Daniel Hannan (ECR). – (EN) Signor Presidente, non è la prima volta in quest’Aula che mi capita di avere la sensazione di essere precipitato in una falla della continuità spaziotemporale, una sorta di deviazione o tunnel che mi ha riportato indietro nel tempo, negli anni settanta. Rieccoci di nuovo in un mondo in cui lo Stato monopolizza l’industria, le politiche dei prezzi e del reddito, le ore di lavoro limitate e le sovvenzioni alle aziende poco redditizie.
Non posso far altro che leggere ad alta voce l’elenco delle votazioni su cui ci siamo espressi oggi: sovvenzioni a SI/Mura in Slovenia, alla Heidelberger Druckmaschinen AG in Germania, all’industria automobilistica di Wielkopolskie in Polonia, al commercio al dettaglio di Aragona in Spagna, al settore tessile della Comunidad Valenciana in Spagna, alla fabbricazione di prodotti in pietra naturale nella Comunidad Valenciana in Spagna, a Lear in Spagna, e a H. Cegielski-Poznań in Polonia. Negli anni settanta parlavamo di scelta dei vincenti. Qui invece non stiamo facendo altro che scegliere perdenti. Costringiamo l’UE a sborsare fondi per aziende per le quali il libero mercato ha già decretato il fallimento.
Perché lo stiamo facendo? Perché l’UE è diventata un sistema di ridistribuzione delle ricchezze a gruppi di clienti preferenziali. Signor Presidente, sa bene quanto me che sono tutte sciocchezze. Lei è stato un leader conservatore di notevole successo in Catalogna. Comprende l’importanza della libertà dei popoli e dei mercati, e lo stesso vale anche per i nostri elettori. Le risorse si stanno esaurendo. Stiamo per arrivare al punto in cui, per usare la straordinaria metafora di George Orwell, il popolo si scrollerà di dosso il sistema come un cavallo si scrolla di dosso le mosche.
Radvilė Morkūnaitė-Mikulėnienė (PPE). – (LT) Signor Presidente, oggi il Parlamento europeo ha assunto una posizione forte votando a favore di una cooperazione più stretta tra l’Unione europea e il Caucaso meridionale. Il Caucaso meridionale e la Georgia sono regioni strategicamente importanti per l’UE. Il mio paese, la Lituania, ha sempre intrattenuto un rapporto speciale con la Georgia. L’abbiamo sostenuta nei momenti più difficili e non semplicemente a livello statale, come governo. C’è sempre stato un sostegno pubblico enorme per questo paese. Ritengo che l’intera Unione europea desideri che la Georgia entri a far parte della famiglia delle nazioni europee. Questo paese ha compiuto sforzi ingenti per far parte dell’Europa e pertanto va valutato di conseguenza. Le agevolazioni nel campo dei visti contribuiranno a garantire la mobilità delle persone, la loro cooperazione e, al contempo, i legami sia economici sia culturali. Vorrei pertanto porgere il mio più caloroso benvenuto alla Georgia e al suo popolo con la decisione adottata oggi in seno al Parlamento europeo. L’UE ha trasmesso loro un messaggio in cui afferma di attendersi che questo popolo aderisca all’Unione europea.
Jarosław Kalinowski (PPE). – (PL) Signor Presidente, non possiamo permettere che la somma enorme che investiamo nella politica di coesione vada sprecata o sperperata. Pertanto, è essenziale migliorare il modo in cui vengono gestiti i fondi, e anche assicurarsi che vengano spesi in maniera più efficace. Le autorità locali, le più consapevoli delle esigenze della loro regione, svolgono un ruolo cruciale in tal senso. Andrebbe prestata attenzione anche alle aree transfrontaliere, per facilitare la loro integrazione. Al fine di garantire una cooperazione verticale e orizzontale adeguata, occorre snellire le procedure e investire più fondi nella formazione degli specialisti all’interno degli organi preposti all’attuazione nei singoli Stati membri. Dobbiamo inoltre appoggiare la modernizzazione e la diffusione del sistema informatico, che garantirà a tutti i beneficiari un accesso semplice e paritario alle informazioni.
Mario Pirillo (S&D). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, concordo con la relatrice di procedere in direzione di una governance multilivello, per un migliore coinvolgimento delle autorità subnazionali nella definizione delle politiche di sviluppo, soprattutto nelle aree a obiettivo convergenza, interessate ad accrescere la loro capacità di adeguarsi alle aree dei paesi membri e competere sul mercato globale.
Per ottenere maggiori effetti delle politiche di sviluppo regionale occorre coinvolgere chi conosce il proprio territorio e ne può divenire attore dello sviluppo: ecco il legame tra la governance multilivello e la coesione territoriale evidenziata dalla relatrice.
Per la semplificazione delle norme, più snella è la pressione esercitata dalla burocrazia e maggiore diviene il grado di accelerazione e di qualità degli investimenti europei per lo sviluppo della regione. Una maggiore assistenza fornita alle autorità di gestione da parte della Commissione contribuirebbe a ridurre al minimo gli errori registrati nel passato nei controlli di primo livello.
Alajos Mészáros (PPE). – (HU) Signor Presidente, la controllabilità e l’efficienza della politica regionale contribuiscono alla sicurezza dello stato economico e sociale dei cittadini dell’UE. Ho votato a favore del percorso sulla sana gestione prospettato dal Parlamento perché convengo che la chiave per realizzare il progresso nei nostri paesi risieda in una cooperazione regionale più stretta. Pertanto, è opportuno esortare gli Stati membri a sfruttare meglio le forme disponibili di cooperazione attraverso i confini regionali. La governance multilivello prioritaria è esattamente lo strumento che serve per aiutare le autorità regionali e i settori pubblico e privato a trovare un punto di contatto.
L’idea formulata a proposito dell’attuazione, secondo cui anche le autorità regionali e locali devono essere coinvolte nell’elaborazione delle politiche, merita anch’essa il nostro sostegno. L’ampio numero di partecipanti coinvolti nella politica a livello comunitario, nazionale, regionale e locale, dà adito sia a opportunità, sia a incertezze. Il quadro istituito dall’UE deve garantire un equilibrio adeguato tra le due.
Hannu Takkula (ALDE). – (FI) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto ringraziare la relatrice, onorevole Mǎnescu, per il lavoro eccellente. È molto importante precisare che la politica regionale necessita di una sana gestione. A mio parere, la buona governance prende essenzialmente le mosse dai principi dell’equità e dell’imparzialità. Dobbiamo considerare l’Unione europea un’entità indivisibile e non limitarci a effettuare una cernita e a sostenere solamente determinate aree. Dobbiamo promuovere in maniera imparziale lo sviluppo nell’Europa nel suo complesso e garantire che ciò sia possibile ora e in futuro mediante gli strumenti della politica regionale.
Un’altra fonte di preoccupazione per me è il fatto che venga considerato solamente il PIL tra i criteri che determinano la politica e i finanziamenti regionali. Non è un criterio di per sé sostenibile, in quanto esamineremo anche molte regioni remote nell’UE, e per tale ragione è importante inserire anche i concetti di aree poco popolate e di lunghe distanze.
Quando parliamo di buona governance nella politica regionale comunitaria, intendiamo soprattutto una governance equa e imparziale.
Relazione Díaz de Mera García Consuegra (A7-0342/2010)
Hannu Takkula (ALDE). – (FI) Signor Presidente, la questione dell’immigrazione è molto attuale in tutta l’Unione europea. Per tale motivo, è importante istituire una rete di funzionari di collegamento. Dobbiamo anche cercare di agire in maniera tale da guardare a tali questioni con una maggiore obiettività in Europa.
Di recente sono tuttavia venuti alla luce alcuni esempi preoccupanti che denunciano il nostro fallimento sotto alcuni aspetti della politica di immigrazione. Determinate persone che sono giunte in Europa e vi si sono stabilite non si sono dimostrate pronte ad accettare i valori europei fondamentali. Ma noi, in qualità di europei, dobbiamo analogamente assicurare che tali valori chiave, su cui si fonda l’Unione europea nel suo complesso, vengano rispettati e accolti. Tra questi figurano la democrazia, i diritti umani e la libertà di opinione. Sono proprio questi i valori che dobbiamo difendere con convinzione.
Per tale motivo, oltre alla creazione di una rete di funzionari di collegamento, è anche importante stabilire codici etici e di valori a cui tale rete si ispiri al momento di elaborare una politica per l’immigrazione. È importante che gli immigrati si possano integrare e accettino i valori europei fondamentali quando risiedono nell’Unione europea.
Andrea Češková (ECR). – (CS) Signor Presidente, vorrei soffermarmi sulla votazione circa l’ordine di protezione europeo, perché personalmente considero questo strumento di importanza cruciale. Non fatico a immaginare la posizione delle donne, a cui si applicherebbe sostanzialmente quest’ordine, che adesso si trovano in situazioni in cui vengono letteralmente perseguitate, desiderano trasferirsi altrove e necessitano di protezione. Per questo motivo, temo che il testo su cui abbiamo votato non si fondi su una base giuridica affidabile. Sono tuttavia fermamente convinta che il testo si possa modificare, e ritengo che quest’idea innegabilmente eccellente verrà tradotta interamente in realtà. Ma in questo momento ho preferito astenermi dalla votazione per le suddette ragioni.
Jens Rohde (ALDE). – (EN) Signor Presidente, volevo solo precisare che la mia postazione di voto non funzionava durante la votazione sull’ordine di protezione europeo, ma mi sarei espresso a favore, perché si tratta di una questione molto importante e sarebbe stato auspicabile che il Parlamento adottasse oggi stesso l’ordine di protezione europeo.
Questa legislazione è essenziale per l’Europa. Il mutuo riconoscimento delle sentenze e delle decisioni dei giudici è fondamentale in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Per impedire che venga commesso un reato, o un nuovo reato, ai danni di una persona protetta, lo Stato di esecuzione può ora contare su una base giuridica per riconoscere una decisione precedentemente adottata in un altro paese membro.
Questa legislazione è essenziale per la prevenzione della violenza contro le donne e per le altre vittime della violenza. È un passo essenziale e importante per consentire alle vittime di risiedere o di rimanere dovunque desiderino nell’UE e di godere pertanto della libertà di circolazione.
Diane Dodds (NI). – (EN) Signor Presidente, la tratta di esseri umani è una questione molto seria. Dal 2008 nella mia circoscrizione elettorale dell’Irlanda del Nord sono state salvate 35 persone dallo sfruttamento, 25 delle quali nel 2009. Tuttavia, nessuno è mai stato condannato per il reato di tratta di esseri umani. Si tratta di una forma di schiavitù moderna, un reato grave e una violazione dei diritti umani fondamentali delle persone. Di fatto, molte delle donne vittima di traffici o salvate in Irlanda del Nord provengono dall’Estremo Oriente e arrivano qui per mano delle bande criminali organizzate, che percepiscono enormi profitti e sfruttano le persone sia per il lavoro forzato sia per la prostituzione.
Pur riconoscendo i molti aspetti validi della relazione e ritenendo che sia un’area in cui si possa realizzare una stretta cooperazione tra le forze di polizia nazionali – e di fatto le forze dell’ordine dell’Irlanda del Nord sono leader in tal senso – mi sono astenuta dalla votazione, in quanto ritengo che la fissazione di tariffe minime debba essere di competenza esclusiva dei paesi membri.
Hannu Takkula (ALDE). – (FI) Signor Presidente, oggigiorno la tratta di esseri umani rappresenta una delle problematiche più ingenti e cruciali e una delle minacce più gravi che l’Unione europea si trova a dover affrontare. Occorre riconoscere il problema e ammetterne l’esistenza, anche se spesso ci nascondiamo dietro l’illusione di averlo già risolto. Purtroppo non è così. Dobbiamo garantire che i diritti fondamentali di ogni persona diventino realtà.
L’espressione “tratta di esseri umani” è impropria, in quanto non c’è nulla di umano in questi traffici. Si tratta di un giro d’affari raccapricciante, in cui le persone vengono derubate dell’occasione unica della loro vita e della loro dignità. Le donne e i bambini sono un gruppo particolarmente a rischio. La prostituzione e il commercio degli organi sono gli esempi più eclatanti.
Vorrei esortare l’Unione europea a cominciare veramente ad agire – non solo a parlare, ma ad agire – per porre fine alla tratta di esseri umani nell’Unione europea, utilizzando questa relazione come punto di riferimento. Dobbiamo intervenire per combattere adeguatamente questo fenomeno ricorrendo alle sanzioni, in modo da garantire a ogni individuo la possibilità di preservare la propria dignità e di condurre una vita dignitosa.
Anna Záborská (PPE). – (SK) Signor Presidente, ho appoggiato la direttiva, in quanto la tratta di esseri umani è un esempio di negazione della libertà nel senso più ampio del termine.
Sono lieta che la nuova direttiva obblighi gli Stati a migliorare la legislazione al fine di combattere con efficacia questo reato, ma vorrei anche precisare che prima delle azioni penali contro i trafficanti ci dovrebbe essere una condanna a livello comunitario dello sfruttamento. In ogni forma di commercio è presente un acquirente, e in questo caso si tratta spesso di persone provenienti dai ricchi paesi democratici, potrebbero addirittura essere i nostri vicini. La relazione pone l’accento sulle vittime, ma dobbiamo fare di più, dobbiamo aprire gli occhi e osservare quello che accade attorno a noi, per impedire che le persone che non vedono una via d’uscita dalla povertà non diventino delle vittime.
Dobbiamo concentrarci sull’istruzione dei bambini e dei giovani, dobbiamo informare genitori e docenti, e dobbiamo parlarne sui media, visto che la forma più efficace di prevenzione è l’assenza di domanda.
Licia Ronzulli (PPE). - Signor Presidente, avevo chiesto la parola per una dichiarazione di voto sulla prevenzione e la repressione della tratta degli esseri umani.
Ho votato ovviamente a favore della relazione Bauer perché la lotta alla tratta degli esseri umani è e deve rimanere una nostra priorità. Questo fenomeno ha assunto proporzioni tali da potersi definire come una nuova forma di schiavitù. La parte più debole della società, la donna e i bambini, vengono portati in altri paesi e sfruttati attraverso le più infami forme di prostituzione, schiavitù e pornografia.
Questo fenomeno coinvolge ogni anno un milione di vittime in tutto il mondo, 500 000 solo in Europa. Chi approfitta di questo fenomeno compie un atto criminale, finanzia la tratta degli esseri umani e usa le persone come merce di scambio.
Come sottolineato dalla relazione, occorre realizzare azioni nei paesi da cui provengono e in cui vengono trasferite le vittime di questa tratta. La soluzione potrà essere trovata solo attraverso uno sforzo comune, svolgendo un'opera di sensibilizzazione collettiva e sostenendo e assistendo le vittime, ma soprattutto, lottando contro le cause profonde del fenomeno in modo da aiutare i paesi coinvolti a sviluppare un'adeguata legislazione per contrastare ogni forma di schiavitù.
Peter Jahr (PPE). – (DE) Signor Presidente, sono lieto che oggi in Parlamento si sia parlato non soltanto dell’accordo tra Unione europea e Georgia concernente l’agevolazione nell’emissione dei visti, ma anche dell’accordo tra Unione europea e Georgia sulla riammissione delle persone in posizione irregolare.
A tale proposito, è importante non limitarsi a trattare le cose piacevoli della vita, bensì anche le questioni serie, e auspico che, magari tra un anno, riceveremo come Parlamento una relazione intermedia sull’attuazione di questo accordo tra Unione europea e Georgia e soprattutto sul suo eventuale successo. Desidererei inoltre che la prossima volta il Parlamento europeo venisse coinvolto maggiormente nelle discussioni iniziali.
Nirj Deva (ECR). – (EN) Signor Presidente, vorrei chiarire perché io e il mio gruppo ci siamo astenuti dalla votazione sulla capacità di risposta rapida dell’UE. Negli ultimi anni, il moltiplicarsi delle catastrofi ingenti fuori dai confini dell’UE ha sollecitato molteplici esortazioni a migliorare l’efficacia della capacità di risposta ai disastri dell’Unione. Pur convenendo con molti dei punti eccellenti delineati nella relazione, non posso appoggiare la richiesta dell’istituzione di una nuova forza di protezione civile comunitaria.
Pur appoggiando coloro che auspicano dall’UE il coordinamento della propria risposta alle catastrofi umanitarie con quella della comunità più ampia degli addetti allo sviluppo, posso accogliere con favore tali sviluppi solamente quando si verificano in seno a meccanismi già esistenti, quali il meccanismo comunitario per la protezione civile. Benché sia estremamente importante che l’UE risponda efficacemente alle catastrofi umanitarie, è altrettanto essenziale che non siamo noi gli unici a intervenire.
Oltre a concentrarci sul miglioramento della risposta da parte dell’UE, dobbiamo anche privilegiare il rafforzamento della capacità dei paesi e regioni in via di sviluppo e della capacità subregionale della zona colpita, in modo da intervenire insieme come comunità internazionale. Altrimenti, ci addosseremmo il lavoro più arduo mentre gli altri stanno a guardare.
Jarosław Kalinowski (PPE). – (PL) Signor Presidente, molti cittadini comunitari non si rendono ancora conto dell’importanza della politica di coesione per lo sviluppo non soltanto delle singole regioni, ma anche dei paesi nel loro complesso. Il suo compito consiste nel creare condizioni di parità per le regioni dell’Unione europea. Di conseguenza, le popolazioni di regioni meno privilegiate con condizioni agricole difficili e un accesso scadente alle comunicazioni beneficiano dello stesso livello di accesso ai servizi sociali, di istruzione, di trasporto e di energie dei cittadini di aree dotate di condizioni sociali ed economiche migliori. L’idea di coesione è pertanto un concetto la cui portata non può essere sopravvalutata.
Dobbiamo pertanto sostenere tutte le misure tese a promuovere un impiego più oculato delle risorse stanziate dai Fondi strutturali e sfruttare il meglio il ruolo di integrazione di tale politica, tanto più che gli effetti delle misure della politica di coesione vengono percepiti soprattutto a livello locale e, pertanto, in larga misura anche nelle aree rurali. Sono queste le ragioni per cui ho votato a favore della relazione.
Miroslav Mikolášik (PPE). – (SK) Signor Presidente, vorrei intervenire sulla relazione Luhan, che è anche l’ultimo punto della discussione odierna.
La competitività e la coesione sono elementi che si complementano e sostengono a vicenda. La competitività dell’UE nel suo complesso può tuttavia essere garantita solo se la crescita economica è autenticamente sostenibile. Molti investimenti cofinanziati dai Fondi strutturali hanno dimostrato la loro validità, e a tale proposito vorrei sottolineare il miglioramento delle infrastrutture, in quanto ha contribuito ad attirare gli investimenti esteri in molte regioni, contribuendo allo sviluppo economico. Tuttavia, anche la politica di coesione ha dimostrato di essere irrinunciabile in un periodo di crisi finanziaria, in quanto è uno strumento efficace per rispondere con flessibilità alle nuove sfide socioeconomiche.
Concordo inoltre con il relatore quando afferma che la competitività economica delle regioni comunitarie è strettamente connessa al livello medio di occupazione, all’istruzione e alle qualifiche dei lavoratori, alla sicurezza sociale e all’accesso ai pubblici servizi, poiché il sostegno alla coesione sociale è d’importanza cruciale per la competitività regionale nel suo complesso, persino su scala globale.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Mi sono espresso a favore della relazione sulla mobilizzazione del Fondo di solidarietà dell’Unione europea (inondazioni sull’isola di Madeira, Portogallo, e la tempesta in Francia). Il Portogallo ha fatto domanda di assistenza da parte del Fondo di solidarietà dopo che precipitazioni insolite e anormali sull’isola di Madeira nel febbraio 2010 avevano causato frane e inondazioni, provocando gravi danni alle infrastrutture pubbliche e private, alle aziende e all’agricoltura. Le autorità portoghesi hanno stimato ufficialmente che i danni causati dalle inondazioni a Madeira sono pari a 1,08 miliardi di euro. Il contributo del Fondo di solidarietà si aggira intorno ai 31 milioni di euro. Io sono stato personalmente a Madeira e ho constatato la necessità che questo fondo sia più flessibile e generoso nel proprio sostegno, in particolare per le regioni più remote e per le isole, che sono spesso colpite dal maltempo.
Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. – (FR) Sulla base della relazione del mio stimato collega tedesco, onorevole Böge, ho votato a favore della proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio sulla mobilizzazione del Fondo di solidarietà dell’Unione europea per un ordine di 67 milioni di euro per aiutare Madeira (Portogallo), colpita dalle frane e dalle inondazioni, e per sostenere la Francia, interessata dalle inondazioni innescate dalla tempesta Xynthia nel febbraio 2010. Faccio presente che la somma rappresenta il 2,7 per cento dei danni diretti complessivi, stimati a 2,5 miliardi di euro. Si tratta naturalmente di una somma consistente di finanziamento, ma visto che rappresenta una quota relativamente minima dei danni complessivi (il 2,7 per cento), non posso fare a meno di chiedermi se non sia opportuno che l’Unione europea utilizzi questo fondo per finanziare una forza europea di protezione civile che potrebbe prestare immediatamente soccorso alle vittime dei disastri e gestire situazioni estremamente gravi che esulano dalle capacità delle forze nazionali. Tale forza non sarebbe eccessivamente costosa, in quanto inizialmente si occuperebbe di coordinare le forze nazionali esistenti di protezione civile. Inoltre, potrebbe anche essere impiegata per le missioni all’estero (ad esempio Haiti).
Regina Bastos (PPE), per iscritto. – (PT) Accolgo con favore l’adozione della relazione che conferisce al Portogallo 31 255 790 euro del Fondo di solidarietà dell’Unione europea in seguito alle inondazioni che hanno colpito Madeira lo scorso febbraio. Le piogge torrenziali che sono cadute sull’isola di Madeira hanno causato il caos e danni materiali estremi, con frane, crollo di ponti, autostrade chiuse, abitazioni e automobili travolte dalle acque.
Il bilancio del disastro che ha colpito Madeira è stato di quarantadue vittime e 13 dispersi. Oggi il Parlamento europeo riunito a Strasburgo ha assistito a una dimostrazione autentica di solidarietà europea, uno dei valori più importanti del progetto europeo e che merita di essere posto in primo piano.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione perché concordo sul fatto che, nel quadro del bilancio generale dell’Unione europea per l’esercizio finanziario 2010, andrebbe mobilitato il Fondo di solidarietà dell’Unione europea per erogare la somma di 66 891 540 euro in stanziamenti di impegno e di pagamento, per rispondere alla domanda presentata dal Portogallo di intervenire in risposta a una catastrofe causata dalle frane e dalle inondazioni che hanno colpito l’isola di Madeira e anche alla domanda della Francia riguardo al disastro causato dalla tempesta Xynthia.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) Sono naturalmente favorevole alla mobilizzazione del Fondo di solidarietà per aiutare le vittime della tragedia che si è abbattuta su Madeira in seguito a precipitazioni anomale. Mi congratulo col mio collega, onorevole Teixeira, per gli sforzi competenti e incessanti da lui compiuti per sensibilizzare le istituzioni europee e stabilire una base per il necessario sostegno. Ribadisco la mia ferma convinzione che le procedure vadano semplificate per mobilizzare più rapidamente il Fondo di solidarietà in futuro. Gli aiuti per le emergenze che giungono sul posto troppo tardi intaccano l’immagine di efficienza dell’Unione e compromettono il sentimento di solidarietà europea.
Mário David (PPE), per iscritto. – (PT) Il Portogallo ha fatto domanda di assistenza da parte del Fondo di solidarietà dopo che precipitazioni insolite e anormali sull’isola di Madeira nel febbraio 2010 avevano causato frane e inondazioni, provocando gravi danni alle infrastrutture pubbliche e private, alle aziende e all’agricoltura. Le autorità portoghesi, unitamente al governo regionale di Madeira, hanno stimato i danni diretti complessivi a 1,08 miliardi di euro, equivalenti allo 0,68 per cento del reddito nazionale lordo portoghese. Le inondazioni hanno causato danni considerevoli a molte abitazioni, fattorie, strade e condutture idriche. Gli aiuti finanziari sbloccati attraverso il fondo consentiranno alle autorità portoghesi, e in particolare al governo regionale di Madeira, di recuperare parte delle spese da loro sostenute per rispondere all’emergenza. Ho votato complessivamente a favore della relazione per un senso di responsabilità e un impegno ad evitare eccessivi ritardi nella mobilizzazione di aiuti finanziari per le regioni del Portogallo e della Francia che sono state colpite da catastrofi naturali.
Marielle De Sarnez (ALDE), per iscritto. – (FR) Dieci mesi dopo che la tempesta Xynthia ha colpito la costa francese, provocando 53 vittime, 80 feriti e danni materiali ingenti, il Parlamento ha adottato un emendamento al bilancio per mobilizzare il Fondo europeo di solidarietà per un totale di 35,6 milioni di euro. A parte il processo di ricostruzione, quante altre tragedie dovranno ancora verificarsi prima che si giunga finalmente ad adottare un approccio comunitario alla prevenzione dei disastri naturali? Le catastrofi naturali e quelle di matrice umana stanno diventando sempre più frequenti, per questo dobbiamo garantire una migliore efficacia e un più stretto coordinamento delle misure nazionali, nonché una maggiore flessibilità delle misure europee. Vorrei anche precisare che dal 2006 abbiamo sul tavolo una relazione dell’onorevole Barnier sull’istituzione di una forza di reazione rapida per rispondere alle catastrofi naturali: che cosa ci impedisce di adottarla? Cosa ci impedisce di usarla?
Christine De Veyrac (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione, il che significa che per far fronte ai danni causati dalle ingenti inondazioni che hanno colpito il Portogallo e dalla tempesta Xynthia del 2010 è ora possibile mobilitare il Fondo di solidarietà europeo, a dimostrazione dei forti legami che sussistono tra gli Stati membri dell’Unione e dell’importanza del prestare soccorso alle regioni colpite dai disastri naturali. Sono lieta che siano stati erogati più di 35 milioni di euro del Fondo di solidarietà per riparare ai danni ingenti causati da Xynthia in alcune aree costiere, tra cui Charente-Maritime, Vendée e la Côtes-d’Armor.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La Commissione propone di mobilitare il Fondo di solidarietà per erogare una somma complessiva di 66 891 540 euro a favore del Portogallo e della Francia: 31 255 790 euro per il Portogallo e 35 635 750 per la Francia. Il Portogallo ha fatto domanda di assistenza in seguito a una tempesta che si è abbattuta su Madeira nel febbraio 2010, che ha causato danni gravi alle infrastrutture pubbliche e private, alle imprese e alle aziende agricole. La Francia, da parte sua, ha richiesto assistenza al Fondo di solidarietà in seguito alla tempesta Xynthia che, sempre nello stesso mese, ha colpito gran parte del paese, mietendo 53 vittime, causando 80 feriti e provocando danni considerevoli a chiuse e dighe, a infrastrutture pubbliche e private, alla rete stradale e ferroviaria, alle aziende agricole e alle imprese.
Pur essendo pienamente favorevole a tale mobilizzazione, non da ultimo per la sua importanza per la regione autonoma di Madeira, mi vedo costretto a esprimere la mia delusione per il fatto che gli aiuti vengono messi a disposizione soltanto a dicembre, 10 mesi dopo che tale catastrofe ha colpito la costa francese e l’isola di Madeira. Dobbiamo urgentemente individuare metodi più rapidi per far funzionare la procedura del Fondo di solidarietà e dobbiamo impegnarci in tal senso.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Abbiamo naturalmente votato a favore della relazione, che propone la mobilizzazione del Fondo di solidarietà per porre rimedio agli enormi danni verificatisi sull’isola di Madeira in seguito alla tempesta che ha colpito la regione nel febbraio 2010. Vorremmo ciononostante ribadire alcune osservazioni.
In base al regolamento che disciplina il Fondo di solidarietà, “in occasione di gravi catastrofi, la Comunità dovrebbe dimostrare la propria solidarietà alla popolazione delle regioni colpite apportando un sostegno finanziario per contribuire a ripristinare rapidamente condizioni di vita normale in tutte le regioni sinistrate”. Il regolamento sancisce inoltre che tale strumento dovrebbe consentire alla Comunità “di intervenire in maniera urgente ed efficace al fine di contribuire, nel minor tempo possibile, a mobilitare i servizi di soccorso destinati a soddisfare le necessità immediate della popolazione e a ricostruire a breve termine le principali infrastrutture distrutte”.
Tuttavia, le norme e procedure coinvolte nella mobilizzazione del fondo hanno già dimostrato che tale principio dell’aiuto tempestivo delle popolazioni colpite non viene osservato nella prassi. In questo caso, l’Assemblea sta votando per mobilizzare il fondo a ben 10 mesi di distanza dal disastro. Per questo abbiamo sostenuto – e continuiamo a farlo anche adesso – che occorre rivedere le norme di mobilizzazione del fondo per consentire uno sblocco delle risorse più flessibile e tempestivo e per accorciare il tempo che intercorre tra il disastro e la messa a disposizione dei fondi.
Estelle Grelier (S&D), per iscritto. – (FR) A mio parere, il Fondo di solidarietà dell’UE, al pari del Fondo di adeguamento alla globalizzazione, rappresenta uno degli strumenti di bilancio che conferiscono maggiore concretezza al valore della “solidarietà” che noi del gruppo dell’Alleanza Progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo ci impegniamo a promuovere contestualmente alla redazione delle politiche comunitarie. Il 27 e 28 febbraio 2010, la tempesta Xynthia ha ucciso 53 persone e ne ha ferite circa 80 a Vendée e Charente-Maritime. È stata un’esperienza veramente traumatica per la regione e la nazione, e il suo impatto psicologico ed economico si fa ancora sentire a 10 mesi di distanza. A partire dalla sessione plenaria di marzo 2010, il Parlamento si è mosso e ha adottato ad ampia maggioranza una risoluzione che chiedeva che il fondo venisse impiegato per fornire assistenza alle vittime.
La votazione odierna, che ha confermato la mobilizzazione di 35,6 milioni di euro per queste voci, oltre a 31,2 milioni per il Portogallo, che a Madeira è stato colpito dalle inondazioni causate da questa tempesta, è un esempio di questo desiderio condiviso di dare prova di solidarietà autentica tra i cittadini europei. È questa l’Europa che desideriamo costruire, un’Europa vicina ai cittadini, attenta alle problematiche che li affliggono, e capace di gestirle collettivamente.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore della mobilitazione del Fondo europeo di solidarietà. Ritengo, infatti, che esso sia uno strumento prezioso, che consente all'Unione europea di dimostrare la propria solidarietà alle popolazioni delle regioni colpite da catastrofi naturali, apportando un sostegno finanziario per contribuire a ripristinare rapidamente condizioni di vita normale. La votazione odierna riguardava due richieste di intervento. La prima presentata dal Portogallo, in seguito alle precipitazioni anomale sull'isola di Madeira che hanno causato frane e gravi inondazioni, provocando danni alle infrastrutture pubbliche e private, alle aziende e all'agricoltura.
La seconda richiesta di mobilitazione è stata presentata dalla Francia, per la tempesta Xynthia, che ha provocato la morte di 53 persone, ha inondato vaste aree, comprese le zone residenziali, e causato danni gravi a dighe e sbarramenti, a infrastrutture pubbliche e private, alla rete stradale e ferroviaria, all'agricoltura e alle aziende. Aggiungo, infine, che il Fondo è stato mobilitato per 31 255 790 euro per l'alluvione di Madeira e per 35 635 750 euro per la tempesta Xynthia, per un importo totale complessivo pari a 66 891 540 euro.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore la relazione che eroga 31 milioni di euro al Portogallo e 35 milioni di euro alla Francia dal Fondo di solidarietà dell’UE. Si tratta di un gesto di aiuto importante dopo le inondazioni e le frane di febbraio in Portogallo e la devastazione causata dalla tempesta Xynthia sulla costa atlantica della Francia.
Véronique Mathieu (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della mobilizzazione del Fondo di solidarietà dell’Unione europea a favore delle aree colpite dalle inondazioni in Portogallo e delle regioni francesi interessate dalla tempesta Xynthia nel febbraio 2010. Le regioni costiere dell’Atlantico sono state le più colpite, con l’inondazione di superfici estese, tra cui diverse aree residenziali, con danni gravi di natura umana e materiale. La votazione di oggi risponde alla richiesta avanzata dalle autorità francesi per il conferimento a queste regioni di aiuti finanziari europei, tra le altre cose, per una “catastrofe straordinaria, principalmente di origine naturale, che abbia colpito la maggior parte della popolazione, con profonde e durevoli ripercussioni sulle condizioni di vita dei cittadini e sulla stabilità economica della regione stessa”. Degli stimati 1 425,43 milioni di euro di danni diretti causati dalla catastrofe, alla Francia verranno riconosciuti 35 635,750 euro. La mobilizzazione del Fondo di solidarietà è l’espressione concreta di un’Europa che è vicina ai suoi cittadini, che è quello che gli stessi si attendono. Le istituzioni europee devono impegnarsi più a fondo per garantire procedure e un’operatività più rapida, giustificate dall’urgenza e dall’entità dei fenomeni naturali.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Gli aiuti che l’Unione europea ha intenzione di stanziare per Portogallo e Francia in seguito alle tempeste del febbraio del 2010 sono una buona notizia. Tuttavia, è deplorevole che l’UE non intervenga per aiutare i cittadini devastati dalle conseguenze del cambiamento climatico con la stessa sollecitudine dimostrata per il salvataggio delle banche.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) L’Unione europea è uno spazio di solidarietà, e il Fondo europeo di solidarietà ne è parte integrante. Il sostegno del fondo è cruciale per aiutare le aree colpite dalle catastrofi naturali, quali le inondazioni di Madeira (Portogallo) e la tempesta Xynthia in Francia. Dopo aver verificato che entrambe le domande soddisfano i criteri di ammissibilità del regolamento (CE) N. 2012/2002, la Commissione ha proposto di mobilizzare il Fondo di solidarietà per un importo di 31 255 790 euro per il Portogallo (inondazioni di Madeira) e di 35 635 750 euro per la Francia (tempesta Xynthia), per una somma complessiva di 66 891 540 euro che verrà dedotta dal tetto di 1 miliardo di euro in stanziamenti di impegno e di pagamento. Vorrei tuttavia porre l’accento sul ritardo nella mobilizzazione di questo tipo di assistenza. La procedura deve diventare meno burocratica e più snella per rispondere tempestivamente alle catastrofi future.
Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. – (ES) Pur essendomi espresso a favore di questa proposta di aiuto, ritengo che sia una misura analgesica e palliativa per le conseguenze del modello capitalistico, e che non rappresenti alcun progresso nella lotta contro le cause originarie della crisi. Concordo con la mobilizzazione delle risorse del Fondo europeo per l’adeguamento alla globalizzazione (FEG) per i cittadini che hanno perso il lavoro a causa dei cambiamenti strutturali intervenuti nei modelli commerciali o come conseguenza diretta dell’attuale crisi economica e finanziaria. Ritengo che la somma pari a oltre 250 milioni di euro che è stata richiesta come assistenza e aiuto aggiuntivo per gli oltre 600 dipendenti olandesi del settore della vendita al dettaglio che sono stati licenziati possa aiutarci a conseguire l’obiettivo ultimo di agevolare la reintegrazione di questi lavoratori nel mercato del lavoro. Ho votato a favore anche perché sono convinto del carattere complementare di tali aiuti rispetto ai sussidi di licenziamento messi a disposizione da tutta la legislazione nazionale e dai contratti collettivi. Pertanto, la mobilizzazione di fondi del FEG non può in ogni caso sostituire le responsabilità legali dei governi e delle imprese nei confronti di chi ha perso il lavoro, né consentire che le stesse vengano eluse.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (LV) In siffatte circostanze l’assistenza è d’obbligo, per far sentire tutti gli Stati membri dell’UE parte di una famiglia unita. Sarebbe molto meno dispendioso stanziare i fondi dell’Unione europea a favore di progetti in grado di alleviare le conseguenze delle catastrofi naturali. Ad esempio, la costruzione di dighe e di strutture protettive, e gli investimenti nell’informazione pubblica e nelle misure di allerta. Sarebbe inoltre utile, a mio avviso, mettere a punto norme edilizie per le regioni ad alto rischio. Se l’Unione europea si limita a erogare fondi e non si impegna per la prevenzione delle catastrofi naturali, le conseguenze future potrebbero rivelarsi ancor più disastrose.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Il Portogallo ha fatto domanda di assistenza da parte del Fondo di solidarietà dopo che precipitazioni insolite e anormali sull’isola di Madeira nel febbraio 2010 avevano causato frane e inondazioni, provocando gravi danni alle infrastrutture pubbliche e private, alle aziende e all’agricoltura. Le autorità portoghesi hanno stimato i danni diretti complessivi a 1,08 miliardi di euro. La Francia ha richiesto l’assistenza del Fondo di solidarietà dopo che nel febbraio 2010 una superficie estesa del territorio francese è stata colpita dalla tempesta Xynthia, che ha devastato soprattutto la zona della costa atlantica, in particolare Charente-Maritime e Vendée. La tempesta ha mietuto 53 vittime e provocato quasi 80 feriti. Per la zona sinistrata, le autorità francesi hanno stimato che il costo totale dei danni diretti causati dal disastro sia di 1 425,43 milioni di euro.
Dopo aver verificato che entrambe le domande soddisfano i criteri di ammissibilità del regolamento (CE) N. 2012/2002, la Commissione ha proposto di mobilizzare il Fondo di solidarietà per un importo di 31 255 790 euro per il Portogallo (inondazioni di Madeira) e di 35 635 750 euro per la Francia (tempesta Xynthia), per una somma complessiva di 66 891 540 euro. Poiché sono state soddisfatte tutte le condizioni per ottenere l’erogazione degli aiuti, ho votato a favore della relazione per dare prova di solidarietà alle vittime dei paesi colpiti.
Elisabeth Morin-Chartier (PPE), per iscritto. – (FR) Mi sono espressa favorevolmente nella votazione del Parlamento europeo, che oggi, giovedì 14 dicembre, ha approvato lo sblocco di 35,6 milioni di euro a favore della Francia, la cui costa atlantica è stata parzialmente devastata dalla tempesta Xynthia dello scorso febbraio. Tali fondi verranno utilizzati per finanziare il ripristino delle infrastrutture danneggiate dal disastro. Quale europarlamentare per le regioni più gravemente sinistrate, accolgo con favore lo stanziamento di questi fondi per porre rimedio ai danni provocati dalla tempesta: sono un vero sollievo per tutte le regioni francesi interessate. la mobilizzazione dimostra che la solidarietà non è una parola vuota per l’Unione europea.
Per concludere, mi preme precisare che la tempesta Xynthia del febbraio 2010 si è abbattuta su una superficie molto vasta del territorio francese, e le aree più colpite sono state Charente-Maritime e Vendée, con 53 morti e 80 feriti. La stima dei danni materiali si aggira attorno ai 1 425,43 milioni di euro. Per riparare ai danni, è stata sbloccata una somma complessiva di 35,6 milioni di euro del Fondo di solidarietà dell’Unione europea.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. – (DE) Stando alla relazione Böge, sono stati messi a disposizione 66,9 milioni di euro per fronteggiare le conseguenze delle gravi catastrofi naturali che hanno colpito Francia e Portogallo. Ho quindi votato a favore della relazione.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione perché sono d’accordo col fatto che, nel quadro del bilancio generale dell’Unione europea per l’esercizio finanziario 2010, venga mobilizzato il Fondo europeo di solidarietà per erogare la somma di 66 891 540 euro in stanziamenti di impegno e pagamento per rispondere alle domande presentate da:
- Portogallo per mobilizzare il fondo in risposta al disastro causato da frane e inondazioni sull’isola di Madeira, e
- Francia per mobilizzare il fondo in risposta alla catastrofe scatenata dalla tempesta Xynthia.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Accolgo con favore l’adozione di questa relazione che prevede l’assegnazione di 31 255 790 euro al Portogallo per fronteggiare i danni ingenti causati dal disastro che ha colpito l’isola di Madeira nel febbraio 2010. A tale proposito, vorrei sottolineare l’impegno notevole dimostrato dalla delegazione portoghese del Partido Social Democrata, e in particolare il lavoro svolto dall’onorevole Teixeira, decisivo per l’ottenimento del risultato.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) La Commissione propone di mobilizzare il Fondo europeo di solidarietà a favore di Portogallo e Francia ai sensi dell’articolo 26 dell’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria (AII). L’AII consente la mobilizzazione del Fondo di solidarietà per un importo massimo annuale di 1 miliardo di euro. Finora nel 2010 è stata presentata alla Commissione solamente una proposta di mobilizzazione del Fondo, una proposta del 24 settembre 2010 per mobilizzare 13,02 milioni di euro in seguito alle gravi inondazioni che hanno colpito l’Irlanda nel novembre 2009 (COM(2010)0534). Tale proposta e il progetto di bilancio rettificativo corrispondente (DAB No 8/2010) sono ancora in via di adozione da parte dei due organi dell’autorità di bilancio. Parallelamente alla proposta di mobilizzare il Fondo di solidarietà a favore di Portogallo e Francia, la Commissione ha presentato un progetto di bilancio rettificativo (DAB No 9/2010 del 13 ottobre 2010) per inserire gli stanziamenti di impegno e pagamento corrispondenti nel bilancio 2010, come previsto dall’articolo 26 dell’AII.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) Il Fondo di solidarietà è stato istituito allo scopo di dimostrare la solidarietà dell’Unione europea nei confronti delle popolazioni delle regioni colpite da catastrofi naturali. Nel febbraio di quest’anno la regione di Madeira, da cui provengo, è stata colpita da una catastrofe causata da frane e inondazioni. In seguito alla tragedia, il Portogallo ha presentato una domanda di mobilizzazione del Fondo di solidarietà per fronteggiare i danni, in particolare il ripristino delle infrastrutture e la ricostruzione delle aree sinistrate.
