Monika Flašíková Beňová (S&D). – (SK) La ringrazio, signor Presidente. Ho chiesto di tenere una dichiarazione di voto sulla relazione d’iniziativa presentata dall’onorevole Lechner perché credo che sia estremamente importante. Suppongo che adesso seguirà una dichiarazione di voto sulla relazione Lechner, visto che si è rivolto a me. La ringrazio molto.
Onorevoli colleghi, sarà breve: la relazione d’iniziativa dell’onorevole Lechner, che abbiamo discusso in questa sede la sera scorsa, riveste, a mio parere, un’importanza fondamentale. Il documento propone l’interconnessione dei registri delle imprese o di registri simili, detenuti da persone fisiche oppure giuridiche nei vari Stati membri, per offrire una fonte di informazioni credibile e affidabile su un potenziale partner commerciale, consumatore o creditore, conseguendo così trasparenza e certezza giuridica nei rapporti giuridici e commerciali.
Tra i presupposti per il corretto funzionamento del mercato unico figurano la definizione di una serie di dati di base relativi alle entità registrate e, di conseguenza, anche l’interconnessione dei registri delle imprese. Ho sostenuto questa relazione anche perché propone l’integrazione del sistema dei registri delle imprese europei nel progetto di creare un portale per la giustizia elettronica, il che consentirà un’attuazione più efficace dell’iniziativa.
Daniel Hannan (ECR). – (EN) Signor Presidente, sono certo che ricorderete la splendida scena nel film Dottor Živago in cui esponenti della borghesia e dell’aristocrazia bevono champagne alla calda luce di un ristorante, mentre fuori, nella nebbia circostante, il popolo si ribella. Ascoltando la nostra discussione di questa mattina, mi è tornata in mente, e non per la prima volta, quella sequenza cinematografica.
È stato condotto un Eurobarometro secondo cui la fiducia nell’Unione europea è a un minimo storico; i cittadini che credono nell’utilità dell’UE sono adesso una minoranza. Abbiamo sentito gli onorevoli Verhofstadt e Daul affermare che ciò accade perché non facciamo abbastanza e chiedere un maggiore intervento dell’Unione. Abbiamo sentito il Presidente della Commissione dire che è colpa degli Stati nazionali. Suppongo che sia nella natura umana cercare di non attribuirsi il demerito della propria impopolarità, ma sarebbe stato opportuno ascoltare un qualche accenno al fatto che la crisi potrebbe essere collegata all’euro, ai salvataggi finanziari, alla mera ingiustizia di bistrattare il denaro pubblico con la stessa arbitrarietà con cui ignoriamo i risultati elettorali.
Permettetemi di concludere con le parole di Edmund Burke, che appaiono stranamente adatte a descrivere la nostra insoddisfazione: "Solo perché una mezza dozzina di cavallette nascoste dietro una felce fanno risuonare il campo con il loro importuno stridio, mentre centinaia di grandi capi di bestiame si riposano all’ombra dell’albero e restano in silenzio, non immaginare che quelli che fanno rumore siano i soli abitanti del campo".
Zuzana Roithová (PPE). – (CS) Il tallone d’Achille dell’accordo con la Corea è il rimborso oppure l’esenzione dai dazi doganali (con particolare riguardo ai prodotti importanti dalla Corea alla Cina), che è difficilmente controllabile e con ogni probabilità danneggerà l’industria europea. Il mercato diventa aperto come mai prima d’ora, senza vantaggi reciproci, soprattutto da parte dell’Unione europea. Sono dunque contraria alla sottoscrizione di un accordo simile con la Corea. La relazione della commissione per il commercio internazionale tenta di richiamare l’attenzione su questi problemi, agevolando l’attuazione di misure protettive. L’accordo dovrebbe essere modificato a tale riguardo prima di essere ratificato; altrimenti taglieremo le gambe dell’industria europea (e non soltanto del settore automobilistico). Guardo con favore al rinvio del voto: è un passo ragionevole.
Alfredo Antoniozzi (PPE). – Signor Presidente, volevo esser certo che la prenotazione per intervenire con dichiarazioni di voto su due relazioni avverrà.
Si tratta della relazione Binev e della relazione Winkler. Siccome si è iniziato da relazioni che sono successive, volevo aver conferma che mi sarà data la parola altrimenti… (Il Presidente comunica all’oratore che, conformemente all’articolo 170, paragrafo 3, del regolamento, non sarà possibile fare dichiarazioni di voto sulle due relazioni citate).
Ecco, quindi non ci sarà la dichiarazione di voto su queste due relazioni.
Paolo Bartolozzi (PPE). – Signor Presidente, la ringrazio e mi scuso; vorrei sottolineare, in questo mio intervento, come la progressiva erosione dei redditi degli agricoltori europei, a scapito dei crescenti margini di profitto della filiera agroindustriale, stia creando una preoccupante marginalizzazione economica degli addetti al settore agricolo, con conseguenti dismissioni dell’esercizio delle stesse attività.
Si impone quindi un cambiamento di rotta che la stessa Commissione europea riconosce e che la relazione all’esame e all’approvazione dell’Aula questa stamattina – alla quale voglio esprimere il mio sostegno – sottolinea con ampie motivazioni e suggerimenti anche di carattere legislativo e compartimentale.
È necessario infatti lottare contro le speculazioni globali sulle materie prime e garantire la sicurezza degli approvvigionamenti. Inoltre, deve essere garantita una migliore trasparenza dei prezzi, che non solo renda giustizia e dignità agli agricoltori, ma corregga anche i forti squilibri esistenti a livello di potere negoziale ed eviti abusi fra i diversi operatori.
L’agricoltura deve riconfermarsi come il settore di stabilità economica e sociale e riguadagnare il potere nel contesto mercantile dell’Unione europea e in quello globalizzato.
Peter Jahr (PPE). – (DE) Signor Presidente, credo che abbiamo preso una decisione giusta oggi, che giova agli agricoltori, ai consumatori, ma anche all’economia europea nel suo complesso. L’aspetto più importante di questa relazione d’iniziativa è il segnale politico che essa invia: si rivolge alla catena dei valori per affermare che anche gli agricoltori, e soprattutto gli agricoltori, hanno diritto a una remunerazione adeguata per il proprio lavoro. Questa situazione non può proseguire oltre.
Non ho assolutamente nulla contro l’offerta e l’acquisto di prodotti alimentari di buona qualità a basso costo, ma qui si parla di qualità del prodotto. Nondimeno, se si vendono prodotti alimentari al di sotto del loro effettivo valore energetico, in altre parole se il recupero termico degli alimenti è più redditizio della vendita, c’è qualcosa che non funziona nel sistema. In questo caso, la concorrenza non è leale e, di conseguenza, la politica deve intervenire. È proprio questo il contenuto della proposta che abbiamo adottato oggi.
Mairead McGuinness (PPE). – (EN) Signor Presidente, anche io ho appoggiato la relazione Bové e faccio eco alle osservazioni del mio collega, l’onorevole Jahr.
La relazione dimostra a tutti i soggetti, sia nel mondo politico sia nella filiera economica, che il Parlamento non ha cedimenti sul tema. Abbiamo avuto un’intensa discussione ieri sera. Non tutti condividono i contenuti del documento nella loro interezza, ma conveniamo tutti che gli agricoltori non possono continuare a essere sfruttati; vengono letteralmente spremuti come limoni. Si riduce sempre di più la quota che giunge loro dal prezzo finale degli alimenti nei supermercati. Occorre porre fine a questa situazione.
Dobbiamo prendere in considerazione il ruolo degli attori dominanti. Occorre istituire un difensore civico per il settore alimentare e analizzare gli effetti del mercato globale per i nostri produttori; occorre inoltre esaminare il diritto sulla concorrenza. Mi compiaccio che questa relazione sia stata accolta dal Parlamento con la discussione e con il sostegno che meritava. È un passo importante, che ci consentirà di corroborare con i fatti la retorica degli ultimi tempi.
Zuzana Roithová (PPE). – (CS) Ho sostenuto la relazione sulle entrate eque per gli agricoltori e sono lieta che la commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo si stia interessando al malfunzionamento della filiera alimentare e alla contraddizione tra il modesto valore d’acquisto per gli agricoltori e i prezzi elevati a carico dei consumatori. Colgo però l’occasione per sottolineare ancora una volta che esistono una discriminazione inaccettabile e una concorrenza sleale da parte degli agricoltori dell’Europa a 12, a causa dei sussidi più cospicui di cui beneficiano i paesi dell’Europa a 15. I consumatori cechi, ad esempio, hanno difficoltà ad acquistare il latte, le verdure, le uova e gli altri prodotti di base dell’agricoltura nazionale, perché le catene multinazionali preferiscono le merci provenienti dagli Stati dell’Europa a 15, più sovvenzionate e dunque più economiche. Questa situazione deve cambiare il prima possibile.
Inese Vaidere (PPE). – (LV) Grazie, signor Presidente. Giudico assolutamente fondamentale questa relazione sulle entrate eque per gli agricoltori, soprattutto perché nel settore agricolo i prezzi alla produzione e i costi hanno registrato un aumento ben più rilevante della quota che gli agricoltori ricevono per i propri prodotti. In questo contesto, sono le grandi catene di vendita al dettaglio a non subire nessuna perdita effettiva. Vorrei ricordare che l’Unione europea ha sempre mirato ad accrescere le entrate degli agricoltori, ma, come possiamo constatare, è impossibile soddisfare i criteri per lo sviluppo delle zone rurali. Le risorse destinate all’agricoltura continuano ad aumentare, ma non si ottiene nulla. Gli agricoltori di diversi Stati membri dell’Unione europea, fra cui la Lettonia, subiscono perdite ingenti al confronto con i produttori industriali e i loro colleghi dei paesi europei economicamente più solidi, che possono permettersi di offrire un sostegno aggiuntivo al settore. Peraltro, in questo modo si ostacola fortemente l’attuazione del principio di coesione all’interno dell’UE. Sono particolarmente d’accordo con il punto della relazione in cui si afferma che devono essere resi pubblici i profitti registrati dalla filiera e dai rivenditori all’ingrosso a spese degli agricoltori.
Seán Kelly (PPE). – (EN) Signor Presidente, sono lieto di appoggiare questa relazione. Il titolo, "entrate eque per gli agricoltori", dice tutto e ci ricorda l’attuale iniquità dei loro guadagni, che si protrae ormai da tempo.
Fortunatamente intraprendiamo un passo nella giusta direzione. I profitti devono essere distribuiti equamente tra produttori, trasformatori e rivenditori al dettaglio, a differenza di quanto accade al momento. La presente relazione invierà perlomeno il giusto segnale, dandoci un punto di partenza.
Quando avremo ottenuto questo scopo, spero che saremo in grado di elaborare una PAC solida e sostenuta dalle opportune risorse, per salvaguardare le aziende agricole a conduzione familiare e rendere sicura la filiera alimentare. Quest’inizio è promettente; mi auguro che riusciremo presto a ottenere risultati concreti.
Romana Jordan Cizelj (PPE). – (SL) Ho votato a favore della relazione sul finanziamento e il funzionamento del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. Sebbene per molti la solidarietà europea sia un concetto astratto, essa rappresenta in realtà un meccanismo che dovrebbe andare a diretto vantaggio dei singoli cittadini europei, soprattutto adesso che si trovano in una situazione di difficoltà.
Nondimeno è stato dimostrato che il Fondo non funziona adeguatamente; proprio per questo mi attendo che la Commissione prenda in seria considerazione la richiesta di condurre una valutazione intermedia del funzionamento del Fondo nonché un riesame del regolamento applicabile.
Nutro alcune riserve sull’indipendenza del Fondo, legate alla sua durata illimitata. Credo che il Fondo rappresenti una risposta politica alla situazione attuale e che in futuro l’Unione europea dovrebbe promuovere l’occupazione attraverso altri strumenti, garantendo la competitività dell’economia europea. Dobbiamo guardarci dal creare un meccanismo che faccia il gioco di quanti non si adattano alla continua evoluzione delle circostanze globali. Sono queste le considerazioni dietro il mio voto.
Barbara Matera (PPE). - Signor Presidente, in quanto shadow rapporteur di questa relazione d’iniziativa per il gruppo PPE, gradirei innanzitutto ringraziare il relatore per l’importante lavoro svolto in apertura, soprattutto in collaborazione con tutti i gruppi politici.
Ritengo che questa relazione contenga importanti spunti per il miglioramento del Fondo, in vista della sua revisione di medio periodo. Tali proposte di implementazione sono in linea con quanto riscontrato durante la valutazione dei casi da me presi in esame nel corso del 2010 all’interno della commissione per i bilanci e rispondono a una logica di semplificazione e velocizzazione delle procedure relative al Fondo.
Considerando la particolare congiuntura difficile per le imprese europee e il crescente numero di richieste di sostegno da parte degli Stati membri, ho ritenuto fondamentale sottolineare, all’interno della relazione, la necessità di estendere fino al 2013 la copertura del Fondo in favore dei lavoratori licenziati per cause legate alla crisi economica.
Concludendo: alle istituzioni europee è richiesto un segnale forte per stimolare la ripresa economica e il FEG rappresenta un messaggio importante rivolto ai nostri cittadini.
Inese Vaidere (PPE). – (LV) La ringrazio, signor Presidente. Se consideriamo che il Fondo di adeguamento alla globalizzazione è stato istituito per ridimensionare i pericoli legati alla disoccupazione e stimolare la creazione di nuovi posti di lavoro per i cittadini che più risentono della globalizzazione, preoccupa il fatto che i 500 milioni di euro annui destinati alle finalità del Fondo vengano usati così poco e che ben nove paesi non abbiano presentato neppure una richiesta. È evidente che bisogna riprendere da quell’esordio promettente, quando la Commissione decise, in seguito allo scoppio della crisi, di semplificare e migliorare il meccanismo di mobilizzazione delle risorse del Fondo. Occorre continuare in tal senso, soprattutto nel caso dei nuovi Stati membri, in cui è forte la presenza della piccola e media imprenditoria e non si perdono tanti posti di lavoro all’interno di una sola impresa ma molti posti in tante imprese. È proprio questo l’aspetto che deve essere migliorato, in modo tale che il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione possa essere mobilitato a favore dei paesi con un PIL inferiore alla media europea. Grazie.
Czesław Adam Siekierski (PPE). – (PL) Oggi abbiamo adottato un’importante relazione sulle entrate eque per gli agricoltori e il migliore funzionamento della filiera alimentare in Europa. L’efficienza di quest’ultima deriva non soltanto dalla lunghezza del percorso che i prodotti agricoli compiono, dalla coltivazione alla trasformazione, fino alla vendita (prima all’ingrosso e poi al dettaglio) e alla tavola del consumatore; è anche risultato della specificità e complessità della filiera. La produzione agricola dipende in larga misura dalle condizioni naturali e climatiche, su cui gli agricoltori esercitano un’influenza molto limitata. Il settore della trasformazione alimentare detta i prezzi agli agricoltori; lo stesso fanno i distributori con i trasformatori e i consumatori. Proprio per questo è importarne analizzare i prezzi e salvaguardarne la trasparenza. Non si viola la legge del libero mercato, ma si riduce l’azione monopolizzatrice degli intermediari. Al momento i mercati finanziari stanno assistendo all’introduzione di istituzioni di vigilanza e controllo. Alcuni chiedono invece che i meccanismi di vigilanza e controllo del mercato agricolo vengano aboliti, ma non considerano che i produttori, piccoli e indipendenti, stanno soccombendo a potenti interessi commerciali e subiscono ingenti perdite.
Bruno Gollnisch (NI). – (FR) Signor Presidente, la relazione presentata dall’onorevole Zwiefka rispecchia la competenza e l’impegno profusi nella ricerca sulla legislazione esistente, le convenzioni internazionali (in particolare la Convenzione dell’Aia) e la giurisprudenza, che, bisogna ammetterlo, risultano davvero contraddittori per certi aspetti.
In realtà, la relazione risolve solo una parte del problema. Se c’è un ambito in cui la legislazione dell’Unione ha europea gode di completa legittimità, è l’armonizzazione non del diritto sostanziale (che condurrebbe alla normalizzazione del diritto negli Stati membri) ma delle regole che governano i conflitti tra giurisdizioni, determinando in sostanza il foro competente, e i conflitti tra leggi, stabilendo la legge applicabile.
Qual è la legge applicabile in materia di contratti, anche nell’eventualità che i contraenti si trovino in posti diversi? E nel caso delle proprietà immobili, mobili o intangibili, come quelle industriali? E per i contratti in cui le parti non si trovino nello stesso luogo?
Signor Presidente, tutte queste fattispecie devono essere disciplinate da un Codice europeo. Fintantoché non avremo un Codice europeo del diritto privato internazionale, ci troveremo ad affrontare serie difficoltà. Questa relazione ha il merito di risolverle almeno in parte sul tema dell’exequatur.
Zuzana Roithová (PPE). – (CS) Convengo con l’autrice della relazione sul fatto che nell’Unione europea le donne appartenenti a una minoranza etnica subiscono varie forme di discriminazione ed è nostro dovere migliorarne le condizioni, soprattutto in settori come l’accesso all’istruzione, al mercato del lavoro, alla previdenza sociale e all’assistenza sanitaria. Tuttavia, la relazione chiede anche alla Commissione di raccogliere dati statistici suddividendoli per gruppo etnico, quando la Carta dei diritti e delle libertà fondamentali proibisce esplicitamente di rilevare dati per razza.
Vorrei dunque porre due domande: può la Commissione condurre tale analisi senza violare il diritto internazionale o si sta cercando di modificare l’articolo in questione della Carta per consentire studi del genere? L’autrice e l’intera Assemblea sono consapevoli di questa contraddizione? Ciononostante ho votato a favore della relazione.
Philip Claeys (NI). – (NL) Signor Presidente, ho votato contro la relazione Parvanova sull’integrazione sociale delle donne appartenenti a gruppi etnici minoritari perché, al pari di quasi tutte le iniziative "politicamente corrette" di questo genere, risulta controproducente. Ad esempio, i giri di parole in cui la relatrice si lancia pur di non usare il termine "Islam" sono ai limiti del ridicolo; un altro esempio è il riconoscimento che le donne appartenenti a minoranze etniche subiscono la discriminazione degli uomini del loro stesso gruppo. La relazione sostiene che nessuna violenza sia giustificata sulla base degli usi, delle tradizioni o di considerazioni religiose, ma evita accuratamente di prendere il problema di petto e affermare senza mezzi termini che molti dei principi dell’Islam non possono essere integrati nella società europea. Fintantoché il Parlamento europeo non supererà questa fase di negazione, tutte le misure volte a integrare le donne provenienti da paesi islamici saranno destinate al fallimento fin dalla loro introduzione.
Jarosław Kalinowski (PPE). – (PL) Oggigiorno gli anziani vengono troppo spesso, e ingiustamente, considerati inefficienti e non idonei al lavoro, nonostante il diritto europeo vieti la discriminazione sulla base dell’età. Si dimentica così il notevole valore aggiunto che apportano alle economie nazionali, grazie all’esperienza di anni. A causa delle discriminazioni di genere che continuano a subire, le donne si trovano dunque in una situazione particolarmente difficile sul mercato per lavoro. Inoltre, in base alle statistiche, le donne vivono più a lungo degli uomini e sono pertanto più esposte al problema della povertà e a pensioni esigue, che riflettono il differenziale di retribuzione rispetto agli uomini a parità di posizione. Tutti questi problemi sono particolarmente evidenti nelle zone rurali. Alla luce di ciò, sono lieta che verranno approvate risoluzioni utili a ricordarci il problema e mobilitarci affinché continuiamo a impegnarci per il miglioramento della situazione attuale.
Mairead McGuinness (PPE). – (EN) Signor Presidente, sostengo la relazione e, in particolare, desidero richiamare la vostra attenzione su tre paragrafi che giudico davvero importanti, vista la facilità con cui gli anziani vengono affidati a servizi di assistenza anziché essere accuditi nella propria comunità o a domicilio. I paragrafi 17, 19 e 25 sono particolarmente incoraggianti in tal senso. Dobbiamo garantire che l’assistenza agli anziani segua un approccio basato sui diritti; dobbiamo far sì che queste persone possano vivere indipendentemente nelle proprie case e che ricevano un sostegno mirato. Non dovremmo permettere che si speculi sugli anziani affidati alle cure di entità private.
Desidero inoltre porre l’accento sul paragrafo 13, che mira a rendere compatibili lavoro e assistenza. Mi permetto di ricordare a quest’Assemblea e a molti parlamentari di tutta Europa (ma non solo) che dobbiamo occuparci della conciliazione di vita lavorativa e assistenza. Mi piacerebbe molto condurre un’indagine sul numero di persone che, in seno a questo Parlamento, affiancano l’assistenza all’attività politica; credo sia molto esiguo.
Erminia Mazzoni (PPE). - Signor Presidente, ho espresso voto favorevole a questa relazione perché contiene affermazioni di principio molto importanti.
Prima di tutto, che l’invecchiamento, normalmente percepito in senso negativo, è una risorsa economica e sociale cui attingiamo senza alcun riconoscimento; che le crisi economiche incidono in maniera più rilevante sulle donne, e in particolare sulle donne in età avanzata; che l’inclusione non deve discriminare per età e che le donne sono la categoria più esposta al rischio di povertà e soprattutto di pensioni esigue nonostante siano i pilastri del welfare.
Questa relazione propone un metodo importante per contribuire a dar vita all’Europa dei popoli, e quindi all’Europa delle persone, di tutte le persone. Il metodo consiste nel creare un approccio per definire studi, statistiche e dati fondato sulla consapevolezza che la disuguaglianza di genere in età avanzata risulta dall’accumulo di disparità basate sul genere nel corso dell’intera vita, e ancora di creare un approccio per le politiche in materia di invecchiamento, che tenga conto dell’intero corso della vita e delle interconnessioni tra genere ed età.
Con questa risoluzione si chiedono tre cose fondamentali e importanti: un meccanismo che garantisca l’accumulo dei diritti pensionistici, anche nei periodi in cui si presta lavoro di assistenza, che si tenga conto della dimensione di genere in sede di riforma dei sistemi pensionistici e di adeguamento dell’età pensionabile e che si preveda una remunerazione per l’assistenza.
Questo è un dato molto importante per quanto si sta realizzando nei singoli Stati membri – e in particolare in Italia – per adeguare i sistemi pensionistici nazionali alle indicazioni europee. Queste sono le reali indicazioni europee.
Zuzana Roithová (PPE). – (CS) Ho votato contro la relazione perché accoglie la proposta che gli Stati prendano in considerazione la situazione specifica delle donne LBT (lesbiche, bisessuali e transgender) in età avanzata. Significa forse che dovrebbe spettare loro uno status privilegiato rispetto alle altre anziane? Durante la discussione di ieri, ho sottolineato che il rischio maggiore cui sono esposte le donne in età pensionabile deriva dal fatto che si prendono cura della propria famiglia e crescono i bambini, poiché i redditi attesi nel corso dell’intera vita sono mediamente inferiori a quelli degli uomini: questa situazione deve cambiare, ma non ha nulla a che vedere con l’orientamento sessuale.
Seán Kelly (PPE). – (EN) Signor Presidente, sono stato lieto di sostenere la relazione. Sono l’unico fra i partecipanti alla discussione di ieri sera a non aver parlato, perché avevo l’impressione che la scelta del titolo fosse, in un certo senso, inappropriata: non parlavamo del ruolo delle donne in una società che invecchia, bensì del trattamento delle donne in età avanzata in una società che invecchia.
Ovviamente alcune delle osservazioni sollevate erano del tutto valide, specialmente riguardo al divario delle pensioni tra uomini e donne, inaccettabile in una società democratica. Si avverte però la forte urgenza di approfondire il ruolo di uomini e donne in una società che invecchia, che deve essere ponderato soprattutto quando si parla di definizione del bilancio. Non credo che ciò sia accaduto in passato: le conseguenze economiche dell’invecchiamento della società non sono state affrontate in modo adeguato. Occorre rimediare quanto prima se non vogliamo che quei piani siano vanificati.
Clemente Mastella (PPE). - Signor Presidente, siamo rimasti lei, io e pochi altri. Ho votato a favore di questa relazione perché la considero importante ai fini del rapporto tra responsabilità dei politici e gli elettori e tutto questo può costituire un elemento centrale della nostra democrazia rappresentativa. Ritengo tutto questo un prerequisito importante per la piena e consapevole partecipazione democratica dei cittadini al processo d’integrazione dell’Unione europea.
Purtroppo va constatato che anche le ultime elezioni europee hanno evidenziato una forte tendenza all’astensionismo, così come accade in ampia misura in tutti i paesi europei – e non soltanto all’interno dell’Europa – dimostrando chiaramente quanto i cittadini siano scarsamente informati sulle politiche e sulle tematiche europee e quanto purtroppo si sentano distanti dalla nostra istituzione.
Considerando che il trattato di Lisbona introduce una nuova forma di partecipazione dei cittadini al processo decisionale comunitario, è importante un nostro sforzo tendente a superare questa distanza. Obiettivo dell’istituzione deve essere infatti quello di garantire un accesso libero e gratuito a tutte le informazioni pubbliche della Commissione europea.
Mi preme sottolineare infine quanto sia fondamentale garantire che le istituzioni europee lavorino in parallelo con le persone e con le preposte autorità nazionali, al fine di migliorare la comunicazione – e tutto questo deve avvenire incoraggiando gli Stati membri ad essere più attivi nell’informare i cittadini sulle questioni che riguardano la nostra Europa.
Morten Løkkegaard (ALDE) . – (DA) Signor Presidente, innanzi tutto sono lieto che oggi sia stata adottata una relazione sul miglioramento della comunicazione nell’UE. Ho anche votato a favore della risoluzione comune sottoscritta dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano), il gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento europeo e il gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, perché crea una base solida. La risoluzione comprende all’incirca tutte le proposte adottate lo scorso marzo dalla commissione per gli affari culturali. Vorrei tuttavia precisare che, nel frattempo, sono state presentate altre soluzioni di compresso, che avevo ovviamente sperato di mantenere fino alla votazione finale. Non è stato possibile per via della pressione esercitata da forti lobby, intesa a indebolire la convinzione delle parti coinvolte all’ultimo minuto. Ad ogni modo, ne prenderò nota; constato con soddisfazione che le proposte hanno ingenerato una discussione positiva, tale da consentirci di andare avanti con le 46 idee per il miglioramento della comunicazione nell’UE.
Mairead McGuinness (PPE). – (EN) Signor Presidente, essendo un’ex giornalista, ho sostenuto questa relazione con particolare piacere. Conosco entrambi i punti di vista sull’argomento (prima come giornalista e adesso come politico) e ritengo dunque che l’equazione tra informazione e giornalismo sia pericolosa; occorre essere cauti su quel punto.
Temo che al momento la crisi economica stia costando a molti giornalisti la perdita del posto di lavoro, come accade in Irlanda. Le testate e le emittenti radiofoniche locali effettuano tagli al personale e vi sono spinte per il licenziamento dei lavoratori. Ne risentirà il livello del giornalismo, perché mancheranno il tempo e le risorse necessarie a condurre le ricerche e dare notizie di qualità.
Temo che l’Unione europea rischi di subirne le conseguenze, perché ci si concentra sulle notizie locali ma non su quelle europee, a meno che non riguardino direttamente i cittadini degli Stati membri. È questa la sfida che si pone ai membri eletti di questo Parlamento: stabilire un collegamento tra le nostre attività e i paesi di provenienza di ciascuno, perché esiste un’evidente correlazione.
Oldřich Vlasák (ECR). – (CS) L’aspetto positivo di questa relazione è, senza dubbio, l’importanza che attribuisce in più punti al crescente ruolo dei parlamenti nazionali e al principio di sussidiarietà. Il testo contiene inoltre varie proposte, ad esempio riguardo all’aumento della trasparenza, alla divulgazione delle informazioni, alla semplificazione dell’accreditamento dei giornalisti e altre ancora, che meritano sicuramente il nostro appoggio. Si avanzano però anche proposte più che controverse. La relazione suggerisce di istituire un gruppo di corrispondenti incaricati di presentare le notizie legate all’Unione europea in modo più edificante, e invita tutti gli Stati membri a dotarsi di un ufficio dedicato per gli affari europei, il cui ruolo consisterebbe nell’illustrare gli effetti delle politiche dell’UE. Allo stesso tempo, viene proposto un aumento degli stanziamenti per l’ufficio di informazione del Parlamento europeo. Ritengo che possano essere raggiunti risultati migliori potenziando l’efficienza ed elaborando nuove strategie, anziché aumentando il bilancio. Pertanto, ho respinto la relazione.
Inese Vaidere (PPE). – (LV) La ringrazio, signor Presidente. Accolgo con particolare favore il fatto che questa relazione ricordi il dovere dei mass media di informare i cittadini degli avvenimenti nell’Unione europea e la necessità di introdurre gli affari europei nei programmi scolastici. Inoltre, data la mole di informazioni disponibili sull’Unione europea, cresce l’importanza degli uffici di informazione del Parlamento europeo. Peraltro, vorrei porre l’accento sulla necessità di seguirne l’operato e controllare l’efficienza con cui vengono spese le risorse che l’Unione europea vi investe. Anche l’attenzione che il documento presta all’emittente televisiva Euronews è particolarmente positiva. Mi preme sottolineare che l’emittente dovrebbe agire proprio come richiede la relazione e trasmettere la propria programmazione in tutte le lingue ufficiali dell’Unione europea; ad esempio in Lettonia il canale trasmette in russo, ma non sono disponibili informazioni in lettone, la lingua ufficiale. Un ruolo di particolare rilievo spetta all’indipendenza del giornalismo. Vorrei inoltre proporre di introdurre una legislazione esaustiva a livello di UE, che ci consenta di individuare i veri mass media anche negli Stati in cui manca la capacità politica di varare norme di questo tipo. Grazie.
Emma McClarkin (ECR). – (EN) Signor Presidente, la relazione e la risoluzione sul giornalismo e i nuovi media, oggetto della votazione di oggi, dovevano servire ad analizzare i modi in cui i nuovi media cambiano il giornalismo. In realtà, sono diventate un elenco dei desideri degli onorevoli colleghi che intendono accrescere la propria visibilità nella stampa e manipolare la copertura mediatica accordata all’UE. Tra le proposte figurano programmi europei di formazione dei giornalisti, un aumento delle risorse per gli uffici di informazione del Parlamento europeo e un ulteriore rialzo degli stanziamenti a favore della politica europea di comunicazione.
Credo nella libertà di opinione e in un giornalismo indipendente e credibile. Costringere i giornalisti e le emittenti pubbliche indipendenti a occuparsi di temi legati all’UE per promuovere l’ideale europeo, assegnando loro risorse a questo scopo, è pura propaganda; proprio per questo motivo ho votato contro la relazione e la risoluzione. Per soddisfare la vanità di alcuni, è stata sprecata un’opportunità di trovare nuovi modi per promuovere il coinvolgimento democratico attraverso media sociali.
Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione redatta dall'onorevole Geringer de Oedenberg sulla proposta di codificazione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione, che era stato emendato nel 1968, nel 1976, nel 1992 e due volte nel 2004. Nell'aprile 1987 la Commissione aveva dato istruzione ai propri servizi di procedere alla codifica di tutti gli atti legislativi entro e non oltre il decimo emendamento, enfatizzando al contempo che si trattava di una norma minima e che, allo scopo di garantire chiarezza ed una comprensione adeguata delle disposizioni, i servizi della Commissione dovevano adoperarsi per codificare i testi su cui avevano responsabilità a scadenze più ravvicinate. Benché sia stato introdotto un metodo di lavoro accelerato nell'ambito dell'accordo interistituzionale del 20 dicembre 1994, purtroppo si sono accumulati dei ritardi nella codifica della legislazione europea, le cui conseguenze ricadono sia sui cittadini che sugli Stati membri, in particolare la pubblica amministrazione, le professioni legali, gli studenti, i professori di diritto e via dicendo. Vi sono troppe disposizioni che sono state ripetutamente emendate nelle varie parti dei testi originari e nei successivi atti di emendamento.
Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, a sempre, nel sostenere la mia visione intergovernativa e territoriale della politica europea, difendo con strenua decisione il principio di sussidiarietà e mi oppongo con dura fermezza ai costosi fardelli burocratici e amministrativi che spesso vengono posti dall'Ue in capo agli Stati membri ai cittadini ed alle imprese.
Non posso dunque che sostenere con un voto positivo la relazione della collega Geringer de Oedenberg che richiama l´importanza del "Legiferare meglio" anche attraverso il potenziamento della valutazione d'impatto preventivo dei procedimenti legislativi prima che un determinato progetto venga presentato come proposta legislativa ufficiale dalla Commissione.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Questa nuova proposta contiene il testo codificato del regolamento (CEE) n. 1612/68 del Consiglio relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità. La proposta conserva, nella sostanza, il contenuto degli atti codificati, ma mira a fornire chiarimenti sull’applicazione delle norme di legge in materia di libera circolazione dei lavoratori. L’Unione europea deve prefiggersi un obiettivo a lungo termine e assicurare la libera circolazione dei lavoratori in tutti gli Stati membri. Tutti i lavoratori devono avere il diritto di circolare liberamente e di trovare occupazione negli Stati membri.
È compito dell’Unione europea rendere più trasparente la mobilità della forza lavoro e aiutare i lavoratori a migliorare le proprie condizioni di vita e a inserirsi nella società; vanno quindi abolite, senza alcuna eccezione, le discriminazioni basate sulla nazionalità e sulle condizioni di lavoro. Si rende quindi necessaria una maggiore collaborazione tra gli Stati membri al fine di stabilire condizioni di lavoro più flessibili.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. − (PT) La libertà di circolazione costituisce un diritto fondamentale ed un mezzo per incrementare le possibilità di lavoro e di vita. Si tratta di una possibilità che deve essere garantita ai lavoratori a tempo indeterminato, agli stagionali e ai frontalieri nonché a tutti coloro che perseguono le proprie attività allo scopo di erogare dei servizi in tutti gli Stati membri. Ho votato a favore della risoluzione, poiché contribuisce a sostenere l'attività degli uffici di collocamento a favore dei cittadini degli altri Stati membri, la parità di trattamento e il diritto ad un istruzione generale, all'apprendistato e alla formazione per i figli dei cittadini che lavorano o che hanno lavorato in uno Stato membro diverso dal proprio.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) Il regolamento mira a sostituirne uno del 1968 sulla libera circolazione dei lavoratori nonché i seguenti atti che lo hanno integrato. Si tratta quindi di un processo di codifica che, secondo l’opinione del gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, non comporta modifiche sostanziali. Appoggio senza riserve l’iniziativa volta a semplificare e a rendere più chiara la normativa comunitaria che è stata spesso oggetto di modifiche e che è ora frammentata in diversi atti. Solo così potremo assicurare maggiore trasparenza alla legislazione comunitaria e renderla più accessibile a facile da comprendere al cittadino comune dell’Unione cui offrirà nuove opportunità e la possibilità di usufruire dei diritti specifici lui accordati, dando in tal modo forma a un’Europa dei cittadini.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione per garantire che ai cittadini europei che lavorano in uno Stato membro diverso da quello di origine sia riservato il medesimo trattamento dei lavoratori di quel paese per quanto riguarda le condizioni di impiego e di lavoro e in particolare la remunerazione, il licenziamento e il reinserimento nel mercato del lavoro.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. − (PT) Questa risoluzione si limita puramente e semplicemente a codificare i testi esistenti sulla libertà di circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione senza apportare emendamenti sostanziali, quindi ho votato a favore della sua adozione. Tuttavia, mi preme indicare che la libertà di circolazione implica una maggiore integrazione politica. Solo un nuovo concetto sociale, in grado di garantire i diritti sociali minimi di tutti sul piano europeo, può consentire la libertà di circolazione dei lavoratori, evitando problemi di carattere sociale, tra cui il dumping.
La libera circolazione presuppone l'attuazione di regole minime nei settori della sanità, dell'istruzione, delle pensioni sociali che vanno garantite a livello UE. Per quanto attiene ai diritti sociali, l'istituzione di siffatte norme minime intensifica l'omogeneità delle condizioni di occupazione, esercitando una funzione regolatrice sullo spostamento delle imprese che necessitano di lavoro manuale.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Sono favorevole alla relazione che giustamente sottolinea l’importanza della Svizzera e dello Spazio economico europeo nelle questioni commerciali dell’Unione. Il documento afferma chiaramente che quest’Aula rispetta pienamente per i motivi della natura specifica delle relazioni tra Svizzera e Unione europea e vorrei spingermi oltre e chiedere anche il rispetto per le decisioni dei cittadini dei quattro paesi dell’Associazione europea di libero scambio in merito alle loro relazioni con l’UE.
Uno dei settori di interesse comune per i paesi dell’Unione e dello Spazio economico europeo è la pesca, che non rientra nell’ambito degli accordi sul mercato interno. Negli ultimi mesi l’Islanda ha fissato unilateralmente una quota per gli stock di sgombro che potrebbe metterne a repentaglio la sostenibilità. Pur essendo decisamente favorevole al concetto di controllo nazionale della pesca, ritengo che debba essere applicato in base a criteri di cooperazione regionale e al diritto internazionale. Chiedo quindi al governo islandese di intervenire a un tavolo negoziale con i paesi vicini al fine di trovare una soluzione responsabile e soddisfacente per tutti.
Alan Kelly (S&D), per iscritto. − (EN) Questa procedura preserva la libertà di movimento dei lavoratori all'interno dell'Unione, una libertà che si annovera tra le principali conquiste dell'Unione europea.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. − (PT) La libertà di circolazione all'interno dell'Unione costituisce uno degli obiettivi principali di tutti gli Stati membri e favorisce lo sviluppo delle economie di tutti i paesi membri. Pertanto non ci possono essere discriminazioni di sorta. Ne discende che tutti i regolamenti tesi a conseguire questo obiettivo devono essere inquadrati e codificati. L'adozione del presente regolamento consente di fornire un orientamento agli Stati membri del affinché possano coordinare le proprie politiche per l'occupazione. Sono stati questi i motivi che hanno guidato il mio voto.
Alajos Mészáros (PPE), per iscritto. – (HU) La Commissione europea ritiene fondamentale semplificare e rafforzare la trasparenza della legge comunitaria al fine di renderla accessibile, in modo più rapido e semplice, ai cittadini degli Stati membri. Non sarà tuttavia possibile raggiungere questo obiettivo finché i regolamenti, spesso sottoposti a sostanziali modifiche, saranno tanto frammentari; attualmente sono a volte necessarie ricerche approfondite per capire qual è il regolamento in vigore. Anche la decisione del Consiglio sull’occupazione all’interno dell’Unione europea dovrà essere codificata in quanto è stata modificata diverse volte. Credo sia importante codificare prima possibile questa norma comunitaria e altre leggi analoghe; per questo motivo ho votato a favore del regolamento in oggetto.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. − (DE) La Bulgaria e la Romania hanno aderito troppo prematuramente all'Unione europea. Le principali differenze tra i vecchi ed i nuovi Stati membri, in particolare rispetto a questi due paesi, stanno provocando un'enorme ondata migratoria di lavoratori dall'est verso l'ovest all'interno dell'Unione europea. In questo caso non si può giustificare il fenomeno adducendo la movimento libera circolazione dei lavoratori, poiché le differenze sono assolutamente macroscopiche e provocano problemi di integrazioni e di manodopera ad un prezzo eccessivamente basso nei vecchi Stati membri. Pertanto ho votato contro la relazione.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. − (PT) Ho votato a favore della relazione in quanto ritengo che tratti di un tema della massima importanza, specialmente ora che si discute di mobilità dei cittadini rom all’interno dell’Unione europea.
Zuzana Roithová (PPE), per iscritto. – (CS) Ho votato a favore del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla libera circolazione dei lavoratori nell’Unione europea nella versione che tiene conto delle obiezioni giuridiche avanzate dal Parlamento europeo e l’approvazione in prima lettura accelererà l’importante introduzione di questo regolamento. Devo sottolineare, tuttavia, che alcuni Stati membri stanno ancora ostacolando la libera circolazione dei cittadini all’interno dell’Unione e lo fanno a diversi livelli e con vari pretesti, violando in tal modo il trattato sul funzionamento dell’UE. Desidero richiamare la vostra attenzione sulle attuali ingiustificate vessazioni cui la polizia tedesca sottopone gli automobilisti cechi nelle regioni di confine. Nel corso della riunione di ieri tra gli alti funzionari di polizia dei due paesi non si è fatto molto per risolvere il problema; si è anzi arrivati allo scontro verbale che è stato riportato dai media. Chiedo alla Commissione di cominciare a interessarsi seriamente al problema.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) La relazione presentata è un documento molto tecnico ma indiscutibile e per questo noi verdi lo abbiamo sostenuto.
Catherine Stihler (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione che garantirà la libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione europea. Il mercato interno si basa sulla possibilità, per i lavoratori qualificati, di spostarsi senza impedimenti da uno Stato membro all’altro; per questo ho sostenuto la relazione.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) È essenziale semplificare e rendere più chiara la legislazione europea affinché le leggi possano divenire più comprensibili e accessibili ai cittadini. Una buona comprensione delle leggi può aumentare la consapevolezza dei cittadini sui loro diritti, generando nuove opportunità.
Al fine di assicurare una legislazione europea chiara, trasparente e più vicina al cittadino è necessario procedere a una codifica delle disposizioni, al momento frammentarie e soggette a frequenti emendamenti.
Tale operazione è ancora più importante in materia di libera circolazione dei lavoratori, un tema che è divenuto centrale nel dibattito sulla realizzazione dell’integrazione europea. La libera circolazione ha fornito ai cittadini degli Stati membri nuove opportunità definendo il loro diritto a lavorare liberamente in uno Stato membro diverso da quello di origine, con pari trattamento e senza discriminazioni.
Silvia-Adriana Ţicău (S&D), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione poiché credo che la libera circolazione sia un principio fondamentale dell’Unione europea e del mercato interno. Chiedo alla Commissione europea e al Consiglio di cogliere questa opportunità di approvare il regolamento e agli Stati membri di rimuovere le attuali barriere che penalizzano i lavoratori rumeni e bulgari. Tali barriere, che impediscono la libera circolazione dei lavoratori provenienti dagli Stati membri che il 1° maggio 2004 sono entrati a far parte dell’Unione europea, costituiscono una restrizione ai diritti dei cittadini di quei paesi e potrebbero generare lavoro nero e dumping sociale. L’abbattimento delle barriere tutelerebbe ugualmente i lavoratori migranti e locali e si assicurerebbe in questo modo la protezione e il rispetto dei principi fondamentali dell’Unione europea. Mi auguro quindi che la Commissione e gli Stati membri dimostrino la necessaria volontà politica.
Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto. – (LT) Onorevoli colleghi, la libera circolazione è un diritto fondamentale per i lavoratori e per le loro famiglie. La relazione sottolinea giustamente che la circolazione della forza lavoro nell’Unione europea deve essere uno degli strumenti che consentano ai cittadini europei di migliorare le proprie condizioni di vita e di lavoro: è una questione di libertà e di dignità. L’adesione all’Unione europea ha avuto un enorme impatto nel mio paese, la Lituania: ora, in teoria, noi lituani possiamo lavorare in qualsiasi Stato membro dell’Unione europea salvo poche eccezioni.
È l’epoca d’oro della compagnia aerea lowcost Ryanair e questo rende più facile viaggiare: partendo da uno dei tre più importanti aeroporti lituani si possono attualmente raggiungere oltre 40 città europee. Per noi questa è al contempo una benedizione e una maledizione; la costante migrazione dalla Lituania è preoccupante poiché comporta una fuga di cervelli. Nel Regno Unito vivono attualmente quasi 60 000 lituani a fronte di meno di 5 000 nel 2001.
In Irlanda sono circa 90 000. Siamo una piccola nazione e, dopo aver provveduto all’istruzione scolastica e aver investito nello studio, stiamo perdendo i giovani più attivi tra i venti e i trent’anni. La Lituania e altri Stati membri dell’Unione europea devono fare tutto il possibile per porre fine a questa pericolosa tendenza.
Alfredo Antoniozzi (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, la falsificazione dell’euro rappresenta, come ben specificato nella relazione in questione, una minaccia reale e considerevole.
Proprio per questo l’adozione di uno specifico regolamento può contribuire a ridurre sensibilmente la circolazione di moneta contraffatta, attraverso l’applicazione di procedure comuni per l’autenticazione delle monete in circolazione, nonché di meccanismi per il controllo di tali procedure da parte delle autorità. Voto pertanto a favore della relazione del collega Binev e lo ringrazio per il lavoro svolto.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Questa proposta di regolamento definisce le misure che si rendono necessarie per proteggere l'euro dalla contraffazione. Tra l'altro, impone agli istituti di credito e a taluni operatori economici, come i vettori contante che trasportano contanti, di verificare l'autenticità delle monete e delle banconote di euro che ricevono prima di re-immeterle in circolazione. Il testo prevede inoltre l'obbligo per questi soggetti di identificare le monete e le banconote false. Tuttavia, la mancanza di procedure comuni per l'autentificazione delle monete ha favorito la diffusione di prassi diverse nei vari Stati membri, quindi non siamo in grado di assicurare una protezione uniforme alla valuta a livello di Unione. In qualità di relatrice per il mio gruppo, ho lavorato a stretto contatto con l'onorevole Binev sulla proposta di regolamento. Come il collega, sostengo la proposta della Commissione ed ho quindi espresso voto favorevole.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) L’esistenza di meccanismi e di un quadro legislativo che assicurino che tutte le monete in circolazione vengano sottoposte a verifiche dalle autorità preposte è fondamentale per tutelare dalle frodi le istituzioni finanziarie e i mercati. Garantire la validità delle monete e la loro circolazione richiede interventi adeguati che devono essere garantiti a livello nazionale. È quindi importante introdurre norme vincolanti per ottimizzare l’attuazione del processo di autenticazione delle monete in euro tramite la verifica delle procedure. Tali questioni dovrebbero essere affrontate da professionisti qualificati, competenti in materia, in modo da garantire l’efficacia delle procedure. Credo inoltre che sia fondamentale ottimizzare le procedure per aumentare la fiducia dei consumatori e del mercato nel suo insieme nell’area euro.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. − (PT) La contraffazione delle monete di euro è una minaccia significativa, soprattutto per le monete che hanno tagli più cospicui. La mancanza di un quadro comune obbligatorio per l'autenticazione delle monete può rappresentare un ostacolo per la protezione delle monete in metallo. Il regolamento che è appena stato varato costituisce uno strumento giuridicamente vincolante che consente l'introduzione di un metodo comune per l'autenticazione delle monete in euro.
Uno degli obiettivi primari del regolamento consiste nel garantire che gli istituti di credito e altri organismi provvedano obbligatoriamente a sottoporre ad un processo di verifica le monete che re-immettono in circolazione. L'autenticazione deve essere messa in atto mediante dei macchinari appositi, che sono indicati nell'elenco menzionato all'articolo 5, paragrafo 3, o da personale debitamente formato in linea con i metodi definiti dagli Stati membri. Inoltre, in ragione del fatto che l'autentificazione delle monete di euro inevitabilmente provoca dei costi per gli organismi deputati a svolgere questo processo, ad esempio gli istituti di credito, e una serie di altri soggetti, come i vettori che trasportano contante, propongo di riconoscere a tali organismi il diritto di trattenere un corrispettivo per la movimentazione.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. − (PT) La lotta contro la contraffazione delle banconote e delle monete in euro oltre che le procedure per l'autenticazione delle monete in euro rappresentano i motivi che hanno portato all'approvazione del regolamento. Infatti ora potrà essere allestito un quadro comune obbligatorio per l'autenticazione delle monete. Sono stati questi i motivi che hanno guidato il mio voto.
Claudio Morganti (EFD), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione ha come oggetto il problema della circolazione di monete contraffatte.
Fino ad oggi le pratiche per il ritiro delle monete contraffatte erano diverse tra i vari Stati membri. In questo contesto, la presente proposta mira a garantire l’effettiva applicazione, in tutta la zona dell’euro, di procedure comuni per l’autenticazione delle monete in euro in circolazione nonché di meccanismi per il controllo di tali procedure da parte delle autorità. Ho espresso un voto positivo in quanto ritengo fondamentale un’uniformità di procedure in tutta Europa.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, come membro della commissione per i problemi economici e monetari ho attivamente partecipato e seguito l’iter di questa relazione cui ho espresso il mio appoggio.
La più ampia uniformità dei sistemi utilizzati in Europa per combattere la contraffazione delle monete è cosa più che auspicata, specie dopo aver raggiunto ottimi livelli di tutela in quanto alla lotta alla falsificazione delle banconote. La proposta che andiamo ad approvare permetterà di controllare e monitorare il flusso e la quantità di monete false nei vari Stati membri, che ad oggi non presentano sistemi univoci e sufficientemente sicuri in tal senso. Il problema della falsificazione, infatti, va combattuto in modo serio e con strumenti efficaci e all’avanguardia per evitare forti danni ai cittadini, agli operatori commerciali e in definitiva ai bilanci dei nostri Stati.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, la falsificazione delle monete in euro rappresenta una minaccia considerevole, in particolare per quelle di taglio più elevato.
La mancanza di un quadro comune obbligatorio per l’autenticazione delle monete può ostacolare, in alcuni Stati membri, la ricerca attiva delle monete contraffatte da parte degli enti interessati, il che crea differenti livelli di protezione della valuta nell’Unione europea.
La proposta di regolamento rappresenta lo strumento giuridicamente vincolante attualmente necessario per stabilire un metodo comune per l’autenticazione delle monete in euro, che dovrà essere applicato dagli enti interessati, e per definire i necessari controlli da parte degli Stati membri. In questo contesto, la presente proposta mira a garantire l’effettiva applicazione, in tutta la zona dell’euro, di procedure comuni per migliorare il controllo e debellare la falsificazione delle monete.
Oreste Rossi (EFD), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, tutte le monete contraffatte e le monete non adatte alla circolazione devono essere ritirate e rinviate alle autorità nazionali indicate, le quali provvedono alla loro distruzione.
Esprimiamo un voto favorevole nonostante in questo testo non siano previste misure a tutela dei cittadini che in buona fede possiedono denaro falso e se lo vedono ritirare dalla propria banca quando lo depositano. Spesso sono le persone anziane che vengono truffate da chi spaccia denaro falso e per questo motivo sarebbe necessario individuare un sistema di rimborso almeno parziale del denaro a loro ritirato. È altresì necessario individuare misure più severe per chi fabbrica e spaccia monete false.
Catherine Stihler (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione che propone l’introduzione di misure comuni per intraprendere azioni efficaci contro la contraffazione nei paesi dell’area euro. Attualmente non esistono norme armonizzate sull’autenticazione e il ritiro delle monete in euro non adatte alla circolazione; simili norme contribuirebbero a proteggere il consumatore dalla circolazione di monete contraffatte e per questo motivo ho sostenuto la relazione.
Iva Zanicchi (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, ho espresso un voto favorevole in merito alla relazione del collega Binev, che mira ad introdurre procedure comuni sia per l’autenticazione di denaro falso sia per controllare le monete non adatte alla circolazione.
Attualmente le banche e gli istituti che esercitano servizi di erogazione di denaro sono obbligati a sottoporre banconote e monete ricevute a un controllo di autenticità, prima di rimetterle in circolazione e quando vengono individuate monete contraffatte, queste devono essere ritirate dalla circolazione. Ma le pratiche per rintracciare il denaro falso differiscono tra i vari paesi dell’Unione europea: ho ritenuto dunque corretto sostenere tale iniziativa che vuole garantire una tutela uniforme della valuta in tutta l’area dell’euro.
Alfredo Antoniozzi (PPE), per iscritto. − Grazie Presidente, Sono favorevole alla concessione di un’assistenza macro-finanziaria a favore della Repubblica moldova, uno dei paesi che maggiormente ha subito le conseguenze della crisi economica mondiale. Tale misura dovrebbe infatti, come si evince dal testo della relazione, contribuire a coprire il fabbisogno di finanziamenti esterni del paese nel 2010 e 2011, ma soprattutto accelerare il ritmo delle riforme sostenendo il programma economico del governo e il suo impegno a favore dell’integrazione con l’UE. Grazie.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Sono favorevole alla proposta di concessione di assistenza macrofinanziaria a favore della Repubblica moldova. La Moldova è uno dei paesi del Partenariato orientale più colpiti dalla crisi globale avendo subito un drastico calo della produzione, un deterioramento della posizione di bilancio e un aumento del fabbisogno di finanziamenti esterni. Ritengo che, se fornita in tempo, l’assistenza consentirà al paese di affrontare con maggior rapidità ed efficacia le conseguenze della crisi finanziaria alleggerendo il fabbisogno della bilancia dei pagamenti e del bilancio.
Sostenendo il programma di stabilizzazione economica del governo moldovo e il suo impegno verso l’integrazione nell’Unione europea, si creeranno le condizioni necessarie al consolidamento delle riforme introdotte nel paese. Per garantire efficacia e trasparenza nella concessione degli aiuti sarà tuttavia necessario rafforzare la vigilanza e il controllo da parte della Commissione europea nel settore.
Elena Băsescu (PPE), per iscritto. – (RO) La crisi economica globale ha avuto un grave impatto sull’economia della Repubblica moldova, paese con uno dei redditi pro capite più bassi del Partenariato orientale dell’Unione europea. Ritengo che, dato che l’Unione si è assunta l’onere di sostenere i paesi del Partenariato orientale e che il nuovo governo della Repubblica moldova ha dimostrato di essere ricettivo nei confronti dell’Unione europea, l’iniziativa di fornire assistenza macrofinanziaria a favore di questo Stato in forma di sovvenzione di 90 milioni di euro sia un provvedimento più che necessario.
Va detto che l’assistenza proposta apporterà grandi benefici al paese, la cui già precaria situazione economica è stata ulteriormente aggravata delle gravi alluvioni di quest’estate. È importante ricordare l’accordo intergovernativo firmato in aprile, con il quale la Romania si è offerta di fornire alla Repubblica moldova assistenza finanziaria non rimborsabile per 100 milioni di euro a sostegno delle infrastrutture del paese. Concludo sottolineando che gli aiuti finanziari provenienti dall’Unione verranno utilizzati per sostenere la Repubblica moldova lungo il cammino verso l’integrazione politica ed economica con l’Unione europea.
Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario a questo report, fondamentalmente per un motivo di concretezza e praticità. L’idea di dare assistenza alla Repubblica di Moldova può essere in linea di principio condivisibile, nella misura in cui dare sostegno a Paesi vicini all’Europa può aiutare anche noi a prevenire i problemi dovuti alla povertà e alla conseguente immigrazione che investe in nostro continente. Tuttavia, per due motivi voto a sfavore della proposta. Innanzitutto, ho forti dubbi sull’utilizzo concreto e serio dei fondi che verrebbero stanziati dall’UE. Aldilà delle parole e delle rassicurazioni giunte dalle autorità moldove, sappiamo che quel Paese è afflitto da una corruzione dilagante e ha ancora oggi un sistema economico e finanziario molto antiquato. Non c’è pertanto alcuna garanzia credibile che i fondi europei verrebbero maneggiati con criterio e serietà. Inoltre, se anche avessimo sufficienti garanzie circa il buon utilizzo dei fondi, la cifra proposta apparirebbe comunque inadeguata: non vedo come i 90 milioni di euro di cui si parla nella relazione possano veramente aiutare un Paese ad intraprendere la strada della modernizzazione interna e del rinnovamento economico e politico.
Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. – (RO) La Repubblica moldova è uno degli Stati europei più duramente colpiti dalla crisi economica e da oltre un anno le autorità di Chişinău devono far fronte a una situazione di incertezza politica che sicuramente inasprisce gli effetti della crisi non solo sulla popolazione ma anche sulle finanze statali. Fornendo alla Moldova una sovvenzione di circa 90 milioni di euro il cui utilizzo (che verrà monitorato) è destinato esclusivamente a coprire la bilancia dei pagamenti e a finanziare il bilancio statale, si aiuterà il paese a centrare gli obiettivi macroeconomici fissati dal Fondo monetario internazionale, promuovendo, nel medio e lungo periodo, la credibilità del paese sui mercati finanziari globali. Accolgo con favore l’intenzione di Parlamento e Commissione di imporre meccanismi di verifica per assicurare che la concessione comunitaria giunga a destinazione. La Moldova si trova in una situazione politica difficile e potrebbe avere la tentazione di ricorrere a gesti populistici in vista delle imminenti elezioni. Accolgo inoltre con favore le rassicurazioni del Primo ministro Filat e la sua determinazione a rispettare gli impegni presi, che sicuramente porteranno benefici all’economia moldova. Il paese, nell’attraversare questo momento difficile, ha bisogno di un segnale di buona volontà da parte della comunità internazionale ed è nell’interesse dell’Unione europea dare una mano alla Moldova, per avere al confine orientale uno Stato stabile sotto il profilo economico e politico.
Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Mi sono astenuto dal voto sulla relazione riguardante l’assistenza finanziaria alla Moldova, nonostante sia convinto che l’Unione europea debba aiutare il paese nel far fronte ai propri obblighi economici. Purtroppo i finanziamenti sono soggetti alle condizioni imposte al paese dal Fondo monetario internazionale e ritengo moralmente e politicamente inaccettabile il fatto che l’Unione abbia collegato la norma sull’assistenza finanziaria alla necessità che il paese si adegui alle politiche dettate dal FMI. Siamo contrari all’intervento del FMI poiché sono ancora ben evidenti le disastrose conseguenze dell’intervento del FMI in Grecia e in altri paesi.
George Sabin Cutaş (S&D), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della proposta di risoluzione legislativa del Parlamento europeo sulla concessione di assistenza macrofinanziaria a favore della Repubblica moldova. In qualità di relatore ombra per il mio gruppo politico ho chiesto che venga concessa il prima possibile una sovvenzione pari a fino 90 milioni di euro. La Repubblica moldova, un paese facente parte del Partenariato orientale, è stata colpita duramente dalla crisi economica e finanziaria e al contempo ha avviato importanti riforme politiche che devono essere rafforzate e accompagnate dall’applicazione pratica della normativa europea. Per questo ritengo che concedere sostegno finanziario possa accelerare il ritmo del processo di riforma.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Dato l’impatto dell’attuale crisi economica e finanziaria sulla Moldova e il cammino verso l’integrazione con l’Unione europea che il paese intende seguire, ritengo saggio da parte dell'Unione europea concedere assistenza macrofinanziaria alla Moldova. Il principio di solidarietà nei confronti dei paesi che rientrano nella politica europea di vicinato non deve però impedire all’Unione di effettuare adeguati controlli sulle modalità di utilizzo del fondo e alle autorità locali che ricevono l’aiuto di renderne conto.
Se gli aiuti non venissero monitorati da vicino, non sarebbero di alcun beneficio e potrebbero persino essere dannosi in paesi quali la Moldova, che stanno cercando di rendere stabili le proprie istituzioni e di rafforzare la democrazia e lo stato di diritto.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) L’assistenza macrofinanziaria alla Moldova proposta non costituisce un aiuto del tutto disinteressato; è invece soggetta ai requisiti e alla vigilanza del Fondo monetario internazionale e ai principi e agli obiettivi chiave della riforma economica stabiliti nel memorandum delle politiche economiche e finanziarie, con particolare riferimento agli esuberi e al congelamento dell’impiego nel settore pubblico, all’introduzione di misure tese a indebolire ulteriormente i contratti di lavoro e a ridurre i diritti dei lavoratori, all’innalzamento dell’età pensionabile, all’aumento dei prezzi dell’energia, alle privatizzazioni, al congelamento dei salari nel pubblico impiego, alla riduzione degli aiuti destinati all’agricoltura, all’aumento delle imposte dirette e indirette, alla chiusura di edifici scolastici, alla subordinazione delle università al finanziamento privato e alla deregolamentazione e ulteriore liberalizzazione degli investimenti interni ed esteri.
Questi motivi sono più che sufficienti per non sostenere la concessione di assistenza macrofinanziaria alla Moldova. Il pacchetto di misure proposte, infatti, potrebbe impoverire ulteriormente il paese, che già oggi è uno dei più poveri della regione. Con l’Unione europea e il Fondo monetario internazionale che incoraggiano questo attacco brutale ai diritti dei cittadini moldovi, viene da chiedersi chi ha bisogno di nemici avendo amici come questi.
Filip Kaczmarek (PPE), per iscritto. – (PL) Ho approvato la relazione sulla concessione di assistenza macrofinanziaria a favore della Repubblica moldova, una misura che ritengo importante poiché potrebbe incidere profondamente sul futuro del paese come parte integrante dell’Europa. La settimana scorsa, durante una visita al Parlamento europeo, il Presidente polacco Bronisław Komorowski ha affermato che la cooperazione con la Moldova deve divenire una priorità della nostra politica estera.
Molti deputati sono rimasti un po’ sorpresi da questa dichiarazione, ma la Moldova, dopotutto, è uno Stato europeo e potrebbe un giorno diventare membro dell’Unione. Ecco perché dovremmo cooperare con il paese e pensare seriamente al suo futuro. Mi auguro che si riesca a superare rapidamente l’attuale crisi costituzionale in Moldova e che dalle nuove elezioni esca un parlamento in grado di avviare cambiamenti storici.
Elisabeth Köstinger (PPE), per iscritto. – (DE) L’Unione europea ha buone relazioni politiche ed economiche con la Repubblica moldova ed è fondamentale conservarle e approfondirle. Per questo motivo la concessione di assistenza macrofinanziaria alla Repubblica moldova, un paese gravemente colpito dalla crisi economica, è chiaramente un’iniziativa da appoggiare. Il denaro promesso dall’Unione europea è legato a condizioni chiare e raggiungerà i settori giusti. L’assistenza finanziaria europea, unitamente allo stanziamento del Fondo monetario internazionale, contribuirà a stabilizzare il bilancio nazionale e avrà un impatto positivo sui negoziati per l’accordo di associazione con il paese. Sono favorevole al pacchetto di assistenza macrofinanziaria che servirà a rafforzare i legami politici ed economici con il paese e che apporterà beneficio non solo alla Moldova ma a tutta l’Unione europea.
Petru Constantin Luhan (PPE), per iscritto. – (RO) L’economia della Repubblica moldova è stata duramente colpita dalla crisi finanziaria globale, come evidenziato dal deterioramento della situazione di bilancio e dal crescente fabbisogno di finanziamenti esterni. Dato l’aggravarsi della propria situazione economica, la Repubblica moldova ha richiesto l’assistenza macrofinanziaria dell’Unione europea. Ho votato a favore della proposta di fornire assistenza al paese, poiché credo che l’Unione europea debba cercare, assieme al Fondo monetario internazionale, alla Banca mondiale e ad altre istituzioni internazionali, di alleggerire la difficile situazione in cui si versa la Repubblica moldova. Gli aiuti sosterranno il governo di Chişinău per quanto concerne il finanziamento del deficit della bilancia dei pagamenti e di altri fabbisogni di bilancio e al contempo consolideranno le relazioni bilaterali tra il paese e l’Unione europea, dando all’UE la possibilità di dimostrare la propria solidarietà nei confronti di un paese firmatario del Partenariato orientale.
Iosif Matula (PPE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione presentata dall’onorevole Winkler dato che ritengo si debba fornire assistenza macrofinanziaria alla Repubblica moldova per aiutarla a combattere la crisi economica. La Commissione europea propone l’erogazione di 90 milioni di euro in almeno tre tranche e tali aiuti europei andranno a sommarsi al sostegno finanziario del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale che il paese ha richiesto. L’assistenza macrofinanziaria europea è destinata ad accelerare il ritmo del processo di riforma nella Repubblica moldova sostenendo il programma economico del governo e il suo impegno verso l’adesione all’Unione europea.
L’Alleanza per l’integrazione europea, guidata dall’attuale Presidente in carica Ghimpu e dal Primo ministro Filat, ha ribadito il proprio impegno nella promozione delle riforme democratiche e nell’applicazione delle norme europee. In qualità di membro dell’Assemblea parlamentare Euronest e in qualità di cittadino rumeno, credo fermamente che sia nell’interesse dell’Unione europea avere paesi stabili, prosperi e amici ai propri confini orientali.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. − (PT) Il processo di stabilizzazione e di ripresa dell'economia moldova è supportato dall'assistenza finanziaria erogata dal Fondo monetario internazionale. A fronte del deterioramento delle prospettive economiche, la Repubblica moldova ha chiesto assistenza macro-finanziaria all'Unione europea. Questo programma è vitale anche per migliorare la stabilità finanziaria delle nazioni europee che hanno gravemente risentito della recente crisi globale e delle conseguenze che si sono abbattute sui loro principali partner commerciali. Gli squilibri finanziari infatti si ripercuotono sui bilanci e sulla bilancia dei pagamenti. Siffatto aiuto è importante affinché la Repubblica moldova possa affrontare la crisi nella maniera più coerente possibile e l'Unione europea deve essere un'area di solidarietà. Sono stati questi i motivi che hanno guidato il mio voto.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) L’economia della Repubblica moldova è stata gravemente colpita dalla crisi finanziaria internazionale che ha causato un drastico calo della produzione, un deterioramento delle finanze pubbliche e una maggiore necessità di finanziamenti esterni. Dato che il paese si trova ai confini dell’Unione europea e ha forti legami con la Romania, Stato membro dell’UE, è sicuramente nell’interesse comunitario stabilizzare la situazione nella regione e porre rapidamente fine alla migrazione su vasta scala, indotta da motivi economici.
La stabilizzazione e la ripresa economica della Repubblica moldova sono anche finanziariamente sostenute dal Fondo monetario internazionale e la Commissione europea deve garantire che l’assistenza macrofinanziaria dell’Unione sia legalmente e sostanzialmente allineata con le misure adottate in altri settori di azione esterna e con le altre politiche comunitarie attinenti. L’assistenza macrofinanziaria dell’Unione dovrebbe essere gestita dalla Commissione, che ha il compito di tenere regolarmente informati il Parlamento europeo e il comitato economico e finanziario sui relativi sviluppi e di fornire la documentazione pertinente, al fine di consentire loro di seguire l’applicazione della decisione. In tal modo si garantisce una corretta applicazione della decisione e un utilizzo attento del denaro dei contribuenti; per questo motivo ha votato a favore della decisione.
Sławomir Witold Nitras (PPE), per iscritto. – (PL) È con grande soddisfazione che prendo atto dell’approvazione odierna della relazione Winkler sull’assistenza macrofinanziaria a favore della Repubblica moldova. Uno dei nostri compiti fondamentali, come Stati membri dell’Unione, è di sostenere, con ogni mezzo possibile, i paesi che hanno bisogno del nostro aiuto. La questione è importante perché è essenziale prestare maggiore attenzione ai nostri partner orientali, compresa la Moldova.
Un’Europa forte è un’Europa che parla con una sola voce e nella quale la solidarietà, nel senso più ampio del termine, intesa anche come solidarietà economica, è un principio fondamentale. A mio parere la stabilità economica della Moldova è sicuramente un aspetto determinante che contribuirà a migliorare le relazioni politiche del paese.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) La politica dei verdi in materia di assistenza macrofinanziaria è di verificare che non sussistano ragioni politiche per negare il sostegno e, poiché non è questo il caso della Repubblica moldova, non vi è quindi motivo per negare gli aiuti al paese. Noi verdi abbiamo votato a favore in seno alla commissione e anche oggi in plenaria. Desideriamo tuttavia sottolineare che ci attendiamo che la Commissione istituisca un quadro per la propria politica di assistenza macrofinanziaria.
Oreste Rossi (EFD), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo molto scettici sul fatto che l’Europa si faccia carico di contributi finanziari a paesi extra-UE.
Un conto è intervenire secondo il motto che tanto piace alla Lega Nord, "Aiutiamoli a casa loro", con progetti mirati ad aiutare le popolazioni con interventi umanitari, a combattere la povertà, a finanziare progetti per la tutela dei bambini, un altro conto è dare assistenza macrofinanziaria ad uno Stato nazionale. È evidente che un intervento di questo tipo non dà un aiuto diretto ai poveri ma ad un "sistema-Stato" che non è stato in grado di gestire le proprie finanze. Pertanto il nostro voto è contrario.
Bogusław Sonik (PPE), per iscritto. – (PL) Sostenere la politica di avvicinamento tra gli Stati membri europei e la Moldova richiede un grande impegno da parte di tutta l’Unione, che dovrebbe obbligare la Russia a consentire alla Repubblica moldova di prendere una decisione autonoma sulla Transnistria, un territorio che ne forma parte integrante. Occorre creare le condizioni affinché l’assistenza dell’Unione europea possa essere utilizzata in modo efficace all’interno della regione.
Traian Ungureanu (PPE), per iscritto. – (EN) In qualità di relatore ombra del PPE sul documento relativo all’accordo di associazione con la Repubblica moldova, sono lieto che il pacchetto di assistenza macrofinanziaria dell’Unione sia stato approvato a larga maggioranza. Il governo pro-europeo della Repubblica moldova ha urgente bisogno di assistenza e il voto del Parlamento europeo rappresenta un forte segnale del nostro sostegno alle attuali autorità moldove e al loro impegno per mitigare le conseguenze negative di molteplici crisi.
Mi auguro che, grazie a questa misura, il sostegno dell’UE al cammino europeo della Repubblica moldova acquisisca maggiore visibilità agli occhi dei cittadini di quel paese, confermando la nostra intenzione di continuare a fornire assistenza concreta alla Repubblica moldova nel suo impegno di avvicinamento agli standard e ai valori comunitari, quali il buon governo e il rafforzamento delle istituzioni democratiche.
Ribadisco infine il mio rammarico per l’inaccettabile lentezza del processo decisionale dell’Unione europea nella concessione di assistenza macrofinanziaria alla Repubblica moldova e chiedo alle istituzioni comunitarie di far tesoro dell’esperienza di quest’anno per evitare che simili ritardi si ripetano in futuro.
Iuliu Winkler (PPE), per iscritto. – (EN) In qualità di relatore della proposta di concessione di assistenza microfinanziaria alla Repubblica moldova, sono lieto che l’approvazione sia avvenuta senza intoppi nel corso della seduta plenaria, con un’ampia maggioranza che riflette il sostegno unanime del mio gruppo politico al Parlamento europeo. La Repubblica moldova è uno dei paesi del Partenariato orientale più duramente colpiti dalla crisi globale e l’assistenza sosterrà gli sforzi di ripresa del paese dalla crisi e la sua necessità di finanziamenti esterni. Sono convinto che l’assistenza contribuirà a rafforzare le riforme moldove e l’impegno del nostro vicino nel percorso verso l’integrazione con l’Unione europea. In linea con i principi e gli obiettivi chiave del PPE, ho presentato una serie di emendamenti volti a rafforzare l’efficienza, la trasparenza e l’obbligo di rendiconto dell’assistenza, con particolare riferimento ai sistemi di gestione delle finanze pubbliche della Repubblica moldova.
La relazione stabilisce che è compito della Commissione europea informare regolarmente quest’Aula sugli sviluppi relativi alla gestione dell’assistenza e di fornire i documenti pertinenti. La votazione della seduta plenaria del Parlamento europeo è caratterizzata da un profondo spirito europeo. Desidero sottolineare che la relazione ha ottenuto un consenso unanime anche in seno alla commissione per il commercio internazionale e vorrei ringraziare la commissione per gli affari esteri per aver sostenuto la sua rapida approvazione.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione volta a rafforzare la competitività degli operatori economici delle Azzorre in modo da assicurare una maggiore stabilità occupazionale che consenta di superare le difficoltà economiche derivanti dalla posizione geografica della regione.
La sospensione temporanea dei dazi consentirà agli operatori economici locali delle Azzorre e di Madera di importare senza dazi una certa quantità di materie prime, di pezzi di ricambio e di prodotti finiti destinati ai settori della pesca, dell’agricoltura, dell’industria e dei servizi. In una situazione economica sfavorevole questa misura determinerà un aumento della competitività e, sul lungo periodo, un quadro più vantaggioso per gli investitori.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Parlamento europeo deve svolgere un ruolo autentico nel processo legislativo europeo. Ora che è stata approvata la relazione, il Parlamento europeo comunicato verrà informato ogniqualvolta viene presentata una proposta di emendare lo status delle deleghe di potere (articolo 290 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea). È un punto importante, poiché l'Assemblea deve essere in grado di contribuire al dibattito sulla definizione di modifiche talvolta necessariamente tecniche agli elenchi di merci cui si applica la sospensione temporanea dei dazi autonomi della tariffa doganale comune sulle importazioni di taluni prodotti industriali nelle regioni autonome di Madera e delle Azzorre.
Mário David (PPE), per iscritto. – (PT) Voto con entusiasmo a favore del contenuto di questa relazione. Adottare le misure necessarie per rispondere ai problemi specifici delle regioni ultraperiferiche dell’Unione europea è particolarmente importante in un momento di crisi economica. L’isolamento geografico delle regioni autonome di Madera e delle Azzorre comporta per gli operatori economici dell’area notevoli svantaggi commerciali che hanno ripercussioni negative sull’andamento demografico, sull’occupazione e sullo sviluppo economico e sociale.
Le economie regionali di Madera e delle Azzorre dipendono in larga misura dal turismo, una risorsa economica piuttosto volatile condizionata da diversi fattori, nonché dalla capacità di controllo e rafforzamento da parte delle autorità locali e del governo portoghese. Lo sviluppo economico di Madera e delle Azzorre risente di queste limitazioni.
Date le circostanze, è ovviamente fondamentale sostenere i settori economici meno dipendenti dall’industria turistica al fine di controbilanciare le fluttuazioni, stabilizzando in questo modo l’occupazione nella regione. Occorre in particolare sostenere le piccole e medie imprese locali e gli agricoltori affinché investano e creino occupazione stabile nelle isole.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione sulla sospensione temporanea dei dazi autonomi della tariffa doganale comune sulle importazioni di taluni prodotti industriali nelle regioni autonome di Madera e delle Azzorre perché sta diventando urgente, nel contesto della crisi internazionale, rafforzare la competitività degli operatori economici locali e assicurare un’occupazione stabile nelle regioni ultraperiferiche.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Come ho detto in gennaio, ritengo che la sospensione temporanea dei dazi autonomi sia essenziale per rafforzare la competitività degli operatori economici delle regioni autonome portoghesi di Madera e delle Azzorre, assicurando in tal modo un’occupazione più stabile su queste isole.
L’approvazione dell’esenzione è cruciale per lo sviluppo di queste regioni autonome portoghesi, entrambe fortemente dipendenti dall’industria turistica e quindi altamente vulnerabili per la volatilità del settore; il loro pieno sviluppo economico è infatti penalizzato dalle caratteristiche dell’economia locale e dalla posizione geografica. È quindi evidente che qualsiasi incentivo diretto all’industria locale fornirebbe sicuramente il sostegno necessario a migliorare le condizioni di vita della popolazione residente e ad aprire la strada alla creazione di posti di lavoro sulle isole, una misura essenziale per contenere l’emigrazione e creare le condizioni per lo sviluppo.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) A seguito della richiesta delle autorità regionali di Madera e delle Azzorre, presentata nell’agosto e nel dicembre 2007, sulla sospensione temporanea dei dazi autonomi della tariffa doganale comune sulle importazioni di taluni prodotti industriali dal 1° gennaio 2010 al 31 dicembre 2019, il Parlamento approva il regolamento del Consiglio, introducendo al contempo l’obbligo di essere informato qualora venga adottato un atto delegato o il Consiglio intenda sollevare obiezioni.
Siamo favorevoli alla sospensione richiesta dalle due regioni che rappresenta una misura importante per lo sviluppo delle isole, delle piccole e medie imprese regionali e degli agricoltori e produttori locali, riconoscendo al contempo le limitazioni derivanti dall’essere regioni ultraperiferiche. Per questo motivo abbiamo votato a favore.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Sono favorevole all’approvazione della relazione, mirata alla realtà delle regioni ultraperiferiche; Madera e le Azzorre, per loro stessa natura, hanno economie fragili e caratteristiche molto particolari che richiedono risposte specifiche. Le misure approvate mirano a rafforzare la competitività degli operatori economici locali; questo dovrebbe aiutare le piccole e medie imprese e gli agricoltori locali a investire e a creare posti di lavoro, promuovendo un’occupazione più stabile in queste regioni autonome. Nel contesto della crisi economica generale, questa misura specifica servirà a stimolare l’attività economica e l’occupazione sul medio periodo, fornendo un importante contributo alla coesione e alla convergenza in Europa. La sospensione dei dazi durerà dieci anni e riguarderà una serie di articoli, quali prodotti finiti destinati all’agricoltura, prodotti commerciali o industriali, materie prime, pezzi di ricambio e componenti utilizzabili nel settore agricolo e in quello della trasformazione industriale o della manutenzione. Anche se non è possibile valutare con precisione quale sarà l’impatto delle misure in quanto facenti parte di una serie di altri provvedimenti finalizzati ai problemi specifici delle regioni autonome in oggetto, la Commissione europea prevede che le misure concordate avranno un impatto sulle proprie risorse ed entrare pari a circa lo 0,12 per cento all’anno nel periodo 2010-2019.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione in quanto ritengo che siano in gioco gli interessi fondamentali di due regioni portoghesi.
Zuzana Roithová (PPE), per iscritto. – (CS) Onorevoli deputati, desidero cogliere l’opportunità per sottolineare che nello stilare il suo progetto di regolamento la Commissione ha dimenticato che ora, con il trattato di Lisbona, non è più possibile escludere il Parlamento europeo per quanto concerne il trasferimento di poteri per l’adozione di atti di questo tipo: la Commissione sembra aver scordato che il trattato di Lisbona è entrato in vigore. Desidero ringraziare i relatori per aver modificato gli articoli che obbligano la Commissione ad informare il Parlamento europeo prima di adottare atti sul trasferimento di poteri nel settore doganale e a tenere conto dei nostri punti di vista: credo si tratti di una lezione che servirà alla Commissione anche in altri casi.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Le autorità regionali di Madera e delle Azzorre hanno richiesto la sospensione temporanea dei dazi autonomi della tariffa doganale comune per stimolare la competitività degli operatori economici locali e consolidare l’occupazione in queste regioni ultraperiferiche dell’Unione europea. La sospensione proposta avrà effetto limitatamente alle isole in questione e aiuterà le piccole e medie imprese e gli agricoltori locali a investire e a creare posti di lavoro. Nella relazione iniziale la commissione per lo sviluppo regionale ha appoggiato la proposta; sono stati presentati e approvati alcuni emendamenti (procedura semplificata – articolo n. 43, paragrafo 2 del regolamento) che proponevano l’inclusione di ulteriori prodotti rispetto alla proposta iniziale (è stato aggiunto un nuovo codice di nomenclatura combinata), l’introduzione di una nuova data per l’entrata in vigore del regolamento (1° febbraio 2010 anziché 1° gennaio 2010) e una data di scadenza fissata al 31 dicembre 2019. Nella votazione odierna noi verdi abbiamo espresso voto favorevole poiché sosteniamo la nuova consultazione e l’inclusione dell’obbligo di notifica al Parlamento europeo.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) La sospensione temporanea dei dazi autonomi su taluni prodotti industriali importati a Madera e nelle Azzorre è una misura intesa a rafforzare la competitività delle economie locali e quindi ad assicurare l’occupazione in queste due regioni ultraperiferiche dell’Unione europea. La sospensione è condizionata dall’utilizzo finale dei prodotti e favorisce esclusivamente gli operatori economici di queste regioni, in quanto mira ad attrarre investimenti, offrendo una prospettiva a lungo termine che consentirà di creare un ambiente sociale ed economico stabile nelle isole.
La proposta consentirà la sospensione dei dazi per le industrie situate nelle zone di libero scambio e agevolerà gli operatori economici di tutti i settori che risiedono nelle regioni. La gamma dei prodotti ammessi è stata allargata ai prodotti finiti per uso industriale, alle materie prime e ad altri materiali, nonché ai pezzi di ricambio e ai componenti destinati al settore agricolo e della trasformazione industriale e della manutenzione.
Le economie delle regioni ultraperiferiche sono fragili e mostrano caratteristiche peculiari che richiedono risposte specifiche. Mi rammarico che il documento non includa un maggior numero di prodotti, ma è comunque previsto un incentivo alle economie delle regioni ultraperiferiche. Ho quindi espresso voto favorevole.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Dato che la proposta non comporta spese aggiuntive, ma si limita a fare chiarezza sugli stanziamenti amministrativi e per le spese operative rendendo più specifica e precisa la sezione III del bilancio, mi unisco al relatore nell’esprimere la mia approvazione alla decisione del Consiglio.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. − (PT) Il trattato di Lisbona ha attribuito nuove responsabilità al Parlamento. Pertanto si rende necessario un lavoro amministrativo supplementare ed i deputati hanno bisogno di personale qualificato in grado di fornire consulenze. Insorgono quindi due problemi: l'incremento dei costi dovuto ad un maggior numero di assistenti e lo spazio supplementare necessario affinché essi possano espletare i propri doveri in condizioni di lavoro adeguate. I costi quindi sono destinati a lievitare. È una questione difficile da spiegare in un periodo di crisi, ma se il lavoro del Parlamento deve essere eccellente, l'Assemblea deve disporre di risorse finanziarie ed umane appropriate.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Difendere l'indipendenza del mandato dei deputati di quest'Aula è responsabilità del Parlamento e siffatta indipendenza non può essere messa a repentaglio. In questo caso, visto che il capo d'accusa verte sul reato di falso in bilancio in relazione al finanziamento di un partito politico avvenuto prima dell'elezione del deputato in quest'Assemblea, non sussiste alcun collegamento con le attività che egli svolge in qualità di deputato europeo. In questo caso, pertanto, dobbiamo concedere la revoca dell'immunità. Sono stati questi i motivi che hanno guidato il mio voto.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (LV) Mi sono astenuto dalla votazione sull’immunità del collega, onorevole Uspaskich, dato che non credo che l’immunità sia cosa di poco conto: o c’è o non c’è e dà ai deputati la possibilità di svolgere il proprio lavoro, proteggendoli da possibili pressioni. Ritengo che l’immunità non possa essere revocata senza un giudizio della Corte di giustizia europea.
Non sono certo che la corte lituana si sia comportata in modo corretto dato che il governo e il Presidente della Lituania hanno spesso fatto allusione all’alto livello di corruzione presente nel loro paese. Che garanzie abbiamo che il giudizio sia stato raggiunto in modo obiettivo? Se oggi decideremo di revocare l’immunità all’onorevole Uspaskich, dovremmo anche rimuoverne il concetto stesso dal regolamento del Parlamento europeo.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Ho votato contro la revoca dell’immunità all’onorevole Uspaskich poiché, da un esame più accurato dei documenti, risulta chiaramente che l’azione avviata contro di lui è parzialmente dettata da motivi politici. In qualità di membro della minoranza russa, l’onorevole Uspaskich e il suo partito sono stati oggetto di ripetuti attacchi pubblici in Lituania da parte del governo. Ora egli viene accusato di aver tenuto la contabilità del partito in modo scorretto per un periodo di tre anni, ma è interessante notare che invece non sia stata rivolta alcuna accusa al responsabile dei pagamenti. L’onorevole Uspaskich, inoltre, è stato coordinatore e quindi anche responsabile del partito, ma solo nel corso del primo anno. La scorrettezza con cui il Parlamento europeo ha gestito la questione, arrivando persino a negare all’onorevole Uspaskich la possibilità di esprimere la propria opinione e di presentare una dichiarazione alla commissione giuridica, completa il quadro. Il relatore socialista sembra essere coinvolto in questo processo politico e questa situazione non è accettabile: ogni caso va trattato nel rispetto dei criteri dello stato di diritto, a differenza di quanto è avvenuto in questo frangente.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) L’argomento è stato aggiunto all’ordine del giorno della sessione di settembre I all’ultimo momento. La scorsa settimana la commissione giuridica ha deciso di revocare l’immunità all’onorevole Uspaskich e il nostro gruppo è a favore di tale decisione dato che si tratta di un caso di falso in bilancio nel finanziamento di un gruppo politico e non riguarda opinioni o voti espressi dal deputato europeo nell’esercizio delle sue funzioni parlamentari. Abbiamo quindi espresso la nostra opinione in plenaria votando a favore della relazione.
Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto. – (LT) La relazione dell’onorevole Rapkay è illegale e il Parlamento europeo ha violato il mio diritto alla difesa. Ho fornito al relatore prove eloquenti della persecuzione politica di cui sono vittima, ma egli ha rifiutato volutamente di trasmetterle agli altri membri della commissione giuridica.
Non mi è stato consentito di accedere alla proposta di decisione né di commentarla durante la riunione della commissione; non mi è stato permesso di parlare del fatto che sono stato ufficialmente riconosciuto vittima di persecuzione politica in Russia né di esprimere opinioni sui precedenti del Parlamento europeo. Nella proposta di decisione il relatore ha fornito una versione e un’interpretazione false della costituzione lituana: i deputati del Seimas, il parlamento lituano, godono di immunità in relazione agli atti compiuti prima delle elezioni. Non mi è stato consentito di parlare della questione nel corso dell’incontro.
