione non ne uscirà rafforzata, bensì indebolita, proprio in una fase di espansione della globalizzazione. I cittadini sono i nostri più preziosi alleati per poter raggiungere i nostri obiettivi comuni.

 
  
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  Marita Ulvskog, a nome del gruppo S&D.(SV) Signor Presidente, l’Europa oggetto delle decisioni odierne è la stessa che decide quale sarà il suo assetto nel 2020. Le decisioni che ci rifiutiamo di prendere oggi porteranno a nuove crisi domani. Le decisioni di oggi devono dunque essere decisioni a lungo termine.

E’ grave che molte decisioni continuino a essere poco lungimiranti e pilotate da una filosofia di destra che impone una dieta da fame alle economie in crisi. E’ altrettanto grave continuare a discutere del sistema pensionistico greco invece che del comportamento dei grandi banchieri e degli operatori del mercato finanziario e immobiliare. Dobbiamo riequilibrare la situazione, altrimenti l’Europa del 2020 potrebbe trovarsi in una crisi addirittura peggiore di quella attuale.

Chiedo alla Commissione di impegnarsi a fondo per cambiare la situazione, affinché si smetta di credere ciecamente nelle soluzioni di mercato, si regolamentino i mercati e si investa maggiormente nei settori più benefici per la comunità. Mi riferisco, ad esempio, al sistema dei trasporti, all’approvvigionamento energetico, ad altre soluzioni importanti che gli Stati membri non possono gestire da soli e per le quali si rende doveroso l’intervento dell’Unione europea e della Commissione.

Auspico, altresì, che la Commissione sia pronta a presentare proposte che dimostrino che prendiamo seriamente il processo di transizione verso una società sostenibile. In altre parole, ristruttureremo l’industria, per renderla più competitiva e capace di creare nuovi posti di lavoro. Ma non possiamo farlo convincendoci di poter affrontare la situazione come abbiamo fatto finora. Occorrono anche investimenti, ma gli attuali 28 milioni di disoccupati registrati potrebbero subire il contraccolpo di questo processo.

Chiedo alla Commissione, inoltre, di dimostrare ai lavoratori dell’Unione europea il rispetto che si conviene loro in questo momento di crisi economica, al fine di coinvolgerli nella creazione di una società migliore e più forte. Per riuscire a domare la crisi, abbiamo bisogno dei diritti sindacali e di coinvolgere attivamente i lavoratori europei.

 
  
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  Lena Ek, a nome del gruppo ALDE.(EN) Signor Presidente, ero solita affermare che l’Europa stava vivendo una triplice crisi, che coinvolgeva i mercati finanziari, l’occupazione e il clima. Ora, purtroppo, la crisi è diventata quadruplice, se aggiungiamo anche la crisi del bilancio statale. E’ emerso in tutta la sua drammaticità il disperato bisogno di lungimiranza dell’Unione europea. Finora l’integrazione europea si è concentrata sull'elaborazione di nuovi progetti senza garantirne l’adeguato funzionamento. Ritengo che sia giunto il momento di affrontare i nostri problemi e di impegnarci a fondo per rafforzare le istituzioni esistenti. Si può ancora rimediare agli errori che sono stati commessi e l’Unione europea può ancora lavorare per – e con – i suoi cittadini.

L’Europa ha bisogno di un’Unione lungimirante. Dal mio punto di vista, l’obiettivo è chiaro: voglio un’Europa aperta, inclusiva e verde. Le proposte faro contenute nella strategia Europa 2020, proposta dalla Commissione, sono strumenti fondamentali per creare questo tipo di Europa, purché riusciamo a metterli in atto. E su questo punto avrei qualche riserva.

In primo luogo, l’obiettivo primario e generale della strategia è creare un’economia più dinamica e competitiva. In alcuni paesi, la partecipazione delle donne al mercato del lavoro non raggiunge il 40 per cento, e questo è un dato vergognoso. Un mercato del lavoro fondato sull’uguaglianza di genere costituisce una precondizione necessaria al fine di promuovere l’occupazione e di affrontare le sfide demografiche. Auspico che il Consiglio e la Commissione prendano in debita considerazione il fatto che le conclusioni del Consiglio, da due mesi a questa parte, si stanno occupando della questione della parità di genere. Una società più inclusiva richiede più posti di lavoro. La disoccupazione è la causa principale della povertà, come dimostra l’effetto devastante che una disoccupazione giovanile al 44 per cento produce in Spagna.

Abbiamo infinite possibilità di creare posti di lavoro verdi, ma le nostre politiche devono puntare tutte nella stessa direzione. Un’Europa efficiente dal punto di vista energetico è anche un motore per l’innovazione: l’energia adoperata dai treni ad alta velocità, dalle super-reti e dalle reti intelligenti ad alta tecnologia serve a migliorare la competitività dell’Europa.

Mi congratulo con la signora Commissario liberale Kroes per essere stata la prima a mettere a punto una chiara proposta faro sull’agenda digitale e attendo con impazienza di ricevere, entro giugno, materiale altrettanto dettagliato sulle altre piattaforme faro, in modo tale da poter cooperare anche a livello decisionale.

Tuttavia, signor Commissario, la strategia UE punta in una direzione, mentre la sua proposta di bilancio, detto in tutta onestà, punta in quella opposta. Oltre ai Fondi regionali, ai Fondi sociali e al Fondo agricolo, dobbiamo snellire e rendere coerenti i nostri strumenti comuni. Ci serve trasparenza, ci serve lo stesso tipo di statistiche e ci serve la politica del bastone e della carota da usare con gli Stati membri, non solo per sottoscrivere le promesse, ma anche per mantenerle. Questo è fondamentale tanto per i cittadini europei quanto per noi qui al Parlamento. Dobbiamo rafforzare il Patto di stabilità e crescita e appoggiamo incondizionatamente il pacchetto proposto dal Commissario Rehn.

Come ha affermato lei stesso, signor Commissario, per ripristinare la fiducia servono gli indicatori relativi alle altre proposte faro. Questo ripristinerebbe la nostra fiducia in lei in quanto rappresentante della Commissione e forse, se collaboriamo a livello decisionale, anche quella dei cittadini nel nostro operato.

 
  
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  Pascal Canfin, a nome del gruppo Verts/ALE. (FR) Signor Presidente, Commissario Barnier, nel suo intervento ha citato la relazione Monti, presentatale qualche giorno fa.

C’è un aspetto molto interessante nella relazione Monti, ovvero il risalto che attribuisce all’impellente necessità di passare alla prossima fase in materia di cooperazione fiscale. Spiega chiaramente che i criteri previsti dal Patto di stabilità e crescita vanno sì applicati, ma se ci si limiterà a intervenire sulla spesa, decurtandola, si arriverebbe quasi certamente alla recessione. E’ dunque fondamentale sfruttare entrambi i pilastri – quello fiscale in modo particolare – per consentire agli Stati membri di percepire introiti addizionali grazie alle attività e agli operatori economici il cui onere fiscale è stato ripetutamente ridotto nel corso degli ultimi anni: gli introiti delle società, del capitale e delle transazioni finanziarie.

Per farlo, però, abbiamo assoluto bisogno di un coordinamento a livello europeo. Questa è la conclusione cui giunge la relazione Monti, presentata due giorni fa. Questo argomento, tuttavia, non viene neanche sfiorato dalla strategia Europa 2020 presentata dalla Commissione. Non viene sfiorato neppure dalla comunicazione del Commissario Rehn, pubblicata qualche giorno fa. Si tratta di uno dei pilastri fondamentali, un valore aggiunto fra i più importanti che può offrire la Commissione in questo momento. Interveniamo, dunque, e creiamo il collegamento mancante; l’onorevole Berès ha giusto affermato che questa discussione ricorda un pastiche. Il coordinamento a livello fiscale ci consentirà di creare il collegamento fra la strategia Europa 2020, la relazione sulla governance dell’area dell’euro e sul mercato unico, l’occupazione e le questioni relative all’istruzione.

Siamo tutti consapevoli del fatto che, se rispettiamo le disposizioni del Patto di stabilità e crescita – aspetto, per inciso, fondamentale – tagliando solo le spese, ci incammineremo sulla via di una recessione sociale ed economica.

La mia domanda, quindi, è molto chiara: Commissario Barnier, in qualità di rappresentante della Commissione, quali proposte intende avanzare nelle prossime settimane? Come pensa di convincere i suoi colleghi – sempre supponendo che ne sia convinto lei stesso – del fatto che serve un piano d’azione, che occorre un piano di coordinamento fiscale per consentire ancora una volta agli Stati membri di percepire nuovi introiti in nome di una serie di accordi?

Quali sono le sue proposte? Non ha il diritto di rimanere in silenzio. Alla Commissione spetta il diritto di iniziativa legislativa, diritto che oggi, su questi temi, diventa dovere.

 
  
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  Malcolm Harbour, a nome del gruppo ECR.(EN) Signor Presidente, a nome del mio gruppo, desidero innanzitutto mostrare il mio apprezzamento per tutte le relazioni e, in modo particolare, per quella presentata dall’onorevole Grech, per la quale sono stato relatore ombra in seno alla commissione. Mi soffermerò su alcuni punti in essa contenuti a breve; prima, però, desidero esprimere il mio appoggio alle parole dell’onorevole Berès sull’eterogeneità della discussione di questo pomeriggio. D’altra parte, si tratta piuttosto di una discussione dispersiva. Sono giunti spunti fondamentali da parte di molti colleghi, ma detto francamente – e mi riferisco alla Commissione e al Commissario Barnier – questa situazione riflette la natura stessa del documento Europa 2020. Contiene molte idee brillanti, ma è dispersivo e ancora decisamente incompleto. Il Commissario ha menzionato le sette iniziative faro. Ebbene, noi non ne conosciamo ancora i dettagli.

La mia prima richiesta, dunque, è la seguente: possiamo far sì che il Consiglio non adotti nel dettaglio la suddetta proposta in occasione del prossimo vertice di giugno, dal momento che il testo non è pronto per l’approvazione? Ci serve ancora del tempo per analizzarne, insieme, i dettagli.

La mia seconda osservazione è che dovremmo trasformare il rilancio del mercato unico nell’ottava iniziativa faro. Ciò non complicherebbe eccessivamente le cose, dal momento che, in realtà, dovrebbe essere l’iniziativa numero uno. Onorevoli colleghi, il relatore Grech sostiene che vi sia il potenziale per creare nuovi posti di lavoro, per promuovere ulteriormente l’innovazione e per procedere verso un’economia più sostenibile; tuttavia, dobbiamo ottenere il sostegno dei cittadini e dei consumatori per questa proposta.

E’ proprio come nel caso della domanda rivolta all’onorevole Karas dall’onorevole conte di Dartmouth. Occorrerebbe che i cittadini prendessero parte al processo, ma spetta a loro decidere. Ne riceveranno i benefici. Abbiamo a disposizione questo strumento dotato di un potenziale enorme: perché allora, a maggior ragione visto che i bilanci pubblici corrispondono ancora al 16 per cento dell'economia europea, non utilizziamo i bilanci degli appalti pubblici per promuovere l’innovazione, per acquistare nuove tecnologie e per incentivare le PMI ad adottarle? Tra le politiche ancora incomplete, questa è la più vasta. Abbiamo sentito le parole del Commissario Barnier e del relatore Grech e abbiamo apportato il nostro contributo con la relazione Monti. Gli strumenti ci sono; ora dobbiamo sfruttarli.

 
  
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  Gabriele Zimmer, a nome del gruppo GUE/NGL.(DE) Signor Presidente, ci troviamo nel bel mezzo della più grave crisi che l’Unione europea ricordi e ancora quasi tutte le decisioni strategiche vengono prese a livello nazionale. Il Parlamento europeo ha potuto accomodarsi in panchina, ma nulla di più.

L’intera discussione odierna si è incentrata a più riprese su questioni specifiche inerenti alla strategia Europa 2020 per l’occupazione e la crescita, dando l’impressione errata che si stia discutendo del futuro dell’Europa e della sua linea di sviluppo. Forse ci è concesso di presentare interrogazioni orali sulla pertinenza politica della strategia Europa 2020 nel contesto della crisi economica e finanziaria attuale, ma non abbiamo la possibilità, con le nostre richieste, di influire né di modificare la strategia, di colmarne le eventuali lacune o di cambiarne le priorità.

Dinanzi a questo bivio strategico, invece di venire coinvolti, siamo rimasti intrappolati nel gioco di potere fra le istituzioni, nonostante, o forse a causa, del trattato di Lisbona. Questo è avvenuto quasi per ogni singolo punto discusso in quest’Aula nel corso degli ultimi mesi. La vittima principale di questa situazione è stato soprattutto il Parlamento europeo. Sia la strategia Europa 2020 sia, per esempio, gli orientamenti integrati per l’occupazione, illustrati dal presidente della commissione per l’occupazione, considerano il Parlamento come un organo che va solamente informato o consultato.

Inoltre, tutte le relazioni individuali presentate quest’oggi sono ben lontane dall’offrire una visione globale delle richieste e delle posizioni del Parlamento in merito alla suddetta strategia europea. Vogliamo introdurre un’enorme quantità di cambiamenti specifici.

Nel corso dell’ultima legislatura, il Parlamento europeo ha rivolto richieste specifiche al Consiglio e agli Stati membri in merito alla lotta alla povertà, all’introduzione di redditi minimi e di un salario minimo a prova di povertà su tutto il territorio comunitario. Nessuna di queste è stata inclusa nella strategia. Anzi: corriamo addirittura il rischio che obiettivi quali la lotta alla povertà e la relativa riduzione del 25 per cento possano sparire dal testo attuale perché non in linea con l’operato o gli interessi degli Stati membri e dei governi.

Persino i dati relativi all’occupazione all’interno dell’Unione europea negli ultimi dieci anni hanno mostrato chiaramente un aumento fino al 60 per cento, soprattutto dell’occupazione atipica e del lavoro precario. Questo aumento esponenziale dell’occupazione atipica, tuttavia, dovrebbe portarci a creare un modello, all’interno della strategia e degli orientamenti, a favore di posti di lavoro sicuri e a prova di povertà. Ebbene, quella che abbiamo di fronte è un’esigenza fondamentale.

D’altra parte, finché l’Unione europea, le istituzioni e le loro politiche specifiche non invieranno segnali a quanti sono emarginati, a quanti vivono in condizioni di povertà o non hanno un lavoro, ai giovani che non hanno prospettive per il futuro, non riusciremo a convincere queste persone del fatto che un'Unione europea comune è un progetto adeguato alle loro esigenze future. Si tratta di una lacuna democratica che l’attuale strategia Europa 2020 non si preoccupa di colmare, cosa che invece dovremmo fare insieme ai cittadini.

 
  
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  Bastiaan Belder, a nome del gruppo EFD.(NL) I problemi che hanno colpito la Grecia e l’area dell’euro stanno aggravando non poco la situazione e richiedono un approccio di tipo strutturale. La strategia Europa 2020 che è stata proposta punta proprio a questo, mirando a contribuire alla crescita economica e all’occupazione.