Anche le autorità francesi hanno presentato una domanda di mobilizzazione del fondo in seguito alla tempesta Xynthia. I danni complessivi causati da entrambe le catastrofi sono stati stimati a 66 891 540 euro, e questa somma verrà mobilizzata a breve, non appena verrà modificato il bilancio rettificativo, procedura necessaria per sbloccare tali fondi. Gli effetti del disastro di febbraio non hanno tardato a farsi sentire, vale a dire danni estesi e gravi a infrastrutture pubbliche e private, alle imprese e alle colture. Tuttavia, malgrado la gravità delle conseguenze della tragedia che ha devastato la regione, gli aiuti europei non sono stati erogati con tempestività. Sono già trascorsi dieci mesi. Poiché constato la necessità di rendere meno lenta la procedura, voto a favore della mobilizzazione del fondo per le regioni colpite e auspico che i fondi vengano sbloccati quanto prima.
Bernadette Vergnaud (S&D), per iscritto. – (FR) L’adozione nella plenaria di oggi di un emendamento al bilancio per mobilizzare il Fondo europeo di solidarietà per un ordine di 35,6 milioni di euro sulla scorta di una proposta della Commissione è una buona notizia. La misura risponde alla richiesta avanzata dal governo francese in seguito alla tempesta Xynthia, che ha colpito la costa francese il 27 e 28 febbraio 2010, causando 53 vittime e 80 feriti a Vendée e Charente-Maritime. La procedura è indubbiamente lunga e passibile di miglioramento, ma mi fa piacere che l’Europa stia dando prova di solidarietà, alla luce della tragedia che si è abbattuta sulle vittime. Avevo scritto al Commissario Hahn di appoggiare la richiesta di aiuti del governo francese, e lui ha onorato l’impegno assunto nei miei confronti durante la sua visita a La Rochelle all’inizio di marzo. Il fondo non si esaurisce nell’assistenza finanziaria, pur indispensabile; simboleggia i valori comuni condivisi dal nostro continente.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Alla luce del parere della commissione per lo sviluppo regionale e della proposta di ridurre gli stanziamenti di pagamento della linea “Progetti energetici per sostenere la ripresa economica – Sistema europeo di reti eoliche in mare” per aiutare i paesi (Portogallo e Francia) colpiti da catastrofi naturali di ingente entità attraverso il Fondo di solidarietà, e tenuto inoltre conto del fatto che tale decisione stabilisce i criteri di base per l’operatività del Fondo di solidarietà, esprimo il mio consenso alla relazione.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Ricordiamo tutti la tempesta Xynthia, che quasi un anno fa si è abbattuta sulla costa di Vendée. Da allora si è dovuto procedere alla ricostruzione dei luoghi travolti dalle acque. Il Fondo di solidarietà dell’UE è lo strumento ideale per sostenere gli sforzi locali. Votando a favore di questo testo, ho contribuito a sbloccare 35 635 750 euro, stanziati non per risarcire i danni subiti dai cittadini, bensì per il ripristino delle infrastrutture. Istituito in seguito alle inondazioni che nel 2002 si erano abbattute su Germania, Austria, Repubblica ceca e Francia, il Fondo di solidarietà serve ad assistere le regioni europee colpite da catastrofi imprevedibili. Il testo provvede inoltre a stanziare una somma analoga alle aree colpite dalle recenti inondazioni in Portogallo.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) Sono naturalmente favorevole alla mobilizzazione del Fondo di solidarietà per aiutare le vittime della tragedia che si è abbattuta su Madeira in seguito a precipitazioni anormali. Mi congratulo col mio collega, onorevole Teixeira, per gli sforzi competenti e incessanti da lui compiuti per sensibilizzare le istituzioni europee e stabilire una base per il necessario sostegno. Ribadisco la mia ferma convinzione che le procedure vadano semplificate per mobilizzare più rapidamente il Fondo di solidarietà in futuro. Gli aiuti per le emergenze che giungono sul posto troppo tardi intaccano l’immagine di efficienza dell’Unione e compromettono il sentimento di solidarietà europea.
Mário David (PPE), per iscritto. – (PT) Il progetto di bilancio rettificativo 9/2010 ha come unica finalità l’iscrizione formale dell’adeguamento di bilancio derivante dalla mobilizzazione del Fondo di solidarietà dell’Unione europea nel bilancio 2010. Ho già votato a favore di un progetto di relazione parallelo che raccomandava l’approvazione di tale mobilizzazione del Fondo di solidarietà per Portogallo (inondazioni di Madeira) e Francia (tempesta Xynthia), pertanto è per lo stesso senso di responsabilità che mi voglio esprimere a favore della relazione sul bilancio rettificativo per mobilizzare 31 255 790 euro per il Portogallo e 35 635 750 per la Francia, per un totale di 66 891 540 che verranno dedotti dal tetto massimo del fondo.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Malgrado l’importanza dei progetti di investimento per l’infrastruttura energetica, e soprattutto per l’energia eolica, voto a favore della riduzione delle dotazioni di pagamento dalla rubrica di bilancio 06 04 14 03, cosicché i fondi possano essere riassegnati agli stanziamenti di pagamento di 66 891 540 euro (rubrica 13 06 01) necessari per coprire la mobilizzazione del Fondo di solidarietà dell’UE.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Contestualmente alla votazione su questo progetto di bilancio rettificativo, che autorizzerà la mobilizzazione del Fondo di solidarietà a favore della popolazione di Madeira e delle regioni francesi colpite dalla tempesta Xynthia – che abbiamo naturalmente appoggiato – è importante porre l’accento su alcuni punti, oltre al ritardo nella mobilizzazione del fondo che abbiamo già citato in precedenza.
La Commissione ritiene che siano stati soddisfatti i criteri di ammissibilità per la mobilizzazione e soprattutto, nel caso di Madeira, quelli relativi alla soglia dei danni. Va tuttavia rilevato che gli aiuti dell’Unione che sono stati testé stanziati coprono solamente il 2,89 per cento dei danni complessivi causati dal disastro. Madeira è una regione ultraperiferica, ed è pertanto soggetta ai vincoli del caso. Inoltre, è impegnata a perseguire gli obiettivi di convergenza (malgrado i cambiamenti deleteri intervenuti in questo campo dall’ultimo allargamento). Si dovrebbe pertanto tener conto di tali caratteristiche peculiari e aumentare il sostegno alla regione, o attraverso il fondo oppure con altre misure.
Di conseguenza, durante la discussione sulle norme del fondo, abbiamo proposto di valutare l’idea di incrementare l’assistenza finanziaria ai paesi di coesione e alle regioni di convergenza introducendo una dimensione imprescindibile di convergenza nella questione dell’assistenza per i danni causati dalle catastrofi naturali. In tal modo ridurremmo anche le disparità tra le varie regioni e Stati membri dell’Unione europea.
Nathalie Griesbeck (ALDE), per iscritto. – (FR) In un periodo in cui in Europa assistiamo al moltiplicarsi delle catastrofi naturali, l’Unione europea deve essere in grado di erogare aiuti appropriati ai propri Stati membri quando uno di essi viene colpito da un disastro di questa entità. Di conseguenza, in seguito alla tempesta Xynthia, che nel mese di marzo ha colpito le aree costiere di Charente-Maritime e Vendée, e alle inondazioni che hanno sommerso l’isola di Madeira in Portogallo lo scorso febbraio, mi è sembrato naturale approvare la mobilizzazione del Fondo europeo di solidarietà per compensare i danni causati da tali disastri. A mio avviso, il voto testimonia la solidarietà che esiste tra le nazioni europee e che dovrebbe peraltro esistere anche in molte altre aree.
Jarosław Kalinowski (PPE), per iscritto. – (PL) In presenza di una catastrofe naturale – e disastri del genere sono in costante ascesa – è d’obbligo che Unione europea eroghi aiuti agli Stati membri e alle regioni che si devono confrontare con gli effetti durevoli di tali tragedie. Il Fondo di solidarietà dell’UE è stato istituito proprio con questa finalità.
Il fondo consente di erogare assistenza finanziaria alle vittime delle aree colpite da “catastrofi naturali di grande entità”, quali l’isola portoghese di Madeira che è stata distrutta dalle inondazioni, o le regioni francesi devastate dalla tempesta Xynthia. Il ricordo delle inondazioni che quest’anno hanno colpito la Polonia e altre regioni europee è ancora fresco, e per questo ho approvato la proposta di concedere aiuti ai paesi sinistrati, in solidarietà con le migliaia di cittadini delle regioni colpite da tali cataclismi devastanti.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione che autorizza lo storno di 66 milioni di euro dal sistema europeo di reti eoliche in mare al Fondo di solidarietà comunitario per aiutare le vittime delle inondazioni in Portogallo e delle tempeste in Francia.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Il progetto rettificativo di bilancio è sensato se si considera la finalità dei fondi mobilizzati attraverso il Fondo di solidarietà per fronteggiare gli effetti delle frane e delle ingenti inondazioni che si sono verificate sull’isola portoghese di Madeira, nonché le ripercussioni della tempesta Xynthia in Francia. Dopo aver verificato che entrambe le domande soddisfano i criteri di ammissibilità del regolamento (CE) N. 2012/2002, la Commissione ha proposto di mobilizzare il Fondo di solidarietà per un importo di 31 255 790 euro per il Portogallo (inondazioni di Madeira) e di 35 635 750 euro per la Francia (tempesta Xynthia), per una somma complessiva di 66 891 540 euro che verrà dedotta dal tetto di 1 miliardo di euro in stanziamenti di impegno e di pagamento. Vorrei tuttavia porre l’accento sul ritardo nella mobilizzazione di questo tipo di assistenza. La procedura deve diventare meno burocratica e più snella per rispondere tempestivamente alle catastrofi future.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Un incremento del bilancio in un periodo di crisi finanziaria ed economica dovrebbe essere respinto, in linea di principio. In questo caso si tratta tuttavia di un adeguamento per i danni causati in Francia e Portogallo dalla tempesta Xynthia. Gli aiuti e l’assistenza reciproca in caso di catastrofi naturali sono un segnale autentico di solidarietà europea attiva, e vanno pertanto accolti con favore e sostenuti. Per tale ragione, mi sono espresso a favore della relazione.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. – (DE) In base alla relazione, occorre accertarsi che i fondi erogati a Portogallo e Francia vengano impiegati per ricostruire le infrastrutture in entrambi in paesi e che vengano utilizzati quale “strumento di rifinanziamento”. Mi sono pertanto espresso a favore del documento. Le popolazioni colpite vanno aiutate e vanno migliorate le loro condizioni di vita e la stabilità economica della regione.
Wojciech Michał Olejniczak (S&D), per iscritto. – (PL) Appoggio incondizionatamente la mobilizzazione del Fondo di solidarietà UE in risposta alle catastrofi naturali di Francia e Portogallo. Considero il Fondo di solidarietà uno degli strumenti più importanti per costruire l’identità europea e un senso di comunità tra i cittadini comunitari. Nel 2010 la Polonia è stato uno dei paesi a beneficiare di tale fondo, e i media hanno risposto positivamente all’iniziativa. Vorrei sottolineare la necessità di sensibilizzare il pubblico sul Fondo di solidarietà e sugli effetti del suo impiego.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione perché sono d’accordo col fatto che, nel quadro del bilancio generale dell’Unione europea per l’esercizio finanziario 2010, venga mobilizzato il Fondo europeo di solidarietà per erogare la somma di 66 891 540 euro in stanziamenti di impegno e pagamento per rispondere alle domande presentate da:
- Portogallo per mobilizzare il fondo in risposta al disastro causato da frane e inondazioni sull’isola di Madeira, e
- Francia per mobilizzare il fondo in risposta alla catastrofe scatenata dalla tempesta Xynthia.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Accolgo con favore questa proposta di bilancio rettificativo che autorizza la mobilizzazione del Fondo di solidarietà dell’Unione europea per stanziare un totale di 66 891 540 euro in dotazioni di impegno e di pagamento, 31 255 790 dei quali servono a soddisfare la richiesta di assistenza avanzata dal Portogallo in seguito ai danni considerevoli causati dalla tempesta che ha colpito la regione autonoma di Madeira nel febbraio del 2010.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Ai sensi dell’articolo 37, paragrafo 1 del regolamento finanziario, la Commissione può presentare progetti di bilancio rettificativo in presenza di “circostanze inevitabili, eccezionali o impreviste”. Su questo aspetto, e per quanto riguarda la mobilizzazione del Fondo di solidarietà dell’UE, la Commissione propone di mobilizzare il Fondo di solidarietà dell’Unione europea a favore di Portogallo e Francia sulla base del punto 26 dell’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria (AII). L’AII consente la mobilizzazione del Fondo di solidarietà per un importo massimo annuale di 1 miliardo di euro. I requisiti di ammissibilità del fondo sono elencati sia nell’accordo sia nel regolamento del Consiglio 2012/2002 che istituisce il Fondo di solidarietà. È importante tener presente che la finalità del fondo non consiste nel risarcimento dei danni privati, bensì nel ripristino delle infrastrutture; si tratta di uno strumento di rifinanziamento. Finora nel 2010 è stata presentata alla Commissione solamente una proposta di mobilizzazione del Fondo, una proposta del 24 settembre 2010 per mobilizzare 13,02 milioni di euro in seguito alle gravi inondazioni che hanno colpito l’Irlanda nel novembre 2009 (COM(2010)0534).
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) Lo scopo di questo documento del Parlamento europeo è l’approvazione della posizione del Consiglio sul progetto di bilancio rettificativo 9/2010, allo scopo di attuare le modifiche necessarie alla mobilizzazione del Fondo di solidarietà. Le catastrofi verificatesi a Madeira e in Francia sono state considerate rispettivamente dalla Commissione “catastrofe naturale di grande entità” e “catastrofe regionale straordinaria”, ed entrambe le domande inoltrate dalle autorità nazionali per la mobilizzazione del fondo sono state accettate.
In base al regolamento finanziario, la Commissione può presentare progetti di bilancio rettificativi “in presenza di circostanze inevitabili, eccezionali o impreviste”. In questo caso, la Commissione ha proposto di mobilizzare il Fondo di solidarietà per erogare 31 255 790 euro al Portogallo e 35 635 750 alla Francia, per un totale di 66 891 540 euro. Oggi, nello spirito di solidarietà europeo, approviamo la riassegnazione di questa somma in dotazioni di pagamento dalla rubrica di bilancio 06 04 14 03, “Progetti energetici per sostenere la ripresa economica – Sistema europeo di reti eoliche in mare”, per ripristinare le infrastrutture e ricostruire le aree colpite dai disastri.
Accolgo con favore la misura, pur deplorando la lentezza della procedura di mobilizzazione del fondo, alla luce della tragedia che ha devastato la regione da cui provengo, la regione autonoma di Madeira.
Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. – (FR) Sulla base della relazione della mia eccellente collega italiana, onorevole Matera, ho votato a favore della proposta di decisione sulla mobilizzazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per l’importo di 2,2 milioni di euro in aiuti per la Slovenia, colpita da un’ondata di esuberi nel settore tessile. Lo stabilimento in questione è quello di Mura, European Fashion Design, che ha licenziato 2 554 lavoratori. Trovo strano che 583, o il 22,8 per cento, dei 2 554 lavoratori totali in esubero avessero da tempo problemi di salute o disabilità. Non sono certo che soddisfino i requisiti del FEG. Va rilevato che 1 114 dei 2 554 lavoratori licenziati “non ha finito la scuola elementare”. È legittimo dubitare del livello di istruzione degli assunti e della loro idoneità rispetto agli standard industriali attuali. Dubito dell’indipendenza dei funzionari pubblici del ministero sloveno del Lavoro, famiglia e affari sociali, che devono assumere il ruolo di autorità di certificazione per il controllo di questa spesa.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR) Analogamente alle proposte da lei presentate nell’ultima sessione plenaria, le risoluzioni dell’onorevole Matera a favore della mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione in sei casi specifici sono totalmente giustificate. Il fondo fornirà assistenza ai dipendenti colpiti dagli effetti deleteri della globalizzazione in Slovenia, Germania, Polonia e Spagna. Ho sempre ritenuto che il ricorso a tale fondo fosse efficace, in quanto produce risultati concreti e soddisfa necessità specifiche e chiaramente identificabili. In veste di membro della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, non ho potuto che votare a favore dell’adozione di queste risoluzioni.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Poiché la Slovenia ha chiesto assistenza per 2 554 esuberi verificatesi presso Mura, European Fashion Design, un’azienda operante nel settore dell’abbigliamento, ho votato a favore della risoluzione in quanto concordo con la proposta della Commissione come modificata dal Parlamento. Convengo inoltre che la proposta della Commissione, nella sua motivazione, debba contenere informazioni chiare e dettagliate sulla domanda, analizzarne i criteri di ammissibilità e illustrare le ragioni che hanno portato alla sua approvazione, in linea con le richieste del Parlamento.
Mário David (PPE), per iscritto. – (PT) Gli aiuti ai lavoratori che hanno perso il lavoro a causa della ristrutturazione e del trasferimento delle aziende dovrebbero essere dinamici e flessibili, per poter essere attuati con celerità ed efficacia. Alla luce dei cambiamenti strutturali intervenuti nel commercio internazionale, è importante che l’economia europea sia in grado di attuare rapidamente politiche assistenziali a favore dei lavoratori interessati da tali cambiamenti, dotandoli nel contempo delle competenze necessarie a reintegrarsi rapidamente nel mercato del lavoro. L’assistenza finanziaria dovrebbe pertanto essere erogata su base individuale. È inoltre importante sottolineare che tale assistenza non deve sostituirsi alle responsabilità che spettano normalmente alle aziende, né è tesa al finanziamento e alla ristrutturazione delle aziende. Poiché la Slovenia aveva fatto richiesta di aiuto in relazione ai 2 554 esuberi di Mura, European Fashion Design, una società operante nel settore dell’abbigliamento nella regione NUTS III di Pomurje, e visto che il 7 per cento di tutta la popolazione attiva della regione di Pomurje era impiegata presso Mura e i redditi della regione erano già inferiori alla media slovena, voto a favore della relazione sulla mobilizzazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per la Slovenia.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Il numero di volte in cui negli ultimi mesi la nostra Assemblea ha approvato la mobilizzazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG), istituito per erogare assistenza complementare ai lavoratori colpiti dalle conseguenze di cambiamenti radicali nella struttura del commercio mondiale, è a mio avviso estremamente sintomatico della crisi che sta attraversando l’Europa. Il FEG non è la risposta a questa crisi, ma rappresenta un aiuto considerevole e significativo. In questo caso specifico, l’assistenza è tesa a combattere le conseguenze dei 2 554 esuberi verificatesi presso Mura, European Fashion Design, una società slovena attiva nel settore dell’abbigliamento. Tale settore è stato particolarmente penalizzato dai cambiamenti della struttura del commercio mondiale ed è vittima delle importazioni di prodotti tessili a basso prezzo.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Alla luce dell’impatto sociale della crisi economica globale, che ha sortito effetti particolarmente negativi sull’occupazione, un impiego adeguato del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) è d’importanza capitale per alleviare le condizioni avverse di molti cittadini europei e delle loro famiglie, contribuire alla loro reintegrazione sociale e sviluppo professionale e, al contempo, sviluppare una nuova forza lavoro qualificata che incontri le esigenze delle aziende e dia impulso all’economia. È in questo contesto che viene presentato questo piano di intervento per la Slovenia, a fronte dei 2 554 esuberi verificatesi presso Mura, European Fashion Design, una società che opera nel settore dell’abbigliamento. Auspico pertanto che le istituzioni europee raddoppino i loro sforzi per attuare misure volte ad accelerare e migliorare gli indici di utilizzo di una risorsa importante qual è il FEG, che attualmente denuncia livelli di mobilitazione molto bassi. Quest’anno è stato richiesto solamente l’11 per cento dei 500 milioni di euro disponibili.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Mese dopo mese si moltiplicano le richieste di mobilizzazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. Di conseguenza, abbiamo ora sul tavolo altre otto domande provenienti da quattro Stati membri: Slovenia, Germania, Polonia e Spagna. Diverse centinaia di altre aziende stanno chiudendo i battenti in svariati settori, dalla produzione automobilistica al settore tessile, passando per il commercio al dettaglio. In totale sono stati licenziati più di 6 500 lavoratori (6 592, per la precisione). Se a questi aggiungiamo quelli di qui abbiamo discusso in questa sede un mese fa, la cifra totale arriva a quasi 10 000 lavoratori.
Contestualmente all’autorizzazione di questa mobilitazione, non posso esimermi dal ripetere che quel che occorre è un taglio netto con le politiche neoliberali che stanno provocando evidenti dissesti economici e sociali nei paesi dell’Unione europea. Le misure palliative sono indubbiamente necessarie, ma sono le cause del dissesto che vanno affrontate.
È diventato sempre più impellente attuare la proposta che abbiamo avanzato durante la discussione sul bilancio per il 2011, vale a dire la creazione di un programma europeo per l’occupazione e lo sviluppo sostenibile, a cui andrebbe stanziato l’1 per cento del prodotto interno lordo comunitario, integrato con fondi provenienti dagli Stati membri. La finalità di tale programma sarebbe una convergenza autentica, la promozione del potenziale di ogni paese, l’impiego sostenibile delle risorse, l’investimento nella produzione e la creazione di posti di lavoro corredati da diritti.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Signor presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore della mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) a favore della Slovenia perché ritengo tale strumento una valida risorsa di sostegno ai lavoratori in difficoltà a causa della crisi economica Il Fondo è stato creato nel 2006 per fornire un concreto supporto ai lavoratori licenziati per cause legate alla delocalizzazione delle relative aziende o, a seguito della deroga introdotta nel 2009, anche a causa della crisi economica, al fine di provvedere al loro reinserimento nel mercato del lavoro.
La votazione odierna riguardava una richiesta di supporto per 2 554 lavoratori licenziati per esubero dall'azienda Mura, European Fashion Design, operante nel settore dell'abbigliamento, per un importo finanziato dal FEG di 2 247 940 euro. Concludo accogliendo con favore l'approvazione della relazione, che dimostra come il FEG sia una risorsa utile ed efficace nella lotta alla disoccupazione come conseguenza della globalizzazione e della crisi economica.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore la mobilizzazione del Fondo europeo per la globalizzazione al fine di aiutare i 2 554 lavoratori licenziati dall’impresa slovena Mura, European Fashion Design. Spero che questi 2,2 milioni di euro aiutino i lavoratori e la regione a riprendersi velocemente dai cambiamenti strutturali che stanno affrontando.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Mi astengo per rispetto nei confronti dei lavoratori sloveni del gruppo Mura, che sono stati sacrificati sull’altare della globalizzazione. Alla luce della situazione in cui sono precipitati come conseguenza delle politiche neoliberali difese dall’Unione europea, verrebbe la tentazione di votare contro, vista la somma irrisoria. Tuttavia, quel poco che viene erogato potrebbe comunque servire ad attutire il colpo. Ciò non rende però meno intollerabile la logica del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. Tale logica ha indotto i fondi di investimento che possiedono il gruppo e le banche che investono negli stessi a realizzare profitti a loro spese.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) L’UE è uno spazio di solidarietà, e il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) ne è parte integrante. Tale sostegno è esenziale per aiutare i disoccupati e le vittime dei trasferimenti delle aziende che si verificano in un mondo globalizzato. Sempre più società si trasferiscono altrove, sfruttando i costi della manodopera più bassi praticati in diversi paesi, in particolare Cina e India, con effetti deleteri sui paesi che rispettano i diritti dei lavoratori. Scopo del FEG è aiutare i lavoratori vittima dei trasferimenti aziendali, ed è uno strumento fondamentale per facilitare la loro riassunzione. Il FEG è stato utilizzato da altri paesi UE in passato, per cui adesso è giusto concedere tali aiuti alla Slovenia, che ha fatto domanda di assistenza per i 2 554 esuberi verificatesi a Mura, European Fashion Design, una società che opera nel settore dell’abbigliamento.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (LV) Ho votato a favore, così come ho fatto in altre occasioni in cui si chiedeva la mobilizzazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. Dobbiamo sostenere le persone che hanno perso il lavoro e dare loro la possibilità di realizzare il loro potenziale in altre aree. È scandaloso che, malgrado abbia avvicinato personalmente il Primo ministro della Repubblica di Lettonia illustrandogli la possibilità di attingere al Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, la Lettonia non abbia sfruttato tale possibilità, benché il 15 per cento della sua popolazione sia disoccupato. A quanto pare, bisogna trasmettere un segnale ai vertici della Commissione europea a proposito dell’inerzia dei poteri in carica nella Repubblica di Lettonia. Più di 100 000 lettoni hanno lasciato il proprio paese d’origine. L’impressione è che al governo della Repubblica di Lettonia non importi il destino di queste persone.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) L’azienda slovena di abbigliamento Mura, European Fashion Design, ha dovuto licenziare 2 554 lavoratori tra il 21 ottobre 2009 e il 20 febbraio 2010, a causa della crisi economica e finanziaria. La Slovenia ha quindi fatto domanda di 2 247 940 euro del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per poter adottare misure volte a reintegrare celermente nel mercato del lavoro i lavoratori interessati. Ho votato a favore della relazione, in quanto la mobilizzazione del fondo è pienamente giustificata.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. – (DE) In base alla relazione Matera, dobbiamo sostenere la reintegrazione nel mercato del lavoro dei lavoratori sloveni che hanno perso il posto a causa della crisi economica e finanziaria globale. Penso sia giusto farlo, e mi sono pertanto espresso a favore.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Poiché la Slovenia ha chiesto aiuto per 2 554 casi di esubero presso Mura, European Fashion Design, una società che opera nel settore dell’abbigliamento, ho votato a favore della risoluzione, in quanto concordo con la proposta della Commissione così come modificata dal Parlamento.
Convengo inoltre che:
- il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) dovrebbe sostenere il reintegro dei singoli lavoratori in esubero nel mondo del lavoro, e ribadisco che l’assistenza del FEG non è deve sostituire le misure che sono di responsabilità delle aziende in virtù delle leggi nazionali o dei contratti collettivi, né è tesa a finanziare la ristrutturazione di aziende o settori;
- il funzionamento e valore aggiunto del FEG andrebbero verificati nel contesto della valutazione generale dei programmi e di altri diversi strumenti creati dall’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006.
Accolgo con favore la proposta della Commissione di istituire una fonte di stanziamenti di pagamento alternativa rispetto alle risorse inutilizzate del Fondo sociale europeo, dando seguito ai ripetuti appelli del Parlamento secondo cui il FEG è stato istituito come strumento separato e specifico con le proprie finalità e scadenze, e vanno pertanto identificate linee di bilancio adeguate per tali storni.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) La richiesta presentata dalla Slovenia di attingere al Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per aiutare i 2 554 esuberi intervenuti dal 21 ottobre 2009 al 20 febbraio 2010 presso Mura, European Fashion Design, una società che opera nel settore dell’abbigliamento, rispetta tutti i requisiti di ammissibilità prefissati. Di fatto, ai sensi del regolamento (CE) 546/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 giugno 2009 che modifica il regolamento (CE) 1927/2006 sull’istituzione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, il campo di applicazione del FEG è stato temporaneamente ampliato per giustificarne l’intervento in situazioni come questa, in cui si verificano “almeno 500 esuberi in un periodo di quattro mesi in un’impresa di uno Stato membro” quale conseguenza diretta della crisi finanziaria ed economica globale. Ho pertanto votato a favore della risoluzione, nella speranza che la mobilizzazione del FEG aiuti questi lavoratori a rientrare con successo nel mercato del lavoro.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Poiché la Germania ha fatto richiesta di assistenza per 1 181 esuberi distribuiti nei quattro siti produttivi della Heidelberger Druckmaschinen a Baden-Württemberg, una società che opera nel settore della produzione di macchinari per la stampa, ho votato a favore della risoluzione perché concordo con la proposta della Commissione come modificata dal Parlamento. Convengo inoltre che occorrerebbe accertarsi che il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) sostenga il reintegro dei singoli lavoratori in esubero nel mondo del lavoro, e ribadisco che l’assistenza del FEG non è deve sostituire le misure che sono di responsabilità delle aziende in virtù delle leggi nazionali o dei contratti collettivi, né è tesa a finanziare la ristrutturazione di aziende o settori.
Mário David (PPE), per iscritto. – (PT) Gli aiuti ai lavoratori che hanno perso il lavoro a causa della ristrutturazione e del trasferimento delle aziende dovrebbero essere dinamici e flessibili, per poter essere attuati con celerità ed efficacia. Alla luce dei cambiamenti strutturali intervenuti nel commercio internazionale, è importante che l’economia europea sia in grado di attuare rapidamente politiche assistenziali a favore dei lavoratori interessati da tali cambiamenti, dotandoli nel contempo delle competenze necessarie a reintegrarsi rapidamente nel mercato del lavoro. L’assistenza finanziaria dovrebbe pertanto essere erogata su base individuale. È inoltre importante sottolineare che tale assistenza non deve sostituirsi alle responsabilità che spettano normalmente alle aziende, né è tesa al finanziamento e alla ristrutturazione delle aziende. Poiché la Germania aveva fatto richiesta di aiuto in relazione ai 1 181 esuberi distribuiti nei quattro stabilimenti della Heidelberger Druckmaschinen in Baden-Württemberg, una società che opera nel settore della produzione di macchinari per la stampa, voto a favore della relazione sulla mobilizzazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per la Germania.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Siamo oggi in procinto di approvare un pacchetto di 8 308 555 euro di aiuti del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione a favore della Germania, per far fronte alle conseguenze di 1 181 esuberi distribuiti nei quattro stabilimenti prodottivi della Heidelberger Druckmaschinen AG nel Baden-Württemberg, una società che opera nel settore della produzione di macchinari per la stampa. Come ho sempre sostenuto, benché tale assistenza sia estremamente necessaria per gestire i sintomi attuali, non rappresenta una soluzione definitiva per i problemi che affliggono le industrie europee, che risiedono non soltanto nella crisi economica in cui ci dibattiamo, ma anche nella necessità che l’Europa si adatti a un mondo che cambia, un mondo nel quale la competitività è d’obbligo.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Alla luce dell’impatto sociale della crisi economica globale, che ha sortito effetti particolarmente negativi sull’occupazione, un impiego adeguato del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) è d’importanza capitale per alleviare le condizioni avverse di molti cittadini europei e delle loro famiglie, contribuire alla loro reintegrazione sociale e sviluppo professionale e, al contempo, sviluppare una nuova forza lavoro qualificata che incontri le esigenze delle aziende e dia impulso all’economia. È in questo contesto che viene presentato questo piano di intervento per la Germania, a fronte dei 1 181 esuberi distribuiti nei quattro stabilimenti prodottivi della Heidelberger Druckmaschinen nel Baden-Württemberg, una società che opera nel settore della produzione di macchinari per la stampa. Auspico pertanto che le istituzioni europee raddoppino i loro sforzi per attuare misure volte ad accelerare e migliorare gli indici di utilizzo di una risorsa importante qual è il FEG, che attualmente denuncia livelli di mobilitazione molto bassi. Quest’anno è stato richiesto solamente l’11 per cento dei 500 milioni di euro disponibili.
Peter Jahr (PPE), per iscritto. – (DE) Grazie alla decisione odierna, i lavoratori dell’azienda Heidelberger Druckmaschinen AG nel Baden-Württemberg in odore di licenziamento riceveranno circa 8 milioni di euro di aiuti provenienti dal Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. Tali risorse devono essere utilizzate per aiutare i lavoratori a trovare quanto prima un nuovo impiego. Per me è importante che queste persone percepiscano tali fondi il prima possibile e senza grosse perdite dovute agli intoppi burocratici. Gli aiuti servono adesso, e non tra sei mesi o un anno. L’Unione europea e gli Stati membri devono inoltre impegnarsi a fare di più del semplice fronteggiare le conseguenze negative della globalizzazione. La globalizzazione è un processo di cui possiamo, e dobbiamo, controllare il progresso.
Wolf Klinz (ALDE), per iscritto. – (DE) Mi sono astenuto non soltanto per lo scetticismo dimostrato dal Freie Demokratische Partei tedesco nei confronti del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, ma anche per il possibile conflitto di interessi dovuto alla mia posizione di azionista della Heidelberger Druckmaschinen AG.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Signor presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore della mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) a favore della Germania perché ritengo tale strumento una valida risorsa di sostegno ai lavoratori in difficoltà a causa della crisi economica Il Fondo è stato creato nel 2006 per fornire un concreto supporto ai lavoratori licenziati per cause legate alla delocalizzazione delle relative aziende o, a seguito della deroga introdotta nel 2009, anche a causa della crisi economica, al fine di provvedere al loro reinserimento nel mercato del lavoro.
La votazione odierna riguardava 1 181 esuberi in quattro impianti di produzione dell'azienda Heidelberger Druckmaschinen AG nel Baden-Württemberg, operante nel settore della produzione di macchinari per la stampa, per un importo finanziato dal FEG di 8 308 555 euro. Concludo accogliendo con favore l'approvazione della relazione, che dimostra come il FEG sia una risorsa utile ed efficace nella lotta alla disoccupazione come conseguenza della globalizzazione e della crisi economica.
David Martin (S&D), per iscritto. – Il Fondo europeo per la globalizzazione è stato istituito per erogare aiuti ai lavoratori penalizzati dalle conseguenze dei grandi cambiamenti strutturali intervenuti nei modelli commerciali mondiali. I 1 181 esuberi in quattro siti produttivi dell’azienda Druckmaschinen AG del Baden Württemberg (settore della produzione di macchinari per la stampa) rientrano proprio in questa categoria, e pertanto ho approvato la mobilitazione di 8 308 555 euro in loro favore.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Mi astengo per rispetto nei confronti dei lavoratori tedeschi del gruppo Heidelberger Druckmaschinen, che sono stati sacrificati sull’altare della globalizzazione. Alla luce della situazione in cui sono precipitati come conseguenza delle politiche neoliberali difese dall’Unione europea, verrebbe la tentazione di votare contro, vista la somma irrisoria. Tuttavia, quel poco che viene erogato potrebbe comunque servire ad attutire il colpo. Ciò non rende però meno intollerabile la logica del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. Tale logica ha indotto il gruppo, un leader mondiale nella produzione di macchinari per la stampa, a trasferire altrove la produzione allo scopo di realizzare maggiori profitti.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) L’UE è uno spazio di solidarietà, e il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) ne è parte integrante. Tale sostegno è esenziale per aiutare i disoccupati e le vittime dei trasferimenti delle aziende che si verificano in un mondo globalizzato. Sempre più società si trasferiscono altrove, sfruttando i costi della manodopera più bassi praticati in diversi paesi, in particolare Cina e India, con effetti deleteri sui paesi che rispettano i diritti dei lavoratori. Scopo del FEG è aiutare i lavoratori vittima dei trasferimenti aziendali, ed è uno strumento fondamentale per facilitare la loro riassunzione. Il FEG è stato utilizzato da altri paesi UE in passato, per cui adesso è giusto concedere tali aiuti alla Germania, che ha fatto domanda di assistenza per i 1 181 esuberi distribuiti nei quattro stabilimenti prodottivi della Heidelberger Druckmaschinen in Baden-Württemberg, una società che opera nel settore della produzione di macchinari per la stampa.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Gli effetti della crisi economica sono ancora percepibili in tutta Europa. Anche in Germania, alcune imprese faticano ancora a sopravvivere e stanno licenziando molti lavoratori. Tra il 26 gennaio 2010 e il 26 maggio 2010, l’azienda produttrice di macchinari per la stampa Druckmaschinen AG, con sede ad Heidelberg, ha dovuto rinunciare a 1 181 lavoratori a causa della crisi. la Repubblica federale tedesca ha pertanto fatto domanda per ricevere 8 308 555 euro di aiuti del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. Voto a favore della relazione, in quanto tutti i criteri previsti per la mobilizzazione del fondo sono stati soddisfatti.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. – (DE) Concordo con la mobilizzazione del fondo in relazione alla domanda in oggetto, in quanto tale misura può fornire aiuti aggiuntivi ai lavoratori che si trovano a dover fronteggiare le conseguenze di cambiamenti strutturali ingenti nei modelli commerciali mondiali e può favorire la loro reintegrazione nel mercato del lavoro. Ho pertanto espresso voto favorevole.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Poiché la Germania ha richiesto assistenza per 1 181 esuberi distribuiti nei quattro stabilimenti prodottivi della Heidelberger Druckmaschinen in Baden-Württemberg, una società che opera nel settore della produzione di macchinari per la stampa, ho votato a favore della risoluzione, in quanto concordo con la proposta della Commissione così come modificata dal Parlamento.
Convengo inoltre che:
- il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) dovrebbe sostenere il reintegro dei singoli lavoratori in esubero nel mondo del lavoro, e ribadisco che l’assistenza del FEG non è deve sostituire le misure che sono di responsabilità delle aziende in virtù delle leggi nazionali o dei contratti collettivi, né è tesa a finanziare la ristrutturazione di aziende o settori;
- il funzionamento e valore aggiunto del FEG andrebbero verificati nel contesto della valutazione generale dei programmi e di altri diversi strumenti creati dall’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006.
Accolgo con favore la proposta della Commissione di istituire una fonte di stanziamenti di pagamento alternativa rispetto alle risorse inutilizzate del Fondo sociale europeo, dando seguito ai ripetuti appelli del Parlamento secondo cui il FEG è stato istituito come strumento separato e specifico con le proprie finalità e scadenze, e vanno pertanto identificate linee di bilancio adeguate per tali storni.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) La richiesta presentata dalla Germania di attingere al Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per aiutare i 1 181 esuberi verificatisi nel periodo tra il 26 gennaio e il 26 maggio 2010 e distribuiti nei quattro stabilimenti prodottivi della Heidelberger Druckmaschinen in Baden-Württemberg, una società che opera nel settore della produzione di macchinari per la stampa, rispetta tutti i requisiti di ammissibilità prefissati. Di fatto, ai sensi del regolamento (CE) 546/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 giugno 2009 che modifica il regolamento (CE) 1927/2006 sull’istituzione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, il campo di applicazione del FEG è stato temporaneamente ampliato per giustificarne l’intervento in situazioni come questa, in cui si verificano “almeno 500 esuberi in un periodo di quattro mesi in un’impresa di uno Stato membro” quale conseguenza diretta della crisi finanziaria ed economica globale. Ho pertanto votato a favore della risoluzione, nella speranza che la mobilizzazione del FEG aiuti questi lavoratori a rientrare con successo nel mercato del lavoro.
Angelika Werthmann (NI), per iscritto. – (DE) A parte la domanda presentata dall’impresa Heidelberger Druckmaschinen, ho votato senza alcuna riserva a favore di tutte le richieste di mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione su cui abbiamo votato oggi, in quanto concordo col concetto generale del Fondo europeo per la globalizzazione, e in particolare con il sostegno diretto erogato alle persone che, pur non avendone colpa, hanno perso il lavoro come conseguenza della globalizzazione. Tuttavia, per quel che concerne la suddetta azienda, la Heidelberger Druckmaschinen, mi sono astenuta dal voto. In questo caso ho delle riserve molto precise. È risaputo che la Heidelberger Druckmaschinen è un fiore all’occhiello del settore ingegneristico meccanico tedesco. La società ha realizzato ingenti profitti per molti anni.
Sono poi intervenuti due o tre anni finanziariamente difficili, è innegabile. Ma la Heidelberger Druckmaschinen ha reagito con l’atteggiamento condizionato tipico delle grandi aziende: ha ridotto il personale nelle regioni in cui le retribuzioni erano elevate, vale a dire in Germania, mentre al contempo investiva e impiegava sempre più lavoratori in Cina, dove gli stipendi sono bassi. Se nel corso di tale processo viene contestualmente inoltrata una domanda di mobilizzazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, ciò rappresenta un cattivo esempio di come una misura comunitaria socialmente significativa e molto responsabile viene sfruttata dalle aziende internazionali per sottrarsi alle loro responsabilità sociali.
Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. – (FR) Sulla base della relazione della mia collega italiana, onorevole Matera, ho votato a favore della proposta di decisione sulla mobilizzazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per l’importo di 0,6 milioni di euro in aiuti per la Polonia, che rischia un’ondata di licenziamenti nel settore automobilistico. Due aziende del settore automobilistico hanno licenziato cinquecentonovanta lavoratori. Appoggio l’iniziativa di far gestire e controllare le risorse agli organi responsabili del Fondo sociale europeo (FSE) in Polonia, in quanto ciò si traduce in una riduzione dei costi di controllo a soli 2 000 euro. Mi associo all’onorevole Matera nel complimentarmi con la Commissione per il fatto di aver proposto, nel contesto della mobilizzazione de FEG, una fonte di stanziamenti di pagamento alternativa rispetto ai fondi FSE inutilizzati. Deploro tuttavia il fatto che, per mobilitare il FEG a favore di quest’istanza, gli stanziamenti di pagamento siano stati stornati da una rubrica di bilancio tesa a sostenere le PMI e l’innovazione. Dobbiamo denunciare le carenze della Commissione nell’attuare programmi di competitività e innovazione, soprattutto nel corso di una crisi economica che probabilmente determinerà un incremento significativo delle esigenze di assistenza.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Poiché la Polonia ha presentato domanda di assistenza per 590 esuberi in due imprese operanti nella divisione 29 NACE revisione 2 (fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi) nella regione NUTS II di Wielkopolskie, ho votato a favore della risoluzione in quanto concordo con la proposta della Commissione come modificata dal Parlamento. In relazione alla mobilizzazione del FEG, accolgo inoltre con favore la proposta della Commissione di istituire una fonte di stanziamenti di pagamento alternativa rispetto alle risorse inutilizzate del Fondo sociale europeo, dando seguito ai ripetuti appelli del Parlamento secondo cui il FEG è stato istituito come strumento separato e specifico con le proprie finalità e scadenze, e vanno pertanto identificate linee di bilancio adeguate per tali storni.
Mário David (PPE), per iscritto. – (PT) Gli aiuti ai lavoratori che hanno perso il lavoro a causa della ristrutturazione e del trasferimento delle aziende dovrebbero essere dinamici e flessibili, per poter essere attuati con celerità ed efficacia. Alla luce dei cambiamenti strutturali intervenuti nel commercio internazionale, è importante che l’economia europea sia in grado di attuare rapidamente politiche assistenziali a favore dei lavoratori interessati da tali cambiamenti, dotandoli nel contempo delle competenze necessarie a reintegrarsi rapidamente nel mercato del lavoro. L’assistenza finanziaria dovrebbe pertanto essere erogata su base individuale. È inoltre importante sottolineare che tale assistenza non deve sostituirsi alle responsabilità che spettano normalmente alle aziende, né è tesa al finanziamento e alla ristrutturazione delle aziende. Poiché la Polonia ha presentato domanda di assistenza per 590 esuberi in due imprese operanti nella divisione 29 NACE revisione 2 (fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi) nella regione NUTS II di Wielkopolskie, voto a favore della relazione o, in altre parole, della mobilizzazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per la Polonia.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La crisi finanziaria ed economica che stiamo attraversando, unita ai mutamenti costanti del mercato del lavoro provocati dai cambiamenti in termini di struttura del commercio mondiale, ha provocato innumerevoli vittime della disoccupazione che, in molti casi, è a lungo termine. Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione è stato istituito proprio per far fronte a situazioni del genere. In questo caso particolare, parliamo della mobilizzazione di oltre 600 000 euro a favore della Polonia per aiutare 613 esuberi verificatisi tra il 1° marzo e il 30 novembre 2009 presso due aziende del settore automobilistico. Poiché la Commissione ha valutato la domanda in oggetto e l’ha ritenuta idonea e in linea con i requisiti prefissati, e poiché raccomanda l’approvazione della richiesta, ho espresso voto favorevole.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Alla luce dell’impatto sociale della crisi economica globale, che ha sortito effetti particolarmente negativi sull’occupazione, un impiego adeguato del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) è d’importanza capitale per alleviare le condizioni avverse di molti cittadini europei e delle loro famiglie, contribuire alla loro reintegrazione sociale e sviluppo professionale e, al contempo, sviluppare una nuova forza lavoro qualificata che incontri le esigenze delle aziende e dia impulso all’economia. È in questo contesto che viene presentato questo piano di intervento per la Polonia, a fronte dei 590 esuberi in due imprese operanti nella divisione 29 NACE revisione 2 (fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi) nella regione NUTS II di Wielkopolskie. Auspico pertanto che le istituzioni europee raddoppino i loro sforzi per attuare misure volte ad accelerare e migliorare gli indici di utilizzo di una risorsa importante qual è il FEG, che attualmente denuncia livelli di mobilitazione molto bassi. Quest’anno è stato richiesto solamente l’11 per cento dei 500 milioni di euro disponibili.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Signor presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore della mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) a favore della Polonia perché ritengo tale strumento una valida risorsa di sostegno ai lavoratori in difficoltà a causa della crisi economica Il Fondo è stato creato nel 2006 per fornire un concreto supporto ai lavoratori licenziati per cause legate alla delocalizzazione delle relative aziende o, a seguito della deroga introdotta nel 2009, anche a causa della crisi economica, al fine di provvedere al loro reinserimento nel mercato del lavoro.
La richiesta di supporto riguardava 1 104 esuberi, di cui 590 ammessi all'assistenza, in due imprese operanti nella divisione 29 NACE revisione 2 (fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi), per un importo finanziato dal FEG di 633 077 euro. Concludo accogliendo con favore l'approvazione della relazione, che dimostra come il FEG sia una risorsa utile ed efficace nella lotta alla disoccupazione come conseguenza della globalizzazione e della crisi economica.
David Martin (S&D), per iscritto. – La Commissione ha proposto di sbloccare 633 077 euro del Fondo europeo per la globalizzazione per aiutare 1 104 lavoratori polacchi che sono stati licenziati da due imprese operanti nel settore della fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi. Ho votato a favore della proposta.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Mi astengo per rispetto nei confronti dei lavoratori dell’industria automobilistica polacca, che sono stati sacrificati sull’altare della globalizzazione. Alla luce della situazione in cui sono precipitati come conseguenza delle politiche neoliberali difese dall’Unione europea, verrebbe la tentazione di votare contro, vista la somma irrisoria. Tuttavia, quel poco che viene erogato potrebbe comunque servire ad attutire il colpo. Ciò non rende però meno intollerabile la logica del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. Tale logica induce aziende quali la SEWS e la Leoni Atokabel a trasferire spudoratamente gli stabilimenti in altri paesi per incrementare i loro profitti.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) L’UE è uno spazio di solidarietà, e il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) ne è parte integrante. Tale sostegno è esenziale per aiutare i disoccupati e le vittime dei trasferimenti delle aziende che si verificano in un mondo globalizzato. Sempre più società si trasferiscono altrove, sfruttando i costi della manodopera più bassi praticati in diversi paesi, in particolare Cina e India, con effetti deleteri sui paesi che rispettano i diritti dei lavoratori. Scopo del FEG è aiutare i lavoratori vittima dei trasferimenti aziendali, ed è uno strumento fondamentale per facilitare la loro riassunzione. Il FEG è stato utilizzato da altri paesi UE in passato, per cui adesso è giusto concedere tali aiuti alla Polonia, che ha fatto domanda di assistenza per 590 esuberi in due imprese operanti nella divisione 29 NACE revisione 2 (fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi) nella regione NUTS II di Wielkopolskie.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Per poter prevenire un incremento significativo dei livelli di disoccupazione causati dalla crisi finanziaria ed economica, gli Stati membri hanno bisogno di risorse per poter attuare celermente misure politiche efficaci. Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione mette a disposizione ogni anno una somma pari a 500 miliardi di euro proprio per questo scopo. Se in un periodo di tempo specifico vengono licenziati più di 500 lavoratori di una o più imprese, è possibile inoltrare domanda di mobilitazione di tali fondi. Voto a favore della relazione, in quanto gli aiuti pari a 633 077 euro a favore di 1 104 lavoratori polacchi licenziati da imprese operanti nella divisione 29 NACE revisione 2 sono pienamente giustificati.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. – (DE) Mi sono espresso a favore della relazione in quanto prevede misure mirate ad aiutare i lavoratori penalizzati dalla crisi economica e dalle sue conseguenze.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Poiché la Polonia ha chiesto aiuto per 590 esuberi in due imprese operanti nella divisione 29 NACE revisione 2 (fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi) nella regione NUTS II di Wielkopolskie, ho votato a favore della risoluzione, in quanto concordo con la proposta della Commissione così come modificata dal Parlamento.
Convengo inoltre che:
- il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) dovrebbe sostenere il reintegro dei singoli lavoratori in esubero nel mondo del lavoro, e ribadisco che l’assistenza del FEG non è deve sostituire le misure che sono di responsabilità delle aziende in virtù delle leggi nazionali o dei contratti collettivi, né è tesa a finanziare la ristrutturazione di aziende o settori;
- il funzionamento e valore aggiunto del FEG andrebbero verificati nel contesto della valutazione generale dei programmi e di altri diversi strumenti creati dall’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006.
Accolgo con favore la proposta della Commissione di istituire una fonte di stanziamenti di pagamento alternativa rispetto alle risorse inutilizzate del Fondo sociale europeo, dando seguito ai ripetuti appelli del Parlamento secondo cui il FEG è stato istituito come strumento separato e specifico con le proprie finalità e scadenze, e vanno pertanto identificate linee di bilancio adeguate per tali storni.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) La richiesta presentata dalla Polonia di attingere al Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per aiutare i 590 esuberi in due imprese operanti nella divisione 29 NACE revisione 2 (fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi) nella regione NUTS II di Wielkopolskie, rispetta tutti i requisiti di ammissibilità prefissati. Di fatto, ai sensi del regolamento (CE) 546/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 giugno 2009 che modifica il regolamento (CE) 1927/2006 sull’istituzione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, il campo di applicazione del FEG è stato temporaneamente ampliato per giustificarne l’intervento in situazioni come questa, in cui si verificano “almeno 500 esuberi in un periodo di nove mesi, in particolare in piccole o medie imprese, in una NACE divisione 2 all’interno di una o due regioni NUTS II contigue” quale conseguenza diretta della crisi finanziaria ed economica globale. Ho pertanto votato a favore della risoluzione, nella speranza che la mobilizzazione del FEG aiuti questi lavoratori a rientrare con successo nel mercato del lavoro.
Izaskun Bilbao Barandica (ALDE), per iscritto. – (ES) Ho votato a favore degli aiuti per l’Aragona. Tale comunità autonoma presenta una densità di popolazione inferiore alla media comunitaria (112 abitanti per chilometro quadrato); la sua economia tradizionale è incentrata sulla coltivazione dei cereali e l’allevamento degli ovini; il commercio al dettaglio della regione ha subito 1 154 esuberi da 593 imprese in un periodo di nove mesi; nel febbraio 2010 è stato licenziato il 56 per cento dei lavoratori impiegati nel settore dei servizi, il 73 per cento dei quali erano donne; il 73,9 per cento dei lavoratori che hanno perso il lavoro era personale commerciale e venditori di negozi o mercati; il 14,4 per cento era impiegato in occupazioni elementari. È deplorevole che si sia iniziato a intervenire con un ritardo così ingente, a 11 mesi di distanza dai primi licenziamenti.
Sarebbe interessante analizzare i risultati delle misure di assistenza temporanee e straordinarie a favore del personale in esubero che verranno adottate per agevolarne il reinserimento nel mercato del lavoro. Va comunque precisato che tali azioni non devono sostituire quelle che le imprese sono obbligate a intraprendere in base alla legislazione nazionale o ai contratti collettivi.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Considerando che la Spagna ha richiesto assistenza in relazione a 1 154 esuberi in 593 imprese operanti nella divisione 47 NACE revisione 2 (commercio al dettaglio, fatti salvi veicoli a motore e motocicli) nella regione NUTS II dell’Aragona, ho votato a favore della risoluzione in quanto concordo con la proposta della Commissione come modificata dal Parlamento. Convengo inoltre che il funzionamento e valore aggiunto del FEG andrebbero verificati nel contesto della valutazione generale dei programmi e di altri diversi strumenti creati dall’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006, nell’ambito del processo di revisione intermedia del quadro finanziario pluriennale per il periodo 2007–2013.
Mário David (PPE), per iscritto. – (PT) Gli aiuti ai lavoratori che hanno perso il lavoro a causa della ristrutturazione e del trasferimento delle aziende dovrebbero essere dinamici e flessibili, per poter essere attuati con celerità ed efficacia. Alla luce dei cambiamenti strutturali intervenuti nel commercio internazionale, è importante che l’economia europea sia in grado di attuare rapidamente gli strumenti ideati per sostenere i lavoratori interessati da tali cambiamenti, dotandoli nel contempo delle competenze necessarie a reintegrarsi rapidamente nel mercato del lavoro. L’assistenza finanziaria dovrebbe pertanto essere erogata su base individuale. È inoltre importante sottolineare che tale assistenza non deve sostituirsi alle responsabilità che spettano normalmente alle aziende, né è tesa al finanziamento e alla ristrutturazione delle aziende. Poiché la Spagna ha presentato domanda di assistenza per 1 154 esuberi in 593 imprese operanti nella divisione 47 NACE revisione 2 (commercio al dettaglio, fatti salvi veicoli a motore e motocicli) nella regione NUTS II dell’Aragona, voto a favore della relazione o, in altre parole, della mobilizzazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per la Spagna.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La crisi finanziaria ed economica che stiamo attraversando, unita ai mutamenti costanti del mercato del lavoro provocati dai cambiamenti in termini di struttura del commercio mondiale, ha provocato innumerevoli vittime della disoccupazione che, in molti casi, è a lungo termine. Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione è stato istituito proprio per far fronte a situazioni del genere. In questo caso particolare, parliamo della mobilizzazione di oltre 1,5 milioni di euro a favore della Spagna per aiutare 1 154 esuberi verificatisi tra il 1° giugno 2009 e il 28 febbraio 2010 presso 593 aziende del commercio al dettaglio. Poiché la Commissione ha valutato la domanda in oggetto e l’ha ritenuta idonea e in linea con i requisiti prefissati, e poiché raccomanda l’approvazione della richiesta, ho espresso voto favorevole.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Alla luce dell’impatto sociale della crisi economica globale, che ha sortito effetti particolarmente negativi sull’occupazione, un impiego adeguato del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) è d’importanza capitale per alleviare le condizioni avverse di molti cittadini europei e delle loro famiglie, contribuire alla loro reintegrazione sociale e sviluppo professionale e, al contempo, sviluppare una nuova forza lavoro qualificata che incontri le esigenze delle aziende e dia impulso all’economia. È in questo contesto che viene presentato questo piano di intervento per la Spagna, a fronte dei 1 154 esuberi in 593 imprese operanti nella divisione 47 NACE revisione 2 (commercio al dettaglio, fatti salvi veicoli a motore e motocicli) nella regione NUTS II dell’Aragona. Auspico pertanto che le istituzioni europee raddoppino i loro sforzi per attuare misure volte ad accelerare e migliorare gli indici di utilizzo di una risorsa importante qual è il FEG, che attualmente denuncia livelli di mobilitazione molto bassi. Quest’anno è stato richiesto solamente l’11 per cento dei 500 milioni di euro disponibili.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Signor presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore della mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) a favore della Spagna perché ritengo tale strumento una valida risorsa di sostegno ai lavoratori in difficoltà a causa della crisi economica Il Fondo è stato creato nel 2006 per fornire un concreto supporto ai lavoratori licenziati per cause legate alla delocalizzazione delle relative aziende o, a seguito della deroga introdotta nel 2009, anche a causa della crisi economica, al fine di provvedere al loro reinserimento nel mercato del lavoro.
La votazione odierna riguardava una richiesta relativa a 1 154 esuberi in 593 imprese operanti nella divisione 47 NACE revisione 2 (commercio al dettaglio, fatti salvi veicoli a motore e motocicli), per un importo finanziato dal FEG di 1 560 000 euro. Infine, mi preme sottolineare l'importanza del FEG, che si dimostra una risorsa utile ed efficace nella lotta alla disoccupazione come conseguenza della globalizzazione e della crisi economica.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) La portata della recessione mondiale si rispecchia in questa domanda presentata dalla Spagna per la mobilizzazione di 1 560 000 euro del Fondo europeo per la globalizzazione al fine di aiutare 1 154 lavoratori licenziati nell’arco di nove mesi da 593 diverse imprese del commercio al dettaglio. Ho appoggiato tale richiesta.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) L’UE è uno spazio di solidarietà, e il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) ne è parte integrante. Tale sostegno è esenziale per aiutare i disoccupati e le vittime dei trasferimenti delle aziende che si verificano in un mondo globalizzato. Sempre più società si trasferiscono altrove, sfruttando i costi della manodopera più bassi praticati in diversi paesi, in particolare Cina e India, con effetti deleteri sui paesi che rispettano i diritti dei lavoratori. Scopo del FEG è aiutare i lavoratori vittima dei trasferimenti aziendali, ed è uno strumento fondamentale per facilitare la loro riassunzione. Il FEG è stato utilizzato da altri paesi UE in passato, per cui adesso è giusto concedere tali aiuti alla Spagna, che ha fatto domanda di assistenza per i 1 154 esuberi in 593 imprese operanti nella divisione 47 NACE revisione 2 (commercio al dettaglio, fatti salvi veicoli a motore e motocicli) nella regione NUTS II dell’Aragona.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Si sono verificati 1 154 esuberi in 593 imprese spagnole operanti nella divisione 47 NACE revisione 2 nella regione NUTS II dell’Aragona. La crisi economica e finanziaria ha provocato un calo drammatico delle vendite nel settore del commercio al dettaglio. Tale situazione comporta ripercussioni gravi, soprattutto per la regione dell’Aragona, che ha una densità di popolazione più basse della media comunitaria. Si teme un ulteriore acuirsi del fenomeno dell’emigrazione dalla regione che, prima della crisi, aveva dato segnali di ascesa. Voto a favore della relazione, in quanto occorre adottare provvedimenti immediati in risposta all’aumento dei livelli di disoccupazione, in particolare nelle regioni più piccole in cui le economie faticano a sopravvivere.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. – (DE) Poiché la relazione prevede di erogare aiuti aggiuntivi per i lavoratori licenziati in seguito alle conseguenze della crisi finanziaria ed economica globale, in modo da dotarli di risorse addizionali per reintegrarsi nel mercato del lavoro, ho espresso voto favorevole.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Poiché la Spagna ha chiesto aiuto per 1 154 esuberi in 593 imprese operanti nella divisione 47 NACE revisione 2 (commercio al dettaglio, fatti salvi veicoli a motore e motocicli) nella regione NUTS II dell’Aragona, ho votato a favore della risoluzione, in quanto concordo con la proposta della Commissione così come modificata dal Parlamento.
Convengo inoltre che:
- il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) dovrebbe sostenere il reintegro dei singoli lavoratori in esubero nel mondo del lavoro, e ribadisco che l’assistenza del FEG non è deve sostituire le misure che sono di responsabilità delle aziende in virtù delle leggi nazionali o dei contratti collettivi, né è tesa a finanziare la ristrutturazione di aziende o settori;
- il funzionamento e valore aggiunto del FEG andrebbero verificati nel contesto della valutazione generale dei programmi e di altri diversi strumenti creati dall’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006.
Accolgo con favore la proposta della Commissione di istituire una fonte di stanziamenti di pagamento alternativa rispetto alle risorse inutilizzate del Fondo sociale europeo, dando seguito ai ripetuti appelli del Parlamento secondo cui il FEG è stato istituito come strumento separato e specifico con le proprie finalità e scadenze, e vanno pertanto identificate linee di bilancio adeguate per tali storni.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) La richiesta presentata dalla Spagna di attingere al Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per aiutare i 1 154 esuberi in 593 imprese operanti nella divisione 47 NACE revisione 2 (commercio al dettaglio, fatti salvi veicoli a motore e motocicli) nella regione NUTS II dell’Aragona rispetta tutti i requisiti di ammissibilità prefissati. Di fatto, ai sensi del regolamento (CE) 546/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 giugno 2009 che modifica il regolamento (CE) 1927/2006 sull’istituzione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, il campo di applicazione del FEG è stato temporaneamente ampliato per giustificarne l’intervento in situazioni come questa, in cui si verificano “almeno 500 esuberi in un periodo di nove mesi, in particolare in piccole o medie imprese, in una NACE divisione 2 all’interno di una o due regioni NUTS II contigue” quale conseguenza diretta della crisi finanziaria ed economica globale. Ho pertanto votato a favore della risoluzione, nella speranza che la mobilizzazione del FEG aiuti questi lavoratori a rientrare con successo nel mercato del lavoro.
Izaskun Bilbao Barandica (ALDE), per iscritto. – (ES) Ho votato a favore degli aiuti del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per Valencia in quanto, come conseguenza dei cambiamenti strutturali nel commercio mondiale e della crisi finanziaria, tra il 13 aprile 2009 e il 12 gennaio 2010 si sono verificati 544 esuberi inattesi in 143 imprese del settore tessile di Valencia, un evento che ha avuto un grave impatto a livello locale. Dei lavoratori licenziati, il 61,7 per cento sono uomini, il 22 per cento ha più di 55 anni, il 79,9 per cento ha ricevuto solo l’istruzione di base e quattro sono disabili.
A mio parere, la formazione che riceveranno nel corso dei 14 mesi di lavoro a tempo parziale retribuito migliorerà le loro qualifiche professionali in vista di un reintegro nel mercato del lavoro. Come nel caso precedente, è deplorevole che le misure siano state applicate con così tanto ritardo, un anno e due mesi dopo i primi licenziamenti.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Considerando che la Spagna ha richiesto assistenza in relazione a 350 esuberi in 143 imprese operanti nella divisione 13 NACE Rev. 2 (industrie tessili) nella regione NUTS II della Comunidad Valenciana, ho votato a favore della risoluzione in quanto concordo con la proposta della Commissione come modificata dal Parlamento. Convengo inoltre che la proposta della Commissione, nella sua motivazione, debba contenere informazioni chiare e dettagliate sulla domanda, analizzarne i criteri di ammissibilità e illustrare le ragioni che hanno portato alla sua approvazione, in linea con le richieste del Parlamento.
Mário David (PPE), per iscritto. – (PT) Gli aiuti ai lavoratori che hanno perso il lavoro a causa della ristrutturazione e del trasferimento delle aziende dovrebbero essere dinamici e flessibili, per poter essere attuati con celerità ed efficacia. Alla luce dei cambiamenti strutturali intervenuti nel commercio internazionale, è importante che l’economia europea sia in grado di attuare rapidamente gli strumenti ideati per sostenere i lavoratori interessati da tali cambiamenti, dotandoli nel contempo delle competenze necessarie a reintegrarsi rapidamente nel mercato del lavoro. L’assistenza finanziaria dovrebbe pertanto essere erogata su base individuale. È inoltre importante sottolineare che tale assistenza non deve sostituirsi alle responsabilità che spettano normalmente alle aziende, né è tesa al finanziamento e alla ristrutturazione delle aziende. Poiché la Spagna ha presentato domanda di assistenza per 350 esuberi in 143 imprese operanti nella divisione 13 NACE Rev. 2 (industrie tessili) nella regione NUTS II della Comunidad Valenciana, voto a favore della relazione o, in altre parole, della mobilizzazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per la Spagna.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La crisi finanziaria ed economica che stiamo attraversando, unita ai mutamenti costanti del mercato del lavoro provocati dai cambiamenti in termini di struttura del commercio mondiale, ha provocato innumerevoli vittime della disoccupazione che, in molti casi, è a lungo termine. Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione è stato istituito proprio per far fronte a situazioni del genere. In questo caso particolare, parliamo della mobilizzazione di oltre 2 milioni di euro a favore della Spagna per aiutare 544 esuberi verificatisi tra il 13 aprile 2009 e il 12 gennaio 2010 presso 143 aziende del settore tessile. Poiché la Commissione ha valutato la domanda in oggetto e l’ha ritenuta idonea e in linea con i requisiti prefissati, e poiché raccomanda l’approvazione della richiesta, ho espresso voto favorevole.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Alla luce dell’impatto sociale della crisi economica globale, che ha sortito effetti particolarmente negativi sull’occupazione, un impiego adeguato del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) è d’importanza capitale per alleviare le condizioni avverse di molti cittadini europei e delle loro famiglie, contribuire alla loro reintegrazione sociale e sviluppo professionale e, al contempo, sviluppare una nuova forza lavoro qualificata che incontri le esigenze delle aziende e dia impulso all’economia. È in questo contesto che viene presentato questo piano di intervento per la Spagna, a fronte dei 350 esuberi in 143 imprese operanti nella divisione 13 NACE Rev. 2 (industrie tessili) nella regione NUTS II della Comunidad Valenciana. Auspico pertanto che le istituzioni europee raddoppino i loro sforzi per attuare misure volte ad accelerare e migliorare gli indici di utilizzo di una risorsa importante qual è il FEG, che attualmente denuncia livelli di mobilitazione molto bassi. Quest’anno è stato richiesto solamente l’11 per cento dei 500 milioni di euro disponibili.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Signor presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore della mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) a favore della Spagna perché ritengo tale strumento una valida risorsa di sostegno ai lavoratori in difficoltà a causa della crisi economica Il Fondo è stato creato nel 2006 per fornire un concreto supporto ai lavoratori licenziati per cause legate alla delocalizzazione delle relative aziende o, a seguito della deroga introdotta nel 2009, anche a causa della crisi economica, al fine di provvedere al loro reinserimento nel mercato del lavoro.
La votazione odierna riguardava 544 esuberi (di cui 350 ammessi all'aiuto del Fondo) in 143 imprese operanti nella divisione 13 NACE Rev. 2 ("industrie tessili"), per un importo finanziato dal FEG di 2 059 466 euro. Concludo accogliendo con favore l'approvazione della relazione, che dimostra come il FEG sia una risorsa utile ed efficace nella lotta alla disoccupazione come conseguenza della globalizzazione e della crisi economica.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Il settore tessile sta attualmente attraversando un periodo irto di difficoltà in tutta Europa. La Commissione propone di mobilitare 1 422 850 euro in risposta a 528 esuberi in 33 imprese del settore in Spagna. Ho espresso voto favorevole.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) L’UE è uno spazio di solidarietà, e il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) ne è parte integrante. Tale sostegno è esenziale per aiutare i disoccupati e le vittime dei trasferimenti delle aziende che si verificano in un mondo globalizzato. Sempre più società si trasferiscono altrove, sfruttando i costi della manodopera più bassi praticati in diversi paesi, in particolare Cina e India, con effetti deleteri sui paesi che rispettano i diritti dei lavoratori. Scopo del FEG è aiutare i lavoratori vittima dei trasferimenti aziendali, ed è uno strumento fondamentale per facilitare la loro riassunzione. Il FEG è stato utilizzato da altri paesi UE in passato, per cui adesso è giusto concedere tali aiuti alla Spagna, che ha presentato domanda di assistenza per 350 esuberi in 143 imprese operanti nella divisione 13 NACE Rev. 2 (industrie tessili) nella regione NUTS II della Comunidad Valenciana.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Tra il 13 aprile 2009 e il 12 gennaio 2010, 544 lavoratori sono stati licenziati da 143 imprese operanti nella divisione 13 NACE Rev. 2 (industrie tessili). Per erogare aiuti a vantaggio di 350 degli stessi, la Spagna ha chiesto di mobilitare 2 059 466 euro del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. Voto a favore della relazione, in quanto sono stati pienamente soddisfatti tutti i criteri per la mobilizzazione del fondo.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. – (DE) Poiché la percentuale di piccole e medie imprese specializzate principalmente nella produzione di arredamento, calzature, prodotti tessili, ceramiche e giocattoli della Comunidad Valenciana è molto elevata e il settore dei servizi rappresenta il 60 per cento della popolazione attiva della regione, tale industria è stata particolarmente penalizzata dal numero elevato di esuberi verificatisi negli ultimi due anni. L’impatto a livello locale è stato molto ingente. Pertanto, per noi è particolarmente importante rafforzare e continuare a sostenere il settore tessile. Ho quindi votato a favore della domanda in oggetto.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Poiché la Spagna ha chiesto aiuto per 350 esuberi in 143 imprese operanti nella divisione 13 NACE Rev. 2 (industrie tessili) nella regione NUTS II della Comunidad Valenciana, ho votato a favore della risoluzione, in quanto concordo con la proposta della Commissione così come modificata dal Parlamento.
Convengo inoltre che:
- il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) dovrebbe sostenere il reintegro dei singoli lavoratori in esubero nel mondo del lavoro, e ribadisco che l’assistenza del FEG non è deve sostituire le misure che sono di responsabilità delle aziende in virtù delle leggi nazionali o dei contratti collettivi, né è tesa a finanziare la ristrutturazione di aziende o settori;
- il funzionamento e valore aggiunto del FEG andrebbero verificati nel contesto della valutazione generale dei programmi e di altri diversi strumenti creati dall’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006.
Accolgo con favore la proposta della Commissione di istituire una fonte di stanziamenti di pagamento alternativa rispetto alle risorse inutilizzate del Fondo sociale europeo, dando seguito ai ripetuti appelli del Parlamento secondo cui il FEG è stato istituito come strumento separato e specifico con le proprie finalità e scadenze, e vanno pertanto identificate linee di bilancio adeguate per tali storni.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) La richiesta presentata dalla Spagna di attingere al Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) riguarda 544 esuberi (350 dei quali sono idonei a beneficiare del sostegno) in 143 imprese operanti nella divisione 13 NACE Rev. 2 (industrie tessili) nella regione NUTS II della Comunidad Valenciana. Stando alla valutazione della Commissione, tale domanda soddisfa tutti i requisiti di ammissibilità legalmente prefissati. Di fatto, ai sensi del regolamento (CE) 546/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 giugno 2009 che modifica il regolamento (CE) 1927/2006 sull’istituzione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, il campo di applicazione del FEG è stato temporaneamente ampliato per giustificarne l’intervento in situazioni come questa, in cui si verificano “almeno 500 esuberi in un periodo di nove mesi, in particolare in piccole o medie imprese, in una NACE divisione 2 all’interno di una o due regioni NUTS II contigue” quale conseguenza diretta della crisi finanziaria ed economica globale. Ho pertanto votato a favore della risoluzione, nella speranza che la mobilizzazione del FEG aiuti questi lavoratori a rientrare con successo nel mercato del lavoro.
Izaskun Bilbao Barandica (ALDE), per iscritto. – (ES) Ho votato a favore di questa iniziativa che interessa 330 dei 528 esuberi avvenuti durante un periodo di nove mesi in 66 imprese di Valencia nel settore della lavorazione della pietra naturale, che potranno ricevere un aiuto supplementare per agevolare il loro reinserimento nel mercato del lavoro. Dei lavoratori licenziati, il 62 per cento ha un’età superiore ai 45 anni, tre sono disabili, il 51 per cento non ha un’istruzione e il 34,4 per cento dispone soltanto di un’istruzione di base.
La Comunità Valenciana ha già ricevuto altri aiuti in riferimento alla perdita di posti di lavoro nel settore manifatturiero e bisogna quindi intraprendere misure urgenti, tra le quali è imprescindibile la mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. In conclusione, mi rammarico ancora una volta per il fatto che il governo spagnolo sia intervenuto con estremo ritardo, ovvero un anno e tre mesi dopo i licenziamenti, mentre si tratta di misure che devono essere applicate immediatamente e con urgenza.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Considerando che la Spagna ha richiesto assistenza in relazione a 300 esuberi in 66 imprese operanti nella divisione 23 NACE Rev. 2 (Fabbricazione di prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi) nella regione Nuts II della Comunità Valenciana, ho votato a favore della presente risoluzione in quanto concordo con la proposta della Commissione come emendata dal Parlamento. Concordo inoltre sul fatto che il funzionamento e il valore aggiunto del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione debbano essere valutati nel contesto della valutazione generale dei programmi e degli altri strumenti creati dall’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006, nell’ambito della revisione intermedia del quadro finanziario pluriennale 2007-2013.
Mário David (PPE), per iscritto. – (PT) L’assistenza ai lavoratori licenziati a seguito della ristrutturazione e delocalizzazione deve essere dinamica, flessibile e resa disponibile nel modo più rapido ed efficiente possibile. Alla luce dei cambiamenti strutturali nei flussi commerciali internazionali è importante che l’economia europea attui rapidamente strumenti a sostegno dei lavoratori interessati da tali cambiamenti, fornendo loro al contempo le competenze necessarie per un rapido reinserimento nel mercato del lavoro. Per questo motivo il sostegno finanziario deve essere erogato su base individuale. Va sottolineato che l’assistenza fornita non solleva le imprese dalle loro responsabilità, né è finalizzata a finanziarle o ad aiutarle nella ristrutturazione. Considerando che la Spagna ha richiesto assistenza in relazione a 300 esuberi in 66 imprese operanti nella divisione 23 NACE Rev. 2 (fabbricazione di prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi) nella regione della Comunità Valenciana, ho votato generalmente a favore della relazione o, in altre parole, a favore della mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per sostenere la Spagna.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Oggi stiamo approvando un pacchetto di aiuti per un totale di 1 422 850 euro dal Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione a favore della Spagna, un paese gravemente colpito dalla crisi economica globale e che ha registrato, in particolare, un aumento del tasso di disoccupazione fino a superare la media europea. Nel caso specifico, la richiesta di aiuti riguarda 528 esuberi in 66 imprese operanti nella divisione 23 NACE rev. 2 (fabbricazione di prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi). Mi auguro che l’economia spagnola riesca a reagire in modo adeguato alla crisi, in quanto la mobilitazione del FEG è solamente una parte della soluzione.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Considerando l’impatto sociale della crisi economica globale, che ha interessato in modo particolare l’occupazione, un corretto impiego del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) è di vitale importanza nell’alleggerire le difficoltà di numerose persone e famiglie europee, contribuendo alla loro integrazione sociale e sviluppo professionale. In questo modo inoltre si risponderà alle necessità delle imprese con nuove risorse qualificate, con un notevole vantaggio per l’economia. Proprio da questo contesto nasce il presente piano di intervento per la Spagna, in relazione a 66 imprese operanti nella divisione 23 NACE Rev. 2 ("Fabbricazione di prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi") nella regione NUTS II della Comunità Valenciana. Mi auguro quindi che le istituzioni europee confermino il proprio impegno nell’attuazione delle misure destinate ad accelerare e migliorare il livello di impiego di una risorsa tanto importante quanto il FEG, che registra attualmente bassi livelli di mobilitazione. Quest’anno è stato richiesto solamente l’11 per cento dei 500 milioni di euro disponibili.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Signor presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore della mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) a favore della Spagna perché ritengo tale strumento una valida risorsa di sostegno ai lavoratori in difficoltà a causa della crisi economica. Il Fondo è stato creato nel 2006 per fornire un concreto supporto ai lavoratori licenziati per cause legate alla delocalizzazione delle relative aziende o, a seguito della deroga introdotta nel 2009, anche a causa della crisi economica, al fine di provvedere al loro reinserimento nel mercato del lavoro.
La votazione odierna riguardava una richiesta di supporto per 528 esuberi (di cui 300 ammessi all'aiuto del Fondo) in 66 imprese operanti nella divisione 23 NACE Rev. 2 ("Fabbricazione di prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi"), per un importo finanziato dal FEG di 1 422 850 euro.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) La domanda si riferisce alla mobilitazione dal FEG di un importo totale di 1 422 850 euro per la Spagna. Essa riguarda 528 esuberi in 66 imprese operanti nella divisione 23 NACE Rev. 2 (Fabbricazione di prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi) durante il periodo di riferimento di nove mesi dal 31 marzo al 30 dicembre 2009. La valutazione della Commissione si è basata sull'esame dei seguenti elementi: il legame tra gli esuberi e i grandi cambiamenti strutturali nei flussi commerciali mondiali o la crisi finanziaria, la natura imprevista degli esuberi in questione, la dimostrazione del numero degli esuberi e la conformità ai criteri di cui all'articolo 2, lettera a), la spiegazione della natura imprevista dei licenziamenti, l'identificazione delle imprese che hanno operato i licenziamenti e dei lavoratori ammessi all'assistenza, il territorio in questione con le rispettive autorità e soggetti interessati, l'impatto dei licenziamenti sull'occupazione locale, regionale o nazionale, il pacchetto coordinato di servizi personalizzati da finanziare, compresa la sua complementarità con le azioni finanziate dai Fondi strutturali, le date di inizio effettivo o previsto dei servizi personalizzati per i lavoratori interessati, le procedure di consultazione delle parti sociali e i sistemi di gestione e di controllo. In base alla valutazione della Commissione, la domanda soddisfa i criteri di ammissibilità stabiliti dal regolamento FEG e per questo ho votato a favore della relazione.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Mi sono astenuto dalla votazione sulla considerazione che i lavoratori spagnoli di imprese quali la Levantina sono stati sacrificati sull’altare della globalizzazione. Considerando la situazione in cui sono stati gettati da politiche neoliberali sostenute dall’Unione europea, si potrebbe essere tentati di votare contro la relazione, anche visto il miserevole importo degli aiuti, che, per quanto esigui, potrebbero però comunque alleviare le sofferenze dei lavoratori. Questo elemento non rende comunque più tollerabile la logica del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. Si sostiene in questo modo la logica che ha permesso alla Charterhouse e all’Impala Funds di aumentare il proprio capitale alle spese dei lavoratori della Levantina nella Comunità Valenciana.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) L'Unione europea è uno spazio di solidarietà di cui fa parte il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG). Quest’assistenza è fondamentale per sostenere le persone disoccupate e vittime della delocalizzazione nell’era della globalizzazione. Sempre più imprese ricorrono alla delocalizzazione, traendo vantaggio dal minore costo del lavoro in determinati paesi, quali Cina e India, danneggiando così i paesi che rispettando i diritti dei lavoratori. L’obiettivo del FEG è aiutare i lavoratori che sono rimasti vittima delle imprese che decidono di delocalizzare ed è fondamentale agevolare il loro accesso a un nuovo posto di lavoro. Altri paesi europei hanno fatto in passato ricorso al FEG ed è quindi giusto fornire questo sostegno anche alla Spagna, che ha richiesto assistenza in relazione a 300 esuberi in 66 imprese operanti nella divisione 23 NACE Rev. 2 ("Fabbricazione di prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi") nella regione NUTS II della Comunità Valenciana.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Il FEG dispone di un massimale annuo di 500 milioni di euro. Considerando che vi sono stati 528 esuberi in 66 imprese in Spagna tra il 31 marzo 2009 e il 30 dicembre 2009, non sorprende affatto la mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per un importo di 1 422 850 euro. Ho votato a favore della relazione in quanto accolgo con favore il pieno utilizzo del Fondo.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. – (DE) Sostengo questa richiesta che tenta di attutire gli effetti dei numerosi esuberi in questo settore e di sostenere il reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori licenziati a causa della crisi finanziaria ed economica globale.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Considerando che la Spagna ha richiesto assistenza in relazione a 300 esuberi in 66 imprese operanti nella divisione 23 NACE Rev. 2 (Fabbricazione di prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi) nella regione NUTS II della Comunità Valenciana, ho votato a favore della presente risoluzione in quanto concordo con la proposta della Commissione e con i relativi emendamenti presentati dal Parlamento.
Concordo inoltre sul fatto che:
- il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) sostenga il reinserimento nel mercato del lavoro dei singoli lavoratori in esubero, ribadendo che l'aiuto del FEG non deve sostituire le azioni che sono di competenza delle imprese in forza della legislazione nazionale o dei contratti collettivi, né le misure relative alla ristrutturazione di imprese o settore;
- il funzionamento e il valore aggiunto del FEG dovrebbero essere valutati nel contesto della valutazione generale dei programmi e degli altri strumenti creati dall'accordo interistituzionale del 17 maggio 2006.
Accolgo con favore la proposta della Commissione europea di stabilire una fonte alternativa di stanziamenti di pagamento rispetto ai fondi non utilizzati del Fondo sociale europeo, dopo che a più riprese il Parlamento europeo ha ricordato la necessità di individuare meccanismi di bilancio adeguati per gli storni, considerando che il FEG è stato creato quale strumento specifico e distinto, con obiettivi e scadenze proprie.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) La richiesta di assistenza della Spagna di mobilitare il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) in relazione a 300 dei 528 esuberi in 66 imprese operanti nella divisione 23 NACE Rev. 2 (Fabbricazione di prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi) nella regione NUTS II della Comunità Valenciana soddisfa tutti i criteri di ammissibilità stabiliti. Ai sensi del regolamento (CE) n. 546/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1927/2006 che istituisce un Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, il campo di applicazione del FEG viene temporaneamente esteso: viene quindi previsto l’intervento anche in situazioni come quella in oggetto, risultato diretto della crisi economica e finanziaria globale, ove si registra “l’esubero di almeno 500 dipendenti, nell’arco di nove mesi, in particolare in piccole e medie imprese, di una divisione NACE 2, in una regione o in due regioni contigue di livello NUTS II”. Ho quindi votato a favore della risoluzione e mi auguro che l’assistenza del Fondo contribuirà a un efficace reinserimento dei lavoratori nel mercato del lavoro.