Il Parlamento europeo, inoltre, ha violato la legge sui precedenti obbligatori. Nella storia dell’Unione europea non si è mai verificato un caso di revoca dell’immunità in una situazione come la mia. In primo luogo sono stato riconosciuto ufficialmente vittima di una persecuzione politica e in secondo luogo, come ha dichiarato il Seimas stesso, il dipartimento statale per la sicurezza che ha sferrato l’attacco iniziale nei miei confronti è un organo politicizzato e, come testimoniato da un dirigente del dipartimento, è stato il Presidente del Seimas ad ordinare di attaccarmi. In terzo luogo i procuratori mi vietano di incontrare gli elettori e di recarmi in un’altra città lituana; durante le elezioni, però, mi hanno permesso di andare in vacanza, di partecipare a manifestazioni sportive e di visitare luoghi di interesse religioso. In quarto luogo, in base ai precedenti stabiliti dai casi Herkotz, Blumenfeld, Venelzi, Amadei, Gaibisso e Marchiani, un leader politico non può essere accusato del reato di falso in bilancio.
Presenterò reclamo alla Corte di giustizia europea in merito a questa decisione illegale chiedendone la revoca.
Alfredo Antoniozzi (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, la globalizzazione, che caratterizza il momento storico attuale, si manifesta in tutti i settori della vita quotidiana, incluso purtroppo quello della delinquenza. Come ben spiegato nel testo in questione le statistiche relative alle procedure di cooperazione giudiziaria penale intercorse tra i singoli Stati membri ed il Giappone evidenziano che pure in assenza di un quadro normativo le autorità giudiziarie europee e giapponesi si trovano nella necessità di cooperare tra loro.
A tale scopo ho ritenuto un atto dovuto votare a favore di questa relazione e colgo l’occasione per ringraziare l’onorevole Iacolino per l’ottimo lavoro svolto.
Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. − La cooperazione internazionale in materia penale è oggi un obiettivo da perseguire con il maggior impegno possibile da parte dell’UE. L’odierno aumento di fenomeni di criminalità organizzata che agisce su un piano transnazionale impone il massimo sforzo da parte della realtà statuali, nazionali e internazionali al fine di pervenire ad accordi che agevolino i passaggi burocratici e amministrativi e facilitino le procedure di investigazione e la persecuzione dei reati. L’accordo tra Europa e Giappone su cui siamo chiamati ad esprimere il nostro voto dà sufficienti garanzie di rispetto della legalità e dei diritti dei singoli, ed è oltretutto un’occasione storica perché sancisce giuridicamente per la prima volta la volontà dei due soggetti di pervenire a forme di cooperazione in materia penale e di lotta alla criminalità. Il mio voto è pertanto favorevole alla relazione del collega Iacolino.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) L’accordo mira ad avviare una cooperazione più efficace a livello di assistenza giudiziaria reciproca in materia di criminalità tra gli Stati membri dell’Unione europea e il Giappone. Credo che la firma del documento sia importante non soltanto perché consente di creare un quadro giuridico chiaro e coerente per regolamentare tale cooperazione ma anche perché, ad oggi, non esistono accordi bilaterali tra gli Stati membri e il Giappone in questo settore. Le sfide attualmente derivanti dalla globalizzazione stanno accentuando la necessità di avere risposte transnazionali: la lotta alla criminalità ne è un chiaro esempio e dimostra che la cooperazione e l’assistenza tra gli Stati della comunità internazionale sono aspetti fondamentali.
L’accordo prevede la possibilità di presentare una richiesta formale o di avere uno scambio spontaneo di informazioni, come per esempio testimonianze, dichiarazioni, documenti ed estratti bancari, indicazioni sulla localizzazione e l’individuazione di persone. Lo Stato cui viene presentata la richiesta ha la possibilità di rifiutarla in base ad uno dei motivi “tradizionali”, ma gli Stati in questione sono tenuti a consultarsi reciprocamente prima di rifiutare l’assistenza.
Sono quindi favorevole all’accordo che prevede un’assistenza giuridica più efficace, pur salvaguardando un adeguato livello di garanzie.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Da tempo il crimine organizzato ha varcato i confini dei singoli paesi ed è attualmente presente in molte parti del mondo. La situazione, tipica dei nostri tempi, richiede una risposta concordata e uniforme da parte delle organizzazioni internazionali, dei paesi e dei cittadini vittime di atti criminali e l’accordo tra Unione europea e Giappone sull’assistenza legale reciproca in materia di criminalità costituisce un ulteriore passo in questa direzione. I paesi in cui vige lo stato di diritto hanno l’obbligo di assicurarsi che i confini che li separano in termini di diritto internazionale non vengano utilizzati dalla criminalità per sfuggire alla giustizia ed evitare una condanna negando alle vittime un equo indennizzo.
Una maggiore efficienza della polizia e delle autorità giudiziarie dei singoli paesi, maggiori scambi di informazioni e l’adozione di migliori prassi andranno a vantaggio di tutti, accrescendo i benefici dell’assistenza legale reciproca. Mi auguro che tutto ciò possa divenire realtà.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. − (PT) Nel febbraio 2009 il Consiglio aveva autorizzato l'apertura dei negoziati per l'istituzione di un accordo sull'assistenza giudiziaria reciproca in materia penale tra l'Unione europea ed il Giappone. Con la decisione del 30 novembre 2009, ai sensi degli articoli 24 e 38 del trattato sull'Unione europea, il Consiglio aveva autorizzato la firma di siffatto accordo. A seguito dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona, al Parlamento è stato chiesto di adottare la decisione del Consiglio in conformità con l'articolo 218 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
L'accordo ricalca altri accordi di cooperazione giudiziaria precedentemente conclusi e verte, in particolare, sulla cooperazione in materia di conduzione delle inchieste o sull'acquisizione delle prove, oltre che su altre attività, come la notifica delle comunicazioni nel paese interessato. Le disposizioni più importanti dell'accordo riguardano la deposizione e le dichiarazioni testimoniali, la videoconferenza ai fini delle udienze, la trasmissione dei verbali, dei documenti e degli estratti conto, fino alla localizzazione e l'identificazione delle persone e la produzione di reperti in possesso delle autorità legislative, amministrative o giudiziarie dello Stato interessato e delle sue autorità locali.
Nathalie Griesbeck (ALDE), per iscritto.– (FR) Un regolamento sulla cooperazione giudiziaria in materia penale per agevolare le inchieste e per combattere in modo efficace la criminalità transfrontaliera: sono questi gli obiettivi e le finalità degli accordi internazionali sull’assistenza legale reciproca e, nel caso specifico, dell’accordo tra Unione europea e Giappone sull’assistenza in materia di criminalità. È facile immaginare le difficoltà che incontrerebbe un investigatore europeo (un’autorità giudiziaria, di polizia o di dogana) nel raccogliere prove in un paese terzo, soprattutto oggi quando la globalizzazione e la criminalità transfrontaliera che rendono essenziali nelle questioni penali la cooperazione tra Stati e l’esistenza di un quadro normativo e di un’interfaccia operativa tra l’Unione europea e i paesi terzi. Il valore aggiunto di questo accordo è evidente: condurre inchieste, acquisire prove, raccogliere testimonianze, ottenere documenti bancari e individuare e localizzare persone sono tutti settori nei quali, d’ora in poi, la cooperazione concordata formalmente tra Unione europea e Giappone garantirà maggiore efficacia e rapidità. Il Parlamento ha quindi approvato senza difficoltà la conclusione di questo accordo internazionale e ne sono molto lieta.
Clemente Mastella (PPE), per iscritto. − Signora Presidente, vorrei innanzitutto congratularmi per l’eccellente lavoro svolto dal collega Iacolino.
Ho votato a favore della stessa perché ritengo che il numero elevato delle procedure di cooperazione giudiziaria penale intercorse, negli ultimi anni, tra i singoli Stati membri ed il Giappone richiedano oramai un quadro giuridico e normativo unico, soprattutto in considerazione dell’incomprensibile assenza di trattati bilaterali con gli Stati membri dell’UE.
Si tratta di un accordo di cooperazione giudiziaria, sulla linea di quelli già conclusi in passato e riguarda, in particolare, la cooperazione volta allo svolgimento di indagini o all’acquisizione di mezzi di prova, così come altre attività quali la notifica di comunicazioni nel paese richiesto. Le disposizioni che formano oggetto dell’Accordo tendono a realizzare un’assistenza giudiziaria quanto più efficace possibile, capace di fronteggiare le sfide odierne, senza rinunciare, allo stesso tempo, ad adeguati livelli di garanzia.
Quanto ai motivi di rifiuto, vorrei qui sottolineare la rilevanza della disposizione che tutela gli Stati membri contro il possibile utilizzo degli accordi nel quadro di procedure per reati punibili con la pena capitale; tutto ciò in piena osservanza della posizione più volte riaffermata da parte dell’Unione europea, circa un’abolizione della pena di morte o quanto meno una sua moratoria internazionale.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. − (PT) La globalizzazione che caratterizza la nostra epoca, oltre ad interessare la sfera economica, si estende anche ad altri settori, tra cui la criminalità. Per tale ragione la cooperazione giudiziaria tra Stati in materia penale è sempre un tema di attualità. Nel caso del Giappone le autorità europee e giapponesi collaborano, nonostante la mancanza di un quadro giuridico. É pertanto estremamente importante avviare i negoziati al fine di istituire un accordo sull'assistenza giudiziaria reciproca in materia penale tra l'Unione europea ed il Giappone. Sono stati questi i motivi che hanno guidato il mio voto.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi voglio complimentare con il collega Iacolino per l'eccellente lavoro svolto in questa relazione. La relazione ha un ottimo impianto giuridico e procedurale e rappresenta un deciso passo in avanti nella cooperazione giudiziaria non solo nei confronti del Giappone, ma mi auguro possa essere usata come modello per le future relazioni sull'assistenza con altri paesi extra UE.
Spesso i cittadini europei si trovano all'estero e commettono un reato, a volte anche non sapendo di violare le leggi del paese ospitante. In ogni caso, è fondamentale assicurare assistenza legale e giudiziaria a cominciare dalle traduzione, dalla possibilità di potersi esprimere nella propria lingua e dalla possibilità di ottenere aiuto e assistenza nella propria lingua. Chiaramente occorre tenere presente alcune difficoltà legate ai differenti sistemi giuridici ma ritengo vi siano alcune garanzie che , in ogni caso vanno osservate e rispettate.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, la globalizzazione che caratterizza il momento storico in cui viviamo si manifesta in tutti i settori della vita quotidiana, incluso quello della delinquenza.
Le statistiche relative alle procedure di cooperazione giudiziaria penale intercorse tra i singoli Stati membri ed il Giappone evidenziano che pure in assenza di un quadro normativo le autorità giudiziarie europee e giapponesi si trovano nella necessità di cooperare tra loro.
Prendendo atto dell’assenza di trattati bilaterali tra gli Stati membri dell’Unione europea ed il Giappone e consapevole dei vantaggi di un quadro normativo armonico e coerente, nel febbraio del 2009 il Consiglio ha autorizzato l’avvio dei negoziati per la conclusione di un accordo sull’assistenza giudiziaria in materia penale tra l’Unione europea e il Giappone.
In conclusione, gli standard di protezione previsti da questo accordo appaiono superiori a quelli garantiti in analoghi accordi, compresi taluni recentemente sottoscritti. Per quanto detto, l’adozione dell’accordo non presenta particolari elementi di criticità.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) La relazione è un ulteriore passo in avanti verso l’istituzione di un’ampia cooperazione giudiziaria con i paesi terzi.
Oreste Rossi (EFD), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, è corretto che si cerchino rapporti di collaborazione per la lotta alla criminalità fra Unione europea e paesi extra UE, perché la globalizzazione porta all’estensione delle reti criminali nazionali, basti pensare alla mafia e alle triadi.
Potenziare e ampliare questi accordi anche a paesi ad alto tasso di criminalità potrebbe portare alla riduzione dell’espansione delle illegalità nell’Unione europea. Pertanto il nostro voto è a favore.
Rui Tavares (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) In base a una relazione del 2008 della Federazione internazionale per i diritti dell’uomo il Giappone continua a condannare a morte alcuni criminali e a tenerli per decenni in istituti carcerari nei quali vigono la segretezza e l’isolamento. Nel corso degli ultimi anni, e in particolare nel 2008, il numero delle esecuzioni è aumentato e dal 1996 non è stata condotta alcuna revisione di processo in casi di condanna a morte. L’accordo che l’Unione europea sta per concludere non contempla procedure di estradizione.
L’accordo permette invece l’acquisizione di diversi elementi di prova da utilizzare per giungere a eventuali condanne e contempla il trasferimento temporaneo di detenuti per la raccolta di testimonianze. L’articolo 11 consente agli Stati membri dell’Unione europea di respingere una richiesta di assistenza in base ad alcune condizioni, ma non vieta di dare seguito alle richieste qualora l’esito del processo potrebbe comportare una condanna a morte.
Sono favorevole alla cooperazione giudiziaria in questioni penali, a condizione che si rispettino i diritti della difesa, le garanzie procedurali e i diritti umani. Nel caso del Giappone la situazione è, a dir poco, confusa e per questo motivo non posso accordare il mio sostegno al nuovo trattato in questione.
Iva Zanicchi (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho espresso un voto favorevole al testo presentato dal collega on. Iacolino perché rappresenta un accordo di cooperazione giudiziaria di grande valore, un passo concreto verso la modernizzazione del sistema giudiziario internazionale che si pone l’obiettivo di contrastare la criminalità organizzata.
Le autorità europee e giapponesi sono spesso chiamate a collaborare nella lotta al crimine organizzato e questo accordo internazionale garantisce senza dubbio i vantaggi dello sviluppo di un quadro normativo armonico e coerente in materia di assistenza giudiziaria reciproca in materia penale tra l’Unione Europea e il Giappone.
E mi permetto di sottolineare come l’intesa UE-Giappone garantisca standard di protezione superiori a quelli previsti in analoghi accordi siglati in tema di cooperazione giudiziaria.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione in quanto l’interconnessione dei registri delle imprese costituisce una misura idonea a promuovere l’ulteriore integrazione dello spazio economico all’interno dell’Unione europea e a rafforzare la certezza giuridica per le imprese e i consumatori. I registri delle imprese sono normalmente amministrati a livello nazionale e regionale; tuttavia l’aumento dell’attività economica transfrontaliera rende necessaria una migliore interconnessione per motivi di certezza del diritto e trasparenza; la misura, inoltre, farà risparmiare tempo e denaro.
L’attuale crisi finanziaria ha sottolineato ancora una volta l’importanza della trasparenza in tutti i mercati finanziari. Quanto alle misure finalizzate alla ripresa del settore, ritengo che maggiori opportunità di accesso alle informazioni ufficiali più recenti sulle imprese contribuirebbero a ripristinare la fiducia in tutti i mercati europei.
I registri delle imprese sono molto importanti poiché esaminano, registrano e archiviano informazioni sulle società, quali forma giuridica, sede, capitale e rappresentanti legali e rendono tali informazioni accessibili al pubblico. La misura in oggetto creerebbe le condizioni essenziali affinché i creditori, i partner commerciali e i consumatori possano ottenere informazioni ufficiali e affidabili sulle imprese su base transfrontaliera, garantendo in tal modo la necessaria trasparenza e la certezza del diritto in tutti i mercati comunitari.
António Fernando Correia De Campos (S&D), per iscritto. – (PT) L’interconnessione dei registri delle imprese è una misura essenziale dato che l’attuale frammentazione non solo danneggia il mondo degli affari, ma porta ad una mancanza di fiducia da parte del consumatore. Di particolare rilievo sono i problemi che tale frammentazione crea alle piccole e medie imprese, che costituiscono la spina dorsale dell’economia europea, nella creazione di posti di lavoro, nella crescita economica, nella coesione sociale europea e nelle relazioni transfrontaliere, generando le evidenti difficoltà del mercato unico europeo.
Concordo pienamente con l’idea di creare un unico punto d’accesso alle informazioni, disponibile in tutte le lingue comunitarie e debitamente pubblicizzato, che dia la possibilità di acquisire dati di elevata qualità, affidabili e aggiornati sul registro europeo delle imprese.
Attualmente sono state adottate misure di ampia portata per sfuggire alla crisi e, in questo contesto, lo strumento proposto può fornire un valore aggiunto nel rafforzamento della fiducia di 500 milioni di europei del mercato unico, oltre a migliorare le relazioni commerciali transfrontaliere. Per questo motivo accolgo con favore la relazione sulla quale l’Aula è chiamata oggi a votare.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Quando parliamo di mercato interno dobbiamo comprendere che una delle sue conseguenze è l’aumento del commercio transfrontaliero. Questo sviluppo è auspicabile e va incoraggiato, ma comporta la necessità di fornire ai cittadini informazioni ufficiali e affidabili sulle società che operano nell’Unione europea. La mancanza di uniformità tra i dati riportati nei diversi registri delle imprese genera incertezza giuridica, a discapito sia delle imprese sia dei consumatori europei. È quindi necessario creare un portale europeo centralizzato che conservi, in un formato standard, gli archivi dei dati di tutti gli Stati membri.
Il provvedimento aumenterà la trasparenza, l’efficienza e la certezza del diritto e rafforzerà la fiducia dei 500 milioni di consumatori europei; questo è fondamentale affinché l’Europa si riprenda dalla crisi economica. Infine, sulla scia di quanto espresso dalla commissione per i problemi economici e monetari, desidero ribadire il concetto che il nuovo sistema o portale non dovrà comportare un ulteriore fardello amministrativo per le imprese europee, ma deve agevolare il lavoro di tutti gli operatori del mercato e non rappresentare un ulteriore ostacolo burocratico.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. − (PT) A fronte dell'incremento delle attività economiche transfrontaliere, bisogna migliorare l'interconnessione dei registri delle imprese al fine di garantire certezza giuridica e trasparenza. In questo modo, inoltre, si ridurrebbero i costi e aumenterebbe l'efficienza. L'interconnessione dei registri delle imprese rappresenta una soluzione appropriata per favorire una maggiore integrazione nel settore economico all'interno dell'Unione europea e per garantire una migliore certezza giuridica alle imprese e ai consumatori.
I registri vengono amministrati a livello nazionale e regionale e contengono solamente le informazioni relative ad imprese registrate nella zona di pertinenza – Stato o regione. Attualmente esistono già diversi meccanismi per l'interconnessione dei registri delle imprese: l'iniziativa sul registro europeo delle imprese (EBR) ed il progetto Interoperabilità dei registri delle imprese in Europa (BRITE). Siffatti programmi, però, sono volontari ed il secondo è solamente un progetto di ricerca. Un punto unico d'accesso per le informazioni relative a tutte le imprese europee comporterebbe un risparmio di tempo e di denaro. Pertanto, deve essere fatto obbligo agli Stati membri di prendervi parte.
Edvard Kožušník (ECR), per iscritto. – (CS) Sono favorevole all’iniziativa della Commissione europea sull’interconnessione dei registri delle imprese e credo che la possibilità di trasmettere informazioni oltre confine serva non solo a rivitalizzare il mercato interno, ma anche a rafforzare la credibilità del mercato e la certezza del diritto per tutti gli operatori attivi nel mercato interno. Non dobbiamo dimenticare il notevole impatto che avrebbe una riduzione del carico amministrativo che attualmente grava sulle imprese. Secondo il gruppo ad alto livello di esperti indipendenti sugli oneri amministrativi presieduto da Edmund Stoiber, la possibilità di accesso elettronico transfrontaliero alle informazioni sulle imprese farebbe risparmiare alle stesse spese amministrative pari a fino 160 milioni di euro l’anno.
Chiedo alla Commissione di concentrarsi in modo particolare sull’interoperabilità e sulla neutralità tecnica della soluzione nel suo complesso al momento dell’attuazione del progetto. Non sarebbe certo soddisfacente se, a fronte di 160 milioni di euro risparmiati sugli oneri amministrativi, se ne spendessero altrettanti per trovare soluzioni tecniche su come applicare l’interconnessione dei registri alle imprese.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. − (PT) La globalizzazione economica certamente intensifica la necessità di interconnettere i registri delle imprese. Al momento, tutte le informazioni sulle imprese vengono gestite solamente a livello nazionale e regionale, pertanto, dinanzi all'incremento della domanda di accesso alle informazioni sulle imprese in un contesto transnazionale, è necessario estendere il sistema a tutti gli Stati membri. É molto importante interconnettere i registri delle imprese per mettere fine alle perdite economiche e ai problemi che investono tutte le parti interessate, sia le imprese stesse che i loro dipendenti, i consumatori ed i cittadini in genere.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Nel mondo degli affari è particolarmente importante che determinati dati siano accessibili al pubblico ed è quindi positivo avere registri delle imprese a livello nazionale e regionale in modo da garantire, da un lato, la certezza del diritto e dall’altro la conformità al principio di sussidiarietà; bisogna però rendere al contempo possibile l’accesso transfrontaliero ai dati. Occorre assicurare l’interoperabilità, specialmente per quelle società che operano oltre confine a seguito, per esempio, di un trasferimento della sede legale o di una fusione. La cooperazione amministrativa non deve in nessun caso portare alla creazione di barriere burocratiche, ma deve tenere conto dei problemi linguistici e qualitativi e preparare il terreno alla direttiva sui servizi. Per quanto concerne, invece, i prerequisiti professionali, la cooperazione transfrontaliera non è del tutto soddisfacente.
In Austria, per esempio, contrariamente a quanto accade in altri paesi, per lavorare come guida turistica bisogna aver seguito corsi di formazione intensivi e aver superato alcuni esami. Le equivalenze e le verifiche promesse per risolvere problemi di questo tipo sono del tutto inadeguate e quindi, tenendo conto dell’alto livello qualitativo della formazione professionale in Austria, mi sono astenuto dal voto.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo il mio voto favorevole sulla relazione in oggetto.
L’interconnessione dei registri delle imprese costituisce una misura idonea a promuovere l’ulteriore integrazione dello spazio economico all’interno dell’UE e a rafforzare la certezza giuridica per imprese e consumatori. Le informazioni derivanti da un registro commerciale non sono però comparabili alle informazioni peraltro disponibili in ambito economico. Esse hanno un’adeguatezza e una valenza giuridica diverse da Stato membro a Stato membro, di cui gli utenti, nel consultare i dati, devono essere assolutamente a conoscenza.
In virtù delle particolari circostanze, è necessario prevedere che l’interconnessione dei registri e l’accesso ai dati avvenga in un unico contesto, di semplice utilizzo e facilmente accessibile. Infine, un vero successo del progetto presuppone la partecipazione di tutti gli Stati membri, affinché esso possa essere reso vincolante non appena affinati i criteri tecnici.
Evelyn Regner (S&D), per iscritto. – (DE) Ho votato a favore della relazione sull’interconnessione dei registri delle imprese perché, in qualità di relatore ombra del gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo, sono riuscita a raggiungere un buon compromesso con il relatore, onorevole Lechner. I miei principali problemi sono i seguenti:
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) La relazione Lechner è un’iniziativa sicuramente positiva che ci è risultato facile sostenere.
Oreste Rossi (EFD), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’idea di interconnettere i registri delle imprese in modo da permettere agli interessati l’accessibilità agli stessi è in linea con le richieste di trasparenza avanzate dalle associazioni di categoria.
La globalizzazione porta a spostamenti continui di imprese all’interno e all’esterno dell’UE ed è bene che chi è interessato possa consultare questi registri in tutta libertà. Troppe volte imprese fantasma hanno realizzato truffe sfruttando proprio la possibilità di non essere individuate con certezza dal punto di vista societario e quindi questa iniziativa non può che vederci favorevoli.
Catherine Soullie (PPE), per iscritto. – (FR) Desidero congratularmi con il relatore per la valida relazione approvata in quest’Aula a larga maggioranza. In qualità di relatore per parere della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori in materia di registri per le imprese, desidero sottolineare l’importanza di questo documento. I dati sul commercio all’interno dell’Unione europea sono fondamentali per uno sviluppo positivo e per la crescita del nostro mercato unico e attendo con ansia le proposte legislative della Commissione in materia.
La partecipazione obbligatoria di tutti gli Stati membri al registro comune delle imprese andrebbe a beneficio di tutta l’Unione. L’iniziativa però sarà attuabile solo se si avrà cura di non imporre ulteriori oneri amministrativi alle nostre imprese e se si garantirà il carattere privato dei dati, in modo da conservare un clima di fiducia.
Angelika Werthmann (NI), per iscritto. – (DE) Ho votato a favore della relazione poiché sono convinta che l’interconnessione dei registri delle imprese possa contribuire ad aumentare la trasparenza nelle transazioni legali e commerciali. In generale il progetto è finalizzato a consentire agli operatori di mercato di accedere più facilmente alle informazioni e a dare a chiunque la possibilità di scoprire chi sta dietro a una particolare società, di qualsiasi forma giuridica si tratti. L’interconnessione sarebbe quindi nell’interesse della tutela dei consumatori e dei creditori.
Iva Zanicchi (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, ho espresso voto favorevole alla relazione del collega Portas sull’interconnessione dei registri delle imprese poiché, al fine di rimuovere gli ostacoli esistenti alla mobilità delle imprese nell’UE, è opportuno prendere in considerazione l’integrazione in via obbligatoria per tutti gli Stati membri dei registri delle imprese europee.
Introdurre un portale unico europeo di accesso ai registri delle imprese, un portale valido e accessibile nei ventisette Stati membri che permetta a tutti i cittadini l’accesso alle informazioni sulle imprese europee, sicuramente rappresenta uno strumento per rendere più facile e agevole lo sviluppo delle imprese all’interno dell’Unione.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore dato che, a mio avviso, la nuova economia sostenibile deve basarsi sulla disponibilità di lavoratori qualificati, in grado di promuovere l’innovazione in settori strategicamente vantaggiosi per il futuro dell’Europa, con particolare riferimento all’energia e alla ricerca. Il valore aggiunto insito in questi ambiti della conoscenza, le opportunità di riconversione professionale che offrono e il fatto che possono svilupparsi sia nelle regioni periferiche che centrali dell’Unione europea sono indice del notevole potenziale che le caratterizza, in riferimento alle nuove tecnologie e alla loro capacità di adattarsi al nuovo contesto ambientale e umano.
Sarà fondamentale investire nei settori che promuovono la prevenzione e la limitazione degli effetti del cambiamento climatico. Le regioni marittime svolgeranno un ruolo significativo in questo senso, come del resto il ricorso a metodi alternativi di produzione energetica, basati sull’uso delle risorse naturali presenti in ciascuna regione europea.
La conoscenza associata all’innovazione ambientale rappresenta il futuro della nuova economia: occorre pertanto porre l’accento in maniera decisa sull’applicazione della conoscenza ai nuovi impieghi economici. La conoscenza può quindi offrire un valore aggiunto, ma potrà generare occupazione solo attraverso sinergie tra centri di ricerca, di produzione e di distribuzione, creando posti di lavori negli ambiti più variegati, dalla ricerca ai servizi, passando per il commercio.
Liam Aylward (ALDE), per iscritto. – (GA) Oggi la precarietà sul mercato del lavoro fa sentire i propri effetti soprattutto sulla situazione occupazionale dei giovani europei. Accolgo con favore l’accento posto dalla relazione sull’accesso al mercato del lavoro, sul miglioramento delle opportunità occupazionali per i giovani e dei programmi di formazione a tal fine.
I giovani devono avere la possibilità di trovare uno sbocco lavorativo sul mercato: accolgo quindi con particolare favore la proposta di migliorare i rapporti tra centri di formazione, università e mondo aziendale. Questi rapporti promuoveranno l'ingresso dei giovani sul mercato del lavoro e creeranno opportunità per laureati e giovani qualificati.
In secondo luogo, condivido la necessità di un coordinamento multilivello tra i programmi di finanziamento europei, nazionali e regionali.
Tuttavia la relazione non mi trova d'accordo sulla proposta di abbandonare i meccanismi di sostegno diretto a favore dello sviluppo rurale e dello sviluppo di un’agricoltura sostenibile, dato che rappresentano il metodo più efficace per offrire un sostegno al reddito degli agricoltori.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Questa relazione il mio appoggio. Per poter dar vita a un’economia sostenibile per l’Unione europea, dobbiamo garantire uno sviluppo economico e sociale equilibrato. È essenziale ridurre la dipendenza della crescita economica dal consumo di risorse e di energia, contenere le emissioni a danno del clima e in tal modo il riscaldamento globale. Dobbiamo inoltre sfruttare il potenziale di creazione di posti di lavoro "verdi" nei settori dei servizi e dell’economia sociale. A tal fine, la Commissione dovrebbe redigere una strategia per la creazione di occupazione verde, che dovrebbe essere seguita dagli enti regionali al momento di adottare le proprie strategie di sviluppo. L’attuazione di questa strategia dovrebbe essere finanziata con fondi europei, nazionali e regionali, la cui distribuzione dovrebbe essere attentamente coordinata. Questi aiuti verrebbero utilizzati per svolgere attività di ricerca e sviluppo, adattare le innovazioni e le infrastrutture e creare nuove tecnologie negli ambiti dell’energia rinnovabile e dell’efficienza energetica, per esempio.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR) A causa della crisi finanziaria, l’Europa e molte regioni del mondo continuano a vivere una situazione di stallo, senza che il mondo politico si chieda come risolvere questo problema. Non solo: molti politici credono addirittura che basti tener duro per ripristinare la situazione precedente al mese di settembre 2008.
Non condivido questo pensiero: se non affrontiamo la questione ambientale, le stesse cause produrranno esattamente gli stessi effetti. L’ambiente rappresenta un’opportunità per creare un nuovo modello di sviluppo. Il potenziale occupazionale è notevole, purché ci si doti dei mezzi necessari per dar vita a un’economia sostenibile.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Concordo con i contenuti di questa relazione, che promuove la creazione di posti di lavoro sostenibili, in altre parole, posti di lavoro che tengono conto delle esigenze della generazione attuale senza compromettere le opportunità per quelle future. La relazione sottolinea, inoltre, come questa occupazione debba creare benessere sociale, servendo, al contempo, l’uomo e la natura. Una nuova economia sostenibile dovrebbe puntare a una sostenibilità ecologica e sociale comune e creare prospettive a lungo termine per una maggiore competitività, benessere sociale e una più efficace tutela ambientale. L’aumento dei contratti di lavoro precari al livello di qualifica più basso rende particolarmente rilevante la questione della qualità dell’occupazione, per cui questa relazione promuove il concetto di lavoro dignitoso.
Si punta a creare un’attività lavorativa stabile e orientata socialmente, con particolare attenzione alla salute e alla sicurezza del lavoratore, a condizioni di lavoro dignitose e alle competenze richieste. Invito pertanto gli Stati membri a non limitarsi a creare occupazione per i livelli di formazione più alto, ma di sviluppare anche i livelli basso e intermedio, garantendo condizioni di lavoro dignitose. Condivido inoltre l’iniziativa volta ad adattare le strategie per l’apprendimento permanente alle esigenze dei lavoratori più anziani, in modo tale da garantire un tasso di partecipazione elevato anche tra i lavoratori che hanno più di 55 anni di età.
Alain Cadec (PPE), per iscritto. – (FR) La politica di coesione dell’Unione europea svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo del potenziale occupazionale di un’economia sostenibile, dato che contribuisce ad eliminare le differenze regionali e a sviluppare l’economia. Da questo punto di vista, gli enti regionali e locali dovrebbero utilizzare in misura maggiore i Fondi strutturali europei per iniziative tese a creare nuovi posti di lavoro sostenibili e a lungo termine. Il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) aiuta a creare aggregazioni regionali che riuniscono ricerca, innovazione e infrastrutture locali nel quadro delle nuove tecnologie.
Gli enti locali e regionali sono i più capaci e meglio posizionati per creare le condizioni necessarie alla crescita di queste aggregazioni, che possono accelerare in modo determinante lo sviluppo economico locale e creare nuovi posti di lavoro nelle regioni. Anche le PMI rivestono un ruolo importante nella promozione dell’innovazione in Europa e dovrebbero essere incoraggiate a utilizzare il Fondo sociale europeo per promuovere lo spirito e le competenze imprenditoriali.
La mancanza di coordinamento tra i programmi di finanziamento europei, nazionali e regionali costituisce tuttavia un ostacolo al conseguimento di questi obiettivi. È pertanto necessario garantire un migliore coordinamento multilivello per generare maggiori sinergie tra le diverse politiche comuni.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. − (PT) Ho votato a favore della relazione, poiché riconosco l'importanza di creare posti di lavoro"verdi" per un'economia sostenibile. Grazie a siffatti posti di lavoro deve essere possibile risparmiare energia e risorse naturali, mediante l'impiego di fonti rinnovabili, preservando al contempo gli ecosistemi e riducendo l'impatto dei rifiuti e dell'inquinamento atmosferico. In realtà, l'effetto positivo che discende dalla promozione di questi settori è considerevole e deve essere ampliato. Al contempo, devono essere garantite condizioni di lavoro adeguate insieme all'istruzione e alla formazione professionale.
Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Ho votato a favore di questa relazione poiché critica la strategia EUROPA 2020, che non fa nulla per affrontare i problemi della disoccupazione e della coesione sociale, e invita a modificare il Fondo europeo di sviluppo regionale e il Fondo sociale europeo affinché possano promuovere davvero l’occupazione e un’integrazione sociale equa. La relazione intende inoltre avviare un dibattito e adottare misure specifiche per la creazione di posti di lavoro di qualità, che possano contare su una giusta retribuzione e previdenza sociale, promovendo una crescita sostenibile sotto il profilo ambientale e sociale.
La relazione si pronuncia a favore di un ruolo forte per il settore pubblico promovendone lo sviluppo sostenibile con servizi e infrastrutture pubbliche in linea con gli standard sociali ed ambientali. Auspica inoltre una nuova politica per l’industria, l’educazione e le qualifiche, in grado di creare un’economia sostenibile che punti sull’uguaglianza di genere e un ruolo forte per i rappresentanti del lavoratori.
Proinsias De Rossa (S&D), per iscritto. − (EN) Sostengo la relazione in cui si afferma che, nell'opera di ottimizzazione del potenziale occupazionale, deve essere assegnata un'attenzione speciale alle condizioni di lavoro oltre che alla salute e alla sicurezza dei lavoratori. Al fine di anticipare il cambiamento, scongiurando la disoccupazione, è essenziale promuovere il dialogo sociale ed i contratti collettivi (che spesso non esistono nei settori nuovi) e rafforzare la sicurezza sociale, i sistemi di sostegno al reddito e le iniziative settoriali proattive di formazione, la parità di genere ed un mercato del lavoro socialmente inclusivo. La relazione prende le mosse dalla definizione di lavoro "verde" dell'Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) secondo cui tutti i posti di lavoro suscettibili di promuovere lo sviluppo sostenibile sono lavori "verdi". Per garantire una transizione equa a livello sociale, i lavoratori devono partecipare attivamente al processo. La relazione chiede il coinvolgimento dei rappresentanti dei lavoratori preposti a promuovere l'occupazione verde sul posto di lavoro – ai sensi della definizione dell'ILO – affinché l'occupazione, le imprese e le industrie diventino più sostenibili. Essendo uno degli obiettivi previsti, l'incremento della sostenibilità deve essere incluso nella prospettiva finanziaria dei vari fondi, compresi i Fondi strutturali ed il Fondo di coesione. Dobbiamo inserire la creazione di occupazione sostenibile tra le priorità dell'agenda dell'Unione, prevedendo una transizione progressiva e degli investimenti tesi a promuovere un'occupazione di qualità ed ecocompatibile
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione sullo sviluppo del potenziale occupazionale di una nuova economia sostenibile poiché sostiene che la creazione di posti di lavoro verdi non debba essere considerata soltanto in un’ottica numerica. È importante sapere anche come garantire condizioni di lavoro dignitose e come attuare la transizione verso un’economia sostenibile in maniera socialmente equa.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Il numero di commissioni parlamentari coinvolte nella redazione di questa relazione – sei – è segno evidente della grande importanza rivestita oggi dalla questione dell’occupazione, nonché di come il concetto di sostenibilità sia ormai imprescindibile nel dibattito politico. La sostenibilità dell’economia e il suo potenziale occupazionale sono questioni che accomunano lavoratori, uomini d’affari e politici, tecnici e non addetti ai lavori, ambientalisti, industriali e molti altri soggetti ancora. Uno dei problemi principali è rappresentato proprio dai costi della sostenibilità e da come vengono distribuiti.
Ci chiediamo in che misura questo bisogno, che non è sempre individuabile o sufficientemente realizzabile, non stia intaccando la capacità dei mercati di adottare nuove iniziative e di organizzarsi, o non stia introducendo ulteriori difficoltà in un’economia già provata dalla crisi e da un clima di incertezza. Oggi la sostenibilità deve essere qualcosa di più di un termine generico, difficile da tradurre in realtà. Dovrebbe essere, invece, un presupposto concreto per modificare l’azione dell’uomo nel mondo, anche in termini economici, a vantaggio di tutti e non soltanto di pochi radicali.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. − (PT) Lo sviluppo è sostenibile quando la soddisfazione dei fabbisogni della generazione attuale non va a minacciare la soddisfazione dei fabbisogni delle generazioni future. Serve un approccio che riunisca la considerazione degli interessi economici, sociali ed ecologici, un dialogo sociale più intenso, una maggiore responsabilità sociale per le imprese e l'adozione del principio della prevenzione e del principio "chi inquina paga". Bisogna ragionare a lungo termine, puntando alla competitività e alla coesione sociale, territoriale ed ambientale. Pertanto sosteniamo l'investimento nel capitale umano, sociale ed ambientale, nell'innovazione tecnologica e nei nuovi servizi ecologici.
Assumendoci questo impegno, contribuiamo alla lotta contro il cambiamento climatico. L'Unione europea si è impegnata a ridurre le proprie emissioni di gas ad effetto serra di almeno il 20 per cento entro il 2020, a coprire il 20 per cento del proprio fabbisogno energetico con le energie rinnovabili e ad incrementare l'efficienza energetica del 20 per cento. Secondo uno studio condotto da un pannello intergovernativo sul cambiamento climatico, il surriscaldamento globale può essere limitato a 2° C solamente se i paesi industrializzati entro il 2050 riusciranno a tagliare le proprie emissioni di gas ad effetto serra del 80-90 per cento rispetto al livello del 1990. Pertanto invochiamo la creazione di posti di lavoro "verdi" atti a contribuire alla crescita sostenibile basata sulla giustizia sociale e sull'efficienza ecologica oltre alla promozione dell'occupazione nel mondo rurale al fine di prevenire la desertificazione.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Questa relazione di iniziativa presenta una serie di aspetti positivi in diversi ambiti e accoglie il parere di cui sono stata responsabile in seno alla commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, per quanto non sottolinei, come dovrebbe, la necessità di prestare maggiore attenzione alle specificità di ciascuno Stato membro. Mi soffermerò su alcuni aspetti positivi:
- la relazione sostiene che una nuova economia sostenibile per l’Unione europea debba garantire uno sviluppo economico e sociale equilibrato, insistendo sull’importanza del settore pubblico;
- chiede un'ambiziosa politica industriale sostenibile, che tenta in particolare considerazione l’efficienza delle risorse e sottolinea che l’economia verde deve offrire prospettive occupazionali dignitose e ben retribuite, ispirate all’idea di efficienza energetica o che contribuiscano alla diversificazione industriale;
- sottolinea che la transizione verso una nuova economia sostenibile è un procedimento complesso, che impone la necessità di prestare particolare attenzione alle regioni colpite dalla deindustrializzazione, istituendo idonei meccanismi di sostegno finanziario e interventi integrati mirati allo sviluppo sostenibile e ad un’economia maggiormente basata sull'innovazione, che sia in grado di creare posti di lavoro dignitosi, ben retribuiti e con diritti e di ridurre le disparità sociali e le asimmetrie regionali; di concerto con le parti sociali, sostenendo in modo particolare le piccole e medie imprese.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) La votazione su questa relazione cade a proposito. Proprio oggi, infatti, il governo scozzese ha annunciato che la Scozia è a metà del proprio cammino verso il raggiungimento degli obiettivi 2020 per le emissioni di gas serra. Una relazione pubblicata di recente ha sottolineato come l’energia eolica prodotta offshore, da sola, potrebbe creare 48 000 posti di lavoro in Scozia. Il governo scozzese intende essere in prima linea negli sforzi profusi dall’Unione europea per generare occupazione in un’economia sostenibile. Purtroppo, però, il governo di Westminster continua a discriminare i fornitori di energia scozzesi applicando oneri di allacciamento alla rete nazionale, frenando così uno sviluppo importante per tutte l'UE. Sostengo le proposte avanzate da questa relazione e invito il governo britannico ad ascoltarli.
Jarosław Kalinowski (PPE), per iscritto. – (PL) Si osserva oggi una crescente tendenza, soprattutto per i giovani, verso contratti di breve durata con condizioni di lavoro meno qualificanti. Si tratta di un notevole ostacolo sulla strada di una vita stabile per i cittadini e, pertanto, verso un’economia sostenibile. L’attenzione posta all’ecologia nello sviluppo e nelle innovazioni industriali è volta a favorire lo sviluppo dell’occupazione e la tutela dell’ambiente.
Secondo il parere della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, imporre l'impiego di tecnologie eco-sostenibili in agricoltura contribuirà allo sviluppo occupazionale e al sostegno al reddito degli agricoltori. Si tratta di una tesi interessante, che merita sicuramente di essere discussa e analizzata in maniera approfondita. Anche la proposta di lanciare campagne informative per sensibilizzare i cittadini in merito all’importanza dell’ecologia merita di essere appoggiata.
Alan Kelly (S&D), per iscritto. − (EN) La sostenibilità dell'energia è uno dei temi principali che la società deve affrontare in Europa e può altresì divenire una delle principali fonti di occupazione negli anni a venire. Sostengo questa iniziativa, poiché promuove la creazione di occupazione, proteggendo i diritti dei lavoratori.
Elisabeth Köstinger (PPE), per iscritto. – (DE) La lentezza con cui la crisi economica sta volgendo al termine dovrebbe spingere l’Unione europea a gestire le proprie risorse in maniera più cauta e competitiva. Ciò è possibile solo adottando un approccio sostenibile alle attività commerciali, che comporta un ampio ventaglio di vantaggi aggiuntivi per l’ambiente e i cittadini. Dobbiamo creare condizioni generali stabili, in cui il potenziale occupazionale insito nell’economia verde europea possa svilupparsi, garantendo uno sviluppo sostenibile delle attività. Voto a favore di questa relazione dal momento che la crescita economica, la tutela dell’ambiente e la coesione sociale sono realtà che vanno di pari passo e si completano a vicenda. L’obiettivo non dovrebbe essere solo creare nuovi posti di lavoro sostenibili "verdi", ma anche incoraggiare le aziende e la società a svolgere un ruolo in questa nuova ottica. Dobbiamo sfruttare appieno il potenziale dell’economia verde contribuendo inoltre all’immagine globale dell’Europa come modello di unione economica progressista, sostenibile e cosciente dell’importanza dell’ambiente.