La strategia, giustamente, prevede che le finanze pubbliche siano in buono stato. Tuttavia, quest’iniziativa si dimostrerà vantaggiosa soltanto se verranno soddisfatte due condizioni. In primo luogo, il funzionamento del Patto di stabilità e crescita va rafforzato per evitare che si riproponga una situazione di questo tipo. Non è soltanto una questione di normative e di strutture, bensì di mentalità. L’obiettivo cruciale è che gli Stati membri rispettino i propri impegni di bilancio, come ho già sottolineato durante la conferenza tenutasi ad Atene la scorsa settimana.

Guardo inoltre con favore al fatto che gli Stati membri siano tenuti, in sede di Consiglio, a vigilare più intensamente sui progressi conseguiti da ciascuno di loro nelle riforme strutturali necessarie a rimettere in ordine le finanze pubbliche. A mio avviso, il rafforzamento del coordinamento a livello economico dovrebbe includere questo punto.

La seconda condizione su cui vorrei richiamare l’attenzione è l’inopportunità di un intervento comunitario in settori politici quali gli affari sociali, l’occupazione e la coesione sociale. In questi ambiti, gli obiettivi non possono essere attuati a livello europeo, ed è giusto che sia così. Abbiamo visto, nel caso della strategia di Lisbona, che un approccio di questo genere non funziona. Anche in questo caso, è nel senso della misura che si rivela il carattere del maestro: il maestro europeo.

 
  
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  Barry Madlener (NI).(NL) Quest’oggi ci troviamo a discutere dell’economia europea da una prospettiva di lungo termine e delle possibili strategie per raggiungere una crescita economica sostenibile. Mentre in Europa si parla di questo io non dormo sonni tranquilli, perché finora le proposte avanzate dall’Europa stessa non sono state risolutive. Vorrei richiamare l’attenzione di quest’Aula sulla strategia di Lisbona, con cui l’Europa si è impegnata a diventare l’economia più competitiva a livello mondiale, dimostrandosi, ovviamente, un totale fallimento.

L’Unione europea non ha fatto altro che aumentare la burocrazia, creare normative non necessarie – soprattutto nel mio paese, i Paesi Bassi – aumentare le tasse, l’immigrazione di massa, la criminalità e la mancanza di sicurezza. Diamo anche un’occhiata all’elenco dei paesi che vorrebbero entrare a far parte dell’Unione europea e con cui, ogni giorno, sediamo allo stesso tavolo: l’Albania, la Bosnia, la Turchia – tutti paesi poveri, paesi musulmani, per giunta corrotti e dediti ad attività criminali – e l’Islanda – uno Stato fallito.

Come se non bastasse, ogni giorno, in quest’Aula, i membri del gruppo Verde/Alleanza libera europea e del gruppo dell'Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento europeo e perfino gli esponenti del gruppo dell'Alleanza dei Liberali ribadiscono la necessità di un’economia verde, di finanziamenti di milioni di euro per le turbine eoliche e l’energia elettrica verde, sebbene la nostra industria diventi sempre meno competitiva rispetto alla Cina, agli Stati Uniti e all’India.

Vi sorprende che la nostra economia sia stagnante? C’è solo un modo per rendere l’Europa economicamente forte: meno burocrazia; meno funzionari a Bruxelles; meno burocrazia anche all’interno degli Stati membri; una riduzione e non un aumento delle tasse e la fine all’immigrazione di massa. La Grecia deve essere estromessa, senza ombra di dubbio, dall’area dell’euro. Guardiamoci allo specchio una buona volta e osserviamo gli eurodeputati qui presenti: cosa avete fatto in questi anni per far sì che la Grecia rispettasse i suoi impegni come previsto dal Patto di stabilità e crescita? Conosco già la risposta: assolutamente niente. Siete rimasti qui a sonnecchiare mentre paesi come la Grecia, che hanno ricevuto dall’Europa miliardi di euro ogni anno, scialacquavano quel denaro e lasciavano che al governo sfuggisse di mano la situazione.

Se l’Europa non riuscirà in questo, ho il sentore che il mio paese – i Paesi Bassi – e la Germania abbandoneranno la zona euro.

 
  
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  Gunnar Hökmark (PPE).(EN) Signor Presidente, il pacchetto di sostegno finanziario presentato quasi due settimane fa è stato sì necessario, ma non risolve i problemi che l’Europa si trova a dover affrontare. Ora servono azione, decisioni e una nuova fiducia nelle finanze pubbliche. Direi che dobbiamo sì discutere della strategia Europa 2020, ma servirebbe ancor di più una strategia Europa 2010, che descriva gli interventi necessari a ripristinare la crescita, a ridurre i disavanzi e a creare ottimismo.

Tuttavia non ci sarà la crescita di cui abbiamo bisogno se non verrà ripristinata la fiducia nelle finanze pubbliche. Su questo punto i socialisti sbagliano. Continuano a difendere le stesse politiche che hanno determinato i disavanzi e le crisi della Grecia, della Spagna, del Portogallo e di altri paesi. Il relatore Hoang Ngoc ritiene che le suddette politiche andrebbero prolungate e che dovremmo attendere prima di ridurre i disavanzi. L’onorevole svedese Ulvskog suggerisce di aumentare le spese. I socialisti sono diventati una minaccia per la prosperità, la ripresa e i nuovi posti di lavoro di cui ha bisogno l’Europa. Vi posso assicurare che, laddove falliscono i socialisti, noi del gruppo PPE ci adopereremo al fine di intraprendere le azioni necessarie, ovvero: riduzione dei disavanzi, ripristino della fiducia e riforme a favore della crescita e di nuovi posti di lavoro. Questo è ciò di cui l’Europa avrà bisogno: noi saremo lì, prenderemo le decisioni più difficili e ci assumeremo le responsabilità del caso laddove altri falliscono.

 
  
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  Alejandro Cercas (S&D). (ES) Signor Presidente, devo spendere alcuni secondi per chiedere all’oratore che mi ha preceduto di andare in Grecia e chiedere chi sono i responsabili dei problemi che, attualmente, incombono sui lavoratori. Loro non sono certo lì ad aspettare il gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano). Nossignore. Confidano in un cambiamento politico reale, come quello che può portare la strategia Europa 2020.

Se la nostra analisi è errata, probabilmente lo saranno anche le nostre soluzioni. L’analisi da compiere è la seguente: l’Europa patisce enormemente l’avidità, la mancanza di regolamentazione, la mancanza di governance economica, lo scarso livello di istruzione e di coesione della popolazione, la mancanza di giustizia sociale, la scarsa crescita economica, la scarsa crescita occupazionale e la presenza di molte categorie di lavoratori scarsamente qualificati ed esclusi dal mercato del lavoro.

Signor Presidente, nei prossimi dieci anni, i nostri sforzi devono mirare ad accrescere il numero dei lavoratori e a garantire che questi ultimi siano più preparati, sul piano dell’istruzione, alla battaglia per la produttività. L’Europa non potrà accrescere la propria competitività senza vincere la battaglia per la produttività. Non affermeremo la nostra posizione a livello mondiale riducendo i salari o distruggendo gli standard sociali; possiamo farlo, invece, aumentando il livello di conoscenza, accrescendo il grado di solidarietà e di coesione sociale all’interno della nostra società. Questi sono i nostri punti di forza. Dobbiamo trasformare l’Europa in un continente effettivamente unito, con un progetto chiaro, obiettivi chiari e una governance economica che ci consenta non solo di rispondere alle emergenze di oggi, ma anche di affrontare le sfide di domani.

Questi sono i nostri auspici. Questi sono gli auspici della netta maggioranza dei membri della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, che non ascoltano il canto delle sirene di quanti vorrebbero far rivivere l’idea del “ciascuno per sé” distruggendo, di conseguenza, la solidarietà.

Signor Presidente, questo è il nostro auspicio, ovvero che la strategia Europa 2020 coinvolga tutti i cittadini europei che ci chiedono più posti di lavoro, un’occupazione qualitativamente migliore, una governance economica e un regime di consolidamento fiscale. Il consolidamento fiscale va bene, ma deve essere accompagnato da un consolidamento sociale ed economico, altrimenti non andremo da nessuna parte.

 
  
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  Michael Theurer (ALDE).(DE) Signor Presidente, Commissari, onorevoli colleghi, come abbiamo avuto modo di sentire, i mercati finanziari vanno collocati all’interno di un nuovo quadro normativo, cosicché in futuro si possano evitare le intemperanze che hanno portato alla crisi attuale.

Tuttavia, se mettiamo in luce le cause alla radice dell’indebitamento dei governi, vediamo chiaramente che, qui al Parlamento, parliamo troppo del debito pubblico e troppo poco di come raggiungere prosperità e crescita. Cosa determina la nostra crescita? La nostra crescita e la nostra prosperità dipendono dalla capacità dei cittadini comunitari di sviluppare prodotti, di partorire nuove idee spendibili anche sul mercato globale.

Di conseguenza, è corretto che uno dei capitoli della strategia Europa 2020 sia intitolato “L’Unione dell’innovazione”. Dobbiamo concentrarci sulle invenzioni e sulle possibili strategie per rafforzare la ricerca e lo sviluppo. Successivamente, sarà fondamentale promuovere le sinergie tra i fondi destinati alla ricerca e la politica di sviluppo regionale. Si potrebbe fare molto di più in questi settori. Unitamente ai liberali e alla FDP tedesca, propongo di concentrarci sulle piccole e medie imprese (PMI). Dovremmo far sì che, in quanto Unione europea, i nostri fondi vengano gestiti in modo tale da consentire effettivamente alle PMI di accedervi e che vi sia un trasferimento di tecnologia fra università, istituti di istruzione superiore e PMI. Dovremmo incoraggiare le persone a prendere il destino nelle proprie mani attraverso l’assunzione di responsabilità a livello personale e lo spirito di intraprendenza. I governi non possono creare posti di lavoro: questi vanno creati all’interno dell’economia stessa.

 
  
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  Elisabeth Schroedter (Verts/ALE).(DE) Signor Presidente, Commissari, onorevoli colleghi, è evidente che avete riconosciuto la necessità di dare inizio immediato alla transizione verso uno sviluppo economico verde, dal momento che il cambiamento climatico metterà a repentaglio il successo dell’economia dell’Unione europea.

Tuttavia, ciò che manca alla strategia Europa 2020 è un collegamento fra il cambiamento dell’economia in senso ecologico e una strategia verde per l’occupazione. Alcuni studi hanno dimostrato che si possono creare 8 milioni di nuovi posti di lavoro soltanto con la transizione energetica. Nella strategia Europa 2020 va quindi inclusa un’iniziativa a favore dei posti di lavoro verdi, che si traduca in misure specifiche e orientamenti integrati. Di conseguenza, abbiamo bisogno di quadri giuridici e politici stabili, per far sì che gli investitori puntino effettivamente alla creazione di posti di lavoro verdi. Questo prevede, al contempo, la realizzazione di collegamenti fra il settore della ricerca e dello sviluppo e l’economia, la promozione dei cluster dell’innovazione nonché la possibilità di incentivare questi ultimi nelle regioni più svantaggiate. Questo è quanto sostiene la relazione van Nistelrooij ed io la appoggio. Sebbene non condivida la posizione di chi vorrebbe imporre alle regioni le richieste dall’alto in merito al programma di finanziamento, l’impulso derivante da questa relazione e dalle proposte che sono state avanzate vanno, tuttavia, nella giusta direzione e contribuiranno alla creazione di posti di lavoro verdi.

Ad ogni modo, nell’ambito della strategia per l’occupazione, dobbiamo adoperarci anche per incanalare il processo di trasformazione verso un’economia verde, per coinvolgere i lavoratori e per prepararli alla transizione. Rivolgo queste parole al Commissario Andor. Sostanzialmente, la struttura degli orientamenti per le politiche occupazionali è corretta ed equilibrata. Particolarmente importante è il fatto che l’istruzione sia stata concepita come un ambito di intervento a sé stante, che offre svariate possibilità di interrompere il ciclo della povertà. Costituisce la pietra angolare di una strategia per l’occupazione verde ed è, di conseguenza, fondamentale per il buon esito della strategia Europa 2020. Dobbiamo, tuttavia, migliorare anche gli orientamenti. Gli orientamenti per l’occupazione svolgono un ruolo chiave, che consiste nel darci la possibilità di sfruttare appieno il potenziale dei posti di lavoro verdi.

 
  
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  Konrad Szymański (ECR).(PL) Le conclusioni che si possono trarre dalla lenta crescita economica dell’Europa e dal collasso causato dalla crisi sono molto diverse. Si può, indubbiamente, condividere la posizione di quanti, in quest’Aula, chiedono una riduzione degli oneri di concessione, di informazione e di amministrazione, generati non soltanto dagli Stati membri, ma anche dall’Unione europea e da questo Parlamento. Corriamo il rischio, tuttavia, di iniziare una cura molto più deleteria della malattia stessa. Una misura di questo genere, così dannosa per la crescita in Europa, rafforzerebbe il ruolo dell’Unione europea nel settore della cooperazione e del coordinamento fiscale e determinerebbe, di conseguenza, un aumento dell’armonizzazione a livello fiscale. La concorrenza fiscale, come ogni genere di concorrenza, è positiva per i cittadini e per i mercati e offre la possibilità di conseguire risultati migliori, aspetto fondamentale della nostra competitività a livello globale. Di conseguenza, il principio che sta alla base della politica economica dell’Unione dovrebbe essere dato dalle libertà comuni e dal mercato comune, e non dall’estensione delle competenze dell’Unione.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL).(PT) Signor Presidente, nell’ambito di questa discussione vorremmo far presente che è ora di smetterla con i giochi di parole e che è giunto il momento di discutere dei problemi reali che affronta la maggior parte delle donne e degli uomini dei nostri paesi; della sofferenza; degli oltre 85 milioni di persone che vivono in condizioni di povertà all’interno dell’Unione, una delle zone più ricche del mondo dove si continua scandalosamente a ricavare profitti senza che vengano adottate misure volte a mantenere la situazione sotto controllo. Vogliamo discutere della mancanza di sicurezza occupazionale e dei miseri salari che ricevono i lavoratori; dei giovani e delle donne che non trovano lavoro; dei 23 milioni di disoccupati? Vogliamo discutere degli anziani a cui viene negata una pensione dignitosa e dei bambini che hanno un’ipoteca sul loro futuro?

Cerchiamo di essere chiari: il percorso che propone la strategia Europa 2020 è lo stesso dell’inizio della crisi. La Commissione europea non ha voluto analizzare le cause della situazione attuale né affrontare le conseguenze degli aspetti chiave delle politiche adottate dopo l’applicazione della strategia di Lisbona, ovvero: la liberalizzazione dei settori economici, inclusi i servizi finanziari, e la flessibilità del lavoro, che ha denominato flessicurezza.

