Presidente. – L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulle disposizioni sociali del trattato di Lisbona.
Philippe Courard, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Signor Presidente, la ringrazio per avermi dato l’opportunità di intervenire, a nome del vice Primo ministro Onkelinx, sulle nuove prospettive in materia sociale offerte dal trattato di Lisbona.
Credo davvero che nella legislazione europea si debba tener conto del progresso sociale. Pertanto, l’articolo 9 del trattato prevede una clausola orizzontale di protezione sociale che obbliga le istituzioni europee a tener conto delle esigenze connesse con la promozione di un elevato livello di occupazione, con la garanzia di un’adeguata protezione sociale, con la lotta contro l’esclusione sociale e con un elevato livello di istruzione, di formazione e di tutela della salute umana.
Queste esigenze sono riconducibili a quanto afferma l’articolo 3, paragrafo 3, del trattato: il mercato interno deve essere costruito attraverso politiche basate su un’economia sociale di mercato altamente competitiva e tendente alla piena occupazione e al progresso sociale.
L’articolo 9 chiede pertanto che d’ora in avanti la dimensione sociale sia presa in considerazione nella definizione di tutte le politiche europee. Si tratta di ristabilire un giusto equilibrio tra i vari aspetti che dovremo realizzare nella pratica. Questo è un obiettivo prioritario trasversale della Presidenza belga.
Quindi in futuro dovremo prestare molta più attenzione all’impatto sociale delle politiche sviluppate a livello europeo. Contemporaneamente alla necessità di massimizzare la crescita economica nell’Unione europea, dobbiamo anche favorire la giusta ed equa distribuzione dei frutti di questa crescita, e dobbiamo dedicare particolare attenzione alla sorte delle persone più vulnerabili.
Dobbiamo tenere in considerazione la dimensione sociale anche nella strategia Europa 2020 che, come sapete, è stata adottata dall’Unione europea in occasione del Consiglio europeo di giugno. Questa strategia, che si rivolge all’occupazione e alla crescita, comprende lo sviluppo economico, sociale, occupazionale e ambientale. Si basa su un numero limitato di obiettivi quantificati e su alcune linee guida.
Uno dei cinque obiettivi fissati è specificamente dedicato alla lotta contro la povertà e l’esclusione sociale. Esso si pone l’obiettivo di far uscire dalla povertà entro il 2020 almeno 20 milioni di persone nell’Unione europea. Questo obiettivo, insieme con l’orientamento numero 10, costituisce il pilastro sociale della strategia.
Anche se la sua mancanza di ambizione può deluderci, la strategia mostra comunque il desiderio di raggiungere un obiettivo specifico e chiaramente identificabile, una novità in questo settore, che introduce una nuova dinamica da cui trarre vantaggio. Nei loro programmi nazionali di riforma (PNR) gli Stati membri dovranno riferire ogni anno sui progressi conseguiti nell’attuazione di tale obiettivo.
È sempre stata mia opinione che si debbano massimizzare i benefici di questa dimensione sociale della strategia Europa 2020. Voglio fare della Presidenza belga una presidenza sociale per antonomasia. In tale contesto, la strategia Europa 2020 offre un’opportunità di visibilità: una politica sociale europea. Questo rappresenterà una vera sfida, perché gli Stati membri sono impegnati nella definizione dei propri piani di riforma, e quindi delle proprie politiche per conseguire gli obiettivi quantificati e, al tempo stesso, sono impegnati nel lavorare ai propri bilanci nazionali, che limitano la loro libertà finanziaria.
Inoltre, la crisi finanziaria è ancora fresca e la ripresa economica tarda a farsi sentire. Stando così le cose, dobbiamo fare in modo che il consolidamento fiscale non abbia un impatto negativo sulle politiche occupazionali e sociali. La strategia di crescita 2020 dell’Unione europea deve essere sostenibile e solidale. Non deve essere caratterizzata da una crescita senza occupazione, ma deve mostrare la volontà di combattere la precarietà del lavoro. La lotta alla povertà deve quindi essere veramente una delle nostre principali preoccupazioni.
In sede di Consiglio, la Presidenza belga sta lavorando a fondo per far funzionare questa dinamica, ma è anche sensibile al ruolo che la Commissione deve svolgere in tale contesto. Vorremmo sinceramente esortare la Commissione a essere dinamica in materia. Penso alle iniziative guida che deve adottare, in particolare la piattaforma di lotta alla povertà e all’esclusione sociale che deve offrire una prospettiva più ampia sulle sfide sociali che l’Europa deve affrontare.
La Commissione deve, fra l’altro, utilizzare questo metodo per indicarci come dare applicazione, in particolare, alla nuova clausola sociale orizzontale di cui all’articolo 9 del trattato di Lisbona.
Come potete vedere la Presidenza belga ha grandi ambizioni, ma credo davvero che possa soddisfare le esigenze e le richieste dei nostri concittadini. Senza una dimensione sociale il progetto europeo è destinato a fallire. Anche qui, avete un vostro ruolo da svolgere nel continuare il dibattito su questa strategia, non solo a livello europeo, ma anche mettendo in risalto la dimensione sociale nei vostri rispettivi Paesi.
László Andor, membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, la clausola sociale orizzontale di cui all’articolo 9 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea recita: “Nella definizione e nell’attuazione delle sue politiche e azioni, l'Unione tiene conto ” fra l’altro “delle esigenze connesse con la promozione di un elevato livello di occupazione, la garanzia di un’adeguata protezione sociale” e la “lotta contro l’esclusione sociale”. La Commissione è impegnata ad attuare questa clausola, anche attraverso il rafforzamento della valutazione dell’impatto sociale, in quanto parte del suo sistema globale di valutazione dell’impatto.