Petru Constantin Luhan (PPE), per iscritto. – (RO) A seguito della crisi, la crescita economica e l’occupazione sono diventate una priorità per l’Unione europea. Ho votato a favore di questa relazione poiché ritengo essenziale sviluppare l’occupazione tramite politiche mirate a promuovere l'invecchiamento attivo e l’integrazione nel mercato del lavoro dei giovani, dei disabili, degli immigrati regolari e di altri gruppi vulnerabili. Queste politiche, accanto all’istruzione e alla formazione professionale di qualità, devono essere accompagnate da incentivi efficaci a sostegno dell’apprendimento permanente e di opportunità per conseguire migliori qualifiche.
Un altro gruppo che non possiamo trascurare è rappresentato dai giovani laureati. Dobbiamo promuovere un solido partenariato tra gli Stati membri e le parti sociali in grado di aiutare questi giovani a trovare il primo impiego o di offrire loro nuove opportunità di formazione, anche in termini di apprendistato. A questo scopo, gli Stati membri devono attivare e sfruttare appieno i fondi europei disponibili, in particolare il Fondo sociale europeo.
Ramona Nicole Mănescu (ALDE), per iscritto. – (RO) Abbiamo bisogno di misure in grado di creare nuovi posti di lavoro, in particolare ora che gli Stati membri stanno affrontando una grave crisi economica e sociale. In questo contesto, la politica di coesione dell’Unione europea può svolgere un ruolo fondamentale ai fini dello sviluppo del potenziale occupazionale in un'economia sostenibile, riducendo le differenze regionali e creando una società caratterizzata dalla piena occupazione. Dobbiamo incoraggiare le regioni a utilizzare i Fondi strutturali, per finanziare progetti nazionali, regionali e locali, e a servirsi del Fondo sociale europeo per creare migliori opportunità formative e occupazionali.
Il Fondo sociale europeo è la soluzione per quegli Stati membri che vogliono investire a favore dello sviluppo delle competenze, di attività formative, della riconversione e della consulenza professionale ai disoccupati, al fine di creare maggiore e migliore occupazione. Per poter sostenere le comunità e le regioni negli Stati membri, ho chiesto alla Commissione europea di finanziare un progetto pilota volto a organizzare corsi di formazione e agevolare lo scambio di modelli di buone prassi per i soggetti direttamente coinvolti nella gestione e nell’impiego dei fondi europei a livello locale e regionale.
Thomas Mann (PPE), per iscritto. – (DE) Ho votato a favore della relazione di iniziativa dell’onorevole Schroedter sullo sviluppo del potenziale occupazionale di una nuova economia sostenibile. Il punto focale della relazione è la cosiddetta occupazione "verde", ossia di posti di lavoro in quasi tutti i settori dell’industria e dei servizi che contribuiscono a un’economia sostenibile. La tutela dell’ambiente può diventare una forza motrice per l’economia, a condizione di creare da subito un quadro prevedibile e favorevole agli investimenti. L’introduzione di una serie di criteri aggiuntivi per gli appalti va contro l’obiettivo dell’Unione europea di ridurre immediatamente gli oneri burocratici. Sono lieto che si sia deciso di limitare l’aumento dei criteri agli standard sociali minimi. La maggior parte delle aziende europee sono, senza ombra di dubbio, all'avanguardia mondiale nell’adozione di politiche di tutela ambientale efficaci. Al fine di garantir loro una concorrenza leale, dobbiamo evitare che la produzione venga delocalizzata al di fuori dell’Unione europea, in paesi terzi con standard di tutela ambientale meno rigorosi. La Commissione europea e gli Stati membri devono adottare tempestivamente misure efficaci per contrastare questa tendenza. Il mio emendamento a tal fine ha ottenuto oggi l’appoggio della maggioranza.
Vanno inoltre promossi i principi dell’anti-discriminazione e della parità di trattamento sul luogo di lavoro. Meccanismi sanzionatori e quote sono il modo sbagliato per conseguire questo obiettivo. Il requisito che prevede una quota femminile obbligatoria del 40 per cento nei consigli di amministrazione delle società è irrealistico e, pertanto, tale proposta non è stata appoggiata. Le donne non hanno bisogno di quote: hanno bisogno di migliori opportunità per sviluppare la propria carriera, pertanto è necessario rimuovere gli ostacoli che intralciano la crescita professionale delle donne.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. − (PT) Il concetto di occupazione in una nuova economia sostenibile sta creando un nuovo paradigma in relazione ai bilanci di tipo economico, che sinora sono stati considerati fondamentali per lo sviluppo e la creazione di occupazione. Un'economia sostenibile presuppone grandi cambiamenti in relazione al potenziale di occupazione, poiché le aziende che operano nel settore dell'efficienza energetica sono destinate a svolgere un ruolo cruciale nella creazione di posti di lavoro in tutto il mondo. L'esempio tedesco in questo ambito è molto significativo del successo di siffatte società nella creazione di posti di lavoro. Pertanto è essenziale che altri paesi dell'Unione europea seguano l'esempio della Germania affinché si produca un effetto moltiplicatore sull'occupazione nell'economia sostenibile in tutta Europa.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Ecco un'altra relazione dell’Unione europea piena di belle parole. Per esempio, si parla di potenziale occupazionale ottimale per uomini e donne nella nuova economia sostenibile, di condizioni di lavoro dignitose, di una trasformazione socialmente equa e di soddisfare il fabbisogno di competenze. Al contempo, però, l’Unione europea deve essere cosciente del fatto che, proprio a causa dell’allargamento ad est, la pressione sul mercato del lavoro è aumentata notevolmente in alcuni settori, senza alcun segno di miglioramento. Non solo: negli ultimi anni, in particolare, è aumentata notevolmente la precarietà con l’avvento dei lavori interinali, dei contratti a tempo parziale, dei "MacJobs" e di presunte forme di lavoro autonomo. Oggigiorno neppure una formazione di alta qualità è garanzia di un posto di lavoro.
Fintantoché continueranno le discussioni sui permessi di soggiorno per i lavoratori provenienti da paesi terzi, destinati a fornire manodopera a basso costo ai settori del commercio e dell’industria, invece di tentare di offrire le opportune qualifiche ai lavoratori residenti nell’Unione, tutto ciò rimarrà probabilmente lettera morta. I requisiti sembrano corretti, ma si può dire quel che si vuole sulla carta. Senza certezza che a queste parole seguiranno misure adeguate in grado di tradurle in realtà, mi sono astenuto dal voto.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. –Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho espresso il mio appoggio a favore della relazione della collega Schroedter, in quanto ne condivido il messaggio e l'impostazione.
Lo sviluppo sostenibile tiene conto delle esigenze delle generazioni attuali, in modo da non compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni. La decisione del Consiglio, oltre a tenere in considerazione gli interessi economici ed ecologici, prevede investimenti nel capitale umano, nel sociale e nell'innovazione, con l'obiettivo di incentivare le condizioni per la competitività, il benessere e la coesione sociale.
Inoltre, un altro punto molto importante del documento riguarda la definizione dei ”lavori verdi”. Questi lavori non si riferiscono soltanto ai settori direttamente collegati alla protezione dell'ambiente, ma anche a quelli che contribuiscono alla transizione verso un’economia sostenibile favorendo sia il risparmio energetico e l'utilizzo delle rinnovabili, sia prevenendo la produzione di rifiuti.
Rovana Plumb (S&D), per iscritto. – (RO) La crescita sostenibile deve basarsi sulla giustizia sociale e sull’eco-efficienza. La trasformazione delle economie europee in economie eco-efficienti ad ogni livello – locale, nazionale, regionale ed europeo – comporterà profondi cambiamenti nella produzione, nella distribuzione e nei consumi. Appoggio gli sforzi profusi per organizzare campagne di informazione pubblica e sensibilizzazione volte a illustrare come la nostra strategia per una transizione verso un’economia verde e sostenibile sia socialmente equa e contribuirà allo sviluppo dell’occupazione.
Vorrei sottolineare la necessità di prestare particolare attenzione alla biodiversità nell’ambito della creazione di nuovi posti di lavoro verdi in Europa, in particolare nell’attuazione delle reti Natura 2000. Invito la Commissione a proporre, entro il 2011, una strategia che contenga misure di natura legislativa e non solo, atte a promuovere la creazione di posti di lavoro verdi, che rappresentino una fonte di crescita e prosperità per tutti.
Chiedo alla Commissione e agli Stati membri di includere in tutte le altre politiche europee iniziative per la conversione professionale dei lavoratori in un’ottica verde.
Robert Rochefort (ALDE), per iscritto. – (FR) La creazione di posti di lavoro verdi in Europa è essenziale. Questo tipo di occupazione rende possibile la crescita sostenibile e, al contempo, dà un contributo importante al conseguimento degli ambiziosi obiettivi quantificati che l’Unione europea si è posta nella lotta ai cambiamenti climatici. Ho votato a favore della relazione della mia collega, l’onorevole Schroedter, che chiede l’adozione di provvedimenti volti a promuovere questo tipo di occupazione. Per incrementare il numero di posti di lavoro verdi, le aziende dovrebbero essere incentivate, in particolare, a investire in tecnologie pulite: mi riferisco, per esempio, all’introduzione di sgravi fiscali per le PMI. Le regioni dovrebbero essere incoraggiate ad utilizzare i Fondi strutturali europei e il Fondo di coesione per creare nuovi posti di lavoro con contratti a lungo termine. Dobbiamo tuttavia garantire che i sistemi nazionali di formazione ed educazione siano in grado di soddisfare la domanda di lavoratori qualificati, nonché di garantire la riconversione di coloro che rischiamo di perdere il posto di lavoro a causa di questi cambiamenti strutturali dell’economia.
Zuzana Roithová (PPE), per iscritto – (CS) Mi sono astenuta dalla votazione sulla relazione sullo sviluppo del potenziale occupazionale di una nuova economia sostenibile dato che non condivido l’opinione della relatrice, secondo cui risolveremo il problema della disoccupazione riducendo del 90 per cento le emissioni nell’arco dei prossimi 40 anni. La relazione sostiene sicuramente la necessità di introdurre nuove tecnologie, che non si traducono però necessariamente in nuovi posti di lavoro per i cittadini europei. Facciamo parte di un mercato globale liberalizzato che offre alle aziende, alle comunità e ai consumatori nuove tecnologie provenienti dall’Asia, in grado di competere con la tecnologia europea essenzialmente grazie ai prezzi contenuti. Ciò non significa che non dovremmo introdurre standard ambientali, ma non fingiamo che siano una cura per la disoccupazione.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore il fatto che il Parlamento europeo, oggi, abbia approvato una relazione sul potenziale occupazionale di un’economia sostenibile, a cura della mia collega tedesca, l’onorevole Schroedter. Come ha precisato la collega dopo il voto, il gruppo Verde sostiene da tempo la necessità che l’Europa si impegni per un vero e proprio "Green New Deal", accelerando la transizione verso un’economia verde, intesa come unica risposta efficace all’attuale crisi economica. È quindi più che positivo che un’ampia maggioranza di deputati, di diversi gruppi politici, abbia appoggiato questa relazione, che mette in luce il considerevole potenziale esistente per la creazione di nuovi posti di lavoro verdi e per la trasformazione in un’ottica verde di posti di lavoro già esistenti in tutta Europa, formulando opportune raccomandazioni in tal senso.
Oreste Rossi (EFD), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione in oggetto ci vede contrari, seppur favorevoli su alcuni principi.
Lo sviluppo di nuovi posti di lavoro nei settori "verdi", il ricorso a fonti rinnovabili, il ripristino dell'ecosistema e il risparmio di energia sono auspicabili e da sostenere. D'altra parte non possiamo accettare che i costi per la transazione verso posti sostenibili, specie in un momento di crisi come questo, debbano essere a carico delle nostre aziende.
Occorrerebbe predisporre fonti di finanziamento a cui possano attingere le imprese interessate a convertirsi totalmente o in parte nel settore ecosostenibile. Occorrerebbe anche semplificare le procedure per la sostituzione negli impianti più inquinanti con quelli a basso impatto ambientale che, come succede spesso in Italia, vengono contrastati dalle popolazioni.
Edward Scicluna (S&D), per iscritto. – (EN) Sono lieto di appoggiare questa relazione. È importante evitare che l’attuale crisi socioeconomica impedisca agli Stati membri di procedere verso un’economia più sostenibile, a basse emissioni di carbonio ed efficiente sotto il profilo del consumo di risorse. In tal modo le nostre economie saranno più solide, competitive e meno dipendenti da importazioni sempre più onerose. La Commissione dovrebbe porre particolare attenzione ai posti di lavoro verdi, soprattutto dal momento che l’OCSE ha dimostrato che il settore dei beni e dei servizi ambientali è in grado, potenzialmente, di creare occupazione per un ampio ventaglio di abilità e competenze, includendo anche i lavoratori scarsamente qualificati. Vorrei inoltre che gli Stati membri definiscano sistemi di finanziamento e incentivi fiscali in grado di orientare le PMI verso politiche occupazionali verdi. Mentre la nuova politica europea per l’occupazione fornirà una definizione di ampio respiro del concetto di "posti di lavoro verdi", sarà necessario operare opportune distinzioni tra ambiti quali il controllo dell’inquinamento, il riciclaggio, la gestione delle risorse idriche, la conservazione della natura, la creazione di tecnologie ambientali e per la produzione di energie rinnovabili e attività di R&S ambientali. Un’economia "verde" è potenzialmente in grado di generare crescita economica e di affrontare il fenomeno della precarietà emerso negli ultimi decenni nell’UE e sempre più diffuso, in particolare, tra i giovani. Servono a tal fine programmi di formazione ed educazione adeguati per sviluppare il potenziale occupazionale di una nuova economia sostenibile.
Czesław Adam Siekierski (PPE), per iscritto. – (PL) Secondo la definizione del Consiglio europeo, lo sviluppo è sostenibile se risponde alle esigenze delle generazioni attuali, senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni. In questa relazione si parla molto della creazione di posti di lavoro verdi. C’è un aspetto estremamente importante da sottolineare: il settore delle energie rinnovabili offre un considerevole potenziale per la creazione di occupazione verde. In Europa, la Germania offre un buon esempio dell’attuazione responsabile di una politica di questo tipo. Nella transizione verso un’economia sostenibile, dobbiamo inoltre prestare attenzione alla giustizia sociale, se vogliamo che i cittadini accettino questo cambiamento. A tale scopo sono importanti anche aspetti come una formazione adeguata e il sistematico miglioramento delle competenze dei lavoratori. Lo sviluppo sostenibile impone rispetto non solo per gli standard ambientali, ma anche per quelli occupazionali.
Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. – (NL) La relazione sullo sviluppo del potenziale occupazionale di una nuova economia sostenibile può contare sul mio pieno appoggio. L’onorevole Schroedter fa riferimento alla definizione dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), secondo cui un posto di lavoro è verde se contribuisce alla gestione sostenibile e all’Europa sociale. Questa definizione, pertanto, non riguarda solo i posti di lavoro ad elevato tasso tecnologico nei settori dell’energia e della gestione ambientale a cui si riferisce la Commissione. Uno degli obiettivi consiste, per esempio, nell'implementare un’ambiziosa politica industriale sostenibile, che tenga in particolare considerazione l’efficienza delle risorse e posti di lavoro dignitosi e ben retribuiti. Si raccomanda di potenziare il coinvolgimento dell’industria, di incoraggiare gli enti regionali ad orientare verso tale obiettivo quadri normativi, strumenti di controllo dell’economia di mercato, sovvenzioni e appalti. Si raccomanda inoltre di offrire una risposta più mirata non solo alla necessità di nuove competenze, ma anche alla creazione di un dialogo sociale o di contratti collettivi nazionali di lavoro nei nuovi settori.
I nuovi settori sono caratterizzati da una notevole spinta verso una maggiore produttività e da una scarsa inclinazione a garantire condizioni di lavoro dignitose. Di conseguenza non è semplice convincere i lavoratori dei settori tradizionali, che vantano una solida tradizione di protezione sociale alle spalle, a cambiare settore. L’Unione si è assunta un impegno nella lotta al riscaldamento globale: occorre pertanto una strategia efficace, in grado di garantire una transizione socialmente equa verso un’economia più verde.
Catherine Stihler (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione, che chiede lo sviluppo di una strategia occupazionale europea per un’economia sostenibile. La relazione appoggia inoltre le richieste avanzate in seno al Consiglio di una revisione delle sovvenzioni che hanno un impatto ambientale negativo e sottolinea la necessità di garantire condizioni di lavoro dignitose.
Silvia-Adriana Ţicău (S&D), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione sullo sviluppo del potenziale occupazionale di una nuova economia sostenibile poiché ritengo che gli Stati membri debbano muoversi nella direzione di un’economia competitiva, efficiente e a basse emissioni di carbonio. Ecco perché chiedo all’Unione europea di sviluppare una politica industriale sostenibile e di coinvolgere il settore industriale nell’eco-innovazione, nell’intento di ridurre la dipendenza della crescita economica dal consumo di risorse e di energia e di limitare le emissioni inquinanti. Ritengo che, per poter creare posti di lavoro in un’economia eco-efficiente, si debba investire nell’efficienza energetica, nonché nell’uso di fonti di energia rinnovabile e di tecnologie verdi nei settori dell’edilizia, dei trasporti e dell’agricoltura. Chiedo con urgenza che lo sviluppo di una strategia occupazionale europea per un’economia sostenibile sia fatto rientrare nella strategia UE 2020, sottolineando il ruolo degli enti regionali in tal senso.
Chiedo inoltre che vengano sviluppati sistemi di finanziamento efficienti e incentivi fiscali per aiutare le PMI a generare innovazione e dar vita a processi di produzione verdi. Infine ritengo che la politica occupazionale possa svolgere un ruolo essenziale nella lotta contro la povertà e l’emarginazione sociale e invito gli Stati membri a utilizzare il FEAG per promuovere le nuove competenze necessarie per uno sviluppo economico eco-efficiente.
Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto. – (LT) Onorevoli colleghi, perseguire un’economia sostenibile non è solo una necessità ecologica, ma anche uno dei pilastri fondamentali della nostra strategia per un’Europa sociale. Tuttavia, questo cambiamento darà i propri frutti soltanto se sarà socialmente equo e, in ultima analisi, se incentiverà l’occupazione, migliorando le condizioni di lavoro e potenziando i meccanismi di previdenza sociale.
Pertanto, un’economia sostenibile deve essere tale non solo dal punto di vista sociale ed ecologico, ma anche tecnologico ed economico. Questi termini non dovrebbero essere in contraddizione tra loro. Abbiamo bisogno di misure più creative.
Prendiamo l’efficienza energetica, per esempio. In Lituania, il settore edile è stato tra i più colpiti dalla crisi economica. Nel mio paese, la maggior parte dei vecchi edifici sono ben poco efficienti sotto il profilo energetico e l’energia importata viene utilizzata in maniera inefficiente, come dimostrano le ingenti bollette per il riscaldamento che i residenti sono costretti a pagare.
È probabile che i progetti nazionali volti a dotare gli edifici di sistemi di isolamento e ad incrementarne l’efficienza energetica avranno una ripercussione positiva sul mercato, in termini di retribuzioni e investimenti nel settore edile. Al contempo, la Lituania avrà così la possibilità di affrancarsi, in parte, dalla dipendenza dall’estero per la fornitura energetica.
Ovviamente questo non è che un esempio e non è necessariamente applicabile a tutti gli Stati membri. Dimostra tuttavia che, soprattutto in tempi di crisi, dobbiamo pensare in maniera più creativa e unire le forze per gettare le basi di un futuro sostenibile.
Zuzana Brzobohatá (S&D), per iscritto. – (CS) Ho appoggiato la relazione su SEE-Svizzera: ostacoli alla piena attuazione del mercato interno, essenzialmente perché incoraggia la Commissione ad adottare una serie di misure tese ad agevolare e approfondire la cooperazione economica tra l’Unione europea e la Svizzera. La relazione, a ragione, mette in evidenza il sistema, inutilmente complicato, dei 120 accordi settoriali vigenti tra la Svizzera e l’Unione europea. È giusto impegnarci al massimo per semplificare la legislazione, in particolare per eliminare gli ostacoli che bloccano l’accesso al mercato svizzero alle aziende europee e viceversa. Per esempio la relazione sottolinea l’obbligo per le aziende che accedono al mercato svizzero di fornire una garanzia finanziaria, del tutto inutile. Dal mio punto di vista si tratta di un ostacolo superfluo che dovrebbe essere rimosso, e che la relazione cita a ragione.
Mário David (PPE), per iscritto. – (PT) Voto a favore di questa relazione dato che la piena attuazione e l’efficienza del mercato interno sono importanti per l’Unione europea quanto per i suoi partner commerciali, con particolare riferimento ai paesi membri dell’EFTA. La Svizzera – il quarto partner commerciale dell’Unione per volume – opera in base a un modello di integrazione economica senza adesione, basato su accordi settoriali bilaterali. Questa impostazione crea ulteriori problemi dato che, a differenza dell’accordo sullo Spazio economico europeo, questi accordi bilaterali non prevedono meccanismi automatici di adattamento all’acquis communautaire.
Nonostante gli sviluppi positivi che riguardano l’accordo tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e la Confederazione svizzera, dall'altro, sulla libera circolazione delle persone (FMPA), vi sono questioni relative alla sua attuazione che meritano ulteriore attenzione. Ritengo pertanto che debbano essere valutate tutte le possibilità volte a migliorare l’attuazione dell’FMPA, sotto forma di una migliore armonizzazione della sua attuazione e di una maggiore convergenza tra la legislazione dell’Unione e quella svizzera in materia di mercato interno.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La Svizzera ha una storia e una particolare serie di caratteristiche che si riflettono non solo nella forma di governo interno di cui si è dotata , ma anche nel modo in cui ha deciso di relazionarsi agli altri paesi, oltre che nelle condizioni e nelle riserve che impone a tali rapporti. La riluttanza svizzera ad aderire alle grandi organizzazioni internazionali o a sottoscrivere trattati con valenza permanente che ne vincolino il sistema giuridico è nota ormai da secoli. Come del resto è noto il trattamento privilegiato che riserva ai propri cittadini e alle società domiciliate sul suo territorio, a scapito della concorrenza straniera, che spesso deve fare i conti con barriere giuridiche o amministrative irragionevoli.
Ciononostante la Svizzera è sempre stata un importante partner dell’Unione europea, con cui ha sottoscritto oltre cento accordi bilaterali. Se, da una parte, la decisione svizzera di rimanere fuori dallo Spazio economico europeo non ha accelerato né agevolato i rapporti economici dell’Unione con questo paese, dall’altra non è stata neppure d’intralcio a un loro sviluppo positivo. Spero che in futuro questi rapporti si intensifichino ulteriormente.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. − (PT) I quattro Stati membri dell'Associazione europea di libero scambio (EFTA) (Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera) sono importanti partner commerciali per l'Unione europea; in particolare la Svizzera e la Norvegia occupano rispettivamente il quarto ed il quinto posto per volume degli scambi e appartengono alla stessa area culturale, nel senso che condividono valori di base ed un retaggio storico e culturale comune.
Visto che le nuove disposizioni del trattato di Lisbona potrebbero rallentare l'attuazione della legislazione sul mercato interno nei paesi membri dello Spazio economico europeo (SEE) e dell'EFTA, anch'io ritengo che la Commissione debba formalizzare il processo di notifica delle nuove norme e delle nuove normative UE che ricadono nel campo d'azione dell'accordo con l'EFTA per poter colmare il divario tra l'adozione di nuovi regolamenti ed il potenziale di assorbimento da parte dei paesi membri del SEE e dell'EFTA.
Inoltre i parlamenti dei paesi di questi due organismi devono essere associati in maniera più stretta con il processo legislativo UE in relazione alle proposte che interessano il SEE. Propongo quindi che la Commissione trasmetta ai parlamenti nazionali di questi paesi le proposte legislative che vengono inviate anche agli Stati membri dell'UE a fini di consultazione.
Pat the Cope Gallagher (ALDE), per iscritto. – (GA) In veste di presidente della delegazione del Parlamento europeo per i rapporti con la Svizzera e lo SEE, conosco piuttosto bene le questioni sollevate in questa relazione. L’EFTA conta quattro Stati membri: Svizzera, Islanda, Norvegia e Liechtenstein. Nel 1994, con la firma dello SEE, tre di questi quattro paesi hanno aderito al mercato interno. La Svizzera, con un referendum, ha deciso di non entrare nello SEE, con il 50,3 per cento di voti i contrari e il 49,7 per cento a favore. Con la stipula di circa 120 accordi bilaterali, ha pertanto optato per intrattenere rapporti separati con con l’Unione europea.
Questi accordi riguardano la libera circolazione delle persone, il trasporto stradale, l’aviazione civile, la ricerca scientifica, le barriere tecniche agli scambi, gli appalti pubblici e l’agricoltura. La Svizzera è il secondo partner economico dell’Unione europea e le aziende svizzere danno lavoro a più di un milione di persone in tutta l’UE.
Petru Constantin Luhan (PPE), per iscritto. – (RO) Ho appoggiato questa relazione poiché accolgo con favore i progressi compiuti nella liberalizzazione della prestazione transfrontaliera di servizi tra l’Unione europea e la Svizzera e, in particolare, gli effetti positivi dell’accordo sulla libera circolazione delle persone. Il costante aumento del numero di lavoratori distaccati e di fornitori di servizi autonomi dell’UE che operano in Svizzera dal 2005 al 2009 (secondo le statistiche vi sono circa 200 000 pendolari transfrontalieri dei paesi dell’UE e dell’EFTA che si recano ogni giorno al lavoro in Svizzera) si è dimostrato vantaggioso per tutti i soggetti coinvolti. A mio avviso, in futuro il governo svizzero e le autorità cantonali dovranno attingere all’esperienza dell’Unione e dello SEE nel settore dei servizi attraverso la trasposizione della direttiva sui servizi.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. − (PT) La Svizzera, insieme all'Islanda, alla Norvegia e al Liechtenstein, fa parte dell'Associazione europea di libero scambio ed è un importante partner commerciale dell'Unione europea. Tuttavia, l'Islanda, la Norvegia ed il Liechtenstein hanno consolidato ulteriormente le proprie relazioni con l'UE, adottando l'Accordo sullo Spazio economico europeo. Visto che la Svizzera si colloca al quarto posto in termini di importanza per volume degli scambi commerciali, l'adozione dell'accordo SEE è del tutto fondamentale. Sono stati questi i motivi che hanno guidato il mio voto.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. − (DE) Questa relazione non presta un'attenzione sufficiente alla sovranità della Svizzera. Per tale ragione ho votato contro.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) È assolutamente essenziale dar vita a un vero e proprio Spazio economico europeo come delineato nel trattato di Porto.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Il gruppo dei Verdi ha appoggiato questa relazione, che formula una serie di osservazioni sugli ostacoli all’attuazione delle regole del mercato interno da parte della Svizzera e dei paesi dello SEE. La relazione, in particolare, sviluppa le seguenti idee: a seguito dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona, la Commissione europea dovrebbe fornire ai parlamenti nazionali degli Stati SEE-EFTA le proposte legislative che sono trasmesse ai parlamenti nazionali dell’UE per consultazione; gli Stati SEE-EFTA dovrebbero stanziare risorse adeguate per l’attuazione della direttiva sui servizi, in particolare per istituire sportelli unici; e gli Stati SEE-EFTA dovrebbero accrescere il proprio coinvolgimento nelle discussioni relative alla direttiva sui diritti dei consumatori, tra le altre proposte.
Oreste Rossi (EFD), per iscritto. –Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo in accordo con la relazione in esame in quanto toglie ostacoli al libero scambio tra i paesi UE e partner commerciali europei importanti.
Riteniamo in particolare per l'Italia che un'attuazione maggiore del mercato interno con la Svizzera potrebbe avere risvolti positivi per le nostre aziende e i nostri lavoratori. Bisogna considerare positiva la decisione già presa dalla Svizzera di ridurre in modo considerevole il segreto bancario, per allinearsi alla necessità di trasparenza come deciso nell'Unione europea.
Catherine Stihler (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione, che raccomanda una maggiore cooperazione e condivisione delle buone prassi, oltre a suggerire le modifiche da apportare dopo Lisbona. La relazione segnala un dato confortante: il deficit di recepimento si colloca allo 0,7 per cento, più o meno allo stesso livello degli Stati membri dell’Unione.
Rafał Trzaskowski (PPE), per iscritto. – (PL) Sono molto lieto che questa relazione sia stata approvata dal Parlamento con una così ampia maggioranza. Spero che i vostri voti a favore della sua adozione stiano anche a significare che vi riconoscete, come me, nei due obiettivi di base della relazione. In primo luogo, io e la commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori abbiamo voluto inserire gli Stati dello SEE non membri dell’UE e la Svizzera nell’agenda della commissione, che si occupa di un tema essenziale per l’UE: il mercato interno. Spero che questi paesi, che dopo tutto sono , i principali partner economici dell’Unione, vi rimangano a titolo permanente. Il secondo obiettivo consisteva nell’affrontare, finalmente, gli ostacoli a questa cooperazione, con particolare riferimento alle barriere esistenti tra Bruxelles e Berna. Spero che il voto del Parlamento in materia convincerà entrambe le parti – sia la Commissione europea che le autorità della Confederazione svizzera – a rivedere i meccanismi che disciplinano attualmente la loro cooperazione.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Gli accordi di libero scambio consentono ai paesi firmatari di scambiare una vasta gamma di prodotti e di sfruttare i rispettivi punti di forza. Sono quindi estremamente lieta che l'Unione europea presto firmerà un accordo di libero scambio con la Corea del sud. Dobbiamo, però, essere sempre molto vigili rispetto ai termini degli accordi commerciali proposti. In questo caso dobbiamo evitare cambiamenti repentini che potrebbero potenzialmente destabilizzare i flussi commerciali. Ne discende la necessità di inserire clausole di salvaguardia, anche per proteggere la nostra industria automobilistica. All'atto pratico sono lieta che la relazione sia stata adottata, in quanto contiene una richiesta dei deputati dell'Assemblea affinché possa essere avviata un'indagine sui flussi d'importazioni, su richiesta di uno Stato membro, del Parlamento europeo, del gruppo consultivo nazionale, di una persona giuridica o di un'associazione che agisce per conto dell'industria dell'Unione e che ne rappresenti almeno il 25 per cento, o su iniziativa della Commissione. Se i produttori europei dovessero subire conseguenze pesanti a causa dell'aumento delle importazioni di un qualche prodotto, possono essere introdotte misure di salvaguardia sotto forma di dazi doganali protettivi.
George Sabin Cutaş (S&D), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione sull’applicazione della clausola bilaterale di salvaguardia dell’accordo di libero scambio UE-Corea. La clausola di salvaguardia tutelerà l’industria e l’occupazione europee da eventuali pregiudizi arrecati dalle importazioni coreane. Un rigoroso monitoraggio del flusso di esportazioni e una tempestiva rettifica di eventuali irregolarità nell’osservanza del principio della concorrenza leale sono aspetti particolarmente importanti. Ritengo pertanto che il Parlamento debba indicare al Consiglio e alla Commissione l’intenzione di approvare questo regolamento il più rapidamente possibile.
Marielle De Sarnez (ALDE), per iscritto. – (FR) Il Parlamento ha approvato gli emendamenti sulla clausola di salvaguardia da includere nell'accordo di libero scambio con la Corea del sud. Tuttavia, questo è solo il primo voto. La votazione finale è stata rinviata alla seduta del 18-21 ottobre in modo da consentirci di raggiungere un accordo con il Consiglio in prima lettura. Tutte le valutazioni sull'impatto svolte dalla Commissione europea hanno dimostrato che la Corea del sud è destinata a trarne maggiori vantaggi rispetto all'UE. La Commissione, pertanto, deve, se non altro, dotarci di una clausola di salvaguardia. Riteniamo che la nostra richiesta sull'introduzione di siffatta clausola sia legittima, in quanto l'impatto dell'apertura del mercato UE ai prodotti sudcoreani può variare considerevolmente da Stato a Stato. È decisamente più semplice infatti prevedere l'impatto delle esportazioni europee in un paese con 50 milioni di abitanti (contro i 500 milioni dell'UE). È altresì vitale che il Parlamento ed i settori industriali interessati abbiano il diritto di avviare un'indagine ai fini di salvaguardia e che il Parlamento abbia un maggiore margine d'azione al fine di migliorare o di bocciare le misure di salvaguardia.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Spero che l’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e la Corea del Sud vada a vantaggio di entrambi i partner e che le restrizioni al libero scambio possano essere minime. Le misure di salvaguardia sono volte ad affrontare i gravi pregiudizi causati alle industrie europee. Considerando l’accordo firmato con la Corea del Sud in ottobre, la clausola di salvaguardia bilaterale dovrebbe essere ulteriormente dettagliata, in modo tale che i vari aspetti della sua attuazione vengano delineati adeguatamente, che osservi un processo trasparente e coinvolga la controparte.
In quanto ostacoli al libero scambio, queste clausole dovrebbero limitarsi a quanto necessario per evitare un pregiudizio di maggiore portata; inoltre dovrebbero essere adeguate e proporzionali alle situazioni per cui sono state definite. Spero che l’industria europea saprà dare segno di una maggiore solidità e creatività in modo da non dover più ricorrere a questa eventualità.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. − (PT) Questa proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio costituisce uno strumento giuridico necessario per mettere in atto la clausola di salvaguardia nell'accordo di libero scambio tra Unione europea e Corea del sud. Il 15 ottobre 2009 è stato siglato un accordo di libero scambio tra UE e la Repubblica di Corea. L'accordo comprende una clausola di salvaguardia bilaterale che prevede la possibilità di reimpostare il trattamento del paese più favorito quando, in conseguenza della liberalizzazione degli scambi, le importazioni aumentano a tal punto e in condizioni tali da infliggere o minacciare di causare danni gravi all'industria UE che produce prodotti analoghi o direttamente concorrenti. Affinché tali misure diventino operative, la clausola di salvaguardia deve essere incorporata nel diritto UE, in quanto bisogna indicare gli aspetti procedurali, ma anche i diritti delle parti interessate nell'ambito dell'imposizione delle misure di salvaguardia.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) L’adozione di questa clausola di salvaguardia, che riconosce le tragiche conseguenze della liberalizzazione e della deregolamentazione del commercio mondiale, non elimina i pericoli e le preoccupazioni relative al libero scambio tra l’UE e la Corea del Sud per quanto concerne il futuro di vari settori dell’economia, soprattutto per alcuni Stati membri, come il Portogallo, e per le regioni che più dipendono da questi settori.
Ricordiamo il settore tessile e dell’abbigliamento, particolarmente interessato da questo accordo; ricordiamo lo studio della direzione generale per l’Occupazione e di Eurofund, , che prevede una diminuzione tra il 20 e il 25 per cento dei posti di lavoro dell’Unione in questo comparto entro il 2020, a fronte di uno scenario più generale in cui andrebbe perso il 50 per cento dei posti di lavoro attualmente esistenti nell’Unione europea. Ricordiamo inoltre settori come l’elettronica e i componenti per autoveicoli.
Il fondamentalismo neoliberale dell’Unione europea continua a sacrificare posti di lavoro e capacità produttiva sull’altare del libero scambio, a favore degli utili delle sue multinazionali; continua a incrementare i deficit e ad alimentare la dipendenza dai mercati esteri, nonché squilibri cronici sempre più accentuati negli scambi. Questa ideologia continua a giustificare gli attacchi ai diritti dei lavoratori, il dumping sociale e la rovina di milioni di piccoli produttori e di molte piccole e medie imprese.
Nathalie Griesbeck (ALDE), per iscritto. – (FR) Questo è il primo accordo commerciale concluso dopo il trattato di Lisbona, il primo accordo che il Parlamento europeo approverà. È quindi importante che il Parlamento faccia sentire la propria voce. Per affermare i nuovi poteri del Parlamento nella definizione della politica commerciale europea, abbiamo votato a favore degli emendamenti presentati dalla commissione parlamentare per il commercio internazionale, ma abbiamo deciso di votare contro il testo della risoluzione nel suo insieme, nel tentativo di raggiungere un accordo migliore con il Consiglio. A tale scopo, dovrebbero essere rivisti svariati punti: vogliamo una vera e propria clausola di salvaguardia, che sia efficace e affronti le distorsioni regionali tra i vari Stati membri dell’UE e che, soprattutto, consenta di evitare situazioni in cui i produttori europei si trovino a dover subire un "grave pregiudizio". C’è inoltre la questione del diritto del Parlamento di richiedere l’avvio di indagini ai sensi della clausola di salvaguardia.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. − (PT) L'accordo di libero scambio tra l'Unione europea e la Corea del sud riveste una grande importanza per lo sviluppo economico degli Stati membri dell'UE. Ad ogni modo, per scongiurare qualsiasi distorsione, assicurando un equilibrio tra importazioni ed esportazioni per entrambe le parti, occorrono clausole di salvaguardia bilaterali. Ai sensi di siffatte clausole, sarà possibile prevenire i potenziali danni che potrebbe subire l'industria comunitaria qualora dovessero aumentare in maniera sproporzionata le importazioni di taluni prodotti. Questo genere di salvaguardia quindi deve essere incorporata nella legislazione UE affinché le misure possano divenire operative.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Rispetto ad altri paesi con cui l’Unione europea ha negoziato o ha già concluso un accordo di libero scambio, l’ex colonia giapponese della Corea del Sud vanta standard sociali e i diritto del lavoro superiori. È importante, nonché giustificato, consentire l’introduzione di una clausola di salvaguardia per un periodo di tempo limitato a livello regionale nei singoli Stati membri dell’UE. L’esperienza passata ha dimostrato che è importante, in particolare per quanto attiene all’importazione e all’esportazione di merci, intervenire per adottare opportune rettifiche strutturali o misure simili.
È inoltre essenziale monitorare le esportazioni e le importazioni negli ambiti potenzialmente più interessati, al fine di evitare gravi pregiudizi a comparti industriali dell’Unione. In linea di principio, la conclusione di accordi commerciali mira a promuovere la crescita economica all’interno dell’UE: per questo motivo ho votato a favore di questa relazione.
Cristiana Muscardini (PPE), per iscritto. – Signora Presidente, condivido pienamente il testo della risoluzione che stabilisce un regolamento che dia la possibilità di attuare misure di salvaguardia ove le importazioni della Corea del Sud, a seguito dell’applicazione dell’ALS, rischiassero di causare un serio pregiudizio ai produttori europei e all'industria manifatturiera.
L'applicazione regionale di tale clausola è fondamentale per dare facoltà non solo agli Stati membri, ma anche alla stessa industria e al Parlamento, di richiedere l'avvio d'indagini a salvaguardia delle esportazioni europee in tempi rapidi. Il voto favorevole alla risoluzione Zalba ci permette di prendere una posizione chiara e decisa verso il Consiglio per confermare il ruolo del Parlamento che è attore e non solo mero esecutore delle politiche commerciali europee.
Siamo molto stupiti che la Presidenza belga abbia inserito nell'ordine del giorno del prossimo Consiglio “Affari esteri” la proposta di decisione sulla firma e l'applicazione provvisoria del trattato prima che lo stesso Parlamento avesse avviato la discussione sul trattato e prima di conoscere il voto dell’Aula sulla clausola di salvaguardia senza aver avuto un trilogo ufficiale, pur conoscendo le incognite circa i contenuti finali. È perciò evidente la necessità di richiamare tutte le istituzioni a un maggior rispetto reciproco secondo quando stabilito dal trattato di Lisbona.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) L’Unione europea è la regione manifatturiera che adotta gli standard più rigorosi del mondo e, al contempo, il mercato più permeabile. Questa situazione crea problemi di estrema gravità, soprattutto per i nostri produttori che, essendo obbligati a rispettare un ampio ventaglio di leggi particolarmente onerose, talvolta devono affrontare costi di produzione più elevati rispetto ai loro concorrenti in altre parti del mondo. Se questi concorrenti ottengono libero accesso ai nostri mercati, si viene a creare un sistema di concorrenza sleale, che non può essere accettato dagli operatori della produzione e della trasformazione, dall’industria e dal commercio. Uno sviluppo di questo tipo arrecherebbe un grave pregiudizio alla società europea sul breve periodo.
Accolgo con entusiasmo questa relazione sul commercio tra l’Unione europea e la Corea del Sud. Dal momento che prevede una clausola di salvaguardia bilaterale tesa a prevenire un grave pregiudizio all’industria europea in caso di elevati volumi delle importazioni, la relazione riconosce questo problema cronico e inizia ad adottare adeguati provvedimenti per contenerlo.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, il 23 aprile 2007 il Consiglio ha autorizzato la Commissione ad avviare negoziati con la Repubblica di Corea allo scopo di concludere un accordo di libero scambio UE-Corea.
L’accordo è stato siglato il 15 ottobre 2009. L’accordo contiene una clausola bilaterale di salvaguardia che dispone la possibilità di riapplicare l'aliquota NPF se per effetto della liberalizzazione degli scambi le importazioni sono effettuate in quantitativi così accresciuti, in termini assoluti o in relazione alla produzione interna, e si svolgono in condizioni tali da arrecare o rischiare di arrecare grave pregiudizio all'industria dell’Unione produttrice di prodotti simili o direttamente concorrenti.
Affinché le misure siano operative, tale clausola di salvaguardia deve essere integrata nella normativa dell’Unione europea, non solo per gli aspetti procedurali relativi alla sua applicazione, ma anche perché occorre specificare i diritti delle parti interessate. Questa proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio costituisce lo strumento giuridico per l’attuazione della clausola di salvaguardia dell'accordo di libero scambio tra l’UE e la Corea del Sud.
Marit Paulsen, Olle Schmidt e Cecilia Wikström (ALDE), per iscritto. – (SV) L’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e la Corea del Sud è molto importante per l’UE. In quanto liberali, vediamo con favore gli accordi di libero scambio e crediamo nei loro effetti positivi sull’economia e sul commercio europei, pertanto siamo particolarmente scettici nei confronti delle clausole di salvaguardia regionali che il Parlamento europeo vuole inserire nell’accordo a titolo di restrizione al libero scambio. Vorremmo invece sottolineare l’importanza del libero scambio per lo sviluppo dell’UE. Se vogliamo che l’Unione sia competitiva sullo scenario del commercio globale, il Parlamento europeo dovrebbe attivarsi al fine di agevolare e gli scambi con il resto del mondo attraverso accordi commerciali scevri da restrizioni.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Il mio gruppo politico non ha presentato alcun emendamento al progetto di relazione, dato che non si riconosce nella proposta che verrà votata contro l’accordo di libero scambio con la Corea in quanto talenell’ambito della prossima procedura del parere conforme. Siamo infatti contrari a lasciare che la scena industriale europea venga determinata arbitrariamente da un singolo accordo di libero scambio. Inoltre ci opponiamo alla clausola di esclusione negoziata dall’UE nell’accordo di libero scambio che consente l’esportazione in Corea di veicoli di grossa cilindrata che non rispettano i ben più rigorosi limiti di emissione di CO2 previsti da questo paese e le relative tempistiche. Riteniamo per altro che la strategia UE 2020 sia un tentativo di incoraggiare una politica industriale di portata europea che dovrebbe essere accompagnata da una moratoria temporanea sugli accordi di libero scambio pendenti potenzialmente in conflitto con la definizione di tale politica.