Quello a cui puntano ora è gettare le basi per una maggiore concentrazione della ricchezza attraverso una serie di direttive a favore della privatizzazione dei settori strategici dell’economia e mediante attacchi ai servizi pubblici che servono gli interessi dei gruppi economici nei settori della sanità, della sicurezza sociale e dell’istruzione: insomma, qualsiasi ambito da cui si possa trarre un profitto. Preferiscono nascondere il fatto che soltanto allontanandosi da queste politiche la situazione potrà cambiare e si potrà registrare un progresso dal punto di vista sociale. Ad ogni modo, noi insistiamo su questo punto e riteniamo che sia giunto il momento di mettere da parte il Patto di stabilità e crescita e di sostituirlo con un programma di sviluppo e progresso sociale. Tale programma dovrà includere fra le sue priorità la produzione, servizi pubblici di qualità, la creazione di posti di lavoro, garantendo diritti, salari, pensioni e condizioni di pensione dignitose, inclusione sociale, nonché un’equa suddivisione e ridistribuzione della ricchezza. Queste priorità richiederanno un’effettiva coesione economica e sociale, un palese rafforzamento del bilancio dell’Unione, solidarietà, politiche pubbliche e il controllo da parte dello Stato dei settori chiave dell’economia.

Siamo certi che lavoratori e cittadini continueranno a lottare per questo, magari domani in Grecia e il 29 maggio in Portogallo; in questa sede, rendiamo onore alla loro battaglia.

 
  
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  William (The Earl of) Dartmouth (EFD).(EN) Signor Presidente, senza dubbio la strategia Europa 2020 contiene molti spunti interessanti, ma afferma anche che, per quanto concerne l’allargamento, entro il 2020, entreranno a far parte dell’UE altri cinque, o più probabilmente otto, nuovi Stati membri. Già nell’UE del 2010, solo 12 paesi sono contribuenti netti al bilancio dell'Unione, mentre gli altri 15 ricevono sussidi.

E’ probabile che nessuno dei nuovi paesi diventi contribuente. Nel 2020, dunque, saranno probabilmente almeno 23 i paesi che riceveranno sussidi. In pratica, entro il 2020, l'UE sarà diventata l’Unione del trasferimento, ovvero un’Unione che si limiterà a trasferire denaro dai 12 paesi contribuenti ai 23 beneficiari dei sussidi. Sfortunatamente e ingiustamente, i contribuenti britannici sono coinvolti, loro malgrado, in questa situazione. L’ormai relativamente impoverito Regno Unito è il secondo contribuente netto al bilancio dell’UE in ordine di importanza.

In occasione delle ultime elezioni provinciali in Germania, gli elettori della Renania settentrionale-Westfalia hanno detto “no” alla loro coalizione e hanno ribadito il loro “no” all'Unione del trasferimento. Nei prossimi dieci anni, anche gli elettori di altri paesi contribuenti daranno voce al proprio dissenso. Per il 2020, il divario sarà diventato incolmabile. Non è certo nell’interesse nazionale del Regno Unito che viga una situazione di caos economico oltremanica ma, a meno che il processo di allargamento non si fermi immediatamente, il caos economico sarà inevitabile. La strategia Europa 2020, dunque, non coglie il nocciolo della questione.

 
  
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  Krisztina Morvai (NI). (HU) Onorevoli colleghi, con tutto il rispetto, desidero chiedervi se, secondo voi, non vi sia un che di incredibilmente bizzarro in quello che sta succedendo qui oggi. A questa discussione estremamente importante sulla crisi economica e finanziaria, causa del dramma di milioni di europei, hanno preso parte sì e no una quarantina di persone. Invitiamo gli operatori economici e i cittadini europei a risparmiare energia elettrica, mentre in quest’Aula, da tre giorni a questa parte – ma questo vale per tutte le plenarie e le telecamere possono provarlo – sprechiamo una quantità enorme di energia per illuminare una stanza delle dimensioni di uno stadio di calcio, in cui siedono, sì e no, una quarantina persone per l’intera durata della seduta, eccezion fatta per le votazioni. Nelle 27 cabine degli interpreti ci sono 27 per 3, ovvero 81 interpreti simultanei altamente qualificati che traducono per noi. 81 interpreti per 40 eurodeputati, ovvero 2 interpreti a persona. Non è forse giunto il momento di guardare in faccia la realtà e smettere di costringere pensionati, vigili del fuoco, infermieri e insegnanti a tirare la cinghia?

 
  
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  Lena Kolarska-Bobińska (PPE).(PL) In un periodo di crisi, quando l’integrità dell’Unione europea viene minacciata, dovremmo prestare particolare attenzione alla coesione dell’Unione nel promuovere la crescita economica. Non sappiamo ancora se la crisi acuirà le differenze fra le varie regioni d’Europa. Le differenze storiche in termini di livello di sviluppo delle regioni potrebbero aumentare e potremmo addirittura assistere alla nascita di nuovi fattori di differenziazione.

In questa situazione, ciò di cui abbiamo particolare bisogno sono meccanismi in grado di livellare le differenze fra le regioni e la prosecuzione di una politica regionale forte è la via per raggiungere questo obiettivo. In questa situazione, sarebbe poco saggio abbandonare questa politica e ridurre drasticamente i finanziamenti alle autorità locali e regionali, poiché ciò metterebbe seriamente a rischio non solo il rilancio della crescita economica, ma anche la stessa unità europea.

Sia la strategia Europa 2020, sia la politica di coesione puntano allo stesso obiettivo. Influiscono notevolmente sulla ripresa economica e sono fondamentali ai fini della politica europea di solidarietà. Tuttavia, ciò che serve è un migliore coordinamento fra le due. Creare nuovi fondi tematici separati per far fronte alle nuove sfide sarebbe una perdita di tempo e di denaro, e ritarderebbe, inoltre, l’attuazione della strategia Europa 2020, condannandola allo stesso destino del trattato di Lisbona. Dobbiamo garantire il finanziamento dei progetti chiave di infrastruttura e respingere una nuova nazionalizzazione della politica regionale.

Attualmente sentiamo spesso parlare di forti pressioni da parte dei governi di determinati Stati membri o della Commissione europea per tagliare, o comunque ridurre, le spese nel settore della politica regionale. Ad ogni modo, il messaggio del Parlamento europeo contenuto nella relazione di cui sono stata relatrice ombra è chiaro. Occorre una politica di coesione più forte, non più debole. Occorre una solidarietà europea reale.

 
  
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  Evelyne Gebhardt (S&D).(EN) Signor Presidente, onorevole Grech, desidero congratularmi con lei per l’eccellente relazione che ci ha presentato e che ci offre una buona base per proseguire. La ringrazio anche per aver adoperato una frase che uso sempre anch’io, ovvero che è l’economia a essere al servizio della popolazione e non viceversa. La politica dell’Unione europea dovrebbe basarsi proprio su questo.

Inoltre, nella sua relazione sottolinea, giustamente, che una corretta valutazione degli impatti del mercato interno sulla società, sull’ambiente, sull’economia e sui consumatori e le decisioni che adottiamo all’interno del mercato stesso rivestono un’importanza capitale. Questo è esattamente quello che è mancato finora o che non è stato reso sufficientemente visibile agli occhi dei cittadini. E’ fondamentale mettere in luce gli elementi umani e olistici della nostra politica, anche quando si tratta di mercato interno.

Nella sua relazione, fa anche un’affermazione particolarmente importante per noi socialdemocratici, ovvero che la politica sociale dovrebbe essere considerata il fulcro della politica del mercato interno e che è fondamentale tutelare i servizi di interesse economico generale. Chiede, inoltre, che venga sviluppata una strategia per migliorare la comunicazione dei vantaggi sociali che offre il mercato interno.

Se prendiamo in esame questi pochi punti, ci rendiamo conto del fatto che potremmo raggiungere ottimi risultati se solo la Commissione ci offrisse il suo sostegno. Auspico davvero che la Commissione sfrutti appieno l’opportunità offerta dalla relazione Grech di mettere in primo piano il progresso dei cittadini dell’Unione europea. Avanzo tale richiesta con fermezza, e come sappiamo, il Commissario Barnier ha già offerto la sua disponibilità. Se affrontiamo la questione del mercato interno da questa prospettiva, la politica dell’Unione europea otterrà un maggiore consenso e noi potremo puntare a un futuro migliore.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. McMILLAN-SCOTT
Vicepresidente

 
  
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  Robert Rochefort (ALDE).(FR) Signor Presidente, in questa discussione sulla strategia 2020, vorrei cogliere l’occasione offerta dalla relazione, estremamente interessante, dell’onorevole Grech per dirvi che sono convinto che, in questa strategia futura, non si debbano tralasciare i consumatori.

Nell’analizzare il testo della Commissione sulla strategia 2020, ho constatato che i consumatori non vengano quasi mai citati. Nel periodo di crisi che attraversiamo, non dimentichiamo mai che gli investimenti costituiscono la variabile fondamentale, ovviamente, ma che i consumi, nei nostri diversi paesi, rappresentano il 60-70 per cento del prodotto interno lordo.

Pertanto, mi piacerebbe che, nell’ambito della strategia 2020, si compissero progressi più rilevanti in questa direzione. Mi piacerebbe un’Europa all’avanguardia in forme di consumo differenti, basate sul triangolo della conoscenza e sullo sviluppo sostenibile, un’Europa capace di sviluppare modalità di produzione e prodotti che interessino i consumatori, pensati insieme a questi ultimi, un’Europa che punti sulla qualità e non sulla quantità fine a se stessa. Mi piacerebbe vedere una concorrenza rafforzata, che non incentivi il discount a qualsiasi costo, ma che serva a migliorare la soddisfazione dei consumatori.

Signor Commissario, la mia domanda è, quindi, molto semplice: consiglierà al Presidente Barroso e al collegio dei Commissari di costituire un gruppo che lavori su questo punto, in modo che i consumatori non siano più considerati una variabile correttiva, individui destinati a subire passivamente, ma piuttosto soggetti attivi, che partecipano, che sono al vostro e al nostro fianco, per costruire questa società del futuro di cui abbiamo un disperato bisogno.

 
  
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  Emilie Turunen (Verts/ALE).(DA) Signor Presidente, vorrei impiegare il mio tempo per discutere gli aspetti sociali e occupazionali della strategia Europa 2020 e gli sforzi profusi dalla Commissione in tal senso. Non è certo un segreto che il gruppo Verde/Alleanza libera europea avrebbe voluto un programma molto più ambizioso di quello attualmente in discussione per il 2020, con il sincero auspicio di definire le modalità con cui l’Europa dovrà provvedere alle proprie esigenze e stabilire obiettivi sociali e occupazionali ambiziosi. Tuttavia, proprio adesso osserviamo un contesto nel quale gli Stati membri non hanno intenzione di sviluppare il programma presentato dalla Commissione. Anzi, stanno compiendo passi indietro.

Innanzi tutto, una nota sulla lotta contro la povertà: molti Stati membri si sono chiesti se il contrasto alla povertà e la definizione di obiettivi specifici in questo ambito rientrino effettivamente tra le competenze dell’Europa. A tal proposito, vorrei soltanto affermare che numerosi passaggi del trattato di Lisbona offrono una base giuridica per questa azione, per esempio l’articolo 3 del trattato sull’Unione europea e gli articoli 9 e 153 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Pertanto, si tratta soltanto di prendere l’abbrivio. In secondo luogo, altri Stati membri, incluso il mio, la Danimarca, hanno criticato la definizione di povertà. Naturalmente, è necessario elaborare una definizione valida. Nondimeno, tali argomentazioni non possono celare che il punto in discussione è soltanto uno, ovvero se si voglia realmente combattere la povertà in Europa. E’ su questo aspetto che verte il vero dibattito.

Vogliamo ridurre il numero di poveri in Europa, che oggi ammonta a 84 milioni di individui? Vogliamo ridurre il numero di lavoratori poveri, che sono circa 17 milioni? Vogliamo che tutti abbiano un lavoro dignitoso e onesto, e non soltanto un lavoro qualsiasi? Vogliamo che i giovani abbiano accesso al mercato del lavoro? Sì, certo che vogliamo tutto ciò, ed è proprio per questo che sono necessari obiettivi specifici riguardanti le questioni sociali e l’occupazione. Oggi l’Europa sta attraversando una crisi economica, ma non dobbiamo permettere che quest’ultima ci blocchi mentalmente e ci inibisca nello stabilire obiettivi ambiziosi in questi settori. Se non abbiamo il coraggio di compiere questi passi adesso, mineremo l’economia europea, così come la nostra coesione sociale. Pertanto, signori Commissari, onorevoli colleghi, direi che la volontà politica sarà fondamentale. Spero che il Parlamento e la Commissione prendano le redini della situazione ed esortino gli Stati membri che ancora esitano a impegnarsi per l’affermazione di un’Europa sociale entro il 2020. Mi auguro inoltre che, in quanto membri della Commissione, siate pronti ad assumervi questo compito.

 
  
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  Oldřich Vlasák (ECR). (CS) Abbiamo passato tutto il giorno a discutere dell’indirizzo strategico più auspicabile per l’Unione europea. A mio avviso, tuttavia, avremmo dovuto consultare innanzi tutto i nostri cittadini e coloro che sono più direttamente coinvolti, ovvero i sindaci e i rappresentanti delle istituzioni locali, chiedendo loro quale sviluppo futuro desiderino per l’Europa. A tal proposito, sono molto deluso dall’attenzione insufficiente che la strategia Europa 2020 presta al ruolo delle autorità locali. La strategia giustamente cita la necessità di un legame più stretto con i partner locali e regionali, ma non è chiaro come si debba applicare, nella pratica, il concetto di partenariato. Inoltre, la consultazione avviene su base discrezionale, quindi non è in alcun modo vincolante per il processo decisionale degli Stati membri. Posso confermare le mie parole con un esempio concreto. Quando la Federazione dei comuni della Repubblica ceca ha formulato alcune osservazioni sulla posizione del nostro governo nei confronti della strategia Europa 2020, non soltanto queste considerazioni non sono state accolte, ma la Federazione non ha neanche ricevuto una risposta adeguata circa il trattamento loro riservato.

Se vogliamo evitare che si ripeta il fallimento della strategia di Lisbona, non dobbiamo continuare a ignorare la voce degli enti locali, che costituiscono parte integrante della pubblica amministrazione in tutti gli Stati membri e il cui ruolo è centrale per il perseguimento di qualsiasi politica europea. Di contro, una consultazione obbligatoria degli attori che agiscono “dal basso” ci fornirebbe indicazioni fondamentali sull’attuazione corretta, efficace ed efficiente delle misure adottate. Vorrei dunque esortare la Commissione a dedicare particolare attenzione al coinvolgimento delle autorità locali in tutto il processo.

