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Procedura : 2009/0172(NLE)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo dei documenti :

Testi presentati :

A7-0142/2010

Discussioni :

PV 19/05/2010 - 12
CRE 19/05/2010 - 12

Votazioni :

PV 20/05/2010 - 7.3
Dichiarazioni di voto
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P7_TA(2010)0142
P7_TA(2010)0188

Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 20 maggio 2010 - Strasburgo Edizione GU

8. Dichiarazioni di voto
Video degli interventi
Processo verbale
  

Dichiarazioni di voto orali

 
  
  

Relazione Grech (A7-0132/2010)

 
  
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  Peter Jahr (PPE).(DE) Signor Presidente, mi fa molto piacere notare che le piccole e medie imprese sono state menzionate nella relazione sulla creazione di un mercato unico per i consumatori e i cittadini. Il paragrafo 46 afferma, giustamente, che il problema principale delle PMI è l’accesso al finanziamento. E’ proprio così, visto che è più facile garantire il finanziamento di milioni di euro per un fondo hedge che concedere un prestito di 100 000 euro per una piccola impresa.

Mi auguro che la relazione non descriva solamente come dovrebbe essere la situazione in un mondo ideale, ma inviti anche la Commissione a intraprendere azioni concrete.

 
  
  

Relazione Schmitt (A7-0108/2010)

 
  
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  Miroslav Mikolášik (PPE). (SK) Un dialogo più stretto tra università e imprese contribuirà alla crescita economica. Mi preoccupa l’aumento della disoccupazione tra i giovani; la situazione occupazionale precaria con cui i giovani devono fare i conti spesso li scoraggia dal mettere su famiglia o li spinge a procrastinare eccessivamente. Questo ha, in ultima analisi, un impatto negativo sulla sfera economica e sociale, per quanto riguarda la trasformazione demografica dell’Europa.

Il dialogo dovrebbe, pertanto, includere misure di sostegno ai giovani per quanto concerne l’ingresso nel mondo del lavoro, permettendo il pieno sviluppo del loro potenziale. Tra gli altri temi da trattare vi è l’istruzione come strumento di lotta alla povertà, all’ineguaglianza e all’esclusione sociale, con una particolare attenzione ai disabili. Per tutte queste motivazioni sostengo la relazione proposta.

 
  
  

Relazione Harms (A7-0142/2010)

 
  
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  Seán Kelly (PPE).(GA) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione, ed è stata la decisione giusta.

Vorrei però precisare che, in materia di energia nucleare in generale, molti cittadini sono confusi, e nel mio paese sono praticamente tutti contrari all’energia nucleare a causa dei terribili disastri verificatesi a Sellafield e Chernobyl. Invito quindi la Commissione a esaminare i vantaggi e gli svantaggi dell’energia nucleare e a pubblicare un documento che permetta ai cittadini di formarsi un’opinione basata sulla verità, e non su emozioni.

Vorrei infine complimentarmi con lei, signor Presidente, per l’ottimo lavoro svolto nella sua prima giornata di Presidenza.

 
  
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  Sergej Kozlík (ALDE). (SK) La Comunità europea fornisce assistenza finanziaria a Lituania, Slovacchia e Bulgaria nel loro impegno per ottemperare agli obblighi legati alla disattivazione dei reattori nucleari di prima generazione. L’assistenza finanziaria per la disattivazione fornita alla Bulgaria fino al 2009 era principalmente dedicata alla fase preparatoria. L’obiettivo della proposta di continuare con l’assistenza è fornire alla Bulgaria il sostegno necessario per operare e garantire la sicurezza e la manutenzione...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
 

Onorevole Kozlík, non può modificare l’argomento della sua dichiarazione.

 
  
  

Relazione Hoang Ngoc (A7-0147/2010)

 
  
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  Peter van Dalen (ECR).(NL) Signor Presidente, alcuni emendamenti proposti dal relatore sono sconcertanti. Il relatore ha proposto di stralciare tutti i riferimenti alle finanze pubbliche sane, alle violazioni al Patto di stabilità e crescita (PSC)– che devono terminare – e all’importanza di un’applicazione rigorosa del PSC; e 250 colleghi hanno espresso lo hanno sostenuto. Sconcertante!

L’obiettivo del relatore e di altri 250 deputati è distruggere l’economia. Com’è possibile che ci siano ancora 250 colleghi che rifiutano di agire in base alle reali disponibilità? Duecentocinquanta membri del Parlamento europeo che non riescono a capire che il paese della cuccagna non esiste! Tutti gli Stati membri dovranno versare molto sangue, sudore e lacrime per risanare i propri debiti, per mettere in sesto le finanze e per intraprendere un nuovo percorso.

Questo è un messaggio duro, che non sarà accettato facilmente dagli elettori. Tuttavia, se non agiremo così, tutta l’Europa andrà in bancarotta! La proposta del relatore è la ricetta perfetta per distruggere a breve la sostenibilità delle finanze. Fortunatamente, gli emendamenti non sono stati adottati.

 
  
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  Vicky Ford (ECR).(EN) Signor Presidente, accolgo con favore questa relazione sulle finanze pubbliche, che è molto migliorata rispetto al progetto iniziale.

Livelli elevati di indebitamento e deficit sono gravi preoccupazioni per il Regno Unito e per numerosi altri Stati membri. Dobbiamo imparare a sopravvivere senza stimoli fiscali e alleggerimento quantitativo, che non devono essere visti come la norma. E’ necessario concentrarsi sull’abbattimento degli elevati tassi di disoccupazione e sulla riduzione dell’onere fiscale sul lavoro e sulle PMI. Le risorse sono scarse e concordiamo sull’assegnazione dei fondi, quando disponibili, verso investimenti che stimolino la crescita, come la ricerca e le innovazioni intelligenti ed eco-compatibili. Infine, non possiamo chiudere gli occhi di fronte al problema dell’invecchiamento demografico; i regimi pensionistici devono essere trasparenti e venire presi in considerazione quando si analizza il debito pubblico.

La relazione contiene alcuni punti che mi spingono alla cautela. La migrazione, ad esempio, è un tema che deve essere affrontato con sensibilità: può colmare alcune lacune in termini di manodopera, ma deve essere controllata e prendere considerare anche fattori locali. Certo, sono d’accordo sulla necessità di trovare soluzioni europee a problemi europei, ma dobbiamo essere consapevoli dell’economia mondiale e rispettare i poteri fondamentali dei nostri governi nazionali.

 
  
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  Philip Claeys (NI).(NL) Ho votato contro la relazione Hoang Ngoc principalmente a causa della disinvoltura con cui invita a un’immigrazione di massa verso l’Europa ancora maggiore.

Quanto ancora potrà allontanarsi il Parlamento europeo dal mondo reale? Le nostre città stanno già scricchiolando sotto i pesanti problemi dell’immigrazione di massa senza freni. E’ ora di condurre un’analisi costi-benefici a livello europeo dell’immigrazione di cittadini provenienti da paesi esterni all’Unione europea. I governi di numerosi Stati membri che si sono già trovati a dover affrontare il problema hanno rifiutato di calcolarne i costi, e sembrano pensare che non sia auspicabile avere dati in merito. Com’è possibile?

Dobbiamo prendere in considerazione i problemi che questo causerà al mondo in via di sviluppo, che vivrà una fuga dei cervelli e le cui forze vitali della società saranno assorbite dall’Europa. I loro problemi si acuiranno ulteriormente e si tradurranno in ancora più immigrazione.

 
  
  

Relazione Peillon (A7-0133/2010)

 
  
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  Diane Dodds (NI).(EN) Signor Presidente, ho espresso voto contrario alla relazione d’iniziativa sull’Unione per il Mediterraneo, per diverse ragioni.

Non vi sono dubbi sul fatto che un Mediterraneo stabile sia un enorme vantaggio per tutta l’Europa. Tuttavia, in un periodo in cui il clima economico in Europa è in pericolo, ritengo sia del tutto inopportuno che quest’Aula contempli le spese connesse con un piano del genere. Fastose riunioni di capi di Stato, un segretariato composto da 40 funzionari e pacchetti di vicinato non rappresentano politiche economiche moderate in questo periodo particolare.

Mi sono opposta anche all’emendamento n. 5, che chiede il blocco della riqualificazione delle relazioni tra Unione europea e Israele nell’ambito dell’accordo di associazione economica preferenziale. Alla luce del delicato equilibrio richiesto all’Europa, richieste di questo tipo non contribuiscono a dare fiducia a Israele relativamente al ruolo di mediatore onesto che quest’Aula potrà assumere.

 
  
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  Bernd Posselt (PPE).(DE) Signor Presidente, all’inizio degli anni ’80, quando ero un giovane giornalista, mi recai in visita presso Re Hassan del Marocco, poco dopo il rifiuto della richiesta di adesione all’Unione europea. In seguito a questa visita, scrissi un articolo che invitava a istituire una comunità del Mediterraneo. Ho avuto il privilegio di lavorare, qui, per l’onorevole von Habsburg, che affermò che il Mar Mediterraneo non ha mai separato gli europei dai loro vicini, ma li deve invece unire. Nella sua biografia del Presidente Sarkozy, Jean-Paul Picaper afferma che l’idea di un’Unione per il Mediterraneo deriva dal movimento paneuropeo.

Vi rammento questi episodi perché vorrei chiarire che non si tratta soltanto di un’ossessione francese, com’è stato affermato da molti, e non si tratta di uno spreco di denaro, come sostiene l’oratore precedente. Dopo il Partenariato orientale, si tratta dello strumento di politica estera più importante dell’Unione e proprio per questo dobbiamo garantire che sia definito in modo adeguato e che abbia una struttura politica. Non deve diventare semplicemente una zona di libero scambio, perché sappiamo che il Mediterraneo, come affermò Churchill – e con questo mi rivolgo ai colleghi britannici – era il ventre molle dell’Europa. Dobbiamo garantire che questo non accada in futuro.

 
  
  

Relazione Kirilov (A7-0123/2010)

 
  
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  Tunne Kelam (PPE).(EN) Signor Presidente, ho sostenuto il paragrafo 12 originario di questa relazione, che esprime preoccupazioni in merito all’utilizzo della pulizia etnica come preludio del riconoscimento russo delle entità fantoccio dell’Ossezia meridionale e Abkhazia. Ho proposto di invitare la Russia a onorare senza ulteriori indugi i propri impegni relativi al cessate il fuoco e a eliminare immediatamente il blocco dell’accesso al personale della MMUE in Ossezia meridionale e Abkhazia. Ritengo che sia del tutto intollerabile e umiliante che i rappresentanti dell’Unione europea debbano richiedere l’accesso a queste aree che erano state oggetto di un accordo. In questo contesto, un invito rivolto alla Russia di rispettare la sovranità e l’integrità della Georgia non ha alcun potere, purtroppo.

 
  
  

Dichiarazioni di voto scritte

 
  
  

Relazione Grech (A7-0132/2010)

 
  
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  Sophie Auconie (PPE), per iscritto. (FR) Il mercato unico e l’euro rappresentano due veri scudi per l’Unione europea nella tempesta finanziaria, economica, sociale e di bilancio che i 27 Stati stanno attraversando al momento. Ho votato a favore di questa relazione, perché riafferma il ruolo chiave svolto dal mercato interno e fornisce un’ottima panoramica delle questioni attuali (coordinamento di bilancio, sviluppo di istruzione e ricerca, aiuti alle PMI, rafforzamento e accessibilità di Solvit e della rete Enterprise Europe Network). Questa relazione presenta una riflessione e una tabella di marcia che completano perfettamente il rapporto del professor Monti, recentemente presentato al Presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, intitolato “Una nuova strategia per il mercato unico”.

 
  
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  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (EN) Ho votato a favore di questa relazione che si occupa delle attuali carenze nel mercato unico. La crisi economica e finanziaria ha danneggiato in maniera considerevole il processo di integrazione del mercato unico. E’ spiacevole notare che il protezionismo economico sta ritornando a livello nazionale e potrebbe portare alla frammentazione del mercato unico. Un gran numero di PMI sta lasciando il mercato a causa dell'enorme ridimensionamento dell’accesso al finanziamento concesso in questo periodo di crisi. Non dobbiamo dimenticarci che le PMI costituiscono una parte essenziale della spina dorsale dell’economia europea e sono il motore principale di crescita economica e coesione sociale. Gli Stati membri devono impegnarsi maggiormente nell’attuazione dello Small Business Act e nell’eliminazione della burocrazia e degli altri ostacoli amministrativi per le PMI.

 
  
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  Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) Ho votato contro la relazione, perché promuove elementi che sono estremamente onerosi per una crescita davvero sostenibile e per gli interessi dei lavoratori e dei consumatori europei in generale. In primo luogo, il relatore non soltanto trae le conclusioni errate, ma nella formulazione delle sue proposte sbaglia sin dalla premessa, affermando che “il mercato unico europeo, insieme alla zona dell'euro, è l'esempio perfetto per illustrare il reale significato dell'integrazione e dell'unità economica dell'UE e rappresenta senza dubbio la conquista più visibile dell'integrazione europea per i cittadini dell'UE”. Viene tralasciata la mancanza di una fondamentale unione sociale e politica e si trascurano le reali condizioni odierne di numerosi paesi della zona dell’euro.

Il relatore, in particolare, fa riferimento all’economia sociale di mercato, un termine vago che fondamentalmente significa liberalizzazione del mercato a spese degli ultimi scarsi resti di politica sociale. Inoltre, nella relazione vengono pienamente adottate la filosofia della competitività e la strategia Europa 2020, che non soltanto è infondata, ma avrà conseguenze ancora più negative per i cittadini europei.

