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Procedura : 2010/2665(RSP)
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Testi presentati :

RC-B7-0278/2010

Discussioni :

PV 20/05/2010 - 12.2
CRE 20/05/2010 - 12.2

Votazioni :

PV 20/05/2010 - 13.2

Testi approvati :

P7_TA(2010)0195

Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 20 maggio 2010 - Strasburgo Edizione GU

12.2. Situazione in Tailandia
Video degli interventi
Processo verbale
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  Presidente. – Il prossimo punto all’ordine del giorno reca le sei proposte di risoluzione sulla situazione in Thailandia(1).

 
  
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  Marietje Schaake, autore.(EN) Signora Presidente, la Thailandia sta attraversando un periodo di crisi con violenti scontri tra i manifestanti delle “camicie rosse” da un lato, e l'esercito appoggiato dal movimento delle “camicie gialle”, dall’altro lato. Circa 80 persone hanno già perso la vita negli scontri e il conto dei feriti ha quasi raggiunto quota 2 000. La democrazia è minacciata ed è stato dichiarato lo stato d’emergenza, che ha portato, come conseguenza, alla censura.

I mezzi di comunicazione, quali emittenti televisive e radiofoniche e siti Internet sono stati bloccati. E' di vitale importanza fermare la violenza e invitiamo tutte le parti coinvolte a dar prova della massima autodisciplina. Anche nel processo per restaurare la calma, lo stato di emergenza non deve essere sfruttato come giustificazione per restrizioni sproporzionate dei diritti fondamentali e delle libertà individuali. E’ necessario abolire la censura e ripristinare la libertà dei media e la libertà di espressione; si tratta di valori importanti per il Parlamento europeo e per le strette relazioni che intrattiene con la Thailandia.

 
  
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  Cristian Dan Preda, autore.(RO) La situazione in Thailandia è ormai alla ribalta delle cronache dall’inizio di aprile e ormai tutti sappiamo bene che questo paese sta vivendo un periodo di violenza politica senza precedenti nell'ultimo decennio. Vorrei esprimere la mia solidarietà alle famiglie delle vittime degli scontri per le strade. Ci troviamo di fronte a quello che definirei un confronto convenzionale tra libertà di espressione e di associazione da un lato, e la necessità del governo di mantenere l’ordine pubblico, dall’altro lato. Gli eventi si sono susseguiti molto rapidamente negli ultimi giorni e nelle ultime ore; a Bangkok sembra essere tornata relativamente la calma, anche se la scorsa notte la capitale era in fiamme dopo l’intervento delle forze governative.

Speriamo si possa evitare una nuova spirale di violenza, ma, per esserne sicuri, abbiamo bisogno di moderazione perché non è possibile imporre la democrazia attraverso la violenza. Il governo thailandese deve attuare la roadmap che ha presentato il 3 maggio e credo che indagini approfondite sui recenti eventi e la punizione dei colpevoli siano misure necessarie al fine di garantire la riconciliazione del paese.

 
  
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  Véronique De Keyser, autore.(FR) Signora Presidente, le manifestazioni delle “camicie rosse” sono state soffocate nel sangue. Ci tengo a precisarlo perché, senza voler gettare altra benzina sul fuoco, esiste una procedura d’urgenza al Parlamento europeo secondo la quale abbiamo il dovere di appianare le crisi e cercare soluzioni piuttosto che accendere ancora di più la violenza. Innanzi tutto, ogni cittadino ha il legittimo diritto di ottenere elezioni libere e giuste; è un diritto innegabile che deve essere garantito anche a tutti i cittadini thailandesi. Questa possibilità era stata avanzata dal Primo ministro Vejjajiva, ma le “camicie rosse” l’hanno poi rifiutata. Ma ritorneremo presto su questo punto.

In secondo luogo, condanno fermamente l’uso di armi da fuoco contro i manifestanti e la brutale repressione messa in atto negli ultimi giorni che, secondo fonti ufficiali, ha causato almeno 12 vittime, tra cui un giornalista italiano, e numerosi feriti. E’ giunto il momento di porre fine alla violenza ormai diffusa in tutto il paese.

Con la mia condanna non voglio schierarmi dalla parte di nessuno, ma invito il governo thailandese a dare la priorità a una soluzione negoziata, per garantire che il dichiarato stato di emergenza non pregiudichi le liberta individuali o la liberà di espressione – situazione che inasprirebbe solamente le tensioni – e suggerisco di prendere in particolare considerazione un ritorno alle urne.