 
  
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  Kyriacos Triantaphyllides (GUE/NGL).(EL) Signor Presidente, l’attuale strategia di Lisbona è stata semplicemente ribattezzata strategia Europa 2020. In sostanza, le proposte della Commissione, nel complesso, non stravolgono gli attuali obiettivi; non soltanto gli impegni presi sono stati disattesi, ma gli sviluppi degli ultimi dieci anni hanno dimostrato che è peggiorato il tenore di vita dei cittadini dell’Unione europea. Nonostante ciò, le proposte avanzate dalla Commissione non comprendono sufficienti parametri di carattere sociale. Pertanto, poniamo i seguenti interrogativi: quali sono le misure che la Commissione propone per prevenire l’irresponsabilità del mercato, i numerosi licenziamenti e il dilagare dell’insicurezza del lavoro? Il coinvolgimento del Fondo monetario internazionale non significa condizioni più onerose per gli Stati membri e per la popolazione? A nostro avviso, se il Patto di stabilità non viene sostituito da un patto per il raggiungimento degli obiettivi sociali, si stringerà ancora di più il cappio attorno al collo della popolazione e saranno necessari sacrifici più imponenti.

 
  
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  Timo Soini (EFD).(FI) Signor Presidente, quando studiavo all’Università di Helsinki negli anni ottanta, l’Unione sovietica era ancora potente. Quando si creavano problemi lì, si chiedeva più socialismo. Adesso sono un padre di famiglia di mezza età, vivo nell’Unione europea e quando ci sono problemi qui, chiediamo una maggiore integrazione. E’ sorprendente quanto questa filosofia somigli all’altra e anche il risultato sarà lo stesso: non funzionerà.

Bisogna costruire partendo dal fondamento degli Stati nazionali. Dobbiamo dunque cuocere il pane prima di spartirlo, come diciamo in Finlandia. Creiamo posti di lavoro e condizioni eque: sarà questa la fonte della nostra forza, così compiremo progressi. Assistiamo a una carenza di datori di lavoro – non a una carenza di lavoratori, ma di datori di lavoro, che possano offrire occupazione.

Le piccole imprese sono fondamentali. Dobbiamo rinviare la discussione sulla direttiva relativa all’orario di lavoro dei padroncini alla prossima tornata. Questo è un tipico esempio di una situazione in cui dovremmo far sentire la nostra voce, in nome degli imprenditori, che creano occupazione, che fanno del bene e danno lavoro alle persone. Adesso sussiste tuttavia il pericolo che si perdano posti di lavoro a causa di decisioni amministrative. Amo davvero l’Europa, anche se non amo l’Unione europea.

 
  
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  Franz Obermayr (NI).(DE) Signor Presidente, nell’anno del campionato mondiale di calcio, i rappresentanti in seno al Consiglio potrebbero trarre una lezione da questo sport: non è possibile praticare un bel gioco se ogni giocatore ha un arbitro che lo controlla. Nondimeno, giocare senza regole, senza un arbitro e senza calci di punizione, significherebbe il caos. E’ esattamente questo lo stato dei fatti in questo momento!

E’ davvero giunto il momento che la strategia Europa 2020 metta fine all’azione degli speculatori di fondi hedge. Coloro che, per anni, hanno vissuto negli agi grazie alla speculazione e a tassi di interesse esorbitanti adesso dovrebbero dare il proprio contributo. A pagare il conto non dovrebbero essere i piccoli risparmiatori, ma le grandi società, usando i cospicui profitti generati dalla speculazione.

La politica di coesione non dovrebbe poi ignorare la crisi dell’euro. Al di là dell’attuale pacchetto di salvataggio, la Grecia ha beneficiato, in passato, dei finanziamenti agricoli e regionali in modo smisurato. Senza i necessari cambiamenti strutturali, quei soldi chiaramente sono andati sprecati e, nonostante anni di sovvenzionamenti, il paese è stato condotto sull’orlo del precipizio. Non vedo perché dovremmo lasciare aperto il rubinetto del denaro in una situazione simile. Perché non ascoltiamo il Commissario Rehn che ha avanzato la proposta, piuttosto ragionevole, di tagliare i finanziamenti? Infine, non possiamo permettere che l’UE degeneri in un’unione dei trasferimenti. La pianificazione accentrata dell’economia, come quella che alcuni di voi auspicano, deve ancora dimostrare i suoi pregi, anche se promana da Bruxelles.

Di cosa abbiamo bisogno, quindi? Di responsabilità nella politica di bilancio e, in caso di malfunzionamento, di meccanismi sanzionatori coraggiosi ed efficaci. Tutto ciò dovrebbe rientrare nella strategia Europa 2020.

 
  
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  Jean-Paul Gauzès (PPE).(FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, la situazione economica e finanziaria dell’Europa giustifica totalmente i drastici provvedimenti adottati, in particolare per stabilizzare l’area dell’euro e per evitare di mettere in discussione la nostra moneta unica. L’urgenza della situazione giustifica il pragmatismo adottato. Tuttavia, per l’attuazione delle misure approvate, sarebbe utile garantire che il Parlamento sia coinvolto, nei limiti delle sue competenze, e possa esercitare la propria funzione di controllo democratico in condizioni adeguate.

In effetti, dobbiamo assicurarci che i nostri concittadini non perdano o ritrovino la fiducia nelle istituzioni politiche; senza questa fiducia, non sarà possibile nessuna riforma strutturale e neppure l’accettazione dei necessari provvedimenti di austerità.

Di fronte alla crisi finanziaria, l’Europa non è rimasta inerte. Non lo ripetiamo mai abbastanza. Nel 2009 abbiamo elaborato e adottato regolamenti sulle agenzie di rating, le cui disposizioni attuative saranno pubblicate a breve dalla Commissione. Alcuni giorni fa la commissione per i problemi economici e monetari di questo Parlamento ha votato il pacchetto relativo alla supervisione delle attività finanziarie. Lunedì scorso è stata invece adottata, a larga maggioranza, dalla stessa commissione, la relazione sulla regolamentazione dei gestori di fondi hedge.

Sono stati avviati dialoghi a tre per cercare un accordo con il Consiglio. Tale accordo deve essere raggiunto rapidamente, affinché le nostre istituzioni preservino la loro credibilità. I nostri concittadini ci pongono spesso la seguente domanda: “Cosa fa l’Europa?” Dobbiamo essere all’altezza delle loro aspettative.

A tal proposito, signor Commissario, vorrei congratularmi con lei per la sua determinazione e incoraggiarla a perseguire il programma di lavoro che si è prefissato, nel rispetto degli impegni presi durante l’audizione. Il suo calendario ambizioso ma indispensabile gode del nostro sostegno. Saremo accanto a lei affinché venga applicata la necessaria regolamentazione dei servizi finanziari. Non si tratta di opprimere il settore finanziario, ma di stabilire norme che permettano di regolamentare un’attività che deve essere disciplinata, e di assicurare una maggiore sicurezza e trasparenza delle operazioni.

 
  
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  Csaba Sándor Tabajdi (S&D). (HU) Signori Commissari, onorevoli colleghi, oggi l’Europa è di fronte a due grandi compiti: tracciare una nuova strategia, che stiamo ora discutendo e che penso si stia delineando correttamente. Se non troverà un nuovo modus operandi, l’Europa si troverà però a un bivio. Gli eventi delle ultime settimane, riguardanti la crisi della Grecia – e qui devo dissentire dall’onorevole Gauzès, perché purtroppo l’Unione europea e gli Stati membri, soprattutto il Cancelliere Merkel, hanno reagito in ritardo a questa situazione – ci dicono che l’Europa è a un punto di svolta. Si tratta di una scelta estremamente insidiosa, che determinerà se andremo verso una nuova nazionalizzazione, verso la ritirata degli Stati e i particolarismi, o nella direzione del comunitarismo. Se non progrediamo verso il comunitarismo, il programma delineato dal Commissario Barnier non sarà attuato e risulterà inutile. Nel fissare i nuovi obiettivi, è molto importante non dimenticare le nostre precedenti politiche: la politica di coesione, la politica agricola comune o, rivolgendomi al Commissario Andor, il rinnovamento del modello sociale europeo. Siamo a un punto di svolta, onorevoli parlamentari. Le ultime settimane ci hanno fornito questa indicazione: il modello precedente non funziona e il modello attuale non funziona come dovrebbe. Mi schiero a favore del controllo preventivo dei bilanci nazionali da parte della Commissione, prima che essi siano sottoposti all’approvazione dei parlamenti degli Stati membri.

 
  
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  Carl Haglund (ALDE).(SV) Signor Presidente, il mio contributo riguarda la relazione dell’onorevole Hoang Ngoc sulle finanze pubbliche sostenibili. L’elaborazione di questa relazione è stata molto interessante. Come ha evidenziato lo stesso relatore nel suo discorso, da un punto di vista ideologico, avevamo opinioni differenti su questo tema.

A tal proposito, è importante ricordare gli eventi verificatisi in Europa nelle ultime settimane, che hanno visto una crisi economica, quasi senza precedenti. La crisi è in gran parte dovuta all’incapacità, dimostrata dagli Stati membri, di controllare le proprie finanze e di tenere i conti in ordine. E’ stato, pertanto, alquanto sorprendente che sussistessero queste grandi differenze ideologiche circa l’opportunità di chiedere in prestito e impiegare tanto denaro quanto quello speso da molti paesi negli ultimi anni.

Come ho detto, sussistevano divergenze abbastanza rilevanti su questi argomenti, un contrasto che ho avuto modo di vedere anche in Aula. Fortunatamente, una larghissima maggioranza in seno alla commissione era concorde nel ritenere che fossero necessarie misure più severe per rimediare alla situazione in cui ci troviamo. La Commissione ha presentato ottime proposte nelle ultime settimane. Si è avviato l’iter decisionale che ci porterà effettivamente verso il ripristino dell’ordine nell’economia europea. E’ esattamente ciò di cui abbiamo bisogno.

E’ questo il motivo per cui le discussioni in seno alla commissione sono state a dir poco avvincenti. E’ importante ricordare che non parliamo soltanto del debito attuale, ma anche delle sfide future, quali la demografia europea, l’invecchiamento della popolazione e così via. E’ una relazione fondamentale e penso che siano stati presentati emendamenti positivi. Sono convinto che questo Parlamento giungerà a una decisione valida in merito.

 
  
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  Bas Eickhout (Verts/ALE).(NL) Questa discussione sulla crisi è stata principalmente incentrata sulla disciplina di bilancio, e a ragione, vista la sua importanza. Comunque, non è tutto. Poniamo questa crisi nella giusta prospettiva: si parla infatti ancora di una crisi del settore bancario.

Per molti anni gli istituti di credito hanno creato denaro dal nulla, utilizzando strutture opache e, nel 2008, è scoppiata la bolla. I paesi hanno così trasformato il debito privato in debito pubblico e questo è il problema che deve fronteggiare la Grecia oggi: un livello insostenibile di debito pubblico. Alla luce di quanto detto, quando discutiamo della strategia 2020, dobbiamo anche considerare il ruolo delle banche. La Commissione non è affatto ambiziosa su questo punto. Non è stato detto quasi nulla sulle banche. La crisi ci ha indicato che è necessario operare una distinzione chiara tra le banche di investimento e le banche di risparmio. Dov’è l’ambizione della Commissione quando parliamo di un piano per intervenire su questo punto? Questa è la mia prima osservazione.

Dobbiamo, tuttavia, anche volgere il nostro sguardo verso l’economia di domani. L’economia del futuro utilizzerà le risorse naturali in modo efficiente. Anche su questo punto, la Commissione ha mostrato scarsa ambizione. O gli scopi sono troppo vaghi, o gli obiettivi troppo modesti; ne è un esempio la riduzione del 20 per cento delle emissioni di gas serra, che si rivela vergognosamente inadeguata per promuovere l’innovazione verde. Come potranno le aziende accogliere l’invito a investire nelle tecnologie ecologiche? Riteniamo che i programmi della Commissione debbano includere anche questo punto.

Infine, anche il nostro bilancio deve essere in linea con la nostra strategia. Ciò vuol dire che i Fondi strutturali, in definitiva, debbano essere utilizzati per promuovere le nuove tecnologie ecocompatibili. Al momento, stiamo sostanzialmente sovvenzionando un aumento delle emissioni di gas serra. Dov’è il denaro per l’innovazione e dove sono gli stanziamenti per l’agricoltura sostenibile tra i fondi destinati all’agricoltura? E’ necessario che la Commissione indichi i dettagli e dimostri ambizione, invece di presentare programmi vaghi, che non rappresentano una soluzione per questa crisi.

 
  
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  Kay Swinburne (ECR).(EN) Signor Presidente, i fondi di stabilizzazione e le iniziative di salvataggio non dovrebbero essere l’elemento centrale della strategia Europa 2020. Deve essere una nuova strategia, seguita da tutti i nostri Stati per rilanciare il mercato interno dell’Unione europea, imprimendogli nuovi impulsi. Dobbiamo individuare le strategie atte a cambiare le nostre economie, in modo che siano adeguate a queste sfide. L’unica strada è rappresentata dai nuovi settori, attraverso la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione. L’Unione europea dovrebbe incoraggiare un nuovo dinamismo economico nello Spazio europeo della ricerca, creando reti di eccellenza e distretti della ricerca per il varo di progetti integrati, basati sull’innovazione di prodotti e servizi, non perdendo di vista i nuovi processi, le nuove tecnologie e le nuove soluzioni aziendali. Dobbiamo considerare i progetti di successo già esistenti e utilizzare i canali comunitari per individuare le buone pratiche.

Nel mio collegio elettorale, ho visitato l’Università “Glyndŵr”, che ha curato rapporti diretti con le aziende ad alta tecnologia del Galles settentrionale, raggiungendo una percentuale di inserimento dei laureati nel mercato del lavoro pari al 90 per cento, anche lo scorso anno. Questa iniziativa non ha soltanto migliorato le prospettive lavorative dei giovani che frequentavano l’università, ma ha rivitalizzato tutta la regione del Galles settentrionale. Invece di puntare su progetti da miliardi di dollari e su soluzioni mirabolanti, dobbiamo tornare ai rudimenti di un’economia di successo. Il Galles meridionale vanta cinque società farmaceutiche di primaria importanza, dotate di tecnologie di livello mondiale. Con una minima assistenza da parte dell’Unione europea, questo distretto industriale ad alta tecnologia potrebbe essere elevato al rango di centro di prestigio mondiale, in grado di far decollare, verso un futuro migliore, un’intera economia che attualmente possiede i requisiti per accedere ai Fondi di coesione. Necessitiamo di soluzioni per operare in modo efficace a vantaggio dei nostri cittadini.

 
  
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  Jacky Hénin (GUE/NGL).(FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, non lo ammetterete, ma la realtà è davanti a noi, in tutta la sua flagranza: si è spenta l’idea, o almeno il mito, di un’Europa liberale. Chi crede ancora in un approfondimento della dimensione federale, mentre ci apprestiamo a depauperare i paesi più indebitati, a vantaggio dei mercati finanziari?

