2. Discussioni su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto (comunicazione delle proposte di risoluzione presentate): vedasi processo verbale
3. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
4. Organizzazione dell'orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca come primo punto la relazione dell’onorevole Bauer, a nome della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, sulla proposta di una direttiva del parlamento europeo e del Consiglio recante modifica alla direttiva 2002/15/EC sull’organizzazione dell’orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto [COM(2008)0650 – C6-0354/2008 – 2008/0195(COD)] (A7-0137/2010).
Edit Bauer , relatore. – (HU) La proposta presentata intende modificare la direttiva 2002/15/CE in relazione alla protezione sociale. La proposta della commissione interessa tre questioni: l'esclusione degli autotrasportatori autonomi dal campo di applicazione della legge, una più precisa definizione del lavoro notturno, e misure di sostegno all'applicazione della legge. La direttiva stessa, e quindi la sua modifica, hanno carattere integrativo e si applicano solo ai veicoli di peso superiore alle 3,5 tonnellate, come altre leggi applicabili alle attività di trasporto su strada. Pertanto non si estende ai conducenti di veicoli commerciali più piccoli. La commissione per l'occupazione e gli affari sociali ha votato contro l'emendamento (30 voti contro 19).
Mentre la legge era in fase di elaborazione sono sorti svariati malintesi. Vorrei affrontarne alcuni che possono avere influenzato i membri del Parlamento. Prima di tutto, gli esperti sono giunti alla conclusione unanime che se la proposta della commissione viene respinta – con conseguente estensione dell’applicazione della direttiva anche agli autotrasportatori autonomi – ciò non migliorerà la sicurezza stradale. I dati statistici e gli studi sugli incidenti disponibili evidenziano che solo il 6 per cento dei sinistri sono causati da colpa del guidatore, e solo nello 0,06 per cento dei casi viene citata come causa la stanchezza. Inoltre il tempo di guida, che ha un effetto reale sulla sicurezza stradale, è regolato da un diverso atto di diritto, il regolamento (CE) n. 561/2006, che si applica anche agli autotrasportatori autonomi. Il tempo di carico è di natura integrativa e non può essere considerato come parte significativa del tempo di lavoro, poiché la legge non si applica per esempio a viaggi inferiori ai 100 km. In secondo luogo, i sindacati temono che in mancanza di regolamentazione gli autotrasportatori autonomi potrebbero lavorare anche fino a 86 ore.
Il regolamento prevede norme severe sui tempi di guida. Lo si è limitato a 45 ore settimanali ogni due settimane consecutive, per non superare le 56 ore per ogni singola settimana. Tale limite viene accuratamente registrato con il tachigrafo digitale e il regolamento prevede anche regole dettagliate per i periodi di riposo. Pertanto, la richiesta di una possibile settimana di 86 ore di lavoro è un'ipotesi non supportata da dati statistici, da studi o sondaggi. In terzo luogo, la proposta della commissione limita la portata della direttiva ai lavoratori dipendenti e ai falsi autotrasportatori autonomi. Finora non abbiamo avuto alcuna legge che regolasse l'orario di lavoro dei trasportatori autonomi. La limitazione dell’orario di lavoro è uno strumento importante per la protezione sociale dei lavoratori. Nel caso degli autotrasportatori autonomi però, il datore di lavoro ed il lavoratore sono la stessa persona, e proteggere i trasportatori indipendenti da se stessi costituisce una misura estrema. In quarto luogo, quando gli argomenti si esauriscono viene a galla la vera ragione: il dumping sociale. Non bisogna farsi confondere le idee dai termini, perché gli autotrasportatori autonomi e le piccole imprese possono anche essere concorrenti sgradevoli sul mercato, al pari degli autotrasportatori autonomi provenienti da nuovi Stati membri.
Sulla base della mia esperienza, purtroppo, il caso del fantasma dell’idraulico polacco è tornato a perseguitarci. Vorrei continuare parlando di un fenomeno comune del mercato del lavoro che non deve essere affrontato, e in effetti non può essere affrontato, esclusivamente nel settore dei trasporti su strada. Si tratta del problema dei falsi imprenditori autonomi, che è un reale problema europeo con effetti negativi sulla concorrenza e sul mercato del lavoro. Questo è il problema da affrontare, e tale aspettativa è stata chiaramente indicata nella proposta di modifica.
La proposta di emendamento 30, presentata a nome del gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano), dal gruppo dell'Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l'Europa, dai Conservatori e Riformisti europei e dal gruppo Europa della Libertà e della Democrazia, si basa sulla proposta della Commissione ed è sostenuta dal Consiglio; desidero ringraziare il Consiglio per il suo appoggio. Voteremo l’emendamento punto per punto. Vorrei aggiungere una cosa. Come soluzione di compromesso, raccomandiamo di consentire ai singoli Stati membri di estendere, se lo desiderano, il campo di applicazione della direttiva agli autotrasportatori autonomi.
Siim Kallas, Vicepresidente della Commissione. – Signora Presidente, quest’Aula oggi sta discutendo di un tema estremamente difficile e delicato. La questione è se gli autotrasportatori che sono imprenditori autonomi debbano o meno essere coperti dalla direttiva sull'organizzazione dell'orario di lavoro dei trasportatori.
L'inclusione degli imprenditori costituirebbe un precedente ed una chiara deviazione dalla direttiva generale sull'orario di lavoro. La direttiva disciplina infatti solo il tempo di lavoro dei lavoratori dipendenti, non degli imprenditori. Da lungo tempo sono in corso discussioni in merito all'inclusione degli autotrasportatori autonomi. Inizialmente, le consultazioni tra le parti sociali nel 1990 non hanno dato alcun risultato. Poi, dopo quattro anni di discussioni tra il 1998 e il 2002, il legislatore non è potuto arrivare a una conclusione e pertanto ha chiesto alla Commissione uno studio d'impatto approfondito. La Commissione ora ha effettuato degli studi ed ha eseguito una valutazione d'impatto che dimostra chiaramente come questa direttiva non sia lo strumento adatto per affrontare i problemi della politica dei trasporti quali la sicurezza stradale o le condizioni di concorrenza, ma che l’applicazione ai trasportatori non autonomi è un vero problema. Questo è anche il senso della proposta della Commissione.
In primo luogo, desidero esprimere il mio profondo rispetto nei confronti della relatrice, onorevole Bauer, che ha svolto un ottimo lavoro. Sono molto lieto di constatare che la relatrice condivide la preoccupazione della Commissione riguardo alla carente applicazione delle norme e al problema generalizzato del falso lavoro autonomo; apprezzo le proposte costruttive dell’onorevole Bauer. Ritengo che gli emendamenti proposti dalla relatrice possano tutelare ancora meglio i lavoratori contro un eventuale sfruttamento da parte dei datori di lavoro.
L'Europa ha sicuramente bisogno di agire nel caso dei cosiddetti falsi autotrasportatori autonomi, vale a dire quelli che sono formalmente indipendenti ma che in pratica sono dipendenti da un’unica azienda che li comanda e li paga. Tanto la proposta della Commissione quanto gli emendamenti proposti dalla relatrice rivolgono un messaggio chiaro all'industria: non sarà tollerato il fenomeno del falso lavoro autonomo, e il legislatore vigilerà in merito all’attuazione di questa regolamentazione in tutta Europa.
Per quanto riguarda la sicurezza stradale, permettetemi di sottolineare che non bisogna confondere l'orario di lavoro con il tempo di guida. Dal 1998 la situazione per quanto riguarda quest’ultimo è mutata radicalmente. Come sapete questo Parlamento, insieme al Consiglio, ha adottato nuove norme relative ai tempi di guida, ha introdotto sistemi di registrazione digitale moderni e affidabili, ed ha adottato una direttiva specifica in materia di attuazione. Il dibattito di oggi non concerne la sicurezza stradale. Le statistiche e gli studi che la Commissione ha messo a disposizione del Parlamento non suggeriscono in alcun modo che l'inclusione degli autotrasportatori autonomi migliorerebbe la sicurezza stradale.
In un momento come l’attuale, in cui speriamo di iniziare a riprenderci dalla crisi economica, non sarebbe una buona mossa imporre ulteriori oneri amministrativi e finanziari alle piccole e fragili imprese che sono riuscite a sopravvivere alla recessione economica. Invece di imporre oneri amministrativi agli imprenditori, l'Europa ha bisogno di una direttiva sull'orario di lavoro che garantisca effettiva protezione agli autotrasportatori autonomi e dipendenti che ne hanno bisogno.
Pervenche Berès (S&D). – (FR) Signora Presidente, la mia mozione d’ordine riguarda il codice di condotta adottato da questo Parlamento in termini di negoziati di procedura legislativa ordinaria. Non riesco a capire come il Commissario possa parlare di un accordo con il Parlamento, quando ha parlato solo con singolo membro, un membro che fondamentalmente non aveva alcun mandato da parte della commissione competente di negoziare quello che viene qui definito un buon accordo.
Signor Commissario, lei sta violando le norme di funzionamento di questa istituzione. Questo ci dà il diritto di sollevare il problema di come opera l'istituzione cui lei appartiene.
Presidente. – Questa non è una mozione d’ordine. Lei è iscritta a parlare più tardi nel dibattito.
Thomas Mann, a nome del gruppo PPE. – (DE) Signora Presidente, a nome del gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano), desidero ringraziare l'onorevole Bauer per la sua relazione e per l'ottimo lavoro svolto negli ultimi mesi.
La questione fondamentale è se per la prima volta debbano essere regolamentate le ore di lavoro dei lavoratori autonomi nel settore dei trasporti. La Commissione afferma di no, quasi tutti gli Stati membri dicono di no, e anche la maggioranza del mio gruppo lo nega. Includere gli autotrasportatori autonomi nella direttiva gioverebbe solo agli interessi delle grandi imprese. Invece, dobbiamo rafforzare le piccole e medie imprese.
Dobbiamo dire a quanti citano le carenze in materia di sicurezza stradale come giustificazione per l'inclusione dei lavoratori autonomi che da tempo le norme sui tempi di guida e di riposo sono state rese più severe. Tutti i guidatori – lavoratori autonomi e dipendenti – devono riposare per un minimo di 11 ore nell’arco delle 24 ore. Ecco perché disponiamo dei tachigrafi digitali che registrano automaticamente le ore di guida, ed ecco perché le autorità ne verificano l’utilizzo.
All’epoca sono stato relatore al Parlamento europeo sui tachigrafi. Sono grato all’onorevole Bauer per aver evitato che il regolamento venisse esteso ai veicoli di peso inferiore alle 3,5 tonnellate. L’istituzione di dispositivi di controllo digitale dell'Unione europea su tutti i veicoli commerciali avrebbe portato a obblighi di documentazione onerosi in termini di tempo e denaro. Vogliamo ridurre la burocrazia, non aumentarla.
Raccomando pertanto che il Parlamento si esprima in favore del compromesso raggiunto dalla relatrice con gli altri gruppi.
Stephen Hughes, a nome del gruppo S&D. – (EN) Signor Presidente, la posizione di questo gruppo è stata sempre coerente: fino dal 2002, quando per la prima volta abbiamo proposto l'inserimento degli autotrasportatori autonomi ed indipendenti, la mia posizione come relatore è stata coerente. Continuiamo ad essere convinti che vi sia questa necessità, e pertanto mi auguro vivamente che la proposta di respingere la proposta della Commissione sia approvata nella votazione di domani, come lo è stata nella plenaria della scorsa primavera e nella commissione per l'occupazione e gli affari sociali lo scorso marzo.
Ci rammarichiamo per la confusione con la quale la relatrice sembra avere svolto il suo mandato. Invece di rispecchiare e di promuovere la chiara opinione della maggioranza dei membri della commissione per l’occupazione e gli affari sociali del Parlamento europeo, ha lavorato attivamente per promuovere il parere della Commissione e del Consiglio. Le altre istituzioni, come ha detto l’onorevole Berès, non hanno mostrato il benché minimo leale spirito di collaborazione, ma invece si sono adoperate per sovvertire la chiara raccomandazione rivolta al Parlamento dalla commissione per l'occupazione e gli affari sociali: rifiutare la proposta della Commissione.
Signora Presidente, un conducente stanco è un conducente pericoloso, indipendentemente dalla sua situazione occupazionale; non dobbiamo trasformare i percorsi su strada in un gioco d'azzardo più di quello che già avviene. Ancora una volta questa mattina, la relatrice ha mostrato di confondere il concetto di orario di guida con quello di orario di lavoro. Nell’attuale regime è del tutto possibile per un lavoratore autonomo, un “falso” trasportatore autonomo, guidare tra le 86 e le 95 ore alla settimana: forse non tutte le settimane, ma una settimana costituisce già un pericolo sufficiente. Se il Commissario nutre dei dubbi su queste cifre, può venirmi a trovare in qualsiasi momento desideri: posseggo dati provenienti da persone che lavorano nel settore. Questo è un dato di fatto. Dobbiamo respingere la proposta della Commissione.
Marian Harkin, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signora Presidente, prima di tutto intendo ringraziare la relatrice, onorevole Bauer, per il duro lavoro svolto.
La questione centrale che qui stiamo affrontando con questa relazione è se includere o meno gli autotrasportatori autonomi nella direttiva sull'orario di lavoro. É fondamentale ricordare che tutti i conducenti, lavoratori subordinati o autonomi, rientrano nella normativa sull'orario di guida del 2006 che regola il tempo di guida, le pause e i periodi di riposo. Pertanto, le questioni della sicurezza stradale sono trattate in maniera adeguata in quella sede e, se qualcuno crede che non sia così, allora dovremo rivedere la direttiva sui tempi di guida.
Non ci sono dati che mettano in relazione gli incidenti con l'orario di lavoro dei conducenti professionisti e nessuna statistica che distingua tra autotrasportatori dipendenti e autonomi. Pertanto, non abbiamo dati per decidere di includere gli autotrasportatori autonomi. La legislazione deve essere basata su solidi dati affidabili e ogni allarmismo sui trasportatori autonomi che lavorano 86 ore alla settimana e che provocano incidenti consiste proprio in questo: si tratta di allarmismo e non si basa su dati affidabili.
Se questa normativa dovesse comprendere i lavoratori autonomi sarebbe praticamente inapplicabile. Dobbiamo forse avere un esercito di ispettori alla caccia dei lavoratori autonomi, per controllare se adempiono agli obblighi amministrativi o di gestione per il lavoro in corso? Secondo la legislazione l'orario di lavoro comprende il tempo in cui un lavoratore autonomo è al proprio posto di lavoro. Quest’ultimo viene definito dalla normativa come il principale luogo di attività dell'impresa, insieme ai vari altri luoghi sussidiari di lavoro. L'ufficio del conducente autonomo che si trova nella sua piccola camera da letto o nella soffitta della casa dovrà essere definito come suo luogo di lavoro? E chi controllerà e farà rispettare la normativa? Sì, ci sono problemi in materia di concorrenza per i lavoratori autonomi, ma questa normativa non si occupa di questi temi. Infatti, nel mio paese, regoliamo molto efficacemente la questione attraverso il sistema fiscale.
Infine, respingendo la proposta della Commissione ci ritroveremo con una cattiva legislazione. É sproporzionata e non raggiungerà i propri obiettivi, e provocherà per le piccole e medie imprese un ulteriore aumento di quella burocrazia e di quegli obblighi contro cui già stanno lottando nella maggior parte dei paesi e in particolare nel mio paese, l'Irlanda. É inapplicabile, e rende risibile la legge.
Emilie Turunen, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DA) Signora Presidente, onorevoli colleghi, la questione di cui stiamo discutendo oggi riguarda una questione assolutamente fondamentale: il Parlamento europeo vuole garantire un'Europa sociale con una concorrenza leale e condizioni di lavoro dignitose? Oppure vogliamo lasciare che il mercato e le leggi del caso regnino in un settore come quello dei trasporti, sempre più sotto pressione? Per noi del gruppo dei Verde/Alleanza libera europea e della commissione per l'occupazione e gli affari sociali in seno al Parlamento, non vi è alcun dubbio. Vogliamo che gli autotrasportatori autonomi siano inseriti nella direttiva sull'orario di lavoro. Pertanto, respingiamo la proposta della Commissione di escludere gli autotrasportatori autonomi per i seguenti tre motivi. In primo luogo, gli autotrasportatori autonomi devono essere inclusi nella normativa sull'orario di lavoro in modo che sia possibile garantire la sicurezza del traffico in Europa. I conducenti guidano camion di una tonnellata di peso ed è assolutamente necessario porre un limite al loro orario di lavoro al fine di evitare la stanchezza e gli incidenti. In secondo luogo, vogliamo garantire una leale concorrenza nel settore dei trasporti. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un'enorme crescita del numero dei “falsi” autotrasportatori autonomi. Questa è stata la soluzione del settore per evitare la normativa sull'orario di lavoro. In qualità di legislatori, noi non dobbiamo incentivare la presenza di altri conducenti autonomi in Europa. Dobbiamo invece garantire che vi siano regole uniformi in modo da creare condizioni di parità. In terzo luogo, vogliamo garantire a tutti un adeguato ambiente di lavoro. Apprendiamo da studi dell'Unione europea che gli autotrasportatori autonomi si ammalano più spesso e sono più stressati rispetto ai guidatori dipendenti. É questo uno stato di cose ragionevole dal punto di vista della salute e della sicurezza? A noi non sembra.
Su questa direttiva sono state dette molte cose, tante delle quali errate. Vorrei sfatare due miti. Innanzitutto il mito dell’onere amministrativo. Il lavoro d'ufficio non fa parte del regolamento, ed è molto importante stabilire questo fatto. Dobbiamo seppellire questo mito. In secondo luogo, abbiamo è il mito dell’applicazione della normativa. Ho sentito i miei colleghi affermare che non sarebbe possibile applicare questa direttiva. A questi deputati vorrei solo dire che abbiamo tachigrafi digitali in grado di fornire le misurazioni. É ciò che attualmente accade per gli autotrasportatori dipendenti, ed è quindi chiaro che si può fare lo stesso anche per gli autotrasportatori autonomi.
Infine, vorrei solo dire due parole all’onorevole Bauer. In qualità di relatrice ombra per i Verdi, sono rimasta molto delusa da come è stata condotta ultimamente la procedura. L’onorevole Bauer ha infranto tutte le regole di una buona trattativa, ha infranto il “codice di condotta” di quest’Aula ed ora sta presentando quello che lei chiama un compromesso. Per quanto mi riguarda, se ne assume la responsabilità: non è un compromesso valido per il Parlamento. É la sua proposta ambigua prodotta in combutta con il Consiglio evitando tutte le norme.
Vorrei concludere dicendo che qui non sono in questione i metodi negoziali dell’onorevole Bauer: sono in questione le persone e il fatto che noi vogliamo garantire condizioni dignitose in un settore di trasporto messo sempre più sotto pressione. Ecco qualcosa che mi auguro tutti in Parlamento sosterranno quando voteremo domani.
Peter van Dalen, a nome del gruppo ECR. – (NL) Signora Presidente, alcuni dei miei colleghi sostengono che il rispetto delle 48 ore settimanali di lavoro tuteli gli interessi degli autotrasportatori autonomi e della sicurezza stradale. Si tratta di una sordida manovra, poiché i conducenti autonomi continueranno in ogni caso ad essere coperti dal regolamento sui tempi di guida e di riposo. Non c'è assolutamente nessuna minaccia per la sicurezza stradale. Il problema è che alcune organizzazioni professionali del sud dell’Europa temono che gli autisti rumeni e bulgari autonomi si accaparrino tutto il lavoro. Quei deputati seguono i sindacati come cagnolini tremanti. Questo è il nocciolo della questione.
Il Commissario per i trasporti Kallas vuole escludere gli autotrasportatori autonomi dal campo di applicazione della direttiva. Egli merita il nostro sostegno nelle votazioni di domani. Se non riuscirà a ottenerlo, il 16 giugno sarà un giorno buio nella storia del Parlamento europeo. Darà un brutto colpo ai cittadini in difficoltà e li seppellirà sotto mucchi di burocrazia. E poi ci lamentiamo per il fatto che l'affluenza alle urne diminuisce sempre di più ad ogni nuova elezione.
Ilda Figueiredo, a nome del gruppo GUE/NGL. – (PT) Signora Presidente, ancora una volta siamo davanti a un dibattito che è essenziale per la difesa dei diritti dei lavoratori dei trasporti su strada e per la sicurezza stradale. L'insistenza della Commissione sin dall'ottobre 2008 sulla modifica della direttiva del 2002 è inaccettabile. Ora la Commissione vuole che non si applichi ai cosiddetti autisti autonomi, il che aggraverebbe le condizioni di lavoro di tutti, soprattutto a causa della possibilità che le ore di lavoro siano portate a livelli intollerabili semplicemente per consentire maggiori profitti ai principali datori di lavoro del settore.
Ad esempio i cosiddetti autotrasportatori autonomi potrebbero ritrovarsi a lavorare fino a 86 ore alla settimana per tutto l'anno. Ciò, oltre a compromettere la loro salute e la sicurezza, rappresenterebbe anche un pericolo per la sicurezza di tutti gli altri utenti della strada. Incoraggerebbe inoltre il dumping sociale e la deregolamentazione del lavoro, per via dell’aumento del numero di conducenti che affermano falsamente di essere lavoratori autonomi.
Sensibile agli argomenti e agli studi che dimostrano i pericoli connessi all’approvazione di tale proposta, la commissione per l'occupazione e gli affari sociali l’ha già respinta due volte; ma purtroppo la relatrice, con il sostegno della Commissione e del Consiglio, ha insistito per proseguire da sola i negoziati sulla proposta di direttiva, come se non ci fosse mai stata una decisione da parte della commissione per l'occupazione e gli affari sociali.
Ecco perché ora ci ritroviamo in questa gravissima situazione. La proposta deve essere chiaramente respinta dalla maggioranza del Parlamento, ma ciò è stato già messo a repentaglio dal Commissario. Noi chiediamo di respingere la proposta, in modo mettere fine a questa grave minaccia per i diritti dei lavoratori e per la sicurezza di quanti si muovono sulle strade nell'Unione europea.
Chiediamo pertanto il rifiuto della proposta della Commissione ed il rispetto della direttiva del 2002 che, dal 2009, dovrebbe essere applicata agli autotrasportatori autonomi per combattere il dumping sociale, tutelare il diritto alla salute e il riposo per i lavoratori del settore, e migliorare le condizioni della sicurezza stradale.
Mara Bizzotto, a nome del gruppo EFD. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, in nome di una presunta maggiore sicurezza si intende estendere questa direttiva agli autotrasportatori autonomi.
Le argomentazioni adottate sono però ingannevoli e penalizzanti. Sono ingannevoli perché la sicurezza è già garantita dal regolamento del 2006 e penalizzanti perché a rischio c'è la competitività di migliaia di piccole imprese autonome già duramente provate dalla crisi economica.
Onorevoli colleghi, non fingiamo di non sapere che dietro lo scontro giuridico e tecnico sulla direttiva si cela di fatto l'ennesima prova di forza tra gli statalisti europei, pronti ad appesantire le imprese con una nuova pericolosa zavorra, e i sostenitori dell'Europa dal volto umano, vicina ai reali bisogni dei nostri cittadini.
Intervenendo per dettare legge sull'organizzazione dell'orario di lavoro degli autonomi, il Parlamento sottoscriverebbe un pericoloso precedente autorizzando un golpe targato Europa sull'imprenditoria e la libera iniziativa.
È tempo di passare dalle parole ai fatti. Smettiamo di strumentalizzare a nostro piacimento le piccole e medie imprese. È troppo comodo inneggiare all'imprenditoria diffusa quando si tratta di indicare strategie anticrisi efficaci e poi sacrificarle quando si tratta di ribadire la forza dell'euroburocrazia. Alla lotta di principio basata sull'utopia oppongo la concretezza. L'Europa non invada la sfera dell'autonomia privata e rispetti le richieste dei nostri territori.
Elisabeth Morin-Chartier (PPE). – (FR) Signora Presidente, sono favorevole a includere gli autotrasportatori autonomi nella proposta di direttiva e pertanto mi oppongo a questa proposta da parte della Commissione della relazione dell’onorevole Bauer.
Sono indignata per il modo in cui questa proposta va contro gli interessi delle piccole e medie imprese attraverso l'introduzione, da oggi in poi, di una concorrenza sleale da parte dei falsi trasportatori autonomi. La relazione introduce la pratica della concorrenza sleale e contribuirà a far crescere il numero dei falsi trasportatori autonomi.
Inoltre questa proposta va contro gli interessi dei lavoratori. Mentre stiamo tutti cooperando per costruire l'Europa sociale, la relazione rafforza il dumping sociale tra gli Stati membri. Ciò è contro gli interessi dei lavoratori, è contro gli interessi dell'Europa.
In breve, questa relazione è uno schiaffo alla sicurezza stradale. Ho presieduto una regione attraversata dal traffico pesante di tutta l’Europa, con gravi incidenti che hanno dato luogo ad azioni legali. Questi gravi incidenti non dovrebbero sfuggire alla nostra attenzione. Dovremo rendere conto della nostra decisione ai nostri concittadini. Per di più, nel 2002 due Stati membri dell'Unione europea hanno presentato ricorso alla Corte di giustizia europea per abrogare la direttiva 2002/15/CE, poiché comprendeva gli autotrasportatori autonomi: la Corte ha respinto il loro ricorso per motivi di sicurezza stradale.
Infine, abbiamo bisogno di una regolamentazione europea tra tutti gli Stati membri perché al giorno d'oggi quella dei trasporti è una questione europea. La votazione in commissione è stata chiara. Mi auguro che sia altrettanto chiara in seduta plenaria.
Alejandro Cercas (S&D). – (ES) Signora Presidente, signor Commissario, onorevole Bauer, prima di tutto mi corre l’obbligo di esprimere la mia profonda delusione per il modo in cui avete condotto un negoziato in cui non è stato rispettato il Parlamento e per il modo in cui state presentando questa discussione odierna, che è molto avara di verità.
Non è vero, signor Commissario, che si tratta di includere gli autotrasportatori autonomi: sono già stati inclusi a partire dal 2009. Siete voi che desiderate escludere dalla direttiva i lavoratori autonomi.
E non è vero, signor Commissario, che non stiamo parlando di salute e di sicurezza sulla strada: è esattamente quello di cui stiamo parlando, signor Commissario. Non stiamo parlando di nient’altro che della sicurezza degli autisti autonomi e dei cittadini europei che viaggiano sulle strade: questo è ciò di cui stiamo parlando e qui lei sta sfornando false argomentazioni.
Come sempre tirate in ballo la burocrazia. Non è vero. Lei ha cantato le lodi del tachigrafo e dei passi da gigante che il suo uso ha introdotto nella regolamentazione dei trasporti stradali in Europa. Lo si può applicare senza alcun bisogno di burocrazia. Quello che state facendo è mettere gli interessi economici di pochi al di sopra dei diritti della maggioranza: ecco cosa sta realmente accadendo. Ancora una volta, lei contraddice la sua affermazione che le persone vengono prima degli affari: per lei gli affari vengono prima delle persone.
Desidero che la nostra protesta sia registrata, e mi auguro che il Parlamento affermi ancora una volta che il pubblico, la sicurezza, il diritto e la verità sono le cose più importanti.
Io protesto, signor Commissario: sono molto deluso.
Onorevole Bauer, sono molto deluso per il modo in cui ha condotto questo dibattito e questo negoziato.
Gesine Meissner (ALDE). – (DE) Signora Presidente, abbiamo già sentito molti argomenti. É vero, come ha detto l'onorevole Figueiredo, che questa è una direttiva rivolta ai dipendenti. É così. Però esistono anche i lavoratori autonomi che non sono classificati come dipendenti.
É importante che i cittadini europei siano in grado di decidere come vogliono lavorare, se come dipendenti o come lavoratori autonomi. Questo è corretto. Naturalmente anche i lavoratori autonomi devono osservare certe regole. I tachigrafi digitali sono già presenti in tutti i veicoli pesanti, e qui stiamo parlando dei veicoli equivalenti. Se ora includiamo i lavoratori autonomi in questa direttiva, limiteremo indebitamente la loro libertà di scelta. Ecco perché il mio gruppo è favorevole ad escludere a tutti i costi i lavoratori autonomi da questa direttiva. Riteniamo che la proposta dell'onorevole Bauer e la proposta della Commissione siano nel giusto. Dovrebbe essere presa in considerazione. Vogliamo proteggere le piccole e le medie imprese e in questo caso possiamo farlo adottando la proposta.
Eva Lichtenberger (Verts/ALE). – (DE) Signora Presidente, l'oratore precedente ha descritto un mondo ideale in cui sono gli stessi conducenti a decidere se vogliono essere autonomi o dipendenti. Purtroppo in realtà i trasportatori non possono più fare questa scelta: invece vengono in genere costretti a diventare autonomi o almeno apparentemente autonomi. Questo è il grande problema che dobbiamo affrontare qui: e se quello che abbiamo qui è un compromesso privato tra un membro del Parlamento e il Consiglio – presentato come un compromesso generale e che non tiene in conto questo problema – allora è in gioco il dumping sociale in Europa.
Andate a dare un'occhiata a quanto sta accadendo sulle strade, visitate un posto di blocco. Date un'occhiata a ciò che sta realmente accadendo in questo settore. Andate a dare un'occhiata agli incidenti: allora vi renderete conto che in qualità di deputati al Parlamento europeo non possiamo permetterci di favorire il dumping sociale.
Julie Girling (ECR). – (EN) Signora Presidente, è fondamentale che i lavoratori autonomi sfuggano alle grinfie della direttiva sull'orario di lavoro. Questo comparto lavorativo è già pesantemente regolamentato attraverso la normativa sui tempi di guida e sentir dire che la gente è spinta al lavoro autonomo è totalmente assurdo: è una scelta fatta dalle persone. L'unica cosa falsa in tutte queste discussioni sono le richieste allarmiste di persone che dicono che qui si tratta dei pericoli per la sicurezza stradale.
Si parla qui continuamente di promuovere gli imprenditori; si parla di permettere loro di prosperare all'interno dell'Unione europea. Qui incoraggiamo attivamente le piccole imprese, e scoraggiarle non può essere la via da seguire. Quindi vi invito a votare a favore dell’onorevole Bauer.
Thomas Händel (GUE/NGL). – (DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, per mesi abbiamo discusso la questione dei tempi di guida e di lavoro nel trasporto su strada. Sto cominciando a chiedermi se il prossimo argomento sarà quello di cercare di dimostrare che tutto quanto abbiamo discusso per mesi è una totale assurdità. L'ultima tesi è che dobbiamo urgentemente cambiare qualcosa in modo che non cambi niente. Onorevole Bauer, non vede l'assurdità di questa tesi, crivellata come è di bugie e mezze verità?
Quanto stiamo discutendo non è altro che un'estensione dell'orario di lavoro dei lavoratori autonomi. Tuttavia, per oltre centocinquanta anni, proteggere le persone da un orario eccessivamente lungo è stato un principio di base della legislazione in materia di tempi di lavoro. Questo vale per i lavoratori autonomi così come per quelli dipendenti. Non fa differenza se si tratta di un lavoratore autonomo che tira troppo la corda o di un datore di lavoro che costringe un autista dipendente a tempi troppo gravosi. Si tratta di tutelare i cittadini da se stessi e da orari di lavoro eccessivamente lunghi, così come dagli imprenditori e dagli altri che commissionano il lavoro.
Come secondo punto, sulla questione della sicurezza stradale, si è affermato qui che non si può fare nulla in tal senso. Onorevoli colleghi, non siamo dilettanti o volontari! Non possiamo approvare leggi sulla base di un “vediamo cosa succede”. Tutti sanno che un orario di lavoro eccessivamente lungo aumenta il rischio di incidenti, in particolare nel trasporto su strada dove le conseguenze sono così gravi.
Il terzo punto è una domanda: chi controllerebbe questa proposta di regolamento differenziato sulle nostre strade? Senza un lungo studio delle prove, i nostri giudici già hanno difficoltà nel decidere se qualcuno è un lavoratore autonomo o un autonomo solo in apparenza.
Lasciamo perdere queste sciocchezze. Si tratta di concorrenza leale. Non si tratta di creare stamani un precedente per il futuro dibattito sul prolungamento degli orari di lavoro. Non provate a fare giochetti simili con questo Parlamento!
Derek Roland Clark (EFD). – (EN) Signora Presidente, è indispensabile che venga adottato l'emendamento 30, con particolare riferimento al paragrafo 7(a). Gli autotrasportatori autonomi non verrebbero poi inclusi in queste disposizioni.
Non è un problema di sicurezza stradale. Per tutti i conducenti i limiti di guida e di lavoro sono controllati dal tachigrafo. Includere gli autotrasportatori autonomi li penalizzerebbe, in particolare quelli che non utilizzano un'agenzia. Gli autotrasportatori dipendenti ricevono il loro programma di lavoro organizzato, ma i veri indipendenti impiegano del tempo nel preparare i propri programmi e nel fare le offerte per prendere nuovi lavori. Se saranno inclusi in queste disposizioni, questi compiti faranno parte della loro settimana lavorativa e quindi essi avranno meno tempo per guidare, caricare, scaricare e occuparsi dei passeggeri, rispetto ai conducenti dipendenti. Pertanto, le loro imprese subiranno perdite e ciò provocherà disoccupazione nelle piccole imprese. Gli operatori più grandi riempiranno il vuoto e avremo un ulteriore esempio di un’Unione europea che promuove le grandi aziende a scapito delle piccole e medie imprese, che danno occupazione alla metà della forza lavoro.
Al proposito sostengo quindi la relatrice, nonché la Commissione, sull'emendamento 30. Non lo si sente molto spesso da questa parte del Parlamento.
Veronica Lope Fontagné (PPE). – (ES) Signora Presidente, riteniamo indispensabile inserire i lavoratori autonomi in questa direttiva, e questo parere è condiviso dai rappresentanti dei sindacati e delle associazioni dei datori di lavoro nel mio paese che hanno espressamente richiesto l'inclusione dei lavoratori autonomi in questa direttiva.
Riteniamo che vi siano diversi motivi per includerli. In primo luogo per la sicurezza dei lavoratori: gli autotrasportatori autonomi meritano la stessa protezione degli altri conducenti, non solo quando guidano ma anche quando svolgono altri compiti direttamente connessi con il trasporto su strada.
In secondo luogo, per ragioni di concorrenza leale: giacché reimmettere le discriminazioni tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti rappresenterebbe una distorsione del mercato del lavoro e del mercato dei trasporti.
Infine, anche a me pare fuori luogo che ogni Stato membro, se lo desidera, possa applicare ai conducenti le disposizioni della direttiva. La regola deve essere generale per l'intera Unione, dal momento che la maggior parte dei trasportatori lavora al di fuori del proprio paesi: senza di ciò la leale concorrenza ne risulterebbe ostacolata.
Pervenche Berès (S&D). – (FR) Signora Presidente, solo per una volta parlerò della procedura. Chiaramente tutti concordiamo sulla necessità di sostenere le piccole e le medie imprese e a ogni effetto di diritto tutti dovrebbero essere interessati a questioni che riguardano, ad un tempo stesso, la sicurezza, i lavoratori, gli utenti della strada e le condizioni di una concorrenza libera e non falsata.
Tuttavia, dopo che nella primavera del 2009 il Parlamento ha respinto questo testo, quella estate il suo predecessore, il Commissario Tajani, facendo campagna elettorale col proprio governo per la sua rielezione a Commissario, ci ha riferito che avrebbe avuto alcune nuove proposte da fare. Queste nuove proposte non sono mai state presentate alla commissione parlamentare competente perché le esaminasse. Inoltre, la relazione dell'onorevole Bauer è stata respinta da un numero maggiore di membri della commissione di quello che aveva respinto la precedente relazione.
L’onorevole Bauer non aveva alcun mandato per negoziare a nome del Parlamento un accordo in prima lettura con il Consiglio. La Commissione e il Consiglio hanno consapevolmente violato le norme di funzionamento tra le istituzioni. L’onorevole Bauer ha violato il codice di condotta di questa istituzione. Questo Parlamento mette a volte in discussione la natura di un accordo in prima lettura perché esso riduce la nostra capacità di negoziare. Ora, in questo caso, se gli emendamenti dell’onorevole Bauer saranno approvati, avremo un accordo in prima lettura che non è stato esaminato dagli organi del Parlamento.
In un momento in cui, grazie al trattato di Lisbona, stiamo assistendo a un riequilibrio tra le istituzioni, questo Parlamento rinuncia a utilizzare la propria intelligenza collettiva. Io chiedo, come minimo, che le proposte dell’onorevole Bauer che non sono mai state esaminate in commissione, vi siano rinviate per un esame.
Dirk Sterckx (ALDE). – (NL) Signora Presidente, io sostengo il Commissario. I lavoratori autonomi organizzano il proprio orario di lavoro e così le cose dovrebbero rimanere. C'è una differenza tra lavoratori autonomi e subordinati, e ciò è normale e corretto. Questo non ha nulla a che fare con la sicurezza stradale, poiché i tempi di guida e di riposo sono identici sia che il lavoratore sia autonomo o dipendente. I tempi sono monitorati da un tachigrafo che è previsto a tal fine e a nessun altro. Non spingiamoci oltre per monitorare la situazione della sicurezza stradale dei lavoratori subordinati e autonomi.
Un secondo punto riguarda una questione che ritengo molto problematica nelle proposte da coloro che chiedono che anche i lavoratori autonomi rientrino nel campo di applicazione: come diamine avete intenzione di controllare? Come vi proponete di andare a far visita ai lavoratori autonomi e chiedere loro quando, dove e quanto hanno lavorato? Questo tipo di sistema di monitoraggio non sarebbe fattibile e successivamente verrebbe considerato inaccettabile. Non dobbiamo varare una legislazione del genere: non dobbiamo includere i lavoratori autonomi nel campo di applicazione della direttiva sui lavoratori dipendenti.
Timo Soini (EFD). – (FI) Signora Presidente, io provengo dalla Finlandia, che ha pochi abitanti, dove le distanze sono lunghe e dove ci sono un sacco di lavoratori autonomi. Non abbiamo bisogno, non tollereremo e non sopporteremo ulteriori restrizioni agli autotrasportatori autonomi. Sono lieto che lo sappia il Commissario estone, che conosce le condizioni dei paesi del nord, e questo vale anche per la relatrice slovacca. Desidero ringraziarli per questo.
Si tratta di un’importante questione di principio. Non si possono imporre alle piccole imprese restrizioni che si applicano a tutta l'Europa. Questo può rappresentare un precedente ed è molto pericoloso. Come spera l’Europa di conseguire la crescita e l'occupazione se le sue decisioni amministrative distruggono e uccidono l'occupazione e le condizioni per la crescita?
Io sono dalla parte dei trasportatori autonomi finlandesi e in questo caso, ciò significa anche essere dalla parte degli imprenditori delle piccole imprese di tutta l’Europa. Dopo tutto in Europa non vi sarà crescita o maggiore prosperità se le decisioni amministrative impediranno agli imprenditori delle piccole imprese di lavorare.
(Applausi)
Sari Essayah (PPE). – (FI) Signora Presidente, onorevoli colleghi, in nessun caso deve essere imposta alcuna altra restrizione sul tempo di lavoro degli autotrasportatori autonomi che non riguardi il tempo di guida.
La questione della sicurezza stradale viene affrontata limitando i tempi di guida ed introducendo periodi di riposo obbligatori, per i quali abbiamo in vigore il regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al trasporto su strada e ai tempi di guida e di riposo e che si applica a tutti i conducenti – sì a tutti – di camion e autobus, compresi quelli autonomi. Una soluzione molto migliore per prevenire gli incidenti provocati dalla la stanchezza sarebbe costituita da un più efficace monitoraggio dei tempi di guida e di riposo in vigore, piuttosto che da un’artificiale limitazione dei tempi di lavoro dei lavoratori autonomi.
Ora si cerca di far rientrare compiti come la pulizia del veicolo, la manutenzione tecnica e la compilazione dei fogli di spedizione tra le restrizioni dell’orario di lavoro degli autotrasportatori autonomi. Come possiamo controllare se un autotrasportatore autonomo sta lavando la macchina della moglie o il proprio camion nel cortile di casa sua? Questo è abbastanza incomprensibile, perché non ci sono restrizioni sugli orari di lavoro di altri imprenditori. Imboccare questa strada costituirebbe un grave precedente.
Come ha detto giustamente il precedente oratore, nei paesi nordici come il mio, la Finlandia, il settore dei trasporti è dominato dagli imprenditori delle piccole imprese e consiste principalmente di aziende con solo uno o due autoveicoli. Le restrizioni dell'orario di lavoro degli imprenditori andrebbero a favorire le grandi imprese di trasporto sovranazionali e renderebbero difficile alle nuove imprese di trasporto avviare un’attività. Il settore non sarà certamente appetibile per i giovani se cominciamo a limitarne artificialmente la capacità di guadagnarsi di che vivere. Ciò significherebbe una carenza di capacità e un aumento dei costi. I costi logistici sono già in media più elevati nei paesi nordici che nel resto d'Europa, a causa della nostra collocazione settentrionale e della bassa densità della popolazione.
(Applausi)
Saïd El Khadraoui (S&D). – (NL) Signora Presidente, onorevoli colleghi, andrò dritto al cuore della questione, vale a dire la questione dei lavoratori autonomi. Certo non guasterebbe ricordare che dal marzo dello scorso anno il campo di applicazione riguarda tutti gli autotrasportatori autonomi. Questo è lo stato attuale delle cose: questo è il punto di partenza che la relatrice avrebbe dovuto prendere in considerazione.
Di conseguenza, questo non costituisce quel precedente che sostiene il Commissario. Sarebbe stato possibile un approccio più pragmatico, vale a dire includendo i lavoratori autonomi nel campo di applicazione pur tenendo conto al tempo stesso della natura specifica dei conducenti autonomi e mantenendo la burocrazia al minimo assoluto.
Come il relatore della commissione per i trasporti e il turismo sa, avevo elaborato una serie di proposte. Ho proposto per esempio che il tachigrafo digitale non misurasse solo i tempi di guida e di riposo, ma anche le operazioni di carico e scarico, integrandoli con una sorta di tempo fisso non controllato per una serie di altre attività, come ad esempio le attività amministrative e anche le operazioni di pulizia e simili. Lei sa anche bene che in ogni caso attività quali il contatto con i clienti non sono soggette a controllo né conteggiate come orario di lavoro.
Pertanto, mi rammarico che né la Commissione né il relatore siano stati disposti a tenerne conto in alcun modo. La proposta di lasciare agli Stati membri di decidere autonomamente se i lavoratori autonomi debbano rientrare nel campo di applicazione non mi sembra un buon compromesso. L'obiettivo deve essere quello di giungere a comuni regole di base uniformi a livello europeo in modo che le stesse regole siano valide per tutti.
Raffaele Baldassarre (PPE). – Signora Presidente, onorevoli colleghi, la proposta della Commissione e la linea seguita dalla relatrice lasciano libertà di scelta agli Stati membri nell'inclusione o meno dei lavoratori autonomi nel campo di applicazione della direttiva.
Questo regime opzionale è inammissibile e contrario alle regole dell'Unione in materia di concorrenza. Lasciando agli Stati membri la libertà di scelta, gli autotrasportatori di alcuni paesi, che hanno già recepito la precedente direttiva 2002/15/CE, si troverebbero esposti alla concorrenza diretta dei colleghi comunitari non sottoposti alle medesime regole.
I lavoratori autonomi potrebbero recarsi in un paese con una normativa vigente diversa, sottostando a meno controlli, e ciò causerebbe un grave problema di dumping e quindi una grave distorsione della concorrenza. Le imprese, infatti, potrebbero fare un uso maggiore di lavoratori indipendenti in grado di offrire i propri servizi con più elasticità e a costi ridotti. È inutile dire che spesso ai bassi costi corrisponde una riduzione della qualità e soprattutto della sicurezza, che nei trasporti si traduce in un grave aumento dei rischi nella circolazione stradale.
Alla luce di ciò, ritengo la proposta inaccettabile e contraria a una delle sue basi giuridiche, l'articolo 153 del trattato, poiché essa non migliora l'ambiente di lavoro e non protegge la sicurezza e la salute dei lavoratori.
David Casa (PPE). – (MT) Ritengo questo Parlamento concordi sul fatto che ai conducenti europei debbano essere fornite le migliori condizioni, che dobbiamo garantire la sicurezza delle nostre strade e che dobbiamo fare del nostro meglio per regolarizzare questo settore senza mettere a repentaglio la competitività europea. Tuttavia vi è disaccordo sull’opportunità di coinvolgere in tutto questo i lavoratori autonomi.
Ritengo che non ci dobbiamo arrogare la competenza per disciplinare il loro modo di disporre del proprio tempo. Se vi è un abuso tra i lavoratori autonomi, noi dobbiamo perseguire l'abuso piuttosto che le persone oneste tra i lavoratori autonomi che stanno facendo del loro meglio per continuare a migliorare questo settore.
Dobbiamo prestare molta attenzione quando si tratta di introdurre della burocrazia, perché un suo eccesso può causare danni e dissestare questo settore, soprattutto in un momento come l’attuale in cui ci troviamo tra le mani una crisi che sta avendo un impatto negativo su tutti i settori europei. Mi congratulo quindi con l’onorevole Bauer per la sua relazione e per i compromessi che ha raccomandato. Vorrei fare appello a tutti: stiamo ben attenti nel disciplinare i lavoratori indipendenti stessi.
Georges Bach (PPE). – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, la direttiva rappresenta un passo importante per il miglioramento della salute e della sicurezza dei lavoratori in questo settore, ma anche per il miglioramento della sicurezza stradale e per garantire una concorrenza leale. Queste sono le parole pronunciate dalla stessa Commissione quando la direttiva è stata introdotta il 23 marzo 2005.
Da allora, la Commissione ha compiuto un voltafaccia ed ha presentato una proposta che esclude i lavoratori autonomi. Ciò stabilisce un precedente e non riesco a difendere una simile politica. Ci sono vari motivi per non sostenere questa proposta che, ai miei occhi, rappresenta un passo indietro dal punto di vista sociale, una riduzione della sicurezza stradale, e un incentivo alla concorrenza sleale. E la proposta non è nemmeno concepita per favorire le piccole e medie imprese.
Secondo me questo voltafaccia dimostra l'incapacità di attuare la politica europea. Pur essendo stata respinta due volte dalla commissione per l'occupazione e gli affari sociali e una volta in Aula, contraria ad una relazione sullo Spazio economico europeo, nonché a una sentenza della Corte di giustizia europea, la direttiva – legge europea – è stata semplicemente modificata e pilotata fino a un punto in cui l'unica cosa che conta sono gli interessi economici.
Proinsias De Rossa (S&D). – (EN) Signora Presidente, in qualità di ex-camionista autonomo sono favorevole all’inclusione dei lavoratori autonomi nella presente direttiva. So per certo che i conducenti autonomi sono messi enormemente sotto pressione perché lavorino giorno e notte. Commissario Kallas, il suo discorso e la sua proposta rappresentano una vergogna. Mettono a rischio la salute e la sicurezza dei conducenti. Mettono a rischio gli altri utenti della strada. Sottopongono le piccole e medie imprese al rischio di una concorrenza sleale e accrescono la pressione sui datori di lavoro onesti spingendo i loro dipendenti verso il lavoro autonomo.
Il cinquanta per cento dei conducenti ha ammesso di addormentarsi al volante. Il venti per cento degli incidenti sono dovuti alla stanchezza. Il trenta per cento del tempo di lavoro dei conducenti è occupato dalle operazioni di carico e scarico e nell’assistenza ai passeggeri. Onorevole Harkin, se è ancora qui, quello che fanno nella loro soffitta è un problema loro. Il Parlamento deve difendere la sicurezza dei cittadini contro coloro che vogliono un settore dei trasporti privo di regolamentazione. Commissario Kallas, dovete tornare al tavolo da lavoro.
Elisabeth Schroedter (Verts/ALE). – (DE) Signora Presidente, concordo con l'onorevole Morin-Chartier. Non dobbiamo dimenticare che in questa materia abbiamo a che fare con la Corte di giustizia europea, che ha chiarito come la priorità debba essere data alla sicurezza stradale e che siamo in presenza di una direttiva vigente sull'orario di lavoro e di riposo.
Vogliamo improvvisamente mettere in discussione una comune regolamentazione europea in materia di sicurezza stradale? Perché dovremmo farlo? Sarebbe assurdo e incomprensibile. Se i lavoratori autonomi dovessero di nuovo essere esclusi dalla presente direttiva, allora, in aggiunta alle loro 56 ore di guida, sarebbero anche in grado di impiegare 28 ore nelle operazioni di carico e scarico. Di conseguenza, diventerebbero una minaccia sulle strade. Certamente non vorrei incontrare simili conducenti sulle strade d'Europa.
Come possiamo improvvisamente iniziare a promuovere la distorsione della concorrenza a scapito della nostra salute comune? Come potremmo spiegarlo ai nostri cittadini? Per questo motivo vi invito a respingere la proposta della Commissione.
Dieter-Lebrecht Koch (PPE). – (DE) Signora Presidente, proprio come ho fatto per molti anni, oggi lavoro per la sicurezza stradale, per un miglioramento delle condizioni di lavoro dei conducenti professionisti e per un miglioramento della loro immagine professionale.
É ovvio che ciò che di cui stiamo discutendo oggi non sono le disposizioni sulle ore di guida e di riposo, il cui impatto sulla sicurezza stradale è applicabile a tutti i conducenti professionisti, siano essi dipendenti o autonomi: si tratta invece della disciplina dell'orario di lavoro. Si tratta principalmente di un regolamento per la tutela dei lavoratori: in altri termini, riguarda solo la protezione sociale dei conducenti e non aiuta in alcun modo la sicurezza stradale. Non c'è necessità di tutelare i lavoratori autonomi da sé stessi. Come possiamo controllare le ore lavorate dai trasportatori autonomi e dai conducenti di autobus senza un’enorme quantità di burocrazia, e comunque su quali basi le verificheremmo?
Limitare in questo modo le ore di lavoro ammissibili dei autotrasportatori autonomi – e forse in futuro anche quelle dei commercianti autonomi, degli architetti o dei membri del Parlamento – invierebbe un segnale sbagliato. Gli Stati membri invece dovrebbero mettersi all’opera per combattere il problema del lavoro autonomo apparente. Io sono a favore della proposta presentata dalla Commissione europea e dall’onorevole Bauer.
John Bufton (EFD). – (EN) Signora Presidente, non ha senso estendere la direttiva sull'orario di lavoro ai lavoratori autonomi. Ciò protegge i diritti dei lavoratori solo in apparenza e di conseguenza non trova posto nel contesto del lavoro autonomo. É oltretutto inapplicabile senza violare le libertà delle persone effettuando controlli nelle loro case.
Questa non è una questione di sicurezza stradale. Il regolamento (CE) n. 561/2006 include già il tempo di guida ed è applicabile alle grandi imprese, alle piccole imprese e ai lavoratori autonomi. Se si è lavoratori autonomi c’è ancora bisogno di una licenza di lavoro e quindi questi sarebbero i titolare registrati di tale licenza. Tutto ciò che può mettere in pericolo la licenza comprometterebbe quindi i mezzi di sostentamento del titolare della licenza. Tenendo in mente tutto ciò si può supporre con sicurezza che gli autotrasportatori autonomi finiranno per essere ancora più esigenti delle grandi aziende. Tutto quanto è direttamente collegato al servizio può essere considerato parte del tempo di lavoro, ad esempio, i documenti, la manutenzione e l’amministrazione in genere. Nelle grandi imprese vi sono persone impiegate per adempiere a questi compiti e quindi i tempi di amministrazione non hanno alcun impatto sui tempi di guida. Nelle condizioni imposte dalla direttiva, i lavoratori autonomi che tengono da soli la propria amministrazione troverebbero ben poco tempo per dedicarsi alla guida stessa.
Per inciso, ritengo che la Commissione abbia proposto anche un rilassamento delle restrizioni sul lavoro notturno, introducendo un periodo qualificato di due ore prima che si applichino le restrizioni notturne. Raramente concordo con la Commissione, ma anche questo sarebbe un emendamento ben accetto. Appoggio pienamente la relatrice, onorevole Bauer.
Jutta Steinruck (S&D). – (DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, vorrei fare appello ancora una volta ai conservatori e ai liberali perché qui non possiamo mettere gli interessi dei lavoratori autonomi al di sopra della sicurezza dei cittadini europei.
La libertà d'impresa è senza dubbio un’ottima cosa, ma la sicurezza dei nostri figli e di noi tutti sulle strade è più importante e questo, a mio avviso, è il modo più responsabile di agire per l'Europa. Il voto di domani è un'opportunità per dimostrare che non siete a favore del dumping sociale.
Quello che questo dibattito ha anche rivelato negli ultimi mesi è che da tempo ci si attende in Europa un dibattito sul lavoro autonomo fittizio. Un numero sempre crescente di rapporti di lavoro regolari sono rimpiazzati dal lavoro fittiziamente indipendente: questo è il motivo per cui abbiamo urgente bisogno che la situazione sia analizzata e che sia avanzata una proposta su quello che possiamo fare al riguardo. Come oggi il Commissario ha affermato chiaramente, a questo proposito abbiamo avuto molte dichiarazioni di intenti. Ora è venuto il momento di agire.