Izaskun Bilbao Barandica (ALDE), per iscritto. – (ES) La crisi ha determinato un calo del 28 per cento nel numero di immatricolazioni di nuove automobili; nelle Terras del Ebre (Catalogna) l'occupazione nel settore dei servizi è ora al 60 per cento. La chiusura della Lear Automotive ha comportato un aumento del 4 per cento del tasso di disoccupazione nella zona, che nel 2009 era già pari al 22,7 per cento.
L’assistenza è volta a fornire un pacchetto di servizi personalizzati analogo a quello già fornito per 1 429 dei 2 330 esuberi nella stessa regione e nello stesso settore; la presente richiesta riguarda 508 dei 515 esuberi verificatisi nel 2010 durante il periodo di riferimento di 4 mesi a causa della chiusura dell'azienda Lear Automotive. Ho votato a favore di questa iniziativa per permettere ai lavoratori licenziati di reinserirsi nel mercato del lavoro, contribuendo a ridurre la disoccupazione.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Considerando che la Spagna ha richiesto assistenza in relazione a 508 esuberi nell’azienda Lear Automotive (EEDS) Spain, S.L. Sociedad Unipersonal, operante nel settore automobilistico, ho votato a favore della risoluzione perché concordo con la proposta della Commissione, come emendata dal Parlamento. Concordo inoltre sul fatto che la proposta della Commissione, presentata nella sua dichiarazione, includa informazioni chiare e particolareggiate sulla domanda, analizzando i criteri di ammissibilità e spiegando le ragioni che hanno contribuito all’approvazione, in linea con quanto richiesto dal Parlamento.
Mário David (PPE), per iscritto. – (PT) L’assistenza ai lavoratori licenziati a seguito della ristrutturazione e delocalizzazione deve essere dinamica, flessibile e resa disponibile nel modo più rapido ed efficiente possibile. Alla luce dei cambiamenti strutturali nei flussi commerciali mondiali è fondamentale che l’economia europea sia in grado di impiegare gli strumenti creati a sostegno dei lavoratori interessati da tali cambiamenti, fornendo loro al contempo nuove competenze per un rapido reinserimento nel mercato del lavoro. Per questo motivo il sostegno finanziario deve essere erogato su base individuale. Va sottolineato che l’assistenza fornita non deve sostituire le normali responsabilità delle imprese, né intende finanziare le imprese o la loro ristrutturazione. Considerando che la Spagna ha richiesto assistenza in relazione a 508 esuberi nell'azienda Lear Automotive (EEDS), operante nel settore automobilistico nella regione della Catalogna, ho votato generalmente a favore della relazione o, in altre parole, a favore della mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per sostenere la Spagna.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Oggi stiamo di nuovo per approvare la mobilitazione di un pacchetto di assistenza dal Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per un importo di 382 000 euro a sostegno del settore automobilistico spagnolo. Questo particolare caso riguarda 515 esuberi nell'azienda Lear Automotive (EEDS) Spain, operante nel settore automobilistico in Catalogna. Prima della crisi, il settore automobilistico era una delle fonti più importanti esportazione. La riduzione della richiesta di autovetture nell’Unione europea a seguito della crisi minaccia ulteriori perdite in termini di posti di lavoro, non solo in Spagna ma in tutta l’UE; è quindi fondamentale che l’utilizzo del FEG possa effettivamente assistere un settore tanto importante per l’economia europea.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Considerando l’impatto sociale della crisi economica globale, che ha interessato in modo particolare l’occupazione, un corretto impiego del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) è di vitale importanza nell’alleggerire le difficoltà di numerose persone e famiglie europee, contribuendo alla loro integrazione sociale e sviluppo professionale. In questo modo inoltre si risponderà alle necessità delle imprese con nuove risorse qualificate, con un notevole vantaggio per l’economia. Proprio da questo contesto nasce il presente piano di intervento per la Spagna, in relazione a 508 esuberi nell'azienda Lear Automotive (EEDS) Spain, S.L. Sociedad Unipersonal, operante nel settore automobilistico. Mi auguro quindi che le istituzioni europee confermino il proprio impegno nell’attuazione delle misure destinate ad accelerare e migliorare il livello di impiego di una risorsa tanto importante quanto il FEG, che registra attualmente bassi livelli di mobilitazione. Quest’anno è stato richiesto solamente l’11 per cento dei 500 milioni di euro disponibili.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Signor presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore della mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) a favore della Spagna perché ritengo tale strumento una valida risorsa di sostegno ai lavoratori in difficoltà a causa della crisi economica Il Fondo è stato creato nel 2006 per fornire un concreto supporto ai lavoratori licenziati per cause legate alla delocalizzazione delle relative aziende o, a seguito della deroga introdotta nel 2009, anche a causa della crisi economica, al fine di provvedere al loro reinserimento nel mercato del lavoro.
La relazione oggi approvata riguardava una richiesta di supporto per 515 lavoratori licenziati, di cui 508 ammessi all'aiuto del Fondo, nell'azienda Lear Automotive (EEDS) Spain, operante nel settore automobilistico in Catalogna, per un importo finanziato dal FEG di 382 200 euro. Concludo accogliendo con favore l'approvazione della relazione, che dimostra come il FEG sia una risorsa utile ed efficace nella lotta alla disoccupazione come conseguenza della globalizzazione e della crisi economica.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) La situazione economica negativa del settore automobilistico ha determinato 515 esuberi nella Lear Automotive (Spagna). Sostengo la proposta di mobilitare 382 200 euro dal Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per assistere i lavoratori licenziati.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Mi sono astenuto dalla votazione sulla considerazione che i lavoratori spagnoli della Lear Automotive sono stati sacrificati sull’altare della globalizzazione. Considerando la situazione in cui sono stati gettati da politiche neoliberali sostenute dall’Unione europea, si potrebbe essere tentati di votare contro la relazione, anche visto il miserevole importo degli aiuti, che, per quanto esigui, potrebbero però comunque alleviare le sofferenze dei lavoratori. Questo elemento non rende comunque più tollerabile la logica del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. Si sostiene in questo modo la logica che ha permesso a questa multinazionale statunitense e ai suoi principali azionisti, alla Pezna Investment Management e al fondo pensione per gli insegnanti californiani, di delocalizzare il lavoro senza la benché minima considerazione per quanti li hanno resi ricchi.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) L'Unione europea è uno spazio di solidarietà di cui fa parte il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG). Quest’assistenza è fondamentale per sostenere le persone disoccupate e vittime della delocalizzazione nell’era della globalizzazione. Sempre più imprese ricorrono alla delocalizzazione, traendo vantaggio dal minore costo del lavoro in determinati paesi, quali Cina e India, danneggiando così i paesi che rispettando i diritti dei lavoratori. L’obiettivo del FEG è aiutare i lavoratori che sono rimasti vittima delle imprese che decidono di delocalizzare ed è fondamentale agevolare il loro accesso a un nuovo posto di lavoro. Altri paesi europei hanno fatto in passato ricorso al FEG ed è quindi giusto fornire questo sostegno anche alla Spagna, che ha richiesto assistenza in relazione a 508 esuberi della Lear Automotive (EEDS) Spain, S.L. Sociedad Unipersonal operante nel settore automobilistico in Catalogna.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Per essere in grado di richiedere stanziamenti dal Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione e per la seguente approvazione della richiesta, è necessario soddisfare una serie di criteri. L’obiettivo del FEG è sostenere i lavoratori che sono stati licenziati a seguito della crisi economica e finanziaria, attraverso misure che ne garantiscano il rapido reinserimento nel mercato del lavoro. A questo scopo, il Fondo dispone di un importo annuo pari a 500 milioni di euro; un’impresa deve avere almeno 500 esuberi (proprio come la Lear Automotive, che soddisfa tutti i criteri di ammissibilità) affinché la Spagna possa presentare la richiesta di aiuti. Ho votato a favore della relazione in quanto esprime esattamente l’obiettivo del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Considerando che la Spagna ha richiesto assistenza in relazione a 508 esuberi nell'azienda Lear Automotive (EEDS) Spain, S.L. Sociedad Unipersonal, operante nel settore automobilistico, ho votato a favore della risoluzione in quanto concordo con la proposta della Commissione e con i relativi emendamenti presentati dal Parlamento.
Concordo inoltre sul fatto che:
- il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) sostenga il reinserimento nel mercato del lavoro dei singoli lavoratori in esubero, ribadendo che l'aiuto del FEG non deve sostituire le azioni che sono di competenza delle imprese in forza della legislazione nazionale o dei contratti collettivi, né le misure relative alla ristrutturazione di imprese o settore;
- il funzionamento e il valore aggiunto del FEG dovrebbero essere valutati nel contesto della valutazione generale dei programmi e degli altri strumenti creati dall'accordo interistituzionale del 17 maggio 2006.
Accolgo con favore la proposta della Commissione europea di stabilire una fonte alternativa di stanziamenti di pagamento rispetto ai fondi non utilizzati del Fondo sociale europeo, dopo che a più riprese il Parlamento europeo ha ricordato la necessità di individuare meccanismi di bilancio adeguati per gli storni, considerando che il FEG è stato creato quale strumento specifico e distinto, con obiettivi e scadenze proprie.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) La richiesta di assistenza della Spagna di mobilitare il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) in relazione a 508 esuberi nell'azienda Lear Automotive (EEDS) Spain, S.L. Sociedad Unipersonal, operante nel settore automobilistico soddisfa tutti i criteri di ammissibilità stabiliti. Ai sensi del regolamento (CE) n. 546/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1927/2006 che istituisce un Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, il campo di applicazione del FEG viene temporaneamente esteso: viene quindi previsto l’intervento anche in situazioni come quella in oggetto, risultato diretto della crisi economica e finanziaria globale, ove si registra “l’esubero di almeno 500 dipendenti, nell’arco di nove mesi, in particolare in piccole e medie imprese, di una divisione NACE 2, in una regione o in due regioni contigue di livello NUTS II”. Ho quindi votato a favore della risoluzione e mi auguro che l’assistenza del Fondo contribuirà a un efficace reinserimento dei lavoratori nel mercato del lavoro.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Considerando che la Polonia ha richiesto assistenza in relazione a 189 esuberi nell'azienda H. Cegielski-Poznań e in quattro suoi fornitori, operanti nel settore della fabbricazione di motori marini diesel, ho votato a favore della risoluzione perché concordo con la proposta della Commissione, come emendata dal Parlamento. Concordo inoltre sul fatto che occorre garantire che il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) sostenga il reinserimento nel mercato del lavoro dei singoli lavoratori in esubero e vorrei ribadire che l'aiuto del FEG non deve sostituire le azioni che sono di competenza delle imprese in forza della legislazione nazionale o dei contratti collettivi, né le misure relative alla ristrutturazione di imprese o settori.
Mário David (PPE), per iscritto. – (PT) L’assistenza ai lavoratori licenziati a seguito della ristrutturazione e delocalizzazione deve essere dinamica, flessibile e resa disponibile nel modo più rapido ed efficiente possibile. Alla luce dei cambiamenti strutturali nei flussi commerciali internazionali è importante che l’economia europea attui rapidamente strumenti a sostegno dei lavoratori interessati da tali cambiamenti, fornendo loro al contempo le competenze necessarie per un rapido reinserimento nel mercato del lavoro. Per questo motivo il sostegno finanziario deve essere erogato su base individuale. Va sottolineato che l’assistenza fornita non solleva le imprese dalle loro responsabilità, né è finalizzata a finanziarle o ad aiutarle nella ristrutturazione. Considerando che la Polonia ha richiesto assistenza in relazione a 189 esuberi nell'azienda H. Cegielski-Poznań, operante nel settore della fabbricazione di motori marini diesel utilizzati per la propulsione di navi e nelle centrali elettriche, e in quattro suoi fornitori, ho votato generalmente a favore della relazione o, in altre parole, a favore della mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per sostenere la Polonia.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Oggi stiamo per approvare il pacchetto di assistenza dal Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per un importo di 114 250 euro a favore della Polonia, affinché possa affrontare le conseguenze legate ai 658 esuberi in quattro stabilimenti dell’impresa H. Cegielski-Poznań, produttrice di motori marini diesel, e in quattro suoi fornitori nella città e nel distretto di Poznań. Come ho sempre detto, questa assistenza è molto importante per affrontare i sintomi imminenti, ma non è una soluzione definitiva ai problemi delle imprese europee, legati non solamente alla crisi economica attuale, ma anche alla necessità dell’Europa di adeguarsi a un mondo in continuo cambiamento dove la competitività è fondamentale.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Considerando l’impatto sociale della crisi economica globale, che ha interessato in modo particolare l’occupazione, un corretto impiego del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) è di vitale importanza nell’alleggerire le difficoltà di numerose persone e famiglie europee, contribuendo alla loro integrazione sociale e sviluppo professionale. In questo modo inoltre si risponderà alle necessità delle imprese con nuove risorse qualificate, con un notevole vantaggio per l’economia. Proprio da questo contesto nasce il presente piano di intervento per la Polonia, in relazione a 189 esuberi nell'azienda H. Cegielski-Poznań, produttrice di motori marini diesel, e in quattro suoi fornitori. Mi auguro quindi che le istituzioni europee confermino il proprio impegno nell’attuazione delle misure destinate ad accelerare e migliorare il livello di impiego di una risorsa tanto importante quanto il FEG, che registra attualmente bassi livelli di mobilitazione. Quest’anno è stato richiesto solamente l’11 per cento dei 500 milioni di euro disponibili.
Jarosław Kalinowski (PPE), per iscritto. – (PL) La crisi economica globale ha determinato importanti cambiamenti strutturali per molte imprese che hanno portato alla perdita di numerosi posti di lavoro. La proposta in esame fa riferimento all’assistenza per un gruppo di lavoratori licenziati nella regione polacca di Wielkopolskie. Una seconda proposta di assistenza finanziaria al voto oggi fa riferimento a centinaia di altri esuberi nella stessa regione, il cui mercato locale risulta quindi notevolmente sconvolto. Sono lieto che la Commissione europea abbia confermato che la richiesta soddisfa tutti i requisiti necessari per ottenere l’assistenza finanziaria. I lavoratori licenziati potranno quindi essere reintegrati nel loro vecchio posto di lavoro oppure trovarne uno nuovo, mentre i proprietari delle imprese potranno usufruire del sostegno per mitigare gli effetti negativi della crisi globale, mantenendo la loro posizione nel mercato.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Signor presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore della mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) a favore della Polonia. Il Fondo è stato creato nel 2006 per fornire un concreto supporto ai lavoratori licenziati per cause legate alla delocalizzazione delle relative aziende o, a seguito della deroga introdotta nel 2009, anche a causa della crisi economica, al fine di provvedere al loro reinserimento nel mercato del lavoro. La votazione odierna riguardava una richiesta di supporto per 658 lavoratori licenziati, di cui 189 ammessi all'assistenza del Fondo, nell'azienda H. Cegielski-Poznań e in quattro suoi fornitori, operante nel settore della fabbricazione di motori marini diesel nelle città di Poznań e Poviat, per un importo finanziato dal FEG di 114 250 euro.
Ricordo, infine, che con l'approvazione delle odierne relazioni, si dimostra ancora una volta l'importanza del FEG, valida risorsa di sostegno ai lavoratori in difficoltà a causa della crisi economica ed efficace strumento di lotta alla disoccupazione.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della richiesta di mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per assistere 658 esuberi nell'azienda H. Cegielski-Poznań e in quattro suoi fornitori, operante nel settore della fabbricazione di motori marini diesel nella città di Poznań e nelle zone circostanti. Sostegno la proposta della Commissione di un impegno pari a 114 250 euro.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Mi sono astenuto dalla votazione sulla considerazione che i lavoratori dell’industria automobilistica polacca sono stati sacrificati sull’altare della globalizzazione. Considerando la situazione in cui sono stati gettati da politiche neoliberali sostenute dall’Unione europea, si potrebbe essere tentati di votare contro la relazione, anche visto il miserevole importo degli aiuti, che, per quanto esigui, potrebbero però comunque alleviare le sofferenze dei lavoratori. Questo elemento non rende comunque più tollerabile la logica del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. Si sostiene in questo modo la logica che ha portato alla privatizzazione delle aziende statali quali la Ciegielski-Poznań.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) L'Unione europea è uno spazio di solidarietà di cui fa parte il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG). Quest’assistenza è fondamentale per sostenere le persone disoccupate e vittime della delocalizzazione nell’era della globalizzazione. Sempre più imprese ricorrono alla delocalizzazione, traendo vantaggio dal minore costo del lavoro in determinati paesi, quali Cina e India, danneggiando così i paesi che rispettando i diritti dei lavoratori. L’obiettivo del FEG è aiutare i lavoratori che sono rimasti vittima delle imprese che decidono di delocalizzare ed è fondamentale agevolare il loro accesso a un nuovo posto di lavoro. Altri paesi europei hanno fatto in passato ricorso al FEG ed è quindi giusto fornire questo sostegno anche alla Polonia, che ha richiesto assistenza in relazione a 189 esuberi nella H. Cegielski-Poznań, produttrice di motori marini diesel, e in Quattro suoi fornitori.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) L’Unione europea ha istituito il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per permettere agli Stati membri di assistere in modo concreto i lavoratori che hanno perso il proprio posto di lavoro a seguito della crisi economica e finanziaria globale. La mobilitazione del Fondo è volta ad agevolare il reinserimento nel mercato del lavoro delle persone licenziate. ho votato a favore della relazione in quanto la Polonia ha bisogno di sostegno per 658 esuberi nell’impresa H. Cegielski-Poznán.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Considerando che la Polonia ha richiesto assistenza in relazione a 189 esuberi nell'azienda H. Cegielski-Poznań e in quattro suoi fornitori, operante nel settore della fabbricazione di motori marini diesel, ho votato a favore della risoluzione in quanto concordo con la proposta della Commissione e con i relativi emendamenti presentati dal Parlamento.
Concordo inoltre sul fatto che:
- il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) sostenga il reinserimento nel mercato del lavoro dei singoli lavoratori in esubero, ribadendo che l'aiuto del FEG non deve sostituire le azioni che sono di competenza delle imprese in forza della legislazione nazionale o dei contratti collettivi, né le misure relative alla ristrutturazione di imprese o settore;
- il funzionamento e il valore aggiunto del FEG dovrebbero essere valutati nel contesto della valutazione generale dei programmi e degli altri strumenti creati dall'accordo interistituzionale del 17 maggio 2006.
Accolgo con favore la proposta della Commissione europea di stabilire una fonte alternativa di stanziamenti di pagamento rispetto ai fondi non utilizzati del Fondo sociale europeo, dopo che a più riprese il Parlamento europeo ha ricordato la necessità di individuare meccanismi di bilancio adeguati per gli storni, considerando che il FEG è stato creato quale strumento specifico e distinto, con obiettivi e scadenze proprie.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) La richiesta di assistenza della Polonia di mobilitare il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) in relazione a 189 dei 658 licenziamenti verificatisi durante il periodo di riferimento di 4 mesi tra il 1° settembre 2009 e il 1° gennaio 2010 nell'impresa H. Cegielski-Poznań, produttrice di motori marini diesel, e in quattro dei suoi fornitori, soddisfa tutti i criteri di ammissibilità stabiliti. Ai sensi del regolamento (CE) n. 546/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1927/2006 che istituisce un Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, il campo di applicazione del FEG viene temporaneamente esteso: viene quindi previsto l’intervento anche in situazioni come quella in oggetto, risultato diretto della crisi economica e finanziaria globale, ove si registra “l’esubero di almeno 500 dipendenti di un’impresa nell’arco di quattro mesi in uno Stato membro, compresi i lavoratori in esubero dei fornitori o dei produttori a valle di tale impresa”. Ho quindi votato a favore della risoluzione e mi auguro che l’assistenza del Fondo contribuirà a un efficace reinserimento dei lavoratori nel mercato del lavoro.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Adottando questo testo, il Parlamento europeo chiede alle istituzioni interessate di compiere gli sforzi necessari per accelerare la mobilitazione del FEG. Il Parlamento ricorda inoltre l'impegno delle istituzioni volto a garantire una procedura agevole e rapida per l'adozione delle decisioni relative alla mobilitazione del FEG, apportando un aiuto specifico, una tantum e limitato nel tempo, ai lavoratori in esubero a causa della globalizzazione e della crisi finanziaria ed economica. Sottolinea il ruolo del FEG nel reinserimento al lavoro dei lavoratori in esubero, ricordando che, in conformità dell'articolo 6 del regolamento FEG, occorre garantire che il Fondo sostenga il reinserimento nel mercato del lavoro dei singoli lavoratori in esubero. Il Parlamento ribadisce infine che l'aiuto del FEG non deve sostituire le azioni che sono di competenza delle imprese in forza della legislazione nazionale o dei contratti collettivi, né le misure relative alla ristrutturazione di imprese o settori.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) è deplorevole che questa proposta, che risale al 2003 e il cui obiettivo è fornire ai rifugiati lo status di soggiornante di lungo periodo dopo cinque anni di soggiorno legale e ininterrotto, non sia stata attuata nel periodo di intervento. Con gli emendamenti proposti dal Parlamento europeo nell’aprile 2008 che concernevano, tra l’altro, le modalità di calcolo dei cinque anni di soggiorno precedenti la domanda di status di residenti, e mancando l’unanimità del Consiglio, questa nuova proposta aiuterà direttamente i beneficiari di protezione internazionale che risiedono legalmente sul territorio di uno Stato membro da almeno cinque anni, ma che ancora non hanno lo status di residenti.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione che sostiene che il campo di applicazione della proposta debba includere sia i rifugiati tutelati dalla Convenzione di Ginevra, sia i beneficiari di protezione sussidiaria. Nella relazione il Parlamento europeo appoggia la proposta della Commissione prende in considerazione l'impegno di proteggere gli interessi dei beneficiari di protezione internazionale. Vorrei attirare la vostra attenzione sul fatto che la situazione dei cittadini di paesi terzi beneficiari di protezione internazionale è confusa e poco chiara a causa della mancanza di armonizzazione delle condizioni per garantire lo status di residenti. Secondo la proposta della Commissione, tali condizioni e procedure verranno semplificate e chiarite nell’Unione europea. la nuova direttiva, inoltre, permetterà ai beneficiari di protezione internazionale divenuti soggiornanti a lungo termine di prendere la residenza in uno Stato membro diverso da quello in cui sono riconosciuti.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) L’iniziativa presentata fa seguito alla proposta del 2007 per una direttiva sull'estensione dello status di soggiornanti a lungo termine ai rifugiati e ai beneficiari di protezione sussidiaria, che non ha però mai raggiunto l'unanimità al Consiglio necessaria prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona. L'obiettivo principale della proposta era di garantire ai beneficiari di protezione internazionale legalmente residenti in uno Stato membro da almeno cinque anni la certezza del diritto quanto al loro soggiorno in uno Stato membro e offrire loro diritti comparabili a quelli dei cittadini dell'UE.
Il compromesso raggiunto è di notevole importanza, non solo in quanto assicura ai rifugiati all’interno dell’Unione europea un alto livello di protezione e di certezza del diritto, ma anche in quanto il trattamento discriminatorio nei confronti dei cittadini extra comunitari è stato finalmente abolito.
Si tratta anche di un importante segnale politico, poiché l’adozione di questa iniziativa, la prima di una serie di sei normative, non rappresenta solamente un primo passo, ma riflette anche l’approccio costruttivo alla base delle tre istituzioni nella creazione di un sistema comune europeo di asilo entro il 2012.
Ioan Enciu (S&D), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore dell’adozione di questa direttiva, che richiede di emendare una direttiva del 2003 per consentire ai beneficiari di protezione internazione (in particolare ai rifugiati) di ottenere lo status di soggiornanti di lungo periodo all’interno dell’Unione europea, a condizione che soggiornino legalmente sul territorio dell'UE da oltre cinque anni. Una volta ottenuto lo status, godranno di diritti analoghi a tutti gli altri cittadini e saranno in grado, per esempio, di muoversi e stabilirsi in qualsiasi Stato europeo (ad eccezione di Regno Unito, Danimarca, e Irlanda). Viene inoltre stabilito che i beneficiari di protezione internazionale possono ancora essere espulsi dall’Unione europea, ma solamente secondo norme molto rigide e tenendo in considerazione il principio di respingimento e i diritti garantiti principalmente dalla Carta dei diritti fondamentali.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La proposta mira ad ampliare il campo di applicazione della direttiva 2003/109/CE del Consiglio relative allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo e dei beneficiari di protezione internazionale legalmente residenti in uno Stato membro da almeno cinque anni. Considerando i beneficiari di protezione internazionale in modo paritario in tutti gli Stati membri, una simile misura mette termine alle disparità sinora esistenti tra gli Stati membri e, a differenza di quanto accadeva in precedenza, consentirebbe alle persone in questione di stabilirsi in uno Stato membro diverso da quello in cui sono riconosciuti. Queste misure sono fondamentali soprattutto perché stiamo costruendo uno spazio di libertà e sicurezza in Europa, un’area dove chi è debitamente riconosciuto e tutelato dal diritto internazionale deve godere dei medesimi diritti in tutti gli Stati membri.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) Dopo un primo tentativo fallito, è finalmente giunto il momento che anche i beneficiari di protezione internazionale godano di pari trattamento rispetto agli altri cittadini di paesi terzi che sono soggiornanti di lungo periodo. In effetti, non vi sono motivi che giustifichino un diverso trattamento o una tale incertezza in relazione al loro status all’interno dell’Unione. sostengo quindi la relazione Moraes, la quale ha reso possibile, tra l’altro, il rafforzamento delle garanzie contro il “respingimento” e, nonostante le riserve espresse, ha permesso di raggiungere il ragguardevole limite di cinque anni di soggiorno. Un altro aspetto significativo da sottolineare è il fatto che questo è l’unico testo del “pacchetto asilo” ad essere infine adottato sotto la Presidenza belga del Consiglio dell’Unione europea, nonostante gli impegni assunti all’inizio del mandato. Dobbiamo portare avanti questo duro lavoro per garantire che il sistema comune europeo di asilo, istituito su procedure e condizioni di recepimento condivise, diventi infine una realtà in seno all’Unione. La posta in gioco oggi è molto chiara: solamente migliorando e armonizzando i sistemi nazionali di asilo, che attualmente sono molto differenti, potremo creare un sistema comune.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore della relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2003/109/CE per estenderne il campo di applicazione ai beneficiari di protezione internazionale, perché ritengo importante garantire ai rifugiati gli stessi diritti dei cittadini non comunitari in possesso di un permesso di residenza di lungo termine.
Con la votazione odierna il Parlamento Europeo ha provveduto a colmare una lacuna del diritto comunitario, regolando lo status giuridico dei residenti legali di lungo termine, che non conteneva tra i soggetti i rifugiati e i beneficiari di protezione internazionale. Grazie alle nuove regole essi potranno godere di una maggiore certezza in merito alla loro situazione giuridica nell'Unione europea e non saranno soggetti a disparità di trattamento rispetto ai cittadini dei paesi terzi.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa proposta che ha lo scopo di dare uno status di soggiornante di lungo periodo ai beneficiari di protezione internazionale che hanno risieduto legalmente sul territorio dell'UE per più di 5 anni. In tal modo hanno l'opportunità di integrarsi, il che significa riuscire a comunicare in una delle lingue ufficiali dello Stato membro di residenza e acquisire maggiore consapevolezza dei loro diritti e dei loro obblighi nonché dei valori centrali dello Stato membro di residenza. A tal fine, gli Stati membri dovrebbero offrire ai soggiornanti a lungo termine una formazione linguistica. Essi dovrebbero anche essere incoraggiati a elaborare i programmi di formazione sulle leggi e i valori fondamentali degli Stati membri di residenza, sui principi di democrazia, i diritti umani e l'uguaglianza, nonché sui diritti e doveri individuali in detto Stato membro.
Clemente Mastella (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore di questa relazione perché convinto dei suoi effetti positivi per tutti quei beneficiari di protezione internazionale che soggiornano legalmente sul territorio dell'UE da oltre cinque anni, ma che in questo momento non hanno diritto di ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo.
Siamo convinti della necessità di garantire maggiore certezza in merito alla loro situazione giuridica nell'UE, evitando ogni possibile discriminazione di cui potrebbero essere vittime rispetto ai cittadini di paesi terzi; condividiamo la forte preoccupazione di alcuni Stati membri che si potrebbero trovare ad ospitare un numero sproporzionato di beneficiari di protezione internazionale a causa della loro particolare collocazione geografica o della loro situazione demografica.
Risultano, pertanto, quanto mai necessarie ulteriori misure per far fronte ad eventuali conseguenze indesiderate, come ad esempio, l'adozione di misure che agevolino lo spostamento e la residenza in uno Stato membro diverso da quello che ha accordato loro una protezione internazionale. Sosteniamo, quindi, tutte le possibili iniziative di salvaguardia proposte contro il respingimento (solo lo Stato membro che ha rilasciato la protezione internazionale dovrebbe essere autorizzato a procedere all'espulsione), impegnandoci a favorire, nei casi in cui sia auspicabile, un ricongiungimento familiare.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) La proposta mira ad ampliare il campo di applicazione della direttiva 2003/109/CE del Consiglio relative allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo e dei beneficiari di protezione internazionale legalmente residenti in uno Stato membro da almeno cinque anni. D’ora in poi, questo garantirà pari trattamento in tutti gli Stati membri ai beneficiari di protezione internazionale e, a differenza di quanto accadeva in precedenza, consentirebbe alle persone in questione di stabilirsi in uno Stato membro diverso da quello in cui sono riconosciuti. L’importanza di queste misure è direttamente collegata all’obiettivo di creare uno spazio comune di libertà e sicurezza in Europa, un’area dove chi è debitamente riconosciuto e tutelato dal diritto internazionale deve godere dei medesimi diritti in tutti gli Stati membri.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (LV) Il diritto internazionale e i principi morali offrono all’Unione europea l’opportunità di accelerare l’ottenimento dello status legale a persone che non possono vivere nel loro paese di nascita, oltre i confini europei. Ogni persona ha il diritto di essere trattato con umanità; lo status di rifugiato deve comunque essere definito tenendo presenti tutte le circostanze e impedendo qualsiasi tipo di speculazione, sia di natura finanziaria sia in relazione alle politiche migratorie. Troppo spesso però fatti che non sono stati verificati accuratamente vengono comunque presi per veri sia nell’Unione sia al Parlamento europeo; a volte, false dichiarazioni avanzate da difensori dei diritti umani e da altre persone vengono accettate come verità. È fondamentale non accettare il populismo, altrimenti chiunque potrà stabilirsi in Europa con lo status di rifugiato.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Se, in quali circostanze e dopo quale periodo di soggiorno legale si debba garantire ai rifugiati lo status di soggiornanti di lungo periodo sono questioni di competenza degli Stati membri e non devono essere imposte dall'Unione europea. L’adozione di questa proposta con due anni di ritardo e in forma rivista solleva comunque delle problematiche in quanto una corretta interpretazione di quanto prescritto nella Convenzione di Ginevra porterebbe solamente all’accettazione di una minima parte delle disposizioni in materia di asilo. Dopo cinque anni di residenza legale, i beneficiari di protezione internazionale devono godere di diritti comparabili ai cittadini europei: questa decisione ha sollevato problemi e dubbi, soprattutto negli Stati membri con forti sistemi sociali, dove questo comporterà costi inestimabili.
L’ampliamento del campo di applicazione per includere anche i rifugiati e i beneficiari di protezione sussidiaria servirà solamente a mettere un altro carico alle casse pubbliche. Dobbiamo in particolare prendere sempre in considerazione l'attrattiva agli occhi dei rifugiati, in alter parole il fatto che le misure intese a fornire protezione e sicurezza finanziaria sono esattamente le stesse che rappresentano un incentivo economico per molti immigrati clandestini che entrano in Europa in cerca di asilo dalle condizioni di vita inumane e pericolose nel loro paese. Altrettanto contestabile è l’idea di prendere in considerazione la durata della procedura di asilo al momento di valutare l’adeguatezza a un permesso di soggiorno. Per queste motivazioni ho espresso voto contrario alla relazione.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. – (DE) Dopo cinque anni di soggiorno legale in uno Stato membro, i rifugiati potranno beneficiare dello status di soggiornante di lungo periodo riconosciuto in tutta l’Unione europea. Dato che i sistemi di asilo degli Stati membri sono differenti in termini di rigore, un rifugiato ben informato potrebbe stabilirsi inizialmente in uno Stato membro con una normativa più debole e lacunosa in materia di asilo; dopo cinque anni potrà tranquillamente lasciare il paese e spostarsi in qualsiasi altro Stato membro dell’UE. Si produrrebbe in questo modo una seconda migrazione da paesi con deboli vincoli in materia verso Stati membri con più generosi sistemi sociali. Gli immigrati sceglieranno inizialmente un paese in base alla rigidità delle norme in materia di asilo e in seconda battuta si sposteranno sulla base del livello dei servizi sociali offerti. Paesi quali Austria, Germania e Paesi Bassi riceverebbero così un pesante fardello. L’approccio assunto nella relazione non è di certo un modo sensato per affrontare le sfide poste dalla questione dell’asilo nell’UE e per perseguire un'adeguata politica di integrazione. Per questi motivi ho espresso voto contrario alla relazione.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della presente relazione in quanto concordo con l’ampliamento del campo di applicazione della direttiva 2003/109/CE per fornire lo status di soggiornanti di lungo periodo ai beneficiari di protezione internazione, legalmente residenti nel territorio di uno Stato membro da almeno cinque anni.
Vorrei in particolare sottolineare la natura inclusiva della politica proposta nella relazione. Lo status di soggiornante di lungo periodo offre a queste persone l’opportunità di integrarsi, soprattutto attraverso una formazione linguistica che gli Stati membri dovrebbero offrire ai soggiornanti a lungo termine.
Per le stesse motivazioni, sostengo la proposta del relatore di incoraggiare gli Stati membri a elaborare i programmi di formazione sulle leggi e i valori fondamentali degli Stati membri di residenza, sui principi di democrazia, i diritti umani e l'uguaglianza, nonché sui diritti e doveri individuali.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio il collega on. Claude Moraes per l'ottimo lavoro svolto con cui condivido l'idea dell'adozione di un approccio costruttivo che includa la maggior parte degli emendamenti proposti dalla Commissione nonché numerose modifiche tecniche concordate in seno al Consiglio durante i negoziati su questo strumento. Il progetto di relazione rispecchia il desiderio di prendere in considerazione alcune preoccupazioni degli Stati membri, con l'obiettivo di raggiungere un accordo in prima lettura, oltre all'impegno di proteggere gli interessi dei beneficiari di protezione internazionale prima e dopo l'ottenimento dello status di soggiornanti di lungo periodo.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione in quanto ritengo che l’estensione dello status di soggiornanti di lungo periodo ai beneficiari di protezione internazionali legalmente residenti in uno Stato membro da almeno cinque anni è pienamente giustificata, in quanto garantisce pari trattamento a tutti i cittadini di paesi terzi e promuove la coesione sociale ed economica dell’Unione europea.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Nel 2011 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che sono residenti di lungo periodo. In origine, la proposta prevedeva che i rifugiati potessero beneficiare dello status di soggiornante di lungo periodo dopo cinque anni di soggiorno legale e ininterrotto in uno Stato membro. Tuttavia, nel corso dei negoziati, gli Stati membri hanno deciso di escludere i rifugiati dal campo di applicazione della direttiva. Di conseguenza, nella dichiarazione congiunta adottata dal Consiglio GAI l'8 maggio 2003, il Consiglio e la Commissione hanno stabilito che la Commissione avrebbe presentato una proposta di direttiva intesa a estendere lo status di soggiornante di lungo periodo ai rifugiati e ai beneficiari di protezione sussidiaria.
Nel giugno 2007 la Commissione ha quindi presentato la sua proposta, avente la stessa base giuridica dell'atto che avrebbe dovuto modificare, ovvero l'articolo 63, paragrafo 3, lettera a) e l'articolo 63, paragrafo 4 del trattato CE. L'obiettivo principale della proposta era di garantire ai beneficiari di protezione internazionale legalmente residenti in uno Stato membro da almeno cinque anni la certezza del diritto quanto al loro soggiorno in uno Stato membro e offrire loro diritti comparabili a quelli dei cittadini dell'UE.
Relazione Griesbeck (A7-0345/010)
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa risoluzione che sostiene la conclusione dell’accordo di facilitazione del rilascio dei visti con la Georgia. L’accordo testimonia il chiaro desiderio di un riavvicinamento tra questo paese e l’Unione europea, espresso negli ultimi anni in una serie di importanti atti politici, dalla migliore cooperazione bilaterale all’adesione della Georgia al Consiglio europeo e alla Convenzione europea sui diritti dell’uomo. Sostengo la risoluzione in quanto sono fermamente convinta che l’accordo di facilitazione del rilascio dei visti agevolerà i contatti personali tra i cittadini, condizione determinante per assicurare lo sviluppo di relazione economiche, umanitarie, culturali, scientifiche eccetera.
La soppressione dei visti per i cittadini della Georgia segnerà una tappa importante sulla via della loro integrazione europea. Un regime di facilitazione dei visti riveste una grande importanza nella vita delle persone, dato che rafforza i contatti tra i popoli e concretizza l'idea di libera circolazione, che è uno dei diritti fondamentali in Europa.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della raccomandazione del Parlamento europeo sulla facilitazione del rilascio dei visti per la Georgia in quanto l’ampliamento dell’Unione europea è stata l'occasione per l’UE per creare un nuovo quadro di cooperazione con i suoi vicini dell'est e del sud. In particolare, l'accordo sulla facilitazione del rilascio dei visti agevolerà i contatti personali tra i cittadini, condizione determinante per assicurare lo sviluppo di relazione economiche, umanitarie, culturali, scientifiche ecc. Un regime di facilitazione dei visti riveste inoltre una grande importanza nella vita delle persone, dato che rafforza i contatti tra i popoli e concretizza l'idea di libera circolazione, che è uno dei diritti fondamentali in Europa. La soppressione dei visti per i cittadini della Georgia segnerà una tappa importante sulla via della loro integrazione europea. Concordo con la posizione del Parlamento europeo sul fatto che gli accordi conclusi tra l’Unione europea e la Georgia, il primo sulla riammissione delle persone in posizione irregolare, il secondo sulla facilitazione del rilascio dei visti, rappresentino un passo importante nelle relazioni tra Unione europea e Georgia. Tali accordi presentano anche un interesse sul piano regionale e contribuiranno agli sforzi dispiegati dall'Unione per rafforzare la cooperazione con altri paesi della regione.
Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. – (RO) L’Unione europea ha accelerato il processo di apertura verso i paesi del Caucaso meridionale come mai prima, dai tempi dell’espansione verso l’Europa orientale, in un momento in cui questa regione è diventata estremamente importante dal punto di vista strategico, della stabilità e della sicurezza. L’Europa ha ora un dovere nei confronti di questi Stati; il suo impegno è chiaro, soprattutto vista la vicinanza della regione ai confini orientali dell’UE. Oltre al potenziale economico e commerciale di questi paesi, l’accordo tra Unione europea e Georgia sulla facilitazione del rilascio dei visti a cittadini georgiani è una forte spinta verso la democrazia nel paese. È fondamentale che l’Unione europea esporti i principi di buona governance, giustizia equa e rispetto assoluto dei diritti umani. I due accordi conclusi recentemente con la Georgia, il primo sulla riammissione delle persone in posizione irregolare, il secondo sulla facilitazione del rilascio dei visti contribuiranno pienamente a raggiungere tali obiettivi.
La soppressione del visto obbligatorio per i cittadini della Georgia segnerà una tappa importante nel percorso di avvicinamento all’Europa. Un regime di facilitazione dei visti è di vitale importanza nella vita delle persone, dato che rafforza i contatti tra i popoli e concretizza l'idea di libera circolazione, che è uno dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Le azioni dell’Unione europea devono basarsi sui principi di buona governance e rispetto assoluto dei diritti umani e della democrazia. Per quanto riguarda il Caucaso meridionale, l’Unione europea deve diventarne partner e assisterlo nello sviluppo economico e commerciale, in termini di sicurezza e stabilità, bella promozione del benessere e della risoluzione dei conflitti. L’accordo di facilitazione del rilascio dei visti con la Georgia contribuirà a una politica di vicinato allargato per l’Europa attraverso la promozione della cooperazione e gli spostamenti delle persone tra le due parti. Ho per questo votato a favore della presente risoluzione.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) Questo accordo rappresenta, senza ombra di dubbio, un significativo passo avanti nelle relazioni tra Unione europea e Georgia. Dopo il rafforzamento della cooperazione bilaterale tra l'Unione europea e la Georgia e l'adesione della Georgia al Consiglio d'Europa o alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, questo accordo è un altro passo verso un migliore esercizio della giustizia e verso un maggiore rispetto delle libertà fondamentali da parte di questo paese. Speriamo che questo accordo incoraggerà la Georgia ad attuare le riforme necessarie nei settori della libertà, della sicurezza e della giustizia.
L’accordo deve al contempo deve agevolare gli spostamenti e i contatti personali tra i cittadini delle due parti contraenti, condizione determinante per assicurare lo sviluppo di relazioni economiche, umanitarie, culturali, scientifiche ecc. Mi auguro che vengano avviate in Georgia le campagne d’informazione affinché il popolo georgiano sia informato sia dell’entrata in vigore del nuovo regime di facilitazione dei visti sia delle nuove opportunità che hanno ora a disposizione.