Eppure, anche le attività e il progetto di un’Europa liberale si sono spenti, e in modo spettacolare. Con le crisi che si sono succedute, l’ultima più violenta di tutte, è esploso il debito pubblico. Ma è ancor più preoccupante che sia svanita la credibilità dell’area dell’euro. La situazione richiede un’autentica dimostrazione di solidarietà, quando il trattato di Maastricht esclude qualsiasi forma di solidarietà tra i paesi dell’area dell’euro. Questo è il primo paradosso europeo.

L’indebolimento dell’Europa emerge, del resto, anche dai negoziati in seno all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e dalla favola, puntualmente riproposta, dell’Europa che ci protegge dalla globalizzazione. Lungi dal costituire uno scudo o una protezione, spesso le direttive europee hanno silenziosamente surclassato l’OMC. Infatti, a causa dell’Europa, siamo molto esposti e scontiamo oggi attraverso il processo di deindustrializzazione e le diverse forme di delocalizzazione. Per il bene dei popoli, urge un nuovo orientamento della politica europea.

 
  
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  Mara Bizzotto (EFD). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, trecentootto miliardi di euro è l'ammontare dei fondi destinati alla programmazione della politica di coesione per il periodo 2007-2013. Finora l'Europa ha speso e, visti i risultati, buttato, parte di queste priorità indicate da Lisbona. Perché la UE 2020 abbia successo e le montagne di soldi che restano da spendere servano da stimolo alla crescita economica e da sostegno della competitività, si rendono necessari due ordini di intervento: semplificazione, revisione.

Semplificazione come parola d'ordine per svincolare l'accesso a queste risorse dalla burocrazia paralizzante: regione, cittadini e imprese vogliono poter agire con più fluidità per poter sprigionare le loro potenzialità!

Revisione, ossia intervento di urgenza per modificare i criteri che ne definiscono l'assegnazione, attraverso un ripensamento dello spirito generale della politica di coesione!

Mai come in questo momento la politica di coesione deve poter dimostrare la sua dimensione di governo multilivello, dando veramente voce ai problemi del nostro territorio e formulando da Bruxelles le tanto attese risposte sul futuro del nostro modello sociale ed economico.

Gentili colleghi, il compito di chi, come l'Unione europea, si trova oggi a maneggiare le cifre di cui stiamo discutendo impone severità nella vigilanza dei progetti sostenuti e agguerrita lotta agli sprechi. Solo così la strategia UE 2020 non sarà la brutta copia di un brutto originale!

 
  
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  Regina Bastos (PPE).(PT) Signor Presidente, assistiamo a un’accelerazione dei cambiamenti internazionali che ha conseguenze devastanti per i nostri sistemi economici, politici e sociali e, quindi, per tutti i nostri cittadini. Siamo testimoni di un calo senza precedenti nella capacità di reazione degli Stati. L’Unione europea, pertanto, deve individuare cause e alleati comuni, per agire in modo chiaro e unitario nel contesto mondiale.

L’eccezionalità della situazione richiede un’azione comune chiara. Se non adottiamo le misure rigorose necessarie e non ci assumiamo una responsabilità collettiva, l’Europa è destinata alla marginalizzazione e all’impoverimento. Soltanto un’Europa forte che rispetti le regole di tutti sarà in grado di fornire una risposta adeguata alla nuova epoca.

Gli Stati indeboliti e indebitati non hanno la capacità di proteggere i propri cittadini. Dobbiamo dunque essere in grado di riconquistare la fiducia pubblica, di vincere la battaglia della stabilità, del rigore di bilancio, della creazione di posti di lavoro, della stabilità dell’unione monetaria, della globalizzazione e delle scelte strategiche.

Se non agiamo in tal senso, rischiamo di compromettere il nostro futuro. Si può vincere la sfida dell’avvenire impegnandosi per la coesione sociale, per la pace, per la costruzione di un nuovo modello basato sui valori di libertà, di giustizia sociale e di responsabilità. Pertanto, la strategia Europa 2020 e gli orientamenti integrati in essa contenuti costituiscono elementi essenziali di un nuovo ciclo di crescita e di occupazione in Europa.

Per attuare ed eseguire correttamente tali misure, devono essere fissati obiettivi chiari e quantificabili in materia di occupazione, istruzione e riduzione della povertà. E’ altresì essenziale che siano intraprese tutte le azioni necessarie ad agevolare gli Stati membri nella trasposizione dei propri obiettivi nazionali, se vogliamo che la strategia sia coronata da successo e sia correttamente applicata.

 
  
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  Constanze Angela Krehl (S&D).(DE) Signor Presidente, l’attuale politica di coesione è nata con il nome di strategia di Lisbona. Nondimeno, sono fermamente convinta che la politica di coesione possa offrire, come farà, uno straordinario contributo alla strategia Europa 2020, non soltanto perché per essa prevediamo un bilancio notevole, al confronto con altre politiche europee, ma, soprattutto, perché la politica di coesione ci permette di creare uno sviluppo sostenibile nelle nostre regioni e di garantire un controllo efficace delle sfide e dei processi di ristrutturazione che vi hanno luogo.

Tuttavia, vi è un elemento centrale che vorrei sottolineare ancora una volta e che è condiviso anche dal nostro gruppo: la nostra politica di coesione può funzionare soltanto se si attribuisce pari importanza allo sviluppo economico e allo sviluppo sociale e soltanto se si offre una formazione ai lavoratori. In linea di principio, è necessario condividere la responsabilità dei fondi a nostra disposizione. E’ un rapporto simile a quello esistente tra hardware e software: l’uno non può fare a meno dell’altro.

 
  
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  Ramona Nicole Mănescu (ALDE).(RO) Vorrei aprire il mio intervento congratulandomi con l’onorevole Cortés Lastra per gli sforzi profusi nella redazione di questa relazione. Essa sottolinea ancora una volta l’importante contributo offerto dalla politica di coesione per il raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020. Dobbiamo pertanto garantire che il baricentro regionale della politica di coesione sia riconosciuto come parte di questa strategia.

Siamo tutti consapevoli del fatto che un’attuazione efficace della strategia dipende, in larga misura, dal modo in cui viene concepita. Di conseguenza, credo che le autorità locali e regionali debbano essere coinvolte anche nella fase di elaborazione, al fine di garantire che, in seguito, si possano conseguire risultati davvero efficaci. Al tempo stesso, una migliore governance multi-livello assicura un’applicazione efficace della politica di coesione a livello nazionale, regionale e locale.

In quanto beneficiari di queste politiche, ritengo che gli Stati membri debbano conservare il ruolo centrale che hanno in Consiglio nel processo decisionale relativo alla politica di coesione. Infine, condivido l’apprezzamento per il ruolo che i Fondi strutturali rivestono nel raggiungimento degli obiettivi della strategia. Vorrei però attirare la vostra attenzione sul fatto che, ancora una volta, non dobbiamo cadere nel tranello di utilizzare questi Fondi come strumento punitivo nei confronti degli Stati membri. Credo che un simile provvedimento sia totalmente contrario ai veri obiettivi della politica di coesione.

 
  
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  François Alfonsi (Verts/ALE).(FR) Signor Presidente, la parola chiave di questa strategia 2020 è la crescita, indipendentemente da come si voglia definirla, intelligente, sostenibile o inclusiva. Oggi in Europa è in atto una crisi che non finirà domani. Suonano ipocriti gli obiettivi in cifre di questa strategia 2020 – aumento del tasso di occupati, riduzione del tasso di povertà, eccetera – perché richiamano lo stesso modello della strategia di Lisbona, che è stata un fallimento.

L’Europa attraversa una crisi che richiede un progetto molto più lungimirante e molto più politico, dotato delle idee nuove che mancano completamente da questa strategia 2020.

Mi soffermerò su una di esse. Non dovremmo finalmente prefiggerci l’obiettivo di potenziare la diversità culturale dell’Europa, che è un valore fondante dell’Unione e che può offrire allo sviluppo economico del nostro continente una materia prima che non ha pari altrove, grazie a beni immateriali, come l’economia della cultura, e materiali, quali le nostre specialità regionali?

D’altro canto, si è sviluppata una visione strategica totalmente orientata verso gli Stati membri. Orbene, gli Stati, con i loro confini, con le loro logiche storiche, con le amministrazioni centralizzate, continuano a ingessare l’Europa.

Occorre una più ampia dimensione regionale nella futura strategia dell’Unione europea. Bisogna anche promuovere progetti macroregionali che riorganizzino le politiche territoriali attorno ai bacini biologici naturali del continente, a bacini che hanno anche un valore culturale e storico: il Mar Baltico, il Mediterraneo occidentale, il Danubio, le Alpi, l’Arco atlantico, eccetera.

Oggi un simile approccio sta prendendo piede gradualmente, per esempio nel Mar Baltico, ma non viene ripreso nella strategia 2020 e rischia di essere stroncato sul nascere quando si tratterà di ottenere fondi per la sua attuazione. La strategia 2020 che ci viene presentata, a nostro avviso, è caratterizzata da un approccio molto convenzionale e tecnocratico e dalla mancanza di una prospettiva politica.

 
  
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  Zbigniew Ziobro (ECR).(PL) La strategia Europa 2020 è un documento volto a indirizzare lo sviluppo dell’Unione nel prossimo decennio. Tuttavia, se non vogliamo che questo documento subisca la stessa sorte della strategia di Lisbona, dobbiamo renderlo più realistico e più vicino alle ambizioni degli Stati membri. Guidati da questa idea, apprezziamo gli emendamenti alla proposta della Commissione adottati dal Parlamento che, in particolare, riguardano il rafforzamento del mercato comune, la riduzione del protezionismo, la prosecuzione della politica di coesione e il sostegno all’agricoltura.

Nondimeno, e questo punto merita una sottolineatura particolare, è necessario praticare la politica del clima con maggiore correttezza, evitando, in altre parole, che gli eccessivi fardelli imposti impediscano ai paesi dell’Europa centro-orientale di avanzare dallo stato di eterno parente povero dell’Unione europea.

Infine, vorrei sottolineare che il nucleo centrale della strategia dell’Unione europea è l’innovazione, ma dobbiamo ricordarci di dare seguito alla politica di coesione e di sostenere l’agricoltura, perché è quest’ultima che permette alle regioni meno ricche di colmare il divario dello sviluppo.

 
  
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  Mario Borghezio (EFD). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, io ritengo che una politica industriale incentrata solo su aziende che operano a livello internazionale ad alta tecnologia non sia destinato al successo. Non dobbiamo dimenticare tutto il comparto delle piccole e medie imprese, comprese quelle artigianali, quelle commerciali. Anche a loro dev'essere rivolta l'attenzione della politica di innovazione.

Questa strategia deve garantire in particolare alle piccole e medie imprese condizioni di parità coi concorrenti extra-UE, attraverso l'adozione di clausole di salvaguardia e misure drastiche ed efficaci contro il problema gravissimo della contraffazione, anche con strumenti efficaci di difesa commerciale. Occorre che la governance della strategia europea 2020 non resti solo nelle mani della Commissione, ma preveda vari livelli, ivi compreso quello nazionale e macroregionale.

Dobbiamo cominciare a pensare a una politica, a una strategia, che faccia perno sui territori, sulle realtà produttive – ed io voglio ricordare la grande attenzione che si deve avere per la realtà produttiva del comparto della Padania. In altre parole noi chiediamo maggior attenzione verso le realtà produttive della produzione reale, con particolare attenzione, ripeto, a quella struttura di piccole e medie imprese che dappertutto in Europa costituisce il nerbo della nostra produzione e quindi la vera speranza per un futuro di produzione e di sviluppo dell'Unione europea.

 
  
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  Bendt Bendtsen (PPE).(DA) Signor Presidente, il nostro obiettivo era proprio diventare “l’economia basata sulla conoscenza più competitiva al mondo”, ma non è stato così. Sono colossali le sfide che l’Europa dovrà affrontare nei prossimi cinque anni. I problemi che vediamo in Grecia oggi, e che forse osserveremo in numerosi altri paesi fra breve tempo, sono il risultato di due fattori: la mancanza di competitività in Europa e il divario tra lo stile di vita e le effettive possibilità degli europei. In altre parole, abbiamo speso più denaro di quanto ne abbiamo guadagnato e di quanto la nostra produttività non sia in grado di sostenere.

Molti economisti amano rendere l’economia più complicata di quanto già non sia, ma la spiegazione è abbastanza semplice: i mercati hanno sostanzialmente perso la fiducia nel fatto che i paesi europei, oppressi dal debito, possano competere e osservare le proprie responsabilità. E’ questa è la ragione di tutto. Il problema principale dell’Europa, come ho detto, è la mancanza di competitività ed è questa la questione che deve affrontare la strategia Europa 2020. Dobbiamo aumentare la nostra competitività rispetto ad altri paesi, mentre gli Stati membri devono mettere ordine nella propria economia e, al tempo stesso, investire nel futuro.

In effetti, potrebbe essere necessario praticare dei tagli alle cosiddette prestazioni della previdenza sociale, per utilizzare il denaro risparmiato a favore dell’istruzione e della ricerca. Le piccole e medie imprese sono il nerbo dell’economia europea. Abbiamo pertanto necessità di includerle seriamente in questa strategia. Soffrono della carenza di capitali e hanno difficoltà a ottenere crediti. Dobbiamo intraprendere una qualche iniziativa per superare questo ostacolo. Molte piccole e medie imprese sono escluse dalle gare d’appalto pubbliche negli Stati membri, ma soprattutto alle gare europee, dove viene attribuita la priorità alle grandi aziende.

Infine, vorrei anche dire che fardelli gli oneri amministrativi sono un ostacolo che dobbiamo sempre combattere. Le norme amministrative che disponiamo rappresentano, naturalmente, una zavorra pesante per le piccole imprese, con pochissimi dipendenti. Inoltre, dobbiamo aiutare le piccole e medie imprese a penetrare i mercati delle esportazioni.

 
  
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  Sergio Gaetano Cofferati (S&D). – Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, credo che stiamo correndo tutti insieme un rischio grave, che è quello di essere condizionati oltre ogni dire dall'emergenza. Dopo l'azione intrapresa con la costituzione del fondo per difendere l'euro, per aiutare i paesi in difficoltà e per fermare la speculazione, è innegabile che la discussione anche in questa sede si sia concentrata molto sui temi del risanamento e della stabilità, ignorando tutto il resto. Sono temi che riguardano gli Stati.

La concentrazione di attenzione è stata così forte che addirittura, per quanto concerne il sistema finanziario e quello delle banche, e dunque i problemi della sorveglianza e della regolazione, sono stati questi messi in un cantuccio, sono stati quasi dimenticati. Io sono convinto invece che serva contestualità nella definizione delle politiche. Non a caso il patto si chiamava "di stabilità e crescita". Sarebbe stato ancor più esatto chiamarlo "di stabilità per la crescita".