Ciononostante, in questa situazione appoggiamo la formulazione di clausole di salvaguardia più rigorose e questa particolare salvaguardia rappresenterà un esempio per altri accordi di libero scambio. Condividiamo inoltre il rifiuto opposto dal relatore a una situazione in cui la clausola di salvaguardia coreana nasca esclusivamente nell’interesse dell’industria automobilistica. Concordiamo altresì sulla proposta di prendere in considerazione tutti i rapporti commerciali e le eventuali esigenze di predisporre meccanismi di difesa commerciale.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione Bové, di cui sono responsabile a nome del gruppo dell'Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento europeo, perché credo sia necessaria per riequilibrare e rendere trasparenti le relazioni nella filiera alimentare, promuovendo un quadro equo e competitivo di buone prassi e un sistema di sorveglianza che ne garantisca il corretto funzionamento. Mi auguro che la Commissione prenda in considerazione gli orientamenti adottati oggi dal Parlamento e li introduca nella proposta legislativa che ci presenterà entro la fine dell’anno.
Charalampos Angourakis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La relazione si limita a constatare la tragica situazione della filiera alimentare, che peggiora quotidianamente, e a criticare la Commissione per le carenze della sua comunicazione. Nel documento si accetta però la commercializzazione dei prodotti e si propongono soluzioni per una migliore competitività, trasparenza e informazione nel mercato alimentare, senza affrontare però la causa fondamentale del problema: il metodo produttivo capitalista, che deruba le piccole e medie aziende agricole dei frutti del proprio lavoro e i consumatori del proprio reddito. In Grecia, la politica antipopolare dell’Unione europea, del governo del PASOK (il movimento socialista panellenico) e di Nea Demokratia (Nuova Democrazia), ha rafforzato la morsa dei monopoli sul mercato alimentare e la creazione di cartelli, per esempio per i prodotti lattiero-caseari e i fiori. I prezzi al dettaglio sono di conseguenza saliti alle stelle, incrementando ulteriormente i già massicci profitti dell’industria alimentare e diventando inaccessibili per le famiglie operaie e la gente comune.
Il fabbisogno alimentare della popolazione sarà soddisfatto solo se le classi operaie, i proprietari di piccole e medie aziende agricole e le classi popolari lotteranno insieme contro i monopoli, la politica antipopolare e i suoi rappresentanti, per dare potere al popolo, trasferire alla società i mezzi di produzione e organizzare una produzione agricola pianificata, basata sulle necessità delle famiglie operaie e della gente comune, nel quadro di un’economia popolare.
Alfredo Antoniozzi (PPE) , per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, voto a favore di questa relazione perché, come ben descritto nel punto 3 della stessa, sono stati raggiunti tutti gli obiettivi stabiliti dal trattato di Roma in materia di agricoltura (incremento della produttività, sufficiente approvvigionamento di prodotti alimentari, prezzi al consumo ragionevoli, stabilizzazione dei mercati), tranne l'obiettivo di assicurare un reddito adeguato agli agricoltori. la Commissione dovrebbe pertanto tenere conto di ciò quando redige le proprie proposte di bilancio.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) I nostri agricoltori devono avere la possibilità di guadagnarsi un reddito decoroso a fronte del proprio lavoro, contando anche che essi producono alimenti in linea con rigorosi standard qualitativi e al contempo a prezzi accessibili per i consumatori. Grazie al lavoro svolto dalla commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale, la relazione dell'onorevole Bové è calibrata e delinea una serie di soluzioni atte ad affrontare le sfide del comparto. Il rafforzamento delle organizzazioni dei produttori, l'introduzione di contratti standardizzati in alcuni settori ed il sostegno all'autoregolamentazione, a mio giudizio, sono strade che vale la pena di percorrere. Pertanto ho votato a favore della relazione.
Liam Aylward (ALDE), per iscritto. – (GA) Il reddito medio degli agricoltori è diminuito di oltre il 12 per cento nel 2009 e i costi operativi sono aumentati del 3,6 per cento. Se tale situazione persiste, gli agricoltori non lavoreranno a lungo nella filiera alimentare, che, dal 1996, vede un aumento dei prezzi per i consumatori pari al 3,3 per cento su base annua.
La catena alimentare è una struttura complessa che oggi non funziona adeguatamente. Gli agricoltori non ottengono una ricompensa adeguata per il tempo e gli investimenti spesi nella produzione di alimenti di alta qualità. Se vogliamo contare sugli agricoltori per garantire la sicurezza alimentare in Europa, dobbiamo affrontare la volatilità del mercato e le distorsioni presenti nella filiera, assicurando loro entrate eque.
È necessario garantire prezzi equi per gli agricoltori, un’adeguata trasparenza del mercato e prezzi al dettaglio equi per i consumatori. La Commissione deve esaminare la filiera alimentare. Sostengo quanti richiedono una valutazione minuziosa della distribuzione dei margini di profitto, per identificare con precisione il punto della catena alimentare in cui la distorsione influenza negativamente la competitività.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. − (LT) Ho sostenuto la relazione e condivido le preoccupazioni che esprime sulla situazione degli agricoltori dell'Unione europea. La crisi economica e finanziaria globale e la volatilità dei prezzi dei prodotti alimentari e delle materie prime hanno provocato gravissimi problemi ai produttori agricoli, le cui conseguenze si sono abbattute anche sui consumatori. Benché i prezzi abbiano segnato un aumento del 3,3 per cento dal 1996, i prezzi pagati agli agricoltori sono aumentati solamente del 2,1 per cento, mentre i costi operativi sono lievitati del 3,3 per cento, dimostrando che la catena dell'approvvigionamento alimentare non funziona a dovere. Inoltre il reddito medio agricolo è diminuito di oltre il 12 per cento nell'UE a 27 nel 2009, quindi gli agricoltori non riescono più a produrre un reddito sufficiente a fronte del proprio lavoro. Oltretutto gli agricoltori ed il settore agroalimentare sono comunque tenuti a garantire prodotti agricoli che ottemperano ad elevatissimi standard di qualità a prezzi accessibili per i consumatori. Convengo sulla necessità di una maggiore trasparenza nel comparto agricolo, la Commissione europea deve svolgere un ruolo trainante e proporre l'introduzione dell'obbligo di presentare relazioni periodiche per i principali operatori commerciali europei, le aziende del comparto della trasformazione, i grossisti ed i dettaglianti in relazione ai mercati di competenza.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR) Quando si attraversa una crisi agricola, agricoltori e consumatori avanzano sempre le medesime richieste: prezzi ed entrate trasparenti in tutte le filiere di produzione agricola. La presente relazione sta seguendo proprio questa strada e dobbiamo quindi accoglierla con favore. Mi rammarico comunque del respingimento, per un pugno di voti, della proposta di concedere un trattamento preferenziale alle cooperative, alle PMI e alle organizzazioni di produttori in fase di aggiudicazione di appalti pubblici nella filiera alimentare.
Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, trasparenza, concorrenza, approvvigionamento sono questi solo alcuni degli aspetti affrontati dal collega José Bové che invita la Commissione e il Consiglio ad intervenire per migliorare il funzionamento della filiera alimentare in Europa.
Ho deciso di sostenere con un voto favorevole la eelazione Bové perché credo fermamente che l´efficienza della filiera alimentare debba passare attraverso la rimozione di pratiche commerciali sleali, il monitoraggio dei prezzi, un maggiore coinvolgimento dei produttori e dei consumatori nell'elaborazione di criteri di qualità e sviluppo economico locale.
Jan Březina (PPE), per iscritto. – (CS) Ho votato a favore della relazione presentata dall’onorevole Bové perché ritengo che questo argomento meriti maggiore attenzione in ambito europeo. Ho comunque una riserva sulla relazione: non condivido la scarsa attenzione riservata all’estrema disuguaglianza tra il potere contrattuale degli agricoltori e quello delle imprese di trasformazione; infatti, mentre queste ultime sono integrate ed economicamente forti, gli agricoltori spesso sono frammentati, trovandosi in una posizione contrattuale inevitabilmente più debole. Ciononostante la Commissione desidera rafforzare l’integrazione dell’industria della trasformazione nel mercato interno, nell’ambito del miglioramento della competitività della filiera alimentare europea.
La relazione non indaga soluzioni volte a parificare la posizione degli agricoltori a quella dell’industria agroalimentare e delle catene commerciali. La mia attenzione è stata attirata anche dalla richiesta di porre fine al diffondersi di regimi nazionali e regionali di etichettatura dell'origine e di sostituirli con un nuovo quadro normativo per le indicazioni geografiche nell'ambito della politica di qualità. Dal mio punto di vista, i regimi regionali di etichettatura costituiscono un’adeguata integrazione al sistema di etichettatura europeo, posto che non riducano la libera circolazione delle merci nel mercato interno.
Alain Cadec (PPE), per iscritto. – (FR) La relazione Bové sui prezzi nel settore alimentare e sui redditi degli agricoltori è stata adottata in data odierna, martedì 7 settembre, dal Parlamento europeo, ed è il risultato di una stretta collaborazione tra i gruppi politici, con un contributo significativo del gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano).
Accolgo con favore le proposte avanzate alla Commissione europea, volte al rafforzamento della posizione dei produttori nei negoziati con i distributori. Mi unisco al relatore nel richiedere un adattamento delle norme europee vigenti in materia di concorrenza, per prevenire abusi di posizione dominante.
Ritengo altresì importante la proposta di creare contratti standard che includano clausole sul volume e sui prezzi che garantiscano redditi equi agli agricoltori. Necessitiamo di una nuova regolamentazione per il mercato, che fornisca alla politica agricola comune gli strumenti per combattere le crisi in modo efficace.
Come nel caso dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, attribuisco enorme rilevanza alla promozione di prodotti di qualità e a una produzione sostenibile. È dunque fondamentale che i prodotti importati da paesi terzi rispondano agli stessi requisiti richiesti ai prodotti europei, al fine di prevenire qualsiasi tipo di concorrenza sleale.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. − (PT) Visti i problemi che si evidenziano nella catena di approvvigionamento alimentare a livello europeo e mondiale, devono essere urgentemente individuate delle soluzioni. La relazione ne delinea alcune, tra cui tengo a porre l'accento sulla necessità di favorire un aumento del valore aggiunto della produzione agroalimentare europea, l'importanza di prevedere misure atte a scoraggiare prassi abusive, come l'introduzione di sanzioni e di liste nere delle società che disattendono le norme e la creazione di un osservatorio europeo dei prezzi e dei margini agricoli. Ritengo, inoltre essenziale, promuovere la razionalizzazione della catena dell'approvvigionamento alimentare per ridurre l'impatto ambientale del trasporto delle derrate alimentari, per promuovere la commercializzazione di prodotti locali e per sviluppare in maniera sostenibile l'economia rurale.
Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Ho votato a favore della relazione Bové non solo perché segue la giusta direzione e contiene informazioni molto importanti, ma anche perché apporta numerosi cambiamenti significativi allo scarno testo originale della Commissione. La relazione promuove la varietà dei prodotti, il patrimonio culturale agricolo, i punti vendita al dettaglio e strutture per la vendita diretta da parte degli agricoltori, i posti di lavoro e il finanziamento per le piccole e medie imprese agricole e per le cooperative, per favorire autosufficienza alimentare e protezione ambientale. Pone inoltre l’accento sulla necessità di garantire entrate eque per gli agricoltori, esortando la Commissione a tenere conto di tale aspetto in tutte le proposte di bilancio. La relazione richiede un migliore inquadramento giuridico delle etichette di qualità private, al fine di evitarne la moltiplicazione e garantire una maggiore trasparenza per i consumatori e un miglior accesso ai mercati per i produttori.
Secondo la relazione è necessario vietare la vendita al di sotto del prezzo d'acquisto dei prodotti agricoli a livello dell’Unione europea e si esorta la Commissione a effettuare una revisione dei criteri attualmente utilizzati per valutare i comportamenti anticoncorrenziali, perché, nonostante l’indice Herfindahl sia utile per valutare rischi monopolistici, non è in grado di dare una dimensione reale delle pratiche anticoncorrenziali di tipo collusivo o oligopolistico, come sembra accada nel caso della grande distribuzione organizzata.
Lara Comi (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, il primo obiettivo della PAC è sempre stato quello di garantire entrate eque per gli agricoltori. A seguito dell'esame posto in essere dalla Commissione, si riscontrano delle discrepanze dal principio iniziale che noi tutti non possiamo ignorare. I nostri agricoltori sono convinti che il loro lavoro sia sottovalutato da un punto di vista economico.
Il passaggio dalla prima alla seconda fase della filiera, che li vede protagonisti, oggigiorno non è più considerato elemento determinante per stabilire il prezzo finale, che ricade poi sui consumatori. È necessario controllare le fluttuazioni dei prezzi dei beni primari che danneggerebbe solo ed esclusivamente il consumatore. Ritengo utile prevedere una revisione delle modalità di passaggio della filiera per evitare un incremento del prezzo del bene non congruo con la corretta distribuzione del costo per il lavoro svolto.
Bisogna controllare che il livello asimmetrico tra il costo del prodotto nella prima fase e nell'ultima sia in ascesa creando così un danno per il consumatore. Sul mercato si rischierebbe di commercializzare prodotti più cari che non rispecchierebbero un aumento di qualità. I consumatori devono essere protagonisti per garantire un guadagno equo a tutti gli operatori della filiera produttiva.
Vasilica Viorica Dăncilă (S&D), per iscritto. – (RO) Il settore agricolo è uno dei più duramente colpiti dalla crisi economica e per questo la Commissione europea deve adottare misure volte a promuovere sistemi di produzione sostenibili ed etici e ad indennizzare gli agricoltori per i loro investimenti, creando un equilibrio e favorendo il miglioramento della filiera alimentare europea.
Mário David (PPE), per iscritto. – (PT) La crisi alimentare e l’instabilità dei prezzi degli alimenti e dei prodotti di base hanno generato serie preoccupazioni in merito al funzionamento della filiera alimentare a livello europeo e mondiale. Si è anche accentuata la differenza tra l’aumento del 3,3 per cento del prezzo dei prodotti alimentari su base annua e del 2,1 per cento dei prezzi pagati agli agricoltori, a fronte di un incremento del 3,6 per cento delle spese di gestione; questo andamento riflette la mancanza di trasparenza dei prezzi nella catena alimentare. Relazioni commerciali equilibrate permetterebbero un migliore funzionamento della filiera, favorendo peraltro gli agricoltori; ho quindi votato a favore della presente relazione.
Desidero ribadire che gli obiettivi fondamentali della PAC dovrebbero essere il sostegno all’agricoltura europea e la salvaguardia della competitività nel settore, nonché la garanzia di una produzione alimentare a livello locale e uno sviluppo territoriale equilibrato. Questi obiettivi devono essere perseguiti senza trascurare la capacità di garantire entrate eque nel settore agricolo. Sarà possibile promuovere sistemi produttivi sostenibili ed etici, solo indennizzando equamente gli agricoltori per gli investimenti e per l’impegno profuso in questi ambiti.
Marielle De Sarnez (ALDE), per iscritto. – (FR) Il Parlamento europeo ha invocato un reddito più equo per gli agricoltori nel contesto del miglioramento della catena alimentare. Non è accettabile che i redditi agricoli debbano costantemente scendere, mentre i profitti dell'industria alimentare, dei grossisti e delle catene di vendita al dettaglio multinazionali segnano un incremento. Pertanto chiediamo alla Commissione europea di introdurre alcune misure pratiche (per contrastare le posizioni dominanti, le prassi contrattuali e commerciali vessatorie, i ritardi nei pagamenti e via dicendo) al fine di creare un'economia trasparente ed efficiente in cui le merci abbiano un prezzo giusto, garantendo agli agricoltori un reddito decoroso.
Anne Delvaux (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della presente relazione perché affronta il problema dell’iniqua distribuzione dei profitti lungo la filiera alimentare, in particolare al fine di garantire entrate adeguate agli agricoltori.
Il reddito medio degli agricoltori europei è diminuito di oltre il 12 per cento nell’Unione a 27 nel 2009, mentre i prezzi al consumo rimangono stabili o sono in aumento; questa situazione dimostra chiaramente la scarsa trasparenza dei prezzi lungo la filiera alimentare e la volatilità sempre maggiore dei prezzi delle materie prime. È dunque necessario cercare una maggiore trasparenza nella filiera, per porre fine alle pratiche abusive dei grandi supermercati e dell’industria della trasformazione.
Diane Dodds (NI), per iscritto. – (EN) In linea di principio sono a favore della presente relazione, perché affronta i principali problemi della filiera alimentare. Dobbiamo affrontare la realtà: attualmente nel sistema sussiste una distorsione che concentra troppo potere nelle mani dei dettaglianti; i produttori, di conseguenza, sono costretti a subire i prezzi, senza avere la possibilità di stabilirli. Concordo con i principi alla base della presente relazione, ma ho alcune riserve in merito alle soluzioni proposte dal relatore. Non sono a favore di una regolamentazione eccessiva: più burocrazia aggiungerebbe ulteriore pressione e spese extra nel sistema attuale. Allo stesso modo sono contrario all’istituzione di un organo che monitori a livello europeo tutte le transazioni del mercato, in quanto i costi associati sarebbero proibitivi.
Un mediatore per i supermercati istituito dagli Stati membri può svolgere questo ruolo. Concordo con alcuni emendamenti proposti dai Conservatori e Riformisti europei, ma temo che un rapido passaggio a un mercato più libero non gioverebbe ai produttori della mia circoscrizione elettorale. La loro riluttanza nell’affrontare il potere dei dettaglianti non garantirà l’approvvigionamento alimentare da parte dei produttori nel lungo termine.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione Bové perché è necessario adottare misure volte a garantire entrate eque per gli agricoltori, maggiore trasparenza per i consumatori e un migliore funzionamento della filiera alimentare, particolare soprattutto attraverso proposte legislative per contrastare l’ingiusta distribuzione dei profitti, la volatilità dei prezzi e per ridurre la vulnerabilità degli agricoltori.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Siamo tutti concordi sull'estrema vulnerabilità degli agricoltori alla volatilità dei prezzi a causa delle caratteristiche intrinseche del proprio lavoro. La relazione suggerisce alcune idee valide per tutelarli e alcune che invece lasciano spazio a dubbi. Innanzi tutto, l’obbligo di presentare una relazione annuale sulle quote di mercato rischia di diventare una misura puramente burocratica; in secondo luogo, l’enfasi posta sugli abusi di posizione dominante e di pratiche commerciali sleali nella filiera, perché quando di verificano simili episodi, si applicano le norme in vigore in materia di concorrenza per punire i trasgressori.
Per questo motivo, non vedo alcuna reale necessità di una nuova relazione tra le norme in materia di concorrenza e la PAC. Per quanto riguarda i marchi privati, sappiamo che lasciano maggiore libertà di scelta ai consumatori, i quali, secondo alcuni studi, li preferiscono. Il mercato funziona in questo modo e per questo molti punti della presente relazione dovrebbero essere riconsiderati.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. − (PT) Gli agricoltori devono avere un reddito adeguato. È inaccettabile che dal 1996 i prezzi pagati agli agricoltori siano aumentati solamente del 2,1 per cento, mentre i costi operativi hanno subito un incremento del 3,6 per cento. Parallelamente, i prezzi dei prodotti alimentari sono aumentati del 3,3 per cento su base annua, quindi gli agricoltori sono stati penalizzati. Va osservato che il reddito agricolo medio si è contratto di oltre il 12 per cento nell'UE a 27 nel 2009.
Tutti gli obiettivi connessi all'agricoltura previsti dal trattato di Roma – aumento della produttività, approvvigionamento alimentare adeguato, prezzi al consumo ragionevoli, stabilizzazione del mercato – sono stati raggiunti, salvo per l'obiettivo del reddito equo in agricoltura. Pertanto chiediamo alla Commissione di migliorare lo strumento di controllo sui prezzi dei prodotti alimentari europei al fine di colmare l'esigenza tanto dei consumatori che degli agricoltori di una maggiore trasparenza nella costruzione dei prezzi dei prodotti alimentari. Chiedo inoltre alla Commissione di mettere rapidamente in atto il progetto pilota sulla creazione dell'osservatorio europeo dei prezzi e dei margini agricoli, avvalendosi al contempo dei dati sui prezzi, sui margini e sui volumi per cui il Parlamento ed il Consiglio hanno approvato una riserva di 1,5 milioni di euro nell'ambito del bilancio per il 2010.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione non è all’altezza delle ambizioni espresse nel titolo. Il testo avanza poche proposte e quasi nessuna, su come ottenere entrate adeguate per gli agricoltori si limita invece a espressioni vaghe, persino ambigue, e lascia alla Commissione il compito di formulare proposte, compito che spetterebbe al Parlamento europeo.
Innanzi tutto, per garantire entrate eque agli agricoltori è necessario un distacco netto dalle politiche di liberalizzazione dei mercati agricoli, fissati nel corso della riforma della PAC, nonché l’eliminazione dell’agricoltura dall’Organizzazione mondiale del commercio e dagli “accordi di libero scambio”, che hanno portato a esiti positivi per alcune grandi società operanti nella filiera e conseguenze disastrose per le piccole e medie imprese agricole. Si deve attuare una politica dei prezzi che tenga in considerazione la delicata natura di quest’attività e che, assieme ad altre disposizioni, stabilisca un prezzo minimo equo da pagare agli agricoltori.
È necessario un controllo quantitativo delle importazioni, privilegiando i prodotti europei e rendendo prioritaria la produzione e la sovranità alimentare di ciascun paese. Si deve imporre ai supermercati la vendita di quote significative di alimenti prodotti a livello nazionale, riservando particolare attenzione ai livelli di dipendenza agroalimentare, al relativo equilibrio commerciale e agroalimentare.
Lorenzo Fontana, per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione del collega Bové sul miglioramento della filiera alimentare in Europa costituisce un primo passo importante per una redistribuzione, più equa, delle entrate e per una giusta valorizzazione dei produttori che sono stati, negli ultimi anni, i soggetti più colpiti da pratiche commerciali sleali. Credo sia necessario intervenire nel settore con misure volte ad accrescere il potere negoziale dei produttori. Così come la maggior parte dei produttori europei, anche i produttori della mia regione sono stati fortemente colpiti dal disequilibrio delle entrate nella filiera alimentare e dalla diminuzione dei prezzi dei prodotti agricoli, che ha interessato numerose colture e allevamenti. Le oltre 91.000 imprese registrate, nel 2005, in Veneto sono calate del 14% e tale diminuzione ha riguardato principalmente i piccoli produttori, in pratica, coloro che hanno minore rilevanza nel mercato. Voterò, quindi, a favore della relazione d'iniziativa, augurandomi che ad essa segua una proposta della Commissione altrettanto attenta alla situazione di emergenza in cui versano molti produttori.
Pat the Cope Gallagher (ALDE), per iscritto. – (GA) Sono a favore della relazione sul miglioramento del funzionamento della filiera alimentare presentata dall’onorevole Bové e adottata oggi.
I problemi nella filiera alimentare sono innegabili: sappiamo che gli agricoltori sono i soggetti maggiormente colpiti e per questo bisogna stabilire in modo chiaro e trasparente i prezzi pagati loro. Desidero chiedere alla Commissione europea di integrare le raccomandazioni della presente relazione nella comunicazione sulla PAC dopo il 2013, che verrà pubblicata verso fine di quest’anno.
Elisabetta Gardini (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, il problema è annoso e la situazione, con il crescere del potere e della concentrazione della distribuzione, sta volgendo al peggio.
I piccoli e medi produttori agricoli faticano a raggiungere redditi dignitosi e i consumatori fanno i conti con l’aumento continuo dei prezzi. Non c’è dubbio che nella filiera alimentare a dettare le regole sia soprattutto la grande distribuzione organizzata, soggetto forte nelle condizioni di fornitura. È quindi importante attuare le misure dirette a combattere le pratiche commerciali sleali e innestare meccanismi di trasparenza dei prezzi previsti da questa direttiva, alla quale ho dato con convinzione il mio voto. Tuttavia ciò non è ancora sufficiente per garantire agli agricoltori quei margini di profitto equi che la stessa PAC si pone come obiettivo.
Occorre perfezionare ulteriormente il meccanismo di controllo dei prezzi; incentivare l’istituzione delle organizzazioni dei produttori, al fine di potenziare il potere contrattuale delle singole aziende; migliorare l’organizzazione della filiera alimentare tenendo conto delle diversità dimensionali delle aziende e delle specificità dei vari mercati.
In sostanza per garantire redditi equi a ciascun anello della filiera, soprattutto in un contesto di qualità e di tutela dei consumatori, bisogna affrontare la questione in maniera più incisiva e nella sua complessa globalità.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Una politica agricola non dovrebbe semplicemente garantire prezzi accessibili o bassi per i consumatori, ma dovrebbe anche assicurare entrate eque agli agricoltori per il proprio lavoro, promuovere filiere corte, incoraggiare consumatori, produttori, trasformatori e distributori a pensare in modo “locale e stagionale” (qualità dei prodotti, eccetera) e porre fine ad alcune pratiche attuate dal settore della distribuzione su ampia scala o da intermediari.
Come abbiamo già ribadito più volte in questa Camera, l’agricoltura è differente dalle altre attività economiche, poiché fornisce gli alimenti, preserva il paesaggio ed è alla base della civiltà.
Per questi motivi, non dovrebbe essere soggetta a regole sulla concorrenza, tantomeno a livello internazionale. È vergognoso vedere prodotti agricoli di base, da cui dipendono vite umane, trattati come prodotti finanziari o mercati altamente speculativi. La relazione Bové ha intrapreso la giusta direzione, ma è un peccato che, a causa della maggioranza filoeuropea di questa Camera, rientri nuovamente nel frammentato quadro concettuale dell’Unione europea e dei suoi dogmi.
Nathalie Griesbeck (ALDE), per iscritto. – (FR) Ho votato con convinzione a favore della presente relazione, che fa appello alla Commissione europea affinché adotti misure specifiche volte a garantire entrate eque per gli agricoltori e a un migliore funzionamento della filiera alimentare europea. Si tratta di un voto importante perché gli agricoltori non ricevono un compenso adeguato per i loro prodotti e spesso sono le prime vittime di pratiche commerciali talvolta abusive. Questo testo costituisce un progresso, perché afferma che la posizione negoziale di tutte le parti deve essere equilibrata e che i mercati alimentari devono basarsi su una concorrenza leale, e perché chiede entrate eque per gli agricoltori e prezzi trasparenti per i consumatori. Sono dunque favorevole all’adozione del presente testo, che costituisce un passo in avanti per gli agricoltori e per i consumatori. Se vogliamo mantenere un’agricoltura dinamica e una filiera europea di qualità e vantaggiosa per i consumatori, gli agricoltori devono ricevere di più per la propria produzione.
Françoise Grossetête (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione Bové perché l’agricoltura “a contratto” imposta dagli acquirenti potrebbe indebolire la posizione negoziale degli agricoltori.
Sono dunque necessarie nuove norme per integrare i produttori primari agli altri anelli della catena e per garantire prezzi trasparenti per i consumatori.
La creazione di contratti standard, con clausole sul volume e sul prezzo, permetterebbe ai produttori di rafforzare la propria posizione negoziale verso i settori finali della filiera. Questi contratti potrebbero aiutare nel prevenire pratiche quali modifiche delle condizioni contrattuali, pagamenti tardivi e rivendite in perdita e dovrebbero anzi diventare obbligatori in alcuni settori.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione Bové sui prezzi dei prodotti alimentari, poiché dobbiamo garantire un reddito stabile agli agricoltori, proteggendo al contempo i prezzi al consumo. Ultimamente una serie di fluttuazioni dei prezzi dei prodotti alimentari di prima necessità, tra cui il latte, hanno acceso i riflettori sulla grave situazione in cui attualmente versano molti agricoltori. I prezzi di vendita si contraggono e gli agricoltori non riescono più a viverci. Dall'altro capo della catena i consumatori non godono mai dei benefici dovuti alla diminuzione dei prezzi, se e quando si verificano. Eppure, quando i prezzi aumentano, anche in conseguenza di attività speculative, il prezzo al consumo lievita immediatamente. È necessario intensificare con urgenza la trasparenza sul ruolo degli intermediari, soprattutto i distributori su larga scala.
Alan Kelly (S&D), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della relazione, in quanto esprime esasperazione per gli abusi perpetrati dai grossisti e dalle multinazionali ai danni degli agricoltori. La ricchezza deve essere distribuita equamente lungo la catena dell'approvvigionamento alimentare. Spero che la Commissione agisca con rapidità, proponendo un meccanismo atto ad affrontare questo genere di problemi. Siffatta iniziativa, se attuata, contribuirebbe enormemente a migliorare la vita della comunità agricola in Irlanda, motivo per cui la sostengo.
Elisabeth Köstinger (PPE), per iscritto. − (DE) Sostengo la relazione dell'onorevole Bové che invoca un miglioramento della catena di approvvigionamento alimentare. Il testo verte su temi chiave per lo sviluppo futuro del comparto agricolo e quindi sull'approvvigionamento in sicurezza e sotto debito controllo di alimenti salutari e freschi per la popolazione europea. Le preoccupazioni principali degli agricoltori vertono sulla trasparenza dei prezzi, sulla concorrenza leale, sulle restrizioni agli abusi di potere dei compratori, sul miglioramento dei contratti, sull'intensificazione del ruolo dei gruppi di produttori e sulle limitazioni alla speculazione sulle materie prime agricole. La relazione invia un segnale chiaro dal Parlamento alle piccole imprese agricole familiari in un momento di crisi economica globale. Il documento, inoltre, si rivolge contro tutti coloro che nella catena alimentare contribuiscono ad esacerbare i problemi connessi ai prezzi. Non dobbiamo consentire che agli agricoltori vengano praticati prezzi inferiori rispetto ai costi di produzione che essi debbono sostenere.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. − (PT) L'Unione europea riuscirà ad avere un comparto agricolo forte atto a garantire l'autosufficienza solo se gli agricoltori riusciranno ad avere un reddito adeguato e se quanto producono viene venduto ad un prezzo giusto. Ad ogni modo, le grandi pressioni esercitate dalle principali catene di approvvigionamento alimentare hanno provocato una diminuzione dei prezzi pagati agli agricoltori ed un aumento dei costi dei prodotti per i consumatori. Gli aumenti dei prezzi al consumo devono riflettersi nei prezzo pagato agli agricoltori, poiché solo in questo modo si avrà una relazione commerciale bilanciata. Sono stati questi i motivi che hanno guidato il mio voto.
Marine Le Pen (NI), per iscritto. – (FR) Se da una parte accolgo con favore le conclusioni della presente relazione sulla disastrosa situazione dell’agricoltura europea, dall’altra mi rammarico che l’unica soluzione proposta sia avere sempre più Europa: più leggi europee e filoeuropee e più interventismo burocratico.
Date le nostre identità e tradizioni locali, regionali e nazionali, le profonde differenze in termini di prassi e le diverse necessità dei mondi economici e sociologici degli agricoltori dell’Unione, le misure adottate dai filoeuropei devono essere urgentemente messe in discussione. Ci troviamo di fronte a una politica fallita che ha acuito la desertificazione rurale, il quasi monopolio, le pratiche sleali dei distributori e degli acquirenti su ampia scala, e diverse forme di speculazione che stanno distruggendo i nostri agricoltori.
Il buon comune suggerisce che gli agricoltori ricevano sostegno per ottenere entrate eque in una filiera alimentare sicura, ben funzionante e di buona qualità, e tutto questo deve avvenire a livello nazionale. Dobbiamo rinazionalizzare la politica agricola comune (PAC) e discostarci dalle argomentazioni liberali e internazionaliste della Commissione europea.
Astrid Lulling (PPE), per iscritto. – (DE) Non mi è stato permesso di intervenire nel corso della discussione sulla relazione Bové e non ho potuto spiegare per quale motivo non voto a favore della relazione; desidero quindi chiarire in questa sede che, per ora, viviamo ancora nell’Unione europea, e non nell’Unione sovietica.
Rifiuto quindi tutte le soluzioni proposte dall’onorevole Bové che non sono compatibili con la nostra economia sociale di mercato.
Concordo sull’identificazione delle cause dei problemi, quali l’abuso di potere d’acquisto degli acquirenti dominanti, pagamenti tardivi, restrizioni dell’accesso al mercato e molti altri fattori che sono alla base del malfunzionamento della filiera alimentare.
Dobbiamo agire, e siamo certamente pronti, per garantire entrate eque agli agricoltori, senza colpire l’industria della trasformazione o il commercio a livello mondiale. A differenza delle autorità nazionali, l’industria della trasformazione e il commercio devono affrontare l’economia reale; tuttavia, se l’aiuto, a cui gli agricoltori hanno diritto e su cui contano, arriva con oltre 12 mesi di ritardo, avrà sulle entrate degli agricoltori le stesse ripercussioni negative di alcune riprovevoli pratiche impiegate nell’industria della trasformazione e nel commercio, al momento in attesa di revisione.
Non voterò pertanto a favore della relazione se non saranno prima eliminate le incoerenze che si oppongono al sistema.
Marisa Matias e Miguel Portas (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Abbiamo votato a favore della presente relazione perché comprende numerose proposte volte al riequilibrio delle relazioni di forza tra gli attori coinvolti nella produzione e nella filiera alimentare. Attualmente le piccole e medie imprese agricole sono l’anello debole di questa catena; senza entrate eque sarà impossibile combattere con successo la desertificazione di origine antropica delle aree rurali e, allo stesso tempo, riorganizzare in termini ambientali l’agricoltura su piccola scala e la relativa industria di trasformazione.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (LV) Concordo con tutti i punti della relazione Bové. L’atteggiamento improduttivo della Commissione europea nei confronti degli agricoltori e il costante desiderio di aumentare le tasse su produzione, approvvigionamento, vendita e stoccaggio possono portare a un crollo della produzione agricola europea tra il 30 al 50 per cento rispetto a oggi.
Gli europei dipenderebbero allora completamente dall’importazione da Cina, India, America del Sud e Russia, dove i costi nel settore sono sensibilmente più bassi. La relazione Bové chiarisce alla Commissione europea che gli onorevoli membri del Parlamento non permetteranno al Presidente Barroso e ai suoi Commissari di esercitare pressioni sugli agricoltori, privandoli delle proprie entrate a favore delle finanze pubbliche dell’Unione. Dobbiamo “rimproverare” quanti vogliono rendere più difficile e complicata la vita degli agricoltori.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Nella filiera alimentare qualcosa sta andando per il verso sbagliato. I prezzi al dettaglio non sono in alcun modo correlati con i prezzi pagati alle piccole imprese agricole per il loro duro lavoro e si registrano sempre più pratiche sleali e abusi di potere d'acquisto dominante: per esempio, in occasione di anniversari o di piani di ristrutturazione, i distributori attingono direttamente alle tasche della catena di distribuzione. Le piccole aziende vengono spremute come limoni e le società ricorrono a deprecabili pratiche fraudolente di etichettatura di prodotti scaduti, come è avvenuto nel caso della carne avariata.
Se vogliamo porre fine al declino delle regioni agricole e alla diminuzione del numero di agricoltori, è giunto il momento di interrompere lo stanziamento di sussidi agricoli alle grandi multinazionali e ai milionari e di elargirli a chi ne ha bisogno per sopravvivere. Se il centralismo dell’Unione e il meccanismo di scaricare le colpe su altri messo in atto da Bruxelles lo rendono impossibile, la rinazionalizzazione dei sussidi agricoli rimarrà l’unica soluzione praticabile. Questa relazione non apporta alcun reale miglioramento alla situazione, sebbene alcune idee siano corrette. Di conseguenza, mi sono astenuto dal voto.
Claudio Morganti (EFD), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho dato il mio voto positivo alla relazione in quanto la ritengo positiva per l'industria alimentare Italiana.
In particolare trovo indispensabile l'adozione di strumenti di sostegno per lo sviluppo di filiere corte e di mercati gestiti direttamente dagli agricoltori, riducendo così le varie intermediazioni a vantaggio dei consumatori che acquisteranno i prodotti ad un prezzo più equo. Inoltre si invita la Commissione a prendere provvedimenti seri contro la concorrenza sleale la quale provoca un impatto negativo sui piccoli produttori.
Radvilė Morkūnaitė-Mikulėnienė (PPE), per iscritto. – (LT) Di fronte alla recessione economica e ai capricci del clima, gli agricoltori europei si trovano ad affrontare inevitabili difficoltà e sorgono problemi significativi soprattutto in relazione al fluttuare dei prezzi dei prodotti agricoli di base e degli alimentari. La comunicazione della Commissione europea fa riferimento a trasparenza dei prezzi, concorrenza e migliore qualità dei prodotti, ma mancano alcuni elementi importanti. Per questo motivo, la risoluzione adottata oggi è di fondamentale importanza: il Parlamento europeo, esprimendo il proprio parere, porta l’attenzione sull’iniquo potere contrattuale degli agricoltori, che ha spinto molti attori del mercato agricolo ad abusare della situazione, attraverso la distorsione delle entrate degli agricoltori, contratti sleali e accordi di cartello. Ho votato a favore della presente risoluzione perché, dal mio punto di vista, dobbiamo garantire un migliore funzionamento della filiera alimentare e ottenere entrate eque per gli agricoltori, prezzi trasparenti lungo la filiera, promuovere la concorrenza, combattere la volatilità dei prezzi e favorire un migliore scambio di informazioni tra i partner di mercato, in vista di sfide future, quali il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità.
Rareş-Lucian Niculescu (PPE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione Bové perché affronta un grave problema attuale e suggerisce provvedimenti utili per alleviarlo; ho votato comunque contro gli articoli che propongono misure che non incoraggiano la libertà economica e la competitività. Non dobbiamo dimenticare che non vi sono alternative a una politica economica equa, anche in agricoltura, nonostante la natura particolare del settore. Ancora una volta, mi rammarico per il mancato riferimento alle politiche di sviluppo rurale; spero comunque che nelle future proposte legislative della Commissione ci sarà posto per misure eque e utili.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. − (DE) La relazione contiene alcuni elementi molto positivi ed importanti, come il tentativo di contrastare i monopoli nel comparto agricolo al fine di garantire un reddito certo ai piccoli agricoltori. Mi oppongo però all'approccio enunciato nel testo in cui si vuole introdurre una maggiore regolamentazione comunitaria per risolvere i problemi del comparto agricolo. Non è questa la strada giusta da seguire. Bisogna rapidamente restituire potere al livello nazionale e regionale, dove le sfide possono essere affrontate in maniera più immediata. Pertanto mi sono astenuto.
Rolandas Paksas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione Bové perché uno degli obiettivi principali della politica agricola comune dell’Unione (entrate eque per gli agricoltori) non è ancora stato raggiunto. Nonostante l’aumento annuo del 3,3 per cento dei prezzi alimentari nell’UE a partire dal 1996, i prezzi offerti agli agricoltori sono aumentati solo del 2,1 per cento, e i costi operativi del 3,6 per cento: questi dati dimostrano lo squilibrio nella filiera alimentare causato della posizione dominante delle aziende agroindustriali, delle società che forniscono fattori produttivi agricoli, delle imprese di trasformazione e dei dettaglianti. Ritengo necessario promuovere lo sviluppo delle organizzazioni di produttori e di cooperative agricole, perché aumentano l’influenza e il potere negoziale degli agricoltori. Concordo con le proposte della relazione volte a una maggiore trasparenza dei prezzi nel settore alimentare, finalizzate in particolare alla lotta alla speculazione globale sulle materie prime alimentari, al controllo della volatilità dei prezzi e a garantire un migliore scambio di informazioni sui prezzi e sui contratti tra la parti del mercato. È particolarmente importante prevenire l’abuso di potere degli acquirenti nella filiera alimentare. Sono pienamente d’accordo con la proposta della commissione per l’agricoltura di introdurre programmi volti a stimolare la vendita di prodotti sui mercati locali e a concedere un trattamento preferenziale alle organizzazioni di produttori, alle cooperative agricole e alle PMI in occasione dell’aggiudicazione di appalti pubblici nella filiera alimentare. È deplorevole che il Parlamento abbia respinto tale proposta.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho espresso il mio voto favorevole alla relazione per le stesse ragioni del titolo che essa reca: garantire entrate eque per gli agricoltori. Tuttavia, anche se questo risulta essere uno degli obiettivi della politica agricola comune, rispetto ad altri obiettivi quali una maggiore produttività e la competitività globale dell’industria alimentare europea ha sempre avuto meno attenzione. Sono cosciente dei fattori che compromettono un adeguato funzionamento della filiera alimentare in Europa. Essi sono divenuti evidenti a causa della grave volatilità dei prezzi delle materie prime nel settore agroalimentare.
Tali problemi sembrano essere strettamente collegati all'aumentata concentrazione nei settori delle aziende di trasformazione, dei grossisti, dei dettaglianti e delle catene di supermercati, al loro sempre maggiore potere di mercato e a varie pratiche di abuso di potere d'acquisto dominante nella filiera alimentare. Sono d'accordo con il relatore quando afferma che per rispondere a tali problemi è auspicabile e opportuna una migliorare trasparenza dei prezzi lungo la filiera alimentare al fine di aumentarne la concorrenza e di combatterne la volatilità ed una migliore circolazione tra i partner commerciali delle informazioni concernenti domanda e offerta.
Rovana Plumb (S&D), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della presente relazione perché avanza proposte concrete per un migliore funzionamento della filiera alimentare e per garantire entrate eque agli agricoltori.
Il miglioramento del funzionamento delle filiere alimentari dovrebbe includere: una differenziazione e revisione delle norme igieniche; il decentramento e la semplificazione dei sistemi di certificazione e di controllo; la promozione di relazioni dirette tra produttori e consumatori e di filiere alimentari brevi; il coinvolgimento dei produttori e dei consumatori nell’elaborazione di criteri di qualità e di commercio equo, nonché di criteri di sostenibilità ambientale per quanto riguarda le forniture alimentari al pubblico (servizi di ristorazione) quale strumento per migliorare la qualità dei prodotti alimentari e lo sviluppo economico locale, favorendo al contempo i prodotti a “chilometro zero” e riducendo la dipendenza dai prodotti chimici per l’agricoltura; perdite estremamente elevate di cibo lungo l’intera filiera alimentare, che nella maggior parte degli Stati membri raggiungono il 30 per cento dei generi alimentari prodotti e immessi sul mercato; l’influenza del Programma europeo di aiuto alimentare sulla filiera alimentare, il quale si occupa di 43 milioni di poveri in Europa e che deve essere rivisto in termini di un migliore collegamento tra produttori e consumatori locali .