 
  
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  Vasilica Viorica Dăncilă (S&D), per iscritto. (RO) Sappiamo tutti che la strategia Europa 2020 è stata lanciata con l’obiettivo di aiutare l’Unione europea a emergere dall’attuale crisi economica e preparare la sua economia per il nuovo decennio. Per questo motivo, ritengo che la strategia UE 2020 debba stabilire obiettivi realistici in modo da raggiungere, entro il 2020, lo sviluppo sostenibile e un’economia sociale di mercato verde e basata sulla conoscenza. Un ulteriore obiettivo consiste nella creazione di posti di lavoro nel settore agricolo e dell’ambiente, mentre il mercato unico europeo deve essere al centro della strategia UE 2020, rivolta alle sfide della crescita economia e della tutela dei consumatori.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore di questa relazione nella quale si afferma che il mercato unico non è legato solamente ad aspetti economici. E’ essenziale garantire che nel processo di rinascita del mercato unico si adotti un approccio olistico e comune, in cui gli obiettivi connessi a cittadini e consumatori, in particolare quelli legati a preoccupazioni economiche, sociali, ambientali e sanitari, siano pienamente integrati in un nuovo mercato unico.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Il mercato unico e le relative politiche hanno garantito al pubblico europeo un migliore accesso a beni e servizi, nonché una maggiore varietà a costi minori. I principi del mercato unico hanno permesso ai consumatori europei di ricevere maggiori informazioni e a una migliore tutela dei loro diritti, ma anche una maggiore consapevolezza dei loro obblighi. Per questo motivo, il mercato interno non è una realtà statica ma dinamica; è una realtà che si sta modificando in un mondo globalizzato, ed è, quindi, necessario continuare a riflettere su come svilupparlo e migliorarne l’attuazione. Sono d’accordo con il relatore e vorrei sottolineare l’importanza del mercato unico dell’UE per l’integrazione europea stessa, per una maggiore coesione sociale, per lo sviluppo sostenibile, la competitività e la crescita economica che ci permetteranno di far fronte agli sviluppi futuri e concorrere in un mercato globalizzato.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) La costruzione di un mercato unico integrato e totalmente funzionante è un processo essenziale per approfondire l’integrazione, la coesione sociale, la crescita economica e lo sviluppo sostenibile europei. La crisi economica tuttavia ha senza dubbio danneggiato la fiducia nel mercato unico dei consumatori e dell’opinione pubblica, che deve percepire l’importanza del mercato unico, le sue dinamiche e, soprattutto, i vantaggi che può apportare ai cittadini in generale, ai consumatori e alle piccole e medie imprese. Rinvigorire il mercato unico significa che tutti i gruppi d’interesse devono adottare un approccio olistico comune che integri, in un mercato unico rinnovato, gli obiettivi dei consumatori e del pubblico legati a preoccupazioni economiche, sociali, ambientali e sanitarie. Questo nuovo programma per il consolidamento del mercato unico deve essere monitorato con attenzione, per dare il giusto valore alla giustizia sociale, per garantire l’integrità del mercato, stimolare l’innovazione e accompagnare la transizione verso una nuova era digitale. Questi imperativi molto probabilmente doteranno il mercato unico di un vantaggio competitivo nei confronti di altre importanti economie mondiali. Per creare fiducia nel mercato unico è necessario garantire la tutela dei consumatori e dei bisogni sociali e ambientali dei cittadini.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. (FR) Ammiro il relatore per essere riuscito a scrivere, nella massima serietà e senza scherzare, che il mercato unico e l’euro sono stati lo scudo protettivo dell’Europa durante la profonda crisi che ci ha colpito negli ultimi due anni. Niente ci ha protetto, men che meno l’Europa di Bruxelles; al contrario, si sono create tutte le condizioni necessarie per essere colpiti in pieno: libero movimento globale di capitale, smantellamento di servizi pubblici e sistemi di protezione sociale, aumento dell’insicurezza occupazionale e una politica monetaria lasciata nelle mani di una banca centrale indifferente alle esigenze economiche degli Stati membri. Sono queste le conseguenze della creazione di un mercato unico che è incompleto dal 1992. Questo contesto ha rappresentato un elemento d’inerzia, un peso superfluo da prendere in considerazione ogniqualvolta gli Stati membri hanno deciso di prendere le redini della situazione. Per quanto riguarda l’euro, dobbiamo ascoltare l’opinione dei paesi che soffrono a causa delle speculazioni in merito alla sua capacità di protezione. Oggi, l’euro è di per sé un fattore di crisi.

 
  
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  Małgorzata Handzlik (PPE), per iscritto.(PL) Il mercato unico europeo è un’importante conquista dell’integrazione europea in quanto offre numerose possibilità sia ai cittadini sia alle piccole e medie imprese.

In una relazione sulla strategia e il futuro del mercato UE pubblicata e presentata la scorsa settimana, il professor Mario Monti sottolinea che i cittadini e i consumatori dovrebbero essere tra i principali beneficiari del mercato unico. Eppure il mercato non va sempre a loro favore. Quando lavoriamo su ulteriori proposte legislative, dobbiamo quindi prendere in considerazione il più possibile le loro preoccupazioni, garantendo ad esempio che questioni come il riconoscimento delle qualifiche professionali, un’attuazione corretta della direttiva servizi, l’e-commerce, la tutela dei consumatori e delle piccole e medie imprese diventino priorità, mentre continuiamo a costruire il mercato unico.

Come ha giustamente osservato il professor Monti, in alcuni Stati membri si rileva una certa stanchezza per quanto riguarda le questioni connesse al mercato europeo, ma, ora più che in passato, abbiamo bisogno di un mercato unico forte, come ci ha mostrato la crisi degli ultimi mesi. Per questo motivo, accolgo con favore la relazione dell’onorevole Grech, di cui ho avuto l’opportunità di occuparmi e che è stata la nostra risposta alle questioni dei cittadini e consumatori del mercato europeo.

 
  
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  Eija-Riitta Korhola (PPE), per iscritto. (EN) Questa relazione non sarebbe potuta arrivare in un momento più critico. L’attuale crisi finanziaria ha creato un sentimento di sfiducia e ha portato a ulteriori discussioni nei governi circa misure più protezionistiche. A lungo termine, questa situazione avrà effetti negativi sull’economia dell’Europa, ma credo vi sia un nesso tra i problemi economici e la mancanza di motivazione nel completamento del mercato unico. L’onorevole Grech sottolinea giustamente, nella sua relazione, che il cittadino deve essere il vero fulcro del mercato interno, mentre l’economia deve lavorare per i cittadini, e non il contrario. La relazione del professor Monti, “Una nuova strategia per il mercato unico”, contiene un avvertimento a proposito del fatto che il mercato unico gode del minor livello di popolarità mai registrato, ma è al contempo più necessario che mai. Sono convinta della necessità di agire con coraggio, prendendo in considerazione le esigenze dei cittadini, per rivitalizzare il mercato unico. Ho votato a favore della relazione presentata dall’onorevole Grech, anche se ritengo che avrebbe potuto mettere in maggiore in evidenza la situazione delle PMI. Tuttavia, con gli importanti emendamenti adottati, il risultato è equilibrato e spero che porti a iniziative legislative ben soppesate da parte della Commissione.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) La costruzione di un mercato unico è sempre stata uno degli obiettivi principali dell’UE, e continua a esserlo. Un mercato unico ben funzionante rappresenta un elemento fondamentale per favorire l’integrazione europea, la coesione sociale, la crescita economica e lo sviluppo sostenibile nell’Unione. Sono emersi dubbi riguardo la fase in cui il mercato unico si trova a causa della recente crisi economica e c’è chi sostiene che al momento è un mercato piuttosto fragile. Se davvero così fosse, allora questa situazione danneggia il processo d’integrazione del mercato unico e la storia dell’Unione stessa. In questa fase è fondamentale trovare uno strumento che informi l’opinione pubblica europea in modo chiaro e inequivocabile sul funzionamento del mercato unico, ma anche su tutti gli enormi vantaggi che può portare ai consumatori e alle piccole e medie imprese. Queste sono le motivazioni alla base del mio voto.

 
  
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  Franz Obermayr (NI), per iscritto. (DE) La relazione va nella direzione sbagliata. E’ giunto il momento di tutelare le imprese nei diversi Stati membri dagli effetti della crisi finanziaria globale e istituire un quadro normativo chiaro per gli speculatori e il mercato libero. Si stanno invece sacrificando le differenze culturali ed economiche tra mercati, imprese e pratiche commerciali, a favore di un mercato globalizzato. Per questi motivi ho votato contro la relazione.

 
  
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  Robert Rochefort (ALDE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della relazione Grech sulla creazione di un mercato unico per i consumatori e i cittadini. Questo documento riesce a trovare un equilibrio tra, da un lato, gli obiettivi di un’economia aperta in grado di stimolare la crescita e la creazione di posti di lavoro e di fornire una risposta integrata alle principali sfide del futuro (quali competitività, ricerca e sviluppo, politica industriale, questioni ambientali e demografiche) e, dall’altro, quelli di un sistema economico all’altezza di tutelare i consumatori e fornire protezione sociale e ambientale ai cittadini. Nella nostra strategia di ripresa, non dobbiamo dimenticare i cittadini e i consumatori.

L’Europa deve adottare un approccio olistico che integri le preoccupazioni dei cittadini e altri settori politici orizzontali, in particolare la sanità, la tutela sociale e dei consumatori, il diritto del lavoro, l’ambiente, lo sviluppo sostenibile e le politiche esterne. Nella relazione si invita la Commissione a presentare una proposta legislativa che garantisca l’istituzione, su scala europea, di un sistema di ripresa accessibile e pratico entro marzo 2011, che io sostengo.

 
  
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  Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. (SV) Questa relazione consta della migliore retorica priva di contenuti che io abbia visto quest’anno, e per questo motivo non posso sostenerla. Detto questo, contiene diverse proposte, più o meno valide, e pertanto mi astengo dal voto.

 
  
  

Relazione Schmitt (A7-0108/2010)

 
  
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  Sophie Auconie (PPE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della relazione sul dialogo università-imprese perché ritengo sia essenziale migliorare il collegamento tra formazione e mercato del lavoro. Non si tratta di orientare gli studenti sulla base dei desiderata del settore privato, ma di permettere ai giovani di essere consapevoli delle implicazioni della vita lavorativa. I collegamenti tra università e imprese devono essere rinforzati per facilitare l’accesso al lavoro agli studenti e permettere alle imprese di accettare con maggiore facilità i percorsi atipici.

 
  
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  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Sostengo questa relazione su un partenariato più attivo tra università e imprese. Le università svolgono un ruolo chiave nella transizione di successo verso un’economia basata sulla conoscenza, ma è anche necessaria la partecipazione attiva di altre parti interessate, ovvero imprese ed enti governativi. Per raggiungere risultati efficienti è necessario ristrutturare e modernizzare il settore dell’istruzione e i programmi di studio devono essere riformati e aggiornati per soddisfare le esigenze del mercato del lavoro. Una volta che ci saranno le condizioni per permettere ai laureati di trovare lavoro nelle piccole e medie imprese riusciremo a colmare il divario tra l’offerta di giovani specialisti e la domanda del mercato del lavoro.

 
  
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  Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. − Signor Presidente, questa relazione di iniziativa contiene idee davvero positive per il futuro delle nostre università. Ogni cambiamento del sistema di formazione a livello accademico che aiuti a modernizzare i programmi formativi e soprattutto avvicini i laureati al mondo del lavoro è da accogliere positivamente e da incoraggiare con forza.

Oggi il sistema universitario europeo, uno tra gli elementi più rilevanti su cui le nostre realtà possono costruire le premesse per una ripresa economica solida e duratura, ha bisogno di aprirsi al mondo del lavoro: costruire un legame solido, di mutuo scambio tra università e imprese è una priorità per le istituzioni degli Stati Membri e dovranno essere principalmente gli enti locali e regionali ad avere voce in capitolo nel favorire l’incontro virtuoso tra mondo economico e mondo formativo. Solo università che dialogano con le imprese presenti nei loro rispettivi territori possono sperare di formare giovani pronti per entrare e rimanere permanentemente nel mercato del lavoro.

Abbiamo tutti bisogno, oggi e per sempre, di istituzioni formative al passo coi tempi e al passo soprattutto con le esigenze del territorio: anche questa è, sono sicura, un ingrediente irrinunciabile per la crescita delle nostre regioni. Il mio voto alla relazione è pertanto favorevole.

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) La conoscenza, oggi, è una priorità indiscutibile. Dobbiamo fare di più per quanto riguarda il triangolo della conoscenza, adottando un quadro di riforme volte a rendere la conoscenza un valore sociale, e rafforzando il collegamento tra università e imprese, come avviene con le comunità per della conoscenza e dell’innovazione dell’Istituto europeo di innovazione e tecnologia (EIT). E’ cruciale che le università integrino la dimensione sociale ed economica nella loro sfera d’azione principale, nell’ambito dei loro programmi di ricerca e innovazione. Dobbiamo anche sviluppare una strategia d’investimento in nuove fonti di crescita, che stimoli la ricerca, lo sviluppo, l’innovazione e l’istruzione con l’obiettivo di rafforzare la nostra base industriale, un settore terziario eccellente e un’economia rurale moderna. Il ruolo degli istituti d’istruzione superiore, delle università e dei politecnici, sia pubblici che privati, sarà prezioso nella creazione di fiducia dello Stato nei confronti di queste istituzioni, ch devono essere autonomie per poter apportare il loro essenziale contributo allo sviluppo dell’Europa. Bisogna rafforzare sia gli aspetti interdisciplinari che quelli transdisciplinari dei programmi d’istruzione e ricerca e della cooperazione tra università. Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione sono uno strumento chiave in quest’ambito.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della relazione sul dialogo università-imprese: un nuovo partenariato per la modernizzazione delle università in Europa, perché presenta misure che contribuiscono a migliorare l’occupabilità degli studenti europei. La cooperazione tra il settore dell’istruzione e le imprese è essenziale per colmare il divario tra l’offerta del settore dell’istruzione e la domanda del mondo del lavoro.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Ritengo che i partenariati che permettono di modernizzare le università, in particolare se promuovono una migliore istruzione e qualifiche per gli individui, siano essenziali per l’aumento della competitività europea. I vantaggi di queste qualifiche si produrranno in termini di innovazione, ricerca e sviluppo, elementi cruciali per una crescita economica e sociale sostenibile. E’ necessario creare partenariati tra università e aziende per facilitare l’ingresso dei lavoratori sul mercato del lavoro, contribuendo a ridurre gli alti tassi di disoccupazione che si registrano in particolare in questo momento. Vorrei sottolineare nuovamente l’importanza della politica di coesione dell’Unione europea, i cui fondi saranno estremamente utili per il perseguimento di questi obiettivi.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Nel marzo 2000 a Lisbona e nel marzo 2002 a Barcellona, il Consiglio europeo ha approvato l’obiettivo strategico di trasformare l’UE nell’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, facendo dei suoi sistemi di istruzione e formazione punti di riferimento a livello mondiale in termini di qualità, e creando lo spazio europeo della ricerca e dell’innovazione. Gli Stati membri sono responsabili delle politiche in materia di istruzione e formazione, mentre l’Unione europea ha il compito di sostenere, con nuovi strumenti e a livello comunitario, il miglioramento dei sistemi nazionali, l’apprendimento reciproco e lo scambio di informazioni e buone prassi. L’economia basata sulla conoscenza e il rapido sviluppo tecnologico rappresentano sfide per l’istruzione superiore e la ricerca in Europa, ma aprono anche nuove opportunità che devono essere sfruttate in modo efficace. In questo contesto, la creazione di partenariati di qualità nei settori dell’istruzione superiore e imprenditoriale è di fondamentale importanza e la cooperazione a livello locale, regionale, nazionale e transnazionale tra questi due ambiti sia cruciale per colmare il divario tra l’offerta del settore dell’istruzione e la domanda del mondo del lavoro.