Andrzej Grzyb (PPE). – (PL) Vorrei chiedere: come si può stimolare lo spirito imprenditoriale in una crisi? Come può essere stimolata una crescita del numero delle piccole e medie imprese? Come, ad esempio, può essere stimolata l'attività economica se questo luogo – il Parlamento europeo –diventa un luogo in cui si varano leggi che limitano lo spirito imprenditoriale? Dopo tutto, chi vuole mettersi in proprio dovrebbe avere il diritto di farlo, anche nel settore dei trasporti. Non possiamo da un lato trattarli come imprenditori e dall'altro dire che sono tenuti a rispettare i criteri progettati per lavoratori dipendenti. Potremmo fare lo stesso con le persone che gestiscono un ristorante in proprio e con la famiglia, o con le persone che gestiscono un negozio. Non bisogna confondere le due cose.
Vi è un palpabile eccesso di legislazione, e il anche Parlamento europeo vi contribuisce. So che all'inizio degli anni novanta in Polonia abbiamo avuto la migliore normativa sulle attività economiche. Ora abbiamo aumentato il numero di tali oneri normativi e il risultato è che ciò va incontro a delle critiche. Da parte di chi? Dalle persone che gestiscono un'impresa.
Mi associo a quanto dice l’onorevole Bauer, anche se ovviamente non mi addentro in questioni che sono sorte quando questo compromesso era in fase di negoziazione.
Diane Dodds (NI). – (EN) Signora Presidente, in un momento di difficoltà economica questo Parlamento ha speso gran parte della propria autorità per incoraggiare l'imprenditorialità e la competitività ma, allo stesso tempo, si accinge a limitare il diritto al lavoro degli autotrasportatori autonomi. Devo dire che respingo come del tutto false le affermazioni avanzate in Parlamento questa mattina che questa sia una questione di salute e sicurezza. Siamo tutti preoccupati per la salute e la sicurezza e non vogliamo più vedere incidenti sulle nostre strade.
Io rappresento l'Irlanda del Nord. É proprio al confine dell'Europa. Il settore dei trasporti su strada è estremamente importante per l'economia e l'inclusione degli autotrasportatori autonomi avrà soltanto un impatto negativo sulla competitività. Si tratta di un settore che è fortemente regolamentato attraverso le norme sul tachigrafo: le implicazioni finanziarie di un’ulteriore burocrazia sarebbero devastanti. Sarebbe anche estremamente dannoso per coloro che sperano di diventare trasportatori indipendenti.
Karin Kadenbach (S&D). – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, la relatrice onorevole Bauer dimostra una mancata comprensione della democrazia continuando a negoziare – senza mandato – contro la decisione della commissione. Se il Parlamento europeo è seriamente intenzionato a creare crescita e ricchezza allora noi deputati dobbiamo respingere la proposta della Commissione europea.
Gli autotrasportatori autonomi non devono essere esclusi dalla direttiva sull'orario di lavoro. Questo sarebbe un passo indietro, poiché devono valere le stesse regole per i conducenti di autobus autonomi e gli autotrasportatori su lunghe distanza come anche per i dipendenti delle imprese. Il nostro obiettivo non può essere avere sempre meno persone che lavorano sempre di più e in generale per meno soldi. Il nostro obiettivo non può essere avere conducenti di autobus e autotrasportatori su lunghe distanze che mettono a repentaglio la propria salute e la sicurezza degli altri utenti della strada.
Paul Rübig (PPE). – (DE) Signora Presidente, ritengo che in questo momento in Europa le piccole e medie imprese siano particolarmente importanti perché la verità è che troveremo una via d'uscita dalla crisi del debito solo se si lavorerà di più. É del tutto inutile caricare i lavoratori autonomi con ancora più burocrazia e scartoffie. Molto semplicemente, se vogliamo essere in grado di garantire la sicurezza sociale in Europa allora è molto importante aumentare la produttività e la competitività. Di conseguenza sono del tutto sufficienti i tempi di guida e di riposo attualmente garantiti dal tachigrafo. Vorrei chiedere ai deputati che sostengono che la direttiva si applichi a tutti di applicarla a sé stessi e di farsi installare un tachigrafo nella propria auto, e poi non utilizzare la propria auto la sera del giovedì quando vanno a casa dopo aver lavorato qui per quindici ore.
Garantire la sicurezza è importante, ma d'altro canto dobbiamo anche tutelare i lavoratori autonomi.
Siim Kallas, Vicepresidente della Commissione. – (EN) Signora Presidente, la ringrazio molto per la discussione. Ho ascoltato con grande interesse tutti i vostri contributi. Ho una grande tentazione di scendere nei particolari e discutere dei dettagli della questione, mi limito però a dire che confermo ancora la posizione della Commissione, che è basata sui fatti. Non disponiamo degli studi citati qui in base ai quali gli autotrasportatori autonomi lavorano regolarmente novanta ore a settimana, e riteniamo che la regolamentazione del tempo di guida che vorremmo introdurre consentirà di armonizzare le prassi tra gli Stati membri e di adempiere a questo obiettivo di garantire e migliorare la sicurezza stradale.
La sicurezza stradale è molto migliorata soprattutto in seguito alla direttiva sul tempo di guida. Non abbiamo informazioni che vi siano più malati: perché mai riteniamo che le piccole e le medie imprese si comportino in modo irresponsabile, che non si preoccupino della sicurezza stradale o della propria salute e quindi debbano essere più regolamentate delle altre?
La Commissione non può sostenere una legislazione che limiti la libertà degli imprenditori nel settore del trasporto su strada di organizzare il proprio orario di lavoro, mentre in altri settori gli imprenditori non sono soggetti a simili restrizioni di orario di lavoro. Tuttavia, se il voto di questo Parlamento confermerà il rifiuto della proposta della Commissione, la Commissione esaminerà tutte le possibili opzioni, compresa la revoca della proposta; e se il Parlamento deciderà di includere gli autotrasportatori autonomi nella presente direttiva, noi applicheremo la sua volontà. Chiederemo immediatamente agli Stati membri come applicano le norme sull'orario di lavoro per gli autotrasportatori autonomi e come controllano il rispetto di tali norme.
Edit Bauer , relatore. – (HU) Vorrei affrontare molto brevemente cinque questioni. Il regolamento di procedura. Ho studiato il regolamento con attenzione e per quanto ne so gli eurodeputati hanno piena discrezionalità di svolgere il proprio mandato e quindi possono consultare chi desiderano. Secondo il regolamento di procedura, la commissione parlamentare non chiede ai deputati di ricalcare la posizione della Commissione. É la posizione della sessione plenaria ad essere vincolante. Questo è esattamente quanto dice il regolamento di procedura. Non metto in dubbio nemmeno i motivi per cui il gruppo dell'Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento europeo ha presentato la propria proposta di modifica, né chi abbia consultato.
In accordo con i relatori ombra, quando ho ritenuto che fosse importante ho anche avuto colloqui informali con i rappresentanti della Commissione e del Consiglio. Sono d'accordo che la questione dei falsi imprenditori autonomi rappresenta un reale problema europeo, e lo abbiamo inserito nella proposta in collaborazione con i colleghi che consideravano importante l'esclusione degli imprenditori autonomi. Questa questione deve essere affrontata, ma non è un problema specifico di questo settore.
Vi è un malinteso che è stato ripetuto qui più volte e cioè che il rispetto di questa legge può essere monitorato a livello internazionale. Questa legge richiede un controllo a livello nazionale. Aggiungo che ad un tasso del 4 per cento il controllo sarebbe più costoso che spostare il Parlamento europeo da Bruxelles a Strasburgo. Chiedo ai colleghi di tenere conto anche di questo. Vorrei anche dire ai colleghi che rifiutando questa proposta creeremmo un vantaggio per gli autotrasportatori dei paesi terzi. Chiedo ai colleghi di tenere a mente che questa è la proposta che la Commissione ha approvato. Rifiutare la proposta della Commissione, cioè, della Commissione europea, è renderla inutile, costosa e impossibile da attuare.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà giovedì 16 giugno 2010.
Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Approvo la posizione assunta dalla commissione per l'occupazione e gli affari sociali sul rifiuto della proposta della Commissione, e concordo che, in combinato disposto con il Parlamento, in futuro la Commissione debba fare in modo di presentare una nuova proposta migliorata. Sottolineo che la proposta della Commissione di sottrarre gli autotrasportatori autonomi al campo di applicazione della direttiva rappresenterebbe un significativo passo indietro nella politica sociale dell'Unione europea, nonché nel settore dei trasporti. Richiamo l'attenzione sul fatto che i “falsi” autotrasportatori autonomi indeboliscono tutto il mercato del lavoro: il problema principale è che in pratica è difficile avere le prove della natura fittizia del lavoro autonomo. Se non riusciamo a intraprendere azioni concrete e misure giuridiche, allora il lavoro dei conducenti come falsi lavoratori autonomi diventerà uno dei maggiori problemi del mercato del lavoro e non saremo in grado di evitare la concorrenza sleale. Al fine di migliorare le condizioni di lavoro di tutti i conducenti e di garantire i loro diritti e le garanzie sociali e al fine di migliorare la sicurezza stradale, così come per evitare la concorrenza sleale nel mercato europeo del trasporto su strada, non possiamo adottare la proposta della Commissione così come essa si presenta oggi.
Pascale Gruny (PPE), per iscritto. – (FR) La direttiva di cui stiamo discutendo oggi è il frutto di negoziati protrattisi nel Parlamento europeo per oltre due mandati. É un tema molto delicato, in quanto riguarda il nostro lavoro di oggi e in futuro. É una questione di sicurezza stradale e di concorrenza leale tra le imprese degli Stati membri. Non accetto il dumping sociale all'interno della nostra stessa Unione.
Può un conducente indipendente lavorare 14 ore al giorno, 84 ore a settimana, e non rappresentare un rischio sulle strade? Rispetto a un dipendente di una società questa è concorrenza sleale. Questo porta anche alcune aziende a proporre ai loro dipendenti di dichiararsi lavoratori autonomi. Dobbiamo proteggere i nostri concittadini e le nostre aziende.
Invito quindi la Commissione europea a ritirare la proposta e, in mancanza di ciò, invito i deputati, durante il voto di domani in Aula, a votare a favore del mantenimento dei lavoratori autonomi nell'ambito dell’applicazione della normativa sull'orario di lavoro.
Sirpa Pietikäinen (PPE), per iscritto. – (FI) In alcuni paesi dell'Unione europea, vi è una giustificata preoccupazione da parte del movimento sindacale sui falsi lavoratori autonomi in relazione alla direttiva sull'orario di lavoro e i trasportatori autonomi. L’esternalizzazione e, di conseguenza, i datori di lavoro che eludono le proprie responsabilità, rappresentano sempre più un problema. Il modo proposto per risolvere il problema, cioè che i conducenti autonomi siano inclusi nella direttiva, è però sbagliato. Il modo giusto per risolvere i problemi connessi con i falsi autonomi potrebbe essere quello di accordarsi su una definizione di lavoro indipendente tra lavoratori e organizzazioni dei datori di lavoro a livello europeo. Attualmente ne fanno le spese gli innocenti.
Per quanto riguarda questo problema, dobbiamo procedere in conformità con il compromesso che, tra gli altri, stava costruendo l'onorevole Wortmann-Kool, vicepresidente del Partito popolare europeo (Democratico cristiano). In quel compromesso, i trasportatori indipendenti restano fuori dal campo di applicazione della direttiva, ma gli Stati membri possono, se lo desiderano, applicare nel proprio paese la regolamentazione dell'orario di lavoro a tempo pieno anche per gli indipendenti. Il suggerimento probabilmente significherebbe che il Parlamento e il Consiglio avrebbero raggiunto un accordo sulla direttiva in prima lettura.
É un peccato che il Parlamento non ammetta alcuna possibilità di compromesso. Mentre dovremmo concentrarci maggiormente su come migliorare la situazione degli imprenditori, vi è invece la possibilità che vengano limitate le ore di lavoro dei veri imprenditori. Questo è preoccupante, perché le opportunità per i piccoli imprenditori di guadagnarsi la vita dipendono in genere esclusivamente dal loro lavoro.
5. Informazione dei consumatori sui generi alimentari (discussione)
Presidente. – L'ordine del giorno reca la relazione dell'onorevole Sommer, a nome della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla fornitura di informazioni alimentari ai consumatori [COM(2008)0040 – C6-0052/2008 – 2008/0028(COD)] (A7-0109/2010).
Renate Sommer, relatore. – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei estendere a sei i quattro minuti a mia disposizione, perché questo dossier è così voluminoso che in caso contrario non mi sarà possibile parlarne in modo adeguato.
I consumatori hanno il diritto di sapere cosa contengono gli alimenti. Solo se ricevono informazioni sulla composizione e sul valore nutrizionale degli alimenti possono prendere una decisione di acquisto consapevole. Anche se il diritto comunitario contiene un gran numero di regolamenti e direttive in materia di etichettatura dei prodotti alimentari, finora non vi è stato un completo sistema obbligatorio di etichettatura. Ora è diventato difficile per i produttori e distributori di alimenti mantenere una visione d'insieme della molteplicità di leggi esistenti, che si tratti di leggi comunitarie o leggi nazionali degli Stati membri. Vi è incertezza nel diritto, distorsione della concorrenza e vi sono ostacoli al commercio nel mercato interno. Il progetto di regolamentazione in esame è destinato ad affrontare tutti questi problemi fornendo un’etichettatura uniforme dei prodotti alimentari in tutta l'Unione europea. Gli obiettivi sono migliorare l'informazione dei consumatori, una migliore regolamentazione, l'armonizzazione e una minore burocrazia.
La proposta della Commissione non è all’altezza di queste esigenze, però, dal momento che è basata su ipotesi e supposizioni concernenti i desideri e le richieste dei consumatori, impone requisiti di etichettatura irrealistici, come la dimensione di 3 millimetri del carattere, che non garantisce nemmeno che le informazioni siano leggibili, e favorisce le grandi imprese a scapito delle piccole e medie imprese che in realtà rappresentano l'80 per cento del settore alimentare. Così facendo, essa è contraria alla legge sulle piccole imprese. Essa va inoltre contro l'obiettivo di armonizzazione nel mercato interno, in quanto l'intenzione è quella di consentire espressamente ulteriori ventisette sistemi nazionali di etichettatura. Vi è quindi bisogno di un'ampia modifica del testo della Commissione.
Questo è ciò che abbiamo cercato di fare. Le informazioni devono essere leggibili. Tuttavia, la dimensione è solo uno dei molti fattori in proposito. Abbiamo bisogno di norme in materia di caratteri tipografici, spessore delle linee, contrasto ecc. Abbiamo bisogno di linee guida vincolanti per la leggibilità. Le informazioni devono essere comparabili e pertanto devono sempre essere riferite ai 100 grammi o ai 100 millilitri, senza che sia possibile dichiarare solo il valore nutritivo per porzione. Così, al momento di fare acquisiti la gente potrà vedere a colpo d'occhio qual è lo yogurt “più leggero”, indipendentemente dalle dimensioni del vasetto.
Le informazioni devono essere comprensibili. É ora infine di sbarazzarsi dei kilojoule che nessuno riesce a capire. Vogliamo concentrarci di nuovo sulle chilocalorie, che è ciò a cui i consumatori sono interessati ed è ciò che essi comprendono. Le dimensioni delle porzioni dichiarate devono riflettere la realtà ed essere realistiche e comprensibili per i consumatori, e se possibile devono essere uniformi in tutta l'Unione europea. Non bisogna permettere che l'informazione tragga in inganno il consumatore sul contenuto dei prodotti o sulla loro origine o la loro reale natura. I surrogati di cibi come i formaggi analoghi e le carni trasformate – costituite da piccoli pezzi premuti insieme – dovrebbero essere etichettate come tali sulla parte anteriore della confezione. I consumatori hanno bisogno di sapere che cosa stanno comprando.
Alla fine, però, i consumatori non si prenderanno più la briga di leggere se noi di fatto sovraccarichiamo la parte anteriore dei prodotti con ulteriori informazioni. Pertanto, propongo che l'unico valore nutrizionale indicato sia il numero di chilocalorie per 100 g. e 100 ml. Allora lo leggeranno: questo è quello che gli interessa e ritengo rappresenti una soluzione realistica.
Penso anche che dovremmo eliminare dall’etichetta i profili nutrizionali. Mi auguro che ciò sia possibile. Questi profili sono superflui perché in ogni caso sono in vigore le nuove regolamentazioni delle etichette con i valori nutrizionali. I profili nutrizionali discriminano gli alimenti di base e i valori limite per sale, zuccheri e grassi sono del tutto arbitrari: sono stati ideati senza alcuna base scientifica di sorta dai funzionari della Commissione.
Il reale obiettivo del regolamento sulle informazioni dei valori nutrizionali e delle proprietà sanitarie degli alimenti è quello di fornire informazioni veritiere per la salute, e per tale motivo non abbiamo bisogno di ulteriori valutazioni dei singoli alimenti o di una loro classificazione in cibi salutari e dannosi. Ciò che conta alla fine sono la dieta e lo stile di vita complessivo. Dovremmo chiederci perché mai attualmente le grandi società alimentari sostengano così accanitamente i profili nutrizionali. É qualcosa su cui dobbiamo davvero interrogarci.
Il cosiddetto sistema a semaforo proposto qui presenta lo stesso tipo di carenze che hanno i profili nutrizionali. Ancora una volta, ci costringe a classificare erratamente i prodotti in buoni o cattivi. I valori limite per i colori sono arbitrari e la larghezza di ciascuna categoria di colore è troppo grande. Vengono discriminati i prodotti alimentari di base, favoriti alimenti imitati e anche i prodotti contenenti ingredienti artificiali, in altre parole quelli che contengono dolcificante al posto dello zucchero, o gli esaltatori di sapidità invece del sale. Il che davvero non può andare nell'interesse dei consumatori.
Il modello GDA (quantità giornaliere consigliate) – il modello dell’industria per l'etichettatura – manifesta evidenti carenze. É incomprensibile, perché contiene troppe cifre. É fuorviante, in quanto descrive solo il fabbisogno giornaliero di una donna di 40 anni e per esempio non fornisce alcuna indicazione di dose giornaliera consigliata per la quantità di zucchero consumato. Per le piccole e medie imprese è difficile applicare il modello GDA. Ancora una volta questo regala alle grandi imprese un vantaggio competitivo. Questa è un'altra buona ragione per cui l'etichettatura GDA non dovrebbe essere resa obbligatoria.
Abbiamo bisogno anche di proteggere la nostra produzione alimentare tradizionale. Solo allora potremo garantire la sopravvivenza delle specialità regionali e la nostra diversità alimentare nell'Unione europea a cui siamo così affezionati. Abbiamo quindi bisogno di un’ampia esenzione dal presente regolamento dei prodotti non preconfezionati, in quanto i prodotti tradizionali sono proprio quelli non standardizzati. Questi produttori possono comunque, per esempio, fornire verbalmente al momento della vendita informazioni sugli allergeni.
Qualche parola poi sull’etichettatura per il paese di origine. La questione è se i consumatori vogliano davvero sapere da dove provengono tutti gli ingredienti nei loro prodotti alimentari, o se non sia di fatto all’opera un programma protezionista. Innanzi tutto vorrei sapere se è fattibile, motivo per cui chiedo un'analisi d'impatto.
Infine, va precisato che l'etichettatura degli alimenti non può mai costituire un manuale per una dieta corretta. Servono campagne di informazione e di educazione su diete equilibrate e stili di vita sani rivolte ai cittadini degli Stati membri.
Non è compito del legislatore far da bambinaia al suo padrone che, in questo caso, è il cittadino. Essa deve fornire assistenza ma i nostri cittadini sono responsabili per sé stessi e non spetta a noi farci carico di tale responsabilità. Infine, vorrei esprimere il mio grande ringraziamento a tutti gli interessati, i relatori ombra, anche se non erano sempre disposti al compromesso, a tutti coloro che mi hanno sostenuto, in particolare il mio ...
(Il Presidente interrompe l’oratore)
John Dalli, membro della Commissione – (EN) Signora Presidente, come ho già detto in precedenti occasioni, il nostro obiettivo è garantire che i consumatori sappiano esattamente cosa stanno comprando e che cosa stanno mangiando, rendendo così più facile di scegliere una dieta per se stessi e le loro famiglie in sintonia con i bisogni, i desideri e gli obiettivi; i cittadini – i consumatori – hanno il diritto a informazioni corrette. Faccio appello ai colleghi perché lo tengano bene in mente durante tutta la discussione.
Prima di passare alla sostanza della proposta, vorrei innanzi tutto ringraziare la relatrice, onorevole Sommer, per aver preparato la relazione, ed anche i relatori ombra. Pur essendo in sintonia con la maggior parte delle sue affermazioni, non posso dire di essere d'accordo con tutti loro. Vorrei anche menzionare l'apporto delle altre commissioni, la commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori e la commissione agricoltura e sviluppo rurale.
Permettetemi di sottolineare brevemente i più importanti aspetti interessati dalle modifiche proposte.
La questione della etichettatura d'origine obbligatoria è molto importante e necessita di un'accorta valutazione. Infatti vi è una continua richiesta di disposizioni obbligatorie per tali informazioni su alcuni alimenti. La Commissione potrebbe accettare parzialmente la modifica proposta per l'estensione dei casi di etichettatura d'origine obbligatoria. L’etichettatura di origine per i prodotti alimentari primari di base che non hanno subito una trasformazione sostanziale e sono generalmente considerati prodotti a unico ingrediente poteva rappresentare una soluzione pragmatica. Tuttavia, data la complessità della materia, l'applicazione di qualsiasi etichettatura obbligatoria dovrebbe essere subordinata all'entrata in vigore delle misure delegate e basarsi su valutazioni d'impatto.
La leggibilità è una questione importante e una delle principali lamentele espresse dai consumatori. Si tratta di una fondamentale dimostrazione del fatto che stiamo mettendo i consumatori al primo posto nella discussione e mi auguro che gli onorevoli deputati possano appoggiare l'idea di una dimensione minima dei caratteri di stampa. É quindi deplorevole che gli emendamenti presentati pregiudichino l'obiettivo di disporre di criteri misurabili come base per l'attuazione.
Condivido le preoccupazioni dei deputati sugli alimenti imitati. Sono quindi lieto di vedere che il Parlamento ha avanzato un emendamento che contiene una disposizione volta a vietare espressamente simili pratiche ingannevoli. Tuttavia, l'introduzione di una definizione e di una denominazione specifica di tali prodotti potrebbe dar luogo a difficoltà di natura legale, e quindi dobbiamo di trovare delle denominazioni che forniscano al consumatore informazioni corrette e inequivocabili. Sono anche lieto di constatare l'ampio sostegno all’etichettatura nutrizionale obbligatoria sul fronte della confezione e l'approvazione di regimi volontari da parte degli Stati membri.
Il principio che i consumatori devono sapere cosa mangiano non dovrebbe essere applicato solo ai prodotti alimentari preconfezionati, ma anche ai prodotti alimentari che si acquistano sfusi o consumati negli esercizi di ristorazione. Non sono quindi favorevole a emendamenti che limiterebbero la portata del progetto di regolamentazione. Ciò detto, sono disponibile a cambiare il testo relativo agli alimenti non preconfezionati in modo che siano vincolanti solo le informazioni sugli allergeni, mentre gli Stati membri potrebbero decidere in merito ad ulteriori requisiti obbligatori per tali alimenti.
Riguardo alla proposta di un'etichettatura obbligatoria dei nano-ingredienti, sono lieto di accogliere l'emendamento in linea di principio, anche se è necessario elaborare una definizione adeguata.
Infine, sulla questione dei profili nutrizionali, vorrei precisare che non posso accettare gli emendamenti volti a cancellare o a modificare l'articolo 4 nel modo proposto, in quanto tale disposizione pregiudicherebbe la regolamentazione esistente in materia di indicazioni sugli alimenti. Siamo tutti consapevoli del fatto che molte indicazioni sono fuorvianti per il consumatore, alcune perché non sono giustificate, altre perché non danno un quadro completo dell’alimento e ne evidenziano solo gli aspetti positivi. Va inoltre rilevato che le indicazioni sono utilizzate su esclusiva iniziativa del produttore allo scopo di vendere più merce. Noi non imponiamo a nessuno i profili nutrizionali. Insistiamo sui profili nutrizionali nei casi in cui i produttori scelgono di commercializzare i propri prodotti sulla base delle indicazioni, in modo che i consumatori possano avere informazioni equilibrate sugli alimenti.
La definizione dei profili nutrizionali non vieta o limita in alcun modo i prodotti alimentari che i produttori possono produrre. I produttori alimentari possono continuare a produrre in qualunque modo vogliano. Tuttavia è ingiusto per i nostri consumatori e per i cittadini permette che siano fornite indicazioni che possano essere ingannevoli. Per me la questione è fornire ai nostri cittadini informazioni oneste e complete sui prodotti che consumano. Non dimentichiamo che la regolamentazione delle indicazioni è stata adottata in seguito ad un approfondito dibattito tra le istituzioni. I principi fondamentali del regolamento restano validi e pertinenti. Ciò detto, sto cercando con mente aperta una definizione di profili nutrizionali e sono pronto a prendere in considerazione positivamente talune esenzioni riferite a prodotti tradizionali e di base con un importante ruolo nutrizionale.
Su questa base, vi esorto a sostenere gli sforzi della Commissione per assicurarci una base significativa per proteggere i consumatori e promuovere l'innovazione nel settore alimentare.
Grazie per la vostra attenzione. Spero che ora avremo una discussione interessante e mi aspetto di ascoltare le vostre opinioni.
Christel Schaldemose, relatore per parere della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori. – (DA) Signora Presidente, la commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori ha formulato un parere in merito alla relazione dell'onorevole Sommer sull'etichettatura dei prodotti alimentari. Nel nostro lavoro in commissione abbiamo considerato fondamentale garantire che i consumatori ricevano gli strumenti giusti per poter operare scelte sane e corrette in materia di alimentazione. Così, in commissione abbiamo concordato sul fatto che cibi con etichettature fuorvianti per i consumatori sono assolutamente inaccettabili. La commissione concorda anche che i consumatori devono essere informati in modo chiaro attraverso un’etichettatura corretta. Certo, pensiamo anche che le regole debbano consentire al mercato interno di funzionare nel miglior modo possibile. Siamo quindi d'accordo sui principi fondamentali. Ma scendendo nello specifico, come cioè tutto questo debba essere attuato, la commissione non ha raggiunto un livello particolarmente elevato di accordo, e lo stesso grado di disaccordo potrebbe esserci anche in seno alla commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare. Questo dimostra che si tratta di un problema complesso. Quindi in realtà vorrei in primo luogo sollecitare la relatrice a ricordare che queste informazioni alimentari sono destinate principalmente a essere uno strumento per il consumatore e non uno strumento di commercializzazione per le imprese.
Marc Tarabella, relatore per parere della commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale. - (FR) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, sono piuttosto adirato qui davanti a voi, perché mi accingo a concentrarmi sull’emendamento 101, relativo al paese d'origine o al luogo di provenienza.
A nome del mio gruppo sull'emendamento è stata presentata una votazione per pari separate al fine di distinguere chiaramente tra i due aspetti, dal momento che non hanno lo stesso significato. In breve: il paese di origine è il paese nel quale il prodotto alimentare è stato trasformato in fase finale, mentre il luogo di provenienza è chiaramente il luogo di origine degli ingredienti di base, in particolare frutta e verdura, come l’onorevole Dalli ha fatto notare.
Ora, ciò che è particolarmente grave è il fatto che i servizi del Parlamento hanno respinto la votazione per parti separate sull'emendamento e non sono in grado di dirmi quale norma del regolamento di procedura consenta loro di farlo. Mi è anche stato detto che questa è una procedura standard. Quindi ciò è molto grave perché ovviamente questa decisione – a mio parere arbitraria – influenza la sostanza della decisione.
Signora Presidente, le chiedo di parlare con i servizi a mio nome al fine di denunciare questa decisione arbitraria e di garantire che, entro le prossime 24 ore, i servizi la riconsiderino e accettino questo giusto emendamento.
Peter Liese , a nome del gruppo PPE. – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, innanzi tutto, vorrei esprimere i miei sinceri ringraziamenti all'onorevole Sommer per il faticoso lavoro da lei svolto. É stata fatta oggetto di immeritate critiche prive di fondamento.
Ciò oscura anche il fatto che vi sono molte questioni su cui siamo d'accordo. Tutti vogliamo una migliore etichettatura dei prodotti alimentari imitati. Il formaggio è fatto di latte, e se invece contiene qualcos’altro allora deve essere etichettato come surrogato sulla parte anteriore della confezione. Tutti vogliamo anche un’etichettatura nutrizionale vincolante. Ancora non ne disponiamo. É qualcosa che tutti noi vogliamo. Tutti noi vogliamo anche che sia presentata in una forma comprensibile per i consumatori.
A questo proposito, permettetemi di raccontarvi una barzelletta che circola in Germania, e forse anche in alcuni altri paesi: “Come si chiamano quei piccoli animali che vi restringono i vestiti mentre sono nell’armadio? Calorie.” Nessuno, in nessuna parte dell’Europa, avrebbe raccontato questa barzelletta utilizzando il “kilojoule”. Il kilojoule come unità di misura non ha popolarità. Confonde la gente e quindi noi non dobbiamo prevederlo come informazione obbligatoria. É la caloria l'unità che i consumatori informati utilizzano nei propri calcoli. Vi è quindi un sensibile accordo. Vi sono anche delle differenze, per esempio sulla questione dei profili nutrizionali. Il nostro gruppo auspica che questi vengano eliminati, o che almeno sia chiarito che gli alimenti di base ne saranno esenti.
Si è discusso animatamente di sale nel pane, di formaggio francese e di cose simili. Vorrei ringraziare il Commissario Dalli e il Presidente Barroso per aver tentato di fornire un chiarimento su tali questioni. Ma non vi è tuttavia alcuna decisione collegiale, e invece ne abbiamo bisogno per chiarire l’aspetto una volta per tutte. Vi chiedo di sostenere gli emendamenti presentati in questo campo dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano).
Glenis Willmott, a nome del gruppo S&D. – (EN) Signora Presidente, questa proposta è risultata molto controversa ed è estremamente complessa. In qualità di relatore ombra per il mio gruppo, i miei principi guida sono stati le domande: quali informazioni vogliono i consumatori al momento dell'acquisto di cibi per le loro famiglie, e come possiamo fornire meglio queste informazioni?
Il nostro continente affronta un'epidemia di obesità su una scala mai vista prima. Stiamo mangiando troppi grassi, zuccheri e sale, e ciò contribuisce alle patologie cardiache, al diabete, all’aumento del rischio di cancro, di ictus, di malattie del fegato e anche di depressione. Naturalmente, limitarsi a garantire che i consumatori possano facilmente identificare il contenuto nutrizionale del cibo non è una soluzione magica, però permetterà ai consumatori di essere più consapevoli dei cibi che acquistano, di confrontare i prodotti e di individuare a colpo d'occhio l'opzione più sana prendendo quindi il controllo di ciò che mangiano.
Per fare ciò propongo di usare un sistema di codifica basato sui colori, non per esprimere un giudizio sul prodotto nel suo complesso ma per informare i consumatori se il prodotto acquistato è a basso, medio o alto contenuto di sale, grassi e zuccheri. Questo si applicherebbe solo agli alimenti complessi trasformati, come i pasti pronti da mangiare, i cereali da colazione e tutti quei cibi prodotti su scala industriale del cui contenuto nutrizionale – spesso scarso – i consumatori sono spesso inconsapevoli o disinformati.
Vorrei sottolineare che non si applica invece al pane tedesco. Non si applica al burro o al formaggio o al succo di mela oppure all'alcool. Ho inviato un’email a ogni deputato con maggiori informazioni e dunque per cortesia, prima di farvi un’opinione, leggetela in modo da sapere esattamente ciò che viene proposto anziché ascoltare le attività di ingannevole lobbismo industriale o argomenti viziati da parte di alcuni settori di questo Parlamento.
Invito inoltre i colleghi a sostenere l'etichettatura obbligatoria del paese di origine. É chiaro che i consumatori stanno diventando sempre più consapevoli della provenienza del cibo che mangiano e vogliono un'onesta etichettatura degli alimenti. Naturalmente ciò non sempre sarà possibile. Tuttavia è chiaro che l’origine agricola di singoli prodotti dovrebbe essere disponibile per i consumatori, e questo è fattibile al 100 per cento. É già in vigore per le carni bovine, per il pesce, la frutta fresca e la verdura. Per gli ingredienti di prodotti trasformati ciò è ovviamente più complesso, ed ecco perché viene proposta solo per carne, pollame e pesce contenuti negli alimenti trasformati.
In conclusione, si discute molto in questo Parlamento sull'importanza della scelta del consumatore e la prevenzione della salute pubblica. Ora abbiamo la possibilità di dimostrare che facciamo sul serio. Onorevoli colleghi, i fatti contano più delle parole. Vi prego di sostenere le mie proposte.
Gerben-Jan Gerbrandy, a nome del gruppo ALDE. – (NL) Signora Presidente, desidero ringraziare il Commissario per la dichiarazione fatta all'inizio di questa discussione, e anche l'onorevole Sommer per lavoro svolto in qualità di relatrice. Ho l'impressione, dopo quasi un anno in questo Parlamento, che crediamo di poter cambiare il comportamento di milioni di europei solo con un semplice tratto di legge.
La stessa idea pervade questa regolamentazione. Invece dobbiamo renderci conto che niente è difficile come cambiare il comportamento delle persone, in particolare quando si parla di 500 milioni di cittadini. Pertanto, la nostra influenza sul loro comportamento ultimo attraverso l'etichettatura sarà limitata. Questo non significa che respingo completamente la presente regolamentazione avanzando delle riserve – assolutamente no – ma dobbiamo essere realistici riguardo alla forza di questo strumento.
Dobbiamo renderci conto che i consumatori hanno diritto alle informazioni. Inoltre, qualunque sia l'esito di questa discussione, i consumatori potranno ottenere molte più informazioni dopo la seconda lettura. A più lungo termine, d'altro canto, dobbiamo investire di più nell'istruzione, partendo dal basso per educare la gente a uno stile di vita sano.
Un altro punto in discussione in Parlamento riguarda gli obiettivi fondamentali di questa direttiva. Siamo costringendo le persone a compiere una scelta sana di prodotti alimentari o stiamo dando loro la possibilità di decidere da soli quali alimenti scegliere? Noi gruppo dell'Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l'Europa riteniamo che le persone debbano ricevere le informazioni e che siano capaci di operare le proprie scelte.
Infine, dobbiamo essere sicuri di trovare un equilibrio riguardo alla quantità di informazioni fornite alle persone, poiché il troppo o il troppo poco non funzionerà mai. Credo che siamo intrinsecamente sulla strada giusta. Confidiamo che le persone che possono votare per noi siano anche sufficientemente in grado di scegliere il giusto prodotto alimentare nei negozi se viene fornito con le appropriate informazioni.
Carl Schlyter, a nome del gruppo Verts/ALE. – (SV) Signora Presidente, il potere che i consumatori possiedono si basa sulle informazioni che ricevono. Se non costringiamo le imprese a fornire informazioni corrette, i consumatori non le riceveranno e poi il tutto il mercato interno crollerà. Non possiamo stabilire a livello centrale quali informazioni siano importanti per un particolare consumatore. I consumatori hanno esigenze diverse e dobbiamo cercare di soddisfarne il maggior numero possibile.
Se siamo riluttanti a mettere in guardia i consumatori circa l’elevato contenuto calorico, il sale, i grassi e così via, corriamo il rischio di fare il gioco dell'industria. Avere un sistema di codifica tramite colori per il contenuto nutritivo non è più bizzarro che avvertire i consumatori quando acquistano una vettura che ha un elevato consumo energetico o un frigorifero ad alto dispendio energetico.
Non dobbiamo rinviare il marchio di origine per realizzare degli studi: dobbiamo attuarlo subito. Gli animali e coloro che vogliono proteggere il benessere degli animali non possono aspettare fino a quando saranno disponibili informazioni se gli animali siano trasportati vivi ai macelli dopo aver percorso lunghe distanze.
Né dobbiamo fare il gioco dell'industria dell'alcol. I produttori di alcol chiedono continuamente di essere trattati allo stesso modo delle regolari imprese alimentari, ma ora che stiamo per regolamentare i cibi non vogliono più essere inclusi. Questo è vergognoso. Molti consumatori non sanno che l'alcol ha un alto contenuto calorico e che, per esempio, un bicchiere di vino bianco contiene il doppio di calorie rispetto a una quantità analoga di una bevanda analcolica.
Quando si tratta di profili nutrizionali, ho una visione completamente diversa da quella dell’onorevole Sommer. I profili riducono la possibilità delle imprese di descrivere come benefici prodotti che non lo sono. Il sistema prevede limiti e riduce la possibilità della falsa commercializzazione. Sono assolutamente d'accordo con la Commissione su questo tema.
Infine, vorrei menzionare un paio di problemi minori. Abbiamo detto “no” alla trombina sin dall’inizio. Ci sono altri prodotti analoghi presenti sul mercato, e l’onorevole Sommer e io abbiamo presentato emendamenti che sono destinati a fornire una descrizione corretta di questi prodotti. Spero che siano sostenuti. Al momento si possono vendere sul mercato salsicce che contengono grandi quantità di tessuti connettivi e di grasso, ma che vengono comunque denominati “carne”. Ora abbiamo la possibilità di colmare questa lacuna. Con riferimento ai prodotti a base di uova e ad altri prodotti di origine animale, potremmo etichettarli secondo il sistema che già si applica alle uova: in altre parole, un sistema che indica le condizioni in cui gli animali sono stati allevati. Questo sarebbe un passo nella giusta direzione.
Struan Stevenson, a nome del gruppo ECR. – (EN) Signora Presidente, uno degli articoli più controversi in questo dibattito è stato l'etichettatura del paese d'origine. Sono fermamente convinto che i consumatori abbiano il diritto di conoscere l'origine dei prodotti alimentari che acquistano e, in particolare nel caso della carne, se è stata prodotta con elevati standard di benessere e gli animali non sono stati trasportati da grandi distanze prima della macellazione. Ma la provenienza delle materie prime nei prodotti alimentari trasformati è irreversibilmente complessa, poiché gli ingredienti vengono scelti sulla base del prezzo, della qualità e della disponibilità e in un unico stabilimento di trasformazione di carne i paesi di origine possono cambiare di giorno in giorno e anche di ora in ora.
L'adeguamento costante delle etichette comporterebbe costi elevati e creerebbe una sempre crescente quantità di rifiuti a causa delle confezioni. Questi costi supplementari finirebbero per essere trasferiti al consumatore. Ecco perché ritengo che la possibilità di norme vincolanti di etichettatura debba essere preventivamente sottoposta a una valutazione d'impatto e sono lieto che il Commissario Dalli abbia affermato di essere d’accordo.
Ma mentre il dibattito si concentra sulle materie prime o sugli ingredienti dei prodotti alimentari, non riguarda l'origine del prodotto finale. Ciò è particolarmente importante per prodotti specifici come il whisky. É ancora possibile far passare whisky di bassa qualità provenienti da paesi come India, Cina e Giappone come prodotti genuini recando foto, immagini o nomi sulle loro etichette che ricordano i paesi produttori di whisky tradizionali dell’Unione europea, al fine di aumentare il proprio vantaggio competitivo e di trarre in inganno il consumatore. Dobbiamo stare in guardia a questo proposito e io vi esorto a sostenere l'emendamento 254.
Kartika Tamara Liotard, a nome del gruppo GUE/NGL. – (NL) Ancora una volta la questione è se l'Europa opta per l'industria alimentare o per il consumatore. Domani, dovrete fare una scelta di campo: sarete in favore di un chiaro sistema di codifica a colori per le etichette alimentari o riporrete la vostra fiducia nell’industria? La scelta politica è semplice per quanto mi riguarda. Se desiderate salvaguardare gli interessi commerciali, sosterrete le idee del settore alimentare. Se vorrete un’etichetta che avete contribuito a scegliere per indicare l’alto, medio o basso contenuto di zuccheri, sale o grassi, allora voterete per un sistema di codifica basato sui colori.
Il 60 per cento dei vostri elettori sono in sovrappeso, come lo sono il 25 per cento dei nostri bambini. Il 25 per cento delle persone hanno difficoltà di lettura. Perché tutti ritengono normale un codice basato sui colori per le etichette energetiche di abitazioni, automobili o prodotti elettronici, per esempio, ma lo ritengono paternalistico sui prodotti alimentari? Gli esperti di nutrizione e le organizzazioni dei consumatori consigliano un semplice sistema di codifica basato sui colori per rendere comprensibili le etichette degli alimenti e per agevolare le persone nelle proprie scelte. Io sostengo la stessa cosa.
PRESIDENZA DELL’ON. PITTELLA Vicepresidente
Giancarlo Scottà, a nome del gruppo EFD. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo chiamati a votare una proposta di relazione sull'informazione ai consumatori, ma ci siamo veramente chiesti che cosa vogliono i consumatori? Sono considerazioni prese al chiuso delle aule parlamentari o riflettono gli interessi dei consumatori?
L'ultimo sondaggio indetto dalla Commissione può non essere rappresentativo dell'attenzione che i consumatori hanno sviluppato in questi ultimi anni nei confronti delle informazioni sui prodotti alimentari per cui optano. Non solo l'origine, ma anche la composizione e altre caratteristiche diventano fondamentali per la scelta. Siamo consapevoli che le scelte che noi oggi prendiamo influenzeranno gli acquisti di domani? Non dovrebbero essere i consumatori a determinare il mercato? Perché non si cerca di capire, attraverso un nuovo sondaggio o mantenendo un dialogo costante e diretto con i consumatori, quello che essi realmente vogliono?
Noi dobbiamo rappresentare al meglio i consumatori. Siamo qui per questo e dagli incontri avuti ho riscontrato il loro desiderio di maggiore coinvolgimento. I consumatori non si aspettano che si complichino le modalità di acquisto inserendo sull'etichetta informazioni inutili, ma di certo neppure scelte troppo semplicistiche e fuorvianti come quelle del semaforo, che rischiano di dare informazioni devianti e non basilari per una scelta consapevole senza rispondere alle loro esigenze. Il nostro approccio non deve essere paternalistico ma aperto al dialogo.
Csanád Szegedi (NI). – (HU) Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Jobbik (movimento per un’Ungheria migliore) ritiene che la fornitura di informazioni adeguate ai consumatori sia di importanza vitale. Sosteniamo l'indicazione obbligatoria del luogo di origine e crediamo anche che debba essere possibile ritenere responsabile per il mancato rispetto delle norme non solo il produttore, ma anche il distributore. Oltre ai dati numerici, che sono spesso di difficile interpretazione, riteniamo sia necessario introdurre un uniforme codice basato sui colori che contraddistingua gli alimenti sani rispetto a quelli dannosi. Tuttavia, questo non è sufficiente per far guadagnare terreno agli alimenti sani. Va detto che le multinazionali sono responsabili della diffusione in tutta Europa di questi prodotti di scarsa qualità che loro chiamano “prodotti alimentari”.
Va detto che Cora, Tesco, Auchan, Metro e simili sono responsabili di aver inondato il mercato ungherese con la spazzatura che chiamano cibo. Perché mai sono necessari sul mercato ungherese l’aglio cinese, le pesche cinesi, il pollo surgelato brasiliano e gli alimenti per bambini cancerogeni slovacchi? Jobbik è fermamente convinto che debbano essere sostenuti i piccoli agricoltori e le aziende agricole biologiche, non le imprese multinazionali. Ciò fornirà la soluzione al problema di avere sul mercato alimenti salutari.
Pilar Ayuso (PPE) – (ES) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, questo regolamento è di fondamentale importanza per i consumatori e per l'industria agro-alimentare, in quanto non è affatto facile raggiungere un’etichettatura equilibrata che includa tutte le informazioni essenziali ma non così tante da renderla complicata.
Questa è una relazione eccellente e la relatrice va ringraziata. Sono d'accordo con lei sui principali temi riguardanti le informazioni nutrizionali e la controversa questione dei profili, soprattutto se si tiene presente che la Commissione ha omesso di ottemperare il proprio impegno di cui al regolamento (CE) n. 1924/2006, di stabilire tali profili – così come le condizioni per il loro uso – prima del 19 gennaio.
Una questione che mi preoccupa è la possibilità che coesistano nello stesso momento le norme nazionali in materia di etichettatura: questo è in contrasto con la finalità della normativa, che è l'armonizzazione e la rimozione del maggior numero possibile di ostacoli al funzionamento di un vero mercato unico.
Per quanto riguarda l'indicazione del paese d'origine, ai sensi della legislazione attuale questa informazione deve essere fornita quando in caso contrario il consumatore potrebbero essere fuorviato. È inoltre prevista sempre come etichettatura volontaria. Andare oltre può comportare un costo finanziario e amministrativo per le imprese, senza portare al consumatore alcun vantaggio chiaro e significativo.
Nel caso dell’utilizzo di lingue diverse, devo dire che la proposta della Commissione si armonizza con la direttiva in vigore, che ha funzionato bene e non ha causato problemi. Riaprire questa discussione potrebbe essere pericoloso e inutile, e potrebbe causare problemi alla circolazione dei prodotti.
Nessa Childers (S&D). – (EN) Signor Presidente, oltre il 60 per cento degli adulti irlandesi sono sovrappeso o obesi, e dati analoghi possono essere riscontrati in tutta Europa. Questa regolamentazione ci aiuterà a contrastare non solo questa crisi di obesità, ma anche altri problemi di salute come il diabete, l’ictus e le malattie cardiache. Purtroppo l'attuale sistema di etichettatura GDA sviluppato dall’industria è complesso, forse fuorviante e in genere viene frainteso.
L’etichettatura dei prodotti alimentari basata sui colori è un sistema semplice, universalmente comprensibile e trasparente, che molti gruppi di tutela della salute dei consumatori e produttori alimentari consapevoli della salute hanno già volontariamente adottato con successo. Credo anche che i produttori di alcol dovrebbe etichettare in modo simile i propri prodotti per quanto riguarda le calorie e lo zucchero. Nessuno mi ha ancora fornito una buona ragione per cui l’alcol dovrebbe essere escluso.
Sappiamo tutti che vi sono state forti pressioni dell'industria su questa parte di legislazione. Esorto i colleghi a resistere a queste pressioni e a prendere una posizione in difesa della salute, sostenendo nel voto di domani l’etichettatura basata sui colori e quella dell'alcool.
Corinne Lepage (ALDE). – (FR) Signor Presidente, il mio intervento si concentrerà sul problema della codifica dei colori. Ci viene detto che “è complicato”. Questo non è vero: rende invece le cose più facili. Ci viene detto che “si tratta di un divieto”. Non è un divieto, ma è in realtà una forma di informazione. Ci viene detto che “tratta i consumatori come bambini”, ma in tal caso, ci dovrebbero anche dire, signor Presidente, perché è le associazioni dei consumatori esigono proprio questa codifica basata sui colori.
Dobbiamo essere chiari e fermare tutte queste ipocrisie e finzioni. Qui in realtà dobbiamo fare una scelta tra tutelare la salute pubblica e il consumatore o inchinarci alle richieste delle lobby, che, oltretutto, sono richieste molto a breve scadenza perché senza questa etichettatura sono rilevanti solo a brevissimo termine.
Per quanto mi riguarda, per quanto ci riguarda, la scelta dovrebbe essere chiara. É assolutamente chiaro che siamo a favore di questa informazione per i consumatori, un’informazione che in Europa chiedono anche la sicurezza sociale e le autorità sanitarie proprio perché è un mezzo per combattere l'obesità e un vario numero di malattie.
Cerchiamo quindi di non cedere! Dobbiamo essere ben consapevoli dei motivi per cui siamo qui, i motivi per cui siamo stati eletti. Siamo qui per difendere i nostri concittadini.
Satu Hassi (Verts/ALE). – (FI) Signor Presidente, onorevoli colleghi, se siamo quello che mangiamo, siamo costantemente diventando dei prodotti industriali. Questo è legato al fatto che per le persone sta diventando normale essere sovrappeso, con la conseguenza che il diabete di tipo 2 e le patologie cardiovascolari stanno diventando anch’essi normali.
La confezione degli alimenti deve fornire informazioni chiare e veritiere sul proprio contenuto. La più chiara indicazione delle sua proprietà favorevoli alla salute generale sarebbe il modello basato sui colori che anche un bambino capisce a colpo d'occhio. Se non raggiungiamo questo obiettivo a livello dell’Unione europea lo si dovrebbe almeno permettere a livello nazionale.
Vorrei anche attirare l'attenzione sulla questione degli acidi grassi trans. La commissione è favorevole all'etichettatura obbligatoria degli acidi grassi trans industriali, e mi auguro che il Parlamento nel suo insieme ne seguirà l'esempio. Essa ha commissionato una sintesi che elabori gli studi sugli effetti sulla salute degli acidi grassi trans. Secondo tale sintesi, ci sono prove così rilevanti dei loro effetti nocivi che l'opzione più ovvia sarebbe quella di vietare gli acidi grassi trans industriali, come ha fatto la Danimarca. Per lo meno, dovrebbero comparire sulle etichette delle confezioni per permetterci di sapere che cosa stiamo comprando, quando, per esempio, acquistiamo biscotti, cioccolata, patatine fritte o gelato.
James Nicholson (ECR). – Signor Presidente, prima di tutto, accolgo con favore la relazione e desidero congratularmi con la relatrice. Vi si è dedicata per per molto tempo ed ha sicuramente dimostrato di essere una relatrice molto capace.
Vorrei fare un’affermazione molto chiara. Sono totalmente a favore di un'etichettatura di origine, ma penso che dobbiamo essere molto chiari su cosa intendiamo per etichettatura di origine. Dobbiamo garantire prima di tutto che la gente – i consumatori – sappia da dove vengono i prodotti. Poi il consumatore deve anche sapere molto chiaramente come è stato preparato il cibo o come sia arrivato dove si trova. Concordo su questo con la relatrice e penso che qui corriamo il pericolo di spingerci troppo lontano troppo presto.
Questo è un processo, una prima lettura. Cerchiamo di essere molto onesti al proposito poiché avremo modo di tornarci sopra ancora molte volte. Voglio che si proceda con una certa cautela, ma cerchiamo di farlo bene. Non voglio che in Europa discipliniamo eccessivamente fino a trovarci in una posizione in cui anche noi non sapremo più da dove veniamo. Corriamo il grande pericolo di un eccesso di regolamentazione che ci spinga fuori dal mercato. Dobbiamo controllare questo e farlo bene, e sono totalmente a favore. Penso che dovremmo usare il tempo che intercorre tra la prima e la seconda lettura per una valutazione d’impatto sul costo e gli effetti, perché a lungo termine è di questo che abbiamo bisogno.
Diane Dodds (NI). – (EN) Signor Presidente, io non credo che nessuno in questo Parlamento metta in discussione il fatto che i consumatori vogliono e hanno bisogno di sicurezza, di alimenti sani e tracciabili, e nessuno può sostenere che non c'è bisogno di un’etichettatura accurata e onesta dei prodotti alimentari. Tuttavia, dobbiamo stare attenti a non creare un eccesso di informazioni in qualsiasi sistema di etichettatura. Troppe informazioni incomprensibili porteranno i consumatori a ignorare le informazioni essenziali e a prestare attenzione alle informazioni che non hanno alcun valore reale. Pertanto, la semplicità e le informazioni utili dovrebbero essere i criteri chiave di un sistema di etichettatura.
Al pari dei miei colleghi, sostengo l'etichettatura del paese d’origine. Ritengo sia importante sapere da dove proviene il nostro cibo. Le industrie, le comunità dell’agricoltura e della pesca che sono rappresentate in questo parlamento producono alimenti soggetti a una rigorosa regolamentazione eppure, per esempio, il 60 per cento del pesce che mangiamo viene importato nell'Unione europea e nella maggior parte dei casi non è allevato con la stessa rigorosa cura ambientale e con gli stessi regimi normativi. Dobbiamo fare in modo che i nostri sistemi creino campi d’azione di livello per le nostre comunità e le nostre industrie.
In Irlanda del Nord, l'industria agro-alimentare è estremamente importante e vorrei nuovamente chiedervi di non penalizzare l'industria con inutili scartoffie e burocrazia.
Françoise Grossetête (PPE). – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei sottolineare due punti particolari. Il primo riguarda i profili nutrizionali. Io sono contro la loro soppressione poiché vi ricordo che sono stati elaborati con il solo scopo di determinare se un prodotto alimentare può essere contrassegnato come salutare. L'obiettivo infatti è quello di evitare che i consumatori siano indotti in errore dall’indicazione di “prodotto salutare” a volte apposta su prodotti alimentari molto ricchi di grassi, sale e zucchero. Vi chiedo quindi di respingere l'emendamento inteso a eliminare i profili nutrizionali, profili che, mi permetto di aggiungere, abbiamo approvato nel 2006.
