Presidente. – L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sul vertice UE-Cina del 6 ottobre 2010 [2010/2862(RSP)].
Karel De Gucht, membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, sono lieta di trovarmi qui oggi a discutere i preparativi per il 13° vertice UE-Cina. Il vertice è di particolare importanza quest’anno perché ricorre il trentacinquesimo anniversario dell’inizio delle relazioni diplomatiche tra Unione europea e Cina e perché utilizzeremo per la prima volta l’assetto del trattato di Lisbona.
Durante il Consiglio europeo della scorsa settimana i capi di Stato e di governo hanno parlato delle sfide e delle opportunità che le relazioni con un partner strategico come la Cina comportano per l’Unione europea. La discussione era stata preparata a Gymnich, il weekend precedente, nel corso di un meeting informale tra i ministri degli esteri dell’UE al quale ho partecipato assieme all’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune e Vicepresidente della Commissione (AR/VP) Ashton e numerosi altri Commissari. Si sono manifestate la necessità e la volontà di agire con maggiore integrazione e coerenza. È necessario definire cosa vogliamo ottenere dai nostri partner strategici e le nostre 27 voci devono veicolare lo stesso messaggio.
Gli ultimi 35 anni hanno visto un enorme intensificarsi delle relazioni tra UE e Cina, soprattutto in campo economico. Siamo partner commerciali importanti gli uni per gli altri. Le aziende europee stanno traendo beneficio dalla continua crescita economica cinese, ma sono necessarie una maggiore apertura del mercato cinese e una migliore attuazione delle norme, ad esempio nell’ambito degli appalti pubblici e dei diritti di proprietà intellettuale.
Il 13° vertice UE-Cina è il primo a svolgersi nel quadro dell’assetto introdotto dal trattato di Lisbona. È nostra intenzione adottare una prospettiva lungimirante e agire in partenariato per affrontare sfide globali come il cambiamento climatico, la necessità di mantenere i mercati aperti e un accesso equo alle risorse prime, la stabilità internazionale e infine lo stato di diritto.
Prenderemo in considerazione il ruolo dei vari dialoghi politici e di settore tra l’UE e la Cina. Discuteremo l’accordo di partenariato e di cooperazione e in particolare la sua portata, in modo da porre le basi per un quadro legale e istituzionale mirante all’ulteriore sviluppo del partenariato.
I diritti dell’uomo rappresentano il filo d’argento della politica estera dell’Unione europea e, nonostante permangano differenze significative, in questo ambito è importante discutere sia dei diritti dell’uomo sia dello stato di diritto nel corso del prossimo vertice. Un possibile punto di partenza potrebbero essere esempi di collaborazione concreti e positivi come la CESL, la scuola di legge UE-Cina.
Il 13° vertice UE-Cina avrà luogo qualche settimana prima di due fondamentali eventi internazionali, vale a dire il vertice G-20 di novembre a Seul e la conferenza di Cancún sui cambiamenti climatici. Uno tra gli obiettivi importanti del vertice sarà la ricerca di un terreno comune con la Cina al fine di ottenere un allineamento tra le sue posizioni e le nostre priorità.
È importante inoltre eliminare i pregiudizi e stabilire dei legami interpersonali. A questo proposito avrà luogo per la prima volta un forum culturale a latere del vertice. Il 2011 sarà dichiarato Anno della gioventù per Europa e Cina al fine di rafforzare la comprensione reciproca tra i giovani europei e cinesi e di promuovere il dialogo interculturale, che invece sarà il tema principale del 2012, dedicato appunto a questo aspetto.
Il vertice giunge dopo un anno molto ricco per quanto riguarda il dialogo politico grazie all’ingente numero di incontri ad alto livello svoltisi da gennaio a questa parte, quali ad esempio la visita alla scuola di legge guidata dal Presidente Barroso e la visita a inizio settembre di Catherine Ashton in Cina per il primo ciclo del dialogo strategico. Un meeting del dialogo commerciale ed economico ad alto livello è programmato per novembre. I Commissari Almunia, Rehn ed io guideremo una delegazione dell’Unione europea composta da numerosi altri Commissari.
Onorevoli colleghi, nei confronti della Cina condividiamo tutti gli obiettivi di ulteriore sviluppo, maggiore apertura e trasparenza, adesione agli standard internazionali di rispetto dei diritti dell’uomo, disponibilità all’ingresso di aziende internazionali ed europee a parità di condizioni con le imprese locali e infine cooperazione sulle sfide globali. Il raggiungimento di questi obiettivi dipende dalla nostra costanza nel perseguire e intensificare la cooperazione. In questo modo saremo in grado di sviluppare ulteriormente le relazioni bilaterali e di risolvere quindi questioni spinose per entrambi.
Il vertice di ottobre rappresenta un’opportunità per stilare un bilancio delle nostre relazioni e discutere su come intendiamo svilupparle negli anni a venire.
Ioannis Kasoulides, a nome del gruppo PPE. – (EN) Signora Presidente, un partenariato strategico tra Cina e Unione europea è pienamente giustificato dal livello di globalizzazione e multilateralità del pianeta, dall’esistenza di sfide come il cambiamento climatico, la sicurezza dell'approvvigionamento energetico, la non-proliferazione nucleare, Iran e Corea del Nord, dalle questioni di sicurezza comune quali terrorismo e pirateria e infine dall’impegno di riappacificazione di aree instabili come il Medio Oriente.
L’Unione europea è il primo partner commerciale della Cina, che è a sua volta il secondo partner per l’UE e il paese dal quale importiamo il maggior volume di prodotti di manifattura. Il deficit commerciale a favore della Cina è dovuto in parte alle difficoltà di accesso ai mercati cinesi. Gli sforzi di potenziare l’accordo di partenariato e cooperazione prevedono i seguenti punti chiave: gli ostacoli non tariffari, i diritti di proprietà intellettuale e l’accesso agli appalti pubblici.
Nelle relazioni con la Cina non perseguiamo esclusivamente gli interessi reciproci, ma anche il rispetto dei nostri valori. In un contesto di dialogo politico ed equivalenza, l’Unione europea incoraggia la transizione cinese verso una società aperta, basata sullo stato di diritto e sul rispetto dei diritti dell’uomo. Noi esortiamo la Cina, sempre nel pieno rispetto per la sua integrità territoriale, a tutelare i diritti dell’uomo in Tibet e in altre province cinesi. Accogliamo con favore i recenti accordi con Taiwan, se visti nel contesto della politica di unità cinese. La crisi economica mondiale ha dato prova dell’interdipendenza globale.
Inoltre accogliamo favorevolmente il progresso e la ripresa economica cinese in quanto fattori di stabilità e incoraggiamo un ulteriore apprezzamento del renminbi al fine di eliminare le distorsioni del sistema monetario mondiale.
Libor Rouček, a nome del gruppo S&D. – (CS) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, gli Stati dell’Unione europea e la Cina si trovano di fronte ai medesimi problemi e sfide globali: il superamento della crisi economica mondiale, il cambiamento climatico, il terrorismo, la diffusione delle armi di distruzione di massa, le migrazioni incontrollate e molte altre sfide. Non saremo in grado di risolvere alcuno di questi problemi da soli, dobbiamo collaborare e cercare partner per soluzioni comuni, e in quest’ambito Unione europea e Cina sono partner strategici naturali.
Oggi, mentre si sta svolgendo a New York il Global Land and Poverty Summit, il vertice mondiale su povertà e territorio, sotto l’egida delle Nazioni Unite, ritengo sia rilevante accennare al fatto che Unione europea e Cina siano partner particolarmente appropriati per quanto riguarda il problema della lotta alla povertà a livello globale. I membri del http://www.europarl.europa.eu/members/expert/politicalBodies/search.do?group=2953&language=IT" \o "Gruppo dell'Alleanza Progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo" dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento europeo si aspettano che i rappresentanti europei facciano chiara menzione dei seguenti problemi bilaterali in occasione del vertice UE-Cina del 6 ottobre: sostegno al commercio bilaterale, accesso al mercato cinese per beni e servizi europei, inclusi gli appalti pubblici naturalmente, protezione dei diritti d’autore, protezione degli standard di legge in materia di impiego e lavoro, diritti dell’uomo, sviluppo del turismo, programmi di scambio tra studenti e giovani eccetera.