 
  
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  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) La relazione sul dialogo università-imprese adotta una posizione che secondo noi non rappresenta il modo adeguato di modernizzare l’istruzione. Dobbiamo valutare con estrema serietà i rischi che impediscono un accesso libero, pubblico e demografico all’istruzione. E’ necessario riconoscere gli errori derivanti dal processo di Bologna e, contrariamente a quanto afferma il relatore, demistificare la questione della mobilità come strumento per avvicinare e armonizzare gli Stati membri.

Non dobbiamo dimenticare che il processo di Bologna non è neutro e ha richiesto investimenti iniziali, perseguendo al contempo una politica di deresponsabilizzazione dello Stato per quanto riguarda il finanziamento universitario. La relazione fa più volte riferimento alla questione dell’autonomia delle università, affiancata dall’idea di un “partenariato” tra università e imprese come strumento per garantire il finanziamento delle istituzioni. Questo concetto di università-impresa si allontana dal significato e dal valore reali dell’istruzione come diritto universale e la valuta invece in un’ottica mercantilista, privandola di contenuti e qualità. Si tratta di un approccio neoliberale, a cui ci opponiamo.

 
  
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  Filip Kaczmarek (PPE), per iscritto.(PL) Ho sostenuto la relazione Schmitt sul dialogo università-imprese: un nuovo partenariato per la modernizzazione delle università in Europa. Vorrei esprimere i miei più sinceri ringraziamenti al relatore, che, purtroppo, non è più deputato al Parlamento europeo. Faccio i miei più vivi complimenti all’onorevole Schmitt per la sua nomina a deputato del parlamento ungherese e per la successiva nomina a Presidente. Gli auguro ogni successo.

 
  
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  Jaromír Kohlíček (GUE/NGL), per iscritto. (CS) L’Unione europea si trova attualmente in una situazione del tutto schizofrenica. Da un lato, c’è una chiara richiesta alle università di una formazione pratica dei lavoratori nei corsi di laurea di primo ciclo; dall’altro, gli esperti di istruzione tecnica sanno che i primi tre anni di studi all’università devono fornire agli studenti le basi teoriche per ulteriori studi di successo. Questa è l’origine di tutti i malintesi. Un forum di università e imprese, indipendentemente dal formato che assumerà, si concentrerà sempre e soprattutto su laureati “utili dal punto di vista pratico”.I veri forieri della ricerca di base e di importanti innovazioni sono principalmente laureati in ingegneria, con master e dottorato. Se vogliono raggiungere risultati importanti nei loro settori, questi laureati devono acquisire una base adeguata nelle discipline tecniche più importanti nei primi tre anni dei loro studi. E’ difficile pensare che possano cavarsela con il livello di matematica che si insegna alle scuole secondarie e una superficiale conoscenza delle scienze tecniche basilari, completata da un esame sulla contabilità in partita semplice e doppia e conoscenze pratiche relative alla preparazione di progetti per una candidatura per l'assegnazione di una borsa di studio. I docenti universitari responsabili consigliano un approccio che non differisce di molto dal mio, nonostante le diverse dichiarazioni, forum, comunicazioni e nuovi partenariati. Per le future discussioni, pertanto, raccomando che si operi una chiara distinzione tra l’istruzione universitaria ai sensi della dichiarazione di Bologna e l’istruzione universitaria “tradizionale”. Le nuove forme aggiuntive del cosiddetto apprendimento lungo tutto l’arco della vita sono anche, ovviamente, auspicabili.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Il dialogo università-imprese è essenziale per la formazione di alta qualità cui aspirano i giovani dell’Unione europea. La cooperazione tra il settore dell’istruzione e le imprese a tutti i livelli è cruciale per colmare il divario tra l’offerta del settore dell’istruzione e la domanda del mondo del lavoro. I partenariati tra gli istituti di istruzione e formazione e le imprese sono essenziali per accrescere l’occupabilità dei discenti, migliorare il potenziale imprenditoriale e facilitare la familiarità con il mondo del lavoro. Queste sono le motivazioni alla base del mio voto.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Nella sua comunicazione la Commissione fa riferimento all’autonomia da concedere a università e istituti superiori. Questo tipo di autonomia deve andare di pari passo con l’autonomia finanziaria, il che non è realistico in vista del periodo di austerità che ci attende. Sono numerosi gli esempi di cooperazione proficua tra istituti d’istruzione e imprese. La necessità di un dialogo rafforzato nel contesto del processo di Bologna non è espressa in maniera sufficientemente chiara e, per questo motivo, mi sono astenuto dal voto.

 
  
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  Radvilė Morkūnaitė-Mikulėnienė (PPE), per iscritto. (LT) Probabilmente nessuno Stato membro metterebbe in dubbio che la cooperazione tra istruzione e imprese è essenziale. Alla luce della crisi che ha sottolineato non soltanto i problemi legati alla disoccupazione, ma anche l’importanza di un’istruzione che risponda alle esigenze del mercato, sono lieta di notare che, con l’adozione di questo documento, il Parlamento europeo stia cercando di avviare il dialogo tra il mondo accademico e quello imprenditoriale. E’ necessario un approccio a lungo termine sin dall’inizio degli studi universitari, con numerosi programmi di scambio, la promozione di tirocini nelle imprese, forse addirittura consultazioni tra università e imprese per quanto riguarda la definizione dei programmi di studi. Se i futuri datori di lavoro saranno integrati nel sistema educativo già dall’inizio, ci saranno maggiori possibilità di preparare specialisti in grado di rispondere alle esigenze dei datori di lavoro sul mercato.

 
  
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  Wojciech Michał Olejniczak (S&D), per iscritto.(PL) Ho votato a favore della risoluzione del Parlamento europeo (A7-0108/2010) sul dialogo università-imprese: un nuovo partenariato per la modernizzazione delle università in Europa [2009/2099 (INI)), perché le dinamiche del mondo del lavoro di oggi, lo sviluppo economico e le modifiche alle priorità di sviluppo necessitano di cooperazione a diversi livelli. L’istruzione superiore in tutta Europa si trova ad affrontare un’enorme sfida: tenere il passo con un mondo in continuo sviluppo e con le mutevoli aspettative del mercato per quanto riguarda i nuovi lavoratori. Il fatto che oggi le opportunità nel settore dell’istruzione e il livello d’istruzione non soddisfano le aspettative del mercato è un problema molto importante. Il mantenimento di questo sistema, pieno di ineguaglianze, è un errore che non possiamo accettare. Solo per questa ragione, dobbiamo introdurre cambiamenti che riguardino tutto il settore dell’istruzione e il modo in cui i giovani operano sul mercato del lavoro. In qualità di ex presidente del parlamento studentesco della Repubblica polacca, un’istituzione create per legge a rappresentanza di tutti gli studenti della Polonia, incontro spesso persone che hanno appena iniziato o terminato gli studi universitari. La consapevolezza della situazione del mercato del lavoro e delle sue necessità è estremamente bassa, così come il livello d’istruzione è insoddisfacente. Nelle istituzioni politiche, ma anche studentesche, è diffusa l’idea che l’importante sia quanti tirocini pratici e professionali si possono vantare, quante materie si sono studiate o quante lingue si sanno parlare. Il mercato necessita di qualità, non quantità. E’ dunque essenziale intraprendere azioni per migliorare la cooperazione tra università, mondo accademico e imprese.

 
  
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  Daciana Octavia Sârbu (S&D), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della relazione Schmitt per incoraggiare la cooperazione tra università e imprese. Oggi, le università devono impegnarsi in una più stretta cooperazione con il mondo imprenditoriale, per fornire una risposta adeguata alle esigenze del mercato del lavoro, in particolare in un’economia globalizzata. In questo ambito, il dialogo e la cooperazione tra università e imprese dovrebbe essere fondato su reciprocità, fiducia e rispetto.

Questo obiettivo può essere raggiunto tramite l’introduzione di un sistema di “buoni della conoscenza” analogo a quello attualmente utilizzato in alcuni Stati membri, che consente in particolare alle PMI di migliorare le loro capacità di ricerca senza inficiare l’indipendenza, l’autonomia e il carattere pubblico delle università. Sia le università che le imprese possono trarre vantaggi dallo sviluppo congiunto delle competenze multidisciplinari, interdisciplinari e imprenditoriali, adattando con elasticità gli indirizzi di studio, I settori di competenza e le specializzazioni alle esigenze dell’economia, comprese quelle delle piccole e medie imprese.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (S&D), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della relazione sul dialogo università-imprese: un nuovo partenariato per la modernizzazione delle università in Europa.

L’Unione europea deve creare connessioni e partenariati più stretti tra le università e il settore imprenditoriale per sviluppare una società basata sulla conoscenza e sulla ricerca applicata e migliorare l’integrazione dei laureati nel mercato del lavoro. Purtroppo, sempre più spesso si rilevano divergenze tra le competenze dei laureati e le qualifiche richieste dal mercato del lavoro.

Incoraggio la Commissione e gli Stati membri a elaborare previsioni a medio e lungo termine per quanto riguarda le competenze richieste per mettere in correlazione i programmi di studi con lo sviluppo economico. Vorrei attirare l’attenzione sulla necessità di aumentare il numero di posti di lavoro, vera e propria priorità per l’Unione europea, in particolare nell’attuale recessione.

Invito la Commissione a promuovere l’utilizzo delle risorse e degli strumenti a disposizione per lo sviluppo di una cultura imprenditoriale, semplificando le procedure e la burocrazia, per incentivare gli scambi tra università e imprese.

Vorrei infine sottolineare l’importanza dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, in particolare tramite lo sviluppo di corsi a distanza adattati specificatamente alle nuove tecnologie e corsi per le persone maggiori di 45 anni , più vulnerabili e maggiormente esposte al rischio di esclusione sociale.

 
  
  

Relazione Harms (A7-0142/2010)

 
  
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  Sophie Auconie (PPE), per iscritto. (FR) L’Unione europea protegge i suoi cittadini. Oltre ai regolamenti europei sui prodotti pericolosi che possono essere introdotti nel mercato interno, oltre alle misure congiunte adottate contro il terrorismo, oltre alle iniziative comuni volte a garantire la pace in Europa, l’Unione europea si è impegnata a smantellare le centrali nucleari costruite durante il regime sovietico che possono costituire un pericolo per la nostra salute. A 24 anni dal terribile incidente di Chernobyl, sono felice di avere contribuito alla sicurezza del nostro continente votando a favore di questa relazione. E’ oggettivamente indispensabile che le misure adottate in Bulgaria nel quadro del “Programma Kozloduy” vengano estese anche al periodo 2010-2013.

 
  
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  Gerard Batten, John Bufton e Derek Roland Clark (EFD), per iscritto. (EN) L’UKIP attribuisce grande importanza alla sicurezza nel settore della produzione di energia nucleare, ma considera il sostegno dell’Unione europea alla Bulgaria, apparentemente motivato dalla sicurezza, determinato in realtà da considerazioni politiche (impedire il riprocessamento delle materie fissili prossime alla Bulgaria nella vicina Russia) e dottrinali (imporre politiche utopistiche di utilizzo dell’energia eolica), oltre che dal desiderio di finanziare progetti di conservazione locale che non sono rilevanti ai fini dello smantellamento. I membri dell’UKIP hanno per questo votato contro lo stanziamento di nuovi fondi richiesto nella relazione in oggetto.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Prima della loro adesione all’UE, nei paesi dell’Europa centrale e orientale erano in vigore regolamenti riguardanti l’energia nucleare e i rifiuti radioattivi meno rigorosi rispetto a quelli europei. L’intervento e il sostegno finanziario dell’Unione europea erano necessari per assicurare una maggiore protezione della salute umana e dell’ambiente e la proposta oggetto della votazione odierna rientra in questo quadro.

La proposta di regolamento presentata dalla Commissione intende fornire sostegno finanziario alla disattivazione delle unità da 1 a 4 della centrale nucleare di Kozloduy, in Bulgaria, e ad assicurare lo smaltimento delle sostanze radioattive derivanti da tale disattivazione. Secondo il relatore, senza il contributo dell’Unione europea, la sicurezza potrebbe essere compromessa dato che i reattori di tipo VVER 440/230 presentano gravi lacune progettuali non colmabili in modo efficace.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) La protezione e la tutela della salute umana e dell’ambiente sono obiettivi prioritari della politica di sviluppo europea. Ciò premesso, considero assolutamente necessario che l’Unione europea stanzi risorse finanziarie e tecniche sufficienti per la disattivazione delle unità da 1 a -4 della centrale nucleare Kozloduy in Bulgaria, come richiesto dal Parlamento in questa risoluzione. In tal modo, l’Europa eliminerà uno dei principali produttori di emissioni radioattive ed eviterà il rischio di gravi incidenti. Al pari delle condizioni di sicurezza per le operazioni di disattivazione, è essenziale che la Comunità europea assuma un ruolo attivo nell’aiutare la Bulgaria ad affrontare l’impatto che la disattivazione avrà sulla competitività economica, la sostenibilità energetica e il mercato del lavoro. La strategia di intervento dell’Unione europea deve garantire sostegno alla creazione di nuovi posti di lavoro e di industrie sostenibili nelle zone interessate dalla disattivazione.

 
  
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  Rebecca Harms (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Oggi il Parlamento ha approvato un finanziamento di 300 milioni di euro a ulteriore sostegno della disattivazione dei reattori nucleari 1-4 di Kozloduy. Appoggio la risoluzione poiché è necessario fornire maggiore assistenza per garantire la disattivazione in sicurezza dei reattori. Il Parlamento, tuttavia, ha rigettato sia il finanziamento per mezzo di tali fondi delle centrali elettriche inquinanti a lignite, sia la proposta di utilizzare parte dei fondi per aiutare la Bulgaria a individuare una soluzione per lo smaltimento definitivo dei rifiuti radioattivi. Questa decisione mi ha portato a votare contro la proposta emendata. Mi sono invece astenuta dal voto sulla risoluzione legislativa per permettere lo stanziamento da parte dell’Unione europea dei fondi per la disattivazione.