Con i recenti tumulti si corre il rischio di dividere il paese: il nord-est, area rurale di cultura laotiana, dove si verrebbe a creare una forte opposizione, quasi di carattere insurrezionale, contro le zone centrali, Bangkok e il sud del paese, capisaldi democratici. Questa situazione potrebbe portare alla nascita di movimenti simili al terrorismo che colpiscono la cosiddetta burocrazia e le elite, considerate le fondamenta del potere.

E’ assolutamente fondamentale indire nuove elezioni, avviare i negoziati e porre fine alla violenza, pur preservando intatte le libertà. Sono parole forse troppo semplici e anche un po’ ingenue se riferite all’attuale clima di violenza, ma questa risoluzione parlamentare è stata appositamente scelta per evitare qualsiasi esplosione di violenza in Thailandia e per lasciare spazio al dialogo. Queste però non significa che possiamo fare a meno di invitare tutte le parti alla ricercare la democrazia.

 
  
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  Barbara Lochbihler, autore.(DE) Signora Presidente, le immagini di rabbia, violenza e distruzione che ci sono giunte da Bangkok sono ancora molto vivide nella nostra memoria. Anche se la nostra attenzione si è in un certo senso spostata dalla drammatica situazione della capitale thailandese, il rischio di nuovi scoppi di violenza rimane comunque molto alto. I brutali scontri tra le cosiddette “camicie rosse” e il governo, appoggiato dall’esercito, hanno già causato oltre 70 vittime e circa 2 000 feriti. Il governo ha annunciato che indagherà più a fondo in queste morti, includendo nell’indagine anche quelle degli ultimi giorni.

E’ importante analizzare le principali cause alla base delle ripetute proteste e degli scontri per trovare una soluzione politica praticabile. Parte della popolazione thailandese vive in una situazione di grande svantaggio e di esclusione; si tratta di persone molto critiche rispetto al trattamento ingiusto che ricevono e alla mancanza di diritti e che lottano contro il loro standard di vita relativamente basso. Altri fattori scatenanti sono l'ampia e diffusa corruzione nella leadership politica, così come tra le persone che rivestono posizioni di responsabilità all’interno della società civile. Si tratta di problemi strutturali che devono essere affrontati e risolti, se si vuole trovare una soluzione duratura e non solo una semplice tregua.

Invitiamo tutte le parti coinvolte nel conflitto ad assumere un ruolo costruttivo e di peso nella ricerca di una soluzione a questa grave crisi. Entrambe le parti devono comunque impiegare solamente strumenti pacifici e democratici per raggiungere l’obiettivo prefissato e, per questo, hanno bisogno del sostegno dell’Unione europea.

 
  
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  Marie-Christine Vergiat, autore.(FR) signora Presidente, ormai da alcune settimane il movimento popolare delle “camicie rosse" sta manifestando a Bangkok richiedendo il rispetto della democrazia. Dobbiamo ricordare che, benché il Presidente sia salito al potere solamente nel dicembre 2008, l’attuale governo è pur sempre il risultato di un colpo di Stato militare avvenuto nel settembre 2006.

Che cosa chiedono le “camicie rosse”? Le dimissioni del Primo ministro, lo scioglimento del parlamento, elezioni anticipate: in una parola, democrazia. Il 4 maggio 2010, il Primo ministro thailandese ha annunciato un piano di riconciliazione sulla base delle famose elezioni anticipate, ma l’omicidio del generale Khattiya, comandante delle “camicie rosse”, il 13 maggio ha segnato la brusca fine dei negoziati.

In questo contesto abbiamo redatto la risoluzione che vi presentiamo oggi. Proprio ieri è intervenuto l’esercito, causando alcune vittime tra cui un giornalista italiano. Per noi è essenziale che la risoluzione che stiamo per votare tenga in debita considerazione questi fatti, soprattutto visto che i principali leader del movimento delle “camicie rosse” si sono arresi immediatamente, invitando la popolazione a mantenere la calma.

In realtà, si tratta di una questione di successione al trono, anche se il re è rimasto però stranamente silenzioso. Dobbiamo veicolare il messaggio che non si può imporre la democrazia con la forza e non è accettabile soffocare le manifestazioni dando ordine all’esercito di sparare a vista. La risoluzione non è una condanna alla violenza, ma nemmeno si schiera a suo favore. I cittadini thailandesi hanno diritto alla democrazia e dobbiamo fare tutto il possibile per evitare un colpo di Stato.