Vorrei inoltre richiamare la vostra attenzione sul rischio insito nell’emendamento 205, che prevede l'etichettatura delle carni ottenute da animali macellati ritualmente. Il pericolo è quello di stigmatizzare alcuni gruppi religiosi perché l'etichettatura di questo tipo creerebbe una sfiducia infondata presso alcuni consumatori. Ricordo che alcune carni che sono del tutto adatte al consumo vengono vendute sul mercato ordinario in quanto non possono essere consumate dai credenti per motivi religiosi. Per di più, questa carne proviene da macelli certificati che soddisfano pienamente i criteri sanitari.
Le conseguenze economiche sarebbero quindi molto significative, la sopravvivenza di un certo numero di mattatoi rituali sarebbe in pericolo e ciò metterebbe a repentaglio il sostentamento dei piccoli agricoltori locali. Quello di cui ritengo abbiamo bisogno è una buona dose di senso comune in materia di etichettatura affinché i consumatori ricevano le giuste informazioni. Cosa ancora più importante, però, ritengo che anche il codice basato sui colori avrà l'effetto di produrre una stigmatizzazione. Non credo proprio che per adesso sia la soluzione giusta.
Andres Perello Rodriguez (S&D). – (ES) Signor Presidente, i mille emendamenti della commissione che stiamo esaminando in Parlamento sono la migliore dimostrazione della nostra buona volontà. Tuttavia, al pari della buona volontà, credo ci debba essere la praticità nell’etichettatura dei prodotti alimentari, se non vogliamo ottenere l'effetto opposto a quello che che ci proponiamo: in altre parole, confondere i consumatori invece che informarli.
Si tratta di avvertire, non di spiegare. Si tratta di informarli su quello che possono mangiare e in quale quantità. L'etichettatura per grassi, zucchero e acidi grassi trans è necessaria? In effetti lo è. L'etichettatura sulle sostanze che determinano il colesterolo – su tutte le sostanze che influenzano ciò di cui abbiamo parlato, obesità e salute delle persone – è necessaria? Lo è. Tuttavia, anche altri tipi di informazioni, pur potenzialmente molto informative, potrebbero finire per essere confusi nel caso di alcuni prodotti alimentari: ad esempio, il luogo di origine o, nel caso delle carni, dove è nato l’animale, da dove è passato, dove è stato sollevato e dove è stato macellato.
Spetta a noi essere pratici e assicurarci che questa regolamentazione armonizzi e informi i consumatori: in caso contrario, genererà una confusione maggiore e imporrà criteri che, lungi dal conseguire migliori livelli di salute, finiranno per produrre un maggior livello di confusione.
Ecco perché suggerisco che per alcuni prodotti alimentari si opti per una linea guida di quantità giornaliera al posto del sistema basato sui colori perché in tal modo risulterà molto chiaro che, se si mangia una certa quantità o il doppio di un dato prodotto, si ingrasserà e, quindi si dovrebbe mangiarne solo una porzione. Alcuni di noi suggeriscono un quantitativo massimo quotidiano invece di altri tipi di codice che confonderebbero ulteriormente i consumatori.
Chris Davies (ALDE). – (EN) Signor Presidente, che cosa potrebbe esserci di più semplice che stabilire norme per fornire informazioni ai consumatori? Ma interpretazioni e prassi diverse in paesi diversi e interessi commerciali in competizione hanno portato a una notevole complessità.
Personalmente voterò a favore del sistema basato sui colori, dell'etichettatura con indicazione del paese di origine e delle ulteriori informazioni sulle bevande alcoliche, ma l'esperienza passata suggerisce che c’è ancora molto margine di confusione. Nel suo discorso di apertura, il Commissario ha fatto riferimento alla normativa in materia di indicazioni sulla salubrità alimentare. Nella risposta ad una interrogazione parlamentare che mi ha appena consegnato, egli afferma che le aziende hanno avanzato 44 000 richieste per indicazioni di salubrità alimentare. L'Autorità europea per la sicurezza alimentare è completamente sommersa e la Commissione non ha ancora espresso una sola opinione in risposta a tali richieste.
La stessa Commissione sta ora violando il diritto europeo: questo quindi è un gran pasticcio. Forse il Commissario userà il proprio intervento di chiusura per dirci come possiamo tirarcene fuori.
Emma McClarkin (ECR). – (EN) Signor Presidente, il principio di fornire migliori e più numerose informazioni nutrizionali ai consumatori è stato il caposaldo di questa relazione ed è un obiettivo lodevole. Tuttavia durante l’esame della relazione in Parlamento ho ascoltato illuminanti discussioni sulla dimensione dei caratteri tipografici apposti su un pacchetto di gomme da masticare, sul fatto se il pollo sia davvero una carne, o se un barretta Twix debba essere considerata come una o come due porzioni. Abbiamo dimenticato ciò che è importante ed essenziale per il consumatore.
Il sistema di etichettatura basato sui colori semplifica eccessivamente i profili nutrizionali e fa sì che anche le informazioni di base divengano più vaghe e astratte. Questo influenza direttamente le scelte disponibili per i consumatori ed ha un impatto sproporzionatamente negativo sugli alimenti di base. Così come alcuni deputati si sono troppo affrettati nell’esprimere giudizi, anche il sistema basato sui colori fornisce un giudizio troppo sommario per una corretta valutazione dei prodotti alimentari e della complessa composizione nutrizionale degli alimenti: il ruolo di quest’ultima nella dieta non può essere ridotto ai semplici colori di un semaforo.
I consumatori vogliono sapere da dove provengono i cibi e ricevere informazioni essenziali su quello che contengono – soprattutto informazioni sulle sostanze allergeniche – per poter operare la migliore scelta del prodotto alimentare. Ritengo che siano abbastanza intelligenti per farlo. Non vogliono che venga loro imposto quali alimenti possono o non possono mangiare.
Bogusław Sonik (PPE). – (PL) Dal punto di vista del mercato comune interno, è di grande importanza il problema dell’armonizzazione dei principi in materia di etichettatura e del reciproco riconoscimento dei prodotti alimentari. Attualmente, la legislazione nazionale integrativa e la legislazione europea in vigore sui prodotti alimentari, che è variamente interpretata dai diversi Stati membri, rappresentano una fonte di difficoltà negli scambi e nei flussi di merci e generano problemi nell’area della concorrenza.
Mi preoccupano le disposizioni concernenti l'obbligo di fornire informazioni sul paese di origine per prodotti di specifiche categorie. A mio parere, questa è l'espressione di atteggiamenti protezionistici degli Stati membri ed è in contrasto con l'idea di un mercato comune che elimini le barriere e le principali difficoltà nel movimento delle merci. Pertanto, tenendo presente il bene dei consumatori, ritengo che le informazioni sul paese di origine dei prodotti alimentari debbano essere fornite su base volontaria e nei casi in cui la mancanza di tali informazioni possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine del prodotto. Ritengo che tale approccio sia equilibrato sia dal punto di vista del bene dei consumatori, che dell'interesse dei produttori di generi alimentari.
Nel corso della discussione sul regolamento della Commissione e sulla relazione dell'onorevole Sommer è stata più volte sollevata la questione di una dieta equilibrata e delle abitudini alimentari dei cittadini dell’Unione europea. A mio parere, l'etichettatura degli alimenti è solo uno dei molti aspetti dell’informazione rivolta ai consumatori in merito a una sana alimentazione. Può essere utile per estendere le conoscenze della società nel campo della salute, diffuse ad esempio tramite campagne e misure educative, ma non può essere un sostituto a queste conoscenze. Pertanto sono contrario all'introduzione della codifica dei cibi sulla base dei colori, che potrebbe avere conseguenze permanenti per le abitudini alimentari.
In ultima analisi, non possiamo e non dobbiamo introdurre nella nostra società una legislazione sulla base della quale i cittadini non siano responsabili del proprio comportamento e delle scelte che essi operano.
Karin Kadenbach (S&D). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, il compito della politica e il compito del Parlamento europeo dovrebbe essere quello di migliorare ulteriormente la qualità della vita di cui godono i cittadini europei. Il che include un ambiente salutare e comprende anche alimenti sani. Se devo mangiare in modo sano allora, in quanto consumatore, ho bisogno di queste informazioni.
Abbiamo urgente bisogno di un'etichettatura del paese d'origine che sia pratica e obbligatoria, affinché i consumatori possano prendere una decisione consapevole su quali alimenti acquistare da quale regione. D'altra parte però abbiamo ancora bisogno dei profili nutrizionali, perché solo questi possono garantire che i consumatori non siano indotti in errore nel capire se un cibo sia sano e se i suoi ingredienti promuovano davvero la salute e una corretta alimentazione.
Oltre a questo, tuttavia, abbiamo assolutamente bisogno di chiarimenti e di educazione nel campo della nutrizione. Ciò include il consumo di alimenti sani provenienti da un ambiente salutare, nonché la necessaria quantità di esercizio fisico.
Jacek Olgierd Kurski (ECR). – (PL) Signor Presidente, non capita tutti i giorni di discutere una normativa che è oggetto di così grande interesse tra i nostri elettori. É un fatto ben noto che un’etichetta comprensibile su un prodotto alimentare influenza le decisioni dei consumatori e incoraggia inoltre i produttori a promuovere il cibo sano.
Una questione emersa durante il processo legislativo e durante la nostra discussione riguarda le informazioni circa l'origine degli alimenti. Le etichette devono indicare il paese di produzione dei prodotti alimentari, anche nel caso degli alimenti trasformati. In questo secondo caso la cosa sarà certamente più difficile, ma mi sembra che l'idea di dare informazioni sull'origine degli ingredienti principali di un prodotto alimentare trasformato rappresenti una buona soluzione.
Altrettanto importante è l'informazione sul contenuto delle bevande alcoliche. Condivido l'opinione che le informazioni sugli ingredienti e i valori nutrizionali delle bevande alcoliche debbano essere indicate sulla confezione. Il consumatore deve sapere se la vodka che sta acquistando è stata distillata a partire dai cereali, dalle patate o magari dalle banane. Nessuno in questo Parlamento mette in questione la necessità di un cambiamento e l'introduzione di una normativa più completa. Mi auguro anche che tutti concordino sul fatto che questo dovrebbe essere un passo verso le aspettative dei consumatori europei, tenendo però anche conto delle capacità delle piccole e medie imprese del settore alimentare.
Paolo Bartolozzi (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Parlamento europeo è chiamato, come sappiamo, a esprimersi in via definitiva sull'informazione alimentare ai consumatori.
Va subito detto che si è trattato di un percorso legislativo obiettivamente laborioso, lungo e controverso, che non poteva essere abbreviato. Si tratta infatti di armonizzare il diritto comunitario sugli alimenti attraverso normative atte a rendere trasparente l'informazione ai consumatori, evitando di indurli in scelte confuse o potenzialmente nocive anche per la loro salute.
La relazione dell'onorevole Sommer, alla quale va riconosciuto lo sforzo compiuto per sintetizzare molteplici esigenze, ha lo scopo quindi di rimediare a controversi e diversi sistemi informativi vigenti nei paesi dell'Unione. Non è un caso che le normative nazionali a tutt'oggi differiscano nelle denominazioni della natura degli alimenti posti in vendita, ingenerando un sistema diverso da paese a paese e alimentando anche concorrenze sleali a danno dei potenziali consumatori. Si è cercato così, sulla base della proposta della Commissione europea, di dare una veste nuova alla legislazione in atto, coinvolgendo da una parte le industrie alimentari e, dall'altra, i consumatori. Contestualmente, la relazione impegna l'industria alimentare europea a far chiarezza sulle indicazioni obbligatorie, nonché sulle indicazioni e presentazioni dei valori alimentari nutrizionali.
In un mercato globalizzato l'Unione europea non poteva esimersi dall'adeguare, innovandola, la legislazione sui prodotti alimentari, per meglio proteggere anche il commercio degli alimenti e per salvaguardarlo da una sempre più invasiva e selvaggia concorrenza internazionale. Non è nuovo il fatto che si senta più spesso parlare della pericolosità di prodotti alimentari che surrettiziamente recano nomenclature e indicazioni che spesso non rispondono ai requisiti alimentari e che vengono comunque spacciati come alimenti benefici per la salute umana.
José Manuel Fernandes (PPE). – (PT) Signor Presidente, l'etichettatura dei prodotti alimentari è essenziale per garantire la sicurezza degli alimenti. Sono favorevole alla chiarezza delle informazioni per il consumatore ma allo stesso tempo a una minore burocrazia, alla semplificazione della regolamentazione, a una maggiore certezza giuridica e a una maggiore competitività nel settore alimentare, senza dimenticare le imprese più piccole.
La vendita diretta da parte degli agricoltori – al pari dei prodotti locali e artigianali – non può essere soggetta alle norme della presente regolamentazione. Prodotti come questi garantiscono la nostra diversità e salvaguardano le nostre più profonde tradizioni. I consumatori devono essere informati senza essere messi sotto pressione nelle loro scelte e senza una stigmatizzazione dei nostri prodotti tipici.
La proposta della Commissione è eccessivamente invasiva perché cerca di spingere i consumatori in una certa direzione invece di fornire loro le informazioni. Alcuni vogliono decidere il contenuto dei nostri menù, altri vogliono dirci quali piatti si possono e non si possono mangiare. Vi assicuro che i portoghesi, e in particolare quelli della regione del Minho, non rinunceranno mai a mangiare pica no chão o arroz de cabidela, non rinunceranno mai al caldo verde e al cozido à Portuguesa, accompagnato da buoni dolci locali e da una caraffa di vinho verde tinto.
Accolgo quindi con favore le modifiche, gli adeguamenti e il lavoro svolto dalla relatrice. Sono d'accordo con il suo punto di vista e con la sua relazione, e affermo che i consumatori devono essere consapevoli e ben informati, ma che dovrebbe essere lasciata solo a loro la responsabilità di decidere cosa mangiare.
Mairead McGuinness (PPE). – (EN) Signor Presidente, stiamo parlando di informazioni alimentari per i consumatori. In qualità di membri di questo Parlamento riceviamo informazioni su molte cose e non è tanto l'informazione ma quello che ne facciamo ad essere fondamentale.
Voglio soffermarmi su due punti specifici di questa relazione. Uno è il paese di origine. Abbiamo l’etichettatura del paese d'origine per le carni di manzo. Forse l'Unione europea non avrebbe scelto di averla ma una crisi ci ha costretto a farlo. Sembra aver funzionato molto efficacemente e molto bene. Sono favorevole all'idea che – in particolare per quanto riguarda prodotti a base di carne – vi sia la necessità di indicare ai consumatori il paese di origine, in modo che sappiano da dove provengono i loro alimenti.
Passo adesso al secondo punto, il problema per cui darei una “luce gialla”. Ho letto – e anzi ringrazio coloro che mi hanno fornito le informazioni – di sistemi a base di colori e di quantità minime giornaliere, e ho cercato di analizzare tali informazioni con estrema attenzione. Debbo fare un certo numero di osservazioni. Abbiamo avvertenze sanitarie sui pacchetti di sigarette. Io non fumo, credo che gli avvertimenti siano perfetti e io non fumerò. Chi fuma continua a farlo nonostante tutti gli allarmanti avvertimenti riportati sulle etichette. Posso sottolineare che le etichette non vi faranno dimagrire. Le etichette non ridurranno l'obesità. Su questo problema abbiamo bisogno di una discussione molto più approfondita. Dovremmo vietare ascensori e macchine in modo da incentivare l’esercizio fisico, ma difficilmente potremmo intraprendere questo particolare percorso.
Mi fa piacere che questa sia una prima lettura. Penso che i problemi siano troppo complessi per poterli risolvere in questa fase. Abbiamo bisogno di un dibattito più approfondito, e di discutere e trovare qualcosa che corrisponda al miglior interesse dell’argomento cui si riferisce il titolo della relazione: “informazioni alimentari ai consumatori”.
Herbert Dorfmann (PPE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei ringraziare il relatore. Un’efficace etichettatura dei prodotti alimentari è davvero molto importante. I consumatori devono sapere cosa mangiano e devono poterlo scoprire nel breve lasso di tempo che trascorrono al supermercato per fare la spesa. Ma le informazioni devono essere fornite in modo tale che per comprenderle non ci sia bisogno di una laurea in scienze dell'alimentazione. Dopo tutto, il target di riferimento di questa informazione è molto diverso: non sono certo coloro che già hanno una conoscenza eccellente di quanto sono salutari i diversi alimenti.
Considero di particolare importanza un settore, quello degli alimenti prodotti tradizionalmente, soprattutto i prodotti trasformati e commercializzati direttamente dall'agricoltore. I contenuti di questi prodotti spesso non sono standardizzati – penso ad esempio alle marmellate e ai succhi di frutta – e, molto semplicemente, non è possibile fornire informazioni sul contenuto di zuccheri o il preciso preciso tenore calorico.
Negli ultimi anni abbiamo fatto molto per ridurre la distanza che intercorre tra agricoltore e consumatore, e oggi fattori come la vita in fattoria, i “mercati del contadino” e così via sono molto importanti soprattutto per l'immagine degli agricoltori e dell'agricoltura. Abbiamo anche impiegato fondi europei per promuovere tali fattori nell’ambito del nostro programma per lo sviluppo rurale. Inoltre, in tali vendite c'è spesso un rapporto diretto tra l'agricoltore e l'acquirente, cosa che è spesso più importante delle informazioni sulle etichette. Di conseguenza, onorevoli colleghi, vi esorto a sostenere gli emendamenti che mirano a trovare una soluzione ragionevole per questa categoria di prodotti.
Richard Seeber (PPE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, non vi è dubbio che vi siano problemi di salute nell'Unione europea, né vi è alcun dubbio che gli interessi dei consumatori debbano avere la priorità o che il cibo sia differente dagli altri prodotti, in quanto è qualcosa che consumiamo e immettiamo nel nostro organismo. É quindi ovvio che dobbiamo prestare particolare attenzione quando si parla di alimenti e della loro etichettatura e che, anche in questo caso, deve valere il principio di precauzione sancito dal trattato.
Tuttavia, è ingenuo pensare che si possano risolvere questi problemi attraverso l'etichettatura degli alimenti. Prendete in considerazione gli Stati Uniti: ci sono molte persone in sovrappeso negli Stati Uniti, ma gli americani hanno le più severe norme sull'etichettatura alimentare. Di conseguenza, dobbiamo prestare particolare attenzione a come affrontare questo problema qui in Europa.
Ritengo quindi in primo luogo che un sistema a base di colori come quello proposto non ci farà raggiungere i nostri obiettivi, dato che la confusione che crea è maggiore delle informazioni che fornisce. In secondo luogo tuttavia, è anche mia convinzione che un sistema basato sulle quantità minime giornaliere, come è stato anche proposto, molto probabilmente fornirà conoscenze che i consumatori alla ricerca di informazioni troveranno utili per operare le scelte corrette.
In terzo luogo ritengo che sia importante l'etichettatura del paese d'origine, soprattutto per gli alimenti. La maggior parte dei consumatori vuole sapere da dove proviene il suo cibo e dove è stato prodotto. In quarto luogo credo che, se deve influenzare le decisioni dei consumatori, l'informazione relativa alla salubrità debba essere scientificamente fondata.
Ho una richiesta finale da sottoporre al Commissario: siamo ancora in attesa di una proposta da parte della Commissione sul finanziamento dell'Agenzia europea per la sicurezza alimentare. É l'unica autorità che non fa pagare tariffe per le proprie attività. La prego di dirci qualcosa su quando possiamo aspettarci questo finanziamento.
Anja Weisgerber (PPE). – (DE) Signor Presidente, la buona notizia di oggi è che la nuova legislazione ci darà un’etichettatura nutrizionale uniforme obbligatoria riferita a 100 grammi, permettendo quindi una maggiore comparabilità. Le indicazioni sul valore nutritivo metteranno a disposizione dei consumatori informazioni che consentiranno loro di operare una consapevole scelta di acquisto.
Il modello che ho in mente è quello del consumatore responsabile che sa cosa sta comprando. I prodotti di imitazione che non sono chiaramente contrassegnati come tali ingannano deliberatamente i consumatori. I formaggi d'imitazione, il prosciutto pressato, lo yogurt alla vaniglia che non contiene nessuna vaniglia: questi sono solo alcuni esempi. Tutti questi prodotti di imitazione devono essere etichettati come tali. Mi fa piacere che domani venga inviato un chiaro segnale al Consiglio e che noi tutti qui ci troviamo d'accordo sulla necessità di una migliore etichettatura.
Per quanto mi riguarda, l’obiettivo è quello di fornire informazioni: però dobbiamo lasciare liberi i consumatori di formarsi la propria opinione. Ecco perché sono contrario all’etichettatura basata sui colori. Non esistono cibi malsani: solo malsane diete squilibrate. I colori sono fuorvianti. Sono a favore dell’etichettatura alimentare secondo il modello delle quantità minime giornaliere e sono lieto che domani probabilmente voteremo in questa direzione.
Csaba Sándor Tabajdi (S&D). – (HU) I consumatori devono sapere cosa mangiano. Per questo motivo i partiti ungheresi danno pieno sostegno al sistema di etichettatura ibrido combinato basato sui colori. Anche L’Associazione nazionale per la protezione dei consumatori in Ungheria sostiene pienamente questo regime. Il sistema combinato basato sui colori è un sistema eccellente, facilmente comprensibile ed inequivocabile, che permette di fornire di informazioni autentiche e che aiuterà i consumatori a scegliere prodotti alimentari più sani. Al fine di eliminare le preoccupazioni riguardanti il consumo dei prodotti tradizionali, raccomandiamo l'utilizzo di questo sistema di etichettatura solamente per certe categorie di prodotti. É perfettamente chiaro. Sosteniamo anche la specificazione del paese d'origine nel modo più ampio possibile. Dobbiamo confermare il presente regolamento che richiede l’indicazione del paese di origine dei prodotti monoingredienti come frutta, verdura, carne, pesce e altri prodotti alimentari.
Giovanni La Via (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, se è prioritario per questo Parlamento garantire ai consumatori alimenti sicuri, dalla provenienza garantita e tracciabile, lo è anche favorire un agevole accesso alle informazioni alimentari attraverso adeguati sistemi di etichettatura. In tale direzione, l'adozione di etichette alimentari chiare e comprensibili può infatti influenzare le scelte dei consumatori indirizzandoli verso l'acquisto di prodotti più sani e dall'origine certa.
In tale contesto, mi preme chiedere a quest'Aula di voler valutare con attenzione un emendamento presentato a quest'Aula con le firme di quaranta deputati – l'emendamento 351 – perché possa essere data ai consumatori l'indicazione sull'origine della materia prima non solo per alcuni prodotti agricoli grezzi che arrivano sulle nostre mense, ma anche per i prodotti trasformati monoingredienti, cioè quelli che prevedono oltre al prodotto agricolo un eccipiente.
Frédérique Ries (ALDE). – (FR) Signor Presidente, vorrei fare due osservazioni su questa regolamentazione. É essenziale che domani confermiamo il nostro voto in materia di etichettatura obbligatoria di origine dei prodotti alimentari, già in vigore per un gran numero di prodotti: non solo per il pesce, la frutta e la verdura, ma anche per le carni non trasformate che utilizzano questo tipo di etichettatura sin dai tempi della crisi della mucca pazza.
Dobbiamo anche garantire che questo regolamento europeo protegga gli investimenti del gran numero di piccole e medie imprese che innovano e creano occupazione. Dobbiamo quindi eliminare tutte quelle misure che non solo non funzioneranno – come ad esempio i profili nutrizionali di cui all'articolo 14 – ma che si riveleranno chiaramente uno spreco di tempo e denaro per gli imprenditori.
Vorrei concludere molto rapidamente con una domanda al Commissario Dalli. Vorrei sentire il parere della Commissione sull'emendamento 205, trattato a lungo dall’onorevole Grossetête, che prevede l'aggiunta di un marchio per animali abbattuti tramite macellazione rituale. Come è già stato detto, ciò stigmatizzerebbe questi prodotti senza alcuna ragione e sarebbe particolarmente controproducente per questo settore. Vorrei conoscere la posizione della Commissione su questo tema molto importante.
Anna Rosbach (EFD). – (DA) Signor Presidente, sono una consumatrice europea e voglio sapere cosa metto in bocca. Nel mio paese, naturalmente, posso sapere da dove provengono la mia insalata, la carne e i formaggi. Noi consumatori abbiamo diritto ad una informazione chiara sulla composizione del cibo che compriamo senza dover essere chimici provetti o dietologi specializzati. Accogliamo con favore il fatto che le dichiarazioni su 100 grammi e 100 millilitri debbano essere riportate sulla parte anteriore della confezione, poiché le statistiche mostrano che questa è l'informazione che i consumatori vogliono. Non dobbiamo confondere i consumatori con troppi sistemi di etichettatura, né dobbiamo distruggere la diversità regionale delle aree produttrici di alimenti imponendo un sistema dettagliato di etichettatura per i prodotti alimentari non preconfezionati. Non dobbiamo mettere ostacoli sulla via della delle numerose piccole e medie imprese che compongono l'industria alimentare. Ci costerebbe migliaia di posti di lavoro in tutta Europa e non possiamo permettere che questo accada.
Anna Maria Corazza Bildt (PPE). – (SV) Signor Presidente, è mio convincimento che si debba rafforzare il potere dei consumatori fornendo loro informazioni chiare, semplici e comprensibili sui prodotti alimentari senza appesantire i piccoli produttori con una maggiore burocrazia in fase di produzione. Sono quindi contraria a qualsiasi forma di etichettatura ingannevole e di falsificazione. Sono contraria al sistema di etichettatura basato sui colori, perché spaventa la gente e non rispetta il fatto che tutti noi abbiamo esigenze di salute e stili di vita diversi. Per le stesse ragioni, sono contraria all’etichettatura obbligatoria sulle quantità giornaliere.
Io sono a favore dell'etichettatura del paese d'origine per le carni. La Commissione deve presentare proposte per soluzioni concrete che possano essere valutate e sulle quali potremo poi prendere posizione.
Abbiamo due alternative contrapposte: o i politici si impongono dall'alto e decidono ciò che dovremmo mangiare, oppure otteniamo una maggiore libertà di scelta e il diritto ad avere più informazioni. Io sono a favore di un sistema di etichettatura nutrizionale che sia flessibile e basato sulla ricerca. L'industria alimentare deve assumersi le proprie responsabilità e deve lavorare in maniera più pulita e per eliminare i fattori che generano alimenti più scadenti. Il cibo è un problema di salute ed è importante rendersene conto. Dobbiamo lavorare insieme per una migliore alimentazione.
Kriton Arsenis (S&D). – (EL) Signor Presidente, anch'io sostengo l’etichettatura basata sui colori, ma vorrei evidenziare un altro problema. Ogni ora una pozione di foresta tropicale vergine di dimensioni pari a trecento campi di calcio viene trasformata in piantagioni di palme. Questo affinché noi possiamo ottenere l'olio di palma utilizzato per produrre gli alimenti sui nostri scaffali. Questa notizia però viene nascosta ai nostri concittadini.
Invito l'Assemblea a votare a favore dell'emendamento 263, che stabilisce l'obbligatorietà dell’indicazione dell’olio di palma negli alimenti che i nostri concittadini trovano sugli scaffali del supermercato, in modo che essi – senza volerlo e senza sapere cosa stanno facendo – non finanzino la deforestazione globale, la perdita della biodiversità e i mutamenti climatici.
Quando domani voteremo su questo aspetto, saremo noi a decidere se i cittadini possono assumersi la responsabilità ambientale per i prodotti alimentari che scelgono o se – senza saperlo – finanziano le industrie per distruggere l'ambiente e il nostro comune futuro.
Franz Obermayr (NI). – (DE) Signor Presidente, tre milioni di studenti europei sono sovrappeso e il numero aumenta ogni anno di ulteriori 85 000 unità. Naturalmente, essere in sovrappeso provoca una serie di malattie croniche e per questo motivo è importante il cibo che mangiamo. In altre parole, noi siamo ciò che mangiamo. É nell'interesse dei consumatori disporre di un'etichettatura chiara e comprensibile degli alimenti che faccia riferimento ad alcuni ingredienti. Accolgo quindi con favore l'idea di fornire a tutti i consumatori una rapida indicazione del contenuto di grassi, zucchero e sale in un prodotto. Quello che realmente non rientra in questo regolamento, tuttavia, è la responsabilità per l'origine degli ingredienti di un prodotto. É quindi importante che qualcuno si assuma la responsabilità di dove provengono gli ingredienti utilizzati in un prodotto pronto. In questo delicato segmento di mercato è anche molto importante che a questo proposito siano in vigore delle sanzioni: sanzioni per coloro che ingannano deliberatamente i consumatori e rendono false dichiarazioni riguardanti i prodotti e i loro ingredienti.
Christa Klaß (PPE). – (DE) Signor Presidente, stiamo parlando oggi di dati e informazioni che possono essere distribuiti in tutto il mondo con la semplice pressione di un tasto. Non c'è carenza di informazioni: invece quello che manca è un’informazione chiara, concisa e adeguata.
Una cosa è certa: un’etichetta alimentare non può essere un manuale di sana alimentazione. La conoscenza della dieta è un qualcosa che deve essere comunicato nella famiglia, nelle scuole e nelle comunità. Tutti devono possedere qualche nozione di base per poter essere in grado di utilizzare le informazioni sulle etichette degli alimenti e per comporre una propria dieta salutare. Sulle etichette non sono necessarie le quantità giornaliere, i profili nutrizionali e le affermazioni sulla salute. Semafori che possono essere rosso e verde al tempo stesso – poiché l’alto contenuto di zucchero e il basso contenuto di grassi non si escludono a vicenda – non sono di aiuto ai consumatori.
Nel mondo attuale l’etichettatura di provenienza non è più adeguata. I nostri produttori lattiero-caseari nell'Eifel comprano il latte da Germania, Belgio e Lussemburgo. Allora, qual è il paese di origine del formaggio prodotto? Ovviamente, dobbiamo agire per evitare che i consumatori siano ingannati. L'etichetta deve indicare quanto è contenuto nel prodotto, senza possibilità di equivoco. Un formaggio succedaneo deve essere chiaramente riconoscibile come tale e designato di conseguenza. Un additivo alimentare, un pezzo di carne che è stato ricomposto pressandolo, non deve essere venduto come prosciutto al banco della gastronomia. Vi invito ad appoggiare le proposte della relatrice.
Edite Estrela (S&D). – (PT) Signor Presidente, è essenziale una corretta etichettatura dei prodotti alimentari. Le informazioni sul luogo d'origine sono importanti, come lo sono quelle informazioni sul livello di grassi, di zucchero e di sale. Per questo motivo le informazioni, se vogliono essere efficaci, devono essere chiare e accessibili e devono contenere solo i fatti essenziali. Tuttavia, ciò non significa che alcuni prodotti tradizionali che sono, in molti casi, espressioni della cultura di specifiche regioni di Europa, non possano o debbano esserne esenti.
Per quanto riguarda il vino, ritengo che anch’esso dovrebbe essere esentato per due motivi: in primo luogo, è un prodotto speciale che è già coperto da una specifica regolamentazione. Il vino non contiene grassi o zuccheri ma alcool, che è già classificato nelle norme di etichettatura vigenti. Inoltre il vino rosso è anche consigliato dall’Organizzazione mondiale della sanità. In secondo luogo, la nuova etichettatura sarebbe solo dannosa per un settore che sta già attraversando grandi difficoltà.
Oreste Rossi (EFD). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, non bisogna aver paura di scrivere il luogo di origine dei prodotti che noi e le nostre famiglie, come tutti gli altri cittadini, consumiamo.
Il consumatore, a cui deve essere garantita piena libertà di scelta, ha il diritto di sapere cosa comprare, cosa c'è dentro e da dove quei prodotti arrivano. Sono necessari strumenti che consentano al consumatore di poter valutare razionalmente le proprie scelte alimentari e di consumo. In questo senso, una spesa consapevole è il primo passo verso un'alimentazione sana ed equilibrata a tutela della propria salute.
Siamo coscienti che molte aziende, per questioni economiche o di comodità, preferirebbero omettere le indicazioni di molte informazioni, ma ciò non può vedere favorevole il legislatore che deve fare l'interesse esclusivo del cittadino consumatore.
Un'efficace etichettatura non deve fornire giudizi discriminanti tra alimenti buoni e alimenti cattivi, ma è in grado di fornire al consumatore degli strumenti di valutazione che gli consentano di operare in autonomia delle scelte informate consapevoli.
La Lega Nord da sempre si batte per difendere e tutelare i prodotti di qualità, possibilmente a chilometri zero, perché crede che una buona e sana alimentazione sia fonte di una migliore salute e qualità della vita.
Rareş-Lucian Niculescu (PPE). – (RO) Il tema dei codici dei colori sembra essere il punto di più accesa discussione nel dibattito odierno. Questa idea potrebbe essere interessante, ma sicuramente non è efficace ed è anche pericolosa.
Lungi da me sostenere che fornire informazioni corrette al consumatore e adottare misure contro le malattie legate all'alimentazione non debbano essere una priorità. Tuttavia, credo anche che non si debbano demonizzare alcuni alimenti. Non esistono alimenti buoni o cattivi, solo consumi eccessivi di cibo. Molti prodotti tradizionali europei potrebbero finire per essere evitati dai consumatori o alterati da parte dei produttori, il che avrebbe gravi ripercussioni sulla nostra industria alimentare.
Vorrei concludere facendo notare che condivido il parere dell'onorevole Grossetête per quanto riguarda le carni ottenute attraverso la macellazione rituale, e il punto di vista dell’onorevole Dorfmann sui prodotti alimentari artigianali, che rappresentano altresì un’importante tradizione in Europa. Ultimo ma non meno importante, sostengo l'emendamento 351 citato dall’onorevole La Via.
Jaroslav Paška (EFD). – (SK) In primo luogo desidero complimentarmi per il lavoro della relatrice onorevole Sommer che nella stesura della relazione si è concentrata sul miglioramento della direttiva elaborata dalla Commissione. Sono fermamente convinto che nelle indicazioni sul valore nutritivo degli alimenti ci si debba concentrare sulla significatività. I dati necessari devono essere indicati in valori comparabili e non devono andare perduti tra simboli e segni.
Bisogna anche concentrarsi sulla comprensibilità. Le principali informazioni devono essere apposte sulla parte anteriore, in modo che siano chiare a prima vista. Ulteriori informazioni sugli ingredienti possono essere contenute anche sull’altro lato del prodotto.
Dobbiamo anche concentrarsi sull’obiettività. I fornitori devono essere responsabili per l'esattezza delle informazioni sui prodotti, anche sotto la minaccia di sanzioni. Un altro aspetto che dobbiamo controllare è la leggibilità delle informazioni. Le dimensioni e lo spessore dei caratteri tipografici menzionati nella proposta della Commissione sono insufficienti. Per il consumatore le principali informazioni devono essere chiare a prima vista.
Per quanto riguarda l'etichettatura del paese d'origine intravedo una serie di questioni irrisolte. I produttori finali spesso acquistano sul mercato prodotti semi-lavorati in base al prezzo, alternando tra diversi fornitori di diversi paesi, e queste materie prime sono quindi mescolate insieme nel prodotto finale. Stiamo parlando di prodotti specifici come il salame o le salsicce. Chiaramente in tali casi sarà difficile indicare il paese d'origine.
Gilles Pargneaux (S&D). – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, questo è un problema di estrema importanza per la tutela dei consumatori. Un recente sondaggio indica che i cittadini europei ritengono che la situazione della sicurezza alimentare si sia deteriorata nel corso degli ultimi 10 anni, e un consumatore su tre ancora non si fida della qualità dei prodotti. É indispensabile quindi aggiornare, semplificare e chiarire l’etichettatura alimentare nell'Unione europea in modo da garantire che i consumatori siano maggiormente tutelati.
Mi permetto di sollevare due questioni. Siamo favorevoli per quanto riguarda la codifica in base ai colori, a condizione che essa contenga anche un riferimento ai valori nutrizionali espressi in percentuale. Per di più, sono contrario all'obbligo dell’etichettatura nutrizionale dei vini e degli alcolici. Vorremmo vedere redatta entro i prossimi tre anni una regolamentazione che disciplini i vini e gli alcolici, anziché nei prossimi cinque anni come la Commissione europea ha proposto. Questo, signor Presidente, signor Commissario, è ciò che vorrei portare alla vostra attenzione.
Miroslav Mikolášik (PPE). – (SK) Desidero ringraziare la mia collega, onorevole Sommer, per il suo lavoro impegnativo e accurato nella relazione sulla presente proposta di regolamento. Si tratta di una norma di diritto molto importante, soprattutto dal punto di vista della salute degli europei, il che rappresenta la priorità più importante. Oggi è indubbio che molte malattie e le patologie collegate agli stili di vita sono riconducibili ad una cattiva nutrizione, e quindi dobbiamo affrontare questo problema su una base concettuale.
I consumatori devono ricevere informazioni chiare e trasparenti sul valore nutrizionale di un prodotto, ma poi devono prendere decisioni autonome. Il nostro obiettivo è quello di raccontare ai consumatori che cosa è, non che cosa dovrebbe essere. Ritengo pertanto che il sistema di etichettatura in base ai colori sia superficiale e piuttosto inadeguato. Dal momento che fino all’80 per cento dei produttori agro-alimentari sono piccole e medie imprese, è anche necessario sottolineare che le misure adottate non devono gravare oltre misura su queste ultime.
John Dalli, membro della Commissione – (EN) Signor Presidente, desidero ringraziarvi per questo dibattito vivace e interessante che ha dato spazio a punti di vista così decisi su molti aspetti della proposta. La Commissione naturalmente prenderà in attenta considerazione questi punti di vista.
Ci sono alcuni temi che riteniamo fondamentali per i consumatori: per esempio, la disponibilità di informazioni sugli allergeni per tutti gli alimenti; l’etichettatura nutrizionale sul fronte della confezione, con l'approvazione di un’etichettatura supplementare da parte degli Stati membri; l'inclusione di criteri misurabili per la leggibilità; un’equilibrata informazione del consumatore in materia di salute. Ribadisco il mio forte sostegno al principio dei profili nutrizionali, e sottolineo che non arresteremo la produzione dei prodotti alimentari e che i lavori su questo tema procedono con uno spirito di apertura mentale. La Commissione non può accettare la cancellazione di questa disposizione dal regolamento sulle indicazioni.
Desidero, se posso, rispondere ad alcune delle questioni che sono state sollevate qui oggi. Sul finanziamento all’Autorità europea per la sicurezza alimentare, posso dire che stiamo lavorando al momento su una relazione non legislativa che dovrebbe essere pronta dopo l'estate e che conterrà la nostra posizione a questo riguardo.
Per quanto concerne l'innovazione, credo che le nostre proposte non vi si oppongano. Sono a favore dell’innovazione – al pari della Commissione – ma deve essere un'innovazione responsabile. Vogliamo un'innovazione che funzioni per i consumatori e che operi per la loro salute.
Sulla questione delle richieste presentate e delle approvazioni di indicazioni di salubrità alimentare menzionate dall'onorevole Davies, devo precisare che, ai sensi dell'articolo 13, abbiamo ricevuto circa 44 000 richieste da parte degli Stati membri. Quando abbiamo chiesto agli Stati membri di rivedere queste richieste, esse sono state ridotte a 4 000. Ciò evidenzia secondo me il modo lassista e superficiale con cui vengono fatte le richieste e la ragione per cui è importante che controlliamo queste indicazioni che, come ho detto, sono utilizzate come strumento di commercializzazione dei prodotti. In realtà, questo processo è stato leggermente ritardato a causa della quantità di richieste, ma stiamo lavorando per lotti. Il primo lotto è stato completato con l’Autorità europea per la sicurezza alimentare ed è in corso di revisione da parte della Commissione per la pubblicazione, e il secondo lotto è in fase avanzata presso l’Autorità europea per la sicurezza alimentare. É un processo in corso. D'altra parte, 50 indicazioni di salubrità sono già state giudicate a norma dell'articolo 14 e la Commissione si è pronunciata a favore o contro. Il lavoro in merito sta quindi procedendo: siamo in ritardo ma il lavoro continua.
Vorrei fare un altro commento sulle valutazioni d'impatto. La Commissione ha sostenuto questa proposta con un'ampia consultazione delle parti interessate e una valutazione d'impatto dei costi e benefici delle varie opzioni politiche. L'impatto dei diversi emendamenti presentati oggi e in passato dagli onorevoli deputati per aggiungere ulteriori requisiti di etichettatura non è stato soggetto ad alcuna valutazione. Ai fini di una migliore regolamentazione, credo che la valutazione d'impatto dovrebbe essere in ogni momento alla base del processo decisionale.
Concludo ringraziando ancora una volta l’onorevole Sommer e tutti gli onorevoli deputati per i loro contributi. Una lista completa della posizione della Commissione su ciascuno degli emendamenti è, come al solito, a disposizione del Parlamento.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà mercoledì 16 giugno 2010.
Dichiarazioni scritte (articolo 149)
Sergio Berlato (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il dibattito che affrontiamo oggi è di particolare importanza.
Il diritto comunitario prevede una serie di regolamenti e di direttive sugli ingredienti e sull'etichettatura dei prodotti alimentari. Tuttavia, attualmente non esiste un obbligo di etichettatura coordinato fra gli Stati membri. Appare chiaro che il cospicuo numero di norme comunitarie generiche circa le informazioni sugli alimenti rende difficile l'orientamento dei consumatori europei. I regolamenti aggiuntivi dei singoli Stati membri, nell'intento di colmare le lacune, hanno invece provocato ostacoli al commercio nel mercato interno dell'Unione europea.
Per queste ragioni, ritengo che solo un sistema uniforme di etichettature degli alimenti su scala europea possa ragionevolmente eliminare tali inconvenienti. L'etichettatura obbligatoria deve essere presentata in forma comprensibile, tale da consentire ai consumatori acquisti consapevoli. Il consumatore, infatti, continua a occupare un posto di rilievo nelle nostre scelte al fine di tutelarlo sia sotto il profilo della salute sia della qualità delle merci acquistate.
Sottolineo l'importanza di salvaguardare le imprese europee contro ogni forma di contraffazione e di concorrenza sleale promuovendo, al contempo, la riduzione degli oneri amministrativi. L'indicazione del nome dell'impresa produttrice sulle confezioni dei prodotti alimentari rappresenta anch'essa un'informazione fondamentale ai fini della promozione della competitività dell'industria alimentare europea.
António Fernando Correia de Campos (S&D), per iscritto. – (PT) La relazione Sommer è fondamentale non solo per fornire informazioni chiare ai consumatori, ma anche per evitare distorsioni del mercato e per operare come catalizzatore per l'economia europea, attraverso meccanismi trasparenti e applicazione uniforme di norme all'interno dell’Unione europea. É sorprendente quindi vedere riemergere tentativi, nella forma di modifiche alla sessione, per integrare il vino in questo schema di etichettatura con informazioni sui valori energetici e i livelli di zucchero.
Per le etichette del vino è già obbligatorio citare un certo numero di indicazioni, e l'aggiunta di nuovi requisiti significa che esse diventerebbero sovraccariche, di difficile lettura e di trascurabile valore pratico. I requisiti speciali di etichettatura per il vino possono essere spiegati storicamente dal fatto che si tratta di un prodotto altamente regolamentato con determinate qualità. Per questo motivo, dovrebbe rientrare nella proposta esenzione per cinque anni, il che consentirà una attenta analisi delle informazioni che le etichette devono comprendere. La crisi finanziaria che attualmente colpisce l'Europa richiede molta prudenza, visto che il settore del vino è principalmente composto da piccole e medie imprese. Oltre ai già pesanti costi della produzione di qualità, questo sarà un requisito aggiuntivo di scarsa utilità pratica. Ciò detto, ritengo inopportuna e sbagliata l'etichettatura del vino in base al regolamento attualmente in esame.
Robert Dušek (S&D), per iscritto. – (CS) La relazione sull’etichettatura dei prodotti alimentari ha l'obiettivo di unificare sette direttive e un regolamento esistenti, e chiarire la normativa vigente a livello europeo e nazionale. Per quanto riguarda gli ingredienti e i valori nutrizionali, l’attuale disarmonia provoca incertezza e confusione nelle informazioni dichiarate sui prodotti alimentari. Gli effetti collaterali di questi cambiamenti in favore di un'etichettatura unificata dei prodotti alimentari nell'Unione europea sono il rafforzamento della competitività dei produttori europei e la promozione di una sana alimentazione tra la popolazione in generale. Sono fondamentalmente in disaccordo con la proposta della Commissione di lasciare in gran parte agli Stati membri l’adozione delle disposizioni giuridiche. Ciò porterebbe ad una ulteriore frammentazione e a divisioni nel mercato interno per i prodotti alimentari, vanificando completamente l'obiettivo principale del regolamento che è quello di avere un'etichettatura degli alimenti unificata e chiara. La proposta della Commissione di un lettering di 3 mm. sarebbe, in molti casi, inattuabile nella pratica. Rispettarla significherebbe modificare le dimensioni delle singole confezioni, il che comporta logicamente un aumento dei costi per la produzione di imballaggi, per il trasporto e il deposito dei prodotti confezionati in questo modo, nonché maggiori costi per il cibo e per lo smaltimento ambientale degli imballaggi. La Commissione ha completamente trascurato i piccoli agricoltori e la vendita diretta di prodotti non imballati. É inaccettabile che la Commissione ci presenti simili proposte sbilanciate ed incomplete che non tengono conto dei più recenti sviluppi scientifici. Sono d'accordo in linea di principio con la versione modificata della relazione della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, e voterò quindi a favore di questa nuova versione.
Elisabetta Gardini (PPE), per iscritto. – Oggi votiamo un regolamento che tuteli i consumatori garantendo loro il diritto a essere informati sugli alimenti che trovano in commercio, perché possano fare acquisti consapevoli.
Non siamo qui per stabilire cosa devono mangiare i cittadini europei. Non possiamo allora accettare approcci quali l'etichetta con il semaforo o con profili nutrizionali che indichino il via libera o lo stop ai cibi sulla base di presunti principi salutistici che, oltretutto, non tengono conto di tradizioni enogastronomiche e tipicità locali. È peraltro convinzione dei più autorevoli nutrizionisti che non esistano cibi buoni e cibi cattivi, ma solo diete buone o cattive, a seconda del modo in cui i singoli alimenti vengono combinati nelle diete complessive. Sia i semafori che i profili nutrizionali ignorano che l'organismo umano per funzionare ha bisogno anche dei tanto denigrati grassi, zucchero e sale.
Vorrei poi attirare l'attenzione sulla necessità di specificare la provenienza degli alimenti. Sappiamo bene che in alcuni paesi possono venire utilizzati ingredienti pericolosi per la salute o tollerate carenze igieniche nella filiera produttiva. Dobbiamo proteggere anche le aziende che hanno nella qualità e nella salubrità dei prodotti i loro punti di forza. Con il nostro voto possiamo mettere dei paletti importanti in questa direzione.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Abbiamo speso circa 90 milioni di euro nella campagna dell'Unione europea per promuovere presso gli scolari europei una dieta sana. L'obiettivo è di incoraggiare i bambini a mangiare in modo sano, offrendo loro gratuitamente della frutta. Quindi, stiamo spendendo milioni per insegnare ai bambini a mangiare mele e altri frutti. Poi abbiamo in programma di introdurre un sistema di etichettatura degli alimenti in cui gli alimenti con basso contenuto di zucchero, grassi e sale avrebbero un colore verde, e quelli con un elevato contenuto un colore rosso. Tutt’a un tratto, quelle mele che che abbiamo distribuito spendendo milioni di euro avrebbero un'etichetta rossa, a causa del loro tenore di zucchero, e pertanto verrebbero considerate insalubri. Se così fosse, i ragazzi probabilmente non troverebbero molto da dire in lode dell'Unione europea. Anche coloro che non pensano a quello che mangiano hanno finalmente capito che consumare quantità eccessive di cibi pronti, biscotti, dolci e alcol non è sano. Per tutte le persone che vogliono prendere in considerazione la propria salute acquistando gli alimenti – o che sono costretti a farlo a causa di una malattia – è molto più importante una lista completa degli ingredienti. In questo modo sarà più facile per i diabetici, ad esempio, calcolare il numero di unità di pane, invece di dover indovinare la quantità di insulina da iniettare. Per il 10 per cento circa dei consumatori che a quanto pare leggono l'etichettatura nutrizionale, il potere calorifico ed il contenuto calorico rappresentano la soluzione ideale. Al contrario, un sistema confuso in base ai colori in realtà non ha alcuna utilità.
Daciana Octavia Sârbu (S&D), per iscritto. – (EN) Molti cittadini europei soffrono di problemi di salute legati all'alimentazione, come il diabete, l'ipertensione e le malattie cardiache. E i casi di questi patologie – che sono spesso evitabili – sono in aumento. Un ricorso massiccio a prodotti alimentari trasformati e a basso costo, combinati con la mancanza di informazioni accessibili sul loro contenuto, significa che i consumatori non sempre fanno scelte sane circa la propria dieta, anche se lo desiderano. Abbiamo il diritto ad informazioni chiare e precise su ciò che stiamo mangiando: dovrebbe essere facile confrontare i diversi prodotti, soprattutto in termini di contenuto di grassi, zuccheri e sale. Le norme di etichettatura, in particolare il codice in base ai colori in favore del quale voterò domani, aiuterà sia quanti hanno bisogno di specifiche alimentazioni che quanti sono consapevoli della propria dieta in generale a fare le scelte giuste. L’educazione alimentare e nutrizionale da sola non basta: deve essere sostenuta con informazioni accessibili e attendibili che le persone possano utilizzare facilmente. Ciò è essenziale per garantire che le persone possano operare le scelte giuste riguardo alla propria dieta ed è uno dei modi migliori con cui possiamo affrontare le patologie legate all'alimentazione che sono in così forte aumento in tutta l'Unione europea.
Róża Gräfin von Thun und Hohenstein (PPE), per iscritto. – (PL) La relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla disponibilità di informazioni alimentari per i consumatori, che sarà messa ai voti oggi nel corso della seduta plenaria del Parlamento europeo, è un altro passo avanti per consentire ai consumatori di ottenere le informazioni necessarie su un prodotto e quindi di prendere una decisione informata sul suo acquisto. Grazie a questa normativa, l'Unione introdurrà un sistema di etichettatura degli alimenti che sarà obbligatorio in tutti gli Stati membri. É un esempio di buona legislazione che razionalizza il sistema attuale composto da sette direttive e un regolamento. Armonizzare la legislazione a livello europeo, significa garantire il corretto funzionamento del mercato comune, permettendo ai consumatori di operare scelte consapevoli e al tempo stesso assicurando la tutela giuridica dei produttori. La molteplicità dei diversi sistemi di etichettatura dei prodotti alimentari provoca nei consumatori solo inutili dubbi al momento degli acquisti, mentre le informazioni fornite sono spesso illeggibili o non visualizzate correttamente sulla confezione. Questo è particolarmente importante considerando l’epidemia di obesità in Europa. La relazione dell'onorevole Sommer è destinata a cambiare questa situazione e dunque mi accingo a votare a favore della sua adozione.
6. Qualità dei dati statistici nell'Unione e rafforzamento dei poteri di controllo della Commissione (Eurostat) (discussione)
Presidente. –L’ordine del giorno reca la discussione sull’interrogazione orale alla Commissione dell’onorevole Karas e dell’onorevole Bowles, a nome della commissione per i problemi economici e monetari, sulla qualità dei dati statistici nell’Unione e il rafforzamento dei poteri di controllo della Commissione (Eurostat) (O-0080/2010 – B7-0314/2010).
Othmar Karas , autore. – (DE) Signor Presidente, Commissario Rehn, onorevoli colleghi, il dibattito di oggi è un importante segnale politico che il Parlamento europeo vuole inviare in questi tempi. La presentazione di questa interrogazione orale nel bel mezzo del processo di riorganizzazione di Eurostat e l’elaborazione della dichiarazione del Parlamento europeo alla Commissione rappresentano altresì un segno della nostra determinazione.
Con la presentazione di una risoluzione separata dimostriamo che il Parlamento europeo ha bisogno e vuole che Eurostat agisca in modo indipendente e completo. Questa è la prima risposta diretta da parte del legislatore alle esperienze in e con la Grecia. Allo stesso tempo, non dobbiamo dimenticare che nel 2005 il Consiglio ha respinto il piano in cinque punti del Commissario Almunia, e quindi ha impedito alla Commissione di dotarsi degli strumenti necessari. Stiamo recuperando ciò che avremmo potuto fare, e doveva essere fatto, molto tempo fa. Di conseguenza, vorrei ricordare alla Commissione e al Consiglio che esiste la volontà politica di costruire tutti gli strumenti necessari per garantire che l'euro non sia sostenuto solo dal pilastro dell'unione monetaria, ma anche dal pilastro dell'unione economica. Invito il Consiglio a non bloccare, a non ritardare, a non impedire, ma invece a offrire alla Commissione questa opportunità.
Vogliamo anche sapere se vi siano in corso indagini sui casi in cui Eurostat e/o gli Stati membri hanno agito in modo non corretto in questi ultimi anni, dato che solo disponendo di una chiara analisi potremo sapere quali correzioni e aggiunte dovranno essere apportate.