 
  
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  Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. (FR) Possiamo soltanto rallegrarci di qualsiasi sostegno alla disattivazione di una centrale nucleare e alla realizzazione di programmi di ricerca per le energie rinnovabili e lo smaltimento dei rifiuti radioattivi; in questo modo si compie un grande passo avanti verso l’eliminazione graduale dell’energia nucleare, obiettivo che ci sta molto a cuore. Mi rimangono comunque dubbi in merito all’insistenza sullo “smaltimento definitivo” dei rifiuti radioattivi, poiché questo metodo non può essere considerato una soluzione a lungo termine a causa dei rischi che comporta per il nostro ecosistema.

Mi preoccupa inoltre la mancanza di garanzie sullo stanziamento degli aiuti finanziari europei finalizzati ad agevolare il processo di disattivazione. Come possiamo essere sicuri che i 300 milioni di euro non vengano utilizzati in parte per finanziare la nuova centrale nucleare di Belene in Bulgaria? Il Commissario Oettinger non si è forse già impegnato a finanziare il progetto? Voto a favore della relazione nella speranza di assistere finalmente allo smantellamento dei reattori di Kozloduy.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) L’adesione dei paesi dell’Europa centrale e orientale all’Unione europea e il loro utilizzo dell’energia nucleare hanno richiesto lo stanziamento di aiuti finanziari affinché tali paesi possano gestire in modo efficace i rifiuti radioattivi e aumentare il livello di tutela della salute umana e dell’ambiente. In questo contesto si collocano gli aiuti finanziari previsti e questo spiega il mio voto.

 
  
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  Alajos Mészáros (PPE), per iscritto. (HU) Nell’accordo di adesione Bulgaria, Slovacchia e Lituania hanno accettato di disattivare parte dei loro impianti di produzione di energia nucleare. L’Unione europea ha fornito assistenza finanziaria fino al 2009 per lo smantellamento definitivo della centrale nucleare di Kozloduy, ma è stata richiesta, anche da parte degli altri Stati membri, un’estensione fino al 2013. Questo invito corrisponde a un ulteriore finanziamento di circa 860 milioni di euro. La totale disattivazione richiede però tempi molto lunghi poiché non è sufficiente disconnettere completamente la centrale dalla rete elettrica; in questi casi, ovvero quando si prevede la chiusura anticipata di una centrale, è necessario provvedere a una fornitura energetica sostitutiva. La Bulgaria non azzera le proprie fonti di approvvigionamento energetico, ma condiziona i paesi confinanti che non ricevono più elettricità: la chiusura di quattro reattori si traduce infatti per la Bulgaria nella perdita di 1 700 MW di energia.

Il governo bulgaro non è in grado, senza il sostegno finanziario dell’Unione europea, di gestire in modo sicuro il combustibile irradiato, parte del quale, in ogni caso, è stato smaltito al di fuori dell’Unione europea. Mi rendo conto che il governo bulgaro non possiede riserve a cui attingere in caso di disattivazione definitiva ed è anche per questo che dobbiamo fornire assistenza. Abbiamo già investito ingenti somme nella chiusura definitiva delle centrali nucleari, ma dovremmo valutare se valga la pena modernizzarle, anziché chiuderle, e non mi riferisco a Kozloduy in particolare. Dobbiamo promuovere il miglioramento delle norme di sicurezza nei paesi dell’Europa centrale e orientale poiché le centrali nucleari vengono chiuse proprio a causa del basso livello di sicurezza.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Finché non troveremo una soluzione valida al problema dello smaltimento definitivo dei rifiuti radioattivi, i paesi candidati ovviamente non sapranno quale alternativa scegliere. Dobbiamo assicurarci di non concedere sostegno finanziario finalizzato a migliorare la protezione delle persone e dell’ambiente per poi scoprire che i combustibili irradiati vengono venduti e probabilmente utilizzati per scopi militari. E’ nell’interesse della sicurezza e della protezione ambientale di tutta l’Europa trovare una soluzione definitiva al problema dello smaltimento, ma è necessario fermare la vendita di rifiuti radioattivi.

Se siamo arrivati al punto in cui lo smantellamento di due reattori costa 1,78 miliardi di euro, è chiaro che la favola dell’energia nucleare a buon mercato e con un trascurabile impatto sul clima non è più credibile. La relazione evidenzia alcuni problemi connessi all’energia nucleare e allo smantellamento dei reattori nucleari e per questo ho votato a favore.

 
  
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  Rovana Plumb (S&D), per iscritto. (RO) Per tenere fede agli impegni assunti con il trattato di adesione all’Unione europea, la Bulgaria deve chiudere le unità 1-4 della centrale nucleare di Kozloduy e, a tal fine, l’Unione europea ha fornito assistenza finanziaria fino al 2009. Ho votato a favore della relazione per sostenere l’azione della Bulgaria finalizzata all’ottenimento di ulteriori 300 milioni di euro da erogarsi fino al 2013 che permettano di completare la disattivazione della centrale nucleare di Kozloduy, ripulire il sito e gestire i rifiuti in modo sostenibile e in condizioni tali da non danneggiare né la salute umana né l’ambiente.

Appoggio inoltre la richiesta avanzata dalla Commissione di verificare l’attuazione di tutti i progetti che verranno avviati grazie a tale finanziamento, ossia i progetti di ricerca e innovazione finalizzati all’introduzione di tecnologie che utilizzano fonti di energia rinnovabili per raggiungere l’obiettivo di ulteriori riduzioni di CO2 per compensare l’effetto equivalente aggiuntivo di 18 000 Kt CO-eq determinato dalla disattivazione. E’ necessario prestare particolare attenzione sia alla riqualificazione del personale, per evitare un aumento ancora maggiore della disoccupazione, sia allo sviluppo delle comunità locali, specialmente nel corso dell’attuale crisi. Le attività devono essere realizzate in modo completamente trasparente per i cittadini, secondo le disposizioni degli accordi multilaterali sull’ambiente a cui la Bulgaria ha aderito (Aarhus, Espoo, eccetera).

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Come ci si aspettava, noi verdi abbiamo perso l’ultima opportunità di emendare la relazione Harms nel corso della votazione in plenaria sull’assistenza finanziaria europea per la disattivazione delle quattro unità della centrale nucleare di Kozloduy in Bulgaria.

Oggi il Parlamento europeo ha approvato un finanziamento alla Bulgaria di 300 milioni di euro fino al 2013 per l’attuale progetto di smantellamento di quattro reattori nucleari a Kozloduy. Questo segnale positivo nei confronti della Bulgaria è stato il motivo per cui il relatore e il gruppo Verts/ALE si sono astenuti dal voto sulla proposta legislativa.

Grazie ai verdi, il Parlamento europeo ha finalmente riconosciuto che la Bulgaria non possiede nessuna politica relativa allo smaltimento definitivo dei rifiuti radioattivi. Tuttavia, il governo bulgaro, con l’appoggio del gruppo Partito popolare europeo (Democratico cristiano) e del gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento europeo, è riuscito a eliminare tutte le disposizioni che avrebbero promosso un reale progresso in merito alla questione dello smaltimento definitivo. Attualmente, le sostanze più pericolose per le persone e per l’ambiente vengono portate in Russia, dove si esporta la maggior parte degli elementi combustibili irradiati.

Il Parlamento europeo è comunque riuscito ad assicurare maggiore partecipazione pubblica, trasparenza e migliori disposizioni in materia di valutazione e revisione rispetto alla proposta originale della Commissione. Resta da vedere ora se queste verranno incluse dal Consiglio, che ha l’ultima parola poiché il Parlamento europeo viene consultato soltanto su questioni relative al nucleare.

 
  
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  Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto. (LT) Onorevoli colleghi, come per la centrale nucleare di Kozloduy in Bulgaria, lo smantellamento della centrale nucleare di Ignalina costituiva una delle condizioni necessarie per l’adesione della Lituania all’Unione europea. La disattivazione della centrale nucleare di Ignalina nel 2009 ha avuto gravi però conseguenze nel paese. Dopo l’indipendenza della Lituania nel 1991, la centrale nucleare di Ignalina ha fornito un contribuito importante all’economia nazionale, coprendo oltre il 70 per cento del nostro fabbisogno energetico. Con la disattivazione della centrale, abbiamo dovuto rinunciare al nostro ruolo di esportatori di energia per diventare importatori di un’ampia gamma di energie. La centrale nucleare di Ignalina costituiva una fonte di energia a buon mercato per l’industria e per i consumatori, oltre a essere una fonte di reddito grazie all’esportazione. Come per la disattivazione di Kozloduy, la chiusura di Ignalina provocherà all’economia locale perdite economiche e una riduzione dell’occupazione. Il pieno appoggio finanziario da parte dell’Unione europea per Kozloduy e Ignalina è fondamentale per compensare in parte l’impatto economico e sociale legato alla disattivazione delle centrali nucleari. L’instabilità finanziaria degli ultimi anni ha scosso la Lituania e molti Stati membri dell’Unione europea e portato ad accantonare i progetti di costruzione di nuove centrali nucleari più avanzate nell’immediato futuro. Sarebbe tuttavia illogico pensare di abbandonare del tutto il nucleare. La tecnologia nucleare non è sicuramente una panacea per la nostra sicurezza energetica e per i disastri naturali, ma un’energia nucleare efficiente e sicura potrebbe favorire il raggiungimento degli obiettivi strategici di lungo periodo.

 
  
  

Relazione van Nistelrooij (A7-0138/2010)

 
  
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  Sophie Auconie (PPE), per iscritto. (FR) I Fondi strutturali stanziati per le nostre regioni devono essere meglio coordinati con i finanziamenti per la ricerca e l’innovazione. La relazione van Nistelrooij contiene raccomandazioni utili per ottimizzare l’uso di questi finanziamenti. Senza dubbi disponiamo delle potenzialità per finanziare e far crescere i nostri territori e una migliore sinergia tra i diversi strumenti finanziari non può che essere vantaggiosa ora che abbiamo bisogno di rilanciare le attività economiche. Questi fondi dovrebbero rientrare nell’attuazione della strategia UE 2020. Considerata la qualità della relazione, l’ho appoggiata con il mio voto.

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) L’innovazione si può realizzare in modo più efficace a livello regionale grazie alla vicinanza di attori, fra cui università, organizzazioni pubbliche di ricerca e industrie, che promuovono i partenariati per il trasferimento delle conoscenze e lo scambio di buone prassi fra regioni. La politica di coesione è un pilastro fondamentale del processo di integrazione europea nonché una delle più riuscite politiche europee, giacché facilita la convergenza tra regioni sempre più diverse e stimolala crescita e l’occupazione. E’ essenziale promuovere e applicare modelli di successo nel triangolo della conoscenza e garantire lo sviluppo sostenibile della ricerca regionale e dei quadri strategici per l’innovazione, in collaborazione con le imprese, i centri di ricerca, le università e le autorità pubbliche. Vorrei inoltre ribadire il potenziale dei cluster regionali innovativi ad alta intensità nel mobilitare la competitività regionale, nonché l’inserimento dello sviluppo di cluster sia nel Settimo programma quadro sia nel programma quadro per la competitività e l’innovazione. Voglio anche sottolineare l’importanza delle comunità della conoscenza e dell’innovazione (CCI), create nel quadro dell’Iniziativa europea per la trasparenza, le quali mettono in collegamento tra loro i primari cluster regionali europei ad alta intensità di conoscenza. Esprimo il mio invito a facilitare lo scambio di conoscenze nei cluster regionali attraverso i Fondi strutturali, poiché tali cluster costituiscono una grande opportunità, specialmente per le regioni svantaggiate.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Ritengo opportuno analizzare in che modo gli Stati membri e le regioni abbiano seguito il quadro indicativo degli orientamenti strategici comunitari 2007-2013, segnatamente l’orientamento 1.2 “Migliorare le conoscenze e l’innovazione a favore della crescita”, nei propri quadri di riferimento strategici nazionali e nei programmi operativi. Tale analisi ci permetterà di ottenere un profilo più dettagliato delle azioni intraprese e degli obiettivi che devono ancora essere raggiunti in un ambito che è sempre più spesso all’ordine del giorno. In tempi di crisi evitare sprechi e doppioni è urgente e necessario, oltre che vantaggioso; è quindi importante valutare attentamente i collegamenti tra le politiche di coesione, ricerca e innovazione e gli strumenti a loro dedicati (Fondi strutturali, Settimo programma quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico e programma quadro per la competitività e l’innovazione) per renderli più efficienti e proficui.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) La ricerca e l’innovazione sono settori fondamentali e indispensabili per la competitività e per il successo dell’economia europea nell’attuale situazione di crisi globale, di forte concorrenza e di impegno sempre maggiore per affrontare nuove sfide quali il cambiamento climatico e la coesione territoriale. L’attuale crisi aggrava il rischio di squilibri a livello regionale e di un peggioramento delle condizioni economiche e sociali delle regioni più svantaggiate. Sulla base di queste considerazioni, appoggio la risoluzione, che sottolinea la necessità immediata di conseguire maggiore efficienza, flessibilità e facilità di accesso ai Fondi strutturali al fine di garantire un accesso rapido ai meccanismi di finanziamento per i nuovi progetti imprenditoriali e per la rivitalizzare le piccole e medie imprese. Tale strategia è particolarmente opportuna e importante per la coesione territoriale dell’Unione europea, poiché garantisce la trasformazione della crisi in un’opportunità per capitalizzare i nostri punti di forza e al contempo migliora l’efficienza nel rendere redditizie le risorse.

 
  
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  Petru Constantin Luhan (PPE), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della relazione poiché ricerca, sviluppo e innovazione costituiscono elementi fondamentali che possono favorire una ripresa più rapida e più stabile dell’Unione europea dall’attuale crisi economica, permettendo, al contempo, il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo economico previsti. A tal fine, è necessaria una politica coerente, mirata e sostenuta da finanziamenti adeguati. Bisogna comunque prendere in considerazione le diverse caratteristiche socioeconomiche regioni regionali; è necessario riconoscere i limiti e stabilire gli obiettivi in base alla situazione reale, identificando le esigenze tramite consultazione di tutte le agenzie locali, regionali e nazionali.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) L’innovazione è importante, ma non può essere imposta dall’alto, come si intende fare con la strategia Europa 2020; può però essere sostenuta tramite programmi di sovvenzionamento. Non è logico che chi richiede un sussidio debba districarsi in una giungla di regolamenti diversi e di organizzazioni che erogano i fondi a causa della mancanza di coordinamento tra l’Unione europea e gli Stati membri. Qualsiasi attività che determini una semplificazione è utile, purché non generi opportunità per commettere abusi. I criteri presentati nella relazione mi sembrano un buon punto di partenza e, per questo, ho votato a favore.