Niccolò Rinaldi, a nome del gruppo ALDE. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, signor Commissario, un Vertice tra Cina e Unione europea è uno specchio tra due amici che hanno reciproche ragioni di soddisfazione, ma che per certi aspetti sono entrambi vecchi, perché Europa e Cina hanno contribuito assieme a un mondo più sicuro e anche più prospero.
La politica commerciale rappresenta un fattore cruciale in questo sforzo congiunto, anche se qualcosa non va, se è vero che negli ultimi cinque anni il deficit commerciale europeo è triplicato, un dato non sostenibile per l'Unione europea e un dato forse inevitabile, visto il costante dumping sociale e ambientale, il primato mondiale di medicine contraffatte, il mercato chiuso ai servizi, l'indisponibilità a partecipare all'ACTA, i riflessi da parte cinese di una politica chiusa anche sui diritti umani: dall'oppressione del Tibet, soffocato nella sua dimensione culturale, spirituale ed etnica, a questo ostinato mancato riconoscimento della sovranità di fatto di Taiwan, alle repressioni della libertà di espressione dei media e di Internet, fino alla vergogna di un uso sistematico della pena di morte.
Tutto ciò per noi è politica vecchia – e lo dobbiamo dire ai nostri amici cinesi – perché offende l'intelligenza di questo popolo, da sempre una civiltà al passo coi tempi. Tuttavia, abbiamo poche lezioni da impartire alla Cina, al contrario, ogni vantaggio competitivo dalla Cina anche nella politica commerciale deriva dal fatto che la Cina ha un miliardo e mezzo di abitanti e un ministro degli Esteri, un miliardo e mezzo di abitanti e una politica fiscale, un miliardo e mezzo di abitanti e una moneta, e l'Europa dei 27 + 1, delle sue esitazioni costanti, quando si specchia con la Cina, ha molto da imparare e ritrovare la sua unità.
Reinhard Bütikofer, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signora Presidente, Commissario De Gucht, concordo con la vostra premessa di base secondo cui l’Unione europea deve lavorare verso un partenariato strategico con la Cina. Se però il passo successivo del nostro approccio consistesse come sempre, o quasi, nell’affrontare di nuovo il tema del mercato cinese, allora credo che limiteremmo le potenzialità di questa relazione strategica. Stiamo sottovalutando la Cina e la nostra responsabilità di europei.
Vorrei quindi prendere in considerazione alcune questioni che vanno oltre le certamente importanti relazioni economiche tra noi e i cinesi. Nel corso di una recente visita in Vietnam, il Segretario di Stato americano Hillary Clinton ha compiuto una mossa a sorpresa in tema di sicurezza nel Mar Cinese meridionale adottando una posizione che potrebbe rivelarsi interessante per noi europei: ha infatti attuato una strategia di gestione dei conflitti multilaterali in una area geografica complessa che ricopre un’importanza economica anche per noi. Esiste una posizione europea a riguardo? Condividiamo l’approccio americano o non abbiamo formato un parere in merito?
A breve si svolgerà il prossimo vertice sul cambiamento climatico a Cancún. Durante l’ultimo vertice i cinesi non spiccarono per spirito di collaborazione, e lo dico con un pizzico di ironia. A questo riguardo avremmo potuto anche noi fare maggiore autocritica. Esiste una strategia europea di cooperazione con la Cina in campo climatico per uscire dall’empasse a Cancún e dopo Cancún? È assodato che al momento il contributo americano in questo senso sia inesistente a causa di problemi politici interni.
Naturalmente dobbiamo considerare anche le questioni di politica economica. Quando voi però fate riferimento a materie prime e terre rare, il Parlamento sarebbe interessato a conoscere la vostra strategia in merito. Intendiamo minacciare la Cina con sanzioni da parte dell’Organizzazione mondiale del commercio? Credete che si tratti della strategia giusta o prevedete invece una strategia di cooperazione per sostenere i cinesi, ad esempio, nella risoluzione dei propri problemi in quest’area tramite il trasferimento di tecnologie? Mi auguro che non si parli solo di partenariato strategico, ma anche della strategia e degli obiettivi strategici europei utili al raggiungimento del partenariato.
Jaromír Kohlíček, a nome del gruppo GUE/NGL. – (CS) Onorevoli colleghi, da 30 anni a questa parte si rinnova costantemente lo stupore degli osservatori stranieri di fronte al tasso di crescita dell’economia nazionale cinese. In questo lasso di tempo un paese in via di sviluppo, in cui la stragrande maggioranza dei cittadini sussiste grazie a un’agricoltura non meccanizzata, ha recuperato secoli di arretratezza rispetto ai paesi economicamente evoluti nel resto del mondo con un tasso di sviluppo ineguagliato da molto tempo. Alcuni uomini di Stato e commentatori politici dimenticano che si tratta pur sempre di un paese in via di sviluppo, in cui il fabbisogno alimentare del 70 per cento della popolazione dipende dall’agricoltura non meccanizzata: se il raccolto è buono, la famiglia ha di che mangiare, in caso contrario soffre la fame. Si può paragonare il grado di sviluppo raggiunto dalla Cina al giorno d’oggi con quello dei paesi industrializzati della seconda metà del XIX secolo. Solo tenendo ben presente questo fattore fondamentale sarà possibile giungere ad accordi reciprocamente vantaggiosi nel corso del vertice, evitando sia di avventurarci nelle sabbie mobili della storia recente, sia di forzare i nostri partner a compiere enormi balzi in una qualsiasi delle aree menzionate. Se ciò avvenisse, i cinesi si dimostrerebbero estremamente riluttanti a subire le pressioni dell’Unione europea e chiunque ricordi le conseguenze del progresso degli anni ’60 sa cosa intendo.
Bastiaan Belder, a nome del gruppo EFD. – (NL) Il mercato cinese tenta molte aziende europee, ma la strada per accedervi è bloccata da una giungla di leggi retroattive e spesso mutevoli.
Il documento di sintesi pubblicato dalla Camera di commercio europea di Pechino all’inizio di settembre (quindi piuttosto di recente) spiega il problema in modo estremamente chiaro in ben 647 pagine e 380 raccomandazioni al governo cinese. Da parte di Consiglio e Commissione mi aspetto quindi l’inclusione nell’agenda del prossimo vertice di questo documento fondamentale per il miglioramento delle relazioni UE-Cina. La Camera di commercio europea ha ragione a pretendere che Consiglio e Commissione rappresentino e difendano gli interessi delle aziende europee in Cina con voce chiara, univoca ed europea.
Lucas Hartong (NI). – (NL) Signora Presidente, desidero fortemente richiamare la sua attenzione sul ruolo della Cina nei confronti della Corea del Nord. Nel corso della recente visita in Cina del dittatore Kim Jong, il Presidente cinese Hu Jintao ha espresso l’intenzione di aumentare gli scambi commerciali con la Corea del Nord. Questa decisione è fonte di estrema preoccupazione per il mio gruppo, il Partij voor de Vrijheid (partito olandese per la libertà).
Da una parte noi auspichiamo un rapido rovesciamento del disumano regime nordcoreano, dall’altra la Cina lo sta effettivamente sostenendo. Attualmente in Cina vive un certo numero di rifugiati nordcoreani, in particolare di religione cristiana, molto spaventati, tra i quali vi sono anche molti bambini. Non appena la polizia li individua scattano immediatamente il rimpatrio in Corea del Nord e la reclusione nei campi di lavoro. Nonostante il paese stia conducendo test nucleari e affamando la propria popolazione, gode comunque del sostegno politico della Cina.
Invito la Commissione a esprimersi sull’opportunità che l’Unione europea mantenga rapporti commerciali con un paese in cui i diritti dell’uomo sono calpestati a livello tale da perseverare nel rimpatrio dei rifugiati nordcoreani. A questo proposito invito l’Unione europea a includere la Corea del Nord nell’agenda politica dei negoziati a venire.
José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra (PPE). – (ES) Signora Presidente, la discussione odierna è in effetti incentrata sulle modalità di impostazione di un partenariato strategico con la Cina, in base al suo potenziale economico o al nostro sistema di valori, in particolare per quanto riguarda i diritti dell’uomo che devono essere di natura universale.
Secondo Garton Ash, un brillante analista britannico, le relazioni con la Cina presentano quattro problemi che in inglese iniziano tutti con la lettera “t”, ovvero il commercio (trade), Taiwan, il Tibet (a questo proposito vorrei ricordare all’Aula la sospensione del vertice UE-Cina nel 2008) e infine Tienanmen per quanto riguarda la questione dei diritti dell’uomo.