Marielle De Sarnez (ALDE), per iscritto. – (FR) Sono stati appena adottati due importanti accordi tra Unione europea e Georgia: il primo sulla riammissione delle persone in posizione irregolare, il secondo sulla facilitazione del rilascio dei visti. Questi accordi rappresentano un primo passo nel processo di rafforzamento delle relazioni tra Unione europea e Georgia, che l’UE desidera incoraggiare ad attuare le riforme necessarie nei settori della libertà, della sicurezza e della giustizia. Questi accordi presentano anche un interesse sul piano regionale e contribuiranno agli sforzi dispiegati dall'Unione per rafforzare la cooperazione con altri paesi della regione del Caucaso meridionale, quali Armenia e Azerbaigian.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Dobbiamo accogliere con favore le relazioni sempre più strette tra Georgia e Unione europea, ben evidenti negli ultimi accadimenti. L’accordo di facilitazione del rilascio dei visti è un altro importante passo in avanti verso l’integrazione europea di questo paese. La libertà di circolazione delle persone è uno dei diritti fondamentali di cui godono i cittadini europei e per questo vedo con favore la cooperazione tra Unione europea e Georgia. Lottare efficacemente contro l'immigrazione clandestina incoraggiando le riforme necessarie nei settori della libertà, della sicurezza e della giustizia può portare enormi vantaggi se entrambe le parti manifestano il giusto spirito e impegno.
Sandra Kalniete (PPE) , per iscritto. – (LV) Ho sempre ricordato che p compito dell’Unione europea tendere una mano a chi sente e desidera di appartenere all’Occidente e ne condivide i valori. Nel corso della Rivoluzione delle rose, il popolo georgiano ha rifiutato lo stallo, la disonestà del governo, il passato e il post-comunismo, scegliendo invece lo sviluppo, il futuro e i valori occidentali. Con le sue azioni, la Georgia ha confermato la sua intenzione di divenire partner di una società internazionale moderna, che non rifugge dalle proprie responsabilità. La Georgia ha raggiunto grandi obiettivi in poco tempo: ha migliorato in modo sostanziale le strutture governative, ha attirato importanti investimenti e ridotto notevolmente la corruzione. Ritengo che la facilitazione del rilascio dei visti costituisca un passo fondamentale per aprire nuove opportunità di studio ai cittadini georgiani e per permettere agli imprenditori di questo paese di instaurare nuove relazioni con i professionisti degli Stati membri dell’Unione europea. In questo modo saremo tutti vincitori, soprattutto i cittadini georgiani. Proprio come noi europei siamo orgogliosi dei nostri risultati, della nostra storia e dei nostri valori culturali, allo stesso modo i georgiani sono orgogliosi del loro paese, con le sue bellezze naturali e l’antica cultura. Mi auguro che il regime di facilitazione dei visti tra Unione europea e Georgia incoraggerà gli europei ad interessarsi a questo paese.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione sull’ accordo di facilitazione del rilascio dei visti tra Unione europea e Georgia. Il processo di approfondimento delle relazioni tra l'Unione europea e i paesi del Caucaso meridionale, incluso con la Georgia, contribuirà certamente a migliorare l'esercizio della giustizia e il livello di rispetto delle libertà. I due accordi conclusi recentemente con la Georgia, il primo sulla riammissione delle persone in posizione irregolare, il secondo sulla facilitazione del rilascio dei visti contribuiranno pienamente a raggiungere tali obiettivi.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) La Georgia si è impegnata a fondo per sviluppare relazioni più strette con l’Unione europea, come è evidente da una serie di azioni recenti. L’accordo di facilitazione del rilascio dei visti è un altro importante passo in avanti verso l’integrazione europea di questo paese. La libertà di circolazione delle persone è uno dei diritti fondamentali di cui godono i cittadini europei e per questo la cooperazione tra Unione europea e Georgia è fondamentale; al contempo è essenziale anche lottare contro l'immigrazione clandestina per incoraggiare, e continuare a incoraggiare, le riforme necessarie nei settori della libertà, della sicurezza e della giustizia in Georgia.
Louis Michel (ALDE), per iscritto. – (FR) Il Caucaso meridionale riveste un'importanza strategica per l'Unione europea e il rafforzamento delle relazioni tra l'UE e i paesi di questa regione, inclusa la Georgia, contribuirà certamente a migliorare l'esercizio della giustizia e il livello di rispetto delle libertà. Se si tiene conto delle aspirazioni europee della Georgia, il presente accordo rappresenta un’importante fase delle relazioni con l'Unione europea e un progresso incoraggiante. Inoltre, tale accordo presenta anche un interesse sul piano regionale e contribuirà agli sforzi dispiegati dall'Unione per rafforzare la cooperazione con altri paesi della regione.
Per la Georgia questo rappresenta anche un progresso ed un incoraggiamento ad approfondire la cooperazione con i suoi vicini e con l'Unione europea, nonché ad attuare le riforme necessarie nei settori della libertà, della sicurezza e della giustizia, quali la lotta al’immigrazione clandestina, il rafforzamento della democrazia, dello stato di diritto e dei diritti umani.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (LV) Mi sono astenuto dalla votazione in quanto conosco bene la situazione in Georgia e la determinazione del Presidente georgiano di incrementare il proprio prestigio personale con la firma del presente accordo. Considero il Presidente Saakashvili un criminale di guerra: il suo regime è responsabile della morte di migliaia di civili innocenti. Nell’agosto 2008 ho visto con i miei occhi la città di Tskhinvali e sono convinto che qualsiasi adulazione da parte di un crinale, lo porterebbe a commettere altri crimini.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Un accordo con la Georgia porterà un’ondata di falsi richiedenti asilo; per questo dobbiamo prima considerare le problematiche in tema di sicurezza. L’esperienza nei Balcani ci insegna che la libertà di circolare senza visto non viene sfruttata solamente per i viaggi, ma porta una vera e propria ondata di richieste di asilo in tutta l’Unione europea. Temo che la stessa situazione si possa ripetere in caso di una facilitazione dei visti per i cittadini georgiani. In generale, questa procedura per cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea non dovrebbe essere concessa troppo precipitosamente, ma dobbiamo prima esaminare con la massima attenzione se gli accordi per la riammissione dei falsi richiedenti asilo e degli immigrati economici sono in grado di evitare un abuso del sistema.
Dobbiamo inoltre prima risolvere i problemi con il sistema d’informazione SIS II. I falsi richiedenti asilo, o addirittura i criminali, non devono essere i primi ad avvantaggiarsi del nuovo regime di soppressione dei visti. Le condizioni basilari già ricordate non sono state soddisfatte e per questo sono decisamente contrario a un ampliamento dell’area senza obbligo di visto.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. – (DE) Secondo la relazione, la liberalizzazione dei visti per la Georgia incoraggerà il paese ad attuare le riforme necessarie nei settori della libertà, della sicurezza e della giustizia. Oltre alle possibilità di abusi che questo sistema di visti aprirà, questa logica va completamente capovolta: non vi dovrebbero essere negoziati sui visti fino a quando non saranno attuate tutte le necessarie riforme. In fin dei conti, si tratta della sicurezza dei cittadini europei, che dobbiamo proteggere contro i turisti per il visto e il crimine organizzato. Per questi motivi ho espresso voto contrario alla relazione.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Il processo di approfondimento delle relazioni tra l'Unione europea e i paesi del Caucaso meridionale, nel caso di specie con la Georgia, è fondamentale se vogliamo creare una politica estera solida, coerente ed efficace e la conclusione di un accordo di facilitazione del rilascio dei visti ha chiaramente contribuito al raggiungimento di questo obiettivo.
La proposta di decisione relativa alla conclusione dell'accordo contiene una serie di elementi standard degli accordi dell'UE di facilitazione del visto. Infatti, oltre a fissare i termini per la decisione sul rilascio del visto, stabilisce i diritti da corrispondere e i casi di esenzione elencando altresì i documenti da presentare; la proposta contiene anche una dichiarazione comune sulla cooperazione relativa ai documenti di viaggio. Sono a favore della proposta che, in risposta a specifiche richieste in tal senso della Georgia, include una dichiarazione dell'UE relativa alle semplificazioni per i familiari volte a favorire la mobilità di un maggior numero di persone aventi legami familiari con i cittadini della Georgia regolarmente soggiornanti nei territori degli Stati membri.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, per ciò che concerne l'attuazione dei due accordi conclusi recentemente con la Georgia, condivido pienamente, con la collega on. Nathalie Griesbeck sulla necessità che la popolazione sia informata sulla nuova situazione e benefici delle nuove possibilità che ne derivano. Inoltre, i cambiamenti che intervengono nella politica dei visti dovrebbero figurare quanto prima nei siti internet delle istituzioni europee.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della conclusione di questo accordo in quanto ritengo che, assieme all’accordo di riammissione delle persone in posizione irregolare, rappresenta un significativo passo in avanti nelle relazioni tra Unione europea e Georgia, segnando un importante fase nel processo di integrazione europea e incoraggiando il paese ad attuare le riforme necessarie nei settori della libertà, della sicurezza e della giustizia.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) L'ampliamento dell'Unione europea a 25 Stati membri nel 2004 e poi a 27 Stati membri nel 2007, è stata l'occasione per creare un nuovo quadro di cooperazione con i suoi vicini dell'est e del sud. L'Unione europea si è in tal modo impegnata in una politica di vicinato allargato ai paesi della regione del Caucaso meridionale, mirante ad approfondire le sue relazioni con i paesi situati alle frontiere esterne dell'UE, a promuovere la loro sicurezza, stabilità e sviluppo ed evitare l'apparizione di nuove divisioni nel continente europeo. L'Europa, che mostrava in tal modo un crescente interesse nei confronti degli Stati del Caucaso meridionale, deve oggi proseguire il suo impegno presso gli Stati di tale regione che, per essere prossima alle sue nuove frontiere, va resa più sicura.
Il processo di approfondimento delle relazioni tra l'Unione europea e i paesi del Caucaso meridionale, nel caso di specie con la Georgia, contribuirà certamente a migliorare l'esercizio della giustizia e il livello di rispetto delle libertà. I due accordi conclusi recentemente con la Georgia, il primo sulla riammissione delle persone in posizione irregolare, il secondo sulla facilitazione del rilascio dei visti contribuiranno pienamente a raggiungere tali obiettivi.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione recante una proposta di raccomandazione del Parlamento europeo destinata al Consiglio sull'istituzione di una capacità di risposta rapida dell'Unione europea di fronte alle gravi catastrofi (naturali o provocate dall'uomo) verificatesi al di fuori dell'Unione europea negli ultimi anni. Ritengo importante migliorare l'efficacia dell'attuale capacità di risposta dell'UE alle catastrofi e che un piano d’azione preventivo sia ormai necessario come risposta europea integrata e globale. Il terremoto che ha colpito Haiti ha sottolineato la necessità dell’Unione europea di attuare le riforme necessarie in termini di una risposta rapida ed efficace alle emergenze e alle catastrofi. A questo scopo, ritengo sia anche necessario una maggiore presenza politica tra le parti coinvolte nonché una rassegnazione delle competenze al fine di una maggiore coerenza e un miglior coordinamento europei in risposta alle catastrofi. È essenziale mettere in pratica una serie di proposte concrete contenute nella relazione Barnier del 2006 (Verso una Forza europea di protezione civile).
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione in quanto è evidente che moltiplicarsi di gravi catastrofi al di fuori dell'Unione europea negli ultimi anni ha fatto sì che aumentassero gli appelli a migliorare l'efficacia dell'attuale capacità di risposta dell'UE alle catastrofi. Uno dei passi più importanti verso una risposta maggiormente integrata è stato l'inserimento della protezione civile e dell'aiuto umanitario nel portafoglio di un unico Commissario per creare l'opportunità di migliorare la coerenza e il coordinamento della risposta dell'Unione europea alle catastrofi. Tuttavia, due anni dopo la pubblicazione della comunicazione della Commissione nel 2008, molte azioni del piano d'azione rimangono ancora da attuare, mentre la risposta dell'UE alle recenti crisi ha rivelato i limiti del sistema attuale.
Seppur di recente siano stati compiuti sforzi per rafforzare la coerenza e il coordinamento tra le dimensioni della protezione civile e dell'assistenza umanitaria della risposta dell'UE, i passi verso la creazione di una Forza europea di protezione civile sono rimasti minimi. Una risposta più efficiente e rapida alle emergenze richiederà dunque una forte volontà politica.
Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. – (RO) Sostengo la necessità che l'Unione europea fornisca una risposta coordinata, coerente e di alto livello in caso di catastrofi. Per questo motivo reputo fondamentale creare capacità civili dell'UE a disponibilità permanente che operino con indipendenza dalle strutture militari. La Forza di protezione civile dell'UE deve ottimizzare gli strumenti attualmente disponibili, sia in termini di formazione alla reazione in caso di catastrofe sia in termini di gestione di catastrofi, sviluppando iniziative adottate nel quadro delle azioni preparatorie.
Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. – (FR) Considerando il moltiplicarsi e la maggiore frequenza delle catastrofi, determinate principalmente dai cambiamenti climatici, ho votato a favore dell’eccellente relazione presentata dalla mia collega italiana, l’onorevole Zanicchi, recante una proposta di raccomandazione del Parlamento europeo destinata al Consiglio sull'istituzione di una capacità di risposta rapida dell'Unione europea. è giunto il momento di compiere progressi in termini di efficienza, coordinamento e visibilità. Cresce anche l’urgenza di creare una capacità europea di reazione rapida (Forza europea di protezione civile), come suggerito dal Commissario Barnier. Naturalmente il coordinamento delle forze nazionali di protezione civili appare come uno strumento utile per assistere gli Stati membri che non sono in grado di far fronte da soli a disastri su larga scala (incendi, alluvioni, disastri naturali eccetera). la Forza di protezione civile europea sarà inoltre molto utile per intervenire in situazioni esterne, ad esempio ad Haiti. Nell’imminenza di celebrare, nel 2011, l’Anno europeo del volontariato, una simile azione andrebbe a favore dell’interesse europeo, consolidando il senso di cittadinanza europea.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della presente relazione. In tutto il mondo sono sempre più frequenti catastrofi che provocano danni considerevoli alle persone, all'economia e all'ambiente e queste crisi si verificheranno con maggiore intensità, frequenza e ampiezza in parti del mondo sempre più numerose. Seppur di recente siano stati compiuti progressi verso una risposta europea alle catastrofi più coerente, dobbiamo continuare nell’impegno per assicurare azioni europee più efficaci, coerenti e coordinate in questo campo.
È necessario sviluppare un piano d'azione contenente una serie di azioni concrete volte a istituire un coordinamento maggiormente integrato tra i vari strumenti di risposta alle catastrofi e valutare le possibili risposte a livello di Unione europea e di stati membri. In queste attività deve essere incluso anche il servizio europeo per l’azione esterna, di recente istituzione, al fine di coordinare gli aiuti esterni nel modo più efficace possibile. È infine necessario garantire risorse finanziarie sufficienti per finanziarie gli aiuti richiesti.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della presente relazione in quanto moltiplicarsi di gravi catastrofi (naturali o provocate dall'uomo) al di fuori dell'Unione europea negli ultimi anni ha fatto sì che aumentassero gli appelli a riformare e migliorare l'efficacia dell'attuale capacità di risposta dell'UE alle catastrofi. Per esempio, la mancanza di visibilità della risposta dell'UE è stata indicata come una delle principali carenze della risposta alle catastrofi. Devono essere stabiliti chiaramente accordi e procedure per assicurare una duplice visibilità (per gli Stati membri e per l'Unione europea) delle attività di protezione civile dispiegate dagli Stati membri attraverso il meccanismo di protezione civile dell'UE. Un altro problema nella risposta europea riguarda il coordinamento e quindi la speranza che in futuro il sistema europeo di azione esterna creerà una singola risposta alla crisi, il che richiederà una razionalizzazione delle piattaforme di crisi esistenti. Dovranno essere definiti chiari meccanismi di coordinamento tra i servizi della Commissione e il segretariato del Consiglio, anche in relazione al coordinamento e all'impiego di risorse militari dell'Unione europea in reazione alle catastrofi.
Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. – (RO) Un’agenzia per una risposta rapida per la gestione delle emergenze renderà molto più coerente ed efficace l’intervento dell’Unione europea in caso di disastri naturali o accidentali. È altrettanto ovvia la necessità di imparare dalle situazioni reali e di migliorare il servizio che offriamo di volta in volta. Il sisma di Haiti è stato immediatamente seguito da un periodo di confusione su chi dovrebbe assumersi la guida del coordinamento dell'azione globale dell'Unione. Si prevede che in futuro il SEAE creerà una singola reazione alle crisi, il che richiederà una razionalizzazione delle piattaforme di crisi esistenti.
Vanno definite chiaramente le responsabilità di ogni Stato membro in caso di disastro, con la necessaria preparazione logistica in modo tale che le capacità possano essere mobilitate il più rapidamente possibile e con i più alti standard. L’intervento ad Haiti ha dimostrato che simili azioni divengono efficaci qualora ogni Stato si specializza in un particolare servizio, come nel caso della Francia che ha fornito unità di purificazione dell’acqua e dell’Italia che ha fornito un’unità medica avanzata.
Jan Březina (PPE), per iscritto. – (CS) Mi aspetto che la raccomandazione sull'istituzione di una capacità di risposta rapida dell'Unione europea eserciterà una maggiore pressione al fine di migliorare l’efficace dell'attuale capacità di risposta dell'UE alle catastrofi, siano esse naturali o provocate dall’uomo. L’attuale meccanismo di difesa civile sono importanti ma insufficienti per perseguire un meccanismo di difesa civile genuinamente operativo che sia il più efficiente possibile. I limiti degli attuali mezzi di difesa civile erano evidenti, per esempio, nella risposta alla crisi di Haiti di quest’anno: è stata una risposta relativamente flessibile ed estesa, ma mancava di efficacia, coordinamento e visibilità. Non era peraltro chiari chi avrebbe dovuto assumersi la guida del coordinamento dell'azione globale dell'Unione. Data l'entità della crisi, il coordinamento degli aiuti dell'UE è stato infine assicurato dal Vicepresidente/Alto Rappresentante Ashton in stretto coordinamento con il Commissario Georgieva, responsabile in materia di cooperazione internazionale, aiuti umanitari e risposta alle crisi. Sono a favore dell’estensione della capacità operativa dell’Unione europea per far fronte alle catastrofi, in particolare attraverso capacità civili dell'UE a disponibilità permanente che operino con indipendenza dalle strutture militari, nonché lo sviluppo di bilanci per la ricerca e capacità industriali (ad esempio, immagini satellitari, nell'ambito del GMES).
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Alla luce della crescente frequenza e impatto dei disastri naturali che provocano danni considerevoli in termini di vite umane, economici, sociali e ambientali, la raccomandazione del Parlamento europeo destinata al Consiglio sull'istituzione di una capacità di risposta rapida dell'Unione europea è particolarmente importante. Ho votato a favore della proposta in quanto credo che affronti gli argomenti fondamentali da prendere in considerazione; tra questi, ribadisce che la cooperazione tra stati membri deve offrire benefici operativi e finanziari e riconosce la necessità di un approccio integrato alla gestione delle crisi, che comporta anche misure di prevenzione e di preparazione, nonché la ricostruzione post-disastro. È importante migliorare il coordinamento e l’efficienza della risposta europea, anche attraverso la Forza europea di protezione civile.
Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Mi sono astenuto dalla votazione sulla relazione sull'istituzione di una capacità di risposta rapida dell'Unione europea a disastri umanitari in quanto, sebbene contenga elementi ed idee positive, include nella capacità di risposta anche i mezzi e la presenza militari. È molto positivo che la relazione riporti che “l'utilizzo delle risorse della protezione civile, qualora vi si ricorra in caso di crisi umanitaria, dovrebbe essere commisurato ai bisogni e complementare e coerente rispetto all'aiuto umanitario […] per garantire il rispetto dei principi umanitari di neutralità, umanità, imparzialità e indipendenza. Alcuni punti della relazione però muovono in una direzione completamente opposta e per questo mi sono astenuto dalla votazione. Faccio per esempio riferimento al fatto che si debba rispondere anche a crisi militari o al “ricorso a risorse e capacità militari nel quadro della risposta alle catastrofi”, sebbene come “ultima risorsa”.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) Le recenti catastrofi naturali che stanno colpendo il mondo sottolineano la necessità di un meccanismo di risposta rapido ed efficace per ridurre il disastroso impatto sociale, economico e culturale sulle regioni colpite.
A seguito delle precedenti risoluzioni del Parlamento europeo, in particolare quelle relative al terremoto ad Haiti e sulla prevenzione di disastri naturali o provocati dall’uomo, quest'Aula sta ancora una volta discutendo del medesimo argomento. In generale, sostengo la relazione dell’onorevole Zanicchi e vorrei sottolineare che la futura capacità europea di risposta alle catastrofi deve basarsi sui meccanismi disponibili a livello europeo e internazionale, evitando duplicati e facendo il miglior uso possibile delle risorse, permettendo alla Forza europea di protezione civile di nascere sulla base del Meccanismo di protezione civile dell’UE, già esistente.
Dopo la tragedia di Haiti, ho notato con grande piacere una maggiore volontà politica e un maggiore impegno per rafforzare la coerenza e il coordinamento tra la protezione civile e i settori dell’assistenza umanitaria. Accolgo con favore anche il lavoro portato avanti dalle parti coinvolte per il raggiungimento di questo obiettivo, ma mi dispiace tuttavia che le precedenti proposte del Parlamento europeo, soprattutto in relazione alla relazione Barnier, non sono state pienamente attuate.
Marielle De Sarnez (ALDE), per iscritto. – (FR) Ogniqualvolta si verifichi una catastrofe, sia essa il terremoto di gennaio ad Haiti o le inondazioni estive in Pakistan, l’Europa fa sempre molto, ma in modo disorganizzato. Ogni Stato membro invia il proprio personale, i propri cani da recupero, aerei eccetera; tutte insieme, comunque, le frettolose risposte individuali non saranno mai migliori di una risposta europea pianificata ed organizzata. L’Unione europea, con un‘azione collettiva dei 27 Stati membri, è il donatore principale in termini di aiuti umanitari e allo sviluppo. Abbiamo a disposizione una ampia gamma di risorse civili e militari per affrontare le necessità legate alle emergenze e alla ricostruzione, ma, finché vi sono impulsive risposte nazionali, non saremo purtroppo in grado di trarre alcun beneficio da questa forza collettiva virtuale. Abbiamo bisogno di una vera “capacità di risposta rapida”; una maggiore efficienza e rapidità nella gestione di un’emergenza richiede una forte volontà politica da parte delle diverse interessate.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Una rapida risposta alle catastrofi e ai disastri naturali è fondamentale in quanto è possibile salvare il maggior numero di vite umane nelle primissime ore successive all’evento. Negli ultimi anni, abbiamo purtroppo assistito a un notevole aumento delle calamità, sia naturali o provocate dall’uomo, che richiedono alti livelli di esperienza e coordinamento dei diversi mezzi di risposta alle catastrofi. La creazione di un Meccanismo europeo di protezione civile potrebbe rappresentare un primo passo, ma concordo con il relatore sul fatto che bisogna fare ancora molto in questo campo. Il coordinamento e la cooperazione europei per una risposta rapida ed efficace alle catastrofi possono avere successo, come nel caso del terremoto di gennaio a Haiti. È fondamentale fornire una risposta di questo genere.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) I disastri naturali si possono e si devono prevenire. Fattori quali un eccessivo sfruttamento del suolo, una scarsa pianificazione della crescita urbanistica, l’abbandono delle campagne e la desertificazione sono alcune delle cause di un maggiore rischio di calamità. La promozione di un uso ragionato delle terre e di uno sviluppo economico e sociale rispettoso della natura è un elemento fondamentale nella prevenzione delle catastrofi. Soprattutto a questo scopo l’Unione europea deve intensificare gli sforzi, attuare le raccomandazioni presentate in una recente relazione parlamentare e rafforzare questo aspetto nella sua politica di cooperazione.
Nella risposta alle calamità che non è possibile prevenire, devono naturalmente trovare spazio un rafforzamento della cooperazione, la mutua assistenza e l’intervento reciproco tra Stati membri e paesi terzi.
Le migliori forme e i migliori mezzi per raggiungere questo obiettivo devono essere il risultato di un dialogo tra le protezioni civili nazionali e altre autorità, pur nel rispetto della sovranità di ogni Stato membro. La relazione dovrebbe delineare questo percorso e non “l’immediata istituzione di una Forza di protezione civile dell'UE” o l’impiego di mezzi militari in risposta a situazioni di emergenza umanitaria che, come ammesso nella relazione, potrebbero intervenire anche al di fuori dell’egida e del coordinamento delle Nazioni Unite.
Elisabetta Gardini (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, il nostro voto rappresenta un passo importante verso la costituzione di una forza europea di Protezione civile capace di intervenire con rapidità ed efficacia ovunque si crei una situazione di grave emergenza.
Come tutti ricorderemo, l’esperienza maturata nei soccorsi delle popolazioni di Haiti ha evidenziato nell’intervento europeo, sia pur ampio e rapido, alcune criticità nella gestione, nel coordinamento e nella visibilità della missione, imputabili ai meccanismi dell’attuale sistema, che si basa su contributi volontari ad hoc soggetti a diversi processi decisionali nazionali.
La recente comunicazione della Commissione europea sul ruolo della protezione civile e dell’assistenza umanitaria intende appunto porre le basi per una più efficace e coerente sinergia delle azioni già implementate a livello nazionale, regionale e locale. Lo stesso trattato di Lisbona offre l’occasione di definire una capacità di risposta alle catastrofi ancora più esaustiva, coordinata ed operativa. È arrivato dunque il momento di accelerare il processo che doterà la UE di una moderna ed efficiente Protezione civile.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Signor presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore della relazione recante una proposta di raccomandazione del Parlamento europeo destinata al Consiglio sull'istituzione di una capacità di risposta rapida dell'Unione europea, perché credo che l'Unione europea debba compiere degli sforzi importanti al fine di garantire risposte coordinate ed efficaci alle molteplici gravi catastrofi cui abbiamo di recente assistito.
La necessità di un tale impegno è stata sottolineata nell'ultima comunicazione della Commissione sul "potenziamento delle capacità di risposta dell'UE alle catastrofi", comprendente un piano d'azione volto a istituire un coordinamento integrato tra i vari strumenti di risposta alle catastrofi. Concordo, inoltre, con la collega Zanicchi nel ritenere che sia ormai giunto il momento di riconoscere l'importanza politica del potenziamento della capacità di risposta dell'Unione europea alle catastrofi e che occorra mobilitare tutte le risorse disponibili per conseguire tale obiettivo.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore la presente relazione che:
rammenta il ruolo centrale del Vicepresidente/Alto Rappresentante nel coordinamento delle operazioni dell'UE nelle regioni e nei paesi terzi;
sottolinea che la struttura e i metodi di lavoro del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) dovrebbero essere finalizzati a garantire la coerenza e la consistenza dell'azione UE in situazioni di crisi;
invita pertanto il Consiglio a conferire al Vicepresidente/Alto Rappresentante un mandato permanente che le consenta di attivare una cellula di crisi, che raccolga i rappresentanti di tutti i pertinenti servizi della Commissione e del Consiglio e di tutte le capacità di elaborare piani dell'UE (CMI, CMPD, SMUE, CPCC), per coordinare la risposta dell'UE in caso di catastrofe al fine di essere in grado di avviare rapidamente gli interventi, senza doversi rivolgere sistematicamente al Consiglio;
propone che detta cellula sia supportata da un gruppo specifico, attivabile nelle primissime ore della crisi e composto da esperti civili (CRT, CMI), militari e civili-militari (SMUE, CPCC), abilitato ad avvalersi anche di informazioni raccolte da Sitcen e CSUE;
sottolinea la necessità di un coordinamento ottimale tra la risposta dell'Unione europea alle catastrofi e altri strumenti dell'UE, quali le missioni civili o militari nell'ambito della politica europea di sicurezza e di difesa (PESD) e i mezzi (per esempio i gruppi tattici).
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) L’istituzione di uno strumento per rispondere rapidamente alle catastrofi e alle calamità naturali è fondamentale in quanto è possibile salvare il maggior numero di vite umane nelle primissime ore successive all’evento. Negli ultimi anni, abbiamo purtroppo assistito a un notevole aumento delle calamità, sia naturali o provocate dall’uomo, che richiedono una capacità di intervento rapido e ragionato. Per questi motivi la creazione di un Meccanismo europeo di protezione civile è molto importante, ma rimane ancora molto da fare in questo campo.
Louis Michel (ALDE), per iscritto. – (FR) Il numero di catastrofi negli Stati membri e nei paesi terzi è in continuo e costante aumento, non per ultimo a causa del cambiamento climatico e della crescente urbanizzazione. I paesi in via di sviluppo sono i più colpiti dalle calamità, con ingenti costi in termini di vite umane ed anche economici. La creazione di una forza per la risposta rapida permetterà all’Unione europea e agli Stati membri di coordinare meglio il proprio impegno e fornire una maggiore visibilità alle azioni dell’UE. Per questi motivi ho votato a favore della presente raccomandazione; come l’autrice, invito a prendere in considerazione le numerose proposte pratiche presenti nella relazione Barnier.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (LV) La relatrice, onorevole Zanicchi, ha ripresentato la questione della possibilità di una risposta rapida solo con notevole ritardo, ma questo non sminuisce la centralità dell’argomento. Sono convinto che sia compito dell’Unione europea aumentare in modo significativo i finanziamenti per la preparazione, la fornitura e l’ampliamento di forze per la risposta rapida. Le calamità naturali si verificheranno con sempre maggiore intensità, soprattutto a causa del cambiamento climatico e non possiamo affrontare questa situazione senza squadre di ricerca professionali, la cui preparazione consentirà la rapida localizzazione e il controllo efficace di incendi e catastrofi tecnologiche. Per questi motivi, ho votato a favore.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Un’unità forte di risposta rapida sarebbe molto positiva e aiuterebbe i cittadini europei e dei paesi terzi durante periodi di gravi difficoltà. Purtroppo la relatrice non sembra preoccuparsi del rafforzamento degli aiuti umanitari o del programma europeo per la protezione civile, ma si interessa purtroppo i rendere ben visibili il simbolo “UE”. L’obiettivo dell’unità di risposta rapida non deve essere la promozione dell’Unione europea nel mondo. La guida delle Nazioni Unite e il coinvolgimento delle forze militari per fornire aiuti umanitari, ci hanno fatto rischiare di perdere la nostra indipendenza, rischio che personalmente non intendo sostenere. Per questo motivo ho espresso voto contrario alla relazione.
Rareş-Lucian Niculescu (PPE), per iscritto. – (RO) Negli ultimi anni, in numerose situazioni si è dimostrato necessario migliorare l’efficacia dell’esistente capacità dell’UE di risposta alle calamità. Vorrei solamente ricordare le disastrose inondazioni o gli incendi boschivi che hanno colpito una serie di Stati membri; un esempio è l’imponente disastro ambientale verificatosi di recente in Ungheria. Di fronte a simili incidenti, nessun governo ha la capacità di reagire da solo ad alto livello in modo sufficiente e per questo tra gli Stati membri dell’Unione europea vige il dovere alla solidarietà. La relazione enumera le caratteristiche che una forza di risposta rapida deve avere, nonché i requisiti necessari per portare a termine le relative attività.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. – (DE) Sembra che la relazione si concentri maggiormente sulla promozione e la pubblicizzazione del marchio europeo “UE” anziché sull’aumentare l’efficienza degli aiuti allo sviluppo o della protezione dei cittadini. Per questa ragione ho espresso voto contrario.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Cari colleghi, l'esigenza di una capacità di risposta efficace da parte dell'Unione Europea, nei confronti del moltiplicarsi di gravi catastrofi negli ultimi anni, è ciò che mi ha spinto a votare a favore della relazione A7-0332/2010. Gli appelli a migliorare l'efficacia di risposta dell'UE negli ultimi anni sono stati innumerevoli e, ad oggi, occorre fare molto di più per garantire uno sviluppo più coerente e visibile. E' necessario, a mio parere, mobilitare tutte le risorse disponibili per conseguire tale obiettivo, in quanto dopo il 2008, dopo l'ultima Comunicazione della Commissione a riguardo, ci si è mossi verso una risposta globale e integrata dell'UE. Ciò che noi tutti ci aspettiamo dall' attuazione della relazione è un piano di azione concreto volto a istituire gradualmente un coordinamento maggiormente integrato tra i vari strumenti di risposta alle catastrofi.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Concordo con la proposta di raccomandazione del Parlamento europeo destinata al Consiglio sull'istituzione di una capacità di risposta rapida dell'Unione europea ai disastri naturali. In realtà, un'analisi degli insegnamenti tratti da Haiti mostra chiaramente la necessità di ulteriori riforme della capacità di risposta dell'UE alle catastrofi, come avevo già sottolineato nel mio parere su “un approccio comunitario alla prevenzione delle catastrofi naturali e di origine umana”.
Una risposta rapida ed efficace in situazioni di emergenza è assolutamente fondamentale se vogliamo garantire che l’Unione europea manifesti la propria solidarietà, sia verso Stati membri sia verso paesi terzi; questo richiede una forte volontà politica da parte dei diversi organismi coinvolti nelle decisioni.
È evidente che il maggiore impegno è attualmente il rafforzamento della coerenza e del coordinamento tra le forze di protezione civile e i diversi settori degli aiuti umanitari. Dobbiamo tuttavia compiere un importante passo verso la creazione di una Forza europea di protezione civile, come già detto nel mio parere “un approccio comunitario alla prevenzione delle catastrofi naturali e di origine umana”. Concordo con la relatrice: è giunto il momento di compiere ulteriori progressi in questo campo, in particolare mettendo in atto una serie di proposte concrete contenute nella relazione Barnier del 2006.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi concordo con l'idea della relatrice e collega on. Iva Zanicchi, la quale ritiene che sia ormai giunto il momento di riconoscere l'importanza politica del potenziamento della capacità di risposta dell'Unione europea alle catastrofi e che occorra mobilitare tutte le risorse disponibili per conseguire tale obiettivo. Sono d'accordo, inoltre con la collega che ritiene, che i risultati incoraggianti dell'azione preparatoria del 2008 dovrebbero essere ulteriormente valutati e che sia opportuno sviluppare maggiormente l'idea di una messa in comune volontaria, da parte degli Stati membri, di risorse tenute di riserva per l'utilizzo immediato nel quadro di operazioni dell'UE.
In tale contesto, la relatrice desidera ricordare al Consiglio e alla Commissione la raccomandazione contenuta nella relazione Barnier, secondo cui solo l'organizzazione preventiva e la messa in comune di risorse esistenti può dare vita a una Forza europea di protezione civile.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della presente relazione in quanto concordo sull'importanza di impegnarci a fondo per attuare politiche finalizzate al rafforzamento della capacità europea di risposta alle catastrofi, nonché alla promozione dell’efficienza, del coordinamento e della visibilità di queste attività.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Il moltiplicarsi di gravi catastrofi (naturali o provocate dall'uomo) al di fuori dell'Unione europea negli ultimi anni ha fatto sì che aumentassero gli appelli a migliorare l'efficacia dell'attuale capacità di risposta dell'UE alle catastrofi. Se la capacità di risposta dell'UE alle catastrofi si è costantemente evoluta a partire dall'istituzione del meccanismo comunitario di protezione civile nel 2001, la relatrice ritiene che occorra fare molto di più per garantire una risposta dell'UE coordinata, coerente e visibile. Tale esigenza di una risposta più coerente è stata evidenziata anche nell'ultima comunicazione della Commissione sul "potenziamento delle capacità di risposta dell'UE alle catastrofi", che risale al marzo 2008. Tale comunicazione doveva essere un primo passo sulla via verso una risposta globale e integrata dell'UE. Essa comprendeva un piano d'azione contenente una serie di azioni concrete volte a istituire gradualmente un coordinamento maggiormente integrato tra i vari strumenti di risposta alle catastrofi. Oggi abbiamo una risposta del Parlamento al problema.
Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. – (NL) In un momento in cui, in tutto il mondo sono sempre più frequenti catastrofi che provocano danni considerevoli alle persone, all'economia e all'ambiente, soprattutto a causa dell'impatto del cambiamento climatico, è cruciale che l’Unione europea sia in grado di fornire una risposta rapida, chiaramente strutturata nella Forza europea di protezione civile. Dal recente terremoto di Haiti, abbiamo imparato la lezione: abbiamo bisogno di aumentare l’efficienza, il coordinamento e la visibilità dell’Unione europea. Sono quindi favorevole all'inserimento della protezione civile e dell'aiuto umanitario nel portafoglio di un unico Commissario. Credo anche che, qualora possibile, le operazioni di soccorso debbano sempre essere condotte con il coordinamento delle Nazioni Unite.
La presente relazione esorta la Commissione ad elaborare programmi nelle regioni colpite con i governi nazionali, le autorità locali e le organizzazioni non governative per permettere alle comunità locali di prevenire e gestire le calamità. In caso di disastri, i mezzi di difesa civili e militari devono essere impiegati solamente come ultima risorsa.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) L'impatto delle catastrofi naturali e provocate dall’uomo è in continuo aumento, non solo in numero, ma anche per l’ampiezza e per i danni in termini di vite umane, socio-economici e ambientali. Questo impone all’Unione europea di ripensare la sua strategia di risposta per quanto riguarda la prevenzione, la gestione e l’assistenza, in modo da essere più coordinata ed efficiente dal punto di vista operativo.
Accolgo con favore l’adozione della presente relazione, che analizza la recente catastrofe ad Haiti e invita all’istituzione di una Forza europea di protezione civile in grado di creare sinergie tra gli Stati membri e le istituzioni europee finalizzate alla prevenzione delle calamità e all’assistenza dei paesi terzi, soprattutto di qualsiasi paese in via di sviluppo colpito da una catastrofe. La natura umanitaria dell’iniziativa è simbolica della concreta impostazione delle dimensioni esterne della solidarietà dell’UE.
Ritengo sia estremamente importante assegnare a questa iniziativa un ruolo di guida verso il coordinamento e la gestione dei disastri che si verificano all’interno dell’Unione europea. Mi ricordo della catastrofe che ha devastato l’isola di Madeira nel febbraio scorso e ritengo quindi fondamentale creare una Forza di protezione civile, facendo al contempo il miglior uso possibile dei meccanismi già esistenti.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Il lavoro in materia di regolamenti finanziari è continuo. Ho votato a favore della presente relazione di iniziativa del Parlamento europeo che cerca di sottoporre tutti i prodotti finanziari alla supervisione delle autorità di mercato. La mancanza di trasparenza danneggia l’efficienza del mercato e ha contribuito ad aggravare la crisi finanziaria. La direttiva relativa ai mercati degli strumenti finanziari (MiFID) facilitava il trasferimento di attività di mercato per una migliore normativa e spazi di negoziazione più trasparenti. Facendo eco alle conclusioni del G20 di Pittsburgh del settembre 2009, la relazione mira a garantire che “tutti i contratti standard su derivati OTC (derivati fuori borsa) [siano] negoziati in borsa o su piattaforme di negoziazione elettroniche”.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Con l’attuazione della direttiva relativa ai mercati degli strumenti finanziari (MiFID), i mercati finanziari europei hanno subito cambiamenti senza precedenti, sia a causa della direttiva stessa sia per altri motivi collegati alla crisi; non è quindi stato possibile raggiungere gli obiettivi normativi desiderati. L’attuazione della MiFID ha determinato a frammentazione dei mercati, portando alla proliferazione delle strategie di negoziazione ad alta frequenza. Il mercato si è adattato all’uso di dark pool per la negoziazione di ordini di una certa consistenza nelle transazioni con intermediari indipendenti e all’uso delle deroghe MiFID per tali operazioni quando queste sono condotte da piattaforme di trading organizzate (transazioni “opache” o dark transactions), mentre in passato le transazioni erano concluse in mercato regolamentati. È fondamentale applicare la legislazione volta a garantire l’efficace regolamentazione e la trasparenza dei nuovi strumenti tecnologici, al fine di evitare la creazione di qualsivoglia rischio sistemico nel funzionamento generale dei mercati.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il Parlamento europeo continua ad adottare relazioni su determinati elementi del regolamento finanziario, ma senza arrivare mai al nocciolo della questione. Naturalmente, è meglio che le transazioni finanziarie condotte da intermediari privati e/o istituti finanziari siano regolamentate in qualche modo, ma questo non è comunque il problema principale.
La relazione non va oltre la richiesta di maggiore regolamentazione delle piattaforme di negoziazione, facendo riferimento alla necessità di “incrementare la trasparenza e la sicurezza dei mercati degli strumenti finanziari” e di un “trattamento equo” dei sistemi multilaterali di negoziazione e dei mercati regolamentati.
Il problema principale è la persistenza del vecchio sistema speculativo, ma la relazione affronta solamente la forma di questa speculazione e non il contenuto, ovvero la parte più importante.