Che cosa vuole il Parlamento europeo? Noi vogliamo l'indipendenza, vogliamo la comparabilità e quindi standard minimi per la raccolta di dati statistici, standard minimi per la struttura istituzionale delle autorità e vogliamo la cooperazione con la Banca centrale europea. Vogliamo che tutte le azioni possano essere controllate, per cui Eurostat deve essere in grado di effettuare verifiche senza preavviso in qualsiasi momento. Vogliamo che i suoi poteri siano estesi, perché vogliamo la comprensione di tutti i dati, compresi quelli a livello regionale e comunale e quelli della previdenza sociale. Vogliamo una cooperazione totale, vogliamo rafforzare la funzione di coordinamento e vogliamo che la Commissione ci dica, prima di concludere la nostra relazione, se è sufficiente tutto quanto è stato concordato finora con il Consiglio. Noi non la pensiamo così. Stiamo parlando di una dichiarazione di minima, recuperando il terreno perduto per quello che non è stato fatto, compiendo il passo successivo verso una maggiore autonomia e maggiori poteri globali.
Sharon Bowles, autore. – (EN) Signor Presidente, la commissione per gli affari economici e monetari ritiene, coerente e unita, che Eurostat debba essere rafforzato: per lungo tempo abbiamo cercato di dare maggiore qualità ai dati statistici.
Conosciamo la vicenda poiché l'onorevole Karas vi ha già fatto riferimento. Nel 2005 il Consiglio si è coperto di biasimo e ha creato i presupposti degli attuali problemi sul debito sovrano indebolendo il patto di stabilità e, contemporaneamente, negando poteri di controllo ad Eurostat. In seguito a questo precedente, ci vorrà del tempo per riconquistare una fiducia la cui mancanza ha fatto sì che gli Stati membri abbiano dovuto mettere sul tavolo un sacco di soldi. Le parole e gli impegni politici da parte del Consiglio Ecofin non sono stati sufficienti.
Ben presto Eurostat disporrà finalmente di un potere di controllo, tanto più importante oggi perché è la chiave che può rendere efficaci gli altri piani di sorveglianza economica. Uno strumento per riprendere il controllo sul gettito fiscale effettivo è molto meglio che limitarsi a riprendere il controllo delle promesse.
Vogliamo che la qualità dei dati sia migliorata in modo da renderli tempestivi, e vogliamo essere in grado di esaminare a monte i dati della contabilità nazionale. Ci domandiamo: sono sufficienti i nuovi poteri conferiti a Eurostat? Anche adesso il Consiglio Ecofin ha aggiunto alcune condizioni al nuovo potere di revisione – in realtà meno restrittive di quanto molti di noi temevano– ma ha minato la possibilità di indagine e di intervento veramente preventivi?
La relazione del Parlamento europeo concede a Eurostat diritti incondizionati per eseguire i cosiddetti sopralluoghi metodologici. Naturalmente le risorse dovranno essere indirizzate laddove ce n’è bisogno, ma le indagini devono avere luogo al momento dei sospetti e non a fatti compiuti.
Infine, quando sapremo che stiamo comparando aspetti che sono davvero comparabili? Quali progressi si stanno compiendo per garantire che le procedure di contabilità siano standardizzate e sufficientemente trasparenti per intercettare attività fuori bilancio e eventuali altre pratiche innovative?
Olli Rehn, membro della Commissione. – (EN) – Signor Presidente, desidero innanzi tutto ringraziare l'onorevole Karas, l’onorevole Bowles e altri per aver sollevato queste importantissime questioni che riguardano la qualità dei dati statistici e di Eurostat. Accolgo inoltre con favore il sostegno manifestato nel vostro progetto di parere alla proposta della Commissione di modificare il regolamento relativo all'applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi.
Faccio notare che questa di febbraio è la prima proposta legislativa della seconda Commissione del Presidente Barroso. Sono lieto che presto sarà adottata, mi auguro, e ne disporremo poi tra i nostri strumenti. Ne avevamo bisogno già molto tempo fa, come ha detto l’onorevole Bowles.
La proposta originale in questo senso è stata avanzata nel 2005, ma fu poi respinta dagli Stati membri. I tempi sono cambiati e ora disponiamo di un ampio sostegno in seno al Consiglio.
Per quanto riguarda questa proposta, l'approccio generale approvato la settimana scorsa, l’8 giugno, dal Consiglio Ecofin conferma l'importanza di garantire l'alta qualità delle statistiche sul debito e il deficit pubblico e riconosce a tale scopo il ruolo della Commissione e di Eurostat.
Il regolamento in fase di finalizzazione mantiene l'obiettivo principale della proposta presentata dalla Commissione, ossia la concessione di maggiori poteri di controllo a Eurostat laddove sia stato identificato un rischio o un problema significativo per la qualità dei dati. La Commissione può dunque accettare il testo di compromesso.
La Commissione intende fare vari ulteriori passi in merito al rafforzamento della qualità delle statistiche europee per i disavanzi eccessivi. Vi sarà un rafforzamento immediato delle risorse di personale che si occupa di questo lavoro, principalmente mediante trasferimenti interni in Eurostat. Gli Stati membri verranno visitati con maggiore frequenza rispetto ad oggi nelle cosiddette Visite di dialogo per i disavanzi eccessivi.
La Commissione garantirà l'integrazione di ulteriori informazioni sui dati di base per la compilazione delle statistiche negli inventari dei deficit eccessivi previsti dal regolamento. Se si manifestasse un caso eccezionale in cui sono stati chiaramente identificati rischi o problemi per quanto riguarda la qualità dei dati, Eurostat utilizzerà tutti i poteri messi a sua disposizione dalle nuove regole, tra cui, naturalmente, i poteri di audit.
Prima di concludere, vorrei dire alcune parole sulla Grecia su alcuni temi di attualità. Vorrei cogliere l'occasione e magari approfittare di un minuto in più del vostro tempo. Come è noto, in merito alle statistiche greche la Commissione ha intrapreso un lavoro in profondità su più anni. Il regolamento modificato dovrebbe in futuro ridurre il rischio di frode, di manipolazione delle statistiche, o di qualsiasi altro tipo di irregolarità.
Ieri vi è stato un nuovo sviluppo riguardante la Grecia. Saprete che ieri Moody's ha deciso di declassare le obbligazioni greche. Ne ho discusso anche con il mio collega Michel Barnier e con il Presidente della Commissione. Devo dire che la scelta del momento per la decisione di Moody's è al tempo stesso sorprendente e assai infausta, visto che arriva dopo l'accordo su un programma di adeguamento macroeconomico raggiunto tra la Grecia e la Commissione, la Banca centrale europea e il Fondo monetario internazionale.
Le misure adottate dal governo greco mostrano il suo impegno nell’attuazione della strategia di riforma del sistema statistico, nella stabilizzazione delle finanze pubbliche e nel ripristino a lungo termine di una crescita economica sostenibile. La decisione di Moody's sembra in contrasto con l'evoluzione delle offerte di titoli sovrani della Grecia e dei margini sui credit default swap, che sono stati ridotti in misura significativa dopo l'accordo sul programma. Ciò solleva di nuovo le questioni relative al ruolo delle agenzie di rating del credito nel sistema finanziario e della regolamentazione prudenziale.
Questi e altri temi saranno presi in considerazione nella riflessione della Commissione sul futuro delle agenzie di rating. In particolare, la Commissione esaminerà nei prossimi mesi le questioni concernenti il livello di concorrenza in questo settore, che per il momento è fortemente concentrato, così come la trasparenza in merito alla metodologia e al conflitto di interessi, poiché il sistema rimane basato sul modello emittente-debitore.
Concludo dicendo che è di assoluto rilievo disporre di dati statistici precisi e affidabili sui conti nazionali. É una delle pietre angolari di un corretto ed efficace funzionamento dell'Unione economica e monetaria, come ha sottolineato, ad esempio, l’onorevole Karas. Quindi, questo emendamento relativo ai poteri di Eurostat forma parte integrante del rafforzamento della governance economica in Europa, che rappresenta davvero un obiettivo necessario.
Edward Scicluna, a nome del gruppo S&D. – (EN) Signor Presidente, sono lieto che la Commissione abbia prodotto delle proposte legislative per rafforzare Eurostat, che attualmente sono oggetto di esame da parte della commissione per i problemi economici e monetari.
La qualità della governance statistica è al cuore della crisi dell’eurozona. Non nutro alcun dubbio che Eurostat debba disporre di poteri più ampi, in particolare per effettuare ispezioni in loco negli Stati membri. Ma tali ispezioni non dovrebbero essere tenute solo dai funzionari del ministero delle finanze dello Stato membro o delle autorità nazionali di statistica oppure delle aziende pubbliche: esse devono coinvolgere, se lo si ritiene pertinente, gli economisti accademici, i sindacati, le organizzazioni non governative, ecc. É un qualcosa che le agenzie di rating, o anche le delegazioni del Fondo monetario internazionale, applicano come dato di fatto.
In secondo luogo, dobbiamo avere un sistema di contabilità comune utilizzato da tutti gli Stati membri sulla base di un metodo di contabilità standardizzato e riconosciuto a livello internazionale e concordato tra Stati membri, Commissione e Parlamento. Questo non dovrebbe essere applicato solo alle relazioni finanziarie fornite alla Commissione, ma dovrebbe essere utilizzato anche nel settore pubblico degli stessi Stati membri.
A oltre un decennio dalla creazione dell’eurozona e dall'introduzione dell'euro, abbiamo scoperto dei difetti di base nel sistema che stanno causando danni. Ironia della sorte, abbiamo ignorato tali difetti a causa del falso senso di sicurezza creato dai successi dell’euro. Dobbiamo garantire che in futuro i mercati si fidino delle previsioni economiche e delle statistiche dei governi. Dobbiamo correggere questi difetti e farlo in fretta.
Esorto pertanto la Commissione a continuare a collaborare strettamente con il Parlamento e il Consiglio per risolvere questi problemi come questione di urgenza.
Sylvie Goulard, a nome del gruppo ALDE. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, ovviamente l'attuale crisi nell’eurozona non può essere attribuita alle carenze del sistema statistico comune. Però queste carenze hanno avuto gravi ripercussioni. Ci sono le conseguenze economiche, e molto si è detto su di esse, ma ci sono anche conseguenze in termini di credibilità dell'Unione europea. Qui stiamo avviando un discorso su quello che è, a mio parere, uno dei maggiori problemi rispetto alle modalità con cui opera oggi l'Unione. I governi fanno promesse ai propri cittadini, e giustamente: dicono che gli impegni reciproci saranno strettamente controllati, che i criteri saranno esaminati fino al l'ultimo punto decimale – nella versione originale tedesca ciò equivale a drei komma null (“tre punto zero”) – ma questi stessi governi, anno dopo anno, si sono rifiutati di dare a Eurostat le risorse necessarie per svolgere il proprio lavoro. Tutto questo va a discapito del bene comune, perché tutto ciò che indebolisce la Commissione indebolisce tutti noi.
Ecco il motivo per cui siamo lieti di sostenere questa risoluzione che chiede di dare poteri investigativi alla Commissione, a Eurostat, e il rafforzamento delle norme comuni. Senza questo sforzo per garantire il rigore nell'utilizzo e nella compilazione dei dati, le promesse di rigore non verranno mantenute. Gli europei si sentiranno sempre di più in balia degli eventi e sarà l'Unione europea a perdere la faccia.
Franz Obermayr (NI). – (DE) Signor Presidente, il dibattito sul rafforzamento dei poteri di Eurostat non affronta realmente il problema. Non dobbiamo ritrovarci mai più in una situazione in cui uno Stato membro gioca brutti scherzi con i propri dati di bilancio e vive al di sopra dei propri mezzi per anni a spese degli altri: quando vi sono ragioni per dubitare dei dati, questi devono essere verificati. Tuttavia, l'Unione europea non deve usare la Grecia e la crisi attuale euro come scusa per togliere completamente i poteri di sovranità di bilancio agli Stati membri. Il problema deve invece essere eliminato alla radice.
In alcuni casi, le strutture socio-economiche degli Stati membri variano notevolmente. Persino Eurostat, che manipola le cifre per l'Unione europea, deve comprenderlo. Un disoccupato a Londra non è uguale a un disoccupato a Parigi, perché si applicano criteri differenti. Le differenze delle realtà socio-economiche tra paesi a moneta tradizionale forte e quelli a moneta debole sono ancora più rilevanti.
Eurostat non deve mantenere questo mito della comparabilità a qualsiasi costo; la comparabilità dei paesi dell’eurozona deve invece essere radicalmente ripensata.
Anni Podimata (S&D). – (EL) Signor Presidente, signor Commissario, permettetemi di iniziare esprimendo il mio completo apprezzamento per il commento espresso in precedenza in merito all’improvvisa e ingiustificata decisione di ieri da parte dell'agenzia Moody's di declassare il rating della Grecia, una decisione che lei ha definito infausta e sbagliata, confermando così che era corretta la nostra decisione di procedere a una revisione radicale del quadro del funzionamento di queste agenzie sul territorio europeo e di esaminare seriamente la possibilità di creare un'agenzia pubblica europea di rating del credito.
Per quanto riguarda la discussione di oggi e la proposta di rivedere il regolamento sulla qualità dei dati statistici nel contesto della procedura per i disavanzi eccessivi, tutti noi sappiamo che ciò fa seguito alla cosiddetta “vicenda greca” in termini di false statistiche.
In qualità di deputato greco, ovviamente io non sono contenta che la Grecia sia utilizzata in questa discussione come esempio da evitare. Vorrei comunque ricordare al Parlamento, come lei ha fatto signor Commissario, che la Grecia, l'attuale governo greco, è stato il primo a riconoscere il problema e a prendere immediatamente decisioni radicali per affrontarlo, convertendo prima di tutto l’ufficio nazionale di statistica in un'autorità pienamente indipendente sotto la supervisione del Parlamento e, in secondo luogo, prendendo misure per istituire una commissione esaminatrice che indagasse e individuasse le colpe di quanti sono coinvolti in questo inaccettabile modo di procedere.
Nondimeno, dobbiamo riconoscere che questa discussione a livello europeo è tardiva, poiché sin dal 2005 erano disponibili dati statistici adeguati che avrebbero dovuto spingerci ad agire.
Dimitar Stoyanov (NI). – (BG) Desidero incanalare la discussione in una direzione più pratica, perché la scorsa settimana il Commissario ha dichiarato che vi sarà un audit speciale effettuato da Eurostat sui dati statistici ricevuti dalla Bulgaria.
Purtroppo però, non era chiaro dalle affermazioni del Commissario Rehn perché vi sia la necessità di tale controllo. È per questo che vorrei ora cogliere l'occasione per rivolgergli una domanda.
In base a quali criteri viene preso di mira il più stabile Stato membro nei Balcani, quando tutti gli altri Stati membri di quell’area si trovano in grandi difficoltà? Quali sono stati i criteri che hanno determinato l’esigenza di una revisione dei conti proprio in Bulgaria? Non è forse anche questo un segno di una certa inerzia da parte vostra riconducibile alla sua area di precedente responsabilità, ovvero l'ampliamento?
Lei ha detto anche che è assai spiacevole che Moody's abbia abbassato il rating di credito della Grecia. Tuttavia, si rende conto che facendo circolare pubblicamente tali dichiarazioni, il rating della Bulgaria potrebbe a sua volta essere il prossimo a venire declassato? Non è possibile prendersela con Moody's. In questo caso lei dovrebbe prendersela solo con sé stesso.
Olle Ludvigsson (S&D). – (SV) Signor Presidente, vi sono misure semplici che devono essere adottate per creare stabilità economica all'interno dell'Unione europea. Una delle più semplici ma allo stesso tempo delle più importanti misure è quella di aumentare la qualità delle statistiche economiche. In questo settore è perfettamente possibile ottenere miglioramenti significativi in tempi relativamente brevi. Accolgo quindi con favore i segnali positivi inviati sia dalla Commissione che dal Consiglio. Spero che sarà possibile raggiungere rapidamente un accordo su efficaci pacchetti di misure che innalzino ad un livello superiore la qualità delle statistiche.
Credo che sia necessario rafforzare il ruolo e i poteri di Eurostat. Eurostat deve inoltre continuare a cooperare con i produttori nazionali di statistiche, ma la gerarchia e i livelli del processo decisionale devono essere resi più chiari. Eurostat deve poter chiedere di ricevere dei dati nazionali corretti e, se la qualità non è sufficiente, deve poter ricorrere sia alle sanzioni che alle ispezioni straordinarie.
Se le statistiche devono essere migliorate è necessario rafforzare le risorse. É importante rendersi conto che una più elevata qualità richiede maggiori investimenti in questa direzione. Dobbiamo stabilire un piano per Eurostat. La sua capacità deve essere aumentata e dobbiamo garantire che il bilancio consenta questo aumento di capacità. Temo che fino ad oggi, nel processo decisionale in corso in questo settore, le statistiche non abbiano rappresentato una priorità. Mi auguro di assistere a questo aumento degli investimenti.
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, siamo tutti consapevoli che, visti i problemi attuali della maggior parte dei bilanci nazionali degli Stati membri, l’emendamento della regolamentazione sulla qualità dei dati statistici nel contesto della procedura per i disavanzi eccessivi è una misura particolarmente importante e urgente. In mancanza di dati precisi e chiari è difficile decidere e stabilire ulteriori misure. In questo senso, deve essere messo in atto un meccanismo di controllo che permetta di verificare in tempo utile i dati forniti dalle autorità nazionali. In ogni caso, non dobbiamo mai più ritrovarci in una situazione, come è avvenuto con la Grecia, in cui risulti evidente solo a posteriori che sono state prese decisioni con implicazioni di vasta portata sulla base di dati errati o falsificati. Dobbiamo anche prendere in considerazione delle sanzioni contro quegli Stati che deliberatamente comunicano dati o statistiche errati. Pertanto la valorizzazione di Eurostat e la sua espansione in un'autorità indipendente dovrebbe essere presa in ogni caso in esame. Ciò non interferisce assolutamente con la sovranità di bilancio degli Stati membri, ma riguarda piuttosto la necessità di disporre di un controllo efficace sui dati.
Liisa Jaakonsaari (S&D). – (FI) Signor Presidente, bisognerebbe ringraziare la Commissione per aver proceduto a progressi tanto rapidi riguardo a tali questioni. Solo pochi mesi fa, ad esempio, analizzare i dati statistici di un paese era interpretato come un'intrusione in materia di sovranità nazionale. Allora lo si riteneva virtualmente impossibile, e ovviamente adesso abbiamo fatto molta strada. É assai positivo che le competenze di Eurostat siano aumentate. L'Europa sarebbe andata alla deriva in una sorta di crisi morale se la gente, come è accaduto, avesse semplicemente notato con la coda dell'occhio che i dati statistici erano stati distorti.
Sono d'accordo con la collega onorevole Podimata che la gente adesso dovrebbe smettere di ridicolizzare la Grecia in questo modo. La Grecia dovrebbe essere rispettata per aver preso alcune decisioni molto difficili. La gente dovrebbe avere un accesso ai dati statistici e informazioni di carattere generale sull'economia migliore di quanto è accaduto in precedenza.
Olli Rehn, membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, mi permetta di ringraziarla per la discussione assai concreta e per il suo sostegno a questa proposta di rafforzare i poteri di Eurostat. Devo dire che concordo con l'onorevole Jaakonsaari: negli ultimi mesi abbiamo assistito a un cambiamento complessivo, un vero e proprio cambiamento culturale, per quanto riguarda l'atteggiamento in materia di coordinamento delle politiche economiche in Europa.
L'adozione di questa proposta è una delle pietre angolari dei nostri sforzi per rafforzare la nostra unione economica e monetaria. Sono state fatte diverse osservazioni riguardanti la Grecia e la Bulgaria, ed io vorrei chiarire e rispondere ad alcune delle domande che sono state sollevate oggi. Per ciò che riguarda la Grecia, non voglio addentrarmi in tutta la lunga vicenda di questa saga. Sono d'accordo con chi dice che non è giusto continuare questa denigrazione della Grecia, perché quest’ultima è attualmente sulla strada giusta ed attua il suo programma in maniera efficace. La Grecia merita fiducia e sostegno, non bastonate. Per quanto riguarda le riforme statistiche, stiamo collaborando con le autorità greche. Nel corso dell’inverno e della primavera abbiamo fatto numerose visite e abbiamo recentemente concordato un piano d'azione teso a migliorare la capacità del sistema statistico greco e le statistiche sulle finanze pubbliche di quello Stato.
Riguardo alla Bulgaria, le nostre preoccupazioni riguardano soprattutto due aspetti della previsione di bilancio. Mi auguro che almeno i deputati bulgari al Parlamento europeo stiano ascoltando i miei chiarimenti in merito alla procedura di deficit eccessivo e ai problemi statistici della Bulgaria.
In primo luogo, in violazione degli obblighi del trattato la Commissione è stata informata solo tardivamente da parte della Bulgaria delle consistenti revisioni nelle prospettive di bilancio. In secondo luogo, non disponiamo di informazioni sul perché la Bulgaria abbia riveduto le proprie previsioni di bilancio per il 2010 da un pareggio a un disavanzo del 3,8 per cento nel giro di poche settimane, anche se lo scenario macroeconomico è rimasto invariato o è addirittura migliorato. Di conseguenza la Commissione non è attualmente in grado di effettuare una valutazione dei piani bulgari di bilancio per quest'anno.
La missione prevista da Eurostat in Bulgaria per il secondo semestre di quest'anno non affronta le discrepanze e le questioni relative alle previsioni del 2010. Questa non è una questione statistica. Eurostat si concentrerà invece sui potenziali rischi per i precedenti dati sulla procedura per i disavanzi eccessivi per l'anno 2009 relativi a impegni contrattuali governativi non dichiarati.
Sono molto grato per l’attenzione rivolta a questi importanti temi che possono avere anche delle implicazioni sulla posizione della Bulgaria sui mercati. Secondo le informazioni ricevute dalle autorità bulgare, la conclusione delle loro verifiche interne di bilancio sarà completata solo a metà estate. L'esito di tali verifiche sarà utilizzato da Eurostat nel contesto della prevista visita in Bulgaria per la procedura per i disavanzi eccessivi. A seconda della rapidità di adozione del regolamento riveduto, che concede maggiori poteri a Eurostat, quest’ultimo potrà se necessario attingere a questi poteri nel corso del proprio operato.
Onorevoli colleghi, ancora una volta, vi ringrazio per l'attenzione e soprattutto per il vostro ampio e deciso sostegno per la nostra proposta, che è la prima proposta legislativa della seconda Commissione Barroso. La sua adozione è in effetti essenziale per l'efficace funzionamento dell'Unione economica e monetaria.
Presidente. – Grazie signor Commissario anche per la Sua generosità nei nostri confronti che l'abbiamo ascoltata con non sufficiente attenzione. Deploro che quando si sta intervenendo in Aula ci siano manifestazioni, come gli applausi, che non hanno a che vedere con l'argomento e l'intervento che si svolge durante il nostro lavoro.
La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà mercoledì 16 giugno 2010.
Dichiarazioni scritte (articolo 149)
Enikő Győri (PPE) , per iscritto. – (HU) Il Parlamento europeo deve prendere posizione su una questione molto importante nel dibattito odierno, vale a dire: la direzione che il sistema di informazioni statistiche che attualmente opera sotto l'autorità di Eurostat deve prendere al fine di evitare in futuro situazioni simili allo scandalo greco. Vi ricordo che la frode perpetrata dalle autorità greche era già venuta alla luce nel 2004, e nello stesso periodo anche le finanze del governo socialista ungherese erano ugualmente dubbie. Nonostante ciò, l'Unione europea non ha ancora assunto alcuna iniziativa per riformare il sistema delle informazioni statistiche. Anche se ritengo che il piano della Commissione di concedere diritti di controllo a Eurostat rappresenti un passo nella giusta direzione, sono convinto che dovremo fare di più poiché adesso è in gioco il futuro della moneta unica. Cosa penso che dovremmo fare? A mio parere, nelle procedure per i disavanzi eccessivi, le sanzioni non dovrebbero essere imposte solo agli Stati membri che ripetutamente non ottemperano all'obbligo del raggiungimento dell'obiettivo del 3 per cento secondo il criterio di Maastricht sul deficit di bilancio, ma anche a quelli che per anni hanno fornito falsi dati statistici ingannando gli investitori e l'Unione europea e mettendo a repentaglio la stabilità dell’eurozona. Sono d'accordo con l'idea di rendere i funzionari degli uffici statistici nazionali personalmente responsabili per la qualità dei dati forniti a Eurostat. Per questo motivo propongo, tenendo conto del lavoro svolto dal gruppo di lavoro del Consiglio sotto la direzione del presidente Van Rompuy, di chiedere alla Commissione di elaborare un sistema di sanzioni più severe per sostituire quello attualmente in vigore.
Presidente. – L’ordine del giorno reca il turno di votazioni.
(Per il risultato e altri dettagli della votazione: vedasi processo verbale)
7.1. Elezione di un Vicepresidente del Parlamento europeo (votazione)
Presidente. –Passiamo ora all'elezione di un Vicepresidente del Parlamento europeo a norma degli articoli 13, 15 e 18 del regolamento.
Come sapete, uno dei nostri colleghi, che è stato l’undicesimo Vicepresidente, è stato eletto al suo parlamento nazionale e vi ricopre le funzioni di Presidente. Mi riferisco al signor Schmitt. Oggi eleggiamo un nuovo Vicepresidente che prenda il suo posto. Ho ricevuto la seguente candidatura: onorevole Tőkés. Il candidato mi ha informato ufficialmente che egli acconsente alla nomina. In considerazione del fatto che vi è un solo candidato propongo che egli sia eletto per acclamazione a norma dell'articolo 13, paragrafo 1, del regolamento.
Qualcuno si oppone? Ai sensi dell’articolo in questione sono costretto a domandarlo.
Corneliu Vadim Tudor (NI). – (EN) Signor Presidente, oggi è la prima volta che mi vergogno di essere un membro del Parlamento europeo. É la prima volta che un uomo che nega il trattato di pace del Trianon firmato dopo la Prima Guerra Mondiale è promosso e proposto ai voti per una posizione così importante in Europa. Il popolo rumeno…
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Presidente. – Lei non è d'accordo con questa scelta, quindi procederemo a un voto formale. Voteremo per mezzo del sistema elettronico.
Hannes Swoboda (S&D). – (DE) Signor Presidente, ci è stato detto che il candidato desiderava fare prima una dichiarazione. Forse siamo stati informati male, ma se il candidato desidera fare una dichiarazione allora dovrebbe essergli data la parola.
László Tőkés (PPE). – (EN) Signor Presidente, ho preparato per oggi una breve dichiarazione che desidero leggere.
É un grande onore per me essere nominato Vicepresidente del Parlamento europeo con il sostegno del Partito popolare europeo (Democratico cristiano). É stato per me un onore simile ricevere nel dicembre 2009 la più alta decorazione di Stato della Romania, l'Ordine della stella, in occasione della ricorrenza del ventesimo anniversario della caduta della dittatura comunista in Romania. Vent'anni fa a Timişoara, persone di diverse origini etniche e con convinzioni diverse, unite dalla convinzione e dal coraggio e affrontando e correndo insieme gli rischi stessi, si sollevarono contro il regime di Ceauşescu. Allo stesso modo, oggi come allora, io continuo il mio impegno per rappresentare gli interessi del mio paese nello spirito della lotta per i diritti umani, delle minoranze, dei diritti religiosi e per la libertà, restando fedele all’impegno per i valori europei e cristiani.
Mi impegno a favorire l'integrazione europea dei Paesi ex comunisti e degli Stati dell’Europa orientale e centrale, in particolare quella della comunità di minoranza ungherese in Romania che rappresento in qualità di membro del Partito popolare europeo (Democratico cristiano). Mi riempie di gioia essere un membro del Parlamento europeo nel periodo successivo all'entrata in vigore del trattato di Lisbona, che segna un nuovo inizio nella storia dell'Europa unita. Vi ringrazio per l’attenzione.
(Applausi)
Presidente. – Procediamo alla votazione elettronica. Dopo che avrò dichiarata aperta la votazione, sullo schermo verranno visualizzate le seguenti informazioni: l'oggetto della votazione e il nome del candidato. Per votare a favore del candidato è necessario premere il tasto “+”. Naturalmente è possibile anche astenersi dal voto con il pulsante “0”, come sapete. Quindi è tutto semplice. Ai sensi dell'articolo 15 del regolamento di procedura, risulta eletto il candidato che ottiene la maggioranza assoluta dei voti espressi, il che significa che vengono presi in considerazione solo i voti a favore.
Marc Tarabella (S&D). – (FR) Signor Presidente, mi perdoni, forse sono l'unica persona in questo Parlamento che non sa cosa sta accadendo, ma davvero non so in che modo siamo tenuti a votare. C'è uno zero, un numero uno e una croce. Francamente, non so come votare a favore o contro o astenermi. Sarebbe utile se potesse venire spiegato correttamente.
Martin Schulz (S&D). – (DE) Signor Presidente, in tutta modestia, vorrei porle una domanda. Lei dispone accanto a lei di un gran numero di colleghi ben retribuiti che sono sicuro saranno in grado di darle qualche aiuto per rispondere alla seguente domanda. Sul mio schermo, ho il nome “Tőkés”.
La mia apparecchiatura dispone poi di tre pulsanti da premere in votazione per appello nominale. Il primo pulsante è per il “sì”, il tasto centrale è per l’astensione e il terzo pulsante è per il “no”. É giusto?
(Commenti di approvazione)
Questo significa che chi vuole votare per l'onorevole Tőkés deve premere il pulsante “sì”, quelli che non vogliono votare per lui premono il pulsante “no”, e coloro che vogliono astenersi – come il mio gruppo – premono il tasto “astensione”. È così?
(Applausi)
Presidente. – É esattamente quello che ho detto un attimo fa. Coloro che vogliono votare ”sì” premono il pulsante “sì”, quelli che vogliono votare “no” premono il pulsante “no”, e quelli che vogliono astenersi dal voto premono “0”.
Marc Tarabella (S&D). – (FR) Signor Presidente, mi scusi, ma sto parlando di nuovo facendo seguito alla domanda posta dall'onorevole Schulz e alla sua risposta molto chiara, che, tuttavia, è contraria a quanto mi è stato detto dai servizi del Parlamento.
I servizi del Parlamento mi hanno appena detto che posso votare a favore o astenermi, ma che non posso votare contro. Quindi non è affatto chiaro. Mi dispiace intervenire in questo modo ma possiamo per favore cercare di essere coerenti? Le sarei grato signor Presidente se potesse darmi una risposta chiara.
Presidente. – La risposta chiara è che in questa votazione terremo conto solo dei voti a favore. I voti contrari e le astensioni sono contati insieme, perché è importante solo il numero dei voti “sì”. La questione è chiara. Premendo il pulsante “no” o quello per astenersi, l'effetto sarà lo stesso.
Ora risponderò ad altre tre domande.
Georgios Toussas (GUE/NGL). – (EL) Signor Presidente, ritengo che abbiamo palesemente violato il regolamento interno del Parlamento europeo. Questo modo di procedere è inaccettabile; è inaccettabile che non venga assolutamente presa nota di chi ha votato a favore, di chi contro e di chi si è astenuto. Si può vedere da come operano i pulsanti che i voti contrari non verranno registrati. Lei deve dare istruzioni per far sì che la votazione sia registrata in modo chiaro, e che sia presa nota di chi ha votato a favore, di chi contro e di chi si è astenuto.
Robert Atkins (ECR). – (EN) Signor Presidente, non esula certo dall’intelligenza capire che intendiamo votare contro o astenerci, come facciamo normalmente. Non si può sistemare la questione? Se non è possibile, allora non possiamo procedere con questa votazione.
Hans-Peter Martin (NI). – (DE) Signor Presidente, vorrei fare una osservazione tecnica. Sulle nostre apparecchiature è necessario prima premere “sì”, poi quando si va al “no”, è ancora in blu. Se si desidera visualizzare “no” non succede nulla. In altre parole, si può solo arrivare al “no” via il “sì’, il che non è una soluzione tecnica adeguata.
Dagmar Roth-Behrendt (S&D). – (DE) Signor Presidente, cerchiamo di affrontare questa situazione con un po’ più con calma. Di solito, i vicepresidenti del Parlamento europeo vengono eletti in blocco all'inizio della legislatura o nel corso della legislatura. Quando lo facciamo, onorevoli colleghi, conosciamo sempre e solo il numero dei “sì” espressi per un candidato, il che decide anche l'ordine in cui i membri vengono eletti all’Ufficio di Presidenza. Ora, dato che un deputato ha lasciato la carica, oggi stiamo eleggendo un altro Vicepresidente: l'unica cosa importante quindi è se egli ha ricevuto il numero dei “sì” necessari all'elezione. Tutto il resto non fa alcuna differenza. É un caso diverso dalle altre votazioni.
(Applausi)
Il Presidente del Parlamento ha dato una descrizione perfetta della votazione segreta, e per me ha funzionato benissimo senza dover premere pulsanti vari. Ho premuto il pulsante che ho voluto premere ed è apparsa la luce blu. Forse potremmo semplicemente provare tutti insieme ancora una volta, signor Presidente.
(Applausi)
Presidente. – Dichiaro aperta la votazione.
(Con votazione elettronica (votanti: 621; a favore: 334; astenuti: 287), il Parlamento elegge l’onorevole Tőkés).
Il nostro Vicepresidente ha ottenuto una maggioranza qualificata. Vorrei congratularmi con il collega, onorevole Tőkés, per aver ottenuto un risultato che gli conferisce la qualifica di Vicepresidente del Parlamento e gli auguro il successo nello svolgimento delle sue funzioni. Il Vicepresidente Tőkés ricoprirà l’undicesimo posto nell’ordine di precedenza dei vicepresidenti.
Norica Nicolai (ALDE). – (RO) La mia scheda non ha funzionato. Io voto contro.
Stavros Lambrinidis (S&D). – (EN) Signor Presidente, mi dispiace di dover prolungare ulteriormente la questione. Quello che lei ha detto nelle istruzioni era che i deputati potevano votare a favore o astenersi. I risultati finali mostrano però i voti “a favore”, “astenuti” e “contrari”. So che ci possono essere molte persone avrebbero votato in modo diverso se avessero saputo che avevano la scelta fra le tre opzioni. Ciò che vorrei chiedere è se davvero questo è il modo corretto per farlo, per farlo un'ultima volta.
Presidente. – Onorevoli colleghi, darò ascolto a tutte le vostre rimostranze sulla votazione in una procedura speciale dopo il voto. Non abbiamo intenzione di decidere la questione qui e ora. In conformità con l'esito del voto, che abbiamo raggiunto a maggioranza qualificata, abbiamo eletto il Vicepresidente Tőkés. Tutte le vostre osservazioni saranno oggetto di esame. Vi prega di comunicarmele entro la giornata di oggi. Prenderemo una decisione in merito domani. Darò una risposta diretta alle vostre perplessità. Grazie mille.
PRESIDENZA DELL’ON. McMILLAN-SCOTT Vicepresidente
Hannes Swoboda (S&D). – (DE) Signor Presidente, volevo solo farle sapere che secondo la votazione precedente abbiamo 789 deputati in questo Parlamento. É una cifra un po’ alta. Mi auguro che i voti futuri non indichino nuovamente che abbiamo 789 deputati.
Presidente. – Se c'è qualcosa da aggiungere alla fine della votazione, lo porterò alla vostra attenzione.
Robert Atkins (ECR). – (EN) Signor Presidente, la questione sollevata dell'onorevole Swoboda è del tutto appropriata. Il mio buon amico, onorevole Harbour, ha fatto le somme e se è vero che hanno votato più persone di quelle effettivamente presenti, cioè 785, o forse addirittura 789, allora certo questo voto non può stare in piedi.
(Applausi)
Ciò che dobbiamo fare è prendere in considerazione – e vi esorto a sottoporlo all'Ufficio di Presidenza subito dopo avere lasciato la Presidenza – che domani dobbiamo tenere un’altra votazione, preferibilmente con una scheda cartacea o almeno con un sistema che funzioni correttamente.
Presidente. – Come ho detto, cercherò di tornare a voi prima della fine di questo turno di votazioni. Sembra che vi sia una discrepanza. L’onorevole Swoboda l’ha segnalata, e anche l’onorevole Atkins l’ha fatta notare. Cercheremo di ottenere informazioni nel più breve tempo possibile. Davvero non intendo dilungarmi oltre. C’è un problema, è necessario analizzarlo, è in corso di analisi, e ve ne darò conto il prima possibile.
7.2. Mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione: ES/Comunidad Valenciana (A7-0180/2010, Barbara Matera) (votazione)
- Prima della votazione:
Barbara Matera, relatrice. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, nell'attuale contesto di crisi economica uno dei maggiori problemi che le economie avanzate si trovano ad affrontare è proprio quello della disoccupazione, una minaccia che ha raggiunto livelli allarmanti del 10% nell'Eurozona.
Le Istituzioni europee, e la Commissione europea in primis nel suo progetto di bilancio 2011, hanno messo in campo una serie di misure a sostegno della ripresa economica tra cui il rafforzamento del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, su cui sono relatrice e di cui stiamo per votare quattro importanti richieste di mobilitazione.
Ritengo quindi sia necessario uno snellimento delle procedure per la mobilitazione di questo fondo, al fine di dare in tempi brevi risposte ai lavoratori delle imprese colpite dalla crisi economica e dai processi di delocalizzazione delle stesse. Esorto quindi i miei cari colleghi a promuovere questo fondo all'interno dei singoli Stati membri.
7.3. Mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione: Irlanda/Waterford Crystal (A7-0181/2010, Barbara Matera) (votazione)
7.4. Mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione ES/Castiglia - La Mancha (A7-0179/2010, Barbara Matera) (votazione)
7.5. Mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione: assistenza tecnica su iniziativa della Commissione (A7-0178/2010, Barbara Matera) (votazione)
7.6. Trasparenza della politica regionale e il suo finanziamento (A7-0139/2010, Michail Tremopoulos) (votazione)
- Prima della votazione:
Michail Tremopoulos , relatore. – (EL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'incentivo a questa relazione sulla trasparenza nella politica regionale e il suo finanziamento è derivato dal fatto che la divulgazione integrale dei beneficiari dei fondi dell’Unione europea consente la partecipazione del pubblico a un dibattito significativo su come viene impiegato il denaro pubblico europeo. Ciò è necessario per il funzionamento della democrazia a livello europeo.
Questa relazione assegnatami dalla commissione per lo sviluppo regionale contiene raccomandazioni che dovrebbero essere incluse nelle future normative sui fondi strutturali, come ad esempio la fornitura di informazioni supplementari necessarie al momento della pubblicazione degli elenchi dei beneficiari e l’adozione di norme di partenariato sufficientemente vincolanti.
Altre proposte attuabili nel quadro degli attuali programmi di coesione sono, ad esempio:
- la definizione da parte della Commissione di uno schema più dettagliato e prescrittivo che specifichi la struttura, la forma e il contenuto delle informazioni da fornire;
- che colleghi inoltre l'iniziativa europea per la trasparenza con i nuovi controlli finanziari e di revisione contabile;
- una linea più severa da parte dei revisori in materia di comunicazione e di informazioni, tra cui “fare i nomi e accusare pubblicamente” e l'uso delle rettifiche finanziarie nei casi confermati di frode;
- coinvolgere maggiormente gli enti regionali e locali e gli altri partner interessati in tutte le fasi di programmazione e attuazione della coesione e dare loro pieno accesso a tutta la documentazione di progetto;
- un maggiore orientamento da parte della Commissione su come mettere in pratica nel quadro dei programmi in corso la clausola di partenariato e su come migliorare la trasparenza in materia di finanziamento comunitari di importanti progetti.
Ringrazio ancora una volta i relatori ombra degli altri gruppi politici per questo testo finale al quale siamo stati in grado di pervenire.
7.7. Contributi finanziari della dell'Unione europea al Fondo internazionale per l’Irlanda (2007-2010) (A7-0190/2010, Seán Kelly) (votazione)
Prima della votazione:
Seán Kelly, relatore – (EN) Signor Presidente, so che i colleghi non gradiscono che si intervenga in questo particolare momento, ma chiedo la loro indulgenza per pochi minuti.
In primo luogo – poiché di ciò non si è discusso in Aula – è importante dire qualcosa al proposito, in particolare a causa del ruolo svolto dal Fondo internazionale dell'Unione europea per l'Irlanda. In secondo luogo, molte persone in Irlanda – e al di là dell’Irlanda – ritengono che questo fondo sia stato finanziato in gran parte dagli Stati Uniti. Naturalmente gli Stati Uniti hanno svolto un ruolo enorme – e vorrei ringraziarli per questo – al pari di quanto hanno fatto Canada, Australia e Nuova Zelanda. Ma è importante sottolineare che in realtà, nel periodo dal 2006 in poi, l'Unione europea ha finanziato il 57 per cento del Fondo. Questo non lo sanno tutti e, naturalmente, non averlo discusso qui in Parlamento significava tenerlo segreto. Vorrei quindi sottolineare il ruolo svolto dall'Unione europea nel contribuire a creare contatti, dialogo e riconciliazione in Irlanda del Nord, in un processo di pace che per fortuna, anche se rimane fragile, è ancora in corso.
Vorrei rendere omaggio oggi a tutti coloro che hanno contribuito alla pace nell'Irlanda del Nord – ve ne sono molti – e in particolare, suppongo, agli estremi. Partiti come quello di Ian Paisley – che è stato membro di questa Assemblea per molti anni – e quello di Gerry Adams, che 20 anni fa non avrebbero mai potuto dialogare l’uno con l’altro, si sono riuniti nel processo di pace e di condivisione del potere. L'Unione europea deve prendersene il merito – almeno la propria quota di merito – e oggi voglio sottolinearlo. Vorrei rendere omaggio a tutti coloro che si sono assunti rischi per la pace in Irlanda del Nord e mi auguro che la pace continui.
(GA) Mi auguro che questa risoluzione sia approvata all'unanimità e mi congratulo con ogni persona coinvolta per il ruolo svolto nel processo di pace nel mio paese.
Francesco Enrico Speroni (EFD). – Signor Presidente, ho notato che tra la votazione per il vicepresidente e queste ultime votazioni centocinquanta colleghi sono spariti. Non so se è un attacco di colite oppure un malfunzionamento dell'aria condizionata. Forse sarebbe opportuno indagare.
Presidente. – No, non sono scomparsi. Vi daremo una spiegazione molto chiara di quello che è successo nella votazione per il reverendo Tőkés, ma non si è trattato di un intervento divino.
7.8. Rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo (A7-0162/2010, Marian-Jean Marinescu) (votazione)
- Dopo la votazione:
Robert Atkins (ECR). – (EN) Signor Presidente, mi dispiace di darle pena ancora una volta, ma vi è in realtà in programma una quarta votazione per appello nominale.
Presidente. – Mi è stato riferito che è stata rilasciata una nuova versione della lista di voto, cosicché presumibilmente è stato escluso dall’ordine del giorno. Abbiamo quindi completato la votazione sulla relazione Marinescu.
7.9. Adeguamento del regolamento al trattato di Lisbona (A7-0043/2009, David Martin) (votazione)
- Prima della votazione:
Bruno Gollnisch (NI). – (FR) Signor Presidente, vedo che a differenza del Presidente Buzek, lei non soffre di carenza della visione periferica ed è in grado di scorgermi.
Signor Presidente, debbo fare un brevissimo richiamo al regolamento. La relazione dell'onorevole Martin è destinata a risolvere i problemi di adattamento al trattato di Lisbona, ma tra le varie modifiche che siamo tenuti a votare, ce n'è una che non è legata in alcun modo al trattato di Lisbona e, a quel che vedo, va contro i principi generali della procedura parlamentare. É l'emendamento che priva i deputati non iscritti della facoltà di nominare i propri rappresentanti.
Onorevoli colleghi, questa è una questione molto seria indipendentemente dalle vostre opinioni politiche. Dare la responsabilità al Presidente del Parlamento, per quanto imparziale egli possa essere, di scegliere un deputato che rappresenti i deputati non iscritti alla Conferenza dei presidenti sulla base di chissà quali criteri, invece che agli stessi deputati non iscritti, credo che sia veramente contrario ai principi generali del diritto e in contrasto con la giurisprudenza della Corte di giustizia europea.
Per questo motivo, signor Presidente, ritengo che questo emendamento debba essere ritirato dalla lista delle modifiche che votiamo oggi.
Presidente. – Grazie, onorevole Gollnisch. Lei forse ricorderà che per diversi mesi ho seduto tra i non iscritti e, se così posso dire, le mie idee politiche sono talmente diverse dalle sue da dimostrare solo il fatto che quello dei non iscritti non è un gruppo e mai potrà esserlo.
- Alla fine della votazione:
David Martin, relatore. – Signor Presidente, non voglio causare ritardi al Parlamento, ma prima di concludere questo punto ci sono due questioni tecniche da affrontare.
Come sapete questo processo è iniziato lo scorso novembre. Dobbiamo aggiungere una nuova citazione per collegare a questa votazione quella dello scorso novembre, e quindi chiedo al Parlamento di consentire che vengano aggiunte le parole “con riguardo alla sua decisione del 25 novembre 2009 concernente l'adeguamento del regolamento di procedura del Parlamento al trattato di Lisbona”. Come ho detto, si tratta solo di una questione tecnica.
Il secondo punto è che comunemente diciamo che queste regole dovrebbero entrare in vigore dal 1° dicembre 2009. Chiaramente questo è impossibile, e quindi chiedo che venga applicato il normale articolo 212, paragrafo 3, il che significa che la normativa entrerà in vigore il primo giorno della prossima tornata parziale.
Presidente. – Grazie onorevole Martin per tutto il lavoro da lei svolto su questa e su altre cose.
7.10. Mandato per il trilogo relativo al progetto di bilancio 2011 (A7-0183/2010, Sidonia Elżbieta Jędrzejewska) (votazione)
7.11. Mercati dei derivati: azioni strategiche future (A7-0187/2010, Werner Langen) (votazione)
7.12. Internet degli oggetti (A7-0154/2010, Maria Badia i Cutchet) (votazione)
7.13. Governance di internet: le prossime tappe (A7-0185/2010, Francisco Sosa Wagner) (votazione)
7.14. Politica comunitaria a favore dell’innovazione in un mondo che cambia (A7-0143/2010, Hermann Winkler) (votazione)
7.15. Progressi compiuti nella realizzazione degli Obiettivi di sviluppo del Millennio: revisione di metà percorso in vista della riunione di alto livello delle Nazioni Unite di settembre 2010 (A7-0165/2010, Michael Cashman) (votazione)
- Dopo la votazione sul paragrafo 25:
Anja Weisgerber (PPE). – (DE) Signor Presidente, volevo solo dire che il mio dispositivo di voto ha smesso di funzionare. Non sono stato in grado di prendere parte alle ultime tre votazioni. Le sarei grato se potesse inviare un tecnico.
7.16. Proposta di decisione sulla creazione e la composizione numerica della delegazione alla commissione parlamentare CARIFORUM-CE (votazione)
***
Presidente. − Onorevoli colleghi, per chi è interessato, una spiegazione in merito alla votazione Tőkés:
Membri votanti, ovvero voti a favore e astensioni: 621; voti a favore: 334; astensioni: 287, ma non sono conteggiate come voti espressi. La maggioranza assoluta è 168.
L’onorevole Tőkés ha ottenuto 334 voti, più della maggioranza assoluta di 168. Il sistema di votazione elettronica è utilizzato come alternativa alla votazione con le schede. Su una scheda elettorale, gli elettori possono solamente votare a favore di un candidato o di un determinato numero di candidati. Non sussiste mai la possibilità di esprimere voto contrario, come ha spiegato l’onorevole Roth-Behrendt. Gli elettori che non desiderano esprimere voto positivo lasciano la scheda in bianco. Do, quindi, il benvenuto all’onorevole Tőkés nell’Ufficio di presidenza.
Stavros Lambrinidis (S&D). – (EN) Signor Presidente, per sincerarmi di aver capito bene, lei ci sta dicendo che, per la votazione su un vicepresidente, è impossibile non raggiungere la maggioranza qualificata, perché se è soltanto possibile votare a favore o essere esclusi dal conteggio in caso di astensione, e se le astensioni non vengono conteggiate nel totale dei voti espressi, allora per definizione si avrà sempre una maggioranza qualificata. É questo che sta affermando?
Presidente. – Come si ricorderà, onorevole Lambrinidis, all’inizio di questa legislatura si sono tenuti tre scrutini per eleggere tutti i vicepresidenti a maggioranza qualificata, dunque quella è la procedura seguita in tale occasione. In questo caso c’era solo un candidato e, dal momento che ha ricevuto più di 168 voti a favore, ha superato la soglia della maggioranza qualificata ed è, quindi, eletto al primo scrutinio. Si tratta di una procedura inusuale, ma abbiamo rispettato le regole.
Robert Goebbels (S&D). – (FR) Signor Presidente, forse avrà rispettato le regole, ma sommando 334 voti a favore, 168 astensioni e 287 voti contrari, il risultato è 789 deputati, vale a dire un numero superiore ai membri del Parlamento. Ne deduco che sono stati conteggiati voti fasulli, com’è successo durante le elezioni in Corsica. Si tratta chiaramente di una votazione truccata, che è necessario ripetere.
Presidente. – Onorevole Goebbels, la risposta alla sua domanda è che alcuni deputati hanno erroneamente pensato che la maggioranza assoluta visualizzata su schermo fosse un punteggio effettivamente registrato, ma non era così. Si trattava soltanto di un’indicazione relativa alla maggioranza assoluta, che non deve essere sommata al numero totale di voti. Lo ripeto: l’onorevole Tőkés ha ricevuto 334 voti a favore, cifra superiore alla soglia della maggioranza qualificata, quindi viene eletto.
Vorrei chiarire che il numero 168 non si riferiva ad altrettanti voti, ma era un’indicazione del numero necessario per essere nominato vicepresidente, della soglia da superare. Mi dispiace che ci siano state incomprensioni in merito, forse avremmo potuto chiarirlo sul momento.
Adrian Severin (S&D). – (EN) Signor Presidente, non voglio scendere nei dettagli, ma vorrei solo ricordarle che il presidente della riunione e il Presidente del Parlamento ci avevano informato che l’astensione e il voto contrario erano equivalenti. Tale comunicazione era, ovviamente, fuorviante, ma, dal momento che l’annuncio veniva dal presidente della riunione, è stato ritenuto valido; ritengo dunque che si debba ripetere la votazione tenendo in considerazione le spiegazioni che lei ci ha appena fornito.
Presidente. – Sono convinto che se tenessimo nuovamente la votazione arriveremmo allo stesso risultato. Credo che si fosse capito che si stava procedendo come in una normale votazione elettronica: i pulsanti avevano il solito significato, il risultato è stato chiaro. A non essere chiara è stata la presenza sul tabellone del numero 168, che ha causato una certa confusione. Se ci sono stati malintesi, il Presidente stesso potrà chiarire quanto intendeva la prossima volta che vi incontrerà in riunione.
Joanna Senyszyn (S&D). – (PL) Il mio nome è Senyszyn.
Queste spiegazioni sono assolutamente insoddisfacenti, considerando che prima della votazione ci era stato detto che voti contrari e astensioni sarebbero stati contati congiuntamente, conformemente ai requisiti di maggioranza qualificata. Dopo tutto, che cosa intendiamo con “maggioranza qualificata”? Significa che i voti a favore devono superare la somma dei voti contrari e delle astensioni. In questo caso, il risultato della votazione non è affatto chiaro. Il Presidente Buzek ha affermato che ci sono stati 334 voti a favore, 287 contrari e 168 astensioni. Alla luce di questi dati, sembra proprio che siano stati 789 i deputati che hanno espresso un voto, e adesso la spiegazione secondo cui certi voti non contano potrebbe significare che sono alcuni tra i 334 voti a favore a non dover essere conteggiati.
Sulla base della definizione in uso nella maggior parte dei paesi, la situazione sarebbe assolutamente inaccettabile, e non credo che il nostro Parlamento debba fare eccezione. “Maggioranza qualificata” o “maggioranza assoluta” significano più voti a favore che voti contrari o astensioni. In questo caso, tali condizioni non si sono affatto verificate, perché è stato espresso un numero errato di voti: le postazioni di voto non hanno dunque funzionato correttamente e, di conseguenza, è assolutamente necessario procedere con una nuova votazione.
Nicole Sinclaire (NI). – (EN) Signor Presidente, se mi permette, ho due richiami al regolamento. Il primo riguarda l’elezione del Vicepresidente. Questa votazione non può essere considerata sicura. Le istruzioni sono state fuorvianti. In questa fila abbiamo cercato di esprimere voto contrario, ma le postazioni non ce lo hanno permesso. Abbiamo cercato di avanzare richiami al regolamento che non sono state accolti. Chiedo dunque che la votazione si tenga nuovamente, avvalendoci di schede elettorali o semplicemente scegliendo tra voto favorevole, astensione e voto contrario, con una visualizzazione chiara dei risultati. Vorrei ringraziarla a nome di coloro che, come la sottoscritta, hanno un atteggiamento critico nei confronti di questa istituzione – si tratta di un vero e proprio autogol da parte del Parlamento, che sarà oggetto di molte critiche da parte nostra, le sono grata!