In relazione alla situazione specifica dei servizi sociali di interesse generale (SSIG), la Commissione ritiene che sia importante garantire la certezza giuridica per le autorità pubbliche degli Stati membri. In questa fase, la Commissione non ritiene tuttavia necessario istituire una taskforce con le diverse parti interessate per affrontare le difficoltà che alcuni fornitori dei SSIG incontrano nell’interpretazione delle norme del mercato unico.
La Commissione è consapevole del fatto che un numero significativo di autorità pubbliche e di parti interessate considera le norme comunitarie applicabili ai servizi sociali come un ostacolo per l’organizzazione e il finanziamento di tali servizi. Tuttavia le consultazioni con le autorità pubbliche e le parti interessate mostrano che le norme esistenti tengono ampiamente conto delle specificità dei servizi sociali di interesse generale. I problemi segnalati sono molto spesso dovuti a una mancanza di consapevolezza e di informazione sulle regole, oppure a dubbi circa il modo in cui tali norme debbano essere applicate.
Per questo motivo la Commissione ha messo in atto una strategia, di cui fanno parte il servizio di informazione interattivo, i documenti con le domande ricorrenti e le iniziative di formazione per le autorità pubbliche locali. La Commissione sta aggiornando i documenti con le domande ricorrenti. Una volta terminati, la Commissione li presenterà agli Stati membri e alle parti interessate all’interno del Comitato per la protezione sociale.
Un altro forum di discussione con gli Stati membri è il Comitato consultivo per gli appalti pubblici. Si è appena conclusa una consultazione pubblica sul pacchetto SIEG – servizi di interesse economico generale – che mira a chiarire e semplificare l’applicazione a tali servizi delle norme sugli aiuti di Stato. La Commissione intende condividere la propria valutazione dei contributi ricevuti con il Parlamento, il Comitato delle regioni, il Comitato economico e sociale europeo e gli Stati membri. Come la Commissione ha dichiarato in varie occasioni, la specificità dei servizi sociali sarà tenuta in debita considerazione nella revisione del pacchetto.
Inoltre, nel corso degli ultimi anni la Commissione ha condotto un proficuo dialogo con le principali parti interessate in relazione ai possibili adeguamenti alle norme comunitarie vigenti, in particolare nell’ambito del Comitato di protezione sociale e dell’intergruppo del Parlamento per i servizi pubblici. In luglio la Commissione ha partecipato a un seminario organizzato dalla Presidenza belga con gli Stati membri e varie parti interessate. Ancora una volta, queste discussioni hanno mostrato che, mentre vi è un interesse forte e legittimo per un’accurata messa a punto, non vi è alcuna reale necessità di modificare la struttura fondamentale delle norme comunitarie esistenti per adattarle alle specificità dei SSIG. Ciò premesso, la Commissione è consapevole che la Presidenza belga ha avanzato alcune proposte al fine di chiarire ed adeguare le norme esistenti. La Commissione sta valutando attentamente tali suggerimenti.
Ricordo anche che il terzo forum sui servizi sociali di interesse generale, che sarà organizzato il 26 e il 27 ottobre sotto gli auspici della Presidenza belga, offrirà l’occasione per discutere di questi ed, eventualmente, anche di altri suggerimenti.
Infine, la Commissione sta lavorando nell’ambito del Comitato di protezione sociale ad un quadro di riferimento volontario per la qualità dei servizi sociali. Nell’elaborazione di questo quadro di riferimento, la Commissione ha lavorato a stretto contatto con le principali parti interessate, le parti sociali, gli enti locali, i fornitori di servizi e gli utenti.
In sintesi, la Commissione è impegnata ad attuare la nuova clausola sociale orizzontale, ivi compreso il rapporto con i SSIG.
Come ho spiegato, ci sono numerose sedi di discussione e di dialogo con le parti interessate per i SSIG. La Commissione, pertanto, non vede la necessità di istituire una taskforce supplementare. Tuttavia, la Commissione è impegnata ad affrontare le difficoltà incontrate da alcuni fornitori di SSIG nell’interpretazione delle regole del mercato unico, comprese quelle dell’Atto per il mercato unico che sarà adottato dalla Commissione entro la fine di ottobre.
Andreas Schwab, a nome del gruppo PPE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, il trattato di Lisbona non ha conferito all’Unione europea alcun potere sostanzialmente nuovo nel campo della politica sociale. L’articolo 9 – il rappresentante del Consiglio vi ha già fatto riferimento – amplia le competenze esistenti nel contesto del principio di base dell’economia sociale di mercato; tale principio è assai importante per il gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano) e l’abbiamo introdotto nella Convenzione europea che, in sostanza, ha preparato la strada al trattato di Lisbona.
In secondo luogo, con la relazione dell’ex Commissario Monti intitolata “Putting citizens at the heart of the Union”, la Commissione europea ha dato un contributo interessante e prezioso su come riuscire a coniugare i grandi impulsi positivi del mercato interno con gli elementi sociali del mercato comune dei consumatori. Per questo motivo, Commissario Andor, stiamo aspettando con impazienza il cosiddetto Atto per il mercato unico al quale sta attualmente lavorando il Commissario Barnier. Noi crediamo che questo possa permetterci di applicare in maniera davvero costruttiva il pacchetto Monti-Kroes. Tuttavia, siamo scettici sul fatto che l’apertura delle direttive sugli appalti pubblici e la creazione di una direttiva sulle concessioni, possano, in ultima analisi, mettere il mercato interno europeo sulla strada giusta, poiché ovviamente siamo dichiaratamente contrari a qualunque inflazione del settore pubblico.