Da parte nostra, continuiamo a cercare una fine al mercato dei derivati e ai paradisi fiscali, nonché l’efficace controllo dei poteri finanziari da parte dei poteri politici, piuttosto che la situazione inversa. Fino a quando non raggiungeremo questo obiettivo, qualsiasi altra politica sarà solamente di facciata.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione in quanto sembra che una delle maggiori conseguenze della concorrenza creata dall’attuazione della MiFID sia stata la frammentazione del mercato che ha a sua volta favorito la proliferazione delle strategie HFT. Il legislatore deve riconoscere che questi progressi tecnologici devono essere adeguatamente disciplinati per evitare che essi occupino vuoti normativi e finiscano per porre rischi sistemici al generale funzionamento dei mercati.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Con la recente attuazione della direttiva relativa ai mercati degli strumenti finanziari (MiFID), i mercati finanziari europei hanno subito cambiamenti senza precedenti, sia a causa della direttiva stessa sia per altri motivi collegati alla crisi; non è quindi stato possibile raggiungere gli obiettivi normativi attesi dall'introduzione della MiFID. Il mercato si è adattato all’uso di dark pool per la negoziazione di ordini di una certa consistenza nelle transazioni con intermediari indipendenti e all’uso delle deroghe MiFID per tali operazioni quando queste sono condotte da piattaforme di trading organizzate (transazioni “opache” o dark transactions), mentre in passato le transazioni erano concluse in mercato regolamentati. Per questi motivi, è fondamentale applicare la legislazione volta a garantire l’efficace regolamentazione e la trasparenza dei nuovi strumenti tecnologici, al fine di evitare l’insorgere in futuro di rischi sistemici nel funzionamento generale dei mercati.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) I costi per l’acquisizione dati in Europa sono troppo alti: a volte sono dieci volte superiori a quelli degli Stati Uniti. La relazione contiene alcune buone proposte per ridurre questi e altri costi non necessari, ma temo che l’autrice sia sulla strada sbagliata pensando di raggiungere l’obiettivo della riduzione dei costi attraverso l’introduzione di una serie di disposizioni aggiuntive. Si corre il rischio di sostituire semplicemente un ostacolo burocratico con un altro e per questo motivo mi sono astenuto dalla votazione.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − La mia decisione di votare a favore della relazione A7-0326/2010 va di pari passo con l'attuale situazione dei capitali europei, che sta attraversando un periodo di novità, senza precedenti grazie ai progressi tecnologici. Grazie all'attuazione della MiFID, che promuove la concorrenza tra piattaforme di trading per i servizi di esecuzione, l'efficienza del processo di formazione dei prezzi si è accresciuta, ampliando la scelta degli investitori. Tuttavia, la frammentazione dei mercati ha offuscato la trasparenza post-negoziazione delle operazioni OTC e tale situazione necessita di un quadro regolamentare più efficace per pervenire ad un'informazione post-negoziazione consolidata. E' mia opinione che le autorità di regolamentazione debbano garantire la possibilità di ricostruire ogni momento della negoziazione per comprendere le dinamiche di mercato e le modalità di intervento dei partecipanti. L'impatto delle nuove tecnologie e l'avvento di nuovi partecipanti al mercato ha portato ad una maggiore rapidità di trading e ad un'apertura dell'accesso diretto al mercato ai clienti dei membri delle piattaforme di trading. Nonostante l'attuazione della MiFID abbia portato innovazione, sembra che abbia anche contribuito alla frammentazione del mercato. Ho votato a favore della relazione perchè credo che questi progressi tecnologici debbano essere adeguatamente disciplinati per evitare che creino rischi sistemici all'intero mercato.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Sostengo l’invito alla Commissione a rafforzare comunque le strutture di mercato in tutte le piattaforme di negoziazione e i sistemi di compensazione, per metterli in grado di affrontare i futuri rischi grazie a una maggiore trasparenza, a una migliore resilienza e alla vigilanza regolamentare su tutte le transazioni aggregate. Ho quindi votato a favore della risoluzione del Parlamento in quanto sostiene che:
- i sistemi multilaterali di negoziazione devono essere sottoposti allo stesso livello di vigilanza ed essere pertanto regolamentati in modo comparabile;
- le imprese d'investimento che forniscono un servizio di gestione del portafoglio e operano in veste di gestori del portafoglio devono beneficiare delle migliori condizioni possibili da parte delle imprese d'investimento;
- la Commissione deve analizzare gli effetti della fissazione di una consistenza minima degli ordini per tutte le transazioni “opache”;
- le imprese che perseguono strategie di negoziazione ad alta frequenza devono essere analizzate per assicurarsi che esse dispongano di solidi sistemi e controlli attraverso la revisione continua gli algoritmi utilizzati.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, appoggio pienamente il relatore on. Kay Swinburne, e la sua idea di promuovere la concorrenza tra le piattaforme di trading per i servizi di esecuzione – ha ampliato la scelta degli investitori, ha ridotto i costi delle transazioni ed ha contribuito ad accrescere l’efficienza del processo di formazione dei prezzi. Vi sono oggi 136 sistemi alternativi di negoziazione (MTF) che, insieme alle borse principali, costituiscono il sistema organizzato di "trading venue".
Questo sistema conta per il 60% del volume di scambi, mentre la quota restante viene coperta dagli intermediari indipendenti (broker-dealer) collettivamente denominati OTC. Le negoziazioni bilaterali – quelle in cui il cliente trasmette un ordine al broker e quest’ultimo trova il match (abbinamento) – che prima erano soprattutto verbali, sono ora prevalentemente effettuate per via elettronica. Sebbene non possa esservi per definizione trasparenza pre-negoziazione per le operazioni OTC, le regole MiFID prevedono che esse debbano essere oggetto di reporting.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Concordo sull’invito alla Commissione ad analizzare gli effetti della fissazione di una consistenza minima degli ordini per tutte le transazioni “opache” e a verificare se tale disposizione possa essere applicata in modo rigoroso così da mantenere un flusso adeguato di scambi tramite le piattaforme “trasparenti” (lit venue) nell'interesse del processo di formazione dei prezzi (price discovery).
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Sembra che una delle maggiori conseguenze della concorrenza creata dall’attuazione della MiFID sia stata la frammentazione del mercato che ha a sua volta favorito la proliferazione delle strategie HFT Il legislatore deve riconoscere che questi progressi tecnologici devono essere adeguatamente disciplinati per evitare che essi occupino vuoti normativi e finiscano per porre rischi sistemici all’intero mercato. Questo è in breve quanto viene proposto nel testo adottato oggi dal Parlamento europeo.
Peter Skinner (S&D), per iscritto. – (EN) La presente relazione d’iniziativa fissa il quadro per la discussione della MiFID, alla quale sono collegati, naturalmente, la direttiva sugli strumenti derivati OTC e l’intervento dell’ESMA e dell’EMIR. Già il titolo della relazione permette di comprendere la natura di urgenza, spesso complicata, delle modifiche normative.
Ai mercati non regolamentati è stato concesso accesso illimitato attraverso la sponsorizzazione di piattaforme di negoziazione formali e questa situazione deve cambiare.
Allo stesso modo, concordo con la relatrice sulla necessità di migliorare la trasparenza pre- e post-negoziazione e in particolare sulla necessità che i dati post-negoziazione per i prodotti non rappresentativi di capitale di rischio (non-equity) siano forniti in una forma già consolidata.
È fondamentale comprendere le dinamiche del mercato e fornire ai regolatori gli strumenti, le informazioni e i dati necessari.
Angelika Werthmann (NI), per iscritto. – (DE) Le banche, le borse e i fondi sviluppano nuovi prodotti e pratiche di negoziazione tanto rapidamente che la direttiva relativa ai mercati degli strumenti finanziari (MiFID) è già superata. Il campo d’azione delle norme sulla trasparenza deve essere esteso fino a includere i sistemi interni di negoziazione delle banche e le deroghe devono essere previste in modo restrittivo, affinché gli istituti e i prodotti finanziari non possano sfuggire a un’efficace vigilanza.
Conoscere i dati pre- e post-negoziazione, in precedenza previsti solamente per le azioni, deve valere ora anche per le obbligazioni, ai prodotti derivati oggetto di compensazione centralizzata, i prodotti strutturati, i fondi e i certificati, aumentando l’efficienza e la trasparenza del processo di fissazione dei prezzi.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della presente relazione in quanto ritengo che sia fondamentale che l’Unione europea sia preparata ai rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari (CBNR) che presentano una nuova dimensione di possibili attacchi terroristici, incidenti industriali e disastri naturali per il loro carattere transnazionale e la scala di vittimizzazione di massa. La risposta europea a questo pericolo non comprende soltanto i programmi di intervento ex post facto, ma inizia molto prima nella gestione, la corretta conservazione, l'accesso limitato e i controlli di tali materiali. Ritengo fondamentale che l’intervento a seguito di un incidente debba essere accompagnato dalla cooperazione su vasta scala tra diverse autorità nazionali all'interno di uno Stato membro (protezione civile, militari, forze dell'ordine, ecc.), nonché tra le autorità nazionali dei diversi Stati membri e le istituzioni dell'Unione europea. In altre parole, è essenziale un approccio coordinato e completo. Nel giugno 2009, la Commissione ha presentato un piano d’azione CBRN triennale per il periodo 2010-2012, includendo i seguenti elementi: prevenzione, individuazione, preparazione e risposta. A questo proposito, riconoscere l'importanza di ciascuna di queste fasi è fondamentale per garantire la corretta applicazione degli studi di valutazione dei rischi, la risposta e le contromisure.
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della presente risoluzione perché è giunto il momento di prestare attenzione ai rischi chimici, biologi, radiologici e nucleari (CBRN) che presentano una nuova dimensione di possibili attacchi terroristici, incidenti, disastri naturali e/o pandemie, per il loro carattere transnazionale e la scala di vittimizzazione di massa. È necessario iniziare con la gestione di questi materiali, la loro corretta conservazione, l'accesso limitato, i controlli, eccetera, e non limitarsi soltanto a programmi di intervento ex post facto. Allo stesso tempo, un intervento ex post richiede una cooperazione su vasta scala tra diverse autorità nazionali all'interno di uno Stato membro e per questo il Piano d'azione CBRN dovrebbe assicurare l’efficiente interazione delle iniziative nazionali e comunitarie per affrontare i rischi CBRN e preparare la risposta necessaria.
Considerando che gli incidenti o attacchi CBRN rappresentano una grave minaccia per la sicurezza delle persone che vivono nell'Unione europea e possono danneggiare le infrastrutture critiche e il normale funzionamento delle società in uno o in più Stati membri dell'Unione europea ignorando le frontiere, sostengo la risoluzione del Parlamento europeo che chiede al Consiglio e alla Commissione di rivedere e rafforzare rapidamente il Piano d'azione secondo le raccomandazioni contenute nella presente relazione e di assicurarne la rapida attuazione.
Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. – (RO) I rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari (CBRN) presentano una nuova sfida per la società nonché una nuova base per possibili attacchi terroristici, incidenti, disastri naturali e pandemie. Vorrei cogliere questa occasione per sostenere la relazione Gomes in quanto ci permette di porre le basi per un adeguato meccanismo di risposta alle catastrofi. Al momento di rivalutare il Piano d’azione CBRN, vanno anche prese in debita considerazione i suggerimenti avanzato dal Parlamento, finalizzati a migliorare le aree principali per la sicurezza in caso di rischi simili. Concordo sull’importanza di condividere le migliori prassi con i paesi che hanno sviluppato un meccanismo specializzato in materia di valutazione dei rischi CBRN, prevenzione, individuazione, comunicazione e risposta.
È importante sottolineare la necessità di mantenere riserve ben gestite per garantire che gli strumenti di reazione, le apparecchiature mediche o di altro tipo pertinente, siano pienamente operative, attuali e aggiornate. Per questi motivi ho votato a favore della relazione.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Le catastrofi chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari, accidentali o dovute ad attacchi terroristici, rappresentano serie minacce per la sicurezza e la salute degli abitanti dell'Unione europea e sono responsabili di inquinamento e contaminazione ambientale. Sebbene nell’Unione europea il numero di incidenti riguardanti materiali CBRN è stato sinora relativamente limitato e, nella maggior parte dei casi dovuto a incidenti industriali o all'aumento e alla diffusione mondiale di agenti patogeni pericolosi, il rischio di catastrofi accidentali o intenzionali rimane comunque. Ho votato a favore della presente relazione in quanto concordo con la posizione della relatrice sul fatto che il Piano d’azione CBRN proposto dalla Commissione europea, il cui obiettivo è assicurare una efficiente interazione delle iniziative nazionali e comunitarie per affrontare i rischi CBRN e preparare la risposta necessaria, sottovaluti i rischi che non si limitano entro i confini europei. Vanno affrontati adeguatamente anche i rischi CBRN internazionali e includerli nel Piano d'azione; le azioni preventive devono quindi avere dimensione internazionale, sottolineando l’attuazione degli accordi internazionali in materia di armi nucleari e chimiche.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) è fondamentale adottare un efficace piano d’azione per affrontare il crescente rischio di catastrofi chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari (CBNR) esistente in territorio europeo. Siano esse accidentali o intenzionali, questi disastri pongono una seria minaccia e possono potenzialmente avere effetti devastanti di ampia portata sulla sicurezza, il benessere, la salute pubblica europea, l’ambiente, il nostro patrimonio culturale e le infrastrutture basilari. Fortunatamente, il numero di incidenti riguardanti materiali CBRN, compresi gli atti di terrorismo, è stato relativamente limitato.
Il Piano d’azione esprime la necessità di una risposta completa e transnazionale, in quanto gli effetti di un disastro CBRN non vedono confini e per questo il piano d’azione deve basarsi elementi principali: prevenzione, individuazione, preparazione e risposta. Deve inoltre garantire una efficiente interazione delle iniziative nazionali e comunitarie per affrontare i rischi CBRN e preparare una risposta adeguata, limitando le conseguenze. Come la relatrice, onorevole Gomes, non ho dubbi sulla necessità di adottare un piano d’azione europeo, ma mi dispiace che la Commissione non sia stata più ambiziosa e che quindi al piano d’azione proposto manchino forza e coerenza in relazione a determinati argomenti.
Cornelis de Jong (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Sebbene concordi con la maggior parte della relazione Gomes, ho espresso voto contrario in quanto dedica troppa attenzione al coordinamento europeo della cooperazione civile e militare. La sfera militare deve rimanere di competenza degli Stati membri e non dell’Unione europea o della Commissione. Non contesto la cooperazione paritaria tra gli Stati membri in caso di incidenti CBRN (che risulta indispensabile in caso di un conseguente disastro ambientale), ma contesto la possibilità che questa relazione offre alla militarizzazione dell’Unione europea.
Ioan Enciu (S&D), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della presente relazione in quanto ritengo proponga misure efficaci per prevenire, contrastare e gestire gli incidenti chimici, biologici, radiologici e nucleari (CBRN). È assolutamente cruciale il sostegno che la relazione offre al concetto del meccanismo di risposta rapida in caso di una catastrofe CBRN in uno Stato membro, che si baserà sulla risposta guidata dal principio di solidarietà degli Stati membri. Un altro punto fondamentale è la proposta, inclusa nella relazione adottata dal Parlamento, di creare squadre miste europee di intervento rapido, che comprendano personale medico, personale delle forze dell'ordine e personale militare e che forniranno una risposta efficace in caso di catastrofi chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Grazie ai compromessi raggiunto dal relatore ombra del gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano), il mio collega onorevole Hankiss, il testo oggetto della votazione odierna è molto più dettagliato ed equilibrato, con numerosi punti dedicati specificamente alla sicurezza chimica, biologica, radiologica e nucleare come priorità, non solo in termini di prevenzione degli incidenti e di un'adeguata risposta ai disastri naturali, ma anche in riferimento alla concreta e attuale minaccia del terrorismo di questo tipo. Affrontiamo continuamente minacce imponenti e non convenzionali e, tenendo presente questa condizione, l’Europa deve disporre di un’adeguata strategia per prevenire, individuare e proteggere, in modo da garantire la sicurezza e la salute dei cittadini europei. La Commissione deve proseguire su questa strada e per questo ho votato a favore della relazione.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) I rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari (CBRN) presentano una nuova dimensione di possibili attacchi terroristici, incidenti industriali, disastri naturali e pandemie, hanno carattere transnazionale e possono causare numerose vittime. Nel giugno 2009 la Commissione ha presentato il Piano d’azione UE CBRN, adottato dal Consiglio nel novembre dello stesso anno. il Piano d’azione sarà in fase di attuazione per i tre anni successivi (2010-2012) ed è diviso in tre parti principali: prevenzione, individuazione, preparazione e risposta. Gli emendamenti introdotti dal Consiglio, hanno indebolito il Piano d’azione, rendendo meno vincolanti sia le misure previste sia il controllo e l’ispezione della loro applicazione. Accolgo quindi con favore l’adozione di questa relazione, finalizzata ad assegnare alla Commissione un ruolo normativo più forte, dato che questo è l’unico modo possibile per chiudere le lacune esistenti nei poteri conferiti in questo ambito ai vari Stati membri.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Se esistesse una reale preoccupazione in merito alle minacce chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari (CBRN), allora alcuni Stati membri non insisterebbero per mantenere potenti arsenali nucleari da utilizzare nel corso di possibili attacchi militari; allo stesso modo le armi nucleari degli Stati Uniti non sarebbero conservate in diversi Stati europei, in netta contraddizione con uno dei tre pilastri del trattato di non-proliferazione nucleare (TNP), che dovrebbe essere sostenuto.
La relazione non fa alcun riferimento ad alcune decisioni, come la recente scelta del Regno Unito di vendere tecnologie nucleari all’India, un paese non firmatario del TNP, o come la decisione di Francia e Germania di cooperare per conservare le loro armi nucleari giustificandola con un ipocrita “costo di razionalizzazione”. Il testo non fa nemmeno riferimento all’assistenza fornita dalle principali potenze europee e falla nato al progetto per installare sistemi anti-missilistici in Europa, né alla decisione della NATO di mantenere il suo ruolo di “alleanza nucleare”.
In un momento in cui la crisi del capitalismo è più intensa, questa relazione rende evidente l’importanza di azioni concrete e non di dichiarazioni di intenti; tali azioni dimostrano che la forza militare continua ad essere una risorsa a disposizione della globalizzazione economica capitalista.
Kartika Tamara Liotard (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Dichiarazione di voto sulla relazione (A7-0349/2010), presentata dall’onorevole Gomes, sul rafforzamento della sicurezza chimica, biologica, radiologica e nucleare nell'Unione europea – Piano d'azione CBRN dell'UE. Sebbene concordi con la maggior parte della relazione, ho espresso voto contrario in quanto dedica troppa attenzione al coordinamento europeo della cooperazione civile e militare. La sfera militare deve rimanere di competenza degli Stati membri e non dell’Unione europea o della Commissione. Non contesto la cooperazione paritaria tra gli Stati membri in caso di incidenti CBRN (che risulta indispensabile in caso di un conseguente disastro ambientale), ma contesto la possibilità che questa relazione offre alla militarizzazione dell’Unione europea.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) I rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari (CBRN) presentano una nuova dimensione di possibili attacchi terroristici, incidenti, disastri naturali e/o pandemie, per il loro carattere transnazionale e la scala di vittimizzazione di massa. Una risposta adeguata contro questo pericolo non comprende soltanto i programmi di intervento ex post facto, ma inizia molto prima nella gestione di siffatto materiale, la corretta conservazione, l'accesso limitato, i controlli, ecc. Allo stesso tempo, un intervento ex post richiede una cooperazione su vasta scala tra diverse autorità nazionali all'interno di uno stato membro (protezione civile, militari, forze dell'ordine, ecc.), nonché tra le autorità nazionali dei diversi Stati membri e le istanze dell'Unione europea. Pertanto è necessario un approccio coordinato per ogni rischio. Ho votato a favore della relazione che stabilisce tale approccio coordinato.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Senza dubbio abbiamo bisogno di proteggerci da qualsiasi abuso di prodotti, materiali e organismi chimici, biologici, radiologici e nucleari. Dobbiamo comunque preoccuparci soprattutto del loro impiego quotidiano. Il problema è che questo testo non fa mai riferimento alla necessità di trovare alternative all’energia nucleare, che presenta attualmente una grave minaccia per i nostri cittadini. Così come per il terrorismo, argomento focale della relazione, perché coinvolgere la NATO, ovvero l’organizzazione che rappresenta la più grande minaccia alla pace mondiale? Simili incoerenze non mi permettono di votare a favore della relazione in esame.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Credo che l’Unione europea debba prepararsi per affrontare qualsiasi attacco o incidente che frammenterebbe la sicurezza e la salute europee. Per questo motivo, il Piano d’azione UE CBRN è necessario, sia per prevenire sia per rispondere a qualsiasi minaccia o incidente che si verifichi in territorio europeo. Le attuali minacce sono molto varie, il che significa che il problema è per natura molto complesso; disponiamo però ora di un meccanismo appropriato per affrontare le situazioni più disparate. Questi sono in motivi alla base del mio voto.
Louis Michel (ALDE), per iscritto. – (FR) I rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari (CBRN) presentano una nuova dimensione di possibili attacchi terroristici, incidenti, disastri naturali e/o pandemie, per il loro carattere transnazionale e la scala di vittimizzazione di massa. Una risposta adeguata contro questo pericolo deve iniziare con la gestione di siffatto materiale, la corretta conservazione, l'accesso limitato, i controlli. Un intervento ex post richiede una cooperazione su vasta scala tra diverse autorità nazionali all'interno di uno stato membro, nonché tra le autorità nazionali dei diversi Stati membri e le istanze dell'Unione europea. La priorità è il rafforzamento del regime di non proliferazione e disarmo attraverso l'attuazione piena e universale di tutti i trattati e accordi internazionali in materia.
È altrettanto importante affrontare il rischio della proliferazione da parte dei terroristi, così come è fondamentale l’immediata istituzione di un meccanismo europeo di risposta alle crisi, che dovrebbe coordinare i mezzi civili e militari al fine di garantire la capacità di risposta rapida dell’Unione europea nella gestione di catastrofi CBRN. Dobbiamo infine adottare standard europei di qualità e sicurezza.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (LV) Ho votato a favore della relazione perché al momento, purtroppo, se non si compiono progressi in termini di sicurezza chimica, biologica, radiologica e nucleare, l’Unione europea non sarà pienamente consapevole delle possibili conseguenze. La relazione è solamente una breve spiegazione, non un piano d’azione. Al fine di redigere un documento completo in materia di sicurezza nucleare, è necessario coinvolgere specialisti con provata esperienza nel campo dell’energia nucleare e dell’uso delle relative tecnologie. Un simile lavoro può richiedere anni, ma deve essere portato a termine. L’Unione europea e il Parlamento in particolare non possono preparare un simile documento da soli. Ho votato a favore della relazione, ma la considero semplicemente come l’epilogo di un libro sulla sicurezza nucleare europea. mi auguro che il lavoro sull’intero volume inizi quanto prima.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) La sicurezza della popolazione civile in caso di incidenti di natura chimica, biologica, radiologica o nucleare è una questione molto importante e dobbiamo sostenere le ambizioni in merito. Per quanto riguarda la relazione, purtroppo, ho la sensazione che il desiderio principale sia di combattere lo spettro del terrorismo che, fortunatamente, non esiste in Europa in questa forma altamente organizzata. L’intenzione è di creare ulteriore panico al fine di riuscire poi ad attuare una determinata politica. La relazione sembra inoltre affrontare principalmente il tema della solidarietà. A mio parere, arriva un momento in cui dobbiamo dire “basta” alle misure di prevenzione del terrorismo e lo stesso vale per la solidarietà europea. Per questi motivi mi sono astenuto dalla votazione sulla relazione.
Radvilė Morkūnaitė-Mikulėnienė (PPE), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore di un aumento della sicurezza chimica, biologica, radiologica e nucleare nell’Unione europea e sono lieta dell’opportunità di essere relatore ombra su questo argomento. Sebbene la prevenzione e la protezione dai disastri provocati da sostanze CBRN siano questioni di competenza degli Stati membri, abbiamo comunque bisogno di un approccio comune. La presente comunicazione della Commissione europea rappresenta un passo in avanti verso un piano d’azione comune finalizzato a proteggere i cittadini europei dalle catastrofi. Stiamo attraversando un periodo piuttosto instabile e le minacce derivano non solo da un'irresponsabile attività umana e da incidenti, ma anche dalle azioni intenzionali. Questo aspetto è particolarmente importante nel mio paese, la Lituania, circondato da pericoli chimici e nucleari: innanzi tutto sul fondo del Mar Baltico giacciono armi chimiche della Seconda guerra mondiale e vi è poi l’intenzione di costruire due centrali nucleari vicino al nostro confine. Dobbiamo valutare attentamente la situazione, gli standard di sicurezza in vigore e la loro adeguatezza alle esigenze attuali; solo attraverso una valutazione della situazione attuale possiamo stabilire se abbiamo bisogno di nuovi standard di sicurezza. Il contesto per questa valutazione e la definizione degli standard deve essere abbastanza flessibile da essere adattata alle tecnologie in continuo sviluppo, le quali, oltre ad semplificare la nostra vita quotidiana, possono anche trasformarsi in un’arma letale se finiscono nelle mani di terroristi. Dall’altro lato, offrire sicurezza non deve trasformarsi in un pretesto per centralizzare la protezione civile. Sebbene l’istituzione e la supervisione di standard di sicurezza europei aiuterà a proteggere i cittadini, non dovremmo comunque creare nuove istituzione o procedure inutilmente troppo complicate.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione sul rafforzamento della sicurezza chimica, biologica, radiologica e nucleare nell'Unione europea – Piano d'azione CBRN dell'UE per le stesse motivazioni avanzate dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano). Vorrei sottolineare sia la necessità di un approccio europeo finalizzato a prevenire e individuare attacchi e/o incidenti in quanto la minaccia di attacchi CBRN è “globale”, sia l’attenzione prestata al rafforzamento della relativa sicurezza se desideriamo impedire attacchi terroristici.
Vorrei anche evidenziare l’importanza del compromesso raggiunto tra i due maggiori gruppi politici in merito alla riduzione del limite entro il quale obbligare l’industria chimica a sostituire l'uso di prodotti ad alto rischio, indipendentemente dal rischio correlato.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, non posso far altro che appoggiare la relatrice on. Ana Gomes, e condivido a pieno l'obiettivo del piano d'azione CBRN adottato – che dovrebbe assicurare una efficiente interazione delle iniziative nazionali e comunitarie per affrontare i rischi CBRN e preparare la risposta necessaria.
Tuttavia, concordo sul fatto che il piano d'azione CBRN adottato dall'UE è debole e manca di coerenza su diversi punti. È di fondamentale importanza sottolineare che un piano d'azione CBRN offre una preziosa occasione per attuare la clausola di solidarietà sancita dal trattato di Lisbona. Purtroppo, nel piano d'azione adottato dal Consiglio non si fa neppure riferimento alla clausola di solidarietà.
Rovana Plumb (S&D), per iscritto. – (RO) I rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari (CBRN) presentano una nuova dimensione di possibili attacchi terroristici, incidenti, disastri naturali e/o pandemie, per il loro carattere transnazionale e la scala di vittimizzazione di massa. Una risposta adeguata contro questo pericolo non comprende soltanto i programmi di intervento ex post facto, ma inizia molto prima nella gestione di siffatto materiale, la corretta conservazione, l'accesso limitato, i controlli, ecc. Allo stesso tempo, un intervento ex post richiede una cooperazione su vasta scala tra diverse autorità nazionali all'interno di uno Stato membro (protezione civile, militari, forze dell'ordine, ecc.), nonché tra le autorità nazionali dei diversi Stati membri e le istanze dell'Unione europea. Pertanto è necessario un approccio coordinato per ogni rischio.
Ho votato a favore a favore di questa relazione in quanto chiede al Consiglio e alla Commissione di rivedere e rafforzare rapidamente il Piano d'azione secondo le raccomandazioni contenute nella presente relazione e di assicurarne la rapida attuazione, considerando che gli incidenti o attacchi CBRN rappresentano una grave minaccia per la sicurezza delle persone che vivono nell'Unione europea e possono danneggiare le infrastrutture critiche e il normale funzionamento delle società in uno o in più Stati membri dell'Unione europea ignorando le frontiere.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Gli attacchi con materiali chimici, biologici, radiologici e nucleari (CBRN) rappresentano una grave minaccia per i cittadini europei. Questo significa che dobbiamo riconoscere reciprocamente la necessità di attuare un efficace piano d’azione al fine di garantire collegamenti appropriati tra gli approcci e le iniziative dei diversi Stati membri e l’unione europea in merito a prevenzione, individuazione, preparazione e risposta a incidenti CBRN.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) I rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari (CBRN) presentano una nuova dimensione di possibili attacchi terroristici, incidenti, disastri naturali e/o pandemie, per il loro carattere transnazionale e la scala di vittimizzazione di massa. Una risposta adeguata contro questo pericolo non comprende soltanto i programmi di intervento ex post facto, ma inizia molto prima nella gestione di siffatto materiale, la corretta conservazione, l'accesso limitato, i controlli, ecc. Allo stesso tempo, un intervento ex post richiede una cooperazione su vasta scala tra diverse autorità nazionali all'interno di uno stato membro (protezione civile, militari, forze dell'ordine, ecc.), nonché tra le autorità nazionali dei diversi Stati membri e le istanze dell'Unione europea. Pertanto è necessario un approccio coordinato per ogni rischio. A questo scopo abbiamo votato a favore dell’adozione della presente relazione.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della presente relazione e la considero di grande importanza dato il periodo di crisi economica e finanziaria, in quanto è necessario garantire lo sviluppo armonioso di tutte le regioni dell'Unione europea. Concordo con l’intenzione generale di concludere un accordo a tre parti tra Unione europea, Stati membri e regioni, in quanto modernizzazione, infrastrutture interconnesse e assistenza per i piani di investimento e i progetti di sviluppo in merito alle caratteristiche specifiche delle singole regioni sono fondamentali. Altrettanto essenziali sono i continui investimenti in infrastrutture in molte regioni europee, soprattutto nell’Europa meridionale e orientale; considerando i diversi livelli di decentramento nelle regioni europee, dobbiamo trovare un equilibrio al momento di definire un approccio orizzontale tra diverse politiche e nei diversi settori d’attività. Un impegno verso la modernizzazione amministrativa e la riforma delle regioni, affiancato da un’assistenza tecnica di alta qualità da parte della Commissione sono requisiti fondamentali per migliorare l’efficienza e l’efficacia degli investimenti europei. è fondamentale altresì la semplificazione delle procedure e la ripartizione delle risorse dei Fondi strutturali e del Fondo di coesione in un modo che sia accessibile a tutte le parti interessate. In questo modo garantiremo, da un lato, la partecipazione di tutti gli attori sociali e, dall’altro, una migliore applicazione dei programmi, delle politiche e degli strumenti europei.
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa importante risoluzione in quanto l’attuazione della Politica di coesione è largamente decentrata e poggia sulla responsabilizzazione delle autorità subnazionali. Concordo sul fatto che l'approccio multilivello dovrebbe essere applicato non soltanto verticalmente ma anche orizzontalmente, tra attori del medesimo livello, in tutte le politiche dell'Unione oggetto di competenza condivisa, compresa la Politica di coesione, che svolge il ruolo di precursore nell'applicazione della governance multilivello quale strumento per migliorare la qualità dei processi decisionali attraverso la partecipazione attiva delle autorità subnazionali fin dalla fase prelegislativa dei dibattiti.
È altresì importante sottolineare che le procedure per la richiesta di finanziamenti sono troppo complesse e controlli eccessivi rischiano di allontanare potenziali beneficiari della Politica di coesione da un efficace assorbimento dei fondi e dal loro massimo impatto. È necessario disporre di una capacità amministrativa sufficiente a livello tanto dell'UE quanto regionale e locale al fine di aumentare il valore aggiunto della Politica di coesione e garantire la sostenibilità delle azioni.
Antonello Antinoro (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho deciso di votare a favore di questo rapporto perché è necessario dare un segnale forte di avvicinamento dell'Europa alle amministrazioni locali e in particolare quelle regionali.
In un momento in cui viviamo un momento di decentramento degli Stati membri a diversi livelli è necessario mostrare come anche il Parlamento europeo abbia tutto l'interesse a rendere la politica regionale uno strumento per una migliore governance stessa dell'Europa.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) A mio parere, la politica regionale è una delle più importanti politiche europee. I fondi che concede in tutta Europa contribuiscono a creare coesione tra le varie regioni, aiutandole a divenire competitive. Alcuni aspetti però possono essere migliorati, soprattutto nel settore della governance multilivello, segnatamente l’azione coordinata di Unione, Stati membri e autorità regionali e locali. La politica regionale risente della complessità delle procedure, che spesso scoraggiano gli attori locali a farvi ricorso; ciononostante, il numero di irregolarità ancora troppo alto. Ho votato a favore di questa iniziativa del Parlamento europeo, che sottolinea il ruolo cruciale delle autorità locali nel processo di attuazione della politica regionale e che invita al contempo al miglioramento della governance multilivello. La relazione raccomanda inoltre un migliore follow-up da parte della Commissione in relazione al sostegno agli attori regionali e assicurando il buon uso dei fondi allocati.
Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione di iniziativa presentata dalla mia collega romena, l’onorevole Mănescu, sulla sana gestione in materia di politica regionale dell'Unione europea: procedure di assistenza e controllo della Commissione. Accolgo con favore la richiesta di una semplificazione in quanto rappresenta una condizione per una migliore comprensione e utilizzo dei fondi europei da parte dei funzionari europei. Come la grande maggioranza dei miei onorevoli colleghi, sono a favore di una forte Politica di coesione, la cui dotazione finanziaria deve essere mantenuta dopo il 2013, respingendo ogni tentativo di rinazionalizzarla. A livello personale, tengo a precisare che il miglior modo per evitare che la Politica di coesione sia rinazionalizzata è di “europeizzarla”. Mi dispiace che troppo spesso le risorse di questa politica vengano impiegate per progetti con dimensione regionale o nazionale, ma solo raramente di carattere europeo.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) La Politica di coesione dell’Unione europea è il mezzo principale per garantire uno sviluppo regionale sostenibile. La sua attuazione è largamente decentrata e poggia sulla responsabilizzazione delle autorità subnazionali. Il trattato di Lisbona garantisce alle autorità territoriali un maggiore coinvolgimento nel processo legislativo al fine di facilitare un’attuazione migliore e più efficace delle misure della Politica di coesione, adattandole alle necessità delle specifiche regioni e dei loro cittadini. Ho votato a favore della relazione in quanto sento la necessità di massimizzare il potenziale della cooperazione territoriale, che in alcune regioni è rimasto ancora inesplorato, e di promuovere un’applicazione più attiva del principio di partenariato, garantendo un’efficace cooperazione tra settore pubblico e privato.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR) La relazione dell’onorevole Mănescu cerca di avvicinare l’Unione europea ai suoi cittadini: Sostiene un migliore controllo da parte della Commissione sul coinvolgimento delle autorità locali nello sviluppo della Politica di coesione. Questo documento è parte di processo finalizzato a semplificare procedure amministrative molto complesse per lo sviluppo delle nostre regioni e per migliorare la collaborazione tra le autorità locali degli Stati membri. Il fatto che sia stata adottata a grande maggioranza conferma l'importanza assegnata a un miglior impiego dei fondi europei.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della presente relazione perché, in materia di Politica di coesione, i processi decisionali vengono migliorati attraverso l'applicazione della governance multilivello e una partecipazione attiva delle autorità subnazionali. La funzione di supervisione della Commissione, nella sua forma attuale, è considerata insufficiente e non può compensare l'inefficienza dei sistemi di controllo nazionali durante l'intero periodo di programmazione. Per migliorare il sistema di controllo e incrementare l'assistenza alle autorità subnazionali, la Commissione deve rafforzare la propria funzione di supervisione e le procedure. Vanno assicurati maggiori investimenti volti al sostegno finanziario e alla formazione delle amministrazioni nazionali e regionali coinvolte nel programma per aumentare le loro competenze e la loro conoscenza delle norme. Vorrei inoltre far notare che le attuali procedure per la richiesta di finanziamenti sono troppo complesse e rischiano di allontanare potenziali beneficiari della Politica di coesione. Dobbiamo quindi elaborare in futuro una politica più orientata agli utenti con un miglior coordinamento delle norme che disciplinano i Fondi strutturali.
Philip Bradbourn (ECR), per iscritto. – (EN) I membri del Parlamento conservatori si sono astenuti dalla votazione finale sulla relazione Mănescu per le seguenti motivazioni.
Innanzi tutto, la relazione promette di mantenere una Politica di coesione debitamente finanziata, mentre noi crediamo che non si debbano stanziare fondi sociali e di coesione, ma che l’Unione europea debba invece concentrarsi sui finanziamenti per le nuove sfide e non per priorità del passato come la Politica di coesione. Riteniamo inoltre che la relazione non presenti, nel contenuto, significativi progressi in termini di un controllo maggiore e più rigido dei finanziamenti a questi programmi. Se non altro, però, le proposte avanzate nel testo offuscano ulteriormente i meccanismi esecutivi e intorbidiscono le acque.
Avremmo preferito una relazione che affrontasse in modo convincente gli argomenti sollevati dalla Corte dei conti europea in merito a tali finanziamenti, come invece non è stato. Per questo, i membri del Parlamento conservatori si sono astenuti dalla votazione finale.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Il decentramento dei poteri degli Stati membri si basa sulle responsabilità condivise tra i diversi livelli di potere. Per questo motivo è stata rafforzata la capacità delle autorità locali e regionali di attuare la politica europea. Concordo con l’adozione della presente relazione in quanto si concentra sulla natura specifica delle sfide locali e regionali, richiamando l’attenzione sulla necessità di approcci integrati che enfatizzino le caratteristiche specifiche dei territori, quali handicap geografici e naturali, spopolamento e posizione ultraperiferica, riconoscendo al contempo anche le differenti procedure amministrative nei vari Stati membri. Simili approcci devono anche permettere il coordinamento degli interessi dei diversi attori coinvolti al fine di agevolare la governance multilivello. La risoluzione sottolinea anche il fatto che le procedure per la richiesta sono troppo complesse e hanno eccessivi controlli che allontanano potenziali beneficiari della Politica di coesione; si fa inoltre riferimento all'obbligo di consultazione pubblica al fine di legittimare il processo decisionale. Concordo infine sul fatto che un ruolo più forte a livello regionale e locale debba corrispondere a una rafforzata funzione di supervisione della Commissione e a un maggiore coordinamento tra la Politica di coesione e quella strutturale.
George Sabin Cutaş (S&D), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione che propone di rafforzare la governance multilivello al fine di accrescere il coinvolgimento delle autorità subnazionali nella definizione delle politiche. Credo che gli interessi dei cittadini saranno meglio rappresentati se vi sarà un maggiore coinvolgimento delle autorità regionali e locali sin dalle prime fasi del processo decisionale.
Inoltre, la funzione di supervisione della Commissione europea sulla gestione dei Fondi strutturali non può essere contestata in alcun modo, ma deve pur tuttavia essere implementato.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Nel Fondo di coesione rientra oltre un terzo del totale del bilancio totale europeo ed ha il fine ultimo di ridurre le disparità tra diversi livelli di sviluppo economico nelle regioni, incanalando le risorse specificatamente verso la crescita e l'occupazione. Il Financial Times ha recentemente pubblicato un’indagine su come i Fondi di coesione sono effettivamente spesi e lo scenario che ne emerge è molto preoccupante: il Fondo viene impiegato per scopi che non corrispondono assolutamente alle intenzioni. Per questa ragione, considero fondamentale consolidare le procedure di controllo della Commissione in merito all’applicazione e all’utilizzo del Fondo di coesione, rafforzando i meccanismi di buona governance.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Concordo con la necessità di garantire il rispetto dei criteri di efficacia, efficienza, rigore e trasparenza “in tutte le fasi della programmazione e dell'esecuzione dei Fondi strutturali”. Riconosciamo che la “semplificazione in corso del regolamento finanziario e dei regolamenti dei Fondi strutturali” possa essere essenziale per eliminare alcune barriere che ne ostacolano l’accesso, soprattutto da parte delle regioni meno sviluppate. Per quanto riguarda il principio di cofinanziamento, riconosciamo l’importanza della responsabilizzazione delle autorità nazionali nell’applicazione della Politica di coesione, ma riteniamo che le norme che disciplinano il cofinanziamento debbano essere rese più flessibili, in vista dell’attuale profonda crisi che ha particolarmente colpito alcuni Stati membri e le loro regioni. questo permetterà un migliore assorbimento dei fondi accantonati per la Politica di coesione; nello specifico, il tasso massimo di cofinanziamento deve essere abbassato al 10 per cento per tutti i Fondi strutturali.