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore l’adozione della relazione Bové che, nonostante introduca le proposte della Commissione per la creazione di organizzazioni di produttori agricoli, sottolinea l’enfasi posta dalla commissione per l’agricoltura sul fatto che la revisione delle norme in materia di concorrenza dovrebbe rispecchiare i differenti livelli di competitività in relazione ai mercati e alle catene di distribuzione. Anche il volume di dettaglianti locali indipendenti, mercati, filiere alimentari locali e sistemi di approvvigionamento alimentare di semisussistenza deve pertanto essere presi in considerazione. Le norme europee in materia di concorrenza dovrebbero aumentare il potere negoziale delle organizzazioni di produttori, permettendo loro di ottenere un prezzo equo per la propria produzione.
Daciana Octavia Sârbu (S&D), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione Bové perché è necessaria una maggiore trasparenza nel mercato alimentare europeo. La filiera alimentare non funziona in modo adeguato e gli speculatori ne traggono il maggiore vantaggio. Gli agricoltori europei necessitano di entrate eque e sicure; dobbiamo far sì che non siano sempre questi ultimi le vittime più colpite nella filiera alimentare, garantendo una concorrenza leale.
Christel Schaldemose (S&D), per iscritto. – (DA) A nome degli eurodeputati socialdemocratici danesi (onorevoli Jørgensen, Schaldemose, Thomsen e Christensen), desidero esprimere il nostro sostegno a una maggiore chiarezza e trasparenza sui prezzi dei prodotti alimentari nell’Unione europea. Riteniamo tuttavia che la presente relazione persegua uno scopo differente, ovvero l’aumento degli attuali aiuti agricoli e un controllo ancora più centralizzato sui prezzi degli alimenti. Per questo motivo abbiamo votato contro la risoluzione finale, sebbene sosteniamo la necessità di trasparenza sui prezzi degli alimenti e sulla distribuzione dei profitti nel settore alimentare.
Olga Sehnalová (S&D), per iscritto. – (CS) Accolgo con favore la presente relazione poiché apre il dibattito sulla reale situazione della filiera alimentare in Europa. Gli agricoltori si trovano di fronte a una continua riduzione dei prezzi per la maggior parte dei prodotti, mentre i prezzi finali dei prodotti nella distribuzione al dettaglio rimangono invariati o aumentano. È necessario rafforzare la posizione contrattuale dei produttori e dei consumatori e, più in generale, eliminare gli squilibri relativi al potere contrattuale dei diversi anelli della catena alimentare. Questo argomento dovrebbe rientrare nelle discussioni sulla nuova PAC; ho votato a favore della presente relazione.
Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. – (NL) Ho accolto con favore la relazione Bové sulle entrate eque per gli agricoltori e su un migliore funzionamento della filiera alimentare. Sussiste un’enorme differenza tra il prezzo pagato agli agricoltori per i propri prodotti e quello pagato invece dal consumatore finale: il motivo è evidente a tutti. È giusto dunque chiedere una maggiore trasparenza sui prezzi, sia per gli agricoltori che per i consumatori. La relazione rivolge un appello alla Commissione, affinché identifichi i reali costi di produzione sostenuti dagli agricoltori e il prezzo che viene pagato loro per i prodotti, a beneficio della trasparenza dei margini di profitto di tutti gli anelli della filiera. Gli agricoltori non devono essere vittime del prezzo poco trasparente fissato dalle catene di supermercati.
La chiarezza sui profitti degli intermediari e delle catene di supermercati su un determinato prodotto fornirà all’agricoltore una posizione negoziale più forte. Inoltre, una maggiore trasparenza permetterà di ridurre l’abuso di potere dei supermercati nella fissazione dei prezzi, Mentre trasparenza e concorrenza leale favoriranno una filiera sostenibile. Attualmente vediamo le Fiandre importare pomodori dalla Spagna e viceversa: una maggiore trasparenza dei prezzi e dei margini di profitto permetterà di prevenire queste pratiche inefficienti e dannose dal punto di vista ambientale.
Marc Tarabella (S&D), per iscritto. – (FR) Accolgo con favore l’adozione dell’eccellente relazione Bové, in cui si chiedono entrate più eque per gli agricoltori, maggiore trasparenza e un migliore funzionamento della filiera alimentare in Europa. Mi rammarico tuttavia della posizione di maggioranza adottata dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano) e dal gruppo dell'Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l'Europa, che, tornando agli emendamenti di compromesso negoziati diversi mesi fa, hanno respinto alcuni paragrafi fondamentali della presente relazione. La mancata approvazione, tra gli altri, del paragrafo 52 che richiede un trattamento preferenziale per le organizzazioni di produttori, le cooperative di agricoltori e le piccole medie imprese in fase di aggiudicazione di appalti pubblici, non lascia spazio ad alcun dubbio: la priorità è stata attribuita agli interessi dei settori di distribuzione e di trasformazione, a scapito dei produttori.
Artur Zasada (PPE), per iscritto. – (PL) Ho ascoltato con piacere l’esito della votazione odierna. Dal punto di vista economico, le associazioni volontarie dei produttori costituiscono per gli agricoltori il metodo più efficace per collaborare. Tali organizzazioni aumentano il potere negoziale degli agricoltori sul mercato, bilanciano le loro opportunità nei negoziati con l’industria della trasformazione e ottimizzano la produzione senza la necessità di un eccessivo sostegno esterno. Per far fronte alla concorrenza, gli agricoltori devono collaborare più strettamente. La cooperazione e il coordinamento sotto forma di organizzazioni di produttori permettono di intraprendere una serie di iniziative, quali la promozione dei prodotti regionali e la creazione di campagne di informazione per i consumatori, garantendo anche una maggiore varietà sul mercato dell’Unione.
I gruppi costituiscono inoltre lo strumento migliore per determinare le diverse necessità nelle aree di pianificazione strategica, la razionalizzazione dei costi, l’ottimizzazione dell’efficienza agricola e l’organizzazione della vendita dei prodotti agricoli. Il denaro speso per i gruppi di produttori gioverà allo sfruttamento del potenziale umano e di investimento, alle entrate e alla posizione di mercato delle aziende agricole.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione sul finanziamento e il funzionamento del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) perché sono convinto che debba essere mobilitato più rapidamente, soprattutto in un momento in cui bisogna renderlo uno strumento di sostegno flessibile e permanete per far fronte all’aumento della disoccupazione a seguito della crisi economica e finanziaria.
Alfredo Antoniozzi (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, il FEG si è dimostrato un buono strumento a livello UE per fronteggiare le conseguenze della crisi finanziaria, soprattutto nell’ambito occupazionale. Tuttavia l’aumento del numero di domande d’intervento e le difficoltà nell’applicazione della sua procedura d’attivazione ed esecuzione richiedono una rapida modifica delle sue disposizioni procedurali e di bilancio. Auspicando che ciò avvenga in maniera rapida e puntuale voto a favore di questa relazione.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) ha l’obiettivo di sostenere i lavoratori, in particolare nelle regioni e nei settori che hanno subito le conseguenze della nuova economia globale; il Fondo è dotato di un importo massimo di 500 milioni da utilizzarsi per il sostegno al reinserimento nel mercato del lavoro. È indispensabile migliorare il finanziamento e l’operatività del FEG, che devono essere semplificare per permettere una più rapida e agevole mobilitazione del Fondo. Questi sono i motivi alla base degli emendamenti che ho presentato alla commissione per i problemi economici e monetari in merito a questa relazione. Il FEG deve divenire uno strumento efficace di una politica sociale europea che presenta alcune lacune. Ritengo che la relazione Portas debba essere approvata, sebbene in forma semplificata, ed è per questo che l’ho supportata.
Liam Aylward (ALDE), per iscritto. – (GA) Approvo appieno quanto sostenuto nella relazione riguardo alla riduzione dei tempi necessari all’erogazione dell’assistenza finanziaria da parte del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione ai lavoratori rimasti senza occupazione a causa della globalizzazione o della crisi economica. A questi lavoratori, il Fondo deve fornire assistenza con prontezza ed efficacia.
È evidente che i tempi di applicazione del Fondo vanno notevolmente ridotti. La relazione illustra chiaramente che il tempo che intercorre tra la presentazione della domanda e l’erogazione del finanziamento può essere ridotto, migliorando in questo modo l’efficacia del Fondo.
Approvo il contenuto della relazione riguardo alla creazione di una struttura di comunicazione e amministrazione del Fondo a livello nazionale, al fine di garantire alle persone interessate una migliore informazione sullo stato e sull’esito delle domande presentate e il processo seguente la concessione del finanziamento.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. − (LT) Ho espresso sostegno per questa relazione. Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione inizialmente era stato concepito solo come mezzo per contrastare l'impatto avverso della globalizzazione sui lavoratori più vulnerabili e meno qualificati di determinati settori, che avevano perso il lavoro a causa dei grandi cambiamenti intervenuti nelle tendenze commerciali mondiali suscettibili di turbare gravemente l'economia. Il 1° giugno 2009 il campo d'azione era stato esteso in modo da includere i lavoratori che perdono il lavoro come conseguenza diretta della crisi economica e finanziaria; a tal fine il periodo di presentazione delle richieste partiva dal 1° maggio 2009 fino al 31 dicembre 2011. Benché ultimamente sia stato registrato un aumento nel numero delle domande, l'impiego del FEG permane limitato nelle regioni più povere dell'UE, in cui è più acuta la necessità di aiuti tra i lavoratori che sono stati licenziati. Questo impiego non omogeneo del FEG si ricollega alle differenti strategie degli Stati membri. Sostengo le disposizioni delineate nel documento, secondo cui il sostegno finanziario dal FEG deve essere erogato quanto più rapidamente ed efficacemente affinché possa supportare quanti più lavoratori possibili. È necessario preparare ed approvare nuove misure in modo che gli Stati membri possano redigere le domande per la mobilitazione del FEG non appena vengono annunciati licenziamenti collettivi, e non dopo, abbreviando inoltre i tempi richiesti per giungere ad una decisione in merito alle assegnazioni.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore di questa relazione, perché le conseguenze negative della crisi economica e finanziaria sull’occupazione e sul mercato del lavoro europei sono ancora vaste e continuano i licenziamenti di massa in vari settori economici. Di conseguenza il numero di domande d‘intervento del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione da parte degli Stati membri è in notevole aumento; le attuali procedure di sostegno finanziario sono però troppo complesse e occorrono tempi lunghissimi per ottenere i finanziamenti. Attualmente il FEG impiega dai 12 ai 17 mesi per fornire sostegno finanziario a uno Stato membro, il che significa che la maggioranza dei lavoratori in esubero non ottiene sostegno per un lungo periodo, diventando così vittima delle conseguenze della globalizzazione e della crisi. Per questo motivo è urgente semplificare le procedure del Fondo, perché solo in questo modo sarà possibile dimezzare i tempi necessari all’ottenimento del sostegno finanziario. È inoltre indispensabile che le istituzioni europee garantiscano un’agevole e rapida adozione delle decisioni su questioni riguardanti l’erogazione di sostegno finanziario, perché ulteriori ritardi non farebbero che aggravare l’incresciosa situazione dei lavoratori in questo momento.
Invito inoltre gli Stati membri a scambiare modelli di buone prassi e in particolare a prendere esempio da quei paesi che hanno già introdotto reti d’informazione del FEG nazionali, coinvolgendo le parti sociali e quelle interessate a livello locale, in modo da costituire un valido sistema d’aiuto in caso di licenziamenti di massa.
Alain Cadec (PPE), per iscritto. – (FR) L’obiettivo del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) è di rimediare alle conseguenze negative della globalizzazione per i lavoratori più vulnerabili e meno qualificati rimasti senza occupazione per ragioni economiche. Questo si rende ancor più necessario nell’attuale contesto di crisi economica. Il valore aggiunto del FEG risiede nella natura visibile, specifica e temporanea del sostegno finanziario fornito a programmi personalizzati di reinserimento professionale dei lavoratori.
È necessario prorogare fino alla scadenza dell’attuale quadro finanziario pluriennale la deroga introdotta nel giugno 2009 per assistere i lavoratori in esubero a seguito della crisi economica. Per accelerare e semplificare le procedure, occorre garantire un coordinamento più efficace tra la Commissione e il Parlamento europeo, in modo da ridurre il termine massimo per le decisioni.
La Commissione dovrà tenere debito conto del calendario del Parlamento e informarlo in tempo utile in merito ad eventuali difficoltà incontrate in sede di valutazione delle domande degli Stati membri. È infine auspicabile che la Commissione migliori la rendicontazione sul ricorso al FEG, trasmettendo regolarmente al Parlamento europeo informazioni sull’impiego dei contributi finanziari da parte degli Stati membri.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. − (PT) Ho votato a favore della risoluzione, poiché condivido le richieste avanzate alla Commissione europea affinché il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) divenga più efficiente, prevedendo, tra l'altro, un'analisi dei contribuiti concessi in modo da tener conto dell'impatto prodotto sulla rete dei beneficiari e sulle medie imprese che potrebbero risentire dei piani sugli esuberi e di cui dipendenti potrebbero trarne beneficio. Condivido inoltre le proposte avanzate dalla Commissione volte a dimezzare i tempi per la mobilitazione del FEG, in particolare la Commissione dovrà disporre delle capacità tecniche ed umane necessarie, rispettando il principio della neutralità di bilancio, in modo da elaborare le richieste presentate dagli Stati membri in tempi brevi e con efficacia.
Françoise Castex (S&D), per iscritto. – (FR) Nell’ambito della valutazione intermedia degli strumenti finanziari dell’Unione, ho votato a favore di questa risoluzione perché la Commissione per i bilanci ha elaborato una relazione sul Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG), uno strumento volto a sostenere la riqualificazione e il reinserimento professionale dei lavoratori per i quali è evidente il legame tra il licenziamento e la globalizzazione o la crisi economica.
Per noi socialisti, l’analisi di questa relazione ha rivelato che destra e sinistra vedono la questione in maniera molto diversa. Secondo i socialisti è di vitale importanza mantenere il Fondo, perché, indipendentemente dalla crisi, la globalizzazione ha conseguenze negative sull’intero tessuto industriale. Al contrario, la destra ritiene che il Fondo dovrebbe avere un termine massimo, il 2013, perché la globalizzazione non può che essere un elemento positivo in un clima economico ritornato stabile.
Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Portas, deputato del gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica, che ha fornito una corretta valutazione dell’importanza e del ruolo del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. La relazione contiene anche suggerimenti e proposte su come utilizzare il Fondo al meglio, al fine di dare sostegno alle “vittime” dei licenziamenti dovuti alla globalizzazione neoliberale e alla crisi economica, le cui conseguenze sui lavoratori europei sono particolarmente dure.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione sul finanziamento e il funzionamento del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. L’aumento del numero di domande d’intervento del FEG e le difficoltà nell’applicazione della sua procedura d’attivazione ed esecuzione richiedono una rapida modifica delle sue disposizioni procedurali e di bilancio. Data la varietà dei casi, la Commissione europea deve delineare una proposta mirata a una maggiore flessibilità dei criteri d’intervento applicabili ai singoli Stati membri in modo da evitare disuguaglianze nell’accesso a tale strumento.
Göran Färm (S&D), per iscritto. – (SV) Noi socialdemocratici svedesi oggi abbiamo scelto di votare a favore della relazione sul finanziamento e il funzionamento del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. Il FEG sostiene i singoli lavoratori vittime di licenziamenti a seguito degli effetti della globalizzazione e fornisce assistenza finanziaria per la loro riqualificazione e formazione supplementare per facilitarne il reinserimento professionale.
La relazione contiene proposte specifiche per dimezzare i tempi necessari all’attivazione del Fondo, a livello sia nazionale che europeo. Propone inoltre di coinvolgere le parti sociali, sia nella fase di presentazione della domanda sia al momento dell’attuazione delle misure finanziate. La relazione propone di estendere il periodo di validità della deroga che consente di ricevere assistenza anche ai lavoratori che restano senza occupazione in seguito alla crisi finanziaria. Riteniamo che questo strumento sia di vitale importanza per contrastare gli effetti della crisi finanziaria e per evitare che i lavoratori restino definitivamente esclusi dal mercato del lavoro.
Il paragrafo 16 della relazione propone inoltre che la Commissione valuti la possibilità di istituire un Fondo di adeguamento alla globalizzazione permanente. Desideriamo tuttavia sottolineare che le parole non sono indicative di una posizione definitiva sulla questione, ma indicano semplicemente che la Commissione indagherà e valuterà i benefici derivanti da un Fondo permanente. Vorremmo oltretutto ribadire che la politica del mercato del lavoro è di responsabilità degli Stati membri; il Fondo di adeguamento alla globalizzazione non dovrà quindi mai sostituirsi a misure nazionali, ma va considerato come uno strumento complementare ai provvedimenti adottati a livello nazionale.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Le vicissitudini del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) rivelano la varietà e la relativa scarsità delle domande d’intervento del FEG, nonché le carenze di questo strumento nel sostenere il reinserimento professionale dei lavoratori vittime di licenziamenti. È importante esaminare in dettaglio quali sono le cause dell’insufficiente applicazione del Fondo e individuare al contempo modalità che consentano di ottimizzarne l’utilizzo da parte degli Stati membri, in particolare dei paesi con un tasso di disoccupazione più elevato.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. − (PT) Per poter contrastare l'impatto avverso della globalizzazione sui lavoratori oggetto di esuberi, dando prova di solidarietà, l'Unione europea ha istituito il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) che mira ad erogare sostegno finanziario per programmi personalizzati finalizzati a reintegrare i lavoratori licenziati nel mercato del lavoro. Il FEG ha una dotazione annua massima di 500 milioni di euro.
Vista la crisi economica e sociale, è sorprendente che sia stato fatto un uso assai modesto del Fondo. In realtà, dal 2007 fino alla prima metà del 2009, sono stati mobilitati solamente 80 milioni di euro su un totale di 1,5 miliardi di euro disponibili, a fronte di 18 domande presentate per 24 431 lavoratori di otto Stati membri. Da quando sono stati introdotti i cambiamenti al FEG nel maggio 2009, il numero delle domande presentate è passato da 18 a 46, il totale dei contributi richiesti da 80 a 197 milioni di euro, mentre il numero di Stati membri che presentano le domande è salito da 8 a 18. Ad ogni modo, 9 Stati membri non se si sono ancora avvalsi.
Inoltre sono le regioni dell'UE con il prodotto interno lordo più elevato che hanno beneficiato maggiormente del FEG. Bisogna analizzare i motivi di siffatte variazioni affinché il Fondo possa essere mobilitato più rapidamente e più spesso e affinché sia trasformato in un fondo indipendente con una propria dotazione e riserve di pagamento.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) L’applicazione di questo fondo ha dimostrato che avevamo ragione quando, al momento del suo avvio, abbiamo subito criticato vari aspetti della sua regolamentazione, che abbiamo poi parzialmente accettato nella successiva revisione proposta dalla Commissione, riconoscendo la validità di alcune delle critiche da noi mosse alla versione originale.
Per questo motivo siamo concordi nel chiedere alla Commissione di anticipare la presentazione della sua valutazione intermedia al 30 giugno 2011, includendo una proposta di revisione del regolamento FEG al fine di rimediare alle “carenze più flagranti” del Fondo.
Tuttavia, come ho ribadito nel mio intervento in Aula, non bisogna dimenticare le misure preventive da adottare per impedire la delocalizzazione delle multinazionali, per combattere la disoccupazione e per aumentare l’occupazione con tutela dei diritti. Occorre assicurarsi che il Fondo non serva in qualche misura a coprire o a facilitare i licenziamenti motivati da ristrutturazioni aziendali o dalla delocalizzazione di multinazionali.
Infine insistiamo sulla necessità di innalzare la soglia di cofinanziamento dell’Unione dal 65 per cento ad almeno l’80 per cento, al fine di mettere il Fondo a disposizione degli Stati membri con maggiori difficoltà finanziarie e sostenere rapidamente ed efficacemente i disoccupati in condizioni di gravi ristrettezze.
Pat the Cope Gallagher (ALDE), per iscritto. – (GA) Il Fondo di adeguamento alla globalizzazione (FEG), istituito nel 2007 per rispondere ai problemi e alle sfide posti dalla globalizzazione, sta facendo fronte con successo agli effetti della disoccupazione su vasta scala in Irlanda e in Europa.
Questa iniziativa mette a disposizione 500 milioni di euro l’anno e fornisce aiuto e assistenza a regioni dove si sono registrati oltre 1 000 licenziamenti a causa della delocalizzazione di aziende legata ai cambiamenti nelle contingenze mondiali. Ancora una volta l’Europa sta affrontando il problema della disoccupazione in Irlanda e il FEG, così come il Fondo sociale europeo, sono strumenti fondamentali.
Estelle Grelier (S&D), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione Portas e ne sostengo l’obiettivo principale, ovvero mantenere il FEG, perché, indipendentemente dalla crisi che stiamo attraversando, la globalizzazione ha conseguenze negative nel lungo termine per i lavori del settore industriale, sebbene la destra europea rifiuti di accettarlo. Ho contribuito ad emendare questo testo affinché le piccole e medie imprese e i subappaltatori possano beneficiare degli stanziamenti del FEG. Questi lavoratori sono particolarmente vulnerabili in ragione della loro dipendenza dalle multinazionali ed è quindi di vitale importanza che il FEG dia loro reali prospettive di riqualificazione professionale in caso di licenziamento. Sono lieto che sia stata riconosciuta l’importanza di realizzare studi sugli organismi nazionali preposti alla produzione della documentazione, in modo da ottimizzare l’utilizzo del Fondo, spesso misconosciuto e poco sfruttato, specialmente in Francia. Visto il rifiuto da parte della destra europea di mantenere il FEG dopo il 2013, nella discussione sulla prossima prospettiva finanziaria dell’Unione mi batterò affinché venga reso permanente.
Nathalie Griesbeck (ALDE), per iscritto. – (FR) Dal momento che i finanziamenti per i lavoratori rimasti senza occupazione a causa della globalizzazione o della crisi finanziaria andrebbero mobilitati più rapidamente, ho votato a favore di una serie di raccomandazioni volte a migliorare le disposizioni procedurali e di bilancio del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG). Il Fondo è stato istituito nel 2006, ma da allora sono state presentate poche domande, in parte a causa della complessità degli interventi e dei criteri di cofinanziamento. Per questo motivo i miei colleghi ed io riteniamo opportuno apportare delle modifiche a questo meccanismo. Questo testo rappresenta pertanto un progresso notevole, poiché chiede alla Commissione di semplificare ulteriormente la procedura al fine di correggerne i punti deboli più evidenti e di ridurne i tempi. Sinora questo fondo è stato finanziato da diverse linee di bilancio; il testo propone invece una linea distinta per il Fondo nel bilancio 2011, e ciò costituisce un’evoluzione importante. Per questo motivo sono lieto dell’adozione delle presenti raccomandazioni, che sono vitali in un momento in cui i nostri concittadini sono colpiti dalla crisi finanziaria.
Alan Kelly (S&D), per iscritto. − (EN) Con i recenti sconvolgimenti che hanno scosso il mondo finanziario e dinanzi ai licenziamenti che ne sono conseguiti, il settore della riqualificazione e della reintegrazione della forza lavoro riveste una grandissima importanza per la creazione di occupazione. Esprimo apprezzamento per la rivalutazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) come strumento di politica sociale dell'Unione europea. Ad ogni modo, chiedo una maggiore flessibilità nel processo una volta completata la domanda e chiedo altresì una maggiore consultazione con gli stessi lavoratori in sede di definizione dei piani sul FEG. Non deve più ripetersi quanto è accaduto in Irlanda nel caso dei lavoratori della Dell e di Waterford Crystal.
Elisabeth Köstinger (PPE), per iscritto. – (DE) Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione non è solo un importante strumento di aiuto verso chi non è stato in grado di adeguarsi all’apertura dei mercati, ma rappresenta anche un modo per rafforzare la fiducia nell’Unione europea, aspetto che a mio avviso merita di essere sottolineato. Ci permette di dimostrare che, di fronte al cambiamento economico, non abbiamo perso di vista chi non riesce a reagire abbastanza velocemente alla nuova situazione; è però altrettanto importante che la fiducia si basi sul principio di reciprocità. I fondi stanziati per chi, nonostante l’impegno, è rimasto vittima dei cambiamenti del mercato, devono effettivamente raggiungere i destinatari desiderati. È essenziale che l’allocazione dei fondi sia trasparente e comprensibile e che i finanziamenti non vengano semplicemente assegnati in maniera indiscriminata. La situazione di queste persone richiede un intervento transfrontaliero e al tempo stesso mirato a livello regionale e per questo gli stanziamenti devono avvenire in tempi rapidi. Solo in questo modo il Fondo di adeguamento alla globalizzazione potrà essere all’altezza del suo compito e rafforzare la fiducia nell’Unione mediante aiuti rapidi. Approvo quindi la relazione.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Signor presidente, onorevoli colleghi, ho sostenuto la relazione sul finanziamento e il funzionamento del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG), perché ritengo tale strumento una valida risorsa di sostegno ai lavoratori in difficoltà a causa della crisi economica.
Il Fondo è stato creato per fornire un concreto supporto ai lavoratori licenziati per cause legate alla delocalizzazione delle relative aziende o a seguito della crisi, al fine di provvedere al loro reinserimento nel mercato del lavoro. La relazione di iniziativa votata oggi evidenzia alcuni punti critici del funzionamento del Fondo e avanza alcune proposte rivolte sia alla Commissione sia agli Stati membri per giungere ad una revisione delle modalità di funzionamento del Fondo che contribuisca a snellire ed abbreviare le procedure di accesso allo stesso.
Un punto fondamentale, che vorrei, infine, portare alla vostra attenzione, riguarda la proposta di estensione della deroga introdotta nel 2009 – e che ha permesso di ampliare l’area di attivazione del Fondo, inserendo fra i requisiti la crisi economica – fino alla fine del 2013.
Iosif Matula (PPE), per iscritto. – (RO) Il ruolo del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione è di offrire sostegno ai lavoratori licenziati in seguito alle trasformazioni dell’economia mondiale. Oltre a questo, dal 2009 il Fondo si impegna a fornire assistenza a colpiti chi è rimasto colpito dalla crisi economica, con l’obiettivo di ridurre il tasso di disoccupazione. Personalmente ritengo opportuno convertire il Fondo in uno strumento permanente di sostegno per chi è in cerca di occupazione, a lato delle politiche sociali degli Stati membri.
Questa misura permetterà di concentrarsi sulle potenzialità dei singoli lavoratori, controbilanciando le misure attuate a favore delle aziende. Non dobbiamo dimenticare che, allo stato attuale, persistono ancora difficoltà relative alle procedure di attivazione del Fondo e ai suoi tempi di attuazione.
Se si tiene conto che le principali problematiche dei lavoratori in esubero sono la riqualificazione professionale e l’assistenza temporanea, la semplificazione delle procedure del Fondo è assolutamente necessaria affinché gli aiuti vengano mobilitati nel modo più rapido ed efficace possibile.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. − (PT) Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione si è rivelato uno strumento molto importante per fornire un aiuto a milioni di disoccupati nell'UE che si trovano in questa situazione a causa della delocalizzazione delle industrie verso altri continenti. Nel contesto della presente crisi e dinanzi all'aumento nel numero di esuberi, è necessario sia migliorare questo strumento che trovare nuove fonti di finanziamento. Sono stati questi i motivi che hanno guidato il mio voto.
Claudio Morganti (EFD), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, in Europa è in atto un aumento strutturale della disoccupazione dovuta alla crisi economica e alle politiche di delocalizzazione.
Il FEG è uno strumento utile con il quale l’UE può dare sostegno e solidarietà ai lavoratori che hanno perso il posto di lavoro. Il Fondo fino al 2009 era stato utilizzato poco per motivi burocratici e trovo fondamentale la richiesta alla Commissione di introdurre misure che permettano di ridurre la durata della procedura di attivazione del Fondo. Se aumentano la flessibilità e l’accessibilità, il FEG diventerà uno strumento fondamentale per le politiche sociali degli Stati membri.
Per questi motivi mi sono espresso positivamente nella votazione.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli Colleghi, esprimo il mio sostegno a favore della relazione del collega Portas. Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) è uno strumento fondamentale per fornire sostegno supplementare ai lavoratori licenziati per cause legate alla delocalizzazione delle relative aziende. Si è rivelato uno strumento ancora più importante per i lavoratori, assistendoli nel reinserimento nel mercato del lavoro nel corso della recente crisi.
La relazione del collega Portas è un punto cruciale e un punto volto a migliorare e semplificare una risorsa importante per i cittadini europei, nonché una prova tangibile di come l’UE si stia impegnando per contribuire ad affrontare la congiuntura negativa, a combattere la disoccupazione e a sostenere i suoi cittadini.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore di questa risoluzione perché condivido le richieste rivolte alla Commissione europea di ottimizzare il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG), tra le quali vi sono la valutazione dei contributi concessi (tenendo conto del tasso di reinserimento e del miglioramento delle competenze dei beneficiari), l’analisi comparativa delle misure finanziate per rispondere ad ogni domanda di intervento del FEG, i risultati basati sul reinserimento e l’impatto del FEG sul tessuto dei suoi beneficiari e sulle piccole e medie imprese potenzialmente toccate dal piano di licenziamenti e i cui dipendenti potrebbero beneficiare del Fondo.
Concordo anche con l’invito alla Commissione a fornire agli Stati membri una serie di linee guida per la creazione e l’attuazione delle domande di finanziamento a titolo del FEG per conseguire una procedura di candidatura rapida e un ampio consenso tra le parti interessate sulla strategia da attuare e le misure da porre in essere ai fini di un’effettiva reintegrazione dei lavoratori nel mercato del lavoro.
Infine condivido la richiesta rivolta agli Stati membri di istituire una struttura di comunicazione e di amministrazione del FEG a livello nazionale, in sinergia con tutte le parti in causa e in particolare con le parti sociali, e di scambiare le migliori prassi a livello europeo.
Rovana Plumb (S&D), per iscritto. – (RO) L’assistenza fornita dal FEG deve essere dinamica e in grado di adattarsi alle situazioni in continuo mutamento, spesso imprevedibili, del mercato. Lo scopo di questo Fondo è di fornire aiuti specifici e rapidi, al fine di facilitare la riqualificazione professionale dei lavoratori rimasti senza occupazione a seguito delle gravi turbolenze economiche nel mercato del lavoro.
Esorto gli Stati membri a coinvolgere le parti sociali e a promuovere il dialogo con le parti sociali e gli imprenditori sin dall’inizio della procedura di presentazione delle domande di intervento del FEG. Allo stesso tempo, invito gli Stati membri a utilizzare questo fondo per promuovere nuove competenze affinché i lavori esistenti siano “verdi” e per crearne di nuovi, nonché per incoraggiare la formazione lungo tutto l’arco della vita, al fine di permettere ai lavoratori di sviluppare una propria carriera personale e contribuire al miglioramento della competitività dell’Unione nel contesto della globalizzazione.
Sono anche a favore della possibilità di far operare il Fondo in maniera indipendente, dotandolo di un suo bilancio, dopo il 2013. La Commissione e gli Stati membri devono lavorare congiuntamente per monitorare efficacemente il sostegno fornito alle multinazionali e per impegnarsi con determinazione nella creazione di posti di lavoro, sostenendo i diritti dei lavoratori e scoraggiando il dumping sociale.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. − (PT) Ho votato a favore della risoluzione, in quanto condivido le richieste avanzate alla Commissione europea affinché il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) diventi più efficace, in particolare apprezzo l'introduzione dell'analisi dei contributi concessi sulla base del tasso di successo della reintegrazione e la valutazione della riqualificazione dei beneficiari. Sostengo inoltre le proposte presentate alla Commissione affinché siano dimezzati i tempi necessari per mobilitare il FEG, in particolare devono essere garantiti tutti i mezzi tesi a garantire una comunicazione rapida e più efficace con lo Stato membro interessato.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) La discussione su questo argomento non è stata facile. Negli ultimi mesi ci si è interrogati sulla “reattività” del Fondo (senza tuttavia entrare nel merito di come intervenire sulle cause migliorando le strategie generali per l’innovazione e l’istruzione in un mondo globalizzato, con obiettivi migliori e incoraggiando l’utilizzo del Fondo sociale europeo negli Stati membri e da parte degli stessi); sul numero limitato di settori finanziati (in quel momento in particolare), segnatamente il settore automobilistico e quello tessile (rispettivamente 15 e 13 domande), in merito ai quali verrebbe da chiedersi, per esempio, se i licenziamenti siano da imputare alla globalizzazione o piuttosto alla scarsa innovazione del settore; se e in che misura tali dispositivi prendono o hanno preso il posto di aiuti nazionali; sul paradosso che, da un lato, vede destinare al Fondo (solo) 500 milioni di euro all’anno (costituiti dagli impegni non spesi del bilancio UE), mentre in linea di principio, posto che vengano soddisfatti i criteri di ammissibilità, si può presentare un numero illimitato di candidature (chi prima arriva); sul fatto che è più difficile per le piccole e medie imprese beneficiare del Fondo; sul rapporto tra aiuti statali e tasse. Alla fine è stata adottata una posizione di consenso e la relazione è stata approvata, anche da noi verdi.
Joanna Senyszyn (S&D), per iscritto. – (PL) Ho approvato la risoluzione sul finanziamento e il funzionamento del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) poiché è essenziale migliorare le norme che disciplinano il funzionamento del FEG al fine di aumentarne l’efficacia. Auspico che la Commissione faccia buon uso delle proposte del Parlamento, che consentiranno di dimezzare i tempi delle procedure di erogazione dell’assistenza. Le risorse finanziarie del FEG hanno assunto nuova importanza a seguito dell’aumento della disoccupazione legato alla crisi, in quanto garantiscono sostegno individuale ai lavoratori vittime di licenziamenti e al loro ritorno al lavoro. I rigorosi criteri di ammissibilità all’assistenza e la lentezza delle procedure portano gli Stati membri a non sfruttare pienamente le opportunità messe a loro disposizione per ottenere il sostegno del FEG. Per esempio nel mio paese, la Polonia, sono state presentate al Fondo solo tre domande di sostegno finanziario; la ragione di un così scarso interesse risiede proprio nella lungaggine delle procedure.
Oltre a migliorare le norme che disciplinano il funzionamento del Fondo, è necessario estendere, almeno fino al termine dell’attuale quadro finanziario, la validità del criterio di sostegno per i lavoratori che hanno perso il lavoro a seguito della crisi e mantenere il tasso di cofinanziamento al 65 per cento. Continueremo a risentire degli effetti della crisi sul mercato del lavoro ancora per molti anni, perciò questa assistenza è e sarà necessaria. Vorrei inoltre attirare l’attenzione della Commissione e degli Stati membri sulla coordinazione dello scambio di migliori prassi a livello europeo, per consentire un rapido ed efficace intervento del Fondo in caso di licenziamenti di massa.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) I fondi strutturali si sono dimostrati strumenti di valore inestimabile per ridurre gli squilibri in Europa, non ultimo sostenendo le regioni ultraperiferiche più vulnerabili. L’istituzione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione rappresenta il riconoscimento da parte dell’Unione europea del fatto che il fenomeno della globalizzazione ha portato grandi cambiamenti e non sempre positivi, con conseguenze disomogenee in Europa, poiché alcune regioni ne hanno tratto beneficio, mentre altre hanno perso considerevolmente terreno.
Questo fondo tuttavia non ha goduto della visibilità che merita, a mio parere a cause dell’enorme quantità di tempo che intercorre tra la presentazione della richiesta di intervento da parte dello Stato membro e l’effettivo ottenimento dell’aiuto. Queste tempistiche hanno gravi ripercussioni sulle famiglie interessate e sono diretta conseguenza dell’intrinseca complessità del processo di candidatura, mobilitazione e attuazione dei fondi. Diventa quindi urgente e prioritario semplificare tali procedure; solo in questo modo sarà possibile raggiungere gli obiettivi del Fondo attraverso l’effettivo reinserimento di tutti i lavoratori in esubero a causa delle trasformazioni intervenute nella struttura del commercio internazionale. La relazione che oggi abbiamo votato rappresenta uno sforzo per raggiungere un compromesso tra i diversi gruppi politici e per questo l’ho sostenuta.
Silvia-Adriana Ţicău (S&D), per iscritto. – (RO) Secondo recenti statistiche europee, il numero di disoccupati nei 27 Stati membri dell’Unione è aumentato di 1,1 milioni nell’ultimo anno a seguito della crisi economica e finanziaria. Questo spiega perché il numero di domande di intervento del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione è passato da 18 a 46 nel periodo tra maggio 2009 e aprile 2010. Inoltre, sebbene il numero di Stati membri che hanno presentato domanda di aiuto sia passato da 8 a 18, nove paesi non hanno ancora fatto ricorso al FEG.
Su queste premesse, ho votato a favore della mozione per una risoluzione del Parlamento europeo sul finanziamento e il funzionamento del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, poiché la crisi economica potrebbe continuare a ripercuotersi sull’occupazione. Proprio per questo motivo è a nostro avviso importante esortare la Commissione ad anticipare la sua valutazione finanziaria intermedia sull’utilizzo del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione e la revisione delle relative norme, al fine di ridurre notevolmente i tempi delle procedure di attivazione del Fondo.
Desidero inoltre attirare l’attenzione della Commissione sugli esuberi nel settore pubblico, che non beneficia dell’assistenza del Fondo, sebbene i licenziamenti in questo settore siano una diretta conseguenza dei tagli di bilancio determinati dall’attuale crisi economica e finanziaria.
Derek Vaughan (S&D), per iscritto. – (EN) Condivido pienamente la relazione dell’onorevole Portas sul finanziamento e il funzionamento del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. Nel documento, affronta molti aspetti, quali il miglioramento dell’efficienza del processo di candidatura e la necessità di attivare il FEG più rapidamente per fornire assistenza a chi ha perso il posto di lavoro. Sebbene al momento il Regno Unito non abbia fatto richiesta di finanziamenti al Fondo (grazie allo “sconto britannico”), constatiamo quanto questo strumento si sia rivelato utile ad altri Stati membri in tempi di difficoltà economiche
Sono favorevole all’istituzione di un Fondo permanente dopo il 2013, al fine di fornire assistenza a chi è stato colpito dai cambiamenti legati alla globalizzazione o alla crisi economica e finanziaria. Ritengo fondamentale che la Commissione valuti la possibilità di rendere il FEG un fondo indipendente, dotato di propri stanziamenti d’impegno e di pagamento, nell’ambito del nuovo quadro finanziario pluriennale (2013-2020).
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. − (LT) Ho votato a favore della relazione. La base del regolamento che abbiamo votato oggi è la convenzione di Bruxelles, una delle normative più riuscite della legislazione UE che ha gettato le fondamenta dell'area giudiziaria europea. L'applicazione di norme europee uniformi basate sulla giurisprudenza favorisce una maggiore certezza giuridica e la prevedibilità delle sentenze, evitando procedimenti paralleli. Una delle condizioni fondamentali per il funzionamento dell'area giudiziaria europea è la libera circolazione delle sentenze giudiziarie. Pertanto convengo con la posizione espressa nel documento, in quanto è necessario rivedere il regolamento per garantire l'effettiva libertà di circolazione delle sentenze giudiziarie.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) Il regolamento Bruxelles I costituisce le fondamenta della cooperazione giudiziaria europea in materia civile e commerciale ed è uno degli atti legislativi comunitari più efficaci, dal momento che ha gettato le basi di un’area giudiziaria europea. il regolamento ha dimostrato la propria efficacia nel facilitare la risoluzione delle controversie transfrontaliere, attraverso un sistema di cooperazione giudiziaria basata su norme mondiali in materia di competenza giurisdizionale, nonché nel coordinare procedimenti paralleli e nella circolazione delle sentenze. Concordo sulla necessità di introdurre miglioramenti, quali l’abolizione dell’exequatur, in tutte le aree di pertinenza del regolamento, in modo da accelerare la libera circolazione delle sentenze, posto che vengano salvaguardate tutte le garanzie necessarie.
Ritengo inoltre che sia importante promuovere una cultura giudiziaria europea mediante la formazione e il ricorso a reti quali la Rete europea di formazione giudiziaria e la Rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale, che dovrebbero contribuire a migliorare la comunicazione tra i giudici. È essenziale definire un quadro giuridico coerentemente strutturato e facilmente accessibile che venga sottoposto a revisione da parte della Commissione in merito all’interrelazione tra i vari regolamenti in materia giurisdizionale, esecutiva e di legge applicabile.
Anna Maria Corazza Bildt, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark, Anna Ibrisagic e Alf Svensson (PPE), per iscritto. – (SV) Abbiamo votato a favore della facilitazione dei procedimenti giudiziari per i cittadini europei, in crescente movimento. Questo non significa che condividiamo e sosteniamo senza riserve tutti i punti delle riforme che potrebbero scaturire dalla relazione Zwiefka nel lungo termine. Rimaniamo ad esempio critici rispetto all’intenzione di introdurre il ricorso collettivo e desideriamo sottolineare che nessun cambiamento alla cooperazione civile oggetto di discussione può essere tale da influire sulla libertà di stampa in Svezia.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Consapevole dell’enorme importanza del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio concernente il diritto privato internazionale e della necessità di un adeguato quadro giuridico che consenta il riconoscimento e l’esecuzione di norme giuridiche in materia civile e commerciale, io, proprio come il relatore, riconosco che la revisione di detto regolamento solleva questioni tecniche e legali estremamente importanti. Sono propenso a sostenere l’abolizione dell’exequatur, come proposto nella relazione, e trovo interessanti e pragmatiche molte delle altre proposte in essa contenute. Questa sarà una discussione da seguire con attenzione.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. − (PT) La risoluzione riguarda l'attuazione del regolamento (CE) n. 44/2001 del 22 dicembre 2000, sulla competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (Bruxelles I) alla luce del libro verde della Commissione. Il regolamento, con il suo predecessore, la convenzione di Bruxelles, è una delle normative più riuscite della legislazione UE, in quanto ha gettato le basi dell'area giudiziaria europea e ha reso un valido servizio a cittadini e imprese. Ha promosso la certezza giuridica e la prevedibilità delle sentenze mediante norme europee uniformi.