Il rappresentante del Consiglio vi ha già fatto riferimento, ma è della massima importanza, altrettanto e quanto il consolidamento sociale – e lo dico in qualità di membro della generazione più giovane di questo Parlamento: quando prendiamo in considerazione il consolidamento sociale dobbiamo includere tutti i bilanci ombra (il professore Bernd Raffelhüschen di Friburgo ha parlato del fatto che abbiamo tutta una serie di bilanci occulti per quanto riguarda il debito delle pensioni) e dobbiamo intraprendere una politica che nel prossimo decennio offra una possibilità anche alle generazioni più giovani.
Ritengo quindi – e il rappresentante del Consiglio vi ha già fatto riferimento – che ci troviamo di fronte a grandi sfide: il Parlamento europeo e il Gruppo del PPE hanno una visione comune di questa sfida e tutti noi dovremmo fare tutto il possibile per sostenere gli sforzi compiuti dalla Commissione europea sia per questo pacchetto di misure per il mercato interno da una parte, che per le misure sociali che lo devono integrare dall’altra, sullo sfondo di un’economia sociale di mercato. Attendo dunque un’ulteriore discussione e vi ringrazio per l’attenzione.
Proinsias De Rossa, a nome del gruppo S&D. – (EN) Signor Presidente, prima di tutto voglio ringraziare il Consiglio e la Commissione per le loro dichiarazioni di oggi, e desidero ringraziare i gruppi ALDE, Verts/ALE e GUE/NGL per il loro sostegno nel porre questo tema all’ordine del giorno di oggi.
Le nuove clausole sociali non si riferiscono solo ai servizi di interesse generale, come previsto dal precedente intervento del PPE di questo pomeriggio: per quanto riguarda i servizi sociali di interesse generale abbiamo bisogno di giungere a una conclusione su questioni che sono state lungamente dibattute per molti anni, invece di rivangare vecchie argomentazioni.
In quanto relatore sul futuro dei servizi sociali di interesse generale, lavorerò insieme a tutti i gruppi che riconoscono la necessità di una forte economia sociale di mercato e spero di poter avanzare proposte concrete per risolvere i dilemmi affrontati dai fornitori dei SSIG.
Come certamente sapete, i cittadini europei nutrono grandi speranze per quanto riguarda lo sviluppo di una dimensione sociale più coerente e dinamica nelle politiche e nella legislazione europee in seguito all’adozione del trattato di Lisbona. Infatti, uno di quegli importanti dibattiti tenutisi in Irlanda durante i referendum sul trattato di Lisbona riguardava le nuove clausole sociali, compresi l’articolo 3, l’articolo 9, l’articolo 14 e il protocollo sociale, e di fatto molti altri articoli relativi alla disabilità e all’uguaglianza.
È sempre importante essere all’altezza delle aspettative dei cittadini. Lo è doppiamente in questo momento di crisi economica e sociale in cui molti milioni di nostri cittadini hanno già perso, e molti altri perderanno, il lavoro, la casa, i risparmi, la pensione, i servizi di salute pubblica e, di fatto, le opportunità di istruzione per i figli, a causa della crisi e delle misure correttive messe in atto.
Per l’Unione Europea sarebbe profondamente destabilizzante se il Collegio dei commissari e il Consiglio europeo dovessero ritenere che questi nuovi articoli del trattato non cambiano nulla e continuassero a considerare gli obiettivi sociali come secondari rispetto a quelli del mercato. Se non ottemperiamo alle nostre responsabilità, favoriremo le ali estreme composte dai partiti politici xenofobi e intolleranti che sono in attesa di capitalizzare la rabbia e il malcontento qui fuori.
Oggi chiedo in modo specifico alla Commissione e al Consiglio è di riconoscere che abbiamo bisogno di un processo dinamico per compiere progressi in materia di servizi di interesse generale, in particolare i servizi sociali di interesse generale.
Mi rammarico della dichiarazione odierna del Commissario. Mi auguro di riuscire a convincerlo nei prossimi mesi che ha torto, che abbiamo bisogno di un processo dinamico, che abbiamo bisogno di una taskforce di alto livello che comprenda non solo lui e altre DG, ma anche i membri della società civile, i sindacati, il Consiglio e il Comitato delle regioni.
Abbiamo bisogno di un meccanismo riconosciuto da tutti che alimenti il cambiamento. Commissario, io le ho sentito affermare, e l’ho sentito dire anche dal Presidente Barroso, che le parti interessate apparentemente vi dicono che non c’è nessun problema reale. A me le parti interessate non dicono questo. Ne ho incontrate decine negli ultimi sei mesi. Mi riferiscono che ci sono problemi amministrativi e problemi legali che devono essere affrontati con urgenza. Sulla base di ciò che voi e il Consiglio avete detto qui oggi temo che non saranno affrontati con urgenza. Mi auguro, come ho detto, di potervi far cambiare idea nei prossimi mesi. Tuttavia, c’è urgente bisogno di un meccanismo di alto livello che comprenda i soggetti interessati e garantisca che le decisioni che devono essere prese siano prese fino in fondo.
Il Parlamento, a mio avviso, deve essere coinvolto in quel processo. Occorre tenere a mente che dobbiamo affrontare i problemi e dimostrare che l’Europa fa sul serio quando vuole creare un’economia sociale di mercato e non un mercato unico a sé stante.
Marian Harkin, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, ho qui una copia del trattato di Lisbona assai consunta, annotata, sottolineata, piena di rimandi e macchiata di tè. Per 12 mesi è stata la mia costante compagna di viaggio, quando cercavo di convincere i cittadini irlandesi a votare “sì”. Quando mi chiedevano perché avrebbero dovuto votare “sì”, una delle prime cinque ragioni che davo loro era che questo trattato avrebbe portato ad un’Europa più sociale.