Dobbiamo tornare a parlare di crescita e di sviluppo: è la strada principale per fermare le speculazioni ma per dare fiducia agli investitori, ai normali investitori. Senza proposte che riguardino la crescita – penso all'uniformità fiscale, della quale parla Mario Monti, penso alle risorse per investire, gli eurobond da rendere disponibili, e penso agli strumenti della coesione, perché la coesione è un grandissimo fattore di competitività – difficilmente potremo creare quel clima positivo che invece è indispensabile, in particolar modo in questi giorni!

 
  
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  Olle Schmidt (ALDE).(SV) Signor Presidente, gli ultimi tempi ci hanno dimostrato l’importanza di avere finanze pubbliche sane. E’ pertanto, a dir poco, curioso che il relatore, onorevole Hoang Ngoc, voglia smussare – se non rimuovere – l’obbligo di attenersi alle rigide condizioni del Patto di stabilità e di crescita. Al contrario, la verità è che per l’Europa, oggi, è essenziale concentrarsi sull’obiettivo di riportare sotto controllo il debito galoppante. Senza una simile iniziativa, il futuro potrebbe essere ancora più drammatico.

Sono stato deputato presso il parlamento svedese, il Riksdag, durante gli anni novanta ed ero membro della commissione per gli affari finanziari quando crollarono le nostre finanze pubbliche. Non sono particolarmente orgoglioso di questo evento, ma è la verità: per un periodo, abbiamo avuto tassi di interesse del 500 per cento! Stavano andando verso il 2 000 per cento e rischiavamo seriamente di diventare una repubblica delle banane, ma non bastò neanche un tasso del 500 per cento – la nostra moneta crollò e vinse George Soros.

Tempi duri per il popolo svedese. In compenso, onorevole Hoang Ngoc, abbiamo imparato una lezione: tenere i nostri conti in ordine. Lo stesso principio vale per l’Europa: i conti in equilibrio consentono la stabilità e la crescita.

 
  
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  Michail Tremopoulos (Verts/ALE).(EL) L’Europa fronteggia ancora oggi una crisi multidimensionale, che sta colpendo in modo particolarmente spietato l’occupazione e i redditi bassi. Quando è nata l’Unione europea, la povertà esisteva soltanto dove non c’era lavoro. Oggi il 9,6 per cento degli europei è disoccupato e l’8 per cento dei lavoratori vive con stipendi al di sotto della soglia di povertà. Quali sono le prospettive per il 2020?

Tale combinazione di disoccupazione e povertà è esacerbata dalle pressioni che crea la facilità con cui si può licenziare un lavoratore. A livello europeo, non c’è alcuna tutela dal licenziamento e la normativa nazionale viene annacquata, come in Grecia. Tutto ciò avviene nell’anno della lotta contro la povertà e l’esclusione sociale.

Pertanto, è necessario un minimo contesto normativo che disincentivi i licenziamenti. Sono state avanzate alcune proposte. Il punto di partenza è riconoscere come pratica abusiva il licenziamento di massa operato da società che conseguano dei profitti nello stesso paese. La logica conseguenza è l’esclusione di queste società dai sussidi europei, il pagamento di imposte più elevate e di sanzioni e il rimborso dei finanziamenti ottenuti. La domanda è la seguente: la responsabilità sociale delle aziende rientra nell’obbligo di operare come parte integrante della società o le imprese non escludono di porsi come concorrenti dei lavoratori?

 
  
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  Vicky Ford (ECR).(EN) Signor Presidente, accolgo con favore molti degli obiettivi della strategia Europa 2020: la centralità della crescita generata dalle aziende innovative, di una crescita sostenibile e di un tasso di occupazione più elevato. Tuttavia, per raggiungere questi scopi, l’Unione europea non deve soltanto parlare: dobbiamo anche agire.

Per esempio, nell’attuare le riforme essenziali dei servizi finanziari, dobbiamo ricordare che quelle aziende innovative e quegli imprenditori hanno bisogno di accedere ai capitali dei mercati globali, al pari dei nostri Stati membri; mentre tutti gli occhi sono puntati sul Fondo europeo di stabilità e sulla capacità di quest’ultimo di ridurre la volatilità nell’immediato, fondamentalmente la fiducia di lungo periodo potrà essere conquistata soltanto se, insieme a questa crescita ambiziosa, i nostri deficit saranno nuovamente sotto controllo e le stesse finanze pubbliche saranno ritenute sostenibili.

 
  
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  Johannes Hahn, membro della Commissione.(DE) Signor Presidente, credo che la discussione odierna abbia mostrato e dimostrato che il Parlamento può e deve offrire un contributo significativo allo sviluppo della strategia. Nella mia qualità di Commissario, vorrei ringraziare l’onorevole van Nistelrooij e l’onorevole Cortés Lastra, in particolare, per le loro relazioni. Ringrazio altresì tutti coloro che si sono spesi alacremente in questo lavoro, perché avranno voce in capitolo nell’elaborazione della politica regionale e perché entrambe le relazioni hanno indicato quanto sia importante considerare tutte le regioni d’Europa e quanto la politica regionale possa e debba essere una politica per tutte le regioni, come sarà in futuro.

Entrambe le relazioni, in ultima analisi, sottolineano l’impatto positivo di questo provvedimento. Vorrei ringraziare l’onorevole Cortés Lastra, in particolare, per il significativo contributo apportato e per aver evidenziato i risultati effettivi della strategia di Lisbona, nonostante tutte le critiche. Alla fine, non era soltanto un’idea, ma la logica attuazione del concetto di assegnazione delle risorse di bilancio, che in questo caso ha avuto un impatto significativo, soprattutto nel campo dell’innovazione e della ricerca.

L’onorevole Schroeder lo considera forse un boccone amaro, ma ovviamente bisogna pur fissare un obiettivo. Nondimeno, le regioni dotate di strutture locali e di curatori per ciascun progetto hanno avuto, e avranno in futuro, la possibilità di realizzare i singoli progetti e, nel contempo, di raggiungere obiettivi nell’ambito di un unico quadro generale. Naturalmente, è necessario fissare i punti di attenzione e le priorità, un aspetto che costituisce la base per l’assegnazione delle risorse di bilancio. Tuttavia, possiamo conseguire risultati interessanti se utilizziamo contemporaneamente un approccio dal basso verso l’alto e dall’alto verso il basso.

Inoltre, la relazione strategica che ho presentato di recente sulle relazioni dei 27 Stati membri riguardanti lo stadio di attuazione, finora raggiunto, del periodo di programmazione in corso dimostra quanto sia stata sostenibile e puntuale l’assegnazione delle risorse, poiché, su 93 miliardi di euro finora stanziati, 63 sono stati spesi per gli obiettivi di Lisbona, ovvero per la ricerca, l’innovazione, l’investimento nella formazione e, infine, anche per i trasporti e le infrastrutture, nel senso più ampio del termine.

La politica regionale – e quanto dico si evince molto chiaramente dalla relazione dell’onorevole van Nistelrooij – è una locomotiva dell’innovazione, in grado di stimolare il progresso e di rendere e mantenere la società europea più competitiva a livello mondiale. E’ stato dimostrato che, su più di 450 programmi operativi, soltanto 246 sono incentrati sulla ricerca e l’innovazione. Ne emerge in maniera abbastanza evidente la necessità di individuare i punti di attenzione, quali la ricerca e lo sviluppo; occorre dunque continuare a farlo.

Per queste ragioni, era ovvio che nell’attuale periodo di programmazione il settore ricevesse proprio 86 miliardi di euro, che rappresentano il triplo della cifra stanziata per il periodo 2000-2006. Tuttavia, è necessario garantire un miglior coordinamento, soprattutto nel campo della ricerca e dell’innovazione. Non c’è conflitto tra l’eccellenza, da una parte, e un’ampia diffusione geografica, dall’altra. Il nostro obiettivo deve essere la promozione della circolazione dei cervelli, non la fuga di cervelli da alcune o da molte regioni verso poche aree. Al contrario, dobbiamo garantire la circolazione della conoscenza e delle persone coinvolte, in particolare quando parliamo di ricerca, innovazione e sviluppo.

Soprattutto se consideriamo il prossimo periodo di programmazione, uno dei principali obiettivi dovrebbe essere la transizione da un approccio basato essenzialmente sul rendimento, ovvero su una corretta conduzione finanziaria, a una prospettiva e un approccio incentrati sul risultato. Questo deve essere uno dei progressi fondamentali di Europa 2020, rispetto a Lisbona, un passo che davvero ci permetta di frazionare gli obiettivi europei in obiettivi nazionali, regionali e, infine, locali, rendendo le strategie tangibili, visibili e comprensibili.

Una nota finale: a mio modo di vedere, la politica regionale è una politica di investimenti, e con questo intendo investimenti in tutte le regioni. In fin dei conti, tutte le regioni possono beneficiare dall’investimento riuscito di una singola regione, se si considera che due terzi delle esportazioni di ogni Stato membro sono destinati all’Unione europea, agli altri 26 Stati membri. Ciò vuol dire che, se questi paesi conseguono risultati positivi, il ventisettesimo Stato membro farà altrettanto. Questo deve essere uno dei nostri obiettivi. Se oggi parliamo anche delle strategie per affrontare la crisi, la ristrutturazione del bilancio non può essere la nostra unica preoccupazione, perché la crescita costituisce anch’essa un fattore importante. Solo in questo modo si imboccherà la giusta via d’uscita dalla crisi sul lungo termine, e la politica regionale può offrire un contributo significativo a tal fine.

 
  
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  László Andor, membro della Commissione.(EN) Signor Presidente, sono state sollevate cinque domande più due, rispettivamente sulla governance economica e sulla strategia Europa 2020. Farò il possibile per rispondere in cinque minuti e, a tal fine, mi esprimerò in inglese, invece che nella mia madrelingua.

Onorevoli deputati, la prima questione riguarda le strategie che la Commissione adotterà per rafforzare il controllo degli orientamenti generali di politica economica e per garantire un ruolo attivo dei parlamenti nazionali e del Parlamento europeo nel processo di controllo multilaterale.

Per rispondere a questa prima domanda, vorrei riferirmi alla comunicazione della Commissione su Europa 2020, in cui si propone che il Parlamento europeo rivesta un ruolo importante, non soltanto nell’esercizio della sua funzione di colegislatore, ma come forza trainante per la mobilitazione dei cittadini e dei parlamenti nazionali. La Commissione sottolinea altresì l’importanza di instaurare un dialogo permanente tra i diversi livelli di governo, includendo le autorità nazionali, regionali, locali e i parlamenti nazionali, senza tralasciare le parti sociali e i rappresentanti della società civile.

Il secondo quesito riguarda il Patto di stabilità e di crescita e gli strumenti complementari eventualmente previsti dalla Commissione per integrarlo. Vorrei qui far riferimento alla nostra comunicazione sul rafforzamento del coordinamento delle politiche economiche, adottata la scorsa settimana. In tale comunicazione la Commissione ha avanzato delle proposte per rafforzare il rispetto del Patto di stabilità e di crescita e per meglio coordinare le politiche fiscali. Nel dettaglio, la Commissione intende rendere più lungimiranti il controllo sul bilancio e il coordinamento delle politiche. Nell’area dell’euro, in particolare, sembra giustificata l’adozione di un approccio più esaustivo nella valutazione delle politiche di bilancio, che comprenda un esame più approfondito dei punti deboli nei progetti di bilancio nazionali, prima della loro approvazione. Inoltre, affinché gli Stati membri siano giustamente incentivati a ripristinare gli equilibri di bilancio, bisognerebbe migliorare il funzionamento dell’iter da seguire per l’eccesso di disavanzo, accelerando le singole procedure, in particolare, nei confronti degli Stati membri che hanno ripetutamente violato il Patto. La Commissione propone, altresì, di consolidare le misure macroeconomiche di prevenzione per gli Stati membri dell’area dell’euro, elaborando procedure permanenti di risoluzione delle crisi. Con tale meccanismo, l’Unione europea potrebbe emettere obbligazioni per finanziare i prestiti d’emergenza, destinati a un membro dell’eurozona in difficoltà.

Il terzo quesito riguarda le differenze tra i due documenti della Commissione: da una parte, la comunicazione sulle finanze pubbliche nell’UEM 2006, del giugno 2006 e, dall’altra, la relazione “UEM@10” del 2008. Le raccomandazioni politiche formulate nel 2006 erano incentrate sui cambiamenti generati dalla riforma del Patto di stabilità nel 2005. La relazione “UEM@10” è coerente con le tesi sostenute all’epoca, ad esempio l’opportunità della sostenibilità sul lungo termine, la necessità di predisporre incentivi nei periodi più prosperi e il ruolo positivo delle normative fiscali nazionali. Al tempo stesso, la lezione tratta da più di 10 anni di UEM e l’impatto recente della crisi ci invitano a una valutazione aggiornata, ma sempre coerente. La comunicazione della scorsa settimana sul rafforzamento del coordinamento delle politiche economiche verte sulla necessità di rendere il patto più rigoroso, sia negli aspetti preventivi, che in quelli correttivi. Essa formula anche proposte dettagliate in merito alle nuove opportunità offerte dal trattato di Lisbona.

Proponiamo di rafforzare il quadro del Patto di stabilità e di crescita, sia nella sua dimensione preventiva che in quella correttiva; raccomandiamo, inoltre, di estendere la vigilanza sugli squilibri macroeconomici e sulle tendenze della competitività all’interno dell’area dell’euro e di introdurre un “semestre europeo” per rafforzare ex ante il coordinamento delle politiche economiche; infine, proponiamo di lavorare per un meccanismo solido e permanente di risoluzione delle crisi per gli Stati membri dell’area dell’euro afflitti da problemi fiscali.

Il quarto interrogativo riguarda la task force creata dal Consiglio europeo nel marzo del 2010 per migliorare la governance economica nell’Unione. La Commissione coopererà in modo costruttivo, nell’interesse dell’Unione e nel pieno rispetto del suo diritto di iniziativa. La comunicazione della settimana scorsa offre già un contributo concreto a questa task force. Il Parlamento europeo, in questo ambito, è ovviamente un soggetto fortemente interessato alla riforma della governance economica dell’Unione europea. Con la sua opera e con le relazioni presentate nelle commissioni competenti – in particolare, in seno alle commissioni competenti per la crisi economica – il Parlamento sta già dimostrando di offrire contributi validi alle decisioni della task force.

Il quinto e ultimo quesito riguarda la necessità di ripristinare la fiducia nelle banche europee, nei mercati finanziari e nel progetto europeo, in generale. E’ un argomento molto vasto, per cui mi limiterò a sintetizzarlo molto rapidamente. Penso che ci siano tre punti da sottolineare: innanzi tutto, l’importanza della regolamentazione finanziaria per creare un sistema finanziario più sano; in secondo luogo, la formulazione chiara delle norme per la stabilità fiscale, affinché siano trasparenti e comprensibili per tutti; in terzo luogo, il ripristino del potenziale di crescita dell’Europa. E’ per questo motivo che Europa 2020 ha un ruolo essenziale anche in tale contesto. A mio avviso, questi elementi sono dunque tutti ugualmente importanti per ricostruire la fiducia nel progetto europeo.