 
  
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  Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. (PT) La politica di coesione è un pilastro fondamentale del processo di integrazione europea nonché una delle più riuscite politiche europee, giacché facilita la convergenza tra regioni sempre più diverse e stimola la crescita e l’occupazione grazie ai finanziamenti dei Fondi strutturali. Nel periodo 2007-2013, tutti gli Stati membri hanno destinato una parte considerevole delle loro dotazioni finanziarie complessive alla ricerca e allo sviluppo. Ritengo che la politica di coesione sia matura per creare sinergie con le politiche di ricerca e innovazione per quanto riguarda lo sviluppo delle capacità, la creazione di reti e il trasferimento delle conoscenze.

Un uso migliore dei fondi determinerà progressi nel campo della ricerca, nelle conoscenze e nella capacità di innovazione delle diverse regioni, grazie al rafforzamento della dimensione territoriale dei partenariati per l’elaborazione e la realizzazione delle politiche pubbliche. Appoggio la relazione perché credo che sia fondamentale creare sinergie tra i Fondi strutturali destinati alla ricerca e all’innovazione e il Settimo programma quadro per la ricerca e lo sviluppo con l’obiettivo di ottenere maggiore efficienza nel raggiungimento della società della conoscenza.

 
  
  

Relazione Hoang Ngoc (A7-0147/2010)

 
  
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  Sophie Auconie (PPE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della risoluzione adottata dalla commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo. La sostenibilità a lungo termine delle nostre finanze pubbliche è oggi fondamentale per dare credibilità alla politica economica e fiscale europea: la crisi in Grecia ne ha dato prova. Le autorità pubbliche devono dimostrare ai mercati e alle agenzie di rating di essere responsabili, come richiedono anche la realtà demografica attuale e futura. Ho quindi fermamente respinto la posizione del relatore, l’onorevole Hoang Ngoc, il quale richiede che l’attuale politica di disavanzo pubblico venga mantenuta. Dobbiamo oggi presumere che le finanze pubbliche di numerosi Stati membri non siano sostenibili e dobbiamo avere il coraggio di porvi rimedio. La nostra nave ha una falla e, anche se non sta ancora affondando, è ora di cominciare a ripararla.

 
  
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  Françoise Castex (S&D), per iscritto. (FR) Nel corso della votazione di giovedì 20 maggio sulla relazione dell’onorevole socialista Hoang Ngoc sulla sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche, le rappresentanze dei partiti dell’UMP del MoDem al Parlamento europeo hanno votato con entusiasmo a favore di un testo che il gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano) e il gruppo dell’Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l’Europa avevano emendato rigo per rigo, trasformandolo in un manifesto neoliberale. Ho votato contro questo testo, che è un insulto ai cittadini europei. I partiti UMP e MoDem si servono dello spauracchio di disavanzi non sostenibili per giustificare misure di austerità senza precedenti in tutta Europa dal 2011 e propongono di trasformare il Patto di stabilità in un patto di regresso sociale. Nel testo in esame, la destra arriva perfino a rifiutare la creazione di un’agenzia europea di rating pubblica, mentre le agenzie private speculano in modo incontrollato ai danni degli Stati della zona euro. Spesso si dimentica, però, che l’aumento del disavanzo è dovuto principalmente alla crisi, ai pacchetti di salvataggio delle banche e al fallimento delle politiche neoliberali. E oggi, la destra presenta il conto ai cittadini.

 
  
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  Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) Gli enormi disavanzi e i debiti che molti Stati membri dell’Unione europea devono affrontare costituiscono un grave problema, poiché hanno prodotto la crisi finanziaria in cui ci troviamo e che dobbiamo gestire. Le cause di simili aberrazioni finanziarie non sono però quelle identificate dal relatore. I bilanci statali sono stati deviati perché: a) nel corso di qualunque crisi, la spesa pubblica – spese sociali e per la crescita – aumenta; b) sono state salvate le banche d’affari; c) la concorrenza fiscale si è intensificata, provocando un’evidente riduzione dell’imposta sulle società negli ultimi vent’anni. La nostra analisi dei fatti è completamente diversa da quella presentata dal relatore che giudica i governi responsabili delle anomalie finanziarie.

 
  
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  George Sabin Cutaş (S&D), per iscritto. (RO) L’anno scorso il disavanzo di bilancio e il debito pubblico nella zona euro ammontavano rispettivamente al 6,3 per cento e al 78,7 per cento del prodotto interno lordo, un livello molto più alto di quello definito nel Patto di stabilità e crescita. L’attuale crisi ha messo in luce i limiti del Patto di stabilità e crescita, che si è rivelato uno strumento inadeguato ai fini dell’armonizzazione delle economie nazionali. Appoggio la revisione della PSC e la ricerca di meccanismi alternativi per ristabilire la convergenza delle economie all’interno dell’Unione europea. Sono favorevole anche alla creazione di un’agenzia europea di rating pubblica e a un coordinamento più stretto delle politiche monetarie e di bilancio degli Stati membri. Considero positiva la decisione di acquistare obbligazioni emesse dai governi della zona euro presa la scorsa settimana dalla Banca centrale europea. Ho deciso di votare contro la relazione finale sulla sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche poiché non include questi aspetti, che io considero fondamentali per garantire stabilità al mercato unico europeo e per mantenere lo stato sociale in Europa.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) In tempi come questi, in cui le finanze pubbliche di molti paesi devono affrontare gravi difficoltà, è di fondamentale importanza adottare misure politiche che riescano a generare stabilità economica e sociale e, ancora di più, misure che promuovano la crescita. Come per il disavanzo, il livello del debito pubblico deve essere analizzato e si devono adottare le migliori prassi, in modo da rendere possibile una stabilizzazione ed evitare di ripetere gli stessi errori in futuro. Giudico essenziale adottare criteri ragionevoli per un’economia in ripresa, poiché ogni Stato membro presenta condizioni molto diverse. Vorrei infine sottolineare la necessità di una politica tributaria concorrenziale che riguardi non soltanto l’Unione europea, ma anche gli investimenti da paesi terzi.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Come l’attuale crisi ha dimostrato, la sostenibilità delle finanze pubbliche, con il suo profondo impatto sullo sviluppo economico, sulla qualità della vita dei cittadini e sulla stabilità sociale, costituisce una condizione necessaria per la ripresa economica e per un solido sviluppo. Allo stesso modo, è diventata evidente anche l’inadeguatezza del Patto di stabilità e crescita. Vorrei riaffermare la necessità di rafforzare i meccanismi delle istituzioni europee, prevedendo un’integrazione e una coesione territoriale più forti, in modo da assicurare una più ampia capacità di intervento e di protezione per rispondere ai rischi e alle deviazioni dalla politica comune. Come evidenziato nella relazione, vi sono anche serie preoccupazioni sociali, nonché notevoli disparità nei redditi della popolazione: questa situazione compromette la produttività e la competitività economica e, a questo proposito, concordo sulla necessità di promuovere l’introduzione da parte degli Stati membri di riforme adeguate. Un’imposizione fiscale equa e una spesa pubblica efficiente sono fondamentali per il processo di ripresa economica e per la coesione sociale. Ridurre la povertà, garantire la coesione sociale e promuovere la crescita economica e la produttività sono priorità indiscutibili dell’Unione europea e verrebbero sicuramente favorite da una graduale riduzione della pressione fiscale sul lavoro e sulle piccole e medie imprese.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. (FR) Concordo con la relazione nel sostenere che sarà difficile per le generazioni future sopportare gli attuali livelli di debito pubblico e di disavanzo, che costituiscono un problema rilevante già oggi. Non condivido, però, le soluzioni proposte perché la relazione trascura le cause della recente impennata del debito e del disavanzo. Bisogna invece osservare che gli Stati membri, e dunque i cittadini e i contribuenti europei, si sono accollati i debiti privati delle banche e del settore finanziario, determinando tali aumenti dei disavanzi. Continueremo sempre a ribadire che le azioni intraprese attualmente dall’Unione europea e dall’Eurogruppo favoriscono esclusivamente quei mercati che voi ritenete razionali ed efficienti, ma che perdono stabilità appena il disavanzo aumenta troppo e perché temono che le misure adottate per ridurre il deficit possano ostacolare una specie di ripresa economica. Si sono rimpinguati facendosi pagare caro il rischio che si sono assunti con il debito greco che avete appena eliminato con le ultime misure. Hanno vinto su tutti i fronti, aumentando ulteriormente i propri profitti, senza minimamente preoccuparsi delle conseguenze per l’economia reale e per le persone.

 
  
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  Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. (FR) Sono stata costretta a votare contro la relazione del mio collega, l’onorevole Hoang Ngoc, poiché la destra europea e i liberali l’hanno emendata in maniera tale da privarla della sua essenza, difendendo unicamente un rispetto dogmatico del Patto di stabilità e delle politiche di austerità. La politica di bilancio non è un obiettivo di per sé, ma uno strumento che risponde a precisi obiettivi politici. Non dobbiamo considerare l’austerità come una priorità o stroncheremo sul nascere quel poco di crescita che abbiamo; ci serve, piuttosto, una logica di aumento dell’occupazione, che dobbiamo difendere. Per questo, dobbiamo fornire all’Unione europea i mezzi per agire, ovvero gli strumenti adeguati per guidare l’economia, oltre a quelli, già disponibili ma inadeguati, del Patto di stabilità.

 
  
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  Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. (FR) Questo documento testimonia il desiderio di creare un sistema di ridistribuzione che vada a vantaggio di tutta la società. Le proposte positive si riferiscono alle politiche migratorie e al rifiuto dei tagli indiscriminati agli investimenti pubblici in nome della crisi. Le proposte specifiche, però, seguono invece la logica inversa.

Aumento dell’età pensionabile, legittimazione del Patto di stabilità e crescita come una soluzione alla crisi – benché ne sia chiaramente una causa – congratulazioni alla Banca centrale europea per il salvataggio del settore bancario e sostegno a un’economia sociale basata su un mercato sostenibile e competitivo: la relazione cita ripetutamente tutti questi dogmi neoliberali. La crisi non fa differenze: l’Europa è accecata dal proprio dogmatismo e sorda alle richieste dei cittadini. Per questo ho votato contro la relazione.

 
  
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  Claudio Morganti (EFD), per iscritto. − Signor Presidente, la crisi economico-finanziaria mondiale sta riversandosi in maniera preoccupante sulla sostenibilità dei bilanci nazionali, tuttavia, la relazione al giudizio della nostra assemblea contiene passaggi che non mi permettono di esprimere un voto favorevole.

Innanzitutto, il paragrafo 59 sostiene che l'uscita dalla crisi possa essere agevolata attraverso l'allargamento della base occupazionale e propone l'adozione di politiche favorevoli all´immigrazione dai paesi extracomunitari che conducano, addirittura, alla concessione della cittadinanza. Da un lato il testo confonde indebitamente il tema economico con quello delle politiche migratorie, non considerando, tra l'altro, il già elevato tasso di disoccupazione.

Dall'altro lato, non ritengo l'Europa debba favorire la concessione della cittadinanza. Alcuni emendamenti proposti, poi, chiedono la creazione di una tassa sulle transazioni finanziarie e di un'agenzia europea di rating. Una migliore regolamentazione dei mercati finanziari non può certo raggiungersi con l'introduzione di una nuova tassa.

Quanto, infine, alla creazione di un'agenzia di rating pubblica, la proposta di emendamento non coglie nel segno, giacché la migliore tutela dell´affidamento degli investitori si concretizza attraverso la garanzia dell'imparzialità e dell'indipendenza delle agenzie di rating, non con la loro soggezione ad influenze di tipo politico.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Sono profondamente rammaricato che la destra, alla fine, sia riuscita a “sequestrare” questa relazione sulle finanze pubbliche e a cambiare completamente il suo obiettivo principale, trasformandola in una relazione estremamente neoliberale. Appoggio la decisione del relatore, l’onorevole Hoang Ngoc, di ritirare il proprio nome dalla relazione.

 
  
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  Marc Tarabella (S&D), per iscritto. – (FR) E’ inaccettabile che la relazione in esame sia stata approvata dai gruppi di maggioranza, ilhttp://www.eppgroup.eu/home/it/default.asp?lg1=it" \t "_blank" e http://www.alde.eu/it" \t "_blank" al Parlamento europeo. Per questo motivo, in linea con il nostro relatore, l’onorevole Hoang Ngoc, il gruppo dell’Alleanza progressista dei Socialisti e Democratici al Parlamento europeo ha votato contro la relazione. Come si può chiedere ai nostri cittadini di pagare per una crisi di cui sono responsabili in massima parte le banche e gli speculatori? Le misure promosse dai gruppi PPE e ALDE, ossia il rapido consolidamento delle finanze pubbliche, i tagli alla spesa pubblica, in particolare alle pensioni e all’assistenza sanitaria, e l’attuazione incondizionata del Patto di stabilità e crescita avranno conseguenze a lungo termine devastanti sulle nostre società. Andremo incontro al disastro se non introdurremo una tassa sulle operazioni finanziarie, come proposto dall’onorevole Hoang Ngoc, e se non avvieremo misure di ripresa attuabili. Non mettiamo in ginocchio i cittadini europei.

 
  
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  Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. (PT) L’obiettivo principale della relazione era di analizzare la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche comunitarie, tenendo conto in particolare della ripresa economica. Questa discussione in plenaria non avrebbe potuto capitare in un momento più opportuno, considerata l’intesa in materia economica e finanziaria senza precedenti raggiunta la scorsa settimana dai leader europei. Da un lato, il pacchetto di misure adottate dà prova di forte solidarietà, soprattutto viste la concessione degli aiuti alla Grecia, la rapida ristrutturazione delle finanze pubbliche degli Stati membri e la creazione di un meccanismo di stabilizzazione finanziaria. Queste misure lasciano comunque presagire un periodo di sacrifici che interesserà tutti i cittadini europei, sacrifici che devono essere distribuiti in modo imparziale ed equilibrato. E’ tempo di prendere decisioni coraggiose a livello nazionale, con una prospettiva a lungo termine e senza espedienti. I conti pubblici si pareggiano con il taglio della spesa, con l’aumento delle entrate o con entrambi contemporaneamente.