Il regolamento, tuttavia, deve essere aggiornato. Convengo sull'abolizione dell'exequatur (ordine di esecuzione), poiché, così facendo, si favorirà la libera circolazione delle sentenze e si compirà un passo significativo verso la creazione dell'area giudiziaria europea. Ad ogni modo, questa abolizione deve essere bilanciata da salvaguardie appropriate destinate a proteggere i diritti della parte contro cui è diretta l'esecuzione. La Commissione deve rivedere l'interrelazione tra i diversi regolamenti in materia di competenza giurisdizionale, esecuzione e legge applicabile. L'obiettivo generale deve essere quello di creare un quadro giuridico strutturato in maniera coerente e facilmente accessibile.
Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (S&D), per iscritto. – (PL) La relazione Zwiefka, oggetto del voto odierno, fa riferimento al Libro verde della Commissione sulla revisione del regolamento Bruxelles I concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. La discussione sul Libro verde ci permette, in qualche misura, di prepararci per la reale revisione del regolamento, attesa a breve. Si tratterà di una sfida enorme per il Parlamento, data la natura straordinariamente tecnica e complicata del regolamento. Oltretutto, il Parlamento deciderà congiuntamente con il Consiglio, per la prima volta in regime di procedura legislativa ordinaria, su questa materia tanto complessa e delicata. Allo stadio attuale, permangono divergenze di opinione tra i gruppi politici in merito agli emendamenti proposti, per esempio riguardo all’exequatur e alla competenza giurisdizionale particolare in materia di occupazione.
Per questa ragione il gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento europeo ha deciso di non approvare la relazione nella sua forma attuale. Ritengo comunque che, in futuro, tutti i gruppi politici si impegneranno in una cooperazione costruttiva su questo tema, perché il regolamento Bruxelles I è di fondamentale importanza per il mercato unico. Una revisione efficace di detto regolamento mostrerà come il Parlamento sappia usare le sue nuove competenze, per le quali, dopo tutto, ha a lungo lottato.
Nathalie Griesbeck (ALDE), per iscritto. – (FR) La relazione che abbiamo adottato ieri, nell'ambito della seduta del Parlamento europeo, pur essendo assai tecnica, è molto importante per un'integrazione più ampia nello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia dell'area giudiziaria e quindi per il consolidamento del mercato interno. Il regolamento Bruxelles I ha dato corso ad un notevole progresso in campo giudiziario: determina la giurisdizione competente nelle materie civili e commerciali nel caso di controversie transfrontaliere e disciplina il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze giudiziarie in ambito civile e commerciale tra Stati membri. Ora bisogna rivedere la normativa per modernizzarne le disposizioni e "migliorare" determinate procedure: comunicazione tra giudici, l'emissione di atti autentici, la questione dell'arbitrato e, soprattutto, la questione dell'exequatur. Senza entrare nel dettaglio di queste complesse questioni giuridiche, attendo con ansia che la normativa sia emendata affinché i cittadini europei possano avere una migliore tutela giuridica: una migliore "libertà di circolazione" delle sentenze e delle decisioni giudiziarie, una maggiore "fiducia reciproca" tra giurisdizioni e sistemi giuridici dei diversi Stati membri, ovverosia il rafforzamento della certezza giuridica in Europa e dei diritti dei cittadini europei.
Alan Kelly (S&D), per iscritto. − (EN) Questa iniziativa è strumentale all'istituzione di una cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho sostenuto la relazione del collega, in quanto ritenga rappresenti un passo in avanti nel settore del diritto internazionale privato. Questa branca del diritto, data anche la maggiore interconnessione tra i sistemi giuridici, necessita di un aggiornamento.
Entrando nel merito della relazione condivido l’ipotesi di un'abolizione dell'exequatur, ma ritengo, comunque, che tale provvedimento debba essere compensato da una procedura straordinaria, abbinata alle opportune misure di salvaguardia per i debitori giudiziari. Sono, inoltre, contrario ad abolire l'esclusione dell'arbitrato dal campo di applicazione del regolamento, ma credo che la relazione tra procedimenti arbitrali e procedimenti giudiziari richieda una riflessione molto più approfondita e che non si dovrebbe perseguire l’idea di un'autorità competente esclusiva nei procedimenti giudiziari a sostegno dell’arbitrato nei tribunali civili degli Stati membri finché non si saranno condotti un riesame completo e un'ampia consultazione.
Concordo, poi, con il relatore quando invita ad avviare un'ampia consultazione e un dibattito politico prima di adottare qualsiasi misura su tale questione che esuli dai suggerimenti proposti nella presente relazione.
Evelyn Regner (S&D), per iscritto. – (DE) Ho votato contro la relazione sul regolamento Bruxelles I, perché ritengo che nella risoluzione siano assenti alcuni punti fondamentali. Credo che, per migliorare il regolamento, si debba adottare un approccio olistico, tutelando la parte più debole mediante norme sulla competenza giurisdizionale che siano ad essa più favorevoli. Questo si applica sia ai lavoratori sia ai consumatori, esattamente come si propone il regolamento, ma nessuno degli emendamenti da me proposti, volti a rafforzare la posizione della parte più debole, è stato accolto nella relazione. Ritengo sia importante istituire una sede apposita per le controversie in materia di lavoro per raggiungere una certa coerenza tra il regolamento Bruxelles I e il regolamento Roma II. Quest’ultimo stabilisce già quale diritto va applicato in caso di danni con ripercussioni transnazionali dovuti a scioperi. Non capisco perché una causa non possa procedere nello Stato membro in cui lo sciopero ha avuto luogo; in questo modo non si impedirebbe comunque la scelta opportunistica del foro. Il mio obiettivo è di porvi fine nel processo legislativo più ampio.
Sono contraria anche all’introduzione del “forum non conveniens” e delle “anti-suit injunctions”’, poiché si tratta di strumenti giuridici del diritto comune che sono già stati giudicati inconciliabili con la distribuzione dei poteri comunitaria da varie sentenze della Corte di giustizia europea.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) In merito alla relazione dell’onorevole Zwiefka sull’attuazione e la revisione del regolamento Bruxelles I, il gruppo del PSE ha proposto una risoluzione alternativa che noi verdi abbiamo deciso di non sostenere, perché si tratta di una relazione di attuazione già discussa ampiamente tra tante ombre in seno alla commissione giuridica. La mozione alternativa per la risoluzione mette in rilievo alcuni punti validi, che, tuttavia, non sono direttamente pertinenti alla presente relazione. Per questo motivo oggi ci siamo limitati a votare la relazione adottata in seno alla commissione giuridica.
Oreste Rossi (EFD), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo regolamento che ci vede favorevoli è equilibrato e tende a dare certezza, ad esempio nell’individuare il giudice competente all’interno della giurisdizione europea quando vi siano contenziosi in materia civile e commerciale in conflitti a carattere transnazionale.
Ogni futura modifica del regolamento vedrà il Parlamento europeo nella veste di colegislatore, le modifiche avverranno infatti in regime di procedura legislativa ordinaria.
Catherine Stihler (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione che raccomanda l’estensione del periodo di attività del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) fino al 2013 e invita con determinazione a renderlo permanente dopo quella data. Il FEG fornisce sostegno finanziario per la riqualificazione dei lavoratori vittime di licenziamenti e questo si rende particolarmente necessario ora che l’Europa si trova ad affrontare una profonda crisi finanziaria. Per questo motivo ho sostenuto questa relazione, contrariamente ai miei colleghi Conservatori e Liberali che desiderano che il Fondo non venga mantenuto.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR) Con la votazione di oggi, martedì 7 settembre 2010, sulla relazione di iniziativa concernente l’integrazione sociale delle donne appartenenti a gruppi etnici minoritari, il Parlamento europeo va al cuore del dibattito politico attuale. L’integrazione dei gruppi di minoranza negli Stati membri è di fatto una questione cruciale, che merita il sostegno delle istituzioni europee, tanto più che manca ancora qualche mese alla fine dell’Anno europeo della lotta contro la povertà e l’esclusione sociale. Accolgo pertanto con favore l’adozione della relazione, che è utile per ravvivare la discussione a livello comunitario e ha il vantaggio di coniugare le questioni dell’integrazione delle minoranze con la lotta per la parità tra uomini e donne.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Numerose comunità minoritarie che vivono nell’Unione, e in particolare le donne e le ragazze appartenenti a tali comunità, sono vittima di molteplici discriminazioni e sono quindi più esposte all’esclusione e alla povertà rispetto alle donne locali. Il fatto di essere una donna appartenente a un gruppo etnico specifico non rappresenta un handicap in una società democratica. L’Unione europea si propone pertanto di dotare le donne di un numero crescente di diritti e di individuare nuove strade per aumentare la loro consapevolezza in merito ai diritti loro spettanti. La Commissione e gli Stati membri devono entrambi garantire la piena attuazione della legislazione esistente in materia di uguaglianza di genere e lotta alle discriminazioni, per consentire alle minoranze etniche di poter accedere ai servizi di sostegno e partecipare a diversi programmi di istruzione. Rimangono tuttavia irrisolte le questioni inerenti all’integrazione sociale delle donne appartenenti a gruppi etnici minoritari nell’Unione europea.
Non è stata ancora messa a punto una politica comunitaria coerente sull’integrazione degli immigrati, e invito pertanto la Commissione a redigere con urgenza orientamenti comunitari per aiutare gli Stati membri a garantire alle donne appartenenti a minoranze etniche un accesso migliore e più rapido al sistema di istruzione, all’occupazione, all’assistenza sanitaria, alle prestazioni sociali e all’assistenza finanziaria. Concordo con la posizione del Parlamento che auspica una piena attuazione della legislazione sull’uguaglianza di genere anche nei gruppi etnici minoritari.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. − (PT) La relazione analizza l'integrazione sociale delle donne nella politica dell'Unione europea. Il testo verte altresì sul ruolo delle donne appartenenti a minoranze etniche. Questo presupposto è essenziale per comprendere le difficoltà che queste donne devono affrontare per integrarsi, anche nel caso di minoranze ormai radicate o tradizionali ovverosia nuove, come quelle degli immigrati.
Ho votato a favore della relazione, poiché reputo fondamentale soddisfare le aspirazioni legittime delle donne che appartengono a gruppi minoritari. Devono essere assunte misure specifiche a livello UE, anche nell'ambito dell'adozione di politiche volte all'inclusione sociale. Inoltre, come indica il relatore, bisogna incoraggiare la partecipazione politica e sociale di queste donne in settori quali la direzione politica, l'istruzione e la cultura. In questo modo, si contribuirà a contrastare l'attuale sotto-rappresentanza.
Anne Delvaux (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione in quanto precisa l’importanza dell’analisi delle politiche comunitarie nel campo dell’integrazione sociale delle donne appartenenti a gruppi etnici minoritari e dell’identificazione delle aree in cui tale legislazione produce risultati e di quelle in cui invece il tentativo di definire delle soluzioni risulta problematico.
Viviamo in una società multiculturale composta da varie comunità culturali, etniche e religiose. A tal fine, è auspicabile che le politiche di integrazione rivolte ai cittadini di paesi terzi comprendano un’ampia prospettiva specifica in materia di genere, necessaria a garantire che si tenga conto delle esigenze peculiari delle donne appartenenti a gruppi etnici minoritari.
Occorre un approccio mirato all’inclusione sociale delle donne appartenenti a gruppi etnici minoritari per evitare una molteplicità di discriminazioni, stereotipi, stigmatizzazioni e segregazioni etniche.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore la relazione in quanto sono convinta che le donne appartenenti a gruppi etnici minoritari siano soggette a diversi tipi di discriminazione. Occorre pertanto sensibilizzare l’opinione pubblica sui diritti delle donne, conferire loro autonomia, incentivarle ad assumere funzioni di guida nelle loro comunità; è anche un modo per promuovere i diritti umani. Benché l’integrazione sociale sia di competenza esclusiva degli Stati membri, la Commissione deve tener conto delle questioni di genere al momento di prendere decisioni sulle politiche e le misure mirate all’inclusione sociale.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) In una società sempre più multiculturale, le politiche di integrazione dei gruppi minoritari assumono una particolare rilevanza come strumento per combattere le discriminazioni, il razzismo, la violenza, nonché l’esclusione e l’emarginazione dei gruppi minoritari, che vengono confinati ai margini della società. Sappiamo che stigmatizzare ed escludere i gruppi minoritari sfocia solamente nel malcontento e nei disordini, che finiscono per alimentare la trasgressione e la violenza.
Spetta alla nostra società capire come riuscire a integrare senza discriminare, ad accettare senza escludere. Ciò non significa tuttavia che sia necessario accogliere indiscriminatamente tutti gli aspetti della cultura, della tradizione o delle credenze delle minoranze etniche, un’osservazione che vale soprattutto per i costumi relativi alle donne. Dovremmo pertanto opporci con fermezza a tutte le pratiche culturali basate sulla discriminazione sessuale e a tutte le forme di violenza tuttora perpetrate ai danni delle donne appartenenti a certi gruppi etnici. Integrare significa anche proteggere, e in questo caso proteggere le donne e soprattutto le bambine, che sono spesso vittime silenziose di pratiche e tradizioni semplicemente inaccettabili.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. − (PT) La risoluzione verte sulle politiche UE in tema di inclusione in relazione alle donne che appartengono a gruppi etnici minoritari. In siffatto ambito sottolineo la necessità di promuovere la scolarizzazione, l'istruzione e la formazione per questa categoria, oltre a sostenerne l'accesso al mercato del lavoro, al fine di prevenire l'esclusione sociale e le discriminazioni.
Solo attraverso l'inclusione possiamo affrontare la stigmatizzazione ed i preconcetti dovuti alla segregazione etnica. È significativo il fatto che non esista una politica giuridicamente vincolante sull'integrazione europea nell'Unione europea, principalmente perché l'integrazione rientra nelle competenze degli Stati membri. Ad ogni modo, la politica di integrazione ha acquisito un'importanza crescente a livello UE e l'integrazione sta diventando sempre più importante a fronte della crescente rilevanza che stanno acquisendo gli aspetti di carattere economico e sociale rispetto al fenomeno dell'invecchiamento demografico. Le norme ed i principi comunitari in genere vengono applicati solamente ai cittadini UE che simultaneamente sono cittadini di uno Stato membro. I membri delle minoranze che si sono radicati e che hanno acquisito lo status giuridico di cittadini sono protetti da norme e da principi dell'Unione europea. Ad ogni modo, questa protezione va estesa agli immigrati che non sono ancora cittadini degli Stati membri.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) L’integrazione sociale delle donne appartenenti a gruppi etnici minoritari è una questione primaria, in quanto tali donne sono più esposte all’esclusione sociale; di fatto la situazione attuale, con l’inaccettabile espulsione collettiva dei rom in Francia, rappresenta un esempio illuminante in tal senso.
è essenziale che la lotta contro tutte le forme di discriminazione sia al centro dell’attenzione e delle politiche comunitarie, che si tratti di discriminazione per motivi di genere, origine etnica o colore della pelle.
è pertanto giunto il momento di rompere con le politiche macroeconomiche che acuiscono la disoccupazione, le disparità sociali e le discriminazioni. Come fa notare la relazione, occorre lottare per un’integrazione sociale autentica, impegnandosi a favore di servizi pubblici di qualità che siano universali e accessibili a tutti senza distinzioni di genere, comprese le famiglie di immigrati e i bambini, in particolare i servizi per l’istruzione, la salute, gli alloggi e la protezione sociale.
Ne abbiamo abbastanza di dichiarazioni vuote e di parole vane: occorrono misure urgenti che promuovano dignità e uguaglianza, che diano risposte chiare ai problemi sociali, e che non si traducano in azioni xenofobe e discriminatorie, ancor più deplorevoli se promosse dagli stessi governi.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Non si può difendere “l’accettazione delle diverse culture” e la comunicazione delle minoranze, di donne o altro, nella loro lingua madre, e sostenere contemporaneamente di voler promuovere l’inclusione sociale di tali minoranze.
Vi è una contraddizione fondamentale in questo, poiché il requisito minimo di tale “inclusione” è la condivisione con la società ospitante di una base minima comune, vale a dire una lingua comune e regole di base di “convivenza”, a partire dal rispetto per le leggi sociali e le pratiche del paese ospite.
L’unica eccezione che viene concessa alla logica profondamente europeista della relazione è il riconoscimento, in maniera poco convinta e mediante circonlocuzioni, che non ci può essere alcuna giustificazione per la violenza o la discriminazione basate su costumi, tradizioni o considerazioni religiose.
Aprite gli occhi: le pratiche più violente e discriminatorie non sono opera degli europei. La poligamia, l’escissione, l’infibulazione, le donne trattate come creature inferiori e così via sono pratiche perpetrate da comunità che si rifiutano di rispettare le nostre leggi e i nostri costumi e che tentano persino di imporci i loro. è il risultato delle politiche di immigrazione di massa imposte per decenni ai nostri cittadini. è tempo di porre fine a tutto questo!
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione dell'onorevole Parvanova sull'integrazione sociale delle donne che appartengono a gruppi etnici minoritari. Purtroppo le discriminazioni si configurano come un processo cumulativo e le donne che appartengono a gruppi etnici minoritari sono le più colpite. Il testo chiede che le politiche dell'Unione analizzino più da vicino la discriminazione di genere contro queste donne. Esse devono essere in grado di partecipare attivamente alla società e, a tal fine, devono avere accesso all'istruzione e al mercato del lavoro, ovverosia ai fattori decisivi per l'emancipazione.
Lívia Járóka (PPE), per iscritto. – (EN) In qualità di relatore ombra della relazione, vorrei congratularmi con l’onorevole Parvanova per l’accoglienza ricevuta dal suo documento, che si propone di offrire soluzioni per ridurre al minimo i disagi delle donne appartenenti a gruppi minoritari, disagi causati dalla loro appartenenza a un’etnia particolare e rafforzati dalle strutture specifiche che discriminano sulla base del genere. Benché l’uguaglianza di genere sia ben lungi dall’essere una conquista consolidata nella società tradizionale, le donne rom, rispetto alle loro controparti non rom, presentano un’aspettativa di vita più bassa, livelli di istruzione inferiori, tassi di occupazione decisamente minori e indici di povertà più elevati. Per conseguire un’inclusione completa, le statistiche, gli indicatori e i parametri di riferimento ripartiti per sesso, nonché le statistiche suddivise, tra l’altro, per genere ed etnia, sono strumenti cruciali e necessari per valutare adeguatamente i progressi compiuti.
La raccolta di dati non aggregati è una condizione imprescindibile per tutelare e promuovere i diritti delle minoranze etniche e deve conformarsi alle norme degli Stati membri in materia di protezione dei dati personali. Il livello di istruzione, la misura dell’attività economica e la probabilità di evitare la povertà per l’intera famiglia sono fattori strettamente correlati. Per tale motivo occorrono in primo luogo azioni politiche mirate volte a migliorare l’accesso delle donne rom all’istruzione e a un’attività lavorativa ufficialmente riconosciuta.
Marisa Matias and Miguel Portas (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Abbiamo votato per questa risoluzione in quanto riteniamo che, tra l’altro, occorra un coordinamento più strutturato delle politiche europee nel settore, allo scopo di migliorare l’inclusione sociale delle donne appartenenti a minoranze etniche e di ribadire l’importanza dell’educare la comunità ospite ad accettare le diverse culture, mettendola in guardia dalle conseguenze del razzismo e dei pregiudizi. Abbiamo inoltre votato per la relazione in quanto invita le donne appartenenti a gruppi etnici minoritari a svolgere un ruolo politico e sociale attivo in tutte le aree della società, compresa la leadership politica, l’istruzione e la cultura, per combattere la loro scarsa rappresentanza attuale.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. − (PT) L'Europa è uno spazio di integrazione e non vi possono essere discriminazioni di sorta, soprattutto contro gruppi etnici minoritari, in particolare contro le donne di questi gruppi. L'obiettivo della politica in materia di parità di genere nell'UE consiste nel promuovere la parità tra uomini e donne, obiettivo che viene conseguito in misura crescente nella società. Tuttavia, le donne di alcune minoranze etniche sono soggette a molteplici discriminazioni. È pertanto necessario sensibilizzare l'opinione pubblica su questi fenomeni affinché le donne che appartengono a gruppi etnici minoritari possano essere pienamente integrate. Sono stati questi i motivi che hanno guidato il mio voto.
Miroslav Mikolášik (PPE), per iscritto. – (SK) Signor Presidente, onorevoli deputati, ritengo che l’inclusione sociale delle donne appartenenti a gruppi etnici minoritari sia un’area estremamente importante e sensibile in cui gli Stati membri dell’Unione europea dovrebbero dare prova di maturità e di determinazione autentica a diffondere i valori della tolleranza e dell’uguaglianza nella vita di ogni giorno.
Reputo inaccettabile che i membri di minoranze etniche siano esposti alla discriminazione, all’esclusione sociale, alla stigmatizzazione e persino alla segregazione. Sostengo pertanto l’invito rivolto alla Commissione, e soprattutto agli Stati membri, che detengono la piena responsabilità delle politiche di inclusione sociale, a garantire l’attuazione completa della legislazione esistente in materia di uguaglianza di genere e di politiche antidiscriminatorie.
Gli strumenti giuridici andrebbero integrati con misure amministrative, nonché con campagne culturali volte a sradicare gli stereotipi e a fornire alternative all’esclusione sociale e alla povertà.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Ai fini della pace sociale in tutti i paesi, è di importanza fondamentale che le minoranze etniche vengano integrate nella vita pubblica. Tuttavia, contrariamente alla relazione, reputo che tale compito spetti a coloro che ricercano l’integrazione. Alla luce delle difficoltà di bilancio che penalizzano tutta l’Europa, non sono in grado di appoggiare una relazione che sembra proporre misure costose e inefficienti. Per tale ragione ho votato contro la relazione.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) La relazione mette in luce una questione di cui l’opinione pubblica europea sembra aver acquisito una sempre maggiore consapevolezza, non solo a causa delle situazioni tragiche che si verificano al di fuori dei confini dell’Unione e che interrogano la nostra coscienza morale, bensì per il riconoscimento del fatto che problemi di questo livello emergono anche tra di noi e richiedono il nostro intervento politico e civile.
Le donne appartenenti a gruppi etnici minoritari sono spesso soggette a pressioni da parte dei familiari dotati di maggiore autorità, che preferiscono mantenere in vita le tradizioni che schiavizzano le donne. Di norma, tali donne hanno un livello di istruzione basso e poche informazioni sui mezzi a loro disposizione per contrastare l’autorità della famiglia e affermarsi nelle società in cui si stanno integrando e/o di accoglienza. A questo livello possono persino andare incontro ad atteggiamenti xenofobi.
Lo sviluppo e l’attuazione di politiche europee per l’uguaglianza di genere dovrebbero contribuire a ridurre drasticamente le gravi ingiustizie di cui sono vittima tali donne nel mondo e nell’Unione europea.
Rovana Plumb (S&D), per iscritto. – (RO) è risaputo che gli atteggiamenti antirom continuano a serpeggiare in tutta Europa: i rom sono costantemente vittima di attacchi razzisti, discorsi che fomentano l’odio, evacuazioni illegali ed espulsioni perpetrate dalle autorità locali e centrali. Mi preme in particolare ricordare le azioni recenti intraprese dalle autorità francesi per espellere la popolazione rom.
Visto che l’UE dispone di numerosi meccanismi e strumenti a cui è possibile ricorrere per assicurare il rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini europei di origini rom, migliorare il loro accesso a un’istruzione di buona qualità in seno al sistema d’istruzione convenzionale, nonché l’accesso all’occupazione, agli alloggi, ai servizi sanitari e alle prestazioni sociali e pubbliche, al fine di migliorare la loro inclusione sociale, mi rivolgo agli Stati membri affinché:
- eradichino gli stereotipi e le discriminazioni ai danni delle donne e ragazze rom, che sono state vittima di numerose forme di discriminazione sulla base dell’origine etnica e del genere, in particolare per quanto riguarda il loro diritto all’istruzione, all’occupazione e all’assistenza sanitaria;
- applichino appieno le direttive europee sulla lotta contro la discriminazione e la libertà di circolazione, e promuovano misure e programmi proattivi per migliorare l’inclusione delle popolazioni rom nei contesti sociali, politici, economici e nell’istruzione.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Sono molto lieto dell’adozione di questa relazione, che avanza le seguenti richieste specifiche: invita gli Stati membri a rispettare i diritti fondamentali delle minoranze etniche e delle donne immigrate a prescindere dalla regolarità del loro stato (par. 11); invita gli Stati membri a garantire l’accesso ai servizi di sostegno volti a prevenire la violenza di genere e a proteggere le donne contro tale tipo di violenza a prescindere dal loro stato giuridico (par. 17); chiede all’Agenzia dei diritti fondamentali di includere una prospettiva trasversale sulla parità di genere e sui diritti delle donne in tutti gli aspetti, inclusi quelli sulla discriminazione etnica e sui diritti fondamentali dei rom (par. 22); invita l’Istituto europeo per la parità di genere a raccogliere dati ripartiti per genere ed etnia; esorta gli enti nazionali per la parità a sviluppare strumenti e formazioni in materia di discriminazione multipla; e, infine, postula un appoggio mirato al fine di evitare discriminazione multipla, stereotipi, stigmatizzazione e segregazione etnica.
Oreste Rossi (EFD) , per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, su questa relazione nutriamo forti perplessità e quindi esprimiamo voto contrario, perché se è corretto far conoscere alle donne provenienti dai paesi extra UE quali sono i diritti all'interno delle loro famiglie dove spesso vivono segregate, d'altra parte non possiamo pensare di favorire invece coloro che nel nostro paese vengono da ospiti, rispetto ai nostri cittadini che da sempre vivono e pagano le tasse nei paesi membri.
Già oggi, se valutiamo la percentuale di residenti extracomunitari rispetto ai cittadini europei che godono di servizi sociali gratuiti come sanità, scuola, case, questa è nettamente a favore dei primi. Ciò significa che chi vive, lavora e paga le tasse nel proprio paese passa dopo nelle graduatorie rispetto a chi in Europa è appena arrivato.
Catherine Stihler (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione che si propone di valutare le politiche comunitarie di integrazione sociale per le donne appartenenti a gruppi etnici minoritari. Ciò consentirà di adottare misure specifiche per conseguire l’uguaglianza di genere tra le minoranze etniche e garantire la piena applicazione della legislazione antidiscriminatoria in vigore negli Stati membri.
Angelika Werthmann (NI), per iscritto. – (DE) La relazione solleva l’interrogativo se le donne appartenenti a minoranze etniche siano di fatto escluse dalle misure comunitarie per l’uguaglianza di genere a causa della loro scarsa integrazione sociale. Le donne appartenenti a gruppi etnici minoritari sono praticamente invisibili da diversi anni, anche se molte di loro sono soggette a due ordini di svantaggi, sociali ed economici.
Marina Yannakoudakis (ECR), per iscritto. – (EN) Il gruppo ECR appoggia incondizionatamente il principio della parità di trattamento per tutti, comprese naturalmente le donne appartenenti a gruppi etnici minoritari. Siamo tuttavia contrari a questa relazione per diversi motivi, molto specifici.
In primo luogo, ci opponiamo a ulteriori incrementi dei finanziamenti europei destinati agli affari sociali. I governi nazionali di tutta Europa stanno operando tagli nel settore pubblico, e il gruppo ECR ritiene che l’UE dovrebbe fare lo stesso. In secondo luogo, siamo fondamentalmente contrari a ogni iniziativa che vada nella direzione di una politica comune nel campo dell’immigrazione e degli asili, e riteniamo che alcuni punti della relazione si occupino di politiche comuni di immigrazione e asilo che sarebbe molto più opportuno gestire e attuare a livello nazionale. In terzo luogo, questioni quali l’assistenza all’infanzia, l’istruzione e l’assistenza sanitaria, tra cui la salute sessuale e riproduttiva, continuano a essere di competenza degli Stati membri e non dell’UE.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione sul ruolo delle donne in una società che invecchia in quanto ritengo sia giunto il momento di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle disuguaglianze di genere presenti nelle generazioni più anziane, che sono principalmente la conseguenza di svantaggi legati al genere accumulati nel corso di un’intera vita. Oggi è evidente a tutti che le donne anziane sono maggiormente esposte alla povertà, in quanto percepiscono pensioni meno consistenti, dovute al divario retributivo esistente tra uomini e donne o al fatto che spesso hanno interrotto o cessato la loro carriera per dedicarsi alla famiglia senza beneficiare di alcun tipo di remunerazione o di iscrizione alla sicurezza sociale. In un periodo di recessione economica, le donne corrono rischi anche maggiori di precipitare nella povertà.
è tempo che le nostre istituzioni adottino un atteggiamento più positivo nei confronti dell’invecchiamento. Accolgo pertanto con soddisfazione l’iniziativa della Commissione affinché il 2012 sia un anno dedicato all’invecchiamento attivo e alla solidarietà tra le generazioni. L’adozione di un approccio basato sull’interconnessione tra età e sesso dovrebbe diventare uno strumento indispensabile per formulare politiche in tutte le aree d’interesse: questioni economiche e sociali, salute pubblica, diritti dei consumatori, il programma digitale, lo sviluppo rurale e urbano e così via.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) In questa relazione l'onorevole Pietikäinen ci ricorda che le donne solitamente sono maggiormente a rischio di povertà e in genere percepiscono pensioni esigue per tutta una serie di ragioni, ad esempio a causa dell'ampio divario retributivo tra i generi o per il fatto che le donne tendono a prendere dei congedi dal lavoro o smettono di lavorare per assolvere a responsabilità familiari, o ancora per il fatto che hanno lavorato nell'impresa del marito, prevalentemente nei settori del commercio e dell'agricoltura, senza remunerazione e senza contributi previdenziali. Sono assolutamente d'accordo con la posizione espressa nel testo. In qualità di presidente dell'associazione Femmes au Centre (Donne al centro), combatto costantemente per catalizzare l'attenzione sulle disuguaglianze che talvolta passano sotto silenzio, come questa. Parallelamente al dibattito sulla riforma dei sistemi pensionistici, è vitale tener conto delle differenze di trattamento tra uomini e donne.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, il divieto di praticare discriminazioni di qualsiasi tipo fa ora parte della competenza legislativa dell’Unione europea. è quindi importante diffondere un’immagine positiva della terza età e offrire agli anziani l’occasione di condurre una vita piena.
Sono lieta che il Parlamento abbia presentato una relazione che promuove interventi a favore della società che invecchia. è soprattutto importante dedicare un’attenzione particolare alle donne anziane che vivono in condizioni di povertà, in quanto percepiscono solitamente pensioni più basse a causa delle retribuzioni inferiori ad esse corrisposte nei settori in cui hanno prestato la loro opera. Inoltre, gli anziani rappresentano un gruppo di consumatori molto consistente, e pertanto la domanda di servizi per la terza età sta conoscendo un incremento rapidissimo che è destinato a proseguire in futuro. Sussistono tuttavia degli ostacoli all’erogazione di servizi pubblici e privati facilmente accessibili, di buona qualità e a costo contenuto.
Di conseguenza, è importante che la Commissione intervenga per disciplinare l’accessibilità a molti servizi di base e per garantire la qualità della vita, al fine di evitare gli abusi di natura fisica, psicologica ed economica. L’invecchiamento della società viene spesso visto in maniera negativa, vale a dire come sfida ingente per la struttura dell’età della forza lavoro e per la sostenibilità della protezione sociale e dell’assistenza sanitaria. In verità, gli anziani rappresentano un’arma vincente e offrono un sostegno chiave in seno alla comunità e alla famiglia, pertanto dobbiamo garantire loro il diritto a una vita dignitosa e autonoma.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. − (PT) Rispetto agli uomini, le donne devono affrontare maggiori difficoltà nel mondo del lavoro. Dobbiamo urgentemente sradicare le discriminazioni cui sono soggette quando cercano lavoro, nell'ambito della progressione di carriera e nel diritto ad un'equa remunerazione. Inoltre anche l'assistenza sanitaria ed i servizi sociali devono essere indirizzati a soddisfare le esigenze specifiche delle donne. Tutte queste difficoltà vengono esacerbate con l'età, il che dimostra l'importanza della relazione. In particolare, sottolineo che bisogna attingere alle conoscenze e all'esperienza delle donne più anziane. Infine, in ragione dei meccanismi di controllo previsti dalla relazione ho votato a favore del testo.
Anna Maria Corazza Bildt, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark, Anna Ibrisagic e Alf Svensson (PPE), per iscritto. – (SV) Ieri, 7 settembre 2010, ci siamo espressi a sfavore della relazione (A7-0237/2010) sul ruolo delle donne in una società che invecchia [2009/2205(INI)]. La ragione principale è stato il nostro dissenso nei confronti della proposta di un sistema in cui a tutti i cittadini dell’Unione europea venga assicurato il diritto a un reddito di base, nonché la richiesta formulata dalla relazione di introdurre misure di discriminazione positiva a favore delle donne. Viene inoltre formulata una proposta che chiede al Parlamento europeo di invitare gli Stati membri a introdurre nuove tipologie di congedo che consentano ai cittadini di ottenere congedi retribuiti per motivi di assistenza diversi da quelli del congedo parentale. A tale proposito, desideriamo ribadire il principio di sussidiarietà. Vorremmo tuttavia anche sottolineare che diverse parti della relazione suscitano il nostro consenso.
Anne Delvaux (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione in quanto l’invecchiamento delle nostre società viene troppo spesso visto sotto una luce negativa, benché gli anziani rappresentino anche una risorsa economica e una fonte essenziale di esperienza. Gli anziani sono inoltre maggiormente esposti al rischio di povertà rispetto al resto della popolazione: nel 2008, il tasso di rischio di povertà delle persone di 65 anni e oltre era pari a circa il 19 per cento nell’UE a 27, mentre nel 2000 tale cifra si aggirava attorno al 17 per cento.
Concordo sull’adozione di un approccio globale e multidisciplinare all’invecchiamento e alla creazione di opportunità, soprattutto nel campo dei mercati di prodotti e servizi mirati alle esigenze degli anziani e di coloro che si occupano in via informale delle persone non autosufficienti. Ecco perché occorrerebbe chiedere alla Commissione di proporre entro la fine del 2011 un piano d’azione che comprenda queste diverse misure.
Robert Dušek (S&D), per iscritto. – (CS) Si è già detto molto sulla posizione di disuguaglianza occupata dalle donne nella società. Le donne sono costantemente vittima di discriminazioni sul posto di lavoro a causa di una retribuzione inferiore a parità di mansione, e sono costrette dalle circostanze a interrompere la loro carriera o a scegliere un impiego con retribuzioni più basse per rimanere vicine alla famiglia. Ciò è motivato in primo luogo dalla nascita e dalla cura dei figli, e secondariamente dall’assistenza ai genitori anziani o a familiari malati. Nella maggior parte dei casi sono le donne a “sacrificarsi” per occuparsi della famiglia e dei figli, a discapito del lavoro e della carriera. Va detto che la società tende ad aspettarsi da loro questo tipo di comportamento. Ne consegue la dipendenza finanziaria dai partner e l’assenza o quasi di sicurezza sociale o dell’erogazione di pensioni per la terza età. Per tali ragioni, le donne anziane sono molto più vulnerabili degli uomini e rappresentano il gruppo più a rischio della società in termini di povertà.
La situazione è aggravata dal fatto che spesso l’assistenza ai genitori e la cura dei nipoti ricadono sulle spalle delle donne, che non ricevono alcuna retribuzione per tali servizi e per i quali tendono anzi a spendere il loro reddito o i loro risparmi. Il potenziale degli anziani non viene sfruttato, una condizione creata spesso dal modello di vita sociale in vigore, che prevede che giovani e anziani vivano in case separate. Nelle “famiglie allargate” del passato, ognuno ricopriva una propria funzione e ruolo, e gli anziani non venivano emarginati né condannati a vivere nella povertà. Appoggio la relazione Pietikäinen e intendo votare a favore della sua adozione.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione sul ruolo delle donne nella società che invecchia. Nell’Unione europea la disparità di retribuzione tra uomini e donne ammonta a oltre il 17 per cento. Il divario retributivo tra uomini e donne tende ad aumentare nell’età della pensione in parte per questo e in parte per il fatto che le donne sono spesso costrette a trascorrere la loro vita attiva a casa per occuparsi dei figli o di altri familiari a carico, e scelgono pertanto frequentemente di lavorare a tempo parziale. Gli Stati membri devono adottare con urgenza misure che tengano conto della dimensione del genere al momento di riformare i sistemi pensionistici e di adeguare l’età pensionabile, considerando le differenze che sussistono tra donne e uomini in termini di modelli lavorativi e il rischio più elevato di discriminazioni ai danni delle donne anziane sul mercato del lavoro.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Alla luce del fatto che, come si legge nella relazione, “il genere è un fattore rilevante nell’invecchiamento, dato che l’aspettativa di vita per le donne supera di circa 6 anni quella degli uomini”, e che la società europea sta invecchiando, ne consegue che il numero delle donne anziane nella nostra società è destinato ad aumentare. Occorrerà assicurarci che tali donne possano disporre di condizioni di vita adeguate e, in molti casi, di un ruolo attivo.
Come precisato giustamente nella relazione, non dobbiamo dimenticare che le donne anziane sono le più esposte alla povertà e meritano pertanto un’attenzione particolare. Tuttavia, sono dell’avviso che a tali donne andrebbe garantito un ruolo attivo nella società più che soluzioni basate sull’assistenzialismo o sullo stato sociale. Molte di loro sono professioniste di grande esperienza, che potrebbe essere utilizzata a vantaggio dei più giovani. Altre sono nonne e bisnonne che potrebbero assumere ruoli fondamentali di assistenza in seno al nucleo familiare, consentendo pertanto alle giovani madri di conciliare al meglio la vita familiare e professionale. Tali ruoli hanno un valore inestimabile e sta a noi incoraggiarli e tutelarli, in modo da creare una società che promuova una solidarietà autentica tra le generazioni.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. − (PT) Questa risoluzione verte sulla vulnerabilità delle donne più anziane nell'ambito del fenomeno dell'invecchiamento della popolazione nell'UE, che è visto come un futuro fardello per le economie nazionali, mentre il potenziale degli anziani viene spesso ignorato, dal momento che sono sempre più visti come oggetti passivi invece che come soggetti attivi. Mi preme mettere in luce il rischio specifico di povertà cui sono soggette le donne anziane e sostengo gli incentivi volti a favorire l'occupazione degli anziani, ad esempio offrendo degli stimoli economici ai datori di lavoro. Tuttavia, non sostengo le disposizioni specifiche sulle donne omosessuali, bisessuali e transessuali.
Con l'entrata in vigore della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, la competenza legislativa dell'Unione europea ora comprende il divieto contro ogni sorta di discriminazione. Ai sensi dell'articolo 21 della Carta: "è vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o d qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali.", mentre l'articolo 25 stabilisce che: "L'Unione riconosce e rispetta il diritto degli anziani di condurre una vita dignitosa e indipendente e di partecipare ala vita sociale e culturale". Attuando queste disposizioni, si contribuirà a combattere ogni forma di discriminazione.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Benché la relazione vada generalmente giudicata in maniera positiva, in diversi punti si sarebbe potuta spingere molto oltre, in particolare per quanto riguarda l’analisi delle cause della doppia discriminazione di cui sono vittima milioni di donne nell’Unione europea, e che peggiora con l’avanzare della loro età: le immigrate, le disabili, le donne appartenenti a minoranze e quelle poco qualificate.
Le lavoratrici che hanno subito la discriminazione di retribuzioni più basse e di svalutazione del proprio lavoro, alla quale, in molti casi, si è aggiunta la discriminazione della maternità, percepiscono pensioni inferiori e vivono al di sotto della soglia della povertà. è tempo di porre fine a tale situazione modificando le politiche comunitarie, rompendo con le politiche neoliberali, impegnandosi a valorizzare maggiormente il lavoro, a rispettare i diritti umani, nonché a garantire l’accesso a servizi pubblici di qualità, in particolare alle prestazioni sanitarie e sociali, e a pensioni che consentano alle donne di vivere una vita dignitosa.
Continueremo pertanto a batterci a favore di politiche che valorizzino il ruolo delle donne e rispettino appieno i loro diritti.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione dell'onorevole Pietikäinen sul ruolo delle donne in una società che invecchia, perché, se le donne hanno un'aspettativa di vita più elevata rispetto agli uomini, esse corrono un rischio maggiore di insicurezza nella terza età. Attualmente lo si può vedere in Francia nel dibattito sulle pensioni e nel divario retributivo. Le donne inoltre prendono dei congedi dal lavoro o smettono di lavorare per assolvere a responsabilità familiari, pertanto sono destinate a percepire pensioni più basse. Il testo ci ricorda che ora più che mai serve una direttiva ad ampio spettro contro le discriminazioni.
Elisabeth Köstinger (PPE), per iscritto. – (DE) Con l’entrata in vigore della Carta europea dei diritti fondamentali e del trattato di Lisbona, rispettivamente nel dicembre 2009 e nella primavera del 2010, l’Unione europea si è impegnata a vietare la discriminazione di ogni genere entro i confini dell’UE, che si basi sulla classe sociale, sulla razza, sul colore della pelle o sul genere. Tuttavia, i cittadini dell’Unione, e in particolare le anziane, continuano a subire discriminazioni. Appoggio la relazione in quanto ritengo che sia oltremodo necessaria per garantire alle donne di ogni età condizioni di parità rispetto ai giovani. Le donne anziane sono svantaggiate in molte aree della vita pubblica. Un esempio grave di ciò è la loro dipendenza dai servizi pubblici, in quanto la cattiva organizzazione di tali servizi esercita un impatto diretto sulle donne. Inoltre, i livelli pensionistici più bassi associati ai salari costituiscono un ulteriore svantaggio, in quanto gli uomini percepiscono solitamente retribuzioni più elevate. Le anziane non dovrebbero essere considerate un onere, ma piuttosto membri attivi della nostra società, e come tali andrebbero riconosciute in seno all’Unione europea.
Marisa Matias and Miguel Portas (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Abbiamo votato a favore della risoluzione in quando concordiamo col suo approccio all’invecchiamento basato sui diritti, e in particolare con la sua visione degli anziani, considerati soggetti attivi. Le donne continuano a veder pregiudicate le loro carriere, il che sfocia in una rappresentanza maschile eccessiva nelle posizioni migliori e con retribuzioni più elevate; ciò diventa particolarmente evidente nel caso delle anziane e degli anziani. In aggiunta a ciò, le anziane si scontrano con ostacoli insuperabili al momento di cercare un nuovo impiego, in quanto i datori di lavoro tendono a svalutarle completamente.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. − (PT) L'invecchiamento della popolazione e la contrazione nella crescita demografica che si evidenzia nell'Unione europea destano preoccupazione in merito alla sostenibilità dei sistemi di assistenza sanitaria e di previdenza sociale. Ad ogni modo, siffatte preoccupazioni sono particolarmente acute per le donne, in quanto le donne anziane risentono maggiormente dell'ineguaglianza di genere. La situazione è particolarmente inquietante, poiché le donne svolgono un ruolo molto significativo nella società, soprattutto come supporto alla comunità e alla famiglia nell'assistenza prestata a familiari non autosufficienti. Pertanto è molto importante contrastare le discriminazioni basate sull'età che colpiscono in particolar modo le donne. Sono stati questi i motivi che hanno guidato il mio voto.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (LV) Mi sono espresso a favore della risoluzione soprattutto per richiamare l’attenzione della società sulle donne anziane. Le pensioni da esse percepite sono solitamente molto più basse di quelle degli uomini. Di norma, le donne vivono più a lungo degli uomini e sono condannate a una vita di solitudine in età avanzata. Non molti politici prestano attenzione al fatto che, al di fuori del lavoro, dove possono guadagnarsi una pensione, quasi tutte le donne hanno prestato la loro opera in seno alla famiglia allevando figli e nipoti, e non considerano che il loro lavoro in questa sfera della vita è molto maggiore del contributo offerto dagli uomini.