La mia seconda critica riguarda il rifiuto di concedermi una dichiarazione di voto sulla relazione presentata dall’onorevole Tremopoulos. Si trattava di una votazione per appello nominale sul tema della trasparenza, durante la quale io ho espresso voto contrario. Ora, non mi viene concessa la possibilità di spiegare le ragioni del mio voto contrario, ma i miei elettori vedranno che ho votato contro la trasparenza. Vorrei spiegare perché ho votato contro questa relazione. Le chiedo di concedermi la possibilità di tenere una dichiarazione di voto.
Presidente. – Per quanto riguarda il primo punto, il personale era presente in Aula, come anche il Presidente, che ha presieduto la votazione. Se sono emersi problemi per il modo in cui questa è stata gestita, saranno affrontati.
Per quanto concerne il secondo punto, ai sensi della procedura semplificata non si tengono discussioni né dichiarazioni di voto; ciononostante, onorevole Sinclaire, può presentare la sua dichiarazione per iscritto: la invito dunque ad avvalersi di questa possibilità.
Bruno Gollnisch (NI). – (FR) Signor Presidente, l’ho ascoltata prestando estrema attenzione alle sue parole. Lei ha affermato che 168 era la soglia necessaria per ottenere una maggioranza qualificata. Questo è quanto ho sentito, o in ogni caso è quanto è stato tradotto. Mi sembra incredibile, perché, se le cose stanno effettivamente così, in un certo qual modo consideriamo come soglia necessaria per l’elezione la metà dei voti favorevoli.
Dunque, qualunque cosa accada, ci sarà sempre una maggioranza qualificata. É ovvio. É la prima volta che sento dire che 168 voti rappresentano una maggioranza qualificata in questo Parlamento. Forse ho frainteso quanto lei ha affermato, ma l’intera procedura mi sembra del tutto assurda. Potrà essere adatta a un’elezione con più candidati, ma certamente non lo è per il rinnovamento del mandato di un vicepresidente.
Presidente. – La cifra 168 è stata calcolata dal computer, sulla base dei voti effettivamente espressi, come maggioranza.
Onorevoli colleghi, non ho mai passato un esame di matematica in tutta la mia vita, quindi mi fermerò qui!
Mário David (PPE). – (EN) Signor Presidente, è proprio su questo punto che per una volta sono d’accordo con l’onorevole Gollnisch, anche se spero sia la prima e l’ultima. Il fatto è che, a fronte di 621 votanti, la maggioranza doveva per lo meno ammontare a 311 voti. Mi compiaccio del risultato, perché, avendo ottenuto 334 voti a favore, il nostro candidato sarebbe comunque stato eletto, ma la prego di ovviare al problema perché, stando così le cose, è evidente che l’algoritmo del programma deve essere sbagliato.
Presidente. – Ne abbiamo preso nota.
Matthias Groote (S&D). – (DE) Signor Presidente, nel mio caso non è stato possibile esprimere voto contrario perché la postazione di voto ha visualizzato qualcosa solamente dopo aver premuto il tasto “Sì”, seguito dal tasto “Astensione”. La invito a controllare ancora una volta il modo in cui le postazioni raccolgono e conteggiano i voti, perché ritengo non sia stato convincente. Non sono stato l’unico ad avere questo problema, diversi onorevoli colleghi hanno avuto la stessa esperienza: non hanno potuto premere il pulsante “Astensione” o “No”, ma in primo luogo hanno dovuto votare “Sì”, il che rende la votazione piuttosto insidiosa. Le chiedo di controllare nuovamente come sono stati conteggiati i voti.
Presidente. – Qualcosa mi dice che non useremo mai più questo sistema. In futuro ricorreremo alle schede!
Pat the Cope Gallagher (ALDE). – (EN) Signor Presidente, proporrei agli onorevoli colleghi rimasti in Aula di evitare di discutere ulteriormente di questo punto. É chiarissimo che ci sono stati 621 voti. Il Vicepresidente ne ha ottenuti 334: è la maggioranza, possiamo procedere. Se l’opinione pubblica dei 27 Stati membri ci sta osservando, avrà pochissimo rispetto per questa Camera. Ci sono questioni più importanti di questa, come gli elevati tassi di disoccupazione: discutiamo delle questioni importanti e non perdiamo ulteriore tempo su questo punto. Accetto la sua spiegazione, signor Presidente, accetto la spiegazione del Presidente. Prosegua, quindi, e si occupi di questioni importanti.
Toine Manders (ALDE). – (NL) Signor Presidente, le propongo di inviare via posta elettronica le spiegazioni fornite, che trovo chiare, a tutti i deputati. Mi dispiace infatti che molti dei parlamentari che si scaldano sempre quando si parla di trasparenza, chiarezza e democrazia si siano affrettati ad andare a pranzo. Forse avranno un quadro della situazione chiaro se lei inviasse loro un’e-mail.
Presidente. – Si tratta di una decisione che spetta al Presidente, ma certamente gli farò presente la proposta.
Alexandra Thein (ALDE). – (DE) Signor Presidente, signor Vicepresidente, le nostre sessioni plenarie sono pubbliche e in questo caso stiamo dando una pessima impressione. Vorrei associarmi a quanto detto pocanzi. Invece di una comunicazione via e-mail, vorrei che si pubblicasse una spiegazione ufficiale sul sito Internet del Parlamento europeo, dal momento che almeno una delle affermazioni espresse deve essere errata. La soglia non può essere stata di 168 voti. Se sono stati espressi 621 voti, allora la soglia sarebbe dovuta essere 310 – se ho capito bene la situazione. Chiedo, quindi, una spiegazione per iscritto sul sito Internet affinché anche ogni cittadino possa comprendere quanto accaduto. Considerando il gran numero di spettatori che ci osservava, abbiamo davvero dato una brutta impressione.
Vasilica Viorica Dăncilă (S&D). – (RO) Dal momento che le spiegazioni del Presidente Buzek sulla procedura di votazione sono state confusionarie e contraddittorie e che alcune postazioni di voto non hanno funzionato, ritengo che ripetere la votazione possa fare chiarezza e darci un risultato legittimo. Come ha affermato uno dei miei onorevoli colleghi, siamo osservati dai cittadini dei 27 Stati membri. Credo che sia necessario dimostrare trasparenza e integrità a chi ci ha eletto.
É deplorevole che, proprio quando un gran numero di deputati mette in dubbio il modo in cui la votazione è stata condotta, la proposta di ripetere la votazione in condizioni normali sia stata rifiutata: si dimostra così che non tutti gli europarlamentari ricevono un trattamento equo.
Ecco perché la sua convinzione, la convinzione del Presidente e la convinzione degli onorevoli colleghi che hanno affermato che questi voti sono stati ricevuti deve essere la convinzione di tutti noi, la convinzione di ogni membro dell’Unione europea.
Pat the Cope Gallagher (ALDE). – (EN) Signor Presidente, è stato un piacere, ma non una sorpresa, constatare il gran numero di voti a favore della relazione, che è stato coerente in tutti le discussioni sul Fondo internazionale per l’Irlanda (FII). Senza dubbio, l’Unione europea ha apportato uno dei maggiori contributi all’avvio del FII nel 1986, anno in cui fu istituito dai governi di Londra e Dublino per promuovere lo sviluppo economico e sociale nelle 12 contee su entrambi i lati del confine.
(GA) Il Fondo ha beneficiato di oltre 800 milioni di euro, che, prendendo in considerazione l’effetto moltiplicatore, equivalgono a un investimento superiore ai 2 miliardi di euro.
Io stesso provengo da una contea di frontiera e sono un rappresentante della regione di confine, pertanto comprendo benissimo qual è stato il ruolo che il Fondo internazionale per l’Irlanda ha svolto nel processo di pace.
Con il sostegno del Fondo internazionale sono stati creati più di 40 000 posti di lavoro diretti, e 16 000 indiretti, offrendo nuove opportunità occupazionali in una regione economicamente svantaggiata.
(EN) In conclusione, anche se è stata decisa una strategia di chiusura per portare a termine l’attività del FII alla fine di quest’anno, ritengo sia necessario considerare con attenzione l’ipotesi di prolungare questo proficuo ed efficace programma. Grazie per la vostra pazienza.
Izaskun Bilbao Barandica (ALDE). – (ES) Signor Presidente, ho votato a favore di questa iniziativa perché il suo obiettivo principale è continuare a sostenere il processo di pace e riconciliazione nell’Irlanda del Nord e nelle contee limitrofe dell’Irlanda, al fine di creare legami di riconciliazione e comunicazione tra le comunità più divise e continuare, come europei, a difendere i valori e i diritti umani.
Noi nell’Euskadi – i Paesi Baschi – continuiamo a soffrire a causa della violenza terrorista, e attendiamo che l’Euskadi Ta Askatasuna (ETA) dia ascolto al grido della società basca, stanca di soffrire, che lo invita a rinunciare alla violenza una volta per tutte. Stiamo aspettando una dichiarazione definitiva di cessate il fuoco. In queste circostanze, mi aspetto dall’Unione europea la stessa solidarietà e pieno sostegno nei confronti dell’Euskadi, per arrivare alla pace e alla riconciliazione cui aspiriamo.
Daniel Hannan (ECR). – (EN) Signor Presidente, nessun paese è stato danneggiato dai salvataggi finanziari tanto quanto l’Irlanda, e nessun popolo è stato colpito duramente come gli irlandesi. Il ministro irlandese per le Finanze, Brian Lenihan, ha preso tutte le decisioni giuste. Tutti i funzionari pubblici irlandesi, dal Taoiseach agli impiegati statali di primo livello, e addirittura i beneficiari d’indennità di disoccupazione, hanno stretto la cinghia e hanno subito tagli notevoli nel proprio reddito. Ora gli irlandesi vedono che, se non avessero preso queste dolorose decisioni – se avessero soltanto continuato a spendere – avrebbero richiesto a loro volta un intervento di salvataggio, come i greci; quel che è peggio, scoprono di essere obbligati a contribuire al salvataggio della Grecia e, per di più, che in termini pro capite l’Irlanda apporta un contributo maggiore rispetto alla maggior parte degli Stati dell’area dell’euro.
Qualunque economista ortodosso proporrebbe che, in un periodo simile, si conceda ad alcune delle economie dell’area dell’euro di tornare a battere la propria moneta, di svalutare, di prendersi tempo per rimettersi in sesto e tornare sul mercato. Al contrario, stiamo condannando i popoli dell’Europa meridionale ad anni di povertà e deflazione e opprimiamo i contribuenti dell’Europa settentrionale con un debito enorme, il tutto solo per la salvezza di pochi. Senza dubbio si tratta dei volti più costosi da quello di Elena di Troia, che fece salpare un migliaio di navi!
James Nicholson (ECR). – (EN) Signor Presidente, non intendevo pronunciare una dichiarazione di voto sull’oggetto della discussione, ma durante il suo intervento il relatore ha menzionato soltanto il dottor Paisley e il signor Adams, affermando che hanno portato la pace nell’Irlanda del Nord. Beh, il signor Adams e il dottor Paisley avranno portato molte cose, ma di certo non la pace. Saranno in molti a vantarsi di aver contribuito alla pace nell’Irlanda del Nord, ma in realtà sono stati David Trimble e John Hume a occuparsi degli aspetti più impegnativi del processo di pace nella regione, e spero che il relatore in futuro abbia la premura di divulgare le informazioni corrette. Sono stati loro a misurarsi con tutti i compiti più ardui del passato.
Vorrei chiarire di aver votato a favore della relazione, quest’oggi, perché credo che l’Irlanda del Nord continui a necessitare di sostegno per mantenere i livelli raggiunti. Non è per niente scontato che la pace sia duratura, dal momento che ci sono individui da entrambi i lati – e li abbiamo visti farsi avanti di recente – che cercano di minare i risultati ottenuti.
Elezione di un Vicepresidente del Parlamento europeo
Jacek Olgierd Kurski (ECR). – (PL) Signor Presidente, faccio parte dei 334 deputati che hanno sostenuto l’onorevole Tőkés nella sua candidatura alla vicepresidenza del Parlamento europeo. É un eroe della mia giovinezza. Nel 1989, in qualità di giornalista per Solidarność e sotto il fuoco della Securitate, i brutali servizi segreti di Ceauşescu, mi occupavo della rivoluzione rumena, movimento iniziato a Timisoara con un discorso tenuto dall’onorevole Tőkés il 16 dicembre 1989.
Ciononostante, mi dispiace notare che oggi l’onorevole Tőkés è stato vittima in primo luogo di un errore del computer, che ha conteggiato erroneamente 168 voti, e poi del fatto che questi 168 voti sono stati sommati al totale dal presidente della seduta, causando una controversia generale. Di conseguenza, se questo in futuro porterà a mettere in dubbio la liceità dell’elezione dell’onorevole Tőkés a Vicepresidente del Parlamento europeo, allora sono favorevole a tenere una nuova votazione. Sono certo che il risultato sarà addirittura migliore. Il mandato in seno al Parlamento europeo di una personalità così illustre non può essere messo in questione da nessuno. Ritengo, quindi, che, laddove vengano sollevati dubbi, sia nell’interesse dell’onorevole Tőkés stesso ripetere la votazione.
Relazione Marinescu (A7-016/2010)
Alfredo Antoniozzi (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho sostenuto la relazione del collega Marinescu – che colgo l'occasione per ringraziare – perché ritengo che un trasporto delle merci all'avanguardia ed efficiente sia un requisito fondamentale non solo per la competitività ma per la stessa sopravvivenza delle imprese europee. Inoltre, ritengo ampiamente condivisibile la volontà del relatore di reintrodurre alcuni passaggi del testo approvato dallo stesso Parlamento in prima lettura.
Daniel Hannan (ECR). – (EN) Signor Presidente, quando abbiamo iniziato le votazioni di oggi, ci siamo trovati ad avere una procedura che non avevamo mai incontrato in quest’Aula in passato, secondo la quale solo i voti positivi vengono registrati. La invito, signor Presidente, a considerare il fatto che si sia trattato solo di una questione di tempo, il che, ovviamente, è precisamente l’approccio seguito dall’UE in diversi referendum.
La Costituzione europea o trattato di Lisbona è stata puntualmente respinta alle urne, dal 54 per cento degli elettori francesi, dal 62 per cento degli elettori olandesi e dal 53 per cento degli irlandesi, e ogni volta la reazione è stata di proseguire indipendentemente dal risultato, di ignorare le obiezioni avanzate dai cittadini, di interpretare le espressioni di opposizione come un incoraggiamento. Abbiamo, ora, sancito e regolarizzato quell’approccio nelle procedure di questa Camera. Abbiamo reso impossibile l’espressione di dissenso nei confronti del progetto. Mi viene la tentazione di adattare una vecchia battuta: qual è la parte di “no” che non le è chiara?
Syed Kamall (ECR). – (EN) Signor Presidente, quest’oggi, nell’esaminare la relazione sul regolamento e il relativo adeguamento al trattato di Lisbona, è interessante parlare a molti eurodeputati e notare come non conoscano il contenuto del trattato di Lisbona e i suoi effetti nella vita quotidiana dei nostri elettori.
Prendiamo, ad esempio, il salvataggio finanziario della Grecia. Se analizziamo la discussione in seno al Consiglio, notiamo infatti che essa verte sull’articolo 122 del trattato di Lisbona, che dovrebbe avere per oggetto la solidarietà e stabilirne le condizioni, ossia:. “In uno spirito di solidarietà qualora sorgano gravi difficoltà nell'approvvigionamento di determinati prodotti, in particolare nel settore dell'energia, o qualora uno Stato membro si trovi in difficoltà o sia seriamente minacciato da gravi difficoltà a causa di calamità naturali”. Tutto questo viene ora utilizzato come scusa dagli Stati membri, indipendentemente dalla loro appartenenza all’area dell’euro, per salvare un paese che è l’unico responsabile della propria situazione e non è stato vittima di circostanze eccezionali.
Dobbiamo essere chiari nei confronti degli elettori per quanto riguarda il significato che il trattato di Lisbona ha per loro. Significa forse utilizzare i soldi dei contribuenti per salvare Stati che non sono in grado di gestirsi autonomamente?
Bruno Gollnisch (NI). – (FR) Signor Presidente, questo Parlamento ha un particolare talento quando si parla di riforme al regolamento, che sono sempre volte a diminuire i diritti della minoranza, underdog o Untermeschen che dir si voglia, che siamo in una certa misura. Nell’ultimo anno abbiamo agito calpestando la norma che, ai sensi dell’articolo 24 del regolamento, permette ai deputati non iscritti di nominare il proprio rappresentante.
Con un’osservazione che è stata – mi perdoni – una delle più stupide che io abbia mai sentito nella mia carriera parlamentare, lei, signor Presidente, ha appena affermato che ciò non era possibile perché lei non condivideva le mie convinzioni politiche. É vero, io sono un deputato non iscritto per ragioni di principio, mentre lei era non iscritto solo perché era stato tradito dai suoi amici.
Ciononostante, signor Presidente, c’era per lo meno un modo per risolvere questa disputa, cioè votando. La votazione è la procedura usuale in una democrazia. Eppure, ora i rappresentanti dei deputati non iscritti saranno scelti dal Presidente del Parlamento. Si tratta dell’ennesima farsa.
É stato proprio l’onorevole Martin ad aver architettato e pianificato quest’idea, con i rappresentanti dei due gruppi principali. Il tutto, inoltre, mi ricorda le precedenti modifiche del regolamento ad opera dell’onorevole Corbett, che ora, dopo essere stato sconfitto dal mio amico, l’onorevole Griffin alle elezioni per il Parlamento europeo, è fortunatamente caduto nel dimenticatoio.
Philip Claeys (NI). – (NL) Signor Presidente, l’emendamento n. 86 della relazione Martin stabilisce che il rappresentante presso la Conferenza dei presidenti dei deputati non iscritti sia scelto non dai deputati stessi, ma dal Presidente del Parlamento. La motivazione addotta è la mancanza di consenso tra i deputati non iscritti. Mi chiedo dove sia il problema. Analogamente, non c’è consenso in questa stessa Aula quando si elegge il Presidente del Parlamento, motivo per cui teniamo un’elezione democratica. Il rappresentante dei deputati non iscritti deve essere rappresentativo, pertanto l’opzione migliore è l’organizzazione di un’elezione.
Il Parlamento europeo inizia quasi a mostrarsi come una sorta di istituzione farsesca, in cui lo stesso Presidente della Camera decide chi rappresenterà alcuni dei suoi oppositori. Mi viene anche da chiedermi su cosa sarà basata questa decisione. Forse sul principio di rappresentatività? Sulla simpatia personale o sull’amicizia nei confronti di un determinato deputato non iscritto? Quali saranno i criteri utilizzati dal Presidente per scegliere il rappresentante dei deputati non iscritti? Avrei auspicato che prima della votazione il Presidente tenesse una dichiarazione in merito, ma purtroppo non ci è stato concesso.
Jaroslav Paška (EFD). – (SK) Signor Presidente, con tutto il rispetto per lei e per quest’istituzione, la discussione sull’adeguamento del regolamento al trattato di Lisbona non dovrebbe tralasciare la lacuna nel regolamento che ha reso possibile una votazione simile e un risultato come l’elezione dell’onorevole Tőkés all’incarico di Vicepresidente.
Non riesco a comprendere come i presidenti possano adottare una votazione controversa, e quindi l’esito controverso di una votazione, e sono solidale nei confronti degli onorevoli colleghi che nutrono dubbi sulla correttezza del conteggio. Da questo punto di vista, ritengo che l’Unione europea e il Parlamento europeo debbano agire con trasparenza e chiarezza, e fino a quando alcuni deputati riterranno che le postazioni abbiano classificato il voto espresso diversamente dalle loro intenzioni e non si avrà avuta la possibilità di controllare il tutto sui monitor, la votazione continuerà a essere controversa.
Da questo punto di vista, credo sia nell’interesse dell’onorevole Tőkés, e nell’interesse della credibilità del Parlamento europeo, di tornare su questa votazione e ripeterla, affinché in futuro non ci siano dubbi riguardo all’elezione del Vicepresidente del Parlamento europeo.
Daniel Hannan (ECR). – (EN) Signor Presidente, il cancro della Grecia si sta diffondendo in tutto il Mediterraneo. Questa settimana abbiamo letto che la Commissione europea si sta preparando a salvare la Spagna, e il Presidente del Consiglio europeo Van Rompuy ammette apertamente che, in quel caso, i 750 miliardi di euro già destinati al fondo di salvataggio d’emergenza risulterebbero del tutto inadeguati.
Mentre il tumore si diffonde, invece di considerare l’amputazione, i nostri leader hanno deciso di intraprendere un lungo percorso di chemioterapia, costoso, doloroso e dal risultato incerto. Quello che intendo dire è che cercheranno di creare gli strumenti necessari a ciò che il Presidente Van Rompuy chiama governance economica e che i suoi predecessori chiamavano federalismo fiscale: armonizzazione fiscale, una tassa sulle operazioni finanziarie, un’Agenzia europea di debito o un Fondo monetario europeo. Tutto questo per cercare di trasferire il denaro necessario a tenere in vita il loro progetto, mentre, ovviamente, la cosa più semplice sarebbe risparmiare ai contribuenti l’onere del salvataggio e fornire alle economie disastrate un massiccio stimolo, permettendo loro di svalutare e di rimettersi sul mercato. Che alto prezzo imponiamo ai nostri popoli per assecondare le presunzioni delle loro élite!
Clemente Mastella (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, in occasione del Vertice del Millennio del 2000, i paesi più ricchi, tra cui anche i paesi dell'Unione europea, hanno rinnovato il proprio impegno per la realizzazione di alcuni specifici obiettivi entro il 2015: ridurre la fame e la povertà, migliorare l'istruzione e la sanità e proteggere l'ambiente nei paesi in via di sviluppo.
A quasi dieci anni di distanza, riteniamo che tocchi ora più che mai all'Europa, in quanto principale attore a livello mondiale nell'ambito degli aiuti allo sviluppo, assumere un ruolo guida. Non vi è alcun dubbio che negli ultimi anni gli aumenti degli aiuti allo sviluppo abbiano contribuito ad alleviare le sofferenze di milioni di persone. Stanno funzionando, è vero, ma c'è ancora molto da fare, considerando anche che l'attuale crisi internazionale costringerà molti Stati membri a ridurre il proprio bilancio a sostegno di questi paesi.
Signor Presidente, ho votato a favore di questa relazione perché ritengo che a questo punto sia diventato necessario esplorare meccanismi di finanziamento innovativi. Gli Stati membri dell'Unione europea devono iniziare a prendere sul serio dei partenariati strategici di tipo politico con questi paesi. Questo significa dimostrare una volontà politica rinnovata da parte di tutti i partner per la realizzazione degli obiettivi prioritari, che restano: coerenza delle politiche allo sviluppo, affrontare il cambiamento climatico e la crisi globale, governance e diritti, diritto all'alimentazione ed educazione allo sviluppo. Questa resta, signor Presidente, la nostra sfida primaria.
Sonia Alfano (ALDE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore della relazione Cashman perché ritengo che sia responsabilità di questo Parlamento e delle Istituzioni europee rispettare e sostenere gli impegni verso le persone che vivono nei paesi meno sviluppati, in particolare quelli africani.
Non possiamo arrivare al 2015 e renderci conto che gli otto obiettivi che ci eravamo posti non sono stati raggiunti, perché dietro il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio, dietro quelle percentuali – non dimentichiamolo – ci sono miliardi di persone che soffrono e che non hanno la possibilità di vivere in maniera dignitosa.
L'Unione europea deve rappresentare un esempio e una guida negli aiuti per lo sviluppo. La cancellazione del debito pubblico, unitamente a un maggiore impegno nel controllo che gli aiuti vadano a buon fine, è uno dei punti chiave di questo progetto di solidarietà, un progetto la cui realizzazione – dobbiamo esserne consapevoli – non è rinviabile se non pagando il prezzo di ulteriori vite umane.
Dichiarazioni di voto scritte
Elezione di un Vicepresidente del Parlamento europeo
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Dal momento che l’onorevole Schmitt, Vicepresidente del Parlamento europeo, è stato recentemente nominato Presidente del neoeletto parlamento ungherese, i miei colleghi ed io abbiamo dovuto eleggere un nuovo Vicepresidente. L’onorevole Tőkés, deputato ungherese del gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano) soddisfa tutti i criteri necessari per assumere una tale carica (integrità, impegno, sostegno per il progetto europeo); per questo motivo ho votato a favore della sua candidatura.
Cătălin Sorin Ivan (S&D), per iscritto. – (RO) La nomina dell’onorevole Tőkés a Vicepresidente del Parlamento europeo è un insulto alla Romania, considerando il tono sciovinista delle dichiarazioni di questo collega. Inoltre, la sua elezione a questa carica suscita preoccupazioni ancora più gravi per la dubbiosa procedura di votazione utilizzata. Una nomina di questo tipo non avrebbe dovuto aver luogo nel Parlamento europeo, un’istituzione responsabile di fronte ai cittadini europei. Tuttavia, dal momento che il fatto è ormai compiuto, avremmo voluto che la votazione si fosse tenuta in circostanze pienamente conformi alla procedura standard. Giacché non è stato così, quest’elezione incide sull’immagine del Parlamento europeo, soprattutto in Romania, dove l’opinione pubblica si interessa direttamente alla questione. Al momento, non conta molto che l’onorevole Tőkés svolga o meno un buon lavoro nella sua nuova posizione. Quel che pesa di più è l’offesa recata a uno Stato europeo.
Ioan Mircea Paşcu (S&D), per iscritto. – (EN) La votazione odierna sull’elezione dell’onorevole Tőkés a Vicepresidente del Parlamento europeo è stata una disgrazia. In primo luogo, le spiegazioni del Presidente sulle modalità di voto sono state sia confusionarie sia contraddittorie e, di conseguenza, nessuno era certo sul come procedere. In secondo luogo, le postazioni di voto di numerosi deputati rumeni – che ci si aspettava avrebbero espresso voto contrario – curiosamente non funzionavano bene. Terzo punto, la votazione si è comunque tenuta e il Presidente ha lasciato in sospeso l’intera questione, abbandonando la sala. Quarto, la ragionevole richiesta dell’Aula di ripetere la votazione in circostanze normali è stata rifiutata. Quinto, è stato comunicato che c’erano stati più voti dei deputati presenti! Sesto, siamo semplicemente stati informati che la votazione era comunque stata convalidata! Settimo, anche così, nessuno riusciva a spiegare com’è possibile che 168 voti possano rappresentare una “maggioranza qualificata” in un Parlamento che consta di 751 membri!
In realtà, in questo modo il PPE ha imposto con la forza la propria volontà sull’intero Parlamento! Me ne dispiaccio, perché senza dubbio sono in grado di agire in maniera migliore e anche noi, gli altri eurodeputati, ci meritiamo di meglio!
Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. – (FR) Per ragioni di solidarietà politica con i miei amici del gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano) ho votato a favore della relazione presentata dall’onorevole collega italiana, Barbara Matera (PPE, IT), sulla proposta di decisione concernente la mobilizzazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per un importo di circa 6,6 milioni di euro a sostegno della Spagna, che si trova ad affrontare esuberi nel settore dei prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi. Senza mettere in dubbio l’analisi della Commissione europea, basata sui dati forniti dal Regno di Spagna, ritengo sia strano mobilitare il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per un fenomeno che è semplicemente la conseguenza dello scoppio della bolla immobiliare in Spagna. É, in realtà, la riduzione dei mutui ad aver causato la diminuzione nel numero dei permessi edili emessi, e, di conseguenza, nel consumo di prodotti ceramici, piastrelle e prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi. In che direzione andiamo con questo tipo di ragionamento? Possiamo veramente sostenere che si tratta di un adeguamento alla globalizzazione? Ritengo, inoltre, che costi amministrativi superiori a 400 000 euro siano eccessivi, anche se l’origine di questa considerevole somma sembra essere uno studio di 60 000 euro, il cui costo mi pare proibitivo. Non finisce qui...
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) L’aumento della disoccupazione è una delle conseguenze più dannose della recente crisi economica e finanziaria. Il peggioramento dell’instabilità dei mercati ha contribuito a inasprire la situazione di numerose imprese, che si sono dimostrate meno capaci di adattarsi alla globalizzazione. In questo caso, 181 imprese della regione della Comunidad Valenciana sono state vittime di tali ripercussioni. La Spagna ha fornito prove sufficienti a sostegno della richiesta di mobilitare il fondo, che ritengo vada accolta.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Ritengo che un’assistenza particolare sia estremamente importante per i lavoratori che sono stati licenziati o che sono stati colpiti dall’attuale clima economico mondiale, come si è verificato in questo caso, che vede 2 425 esuberi in 181 imprese della regione spagnola di Valencia. La concessione di un’assistenza volta a riqualificare e reintegrare questi lavoratori nel mercato del lavoro è cruciale, non solo per far riprendere l’economia, ma anche per la stabilità sociale. Per questo motivo voto a favore della risoluzione. Vorrei reiterare la raccomandazione della Commissione affinché non si ricorra a un trasferimento di risorse finanziarie dal Fondo sociale europeo per erogare pagamenti nell’ambito del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG). Si tratta di due Fondi con obiettivi distinti e complementari, al di là dei quali l’uno non può sostituire l’altro. Trattandosi di una misura straordinaria, il FEG deve godere di un finanziamento autonomo e, sempre in quanto tale, non può assorbire risorse sottratte al Fondo sociale europeo o a qualsiasi altro Fondo strutturale: sarebbe un errore gravissimo.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Il 2 settembre 2009 la Spagna ha presentato una domanda d’assistenza volta a mobilitare il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) a favore dei lavoratori in esubero di 181 imprese, operanti nella fabbricazione di altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi, in un’unica regione NUTS II, la Comunidad Valenciana. Ritengo che la domanda sia conforme ai requisiti per la determinazione dei contributi finanziari stabiliti all’articolo 10 del regolamento (CE) n. 1927/2006. Pertanto, ho espresso il mio consenso per la relazione e la proposta della Commissione di mobilitare un importo pari a 6 598 735 euro. Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) finanzia esclusivamente misure che contribuiscono al reinserimento degli esuberi nel mercato del lavoro, creando le condizioni affinché i lavoratori in esubero trovino lavori temporanei o permanenti, partecipino a programmi di formazione professionale e acquisiscano le competenze necessarie per soddisfare le esigenze del mercato del lavoro, ottenere una licenza commerciale o intraprendere un’attività professionale autonoma. Anche la Lituania ha già beneficiato dell’assistenza di questo Fondo.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore delle relazioni sulla mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione perché credo sia cruciale sottolineare l'importanza del FEG.
Tale strumento è stato istituito per fornire delle misure attive di sostegno al mercato del lavoro, esclusivamente destinate ad aiutare i lavoratori licenziati a causa dei cambiamenti strutturali nei principali flussi commerciali mondiali e per agevolare il loro reinserimento nel mercato del lavoro.
Si tratta di uno strumento estremamente utile che dal 2007 ad oggi ha visto la presentazione di 55 richieste, provenienti da 17 Stati membri e relative al sostegno di 52.334 lavoratori licenziati, a fronte delle quali sono stati previsti stanziamenti per un totale di 271,9 milioni di euro.
Dall'analisi dei dati in nostro possesso si evince, quindi, che il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione è stato mobilitato per una somma pari a 5.195 euro per singolo lavoratore licenziato, una somma effettivamente utilizzata per dare attuazione a pacchetti personalizzati di servizi, specificamente mirati a reintegrare i lavoratori interessati nel mercato del lavoro.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Per riguardo nei confronti dei lavoratori spagnoli della regione di Valencia, che sono stati sacrificati a causa della globalizzazione, mi astengo dal voto. Considerando la situazione in cui l’impatto delle politiche neoliberiste dell’Unione europea li ha spinti, ci si potrebbe ritenere giustificati a votare contro l’irrisoria somma che l’élite europea vuole concedere loro, eppure il poco che riceveranno potrà per lo meno contribuire ad alleviare le sofferenze. Ciò, comunque, non rende più tollerabile l’approccio del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, che sostiene le delocalizzazioni in Marocco e Algeria attualmente in corso e consacra il profitto dei più ricchi. Per l’oligarchia europea, una coscienza pulita ha un prezzo basso.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) L’Unione europea è uno spazio di solidarietà, e in questo quadro si iscrive il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG). Questo tipo di assistenza è essenziale per aiutare i disoccupati e le vittime delle delocalizzazioni causate dalla globalizzazione. Sempre più imprese delocalizzano, approfittando del minore costo della manodopera in diversi paesi, in particolare Cina e India, spesso a discapito di Stati che rispettano i diritti dei lavoratori. L’obiettivo del FEG è assistere i lavoratori che sono vittima della delocalizzazione delle imprese, e il suo ruolo è fondamentale nel facilitare loro l’accesso a una nuova occupazione. In passato, il FEG è stato utilizzato da altri Stati membri dell’UE, e ora è in grado di offrire il proprio sostegno a Valencia, Spagna, a causa della recente situazione, che vede più di 2 400 esuberi in 181 imprese del settore della fabbricazione di altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi. Queste sono le motivazioni alla base del mio voto.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) La relazione riguarda la mobilizzazione del FEG a sostegno della regione di Valencia, in Spagna (6 598 735 euro), in seguito a 2 425 esuberi in 181 imprese operanti nel settore della fabbricazione di altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi. I fondi saranno versati direttamente ai lavoratori colpiti. La relazione è stata adottata in sede di commissione per i bilanci senza discussione, e anche in plenaria noi Verdi l’abbiamo sostenuta.
Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. – (FR) Per ragioni di solidarietà con il gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano) e con l’Irlanda, e sulla base della relazione presentata dall’eccellente collega italiana Barbara Matera, ho votato a favore della proposta di decisione concernente la mobilizzazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per un importo di circa 2,7 milioni di euro a sostegno dell’Irlanda, che si trova ad affrontare esuberi nel settore del cristallo. La maggior parte dei 600 esuberi riguarda l’impresa Waterford Crystal. Senza mettere in dubbio l’analisi della Commissione, mi sembra strano che quest’impresa, che è in difficoltà dal 2005, possa essere all’origine di un adeguamento alla globalizzazione. Nel 2005 annunciò la chiusura dello stabilimento di Dungarvan, per concentrare tutte le operazioni nell’impianto di Kilkenny, nella città di Waterford, che dava lavoro a 1 000 persone; a causa del trasferimento, Dungarvan ha perso circa 500 posti di lavoro. In seguito alla chiusura di questo stabilimento, avvenuta il 30 gennaio 2009, gli ex lavoratori e le loro famiglie organizzarono diverse manifestazioni, terminate nel marzo 2009 grazie a un accordo con i lavoratori e al pagamento di 10 milioni di euro (fonte: Wikipedia). Si tratta davvero di un adeguamento alla globalizzazione?
Liam Aylward (ALDE), per iscritto. – (GA) Accolgo con estremo favore le sovvenzioni dal Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione distribuite agli ex dipendenti della Waterford Crystal e delle imprese dell’indotto. Il Fondo è stato creato per sostenere i lavoratori che soffrono a causa di cambiamenti strutturali nei flussi commerciali mondiali e il suo contributo sarà fondamentale per la comunità locale, che era incentrata sull’industria Waterford Crystal.
Dal momento che quest’impresa era centrale per la regione, visto che gran parte della manodopera qualificata del posto era occupata nel settore del vetro e nell’indotto, e siccome il settore era di vitale importanza per l’identità della regione di Waterford, i fondi saranno estremamente utili ai lavoratori e alle loro famiglie e contribuiranno a offrire loro nuove opportunità di occupazione.
É necessario adottare misure di coordinamento a livello locale per garantire un’adeguata distribuzione delle risorse. Considerando che i lavoratori in questione sono più anziani della media e si occupavano di attività altamente qualificate, è necessario garantire che i fondi siano utilizzati per progetti di riqualificazione professionale e formazione, per incoraggiare l’imprenditorialità e per migliorare l’accesso all’occupazione.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) L’Unione europea è il principale donatore del Fondo internazionale per l’Irlanda ed eroga circa il 57 per cento dei contributi annuali.
Accolgo quindi con favore il ruolo che la Comunità europea ha svolto nel garantire assistenza economica e sociale all’Irlanda, perseguendo gli obiettivi di pace e riconciliazione.
L’attuale periodo di esercizio si sta concludendo, ma è importante che la Comunità europea continui a contribuire al Fondo internazionale per l’Irlanda, impegnandosi nel raggiungimento di obiettivi come l’appianamento delle differenze, l’integrazione delle comunità e l’incoraggiamento dello sviluppo nelle regioni delle due aree che in Irlanda hanno sofferto maggiormente, a causa dell’instabilità degli ultimi anni.
Proinsias De Rossa (S&D), per iscritto. – (EN) Accolgo con estremo favore la decisione di mobilitare il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per assistere i dipendenti della Waterford Crystal. La crisi economica globale, insieme ai profondi cambiamenti nei flussi commerciali mondiali, ha causato numerosi licenziamenti in Irlanda e in tutta Europa. Invito il governo irlandese ad agire con rapidità, per garantire che queste risorse siano utilizzate con prontezza ed efficacia per soddisfare le specifiche esigenze di formazione e riqualificazione dei lavoratori. Il quadro temporale per l’utilizzo del Fondo è limitato ed è prioritario che i servizi necessari vengano predisposti senza indugi. É inoltre urgente riesaminare il regolamento del FEG per permettere maggiore flessibilità nell’utilizzo delle risorse, in particolare per quanto concerne i vincoli temporali.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Il paese noto come “tigre celtica” vantava in passato considerevoli livelli di crescita, ma negli ultimi anni ha accusato l’impatto della crisi e gli effetti della globalizzazione, che hanno colpito il settore irlandese del vetro, con il risultato che oggi quasi 600 lavoratori sono bisognosi d’assistenza. Sono favorevole alla mobilitazione del Fondo.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Alla luce degli obiettivi del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG), voto a favore della concessione di assistenza ai lavoratori in esubero nelle imprese Waterford Crystal nella Repubblica d’Irlanda. Il sostegno in questione ammonta a più di 2,5 milioni di euro, che saranno vitali per incoraggiare i lavoratori colpiti a migliorare le proprie competenze, dal momento che la maggior parte di loro ha più di 45 anni d’età. Ciononostante, vorrei sottolineare le evidenti differenze e ineguaglianze che si sono verificate nell’ambito del FEG: in diverse occasioni, gli Stati membri non hanno infatti saputo utilizzare i fondi disponibili, a discapito dei lavoratori che perdono il posto di lavoro in questi paesi, com’è successo in Portogallo in seguito al continuo aumento dei fallimenti e del tasso di disoccupazione.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Il 7 agosto 2009 l’Irlanda ha presentato una domanda d’assistenza volta a mobilitare il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) a favore dei lavoratori in esubero Dell’impresa Waterford Crystal e di tre dei suoi fornitori/produttori a valle. Ritengo che la domanda sia conforme ai requisiti per la determinazione dei contributi finanziari stabiliti all’articolo 10 del regolamento (CE) n. 1927/2006. Pertanto, ho espresso il mio consenso per la relazione e la proposta della Commissione di mobilitare un importo pari a 6 598 735 euro. Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) finanzia esclusivamente misure che contribuiscono al reinserimento degli esuberi nel mercato del lavoro, creando le condizioni affinché i lavoratori in esubero trovino lavori temporanei o permanenti, partecipino a programmi di formazione professionale e acquisiscano le competenze necessarie per soddisfare le esigenze del mercato del lavoro, ottenere una licenza commerciale o intraprendere un’attività professionale autonoma. Anche la Lituania ha già beneficiato dell’assistenza di questo Fondo
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Per riguardo nei confronti dei lavoratori irlandesi della Waterford Crystal, che sono stati sacrificati a causa della globalizzazione, mi astengo dal voto. Considerando la situazione in cui l’impatto delle politiche neoliberiste dell’Unione europea li ha spinti, ci si potrebbe ritenere giustificati a votare contro l’irrisoria somma che l’élite europea vuole concedere loro, eppure il poco che riceveranno potrà per lo meno contribuire ad alleviare le sofferenze. Ciò, comunque, non rende più tollerabile l’approccio del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, che avvalla l’attuale speculazione delle banche e consacra i profitti realizzati da fondi statunitensi come il KPS Capital Partners a spese dei lavoratori europei. Nel regno degli eurocrati, una coscienza pulita ha un prezzo basso.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) L’Unione europea è uno spazio di solidarietà, e in questo quadro si iscrive il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG). Questo tipo di assistenza è essenziale per aiutare i disoccupati e le vittime delle delocalizzazioni causate dalla globalizzazione. Sempre più imprese delocalizzano, approfittando del minore costo della manodopera in diversi paesi, in particolare Cina e India, spesso a discapito di Stati che rispettano i diritti dei lavoratori. L’obiettivo del FEG è assistere i lavoratori che sono vittima della delocalizzazione delle imprese, e il suo ruolo è fondamentale nel facilitare loro l’accesso a una nuova occupazione. In passato, il FEG è stato utilizzato da altri Stati membri dell’UE, quindi ora dovremmo destinare parte delle sue risorse alla Repubblica d’Irlanda, in particolare alle imprese del settore del cristallo e del vetro. Queste sono le motivazioni alla base del mio voto.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) La relazione riguarda la mobilizzazione del FEG a sostegno di lavoratori irlandesi (2 570 853 euro), in seguito a esuberi alla Waterford Crystals e tre dei suoi fornitori, operanti nel settore del cristallo. I fondi saranno versati direttamente ai lavoratori colpiti. La relazione è stata adottata in sede di commissione per i bilanci senza discussione, pertanto non ho problemi a esprimere un voto positivo.
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore la decisione di mobilitare assistenza finanziaria a favore di lavoratori in esubero che hanno perso il posto di lavoro a causa della crisi economica e finanziaria globale in tre casi particolari – nelle regioni spagnole della Comunidad Valenciana e Castilla-La Mancha, e nell’impresa di produzione di cristallo Waterford Crystal, in Irlanda. L’importo totale a sostegno di queste realtà ammonta a 11 milioni di euro ed è rivolto a 3 663 lavoratori in esubero. Sebbene l’assistenza del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione non possa risolvere tutti i problemi causati dalla crisi economica e finanziaria, invito le istituzioni dell’Unione europea a eseguire una valutazione efficace e tempestiva delle domande pervenute, e gli Stati membri a partecipare attivamente al Fondo.
Nel mio paese natale, la Lituania, è stata recentemente concessa assistenza finanziaria ai lavoratori che hanno perso la propria occupazione nei settori edile, tessile e della fabbricazione di mobili, ma anche ai dipendenti dello stabilimento Snaigė nella città di Alytus. Tale sostegno è stato estremamente apprezzato da chi è stato più duramente colpito dalla crisi economica e finanziaria mondiale.
Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. – (FR) Per ragioni di solidarietà con il gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano) e sulla base della relazione presentata dall’onorevole collega italiana Barbara Matera (PPE, IT), ho votato a favore della proposta di decisione concernente la mobilizzazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per un importo di circa 2 milioni di euro a sostegno della Spagna, che si trova ad affrontare esuberi nel settore dei prodotti in legno. In realtà, il Regno di Spagna giustifica la propria richiesta adducendo la motivazione che la crisi economica e finanziaria ha causato un improvviso collasso dell’economia mondiale, che ha avuto gravi ripercussioni su numerosi settori, in particolare sulla domanda nel settore edile e, di conseguenza, sui prodotti in legno. La verità è che la crisi ha fatto scoppiare la bolla immobiliare spagnola, e mi è difficile intravedervi un caso di adeguamento alla globalizzazione…Se esaminiamo i progetti finanziati (ad esempio 57 sostegni all’imprenditorialità di 3 000 euro l’uno, per un totale di 171 000 euro, 16 atelier di formazione combinati con tirocinio professionale, dal costo di 12 500 euro l’uno, per un totale di 200 000 euro, e così via), dov’è l’adeguamento alla globalizzazione? Non finisce qui...
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) L’elevato numero di settori e imprese colpiti dalla crisi e dalla globalizzazione fa emergere dubbi in merito alla sopravvivenza e alla sostenibilità dell’attuale modello economico europeo. Se l’utilità della concessione di sostegno ai lavoratori in esubero è incontestata, lo stesso non si può dire della perpetuazione dello status quo, che tende a inasprire le situazioni difficili come quelle vissute dai taglialegna e dai raccoglitori di sughero nella regione di Castilla-La Mancha.
Invece di concedere assistenza episodica, l’Unione europea e i suoi Stati membri devono essere in grado di promuovere un ambiente economico privo di ostacoli burocratici superflui, che sia favorevole agli imprenditori e premi rischio e innovazione.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della concessione di sostegno nell’ambito del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, a causa dell’impatto estremamente negativo che la chiusura di 36 imprese di legname nel giro di nove mesi ha avuto sulla regione spagnola di Castilla-La Mancha, che ha portato 585 cittadini a perdere il proprio posto di lavoro. La situazione è ulteriormente inasprita dallo spopolamento di cui soffre la regione e dalla mancanza di qualsiasi altro tipo di formazione nella forza lavoro. Vorrei, quindi, sottolineare l’importanza di dedicare attenzione speciale agli impatti negativi dell’attuale crisi economica sulle aree più rurali.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Il 9 ottobre 2009 la Spagna ha presentato una domanda alla Commissione volta a mobilitare un importo totale di 1 950 000 euro nell’ambito del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG), in relazione ai 585 lavoratori licenziati per esubero da 36 imprese operanti nell’industria del legno e dei prodotti in legno e sughero, esclusi i mobili, e della fabbricazione di articoli contenenti paglia e materiali da intreccio nella regione di Castilla-La Mancha nei nove mesi oggetto della relazione, dal 1° novembre 2008 al 31 luglio 2009. Condivido la valutazione della Commissione, che sostiene che la domanda soddisfa i criteri di ammissibilità stabiliti dal regolamento del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) e mi associo alla raccomandazione all’autorità di bilancio di approvare la domanda. Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) finanzia esclusivamente misure che contribuiscono al reinserimento degli esuberi nel mercato del lavoro, creando le condizioni affinché i lavoratori in esubero trovino lavori temporanei o permanenti, partecipino a programmi di formazione professionale e acquisiscano le competenze necessarie per soddisfare le esigenze del mercato del lavoro, ottenere una licenza commerciale o intraprendere un’attività professionale autonoma. Anche la Lituania ha già beneficiato dell’assistenza di questo Fondo.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Per riguardo nei confronti dei lavoratori spagnoli della regione Castilla-La Mancha, che hanno sofferto a causa della globalizzazione, mi astengo dal voto. Considerando la situazione in cui l’impatto delle politiche neoliberali dell’Unione europea li ha spinti, ci si potrebbe ritenere giustificati a votare contro l’irrisoria somma che l’élite europea vuole concedere loro, eppure il poco che riceveranno potrà per lo meno contribuire ad alleviare le sofferenze. Ciò, comunque, non rende più tollerabile l’approccio del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, che sostiene la speculazione sul mercato immobiliare e il suo collasso e consacra i profitti che gli interessi generano a beneficio delle banche. Per i tiranni eurocrati, è facile ottenere una coscienza pulita.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) L’Unione europea è uno spazio di solidarietà, e in questo quadro si iscrive il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG). Questo tipo di assistenza è essenziale per aiutare i disoccupati e le vittime delle delocalizzazioni causate dalla globalizzazione. Sempre più imprese delocalizzano, approfittando del minore costo della manodopera in diversi paesi, in particolare Cina e India, spesso a discapito di Stati che rispettano i diritti dei lavoratori. L’obiettivo del FEG è assistere i lavoratori che sono vittima della delocalizzazione delle imprese, e il suo ruolo è fondamentale nel facilitare loro l’accesso a una nuova occupazione. In passato, il FEG è stato utilizzato da altri Stati membri dell’UE, quindi ora dovremmo destinare parte delle sue risorse alla regione spagnola di Castilla-La Mancha, a causa dei 585 esuberi in 36 imprese operanti nell’industria del legno e dei prodotti in legno e sughero, esclusi i mobili, e nella fabbricazione di articoli di paglia e materiali da intreccio. Queste sono le motivazioni alla base del mio voto.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) La relazione riguarda la mobilizzazione del FEG a sostegno della regione spagnola di Castilla-La Mancha (1 950 000 euro), in seguito a 585 esuberi in 36 imprese operanti nell’industria del legno e dei prodotti in legno e sughero, esclusi i mobili, e nella fabbricazione di articoli di paglia e materiali da intreccio. I fondi saranno versati direttamente ai lavoratori colpiti. La relazione è stata adottata in sede di commissione per i bilanci senza discussione, e noi del gruppo Verts/ALE l’abbiamo sostenuta.
Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. – (FR) Per ragioni di solidarietà con il gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano) e a seguito della relazione della collega italiana, onorevole Matera, ho votato a favore della proposta di decisione concernente la mobilizzazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per l'importo di 1,1 milioni di euro destinati al finanziamento delle attività di assistenza tecnica in relazione al Fondo stesso. Ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, del regolamento FEG 2006, per iniziativa della Commissione lo 0,35 per cento dell'importo totale del Fondo (500 milioni di euro) resta disponibile ogni anno per attività di assistenza tecnica, ovvero 1 750 000 di euro. Nulla è ancora stato erogato all'assistenza tecnica. Francamente, convocare due riunioni di 27 esperti (1 per Stato membro) al costo di 35 000 euro l'una, per un totale di 70 000 di euro, e due seminari sul FEG di 100 000 euro l'uno sembra davvero inutile, soprattutto se il Fondo va a coprire non tanto l'adeguamento alla globalizzazione ma i costi di gestione. Che dire poi dei 10 studi del costo di 25 000 euro ciascuno! Non finisce qui...ma se ne ricava sinceramente l'impressione che tali attività di assistenza tecnica vengano svolte per spendere denaro, solo perché vi è una base giuridica che lo consente.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Sono favorevole a questa relazione perché più della metà delle risorse destinate dalla Commissione all'assistenza tecnica saranno usate per finanziare studi e valutazioni sugli interventi in corso a titolo del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) e per la loro attuazione, ricavandone risultati positivi e traendone insegnamenti per il futuro; una parte degli stanziamenti per le attività di assistenza tecnica servirà inoltre a istituire una banca dati sul reinserimento a lungo termine nel mercato del lavoro. Chiedo altresì che almeno una parte di questi stanziamenti siano utilizzati per misure tecniche volte ad accelerare le procedure di presentazione della domanda di assistenza, che, in molti casi, sono troppo lunghe. Invito gli Stati membri a studiare e sfruttare le possibilità e opportunità offerte dal FEG in caso di esuberi collettivi e a impiegare i fondi disponibili per sostenere i lavoratori licenziati e agevolare il loro reinserimento nel mercato del lavoro. Vorrei inoltre incoraggiare gli Stati membri a scambiare le migliori prassi e a prendere esempio, in particolare, da quegli Stati membri che hanno già istituito reti informative nazionali sul FEG, con il coinvolgimento delle parti sociali e dei portatori d’interesse locali, al fine di predisporre una solida struttura di assistenza qualora si verificassero licenziamenti collettivi.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La Commissione europea chiede la mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per poter offrire un’assistenza tecnica adeguata e sufficiente e rispondere così alle molte richieste dei paesi che stanno registrando un incremento nel numero di disoccupati a causa della crisi economica e finanziaria internazionale e della globalizzazione, che compromette la solvibilità di molte imprese. Il voto unanime della commissione parlamentare dimostra il consenso dei parlamentari europei che si occupano più da vicino di tale tematica. Ritengo pertanto che meriti uguale considerazione da parte del Parlamento.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore di questa risoluzione, volta a promuovere una migliore attuazione dei fondi e dei meccanismi d’aiuto a favore dei lavoratori in esubero, perché riconosco l’importanza del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) nella riqualificazione dei lavoratori e nella riduzione dell’impatto socio-economico della crisi mondiale. Oltre al potenziamento delle misure intese a migliorare il monitoraggio, la revisione contabile e la valutazione dell’attuazione dei piani di sostegno approvati, vorrei sottolineare la necessità di adoperarsi per la promozione d’iniziative che accrescano e amplino utilizzo dei fondi FEG da parte degli Stati membri, in particolare Spagna e Portogallo.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Sono favorevole a questa relazione e alla proposta della Commissione di mobilitare un importo di 1 110 000 euro a valere sul Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per il finanziamento delle attività di assistenza tecnica da parte della Commissione. Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, della base giuridica di riferimento, su iniziativa della Commissione lo 0,35 per cento dell’importo massimo annuo del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) può essere utilizzato per attività di assistenza tecnica. Un massimo di 1,75 milioni di euro può essere usato ogni anno per coprire i fabbisogni indicati per l’esecuzione del Fondo. Concordo con la proposta della Commissione, secondo cui l’importo dovrà finanziare le seguenti attività: attività legate alla valutazione intermedia del FEG – studi di monitoraggio ed esecuzione, creazione di una base di conoscenze, scambio di informazioni e di esperienze tra Stati membri e gli esperti e i revisori contabili della Commissione, sviluppo di reti, organizzazione di riunioni del gruppo di esperti del FEG, organizzazione di seminari sull’esecuzione del Fondo come pure attività di informazione e pubblicità e ulteriore sviluppo del sito Internet del FEG e delle pubblicazioni in tutte le lingue dell’Unione europea. Le attività del FEG svolgono un ruolo di primaria importanza e lo scopo di tale Fondo è fornire un sostegno supplementare ai lavoratori licenziati per esubero a causa della globalizzazione o della crisi economica e finanziaria mondiale e assisterli nel loro reinserimento nel mercato del lavoro.