È ovvio che, come ha affermato l’onorevole Kasoulides, nessuna delle attuali sfide globali, tra cui la globalizzazione, l’economia digitale, la riforma del sistema finanziario, la questione della sicurezza, la lotta contro la proliferazione nucleare (si veda l’esempio dell’Iran), la conservazione delle risorse ambientali e naturali o la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, può essere risolta senza la cooperazione della Cina.
Gli Stati Uniti sono riusciti a impostare con la Cina una relazione strutturata, se pur non scevra di problemi. Il Presidente Bush aveva onorato il Dalai Lama con la medaglia d’oro del Congresso, eppure le relazioni tra i due paesi sono ancora attivi.
Signor Commissario, considerando l’importanza della Cina sulla scena mondiale, nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, all’interno del G20 e del BRIC, noi dell’Unione europea saremo capaci di costruire e consolidare questo rapporto? Ma soprattutto, signora Presidente, saremo in grado di facilitare il cammino della Cina verso la libertà vista l’unicità del suo sistema di capitalismo di Stato?
Ritengo, signora Presidente, che questa sia la domanda più importante e chiedo a lei, signor Commissario, di difendere il nostro sistema di valori in occasione del prossimo vertice, così come di mostrare al contempo un certo pragmatismo.
Henri Weber (S&D). – (FR) Signora Presidente, in occasione di una discussione tanto importante avrei invitato la baronessa Ashton, o almeno un membro del Consiglio, a essere presente.
Buone nuove dalla Cina! Il paese ha deciso di fare da pioniere nell’ambito della tecnologia verde investendo il 38 per cento del suo massiccio piano di risanamento in queste industrie di nuova concezione. La Cina è già il massimo produttore ed esportatore di pannelli solari e turbine eoliche al mondo.
Questa nuova direzione ci vedrebbe estremamente soddisfatti e contribuirebbe alla riduzione dei livelli di inquinamento in Cina e nel resto del mondo, se solo la produzione avvenisse secondo le regole dell’OMC. Purtroppo non è così.
Le aziende esportatrici cinesi godono di ingenti aiuti da parte delle banche statali e delle autorità locali. Nonostante alcuni mercati di tecnologie verdi siano aperti ad aziende e investimenti stranieri, molti altri rimangono contingentati o perfino chiusi. Le industrie europee sono in pericolo a causa di questa concorrenza sleale.
Signor Commissario, la Cina ha firmato gli accordi dell’OMC e l’Unione europea deve assicurarsi che ne rispetti rigorosamente le regole.
Marielle De Sarnez (ALDE). – (FR) Signora Presidente, ritengo sia giunto il momento di prendere in considerazione la questione delle relazioni europee con la Cina e di definire una nuova strategia. Ho tre proposte a riguardo.
Innanzitutto, come affermato dal Presidente del Consiglio, serve reciprocità. Le aziende cinesi, ad esempio, non possono continuare ad aprire negozi in Europa mentre alle loro controparti europee è negato l’accesso al mercato pubblico cinese. È necessario operare una scelta e mi aspetto che si agisca a riguardo.
In secondo luogo, l’Unione non può più tollerare la pratica del dumping a livello sociale, di salute e ambientale senza reagire, perché questo fenomeno è direttamente responsabile di un numero eccessivo di trasferimenti di produzione fuori dai confini europei. Inoltre la Commissione non può più considerare un costo della mano d’opera ridicolmente basso e le deprecabili condizioni di lavoro come “vantaggi competitivi naturali”. Signor Commissario, insisto affinché la Commissione cambi orientamento su questo punto.
In terzo luogo, non è più possibile ignorare la questione dei diritti dell’uomo e l’aperto sostegno di Pechino ad esempio a Iran, Corea del Nord o Myanmar rappresenta un ovvio problema. L’obiettivo dell’Unione europea è sempre stato di incoraggiare lo sviluppo della democrazia e delle democrazie, pertanto su questo punto non possiamo transigere minimamente.
Heidi Hautala (Verts/ALE). – (FI) Signora Presidente, recentemente si è notata la vistosa perplessità dell’Unione europea di fronte al crescente potere della Cina, che si riflette anche sul dialogo in tema di diritti dell’uomo. Il dialogo nel quale ci siamo impegnati con la Cina si trova per questo in una sorta di crisi che dobbiamo risolvere.
Vorrei portare l’attenzione sulle recenti affermazioni del Primo ministro della Cina, che riveste un ruolo sempre più forte sulla scena politica mondiale, sulla potenziale inutilità dei successi economici cinesi in mancanza di riforme politiche interne. Si è spinto perfino ad affermare la necessità che i cittadini godano dei diritti di accesso all’informazione, di partecipare ai processi decisionali, di diffondere le proprie opinioni ed infine di monitorare il potere del governo.
Mi auguro che durante il vertice UE-Cina si affrontino di nuovo questi temi con maggiore serietà. Dato che i rappresentanti cinesi ci ripetono sempre che il paese opera in armonia con i bisogni della maggioranza, dobbiamo essere in grado di dimostrare che i veri portavoce della maggioranza sono invece quei coraggiosi individui, molti dei quali incarcerati per le proprie opinioni, che portano all’attenzione di tutti abusi imperanti, quali lo scandalo del latte, la fatiscenza delle scuole e lo scandalo dell’HIV. In questo modo sarebbe forse possibile stabilire un nuovo dialogo con la Cina sui diritti dell’uomo.
Forse dare atto alla Cina che vi sono state riforme positive nel sistema giudiziario e che la tortura incontra sempre maggiore disapprovazione potrebbe essere una soluzione per affrontare una problematica tanto seria. Va anche precisato che ultimamente il numero di crimini puniti con la pena capitale si è ridotto. Tutte questi elementi ci danno motivo per continuare un solido dialogo con la Cina in materia di diritti dell’uomo.
Joe Higgins (GUE/NGL). – (EN) Signora Presidente, il vertice UE-Cina ha una forte rilevanza per le grandi aziende con sede in Europa che mirano alla possibilità di produrre in Cina con più flessibilità, ottenendo quindi maggiori profitti, profitti che creano sulla pelle di decine di milioni di operai cinesi sfruttati in maniera vergognosa, costretti a emigrare da una parte all’altra del paese, privati di qualsiasi diritto a livello umano e lavorativo. La manodopera cinese costa alle grandi aziende il 2,7 per cento del costo della manodopera statunitense.
Il vertice riveste grande importanza anche per il regime cinese, il cui obiettivo è intensificare gli scambi commerciali con l’Unione europea. Contrariamente a quanto afferma il Commissario al commercio in maniera tanto diplomatica, la Cina è un regime terribilmente repressivo che viola sistematicamente i diritti dell’uomo, i diritti politici e dei lavoratori. I lavoratori cinesi però hanno iniziato a mobilitarsi per veder riconosciuto il loro diritto di costituire sindacati liberi e indipendenti a tutela che dei loro interessi.
In particolare, negli ultimi mesi si è verificata in tutto il paese un’ondata di scioperi da parte di giovani lavoratori, il cui messaggio per il regime e le grandi aziende europee è che non intendono più essere trattati come bulloni anonimi nello spietato ingranaggio della produzione capitalista e della speculazione occidentale. Possano i lavoratori europei dare loro un sostegno costante nella lotta per la giustizia.
Daniel Caspary (PPE). – (DE) Signora Presidente, sostengo pienamente gli oratori precedenti che hanno parlato di valori, libertà e diritti dell’uomo in riferimento alla dittatura comunista in Cina, ma oggi vorrei concentrarmi su alcune questioni economiche. La Cina non è più un paese in via di sviluppo, bensì la seconda potenza economica mondiale.
Nel 2009, l’anno della crisi economica, il tasso di crescita cinese ha raggiunto il 9 per cento, superando poi l’11 per cento nella prima metà del 2010. È necessario quindi affrontare un certo numero di questioni perché le relazioni economiche tra Unione europea e Cina continuano a essere offuscate dall’esistenza di barriere commerciali, soprattutto da parte cinese. Negli ultimi mesi ho ricevuto un numero crescente di segnalazioni da parte di uomini d’affari che lamentano un peggioramento del clima commerciale in Cina. Molti mercati, quali ad esempio l’industria edilizia o il settore finanziario, rimangono chiusi, gli investimenti diretti incontrano problemi e la tutela dei diritti d’autore risulta ancora largamente insufficiente. Gli ostacoli non tariffari sono frequenti e il certificato obbligatorio cinese in campo informatico rappresenta un duro scoglio per le aziende europee. A confermare quanto insoddisfacente sia la nostra attuale collaborazione con la Cina vi è la mancanza di accesso al sistema degli appalti pubblici e alle materie prime, unita al crescente numero di casi di anti-dumping, ai sussidi all’esportazione, alle restrizioni sulle importazioni, ai casi di pirateria e contraffazione.