In periodi di recessione economica, non disponiamo di valide alternative alla diminuzione della spesa pubblica, al taglio delle spese e all’ottimizzazione del sistema statale. Dopo numerosi emendamenti, il contenuto finale di questa proposta di risoluzione si concentra su alcune di queste sfide e per questo ho votato a favore.

 
  
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  Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto. (LT) Onorevoli colleghi, nel 2009 la Lituania e alcuni Stati membri confinanti si sono trovati in condizioni gravissime. Forse non siamo ancora in mano agli sciacalli, ma non ci sentiamo ancora al sicuro: il PIL della Lituania è crollato del 4,1 per cento a trimestre fino al primo trimestre del 2010. Molti lituani si rendono conto che la dolorosa necessità di cui sono vittima e l’adozione di misure drastiche non cesseranno nel breve periodo. La sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche è essenziale per ottenere stabilità e crescita e la soluzione è ridurre il disavanzo di bilancio. Nella relazione si descrive come un alto tasso di indebitamento e di disavanzo stia mettendo in pericolo la sostenibilità e l’impatto disastroso che potrebbe avere sull’occupazione, sul sistema sanitario e sulle pensioni. Non possiamo prendere una decisione leggera: l’aumento del disavanzo pubblico sta diventando un impegno troppo oneroso per le generazioni future. La stabilità finanziaria è fondamentale per la ripresa delle economie della Lituania e dell’Europa. Approvo le misure discusse questa settimana e le proposte relative al comitato europeo per il rischio sistemico e al sistema europeo delle autorità di vigilanza finanziaria. Oggi più che mai abbiamo bisogno di un coordinamento equilibrato dei mercati e dei fondi hedge e di una vigilanza più rigorosa. Dobbiamo rispettare gli impegni presi a livello internazionale nonché riconquistare la fiducia del pubblico e ristabilire la fiducia nell’economia dei nostri paesi. Potremo raggiungere questi obiettivi solo garantendo la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche, comunicando in modo diretto ed con trasparenza tutte le nostre azioni.

 
  
  

Relazione Cortés Lastra (A7-0129/2010)

 
  
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  Sophie Auconie (PPE), per iscritto. (FR) La relazione sul contributo della politica di coesione al raggiungimento degli obiettivi di Lisbona e di UE 2020 è fondamentale poiché chiarisce la portata e l’importanza di questa politica per il futuro dell’Unione. I Fondi strutturali, che garantiscono la coesione dei territori europei e finanziano l’innovazione, contribuiscono alla realizzazione di iniziative che generano crescita nelle regioni. Sono convinta che la politica di coesione si rivelerà uno strumento essenziale per il raggiungimento degli obiettivi di UE 2020 e per questo ho votato a favore della relazione.

 
  
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  Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. − Onorevoli colleghi, le difficoltà che l’eterogeneità politica, sociale ed economica inscritta nel patrimonio europeo quale tratto di un grande, ma ancora disomogeneo, territorio, ha da sempre messo in evidenza, si sono tradotte, a partire dagli anni 80 nell’ elaborazione della politica di coesione . Ciclicamente, con il passaggio da un periodo di programmazione ad un altro, l’ Europa si è confrontata con la necessità di aggiornare i propri obiettivi in tema di coesione. Lo ha fatto rinnovandosi sia sul fronte dei mezzi, dove i fondi strutturali sono stati, sono e continueranno ad essere l’imprescindibile base finanziaria di ogni politica comunitaria protesa ad aumentare il grado di coesione interno, che sul fronte dei fini verso i quali i vari obiettivi e le singole azioni sono state costantemente riorientati in funzione delle istanze poste dalla contigenza. Sono favorevole alla relazione d’ Iniziativa del collega Lastra: la strategia UE2020 deve entrare a far parte degli obiettivi della politica di coesione per il periodo 23007-2013, trovando sostegno nell’ obiettivo di coesione territoriale nonchè nella concretezza di una concertazione degli obiettivi a livello locale. Solo così si eviterà il pericolo che, come la Strategia di Lisbona, la Strategia UE 2020 si risolva nell’autocelebrazione dell’eurocrazia.

 
  
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  Alain Cadec (PPE), per iscritto. (FR) I Fondi strutturali rivestono un ruolo fondamentale nella realizzazione della strategia UE 2020, poiché costituiscono un importante strumento di sviluppo economico per tutte le regioni europee. La relazione dell’onorevole Cortes Lastra rileva giustamente come la strategia di Lisbona abbia prodotto risultati concreti solo quando è stata associata alla politica di coesione. Condivido, pertanto, le raccomandazioni del relatore riguardo ai miglioramenti necessari al sistema di governance nella strategia UE 2020 rispetto alla strategia di Lisbona. E’ essenziale un maggiore coinvolgimento delle autorità locali e regionali e delle parti interessate della società civile nel quadro di una governance multilivello. Mi unisco al relatore nel sottolineare l’importanza dell’adozione di un approccio semplificato dell’uso dei Fondi strutturali nel prossimo quadro normativo. Dopotutto, la semplicità è fonte di efficienza.

 
  
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  Mário David (PPE), per iscritto. (PT) Sono pienamente favorevole alle proposte presentate nella relazione, che mirano a essere inserite nella politica di coesione per raggiungere gli obiettivi definiti nella strategia UE 2020. Il nuovo trattato di Lisbona rafforza il principio di coesione economica, sociale e territoriale: senza questa clausola, l’Europa stessa non avrebbe senso. L’obiettivo finale principale della politica di coesione è ridurre il divario tra i livelli di sviluppo economico delle diverse regioni e affrontare l’arretratezza strutturale delle regioni svantaggiate e ultraperiferiche. Nell’approccio alla strategia UE 2020, finalizzata alla promozione della crescita, della competitività e dell’occupazione, la politica di coesione può costituire uno strumento fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla strategia.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) L’obiettivo finale della politica di coesione è ridurre il divario tra i livelli di sviluppo economico delle diverse regioni destinando le risorse in particolare alla crescita e all’occupazione. La strategia UE 2020 presenta sfide importanti e ambiziose per l’Europa in cinque aree considerate strategiche: (i) occupazione; (ii) innovazione e ricerca; (iii) cambiamento climatico ed energia; (iv) istruzione, e (v) lotta alla povertà. Come ho detto, si tratta di una strategia ambiziosa e audace e concordo con il relatore sulla necessità della definizione di una strategia coerente con la futura politica di coesione, da attuare a livello locale e regionale, a differenza della strategia di Lisbona, alla luce della sua importanza fondamentale per lo sviluppo economico e la crescita nelle diverse regioni. Provengo da una regione del Portogallo i cui interessi e aspirazioni vengono spesso subordinati agli interessi del potere centralizzato; ritengo quindi, come ho già affermato pubblicamente, che l’attuazione a livello regionale degli obiettivi della strategia UE 2020 sia più indicata per ottenere uno sviluppo regionale di maggior equilibrio.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Con il progetto di sviluppo europeo dobbiamo fare ancora molta strada per raggiungere la coesione territoriale, fondamentale nella lotta alla povertà e all’esclusione sociale, nella promozione dell’occupazione e dello sviluppo sostenibile e nella coesione sociale. Sono convinto che le piccole e medie imprese svolgano un ruolo fondamentale nella buona riuscita della costruzione dell’Europa e appoggio quindi le raccomandazioni espresse nella relazione, come la necessità di semplificare le norme per accedere e gestire l’assegnazione dei fondi resi disponibili al fine di stimolarne l’uso e l’effettiva attuazione in tutto il territorio dell’Unione europea. Le regioni mettono in atto più di un terzo degli investimenti pubblici nell’Unione europea e tendono sempre più a canalizzare l’allocazione dei Fondi strutturali verso obiettivi incentrati sulla crescita e sull’occupazione. Esorto l’Unione europea ad adottare disposizioni immediate e concrete al fine di “soddisfare le esigenze speciali delle regioni caratterizzate da svantaggi naturali o demografici gravi o permanenti, come le regioni costiere, insulari, montane, transfrontaliere e ultraperiferiche”. Desidero anche ribadire che “l’istruzione e la formazione sono pre-requisiti fondamentali per lo sviluppo dell'UE e possono renderla più competitiva dinnanzi alle sfide globali”.

 
  
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  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Il relatore considera deplorevole il fatto che la strategia UE 2020 non comprenda una debita valutazione della strategia di Lisbona e noi condividiamo la sua opinione. Gli obiettivi fissati nella strategia di Lisbona (crescita economica, occupazione e coesione sociale) non sono stati raggiunti, ma anzi, la situazione in questi ambiti è peggiorata. Come abbiamo sempre ricordato, questa situazione è il risultato degli obiettivi della strategia di Lisbona, che non si possono certo definire poco ambiziosi, segnatamente liberalizzazioni, privatizzazioni e diritto del lavoro meno regolamentato e più flessibile. Decisioni, strumenti e obiettivi simili si ritrovano ora nella strategia UE 2020. Il relatore sostiene il completamento di un “mercato interno libero, aperto e funzionante”. Ebbene, è stato proprio questo mercato interno libero, aperto e funzionante una delle cause principali della povertà e dell’esclusione sociale europea e una minaccia per la coesione territoriale. Non accettiamo, quindi, l’allineamento della politica di coesione alla strategia UE 2020 a tutela del suo vero obiettivo: ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni e istituire una reale coesione economica sociale e territoriale.

 
  
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  Jarosław Kalinowski (PPE), per iscritto. (PL) L’obiettivo principale della politica di coesione è di ottenere un livello di sviluppo uniforme in tutte le regioni dell’Unione europea. Grazie ai programmi e alle strategie pluriennali messi in atto come parte di tale politica, le singole regioni, e in particolare le regioni più povere, hanno la possibilità di conseguire una prolungata crescita economica e maggiore competitività, nonché di creare occupazione. Oltre la metà degli investimenti nel settore pubblico vengono effettuati a livello regionale, e pertanto le autorità locali stanno diventando gli attori principali nella realizzazione dell’attuale strategia di Lisbona e della futura strategia UE 2020. Dobbiamo sostenere pienamente la realizzazione dei progetti previsti dalla politica di coesione, ricordando che i principali beneficiari saranno le zone rurali e che la promozione dell’autore di un approccio basato sui partenariati consentirà di informare i cittadini in modo efficiente sugli obiettivi e sui risultati dei progetti già avviati.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Mi sembra che stiamo destinando alle zone svantaggiate fondi che, alla fine, verranno spesi in regioni relativamente ricche. La politica di sovvenzionamento presenta problemi in tutta Europa: da una parte, i fondi vengono investiti nella ricostruzione di villaggi per evitare la scomparsa delle comunità rurali, dall’altra, i medesimi sforzi vengono neutralizzati dalla normativa sulle privatizzazioni e dalla deregolamentazione.

E’ inutile avere un villaggio perfetto se poi viene praticamente tagliato fuori dalla rete dei trasporti pubblici e l’ufficio postale è chiuso. Ho votato contro la relazione poiché non analizza sufficientemente nel dettaglio i problemi della politica di coesione.

 
  
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  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) La risoluzione in oggetto costituisce un documento importante poiché stabilisce la linea migliore per il coordinamento tra politica di coesione e strategia UE 2020. In un momento in cui si discute molto di come sarà la politica di coesione europea dopo il 2013, è fondamentale presentarla come uno strumento indispensabile per realizzare la strategia UE 2020, riaffermando il ruolo fondamentale delle politiche di coesione nell’attuazione del progetto originale di integrazione europea. La politica di coesione ha giocato una parte decisiva nella creazione di un migliore equilibrio tra le regioni europee ed è ora considerata indispensabile per la ripresa europea dall’attuale crisi finanziaria grazie all’aumento della competitività e alla valorizzazione delle potenzialità locali. In un momento in cui non si prevede una crescita nel bilancio dell’Unione europea e vi sono forti pressioni sui fondi della politica di coesione (circa il 45 per cento del bilancio totale dell’Unione europea), riteniamo che un buon coordinamento tra gli obiettivi della politica di coesione e della strategia UE 2020 sia essenziale per rafforzare la coesione e, al contempo, per ottenere una risposta positiva dalle regioni e dai cittadini alle sfide che l’Unione europea dovrà affrontare.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) E’ un vero peccato che la nostra alternativa alla risoluzione sulla politica di coesione e sulla strategia UE 2020 sia stata rigettata. Noi del gruppo Verts/ALE abbiamo pertanto deciso di astenerci dal voto finale sulla risoluzione Cortés Lastra.

 
  
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  Elisabeth Schroedter (Verts/ALE), per iscritto. (DE) Il relatore, l’onorevole Cortés Lastra, ha presentato una relazione in origine molto equilibrata sul rapporto tra politica di coesione e strategia UE 2020. Obiettivo della relazione era correggere l’ampio sistema di assegnazione specifica della politica di coesione adottato dalla prima Commissione Barroso. Ci si domandava, legittimamente, se la politica di coesione fosse uno strumento della strategia di Lisbona e della nuova strategia UE 2020 o se avesse un valore e un significato indipendenti. Il relatore aveva raggiunto un equilibrio tra questi due aspetti e dovremmo essergli grati per aver promosso l’indipendenza della politica di coesione. Noi abbiamo sostenuto il suo approccio, ma purtroppo gli emendamenti, presentati in gran parte dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano) hanno profondamente indebolito l’intento originale della relazione e noi del gruppo Verde/Alleanza libera europea ce ne rammarichiamo molto. Per questo, abbiamo presentato nuovamente la relazione in plenaria come risoluzione alternativa, in gran parte nella sua forma originale.

La nostra proposta non ha ricevuto la maggioranza dei voti e non è strano, considerato il voto in seno alla commissione. La nostra intenzione era di usare questa risoluzione alternativa per dimostrare che esiste una minoranza in Parlamento che avrebbe voluto riconoscere alle regioni maggiori diritti a uno sviluppo indipendente rispetto a quelli di cui godono attualmente con il modello di destinazione specifica dei Fondi strutturali.

 
  
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  Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. (PT) La politica di coesione è indispensabile per realizzare gli obiettivi della strategia UE 2020: promuovere l’istruzione, la formazione e la ricerca e creare occupazione e crescita economica. In seguito alle carenze della strategia di Lisbona relativamente all’obiettivo della coesione, tra cui la mancanza di consultazioni adeguate con il Parlamento europeo e la mancanza di partecipazione delle autorità locali e regionali, la relazione sottolinea l’importanza del contributo della politica di coesione al raggiungimento dei futuri obiettivi strategici. E’ indispensabile avanzare verso un maggiore senso di titolarità degli obiettivi della strategia da parte di enti e autorità locali e regionali.