Erminia Mazzoni (PPE), per iscritto. − Ho espresso voto favorevole alla relazione in oggetto nella assorbente considerazione dell'importanza di dotare il Fondo di adeguamento alla globalizzazione di procedure più dinamiche.
La decisione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2010, chiede di mobilitare un importo di 1.110.000 euro per finanziare attività di controllo e monitoraggio, ma soprattutto di informazione e sostegno tecnico e amministrativo per l'utilizzazione delle risorse da parte degli Stati e delle parti sociali. È fondamentale offrire informazioni chiare per ridurre i tempi delle procedure, cosi come è indispensabile dotare l'Unione di strumenti sempre più vicini ai cittadini per trasparenza e conoscibilità. A partire dal 1° maggio 2009, tale fondo può essere utilizzato anche per il sostegno agli esuberi causati dagli effetti della crisi economica e dei mercati finanziari, il che lo rende ancora più attuale e necessario.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) L’Unione europea è uno spazio di solidarietà, e in questo quadro si iscrive il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG). Questo tipo di assistenza è essenziale per aiutare i disoccupati e le vittime delle delocalizzazioni causate dalla globalizzazione. Sempre più imprese delocalizzano, approfittando del minore costo della manodopera in diversi paesi, in particolare Cina e India, spesso a discapito di Stati che rispettano i diritti dei lavoratori. L’obiettivo del FEG è assistere i lavoratori che sono vittima della delocalizzazione delle imprese, e il suo ruolo è fondamentale nel facilitare loro l’accesso a una nuova occupazione. É pertanto necessario valutare il rendimento di tale meccanismo d’aiuto. Alla luce di questo, la Commissione sta valutando la mobilitazione del FEG per coprire i costi amministrativi legati alla predisposizione della valutazione intermedia sul funzionamento del FEG. In tale contesto, verranno condotti studi sull’attuazione del FEG, sul reinserimento dei lavoratori nel mercato del lavoro e sullo sviluppo di reti fra servizi forniti dagli Stati membri competenti per questioni attinenti al FEG, nonché sullo scambio delle migliori prassi e sulla creazione e l’aggiornamento del sito Internet.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (EGF) ha lo scopo di offrire una pronta assistenza a quei lavoratori che sono vittime di cambiamenti strutturali dei modelli di commercio mondiale.
Il 24 aprile 2010 la Commissione ha adottato una nuova proposta di mobilitazione dell'EGF che riguarda l'emissione di 1.110.000 euro dal Fondo, una somma che coprirebbe le attività primarie dell'EGF, ovvero il monitoraggio e l'implementazione degli studi, la creazione di un data base, lo scambio di informazioni e di esperienze tra gli Stati membri e gli esperti europei dell'EGF, l'organizzazione di seminari, nonché gli ulteriori sviluppi del sito web dell'EGF e delle sue pubblicazioni in tutte le lingue europee.
Da parte mia, un'implementazione del Fondo non può che essere accolta positivamente, avendo essa il merito di incoraggiare gli Stati membri a fare buon uso delle possibilità offerte dall'EGF, soprattutto per ciò che concerne i lavoratori. Ritengo che la creazione di un data base sia molto utile, poiché funge da collante tra gli Stati membri e quindi li spinge a collaborare tra loro e a prendere spunto da quei paesi che hanno maggiore esperienza nel settore. Reputo infine incoraggiante che un team di esperti guidi gli Stati membri in questo processo e auspico ulteriori sviluppi per un progetto futuro dell'EGF.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) La relazione verte sulla mobilitazione di 1 110 000 a titolo del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) onde fornire assistenza tecnica su iniziativa della Commissione. In base alla proposta della Commissione, tale importo è destinato a finanziare le seguenti attività: attività legate alla valutazione intermedia del FEG (articolo 17) – studi di monitoraggio ed esecuzione, creazione di una base di conoscenze, scambio di informazioni e di esperienze tra gli Stati membri e gli esperti e i revisori contabili della Commissione, sviluppo di reti, organizzazione di riunioni del gruppo di esperti di persone di contatto del FEG, organizzazione di seminari sull'esecuzione del Fondo, come pure attività di informazione e pubblicità (articolo 9) e ulteriore sviluppo del sito Internet del FEG e delle pubblicazioni in tutte le lingue. Questa relazione è stata adottata in sede di commissione per i bilanci (COBU) senza discussione. Noi Verdi l’abbiamo sostenuta.
Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto. – (LT) Il recente terremoto finanziario ha avuto uno strascico di disoccupazione o di sottoccupazione. É un bene che l’Unione europea sia fondata sul principio di solidarietà. Dalla creazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) nel 2006, sono state presentate circa 30 domande per un totale di 154 milioni di euro ed è stata fornita assistenza a 33 000 lavoratori in tutta Europa. Tale assistenza ha interessato vari settori, fra i quali l’informatica, la telefonia cellulare e l’industria automobilistica.
Gli Stati baltici hanno risentito pesantemente del contraccolpo della crisi finanziaria. In Lituania, fra l’ottobre 2008 e il luglio 2009, più di 1 600 lavoratori occupati nel settore dell’edilizia hanno perso il lavoro. La metà di questi non è riuscita a ricollocarsi, è andata in pensione o ha richiesto assistenza. La maggior parte dei costi è coperta dal FEG, mentre il resto è a carico del Fondo lituano per l’occupazione. Desidero esprimere il mio apprezzamento per il FEG, che fornisce un’assistenza molto ben selezionata e socialmente responsabile. Un esempio fra tutti: 651 dipendenti dell’azienda lituana AB Snaigė (produttrice di impianti di refrigerazione) e di due dei suoi fornitori hanno perso il lavoro nel giro di 5 mesi, fino al maggio 2009. Le conseguenze hanno investito direttamente i lavoratori e le loro famiglie nonché la cittadina di Elytus, sede della Snaigė. Data la situazione che si era venuta determinando, una buona parte degli stanziamenti del FEG è stata destinata ai lavoratori. Il denaro erogato offrirà ai lavoratori l’opportunità di trovare un’occupazione, di studiare e di riqualificarsi.
David Casa (PPE), per iscritto. – (EN) Il FEG è stato creato per aiutare i lavoratori che sono stati negativamente colpiti dalla globalizzazione. La Commissione ha approvato una serie di proposte per accedere al Fondo e fornire assistenza all’Irlanda e alla Spagna. Vorrei sottolineare l’estrema urgenza dei casi per i quali viene richiesto l’intervento del Fondo: la procedura di erogazione dovrebbe quindi essere quanto mai efficace e tempestiva. Condivido le conclusioni della relatrice al riguardo e ho quindi votato a favore della relazione Matera.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) è vitale per agevolare il reinserimento dei lavoratori espulsi dal mercato del lavoro a seguito della crisi economica e finanziaria mondiale.
Le istituzioni europee hanno svolto un ruolo importante nel sostenere la ripresa economica dei Paesi membri più bisognosi di aiuto.
Ancora una volta, esorto le istituzioni comunitarie ad agire di concerto per dare attuazione al Fondo in modo sollecito e flessibile, sulla base di procedure semplificate che rispondano tempestivamente alle necessità dei lavoratori maggiormente colpiti dall’attuale crisi economica.
Sonia Alfano (ALDE), per iscritto. − Secondo un'indagine pubblicata dalla Regione Sicilia alla fine del 2009, il 75% dei cittadini ritiene nullo o poco rilevante l'impatto positivo dei fondi europei. Se pensiamo che, secondo la Corte dei conti, il 51% delle risorse destinate alla Sicilia per il periodo di programmazione 2000-2006 non è stato speso e che una buona percentuale dei fondi utilizzati risulta viziata da irregolarità, si comprende bene la pressoché totale mancanza di fiducia da parte dei cittadini.
Appoggio pertanto pienamente la relazione del collega. Solo la più completa trasparenza, consentendo al cittadino di conoscere l'effettivo utilizzo delle risorse pubbliche, può restituire fiducia nelle istituzioni. Chiunque deve avere la possibilità di conoscere a chi vengono assegnati i fondi e soprattutto a cosa vengono destinati, nonché di seguire tutte le fasi dalla programmazione alla realizzazione degli interventi.
Porre il cittadino nelle condizioni di vigilare sui fondi europei non rappresenta solo una declinazione fondamentale del processo democratico, ma costituisce un deterrente ad ogni forma di distrazione di tali risorse pubbliche. Ricordo che trasparenza non significa solamente rendere pubblici i documenti, quello rappresenta solo il primo passo. Le informazioni devono risultare accessibili e facilmente intellegibili, altrimenti risultano un mero esercizio tecnico non funzionale ad alcun controllo democratico.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore di questa relazione, che propone un approccio accessibile e concertato allo scambio interregionale di migliori prassi, allo scopo di consentire agli attori della politica di coesione di imparare dall’esperienza degli altri. Credo inoltre che la governance verrà notevolmente potenziata e agevolata se gli attori coinvolti nell’attuazione della politica di coesione si concentreranno soprattutto sulle tematiche relative alla gestione dei progetti. Gli Stati membri dovrebbero decentrare l’attuazione della politica di coesione per garantire un corretto funzionamento della governance multilivello, nel rispetto dei principi di partenariato e sussidiarietà. Accolgo con favore la creazione di un manuale di riferimento per l’audit e la semplificazione della revisione contabile, segnatamente in merito ai criteri di selezione, all’ingegneria finanziaria e alla rendicontazione finanziaria.
Vorrei ricordare gli ostacoli che i potenziali beneficiari dei Fondi strutturali hanno segnalato: si rivelano infatti un aumento degli oneri burocratici, regolamenti troppo complessi, poca trasparenza nei processi decisionali e nelle norme di cofinanziamento e ritardi nei pagamenti. Se vogliamo superare questi ostacoli, dovremo definire criteri a lungo termine per i progetti cofinanziati attraverso i Fondi strutturali e predisporre misure speciali nonché nuovi indicatori qualitativi per le regioni con particolari caratteristiche geografiche, quali le regioni ultraperiferiche.
Alfredo Antoniozzi (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, condivido la posizione del collega Winkler, cui ho dato il mio voto positivo, sulla revisione della politica comunitaria a favore dell'innovazione. In particolar modo, ritengo condivisibile la volontà di predisporre una strategia di ampio spettro, che non riguardi solo l'innovazione tecnologica ma anche quella amministrativa, organizzativa e sociale. A tale proposito, il coinvolgimento del mondo economico e della piccola e media impresa nella definizione di misure di promozione dell'innovazione mi sembra cruciale, cosi come l'attenzione che va data agli obiettivi di politica economica a livello regionale.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) La versione iniziale di questa relazione di iniziativa dell’onorevole Tremopoulos non mi convinceva del tutto. Ho dunque presentato dieci emendamenti per correggerne l’orientamento. Assieme ai colleghi del gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano), siamo così riusciti a reintrodurre il francese e il tedesco quali lingue di comunicazione oltre all’inglese, a limitare le informazioni richieste a quelle veramente necessarie, a mantenere la presunzione di corretto utilizzo dei fondi europei e così via. L’utilizzo dei fondi dovrebbe essere in effetti più trasparente, ma non per questo si devono rendere eccessivamente onerose le procedure di richiesta dei fondi comunitari. Grazie alla nostra azione, i cittadini europei disporranno di maggiori informazioni sull’utilizzo dei fondi comunitari, ma senza accrescere gli oneri burocratici. Per questo ho votato a favore della versione emendata di questa relazione.
Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione d’iniziativa propria del mio collega greco, l’onorevole Tremopoulos, sulla trasparenza della politica regionale e il suo finanziamento. Accolgo con favore l’iniziativa europea per la trasparenza (IET), adottata dalla Commissione europea per migliorare la trasparenza, l’apertura e la responsabilità nel governo dell’Unione europea. Concordo sulla necessità di regole e metodi d’esecuzione che garantiscano la trasparenza delle procedure, che offrano ai potenziali beneficiari un migliore accesso ai Fondi strutturali e snelliscano gli oneri amministrativi a carico dei partecipanti. Le autorità di gestione degli Stati membri devono presentare tutte le fasi dei progetti finanziati con i Fondi strutturali in modo trasparente. Auspico che i parlamentari europei siano informati e coinvolti nell’esecuzione dei progetti nelle loro circoscrizioni elettorali.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione d’iniziativa dell’onorevole Tremopoulos. L’efficacia dei Fondi strutturali e di coesione è un requisito essenziale per la crescita delle nostre economie e per la creazione di posti di lavoro. Al fine di garantire trasparenza nell’utilizzo di tali Fondi, si dovrebbe dare piena attuazione all’iniziativa europea per la trasparenza: sono infatti insufficienti le informazioni di cui disponiamo in merito alle decisioni della Commissione sul finanziamento dei grandi progetti. Gli Stati membri ricorrono anch’essi a diversi livelli per informare il pubblico sui beneficiari degli aiuti comunitari. Ritengo che la trasparenza dovrebbe essere garantita a tutti i livelli, perché essa va di pari passo con il processo di semplificazione delle procedure per l’ottenimento dei Fondi strutturali e consente la partecipazione dell’opinione pubblica al dibattito sulle modalità di spesa delle risorse istituzionali, che è essenziale per l’efficace utilizzo dei fondi comunitari.
Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. − In un momento come quello attuale, in cui la crisi economica e finanziaria appare come un fenomeno trasversale che attraversa senza distinzioni tutti i settori, quello agricolo non fa eccezione e richiede a gran voce sostegno finanziario e trasparenza.
La relazione di Michail Tremopoulos dà un seguito alla Comunicazione della Commissione sull'Iniziativa europea per la trasparenza, introducendo proposte atte a favorire la divulgazione dei dati relativi ai beneficiari dei finanziamenti e la trasparenza nella gestione concorrente e nel partenariato. Proprio perché credo che maggiore informazione e soprattutto un'informazione più semplice possano rendere il complesso mondo della politica di coesione comunitaria più vicino al mondo delle imprese, sosterrò con un voto favorevole il testo in questione.
Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. – (RO) L’iniziativa europea per la trasparenza è in vigore dal 2005 quando fu approvata dalla Commissione. Appena un anno dopo fu pubblicato il Libro verde, con l’intento di migliorare la trasparenza, l’apertura e la responsabilità della governance dell’UE. L’approvazione di questi documenti era motivata dal diritto fondamentale dei cittadini di sapere chi sono i beneficiari dei fondi comunitari, poiché di fatto ogni cittadino, in misura diversa, apporta un contributo finanziario ai progetti stessi.
La pubblicazione on line delle informazioni sui grandi progetti prima di predisporne il finanziamento è prassi comune tra le istituzioni finanziarie internazionali. La Commissione europea costituisce un’eccezione in tal senso, sebbene non sussista una concreta motivazione per cui l’esecutivo comunitario debba adottare standard di trasparenza inferiori. In tal senso, la richiesta rivolta dal Parlamento alla Commissione affinché le informazioni vengano tempestivamente pubblicate su Internet, onde consentire un accesso diretto alla documentazione relativa ai finanziamenti europei, risulta perfettamente in linea con la politica di trasparenza adottata a livello comunitario. É importante che i progetti approvati dalla Commissione siano al di sopra di ogni sospetto e che l’opinione pubblica ne sia informata tempestivamente, sin dalle prime fasi di presentazione della domanda di finanziamento.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) La trasparenza sulle modalità di utilizzo dei Fondi strutturali erogati, in particolare attraverso la pubblicazione ex post dell’elenco dei beneficiari, della denominazione delle operazioni e dell’importo dei finanziamenti pubblici destinati alle stesse, è fondamentale per la discussione sulle modalità di spesa del denaro pubblico europeo.
In particolare, vi è incertezza in merito alla definizione di "beneficiari" e all'importo dei finanziamenti pubblici versati al beneficiario da pubblicare (importi impegnati o importi effettivamente versati).
Sottoscrivo le raccomandazioni espresse in questa relazione perché concorrono alla diffusione di una cultura di fiducia reciproca fra tutte le parti interessate, che consentirà un migliore utilizzo dei fondi comunitari.
David Casa (PPE), per iscritto. – (EN) Vi sono numerosi fondi comunitari a disposizione dei cittadini e di altre entità. Molti lamentano il fatto che le procedure per avere accesso a tali fondi siano complicate ed eccessivamente burocratizzate. Occorrono informazioni più chiare sulle procedure relative ai fondi e maggiore trasparenza sul modo in cui tali fondi vengono spesi. Concordo con le conclusioni del relatore e ho pertanto deciso di votare a favore della sua relazione.
Mário David (PPE), per iscritto. – (PT) Voto a favore delle misure proposte in questa relazione, poiché ritengo che la trasparenza sia un fattore fondamentale per il conseguimento degli obiettivi generali di tutte le politiche, e segnatamente delle politiche di coesione.
La variabilità della presentazione e delle condizioni di accessibilità dei dati, che deriva dalle evidenti differenze nell’interpretazione dei requisiti minimi dell’iniziativa europea per la trasparenza fra gli Stati membri e le autorità di gestione, non consente un confronto completo a livello europeo. Sono pertanto favorevole all’introduzione di norme più chiare sulla divulgazione di informazioni sui beneficiari dei fondi a gestione concorrente. La riduzione della burocrazia, lo snellimento della procedura di ottenimento dei fondi e il potenziamento del controllo della gestione finanziaria sono passi positivi.
Accolgo inoltre con favore la proposta che gli Stati membri forniscano in due lingue le informazioni ufficiali sull’iter di erogazione dei fondi.
Credo infine che la Commissione dovrebbe fungere da esempio, dotandosi di procedure che promuovono la trasparenza, in particolare in merito al finanziamento dei grandi progetti europei, nel cui caso non si capisce perché si continuino ad applicare standard di trasparenza inferiori a quelli della Banca europea per gli investimenti (BEI) o della Banca mondiale.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione sulla trasparenza della politica regionale e il suo finanziamento, volta a garantire un maggiore controllo sulle modalità di utilizzo dei fondi pubblici. Oltre agli attuali requisiti minimi, risulta urgente far sì che gli elenchi dei beneficiari dei Fondi strutturali pubblicati sul sito Internet della Commissione contengano informazioni più esaustive, nell’interesse di una maggiore trasparenza. Penso ad esempio a informazioni sull’ubicazione, la sintesi dei progetti approvati, i tipi di sostegno e una descrizione dei partner dei progetti.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La politica regionale e il Fondo di coesione dell’Unione europea sono fondamentali per il principio di solidarietà fra Stati membri. É fondamentale che le risorse a essi destinate siano impiegate in modo efficiente e preciso, contribuendo così allo sviluppo delle regioni cui sono destinate. La trasparenza nell’utilizzo di tali fondi è precipua responsabilità degli Stati membri e le sanzioni per una cattiva gestione garantiranno la riduzione degli squilibri in seno all’Unione europea.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Data la dimensione e la diversità regionale dell’Europa, nonché l’importanza della credibilità delle istituzioni europee, ho votato a favore della relazione perché credo che la condivisione delle informazioni pubbliche e la normalizzazione delle procedure siano fondamentali per garantire la necessaria trasparenza nell’attuare e finanziare le politiche regionali, nell’ottica della coesione economica e sociale e del consolidamento di un’Europa più giusta ed equa. Vorrei inoltre precisare che garantire l’osservanza di requisiti comuni e la pubblicazione di informazioni obiettive sugli investimenti pubblici non generare un aumento della burocrazia. Ritengo semmai importante snellire la burocrazia per migliorare la trasparenza e l’efficacia delle politiche europee.
Lorenzo Fontana (EFD), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, la trasparenza della politica regionale e il suo finanziamento sono temi particolarmente delicati e di notevole interesse per il territorio che rappresento.
Così come stabilito dalla politica di coesione 2007-2013, la Regione Veneto e le altre regioni del nord e centro Italia rientrano nell'obiettivo 2 "Competitività regionale e occupazione" al quale è destinato il 16% delle risorse disponibili. La maggior parte delle risorse (83%) è destinata alle regioni in ritardo di sviluppo e tra queste rientrano le regioni del Mezzogiorno.
Concordo con il relatore nel ritenere che l'Iniziativa europea per la trasparenza (IET) della Commissione debba essere accompagnata da parametri di riferimento uguali per tutti, in modo da garantire un livello di trasparenza omogeneo ed effettivo. Definendo il tipo di documentazione da fornire, garantendo l'accesso a tale documentazione, soprattutto nel caso di "grandi progetti", e creando un modello comune da rispettare, si potranno evitare sprechi e gestioni poco trasparenti. La previsione di regole comuni chiare e più dettagliate, che non comportino tuttavia un pregiudizio in termini di efficienza amministrativa, premierà le regioni virtuose e penalizzerà quelle che non definiscono con sufficiente precisione le proprie richieste e i propri progetti.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) La relazione Tremopoulos muove dal presupposto che la trasparenza sia un requisito di base per il raggiungimento degli obiettivi della politica di coesione e mi associo pienamente gli appelli per una maggiore trasparenza nel quadro della politica regionale. La relazione esorta altresì gli Stati membri a coinvolgere pienamente le autorità locali e regionali nell’attuazione delle politiche e sono certo che, quando la Scozia sarà indipendente, il governo scozzese farà di tutto per rendere partecipi di tali questioni le regioni dell’intera Scozia.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Il fatto di divulgare informazioni sui beneficiari dei fondi comunitari è una pietra angolare dell’iniziativa europea per la trasparenza (IET). Ritengo tuttavia insufficiente la disposizione del Regolamento finanziario secondo la quale gli Stati membri devono fornire informazioni sulle modalità di spesa dei fondi comunitari a gestione concorrente, segnatamente tramite la pubblicazione ex post dei beneficiari. La Commissione limita il proprio ruolo alla proposizione di uno standard indicativo comune per la pubblicazione dei dati e alla comunicazione all'opinione pubblica dell'UE, attraverso il sito Web della DG REGIO, dei collegamenti agli indirizzi elettronici degli Stati membri dove sono pubblicati i dati richiesti sui beneficiari del FESR e del Fondo di coesione. Con l'attuazione dei suddetti Fondi nel quadro della "gestione concorrente", i collegamenti in questione e il loro contento sono di esclusiva responsabilità degli Stati membri e si basano sulle informazioni fornite dalle autorità di gestione. La variabilità nella presentazione e nelle condizioni di accesso ai dati non consente un confronto completo a livello dell’UE. Per questo motivo condivido le proposte presentate dal Parlamento europeo affinché nei database degli Stati membri sia possibile effettuare ricerche e a garantire la loro totale compatibilità, in modo da consentire una visione d'insieme dei dati presentati e far sì che le informazioni raccolte siano presentate e gestite in modo strutturato e comparabile al fine di garantirne la piena utilizzabilità. L’attuazione delle suddette proposte costituirebbe un contributo alla IET.
Jarosław Kalinowski (PPE), per iscritto. – (PL) Giudico positivamente il lavoro svolto dalla Commissione e dal Parlamento in merito alla trasparenza della politica regionale e il suo finanziamento. Si tratta di un settore che assorbe la parte più cospicua del bilancio comunitario e pertanto i contribuenti hanno il diritto di sapere in che modo viene speso il loro denaro e di accedere senza limitazioni alle relative informazioni.
Desidero anche esprimere la speranza che le misure in via di adozione favoriscano l’elaborazione di nuove norme e la pubblicazione di dati derivanti dall’osservazione, grazie ai quali le procedure di esecuzione diverranno più semplici e trasparenti.
Petru Constantin Luhan (PPE), per iscritto. – (RO) Uno degli obiettivi principali dell’Unione europea riguarda l’aumento della trasparenza, al fine di ravvicinare le istituzioni e le agenzie europee ai cittadini per cui lavorano e di sottolineare il loro contributo alla coesione sociale ed economica, nonché allo sviluppo sostenibile in Europa.
Ho votato a favore di questa relazione perché sostengo la Commissione nella promozione di una soluzione uniforme e consolidata per l’accesso alle informazioni sui beneficiari dei fondi comunitari. Questo ci consentirà di eliminare le discrepanze tra le modalità di pubblicazione nei vari Stati membri, di ottenere un quadro completo a livello europeo dei dati presentati e, al contempo, di conquistare maggiore credibilità e attendibilità agli occhi dei cittadini europei.
Iosif Matula (PPE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore di questa relazione perché penso che si avverta particolarmente la necessità di trasparenza nelle politiche regionali, allo scopo di potenziare l’accesso al database dell’Iniziativa europea per la trasparenza (IET) per i potenziali beneficiari. Ritengo che la trasparenza nell’ambito delle politiche regionali sia di vitale importanza per il coinvolgimento delle autorità locali e regionali, in quanto è loro dovere adempiere a un duplice ruolo al riguardo: da un lato, esse godranno infatti dei vantaggi della IET, garantendo il massimo accesso possibile al database sui beneficiari dei fondi e ricavando così esempi specifici di buone prassi di finanziamento regionale; al contempo, esse svolgeranno un ruolo chiave nella promozione del database attraverso i mezzi più idonei, in modo che l’informazione sia di facile accesso per tutti i cittadini.
Si dovranno inoltre predisporre dei sistemi di misurazione del livello di accesso alla banca dati IET, per avere un quadro quanto più chiaro del livello di accesso alle informazioni garantito dal database. Qualora si riscontrasse un livello di accesso inferiore, le autorità che lo gestiscono a valle dovranno individuare metodi più efficaci per promuoverne l’uso.
Erminia Mazzoni (PPE), per iscritto. − La tracciabilità di beneficiari, importi e progetti nell'ambito degli strumenti di regolamentazione dell'uso del FESR, del FSE e del Fondo di coesione è indispensabile a garantire la trasparenza della spesa. Un sistema trasparente valorizza gli investimenti e riduce i costi. Tale importanza rende auspicabile l'irrigidimento delle previsioni sanzionatorie in caso di violazione degli obblighi di comunicazione e di pubblicità, la promozione di un più moderno e funzionale sistema di rete tra le autorità di gestione, la definizione di una base comune per uniformare i comportamenti dei singoli stati e il collegamento tra pubblicità, controllo e auditing. Questa azione dovrebbe essere inserita nel pacchetto di misure anticrisi. Analoga indicazione è stata fornita dal Parlamento in occasione del voto su "Tutela degli interessi finanziari della Comunità – lotta contro la frode – relazione annuale", considerando che l'obbligo di procedure trasparenti previene i comportamenti scorretti.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) La trasparenza nell’impiego dei fondi comunitari nonché l’informazione pubblica in merito ai beneficiari dei fondi comunitari stessi è essenziale per l’iniziativa europea per la trasparenza (IET). Tale divulgazione consente di valutare le modalità di utilizzo dei fondi, il che è vitale per una sana democrazia e per la prudente gestione di risorse sempre più limitate. Nell’attuale congiuntura di crisi, tuttavia, è opportuno predisporre meccanismi che garantiscano più trasparenza, in particolare la pubblicazione di informazioni preliminari, da parte della Commissione, sulle decisioni relative al finanziamento di grandi progetti. É pertanto essenziale continuare a predisporre tutti i meccanismi che portino a una maggiore trasparenza sui beneficiari dei fondi europei. Ciò spiega il mio voto.
Miroslav Mikolášik (PPE), per iscritto. – (SK) La divulgazione di informazioni relative al finanziamento di progetti con fondi europei consente evidentemente all’opinione pubblica degli Stati membri di prendere parte a un dibattito sull’utilizzo del denaro pubblico.
Credo che una maggiore trasparenza richieda l’introduzione di norme chiare sulla pubblicazione di informazioni, che non devono però dare luogo a un onere amministrativo eccessivo per i potenziali beneficiari, già sottoposti a complicati requisiti amministrativi.
Sarei a favore di una tempestiva pubblicazione su Internet di informazioni relative ai grandi progetti e a un accesso diretto alla documentazione relativa ai progetti e, in particolare, alle valutazioni di impatto ambientale, la cui importanza è spesso sottovalutata o addirittura trascurata dalle parti interessate. La società civile avrebbe così la possibilità di inviare commenti al sito Web della Commissione e contribuire al controllo democratico e a una maggiore qualità dei progetti.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) L’iniziativa europea per la trasparenza è stata avviata molti anni fa, ma ha compiuto pochi passi avanti. La pubblicazione dei beneficiari dei sussidi agricoli, ad esempio, ha portato alla luce il fatto che spesso questi fondi vanno a grosse aziende, case reali e così via. Se l’Unione europea vuole serietà in materia di trasparenza, la stessa serietà dovrebbe allora essere applicata anche al processo decisionale. Come sempre, l’iniziativa europea per la trasparenza è fatta di parole vuote, motivo per il quale mi sono astenuto dal voto.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. – (DE) La raccolta di informazioni sulle concrete modalità di spesa dei sussidi pubblici e sui reali beneficiari di questi ultimi è importante ed è la cosa giusta da fare. Però questo non deve tradursi nell’attribuzione di poteri immani alla Commissione, al punto che gli Stati membri non possano più selezionare i loro stessi progetti e partner, ad esempio. Mi sono pertanto astenuto dal voto.
Wojciech Michał Olejniczak (S&D), per iscritto. – (PL) La trasparenza finanziaria delle istituzioni pubbliche costituisce il fondamento della moderna democrazia. I cittadini devono avere accesso all’informazione sulle modalità di spesa di ogni singolo euro – perché ogni euro speso proviene dalle imposte versate dai cittadini. Non è un segreto che l’iniziativa europea per la trasparenza, approvata dalla Commissione nel 2005, stia cominciando a dare i primi frutti. Ne sono lieto. D’altra parte però molto resta ancora da fare. Mi rattrista notare che gli standard di trasparenza usati dalla Commissione europea nell’attuazione della politica regionale sono inferiori a quelli di altre istituzioni, essenzialmente quelli in uso presso la Banca europea per gli investimenti (BEI). Non vi è alcuna ragione perché si continui così. Condivido la soddisfazione, espressa nella risoluzione, per i progressi conseguiti nel controllo sull’assegnazione dei fondi per il conseguimento degli obiettivi di politica regionale. Nutro inoltre grande apprezzamento per l’accento che la risoluzione pone sul ruolo dell’istituzione della società civile nella programmazione della politica di coesione. Sono certo che le misure proposte consentiranno una maggiore efficacia dei programmi e la legittimazione della politica di coesione dell’Unione europea. Per queste ragioni ho deciso di sostenere la risoluzione.
Robert Rochefort (ALDE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione Tremopoulos, che contiene disposizioni volte a migliore l’efficacia e la trasparenza della politica regionale europea. Per facilitare l’accesso dei potenziali beneficiari ai Fondi strutturali, mi sembra opportuno alleggerire gli oneri amministrativi legati alle domande di finanziamento e rendere più trasparenti le procedure d’accesso ai finanziamenti europei. Semplificando e chiarendo le norme e la loro attuazione, il finanziamento europeo sarà più efficace. Del resto ritengo essenziale che i cittadini siano meglio informati in merito ai progetti portati avanti dalla Commissione europea, segnatamente quelli relativi all’impiego dei Fondi strutturali. Sono perciò favorevole alla pubblicazione da parte della Commissione europea di maggiori informazioni sui grandi progetti realizzati con l’impiego di tali Fondi, a vantaggio del grande pubblico, e che si sappia se i progetti sono stati completati o sono ancora in corso.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Desidero complimentarmi con il collega greco dei Verdi, l’onorevole Tremopoulos, per l’odierna approvazione della relazione sulla trasparenza della politica regionale e il suo finanziamento. L’esito della votazione, 629 voti a favore e solo 6 contrari, testimonia l’ottimo lavoro svolto.
Marie-Thérèse Sanchez-Schmid (PPE), per iscritto. – (FR) Ho sostenuto e votato a favore della relazione Tremopoulos che invitava la Commissione europea e le autorità di gestione nazionali a ricorrere a maggiore trasparenza nell’attribuzione e nell’utilizzo dei Fondi strutturali. La comparabilità dei dati sulla gestione di tali fondi a livello europeo è fondamentale affinché i responsabili dei progetti e i cittadini possano sapere quali sono le priorità europee in materia di finanziamento, quali parti interessate hanno già beneficiato di fondi, in che modo tali fondi sono stati usati, quali sono le procedure e le scadenze dei diversi progetti. L’intento è quindi garantire una migliore visibilità dei fondi per i potenziali beneficiari e verificare al meglio il loro utilizzo. Era però importante non cadere in un eccesso di trasparenza e sovraccaricare le autorità di gestione e i responsabili dei progetti di oneri e richieste d’informazioni poco pertinenti, inefficaci e controproducenti. Per questo motivo io e i miei colleghi della maggioranza presidenziale della commissione per lo sviluppo regionale (REGI) abbiamo modificato il testo originale per far sì che l’obiettivo della trasparenza non fosse raggiunto a spese della semplificazione della politica di coesione, poiché la politica di coesione deve occuparsi proprio di questo, di semplicità e visibilità.
Nicole Sinclaire (NI), per iscritto. – (EN) Ho votato contro questa misura non perché io sia contraria alla trasparenza, anzi; sono uno dei pochi parlamentari europei del Regno Unito ad avere bilanci certificati: credo dunque nell’aumento della trasparenza. Ma questa votazione è tipica dell’UE: volendo essere più trasparenti s’introduce più burocrazia, a spese dei contribuenti. I miei elettori meritano di meglio.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) La presente relazione descrive la trasparenza del principio soggiacente il processo programmatico e decisionale della politica di coesione, e avanza una serie di proposte tecniche e amministrative che si rivelano utili per una maggiore efficacia nello sviluppo della politica regionale. Oltre alle tematiche riguardanti la più ampia divulgazione dei dati sui beneficiari e alla necessità di snellire la burocrazia e di accelerare le procedure, il documento, per il quale ho espresso voto favorevole, si concentra sul tema della trasparenza nel partenariato fra regioni, Stati membri e Unione europea.
Per questo motivo e sulla base di un emendamento che ho sottoscritto, si rileva la necessità di ottenere informazioni più precise, regolari e tempestive da parte delle organizzazioni partner, segnatamente potenziando le attività di assistenza tecnica e formazione. Ciò si rivela oltremodo utile per le regioni più isolate dell’UE, quali le regioni ultraperiferiche.
Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto. – (LT) Onorevoli colleghi, tengo a precisare che la trasparenza è fondamentale per un paese come il mio, la Lituania. I fondi comunitari, quali i Fondi strutturali e il Fondo di coesione, hanno contribuito a orientare lo sviluppo economico, sociale e ambientale e continueranno a farlo in futuro. Perciò, è importante che i cittadini possano essere testimoni e influire sull’attribuzione di tali risorse. Affinché ciò avvenga, è necessario che la società venga coinvolta. La partecipazione della società può avvenire in diverse fasi del processo decisionale – attribuzione dei fondi comunitari e loro esecuzione. Una maggiore partecipazione da parte della società ridurrebbe il livello di corruzione e aumenterebbe l’uso efficace dei fondi, il che è particolarmente importante per un paese come la Lituania. É altresì importante che i beneficiari dei fondi europei siano resi di dominio pubblico. Questo promuoverebbe il dibattito sull’utilizzo del denaro pubblico nel paese, che è uno dei principi fondamentali del buon funzionamento della democrazia. Desidero anche rilevare la necessità di far sì che le istituzioni locali e regionali e, soprattutto, i normali cittadini partecipino attivamente. La relazione contiene alcune osservazioni su una piattaforma generale Internet che dia visibilità e informazioni più precise sui fondi esistenti. É un buon punto di partenza, ma occorre fare di più per includere i cittadini di tutte le estrazioni sociali – ricchi e poveri, delle grandi città e dei piccoli centri. La società civile e le organizzazioni non-governative potrebbero adoperarsi per promuovere l’efficacia di programmi e migliorare la loro affidabilità.
Kerstin Westphal (S&D), per iscritto. – (EN) A nome del gruppo S&D, desidero esprimere il nostro accordo di massima su questa relazione. Il Parlamento europeo deve lottare per una maggiore trasparenza nell’attuazione della politica regionale, ma rifiutiamo la proposta di indicare esplicitamente i colpevoli di violazione, citata al punto 16 della relazione in oggetto. Siamo certamente concordi su una linea più dura in merito ai requisiti di comunicazione e informazione, ma l’obiettivo di una maggiore trasparenza – che pure sosteniamo – non dovrebbe essere conseguito con mezzi non idonei. Se si procedesse con questi metodi, apriremmo una sorta di caccia alle streghe. La Commissione europea non dovrebbe trasformarsi in un’autorità morale che ottiene la disciplina di gruppo con il biasimo o con il rimprovero. Rifiutiamo inoltre quest’approccio perché potrebbe portare a una situazione più complessa e alla non attuazione negli Stati membri. Nonostante ciò, concordiamo con le idee generali espresse nella relazione e riteniamo sia molto utile.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) I padri fondatori europei idearono il progetto europeo per portare la pace nel continente e, poiché nell’Irlanda del Nord c’è ancora tensione, l’Europa odierna deve continuare a fornire contributi finanziari a sostegno della riconciliazione tra le due comunità, in lotta tra loro da tanto tempo. É dunque compito dell’Unione europea garantire che i progetti volti a creare i legami indispensabili all’instaurazione di una pace duratura continuino a essere finanziati. Dato che la Corte di giustizia dell’Unione europea ha recentemente abrogato, per motivi legati alla base giuridica, il regolamento (CE) n. 1968/2006, che giustamente consentiva l’erogazione dei contributi finanziari in oggetto, il Parlamento europeo ha dovuto adottare un nuovo regolamento fondato sulla base giuridica appropriata. Ho quindi votato a favore del nuovo regolamento.
Liam Aylward (ALDE), per iscritto. – (GA) Ho votato a favore della relazione sui contributi continui dell’Unione europea al Fondo internazionale per l’Irlanda, cui l’Unione ha erogato 15 milioni di euro nel periodo 2007-2010. Il finanziamento europeo, che equivale al 57 per cento della cifra complessiva, è dunque essenziale perché il Fondo sia efficace.
Il Fondo ha avuto un impatto positivo sia nella Repubblica d’Irlanda che nell’Irlanda del Nord e dal 1986, anno della sua istituzione, agevola e sostiene molte iniziative transfrontaliere. Esso ha inoltre favorito la pace e la riconciliazione, ha promosso l’instaurazione di legami e la partecipazione, ha contribuito al progresso economico e sociale e ha avuto un chiaro e importante influsso sulle comunità coinvolte, contribuendo concretamente a sostenere le iniziative intese a ottenere una pace duratura, specialmente per quanto concerne le attività di cooperazione del programma PEACE nell’Irlanda del Nord e nei paesi confinanti.
Alain Cadec (PPE), per iscritto. – (FR) Il Fondo internazionale per l’Irlanda è un buon esempio di cooperazione transnazionale e internazionale. Gestito da un organismo internazionale indipendente, il Fondo è finanziato da diversi paesi: l’Unione europea, gli Stati Uniti, il Canada, la Nuova Zelanda e l’Australia. Sia nell’Irlanda del Nord che nella Repubblica d’Irlanda sono in atto progetti che promuovono contatti, dialogo e riconciliazione tra nazionalisti e unionisti. Alla fine del 2010 questa forma di sostegno internazionale verrà meno e occorre quindi pensare a come si potrà finanziare dopo tale data le priorità d’azione del fondo, con particolare riguardo a quelle volte a incoraggiare il progresso economico e sociale e il dialogo di pace.
I progetti finanziati tramite il Fondo internazionale per l’Irlanda già vanno ad aggiungersi alle iniziative previste dai programmi comunitari PEACE e sarebbe utile stabilire cosa accadrà a tali progetti al momento della prossima programmazione del bilancio comunitario. Chiedo quindi alla Commissione europea di studiare come si possa utilizzare i Fondi strutturali per le stesse finalità del Fondo internazionale per l’Irlanda, in particolare per quanto riguarda l’obiettivo della cooperazione territoriale europea.
David Casa (PPE), per iscritto. – (EN) In Irlanda, dopo vari anni di instabilità, è stato istituito un Fondo denominato Fondo internazionale per l’Irlanda al fine di garantire la stabilità economica e sociale della regione. Come abbiamo visto, la relazione prende in esame il futuro del Fondo e stabilisce alcuni obiettivi centrali da raggiungere. Poiché condivido le conclusioni cui è giunto il relatore ho deciso di votare a favore della relazione.
Ioan Enciu (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione Kelly sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai contributi finanziari dell’Unione europea al Fondo internazionale per l’Irlanda, l’IFI.
Ritengo infatti che occorra sostenere i progetti di cooperazione e riconciliazione interregionale, specialmente al fine di promuovere il progresso sociale ed economico. L’IFI rappresenta un elemento chiave nella riconciliazione tra le comunità e bisogna riconoscere che l’Unione europea ha avuto un ruolo centrale in questo settore. Abbiamo molto da imparare dalle iniziative IFI, che potrebbero essere applicate ad altre aree di marginalizzazione e di tensione tra comunità nell’Unione.
Desidero sottolineare in particolare l’utilizzo dei fondi comunitari a sostegno del progetto IFI "Football4Peace". Promuovere la riconciliazione e la comprensione reciproca tra i giovani tramite lo sport è un’iniziativa lodevole: non bisogna infatti sottovalutare l’importanza che riveste lo sport nella crescita dell’individuo e nella lotta all’esclusione sociale.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Il processo di pace nell’Irlanda del Nord rappresenta uno dei successi che ha meritato e deve continuare a meritare il sostegno delle istituzioni comunitarie. Come avviene per l’integrazione europea, nelle situazioni di post-conflitto come questa, il cammino verso la stabilità deve fondarsi su dimostrazioni concrete di solidarietà, che agevolino e potenzino le relazioni transfrontaliere e quelle intercomunitarie. Mi auguro che altre zone dell’Unione europea colpite dal fenomeno del terrorismo di stampo secessionista possano prendere a esempio il processo di pace in Irlanda, traendone insegnamenti che consentano loro di sradicare la violenza e di costruire una società cui tutti i cittadini sentano di appartenere, nel rispetto delle leggi, delle tradizioni e dei diritti umani.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della proroga del Fondo internazionale per l’Irlanda perché credo sia importante sottolineare che la missione dell’Unione europea, incentrata sulla pace tra i popoli e le comunità, è essenziale per lo sviluppo economico e sociale e valorizza la dignità umana e la qualità di vita dei cittadini, come si può vedere nel caso specifico dell’Irlanda. L’Unione europea deve continuare a svolgere un ruolo centrale nel mantenere la pace ed eliminare le tensioni regionali, etniche e culturali, promuovendo le condizioni atte a favorire il progresso sociale ed economico.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Fin dalla sua istituzione, nel 1986, il Fondo internazionale per l’Irlanda ha contribuito a promuovere il progresso sociale ed economico e a incoraggiare il contatto, il dialogo e la riconciliazione tra i nazionalisti e gli unionisti di tutta l’Irlanda. L’Unione europea deve continuare a sostenere il processo di pace nel paese tramite i contributi del Fondo internazionale per l’Irlanda, così come ha fatto fin dal 1989. L’aumento di tale sostegno contribuirà a rafforzare la solidarietà tra gli Stati membri e i loro cittadini: questa è la motivazione che ha determinato il mio voto.
Raccomandazione per la seconda lettura: Marian-Jean Marinescu (A7-0162/2010)
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Nella votazione in seconda lettura sul regolamento relativo alla rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo, ho votato a favore dei compromessi raggiunti tra Parlamento e Consiglio europeo in quanto ritengo che tali compromessi dovrebbero creare le condizioni atte a migliorare la governance per l’attribuzione delle capacità d’accesso e per la gestione dei grandi corridoi merci intraeuropei. Una volta approvato, il regolamento dovrebbe rendere più efficienti i grandi flussi di trasporto ferroviario delle merci nei corridoi, contribuendo al contempo a ridurre l’inquinamento causato dai mezzi di trasporto. Per queste ragioni ho votato a favore del testo negoziato con il Consiglio per giungere a un accordo in seconda lettura.
Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della raccomandazione per la seconda lettura, espressa dalla relazione del collega rumeno Marinescu, sulla posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell’adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo. Sono favorevole agli emendamenti presentati sull’organizzazione dei corridoi ferroviari internazionali allo scopo di creare una rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo. Sostengo inoltre l’idea dello sportello unico, l’organismo comune istituito dal comitato di gestione di ciascun corridoio merci, che offre ai candidati la possibilità di domandare in un’unica sede e con un’unica operazione una banda oraria per un percorso che attraversi almeno una frontiera.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Sono favorevole al regolamento sulla creazione di una rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo, la cui attuazione fornirà (si spera) un valore aggiunto per tutta la Comunità perché l’Europa sarà collegata da un’unica rete ferroviaria. Il regolamento consentirà la libera circolazione dei cittadini e delle merci da una regione europea all’altra. É stato deciso di fissare, assieme al regolamento, alcune scadenze per la realizzazione dei corridoi ferroviari; l’allungamento del periodo a cinque anni che è stato approvato favorisce la Lituania nel compito di istituire al proprio interno una linea europea. Dato che nel mio paese si avvertono le dolorose conseguenze della crisi economica, questa decisione è particolarmente positiva per noi: infatti, come altri paesi duramente colpiti dalla crisi, la Lituania non avrà, nell’immediato futuro, molte risorse finanziarie da investire in progetti di sviluppo delle infrastrutture ferroviarie.
Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. – (RO) Il settore comunitario dei trasporti offre un grande potenziale considerando il periodo di crescita costante che sta attraversando. Date le circostanze, sembra quindi paradossale che un numero sempre più limitato di società opti per il trasporto ferroviario. Solo il dieci per cento delle merci trasportate nell’Unione viaggia su rotaia e il livello del traffico merci ferroviario si è dimezzato rispetto a vent’anni fa. La Commissione europea ha riconosciuto il ruolo chiave del trasporto ferroviario delle merci fin dal 2001.
La scadenza per la presentazione di un Libro bianco per le politiche europee nel settore dei trasporti è stata fissata per il 2010. Il mercato del traffico merci su rotaia deve ora migliorare la qualità dei servizi forniti affrontando i problemi legati alla mancanza di conformità, che non gli consente di essere competitivo con altre forme di trasporto. É impossibile giustificare il declino del settore quando esistono tre pacchetti legislativi in materia di ferrovie. Va però detto che questi pacchetti non sono sufficientemente armonizzati con le leggi nazionali e che i sistemi ferroviari non sono collegati a livello transfrontaliero. In questo contesto, il regolamento proposto dal Parlamento europeo mira a rendere più efficiente il trasporto ferroviario delle merci, promuovendo l’armonizzazione tra gli Stati membri e i gestori delle infrastrutture.
Bairbre de Brún (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Sono favorevole all’obiettivo di rendere più efficiente il trasporto ferroviario delle merci, poiché esso presenta vantaggi a livello ambientale rispetto al trasporto su gomma. Desidero tuttavia precisare che sono contraria alla liberalizzazione in atto delle ferrovie nell’Unione europea, responsabile della frammentazione, della mancanza di investimenti e dell’inefficienza attuali nel trasporto ferroviario. Il compromesso con il Consiglio cerca di migliorare la situazione ed è per questo che ho votato a favore, nonostante esso si fondi sulla liberalizzazione cui sono decisamente contraria. Del resto, il voto non riguarda la deregolamentazione, che è già disciplinata dal trattato.
Cornelis de Jong (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Sono favorevole all’obiettivo di rendere più efficiente il trasporto ferroviario delle merci, poiché esso presenta vantaggi a livello ambientale rispetto al trasporto su gomma.
Desidero tuttavia precisare che sono contrario alla liberalizzazione in atto delle ferrovie nell’Unione europea, responsabile della frammentazione, della mancanza di investimenti e dell’inefficienza attuali nel trasporto ferroviario.
Il compromesso con il Consiglio cerca di migliorare la situazione ed è per questo che ho votato a favore, nonostante esso si fondi sulla liberalizzazione cui sono decisamente contrario. Del resto, il voto non riguarda la deregolamentazione, che è già disciplinata dal trattato.
Marielle De Sarnez (ALDE), per iscritto. – (FR) Il progetto di regolamento definisce i corridoi per il trasporto ferroviario delle merci, ossia percorsi che attraversano diversi Stati membri e le cui infrastrutture verranno affidate a determinati gestori per coordinarne la conduzione e il funzionamento. Il progetto rappresenta un valore aggiunto per l’Europa dato che il regolamento renderà più trasparenti lo stanziamento e la gestione delle bande orarie e promuoverà il coordinamento transnazionale a tutti i livelli: capacità disponibili, investimenti, interventi sulle infrastrutture, gestione operativa e così via. La creazione di uno sportello unico per ciascun corridoio consentirà inoltre alle società di trattare con un unico referente, che rappresenterà le istituzioni comunitarie nella gestione dei corridoi ferroviari. Il regolamento invia quindi un segnale forte della volontà di istituire una politica europea nel settore dei trasporti e delle infrastrutture e costituisce una misura essenziale per un trasporto ferroviario delle merci più rapido e affidabile, che offra un’alternativa credibile ed ecologica al trasporto su strada nelle lunghe percorrenze. Si è reso quanto mai necessario adottare un approccio veramente europeo, proprio perché il trasporto ferroviario delle merci attiene a questo livello.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione volta a creare una rete europea di trasporto ferroviario delle merci più competitiva. L’instabilità del settore dei trasporti nel corso degli ultimi decenni e la maggiore apertura dei mercati ferroviari internazionali, che ha creato gravi problemi a causa di una mancanza di conformità, richiedono l’applicazione delle misure in oggetto, che contribuiranno a creare una rete di distribuzione efficiente tra gli Stati membri dell’Unione.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Negli ultimi decenni la quota di mercato delle ferrovie nel trasporto merci è calata costantemente e, nel 2005, rappresentava solo il dieci per cento del settore. Al fine di cercare una soluzione al problema, la Commissione ha sostenuto l’idea di riservare un trattamento più efficace al settore e nel dicembre del 2008 ha proposto un regolamento sull’istituzione di una rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo.
Nell’aprile del 2009 il Parlamento europeo ha approvato la prima lettura della proposta fornendo il proprio sostegno alla Commissione. Anche il Consiglio ha raggiunto un consenso politico sul regolamento, sebbene introducendo alcuni emendamenti. Pur non mettendo in dubbio l’importanza del trasporto ferroviario delle merci e la necessità di coordinare questo tipo di trasporto a livello europeo e pur essendo favorevole alla creazione dei cosiddetti corridoi, ritengo che la realizzazione di un sistema integrato di trasporto delle merci presupponga necessariamente investimenti molto ingenti. Non è dunque garantito che gli Stati membri siano in una posizione tale da promettere o da fornire gli investimenti necessari, dato l’attuale clima economico e finanziario dell’Europa. Credo quindi che, pur senza minare gli obiettivi del regolamento, se decideremo di approvarlo dovremo tenere presente che l’attuale clima di austerità inciderà inevitabilmente su qualsiasi progetto.
Carlo Fidanza (PPE), per iscritto. − Accolgo con favore il voto della plenaria che ha approvato la raccomandazione per la seconda lettura in merito al regolamento relativo alla rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo.
La relazione stabilisce la realizzazione di nove corridoi merci tra gli Stati membri dell’Unione europea e l’istituzione di uno "sportello unico" per corridoio, utilizzato per garantire a tutte le compagnie ferroviarie pubbliche e private le informazioni necessarie in merito all’assegnazione di capacità sul corridoio stesso, e pone l’accento sull’interoperabilità nel trasporto di merci, prevedendo collegamenti con i porti di mare e delle vie navigabili interne.
Questo regolamento rappresenta sicuramente un grande passo avanti verso un coordinamento europeo del traffico ferroviario, per ora delle merci, e contribuisce al completamento della liberalizzazione del mercato ferroviario, assoluta priorità in questo settore.
Mi dispiace che alcuni parlamentari abbiano tentato di sabotare il progetto prioritario del corridoio Stoccolma-Napoli, prevedendo in un emendamento l’esclusione del Brennero dal percorso. Si è trattato di un atteggiamento irresponsabile che, grazie all’attenzione dei parlamentari italiani, è stato respinto. Per queste ragioni, ho sostenuto con convinzione la raccomandazione per la seconda lettura.
Nathalie Griesbeck (ALDE), per iscritto. – (FR) Ho votato con entusiasmo a favore della raccomandazione, che ritengo un importante passo avanti verso la creazione di un trasporto merci ferroviario più competitivo e conveniente in Europa. Ci stiamo muovendo verso una maggiore interconnettività tra le reti ferroviarie europee, i corridoi di trasporto delle merci e i porti marittimi e fluviali. Tale iniziativa favorirà lo sviluppo sostenibile del settore dei trasporti ferroviari in Europa e riuscirà finalmente a offrire una valida alternativa al trasporto su gomma e a quello aereo. I corridoi internazionali che collegano gli Stati membri verranno gestiti da autorità transfrontaliere che coordineranno la conduzione delle infrastrutture e l’assegnazione delle bande orarie. Verrà inoltre istituito uno sportello unico per ciascun corridoio ferroviario, un’idea che ho sostenuto personalmente. Questa innovazione consentirà all’Europa di progredire e testimonia la sua volontà di intensificare la cooperazione e l’integrazione nel settore dei trasporti. Sono favorevole all’approvazione della relazione, che rafforza le basi della grande rete ferroviaria europea per il trasporto merci per la quale mi batto già da diversi anni.