La Cina però è un partner paritario e deve quindi assumersi la responsabilità di contribuire all’efficace funzionamento dell’economia mondiale. Non le si deve consentire di tenere fuori le aziende straniere dal proprio mercato. Commissario De Gucht, in Commissione ha affermato che l’Unione europea deva mantenersi sì aperta, ma non in maniera ingenua. Concordo pienamente con la sua opinione e apprezzo incondizionatamente la chiarezza con cui lei spesso si esprime. La invito perciò a mantenere questa chiarezza anche nel corso dei colloqui in Cina.
Oltre a monitorare con maggiore attenzione gli interessi delle aziende europee e a rappresentarle con più efficacia, la Commissione deve obbligare finalmente la Cina a rispettare gli impegni derivanti dall’adesione all’OMC. Il raggiungimento di un partenariato soddisfacente tra Cina ed Europa mi sta estremamente a cuore, ma perché ciò avvenga è necessaria una vera disponibilità a collaborare da entrambe le parti.
Emilio Menéndez del Valle (S&D). – (ES) Signora Presidente, signor Commissario, l’offensiva cinese nel campo delle esportazioni e degli investimenti sta investendo praticamente tutti i continenti. L’aumento del commercio e degli investimenti è stato ingente e, secondo le previsioni, nel 2014 la Cina supererà l’Europa divenendo il secondo mercato per le esportazioni dell’America latina, mentre quest’ultima nel 2015 importerà più dalla Cina che dall’Europa.
A mio avviso va però fatta una considerazione interessante: l’Unione europea potrebbe scongiurare questa situazione se gli accordi di partenariato con l’America centrale, l’accordo commerciale multilaterale tra UE, Perù e Colombia e i futuri accordi con il Mercosur stimoleranno gli scambi commerciali bilaterali tra Unione europea e America latina.
Durante l’ultimo vertice UE-Cina nel 2009, entrambe le parti hanno mostrato sostegno verso un dialogo a tre tra Unione europea, Cina e Africa e la disponibilità di esplorare possibili aree di cooperazione. Mi chiedo se la Commissione, anche in considerazione dell’assenza del Consiglio, non ritenga opportuno promuovere un simile dialogo tra Unione europea, Cina e America latina in occasione del prossimo vertice.
Charles Goerens (ALDE). – (FR) Signora Presidente, la Cina di oggi è uno Stato immensamente ricco e vanta una crescita economica che ogni anno oscilla tra l’8 e il 15 per cento. Grazie a questo risultato economico si è meritata il titolo di laboratorio del mondo, mentre gli Stati Uniti da alcune decine di anni hanno assunto il ruolo di paese consumatore per eccellenza.
La Cina produce e vende, stimolando il consumo americano perché, oltre ai beni venduti, fornisce agli Stati Uniti il credito al consumo. Incoraggiando più il consumo negli Stati Uniti del proprio, la Cina si ritrova quindi sommersa di simili richieste anche dal resto del mondo.
L’interdipendenza strategica tra Stati Uniti e Cina è tale che l’impatto di qualsiasi cambiamento reale in questo strano partenariato si estende ben oltre i confini dei due paesi. Sebbene anche le relazioni tra Unione europea e Cina siano decisive, è ovvio che le due controparti hanno meno punti in comune nelle aree più importanti.
Finché sarà interesse di Cina e Stati Uniti lasciare che un euro estremamente forte limiti le esportazioni europee, ci troveremo in una posizione di debolezza. Allo stesso tempo, l’ingresso nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite come membro con diritto di veto ha reso la Cina una forza da non sottovalutare nel campo delle relazioni internazionali.
È necessario considerare un paese come la Cina, che nel corso dell’anno è divenuta la seconda potenza militare al mondo, da molteplici punti di vista. La stabilità ora dipende anche dalla Cina. Per tutti i motivi elencati vorrei aggiungere che abbiamo urgente bisogno di una strategia europea per le relazioni esterne.
Crescenzio Rivellini (PPE). - Signora Presidente, onorevoli colleghi, nel Vertice Unione europea – Cina sono molti i temi principali che saranno affrontati. Credo che uno dei temi principali sia la promozione di un commercio libero ed equo e la definitiva graduale integrazione della Cina sulla scena economica mondiale come partner responsabile e affidabile.
Fino ad oggi, benché la Cina sia entrata nell'OMC da quasi 10 anni, precisamente l'11 novembre 2001, e abbia beneficiato di sostanziali vantaggi, non vi è stata una reciprocità degli impegni e miglioramenti per agevolare l'accesso da parte degli investitori internazionali in alcuni settori del loro mercato.
In particolare, le problematiche relative all'apertura del mercato degli appalti pubblici, la proprietà intellettuale e la contraffazione, i sussidi all'esportazione e il mercato delle valute, non hanno avuto sostanziali miglioramenti, e le difficoltà per le imprese internazionali rimangono pressoché identiche anche se, ripeto, la Cina è entrata nell'OMC da molti anni.
Il mercato cinese è in continua espansione, le politiche aggressive della stessa relative ai sussidi alle esportazioni e all'uso strumentale agevolato del valore della sua valuta, il safari in Africa per accaparrarsi materie prime, sono elementi che preoccupano chi teme uno squilibrio economico mondiale che può portare a minare la pace nel mondo.
Pertanto, è giusto oggi porci qualche domanda: è stato utile fare entrare l'11 novembre 2001 la Cina nell'OMC senza preventivamente concordare gli obblighi della stessa? Al Commissario al commercio chiedo cortesemente: che fine hanno fatto i negoziati per un nuovo accordo di partenariato e cooperazione – partnership and cooperation agreement – concordati nel dicembre 2005, iniziati nel gennaio 2007 e, a quanto mi risulta, bloccati per quanto riguarda gli aspetti economici?
Il meeting del 6 ottobre 2010 può essere un'occasione per concludere accordi che diano alle aziende internazionali libero accesso al mercato? Nel prossimo meeting si possono discutere delle certificazioni delle licenze per l'accesso al mercato cinese, in particolare per i contratti e gli appalti pubblici, senza che il know-how delle aziende internazionali debba essere loro consegnato?
Attendo pertanto di ascoltare dal Commissario al commercio precise indicazioni su tutto ciò e le sue idee in relazione al prossimo meeting.
Derek Vaughan (S&D). – (EN) Signora Presidente, il vertice riveste una grande importanza per l’Unione europea e dobbiamo fare in modo che lo stesso valga anche per la Cina. Non dubito che la Cina voglia un’Europa forte e integrata e un mondo multipolare piuttosto che bipolare e dobbiamo accogliere con favore queste intenzioni.
È necessario assicurare l’adozione da parte dell’Unione europea di un approccio forte e coordinato su numerose questioni importanti, quali i rapporti commerciali, i diritti di proprietà intellettuale (DPI), il cambiamento climatico e l’energia, per garantire l’accesso a un mercato cinese enorme e ancora in crescita. La questione energetica in particolare rappresenta un aspetto fondamentale sia per l’Unione europea che per la Cina. Ritengo pertanto vi siano vari punti importanti da discutere, dalla cooperazione su temi come le tecnologie energetiche pulite allo scambio di tecnologie come i sistemi per la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica (CCS). La discussione di questi temi ci aiuterà a tutelare l’ambiente e favorirà la nostra politica energetica.
Elmar Brok (PPE). – (DE) Signora Presidente, Commissario De Gucht, un partenariato strategico prevede che ciascun partner si esprima in maniera chiara e univoca. Sfortunatamente uno dei due, ovvero l’Unione europea, è ancora lontana da questo risultato in molte aree, in particolare in relazione alle questioni economiche. Un partenariato strategico si forma quando i partner si trovano condividono le responsabilità. Diventa quindi estremamente rilavante il tema del partenariato su questioni come la politica estera e di sicurezza, la sicurezza a livello regionale, l’Iran e la Corea del Nord. Il corso degli ultimi eventi ha portato a una maggiore assunzione di responsabilità da parte della Cina proprio nei confronti di questi due paesi.