Non condividiamo, tuttavia, alcuni aspetti della relazione, ai quali ci opponiamo. Un esempio è la “sana gestione” proposta per i servizi pubblici che, secondo la relatrice, è possibile solamente attraverso il partenariato tra attori pubblici e privati. Un altro esempio è l’accozzaglia di riferimenti superflui agli obiettivi della strategia Europa 2020, una strategia caratterizzata da liberalizzazione, privatizzazione e una crescente flessibilità del mercato del lavoro, con un approccio diametralmente opposto con gli obiettivi della Politica di coesione.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione in quanto la relazione annuale 2006 della Corte dei conti ha rilevato che i sistemi di controlli vigenti per la Politica di coesione non erano sufficientemente efficaci e presentavano un eccessivo tasso di errore in ordine agli importi rimborsati (12 per cento); la relazione annuale 2008 ha confermato tale dato, indicando che l'11 per cento degli importi rimborsati non avrebbe dovuto esserlo. L’eccessiva complessità delle norme che disciplinano i Fondi strutturali è in parte responsabile di questi errori. La natura stessa del sistema di gestione condivisa adottato per la politica di coesione rende estremamente complessa l'interpretazione e l'attuazione delle norme, in ragione dell'elevato numero di parti interessate. Le norme dovrebbero dunque essere semplificate, onde rendere le procedure più facili da espletare ed evitare di scoraggiare i potenziali beneficiari dal prendere parte ai progetti.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Il decentramento del potere operato negli ultimi decenni da diversi Stati membri ha ampliato in modo significativo le competenze delle autorità regionali e locali in fatto di attuazione delle politiche dell'Unione europea. Il trattato di riforma introduce nella legislazione dell'Unione il principio di sussidiarietà subnazionale da applicarsi alle politiche oggetto di competenza concorrente, permettendo così un maggiore coinvolgimento delle autorità territoriali nel processo decisionale sia in fase di definizione sia in fase di attuazione delle politiche. Le autorità locali diventano, quindi, partner pienamente riconosciuti nel perseguimento degli obiettivi stabiliti dall'UE. Si tratta di un importante passo avanti verso una governance multilivello che risponde alla richiesta, più volte avanzata dal Parlamento, di accrescere il coinvolgimento delle autorità subnazionali nella definizione delle politiche, sempre nel rispetto dei diversi assetti costituzionali degli Stati membri.
L'efficienza dell'attuazione delle politiche dipende strettamente dalla loro definizione. In tale fase, il coinvolgimento delle autorità locali e regionali, quali autorità che meglio conoscono le esigenze del territorio e della popolazione, garantisce una maggiore efficienza nelle fasi successive. L'accento va, quindi, posto sulla fase prelegislativa del processo decisionale e sul valore aggiunto che le politiche e le migliori pratiche attuate a livello locale e regionale possono offrire all'elaborazione di strategie territoriali in seno all'UE.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Questo testo mette in rilievo la creazione di macroregioni europee. Al fine di imporre questi raggruppamenti competitivi al servizio degli interessi del sacrosanto mercato comune, quest’Aula sta proponendo una loro supervisione da parte della Commissione europea a danno dei governi eletti. La politica regionale dell’UE deve incentrarsi sulla riduzione degli squilibri di reddito e delle condizioni di vita dei cittadini delle regioni europee. Siamo molto lontani dal raggiungimento di questo obiettivo.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Considerando che alcune regioni risentono di evidenti svantaggi geografici e naturali, quali lo spopolamento, ritengo che questa misura sia indispensabile se vogliamo rendere più efficace la Politica di coesione. È necessario un maggiore rigore nell'applicazione del Fondo di coesione in modo tale da ridurre le disparità tra gli Stati membri e le regioni europee. In questo modo daremo vita a una procedura più trasparente, con meno burocrazia e più equa in termini di distribuzione dei fondi; si ridurrà di conseguenza anche le differenze tra i vari livelli di competitività. Queste sono le ragioni alla base del mio voto.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (LV) Finalmente! Finalmente qualcuno ha dato un senso a ciò a cui la politica regionale fa riferimento. Solo sull’esempio della Lettonia, posso affermare che nemmeno io sono stato in grado di ricevere informazioni dai funzionari del ministero dell’Economia lettone in merito all’applicazione dei Fondi Strutturali europei. Sono informazioni tenute segrete e nascoste ai cittadini lettoni; in segno di “apprezzamento”, comunque, è possibile conoscere le intenzioni della Commissione europea in relazione alla Lettonia e, magari, ricevere un finanziamento? Ho votato a favore della relazione nella speranza che la procedura diventi accessibile a tutti e che non si faccia segreto delle intenzioni della Commissione europea.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) L’obiettivo della relazione è il rafforzamento del ruolo della Commissione nel sostenere le autorità locali e regionali. Si tratta di un tentativo di ampliare il potere generale della Commissione, un tentativo al quale mi devo fermamente opporre. Per questo motivo ho espresso voto contrario alla mozione in oggetto.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − L'Unione Europea negli ultimi anni ha visto affermarsi sempre più la figura di autorità locali all'interno degli Stati membri. Il decentramento della gestione del territorio a favore di realtà territoriali più piccole ha fatto sì che attraverso il principio di sussidiarietà queste assumessero maggiore potere e voce in capitolo riguardo a competenze specifiche delegate dagli Stati membri; le regioni si sono trovate quindi a diretto contatto con le istituzioni europee. Ho votato a favore della relazione della collega Mănescu proprio perché in questo contesto si ha bisogno di un maggiore controllo e sostegno da parte della Commissione europea alle politiche regionali. La relazione inoltre mira all'adozione di un libro bianco sulla coesione territoriale che sarebbe per l'Unione un vero passo avanti verso una nuova governance multilivello che integri perfettamente competenze Europee, nazionali e regionali.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Il principio della sussidiarietà subnazionale inserito nel trattato di Lisbona mette in pratica l’obiettivo di coinvolgere le regioni nel processo decisionale europeo. Un maggiore dialogo con la Commissione implica il principio di sana gestione in merito alla politica regionale e l’adozione di altre procedure di assistenza e controllo. Ho votato a favore della relazione in oggetto, che si occupa delle competenze e del ruolo delle autorità regionali e locali nel processo di attuazione della Politica di coesione. Le autorità regionali possono ora partecipare in modo più diretto e attivo nel processo decisionale, che include la definizione e l’attuazione della politica, in veste di veri partner per la realizzazione degli obiettivi europei.
Accolgo con favore questo importante passo per la governance, che risponde che risponde alla richiesta, più volte avanzata dal Parlamento, di accrescere il coinvolgimento delle autorità subnazionali nella definizione della politica europea.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi compiaccio con la relatrice Ramona Nicole Mănescu per l'ottimo lavoro svolto e inoltre concordo con la relatrice, la quale ritiene che la governance multilivello consente un migliore sfruttamento del potenziale di cooperazione territoriale grazie alle relazioni sviluppate tra attori pubblici e privati attraverso le frontiere; sono d'accordo sul fatto che promuovere lo scambio di informazioni tra i GECT già esistenti e quelli in corso di istituzione nel quadro dei programmi esistenti.
Rovana Plumb (S&D), per iscritto. – (RO) Il decentramento del potere operato negli ultimi decenni da diversi Stati membri ha ampliato in modo significativo le competenze delle autorità regionali e locali in fatto di attuazione delle politiche dell'Unione europea. Porre l'accento sulla fase prelegislativa del processo decisionale e sul valore aggiunto che le politiche e le migliori pratiche attuate a livello locale e regionale possono offrire all'elaborazione di strategie territoriali in seno all'UE sarà di aiuto per garantirne l'efficacia e la sostenibilità. Per valutare come migliorare l'approccio di governance multilivello nell’aera della Politica di coesione, bisogna considerare i seguenti aspetti: le dimensioni orizzontale e verticale della governance, l’istituzione di veri partenariati con le autorità regionali e locali, la coesione e la cooperazione territoriali, la semplificazione delle norme a livello europeo e nazionale (gli Stati membri devono semplificare le loro disposizioni nazionali e sviluppare una cultura della valutazione più forte a tutti i livelli al fine di garantire un efficace controllo ed evitare errori; nel 2008 l’11 per cento degli importi rimborsati non avrebbe dovuto esserlo).
Il ruolo della Commissione deve essere rafforzato per sostenere le autorità regionali e locali ed è necessario riflettere approfonditamente su come migliorare la governance, e quindi l'efficacia, del sistema di esecuzione dei Fondi strutturali per il periodo successivo al 2013.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Ritengo necessario migliorare la governance relativa alla politica regionale al fine di rendere la gestione dei Fondi strutturali e della Politica di coesione non solo più efficace, ma anche più equilibrata. Concordo con la relatrice sul fatto che la Commissione debba cercare una politica che, in futuro, dia maggiore enfasi ai risultati, sulla base soprattutto della qualità degli interventi e sullo sviluppo di progetti strategici. Sono infine convinto che le reti europee per lo scambio delle migliori prassi debbano rafforzare le loro iniziative, contribuendo in questo modo alla nostra sicurezza per quanto riguarda l’attuazione pratica di queste procedure.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Il decentramento del potere operato negli ultimi decenni da diversi Stati membri ha ampliato in modo significativo le competenze delle autorità regionali e locali in fatto di attuazione delle politiche dell'Unione europea. Il trattato di riforma introduce nella legislazione dell'Unione il principio di sussidiarietà subnazionale da applicarsi alle politiche oggetto di competenza concorrente, permettendo così un maggiore coinvolgimento delle autorità territoriali nel processo decisionale sia in fase di definizione sia in fase di attuazione delle politiche. Le autorità locali diventano, quindi, partner pienamente riconosciuti nel perseguimento degli obiettivi stabiliti dall'UE. Si tratta di un importante passo avanti verso una governance multilivello che risponde alla richiesta, più volte avanzata dal Parlamento, di accrescere il coinvolgimento delle autorità subnazionali nella definizione delle politiche, sempre nel rispetto dei diversi assetti costituzionali degli Stati membri.
Czesław Adam Siekierski (PPE), per iscritto. – (PL) Il decentramento dei poteri porta alla responsabilizzazione delle autorità regionali e locali, le quali in effetti comprendono meglio le esigenze del territorio e della popolazione, riuscendo così ad adattare gli obiettivi generali al loro potenziale e possibilità. Potremo avere successo a condizione che gli Stati membri si riconoscano con il lavoro che portano avanti e che la relativa responsabilità venga assegnata alle autorità al giusto livello. Dobbiamo sostenere l’approccio popolare, che deve essere anche flessibile e integrato.
È importante che la Politica di coesione sia più accessibile agli utenti. Dobbiamo ridurre i costi amministrativi e semplificare le procedure, la cui complessità spesso non porta solamente ad errori, ma scoraggia i potenziali beneficiari dal prendere parte ai progetti. Stiamo parlando di ridurre il rischio di errore, ma non dobbiamo dimenticare le intenzioni e gli obiettivi che abbiamo già fissato, nello specifico le misure innovative. Abbiamo assegnato un posto di rilievo ai metodi innovativi per tenere conto del rischio e delle possibilità d’errore. Dovremmo quindi chiederci se vogliamo intraprendere un lavoro di carattere sperimentale, in linea con le priorità della strategia Europa 2020, o se preferiamo ridurre il numero di errori, ovvero scoraggiare i nostri cittadini dall‘intraprendere un percorso innovativo, seppur a volte incerto.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) Una sana gestione della politica regionale europea è essenziale affinché questa abbia successo. La governance deve assumere maggiore importanza a diversi livelli, al fine di rafforzare la partecipazione delle istituzioni al processo legislativo. Tenendo presente questo obiettivo, è fondamentale aumentare il coinvolgimento delle autorità regionali e locali sia nella fase prelegislativa sia nella fase di attuazione delle politiche. Tengo a sottolineare che il trattato di Lisbona riconosce il principio di sussidiarietà subnazionale, non solo nella sfera della politica regionale, ma anche orizzontalmente, ovvero in tutte le politiche europee.
Credo che, con una migliore e maggiore partecipazione ai diversi livelli del processo decisionale, sia possibile raggiungere l’obiettivo della coesione territoriale, in vista dell’integrazione. Verrà comunque adottata un’impostazione dal basso verso l’alto in quanto le istituzioni locali e regionali meglio conoscono le caratteristiche e i problemi delle regioni. Il Patto territoriale delle autorità locali e regionali concernente la strategia Europa 2020 può contribuire al rafforzamento di questi contributi al fine di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. I principi di partenariato e cofinanziamento contribuiranno ad aumentare la responsabilità di queste istituzioni e va rafforzato il ruolo della Commissione europea, in particolare attraverso un maggiore controllo e un sistema di audit.
Derek Vaughan (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della presente relazione in quanto invita la Commissione a rafforzare la propria funzione di supervisione al fine di ridurre il tasso di errore evidenziato nella recente relazione della Corte dei conti. La Commissione dovrebbe inoltre consultare le autorità locali e regionali in tutte le fasi del processo legislativo che riguarda le regioni, al fine di responsabilizzarle verso una politica più orientata ai risultati. Questo dovrebbe aiutare a ridurre il tasso di errore, migliorare i sistemi di controllo e incrementare l‘assistenza alle autorità subnazionali e ai beneficiari. Mi sembra che la relazione guardi lontano nel promuovere una migliore cooperazione tra le regioni nei diversi Stati membri, che avrà un effetto positivo nel raggiungimento degli obiettivi della Politica di coesione all’interno dell’Unione europea e nel garantire uno sviluppo armonico di tutte le regioni europee.
Relazione Díaz de Mera García Consuegra (A7-0342/2010)
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della presente relazione il cui obiettivo è di permettere a Frontex di beneficiare delle conoscenze e dell'esperienza dei funzionari di collegamento incaricati dell'immigrazione e viceversa, argomento che non era previsto nel regolamento originale adottato nel 2004. È chiara la necessità di questi emendamenti e dell’inserimento di nuovi argomenti al fine di migliorare il funzionamento di Frontex, come beneficiare delle informazioni raccolte dalle reti di funzionari di collegamento e scambiarle attraverso ICONet (rete di informazione e coordinamento sicura per i servizi di gestione dell'immigrazione degli Stati membri), accedere al fondo per le frontiere esterne al fine di rafforzare la creazione di reti di funzionari di collegamento e di facilitarne il funzionamento e, in ultima analisi, contribuire al sistema di presentazione delle relazioni semestrali. Sono convinta che questi emendamenti abbiano un ottimo tempismo e siano realmente necessari, in quanto l’Unione europea deve affrontare e gestire un crescente flusso di immigrazione legale e illegale.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Il regolamento (CE) n. 377/2004 del Consiglio del 19 febbraio 2004 istituiva una rete di funzionari di collegamento incaricati dell'immigrazione. Questi funzionari sono rappresentanti degli Stati membri distaccati in un paese terzo e sono responsabili di agevolare l’impegno dell’Unione europea nella lotta all’immigrazione illegale, in particolare raccogliendo informazioni per l’Agenzia europea Frontex. Il coordinamento nel contesto di questa politica, che è ancora all’inizio, va migliorato e bisogna organizzare riunioni tra i funzionari di collegamento e i rappresentanti della Commissione e di Frontex. Va inoltre incoraggiato un migliore coordinamento con gli altri organismi, quali l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo e l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati. Per questi motivi si è ritenuto necessario emendare il regolamento (CE) n. 377/2004. Sostengo il testo che, oltre a ribadire il fatto che questa politica debba rispettare le condizioni dei diritti fondamentali, offre i mezzi per controllare efficacemente la gestione delle frontiere esterne dell’Unione.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Concordo con gli emendamenti al regolamento volti ad aumentare la cooperazione tra Frontex e i funzionari di collegamento incaricati dell’immigrazione. Una cooperazione più attiva aiuterebbe Frontex nello svolgimento delle sue funzioni fondamentali di lotta all'immigrazione illegale, ovvero a prevenirla e a rimpatriare gli immigrati illegali. Le attività dell’Agenzia riguardano l’immigrazione all’interno del territorio europeo e per questo i funzionari di collegamento incaricati dell’immigrazione distaccati in paesi terzi possono apportare un contributo decisivo per Frontex nel raggiungimento dei suoi obiettivi al di fuori dell’Unione.
L’Agenzia avrà quindi la possibilità di scambiare informazioni in modo più efficiente con le autorità competenti nei paesi terzi e con le organizzazioni internazionali su temi quali il controllo delle frontiere e la formazione delle guardie di frontiera, lo scambio di informazioni operative e le operazioni congiunte. Sarà possibile scambiare informazioni attraverso ICONet (rete di informazione e coordinamento sicura per i servizi di gestione dell'immigrazione degli Stati membri).
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della presente relazione del Parlamento europea perché, con l’aumento dei flussi di immigrazione, è fondamentale creare una rete di funzionari di collegamento. Considerando che l’attuale crisi economica, finanziaria e sociale ha incoraggiato ulteriormente l’immigrazione, l’Unione europea deve fare quanto in suo potere per garantire una corretta gestione di questi flussi. La creazione di reti non solo aiuterà a regolare l’immigrazione legare, irregolare e clandestina, ma agevolerà anche la cooperazione operativa tra gli Stati membri e contribuirà al sistema di presentazione delle relazioni semestrali. Una più stretta cooperazione tra i funzionari permetterà un migliore scambio delle conoscenze tecniche e le relazioni con i colleghi dislocati in paesi terzi. Tengo a sottolineare che le istituzioni dell’Unione europea devono cercare costantemente di garantire un processo migratorio sicuro e rapito, tutelando i cittadini europei dai possibili pericoli derivanti dall’immigrazione irregolare e clandestina. questi obiettivi si possono raggiungere solamente attraverso l’impiego di efficaci strumenti di cooperazione interna ed internazionale.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Ritengo che la posizione del Parlamento sugli emendamenti al regolamento (CE) n. 377/2004 del Consiglio relativo alla creazione di una rete di funzionari di collegamento incaricati dell'immigrazione contribuisca a un’adeguata gestione dei flussi migratori sia legali sia illegali e clandestini. In realtà, è necessario rafforzare le sinergie e la cooperazione operativa tra Stati membri e paesi terzi, in particolare attraverso i funzionari di collegamento. Sono convinta dell’importanza di analizzare le attività delle reti di funzionari di collegamento incaricati dell’immigrazione nelle regioni e/o paesi di particolare interesse per l’Unione europea, soprattutto dove le condizioni generali della regione e/o del paese influiscono sull’immigrazione illegale o sui diritti umani. dal canto suo, la Commissione deve preparare una serie di raccomandazioni sullo sviluppo di reti di funzionari di collegamento incaricati dell’immigrazione.
Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Ho espresso voto contrario alla relazione sulla creazione di reti di funzionari di collegamento incaricati dell’immigrazione in quanto mira a rafforzare ulteriormente Frontex, che sostiene con determinazione il concetto di Fortezza europea; in altre parole, l’intenzione è sostituire i progressi necessari nelle politiche di immigrazione e asilo con politiche repressive, che non solo sono in conflitto con i principi e i diritti fondamentali, ma sono anche inefficaci e hanno un impatto disastroso sulle comunità ospiti, su quelle di origine e sulle vite degli stessi rifugiati e immigrati.
Ioan Enciu (S&D), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione in quanto ritengo che apporti miglioramenti significativi nella gestione dei flussi di immigrazione nell’Unione europea. Incrementare le competenze dei funzionari di collegamento incaricati dell’immigrazione dislocati in paesi terzi aiuterà Frontex ad operare in modo più efficiente, considerando che si baserà sulle informazioni e l’assistenza raccolte da questi funzionari. Un altro punto altrettanto importante è che i funzionari di collegamento avranno l’obbligo di rispettare i diritti umani nel corso delle loro missioni; verranno presentate regolarmente relazioni al Parlamento europeo per la verifica del controllo del rispetto di questi diritti.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) A seguito della creazione formale dell’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne (Frontex), è sorta la necessità di fare il miglior uso possibile delle risorse alle frontiere dell’Unione. a questo proposito, è imperativo istituire una più stretta cooperazione tra i funzionari di collegamento incaricati dell’immigrazione e Frontex. L’impiego delle competenze dei funzionari di collegamento incaricati dell’immigrazione e dell’Agenzia, basato sullo scambio delle informazioni raccolte dalle reti di funzionari attraverso una rete di informazione e coordinamento per i servizi di gestione dell’immigrazione degli Stati membri, consentirà una migliore analisi del rischio da parte di Frontex e una maggiore cooperazione in merito all’immigrazione legale e illegale.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) In qualità di relatore ombra, sostengo la relazione Díaz de Mera García Consuegra che ci ha consentito di andare oltre le modifiche tecniche proposte dalla Commissione, giungendo a una migliore comprensione della complessità e della mancanza di trasparenza del lavoro condotto dai funzionari di collegamento incaricati dell’immigrazione. In un contesto con flussi migratori “misti”, È fondamentale includere nelle loro attività un approccio più ragionato e rispettoso dei diritti umani. Le attività dei funzionari di collegamento incaricati dell’immigrazione devono rispecchiare una maggiore trasparenza e supervision democratica; è ora giunto il momento di farlo, attraverso il rafforzamento dello scambio di informazioni tra il Parlamento europeo da un lato, e organizzazioni quali l'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO) dall’altra. Considerando l’opposizione del Consiglio, il compromesso raggiunto infine per risolvere la controversia terminologica (immigrazione “clandestina” contro immigrazione “irregolare”) sembra soddisfacente, ma non può essere solo che il primo passo. Le istituzioni europee dovranno rispettare i loro impegni.
Jean-Marie Le Pen (NI), per iscritto. – (FR) Lo scambio di migliori prassi tra forze di polizia dei vari paesi è a volte necessario e il suo scopo è encomiabile; non dobbiamo però dimenticare che la cooperazione internazionale di polizia esisteva anche nel XIX secolo, molto prima dell’integrazione europea. questa relazione propone, nel contesto di Frontex (Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri), di migliorare lo scambio di informazioni sui flussi migratori e l’immigrazione clandestini e sulla deportazione di persone di persone che risiedono illegalmente, anche attraverso l’introduzione di reti di funzionari di collegamento incaricati dell’immigrazione. Questa iniziativa, che la maggior parte degli europei desidera, potrebbe trovare accoglimento, se fosse davvero finalizzata a ridurre drammaticamente l’immigrazione; la realtà però è molto differente e il lavoro dell’Agenzia, così come le misure intraprese dai governi nazionali, si sono risolti in un fallimento. La Francia e l’Europa sono sommerse da immigrati: circa 900 000 persone entrano illegalmente in Europa ogni anni, secondo una “stima” ufficiale dell’Unione europea. considerando che gli immigrati clandestini, ed anche i criminali stranieri, non vengono rimpatriati nei paesi d’origine, viene da chiedersi come altre disposizioni possano invertire i flussi migratori senza una reale volontà politica supportata dalle azioni.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) L'obiettivo della proposta di modifica del regolamento del Consiglio (CE) n. 377/2004, non previsto nel regolamento originale, è quello di permettere a Frontex di beneficiare delle conoscenze e dell'esperienza dei funzionari di collegamento incaricati dell'immigrazione e viceversa.
La proposta di modifica ha i seguenti obiettivi: utilizzare con reciproco vantaggio le competenze dei funzionari di collegamento e dell'agenzia Frontex, beneficiare delle informazioni raccolte dalle reti di funzionari di collegamento e scambiarle attraverso ICONet (rete di informazione e coordinamento sicura per i servizi di gestione dell'immigrazione degli Stati membri), accedere al fondo per le frontiere esterne al fine di rafforzare la creazione di reti di funzionari di collegamento e di facilitarne il funzionamento e, in ultima analisi, contribuire al sistema di presentazione delle relazioni semestrali. Accolgo con favore la proposta.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) A seguito della creazione formale dell’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne (Frontex), è sorta la necessità di fare il miglior uso possibile delle risorse alle frontiere dell’Unione. a questo proposito, è imperativo istituire una più stretta cooperazione tra i funzionari di collegamento incaricati dell’immigrazione e Frontex. A questo proposito è necessario istituire una più stretta cooperazione tra le diverse reti di funzionari di collegamento incaricati dell’immigrazione e Frontex. Lo scambio di informazioni e competenze tra funzionari di collegamento incaricati dell’immigrazione e l’Agenzia attraverso la rete di informazione e coordinamento sicura per i servizi di gestione dell'immigrazione degli Stati membri consentirà una migliore analisi del rischio da parte di Frontex e una maggiore cooperazione in merito all’immigrazione legale e illegale.
Louis Michel (ALDE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore del presente regolamento che modifica il regolamento del 19 febbraio 2004 relativo alla creazione di una rete di funzionari di collegamento incaricati dell’immigrazione. Questi emendamenti sono necessari in quanto dimostrano lo sviluppo e l’attuazione del diritto europeo in materia. Il nuovo regolamento prevede, tra l’altro, disposizioni per: una base legale tra Frontex e i funzionari di collegamento; un migliore uso di ICONet e una maggiore razionalizzazione dei sistemi di notifica delle attività della rete. Ci auguriamo che, con questo nuovo regolamento, la rete di funzionari di collegamento incaricati dell’immigrazione diventi più efficiente.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) L’Agenzia per la protezione delle frontiere esterne Frontex gioca un ruolo importante nella lotta all’immigrazione illegale, che può essere contrastata efficacemente solo nei paesi di transito. Una fitta rete di funzionari di collegamento incaricati dell’immigrazione e la loro stretta cooperazione è quindi una misura sensibile per permetterci di combattere in modo efficace l’immigrazione di massa in Europa, con le relative ripercussioni sui cittadini europei. Questo sarà possibile solo se le informazioni e le valutazioni dei funzionari di collegamento incaricati dell’immigrazione sono rese disponibili a Frontex il più rapidamente possibile, senza passaggi burocratici. Per quanto riguarda in particolare la cooperazione, vi è ancora spazio per migliorare e questa necessità deve essere sfruttata in merito al problema dell’immigrazione; I poteri di Frontex dovrebbero, per esempio, essere rafforzati il più rapidamente possibile, con il consenso degli Stati membri, per garantire che il lavoro dell’Agenzia sia uniforme ed efficace, in particolare alle frontiere esterne.
È importante avere una strategia complessiva su come le frontiere esterne dell’Unione possano essere maggiormente tutelate e su come possano essere contrastate le cause dell’emigrazione dai paesi di origine. Questo è compito della Commissione. Sebbene la relazione non tratti in modo adeguato queste considerazioni, rappresenta comunque un miglioramento rispetto alla situazione attuale e, per questo motivo, ho votato a favore.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) La proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 377/2004 del Consiglio relativo alla creazione di una rete di funzionari di collegamento incaricati dell'immigrazione introduce emendamenti finalizzati a permettere all’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea (Frontex) di beneficiare delle conoscenze e dell'esperienza dei funzionari di collegamento incaricati dell'immigrazione e viceversa. Frontex in realtà non potrebbe essere pienamente operativa senza la creazione di una simile rete di funzionari di collegamento.
Concordo con gli obiettivi degli emendamenti proposti, in particolare: ottenere il massimo dalle conoscenze e dall’esperienza dei funzionari di collegamento e da Frontex; utilizzare le informazioni raccolte dalle reti di funzionari di collegamento attraverso la rete di informazione e coordinamento sicura per i servizi di gestione dell'immigrazione degli Stati membri; accedere al fondo per le frontiere esterne al fine di rafforzare la creazione di reti di funzionari di collegamento e di facilitarne il funzionamento e, in ultima analisi, contribuire al sistema di presentazione delle relazioni semestrali.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono d'accordo con il collega on. Agustín Díaz de Mera García Consuegra in relazione alle competenze che i funzionari di collegamento incaricati dell'immigrazione distaccati nei paesi terzi potrebbero contribuire in modo decisivo al conseguimento degli obiettivi di FRONTEX, soprattutto se si considera che l'agenzia non dispone di alcuna rappresentanza al di fuori del territorio dell'Unione.
Concordo, inoltre con la proposta di modifica che porterà ai seguenti obiettivi: utilizzare con reciproco vantaggio le competenze dei funzionari di collegamento e dell'agenzia FRONTEX, beneficiare delle informazioni raccolte dalle reti di funzionari di collegamento e scambiarle attraverso ICONet (rete di informazione e coordinamento sicura per i servizi di gestione dell'immigrazione degli Stati membri), accedere al fondo per le frontiere esterne al fine di rafforzare la creazione di reti di funzionari di collegamento e di facilitarne il funzionamento e, in ultima analisi, contribuire al sistema di presentazione delle relazioni semestrali.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Ritengo fondamentale emendare il regolamento per fornire una valida piattaforma per lo scambio di informazioni tra i funzionari di collegamento incaricati dell’immigrazione e l’ Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea. lo scambio di informazioni apporterà senza dubbio valore aggiunto alle attività di entrambe le parti.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Quando il regolamento attualmente oggetto di modifiche è stato adottato, in data 19 febbraio 2004, l'agenzia Frontex non era stata ancora formalmente costituita. L'adozione da parte del Consiglio del regolamento che istituisce un'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne ha avuto luogo otto mesi dopo, più precisamente il 26 ottobre 2004. In virtù delle competenze conferitele dal suddetto regolamento, Frontex ha il compito di effettuare analisi dei rischi sulla base delle informazioni raccolte dalle autorità competenti degli Stati membri, di facilitare la cooperazione operativa tra gli Stati membri e i paesi terzi e di cooperare anche con le autorità competenti dei paesi terzi o con organizzazioni internazionali, ad esempio attraverso lo scambio di esperienze su temi quali il controllo delle frontiere e la formazione delle guardie di frontiera, lo scambio di informazioni operative e le operazioni congiunte. Gli emendamenti proposti sono adeguati e necessari. Il difficile periodo che l’Unione europea sta attraversando richiede la corretta gestione dei flussi di immigrazione e questo deve essere interpretato da due punti di vista: la gestione dell’immigrazione legale e la gestione invece dell’immigrazione irregolare e clandestina.
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della presente risoluzione in quanto l’immigrazione economica è una sfida sempre maggiore per l’Unione europea. L'Unione europea deve sviluppare canali di immigrazione legale equilibrati e che rispondano alle esigenze dei nostri mercati del lavoro e che tengano conto delle sfide democratiche ed economiche cui sarà confrontata l’Unione europea in un imminente futuro. Sono certa che l’adozione di questa direttiva semplificherà le procedure di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di lavoro, ridurrà i costi amministrativi e permetterà anche un controllo più agevole delle persone ammesse sul territorio di uno Stato membro e autorizzate a svolgervi un’attività.
In riferimento alla procedura semplificata, tengo a sottolineare che dobbiamo garantire l’attuazione delle condizioni legali e la trasparenza del processo decisionale da parte delle autorità nazionali. Concordo con il relatore sul fatto che le decisioni in merito all'ammissione di cittadini di paesi terzi per svolgere un'attività hanno incidenze importanti nella vita di queste persone e dunque devono essere adottata con la maggior trasparenza possibile.
Charalampos Angourakis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La direttiva su un permesso unico di soggiorno e lavoro in tutti gli Stati membri dell’Unione europea e la relazione del Parlamento in merito vedono gli immigrati come manodopera a basso costo, alla mercé dello spietato sfruttamento di capitale. Un immigrato avrà il diritto di soggiornare nel territorio di uno Stato membro solamente se vi lavora per arricchire il forziere della plutocrazia; in caso contrario, è un clandestino e verrà trattato come un oggetto indesiderato, incarcerato fino a 18 mesi ed espulso. Niente divide gli immigrati dai lavoratori locali degli Stati membri; sono uniti dal destino comune del lavoratore, degli “sfruttati”, dei produttori di ricchezza sottomessi al capitale. La lotta per le giuste richieste degli immigrati, per la loro regolarizzazione, per l’abolizione del mercato nero e del lavoro non assicurato, per i loro salari e stipendi, per la parità di paga a parità di lavoro, per la piena tutela dei diritti sociali e civili e per l’abrogazione dell‘accordo di Dublino è una lotta comune.
Risolveremo i problemi degli immigrati solo integrandoli nel movimento della classe lavoratrice e sostenendo la lotta contro la politica anti-popolare e sciovinista dell’Unione europea e dei suoi governi borghesi, responsabili della povertà e della miseria dei lavoratori locali e immigrati, in Europa e nel mondo.
Alfredo Antoniozzi (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono convinto che solo attraverso canali equilibrati di immigrazione legale, attenti alle esigenze dei mercati del lavoro, potremo lottare in maniera efficace contro l'immigrazione irregolare e il lavoro clandestino.
I vantaggi derivanti dall'adozione di questa direttiva sono evidenti: il rilascio di un unico documento di autorizzazione per il soggiorno e l'accesso al mercato del lavoro semplificherà le procedure di ammissione, ne abbasserà i costi e diminuirà i tempi della procedura.
L'adozione di questa direttiva è necessaria al fine di poter introdurre ulteriori misure riguardanti i lavoratori stagionali e i lavoratori distaccati in seno alle loro imprese, per questo auspico che ciò avvenga il prima possibile, nel rispetto delle competenze degli Stati membri per stabilire quote massime di accesso dei lavoratori di paesi terzi.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Mercoledì abbiamo votato sulla direttiva presentata dalla mia collega, l’onorevole Mathieu, sulla creazione di un permesso unico di soggiorno e lavoro per gli lavoratori immigrati. Ho votato a favore di questo testo che, purtroppo, non è stato adottato. Il testo prevedeva l’allineamento del sistema applicabile ai lavoratori stranieri, affrontando in questo modo il dumping sociale. Regolamentando l’immigrazione clandestina in modo più efficace, la direttiva consentiva all’Unione di porre un freno al lavoro non dichiarato e alle attività illecite. I socialisti si sono opposti alla direttiva con il pretesto che alcune categorie rimanevano escluse dal suo campo di applicazione. La posizione dei liberali era del tutto inaspettata ed ha portato alla mancata adozione del testo. Dopo aver visto la loro posizione in merito a un emendamento, ho capito che hanno espresso voto contrario all’intero testo senza averci avvisato anticipatamente sul peso che davano a quel preciso punto. In questo modo è andato perso un anno di prezioso lavoro.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR) Le persone devono capire che il Parlamento europeo non è subordinato al Consiglio; d’ora in poi, anche per quanto riguarda l’immigrazione, gli Stati membri devono prendere sul serio noi eurodeputati. La procedura legislativa ordinaria sul permesso unico per i cittadini di paesi terzi è stata rifiutata in sede di plenaria: il Parlamento sta lanciando un forte segnale perché si tratta di un argomento cruciale. Per anni abbiamo discusso di istituire un permesso unico per i cittadini di paesi terzi che volessero vivere e lavorare in uno Stato membro. Era un’iniziativa lodevole, per iniziare, ma gli emendamenti presentati dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano), nella loro versione originale, negano il concetto stesso di permesso unico e vanno contro il pari trattamento per tutti, creando diverse categorie di lavoratori. Questo è inaccettabile.
Il pari trattamento non può essere messo in discussione. In risposta agli emendamenti del PPE, abbiamo a maggioranza espresso voto contrario alla proposta finale, che p stata respinta e rinviata in Commissione con 350 voti contrari contro 306. Dobbiamo fare di meglio: “sì” a una politica comune e responsabile per l’immigrazione, ma “no” a una politica restrittiva e discriminatoria.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Quando ho votato oggi sulla direttiva per un permesso unico per i cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro, il Parlamento europeo ha bloccato la proposta, rinviandola alle commissioni parlamentari competenti al fine di migliorare ulteriormente i contenuti della proposta di direttiva. Questo voto è una vittoria per il gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento europeo e per tutti i lavoratori europei. Tengo a sottolineare che il Parlamento europeo non può approvare una simile direttiva, poiché la proposta della Commissione aveva già ritardato il quadro della direttiva che ci era stato promesso a seguito dell’eliminazione di alcune categorie di lavoratori, quali i lavoratori stagionali, i trasferimenti interni alle aziende e i rifugiati. La direttiva deve essere una direttiva quadro generale sui diritti dei lavoratori provenienti da paesi terzi e fungere da contesto per altre direttive specifiche e solo allora avremo raggiunto l’obiettivo di una politica comune sull’immigrazione. Con questo voto, abbiamo dimostrato che l’Unione europea non può tollerare un duplice mercato del lavoro e doppi standard, perché questo minerebbe tutti gli standard sociali sinora raggiunti.
Cornelis de Jong (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore degli emendamenti nn. 30, 34, 65, 103, 109 e 114 in quanto, benché sostenga pienamente la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie delle Nazioni Unite, ritengo che regolamentare l’accesso ai mercati del lavoro, agli schemi di previdenza sociale e agli alloggi pubblici debba essere di competenza degli Stati membri e non dell’Unione. Con la ratifica di questa Convenzione delle Nazioni Unite, gli Stati membri hanno accettato di attuarla nei propri sistemi nazionali senza cedere alcun potere all’Unione europea.
Luigi Ciriaco De Mita (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione sul permesso unico per soggiornare e lavorare nell’UE ci ha dato l’opportunità di riflettere e discutere sull’importante ruolo che gli immigrati possono svolgere nelle nostre società. Un ruolo importante in cui regolarità d’ingresso, integrazione effettiva e rispetto delle regole nei comportamenti sono presupposti fondamentali che consentono una maggiore partecipazione allo sviluppo condiviso delle comunità di nuova appartenenza. In tale contesto, il permesso unico oggetto di voto può costituire una modalità di governo degli ingressi e di salvaguardia dei diritti e dei doveri di tutte le persone che compongono una comunità. Ho sostenuto la proposta di direttiva anche nelle parti che lasciano impregiudicate le disposizioni più favorevoli contenute nel diritto dell’Unione e degli strumenti internazionali. Rincresce che l’Aula non abbia adottato la proposta in argomento, che ritengo possa essere utile a contribuire alla creazione di uno spazio comune europeo di libertà e integrazione tra persone che vogliono insieme concorrere alla crescita dell’UE.
Marielle De Sarnez (ALDE), per iscritto. – (FR)
Per anni abbiamo discusso di istituire un permesso unico per i cittadini di paesi terzi che volessero vivere e lavorare in uno Stato membro. È un’iniziativa lodevole, il cui obiettivo iniziale era di semplificare i requisiti amministrativi per i cittadini di paesi terzi, permettendo loro di ottenere un permesso di soggiorno e lavoro attraverso un sistema di sportello unico. La proposta legislativa iniziale prevedeva che i lavoratori provenienti da paesi terzi potessero godere dello stesso trattamento dei lavoratori europei in termini di diritti, quali accesso alla previdenza sociale, all’istruzione e alla formazione. Secondo il testo emendato dalla relatrice, però, gli Stati membri potrebbero invece limitare alcuni di questi diritti. Questo è contrario al principio di pari trattamento ed è del tutto inaccettabile; abbiamo quindi espresso a maggioranza voto contrario alla proposta finale, che è stata poi respinta. Nei prossimi anni, preparare una politica per l’immigrazione umana e sensata sarà una sfida fondamentale per la società, ma può essere affrontata solamente a livello europeo per evitare programmi elettorali e reazioni nazionali istintive.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) L’argomento oggetto della proposta è l’introduzione di una procedura unica per la richiesta di una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consenta ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano legalmente nell’Unione europea. Questo presuppone l’esistenza di norme comuni a tutti gli Stati membri, finalizzate ad eliminare i diversi approcci nazionale e a rendere il processo di regolarizzazione dei lavoratori più rapido, uniforme e trasparente in tutta l’Unione. da un lato, l’immigrazione legale di lavoratori, soprattutto di lavoratori qualificati, aiuta la lotta al lavoro clandestino e potrebbe migliorare la competitività economica, superando le lacune esistenti. Dall’altro lato, tuttavia, non dobbiamo dimenticare che, in un periodo di vulnerabilità e di crisi economica, se la disoccupazione aumento, la politica di immigrazione per lavoro deve essere più flessibile, come affermato dalla Commissione, ma anche sostenibile e sensata.
Carlo Fidanza (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono sinceramente deluso per la bocciatura della relazione Mathieu sulla procedura unica di domanda di permesso di soggiorno e di lavoro. Una relazione equilibrata, fortemente migliorata in fase di votazione dagli emendamenti del PPE approvati con il concorso determinante di liberali e conservatori.
Mi rammarico del mancato rispetto dell'accordo da parte del gruppo ALDE e dell'errata valutazione da parte del gruppo ECR, che aprono le porte a una nuova proposta della Commissione, probabilmente peggiorativa rispetto a quella attuale.
La possibilità per gli immigrati regolari di ottenere i documenti necessari al soggiorno e al lavoro con un'unica procedura per tutto il territorio dell'UE sarebbe stato un deciso passi avanti, un doveroso corollario al necessario rafforzamento del contrasto all'immigrazione clandestina attraverso una maggiore cooperazione con gli stati rivieraschi e il potenziamento di Frontex.
Hanno invece prevalso, come già accaduto in altre occasioni, alcuni retaggi ideologici delle sinistre, duri a scomparire che, perseguendo l'apertura indiscriminata delle frontiere, finisce col negare la necessaria tutela agli stranieri onesti che vengono in Europa per lavorare.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) A nostro parere, è molto significativo che la proposta per una direttiva per una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico di soggiorno e lavoro sia stata rifiutata dalla maggioranza del Parlamento europeo, in quanto il testo del Parlamento, già negoziato dal Consiglio, ha servito solamente gli interessi delle grandi aziende e dei gruppi economici. Questi gruppi cercavano il dumping sociale in modo da avere manodopera straniera a basso costo e con pochi diritti da poter sfruttare.