Appena 12 mesi fa abbiamo ratificato questo trattato e ora, come politici, dobbiamo mantenere le nostre promesse. Abbiamo parlato della nuova clausola sociale orizzontale, l’articolo 9, che obbliga l’Unione a prendere in considerazione le conseguenze sociali delle proprie decisioni al momento di impostare le politiche. Si tratta di un obiettivo trasversale che ci dà maggiori possibilità di essere più ambiziosi quando scriviamo, modifichiamo o applichiamo la legislazione dell’Unione europea, ma l’articolo 9 non garantisce i desiderati risultati a livello delle politiche. Si tratta di un potente strumento a nostra disposizione, ma dobbiamo chiederci se lo stiamo utilizzando o se è solo di facciata.
La politica sociale è stata costruita male nei trattati originali, ma ritengo che sia molto più forte nel trattato di Lisbona. Oltre al protocollo sui servizi di interesse generale, è stato menzionato l’articolo 14 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Esso indica chiaramente la responsabilità condivisa degli Stati membri e dell’Unione per quanto riguarda i servizi di interesse generale. Ad oggi, l’Unione europea ha applicato le norme del mercato interno, ma l’articolo 14 prevede che, nell’applicazione dei trattati “l’Unione e gli Stati membri… provvedono affinché tali servizi funzionino in base a principi e condizioni, in particolare economiche e finanziarie, che consentano loro di assolvere i propri compiti”. Questo è un cambiamento nella politica dell’Unione europea e deve trovare riscontro nelle comunicazioni e nelle proposte della Commissione.
Inoltre, in sede di Consiglio, la direttiva anti-discriminazione è ancora bloccata. Essa rappresenta un elemento importante della legislazione. È necessario che sia messa in atto. Così, mentre i principi fondamentali sono fissati e la legislazione sulla politica sociale è protetta nel trattato di Lisbona, il futuro orientamento della politica sociale non è definitivamente stabilito. Noi – Commissione, Consiglio e Parlamento – possiamo e dobbiamo utilizzare gli strumenti forniti dal trattato di Lisbona.
Karima Delli (Verts/ALE). – (FR) Signor Presidente, Presidente Courard, signor Commissario, l’obiettivo principale dell’Unione europea, obiettivo che compare nel trattato di Lisbona, è lo sviluppo di un’economia di mercato sociale orientata verso la piena occupazione e il progresso sociale. Il trattato contiene quindi una clausola sociale orizzontale che stabilisce che la promozione di un elevato livello di occupazione, un’adeguata protezione sociale e la lotta contro l’esclusione devono guidare la definizione e l’attuazione di tutte le politiche dell’Unione europea.
Il riconoscimento dei diritti sociali e in particolare del diritto di accedere ai servizi di interesse generale, è reso obbligatorio nella Carta dei diritti fondamentali. La Carta contiene diritti e principi, quali il diritto di avere accesso ai pagamenti della previdenza sociale, agli aiuti per l’alloggio e ai servizi sociali.
Come è possibile, alla vigilia del terzo forum sui servizi sociali di interesse generale avviato dal Parlamento, sostenere che in applicazione delle disposizioni del trattato di Lisbona ai servizi sociali di interesse generale si debbano applicare solo le norme sulla concorrenza e sul mercato interno, senza alcun adattamento alle loro specifiche modalità di organizzazione e di finanziamento?
Non è forse vero che la direttiva servizi, per esempio, chiama in causa il ruolo dei servizi sociali di interesse generale con una forte base locale composta da membri della comunità che non hanno scopo di lucro? Quando smetterete di nascondere la testa sotto la sabbia? E quando vi farete finalmente carico della vostra responsabilità di colegislatori, in conformità con le disposizioni del nuovo articolo 14 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea?
Lothar Bisky, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signor Presidente, devo ammettere che il trattato di Lisbona e il suo impegno sociale suonano bene. Ma non possiamo ignorare il fatto che centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza a Bruxelles e nelle altre capitali europee. Protestavano contro una politica sbagliata e antisociale nei confronti della crisi.
Abbiamo appena cominciato a lasciarci alle spalle questa che è la peggiore delle crisi, ma già si sente dire da molti governi che il debito nazionale deve essere frenato. Il paracadute di emergenza costituito dai piani di salvataggio deve essere riposto, si dice, e i programmi di investimento aboliti. La Commissione chiede che il patto di stabilità e di crescita sia rafforzato. Gli Stati nei quali si pagano salari e stipendi ragionevoli, nei quali il mercato del lavoro segue ancora delle regole, o nei quali i sistemi di sicurezza sociali sono troppo “sociali”, il che significa troppo costosi, devono essere penalizzati. I banchieri truffaldini stanno continuando come se nulla fosse successo. Si dovranno tagliare pensioni e salari, le imposte di consumo forse aumenteranno. I contributi per l’assicurazione sanitaria sociale aumentano, mentre i servizi peggiorano.
Alla luce delle sentenze della Corte di giustizia europea nei casi Viking e Laval Rueffert, non sono solo i sindacati a temere che l’equilibrio sociale dell’Unione europea sia in posizione precaria. La richiesta dei sindacati di una clausola di protezione sociale merita il nostro pieno sostegno. I diritti dei lavoratori, i diritti sindacali e la protezione sociale devono avere almeno lo stesso significato e, anzi, la precedenza rispetto al mercato interno e alla libera prestazione dei servizi. Questo deve essere chiaramente sancito dal diritto primario. Ricordo questi fatti perché i relativi paragrafi sembrano buoni ma in realtà non cambiano nulla.