Alla luce del fatto che le donne sono fisicamente più fragili degli uomini, occorre trattare le donne anziane e sole con particolare cura. Spetta a noi avviare un dibattito sulla questione, in modo da richiamare l’attenzione della società sull’atteggiamento ingiusto e a volte indifferente nei confronti del “sesso debole”. Ho votato a favore dell’attenzione che dobbiamo prestare alle nostre madri e nonne – alle donne che hanno dedicato tutta la loro vita ai figli e ai nipoti. Non dobbiamo lasciarle sole; non dobbiamo dimenticarle.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) La relazione sul ruolo delle donne in una società che invecchia tratta molti temi importanti che, a mio avviso, non andrebbero considerati dal punto di vista specifico del genere. Vanno create condizioni quadro per la popolazione nel suo complesso che consentano ai lavoratori di restare attivi più a lungo, se lo desiderano, e di vivere una vita indipendente il più a lungo possibile. Sono tuttavia alquanto scettico sul ricorso alla discriminazione attiva. Mi sono pertanto astenuto.
Justas Vincas Paleckis (S&D), per iscritto. – (EN) Da un punto di vista umanitario, dovremmo migliorare i servizi e l’assistenza sanitaria e concedere sempre maggiori poteri a un segmento della nostra popolazione in rapida crescita – le donne anziane – in quanto anch’esse, come qualsiasi altro cittadino europeo, hanno diritto a una vita sana, dignitosa e autonoma. Da una prospettiva economica, dovremmo ambire a livelli di occupazione più elevati e a maggiori opportunità di lavoro flessibile e a tempo parziale per le donne anziane. Se attingessimo a questa fonte, spesso trascurata, di potenziale ed esperienza, promuoveremmo la crescita economica, ridurremo la povertà in età avanzata, miglioreremmo lo standard generale di vita dei pensionati, e incrementeremmo la coesione sociale. Ho votato a favore della risoluzione nella speranza che affrontare tali questioni con un duplice approccio possa aprire la strada per gestire i problemi più basilari ma non meno urgenti correlati alle disuguaglianze di età e di genere sul posto di lavoro, alla sottovalutazione e scarsa retribuzione di coloro che prestano assistenza nelle famiglie e, in ultima analisi, alla preferenza inveterata della nostra società per lo stile invece che per la sostanza quando si tratta di risolvere le questioni relative al genere e all’età. L’età, il genere e l’invecchiamento dei propri cari andrebbero sempre visti come un fattore positivo, e mai penalizzante.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho sostenuto la relazione della collega finlandese per una serie di ragioni. La popolazione dell'Unione europea sta invecchiando. Secondo le statistiche, le donne vivono più a lungo degli uomini. La discriminazione per motivi di età è vietata dalla legislazione europea nella sfera lavorativa. La legislazione in vigore, tuttavia, non implica automaticamente la scomparsa dal luogo di lavoro della discriminazione basata sull'età.
In generale, le donne continuano a sperimentare difficoltà nel fare carriera e ciò comporta un forte squilibrio in cui la componente maschile è molto più rappresentata in ruoli manageriali di vertice, soprattutto per quanto riguarda i lavoratori più anziani. Inoltre, le donne incontrano più di frequente difficoltà nel reinserimento nel mondo del lavoro, e quanto più una donna è avanti con l'età e tanto meno risulta competitiva agli occhi di un datore di lavoro. Ma, oltre che sul luogo di lavoro, le donne anziane devono essere tutelate in tutti i settori della vita, poiché la discriminazione fondata sull'età e sul sesso costituisce una violazione di diritti fondamentali.
Al fine di combattere la doppia discriminazione che spesso sperimentano le donne di una certa età, è necessario riconoscere gli aspetti esposti in appresso e agire.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) La relazione si sofferma su una questione di importanza crescente nei paesi occidentali, considerando il lavoro aggiuntivo che le donne hanno tradizionalmente sempre svolto nella società e il fatto che la situazione potrebbe peggiorare alla luce di una piramide demografica capovolta. Oltre a tali questioni, è anche importante ricordare che l’aspettativa di vita delle donne è maggiore di quella degli uomini e continua a crescere. Benché si tratti di per sé di uno sviluppo positivo, si traduce spesso nel fatto che sempre più donne sono costrette a provvedere a se stesse in età avanzata.
Al giorno d’oggi è consuetudine che le donne adulte si occupino dei figli, dei genitori e dei suoceri; in un secondo momento, finiscono per badare ai nipoti, alla madre e alla suocera, per poi ritrovarsi da sole, vedove e con i figli lontani, a causa dell’estrema mobilità che caratterizza le società contemporanee, in cui nessuno si occupa delle donne che in precedenza hanno prestato assistenza a tutti.
Ho votato a favore della relazione in quanto richiama l’attenzione su tale questione, perché indica le modalità per monitorare la situazione e sollecita interventi nel settore.
Rovana Plumb (S&D), per iscritto. – (RO) Una popolazione che invecchia viene considerata un onere futuro per le economie nazionali. Di fatto, il potenziale offerto dagli anziani viene spesso ignorato. Man mano che la popolazione invecchia, le donne, che vivono più a lungo degli uomini anche in Romania (l’aspettativa di vita media nel 2008 era 76 anni per le donne e 69 per gli uomini) sono più vulnerabili, soprattutto a causa del calo drastico dei redditi delle famiglie allargate. Opportunità più frequenti di lavoro a tempo parziale sarebbero utili per incrementare il reddito delle donne anziane.
Le donne anziane dipendono in larga misura dall’erogazione di servizi pubblici e privati, nonché dal sistema sanitario. Invito gli Stati membri a sviluppare servizi che agevolino l’assistenza a domicilio a lungo termine, in quanto ciò eserciterebbe un impatto non solo sulle donne che offrono tale assistenza, ma anche sui destinatari di tali cure.
La qualità dell’assistenza può essere garantita da risorse adeguate e dalla formazione nel settore sanitario. Esorto gli Stati membri a promuovere politiche pubbliche che dedichino particolare attenzione a tali questioni e mettano a disposizione risorse adeguate per contenere l’impatto a lungo termine. Alle iniziative politiche dovrebbero seguire l’elaborazione e l’attuazione di programmi efficaci.
Robert Rochefort (ALDE), per iscritto. – (FR) Alla luce dell’invecchiamento della popolazione europea, l’equilibrio dei sistemi pensionistici nazionali e l’assunzione di responsabilità nei confronti delle persone a carico rappresentano sfide considerevoli per l’Unione europea. L’Europa deve intervenire con celerità e decisione per evitare un rapido indebolimento del suo sistema sociale e il crescente impoverimento della sua popolazione anziana e in particolare delle donne, in quanto queste ultime, stando alle statistiche, hanno maggiori probabilità degli uomini di cadere nella morsa della povertà.
Sostengo la relazione Pietikäinen, che incita in particolare l’adozione di misure volte a combattere più efficacemente la discriminazione per motivi di età perpetrata sul luogo di lavoro, in particolare ai danni delle donne. Sono inoltre a favore del sostegno alla solidarietà tra le generazioni che, per esempio, si propone di sostenere le donne che badano ai nipoti mentre i genitori si assentano per motivi di lavoro. Appoggio inoltre l’idea di una maggiore coerenza nell’area della sicurezza sociale, compresi i piani pensionistici, il congedo per motivi di assistenza e i contratti di lavoro a tempo parziale.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore l’adozione di questa relazione, nella quale figurano proposte verdi specifiche, tra cui: misure volte ad accogliere la dimensione del genere al momento della riforma dei sistemi pensionistici; misure tese a promuovere una più equa divisione dell’assistenza non retribuita tra donne e uomini; l’intenzione di prestare maggiore attenzione alle patologie che colpiscono soprattutto le donne anziane, quali l’artrite reumatoide, e di far valere il punto di vista degli immigrati anziani e degli LGBT, solo per citare alcuni aspetti.
Licia Ronzulli (PPE) , per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione adottata tocca un tema tanto importante quanto troppo spesso trascurato.
I cittadini europei vivono sempre più a lungo, prolungando la cosiddetta "terza età" anche di molti anni rispetto al passato. Troppo spesso però questa fase della vita viene vissuta negativamente, subendo i condizionamenti di una società che ignora il potenziale di esperienza degli anziani e lo considera un vero e proprio peso, trasformando soggetti attivi in oggetti passivi.
Questo pericoloso fenomeno interessa principalmente le donne, che mediamente vivono più degli uomini e che l'attuale crisi economica ha duramente colpito, riducendo drasticamente i servizi loro dedicati. Molte sono rimaste esposte al rischio di povertà, condannate a vivere con una pensione insufficiente. Auspico che nell'interesse di tutte le donne europee, giovani e meno giovani, il voto di oggi possa andare nella direzione di rendere manifesta la centralità del loro ruolo nell'attuale società.
Oreste Rossi (EFD) , per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, pur essendo perfettamente in linea sulla richiesta di parità sull'occupazione e sul trattamento economico tra uomo e donna, ritengo si sarebbe dovuto insistere di più sui servizi alle famiglie, in quanto, nella stragrande maggioranza dei casi, quando in una famiglia ci sono figli e anziani malati, sono le donne che si assumono gli oneri maggiori.
Potenziare i servizi di aiuto alle famiglie, non solo economici ma strutturali – ad esempio asili per i bambini, mezzi pubblici efficienti, assistenza domiciliare ad anziani e malati – solleverebbe le donne, specie se lavoratrici, di buona parte dei gravosi impegni a cui normalmente vanno incontro. Questa relazione ci vede contrari perché chiede un piano d'azione che comprende in modo specifico l'integrazione di lesbiche, gay, bisessuali e transgender.
Joanna Senyszyn (S&D), per iscritto. – (PL) Appoggio la relazione Pietikäinen in quanto mostra l’invecchiamento della società sotto una nuova luce. Tale processo viene solitamente presentato in maniera ingiusta, sotto una luce esclusivamente pessimistica. Le discussioni vertono principalmente su costi e oneri. Ne consegue una discriminazione ai danni degli anziani, soprattutto delle donne, che vivono più a lungo, sono più esposte alla povertà, percepiscono pensioni più basse e hanno difficoltà ad accedere ai servizi pubblici e privati. In base alle statistiche, la percentuale di popolazione dell’Unione europea di un’età pari a 65 anni e oltre è destinata a passare dal 17,1 per cento del 2008 al 30 per cento del 2060, mentre la quota di popolazione con un’età superiore agli 80 anni aumenterà dal 4,4 al 12,1 per cento. In Polonia, in base all’ufficio centrale di statistica, gli anziani rappresenteranno il 26 per cento della popolazione nel 2030, ammonteranno cioè a 10 milioni di persone.
è tempo di cambiare il modo in cui vengono trattati gli anziani. Essi rappresentano un enorme potenziale non ancora sfruttato, che consiste in vasta esperienza, capitale intellettuale, sapere e competenze sociali. Prima ci renderemo conto di tali qualità e inizieremo ad avvalercene, meglio sarà per noi, per le nostre economie e per le strategie comunitarie. Accolgo pertanto con favore l’iniziativa della Commissione di proclamare il 2012 l’anno dell’invecchiamento attivo e della solidarietà intergenerazionale. Promuoviamo l’economia della terza età, investiamo negli anziani, combattiamo gli stereotipi. La volontà degli anziani di lavorare non dovrebbe essere sottovalutata. Gli standard, la cultura sociale e la saggezza di una società possono essere giudicati esaminando proprio l’atteggiamento che promuove nei confronti degli anziani.
Czesław Adam Siekierski (PPE), per iscritto. – (PL) In caso di recessione economica, le donne sono uno dei gruppi più penalizzati dagli effetti della crisi. Spetta soprattutto a loro far quadrare il bilancio familiare in una situazione critica. La popolazione attiva si sta riducendo, e il rapporto tra numero di persone occupate e pensionati si sta contraendo. Le politiche a favore delle famiglie dovrebbero diventare prioritarie per gli Stati membri dell’UE. Per le donne è difficile conciliare l’accudimento dei figli e la vita familiare con la vita lavorativa. Sentiamo spesso parlare di discriminazioni contro le donne a causa dei loro doveri nei confronti dei figli – tali discriminazioni emergono sia durante il processo di selezione per una posizione lavorativa specifica, sia in caso di opportunità di promozione. La maggioranza delle persone che occupano posizioni di livello più elevato è di sesso maschile. In un secondo momento, tale disparità si ripercuote anche sull’ammontare delle pensioni che, a loro volta, incidono sulla qualità della vita. Un’altra questione cruciale è l’età pensionabile. Poiché lavorano per un periodo più breve, le donne hanno automaticamente diritto a meno prestazioni sociali, il che si ripercuote sul loro standard di vita e sul rischio potenziale di cadere nell’indigenza.
La differenza in termini di età pensionabile sortisce un effetto avverso sulle possibilità loro offerte dal mercato del lavoro – donne e uomini della stessa età vengono visti in maniera diversa dai datori di lavoro, che non vogliono assumere donne destinate ad andare in pensione dopo qualche anno. Le disparità a livello di pensione emergono anche a causa del divario tra i livelli di retribuzione, un altro aspetto che andrebbe eliminato.
Catherine Stihler (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione che si propone di tutelare i diritti fondamentali delle anziane in seno all’UE. Le donne anziane sono più esposte al rischio di povertà, poiché le pensioni da esse maturate sono più basse e per il tempo da esse sottratto al lavoro per ottemperare ai loro obblighi di assistenza. Per questo ho espresso il mio sostegno alla relazione.
Angelika Werthmann (NI), per iscritto. – (DE) In generale, il termine “società che invecchia” è associato a un onere futuro imprevedibile a carico delle economie nazionali. Il dibattito tende sempre a concentrarsi sulle pensioni e i regimi assistenziali. Come mostra la relazione, le donne percepiscono pensioni più basse a causa dei loro impegni familiari e corrono pertanto un rischio maggiore di povertà in età avanzata. Si tratta di un circolo vizioso che va spezzato affrontando il cambiamento continuo che caratterizza la nostra società con un approccio onnicomprensivo che includa in particolare le politiche in materia di istruzione e di mercato del lavoro.
Marina Yannakoudakis (ECR), per iscritto. – (EN) Benché la relazione prodotta dalla commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere richiami l’attenzione sulle difficoltà pratiche riscontrate dalle donne che si prendono cura della popolazione europea che invecchia, il gruppo ECR non può appoggiare la relazione, in quanto ritiene che affronti questioni che non rientrano nelle competenze dell’UE, bensì sono prerogativa dei nostri parlamenti nazionali. Ci opponiamo in particolare a qualsiasi intervento comunitario in questioni concernenti l’assistenza sanitaria, l’istruzione e la formazione, le pensioni, l’età pensionabile e le case di riposo per anziani.
Charalampos Angourakis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) In un periodo di inasprimento della crisi del capitalismo, il Parlamento europeo sta adottando iniziative volte a manipolare la coscienza dei lavoratori e a organizzare propaganda comunitaria nei media pubblici e privati, al fine di mettere a tacere qualsiasi voce si opponga agli interessi del capitale e di creare un’immagine di consenso artificiale ai piani imperialisti. La relazione promuove gli obiettivi di un assoggettamento completo delle agenzie dei mezzi di comunicazione pubblici alla propaganda dell’unificazione europea e di una loro interconnessione con i monopoli dei mass media privati. Per conseguire tale finalità, le proposte perseguono un incremento delle risorse finanziarie stanziate a favore dei mass media pubblici e privati, la creazione e il rafforzamento di strutture di controllo centralizzate, e la manipolazione delle notizie. La relazione vuole educare i giornalisti a perseguire gli interessi del capitale, intervenire nelle attività mediatiche degli Stati membri mediante l’Osservatorio europeo dell’audiovisivo e sostenere i piani comunitari rafforzando gli uffici di informazione – e propaganda – e intensificando gli interventi ideologici/politici a vantaggio dell’UE e del sistema bacato di sfruttamento; ciò dimostra ancora una volta che l’indipendenza dei mezzi di comunicazione, al pari del loro pluralismo e diversità, rappresentano un evidente tentativo di fuorviare i lavoratori che, tuttavia, non possono non riconoscere che l’unico modo per tutelare gli interessi del popolo consiste nel combattere per rovesciare e destabilizzare tale sistema e garantire così che vengano rispettate le esigenze attuali della base della società.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) A mio parere è cruciale creare una sfera pubblica in Europa. Non si tratta di una questione squisitamente filosofica, ma è una questione che attiene alla democrazia, in cui è in gioco la legittimità dell'Unione europea. I media e anche i nuovi social network sono fondamentali per la vitalità della sfera pubblica europea: noi parlamentari europei dobbiamo informare i cittadini europei in merito al nostro lavoro, attraverso i giornalisti e anche mediante i nostri siti, Facebook, Twitter e via dicendo. Una migliore comunicazione sull'Europa è una priorità oggi, e sostengo senza riserve la relazione, che attira l'attenzione sulla responsabilità dei media in questo ambito e sulla responsabilità delle istituzioni europee, che devono fare del proprio meglio per favorire l'accesso al propri lavoro e a diffonderlo mediante i mezzi di comunicazione.
Liam Aylward (ALDE), per iscritto. – (GA) Ai sensi del trattato di Lisbona, il Parlamento svolge un ruolo dall’importanza senza precedenti nella vita quotidiana dei cittadini europei. Pertanto, è essenziale migliorare i rapporti esistenti tra Parlamento, eurodeputati, istituzioni europee e cittadini dell’Unione. Da numerosi sondaggi svolti dall’Eurobarometro è emerso che le popolazioni dell’UE vogliono essere tenute maggiormente al corrente degli affari comunitari e ricevere informazioni più puntuali sull’Europa.
Come constatato dalla relazione, se vogliamo che i cittadini europei partecipino più attivamente agli affari europei, occorre fornire informazioni chiare e pertinenti tramite i mezzi di informazione e i centri di comunicazione. Accolgo con particolare favore il passaggio della relazione in cui si caldeggia la restrizione dell’uso del “gergo comunitario” e di un linguaggio eccessivamente tecnico.
Le informazioni messe a disposizione dei cittadini comunitari dalle istituzioni devono essere chiare, comprensibili e pertinenti. A tal fine, appoggio la richiesta avanzata nella relazione che la Commissione prosegua con l’approccio “locale” attualmente adottato, teso a migliorare la visibilità dell’Unione a livello locale.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR) Fare pedagogia sull’Europa significa smantellare il processo semplicistico e sistematico alla base del passatempo più in voga, che consiste nel ripetere all’infinito lo slogan: “è colpa di Bruxelles”. A questo livello, gli sforzi esplicativi saranno decisamente salutari. I governi, i partiti politici, le strutture dell’istruzione e le emittenti pubbliche devono prendere parte e altresì contribuire in maniera più incisiva a spiegare le questioni europee al pubblico. I nuovi mezzi di comunicazione hanno il potenziale di rivoluzionare la democrazia europea. Mettiamoci al lavoro!
Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. – (RO) Le questioni europee faticano a comparire sulla stampa nazionale e sono più presenti sui mass media internazionali, seguiti soltanto da un segmento limitato dell’opinione pubblica. Tale indifferenza rispetto a quanto accade a Bruxelles e a Strasburgo si è manifestata anche nel calo dell’affluenza dei cittadini alle urne in occasione delle elezioni europee.
E questo accade in un periodo in cui non prevale un’opinione contraria all’Unione europea. L’atteggiamento degli europei nei confronti dell’Unione europea potrebbe forse essere descritto, nel migliore dei casi, come indifferente. Ci troviamo nella situazione paradossale in cui tutte le decisioni prese a Bruxelles e Strasburgo influiscono direttamente sulla vita di ogni cittadino europeo.
Il trattato di Lisbona ha posto i cittadini europei al centro dell’Unione europea e ha stabilito di coinvolgerli nel processo decisionale comunitario, seppure attraverso la garanzia di maggiori poteri al Parlamento, l’unico organo direttamente eletto. Oltre alle proposte presentate nella relazione discussa dalla tornata, ogni europarlamentare, e se è per questo anche ogni politico nazionale, è ovviamente tenuto ad appoggiare in maniera chiara e comprensibile le decisioni prese a livello comunitario e a spiegarne l’impatto nei nostri paesi d’origine.
Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Ho votato a favore della proposta di risoluzione alternativa in quanto, in primo luogo, riconosce la carenza di trasparenza e democrazia nelle istituzioni europee e, pertanto, l’esigenza di sviluppare nuove forme di mezzi di comunicazione e giornalismo in rete, per far sì che i cittadini ricevano informazioni più precise sull’UE, e in secondo luogo rileva l’importanza di garantire l’indipendenza dei media e la libertà di espressione.
Lara Comi (PPE) , per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'Unione Europea, con l'adozione del trattato di Lisbona, ha acquisito un potere più ampio soprattutto a livello legislativo.
L'80% delle norme nazionali provengono dalle decisioni del Parlamento europeo, ma i cittadini non comprendono tale influenza nella loro vita quotidiana. I media locali non agevolano il cambiamento dando troppo spazio alle dinamiche nazionali. È importante migliorare lo scambio di informazioni europee tra i giornalisti, incrementare la gamma delle lingue di euronews e le comunicazioni deputati-elettori.
Le nuove tecnologie sono di grande aiuto alla circolazione di news se usate in modo corretto e saggio. Internet ha aiutato la diffusione di notizie soprattutto tra i giovani che, in questo modo, si sentono più partecipi alla vita sociale. Molti di loro creano blog, aree di discussione, web site sull'Unione europea dando vita ad un dibattito costruttivo. La critica è un diritto-dovere del cittadino purché basata su fatti veri e non sul gossip.
Mário David (PPE), per iscritto. − (PT) L'accesso pubblico alle informazioni e la comunicazione tra l'elettorato ed i rappresentanti politici costituiscono fattori importanti in ogni società democratica e sono una condizione fondamentale affinché i cittadini possano esercitare il proprio diritto di partecipare alla vita pubblica. Consapevole dell'importanza di creare delle basi per una sfera pubblica europea, ad esempio ampliando la presenza nei media sociali degli Stati membri delle questioni europee nella sfera nazionale, ho votato ampiamente a favore della relazione (alternativa, con gli emendamenti avanzati dal mio gruppo e da altri gruppi del Parlamento). Una sfera pubblica trasparente e indipendente non deve essere confusa con la manipolazione dei media sociali o con un controllo subdolo, come credo stia accadendo ripetutamente nel mio paese. Vi ricordo infatti la vicenda TVI che ho portato all'attenzione dell'Assemblea.
In questa relazione sottolineo l'importanza di monitorare e poi riportare al Parlamento i contenuti delle trasmissioni pubbliche e private degli Stati membri, da parte dell'Osservatori europeo dell'audiovisivo e la proposta di integrare più efficacemente EuroParlTV nella strategia di comunicazione Internet del Parlamento europeo. La prima rappresenta un contributo eccellente all'azione politica, mentre la seconda è un elemento importante di comunicazione.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione sul giornalismo e i nuovi media – creare una sfera pubblica in Europa, in quanto reputo essenziale elaborare strategie per avvicinare il pubblico europeo ai responsabili delle decisioni dell’Unione europea. è necessario migliorare la comunicazione delle istituzioni europee per promuovere una maggiore trasparenza e incrementare la partecipazione pubblica al dibattito politico, in quanto le decisioni prese a livello europeo influiscono direttamente sulla vita dei cittadini.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Benché sia generalmente positiva e molto necessaria, la creazione di una sfera pubblica europea è scivolata nell’indifferenza pubblica e nel disinteresse dell’opinione pubblica nazionale, uno sviluppo che sembra in contrasto con gli investimenti massicci nell’informazione e nella divulgazione effettuati dalle istituzioni, e che denuncia invece una disaffezione sempre più preoccupante nei confronti del progetto europeo. Come si evince dalla relazione, una siffatta sfera pubblica dell’informazione deve cominciare dal basso, da un impegno individuale e pubblico autentico a costruire la realtà che tutti condividiamo. Nonostante tale convinzione, la risoluzione dovrebbe preoccuparsi maggiormente di rafforzare i mezzi con cui raggiungere tale obiettivo invece che promuovere una comprensione efficace delle ragioni alla base della disaffezione e del disinteresse del pubblico.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. − (PT) La relazione contiene una serie di proposte volte ad incrementare il coinvolgimento dell'opinione pubblica europea in questioni che attengono all'Unione europea. È importante promuovere la partecipazione pubblica nel processo di integrazione europea e per cercare di comunicare con i cittadini invece di limitarsi ad informarli. L'informazione fatta mettendo meramente a disposizione i contenuti non necessariamente suscita l'interesse tra i cittadini degli Stati membri. È pertanto imperativo che il "mittente" segua i principi della comunicazione per creare un dialogo con i cittadini.
Vi sono programmi , fondi e aiuti disponibili per i cittadini europei e la maggioranza non ne è al corrente. Sottolineo pertanto la necessità di garantire la presenza di corrispondenti dagli Stati membri in grado di costruire un ponte tra quanto viene fatto a Bruxelles e l'impatto che si produce nei rispettivi paesi e regioni. Già di per sé, l'Unione europea infatti è un'entità complessa che non è facile da spiegare. Non esiste una soluzione unica e semplice per creare una sfera pubblica in Europa. Tuttavia, il quadro istituzionale e tecnologico ora è ottimale. Il trattato di Lisbona rappresenta un passo importante nella democratizzazione dell'UE, mentre i media sociali presentano all'opinione pubblica delle possibilità nuove di partecipare al processo di integrazione europea.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) L'afflusso sempre più basso nelle elezioni europee mostra per l'ennesima volta quanto sia urgente raddoppiare gli sforzi per colmare il divario tra l'Unione europea ed i cittadini. La crisi economica, che attualmente investe i paesi dell'Unione, parallelamente richiede un sostegno autentico e fiducia incondizionata nelle istituzioni europee da parte dei cittadini. In questo contesto il trattato di Lisbona, sopratutto con il varo dell'iniziativa dei cittadini, favorisce un'Unione più democratica, un elemento che non può essere ipotizzato senza l'introduzione di una politica di comunicazione globale. Pertanto ho votato a favore della risoluzione che promuove la creazione di una sfera pubblica in Europa. È una nostra chiara responsabilità di deputati al Parlamento europeo, di deputati dei parlamenti nazionali, di membri di partito, di membri di istituzioni dedite all'istruzione e di emittenti di servizio pubblico. Ad ogni modo bisogna essere cauti, per comunicare di più bisogna comunicare meglio. La creazione di una sfera pubblica europea deve basarsi su informazioni attendibili, fattuali e indipendenti. Oltre a questo criterio di qualità, deve essere altresì assunto un approccio pedagogico per impartire le informazioni in modo che il funzionamento delle istituzioni europee diventi più comprensibile e susciti un maggiore interesse.
Cătălin Sorin Ivan (S&D), per iscritto. – (RO) Pur essendo solamente una relazione d'iniziativa, la relazione dell'onorevole Løkkegaard ha conferito una nuova prospettiva al ruolo del giornalismo e dei mezzi di comunicazione di massa in una società in continuo mutamento.
Il nostro gruppo, supportato dal gruppo ALDE e dal gruppo S&D, ha presentato una risoluzione alternativa che ha cancellato alcune disposizioni comprese nella relazione iniziale, come il monitoraggio dell'Osservatorio europeo dell'audiovisivo delle notizie UE trasmesse da canali pubblici e privati negli Stati membri o l'istituzione di un gruppo di giornalisti "indipendenti" a Bruxelles. La versione finale della relazione, benché meno ambiziosa di quella iniziale, è realistica e calibrata, motivo per cui l'ho sostenuta insieme ad altri colleghi.
Ramona Nicole Mănescu (ALDE), per iscritto. – (RO) Mi preme complimentarmi con l’onorevole Løkkegaard per aver prodotto una relazione così conclusiva. La comunicazione in seno all’Unione europea rappresenta attualmente un aspetto essenziale di una politica europea integrata. Tuttavia, continua a essere una sfida per le istituzioni europee. Di fatto, i cittadini europei devono avere una conoscenza diretta dell’impatto reale delle decisioni prese dalle istituzioni europee. Tuttavia, per farlo, devono avere accesso a informazioni sufficienti circa le implicazioni delle decisioni europee a livello nazionale, regionale e locale, dove le emittenti pubbliche svolgono un ruolo estremamente importante.
Inoltre, gli sportelli informativi locali delle istituzioni europee devono adottare un approccio molto più attivo e coordinato alla promozione della comunicazione. Per questo ritengo che sia essenziale che la Commissione europea sostenga e incoraggi, a livello istituzionale, forme di comunicazione europea già esistenti a livello nazionale. Inoltre, la Commissione deve instaurare un rapporto stretto con le emittenti pubbliche per garantire un impiego più efficiente delle risorse stanziate dalla strategia europea per la comunicazione. Sappiamo tutti che gli Stati membri sono responsabili della comunicazione. Occorrono tuttavia maggiore coinvolgimento e coordinamento da parte delle istituzioni europee su questo fronte.
Iosif Matula (PPE), per iscritto. – (RO) I progressi messi a segno dalla tecnologia negli ultimi anni obbligano i professionisti di molti settori ad adeguarsi alla situazione in termini di atteggiamento, competenze e attività svolta. La comunicazione di massa è una delle aree maggiormente interessate dalle innovazioni tecniche. Ciò significa che il confine tra giornalisti e pubblico non è più così chiaramente definito, in quanto i ruoli sono divenuti intercambiabili. Per tale ragione accolgo con favore il progetto di relazione sul giornalismo e i nuovi media.
Mette inoltre in luce il desiderio del Parlamento europeo di contribuire a creare una sfera pubblica a livello europeo e di incoraggiare lo spirito di partecipazione. Sono fermamente convinto che occorra incoraggiare i giornalisti a fornire regolarmente informazioni sulle istituzioni europee e, al contempo, dobbiamo valutare periodicamente il modo in cui i nuovi media favoriscono la creazione di tale sfera pubblica europea. Con l’emergere di nuovi strumenti e tecnologie di comunicazione, occorre redigere un codice etico europeo del giornalismo.
Al contempo, bisogna porre maggiormente l’accento sui programmi scolastici e sui corsi di preparazione per questa nuova forma di giornalismo. In segno di riconoscimento da parte del Parlamento europeo, propongo di includere i nuovi media nelle categorie del premio del Parlamento europeo per il giornalismo che assegniamo ogni anno.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. − (PT) Per le istituzioni UE è difficile comunicare con i cittadini europei, in quanto la maggioranza non comprende l'utilità delle varie istituzioni di cui consta l'Unione. È quindi giunta l'ora di incrementare il coinvolgimento dell'opinione pubblica europea nelle questioni che afferiscono all'Unione. Dobbiamo trovare dei modi per comunicare al fine di avviare, promuovere ed approfondire il dibattito ed il flusso di informazioni, sia attraverso una maggiore trattazione delle tematiche europee nei media nazionali che mediante una sfera pubblica europea. Pertanto la creazione di una sfera pubblica in Europa rappresenta un passo essenziale affinché l'intera popolazione degli Stati membri possa comprendere meglio gli eventi europei.
Marek Henryk Migalski (ECR), per iscritto. – (PL) A mio avviso, la relazione Løkkegaard sul giornalismo e i nuovi media – creare una sfera pubblica in Europa, contiene molte disposizioni allarmanti che limitano le libertà dei mezzi di comunicazione. In particolare, reputo inaccettabili i paragrafi nn. 8, 14, 20, 23, 31 e 39 e i considerando N e O. Secondo me, la relazione Løkkegaard interferisce con la libertà del giornalismo. Tale documento sottolinea, tra le altre cose, l’obbligo delle emittenti pubbliche di fornire informazioni sull’Unione europea. Richiamerei inoltre l’attenzione sul fatto che la relazione prevede nuovi obblighi finanziari a carico dell’Unione europea, in quanto propone l’aumento delle linee di bilancio destinate agli sportelli informativi del Parlamento, solo per citare un esempio.
La relazione sul giornalismo e i nuovi media propone inoltre di inserire l’Unione europea quale nuova materia nei programmi scolastici. A mio avviso, le istituzioni europee non dovrebbero interferire nella redazione dei programmi scolastici, che spettano esclusivamente agli Stati membri. Dissento dal relatore sul ruolo dei media nell’Unione europea e non accetto nemmeno l’imposizione di oneri finanziari aggiuntivi a carico dell’Unione e degli Stati membri, per tale ragione ho deciso di esprimere un voto contrario alla relazione.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (LV) Ho votato a favore della risoluzione del Parlamento europeo su una divulgazione pubblica più efficace delle informazioni in merito all’Unione europea. Il popolo lettone non ha ben chiara la differenza tra Consiglio dell’Unione, Commissione europea e Parlamento europeo. Il novantanove percento dei lettoni non comprende le funzioni e il significato delle istituzioni comunitarie. Dobbiamo spiegare a ogni cittadino europeo la ragione delle attività comunitarie. Se non agiremo celermente in tal senso, l’affluenza alle urne nelle elezioni europee scenderà ai minimi storici, e i cittadini cominceranno a diffidare dalle decisioni e dalle leggi approvate dalle istituzioni europee.
Ho votato a favore di una maggiore attenzione nei confronti della politica europea della comunicazione, a favore cioè della divulgazione di quante più informazioni possibile sul modo in cui vengono impiegati i fondi del bilancio comunitario e sui loro obiettivi. Se riusciremo a fare del nostro meglio in tal senso, potremo ispirare maggiore fiducia nei cittadini e convincerli ad adottare un atteggiamento più ponderato nei confronti delle elezioni europee. Se riuscissimo in tale intento, i deputati del Parlamento europeo sarebbero molto più professionali.
Rolandas Paksas (EFD), per iscritto. – (LT) Il 7 settembre ho votato a favore della proposta di adottare il progetto di risoluzione del Parlamento europeo sul giornalismo e i nuovi media – creare una sfera pubblica in Europa (A7-0223/2010). In base ai risultati di diversi sondaggi condotti dall’Eurobarometro, i cittadini sono poco informati sulle politiche e questioni europee. Tuttavia, queste medesime indagini dimostrano che tali informazioni destano l’interesse della società. I partecipanti ai sondaggi riferiscono inoltre che quest’assenza di informazioni è una delle cause principali che inducono i cittadini a decidere di non votare e li rendono riluttanti nei confronti delle istituzioni europee. Per essere incisiva, la comunicazione deve chiarire che le decisioni politiche prese a livello comunitario hanno un impatto diretto sulla vita quotidiana dei cittadini europei, che continuano a considerare l’UE troppo distante e poco influente nella risoluzione dei loro problemi reali. Convengo inoltre che, per migliorare la conoscenza dei cittadini circa l’UE, occorre introdurre nei programmi scolastici studi specifici in materia.
Justas Vincas Paleckis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione in quanto offre soluzioni per consentire ai cittadini e alla società dell’Unione di partecipare più attivamente alla vita nazionale e pubblica in tutta l’Unione europea. Finora i cittadini comunitari non hanno ricevuto informazioni sufficientemente chiare sul fatto che le decisioni politiche prese a livello di UE hanno una rilevanza diretta nella vita di ogni giorno. Mancano informazioni ragionate e approfondite sull’Unione europea nei media degli Stati membri. Convengo col relatore che i paesi membri dovrebbero aumentare il numero di giornalisti accreditati presso le istituzioni europee. La Lituania, ad esempio, non dispone al momento di nessun giornalista accreditato presso le istituzioni europee. Occorre continuare a formare giornalisti e a sviluppare la loro conoscenza del processo decisionale complesso in vigore nell’Unione europea. Il canale televisivo Euronews potrebbe inaugurare delle trasmissioni nelle lingue della maggior parte dei paesi membri dell’Unione, mentre le istituzioni europee potrebbero diramare relazioni nei social-media, che stanno diventando sempre più diffusi tra i giovani. Appoggio in particolare l’invito del relatore a rispettare la libertà e l’indipendenza editoriale dei mezzi di comunicazione, soprattutto il diritto delle emittenti radiotelevisive pubbliche di organizzare il palinsesto come ritengono opportuno. Tuttavia, alcuni governi dei paesi membri limitano i finanziamenti a favore delle emittenti pubbliche e, così facendo, puntano a interferire con la selezione del personale e il contenuto dei programmi.
Alfredo Pallone (PPE) , per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, la comunicazione in un contesto politico è fondamentale. Di conseguenza, se la politica non viene adeguatamente comunicata, si pone un problema. E in questo ambito l'Unione europea si trova davanti a una sfida ardua e difficile. È opportuno trovare nuovi sistemi per interessare maggiormente i cittadini europei alle questioni che riguardano l’Unione europea.
La relazione ha preso in considerazione le modalità attraverso le quali la comunicazione può attivare e stimolare il dibattito europeo e il flusso delle informazioni, sia per mezzo di una più ampia discussione delle questioni europee nei media nazionali sia tramite una sfera pubblica europea. Tuttavia, se nello spirito la relazione può essere condivisa, vi sono alcuni punti e alcune richieste che trovo forse eccessive.
Georgios Papanikolaou (PPE), per iscritto. – (EL) Da quando è stata varata la moneta unica, è stata introdotta una gamma compatta di misure volte a proteggere l’euro dalle contraffazioni, tra cui iniziative legislative, strumenti tecnici e modifiche istituzionali, con particolare enfasi sulla stretta cooperazione tra tutte le agenzie coinvolte a livello nazionale ed europeo. In base alla risposta (E-0107/10) recentemente fornita alla mia interrogazione, la Commissione constata che il numero di monete contraffatte è ancora estremamente basso e rappresenta non più dello 0,2 per mille di tutte le monete in circolazione. Inoltre, l’articolo 3 paragrafo 1 del regolamento (CEE) n. 1338/2001 sancisce che le autorità nazionali competenti hanno il compito di raccogliere e indicizzare tutti i dati tecnici e statistici relativi alle banconote e monete false rinvenute negli Stati membri. Malgrado ciò, l’attuale proposta di regolamento rafforza ulteriormente gli strumenti per combattere la contraffazione chiarendo le procedure necessarie per stabilire l’autenticità e la gestione delle monete in euro non adatte alla circolazione.
Al contempo, sono previste disposizioni per l’applicazione di procedure congiunte volte a stabilire meccanismi di autenticità e controllo per tali procedure da parte delle autorità nazionali. Le proposte in questione rafforzano gli interventi contro le falsificazioni, per questo ho votato a favore delle disposizioni rilevanti e della relazione nel suo complesso.
Robert Rochefort (ALDE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione Løkkegaard sul ruolo del giornalismo e dei nuovi media nella creazione di una “sfera pubblica europea” autentica. Come abbiamo ripetutamente ricordato, il divario esistente tra le istituzioni europee e l’opinione pubblica va colmato con urgenza. A questo punto è opportuno rammentare il tasso di affluenza deplorevolmente basso registrato alle elezioni europee. Ricordiamo inoltre che tutti gli indicatori del livello di fiducia dei cittadini nell’integrazione europea sembrano denotare una situazione di allarme. L’ultimo sondaggio dell’Eurobarometro è particolarmente eloquente in tal senso, in quanto più della metà degli intervistati ha espresso un parere negativo sull’appartenenza del proprio paese all’Unione europea. La cosa interessante è che, al contempo, le aspettative sono elevate, visto che oltre l’80 per cento degli interpellati sostiene che l’UE sia la – e sottolineo “la” – soluzione ai problemi esistenti.
Per fornire spiegazioni più chiare su quello che fa l’Europa, come lo fa e di che mezzi si serve per farlo, e quindi per generare meno delusione, occorre rendere prioritaria una comunicazione più efficace e una diffusione più puntuale delle notizie europee. Insisto tuttavia sul fatto che, come sottolineato nel testo da noi adottato, tale esercizio va condotto in un’atmosfera di fiducia, con il dovuto rispetto per l’indipendenza editoriale e la libertà del giornalismo.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) La maggioranza degli emendamenti presentati dal gruppo Verde/Alleanza libera europea sono stati adottati dalla commissione per la cultura e l’istruzione, che ha accolto la relazione con 24 voti a favore, 3 contrari e 1 astensione.
Gran parte degli emendamenti del gruppo Verde/Alleanza libera europea sono stati inseriti negli emendamenti di compromesso. è quello che si è verificato nel caso del paragrafo n. 33, che sancisce che le istituzioni europee dovrebbero contribuire a decentralizzare la politica di comunicazione dell’UE verso una dimensione locale e regionale, e del paragrafo n. 36, che sottolinea la necessità di esaminare soluzioni per creare relazioni interparlamentari tra i parlamenti nazionali o regionali e il Parlamento europeo.
Oggi dobbiamo votare su una risoluzione alternativa proposta da S&D e sostenuta da PPE e ALDE. Il gruppo Verde/Alleanza libera europea ha accolto le modifiche introdotte, pertanto in ultima analisi abbiamo votato a favore della relazione.
Oreste Rossi (EFD) , per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, è corretto cercare di spiegare ai cittadini europei cosa fa e a cosa serve l'Unione europea con tutti suoi organismi.
In particolare, bisognerebbe cercare di rendere protagonisti i cittadini permettendo loro anche di poter scegliere da chi essere rappresentati. Ancora oggi le cariche più importanti come l'Alto Rappresentate per gli affari esteri, il Presidente della Commissione e il Presidente del Consiglio sono assegnate senza il coinvolgimento dei cittadini. Bisognerebbe favorire l'uscita sui media nazionali delle notizie relative all'attività che svolgono i parlamentari che sono eletti direttamente dagli europei e che quindi li rappresentano.
Catherine Stihler (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione che propone soluzioni per incrementare la consapevolezza dei cittadini circa le politiche comunitarie e il processo decisionale attraverso il ricorso ai vari strumenti mediatici disponibili. Come rappresentante eletta, ritengo che sia importante che i cittadini possano rendersi conto di come le politiche comunitarie influiscono sulla loro vita quotidiana, ed è per questa ragione che ho sostenuto la relazione.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Si trattava di una relazione tecnica e non controversa e noi, il gruppo dei Verdi, l’abbiamo appoggiata.