Tali considerazioni mi portano alle due domande sulla strategia Europa 2020. In linea con le conclusioni del Consiglio europeo di primavera, in particolare per quanto attiene agli obiettivi principali della strategia Europa 2020, la Commissione ha iniziato a lavorare con gli Stati membri per la definizione di obiettivi nazionali che corroborino gli obiettivi chiave. Per agevolare quest’opera, il gruppo indicatori del comitato per l'occupazione ha elaborato due diversi approcci tecnici che indicano le misure che ogni Stato membro deve attuare per garantire che l’Unione europea raggiunga l’obiettivo dell’occupazione al 75 per cento.

Durante l’ultima settimana di aprile e la prima settimana di maggio, la Commissione e la Presidenza hanno tenuto una tornata di incontri bilaterali per scambiare le prime idee sui possibili obiettivi nazionali della strategia. Tali discussioni sono state molto fruttuose e ci hanno permesso di elaborare un primo quadro della posizione degli Stati membri e di comprendere le peculiarità economiche di ogni Stato. Dagli incontri bilaterali è emerso che la maggior parte degli Stati membri sostiene con forza gli obiettivi chiave ed è pronta a prefiggersi ambiziosi obiettivi nazionali per raggiungere le finalità chiave indicate dal Consiglio di primavera. Sulla scorta dell’esito generale di questi incontri, la Commissione elaborerà i risultati, che serviranno da punto di partenza per le diverse formazioni del Consiglio in maggio e in giugno. Se ci sono discrepanze tra gli obiettivi europei e l’insieme degli obiettivi nazionali, continueremo la discussione con gli Stati membri per capire come le azioni a livello nazionale o europeo possano far avvicinare l’Unione europea ai propri obiettivi. Il Consiglio europeo ha dichiarato che rivedrà l’obiettivo principale in giugno, sulla base di questo nuovo lavoro.

Se mi è concesso, ritengo che illustrare l’obiettivo riguardante la povertà sia di particolare interesse. Il Consiglio di primavera ha chiesto alla Commissione di aiutare gli Stati membri a individuare gli indicatori adeguati a conseguire l’obiettivo chiave europeo dell’inclusione sociale, da raggiungere, in particolare, attraverso la riduzione della povertà. Dopo aver appreso delle inquietudini dei diversi Stati membri, la Commissione ha presentato una possibile proposta di compromesso. La proposta si basa sui tre indicatori fondamentali della povertà a livello comunitario, ovvero il rischio di povertà, le privazioni materiali e il numero di famiglie senza reddito: essi riflettono la natura sfaccettata della povertà e il ventaglio delle diverse situazioni negli Stati membri. Mentre molte delegazioni hanno espresso sostegno alla proposta della Commissione in seno al comitato per la protezione sociale, altre hanno insistito per includere il mercato del lavoro nella lista degli obiettivi europei. La Commissione sta analizzando attivamente le possibili soluzioni.

Quanto alla governance, vorrei rassicurarvi sul fatto che abbiamo tenuto in alta considerazione il vostro ruolo nella strategia e le vostre indicazioni. Il Presidente Barroso ha chiaramente segnalato che un maggior coinvolgimento del Parlamento nella strategia Europa 2020 è una delle principali preoccupazioni del suo secondo mandato. Stiamo profondendo tutti i nostri sforzi per garantire che il Parlamento abbia il tempo sufficiente per formulare un parere quest’anno. Sono impegnato in prima persona nel facilitare in ogni modo possibile il vostro compito in questo processo. Abbiamo bisogno di ottenere la collaborazione di tutte le istituzioni europee se vogliamo un controllo di natura politica e il successo della strategia.

Quanto all’istruzione e alla formazione, che è l’argomento del secondo interrogativo su Europa 2020, vorrei soltanto esprimere quanto segue. Già ai tempi del piano di ripresa dalla crisi del novembre 2008, la Commissione invitò gli Stati membri a mantenere gli investimenti in istruzione e formazione, e terremo questa rotta. In generale, gli Stati membri hanno reagito positivamente all’invito a concentrare le misure per la ripresa su investimenti intelligenti e mirati sui fattori di crescita. Molti governi non hanno né ridotto i sussidi agli studenti, né assistito alla progressiva riduzione delle immatricolazioni. Anzi, molti pacchetti per la ripresa includevano misure per sostenere una più ampia partecipazione all’istruzione, soprattutto all’istruzione superiore. Nonostante la crisi, i fondi per l’istruzione annunciati per il 2010 sono rimasti invariati o sono stati aumentati in molti Stati membri. Tuttavia, osserviamo un programma di riduzione della spesa per l’istruzione nei bilanci di altri paesi.

Dobbiamo ricordare che alcuni governi hanno già pianificato – e in alcuni casi effettuato – dei tagli generalizzati dei bilanci pubblici prima dello scoppio della crisi. Molti di questi tagli riguarderebbero l’istruzione. Altri Stati membri stanno studiando le possibili strategie per diversificare le fonti di finanziamento. La Commissione continuerà a vigilare con attenzione su questi aspetti. In alcuni paesi, i vincoli finanziari emergeranno soltanto adesso. Veglieremo sullo stato generale dei bilanci e sull’efficacia degli investimenti.

A livello europeo e nell’ambito del quadro finanziario pluriennale esistente, la Commissione intende attribuire la priorità alle azioni di sostegno alla strategia Europa 2020. Promuovere la ripresa economica, investire nella gioventù europea e costruire le infrastrutture di domani sono le priorità del progetto di bilancio per il 2011, adottato di recente dalla Commissione. Sostenere l’iniziativa faro “Gioventù in movimento” significa rafforzare i programmi “Formazione continua” e “Gioventù in azione”, così come l’azione “Marie Curie” e il programma “Erasmus per giovani imprenditori”.

Non dimentichiamo che in questo ambito interveniamo anche con i Fondi strutturali. Il Fondo sociale europeo, con una dotazione di 76 miliardi di euro per il periodo 2007-2013, aiuta i giovani nel passaggio dalla formazione al mondo del lavoro e fornisce assistenza ai lavoratori che vogliano riprendere la formazione per rinnovare e aumentare le proprie competenze. Circa un terzo dei beneficiari del Fondo sociale europeo è costituito da giovani. Il Fondo sociale destina anche 8,3 miliardi di euro, che rappresentano circa l’11 per cento dell’ammontare complessivo, alla riforma del sistema dell’istruzione e della formazione degli Stati membri.

Tutto ciò dimostra che la strategia Europa 2020 corrobora il concetto di un’economia basata sulla conoscenza e che l’istruzione e la formazione si collocano al centro di questa strategia. Ci assicureremo di avere le risorse per raggiungere i nostri obiettivi.

 
  
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  David Casa (PPE). (MT) E’ preoccupante che la crisi economica stia generando ripercussioni di lungo termine. Con l’invecchiamento della popolazione, si complica anche la sfida, in capo agli Stati membri, di garantire la sostenibilità dello Stato sociale. Pur comprendendo che la spesa pubblica debba essere diversificata perché l’Europa possa realizzare il suo progetto per il 2020, credo anche che questa spesa debba costituire parte integrante della politica fiscale nazionale. La riduzione del tasso di natalità e il crescente invecchiamento della popolazione richiedono un cambiamento delle politiche, se vogliamo garantire la sostenibilità fiscale. Inoltre, bisogna tener presente la crescita delle richieste di erogazioni pensionistiche e di assistenza sanitaria.

Per quanto attiene ai cambiamenti della struttura demografica, l’Unione europea necessita di una strategia volta a motivare i lavoratori più anziani affinché continuino a lavorare per un periodo di tempo più lungo. E’ essenziale considerare queste strategie alla luce delle specifiche necessità dei diversi Stati membri. Non possiamo adottare una politica che vada bene per tutti. Ogni caso merita una specifica attenzione. Di conseguenza, è fondamentale che ci siano più occupati nel mercato del lavoro e che aumentino le occasioni di lavoro altamente qualificato. In questo modo non soltanto si ridurrà la dipendenza dalla previdenza sociale, ma si accrescerà anche il numero dei contribuenti.

Quanto ai posti di lavoro e alla formazione, è fondamentale che l’Unione europea incentri le sue politiche sull’occupazione attiva e inclusiva, sfruttando pienamente il potenziale di tutti coloro che sono in grado di lavorare, soprattutto delle donne, al fine di promuovere l’integrazione dei cittadini più esclusi dal mondo del lavoro e di fornire loro gli strumenti necessari per il proprio successo professionale. Signor Commissario, a qualche settimana di distanza dal nostro rispettivo insediamento, è giunto il momento di rimboccarsi le maniche e di mettersi al lavoro, in modo da raggiungere questi obiettivi, aumentando così l’occupazione nell’Unione europea.

 
  
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  Ole Christensen (S&D).(DA) Signor Presidente, ogni giorno si perdono migliaia di posti di lavoro in Europa e la strategia Europa 2020 vuole essere la risposta europea alle sfide che il futuro ci riserva in questo campo e alla necessità di preservare e rafforzare la nostra competitività, al fine di generare crescita e nuovi posti di lavoro. Dobbiamo scegliere la strada che vogliamo percorrere: vogliamo competere a colpi di ribassi salariali e condizioni di lavoro deplorevoli o vogliamo competere puntando sulla conoscenza e sulle competenze, su posti di lavoro verdi e di qualità nonché sulla garanzia di condizioni occupazionali dignitose?

A tal proposito, è un po’ preoccupante vedere lo sbilanciamento della Commissione verso la flessibilità nel modello della flessicurezza. Non porterà a niente. Le persone hanno bisogno di sentirsi sicure per essere flessibili. C’è bisogno di forme di sostegno sulle quali le persone possano contare, in caso di perdita del posto di lavoro. E’ necessario offrire ulteriore formazione, in modo che i cittadini possano circolare nel mercato del lavoro per cogliere le migliori opportunità occupazionali. Sono necessari investimenti negli Stati membri, ma devono essere investimenti che ripaghino sul lungo termine.

La Commissione deve agire in maniera più decisa per colpire il dumping sociale. Coloro che lasciano un paese per andare in un altro, per motivi di lavoro, dovrebbero lavorare alle condizioni previste nel secondo paese. La Commissione deve garantire che tutti siano tutelati dalla normativa sui lavoratori immigrati – che ha valenza comunitaria – e che la normativa relativa al mercato interno non abbia il sopravvento sulle norme relative alla tutela dei diritti dei lavoratori.

 
  
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  Marian Harkin (ALDE).(EN) Signor Presidente, vorrei soltanto dire che la discussione di questo pomeriggio riflette la volontà del Parlamento, o meglio l’insistenza sul dovere di essere totalmente impegnati in questo processo. Considerando il poco tempo a mia disposizione, vorrei soltanto formulare tre brevi osservazioni. Concordo con l’affermazione del Commissario Rehn – e anche con quella espressa oggi dal Commissario Andor – sulla necessità di esaminare i bilanci degli Stati membri. Innanzi tutto, sembrava che l’area dell’euro e l’Unione europea non sarebbero neanche arrivate al 2020, in quanto tali. Per garantire non soltanto la nostra sopravvivenza, ma anche la nostra prosperità, è essenziale che gli Stati membri mantengano gli impegni presi e le promesse già formulate. Chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati è sempre stato un esercizio inutile.

In secondo luogo, negli ultimi 18 mesi, gli Stati membri e l’Unione europea si sono concentrati quasi esclusivamente sulla stabilizzazione delle istituzioni finanziarie. Infatti, ne siamo stati logorati. Sebbene si tratti di un obiettivo importante, moltissimi cittadini hanno perso fiducia e si sentono ora abbandonati. Chiedono sostegno agli Stati membri e guardano all’Unione europea affinché definisca un quadro favorevole alla creazione di posti di lavoro, allo spirito d’impresa e al sostegno alle piccole e medie imprese; ma principalmente un quadro che coniughi la crescita economica e la creazione di posti di lavoro dignitosi, unitamente al miglioramento del benessere di tutti i cittadini, soprattutto di coloro che vivono al di sotto della soglia di povertà.

Infine, la disoccupazione giovanile sta causando una profonda crisi. Un documento della Commissione pubblicato ieri ha confermato che i giovani disoccupati nell’Unione europea sono pari al 20 per cento, il doppio rispetto alle previsioni formulate per la disoccupazione generale. Tale crisi è non meno reale e immediata della crisi economica e, pur avendo ascoltato i commenti della Commissione sulle iniziative per i giovani, che apprezzo, deve esserci un concreto coordinamento tra gli Stati membri e una forte influenza sugli stessi per tradurre tali iniziative in posti di lavoro effettivi.

 
  
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  Janusz Wojciechowski (ECR).(PL) La strategia Europa 2020 contiene obiettivi ambiziosi e quasi incontestabili, che però sono stati definiti come se l’Unione europea fosse già in salute, libera da preoccupazioni, pronta a dedicarsi soltanto alla costruzione di un futuro radioso. Nel frattempo, sappiamo che molte sono le cause di preoccupazione e, soprattutto, molte le differenze tra le nazioni e le regioni europee ricche e quelle povere sul piano dello sviluppo.

Osservo con stupore che, tra le priorità della strategia, non c’è posto per lo sviluppo dell’agricoltura, mentre sappiamo che, in definitiva, entro il 2050 il pianeta dovrà aumentare la produzione di cibo del 70 per cento, perché ci saranno sempre più individui al mondo e la superficie usata per scopi agricoli sarà sempre più ridotta. E’ difficile capire perché lo sviluppo dell’agricoltura non figuri tra le priorità nella strategia.

Agricoltura significa sicurezza alimentare, agricoltura significa sicurezza ecologica e questi aspetti sono estremamente importanti per noi e per le future generazioni. Non riesco a immaginare una strategia di sviluppo responsabile per l’UE che non comprenda l’attenzione per lo sviluppo dell’agricoltura europea.

 
  
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  Georgios Koumoutsakos (PPE).(EL) Signor Presidente, prima di parlare della strategia 2020, ritengo che sia necessari o rispondere ad alcuni punti sollevati in precedenza da uno o due deputati circa la posizione del partito greco di centro-destra sul meccanismo di sostegno all’economia greca. Dobbiamo chiarire alcuni aspetti. Il nostro partito non si è mai opposto al meccanismo europeo di sostegno alla Grecia. Il nostro partito aveva soltanto una certa idea delle misure che si sarebbero dovute adottare. I provvedimenti che si applicano adesso certamente provocheranno una recessione importante e una stagflazione profonda; il governo li ha definiti da solo, senza cercare un consenso e senza informare preliminarmente gli altri partiti politici e la società greca. La maggioranza del governo ha rifiutato ogni accordo preliminare che avrebbe potuto condurre a un più ampio e necessario consenso politico e sociale. Ribadisco che il partito ND non si è opposto al meccanismo di sostegno dell’Unione europea e del Fondo monetario internazionale. Abbiamo il massimo rispetto per tutte le risorse stanziate dai nostri partner e li ringraziamo del loro sostegno. E’ per questo che, con responsabilità, abbiamo sostenuto un insieme di politiche diverso, più efficace. Siamo a favore di una disciplina finanziaria rigorosa e di una politica per la crescita, in modo che la Grecia possa rompere il circolo vizioso della recessione profonda e dell’inflazione galoppante, con conseguenze disastrose per la società e per l’economia greca e, in ultima istanza, con un impatto negativo sull’Europa.