La condivisione di responsabilità va però estesa agli standard commerciali ed economici, ai diritti universali dell’uomo, nonché alle questioni sociali e ambientali. Credo che la Cina non debba agire come un paese in via di sviluppo su questi temi perché sta diventando sempre più forte dal punto di vista sia economico che politico. La sua enorme crescita economica dal 1980 a oggi merita ammirazione. Nel XVIII secolo la Cina aveva un prodotto nazionale lordo pari a un terzo del PNL globale e dobbiamo onestamente ammettere che è sulla buona strada per riconquistare quella posizione. Questo vale per l’8 per cento della popolazione. Una simile crescita rappresenta un cambiamento radicale della situazione attuale e risulterà in un cambiamento economico del potere politico, come la crisi finanziaria ha dimostrato in modo molto chiaro.
Ne consegue però che le cose inizieranno a funzionare solo quando si verificherà un’autentica apertura dei mercati cinesi. La Cina deve evitare di estromettere le aziende straniere dagli appalti pubblici e di concedere licenze, deve iniziare ad attuare le leggi sui diritti d’autore in maniera corretta e deve perdere l’abitudine di stipulare solo i contratti che prevedono un trasferimento delle conoscenze a senso unico.
Credo che il nostro compito durante il vertice sia di definire lo status della Cina in relazione all’economia di mercato, questione fondamentale per poter progredire nelle aree menzionate.
Edite Estrela (S&D). – (PT) Signora Presidente, l’Unione europea deve sfruttare l’occasione del vertice per concordare posizioni comuni con la Cina in vista della conferenza di Cancún sui cambiamenti climatici. È importante trarre insegnamento dagli avvenimenti di Copenhagen; è ad esempio incomprensibile come gli Stati Uniti abbiano potuto negoziato un accordo dalle minime pretese con Cina, India, Brasile e Sudafrica, mentre l’ambiziosa proposta dell’Unione europea è stata ignorata.
L’Europa deve riprendere il comando della lotta contro il cambiamento climatico e influenzare positivamente i propri partner strategici. Il contributo della Cina è indispensabile in questa lotta, non solo perché ha la più alta popolazione al mondo e un’economia fiorente, ma anche perché è il maggiore produttore di gas a effetto serra e il maggior consumatore di carbone a livello mondiale.
La Cina si propone di ridurre le emissioni di CO2 entro il 2020, aumentando al contempo il ricorso a energie rinnovabili ed estendendo la propria superficie boschiva. Si tratta di un inizio, ma non è abbastanza. Serve maggiore ambizione per salvare il pianeta.
Csaba Sándor Tabajdi (S&D). – (HU) Onorevoli colleghi, alcuni degli obiettivi definiti dall’Unione europea sono corretti, ma altri sono a mio avviso anacronistici, come il mancato riconoscimento alla Cina lo status di economia di mercato. Numerosi oratori hanno citato l’importanza dell’accesso ai mercati. Vorrei portare l’attenzione del Commissario De Gucht sul fatto che, per la maggioranza dei prodotti alimentari europei, l’unica via di accesso al mercato cinese è Hong Kong. È quindi opportuno che la Commissione si occupi anche di quest’area. Alcuni colleghi hanno sollevato la questione della cooperazione in ambito di cambiamento climatico e concordo sul fatto che la mancanza di cooperazione ha contribuito al fallimento del vertice di Copenhagen. Infine, in merito alla questione dei diritti dell’uomo, ritengo giusto esprimere il nostro sostegno in favore dell’autonomia tibetana e della causa delle minoranze, senza dimenticare che 700 milioni di contadini e 200 milioni di lavoratori emigrati da altre parti del paese sono privi di assistenza medica, sicurezza sociale, pensione e di un adeguato sistema scolastico per i propri figli.
Victor Boştinaru (S&D). – (EN) Signora Presidente, vorrei ribadire quanto ho sempre sostenuto, ovvero che le relazioni tra Unione europea e Cina sono di estrema importanza per entrambe le parti e per il mondo intero, soprattutto ora che la Cina vede una costante e rapida crescita, mentre l’Europa fa ancora i conti con la crisi.
L’Unione europea ha bisogno della Cina e viceversa. Finora l’UE non ha raggiunto alcun accordo strategico con Pechino e mi auguro pertanto che il prossimo vertice rappresenti finalmente l’occasione giusta per esprimerci in maniera unita e compatta e stabilire un approccio strategico alle relazioni con la Cina.
Signor Commissario, un’agenda di tale importanza e così vicina a essere discussa include un elenco di questioni essenziali per il partenariato strategico di questo autunno e della prossima primavera. È innanzi tutto necessario che G20, Europa e Cina si uniscano in un partenariato forte ed efficace. In secondo luogo vi è la conferenza di Cancún sui cambiamenti climatici e gli insegnamenti tratti dal fallimento dell’UE a Copenhagen. In terzo luogo non dobbiamo dimenticare la questione dello sviluppo e degli aiuti internazionali – non solo per l’Africa – e il proposito di lavorare insieme per trasformare in realtà gli obiettivi di sviluppo del Millennio, che altrimenti rimarrebbero solo delle belle promesse.
Reinhard Bütikofer (Verts/ALE). – (DE) Signora Presidente, vorrei sollevare una questione di ordine procedurale. Ho sperato fino all’ultimo che un rappresentante del Consiglio si presentasse; ora la discussione è quasi giunta al termine e il Consiglio sfortunatamente si è fatto notare per la propria assenza. Dobbiamo intendere che il Consiglio non ritiene necessario discutere con il Parlamento le relazioni strategiche con la Cina, oppure vi è un’altra interpretazione? Come possiamo far presente al Consiglio il diritto del Parlamento di esprimersi in merito a queste relazioni?
Elmar Brok (PPE). – (DE) Signora Presidente, vorrei ricordare nuovamente l’accordo raggiunto tra il Parlamento europeo e l’Alto rappresentante/Vicepresidente della Commissione, secondo il quale un Commissario può rappresentare il Vicepresidente in toto, anche nella sua veste di Presidente del Consiglio dei ministri degli Affari esteri, e parlare a suo nome in merito a questioni di varia importanza. Immagino che questo valga anche per il Commissario De Gucht e ne deduco che il Consiglio stia introducendo ancora una volta un accordo “a doppio cappello”. Riconosco la piena legittimità del Commissario De Gucht in veste di rappresentante della baronessa Ashton.
Petru Constantin Luhan (PPE). – (RO) L’Unione europea non è l’unica a riconoscere le opportunità offerte da un’economia verde intelligente che ha come obiettivo il raggiungimento di maggiori competitività e prosperità, e di questo ci rendiamo tutti conto.
Anche la Cina, così come altri paesi, ha fissato simili priorità e sta investendo in industrie emergenti, tecnologie verdi, informatiche e delle telecomunicazioni, e in reti intelligenti. Oltre al perseguimento di una stretta collaborazione in questi settori economici, credo che l’altra area prioritaria da considerare sia il commercio, in quanto rappresenta uno dei motori di crescita, occupazione e investimenti sia in Unione europea che in Cina. All’interno della collaborazione bilaterale è necessario prendere provvedimenti per garantire l’abbassamento delle barriere che impediscono il commercio e i flussi di investimenti, e per promuovere gli scambi commerciali basati su standard definiti in modo chiaro.
È opportuno inoltre rafforzare i legami economici e politici esistenti con la Cina, che è uno dei nostri numerosi partner strategici.
Katarína Neveďalová (S&D). – (SK) La Cina è un partner d’affari e commerciale importante per l’Unione europea.
Sono naturalmente a favore di un partenariato strategico più stretto, a patto che si basi su fiducia e reciprocità. Nella fretta di instaurare buone relazioni commerciali, condurre ricerche comuni, intraprendere misure di protezione ambientale o altre iniziative congiunte, non dobbiamo però disinteressarci delle condizioni sociali in Cina. La popolazione cinese rappresenta quasi un quarto della popolazione mondiale, ma, nonostante i cambiamenti sociali degli ultimi venti anni abbiano portato dei miglioramenti, è comunque necessario intervenire affinché la Cina diventi un paese genuinamente aperto e democratico.