Le regioni hanno un ruolo determinate come veicolo per raggiungere gli innumerevoli attori economici e sociali e soprattutto le piccole e medie imprese. Dato il suo approccio orizzontale, solo una politica di coesione solida e dotata di finanziamenti adeguati può promuovere lo sviluppo dell’Unione europea e renderla più competitiva dinnanzi alle sfide globali. La dimensione regionale europea va rafforzata con una strategia che tenga conto delle caratteristiche delle diverse regioni o dei gruppi di regioni, come quelle ultraperiferiche. Per questo considero la politica di coesione uno strumento indispensabile per la realizzazione degli obiettivi della strategia UE 2020 ed ho quindi votato a favore della relazione.

 
  
  

Relazione Peillon (A7-0133/2010)

 
  
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  Sophie Auconie (PPE), per iscritto. (FR) L’Unione per il Mediterraneo (UpM) è un progetto formidabile che richiede un forte impegno politico da parte del Parlamento europeo. Ho votato a favore di questa relazione, perché contiene tre idee di grande importanza: 1) la nuova architettura istituzionale deve diventare efficiente in tempi rapidi, in modo da rendere l’UpM operativa; 2) è indispensabile fornire adeguati finanziamenti per permettere all’UpM di raggiungere gli obiettivi prefissati e concretizzare in tal modo i propri sei grandi progetti strategici (disinquinamento del Mediterraneo, trasporti, energie rinnovabili, istruzione e ricerca, PMI, protezione civile); 3) il successo dell’UpM dipende dalla risoluzione dei conflitti regionali in seno al bacino del Mediterraneo.

 
  
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  Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. − Signor Presidente, l’Unione per il Mediterraneo è un progetto ambizioso che presenta alcuni aspetti indubbiamente positivi, soprattutto per quanto riguarda la possibilità futura di rafforzare, attraverso questa partnership politico-economica, gli strumenti di controllo dell’immigrazione e di contrasto dei flussi di clandestini che hanno interessato il Mediterraneo negli ultimi anni. L’Europa anche per questo può trarre benefici dalla prospettiva di un foro di dialogo con i paesi mediterranei, quasi sempre paesi di transito per la gran parte dei clandestini che raggiungono le coste del sud del continente.

Certo, il canale di dialogo che si aprirà non dovrà essere interpretato come strumento di facilitazione dei flussi, ma di regolazione e contrasto all’illegalità; saranno poi gli scambi economici, assieme ad una generale pacificazione dell’area mediorientale cui l’UpM dovrà sforzarsi di dare attivo contributo, a favorire la crescita sociale ed economica nei paesi di provenienza degli immigrati: l’Unione quindi, se costruita su solide basi politiche e con obiettivi ben precisi, potrà darci modo di aiutare a casa loro quelle persone che oggi in massa vorrebbero approdare sulle sponde delle coste europee meridionali. Auspicando che venga data maggiore importanza alla questione migratoria, nell’ambito dei prossimi vertici del’Unione per il Mediterraneo, voto favorevolmente.

 
  
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  Vito Bonsignore (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, con voto favorevole alla relazione Peillon abbiamo tutti riconosciuto che il bacino del Mediterraneo è un’area d’importanza cruciale e che, in un mondo multipolare e interdipendente, i grandi insiemi regionali integrati, quale quello del Mediterraneo, saranno meglio in grado di rispondere alle sfide sociali, culturali, economiche, ambientali, demografiche, politiche e di sicurezza.

Il Mediterraneo riunisce in colpo solo tutte queste sfide, che sono cruciali per la stabilità di tutta la regione e che richiedono un’azione sinergica e decisa.

Nel prossimo incontro a Barcellona, i Capi di Stato e di Governo Euromed si riuniranno nuovamente per una valutazione dei progressi fatti dall’Unione per il Mediterraneo.

Tre sono, a mio avviso, sono le considerazioni politiche che in quella circostanza debbano essere fatte:

a. la lentezza con cui si dà seguito alla costruzione dell’impianto istituzionale, a suo tempo deciso a Parigi, e la mancata valorizzazione della dimensione parlamentare rappresentata dall’APEM;

b. l’insufficienza delle risorse finanziarie e delle sinergie messe in campo; pur riconoscendo i progressi e il grande impegno concreto di alcuni dei nostri paesi, tra cui l’Italia, resta comunque timida la forza d’impatto complessiva dell’UpM per creare un’area di prosperità economica;

c. la difficoltà ad affrontare risolutamente questioni quali pace, stabilità e sicurezza, presupposto indispensabile per dare all’UpM una dimensione politica e una unità di intenti.

 
  
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  John Bufton (EFD), per iscritto. (EN) Siamo contrari all’Unione per il Mediterraneo, perché favorirebbe l’immigrazione di massa dai paesi poveri dell’Africa settentrionale, facilitando in questo modo l’ingresso in Europa degli operativi di Al-Qaeda presenti in quest’area per portare a termine attacchi terroristici. L’Unione europea sta peraltro concedendo al Marocco uno status economico privilegiato, nonostante questo paese occupi in modo violento la regione del Sahara occidentale sfruttandone le risorse.

 
  
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  Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) Per diventare una leva efficace per la costruzione della pace e della prosperità e per la promozione dei diritti umani, la cooperazione tra gli Stati membri e gli altri paesi del Mediterraneo deve basarsi sui principi di uguaglianza e di mutuo beneficio per le popolazioni che vivono in questa zona. La cooperazione deve contribuire a risolvere problemi internazionali e bilaterali nel rispetto della carta costituzionale delle Nazioni Unite e del diritto internazionale, ponendo particolare enfasi sulla necessità di una soluzione giusta e sostenibile per la Palestina, il Sahara occidentale e Cipro. Purtroppo, questi temi non vengono menzionati nella relazione in esame, così come vengono tralasciate le inaccettabili condizioni in cui migliaia di persone senza documenti di viaggio vengono trattenute sulle isole e nelle città del Mediterraneo, compromettendo la dignità umana di noi tutti. Perché ci possa essere reale cooperazione, è necessario rafforzare il processo di dialogo e di comprensione e tener conto delle asimmetrie della regione negli accordi commerciali, in modo da tutelare l’eguaglianza fra tutti gli Stati. Questa cooperazione deve rafforzare e promuovere gli scambi sociali e culturali e contribuire a definire politiche e azioni comuni a favore della tutela ambientale e della lotta al cambiamento climatico.

 
  
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  Anna Maria Corazza Bildt, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE), per iscritto. (SV) I conservatori svedesi oggi hanno votato contro la relazione A7-0133/2010 sull’Unione per il Mediterraneo [2009/2215(INI)] in ragione del fatto che non possiamo sostenere il contributo dell’Unione europea a progetti che rientrano nell’ambito di un’Unione per il Mediterraneo cui le nuove prospettive finanziarie per il periodo 2014-2020 allocano risorse significativamente più consistenti. E’ molto importante poter contare su una cooperazione costruttiva con i paesi del Mediterraneo, basata sui principi di parità di trattamento, solidarietà, dialogo e rispetto delle divergenze e dei tratti distintivi di ciascun paese. La cooperazione regionale con l’Unione europea in seno all’UpM non deve diventare un sostituto, come alcune potenze vorrebbero, dell’integrazione e dell’adesione all’UE. E’ fondamentale per l’Unione europea assumersi delle responsabilità e conservare la propria credibilità, il che comporta non promettere denaro destinato a vari scopi in assenza di un finanziamento sostenibile.

 
  
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  Mário David (PPE), per iscritto. (PT) A seguito della dichiarazione di Parigi del 13 luglio 2008, che ha istituito una nuova Unione per il Mediterraneo (UpM), il precedente processo di Barcellona avrebbe dovuto ricevere nuovo impulso, come indicato nella stessa dichiarazione: “rilanciare gli sforzi per trasformare il Mediterraneo in uno spazio di pace, democrazia, cooperazione e prosperità”. Il 2009, tuttavia, è stato un anno di profondi cambiamenti per l’Unione europea (nel corso dell’anno, infatti, ci sono state le elezioni europee per il Presidente della Commissione, l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, la lotta alla crisi economica e finanziaria, ecc.) che hanno rallentato l’attuazione dell’UpM. Ritengo che la relazione in esame identifichi correttamente i prossimi passi da compiere per raggiungere gli obiettivi stabiliti al momento dell’istituzione dell’Unione per il Mediterraneo. Attendo con trepidazione i risultati del secondo vertice dei capi di Stato e di governo, fissato per il 7 giugno prossimo a Barcellona. Il rafforzamento delle relazioni mediterranee dell’Unione è fondamentale e ritengo che solo il dialogo politico e una maggiore cooperazione tra l’Unione europea e gli altri paesi del Mediterraneo potranno stimolare la creazione di uno spazio di libertà, giustizia, pace e di prosperità sostenibile e duratura.

 
  
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  Proinsias De Rossa (S&D), per iscritto. (EN) Mi sono espresso a favore della relazione in esame sull’Unione per il Mediterraneo (UpM). L’Europa e il Mediterraneo condividono diverse sfide transfrontaliere che è possibile affrontare al meglio attraverso un processo di integrazione regionale, con istituzioni efficienti, in grado di superare i limiti della cooperazione bilaterale. Tali sfide si rivelano ancora più pesanti in un contesto di crisi ed è nell’interesse dell’Unione europea affrontare le crescenti disparità tra le due regioni, contribuendo così a costruire un futuro sostenibile e sicuro per le popolazioni del Mediterraneo. L’Unione europea e i governi nell’ambito dell’UpM devono considerare prioritarie la creazione delle sue istituzioni e l’attribuzione alle stesse di una strategia politica coerente che mantenga alla propria base la promozione della democrazia e il progresso dei diritti umani, diritti sociali inclusi. Se si intende perseguire tali obiettivi in modo efficiente, è necessario che i paesi confinanti del Medio Oriente siglino degli accordi di pace e questo implica la cessazione dell’assedio di Gaza e della politica di insediamento di Israele, nonché l’impegno da parte palestinese di porre fine ad atti di violenza e di perseverare nel programma di costruzione dello Stato, nel reciproco rispetto dei confini stabiliti nel 1967. Continuerò a oppormi a un approfondimento dell’accordo di associazione fra Unione europea e Israele fino a quando quest’ultimo non avrà rispettato i propri impegni in materia di diritti umani.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della relazione sull’Unione per il Mediterraneo (UpM) perché mira a un maggiore coinvolgimento del Parlamento europeo in questa iniziativa regionale. Se vogliamo che, dopo due anni di stentato decollo, il vertice previsto per giugno a Barcellona abbia successo, è essenziale che il contributo del Parlamento, in quanto i risultati del vertice rivestono enorme importanza per il futuro dell’UpM.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Qualunque osservatore imparziale dirà che il partenariato euromediterraneo non è progredito quanto si sarebbe potuto desiderare e che molto resta ancora da fare perché esso prenda davvero forma e acquisisca un contenuto reale e produttivo. Dal punto di vista storico, il Mar Mediterraneo è stato più un elemento di unione che di separazione. Le culture sorte nel suo bacino hanno rappresentato il nucleo di quella che è stata la civiltà occidentale ed entrambe le sponde hanno contribuito a forgiare identità chiaramente affini. Le guerre di religione hanno scavato un fosso laddove prima vi era un ponte che, per certi versi, continua a esistere. Mi auguro che l’Unione europea e i suoi partner procedano concretamente verso la promozione e la creazione di un partenariato euromediterraneo in grado di sconfiggere timori, differenze, sfiducie e di resistere saldamente nel tempo. Entrambe le sponde di quello che un tempo era il mare interno di una potente civiltà hanno tutto da guadagnare da un simile sviluppo.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) A fronte della precaria situazione sociale ed economica dei paesi meridionali, il rafforzamento delle relazioni con i paesi del Mediterraneo diventa sempre più importante. Ritengo vi sia l’impellente necessità di procedere in modo concreto ed efficace verso il consolidamento dell’Unione per il Mediterraneo e il rafforzamento delle relazioni euromediterranee, che sta diventando sempre più urgente a causa dell’impatto che certamente provocherà sul consolidamento di uno spazio di pace e di sviluppo culturale, economico, politico e sociale. Sottolineo, nondimeno, le preoccupazioni destate da situazioni legate ai diritti delle donne, alla parità di genere e alla discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale, settori in cui il rafforzamento dell’influenza europea potrebbe rappresentare un fattore di cambiamento positivo. D’altro canto, l’enorme potenziale delle fonti di energia rinnovabili presenti nella regione mediterranea rappresenta un esempio dei vantaggi di cui l’Unione europea potrebbe godere e che potrebbe sfruttare per attuare politiche di efficienza energetica, oltre ad estendere lo spazio economico europeo a 800 milioni di persone.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Siamo in netto disaccordo con le linee guida presentate nella relazione in esame, volte essenzialmente ad ampliare il dominio economico delle grandi imprese dell’Unione europea alla sponda meridionale del Mediterraneo, a ottenere l’accesso e il controllo delle risorse naturali, in particolar modo energetiche, a sfruttare la forza lavoro e a reprimere l’immigrazione. Sembra che la maggior parte dei deputati del Parlamento europeo viva sotto una campana di vetro, del tutto inconsapevoli delle conseguenze del cosiddetto “libero mercato”, perseverando in queste politiche e contribuendo così a peggiorare la situazione. In Portogallo, ad esempio, il settore tessile ha perso oltre 100 mila posti di lavoro a causa del fallimento di migliaia di aziende, dovute anche alla crescente concorrenza esterna.

Per questo dobbiamo interrompere questo percorso di progressiva liberalizzazione del commercio internazionale, che ha permesso attacchi ai diritti conquistati dai lavoratori e alla sovranità dei popoli, l’appropriazione da parte delle grandi multinazionali delle risorse naturali e della biodiversità, la distruzione dell’ambiente, l’aumento della disoccupazione, la rovina di milioni di piccoli agricoltori e la minaccia alla sovranità e alla sicurezza alimentari. Chiediamo di stabilire relazioni economiche eque e giuste, al servizio dei popoli e dei paesi di entrambe le regioni.