Kartika Tamara Liotard (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Dichiarazione di voto sulla relazione Marinescu (A7-0162/2010). Sono favorevole all’obiettivo di rendere più efficiente il trasporto ferroviario delle merci poiché esso presenta vantaggi a livello ambientale rispetto al trasporto su gomma. Desidero tuttavia precisare che sono contraria alla liberalizzazione in atto delle ferrovie nell’Unione europea, responsabile della frammentazione, della mancanza di investimenti e dell’inefficienza attuali nel trasporto ferroviario. Il compromesso con il Consiglio cerca di migliorare la situazione ed è per questo che ho votato a favore, nonostante esso si fondi sulla liberalizzazione cui sono decisamente contraria. Del resto, il voto non riguarda la deregolamentazione, che è già disciplinata dal trattato.
Thomas Mann (PPE), per iscritto. – (DE) Ho appena votato contro l’emendamento della relazione Marinescu inteso a istituire un organo centrale di coordinamento che fungerà da sportello unico nella gestione del traffico ferroviario delle merci. Altri 162 deputati hanno votato come me a seguito della presentazione di una petizione che ho contribuito a redigere. Siamo favorevoli alla qualità e alla competitività nel trasporto ferroviario delle merci, auspichiamo l’introduzione di soluzioni flessibili ed efficaci e crediamo che il trasporto ferroviario debba essere incentivato per ragioni ambientali. Riteniamo tuttavia che si dovrebbe farlo senza incidere in alcun modo sul trasporto passeggeri di lunga percorrenza, ma osserviamo che il testo estremamente complesso della relazione non contiene una dichiarazione chiara in tal senso. Purtroppo il Parlamento europeo ha votato a favore della raccomandazione presentata dalla Commissione e dalla maggioranza del Consiglio, che prevede la creazione di un ulteriore organismo centrale per la gestione delle tracce ferroviarie; riteniamo che ciò porterà a una frammentazione di competenze, con gravi ripercussioni sugli orari ferroviari. In Germania, tradizionale paese di transito, la rete ferroviaria già funziona quasi a pieno regime. Tutti e tre i corridoi passano attraverso importanti centri abitati e, nello Stato federale dell’Assia, le città di Fulda e Francoforte si trovano sulla direttrice che collega Stoccolma a Palermo. La reputazione del Parlamento europeo di essere il principale organismo di tutela dei consumatori dell’Unione è stata oggi compromessa: gli Stati membri perderanno la possibilità di disporre autonomamente delle proprie reti ferroviarie e tutti i cittadini europei subiranno le conseguenze dei ritardi dei treni.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) La relazione sembra confermare l’immagine di un’Europa che certo non è il continente della solidarietà e della cooperazione che oggi occorrerebbe più che mai. La gestione del territorio dovrebbe avvenire in funzione dell’interesse generale dei cittadini, e non di quello delle imprese del settore privato. Ritengo che la privatizzazione della politica dei trasporti porterà all’eurocrazia a discapito dei cittadini e quindi voto contro questo testo dannoso.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Lo sviluppo di una rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo è essenziale affinché l’Unione europea possa raggiungere gli obiettivi stabiliti nella strategia comunitaria per l’occupazione e la crescita. In quest’ottica la creazione di corridoi ferroviari che consentano un collegamento rapido ed efficiente delle reti nazionali permetterà di migliorare le condizioni di utilizzo dell’infrastruttura. É essenziale approvare il regolamento per rendere il trasporto ferroviario delle merci più competitivo rispetto alle altre forme di trasporto attualmente utilizzate. In tal modo, si trarranno vantaggi non solo economici ma anche ecologici, dato che il trasporto ferroviario avviene nel rispetto dell’ambiente. Questa è la motivazione dietro il mio voto.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Ho votato contro le proposte di compromesso sul regolamento relativo alla rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo poiché credo che esse esautorerebbero le autorità infrastrutturali nazionali, che finora hanno lavorato in modo valido, anche a livello internazionale. Le misure proposte moltiplicheranno gli oneri burocratici, e questo sicuramente non è auspicabile. L’inflazione ridurrà l’efficienza e alcune risorse resteranno inutilizzate. A mio parere, ciò avrà un impatto negativo sul funzionamento delle ferrovie in tutta Europa.
Se l’Unione europea vuole realmente incoraggiare il trasporto merci su rotaia dovrebbe fissare alcune priorità nella realizzazione delle reti di trasporto transeuropee. L’espansione del corridoio sud tramite il cosiddetto tunnel Koralm, per esempio, comporterebbe una trasformazione senza precedenti della rete ferroviaria. Dovremmo promuovere il trasporto ferroviario delle merci e non una maggiore centralizzazione.
Justas Vincas Paleckis (S&D), per iscritto. – (EN) Ho deciso di votare a favore della raccomandazione per la seconda lettura visto che, in una recente serie di incontri a tre con la Presidenza spagnola, si è giunti a un accordo e ritengo importante proseguire senza indugio in questa direzione. Nella prima lettura dell’aprile 2009 il mio gruppo aveva sostenuto l’obiettivo di una rete competitiva per il trasporto ferroviario delle merci, raggiungibile tramite la creazione di corridoi in tutta l’Unione europea, come stabilito nella proposta della Commissione del dicembre 2008. Il mio sostegno all’accordo è oggi ancora più forte, data l’importanza per la Lituania della rete ferroviaria e le prospettive economiche che essa comporta per il mio paese. É della massima importanza – e non solo in Lituania ma in tutta l’Unione europea – che si arresti la flessione della quota di mercato delle ferrovie nel trasporto delle merci. Sono certo che il mercato di questo tipo di trasporto trarrà beneficio dall’accordo, il quale contribuirà a migliorare la qualità del servizio e a creare sinergie tra i sistemi ferroviari nazionali.
Vilja Savisaar (ALDE), per iscritto. – (ET) Signor Presidente, onorevoli deputati, non ho votato a favore dei quattro emendamenti di compromesso perché l’Estonia e la Lettonia sono state escluse dal corridoio ferroviario descritto nell’Allegato I al punto 8. Pensando in generale al futuro delle ferrovie e, in particolare, al progetto ferroviario Baltica, ci si sarebbe attesi l’inserimento di Tallin e Riga. Purtroppo gli emendamenti adottati hanno limitato le possibilità di scelta per l’Estonia e la Lettonia e, di conseguenza, non sono stati fatti passi avanti nel collegare tutti gli Stati membri dell’Unione europea tramite un sistema ferroviario uniforme.
Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Sono favorevole all’obiettivo di rendere più efficiente il trasporto ferroviario delle merci poiché esso presenta vantaggi a livello ambientale rispetto al trasporto su gomma. Desidero tuttavia precisare che sono contraria alla liberalizzazione in atto delle ferrovie nell’Unione europea, responsabile della frammentazione, della mancanza di investimenti e dell’inefficienza attuali nel trasporto ferroviario. Il compromesso con il Consiglio cerca di migliorare la situazione ed è per questo che ho votato a favore nonostante esso si fondi sulla liberalizzazione cui sono decisamente contraria. Del resto, il voto non riguarda la deregolamentazione, che è già disciplinata dal trattato.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) Nonostante il trasporto ferroviario sia in declino da molti anni, tra le varie alternative esso è quello che garantisce il maggior livello di sicurezza ed efficienza. La relazione mira a incentivare la quota di mercato di questo tipo di trasporto, creando corridoi tra almeno due degli Stati membri al fine di consentire un trasporto rapido delle merci.
Dalla lettura della relazione mi è sembrato di capire che la creazione dei corridoi non costituirà rotte prioritarie per le merci a discapito del trasporto di passeggeri e quindi deduco che non vi sarà differenza di trattamento tra questi due tipi di traffico ferroviario. Lo sportello unico sarà importante da un punto di vista strategico e servirà al coordinamento e alla gestione dei percorsi richiesti. Secondo il Consiglio lo sportello avrà una funzione limitata e servirà solo a fornire informazioni; io invece condivido l’opinione del relatore, secondo il quale lo sportello sarà essenziale per la circolazione delle merci.
La rete di corridoi consentirà di sincronizzare meglio i servizi ferroviari europei e creerà interfacce tra le diverse modalità di trasporto, fornendo nuovo slancio agli investimenti nel settore. Per questo motivo ho ritenuto che il documento meritasse il mio voto favorevole.
Thomas Ulmer (PPE), per iscritto. – (DE) Sono assolutamente contrario alla relazione, anche se purtroppo non è più possibile una votazione conclusiva in seconda lettura. Per Deutsche Bahn, l’unica società concorrenziale della rete liberalizzata tedesca, la strategia dello sportello unico sarà una misura equivalente all’esproprio e provocherà un divario incolmabile a livello competitivo, dato che la Germania ha un traffico misto di merci e passeggeri ed è priva di reti separate per l’alta velocità. Consiglio quindi a Deutsche Bahn di considerare con urgenza la possibilità di procedere per le vie legali contro la decisione.
Artur Zasada (PPE), per iscritto. – (PL) Sono certo che l’idea di istituire una rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo sia giustificata e necessaria, anche se ho seri dubbi sull’interpretazione dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera a, che prevede la creazione degli sportelli unici. Le mie riserve riguardano, in particolare, i poteri decisionali sulle possibilità di utilizzo di reti ferroviarie specifiche. La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che alcuni Stati membri non hanno ancora deregolamentato l’accesso al proprio mercato ferroviario.
Alla luce delle suddette considerazioni, ho votato contro la seconda parte dell’emendamento n. 83.
Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della decisione sull’adeguamento del regolamento del Parlamento al trattato di Lisbona. Le modifiche approvate in plenaria entreranno in vigore il 1° dicembre 2010 e si è reso necessario introdurre alcuni emendamenti al regolamento che tengono conto dell’arrivo di 18 nuovi Stati membri, dell’assegnazione di nuovi poteri legislativi e della nuova procedura di bilancio, che equipara la posizione del Parlamento a quella del Consiglio. Le altre modifiche riguardano la Carta del diritti fondamentali dell’Unione europea e il principio di sussidiarietà e riflettono la crescente influenza dei parlamenti nazionali, il diritto del Parlamento europeo di proporre modifiche ai trattati, la procedura di nomina del Presidente della Commissione, (dato che il Parlamento ha più ampi poteri in materia), la possibilità per uno Stato membro dell’Unione di ritirarsi e infine l’eventuale violazione dei principi fondamentali da parte di uno Stato membro. Mi rincresce che il nuovo regolamento non sia stato esaminato da un’autorità giuridica più alta per accertarne la conformità ai documenti gerarchicamente più importanti – mi riferisco in particolare ai trattati e alle costituzioni degli Stati membri.
Mário David (PPE), per iscritto. – (PT) Voto a favore della proposta sull’adeguamento del regolamento del Parlamento al trattato di Lisbona. I maggiori poteri del Parlamento comportano anche una maggiore responsabilità. Il trattato di Lisbona è essenziale affinché l’Unione europea possa coniugare allargamento e approfondimento; con questo trattato l’obiettivo è stato raggiunto in modo equilibrato, credibile e corretto, aumentando la coerenza, la legittimità, la democrazia, l’efficacia e la trasparenza del processo decisionale, chiarendo la suddivisione delle competenze tra Unione europea e Stati membri e contribuendo a migliorare le relazioni delle istituzioni sia al loro interno che tra loro.
Le modifiche in materia di impegno ottenute grazie all’adeguamento del regolamento al trattato di Lisbona derivano in larga misura dagli sforzi del gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano) di chiarire e semplificare il processo decisionale in Parlamento e i rapporti con i parlamenti nazionali.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La vasta produzione legislativa delle istituzioni europee e il sistema partecipativo tramite il quale vengono redatte le leggi, la profusione di documenti che spesso ne deriva e il fatto che le gerarchie tra fonti e norme di legge non siano sempre chiare impongono al Parlamento di ridurre i rischi lavorando per l’adeguamento dello statuto al recente trattato di Lisbona. Credo che tutto ciò sia necessario per garantire la chiarezza delle procedure e la certezza del diritto.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona il Parlamento deve dimostrare di essersi adeguato alle nuove condizioni operative e alla condivisione delle responsabilità nel processo decisionale. Desidero ricordare l’impatto che avrà il rafforzamento delle competenze del Parlamento, la nuova composizione delle rappresentanze nazionali e l’introduzione di un rapporto più stretto con i parlamenti nazionali. Sono favorevole alle modifiche proposte per il regolamento anche in quanto esse semplificano e definiscono chiaramente le procedure di regolamentazione al fine di potenziare maggiormente la capacità di risposta alle necessità dei cittadini, delle istituzioni e degli Stati membri assicurando al contempo un’applicazione efficiente delle politiche europee.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Ho votato contro l’emendamento n. 110, che prevede la cooperazione tra quest’Aula e i parlamenti degli Stati membri, ma non quella con le assemblee subnazionali, ignorando così le realtà costituzionali di alcuni Stati membri. Le Fiandre, per esempio, hanno compiuto uno storico passo avanti verso l’indipendenza, ma a livello comunitario il parlamento federale belga resta ancora il riferimento "nazionale" per il momento, sebbene, in base alla costituzione belga, il parlamento fiammingo abbia pieni poteri per alcune materie comunitarie. L’emendamento, inoltre, non tiene conto della realtà politica di altri paesi dell’Unione: è ridicolo che quest’Aula non possa collaborare pienamente con il parlamento scozzese in settori come la pesca, per i quali la Scozia rappresenta il principale portatore d’interesse all’interno del Regno Unito.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) L’approvazione del trattato di Lisbona ha assegnato al Parlamento nuove responsabilità e, di conseguenza, ha reso necessario un adeguamento del regolamento interno alle nuove disposizioni. Il provvedimento allinea il regolamento interno del Parlamento con le nuove sfide lanciate dal trattato di Lisbona e questa è la motivazione dietro il mio voto.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Il presente adeguamento del regolamento si è reso in parte necessario a seguito dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona e, a tal riguardo, è un atto formale. Desidero far presente, in riferimento agli emendamenti, che i due principali gruppi politici, quello del Partito popolare europeo (Democratico cristiano) e quello dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento europeo europeo, stanno cercando di limitare i diritti dei deputati che non appartengono a questi due gruppi. Ciò è sbagliato e scorretto: tale limitazione verrebbe introdotta in modo subdolo, dissimulata tra le discussioni sui principali adeguamenti al trattato di Lisbona. É stato per esempio proposto che i deputati non iscritti non possano più decidere autonomamente chi debba rappresentarli, come invece accade adesso. Si tratta di un’iniziativa senza precedenti nella vita politica democratica ed è inaccettabile. Nei parlamenti democratici degni di questo nome ciascun gruppo politico deve poter decidere autonomamente chi possa rappresentarlo in alcune commissioni.
É stato invece proposto che il Presidente, che appartiene a uno dei due maggiori gruppi politici, abbia la facoltà di decidere chi debba rappresentare i deputati non iscritti alla Conferenza dei presidenti. Ciò è scandaloso, in quanto consentirebbe agli avversari politici di scegliere il rappresentante di indirizzo politico più vicino al proprio. A mio parere il rappresentante dei deputati non iscritti dovrebbe essere scelto tramite votazione da tutti i deputati non iscritti riuniti in assemblea plenaria e per questo motivo ho votato contro l’emendamento proposto.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Le calamità naturali che causano la perdita totale dei beni e dei mezzi di sostentamento stanno divenendo sempre più comuni. Chi subisce l’inondazione della propria casa è colpito in modo particolarmente duro, dato che non perde soltanto l’abitazione, ma anche tutto il suo contenuto, che spesso risulta danneggiato o distrutto. Anche i terreni agricoli subiscono gravi danni e il loro ripristino è estremamente costoso. Per molti cittadini in tale situazione è difficile affrontare il problema e molti sono privi dei mezzi economici per farvi fronte. Ho votato a favore della risoluzione perché ritengo importante fornire aiuto ai cittadini colpiti da calamità.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Il Parlamento Europeo ha adottato una decisione sull'adattamento del regolamento del Parlamento al Trattato di Lisbona. Tra le modifiche al regolamento del Parlamento adottate dai deputati, alcune prevedono l'arrivo di 18 nuovi deputati, provenienti da 12 Stati membri, il rafforzamento dei poteri legislativi, una nuova procedura di budget che mettono il Parlamento ad un livello di uguaglianza con in Consiglio. Le modifiche apportate al regolamento tengono inoltre conto delle norme sul budget in quanto il Parlamento deciderà a tal proposito in cooperazione con il Consiglio. Nello specifico, le modifiche riguardano il quadro finanziario triennale che diventerà un atto legislativo che necessita dell'approvazione del Parlamento; i documenti a disposizione del deputato; l'esame del progetto sul budget; la conciliazione di budget e l'adozione definitiva del budget.
Inoltre cambiamenti che ritengo di grande importanza riguardano il rispetto della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, il diritto dei parlamentari di proporre delle modifiche ai trattati, la procedura di nomina del Presidente della Commissione e soprattutto la soppressione di specifiche disposizioni concernenti la nomina dell'Alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza comune. Auspico che questi cambiamenti vengano presto apportati al testo del Trattato, data la fondamentale innovazione che rappresentano per tutta l'Unione.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Voto a favore della relazione Martin, che fa seguito a un lungo periodo di negoziati cui hanno partecipato tutti i deputati del PPE membri della commissione per gli affari costituzionali, di cui faccio parte. La relazione tratta delle modifiche da introdurre al regolamento interno del Parlamento dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona. Nella sessione di novembre si è tenuta una prima votazione con la quale sono state varate le modifiche direttamente collegate all’entrata in vigore del trattato; le restanti modifiche sono state invece posticipate per consentire un periodo di riflessione più lungo. Il PPE, il gruppo cui appartiene il PSD portoghese, ha firmato diversi emendamenti di compromesso relativi, in particolare, al tempo delle interrogazioni per il Presidente e il Vicepresidente della Commissione, nonché Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, e il Presidente dell’Eurogruppo, all’applicazione dello statuto dei deputati, al riesame dei trattati e agli atti delegati. Desidero però porre l’accento soprattutto sugli emendamenti concernenti la cooperazione interparlamentare, i rapporti tra il Parlamento europeo e quelli nazionali nel corso dell’iter legislativo e la composizione della delegazione del Parlamento presso la Conferenza degli organi specializzati negli affari comunitari (COSAC), tre questioni cui, come vicepresidente del Partito popolare europeo (Democratico cristiano) incaricato delle relazioni con i parlamenti nazionali, ho dovuto dedicare particolare attenzione.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) Oggi il Parlamento è chiamato a votare sul necessario adeguamento del regolamento interno a seguito dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona. Dopo la votazione della sessione di novembre, il voto sulle modifiche non direttamente collegate all’entrata in vigore del trattato è stato rinviato a questa sessione. Il gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano), cui appartengo, ha sottoscritto dodici emendamenti relativi a varie questioni: il tempo delle interrogazioni per il Presidente della Commissione e l’Alto rappresentante dell’Unione europea, le interrogazioni scritte al Consiglio e alla Commissione, la regolare cooperazione interparlamentare, l’attuazione dello statuto dei deputati, la delegazione presso la Conferenza degli organi specializzati negli affari comunitari, il riesame dei trattati e la delega del potere legislativo.
Voto a favore delle ulteriori modifiche al documento, tra cui desidero sottolineare l’introduzione di una disposizione riguardante la sussidiarietà e la proporzionalità nella valutazione della legislazione e il rapporto del Parlamento europeo con quelli nazionali durante l’iter legislativo.
Rafał Trzaskowski (PPE), per iscritto. – (PL) Questa seconda serie di emendamenti mette fine al lungo processo di adeguamento del regolamento del Parlamento europeo ai cambiamenti introdotti dal trattato di Lisbona. Anche se gli emendamenti sui quali si è votato oggi riguardano, seppur in misura minore, le modifiche fondamentali introdotte dal trattato, che ha rafforzato i poteri decisionali del Parlamento, essi costituiscono un’importante integrazione delle modifiche al regolamento e ci consentono di sfruttare al massimo le nuove possibilità. Così come accade per tutti i cambiamenti, e in particolare per quelli che modificano leggi fondamentali, molto dipenderà dalle modalità attuative.
Il diavolo si nasconde nei dettagli e quindi sarà importante vigilare sul processo fino alla sua conclusione.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Uno degli obiettivi fondamentali per il 2011 sarà mantenere, promuovere e ottenere i finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo in ambito tecnologico nell’Unione, sostenendo adeguatamente il programma quadro e contribuendo in tal modo alla strategia Europa 2020.
L’aumento del numero delle richieste di finanziamento è stato proporzionale al potenziamento dei meccanismi di controllo, attuato nel tentativo di garantire che i fondi comunitari vengano spesi correttamente.
La burocrazia interna e la creazione di ulteriori norme e procedure amministrative riducono la fiducia dei cittadini nel processo. Per le organizzazioni di dimensioni ridotte, come le piccole e medie imprese, le start-up del settore dell’alta tecnologia, gli istituti più piccoli, le università e i centri di ricerca è particolarmente difficile affrontare questa complessità.
Chiedo quindi che l’accesso ai fondi per la ricerca venga semplificato. Occorre sviluppare una cultura di fiducia reciproca che coinvolga tutte le parti in causa, se si vuole stimolare la ricerca e l’innovazione accrescendo l’attrattiva dell’Europa come luogo in cui vivere e lavorare.
Marielle De Sarnez (ALDE), per iscritto. – (FR) Il progetto di bilancio della Commissione europea per il 2011 non è all’altezza delle sfide cui si trova di fronte l’Europa. Con un impegno di spesa di 142 miliardi di euro, cioè l’1,15 per cento del reddito nazionale lordo europeo, la Commissione si prefigge di finanziare sia le nuove priorità sia i nuovi programmi già inclusi nel quadro finanziario per il 2007-2013, attingendo ai fondi dei programmi esistenti e a un margine di bilancio praticamente ridotto a zero. In assenza di risorse finanziarie, non è possibile tradurre in pratica la strategia 2020 per la crescita e l’occupazione, che dovrebbe tracciare la strada da seguire nei prossimi dieci anni, né la lotta contro i cambiamenti climatici. É inaccettabile pensare di finanziare lo strumento della cooperazione con i paesi industrializzati, di prossima introduzione, utilizzando il denaro destinato agli aiuti per lo sviluppo né è realistico prevedere di ridurre di un terzo gli aiuti finanziari europei per il processo di pace nel Medio Oriente. Non è un approccio serio. Ci aspettavamo più coraggio dalla Commissione e invece il Parlamento europeo è ancora in attesa del progetto di revisione intermedia delle prospettive finanziarie, di cui l’Europa necessita urgentemente. La questione deve assumere un ruolo centrale nei prossimi negoziati con il Consiglio in materia di bilancio e la delegazione del Movimento democratico al Parlamento si batterà a tal fine.
Göran Färm, Olle Ludvigsson e Marita Ulvskog (S&D), per iscritto. – (SV) Noi socialdemocratici svedesi abbiamo deciso di votare a favore del mandato negoziale per il bilancio 2011. Condividiamo in generale le priorità della relazione e crediamo, per esempio, che sia importante investire nei giovani, nella ricerca, nell’innovazione e nella tecnologia verde. Riteniamo inoltre che sia fondamentale fornire alla nuova strategia Europa 2020 per la crescita e l’occupazione risorse finanziarie sufficienti a consentirne il funzionamento.
Desideriamo tuttavia sottolineare che non reputiamo necessario aumentare le sovvenzioni dirette all’agricoltura e siamo anche contrari a che l’Unione europea fornisca un sostegno al mercato permanente nel settore lattiero-caseario.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Il ruolo del Parlamento nei negoziati sul bilancio comunitario è stato rafforzato dall’entrata in vigore del trattato di Lisbona. In questo momento di crisi economica, finanziaria e sociale, è d’importanza vitale stanziare fondi per stimolare la crescita e la competitività nell’Unione europea. Nel contesto attuale è essenziale che il Fondo di solidarietà europea venga potenziato, sempre che i governi lo utilizzino in modo efficace, in modo da attenuare l’impatto della crisi nelle regioni più povere.
José Manuel Fernandes (PPE),per iscritto. – (PT) Ricordo che la procedura di bilancio per il 2011 è stata la prima nel suo genere da quando è entrato in vigore il trattato di Lisbona e che essa senza dubbio richiede maggiore cooperazione e coordinamento con l’altro ramo dell’autorità di bilancio. Desidero sottolineare che ci si è preoccupati di assicurare risorse finanziarie sufficienti alle linee comunitarie di sviluppo, specialmente nel settore giovanile e in quello dell’innovazione, dell’efficienza energetica, della lotta contro i cambiamenti climatici, del sostegno all’occupazione e della parità di genere. Credo inoltre sia essenziale assicurare il funzionamento dei meccanismi di garanzia della sostenibilità nel settore agricolo – mi riferisco in particolare ai prodotti del latte. Nell’attuale contesto di crisi, e alla luce delle forti pressioni sulle finanze pubbliche degli Stati membri, ribadisco ancora una volta la necessità di garantire la sostenibilità del bilancio nell’Unione europea al fine di perseguire l’obiettivo centrale della coesione sociale ed economica. Credo tuttavia che il progetto di bilancio per il 2011 debba rispecchiare fin dall’inizio le implicazioni finanziarie delle iniziative faro esposte nella strategia UE 2020, quali "L’Unione dell’innovazione", "Gioventù in movimento", "Un’Europa efficiente sotto il profilo delle risorse", "Un’agenda per nuove competenze e nuovi posti di lavoro" e "Una politica industriale per l'era della globalizzazione".
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Abbiamo votato contro la relazione sul progetto di bilancio per il 2011 perché essa non ha alcuna corrispondenza con le attuali necessità di finanziamento dell’Unione europea, dove la creazione dell’area dell’euro ha accentuato le ineguaglianze sociali e territoriali senza tenere opportunamente conto del principio della coesione economica e sociale.
In questo momento di crisi, si rende sempre più necessario un altro bilancio comunitario, che perlomeno raddoppi i fondi e faccia sì che metà del budget (calcolato in base al 2 per cento del prodotto nazionale lordo dell’Unione) sia destinato agli investimenti nel settore produttivo e al sostegno delle funzioni sociali degli Stati membri. In questo modo, si riuscirebbe a creare un maggior numero di posti di lavoro dotati di diritti, a combattere contro la povertà e a ridurre l’ineguaglianza tra le regioni, promuovendo la coesione economica e sociale.
D’altro canto, è essenziale anche aumentare le quote di cofinanziamento comunitario per i paesi con le economie più deboli, con particolare riguardo ai programmi sociali e all’investimento produttivo.
Occorrerà infine ridurre sostanzialmente la somma destinata al settore militare e modificare gli obiettivi centrali del bilancio, in modo da assicurare uno sviluppo equilibrato e il progresso sociale.
Nuno Melo (PPE),per iscritto. – (PT) Il progetto di bilancio per il 2011 sarà il primo da quando è entrato in vigore il trattato di Lisbona. In fase di elaborazione, occorrerà dunque maggiore cooperazione e coordinamento tra tutte le parti che hanno partecipato ai negoziati, al fine di raggiungere un accordo sulla spesa complessiva. Il trilogo che si terrà in luglio dovrà predisporre con chiarezza tutte le condizioni affinché si individuino preventivamente i punti andrà che dovrebbero ottenere il maggiore consenso. Gli aspetti principali da tenere in considerazione sono le implicazioni di bilancio del meccanismo europeo di stabilizzazione, la strategia Europa 2020 e i programmi rivolti ai giovani.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. – (DE) Il bilancio 2011 contiene numerosi punti che si potrebbe criticare duramente. Ad esempio, a fronte dell’aumento degli stanziamenti per il Fondo europeo per i rifugiati, che, tra l’altro, sta incentivando lo spostamento dei richiedenti asilo all’interno dell’Unione, c’è stata una riduzione delle risorse per l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne (Frontex). Si stanno inoltre riducendo gli aiuti finanziari destinati alla Palestina, mentre gli stanziamenti per i candidati all’adesione all’Unione europea, tra cui la Turchia, per esempio, sono stati considerevolmente aumentati. Ho quindi votato contro la relazione sul bilancio per il 2011.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Il gruppo Verde/Alleanza libera europea non si è opposto alle priorità della relatrice per i negoziati del trilogo. Abbiamo presentato alcuni emendamenti specifici sull’inclusione dei problemi ambientali tra le finalità dei Fondi strutturali, dello sviluppo rurale e della politica agricola. Come prevedibile, tali emendamenti sono stati tutti respinti, ma potrebbero essere ripresentati in settembre durante una prima lettura più approfondita da parte del Parlamento. Alcuni deputati verdi appartenenti ad altre commissioni hanno firmato gli emendamenti per conto delle rispettive commissioni. Anche in questo caso, molti di questi emendamenti sono stati respinti per la scelta della relatrice di non sovraccaricare inutilmente il testo.
Nuno Teixeira (PPE),per iscritto. – (PT) Condivido la posizione del mio gruppo sul documento presentato dal Parlamento in risposta al progetto di bilancio per il 2011 della Commissione europea. Crediamo che sia impossibile definire chiaramente le implicazioni del progetto di bilancio sulle iniziative faro della strategia e che occorra avere informazioni migliori e più dettagliate.
Mi fa inoltre piacere che la proposta della Commissione abbia incluso il programma per la gioventù tra le priorità per l’anno venturo, ma mi rincresce che l’aumento dei finanziamenti sia solo simbolico quando ci si attendeva di più da queste iniziative. I deputati delle regioni ultraperiferiche ed io abbiamo appoggiato uno degli emendamenti: giudichiamo infatti inaccettabile che il bilancio per il 2011 sia inferiore a quello per il 2010 per quanto concerne il programma di soluzioni specifiche per ovviare alla lontananza e all'insularità, specialmente adesso che le conclusioni dell’accordo tra l’Unione europea, la Colombia e il Perù avranno notevoli ripercussioni sulla produzione di banane, zucchero e rum. In tale contesto, chiediamo alla Commissione di avviare prima possibile una valutazione d’impatto per le regioni in oggetto.
Róża Gräfin von Thun und Hohenstein (PPE), per iscritto. – (PL) La relazione sul mandato per il trilogo relativo al progetto di bilancio 2011, approvata oggi nel corso della sessione plenaria del Parlamento europeo, elenca sei priorità per i negoziati sul bilancio per il 2011. Tra queste figurano i programmi per i giovani come "Gioventù in movimento", "Apprendimento permanente", "Gioventù in azione" ed "Erasmus Mundus". Al punto 12 delle osservazioni generali, la relazione sottolinea che l’aumento degli stanziamenti per tali programmi previsto dal progetto di bilancio è insufficiente, nonostante il tasso attuale di applicazione sia estremamente alto, tra il 95 e il 100 per cento l’anno nel periodo 2007-2009. Mi rallegro tuttavia del fatto che il testo approvato chieda un aumento degli stanziamenti, così da consentire che i programmi per i giovani vengano attuati in modo consono alla loro importanza per la società civile europea.
Nonostante la crisi economica abbia obbligato gli Stati membri a compiere numerosi tagli, l’Unione europea continua costantemente ad ampliare la gamma delle proprie attività. Per poterlo fare, tuttavia, dovrà finanziare adeguatamente i programmi già esistenti. La relazione dell’onorevole Jędrzejewska richiama la nostra attenzione su tale aspetto, che, a mio parere, è stato giustamente riconosciuto come una priorità per i negoziati sul bilancio.
Angelika Werthmann (NI), per iscritto. – (DE) Onorevoli colleghi, il mandato per il trilogo è molto importante per il Parlamento europeo in quanto definisce la sua posizione negoziale. Sul bilancio per il 2011 incidono fortemente la crisi e la recessione, come risulta in modo evidente, tra l’altro, dai margini estremamente stretti. Vi sono tuttavia alcuni segnali positivi, uno dei quali è la priorità assegnata ai programmi finalizzati ai giovani. Se l’Unione europea vuole trovare un modo sostenibile per uscire dalla crisi, è essenziale che cominci a investire nei giovani poiché essi rappresentano il nostro futuro. Data la situazione economica in cui versa l’Europa, inoltre, occorre far sì che il bilancio comunitario sia equilibrato a livello sociale e tenga anche conto della competitività. Grazie a tutti.
Alfredo Antoniozzi (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, come la recente crisi economico-finanziaria ha ampiamente dimostrato, risulta necessario porre in essere una strategia relativa a mercati dei prodotti derivati più regolamentati e trasparenti che impedisca situazioni eccessivamente speculative. In particolare, condivido la proposta del relatore che il controllo centralizzato sia affidato all’ESMA, l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati, e la richiesta che i costi della futura infrastruttura di mercato siano a carico dei partecipanti al mercato e non dei contribuenti. Per questi motivi ho espresso il mio voto favorevole alla relazione in questione.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) In questa risoluzione il Parlamento europeo chiede una sorveglianza più rigorosa sul mercato dei derivati. Ho votato a favore, poiché reputo fondamentale che il Parlamento invii un messaggio chiaro al Consiglio e alla Commissione affinché siano assunte misure legislative. Bisogna infatti scongiurare una speculazione eccessiva, introducendo una procedura standardizzata e organismi di sorveglianza oltre al registro comune delle transazioni.
Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione d’iniziativa dell’onorevole Langen – che è un deputato estremamente preparato – in merito ai mercati dei derivati. Il testo è stato redatto in risposta alla comunicazione della Commissione sul medesimo argomento. Sostengo infatti l’iniziativa della Commissione volta a migliorare il sistema normativo sui derivati. É imperativo assegnare un ruolo chiave all’ESMA nell’autorizzazione delle controparti centrali di compensazione nell’Unione europea, conferendogli il potere di sorveglianza.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT)Ho votato a favore di questa relazione, poiché bisogna intensificare la trasparenza nel mercato dei derivati (scambi sulle transazioni future) e garantire una migliore disciplina del mercato. Gli strumenti derivati possono svolgere un ruolo utile, consentendo il trasferimento dei rischi finanziari all’interno di un’economia, ma, a causa della mancanza di trasparenza e di norme, siffatti strumenti hanno invece esacerbato la crisi finanziaria. Accolgo con favore l’iniziativa della Commissione volta a migliorare la disciplina sui derivati, in particolare sugli OTC, al fine di ridurre l’impatto dei rischi per la stabilità generale dei mercati finanziari, standardizzare i contratti sui derivati ed introdurre repertori di dati centralizzati e gli organismi di scambio organizzati.
Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. − La relazione del collega Langen propone una serie di misure che dovrebbero rendere maggiormente trasparente il mercato dei prodotti finanziari derivati. Viste la genesi della crisi finanziaria del 2008 e la fragilità di cui ancora soffrono i mercati per colpa di prodotti così complessi, cercare di introdurre più stabilità e trasparenza è senz’altro auspicabile. Pertanto, il mio voto alla relazione Langen è favorevole.
Tuttavia, dovremmo insistere su un altro punto, che è un punto di principio, di base, nel ragionare di finanza, di crisi economica e di mercato. La crisi del 2008, che a cascata ha determinato gli effetti negativi che ancor oggi pesano sulle nostre società, prima che dai derivati e dall’intricata ingegneria finanziaria, è determinata dal fatto che per troppo tempo, sbagliando, si è pensato di poter fare a meno dell’economia reale. Quindi, ben vengano oggi misure a favore della trasparenza dei mercati finanziari e dei prodotti offerti dalle banche e dai mercati azionari, ma ricordiamoci tutti che è urgente un ripensamento generale sul sistema economico su cui i mercati mondiali si reggono. Ogni nostra scelta deve quindi essere orientata al rafforzamento dell’economia reale, unica fonte sicura di ricchezza e di stabilità durevole.
Vito Bonsignore (PPE), per iscritto. − Desidero anzitutto congratularmi con l’amico e collega on. Langen per il progetto di relazione che oggi ha sottoposto al voto in quest’Aula.
Alla luce della crisi finanziaria ed economica, abbiamo constatato la pericolosità di taluni strumenti finanziari usati dai mercati in modo spudorato senza regole né limiti. Vittime di questi pericolosi strumenti sono stati, anche in Italia, molti cittadini e numerose amministrazioni locali che ora si trovano in bilancio perdite spaventose.
Per evitare situazioni così spiacevoli ritengo opportuna, anzi necessaria, una corretta regolamentazione dei derivati, in modo da poter avere un mercato più stabile e sicuro che permetta agli operatori e ai consumatori di effettuare scelte consapevoli. L’Unione europea deve farsi promotrice di un radicale cambiamento della politica finanziaria rispetto al passato e dare segnali forti per impedire che in futuro strumenti come gli OTC possano compromettere l’intero mercato finanziario.
Condivido infine le linee guida illustrate dal collega Langen nel testo votato oggi, anche perché i derivati finanziari non sono appannaggio solo di professionisti del settore, ma sono strumenti di grande diffusione. Per questo, una legislazione più severa garantirà una maggiore trasparenza permettendo "ai partecipanti del mercato di stabilire correttamente il prezzo dei rischi".
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) La normativa più rigorosa sui mercati dei derivati deve tener conto delle particolari circostanze in cui si trovano le aziende, le quali devono assicurarsi che i propri rischi finanziari ed operativi siano coperti ai sensi di condizioni favorevoli ed, in un certo senso, che vengano attenutati grazie all’aiuto dei derivati.
Le aziende che non operano in campo finanziario si avvalgono di questi strumenti per coprire i rischi connessi alla valuta, agli interessi e alle materie prime. Questa tutela, che non è di natura speculativa, ha contribuito a creare stabilità e crescita nel settore dell’occupazione e degli investimenti.
Tuttavia, le norme proposte non devono compromettere la copertura dei rischi delle imprese.
Chiedo infatti che siano introdotte esenzioni e norme meno stringenti in termini di capitale per i derivati bilaterali, soprattutto per le PMI.
Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Ho votato contro il testo, perché, sebbene contenga determinati punti positivi e cerchi di introdurre delle restrizioni minime e delle norme sul mercato dei derivati, in realtà non affronta il problema. Una delle cause principali dell’instabilità economica e finanziaria risiede nello sviluppo e nell’aumento delle transazioni non bancarie, in cui sono compresi i premi di rischio ed altri derivati finanziari.
Il recente crollo dei mercati valutari e la speculazione contro i titoli greci hanno dimostrato che il sistema finanziario ha bisogno di normative severe, ma anche che certe transazioni, come le transazioni sui premi di rischio, devono essere vietate. A mio parere, sarebbe sbagliato e, ad ogni modo, non basta concentrarsi solamente sulle “politiche normative”, come quelle delineate nella relazione, che non mettono il problema in prospettiva e non offrono soluzioni adeguate.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Il mercato dei derivati, come è emerso con la crisi economica, finanziaria e sociale che stiamo attraversando, ha bisogno di una normative efficace volta a garantire una maggiore trasparenza negli scambi di questi strumenti finanziari. Siffatti prodotti devono essere soggetti ad una sorveglianza più stretta in modo che gli scambi non abbiano effetti avversi sul mercato. A causa della varietà dei derivati e della necessità di proteggere gli investitori, credo si debbano altresì inasprire le norme in tema di informazione.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Accolgo con favore l’impegno delle istituzioni europee volto a garantire la massima efficienza, sicurezza e solidità ai mercati dei derivati. Parallelamente ne viene riconosciuta anche l’importanza per la sostenibilità dello sviluppo economico, insieme alla necessità di assicurare la disciplina ed il controllo delle procedure e dei negoziati connessi alla transazione e alla commercializzazione di questi strumenti finanziari. Viste le dimensioni del mercato dei derivati e l’impatto che esso produce sull’economia globale, come è apparso evidente nell’attuale crisi economica e finanziaria – oltre che all’aumento esponenziale della componente di rischio nel mercato globale – credo sia fondamentale garantire la trasparenza. É vitale non solo per l’effettiva sorveglianza dei mercati, ma anche per avere norme contabili chiare, concise e complete. I CDS di emettitori sovrani che sono stati usati dagli speculatori finanziari hanno ingiustificatamente provocato dei dislivelli negli spread nazionali. Ne discende quindi la necessità di trasparenza nel mercato e di normative europee più incisive sulla negoziazione dei CDS, soprattutto quelli connessi al debito sovrano. Si spera che la futura legislazione, oltre a portare trasparenza nei mercati dei derivati, sia una normativa solida. Tengo inoltre a sottolineare che il costo delle future infrastrutture di mercato deve gravare sui soggetti interessati, non sui contribuenti.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Invece di decretare la fine del mercato dei derivati, la maggioranza del Parlamento si è limitata a difendere il divieto sul commercio speculativo dei credit default swap (CDS) del debito sovrano, sollecitando la Commissione a considerare i limiti di rischio massimo per i derivati, in particolare per i CDS, e a raggiungere un accordo in materia con i partner internazionali. Tuttavia, da quanto è stato detto, la Commissione presenterà la sua proposta sui mercati dei derivati solo a settembre ed il Parlamento legifererà su un piano di parità rispetto al Consiglio.
Tutta questa attesa è deleteria se si guarda all’impennata dei tassi d’interesse che sono impliciti nelle obbligazioni degli emettitori sovrani in alcuni paesi dell’area euro e che sono arrivati a livelli insostenibili, anche in ragione degli effetti negativi che i CDS hanno provocato sull’intero processo. Non possiamo continuare a consentire il ricorso a titoli speculativi basati sul debito sovrano.
É vero che il Parlamento oggi ha invocato il divieto sui CDS – che sono transazioni puramente speculative basate sulle probabilità di insolvenza del debitore – ma poi si è limitato a richiedere pene detentive più severe per le vendite allo scoperto di titoli e di derivati. Per quanto ci riguarda, pertanto, abbiamo sostenuto le proposte positive, ma deprechiamo la pozione retroattiva e il grande ritardo nella disciplina dei mercati di capitali.
Astrid Lulling (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione Langen sui mercati dei derivati, poiché, come il relatore, ritengo assolutamente che il settore debba essere regolato e che serva una maggiore trasparenza in questi mercati. Sono particolarmente a favore dell’idea di introdurre obbligatoriamente le CCP per le transazioni sui derivati tra operatori del mercato. Standardizzando le transazioni e garantendo l’indipendenza delle CCP, si compiranno progressi estremamente significativi.
Ad ogni modo, i meccanismi normativi che saranno introdotti a breve grazie alla collaborazione tra Commissione, Consiglio e Parlamento non devono bloccare i mercati dei derivati, che svolgono infatti una funzione importante nella finanza mondiale. É fondamentale operare una distinzione, come in effetti ha fatto il relatore, tra strumenti derivati usati per coprire i rischi direttamente associati all’attività delle imprese e quelli usati solamente a fini speculativi. Solo quest’ultimi pongono un rischio sistemico che deve essere adeguatamente monitorato per evitare che si ripetano le crisi cui abbiamo recentemente assistito.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) In passato gli strumenti derivati svolgevano un ruolo importante, trasferendo il rischio nell’economia. Successivamente, la mancanza di trasparenza e di norme nei mercati dei derivati ha avuto un effetto estremamente pernicioso sulla crisi finanziaria. I CDS (credit default swap) sono stati gli strumenti che hanno più influito sulle economie europee e che hanno provocato un aumento degli interessi sul debito sovrano. Il regolamento vieta gli scambi speculativi operati con questo strumento, evitando che si possano creare distorsioni nel mercato del debito sovrano. É assolutamente fondamentale, però, distinguere tra i prodotti derivati utilizzati come strumento di gestione del rischio al fine di coprire un vero rischio sottostante ed i derivati usati unicamente a fini speculativi. Sono questi i motivi che hanno giustificato il mio voto.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Sono lieto che i paragrafi principali della risoluzione siano stati mantenuti nel testo finale, segnatamente i paragrafi nn. 33, 34, 35 e 36, ed i considerandi K, S e X. Per tale ragione ho votato a favore. Altrimenti, se anche in una sola votazione per parti separate l’esito fosse stato negativo, noi verdi avremmo votato contro la relazione.
Peter Skinner (S&D), per iscritto. – (EN) Gli aspetti principali della relazione Langen sono accettabili. Ad ogni modo, nel corso del dibattito in seno alla commissione, si è parlato lungamente dei pericoli dell’industria. Chiaramente l’entità dell’attività dei derivati sollevano questioni sulle modalità di disciplina del settore, pertanto la trasparenza e la supervisione armonizzata sono state identificate come fattori molti importanti. Al contempo non occorre aumentare i costi degli scambi, insistendo per concentrare la compensazione presso singole borse. Fortunatamente l’onorevole Langen è ben consapevole dei limiti di questo approccio che farebbe lievitare di dieci volte i costi in borsa rispetto ad altre piazze. Dobbiamo inoltre tutelare i cosiddetti strumenti derivati su misura che consentono alle aziende di mettersi al riparo da futuri aumenti nei mercati delle materie prime. Infine dobbiamo garantire la compatibilità internazionale – soprattutto con gli USA, il principale mercato.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Il rapido sviluppo di Internet ha favorito la proliferazione di oggetti connessi e scambiabili in rete. Si è così venuto a create “Internet degli oggetti”, che comprende una vasta gamma di articoli: dai libri alle automobili, passando anche per gli elettrodomestici ed i prodotti alimentari. Questa relazione d’iniziativa del Parlamento europeo è stata concepita in risposta alla comunicazione della Commissione, in cui sono previste 14 misure che devono essere messe in atto affinché l’Unione europea possa essere all’avanguardia nello sviluppo di queste nuove reti di oggetti interconnessi. La relazione del Parlamento si sofferma in particolare sul rispetto della privacy, sui benefici in termini di qualità della vita che Internet degli oggetti può avere sui consumatori europei, sull’accessibilità e sul carattere inclusivo di Internet degli oggetti. Sottoscrivendo pienamente queste priorità, ho votato a favore della relazione d’iniziativa.
Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. − L’evoluzione della tecnologia dell’informazione e della comunicazione (TIC) ha determinato, nell’ultimo ventennio, una vera e propria rivoluzione nel campo della conoscenza, soprattutto grazie alla diffusione a livello civile di Internet e del World Wide Web.
Dopo aver messo in rete la conoscenza e aver annullato ogni distanza nello scambio delle informazioni, la nuova frontiera di questa tecnologia ha per oggetto la possibilità di combinare un nuovo sistema di identificazione a radiofrequenza e i prodotti, così che questi possano rilasciare istantaneamente delle informazioni ai consumatori.
Sono favorevole a che si approfondiscano, anche attraverso l’implementazione di progetti pilota, le conseguenze etico-sociali di questa nuova risorsa informatica, che potrebbe in futuro rappresentare un nuovo settore occupazionale, e sostengo, pertanto, la relazione della collega Maria Badia i Cutchet.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Accolgo con favore l’essenza della comunicazione della Commissione. Lo sviluppo di nuove applicazioni e l’Internet degli oggetti – insieme all’impatto enorme che stravolgerà la vita quotidiana e le abitudini dei cittadini europei – sono strettamente legati alla fiducia che i consumatori europei ripongono nel sistema.
É una priorità garantire un quadro legislativo e normativo che, da un lato, tuteli il consumatore europeo e, dall’altro, promuova l’investimento pubblico e privato nel settore di Internet degli oggetti.
Questo ambito rappresenta una grande opportunità in termini economici, in quanto ci consentirà di ottimizzare i processi di produzione ed il consumo di energia, oltre che a creare nuovi posti di lavoro e nuovi servizi per un numero crescente di cittadini e di imprese europee.
Se l’Unione europea vuole davvero conquistarsi una posizione trainante in questo mercato, deve assumere un approccio proattivo nel settore, incentivando la ricerca ed i progetti pilota.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) Grazie alla crescita rapida e continua di Internet all’incirca 1,5 miliardi di persone sono connesse mediante computer o dispositivi mobili. Il prossimo passo sarà la progressiva trasformazione della rete di computer interconnessi in una rete di oggetti interconnessi – l’Internet degli oggetti – che va dai libri alle automobili, dagli elettrodomestici fino ai prodotti alimentari. Ad esempio, il frigorifero potrebbe essere programmato affinché riconosca i prodotti scaduti o prossimi alla scadenza. Queste innovazioni tecnologiche possono contribuire a soddisfare diverse aspettative della società e della gente e possono altresì fungere da catalizzatori per la crescita e l’innovazione a beneficio dell’economia e del benessere dei cittadini.
Tuttavia, è necessario introdurre normative specifiche e lungimiranti affinché l’Internet degli oggetti possa rispondere alle sfide correlate alla fiducia, alla diffusione e alla sicurezza. É fondamentale garantire il pieno rispetto della vita privata e la protezione dei dati personali. Devono essere messe in atto misure adeguate per la protezione dei dati contro possibili usi indebiti e altri rischi associati ai dati personali. Per tale ragione sostegno questo approccio proattivo, evidenziando che l’Internet degli oggetti è volto prima di tutto a recare beneficio alle persone.
Lara Comi (PPE), per iscritto. − Ho votato favorevolmente per questa relazione. Lo sviluppo dell’applicazione di Internet degli oggetti da un lato rappresenta una grande opportunità di crescita e competitività e, dall’altro, determina un grande cambiamento sociale, incidendo in modo significativo sui comportamenti dei cittadini. Per questo motivo accolgo con favore l’intenzione della Commissione di pubblicare, nel 2010, una Comunicazione sul rispetto della vita privata e la fiducia nella società dell’informazione, essendo a mio avviso fondamentale monitorare in modo permanente gli aspetti relativi alla protezione dei dati personali.
Altrettanta importanza riveste il dibattito sugli aspetti tecnico-legali del diritto al silenzio del chip. Inoltre, per i profondi mutamenti che l’Internet degli oggetti comporterà, è essenziale consentire uno sviluppo uniforme delle tecnologie a livello territoriale, per evitare che si creino divari ancora più grandi di quelli esistenti, coinvolgendo adeguatamente le autorità pubbliche in questo processo e prestando attenzione alle aree più periferiche.
Infine, penso che sia importante l’incremento dei finanziamenti europei relativi all’Internet degli oggetti nell’ambito dei progetti di ricerca del Settimo Programma quadro e dei progetti pilota del Programma quadro per la competitività e l’innovazione, puntando anche sullo sviluppo delle infrastrutture, della diffusione della banda larga e dell’ulteriore riduzione dei costi del roaming di dati.
George Sabin Cutaş (S&D), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione su Internet degli oggetti, poiché ritengo che, adottando la relazione, si stimolerà lo sviluppo di tecnologia innovativa nell’Unione europea. In questo modo, si creeranno opportunità commerciali per le aziende europee e si combatterà anche il cambiamento climatico in ragione della migliore gestione dell’energia e del trasporto.
In qualità di relatore ombra, ho presentato degli emendamenti atti ad innalzare la protezione dei dati personali affinché non siano usati per altri scopi dalle aziende che vi possono avere accesso. Di conseguenza, la relazione contiene disposizioni importanti a difesa dei diritti fondamentali dei cittadini.
Ioan Enciu (S&D), per iscritto. – (RO) Internet degli oggetti è un concetto del futuro che affonda le sue radici nel presente. Dipenderà da noi fare in modo che vada a beneficio dei cittadini in maniera armonizzata ed efficiente. Il nuovo sistema atto ad integrare le tecnologie che usiamo nella vita quotidiana deve essere messo in atto nella più stretta osservanza del diritto alla privacy dei consumatori. La Commissione deve costantemente consultarsi con il gruppo di lavoro sulla protezione dei dati e non solo quando lo reputa necessario. Questi dispositivi e queste tecnologie infatti sono in grado di trasmettere la posizione, le caratteristiche e l’identità di un oggetto. Oltre a garantire il diritto al silenzio, questi meccanismi devono essere integrati solo su richiesta della persona e non come caratteristica standard di produzione. Al contempo la Commissione, nel decidere sull’attuazione di progetti che attengono all’Internet degli oggetti, deve tenere conto della rete che sarà selezionata per la connessione. Al momento sono molti i ciber-attacchi su Internet. A mio avviso, l’uso del World Wide Web per connettere Internet degli oggetti potrebbe rappresentare un rischio per la sicurezza ed appesantire notevolmente la rete. Lo sviluppo di una rete parallela per la connessione degli oggetti potrebbe costituire la soluzione più adeguata nella situazione attuale mediante la condivisione dello spettro e del dividendo digitale.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione Badia i Cutchet a sostegno di Internet degli oggetti. Le nuove tecnologie informatiche apporteranno grandi benefici alla società, ma è importante che sia tenuto conto dell’impatto potenziale sulla salute e sull’ambiente, insieme agli aspetti connessi alla protezione della privacy.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Internet è divenuto parte della vita quotidiana di milioni di persone e oggi svolge un ruolo insostituibile come mezzo di comunicazione e come veicolo per trasmettere le informazioni e la conoscenza. L’aumento esponenziale dei contenuti di Internet ne ha fatto uno strumento versatile i cui usi si vanno moltiplicando. Al contempo, però, è diventato anche l’ambiente in cui ha attecchito un nuovo tipo di criminalità che approfitta della velocità e della smaterializzazione dei flussi di informazioni nonché del massiccio volume di dati personali inseriti dagli utenti della rete.