Per quanto riguarda la nostra discussione sulla crisi economica e sulla strategia 2020, ritengo che sia giunto il momento di azioni specifiche e di risultati tangibili. Basta con le parole. E’ questo il nodo centrale del mio discorso. Semplifichiamo. L’euro è un successo storico dell’integrazione europea e dobbiamo difenderlo e salvarlo. E’ per questo motivo che è necessaria una solida governance finanziaria ed economica poiché, senza questa strategia 2020, rischiamo il fallimento e rischiamo di ripetere il precedente costituito dalla strategia di Lisbona.

(L’oratore accetta di rispondere a un’interrogazione presentata con la procedura del cartellino blu ai sensi dell’articolo 149, paragrafo 8, del regolamento)

 
  
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  Marc Tarabella (S&D).(FR) Onorevole Koumoutsakos, lei è davvero impudente! L’ho appena sentita chiamare in causa il governo greco, sostenendo che non si è disturbato a consultarvi o a consultare gli altri partiti e la società civile per adottare le misure necessarie. Tengo a ribadire che l’attuale governo greco non è assolutamente responsabile della situazione. E’ vittima degli speculatori, che denuncerò tra un attimo, quando avrò la parola. Mi sembra però ugualmente doveroso sottolineare la responsabilità del precedente governo, che ha truccato le cifre per diversi anni, e il suo partito è stato al potere per almeno due legislature. Ritengo, pertanto, che la responsabilità sia da attribuire principalmente alla Grecia e che la responsabilità politica ricada sul suo partito. Può rispondere a questa mia domanda, onorevole Koumoutsakos?

 
  
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  Georgios Koumoutsakos (PPE).(EL) Onorevole collega, il suo discorso denota una certa disinformazione. Il precedente governo greco ha ereditato un’economia profondamente indebitata, davvero fortemente indebitata, un’economia con le fondamenta marce, e questi problemi, problemi cronici, profondamente radicati da più di 30 anni, sono stati evidenziati e amplificati dalla grande crisi economica internazionale.

Naturalmente, il precedente governo non è stato impeccabile, ma errori molto più imponenti, dovuti o alla debolezza o alla mancanza di coraggio, sono stati commessi dall’attuale governo, che ha preso provvedimenti per contenere la situazione con almeno cinque mesi di ritardo: in questo modo, la crisi del deficit, che esiste in ogni paese, come lei sa bene, è diventata una crisi del debito.

E’ così che siamo giunti oggi a questa situazione drammatica. E’ questa la risposta che le porgo, in considerazione della nostra disponibilità all’auto-critica; ma in questo caso vale l’antico adagio “chi è senza peccato, scagli la prima pietra”.

 
  
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  Edward Scicluna (S&D). (MT) Signor Presidente, l’importanza della sostenibilità di lungo termine delle finanze pubbliche non era mai giunta alla ribalta in modo così eclatante. E’ facile e naturale dire “vi avevamo avvertito di non lasciare fuori controllo il deficit e il debito” e avevamo tutte le ragioni per farlo. Tuttavia, oggi che molti Stati membri dell’Unione europea, inclusi quelli dell’area dell’euro, si trovano in questa situazione insostenibile, non possiamo capovolgere la situazione e cercare di riprendere le redini nel più breve tempo possibile, ignorando il grave contesto economico che ci circonda.

Non è un appello a rimandare l’intervento sui conti pubblici. Non voglio insinuare niente del genere. Nondimeno, chiedendo l’attuazione indiscriminata di programmi di austerità nei paesi dell’Unione europea condanneremmo l’intero continente a un lungo periodo di crescita economica lenta, se non peggio. Non possiamo permetterci di frenare la domanda, anche in quei paesi che vantano avanzi di bilancio, sia sul piano interno che esterno, e che hanno i mezzi per spender di più e non di meno.

Dobbiamo aiutare i paesi dell’Unione europea più deboli a stimolare l’economia con le esportazioni e, di conseguenza, aiutarli a incentivare le possibilità di crescita dell’occupazione. Non dobbiamo essere dogmatici. La situazione richiede un’azione intelligente e una certa flessibilità in molti ambiti, non ultima la politica economica.

 
  
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  Elizabeth Lynne (ALDE).(EN) Signor Presidente, la proposta della Commissione per la strategia Europa 2020 contiene, del tutto legittimamente, numerosi riferimenti alla ripresa economica, ma non si occupa a sufficienza della povertà, a mio avviso, ed è per questo che apprezzo che lei abbia citato la riduzione della povertà nel suo discorso.

Dobbiamo ricordare che i soggetti più vulnerabili della società soffrono in ogni recessione economica più di chiunque altro, ed è per questo che dobbiamo creare meccanismi atti a proteggerli. Per esempio, vorrei vedere un obiettivo di riduzione del 25 per cento del numero di cittadini europei che vivono in povertà, così come vorrei che fosse garantito, a coloro che oggi sono esclusi dal mercato del lavoro, di avere nuovamente accesso a un posto di buona qualità; al tempo stesso, vorrei che ci prefiggessimo degli obiettivi per sradicare il lavoro in nero.

Dobbiamo anche assicurarci che gli Stati membri investano nella previdenza sociale e nello Stato sociale e che garantiscano il godimento dei diritti, l’accesso alle risorse e ai servizi universali. Auspico inoltre che venga fissato un obiettivo comunitario affinché gli Stati membri mettano fine al fenomeno dei senzatetto entro il 2015 e si elaborino strategie integrate in questo ambito.

In tutti questi ambiti, è necessario consultare con maggiore frequenza non soltanto il Parlamento – e mi rallegro del fatto che lei abbia citato questo punto – ma anche le ONG che lavorano nel settore. Deve essere inoltre rafforzato il metodo aperto del coordinamento in campo sociale. Sappiamo tutti che non ha funzionato tanto egregiamente quanto avrebbe potuto, ma credo che possa funzionare bene in futuro, se verranno creati i giusti meccanismi – ma soltanto a questa condizione.

 
  
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  Ryszard Czarnecki (ECR).(PL) L’adozione della strategia avviene nel peggior momento possibile, quando la produzione industriale in Europa è precipitata ai livelli degli anni novanta e il prodotto interno lordo dell’Unione europea è sceso del 4 per cento. Tuttavia, l’aspetto più preoccupante non è rappresentato dalla tempistica. L’aspetto peggiore è che quattro delle cinque priorità presentateci come le locomotive principali dello sviluppo dell’Unione difficilmente possono essere considerate europee, in particolare l’occupazione, la ricerca e lo sviluppo, l’istruzione e la lotta contro la povertà. In sostanza, non c’è nulla di sovranazionale in questi settori. Sono aspetti di cui sono responsabili i singoli paesi. Si può dire che soltanto la politica del clima sia un ambito in cui si possano intraprendere determinati percorsi a livello europeo. Le altre, francamente, sono questioni di competenza dei singoli Stati membri.

 
  
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  Marc Tarabella (S&D).(FR) Signor Presidente, la strategia Europa 2020 dovrebbe integrare le analisi sulla crisi economica e proporre una nuova governance, anziché emendare l’attuale sistema fallimentare.

Innanzi tutto, basta con le false convinzioni, soprattutto quelle riguardanti la Grecia. Non è una crisi greca. La Grecia e il suo popolo sono oggi vittime di un sistema economico e finanziario dominato dall’avidità, un sistema nel quale i paesi del G20 hanno versato, in totale, diverse migliaia di miliardi di dollari in pochi giorni per salvare le banche, lasciando la Grecia agonizzante per diversi mesi.

Oggi non si contano neanche più i vertici internazionali: che sia quel che sia. Si stava finalmente per regolamentare la finanza e l’Europa continuava a riflettere, discutere, ma gli avvoltoi sono rimasti lì. Cosa si sente dire da tutti, oggi? Bisogna rassicurare il mercato. Ma chi è il mercato? Sono gli speculatori, come se fossero delle semidivinità cui presentare offerte per supplicarli di graziarci.

Per quanto tempo ancora i cittadini dovranno subire questo cinismo? Per quanto tempo ancora vivremo nell’illusione del mercato, che riserva ai finanzieri più di quanto meritino, depauperando il popolo? Non possiamo accettare che il terrorismo dei mercati finanziari metta in ginocchio interi paesi.

Un falsario corre un grosso rischio perché attacca un elemento della sovranità di uno Stato: la moneta. Eppure, quando un broker specula sul debito di un paese, non rischia nulla. Quando ci saranno vere sanzioni per i colletti bianchi, criminali dell’alta finanza? Bisogna mettere al bando gli speculatori che si arricchiscono avidamente alle spalle della popolazione; bisogna finirla con le banche casinò, che giocano con la vita e con l’avvenire dei cittadini, ed esigere che l’Europa ponga sotto serio controllo i mercati finanziari, invece di minare i servizi pubblici.

Onorevoli colleghi, per concludere, penso che si siano presi gioco di noi abbastanza a lungo. Possiamo anche indire un vertice straordinario ogni venerdì e stanziare miliardi, ma se non si interviene sulle radici di questo malcostume, uno di questi venerdì finiremo per annunciare che l’Unione europea è in bancarotta.

 
  
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  Filiz Hakaeva Hyusmenova (ALDE).(BG) Signor Presidente, nel corso degli anni la politica di coesione europea ha dimostrato il proprio ruolo vitale ed è diventata una delle politiche centrali della Comunità. Offre ai cittadini europei un indicatore della solidarietà visibile e quantificabile e la sua importanza viene attestata dall’inserimento tra gli obiettivi del trattato di Lisbona. Tutto ciò merita giustamente un suo posto nella strategia Europa 2020.

Nel progetto di strategia, a questa politica non è stato riservato il posto che le spetta. Per questo motivo, apprezzo molto la relazione che include la politica di coesione tra gli obiettivi da raggiungere con il trattato di Lisbona e con la strategia 2020 e presenta preziosi orientamenti. Oltretutto, abbiamo bisogno di una forte politica di coesione adesso che la crisi economica sta riducendo il numero di posti di lavoro e indebolendo la nostra competitività; la stessa esigenza si presenterà anche per il futuro e solo in questo modo potremo confermare il ruolo di forte competitore globale dell’Unione europea.

E’ essenziale introdurre indicatori affidabili, che mostrino l’efficacia e l’efficienza delle risorse investite in questa politica. Come recita la relazione, è necessario valutare, sulla base di indicatori specifici, l’impatto sullo sviluppo regionale degli stanziamenti della politica di coesione. Per individuare gli indicatori necessari alla valutazione, la Commissione dovrebbe prendere in considerazione e proporre una definizione chiara del concetto di “coesione territoriale”, perché è esattamente ciò che figura nel trattato di Lisbona. Soltanto dopo aver elaborato la definizione di questo concetto, possono essere stabiliti criteri di valutazione precisi e obiettivi. Si edificherà così una base concreta per la politica di coesione, così come per le istituzioni e per i cittadini.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. PITTELLA
Vicepresidente

 
  
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  Tamás Deutsch (PPE). (HU) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto congratularmi con i relatori per l’ottimo lavoro svolto e ringraziare i Commissari per le loro riflessioni, che ritengo valide e significative.

Qualche anno fa, un mio buon amico, nonché mentore, mi ha detto che, nella vita, ci si troverà sempre in situazioni in cui si può essere parte del problema o parte della soluzione. A mio avviso, al momento la strategia UE 2020 può essere considerata più parte del problema che della soluzione, ma è una nostra responsabilità congiunta garantire che diventi più parte della soluzione. Soffermatevi un attimo a riflettere sul nome attribuito alla strategia, già di per sé problematico: nella stragrande maggioranza delle lingue dell’Unione europea, il nome “strategia UE 2020” non riveste alcun significato. E’ difficile immaginare che una comunità composta da oltre 500 milioni di cittadini possa identificarsi con una strategia che dovrebbe risolvere i problemi quotidiani e che porta invece un nome tanto immateriale e lontano dalla loro realtà personale. Questo nome può avere un senso in una discussione tra specialisti di marketing, ma non è questo il caso; qui si tratta di normali cittadini europei.

Vi è anche un altro saggio detto molto usato in Ungheria: chi troppo vuole nulla stringe. Dal mio punto di vista, questo proverbio ben rappresenta l’essenza di questa strategia, che è ancora parte del problema e che dovrebbe forse concentrarsi sulla questione più importante. A mio avviso, dovremmo innanzi tutto rafforzare lo sviluppo regionale, che richiede indubbiamente investimenti, crescita e creazione di posti di lavoro, dato che attualmente il problema più grave per la popolazione è appunto il lavoro. Abbiamo bisogno di più posti di lavoro. Sono questi gli aspetti che vorrei portare alla vostra attenzione.

 
  
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  Francesco De Angelis (S&D). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il varo della strategia dell'Unione europea per il 2020 chiude di fatto una fase, quella della strategia di Lisbona, e deve fare i conti con gli effetti negativi e strutturali che la crisi finanziaria, economica e sociale ha prodotto e continua a produrre.

Ecco, io credo che, per essere effettiva, la strategia 2020 deve puntare su due elementi qualificanti: il primo, un sistema di valutazione dei progressi che preveda anche il ricorso al meccanismo di premi e sanzioni; il secondo, una energica politica di investimenti in infrastrutture, oltre ovviamente a strumenti per il governo del sistema finanziario e a politiche per il recupero del dialogo e della coesione sociale.

Le infrastrutture sono l'asse per il rilancio delle politiche dell'innovazione nell'industria, nella piccola e media impresa, nell'ambito dei consorzi produttivi, degli istituti di ricerca, nel rapporto di questi con le università e le istituzioni di prossimità. È per questa ragione che la relazione van Nistelrooij è da salutare con apprezzamento, perché oltre a darci un quadro approfondito del lavoro compiuto finora negli Stati membri, inizia a lavorare sui criteri di armonizzazione degli strumenti finanziari e dei programmi operativi rivolti alla innovazione.

L'armonizzazione di regole, di procedure, di pratiche amministrative per la gestione dei progetti europei, la semplificazione, lo snellimento delle procedure sono le risposte che i nostri attori territoriali e i cittadini ci chiedono da molto tempo. Ecco, io credo che su questo punto l'Europa può e deve fare molto, per favorire la crescita, lo sviluppo e il lavoro.

 
  
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  Marietje Schaake (ALDE).(EN) Signor Presidente, mentre tentiamo di risolvere la crisi finanziaria ed economica, vorrei sottolineare l’esistenza di un altro deficit non trascurabile: la conoscenza. Devo ammettere con rammarico che l’Europa sta diventando di giorno in giorno un continente sempre più ignorante, sebbene l