 
  
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  Adam Bielan, autore.(PL) La Thailandia, un paese che, sino a poco tempo fa, era considerato un caposaldo di democrazia e stabilità nel sud-est asiatico, è stata invece recentemente teatri degli eventi più drammatici degli ultimi cinquant’anni.

Gli scontri continuano tra sostenitori dell’ex Primo ministro Thaksin Shinawatra, ribattezzati “camicie rosse”, e il governo appoggiato dall’esercito. Vi sono state oltre 60 vittime, tra cui anche cittadini stranieri, e circa 2 000 feriti; anche la capitale, Bangkok, ha riportato notevoli danni.

Le famiglie delle vittime meritano ovviamente tutto il nostro sostegno, cordoglio e solidarietà, ma dobbiamo essere consapevoli del fatto che la Thailandia, in quanto nazione, è attualmente molto divisa. I diritti umani, quali le libertà di associazione o di parola, sono notevolmente limitati e sarà molto difficile trovare una soluzione pacifica al conflitto attraverso strumenti politici.

Si rende quindi necessaria la pressione internazionale, inclusa dell’Unione europea, verso entrambe le parti coinvolte nel conflitto, affinché riprendano il dialogo e cerchino di risolvere lo scontro con mezzi politici e non con la violenza.

 
  
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  Thomas Mann, a nome del gruppo PPE.(DE) Signora Presidente, negli scontri avvenuti per le strade, simili a una vera guerra civile, 75 persone hanno perso la vita e oltre 1 800 sono rimaste ferite solamente nell’ultima settimana. A seguito di un pesante intervento militare, i leader dei manifestanti si sono arresi, ma la situazione a Bangkok continua ugualmente a peggiorare. Ho ricevuto telefonate in merito ieri e oggi: sinora, alcune aree della capitale non sono state colpite dagli scontri, ma la situazione sta cambiando. Anche nel nord-est del paese lo scenario è piuttosto confuso e le drammatiche immagini che ci giungono trasmettono un messaggio chiaro: indipendentemente dalla “camicia” che si indossa, sia essa rossa, nera, gialla o verde, la violenza deve terminare e non bisogna permettere che la situazione peggiori ulteriormente.

Il gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano) ha assunto una posizione molto ferma: Non vi sono alternative a un dialogo oggettivo. Tutti gli accadimenti recenti devono essere indagati da una commissione indipendente e accogliamo con favore la proposta di anticipare le elezioni. Commissario Tajani, l’Unione europea deve giocare un ruolo attivo e intervenire come mediatore. Abbiamo a disposizione gli strumenti diplomatici adatti per interrompere la spirale di violenza e avviare il processo finalizzato a un dialogo costruttivo. Commissario Tajani, dobbiamo agire perché la Thailandia è al momento scossa alle radici.

 
  
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  Corina Creţu, a nome del gruppo S&D.(RO) Vorrei esprimere la mia solidarietà alle famiglie thailandesi colpite dallo scoppio di violenza a Bangkok. La situazione è ancora più allarmante poiché non vi sono reali prospettive di risoluzione del conflitto interno. Le rappresaglie per le strade della capitale, che hanno causato decine di vittime e centinaia di feriti, non sono in alcun modo accettabili come soluzione ai problemi esistenti.

Il brutale impiego della forza e l’introduzione della censura, che vieta alle emittenti televisive di trasmettere qualsiasi programma non sia stato approvato dal governo, sono violazioni dei diritti umani fondamentali. E’ compito dell’Unione europea e del mondo civilizzato richiedere il rilascio delle persone detenute illegalmente, così come un’indagine imparziale in merito alle recenti morti. La perdita di vite umane è servita solamente a inasprire l'intransigenza dell'opposizione e a fomentare la violenza che si è diffusa fino al nord-est del paese.

Si sta correndo il rischio che gli scontri per le strade degenerino in una guerra civile. Ritengo che le organizzazioni internazionali, in primis l’ONU, debbano intervenire quanto prima per evitare che la situazione degeneri ulteriormente e per mediare al fine di avviare un dialogo tra le autorità e l’opposizione, unica soluzione democratica e pacifica all’attuale crisi.