Si tratta di un miliardo e mezzo di persone che devono vedersi riconosciuti le libertà e i diritti fondamentali dell’uomo. Non va dimenticato, però, che il 2011 è l’Anno della gioventù all’interno del quadro di relazioni Europa-Cina, e che nell’Unione europea sarà anche l’Anno del volontariato. Ritengo quindi necessario mirare alla realizzazione di progetti il più possibile interconnessi tra loro e a sostenere gli scambi, in particolare tra i giovani, perché loro rappresentano il nostro futuro. Prima si creano le condizioni per la cooperazione e migliore questa sarà in futuro.
Charles Tannock (ECR). – (EN) Signora Presidente, la Repubblica popolare cinese rimane una spietata dittatura comunista, mentre la Cina capitalista colleziona record economici giorno dopo giorno. Il paese si sta veramente globalizzando: è a un passo da superare il Giappone e divenire la seconda economia al mondo e, sorprendentemente, è di gran lunga il principale partner commerciale del Brasile.
Siamo tutti al corrente della massiccia corsa cinese alle materie prime in Africa e del vergognoso sostegno offerto sia al Presidente sudanese Bashir, incriminato per crimini di guerra, che alla dittatura di Mugabe in Zimbabwe. Desta preoccupazione il rischio di una guerra indiretta tra Cina e Stati Uniti in Sudan, dove la prima sosterrebbe il nord del paese e i secondi la lotta d’indipendenza del sud.
Nel corso del vertice mi auguro si sollevino anche le questioni della ratifica del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (ICCPR) e della riforma dei famigerati campi di lavoro, i laogai. A mio avviso – e parlo in veste di presidente del Gruppo di amicizia con Taiwan del Parlamento europeo – l’attuale atteggiamento della Cina comunista, o RPC, nei confronti di Taiwan è molto più rispettoso e ha portato una maggiore distensione tra i due paesi.
Roberta Angelilli (PPE). - Signora Presidente, onorevoli colleghi, il Commissario ha giustamente definito la Cina un partner strategico, ma parliamoci francamente: qui c'è una relazione a senso unico!
L'Europa è strategica per la Cina, intendo dire che la Cina ha una strategia chiara e molto aggressiva nei nostri confronti, sa cosa vuole dall'Europa e ottiene ciò che vuole, ma è la Cina che detta a suo favore le regole del gioco!
Noi, di fatto, siamo succubi. Noi abbiamo scelto di non scegliere, di non porre vere e lungimiranti condizioni, né economiche, né commerciali, né tanto meno in termini di diritti umani. Sui diritti umani caliamo un velo pietoso, vogliamo parlare del Tibet, del record mondiale di esecuzioni capitali, di diritti umani in genere? Ecco, eppure quando timidamente dettiamo alcune condizioni, poi lasciamo che la Cina le calpesti sistematicamente.
Chiudo dicendo – lo ha detto molto meglio di me il Commissario con una domanda fondamentale – cosa vogliamo noi dalla Cina? Cosa vuole l'Europa dalla Cina? Forse è il tempo di porci seriamente questa domanda!
Enrique Guerrero Salom (S&D). – (ES) Signora Presidente, signor Commissario, nel corso delle prossime settimane l’Unione europea parteciperà a tre vertici di fondamentale importanza: il primo con la Cina, il secondo con gli Stati Uniti e il terzo con l’Africa. Al contempo cadrà il primo anniversario dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona e il servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) sarà pronto a operare.
Per l’Europa è arrivata l’ora di svolgere un ruolo da protagonista sulla scena mondiale, instituendo partenariati non solo economici ma anche politici su temi come la proliferazione nucleare, il cambiamento climatico, la sicurezza e il ruolo della Cina in Africa e America latina.
È quindi giunto il momento di tenere un vertice diverso dai precedenti. Si tratta del tredicesimo vertice e per la prima volta l’Europa deve agire in maniera univoca e compatta.
Rachida Dati (PPE). – (FR) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, innanzi tutto concordo con la posizione adottata dal collega sull’assenza del Consiglio a questa seduta del Parlamento, che trovo piuttosto inopportuna.
Con l’approssimarsi del vertice del 6 ottobre è assolutamente d’obbligo da parte di Cina e Unione europea un tentativo risoluto di intraprendere azioni comuni sul fronte del cambiamento climatico. Esattamente un anno fa e proprio in quest’Aula esortavamo l’Europa a fare tutto il possibile per raggiungere un accordo ambizioso e legalmente vincolante al vertice di Copenhagen, ma il risultato non si è rivelato all’altezza delle nostre aspettative. È passato un anno e i timori rimangono gli stessi, se non più gravi.
Per riuscire a obbligare o a convincere i partner cinesi è necessario dimostrare che la nostra determinazione è assolutamente intatta e che, ad esempio, siamo disposti a tutto pur di onorare gli impegni presi nei confronti dei paesi del Sud. A questo proposito la risposta è ovviamente l’introduzione di forme innovative di finanziamento citata ieri dal Presidente Sarkozy nel suo discorso alle Nazioni Unite.
Non va esclusa, ad esempio, l’introduzione ai nostri confini di una tassa sul carbonio, che rappresenterebbe un incentivo per i paesi che ancora non rispettano a sufficienza gli impegni presi sul fronte del cambiamento climatico. In effetti tale misura si dimostrerebbe molto più efficace di una minaccia, perché contribuirebbe alla protezione di posti di lavoro e di aziende così come a una migliore gestione del periodo post-crisi.
Andrew Henry William Brons (NI). – (EN) Signora Presidente, nei primi tre mesi dello scorso anno il Regno Unito ha importato dalla Cina merci per un valore quattro volte superiore rispetto al valore delle merci esportate verso lo stesso paese.
L’intera Unione europea corre lo stesso pericolo di fronte a un’economia cinese in crescita. Nel 2009 l’UE ha importato dalla Cina merci per un valore di 215 miliardi di euro e ne ha esportate per un valore di soli 82 miliardi di euro. Sarebbe stato legittimo aspettarsi un considerevole surplus nel commercio di servizi a compensazione del deficit nello scambio di merci, ma tale surplus si è rivelato di appena 5 miliardi di euro. La nostra corsa alla globalizzazione e l’apertura dei mercati a merci prodotte con manodopera a basso costo, contro le quali non possiamo competere, sta permettendo ai cinesi di distruggere le industrie e i posti di lavoro delle nazioni europee. È necessario fermare l’importazione di merci che minacciano le nostre industrie e i posti di lavoro dei nostri cittadini.
Czesław Adam Siekierski (PPE). – (PL) I preparativi per il prossimo vertice sono di estrema importanza perché la discussione dei temi in agenda determinerà la direzione delle politiche e le priorità per la prossima fase della nostra cooperazione. È fondamentale l’adesione a requisiti in materia di standard qualitativi di protezione ambientale e del clima, di questioni sociali e socio-politiche e infine del problema del rispetto dei diritti dell’uomo.
È necessaria un’approfondita analisi delle difficoltà che stiamo incontrando nell’accesso al mercato cinese, nonché della tutela dei diritti d’autore e dei principi adottati dal governo cinese negli appalti pubblici. Il dialogo e la cooperazione in campo culturale e in vista dell’Anno della gioventù Europa-Cina vanno accolti con favore. È necessaria maggiore unità da parte degli Stati membri nell’approccio alla Cina; solo in questo modo la nostra politica si rivelerà efficace.
Josefa Andrés Barea (S&D). – (ES) Signora Presidente, le relazioni con i paesi emergenti rappresentano un’importante sfida per l’Europa ed è necessario organizzarle in modo ben strutturato.
L’Unione europea nutre interessi di carattere commerciale, politico, strategico e umanitario nei confronti della Cina, il suo partner più importante.
La Spagna esporta in Cina merci per un valore di 500 milioni di euro e ne importa per un valore di 580 milioni; la Comunità valenciana esporta per 60 milioni di euro in Cina e ha importazioni pari a 25 milioni, con una bilancia commerciale positiva del 240 per cento.
Il 12 per cento delle esportazioni spagnole in Cina proviene dalla Comunità valenciana, che si può quindi considerare un grande esportatore verso tale paese; le importazioni invece riguardano calzature, giocattoli e apparecchi elettrici. La Cina rappresenta il terzo maggior cliente della Comunità valenciana, dalla quale importa prodotti in pelle, in plastica e calzature.
Per questo è necessario tentare di ottenere un’ulteriore apertura del mercato, un miglioramento delle garanzie di qualità dei beni importati e un aumento delle esportazioni; dobbiamo dare sostegno ai nostri imprenditori sulle questioni commerciali e occupazionali e includere nell’accordo temi fondamentali quali i progressi in materia di ambiente, diritti dell’uomo e lotta alla povertà.