Condivido le preoccupazioni espresse nella risoluzione sulla necessità di affrontare le restrizioni all’accesso di Internet per motivi politici e di garantire una maggiore sicurezza a bambini e ad adolescenti nell’impiego della rete. Convengo sul fatto che l’uso e la gestione attuale della rete devono continuare ad essere di responsabilità del settore privato, ma credo che gli Stati membri non possano esimersi dall’intervenire e dall’essere attivi, esercitando un ruolo normativo. L’obiettivo sarebbe innanzi tutto quello di prevenire l’abuso e la violazione dei diritti dei cittadini.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) L’impatto delle nuove tecnologie sulla sicurezza e sulla qualità della vita dei cittadini è indiscutibile e comporta sia dei benefici che dei rischi. In siffatto contesto Internet degli oggetti presenta una serie di vantaggi nuovi per la gente, ma sussistono altresì i rischi inerenti ad uno strumento che ha un grande potenziale. Mi preme enfatizzare l’approccio che punta a stimolare la ricerca e i progetti pilota. Si devono inoltre sfruttare tutte le opportunità che si vengono a creare, in particolare mediante l’ottimizzazione del risparmio energetico e dei processi di produzione, la creazione di nuovi posti di lavoro, oltre che in relazione alle sfide che possono emergere. É, però, vitale che l’Unione europea si doti di un quadro comune per rafforzare le disposizioni in tema di sorveglianza del sistema, riservatezza, sicurezza delle informazioni, gestione etica, privacy, raccolta e archiviazione dei dati personali nonché informazione dei consumatori. La rapida evoluzione di Internet degli oggetti richiede una governance sicura, trasparente e multilaterale. Alla luce di questo presupposto condivido le preoccupazioni della Commissione in relazione alla sicurezza e alla tutela dei dati personali dei cittadini nonché alla governance di Internet degli oggetti al fine di garantire il rispetto della vita privata e la protezione dei dati personali.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Internet degli oggetti è un progetto che ebbe inizio nel 1999 negli Stati Uniti. Ora si sta diffondendo sempre più e si prevede che tra 10-15 anni rivoluzionerà l’interazione persona-oggetto e oggetto-oggetto mediante l’uso crescente della tecnologia dell’identificazione della radiofrequenza (RFID).
Il processo di sviluppo di Internet degli oggetti, con tutti gli aspetti innovativi e positivi che può apportare nella vita quotidiana, implica anche un margine di incertezza, sia a livello tecnico che a livello concettuale, che suscita una qualche preoccupazione. La tecnologia su cui poggia il sistema, la RFID, si basa sul “tag”, ossia un componente elettrico costituito da un chip e da un’antenna. Questo chip di pochi millimetri può contenere, ricevere e trasmettere informazioni senza alcuna connessione via cavo. E proprio siffatto aspetto solleva diverse questioni correlate tra l’altro alla titolarità, alla gestione e alla privacy.
Per quanto attiene alla privacy e alla protezione dei dati, la relatrice mette in luce “l’importanza di assicurare che tutti i diritti fondamentali, e non solo il rispetto della vita privata, vengano tutelati nel processo di sviluppo dell’internet degli oggetti”, il che, a mio avviso, è positivo. Tuttavia, nutriamo seri dubbi sulla gestione dei dati. Il futuro è ancora incerto e quindi ci siamo astenuti nel voto.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. – Con l’avanzare della tecnologia è importante che l’Unione europea e gli altri organismi politici si tengano aggiornati. Questa relazione affronta diversi argomenti importanti, come la privacy e i dati sulla salute. Sostengo appieno la relatrice, la quale chiede che l’Unione europea sia proattiva in questa sfera.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Le cosiddette tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) svolgono un ruolo importante nella promozione dello sviluppo sociale, della crescita economica, della ricerca, dell’innovazione e della creatività sia nel settore pubblico che in quello privato in Europa. I rapidi mutamenti che Internet ha subito negli ultimi anni sono fonte di nuove preoccupazioni. L’Unione europea pertanto deve dotarsi di un quadro di riferimento comune in modo da rafforzare i provvedimenti in atto sulla gestione del sistema, soprattutto per quanto riguarda la riservatezza, la sicurezza delle informazioni, la gestione etica, la vita privata, la raccolta e l’archiviazione dei dati personali e delle informazioni sui consumatori. Alla luce di tali presupposti è fondamentale che l’autorità competente per Internet degli oggetti garantisca la sicurezza, la protezione dei dati e la vita privata degli utenti, poiché solo un siffatto approccio può apportare benefici ai cittadini. Sono questi i motivi che hanno giustificato il mio voto.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Un miliardo e mezzo di persone sono connesse alla rete e usano Internet. Questo strumento rappresenta il presupposto per un nuovo genere di tecnologia di rete che è volta a consentire la comunicazione tra persone e oggetti e tra oggetti e altri oggetti. Le informazioni sui prodotti saranno archiviate, ricevute e trasmesse. Si teme, però, che gli svantaggi possano superare i vantaggi di questa nuova tecnologia. Bisogna infatti assicurare che la sfera privata sia protetta e che i dati personali non siano soggetti ad usi indebiti, tanto più che in futuro gli utenti saranno ancora più vulnerabili di quanto lo siano ora. Ho votato a favore della relazione, poiché le misure proposte dalla relatrice sulla protezione della vita privata e dei dati personali sono assolutamente necessarie.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. – (DE) Per quanto attiene ai nuovi sviluppi tecnologici, come il cosiddetto Internet degli oggetti, è sempre importante affrontare le questioni etiche insieme ai possibili benefici e proteggere i diritti individuali. La relazione si muove in questa direzione, pertanto ho votato a favore.
Justas Vincas Paleckis (S&D), per iscritto. – (LT) Internet degli oggetti ha cominciato a diffondersi più marcatamente una ventina di anni fa ed è divenuto una componente insostituibile a livello sociale, come il telefono e la radio. Oggi 1,5 miliardi di persone sono connesse ad Internet e tra qualche anno questo numero è destinato a raddoppiare. Presto la tecnologia di punta consentirà non solo ai computer di essere connessi alla rete, ma anche alle automobili e persino ai libri, ai prodotti alimentari insieme ad altri tipi di articoli. Connettendo l’automobile in rete, l’automobilista potrà avere informazioni sulla pressione delle gomme, mentre i frigoriferi programmati saranno in grado di riconoscere i prodotti scaduti. Ho votato a favore di questa relazione, poiché Internet degli oggetti è destinato a risollevare un’economia pesantemente provata dalla crisi e contribuirà a creare occupazione e nuovi servizi per un numero crescente di cittadini e di aziende. In questo modo, riusciremo anche ad ottimizzare i processi produttivi ed il risparmio energetico, che è un aspetto molto importante nella lotta contro il cambiamento climatico.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Noi verdi abbiamo sostenuto fermamente questa relazione stilata dalla collega socialista, l’onorevole Badia i Cutchet. Internet degli oggetti rappresenta una nuova e importante applicazione importante della tecnologia Internet. Nei prossimi 10-15 anni si prevede che questo strumento entrerà nella nostra vita quotidiana. Esso di basa sulla tecnologia RFID (identificazione della frequenza radio) per ricevere e trasmettere le informazioni senza fili. Funziona grazie ad un minuscolo chip che ha la capacità di archiviare un gran numero di informazioni sull’oggetto o sulla persona su cui è stato collocato. Nel settore agroalimentare, ad esempio, la RFID consente una tracciabilità del prodotto più veloce e più precisa, fornisce informazioni sul contenuto, come le caratteristiche chimiche, i livelli di glutine, eccetera. Del resto, applicazioni analoghe sono già in uso, come il chip che trasmettere le informazioni in tempo reale all’automobilista sulla pressione delle gomme. Questa nuova tecnologia rivoluzionerà e amplierà l’interazione persona-oggetto e oggetto-oggetto. L’innovazione deriva dall’interazione oggetto-oggetto. L’esempio pratico più citato è quello del frigorifero che, debitamente programmato, è in grado di riconoscere tutti i prodotti scaduti o prossimi alla scadenza.
Alexander Alvaro, Jorgo Chatzimarkakis, Jürgen Creutzmann, Wolf Klinz, Silvana Koch-Mehrin, Britta Reimers e Michael Theurer (ALDE), per iscritto. – (DE) É fondamentale contrastare lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia. Dobbiamo adoperarci al massimo per combattere la pedopornografia nelle reti di comunicazione. Un controllo permanente ed effettivo sugli abusi contro i bambini rappresenta sia una responsabilità politica che un precetto dello Stato di diritto. Il partito liberal-democratico tedesco al Parlamento europeo ritiene che siffatti contenuti illeciti debbano essere rimossi quanto più rapidamente possibile.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore di questa relazione d’iniziativa che è stata stilata in vista dell’imminente forum sulla governance di internet che si svolgerà a Vilnius dal 25 al 29 settembre. Il Parlamento chiede al forum di intensificare la partecipazione dei paesi in via di sviluppo nell’ambito dei suoi lavori e di coordinare il proprio operato con organismi nazionali e regionali. L’Assemblea chiede inoltre all’Unione di sviluppare una strategia sugli aspetti fondamentali della governance di internet e di incoraggiare la riforma dell’ICANN (Corporazione internet per i nomi e i numeri assegnati).
Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. − Non posso che votare a favore della relazione del collega on. Sosa Wagner sulla necessità di assicurare una governance etica e sicura di Internet.
Lo strumento che ha annullato le distanze e i tempi della comunicazione, insieme ad un enorme potenziale benefico è, allo stesso tempo, fonte quotidiana di rischi, tanto per la protezione dei dati personali quanto per i minori. È fondamentale assicurare la libera circolazione dell’informazione e della comunicazione, ma nella certezza che i soggetti più deboli e i dati più sensibili continuino a ricevere un’adeguata tutela. Solo in questo modo Internet potrà continuare ad essere il motore di un cambiamento sociale positivo e rispettoso della dignità del singolo individuo.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Internet è un “bene pubblico globale”, pertanto i tentativi perpetrati da un certo governo di esercitarne la gestione ed il controllo hanno attirato notevoli critiche.
L’Unione europea deve sviluppare una strategia basata su una visione condivisa degli aspetti fondamentali della governance di internet, che possa essere fermamente difesa sulla scena internazionale e nelle relazioni bilaterali con gli Stati Uniti.
Sostengo la posizione positiva assunta dalla Commissione europea verso l’attuale modello di gestione che rispetta la preminenza del settore privato.
Chiedo inoltre un maggiore coinvolgimento dei paesi in via di sviluppo, soprattutto mediante l’erogazione di fondi atti a favorirne la partecipazione.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) Negli ultimi vent’anni internet ha avuto un impatto enorme sulla società e sulla vita pubblica. L’Unione europea ne è un valido esempio. Infatti, pur rappresentando poco più del 7 per cento della popolazione mondiale, ha il 19 per cento degli utenti di internet a livello globale. La governance di internet è una priorità assoluta per la politica pubblica, la quale mira a garantire che i cittadini possano fruire appieno del potenziale di questo strumento. Al contempo bisogna trovare le soluzioni più appropriate al problema dei contenuti inappropriati e illegali, assicurare una protezione sufficiente ai consumatori e risolvere i problemi di autorità giurisdizionale nel contesto della rete globale.
Sono del tutto d’accordo sull’idea che internet sia un bene pubblico globale e che debba sempre tutelare e rispettare l’interesse pubblico. É vitale che l’UE sviluppi una strategia sugli aspetti fondamentali della governance di internet e sostengo l’iniziativa della Presidenza spagnola di redigere una “Carta europea dei diritti dei cittadini e dei consumatori” in ambito digitale. É importante favorire una riforma interna della Corporazione internet per i nomi e i numeri assegnati in modo a ampliarne la rappresentatività, assoggettarla ad un maggiore controllo da parte della comunità internazionale e conferirle maggiori responsabilità insieme ad una maggiore trasparenza.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione sulla governance di internet, che affronta temi delicati come la protezione e la salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali, l’accesso e l’uso di internet e la cibercriminalità. La proposta della Presidenza spagnola sulla carta dei diritti degli utenti di internet e sul riconoscimento di una quinta libertà fondamentale (libertà di accesso alla rete) potrebbe dotare l’UE di strumenti più efficaci al fine di garantire, da un lato, una maggiore protezione negli ambiti che afferiscono alla sicurezza e, dall’altro, un accesso diffuso e non discriminatorio alla rete.
Göran Färm, Olle Ludvigsson e Marita Ulvskog (S&D), per iscritto. – (SV) Noi social democratici svedesi abbiamo deciso di astenerci a causa del riferimento al blocco dei siti web. Crediamo che siffatte misure possano essere giustificate in talune situazioni, ad esempio, in relazione a reati connessi alla pedopornografia, ma la proposta di bloccare i siti in caso di reato cibernetico è eccessivo e quindi per noi è stato impossibile votare a favore di questo provvedimento.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Internet ha indubbiamente una funzione di carattere pubblico ed influenza sia la vita quotidiana che i movimenti di massa, le idee politiche e le strategie di comunicazione. É vero che internet ha assunto un ruolo pubblico insostituibile e gli Stati membri dell’Unione europea non possono ignorarlo. Essi devono favorire un maggiore accesso ed una maggiore partecipazione alla governance di internet senza pregiudicare le caratteristiche fondamentali che risiedono nell’uso pubblico e nella gestione della rete, poiché questo aspetto si è rivelato essenziale per la vitalità e la crescita di internet. Il ruolo degli Stati membri sta acquisendo una maggiore importanza, in particolare per quanto attiene alle questioni dei reati cibernetici, alla protezione della sicurezza degli utenti e della privacy nonché alla libertà di accesso e di espressione mediante internet.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Vista la crescente rilevanza che internet ha assunto nella vita quotidiana dei cittadini e delle istituzioni, oltre che nell’amministrazione di diversi Stati, cui si aggiunge l’impatto sullo sviluppo economico, culturale, sociale e umano, la governance di internet è una questione che riveste un’importanza fondamentale sul piano mondiale. Infatti l’Unione europea deve assolutamente salvaguardare le condizioni atte a garantire un intervento attivo in questo ambito e proteggere questo bene pubblico insieme ai valori e ai principi che vi soggiacciono. Alla luce di questi presupposti ho votato a favore della relazione, sottolineando l’importanza di incrementare la rappresentanza della diversità globale negli organismi che attualmente controllano il mercato di internet, ossia la Corporazione internet per i nomi e i numeri assegnati (ICANN) e l’autorità per l’assegnazione dei numeri internet (IANA).
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione è stata stilata a fronte dell’importanza del ruolo di internet, che è divenuto uno strumento indispensabile per promuovere iniziative democratiche, dibattiti politici, l’alfabetizzazione digitale e la diffusione della conoscenza. L’accesso ad internet garantisce l’esercizio di una serie di diritti fondamentali, tra cui il rispetto per la vita privata, la protezione dei dati, la libertà d’espressione e di associazione, la libertà di stampa, la non-discriminazione, l’istruzione e la diversità linguistica e culturale, e al contempo poggia proprio su tali diritti.
La relazione pertanto enfatizza che le istituzioni e gli organismi coinvolti a tutti i livelli hanno la responsabilità generale di assicurare che tutti possano esercitare il diritto a prendere parte alla società dell’informazione.
Il testo inoltre affronta anche le minacce poste dalla cibercriminalità per le società che usano la tecnologia dell’informazione e della comunicazione, rilevando un aumento dell’istigazione a commettere attentati terroristici e reati motivati dall’odio nonché della pedopornografia. Di conseguenza, i cittadini, tra cui i bambini, corrono dei rischi e infatti la relazione afferma che “il ruolo degli attori pubblici deve essere rafforzato nella definizione di una strategia globale”. Infine il documento esprime preoccupazione per la struttura della Corporazione internet per i nomi e i numeri assegnati (ICANN), che non è proprio rappresentativa, e per il controllo limitato che la comunità internazionale, compresa l’UE, può esercitare sul suo operato.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) La relazione riconosce l’importanza di internet, in quanto strumento che promuove la diversità culturale ed incoraggia la cittadinanza democratica. Affinché i valori democratici siano promossi, però, è fondamentale che i governi non impongano alcuna forma di censura e quindi accolgo con favore le disposizioni del paragrafo 13.
Iosif Matula (PPE), per iscritto. – (RO) Il dibattito sulla governance di internet riveste senz’altro un’importanza particolare, in quanto in molti paesi questa forma di comunicazione è divenuta assolutamente essenziale nella vita professionale e nella vita privata dei cittadini. É proprio per questa ragione che sarebbe, come minimo, una totale mancanza di immaginazione da parte nostra lasciare che le decisioni strategiche su internet vengano assunte unicamente da una società privata avente sede negli Stati Uniti.
La relazione su cui abbiamo votato oggi è fondamentale per creare un modello di governance in cui siano coinvolti anche i consumatori finali. Dobbiamo inoltre favorire la cooperazione tra università e mondo delle imprese, anche a livello regionale e nazionale. Al contempo dobbiamo coinvolgere gli attori del mercato asiatico, visto il rapidissimo tasso di sviluppo di quest’area. Inoltre dobbiamo assolutamente trovare un equilibrio tra la protezione della privacy degli utenti e la registrazione di dati personali sui vari siti web, non solo in ragione dell’avvento dei social network, ma anche a fronte dello sviluppo delle vendite online. Un altro fatto estremamente importante è che internet funge anche da eccellente veicolo per la promozione del retaggio e dei valori culturali dell’Europa, oltre ad essere il motore dell’innovazione, consentendoci di colmare il divario rispetto ad altre regioni del mondo.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Esprimo apprezzamento per i considerandi di questa relazione in cui internet viene definito un bene pubblico globale che deve essere gestito nell’interesse comune. La relazione sottolinea l’importanza di internet nel dibattito pubblico. Proprio in ragione di questi principi, che sono stati giustamente menzionati, ho votato contro il testo. Infatti come si può invocare il rispetto dell’interesse comune e chiedere al contempo una governance condivisa tra pubblico e privato senza creare ostacoli alla libera concorrenza? Sebbene il testo abbia il merito di enfatizzare l’importanza dell’interesse comune, in realtà ottiene esattamente il risultato opposto. Il dogmatismo euroliberista porterà l’Europa alla catastrofe.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Oggi internet è uno strumento globale, pertanto la sua gestione deve tener conto dell’interesse comune. Attualmente internet costituisce uno dei mezzi principali per diffondere i valori democratici in tutto il mondo ed è una leva indispensabile per promuovere le idee, il dibattito politico e per diffondere la conoscenza. É pertanto fondamentale che internet si sviluppi in modo tale che tutti nell’UE possano avere un pari accesso. É altresì fondamentale che sia sicuro per tutti gli utenti, soprattutto per i minori, che sono meno in grado di proteggersi contro i potenziali pericoli che derivano dall’utilizzo di questo mezzo. Se vogliamo mantenere lo status di internet quale bene pubblico globale, dobbiamo evitare che sia dominato da un unico organismo o da un gruppo ristretto di organismi. Sono questi i motivi che hanno giustificato il mio voto.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Per quanto concerne internet dobbiamo difendere la libertà d’espressione, pur contrastando la cibercriminalità e gli abusi. Tuttavia non dobbiamo arrivare ad acquisire dati solo per combattere la criminalità e il terrorismo laddove non vi sono motivi di avere sospetti. Internet ha dato luogo a problemi nuovi, come quelli connessi alla protezione dei dati sui social network o in relazione a programmi come Google Street View. Il problemi derivanti dagli ultimi sviluppi hanno ricevuto poca considerazione e per questo motivo mi sono astenuto.
Georgios Papanikolaou (PPE), per iscritto. – (EL) Internet è un bene pubblico globale e deve basarsi sul criterio dell’interesse pubblico. Deve essere creata un’infrastruttura specifica per la governance di questo strumento in modo da salvaguardarne la sicurezza, l’integrità e l’autenticità, riducendo al contempo la possibilità di ciber-attacchi. É necessaria una cooperazione globale aperta sulla goverenance di internet, dobbiamo redigere la Carta europea dei diritti degli utenti di internet e dobbiamo riconoscere la quinta libertà fondamentale dell’UE: l’accesso ad internet. Per tale motivo oggi ho votato a favore della relazione della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia sulla governance di internet e rilevo che l’UE deve adottare una strategia atta a garantire l’acceso ad internet senza discriminazioni, salvaguardandone la neutralità, il rispetto per la privacy, la protezione dei dati, la libertà di espressione e la protezione dei minori. Particolare enfasi deve essere assegnata ai gruppi più vulnerabili e agli attacchi cibernetici. Devono essere introdotte delle restrizioni quanto più rigorose possibile a protezione dei minori e deve essere promossa la cooperazione internazionale nella lotta contro i contenuti illegali o pericolosi di internet.
Fiorello Provera (EFD), per iscritto. − Internet è ormai divenuto uno strumento essenziale nello sviluppo del mercato interno, ovvero di quello che è il pilastro della crescita e dello sviluppo dell’Unione europea. Inoltre, la percentuale di accesso al mondo informatico da parte della popolazione europea supera ormai il 60%. Pare quindi necessario che l’Unione sia protagonista nel dibattito inerente la governance di Internet, garantendo così che un servizio divenuto fondamentale per l’interazione sociale e commerciale tenga nella dovuta considerazione i valori propri dell’Unione quale il rispetto dei consumatori e dei minori. Per questo motivo sostengo i contenuti e le proposte della relazione del collega Sosa Wagner.
Teresa Riera Madurell (S&D), per iscritto. – (ES) Prima di tutto porgo le congratulazioni al relatore per il documento che ha stilato e per l’eccellente tempistica visto l’imminente incontro del forum sulla governance di internet (IGF), che per la prima volta si svolgerà nell’Unione europea.
L’Unione vi partecipa sin dalla sua fondazione, ma il fatto che si tenga a Vilnius conferisce una rilevanza particolare alla nostra delegazione. Questo forum è stato creato cinque anni fa e, ai sensi dell’agenda di Tunisi, ora dovrà decidere se proseguire nel proprio operato. La delegazione comunitaria a Sharm-el-Sheikh ha già indicato che il forum dovrebbe continuare nella forma attuale in ragione del ruolo importante che esso svolge come strumento di dialogo aperto tra tutti gli attori coinvolti nella governance di internet.
Dobbiamo continuare a mantenere questa posizione nei dibattiti che si svolgeranno a Vilnius. Per quanto concerne le altre questioni, come lo sviluppo della Corporazione internet per i nomi e i numeri assegnati che sicuramente occuperà un posto importante nelle discussioni del forum, la relazione dell’onorevole Sosa Wagner indica la posizione che sosterremo noi rappresentanti delle istituzioni europee al forum.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – Nel voto finale ho votato contro la relazione, poiché il testo promuove l’interferenza governativa nella governance di internet, e siffatta posizione è contraria a quella dei verdi.
Alexandra Thein (ALDE), per iscritto. – (DE) É assolutamente fondamentale contrastare lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia. Dobbiamo adoperarci al massimo per impedire che il materiale pedopornografico possa circolare in internet. La lotta continua e fattiva per prevenire gli abusi contro i minori è tanto una responsabilità politica quanto un precetto dello Stato di diritto. I deputati del partito liberal-democratico al Parlamento europeo sono dell’opinione che contenuti criminali di questo genere debbano essere distrutti quanto più rapidamente possibile.
Derek Vaughan (S&D), per iscritto. – Ho votato a favore della relazione Sosa Wagner, in quanto l’Unione europea deve assumere un ruolo trainante in tutti gli aspetti della governance di internet nell’arena internazionale. Questa relazione pone l’enfasi dell’UE sulla necessità di sicurezza e di stabilità di internet a livello globale, sul rispetto dei diritti umani, la libertà d’espressione, la vita privata, la tutela dei dati personali e la promozione della diversità linguistica e culturale.
Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione sulla governance di internet, ma mi sono astenuta sul paragrafo in cui si chiede che sia assegnata priorità alla protezione dei titolari dei diritti di proprietà intellettuale, mettendoli sullo stesso piano dei consumatori.
Una buona governance di internet, in realtà, deve garantire accesso a tutti ai contenuti, segnatamente ai contenuti culturali, in un ambente digitale, ma è un obiettivo che non può essere raggiunto a discapito dei creatori e, in particolare, degli autori. Questi diritti non possono essere trattati alla stregua dei diritti di proprietà intellettuale. Gli autori devono avere la possibilità di scegliere le modalità di accesso alle loro opere.
Inoltre la privacy degli utenti e la creatività vanno tutelate.
Pertanto è fondamentale trovare un equilibrio tra i diritti degli utenti ed i diritti dei creativi in modo che le persone possano realizzare il proprio potenziale di cittadini informati, consumatori e creativi.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Pur avendo votato a favore della risoluzione, tengo a sottolineare le argomentazioni presentate su alcune regioni, in particolare le regioni ultraperiferiche, e sull’accesso all’innovazione. Le difficoltà correlate alla mancanza di una massa critica devono essere tenute in considerazione per favorire un uso migliore del potenziale in settori quali la ricerca e l’innovazione in queste aree. Le caratteristiche uniche delle regioni ultraperiferiche in termini geografici e climatici infatti conferiscono vantaggi specifici per lo sviluppo di determinate attività nei settori della biodiversità, delle risorse marine, del cambiamento climatico, dell’energia rinnovabile, dell’acqua, dell’ambiente, delle risorse naturali, della salute e delle nuove tecnologie.
Per quanto concerne soprattutto le risorse naturali e la biodiversità, le regioni ultraperiferiche consentono alla ricerca europea di usufruire di un accesso privilegiato ad ecosistemi tropicali dotati di una biodiversità e di un’agricoltura uniche. Pertanto la ricerca può rimanere nel contesto dello spazio europeo della ricerca mediante “laboratori naturali”. Sono anche luoghi validi per la sperimentazione. Nonostante le possibilità di diverse regioni e gli sforzi profusi, molte continuano ad avere più difficoltà rispetto ad altre a migliorare i fattori che favoriscono la competitività, la crescita e l’occupazione, come prevede la strategia di Lisbona, in particolare nell’ambito della ricerca e dello sviluppo.
Alfredo Antoniozzi (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, condivido la posizione del collega Winkler, cui ho dato il mio voto positivo, sulla revisione della politica comunitaria a favore dell’innovazione. In particolar modo, ritengo condivisibile la volontà di predisporre una strategia di ampio spettro, che non riguardi solo l’innovazione tecnologica ma anche quella amministrativa, organizzativa e sociale. A tale proposito, il coinvolgimento del mondo economico e della piccola e media impresa nella definizione di misure di promozione dell’innovazione mi sembra cruciale, cosi come l’attenzione che va data agli obiettivi di politica economica a livello regionale
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Questa relazione d’iniziativa passa in rassegna le misure comunitarie assunte nel campo della politica per l’innovazione e fissa una serie di priorità per definire una politica nuova in quest’area. Tra siffatte priorità, il Parlamento esprime l’auspicio che l’innovazione non si limiti agli aspetti tecnologici, ma che riguardi anche le innovazioni di tipo amministrativo, organizzativo e sociale. Viene inoltre assegnata enfasi allo sviluppo di nuovi indicatori sull’innovazione che possano essere più adatti alle economie che si basano sempre più sulla conoscenza. Infine, ed il punto mi pare importante, la relazione indica la necessità di migliorare gli effetti sinergici tra i programmi quadro per la ricerca e l’innovazione ed i Fondi strutturali. Poiché convengo pienamente sulle direttrici tracciate nella relazione, ho votato a favore.
Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione d’iniziativa del collega tedesco, onorevole Winkles. Il testo è stato redatto a seguito della comunicazione della Commissione: “Rivedere la politica comunitaria a favore dell’innovazione nella prospettiva di un mondo che cambia”. L’innovazione è il fattore chiave al fine di rispondere con successo alle principali sfide sociali ed ambientali che l’Unione deve affrontare e per realizzare gli obiettivi politici e strategici che si è prefissata. Non riusciremo a centrare i nostri obiettivi in materia di energia e di clima entro il 2020 se non imprimeremo un’accelerazione allo sviluppo e all’applicazione di tecnologie energetiche appropriate, efficienti e durevoli. Sono a favore dell’intensificazione del dialogo tra università e imprese. Per quanto riguarda gli aspetti di bilancio, a livello di finanziamento statale del settore pubblico, dobbiamo orientare maggiormente la politica per l’innovazione al livello europeo.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore di questa relazione. La ricerca scientifica e l’innovazione sono fondamentali per affrontare con successo le grandi sfide sociali e ambientali che l’Unione europea si trova dinanzi e per realizzare gli obiettivi politici strategici in settori quali la competitività, il cambiamento climatico, l’occupazione, il cambiamento demografico e molti altri. Per rimanere competitiva, l’Unione europea deve investire in tecnologie sostenibili, garantendo un finanziamento adeguato. Finora l’Europa è rimasta molto indietro sul versante della ricerca scientifica e dell’innovazione, poiché il settore è molto frammentato e sussiste una frattura fra ricerca scientifica e innovazione, da un lato, e mercato, dall’altro. La Commissione europea, nel suo piano futuro per l’innovazione, deve risolvere i problemi connessi al finanziamento privato della ricerca e dell’innovazione in modo da consentire alle aziende di creare prodotti e servizi innovativi in linea con le esigenze del mercato.
Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. − Di prodotto o di processo, radicali o incrementali, le innovazioni sono oggi motore della competitività dei sistemi economici e imprenditoriali moderni votati all’efficienza e alla sostenibilità. La ricerca, che si pone alla base di ogni azione e scoperta innovativa, deve quindi essere sostenuta, soprattutto quando riesce ad avvicinare le piccole e medie imprese e il mondo delle nuove tecnologie.
Per questo motivo non posso che sostenere la relazione d’iniziativa del collega Winkler, che chiama in causa un terzo attore per chiudere il triangolo della conoscenza, vale a dire i consumatori. In un contesto fluido come quello rappresentato della realtà moderna abbiamo bisogno di punti di riferimento. È dunque importante che anche la crescita e la competitività del sistema economico e sociale restino sempre "a misura d’uomo".
Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. – (RO) Attualmente meno dell’1 per cento del bilancio comunitario viene destinato all’innovazione. In questo contesto l’Europa ha compreso che il proprio futuro dipende dal triangolo ricerca-innovazione-istruzione. La richiesta del Parlamento europeo di incrementare le risorse per l’innovazione pertanto è del tutto giustificata in siffatte circostanze. Ci stiamo avvicinando al periodo dedicato all’analisi delle prospettive finanziarie per il 2014-2010 e dobbiamo tener presente questa richiesta. Se trasformeremo l’economia europea in un’economia sostenibile, le aziende diventeranno più competitive e creeranno maggiori opportunità nell’ambito dell’economia nazionale in vista delle sfide economiche ed ambientali che l’Europa sarà chiamata ad affrontare.
Inoltre, soprattutto sullo sfondo della crisi economica e della stretta creditizia, è assolutamente importante rendere disponibili maggiori risorse a livello comunitario e nazionale e creare degli strumenti finanziari appropriati in modo da garantire la capacità innovativa delle imprese. Finora non sono stati conseguiti grandi risultati, suddividendo le risorse tra una serie di obiettivi e di iniziative comunitarie specifiche. I finanziamenti devono essere stanziati ad aree in cui è maggiore l’effetto leva. Il criterio principale da seguire in questo ambito deve essere il valore aggiunto per l’Europa.
Vito Bonsignore (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, ho votato a favore di questa relazione. Desidero, anzitutto, complimentarmi con il relatore e collega Winkler per l’eccellente lavoro svolto.
L’innovazione e la ricerca, così come l’istruzione e la formazione, sono capisaldi fondamentali grazie ai quali l’Europa può concorrere positivamente in un mondo tecnologicamente più competitivo. Pur tuttavia, finora solo l’1% del bilancio dell’UE è stato destinato a questo settore, una percentuale insufficiente per le difficili sfide che l’Europa si trova ad affrontare. È invece tempo che l’Unione europea investa di più nell’ambito della ricerca e dell’innovazione. Sono convinto, infatti, che la crisi economica si possa superare anche stanziando maggiori fondi.
Ritengo inoltre necessario incentivare e incoraggiare gli investimenti privati in innovazione tecnologica, perché solo attraverso l’implementazione della ricerca si potrà avere un mercato competitivo capace di opporsi alla crescente delocalizzazione. Condivido, infine, l’opportunità di prevedere "strumenti ad hoc per la capacità di innovazione delle imprese" e una riduzione degli oneri burocratici per le piccole e medie imprese, che promuovano una decisa innovazione tecnologica.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) La politica per l’innovazione deve affrontare i grandi problemi sociali che devono essere superati, riunendo tutti gli attori coinvolti.
É essenziale investire nella conoscenza e nelle riforme atte a promuovere il progresso tecnologico, la ricerca, l’innovazione, l’istruzione e la formazione al fine di favorire la prosperità, la crescita e l’occupazione a medio e a lungo termine.
Per affrontare le nuove sfide ci vuole un approccio innovativo teso ad mettere in atto le nuove tecnologie insieme ad un approccio innovativo sulle questioni sociali a livello organizzativo.
Desidero lanciare un appello affinché si intensifichino gli sforzi per passare dall’innovazione tecnologica all’innovazione sociale – innovazione nei servizi pubblici e nelle diverse regioni.
Lara Comi (PPE), per iscritto. − Una crescita intelligente basata sull’economia della conoscenza e dell’innovazione ha bisogno di misure concrete da parte delle istituzioni sovranazionali e nazionali.
Il rafforzamento delle politiche a sostegno degli imprenditori nel settore della ricerca deve essere accompagnato da politiche che incoraggino l’investimento in nuove sperimentazioni, anche per preparare la manodopera specializzata a concorrere nel mercato del lavoro europeo. Mentre chiediamo ai paesi di investire maggiormente nella ricerca, occorre offrire loro un quadro normativo europeo, generale e specifico, con linee comuni e coordinate di sviluppo e adeguati strumenti di verifica dell’efficacia dei finanziamenti.
Condivido e propongo di disciplinare, a livello europeo, le misure di apprendistato, formativo e professionalizzante, che alcuni paesi hanno già previsto nei loro sistemi scolastici, come anche le misure di "diritto e dovere" in campo educativo. Affinché i finanziamenti alla ricerca tendano al 3% del PIL, sono però necessarie maggiori certezze che il mondo accademico deve garantire, come la produttività accademica dei docenti, evitando la parcellizzazione delle risorse che ha determinato in questi anni un uso improprio e incongruo dei già limitati fondi, con risultati insoddisfacenti.
Condivido, infine, la necessità di arrivare ad avere un unico sistema giurisdizionale per i brevetti, al fine di uniformare i titoli a livello sovranazionale.
Ioan Enciu (S&D), per iscritto. – (RO) L’innovazione occupa un posto speciale nella società moderna. Una società basata sull’innovazione è meglio in grado di evitare sia le crisi di natura socio-economica che quelle sistemiche. Di conseguenza, è fondamentale che la politica sull’innovazione favorisca il progresso sociale invece di provocarne la stagnazione a causa degli eccessi burocratici. Come indica l’onorevole Winkler nella sua relazione, l’innovazione oggigiorno deve anche tener conto del valore sociale che essa apporta. Pensando alle innovazioni del XXI secolo, a mio parere, bisogna considerare l’impatto che producono sulle persone e sulla società in generale. Le innovazioni, quali “Internet degli oggetti”, ad esempio, devono rispettare il diritto alla privacy e garantire la protezione dei dati personali. La società europea non deve diventare la società del “Grande fratello”. Anzi, le innovazioni devono consentire alla gente di comunicare liberamente in una società aperta. Il contributo reso dalle innovazioni tecnologiche e sociali in effetti è segno di progresso. Pertanto chiedo alla Commissione di affrontare la questione con la massima responsabilità per poi presentare la visione che intende infondere al futuro piano d’azione per l’innovazione.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Il significato della conoscenza e dell’innovazione ha assunto preminenza nell’agenda politica e nel gergo politico ed oggi pochi osano mettere in dubbio l’importanza degli investimenti in questo campo e la necessità di collegare la conoscenza, l’innovazione, l’attività economica e l’occupazione.
Il rischio che l’unanimità comporta in relazione a questo concetto, però, è quello di provocarne una diluizione, come è accaduto con altri temi, quali l’ambiente, la sostenibilità economica o il sostegno all’imprenditoria. Sono infatti tematiche che ricorrono copiosamente nei programmi elettorali e quasi sempre finiscono per perdere la caratteristica distintiva che potrebbero avere, in quando diventano mere dichiarazioni. A questo proposito, nonostante i grandi sforzi profusi dal governo su alcuni aspetti, devo attirare l’attenzione sul populismo tecnologico negativo del primo ministro portoghese. Sarebbe meglio concentrarsi di più sui contenuti e meno sui proclami in merito ai miglioramenti delle condizioni di lavoro e della produzione scientifica, ricordandosi che ci vuole anche un approccio realistico oltre agli appelli alla competitività e all’ambizione.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Oggi tutti sanno che l’innovazione è fondamentale per il successo e la sostenibilità dello sviluppo economico e sociale nonché per il progresso e la riuscita dell’integrazione europea. L’importanza dell’innovazione, che deve sempre essere accompagnata dalla ricerca e dall’istruzione, è divenuta ancora più palese dinanzi al vertiginoso sviluppo della realtà globale ed umana. Alla luce di siffatti presupposti, sostengo la relazione sulla revisione della politica comunitaria in materia di innovazione, sottolineando quanto sia urgente che l’Unione europea si adoperi per far confluire delle risorse in quest’area. Mi preme inoltre sottolineare l’importanza degli incentivi per il settore privato e la necessità di varare una strategia complessiva e trasversale affinché la messa in atto della politica europea per l’innovazione diventi una priorità.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Sottoscriviamo numerosi aspetti di questa relazione, anche se il modo in cui è stata formulata non sempre mette in luce le questioni più importanti. Ad esempio, conveniamo sul fatto che l’innovazione è solo uno degli elementi necessari per superare le sfide che oggi ci troviamo a dover affrontare, sia a livello sociale che a livello globale, e che vi sono altre aree parimenti importanti per la società.
Tuttavia, la priorità assegnata a tutte le tematiche previste dalla cosiddetta strategia 2020, come l’attività imprenditoriale, l’occupazione, il cambiamento demografico e la società inclusiva, è tale che il documento e l’analisi della necessaria innovazione in un mondo che cambia è insufficiente per promuovere una vera e propria coesione economica e sociale, l’aumento della produttività, la creazione di occupazione e l’aumento dei salari negli Stati membri, ovverosia questioni che per noi sono cruciali. Per tale ragione ci siamo astenuti.
Nella comunicazione sulla revisione della politica comunitaria in materia di innovazione in un mondo che cambia, pubblicata il 2 settembre 2009 la Commissione europea descrive gli sviluppi che si sono realizzati dal 2005 nel campo di siffatta politica. Ora ci aspettiamo che determinati aspetti del piano d’azione per l’innovazione che sarà presentato a breve siano prontamente recepiti e attuati.
Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (S&D), per iscritto. – (PL) La relazione sulle sfide che deve affrontare la politica comunitaria in materia di innovazione è un ottimo documento in cui sono state delineate le questioni principali che attengono a questo tema. Insieme ai collegi del gruppo S&D ho votato a favore del testo, compreso l’emendamento n. 46, che chiede alla Commissione e agli Stati membri di coordinare i propri sforzi in modo da raggiungere un accordo sul brevetto comunitario e su un unico sistema giudiziario in materia brevettuale. Il problema si trascina da anni, da anni vengono ripetute sempre le stesse argomentazioni a favore del brevetto comune e si ripropongono sempre le stesse polemiche (ad esempio, in quante lingue devono essere tradotti i brevetti europei). Alcuni temi di natura giuridica sono stati chiariti con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona. Ora avremo due regolamenti: uno in materia di brevetti e l’altro sul sistema linguistico.
Inoltre c’è la questione del sistema giudiziario in materia brevettuale, la cui istituzione presuppone che sia disciplinata la relazione tra l’Unione europea e l’Organizzazione europea per i brevetti in modo tale da garantire il rispetto delle competenze delle istituzioni comunitarie, tra cui il Parlamento europeo. Senza andare nei dettagli del sistema brevettuale, che senz’altro sarà oggetto di numerosi dibattiti, tengo a sottolineare che la questione rappresenta una delle sfide più importanti della presente legislatura. Pertanto, ad ogni passo, dobbiamo riunire le altre istituzioni per avviare una cooperazione costruttiva, come ha fatto del resto la relazione dell’onorevole Winkler.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) La relazione Winkler affronta una serie di temi importanti, tra cui l’innovazione ambientale e le imprese verdi. In vista delle sfide che il pianeta dovrà affrontare, l’innovazione in questo campo è assolutamente fondamentale. Il mio paese, la Scozia, è in prima linea su molti aspetti dell’innovazione ambientale, soprattutto nel settore dell’energia rinnovabile. Il governo scozzese ha istituito il Premio Saltire che ha una dotazione di 10 milioni di sterline per incentivare l’innovazione nel settore della produzione di energia sfruttando il moto delle maree e delle onde, si tratta di un’iniziativa che si innesta perfettamente nelle attività che l’UE conduce per dotarsi di una politica adatta in un mondo che cambia.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) A causa della concorrenza globale per attirare gli investimenti, oltre agli impianti di produzione, anche le corrispondenti capacità di ricerca e di sviluppo vengono sempre più delocalizzate verso paesi terzi. Questa tendenza rappresenta fondamentalmente una minaccia per l’Europa in quanto territorio per l’industria. Deve quindi essere contrastata, promuovendo con determinazione il potenziale innovativo, prima che il fenomeno diventi irreversibile. Come indica la Commissione, meno dell’1 per cento del bilancio comunitario viene speso direttamente per misure connesse all’innovazione. Viste le sfide sociali che si profilano, questo importo è insufficiente. Pertanto aderisco alla richiesta di aumentare il bilancio comunitario per l’innovazione. Inoltre, e soprattutto sullo sfondo della crisi finanziaria e della stretta creditizia, è assolutamente importante mettere a disposizione più finanziamenti sia a livello comunitario che a livello nazionale per favorire la capacità innovativa delle imprese e bisogna altresì creare strumenti finanziari per soddisfare le esigenze degli utenti. Per rendere più effettiva la politica per l’innovazione, i vari strumenti di supporto devono essere coordinati meglio e devono essere adeguatamente collegati, dotandoli di una struttura gestionale più snella. In altre parole, il sostegno finanziario deve essere più mirato.
Jarosław Kalinowski (PPE), per iscritto. – (PL) Senza una continua introduzione di innovazioni, non c’è possibilità di sviluppo. Occorrono misure innovative in ogni area dell’economia e della vita sociale – dai nuovi metodi terapeutici fino a mezzi di comunicazione sempre più rapidi fino alle nuove idee nell’industria e nella scienza insieme a metodi alternativi per la produzione di energia. Tengo a sottolineare che, a parte la natura trasversale della politica di innovazione, anche l’iniziativa dei cittadini è importante.
Il carattere innovativo delle piccole e medie imprese e delle aziende agricole rappresenta un elemento essenziale per la creazione di un’economia competitiva. Se, da un lato, così si favorisce un rapido sviluppo dell’economia, compresa la cura per l’ambiente, non dobbiamo dimenticarci delle persone e della mancanza di parità, poiché siffatte differenze potrebbero accentuarsi ed essere controproducenti per le misure atte a sostenere lo sviluppo.
Clemente Mastella (PPE), per iscritto. − Ho votato a favore di questa relazione perché ritengo che l’attuale trasformazione dell’economia europea in un’economia sostenibile debba produrre un aumento della competitività delle nostre imprese europee. Le sfide economiche devono necessariamente trasformarsi in nuove opportunità per le economie nazionali. Deve diventare un nostro obiettivo combattere la crescente delocalizzazione nei paesi terzi non soltanto degli impianti di produzione, ma anche delle capacità di ricerca e di sviluppo correlate.
Accanto al traguardo politico della competitività, l’Unione europea deve sapersi confrontare con altre importanti sfide sociali, quali il cambiamento climatico o l’evoluzione demografica. Ad oggi, meno dell’1% del bilancio dell’Unione è destinato direttamente a misure per l’innovazione. Considerate le sfide sociali che si prospettano, si tratta di una percentuale che riteniamo insufficiente.
Per questa ragione, ho sostenuto la posizione del nostro relatore che chiede, nella prossima programmazione delle nuove prospettive finanziarie per gli anni 2014-2020, un aumento del bilancio dell’UE a favore dell’innovazione. Sarà indispensabile che gli incentivi siano mirati agli obiettivi, individuando e potenziando le sinergie tra gli strumenti di sostegno alle nuove tecnologie, assicurando un maggiore coordinamento delle parti interessate. Accanto al sostegno pubblico, occorrerà incoraggiare e promuovere gli investimenti privati nelle innovazioni.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Per quanto concerne la ricerca e la formazione, l’innovazione è uno dei fattori più importanti per costruire la conoscenza all’interno dell’Unione europea. La politica comunitaria in materia di innovazione è molto importante per raggiungere gli obbiettivi fissati nella strategia 2020. Tuttavia, l’innovazione presuppone delle risorse finanziarie che, soprattutto tra le imprese, sono scarse e non sono facili da reperire, in particolare per le PMI. Approvando il regolamento, si compirà quindi un passo avanti per fornire appoggio agli imprenditori, che sono la forza trainante dell’innovazione in Europa.
Miroslav Mikolášik (PPE), per iscritto. – (SK) Ritengo inaccettabile che la concorrenza economica globale abbia provocato una situazione tale per cui, oltre alle strutture di produzione, anche le corrispondenti risorse di ricerca e di sviluppo vengono delocalizzate in paesi terzi.
Questa tendenza deve essere decisamente contrastata mediante una coraggiosa ed incisiva politica per l’innovazione, atta a garantire la competitività dell’economia comunitaria ed il passaggio ad un’economia basata sulla conoscenza e a bassa produzione di carbonio.
Per questa ragione l’entità del finanziamento comunitario per l’innovazione, a mio parere, è inadeguato, in quanto rappresenta meno dell’1 per cento del bilancio comunitario, e convengo con il relatore sul fatto che si debba porre rimedio a questa carenza nella prospettiva finanziaria per il periodo 2014-2020, i cui lavori inizieranno alla fine dell’anno.
Al contempo, visto che la crisi finanziaria ha in parte provocato la paralisi del credito per i progetti economici innovativi, è necessario che gli Stati membri pensino seriamente ad aumentare in maniera cospicua i fondi per la ricerca e lo sviluppo in modo da assicurare competitività a lungo termine e per salvaguardare e creare occupazione.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) La ricerca, l’innovazione e l’istruzione sono fattori importanti per la competitività di un paese. Se le imprese devono mantenere la propria capacità innovativa, devono effettuare investimenti consistenti – il che spesso è un problema, soprattutto in presenza dell’attuale stretta creditizia. Nei periodi in cui le risorse sono carenti, è essenziale espandere e promuovere le tecnologie sostenibili. Ribadisco inoltre che parallelamente dobbiamo sostenere le regioni rurali, puntando sull’espansione della rete a banda larga in queste zone, visto che le infrastrutture vengono ridimensionate a causa della privatizzazione delle ferrovie, degli uffici postali eccetera.
Parliamo dell’importanza delle università e dei centri di ricerca, ma in realtà vengono ridotti i finanziamenti a queste istituzioni. Come sempre, sottolineiamo l’importanza delle PMI in tale contesto, ma poi sarà da vedere se seguiranno delle azioni concrete. La relazione è essenzialmente una rassegna di vecchie misure, motivo per cui mi sono astenuto.
Georgios Papanikolaou (PPE), per iscritto. – (EL) La strategia per i prossimi dieci anni (UE 2020) fissa come secondo obiettivo fondamentale l’aumento degli investimenti nella ricerca e nello sviluppo fino ad arrivare al 3 per cento del PIL entro il 2020. Questa relazione d’iniziativa esorta la Commissione ad assumere iniziative specifiche ed ambiziose visto lo spettro del fallimento della strategia di Lisbona in questo settore specifico.
Va osservato che la spesa per la ricerca e lo sviluppo in Europa è inferiore al 2 per cento rispetto al 2,6 per cento negli Stati Uniti e al 3,4 per cento in Giappone, soprattutto in ragione dei bassi livelli di investimenti privati. A fronte del cambiamento che si sta verificando sul mercato del lavoro a causa dell’attuale crisi economica e del cambiamento del processo produttivo è necessario sviluppare il settore dell’innovazione, che è destinato a generare un valore aggiunto in ambito tecnologico ma anche in ambito sociale.
Robert Rochefort (ALDE), per iscritto. – (FR) Grazie alle innovazioni di domani l’Europa sarà in grado di affrontare le grandi sfide economiche, sociali e ambientali dei prossimi decenni. Dobbiamo attivarci di più per mettere in atto un’ambiziosa politica per l’innovazione in Europa. É questa la logica che soggiace alla relazione Winkles, che ho sostenuto. In primo luogo dobbiamo aumentare l’assistenza finanziaria stanziata per questa politica. La parte del bilancio comunitario destinata all’innovazione deve essere sostanzialmente incrementata e spero che la prossima prospettiva finanziaria per il periodo 2014-2020 si muova in questa direzione.
Anche gli Stati membri devono intensificare i propri sforzi per conseguire l’obiettivo di Barcellona quanto prima possibile, assegnando almeno il 3 per cento del PIL alla ricerca e allo sviluppo. É altresì del tutto fondamentale migliorare il coordinamento tra politiche europee e nazionali. Per essere efficace, la politica per l’innovazione deve assolutamente essere concepita in maniera globale e coerente, guardando al lungo termine. Inoltre il dialogo tra ricerca ed economia deve essere rafforzato. In proposito sono lieto per la creazione dell’Istituto europeo per l’innovazione e la tecnologia, che contribuirà ad incentivare le relazioni tra questi due mondi.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Mi dispiace che la votazione per parti separate richiesta dai Verdi, volta a stralciare la richiesta di istituire un tribunale europeo per i brevetti, non abbia avuto esito positivo. Pertanto questo passaggio è stato incluso. Ad ogni modo, la relazione esorta ad usare strumenti brevettuali comuni, piattaforme brevettuali e licenze complete e sottolinea l’importanza della qualità dei brevetti.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione, poiché ritengo che la lotta alla povertà sia una questione che riveste la massima importanza. L’eliminazione della povertà è l’obiettivo principale che il trattato di Lisbona ha stabilito per la cooperazione e per le politiche di sviluppo dell’Unione europea, dato che esso incarna un dovere morale che a lungo termine avrà ricadute importantissime per gli interessi comunitari. Credo inoltre sia cruciale assegnare priorità a questo obiettivo all’interno della nostra politica estera. Va osservato che, nonostante la profonda crisi economica che si sta abbattendo sull’Europa e sul resto del mondo, non possiamo e non dobbiamo dimenticare gli aiuti internazionali, che svolgono un ruolo essenziale per creare un mondo più giusto e più solidale.
Visto che gli obiettivi enunciati nel vertice del Millennio del 2000, in cui ci siamo impegnati a contrastare la povertà, sono ancora lungi dall’essere conseguiti e che l’anno 2015 – il termine che era stato stabilito per conseguirli – si sta avvicinando, dobbiamo esaminare con la massima urgenza i vari fattori che sono suscettibili di massimizzare i risultati degli obiettivi del Millennio. Ringrazio il relatore per il documento e colgo l’occasione per esprimere il mio sostegno per questo progetto.
Roberta Angelilli (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, ogni anno muoiono quasi 8 milioni di bambini prima dei cinque anni. Tre milioni e mezzo muoiono subito dopo la nascita per complicanze della gravidanza. Ben 4 milioni muoiono in cinque paesi soltanto: India, Nigeria, Repubblica democratica del Congo, Pakistan e Cina.
Molti di questi decessi si potrebbero evitare facilmente con piccoli gesti come l’allattamento al seno, l’impiego di zanzariere trattate con l’insetticida e dei vaccini per combattere principalmente la polmonite e la malaria. Molte madri non sono coscienti dell’importanza dei vaccini oppure, anche quando ne sono a conoscenza, sono così povere da non avere i soldi per pagare il trasporto all’ambulatorio o all’ospedale.
Per dare un futuro a questi bambini non sono necessari enormi investimenti, basta portare in questi paesi farmaci che costano pochissimo e che per noi fanno parte della normale profilassi, costruire pozzi di acqua potabile, fornire delle semplici zanzariere e far arrivare quello che serve dove serve.
Quindi, abbiamo bisogno soprattutto della determinazione politica di agire per salvare tante vite umane, per fermare questa strage silenziosa di bambini innocenti la cui unica colpa è di essere nati in un paese povero.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione Cashman poiché ritengo che il Parlamento debba assumere una posizione chiara a sostegno del conseguimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio. Non bisogna metterli in discussione a causa dell’attuale crisi economica. Questi obiettivi, adottati nel corso del vertice del Millennio del 2000, sono ancora lungi dall’essere realizzati. Essi vertono sulla