Non può garantire la dignità umana senza requisiti sociali minimi. Una clausola di progresso sociale migliorerebbe la reputazione gravemente danneggiata dell’Unione europea presso i cittadini e contribuirebbe ad arginare le paure della società.
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, nell’Unione europea assistiamo a quello che ritengo essere uno sviluppo preoccupante: un numero sempre crescente di persone viene spinto verso il lavoro temporaneo, il falso lavoro autonomo e i “McJobs”, in cui i diritti sociali dei lavoratori sembrano spinti in secondo piano. La Corte europea dei diritti dell’uomo non solo sembra ridurre le norme di tutela dei lavoratori nella propria giurisprudenza, ma inoltre, nell’aggiudicazione degli appalti pubblici, preclude un trattamento preferenziale per gli imprenditori socialmente impegnati.
Ci è stato detto che il trattato di Lisbona avrebbe migliorato tutto, ma, personalmente, non ho visto nessuna svolta in senso sociale. Si fanno dei tentativi, per esempio, di ridurre le differenze economiche e sociali tra gli Stati membri utilizzando il Fondo sociale europeo. Eppure, se l’esecuzione dei progetti causa problemi in molte regioni, il fondo fallisce nella sua missione. La libertà del mercato interno, mi permetto di sottolineare per inciso, troppo spesso comporta solo la libertà dei conglomerati multinazionali che spingono fuori dal gioco i datori di lavoro locali, vale a dire le piccole e medie imprese. Credo che questa situazione debba cambiare il prima possibile.
Jean-Paul Gauzès (PPE). – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, il trattato di Lisbona fornisce senza dubbio nuovi obiettivi sociali all’Europa. Lo sviluppo sostenibile in Europa si basa sull’elevata competitività dell’economia sociale di mercato, il che significa piena occupazione e progresso sociale, lotta contro l’esclusione sociale e la discriminazione, promozione della giustizia e eliminazione della povertà. Il trattato di Lisbona conferma il ruolo delle parti sociali e promuove a livello europeo il dialogo sociale tra i sindacati e i rappresentanti delle organizzazioni dei datori di lavoro.
Su questi vari punti, la situazione attuale non è certamente quella descrittaci qui da alcuni oratori. Oggi possiamo drammatizzare la situazione: è vero che vi sono situazioni preoccupanti, che la crisi non è ancora finita e che ha delle conseguenze. Tuttavia l’Europa sta adottando misure in questo settore – noi dobbiamo spiegarlo ai nostri cittadini – per mettere un certo ordine nel settore finanziario, in particolare, e in questo senso è tra i primi a compiere uno sforzo per organizzare tale settore, grazie al nostro lavoro.
Permettetemi di fare alcune brevi osservazioni. Sui servizi di interesse generale, in particolare, voglio dire chiaramente che dovremmo prendere in considerazione le specifiche situazioni nazionali; perché è vero che alcuni dei nostri concittadini sono un po’ allarmati – penso ad esempio ai francesi – quando immaginano, a torto, che l’Europa metta in pericolo i servizi pubblici che sono una tradizione francese. Allo stesso modo, in materia di appalti pubblici, si dovrebbe tener conto delle circostanze individuali e specialmente di quelle che consentono la collaborazione tra diversi enti pubblici.
Ma la politica sociale dipende dalla salute dell’economia e dalla crescita economica. Questo è l’obiettivo primario di una economia sociale di mercato.
Elizabeth Lynne (ALDE). – (EN) Signor Presidente, a differenza di alcuni degli altri oratori io non credo che il trattato di Lisbona cambi poi molto sia nel campo della politica sociale che in alcune altre aree.
Da molti anni ormai abbiamo la codecisione nel campo dell’occupazione ma, secondo le disposizioni del titolo II di applicazione generale, l’articolo 9 fa un riferimento, tra l’altro, alla tutela della salute umana. Una direttiva che ha influenza su questa è la direttiva sui campi elettromagnetici e so che la Commissione ha condotto una riflessione in materia. Seguendo la direttiva sui campi elettromagnetici nell’intera procedura con la commissione per l’occupazione e gli affari sociali, dobbiamo garantire, e spero che gli Stati membri siano d’accordo, la possibilità di utilizzare scanner MRI di ultima generazione.
L’articolo 10 del titolo II riguarda la lotta alla discriminazione. Dobbiamo assicurarci, come indicato da molti altri oratori, che il Consiglio sblocchi la direttiva orizzontale in materia di accesso a beni e servizi, e che gli Stati membri che la stanno bloccando rimuovano le proprie obiezioni per poter avere una reale direttiva contro la discriminazione nell’accesso ai beni e ai servizi.
Patrick Le Hyaric (GUE/NGL) . – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, va detto che quanto predomina nell’applicazione del trattato di Maastricht non è affatto ciò che descrivete: né l’articolo 9 né l’articolo 14 proteggono i servizi pubblici. Si tratta invece dei principi di concorrenza, di libero scambio senza restrizioni, di indebolimento della protezione sociale, di abbattimento delle pensioni e dei salari, e di rifiuto di un’equa armonizzazione fiscale.
Il 2010, ad esempio, è stato dichiarato Anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale. Mi permetto di osservare che quello che voi membri della Commissione e del Consiglio avete fatto è in netto contrasto con tale progetto. Le decisioni prese in questi ultimi giorni spingono verso una super-austerità, e la Commissione, ponendosi come un vero e proprio tribunale nel metterla in atto, è in conflitto con ogni singolo progetto sociale. Invece di pensare che l’austerità e la regressione sociale porteranno l’Unione europea fuori dalla crisi, ritengo che dobbiamo fare un ragionamento alquanto diverso: in effetti si tratta del ragionamento opposto. Il progresso sociale è una leva per uscire dalla crisi.