 
  
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  Joe Higgins, a nome del gruppo GUE/NGL.(EN) Signora Presidente, condanno fermamente la brutale repressione messa in atto dal governo e dallo Stato thailandesi nei confronti dei manifestanti a Bangkok e altrove nel paese. Nonostante si sia cercato di farli passare per terroristi, si trattava in realtà di poveri contadini del nord e delle regioni attorno alla capitale, appartenenti alla classe operaia cittadina, e delle loro famiglie, e la protesta rappresentava la loro lotta contro l’irriducibile povertà e le difficoltà che attraversano.

Sfortunatamente, queste persone oppresse si rivolgono al loro miliardario ex Primo ministro, Thaksin Shinawatra, in cerca di una soluzione. Nonostante alcune misure populiste contro la povertà adottate nel corso del suo mandato, però, Thaksin rappresenta l’elite capitalista e inganna le masse. La sua controparte è l’attuale Primo ministro in carica Abhisit e il suo partito, che rappresenta altre sezioni della stessa elite.

Credo che le povere popolazioni rurali e la classe operaia urbana thailandesi abbiano urgente bisogno di un’organizzazione indipendente che combatta per i loro diritti. Spero sinceramente che le prossime mobilitazioni in Thailandia corrispondano a una lotta unita di lavoratori, contadini, studenti e giovani, finalizzata a sovvertire le elite corrotte, a trasportare il maggiore benessere del paese nella proprietà privata e nel controllo democratico e, in una Thailandia socialista, a trasformare le vite dei cittadini e a lottare per i diritti delle minoranze.

 
  
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  Monica Luisa Macovei (PPE).(EN) Signora Presidente, condanno fermamente l’impiego delle armi contro i manifestanti in Thailandia: migliaia di persone hanno perso la vita, tra cui anche medici e bambini, e centinaia sono rimaste ferite. Come riportato da Amnesty International, vi sono testimoni e registrazioni video che mostrano un militare mentre fa fuoco contro persone disarmate che non rappresentano assolutamente una minaccia per i soldati o per gli altri.

I soldati thailandesi devono porre fine agli scontri; la violenza contro i manifestanti non può portare, e non porterà, a una soluzione democratica. Il governo deve essere consapevole che soffocare le manifestazioni riporta solo temporaneamente l’ordine nelle strade, ma non risolve il problema che ha fatto scattare la rivolta. La vita umana viene prima di tutto, quindi cessate il fuoco.

 
  
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  Miroslav Mikolášik (PPE). (SK) Le manifestazioni in Thailandia, sfortunatamente, vanno avanti ormai da alcune settimane. La popolazione civile sta soffrendo delle conseguenze della violenza in quanto vittima diretta dei sanguinosi scontri tra i manifestanti armati antigovernativi e le forze dell’ordine. Vorrei esprimere la mia solidarietà a quanti hanno perso famigliari negli scontri.

Alla luce delle attuali tensioni, considero priorità assolute per entrambe le parti la rinuncia alla forza fisica e l’impegno per evitare altre morti. Sostengo l’invito a porre immediatamente fine alla violenza e ad avviare un dialogo costruttivo, allo scopo di risolvere il conflitto con mezzi di pace e democratici. Al contempo, invito il governo thailandese a non approfittare del dichiarato stato di emergenza per perpetrare violazioni gratuite e ingiustificate dei diritti umani.

 
  
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  Jaroslav Paška (EFD). (SK) Il conflitto politico in Thailandia si sta rapidamente trasformando in gravi fermenti civili, che hanno portato alla morte di numerosi manifestanti dopo l’intervento delle forze di repressione. Se le autorità statali impiegano la forza e la repressione incontrollata contro i cittadini del paese che governano, non possono che essere biasimate e condannate.

Per questo, signora Presidente, signor Commissario, l’Unione europea deve usare tutta la propria influenza politica sulle parti coinvolte nel conflitto e richiedere una risoluzione pacifica del conflitto politico, garantendo che i cittadini thailandesi non paghino il prezzo degli scontri politici tra i leader dei gruppi individuali. Il governo della Thailandia deve assumersi la responsabilità di trovare una soluzione pacifica al conflitto.

 
  
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  Sergio Paolo Francesco Silvestris (PPE). – Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, fermare le armi, rimuovere la censura, io penso che sia questa la doppia azione che con la massima determinazione, ma anche con la massima coerenza, con quei valori irrinunciabili per questo Parlamento, la Commissione debba adoperarsi per ottenere.