Hans-Peter Martin (NI). – (DE) Signora Presidente, Commissario De Gucht, concordo ampiamente con le parole dell’onorevole Rivellini, presidente della delegazione per le relazioni con la Repubblica popolare cinese. Nonostante le critiche al lavoro dell’Unione europea, numerose ma sempre costruttive, ritengo che i vertici con la Cina siano della massima importanza e che sia opportuno tenere sempre a mente i fatti di Helsinki, dove fu evidente il legame tra l’avvicinamento e i conseguenti cambiamenti. Permane ancora una divergenza di opinioni su numerose aree relative al commercio e all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), ma vi chiederei ugualmente di prestare particolare attenzione alla questione africana. Sfortunatamente è in atto un tentativo intenzionale da parte dei cinesi di minare la tutela dei diritti dell’uomo nei cantieri di alcuni importanti progetti in Africa. Mi auguro che possiate sollevare la questione.
Miroslav Mikolášik (PPE). – (SK) La Cina rappresenta senza dubbio un partner commerciale significativo per l’Unione europea e i suoi Stati membri, e le relazioni commerciali si sono intensificate grazie alla notevole crescita dell’economia cinese degli ultimi anni.
In nome delle relazioni future tra Unione europea e Cina è importante istituire un partenariato reale basato sull’accettazione delle diversità ma anche sulla condivisione di valori. L’UE difende i diritti dell’uomo in tutto il mondo e deve pertanto promuovere attivamente il proprio programma d’azione a riguardo e incoraggiare costantemente il rispetto di diritti e valori.
Personalmente ritengo che in quest’area sia opportuno evitare di scendere compromessi per il timore di danneggiare il commercio. L’Unione europea ha l’obbligo morale di esercitare pressioni sul governo cinese affinché si impegni a migliorare nettamente il livello di rispetto dei diritti dell’uomo e soprattutto accetti immediatamente e incondizionatamente una moratoria sulla pena di morte, della quale ancora si abusa in Cina per eliminare gli avversari politici.
László Tőkés (PPE). – (EN) Signora Presidente, è risaputo che l’Unione europea è il principale partner commerciale per la Cina, la quale gode del nostro sostegno nell’ambito delle riforme economiche; non va però dimenticato che la realizzazione di queste riforme è subordinata alle riforme nell’ambito dei diritti dell’uomo.
L’Europa ha posto fine con successo a un’esperienza cinquantennale con il totalitarismo comunista che ha privato le persone della propria identità e ne ha distorto il corso naturale della vita. Pertanto nei nostri dialoghi con la Cina e in occasione del prossimo vertice è necessario tenere costantemente a mente i fallimenti da parte della Cina comunista in materia di diritti dell’uomo.
Le nostre dichiarazioni devono riflettere una posizione comune di maggiore forza e chiarezza, in modo da tradursi poi in un impegno significativo su questioni quali libertà di stampa e religione, discriminazione delle minoranze etniche, Tibet, uiguri e pena di morte. Chiedo quindi ai rappresentanti dell’Unione europea di garantire una migliore integrazione delle questioni sui diritti dell’uomo nelle relazioni UE-Cina.
Monika Flašíková Beňová (S&D). – (SK) In vista del prossimo vertice tra Unione europea e Cina è importante che Commissione e Consiglio comprendano la natura delle relazioni tra questi due protagonisti da una prospettiva di politica internazionale.
Dal punto di vista europeo, la crescente influenza della Cina è interpretata sempre più come una minaccia piuttosto che un’opportunità e notiamo con delusione il fallimento del nostro obiettivo originario di influenzare positivamente lo sviluppo interno e la condotta internazionale della Cina.
Dal punto di vista cinese, invece, l’Unione europea è soprattutto una potenza economica e tecnologica sulle cui attività la Cina non intende interferire, sebbene sia sensibile alle dichiarazioni dei rappresentanti UE sulla direzione che essa dovrebbe prendere. A parte i reciproci interessi pragmatici, strategici e geopolitici la tensione nelle dinamiche delle relazioni UE-Cina deriva interamente dal tentativo dell’Unione europea di influenzare la Cina ponendosi nei suoi confronti come un potere normativo. L’Unione europea ha quindi bisogno della Cina non solo sulla base dei propri interessi economici e di sicurezza, ma anche a sostegno e nell’attuazione delle proprie idee in campo delle relazioni internazionali e dei diritti dell’uomo.
Helga Trüpel (Verts/ALE). – (DE) Signora Presidente, la Cina sta attraversando un periodo di enorme crescita e di grandi contraddizioni e il suo potere sulla scena mondiale è in aumento.
Concordo sulla necessità di avere una strategia europea per definire le azioni future. È necessario illustrare con chiarezza i nostri interessi e la volontà europea di relazioni globali multipolari. Vogliamo trovare soluzioni ai problemi della politica sul clima e raggiungere la sostenibilità generale, evitando però un dibattito in stile coloniale e stabilendo relazioni eque con i cinesi. Allo stesso modo però deve essere chiaro che i diritti dell’uomo sono universali. La Cina ancora non rispetta né i diritti dell’uomo, né la libertà di stampa e per questo dobbiamo perseverare nell’atteggiamento critico verso il governo cinese. Ritengo sia necessario mantenere l’embargo sulla vendita di armi, condannare i laogai, ovvero i campi di lavoro forzato, richiedere l’abrogazione del divieto di formazione di sindacati e l’autonomia culturale per le numerose minoranze, in particolare per i tibetani e gli uiguri.
Seán Kelly (PPE). – (GA) Signora Presidente, accolgo con favore i dibattiti di alto livello che avranno luogo tra Cina e Unione europea e spero siano coronate da successo.
(EN) Ritengo che stiamo ignorando la Cina a nostro rischio e pericolo e che, in caso di fallimento, registreremmo perdite maggiori rispetto alla nostra controparte. Abbiamo la grande opportunità di stabilire una parità, in particolare a riguardo dei reciproci accordi commerciali con la Cina di cui le nostre imprese e i nostri cittadini hanno tanto bisogno.
Sono a conoscenza delle questioni relative ai diritti dell’uomo e dei lavoratori e alla Corea del Nord, ma solamente attraverso la collaborazione è possibile influenzare altri paesi; l’assenza di alleanze rende irrilevanti. Il vertice offre un’opportunità unica per dimostrare che l’Europa è in grado di esprimersi in maniera unita, univoca e potente. Una dimostrazione di compattezza in occasione del vertice non passerebbe inosservata nel resto del mondo e accrescerebbe notevolmente la rilevanza e l’influenza dell’Unione europea.
Olga Sehnalová (S&D). – (CS) Signor Commissario, onorevoli colleghi, correttezza e rispetto reciproco tra Unione europea e Cina dipendono dalla capacità di incorporare e comprendere le differenze tra le due culture. Il segreto è compiere un tentativo sincero e non superficiale di riconoscimento reciproco, i cui prerequisiti fondamentali sono le esperienze personali e lo sviluppo di relazioni interpersonali, ivi compresa l’eliminazione delle barriere linguistiche. Pertanto ho accolto con favore la dichiarazione comune del 12° vertice UE-Cina di Nanchino del novembre 2009 che parlava sia di rafforzamento della cooperazione nei campi dell’istruzione, del sostegno ai giovani talenti, della ricerca comune e del sostegno all’insegnamento delle lingue, sia dell’impegno per un aumento sostanziale degli scambi tra studenti. Non essendo in grado né di affermare se a livello europeo o cinese vi siano stati progressi concreti in questa direzione, né di quantificarli, ribadisco l'invito a perseguire un rafforzamento in queste aree in quanto prerequisito fondamentale per un efficace dialogo multiculturale.
Ioan Mircea Paşcu (S&D). – (EN) Signora Presidente, è ormai assodato che la Cina, già seconda potenza economica e secondo esportatore al mondo, stia per acquisire lo status di superpotenza, costringendo così gli Stati Uniti a prestarle ancor maggiore attenzione. L’Europa si troverà presto a competere con la Cina per i favori degli Stati Uniti e a fare i conti con una forza di attrazione in calo.