Vorrei quindi farvi una proposta che sottopongo al dibattito per un ulteriore esame. La proposta comporterebbe la creazione di un nuovo sistema che permetta alla Banca centrale europea – anche attraverso la creazione di moneta, come fanno al momento tutte le banche del mondo – di acquistare in tutto o in parte il debito degli Stati membri, se necessario, e al stesso tempo di istituire un fondo europeo per lo sviluppo umano, sociale ed ecologico.
Sostenuto dalla Banca centrale europea e dalla Banca europea per gli investimenti, tale fondo dovrebbe consentire l’ampliamento dei servizi pubblici – o, se preferite, dei servizi di interesse generale della comunità – e fornire un aiuto per l’industria, la ricerca e la formazione.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL). – (PT) La pressione esercitata dalla Commissione e i grandi poteri dell’Europa nei confronti dei paesi con economie più fragili e più elevati livelli di povertà cozzano contro tutti i principi della coesione economica e sociale di cui la Presidenza belga ha parlato fin qui in nome della cosiddetta “clausola sociale” di cui all’articolo 9 del trattato di Lisbona.
La verità è che è stato possibile spostarsi al di fuori dei criteri irrazionali del Patto di stabilità e crescita solo quando gli Stati membri hanno dovuto aiutare le banche per via dei problemi che stavano attraversando a causa dei rifiuti tossici da loro stesse prodotti. Ora che le banche hanno assorbito miliardi di euro di aiuti pubblici e che il debito pubblico dei paesi con le maggiori difficoltà è salito alle stelle, si è riaffacciata la pressione per ridurre i debiti e il deficit, senza darsi pensiero per l’occupazione, l’inclusione sociale o il diritto universale alla pubblica istruzione e all’assistenza sanitaria, all’alloggio o a salari e pensioni adeguati. In alcuni paesi, come la Grecia e il Portogallo, in nome della sostenibilità delle finanze pubbliche si moltiplicano le misure di austerità imposte, le ingiustizie sociali sono in aumento e la crescente disoccupazione, la povertà e l’esclusione sociale rappresentano una minaccia per 120 milioni di persone nell’Unione europea.
Se il nuovo programma di austerità che il governo portoghese ha appena annunciato andrà avanti, il Portogallo ripiomberà nella depressione, il che solleva alcune domande. Che razza di Europa sociale è questa? In questo Anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale, dove sono le garanzie di reddito minimo con cui affrontare la povertà? Dove finisce l’integrazione tra gli obiettivi sociali e di sostenibilità sociale e la politica macro-economica? Dove sono la difesa e la promozione dei servizi pubblici? Quand’è che avremo un orientamento sociale trasversale e un’efficace valutazione dell’impatto sociale, delle politiche del Patto di stabilità e crescita, della politica di concorrenza, del mercato interno, delle politiche di bilancio e fiscali, e della politica monetaria? Questo è l’obiettivo delle lotte dei lavoratori che si stanno moltiplicando in tutta Europa.
Othmar Karas (PPE). – (DE) Signor Presidente, gli obiettivi politici sono chiari. Vogliamo un’Europa con un’economia di mercato sociale sostenibile, con i diritti fondamentali, senza discriminazioni, con la piena occupazione, con una clausola sociale integrata, con la coesione sociale e con i servizi di interesse generale, che devono essere definiti attraverso la sussidiarietà. Questo è il nostro obiettivo. Ma per raggiungerlo disponiamo di troppi pochi strumenti a livello europeo. La maggior parte di questi sono in mano agli Stati membri. Se vogliamo realizzare questi obiettivi in tutta Europa dobbiamo trovare un equilibrio tra la politica economica, la concorrenza e gli strumenti sociali. Dobbiamo quindi estendere l’unione monetaria nel senso di un’unione economica e sociale. Dobbiamo anche affermare con chiarezza che servono più atti di solidarietà e che la formazione per creare persone qualificate, la crescita e l’occupazione non sono elementi in contrasto con l’aspetto sociale dell’Europa: sono invece un presupposto per combattere l’indigenza e l’esclusione e per porre fine alla piaga della povertà dei lavoratori.
Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL). – (FR) Signor Presidente, giungo or ora da una riunione dell’intergruppo Servizi pubblici. A volte mi chiedo se stiamo parlando alle stesse persone. Secondo voi è tutto a posto. La maggior parte dei soggetti interessati, nella migliore delle ipotesi non capisce nulla di legislazione europea o ne capisce fin troppo.
Parlate di misurare l’impatto sociale delle politiche dell’Unione europea. Quindi vorrei dirvi: è una buona area su cui lavorare, andate avanti, vi sfido! Se come affermate non vi è alcun problema con i servizi pubblici e, in particolare, con i servizi pubblici locali, allora vi esorto ad impegnarvi in una vera e propria revisione approfondita della liberalizzazione dei servizi pubblici in tutta l’Unione europea.
La libera e leale concorrenza avrebbe dovuto abbassare i prezzi. Io sono francese. Mi limiterò a fornire alcuni esempi che forse possono spiegare perché su questo argomento i francesi sono un po’ cauti nei confronti dell’Europa: i prezzi dei servizi postali, del trasporto ferroviario, aereo e dell’acqua, servizi consegnati alle aziende private, sono aumentati in modo esponenziale.