 
  
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  Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. (FR) Ho sostenuto la relazione redatta dal collega socialista francese, onorevole Peillon, perché l’Unione per il Mediterraneo (UpM) mira a favorire il processo di cooperazione euromediterranea attraverso misure strategiche precise, sia per l’Europa nel suo insieme sia per la regione mediterranea. In effetti l’integrazione regionale è fondamentale per la promozione della pace, una delle principali poste in gioco di questa cooperazione, ed era pertanto necessario rafforzarla. Ritengo che l’UpM sia uno strumento eccellente per intervenire con massima fermezza nei conflitti che perdurano in questa regione e per risolverli. Mi auguro che il futuro vertice di Barcellona rappresenti un successo, che gli Stati membri rilancino davvero l’UpM e che, dopo l’istituzione del segretariato a Barcellona, possano concretizzarsi una serie di progetti, nell’interesse di tutti.

 
  
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  Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. (FR) La relazione in esame ha certamente il merito di sottolineare l’urgenza di riconoscere due Stati – uno palestinese e l’altro israeliano – in grado di vivere in pace e sicurezza, e le va riconosciuto anche il merito di lottare per i diritti delle donne e contro le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale; le qualità del documento però non sono altre. Rappresenta infatti un pegno a favore degli attuali e dei potenziali investitori privati nella regione, come testimoniano le numerose ingiunzioni sulla tutela e sulla sicurezza finanziaria degli investimenti. La relazione sostiene altresì il processo di Barcellona e la creazione di una zona euromediterranea di libero scambio, in netto contrasto con gli obiettivi normativi che la situazione richiede.

Voto contro questa relazione. Ritengo che l’interesse dei cittadini europei e della regione mediterranea debba avere sempre la precedenza su quello dei finanziatori. Ai rappresentanti eletti spetta il compito di operare per il bene comune. Mi rammarico che gli autori di questa relazione non ne abbiano fatto la priorità.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) L’Unione per il Mediterraneo è vista da alcuni, in Europa, come un prestigioso progetto avviato da alcuni leader politici; io ritengo comunque che aumentare la cooperazione tra i paesi delle diverse sponde del Mediterraneo sia un fattore molto positivo. In particolar modo per quanto attiene al crescente flusso di immigrati provenienti dall’Africa, è essenziale che gli Stati della regione mediterranea si coordino in merito alle misure da adottare in risposta al problema. Le strutture dell’Unione per il Mediterraneo rappresentano lo strumento ideale per sostenere l’operato di Frontex e, soprattutto, per coinvolgere gli Stati africani in alcuni progetti atti a incoraggiare gli emigranti economici a rimanere in Africa.

I vari progetti previsti, come l’aumento degli scambi studenteschi e i numerosi programmi economici per promuovere il commercio tra l’Unione europea e gli Stati africani, sono anch’essi estremamente positivi, ma tali paesi non devono subire pressioni per accettare una zona di libero scambio, perché in questo modo si rischia di provocare gravi danni ai mercati locali e regionali. Benché, come appena detto, non concordi appieno con alcuni punti sollevati, ritengo che la relazione in esame sia equilibrata ed ho quindi votato a favore.

 
  
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  Wojciech Michał Olejniczak (S&D), per iscritto.(PL) Ho votato a favore della relazione sull’Unione per il Mediterraneo tenendo conto dello sviluppo costruttivo delle relazioni tra Unione europea e paesi terzi. Per rafforzare tale cooperazione, dobbiamo sostenere il processo di Barcellona, che ultimamente è stato meno attivo. Il vertice degli Stati dell’Unione per il Mediterraneo, fissato il 7 giugno 2010 a Barcellona, rappresenta l’opportunità perfetta per mettere in pratica le attuali dichiarazioni, in quanto l’Unione europea non può permettersi di perdere influenza in questa regione, cui è tradizionalmente legata. Bisogna utilizzare strutture istituzionali, come la copresidenza, per intensificare le misure volte a una maggiore integrazione delle società e delle economie delle due sponde del Mar Mediterraneo.

 
  
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  Robert Rochefort (ALDE), per iscritto. (FR) I capi di Stato e di governo delle due sponde del Mediterraneo si riuniranno a Barcellona il 7 giugno 2010. E’ fondamentale che questo appuntamento porti ad avanzamenti concreti, e mi riferisco in particolar modo alla creazione delle istituzioni dell’Unione per il Mediterraneo, ma anche ai progressi da realizzare nel settore economico e commerciale, in materia di occupazione, di riduzione della povertà, nelle questioni relative all’agricoltura, alla sicurezza alimentare, all’acqua o allo sviluppo rurale. E’ altresì essenziale dedicare all’Unione per il Mediterraneo maggiori risorse, fattore che rappresenterà il principale argomento delle prossime negoziazioni finanziarie per il periodo 2014-2020.

A tale proposito, ricordiamo che gli aiuti comunitari devono essere associati a fondi privati e coordinati con gli strumenti offerti dalla Banca europea per gli investimenti e con i fondi d’investimento come InfraMed. L’intensificazione degli scambi “sud-sud” e la creazione di una zona di libero scambio euromediterranea, inoltre, sono basilari per lo sviluppo economico e la riduzione della povertà nei paesi della sponda meridionale. Tali linee guida sono chiaramente indicate nella risoluzione sottoposta all’esame del Parlamento e pertanto mi sono espresso a suo favore.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Non ci sono state grosse sorprese negli emendamenti programmati dal GUE/NGL (sono stati tutti respinti) ad eccezione della prima parte dell’emendamento n. 6 (Sahara occidentale).

Ho votato a favore di tale emendamento, che sottolinea la responsabilità del Marocco nei casi di violazione dei diritti umani verificatesi nel Sahara occidentale.

Anche la seconda parte dell’emendamento n. 1 (che ha sottolineato la necessità di aumentare le finanze dell’UpM) programmata dall’onorevole Brok, è stata rigettata.

Abbiamo votato a favore della relazione nel suo insieme (adottata da un’ampia maggioranza).

 
  
  

Relazione Kirilov (A7-0123/2010)

 
  
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  George Sabin Cutaş (S&D), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della risoluzione sull’esigenza di una strategia UE per il Caucaso meridionale, una regione che riveste un’importanza strategica per l’Unione europea. L’UE può e deve aiutare questa regione in difficoltà a svilupparsi da un punto di vista economico e commerciale. Possiamo utilizzare la politica commerciale per promuovere il rispetto dei diritti umani, la sicurezza energetica, la democrazia e il buon governo. Anche nella mia veste di relatore virtuale di questa relazione per il mio gruppo politico, sollecito la stipula di accordi di libero scambio con Georgia, Armenia e Azerbaigian. Ritengo che questi accordi porteranno allo sviluppo economico della regione stimolando gli investimenti e creando nuovi posti di lavoro, riducendo in questo modo povertà.

 
  
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  Mário David (PPE), per iscritto. (PT) Sono assolutamente concorde con quanto espresso in questa relazione, poiché, dopo la dichiarazione congiunta del vertice di Praga sul partenariato orientale, l’Unione europea deve rafforzare i propri partenariati con i paesi dell’Est e, in particolar modo, con i tre Stati del Caucaso meridionale, tramite una strategia chiara e ben definita. Il mantenimento della pace, la stabilizzazione delle frontiere e la risoluzione delle relative dispute, i progressi in materia di democratizzazione, stato di diritto e promozione della cooperazione regionale sono fondamentali per lo sviluppo di questa regione. E’ per questo che l’Unione europea deve caratterizzare la propria azione incoraggiando lo sviluppo sostenibile, incentrato sui principi di buon governo e di assoluto rispetto dei diritti umani, e attraverso le politiche di buon vicinato, che dovranno mirare alla coesistenza pacifica dei paesi della regione con i propri vicini. A tale proposito, vorrei evidenziare l’importante ruolo che sarà chiamata a svolgere l’Assemblea parlamentare Euronest. L’importanza geostrategica di questa regione, in particolare per quanto attiene all’approvvigionamento e al trasporto di materie prime tra Oriente e Occidente, va presa in grande considerazione nella definizione di futuri accordi tra l’Unione europea e i paesi della regione.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Il recente conflitto tra Russia e Georgia, paese che ha dichiarato di voler entrare nell’Unione europea e di condividerne gli ideali, evidenzia l’urgenza di definire una strategia per la regione del Caucaso meridionale. Storicamente afflitta da sanguinosi conflitti e nettamente inclusa nella sfera d’influenza russa, questa regione sta compiendo timidi passi verso la stabilizzazione. Permangono, tuttavia, potenziali focolai di conflitto che devono essere trattati con la massima attenzione e serietà, come mostrano chiaramente i rapporti tesi tra Armenia e Azerbaigian. Spero che l’Unione europea approfondirà la propria conoscenza della regione e contribuirà alla pace e al progresso tra i popoli del Caucaso meridionale, nonché all’adozione e al rispetto generalizzato di libertà, democrazia, diritti fondamentali e stato di diritto.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) La politica di allargamento e rafforzamento delle relazioni commerciali, politiche e culturali dell’Unione europea con paesi terzi sottolinea l’importanza strategica dei paesi del Caucaso meridionale: Armenia, Azerbaigian e Georgia. Considerando l’ubicazione strategica di questi paesi, confinanti con Stati potenti come Russia, Turchia e Iran, l’Unione europea può e deve far valere la propria influenza e collaborare per la pace e la sicurezza nella regione. Questi elementi sono fondamentali per garantire le condizioni migliori per lo sviluppo economico, culturale e sociale, nonché per la democratizzazione di questa regione, che comprende fra l’altro il Mar Nero e il Mar Caspio. Il processo di approfondimento delle relazioni volto a integrare tali paesi nell’Unione europea contribuirà sicuramente a migliorare i livelli di giustizia, libertà e progresso umano. Sostengo l’importanza di una strategia di sviluppo dei mercati energetici per l’Unione europea, così come indicato nella relazione in esame.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Questa relazione sulla necessità di una strategia dell’UE per il Caucaso meridionale non è altro che l’ulteriore presentazione di una visione ristretta e completamente incentrata sul conflitto del 2008 tra Russia e Georgia e sulle questioni territoriali relative alla sovranità della prima sull’Ossezia del Sud e l’Abkhazia, finalizzata a nascondere gli interessi europei economici e geopolitici in questa regione.

Come dichiara lo stesso relatore, il problema reale è che questi tre paesi caucasici sono fondamentali per il “transito delle risorse energetiche”, per l’“approvvigionamento energetico dell’UE” – dal quale l’UE dipende – e per gli accordi di “libero scambio” volti a rendere “più attraente l’economia per gli investitori stranieri”.

Sulla base di questi interessi dobbiamo leggere l’implicito sostegno al rilancio della corsa agli armamenti e alla scalata militarista dell’area. L’Unione europea prende parte a questo processo in un braccio di ferro tra Stati Uniti, NATO e Russia. La maggioranza del Parlamento è parte di quest’ipocrisia: esso si erge a paladino in difesa della sovranità e dell’integrità territoriale degli Stati quando si parla di Georgia, ma ha promosso, sostenuto e continua a sostenere il processo di secessione del Kosovo dalla Serbia.

 
  
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  Jaromír Kohlíček (GUE/NGL), per iscritto. (CS) Il Caucaso meridionale è una zona interessante, costante oggetto di discussione in Europa da ormai duemila anni. Per tutto questo tempo, in quest’area si sono scontrati gli interessi di Russia, Iran e Turchia. Il profilo irregolare del territorio e la ricca storia di questa regione sono indice della sua enorme complessità etnica e religiosa. Ora anche l’Unione europea ha scoperto questa regione ed è davvero fantastico come l’onorevole Tagliavini sia giunta a una conoscenza accurata dell’intera zona, dei contesti storici e attuali, basandosi solo sui negoziati con la Georgia. Non posso che inchinarmi innanzi a cotanta capacità. E’ lodevole che gli autori di una relazione sulla necessità di sviluppare una nuova strategia europea per il Caucaso meridionale abbiano tenuto conto di un’organizzazione come l’OSCE. Al contempo però non hanno notato apparentemente le relazioni tra i paesi di quest’area e l’Iran, o le precise intenzioni della Turchia sulla regione. Gli autori hanno decisamente scordato la “gloriosa” dichiarazione dello Stato indipendente del Kosovo, e i loro palesi attacchi alla Russia e il rifiuto delle elezioni locali in Abkhazia e in Ossezia meridionale contengono l’espressione “autorità de facto dei territori occupati”. Questo mi riporta alla mente l’esito della missione di un certo Lord Runciman nella Repubblica cecoslovacca prebellica. Ritengo comunque che, in un prossimo futuro, sarà possibile che i membri coinvolti amplino la propria conoscenza di questa regione dell’Europa, migliorando l’equilibrio della prossima seduta. Per queste motivazioni, il gruppo GUE/NGL si asterrà dalla votazione finale sulla risoluzione.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Purtroppo questa relazione sulla necessità di una strategia UE non è equilibrata e ho già avuto modo di segnalarlo in seno alla commissione per gli affari esteri. Benché la commissione abbia tenuto conto di alcuni miei emendamenti, ritengo ancora che la relazione vada nella direzione sbagliata: anziché assumere un atteggiamento neutro ed equilibrato sulla gestione della Georgia, essa riprende le espressioni usate dalla politica estera statunitense, che mira a indebolire e isolare la Russia. Per quanto attiene ai rapporti con l’Armenia e, soprattutto, alla situazione nel Nagorno-Karabakh, l’Unione europea ha cambiato la propria posizione, una scelta del tutto incomprensibile che deve essere condannata. A quanto pare il relatore non si è mai recato sul posto e non ha quindi potuto farsi un’idea personale della situazione. Per questi motivi ho votato contro la relazione Kirilov.

 
  
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  Rareş-Lucian Niculescu (PPE), per iscritto. (RO) Ho votato contro l’emendamento n. 7 perché ha eliminato una parte essenziale del testo della relazione, dove il Parlamento invita la Russia a rispettare la sovranità, l’integrità territoriale e l’inviolabilità dei confini internazionalmente riconosciuti della Repubblica della Georgia. La relazione condanna il riconoscimento da parte della Federazione russa dell’indipendenza delle regioni separatiste georgiane dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia in quanto contrario al diritto internazionale. Assumere una posizione ferma in tal senso eviterà di creare simili precedenti per il futuro.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Sono lieto che tutte le nostre proposte siano state accolte in seno alla commissione per gli affari esteri e che anche gli emendamenti proposti da S&D, PPE e Verdi siano stati adottati. La votazione finale, che ha avuto esito positivo, è stata molto semplice per noi.

 
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