Queste premesse conferiscono alle relazioni tra Unione europea e Cina un peso ancora maggiore dal punto di vista non solo commerciale ed economico, ma anche politico e forse militare. È però necessario superare un’evidente separazione di ruoli tra le istituzioni europei e i singoli Stati membri, che vede le prime svolgere spesso la parte del “cattivo” nelle relazioni con la Cina, e i secondi in competizione per la parte del “buono” nei confronti di questa superpotenza nascente.
Presidente. – Dando seguito al messaggio ricevuto dal Consiglio, desidero precisare che il Commissario De Gucht parlerà a nome della baronessa Ashton e che, in accordo con il Parlamento europeo, quest’ultima rappresenta sia la Commissione che il Consiglio. Il chiarimento è in risposta ai commenti da parte dei membri del Parlamento in merito all’assenza del Consiglio.
Karel De Gucht, membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, la ringrazio per aver precisato che oggi mi presento sotto una duplice veste, o per dirla all’inglese, con un “doppio cappello” (a proposito: di cappelli ne ho almeno due, uno di velluto marrone scuro per l’inverno e un panama per l’estate). Signora Presidente, lei ha affermato che si tratta di un accordo con il Parlamento, mentre in verità è il risultato del trattato di Lisbona. Al fine di evitare incomprensioni è importante che, quando prendo parola in una discussione come questa, lei indichi AR/VP invece che “la Commissione”. In tal modo la mia veste specifica – o quella di chiunque altro – durante questo tipo di discussione sarebbe chiara a tutti i membri. Detto questo, ritengo si sia trattato di una discussione estremamente ricca di spunti. Cercherò di rispondere ad alcune delle vostre domande nei minuti rimanenti prima della votazione.
Innanzi tutto, a proposito del cambiamento climatico citato dall’onorevole Bütikofer, è estremamente importante raggiungere un’intesa comune con la Cina in merito. Questo punto fa parte dell’agenda per il vertice che avrà luogo il 6 ottobre.
Passerei quindi a un commento di carattere leggermente più generale, in merito al partenariato strategico. Numerosi membri del Parlamento si sono interrogati sull’effettivo significato del termine “partenariato strategico”. A mio avviso il significato è che la Cina – essendo una delle economie più importanti al mondo, il paese più vasto, una superpotenza e un membro del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, un vulcano economico e una forza militare in continua ascesa – è corresponsabile per gli affari mondiali assieme a Unione europea, Stati Uniti e altri paesi. Ritengo che questo sia il vero significato del partenariato strategico, che non riguarda solo politica, economia, cambiamento climatico o materie prime, ma anche il concetto di responsabilità condivisa nella gestione degli affari mondiali. Da parte nostra vi è la massima disponibilità a collaborare.
Si è fatto riferimento ai numerosi problemi esistenti a livello economico. L’onorevole Belder ad esempio ha portato l’attenzione sulla Camera di commercio europea e sulla sua relazione (per inciso, non si tratta della prima relazione, ma di quella annuale) sugli ostacoli al commercio. L’edizione completa è di 627 pagine, ma la versione ridotta ne fornisce riassunto e commenti. Siamo in stretto contatto con la Camera di commercio europea, con la quale ho avuto un incontro approfondito durante la mia recente visita in Cina. Abbiamo inoltre partecipato a un meeting tra i leader cinesi e uomini d’affari europei che avevano in quest’occasione la possibilità di porre domande ai loro interlocutori cinesi. Ci manteniamo quindi costantemente aggiornati e informati sulla questione. Permangono però alcuni problemi, tra cui la certificazione obbligatoria, l’innovazione indigena e la grave questione delle materie prime, che riguarda non solo l’industria estrattiva ma anche quelle cotoniera, della carta eccetera. Si tratta di un argomento ampio, cui è opportuno prestare estrema attenzione, e rientra tra i temi principali che affronteremo nel corso del dialogo economico ad alto livello con la Cina in novembre.
Alcuni quesiti specifici, tra cui quello dell’onorevole De Sarnez, facevano riferimento alla reciprocità. Stiamo preparando per fine ottobre una comunicazione sul commercio che conterrà la proposta di un nuovo strumento, simile agli strumenti di difesa commerciale, non mirato esclusivamente alla Cina ma a tutti i paesi. Nel caso in cui un governo decida di chiudere i propri mercati degli appalti pubblici ai nostri prodotti e ai nostri imprenditori, questo strumento ci permetterà di replicare facendo esattamente lo stesso. Sono un grande sostenitore del principio di apertura, che implica anche il principio di reciprocità. La Commissione europea interverrà a riguardo, ma non specificatamente nei confronti della Cina, sebbene essa rientri certamente nella sfera di intervento.
Si è parlato anche di dumping. Non abbiamo registrato un brusco aumento nelle attività di dumping né nelle procedure anti-dumping, ma stiamo monitorando questo aspetto con estrema attenzione. Siamo intervenuti la scorsa settimana, ad esempio, nell’ambito delle ruote in alluminio e continuiamo a controllare questo aspetto da vicino.
L’onorevole Brok ha posto una domanda riguardo allo status di economia del mercato, argomento indubbiamente di grande interesse. Una domanda che ci dobbiamo porre è se cambiare o meno il nostro approccio allo status di economia di mercato. Quest’ultimo è in verità una valutazione tecnica sulla base di cinque criteri e rientra tra le principali richieste da parte della Cina nei nostri confronti, tanto che si è pensato di utilizzarlo come moneta di scambio per i nostri interessi offensivi. La Cina però non ha mai indicato cosa sia disposta a mettere sulla bilancia in cambio dello status di economia di mercato e chiaramente non possiamo concederlo senza pretendere nulla in cambio.
In Cina stanno sorgendo sempre più problemi in aree come l’accesso al mercato, le opportunità di investimento per le nostre aziende, gli appalti pubblici e l’accesso alle materie prime. Un nostro eventuale cambiamento di approccio a riguardo dello status di economia di mercato è subordinato a miglioramenti in queste aree. Vorrei aggiungere che, in virtù della sua entrata nell’OMC, alla Cina spetterà automaticamente lo status di economia di mercato a partire dal 2016.
L’onorevole Rivellini, tra gli altri, ha posto una domanda sull’accordo di partenariato e cooperazione, in merito al quale stanno proseguendo i negoziati. Sul fronte del commercio, vi è stato un incontro a Pechino la scorsa settimana, mentre sul fronte politico rimangono da affrontare le questioni dei diritti dell’uomo, di Taiwan e della migrazione. Si tratta, per inciso, di un processo costante e gradirei anch’io, come voi onorevoli membri, che si concludesse nei tempi opportuni.
Vorrei avvicinarmi alla conclusione affrontando una questione sollevata da numerosi membri del Parlamento: i diritti dell’uomo. Questo argomento viene discusso nel corso di regolari incontri politici con le autorità cinesi e in particolare in sede di dialogo sui diritti dell’uomo, la cui ultima sessione si è svolta il 29 giugno a Madrid. Nel corso del 12° vertice UE-Cina a Nanchino, inoltre, si è affrontato il tema dei diritti dell’uomo sia nel corso delle discussioni sia nella conferenza stampa. Naturalmente i diritti dell’uomo e lo stato di diritto rientrano anche tra i temi in agenda per il vertice di Bruxelles.
L’Unione europea riconosce i progressi compiuti dalla Cina nell’ambito dei diritti economici e sociali e apprezza i risultati ottenuti dalla dirigenza cinese nell’impegno di migliorare la situazione economica di milioni di cittadini, come dimostrato dalla gestione della crisi economica. Non si vede però un pari progresso anche nell’ambito dei diritti civili e politici. Alla luce del ruolo della Cina a livello mondiale e degli obblighi derivanti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, vi sono forti aspettative internazionali affinché questo paese ottemperi agli standard riconosciuti internazionalmente su tutto lo spettro dei diritti dell’uomo. Esortiamo quindi la Cina alla ratifica del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici perché rappresenterebbe il segno più tangibile del suo impegno nel rispetto dei diritti dell’uomo.
Infine per quanto riguarda il Tibet, l’Unione europea rispetta la sovranità e l’integrità della Cina, ma i diritti dell’uomo sono universali e la situazione in Tibet desta una giustificata preoccupazione nella comunità internazionale. Fonte di preoccupazione è il fatto che pendano gravi capi d’accusa contro un numero rilevante di intellettuali e scrittori tibetani. Esortiamo quindi la Cina a consentire al popolo tibetano il pieno esercizio dei propri diritti politici, religiosi, economici, sociali e culturali di base in conformità con la costituzione cinese e con le leggi cinesi in materia di autonomia locale.