Il concetto di servizio universale avrebbe dovuto garantire che i servizi più elementari fossero accessibili a tutti. In realtà, per i più poveri sono appena sufficienti e i casi di discriminazione sono in aumento. Che ne è stato della vostra grande redistribuzione della ricchezza, visto che sappiamo che ovunque in Europa continuano ad aumentare le disuguaglianze tra i più ricchi e i più poveri?
Quindi sì, signor Commissario, come molti deputati le hanno già chiesto, quand’è che la Commissione deciderà di prendere in considerazione le conseguenze degli articoli 9 e 14 dei trattati, così come il protocollo sui servizi sociali di interesse generale? In altre parole, quand’è che la Commissione rispetterà i diritti del Parlamento? Scusate, ma di cosa avete paura?
László Andor, membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, la Commissione nel suo insieme, ed anche io, ritieniamo che il nostro obiettivo sia quello di sviluppare un’economia sociale di mercato. Posso dire, sia a titolo personale che per quanto riguarda il mio mandato, che in questa formulazione il termine “sociale” è più importante del termine “mercato”. Naturalmente, alla fine la Commissione deve presentare, rappresentare e attuare un approccio molto equilibrato. Tuttavia, ho sempre difeso gli obiettivi sociali e abbiamo sempre attribuito grande rilevanza a questo aspetto.
Nel corso della discussione ho notato anche che l’imminente Atto per il mercato unico sarebbe accolto con disappunto da parte del Parlamento se non dovesse comprendere una forte dimensione sociale. È su questo che abbiamo lavorato: garantire che questo importantissimo documento sia energico rispetto alle questioni sociali. Ho partecipato al competente gruppo di commissari e assicurato l’inserimento delle voci riguardanti le pensioni e degli altri importantissimi aspetti in termini di rafforzamento della dimensione sociale dell’economia europea.
Vi sono tuttavia molte altre questioni. Mi sarei certamente opposto a un approccio che avesse solo un particolare tipo di soluzione, ad esempio istituendo un organismo di alto livello per garantire che ci dedichiamo alle questioni sociali.
Non c’è nulla nella mia risposta che lasci intendere un’opposizione a un processo dinamico sui SSIG. In realtà, già nella preparazione della conferenza di ottobre della Presidenza belga ci troviamo in un processo dinamico sui SSIG. Sarò presente sia all’apertura sia alle conclusioni di questa conferenza, e sono molto fiducioso che ci faccia progredire su tutta una serie di questioni relative ai SSIG.
Nella prossima piattaforma europea contro la povertà che sarà pubblicata alla fine dell’anno i SSGI sono trattati molto seriamente. Anche il Presidente Courard, segretario di Stato per l’integrazione sociale e la lotta alla povertà, vi ha fatto riferimento nella sua introduzione.
Sono disponibile a compiere ulteriori passi avanti. Vorrei però prima tutto vedere ciò che questi eventi e documenti susciteranno nelle più svariate controparti europee. Vorrei sottolineare che, anche se ufficialmente vi è una certa ripresa, siamo in una fase molto difficile della crisi economica e abbiamo ancora una notevole sofferenza non provocata semplicemente dalla crisi stessa, ma anche dalle misure adottate per uscirne.
La Commissione ha regolarmente chiesto che fosse tenuto in considerazione l’interesse dei servizi sociali e dei gruppi vulnerabili. Nelle ultime settimane ho fatto molti interventi e ho invitato alla prudenza riguardo alle politiche macro-economiche degli Stati membri.
Il consolidamento fiscale è inevitabile perché i paesi hanno accumulato debiti ingenti. Tuttavia, l’austerità – soprattutto l’austerità irragionevole – e i tagli di spesa a senso unico non sono inevitabili. Tutti gli Stati membri, anche quelli messi sotto pressione dai mercati, hanno modo di riflettere su come approntare un moderato consolidamento fiscale. Ogni Stato membro ha la capacità di bilanciare le varie opzioni in termini di tagli di spesa o aumenti delle entrate, e può applicare l’equità; può prendere in considerazione gli interessi dei gruppi vulnerabili. Questo è quanto chiede la Commissione.
Chiediamo la consapevolezza sociale anche in questi momenti di difficoltà. L’Anno europeo ci ha aiutato considerevolmente in tal senso avviando una campagna di sensibilizzazione che si è rivelata un successo, perché ha contribuito a esprimere i due importantissimi obiettivi della strategia Europa 2020. Senza questa campagna non saremmo riusciti a porci gli obiettivi molto ambiziosi di incentivare l’occupazione e ridurre la povertà in Europa.
Naturalmente, nessuno crede che si possa realizzare tutto ciò dall’oggi al domani. Dobbiamo migliorare i nostri strumenti. Accetto quanto ha detto un deputato a proposito del Fondo sociale europeo. Non ha funzionato perfettamente, ma stiamo indagando su come migliorare il Fondo in termini di innovazione, di cosa debba occuparsi e come debba essere usato. Tutto ciò fa parte di un processo. Vi è tutta una serie di conferenze per discuterne, soprattutto su come gestire la situazione dei rom, tra le altre questioni. La Presidenza belga ha organizzato una specifica conferenza su come il Fondo sociale europeo potrebbe essere più utile al fine di ridurre la povertà.
Nutro dei dubbi in merito all’istituzione di un nuovo fondo. Credo che prima si debba esaminare come poter utilizzare il Fondo sociale con gli strumenti disponibili, al fine di migliorare le condizioni sociali. Vorrei qui sottolineare il ruolo svolto dalla Banca europea per gli investimenti al fine di sviluppare le infrastrutture e i servizi in Europa.