In un clima da guerra civile come quello che si respira in Thailandia, in un clima però nel quale il ritorno alla democrazia attraverso elezioni libere, prima trattate, prima auspicate, ora un attimo messe in forse, deve passare attraverso un passaggio fondamentale, che è quello della consapevolezza della vicinanza della comunità internazionale verso il popolo thailandese e un suo ritorno alla democrazia compiuta.

Perché la comunità internazionale possa essere coinvolta in questa fase, l'elemento fondamentale è quello dell'informazione, ed ecco perché lo stato di emergenza non può essere una censura mascherata. Internet, i giornali, gli organi di informazione debbono poter rendere la comunità internazionale consapevole della dinamica che si vive in Thailandia, perché con la massima consapevolezza la comunità internazionale possa essere vicina a questo momento di ripristino della democrazia.

 
  
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  Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione. (FR) Signora Presidente, onorevoli membri del Parlamento europeo, la Thailandia sta attraversando una fase tragica nella sua storia politica. Il paese, conosciuto per il suo caratteristico dinamismo economico e sociale, è colpito da una profonda crisi che potrebbe minacciare la stabilità nazionale se non si trova una soluzione al conflitto.

Di fatto la crisi ha colpito al cuore del paese: gran parte della popolazione sembra aver perso fiducia nelle istituzioni al governo e di contro il governo lotta per mettere in atto le soluzioni richieste dall’attuale contesto. Da questa situazione è emersa la fragilità politica del momento che ha portato a scontri violenti e ad aggressioni che colpiscono direttamente in diritti umani e fondamentali. Vi è una costante incertezza sul futuro del paese e, in simili circostanze, l'Unione europea condanna la perdita di vite umane nel conflitto, del quale è rimasto vittima anche il giornalista italiano Fabio Polenghi, ucciso ieri mattina durante gli scontri tra manifestanti e soldati. Nessuna crisi politica o ideologica è una valida giustificazione a queste morti, così come non lo possono essere gli scontri armati.

Già in due occasioni, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza ha invitato le parti coinvolte a limitare gli scontri. Non è nemmeno ammissibile che lo stato di emergenza si trasformi in restrizioni eccessive quando si tratta di diritti fondamentali e della libertà di espressione, diritti che sono ora minacciati dallo spropositato impiego della forza.

Per evitare che la situazione degeneri ulteriormente, è fondamentale riprendere i negoziati. La Commissione ha ricevuto la roadmap presentata dal Primo ministro Abhisit Vejjajiva, ma la Thailandia non uscirà dalla crisi attuale se non affronterà i suoi maggiori problemi strutturali. E' imprescindibile che le richieste legittime avanzate dai gruppi sociali più svantaggiati vengano riconosciute da tutte le parti al governo nel paese; si tratta di un passo indispensabile per raggiungere la riconciliazione a livello nazionale. La Thailandia deve trovare un accordo tra le parti in merito al percorso da intraprendere verso una società più forte.

In quanto partner della Thailandia, l’Unione europea è pronta a sostenere il paese, per quanto possibile, nel corso dell’intero processo.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione avrà luogo a breve.

Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto.(FR) La Thailandia sta attraversando un periodo nero per la sua storia. La cosiddetta “terra dei sorrisi” si è trasformata in una terra di lacrime, sangue e, forse presto, nel teatro di una guerra civile tra le forze armate governative e le cosiddette “camicie rosse”. Come si è giunti al punto in cui una manifestazione per chiedere elezioni democratiche si conclude in un bagno di sangue, con decine di morti e migliaia di feriti, con l’omicidio del leader dell’opposizione, con scene di guerrilla urbana, con l'inizio di un’insurrezione in numerose provincie e con la dichiarazione dello stato di emergenza e del coprifuoco? Il re è una figura molto rispettata nel paese, ma non sembra in grado di contenere le tensioni, e il costante clima di incertezza sulla sua successione lascia intendere il perdurare di questa instabilità. La violenza però deve terminare. L’attuale governo è stato certamente eletto, ma attraverso elezioni seguite a un colpo di Stato e alla dissoluzione dei partiti di opposizione. Queste ingiustizie devono trovare fine e la soluzione è una rapida organizzazione di nuove elezioni generali e il ripristino immediato della libertà politica di tutti i partiti coinvolti, in modo da assicurare elezioni democratiche. L’Unione europea deve sfruttare gli ottimi rapporti economici e politici con la Thailandia per raggiungere una soluzione.

 
  

(1)Cfr. Processo verbale

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