Nessuno chiede la privatizzazione dei servizi sociali che sono prevalentemente di competenza degli Stati membri. Tuttavia, se per esempio le norme dell’Unione europea in materia di appalti pubblici o di aiuti di Stato saranno applicate correttamente, tenendo conto di tutti i parametri importanti, esse garantiranno qualità, economicità e trasparenza. Si tratta di obiettivi molto importanti e quando cerchiamo di perseguire altri obiettivi, per quanto importanti o rilevanti possano essere, non dobbiamo comprometterli, in particolare riguardo alla trasparenza.
Spero che queste osservazioni risultino convincenti e che i prossimi appuntamenti, in particolare la prossima conferenza sui SSIG e sulla povertà, possa fornire ampie opportunità di discutere su come procedere. Vi posso assicurare che la riduzione della povertà e il miglioramento degli standard sociali in Europa sono ben al centro dei lavori della Commissione e del mio programma personale.
Philippe Courard, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Signor Presidente, vorrei ringraziare tutti i deputati per la qualità dei loro interventi.
Il Consiglio ha invitato la Commissione a sviluppare una piattaforma che non sia limitata alla povertà ma che favorisca anche una dinamica più ampia nella lotta contro l’esclusione e affermi l’importanza del benessere sociale.
Vorrei anche dire che all’interno delle misure di austerità di cui il Commissario ha appena parlato, è stato ovviamente importante considerare i provvedimenti da adottare al fine di garantire che l’austerità non impoverisca ancora di più le persone. Oggi la lotta contro la povertà non deve proprio essere dimenticata.
Desidero altresì ringraziare la Commissione per il suo impegno nel cercare di creare una maggiore certezza giuridica per i servizi sociali di interesse generale, e in particolare per quanto riguarda le loro caratteristiche specifiche.
Siamo sinceramente intenzionati a proseguire la discussione, in particolare nel Comitato di protezione sociale, nonché a migliorare il dialogo con i vari soggetti interessati, sia istituzionali che non. Come l’onorevole De Rossa ha sottolineato, è chiaro che nel dibattito sui SSIG il coinvolgimento del Parlamento europeo è e deve rimanere ampio. Anche l’articolo 14 è un elemento importante da utilizzare nelle discussioni sui SSIG. Sarà anzi uno degli argomenti importanti da discutere nel terzo forum del 26 e 27 ottobre.
Infine, come sapete, a causa delle restrizioni di bilancio è complesso discutere di affari sociali in seno al Consiglio. Ciò nondimeno, i servizi sociali adempiono compiti necessari, indispensabili, e perciò richiedono un’attenzione molto particolareggiata e sebbene se ne riconoscano le caratteristiche specifiche, ciò significa che occorre adottare uno specifico modo di affrontarle.
Concludo ringraziando il Commissario Andor per il suo dinamismo e il suo desiderio di compiere progressi per tutto quanto riguarda gli affari sociali.
Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) La crisi finanziaria ha contribuito ad un grave peggioramento della condizione sociale dei cittadini europei. La ripresa impiega molto tempo a farsi sentire: i tassi di disoccupazione sono elevati e la crescita economica è debole. La strategia Europa 2020 mira a definire un piano per agevolare una crescita economica che possa offrire maggiore occupazione e maggiore competitività nell’Unione. Le sue iniziative costituiscono la definizione di un percorso che dobbiamo seguire per creare un’Europa più inclusiva per i cittadini. Il trattato di Lisbona rafforza la dimensione sociale della politica europea. L’Europa appartiene ai cittadini europei, e parte della sua missione consiste nel contribuire alla promozione dell’occupazione e al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro. Vorrei sottolineare la centralità del dialogo tra le parti sociali e il ruolo delle piccole e medie imprese come forza trainante dell’economia. Dobbiamo realizzare gli obiettivi del trattato di Lisbona per quanto riguarda le questioni sociali, mediante le proposte specifiche incluse nella strategia Europa 2020: definendo per esempio iniziative come “Una politica industriale per l’era della globalizzazione” o “Un’agenda per nuove competenze e per l’occupazione”. L’Europa deve essere più competitiva e in grado di affrontare le sfide della globalizzazione, senza però astenersi dall’essere inclusiva e puntare ad uno sviluppo che sia sostenibile e garantisca l’integrazione sociale.
Silvia-Adriana Ţicău (S&D), per iscritto. – (RO) Il trattato di Lisbona ribadisce l’impegno degli Stati membri per i diritti sociali fondamentali enunciati nella Carta sociale europea (del 1961) e nella Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori (del 1989). Il trattato di Lisbona ribadisce che l’Unione europea opera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa. L’economia europea è un’economia di mercato sociale che promuove un elevato grado di competitività. I suoi obiettivi comprendono la piena occupazione, il progresso sociale ed un elevato livello di tutela e miglioramento della qualità dell’ambiente. L’Unione europea combatte l’esclusione sociale e le discriminazioni: promuove la giustizia e la protezione sociale, la parità tra i sessi, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti dei bambini.
Nel mese di agosto il tasso di disoccupazione nell’Unione europea dei 27 Stati membri è stato del 9,6 per cento, con un tasso di disoccupazione giovanile del 20 per cento. La crisi economica e finanziaria ha avuto un impatto drammatico sul contesto sociale: oggi per i cittadini europei la principale preoccupazione è costituita dal lavoro e dalla qualità della vita. Unione europea significa innanzitutto 500 milioni di cittadini, ecco perchè l’Europa deve essere sociale. L’Europa sociale deve offrire ai cittadini europei posti di lavoro e una vita decorosa, un’istruzione di qualità elevata e una prospettiva di integrazione nel mercato del lavoro per i giovani, una vita dignitosa e servizi sanitari di qualità per i pensionati.