Sebbene presentata con il pretesto di un regolamento unico, questi gruppi miravano nella pratica e legalizzare il dumping sociale, rafforzare l’insicurezza del lavoro, aumentare le disuguaglianze e aprire la strada a diversi scenari e norme per minare i principi di uguaglianza e giustizia per tutti i lavoratori.
In un certo senso, volevano far rivivere l’ancestrale principio della tristemente nota direttiva Bolkenstein, rifiutata a seguito dell’opposizione dei lavoratori. Ora l’opposizione e le ragioni dei lavoratori e dei sindacati dei diversi Stati membri hanno avuto ripercussioni per l’Unione europea, a dimostrazione del fatto che la lotta non è stata vana. I lavoratori portoghesi hanno contribuito a questo risultato positivo con lo sciopero generale del 24 novembre; dobbiamo comunque mantenere alta la guardia.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) In un momento in cui 25 milioni di europei sono disoccupati, è stata proposta ancora una volta una direttiva finalizzata a facilitare l’immigrazione di chi cerca lavoro. Dovete ammettere che questa situazione è piuttosto assurda! E lo è ancor di più se si pensa che il testo cerca di garantire diritti economici e sociali ai lavoratori immigrati al fine presunto di evitare il dumping sociale o la concorrenza sleale con i lavoratori europei o che già si trovano in Europa. Si tratta di un’ammissione implicita che l’immigrazione abbassa i salari europei e non risolve alcuna carenza nel mercato del lavoro, ma al contrario comporta concorrenza diretta per i nostri lavoratori.
Alcuni emendamenti volti a promuovere pari diritti e pari costo tra europei e immigrati corrispondevano in realtà a concedere accesso sociale e benefici a qualsiasi immigrato, lavoratore o meno. Si tratta si scegliere tra il dumping sociale e sussidi automatici, una situazione insostenibile, dal punto di vista sia finanziario sia economico. È giunto il momento di decidere, a livello di Stati membri, di invertire i flussi migratori, che sono ormai diventati un insostenibile peso economico, sociale e culturale, e preferire anche nella pratica le scelte nazionali e comunitarie in tutti i settori.
Jarosław Kalinowski (PPE), per iscritto. – (PL) Gli Stati membri dell’Unione europea lottano continuamente con il problema dell’immigrazione e del lavoro illegale che i cittadini di paesi terzi realizzano nel cosiddetto mercato sommerso. Dobbiamo intraprendere azioni adeguate per contrastare il problema in modo efficace; la semplificazione e standardizzazione delle procedure per richiedere il permesso di ingresso e residenza per i cittadini di paesi terzi per consentire loro di lavorare negli Stati membri aiuterà a limitare l’immigrazione illegale. Al tempo stesso, sarà possibile soddisfare la richiesta di manodopera dei mercati europei. I regolamenti proposti lasciano un certo margine di movimento ai paesi aderenti, soprattutto per quanto riguarda le condizioni di respingimento. In questo modo si garantisce un adeguato livello di sicurezza giuridica e che non vi sia alcuna interferenza nelle competenze degli Stati membri.
La direttiva oggetto della discussione permetterà agli Stati membri di adottare una posizione comune in materia di immigrazione economica, assicurando regolamenti trasparenti, sicurezza e tutela legale per i lavoratori discriminati, una continua lotta all’immigrazione clandestina e, infine, misure per contrastare la concorrenza sleale. Per questi motivi, concordo con la posizione della relatrice.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Nel 2001 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva relativa alle condizioni d’ingresso e di soggiorno dei cittadini dei paesi terzi che intendono svolgere un’attività di lavoro subordinato o esercitare un’attività economica indipendente. Nonostante un parere favorevole del Parlamento europeo, tale proposta ambiziosa intesa a stabilire le condizioni di ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi che intendono esercitare un'attività economica nel territorio dell'Unione non ha superato la prima lettura in sede di Consiglio ed è stata ufficialmente ritirata dalla Commissione nel 2006. Accolgo con favore il fatto che la nuova base legale fornita dal trattato di Lisbona offra a questa proposta l’occasione per essere adottata.
Clemente Mastella (PPE), per iscritto. − Ho votato a favore di questa relazione, insieme al mio gruppo, perché ritengo che essa ben risponda alle considerevoli sfide demografiche cui sarà confrontata l’UE nei prossimi anni, fissando una procedura unica di domanda per i cittadini di paesi terzi che intendono essere ammessi nel territorio di uno Stato membro a fini occupazionali e offrendo loro uno status giuridico sicuro.
Purtroppo il voto negativo dell'Aula rimanderà l'analisi di questa importante direttiva che avrebbe semplificato le pratiche amministrative, spesso complesse, dell’accoglienza dei migranti economici e avrebbe permesso così ai mercati del lavoro dei nostri Stati membri di rispondere alle esigenze di manodopera attuali e future, offrendo – al tempo stesso – uno strumento di lotta contro lo sfruttamento e la discriminazione di cui i lavoratori, troppo spesso, sono vittime. Tale direttiva è intesa a ridurre le disparità esistenti tra le legislazioni nazionali: con questo sistema di sportello unico, la procedura amministrativa sarebbe più semplice, meno onerosa e più rapida.
La nostra proposta non avrebbe definito le condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi: gli Stati membri sarebbero stati sempre competenti per determinare le condizioni di ammissione e fissare il numero di migranti da ammettere nel loro territorio a fini di impiego.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Questa relazione e la proposta di direttiva che modifica sono vergognose: introducono un’immigrazione selettiva governata dalle richieste del mercato del lavoro, oltre a privare dei loro diritti tutti gli immigrati che non servono, o non servono, più a questi mercati. Anche se garantiscono diritti limitati agli immigrati che lavorano, offrono comunque la possibilità di ulteriori limitazioni in futuro. Gli immigrati non sono esseri umani di seconda scelta! Questa direttiva è semplicemente disumana. Ho espresso voto contrario e la condanno!
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Questo testo legislativo, respinto dalla maggioranza dei membri del Parlamento, avrebbe permesso una migliore gestione dei flussi di immigrati. Era finalizzato a eliminare le differenze tra le procedure di lavoro e soggiorno dei diversi Stati membri e offriva determinati diritti ai cittadini dei paesi terzi che lavorano regolarmente nell’Unione europea, per due motivi: innanzi tutto stiamo creando un nuovo strumento finalizzato a offrire benefici ai cittadini di paesi terzi che desiderano immigrare in uno Stato membro, garantendo loro una serie di diritti. In secondo luogo, il messaggio politico che mandiamo al mondo dimostra la nostra opposizione all’idea di un’Europa chiusa e in grado di accettare solamente misure repressive, nonché il rafforzamento della sicurezza in un momento in cui stiamo rispondendo alle preoccupazioni espresse nel Programma di Stoccolma sulla creazione di politiche per l’immigrazione flessibili al fine di sostenere lo sviluppo economico europeo. Queste sono le motivazioni del mio voto.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Le circostanze per permettere a cittadini di pesi terzi di soggiornare e lavorare in uno Stato membro dell’UE sono di competenza nazionale e non europea. Il fatto che, in alcuni settori, l’immigrazione periodica di lavoratori qualificati possa essere utile non deve portare a una politica di porte aperte, soprattutto perché dovremmo assumere i nostri lavoratori, in altre parole i cittadini europei. in caso di carenza di lavoratori in numerose aree, dovremmo investigarne le cause e rispondere adattando di conseguenza la formazione, ma anche offrendo opportunità per la loro riqualificazione. Già in passato è stata più volte dimostrata la tendenza dell’immigrazione per motivi di lavoro ad abbassare i salari e a portare costi da dumping, creando problemi per i lavoratori.
Per questo motivo, per esempio, erano stati introdotti i periodi di transizione per la libera circolazione dei lavoratori su insistenza dei paesi che reti di sicurezza sociale ben sviluppate. Nel corso della discussione, non dobbiamo dimenticare che le norme e i regolamenti per l’impiego possono essere sfruttati da imprenditori scaltri. Per questo ho espresso voto contrario alla relazione.
Rareş-Lucian Niculescu (PPE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione in quanto l’Unione europea per molti anni ha avuto bisogno di norme e procedure chiare in merito ai diritti concessi ai lavoratori di paesi terzi che soggiornano legalmente. Abbiamo bisogno di queste norme per almeno due motivi: innanzi tutto, sebbene dovremmo avere uno schema preferenziale per i lavoratori europei, i lavoratori che soggiornano legalmente partecipano alla vita economica degli Stati membri e hanno diritto a tutele e garanzie. Devono essere considerati come un patrimonio dell’economia europea e non come una minaccia ai nostri lavoratori.
In secondo luogo, norme chiare aiuteranno a raggiungere un migliore controllo dell’immigrazione. Dall’altro lato, se non prepariamo simili norme, incoraggeremo l’immigrazione e l’occupazione illegali, con tutte le ripercussioni collegate. Mi dispiace ammettere di aver respinto la relazione e invito la Commissione a presentare una nuova proposta.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Ho votato a favore della relazione della collega Mathieu perché spero che dopo anni di lavori vengano definite le linee guida per la stesura di una direttiva che dia norme uniche europee per i permessi e i diritti per il lavoratori extracomunitari. Dal 2001 si lavora ad una direttiva comunitaria senza alcun risultato, ora si spera che il Consiglio approvi in codecisione col Parlamento, e che - data l'importanza del tema - si giunga a una conclusione. Si tratta di un punto cruciale per lo sviluppo dell'Europa, la richiesta sempre maggiore di manodopera ci porta verso quella che viene definita "immigrazione economica" quindi si necessita urgentemente di una regolamentazione comune a riguardo. Si deve sostenere lo sviluppo economico dell'Unione nel lungo periodo, quindi bisogna semplificare le pratiche amministrative in materia di permessi per i cittadini di paesi terzi che intendono essere ammessi nel territorio di uno Stato membro a fini occupazionali, offrendo loro uno status giuridico sicuro. La direttiva permetterà di rispondere alle esigenze di manodopera attuali e future e offrirà uno strumento per la lotta allo sfruttamento e alla discriminazione di cui questi lavoratori sono spesso vittime.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della presente relazione, che è però stata respinta nella votazione finale. Il mio voto è dettato dalla mia convinzione del fatto che il controllo dell’immigrazione nell’Unione europea sia una parte fondamentale di una politica di ospitalità responsabile negli Stati membri. Il modo migliore per contrastare l’immigrazione e il lavoro illegale è lo sviluppo di una politica equilibrata a favore dell’immigrazione legale, dell’ospitalità degli immigrati sulla base delle necessità del mercato del lavoro nel paese ospitante.
In un momento senza crescita economica, è importante non creare false aspettative di inclusione né incoraggiate politiche che promuovono la carenza di lavoro. La proposta di inoltrare alle autorità del paese ospitante una singola richiesta per il permesso di soggiorno e di lavoro offre una soluzione a queste preoccupazioni.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, concordo la relatrice on. Véronique Mathieu e con la proposta di direttiva nel contesto dell'obiettivo dell'Unione europea di istituire una politica globale in materia di immigrazione, e costituisce una proposta quadro per i cittadini di paesi terzi, prefiggendosi un duplice obiettivo:a) creare una procedura unica di domanda per il rilascio del permesso di soggiorno e di lavoro in uno Stato membro; b) concedere ai lavoratori provenienti da paesi terzi che soggiornano legalmente nell'Unione europea un insieme uniforme di diritti minimi, sulla base della parità di trattamento con i cittadini degli Stati membri.
Marit Paulsen, Olle Schmidt e Cecilia Wikström (ALDE), per iscritto. – (SV) L’immigrazione legale negli Stati membri è fondamentale per lo sviluppo economico. L’immigrazione di lavoratori può aumentare la competitività e la vitalità e, alla luce delle sfide demografiche che l’Unione europea sta affrontando a seguito dell’invecchiamento della popolazione, è importante adottare una politica in materia che sia flessibile. Accogliamo quindi con favore la proposta della Commissione, finalizzata a introdurre una procedura unica di domanda di permesso di soggiorno e di lavoro per i cittadini dei paesi terzi. In questo modo di semplificheranno le complesse formalità amministrative che l’ingresso di immigrati comporta. I mercati del lavoro degli Stati membri potranno inoltre reagire alle richieste attuali e future e disporre di uno strumento per contrastare lo sfruttamento e la discriminazione di questi lavoratori.
Siamo tuttavia contrati agli emendamenti presentati in merito ai documenti aggiuntivi che rendono la proposta contraddittoria e senza senso. Disporre di un’unica procedura di domanda e di un documento diventa inutile se tutti gli Stati membri hanno la possibilità di rilasciare e richiedere documenti aggiuntivi. Abbiamo votato a favore dell’emendamento che afferma che gli Stati membri possono rilasciare un documento che integra il permesso unico, che può essere aggiornato o ritirato qualora risulti modificata la posizione del titolare rispetto al mercato del lavoro. Non siamo soddisfatti del testo finale e avremmo preferito portare la proposta in seconda lettura prima dell’adozione, abbiamo votato a favore dell’inclusione di prospetti di correlazione, andando contro la volontà del Consiglio. Anche questa parte è stata respinta. Ci siamo trovati nella situazione in cui un voto a favore della relazione avrebbe significato l’adozione in prima lettura di un testo che a nostro parere indeboliva l’intera proposta di un documento unico anziché diversi documenti all’interno dell’Unione europea; per questo abbiamo deciso di esprimere voto contrario.
Rovana Plumb (S&D), per iscritto. – (RO) Lo sviluppo di canali di immigrazione legale equilibrati e che rispondano alle esigenze dei nostri mercati del lavoro costituisce una delle modalità per lottare contro l’immigrazione irregolare e il lavoro clandestino nel modo migliore. L’immigrazione economica è una realtà che occorre organizzare ma è anche una necessità rispetto alle sfide democratiche ed economiche cui sarà confrontata l’Unione europea in un imminente futuro. Pertanto, la politica di immigrazione può essere concepita come strumento di regolazione nel nostro fabbisogno di manodopera contribuendo così all’attuazione della strategia Europa 2020.
Il diritto europeo non limita i poteri degli Stati membri di organizzare i propri schemi di sicurezza sociale. In mancanza di armonizzazione a livello di Unione, spetta a ogni Stato membro stabilire le norme e le condizioni per concedere i benefici previdenziali, il loro ammontare e il periodo di concessione.
Al momento di esercitare questo potere, gli Stati membri devono comunque rispettare il diritto europeo, nel rispetto altresì delle condizioni di lavoro, tra cui la retribuzione e il licenziamento nonché la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, l'orario di lavoro, le ferie e le questioni disciplinari tenendo presenti i contratti collettivi generali in vigore.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) L’Unione europea deve prepararsi per le future sfide demografiche. Le materie collegate all’immigrazione per lavoro sono importanti in termini di competitività e vitalità delle economie, in quanto richiedono un trattamento equilibrato e una profonda considerazione.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (FR) Sono lieto che il Parlamento europeo abbia respinto la proposta per un permesso unico. Il voto di oggi apre la strada a nuovi negoziati e mette un secco “no” alla concessione di diritti in base al valore di mercato dei lavoratori. Questa direttiva, ben lungi dal garantire una serie comune di diritti per i lavoratori immigrati basati sul pari trattamento e la non discriminazione, proponeva una caotica idea di immigrazione legale, dove il valore di mercato di un lavoratore immigrato avrebbe determinato il valore dei suoi diritti. La sera del 20° anniversario della Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie delle Nazioni Unite, questa proposta gerarchica è del tutto inaccettabile: l’Unione deve almeno fare proprie le conclusioni di numerosi studi che dimostrano che i benefici (individuali e collettivi, economici e sociali) per i paesi ospitanti e per i paesi di origine vanno di pari passo al pieno ed efficace rispetto dei diritti degli immigrati. I verdi continueranno a prestare estrema attenzione alla questione al fine di dotare l’Unione europea di una politica per l’immigrazione ambiziosa, basata sul principio di universalità e indivisibilità dei diritti fondamentali. Questo sarà il punto centrale dei nuovi dialoghi promossi dal respingimento di questo terribile accordo.
Relazione Jiménez-Becerril Barrio e Romero López (A7-0354/2010)
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) L’obiettivo del progetto di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'ordine di protezione europeo è una forma di prevenzione della criminalità. Si basa sul fatto che, sebbene gli Stati membri offrano protezione alle vittime della criminalità all’interno dei confini nazionali, è diventato necessario sviluppare un meccanismo di allerta precoce e di prevenzione a livello europeo; questo deve tenere conto delle raccomandazioni del programma di Stoccolma e delle procedure derivanti dall’entrata in vigore del trattato di Lisbona, che prevede la possibilità di elaborare relazioni trasversali, nonché della prima proposta di direttiva del Consiglio sull’ordine europeo per la protezione delle vittime presentata il 5 gennaio 2010. Concordo con un approccio ampio finalizzato ad includere le vittime di diversi crimini e con gli emendamenti che propongono disposizioni per revocare l’ordine di protezione, per garantire la continuità della tutela legale, per definire un termine per l’esecuzione di un ordine e per chiarire le situazioni di trasferimento della vittima da uno Stato membro a un altro.
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa risoluzione in quanto sostiene la proposta di direttiva del Consiglio nella quale si stabiliscono misure in merito alla prevenzione del crimine e in particolare alla tutela delle vittime. È importante che le vittime di violenza non siano tutelate da nuove violenze da parte dei loro aggressori soltanto nel loro paese, ma devono poter beneficiare delle predette misure di prevenzione in tutta l'Unione europea. L’adozione e l’attuazione di questa direttiva dimostrano la determinazione dell’Unione europea a mettere in pratica il piano d’azione di Stoccolma e l'iniziativa dell'Unione europea volta a mantenere e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
Tengo a sottolineare che un ordine di protezione europeo deve essere applicabile a tutte le vittime della criminalità, incluse le vittime della tratta di esseri umani, di matrimoni combinati, dei delitti d'onore, della violenza di genere, i testimoni, le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, a prescindere dall'età o dal sesso della vittima, dal momento che l'aggressore è identificato. La protezione delle vittime non significa soltanto tutela fisica, ma occorre anche prendere in considerazione la dignità delle vittime. Concordo quindi pienamente sulla necessità di includere la tutela delle vittime finalizzata al ripristino della loro dignità e del rispetto che meritano in quanto esseri umani.
Roberta Angelilli (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, il voto al PE sulla proposta direttiva che istituisce un ordine europeo di protezione per le vittime rappresenta un segnale importante, per la difesa delle persone oggetto di violenza. Purtroppo, anche se al Consiglio è mancata una maggioranza qualificata dopo che l'Olanda si è schierata con i Paesi che bloccano l'iniziativa, questo non pregiudicherà l'importanza del voto di oggi.
Il vuoto legislativo a livello europeo, che esiste in materia di protezione delle vittime di violenza, richiede infatti di essere colmato attraverso una risposta concreta, che non si limiti soltanto al territorio dello Stato in cui è presente la vittima, ma che vada oltre le frontiere. Dalla collaborazione di 12 Stati membri, tra cui l'Italia, l'obiettivo è quello di attivare un meccanismo di allerta e protezione delle vittime all'interno dello territorio europeo.
Sono convinta dell'importanza, anche politica, del raggiungimento di un accordo su questo strumento, perché garantirà una protezione alle vittime di tutte le tipologie di crimine e prevederà azioni di allontanamento e divieto nei confronti delle persone che determinano un pericolo. Aspetto altrettanto significativo è quello legato alla possibilità per la vittima di trasferirsi in un altro Stato membro ricevendo informazioni e assistenza di cui ha bisogno per iniziare una nuova vita, continuando a beneficiare nel contempo delle misure di protezione.
Alfredo Antoniozzi (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono favorevole all'idea generale dell'ordine di protezione, le vittime di violenza devono essere tutelate da nuove violenze da parte dei loro aggressori e poter beneficiare di misure di prevenzione in tutto il territorio dell'Unione europea.
Il progetto di direttiva rappresenta un ulteriore passo in avanti nel raggiungimento degli obiettivi del piano d'azione di Stoccolma e dell'iniziativa dell'Unione europea volta a mantenere e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
Sono cosciente della complessità di questa iniziativa, i sistemi giudiziari degli Stati membri sono diversi, così come i procedimenti penale e civile. Nonostante questo credo che i colleghi relatori siano riusciti a rafforzare la continuità della tutela legale e a garantire la migliore protezione possibile delle vittime, assicurando al contempo la certezza giuridica.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Le vittime di violenza godono di misure di tutela da nuove violenze da parte dei loro aggressori nel loro Stato membro; questa protezione però si ferma ai confini nazionali e, sinora, non vi è stato modo di estenderla a livello transnazionale. Ho votato a favore di questa nuova direttiva che consente alle autorità giudiziarie di uno Stato membro che abbia attuato le misure di protezione ai sensi del proprio diritto nazione di emettere un “ordine di protezione europeo” per tutelare le vittime anche sul territorio di un altro Stato membro. La direttiva è naturalmente rivolta innanzi tutto alle donne vittime di violenza, ma può essere applicata a tutte le potenziali vittime e ai loro parenti, indipendentemente dall’età o dal sesso.
Regina Bastos (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore del progetto di direttiva sull’ordine di protezione europeo finalizzata a tutelare le vittime della criminalità in tutta l’Unione europea. L’obiettivo della direttiva è di porre in essere un meccanismo di cooperazione giudiziale e di polizia tra gli Stati membri in modo tale che le vittime di un crimine che godono di tutela in uno Stato membro non debbano ricominciare da capo l’intera procedura legale per ottenere misure di protezione qualora decidano di trasferirsi o rimanere in un altro paese europeo.
L’ordine di protezione europeo su richiesta della persona protetta e non solo per le donne vittime di violenza domestica, ovvero il maggiore gruppo che riceve protezione, ma a tutte le altre vittime della criminalità, quale la tratta di esseri umani, mutilazioni genitali femminili, matrimoni combinati, delitti d'onore, incesto, violenza di genere, i testimoni, le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore del progetto di direttiva sull’ordine di protezione europeo in quanto i suoi obiettivi principali sono la prevenzione del crimine e la tutela delle vittime. Attualmente, se uno Stato membro ha attuato misure per ordini di protezione delle vittime, l’attuazione di tali misure si ferma ai confini nazionali. L’Unione europea deve fare quanto in suo potere per prevenire il crimine e la persecuzione a livello europeo; solo in questo modo sarò possibile garantire un ambiente sicuro per le vittime senza limitarne il diritto di libera circolazione. Sebbene le procedure pensali, civili e amministrative siano diverse nei vari Stati membri, tutti i paesi devono collaborare per prevenire il ripetersi delle aggressioni.
Ritengo molto importante inserire nella proposta anche l’aspetto del sostegno morale; per la maggior parte delle vittime, il reato subito ha varie ripercussioni psicologiche e morali che persistono per molto tempo dopo l’evento. L’Unione europea deve preoccuparsi non solo della prevenzione e della tutela, ma anche del sostegno morale delle vittime per consentire loro di iniziare una nuova vita in qualsiasi Stato membro.
Jan Březina (PPE), per iscritto. – (CS) Ho votato a favore della relazione sull’ordine di protezione europeo in quanto è volto a migliorare la posizione legale delle vittime di crimini violenti. La tutela legale è necessaria in particolare per le vittime di violenze ripetute da parte dei propri cari, le vittime di violenza di genere o le vittime di altre forme di criminalità in uno Stato membro di cui non sono cittadini o in cui non risiedono. Concordo con le proposte di emendamento, che limitano le motivazioni per rifiutare il riconoscimento o per respingere un ordine di protezione europeo, fissando un termine di 20 giorni per l’esecuzione di un ordine o chiarendo la situazione di trasferimento della vittima da uno Stato a un altro.
Sono lieto che si sia chiarito il problema della base giuridica, oggetto di disaccordo tra Commissione e Consiglio. Lo scontro d’opinioni in merito agli aspetti civili e penali dell’ordine di protezione europeo è stato risolto, a mio avviso, attraverso l’adozione della proposta di emendamento che inserisce il riconoscimento delle decisioni della corte per la cooperazione nelle cause penali. Questo risponde all’obiezione della Commissione sul fatto che la legislazione in merito all’ordine di protezione europeo avrebbe violato il suo diritto esclusivo di iniziativa nel campo del diritto civile.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Sono a favore della presente risoluzione in quanto ritengo che sia fondamentale che le vittime di violenza possano godere delle misure per prevenire il crimine e di tutela in tutta l’Unione europea. In altre parole, questa protezione non deve limitarsi a un solo Stato membro, ma deve permettere a chiunque di risiedere anche in altri Stati membri. Questa misura va applicata alle vittime della tratta di esseri umani, di mutilazioni genitali femminili, di matrimoni combinati, dei delitti d'onore, di incesto, della violenza di genere, i testimoni, le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata. Per ottenere questo risultato sarà necessario superare le differenze tra i diversi sistemi giuridici dei vari Stati membri.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) L’obiettivo di progetto di direttiva è di colmare una lacuna nella legislazione esistente in merito alle vittime di crimini, la quale non affronta il problema della prevenzione del crimine e la necessità di un meccanismo europeo di allerta precoce e di prevenzione rapido ed efficiente per tutelare le vittime. Per questo motivo, la creazione di un ordine di protezione europeo deve divenire un importante strumento per tutelare le vittime, a prescindere dal tipo di violenza subita. L’ordine deve avere validità transfrontaliera per evitare alle vittime di ricominciare da capo l’intera procedura legale per ottenere misure di protezione qualora debba trasferirsi in altro Stato membro.
Sebbene, da un lato, abbiamo appena adottato una legislazione in merito ai diritti civili e procedurali dei sospettati nell’Unione europeo, dall’altro non dobbiamo dimenticare i diritti civili e procedurali delle vittime che sono, senza alcun dubbio, vulnerabili e in gran parte senza tutela. L’adozione di questa direttiva è un passo importante per assistere le vittime, ma mi auguro che la Commissione possa continuare su questa strada e presentare quanto prima un pacchetto legislativo più completo sulle vittime.
Anne Delvaux (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore del Progetto di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’ordine di protezione europeo. A differenza di alcuni Stati membri tra i più determinati (quali Regno Unito, i Paesi Bassi dopo l’ultimo cambio al governo, eccetera), sono contraria a limitare il campo di attuazione delle procedure penali in senso stretto. Sono invece favorevole a includere un maggior numero di procedure. Mi auguro che il forte segnale inviato dal Parlamento europeo nel corso della plenaria garantirà non solo di uscire dallo stallo causato dalla minoranza d’opposizione in seno al Consiglio, ma anche che la prossima Presidenza ungherese continui ad occuparsi di questo argomento.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Conferire tutela legale alle vittime di un crimine è fondamentale per la costruzione di un’area di libertà, sicurezza e giustizia. Per questo motivo concordo, seppur con alcune riserve, con gli obiettivi della presente proposta finalizzata a migliorare la situazione giuridica esistente: (i) migliorando le condizioni in cui l’ordine di protezione europeo può essere revocato; (ii) garantendo la continuità della tutela legale; (iii) limitando le ragioni del mancato riconoscimento o del rifiuto di un ordine di protezione europeo; (iv) introducendo un termine per l’esecuzione di un ordine; (v) chiarendo le situazioni di trasferimento della vittima.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Questa direttiva riguarda l’applicazione di misure di protezione volte ad assistere le vittime di atti criminali qualora questi minaccino la vita di un individuo o il suo benessere fisico, psicologico o sessuale.
Le misure di protezione esistono in tutti gli Stati membri, ma non hanno più effetto se la vittima oltrepassa i confini nazionali. L’obiettivo dell’ordine di protezione europeo è di garantire che la tutela offerta a un individuo in uno Stato membro sia mantenuta anche in qualsiasi altro Stato europeo nel quale la vittima decida di trasferirsi.
Questa è la posizione adottata dal Parlamento europeo oggi, con 610 voti favorevoli, 13 contrari e 56 astenuti. Si basa sul compromesso negoziato dai membri di quest’Aula e i rappresentanti della Presidenza belga dell’UE. Il testo è stato comunque confermato dalla maggioranza qualificata degli Stati membri in sede di Consiglio.
Sebbene gran parte delle misure di protezione sia rivolta alle donne vittime di violenza domestica, le nuove norme si rivolgono a tutte le vittime; nella versione adottata, la relazione riposta che “la presente direttiva si applica alle misure di protezione intese a tutelare tutte le vittime e non solo le vittime della violenza di genere, tenendo conto delle caratteristiche specifiche di ogni tipo di reato interessato”.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) L’ordine di protezione europeo è l’espressione concreta della priorità che la Presidenza spagnola assegna alla lotta alla violenza contro le donne. Le vittime interessate dalle misure che stabiliscono la distanza che deve essere mantenuta dall’aggressore nei loro rispetti saranno tutelate anche oltre i confini nazionali e questo permetterà loro di iniziare una nuova vita ovunque lo ritengano più appropriato. L’ordine di protezione europeo avrà il medesimo valore legale in tutta l’Unione; il campo di applicazione del testo è stato esteso fino a includere la tutela della “vita, l'integrità fisica e psichica, la dignità, la libertà o l'integrità sessuale”. Questa ampia definizione include anche i matrimoni combinati, la pedofilia, il traffico di essere umani, la mutilazione genitale eccetera. Si tratta di misure che soddisfano l’obiettivo primario di costruire un’area di libertà, sicurezza e giustizia per un’Europa protettiva. Per questi motivi ho votato a favore del testo.
Jim Higgins (PPE), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore l'ordine di protezione europeo in quanto di tratta di un’eccellente iniziativa che garantirà l’estensione delle misure di tutela delle vittime da uno Stato membro a un altro. Attualmente, gli ordini di protezione si limitano ai confini nazionali, lasciando le vittime senza alcuna difesa. L’ordine di protezione europea costituisce un enorme passo in avanti verso i diritti delle vittime e un ottimo strumento per offrire un rifugio sicuro alle vittime di violenza anche oltre i confini nazionali. Oltre 100 000 donne nell’Unione europea sono tutelate da misure di protezione; rimango comunque molto preoccupato dalla minoranza d’opposizione al Consiglio della quale l’Irlanda fa parte. Mi auguro che la vasta accettazione di questa relazione in seno al Parlamento incoraggerà questa minoranza a rivalutare la propria posizione. Non accetto le loro argomentazioni sul fatto che la base giuridica della relazione sia inaccurata; i servizi giuridici del Parlamento e del Consiglio hanno ritenuto al contrario che la base giuridica del testo fosse adeguata e che, come sostenuto in forma anonima dalla commissione JURI, l’ordine di protezione non stabilisce obblighi per modificare i sistemi nazionali in merito all’adozione di misure di protezione. Gli stati membri nei quali la vittima decidesse di spostarsi, infatti, dovranno offrire protezione in base al proprio diritto nazionale.
Timothy Kirkhope e Marina Yannakoudakis (ECR), per iscritto. – (EN) Il gruppo ECR sostiene pienamente gli obiettivi dell'ordine di protezione europeo proposto e siamo lieti di constatare che le vittime di violenza, di atti di terrorismo, di violenza domestica, di abusi, stalking e/o aggressioni sono protette qualora decidessero di spostarsi all’interno dell’Unione europea. Il gruppo ECR comprende il dolore che gli abusi fisici, psicologici e/o sessuali possono provocare e sulla conseguente vulnerabilità delle vittime.
Oggi, non abbiamo potuto votare a favore della relazione a causa delle nostre preoccupazioni in merito alla base giuridica e al campo di applicazione della direttiva. La proposta presenta una base penale, ma alcuni crimini che intende includere sono in realtà questioni civili; manca a questo proposito qualsiasi riferimento all’articolo 81 del TFUE. Il gruppo ECR è preoccupato della reale efficienza nell’attuazione della proposta e quale messaggio invierà questa anomalia al pubblico europeo in relazione ai nostri processi legislativi. Il gruppo ECR è convinto che il diritto che produciamo a livello europeo debba essere legalmente sano e robusto e non debba compromettere i sistemi legali degli Stati membri.
Per queste ragioni, il gruppo ECR si è astenuto dalla votazione su questa relazione.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) La proposta di direttiva sull'ordine di protezione europeo, presentata da 12 Stati membri, è un'iniziativa intesa a prevenire i reati. Anche nel caso in cui gli Stati membri dispongono già di una normativa in materia di ordini di protezione delle vittime, le risultanti misure di esecuzione non oltrepassano le frontiere dello Stato di emissione, laddove le vittime si spostano tra i diversi Stati membri per molteplici ragioni, spesso proprio allo scopo di sfuggire alla criminalità. Siffatti spostamenti le lasciano inermi allorché la cooperazione giudiziale e di polizia non pone in essere un meccanismo di allerta e prevenzione per la loro difesa che funzioni in maniera rapida ed efficace nell'intero territorio europeo. La posta in essere di un siffatto meccanismo di cooperazione giudiziale e di polizia è alla base della presente iniziativa e i provvedimenti adottati dagli Stati membri dimostrano che, a livello europeo, la prevenzione dei reati è possibile dal momento che è nota l'identità dell'aggressore o degli aggressori..
Barbara Matera (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, la proposta di direttiva sull'ordine di protezione europeo, grazie al contributo del Consiglio, ma soprattutto dei due relatori e degli emendamenti da noi proposti in Commissione, rappresenta un ottimo strumento di tutela della vittima senza limite di legislazione statale e questo va rimarcato quale simbolo di progresso normativo in un'Europa che "passo dopo passo" cerca di uniformare diritti e tutele in ogni suo Stato membro.
Lo strumento dell'ordine di protezione europeo così come presentato rende più precisa e tempestiva la tutela della vittima che vuole muoversi liberamente all'interno dell'Unione europea. Il limite della diversità, anche operativa, dei nostri sistemi legislativi è chiaro, ma il campo di applicazione così come definito permette ai nostri paesi di adeguarsi in tempi brevi al nuovo strumento rendendo così più forte la nostra unione e più tutelati i cittadini dell'Europa, soprattutto i più vulnerabili.
Per questo io sostengo fortemente questa proposta che ridarebbe speranza alle tante persone che ogni giorno si vedono ledere la propria libertà e dignità senza avere tutti gli strumenti per poter reagire e che in futuro potrebbero addirittura rifarsi una vita in un altro paese.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) è una questione di giustizia di base che la vittima di un crimine tutelata da un ordine di protezione in uno Stato membro debba essere protetta allo stesso modo qualora decida di trasferirsi o risiedere in un altro Stato membro. Proprio a questo fine abbiamo adottare oggi queste nuove norme; tutte le vittime, e non solo quelle di violenza domestica, devono godere dell’ordine di protezione europeo. Le misure di protezione esistono in tutti gli Stati membri, ma non sono più valide quando la persona oltrepassa i confini nazionali. L’ordine di protezione europeo è finalizzato a garantire che la tutela offerta a una persona in uno Stato membro sia mantenuta e continui ad essere assicurata in ciascun altro Stato membro nel quale la persona si trasferisce o si è trasferita, indipendentemente dal crimine subito.
Louis Michel (ALDE), per iscritto. – (FR) La vittima di un atto riprovevole che riceve protezione in uno stato membro dell’Unione europea deve essere n grado di godere della medesima tutela anche quando si muove in un altro paese europeo. Nonostante la maggior parte delle misure interessi donne vittime di violenza sessuale, va specificato che qualsiasi altra vittima di violenza, tra cui anche i bambini, deve godere dei benefici di questa iniziativa. Accogliamo inoltre con favore il fatto che un ordine di protezione possa essere richiesto per la famiglia di una persona protetta. la tutela non deve però limitarsi all’aspetto fisico, ma dobbiamo considerare anche la dignità della vittima in quanto essere umano. Sono consapevole della complessità dell’iniziativa e delle sfide che comporta, non da ultimo a causa delle differenze tra i sistemi giuridici e le procedure penali, civili e amministrative dei vari Stati membri; ciononostante, dobbiamo incoraggiare gli Stati membri a proseguire in questa direzione.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (LV) Sono favorevole e considero questa relazione come il migliore testo tra quelli al voto il 14 dicembre. I criteri base sono stati definiti, tutte le questioni sono state valutate attentamente e la logica di base è ora ben chiara. Alle persone vittime di un crimine sarà garantita la protezione dei tribunali in tutti i paesi dell’Unione europea, qualora decidessero di spostarsi all’interno dell’UE. In questo modo le autorità investigative e il procuratore avranno la possibilità di condurre le indagini in modo efficiente, mentre le vittime di un crimine non tacceranno importanti informazioni agli investigatori per paura. Sono grata alle relatrici per questo testo.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Sebbene negli ultimi anni siano state intraprese alcune misure per proteggere le vittime, queste sono spesso lasciate nei guai. Nel corso della loro formazione, avvocati e giudici imparano molto sui diritti degli imputati, ma non gli viene detto nulla in merito a come trattare i testimoni e le vittime che compaiono come testimoni. Se le scadenze vengono programmate unicamente in base alle esigenze dell'imputato e non viene prestata alcuna attenzione alle vittime che stanno portando avanti una azione civile, si tratta proprio di uno schiaffo in pieno volto. È necessaria maggiore sensibilizzazione a questo proposito, così come una formazione medica, per riconoscere in modo più efficace le violenze domestiche. Il problema dell’imprescrittibilità delle richieste di risarcimento civile è fondamentale nel caso di abuso di minori. La protezione delle vittime include anche il permesso di lavorare con I bambini solamente a persone con la fedina penale pulita. I matrimoni combinati, o senza il consenso della vittima, sono ora considerati un crimine in Liechtenstein, ed è possibile intraprendere un’azione legale in casi di mutilazioni genitali su minori; questo dimostra chiaramente il pericolo potenziale del tanto acca lamato arricchimento multiculturale.
La protezione delle vittime è ancora agli inizi e le vittime spesso non sanno a chi rivolgersi nel loro paese e quali siano i loro diritti; per questo è importante che una protezione delle vittime armonica in tutta l’Unione europea. Ho votato a favore della relazione.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Ho votato a favore della relazione sul progetto di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'ordine di protezione europeo perché l'UE necessita di un sistema che rafforzi la tutela della vita, della sicurezza e dell'integrità fisica, psichica e sessuale dei cittadini che subiscono aggressioni. La proposta di direttiva mira a rafforzare la protezione delle vittime di questo genere di reati all'interno dell'UE dato che le misure di protezione sono limitate alla normativa interna degli Stati membri. Con questa risoluzione si vuole colmare un vuoto legislativo per cui chi é vittima di aggressione sia tutelato anche fuori dal proprio Stato, garantendo cosi che ogni Stato membro offra alla vittima una protezione adeguata. Gli stati membri non avranno nessun obbligo di uniformare le normative interne ma potranno adeguarle al fine di un reciproco riconoscimento delle stesse.
Georgios Papanikolaou (PPE), per iscritto. – (EL) Ho votato a favore della proposta odierna per una direttiva che adotti un meccanismo standard per agevolare e rafforzare la protezione concessa alle vittime di crimini che decidono di spostarsi tra gli Stati membri nell’esercizio del loro diritto di libera circolazione. La direttiva tutelerà ora anche le vittime di determinati reati che possono mettere in pericolo la vita, l'integrità fisica, psichica e sessuale o la libertà personale delle vittime, con l'obiettivo ultimo di prevenire il ripetersi di simili atti criminali in futuro.
A seguito dei negoziati con il consiglio, la direttiva è stata migliorata, soprattutto sui seguenti punti:
- la protezione giuridica è stata estesa e le vittime non dovranno più ricominciare da capo l’intera procedura legale per ottenere misure di protezione qualora debba trasferirsi in altro Stato membro;
- sono state migliorate e semplificate le condizioni per emettere un ordine di protezione europeo;
- sono state limitate le ragioni del mancato riconoscimento o del rifiuto di un ordine di protezione europeo;
- è stato definito un chiaro termine per l’esecuzione di un ordine;
- la protezione è estate estesa non solo all’integrità fisica, ma anche alla dignità della vittima.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Questa relazione è contraria al piano d’azione di Stoccolma, già adottato e all'iniziativa dell'Unione europea volta a mantenere e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Nonostante i problemi relativi alla base giuridica di questi emendamenti, ho deciso di votare a favore della relazione in quanto ritengo molto positive le misure di protezione delle vittime, reali o potenziali. La possibilità di ampliare il campo di applicazione di un ordine di protezione legale da uno Stato membro (Stato di emissione) a un altro Stato membro dove la persona protetta intende spostarsi (Stato di esecuzione) rappresenta in significativo passo in avanti verso la creazione pratica di un’area di libertà, sicurezza e giustizia nell’Unione europea e personalmente condivido questo ideale.
Rovana Plumb (S&D), per iscritto. – (RO) La violenza domestica è una violazione dei diritti umani fondamentali e può colpire chiunque, a prescindere dalla religione, dal colore della pelle e dallo stato sociale. In Romania nel 2009 le violenze domestiche sono aumentate del 35 per cento rispetto al 2008; nel 2010 il numero di casi è ancora in aumento. Si stima che ogni anni 1 200 000 persone siano colpite da questo crimine e solamente l’1 per cento delle vittime di violenza domestica è tanto coraggioso da denunciare il caso alle autorità.
L’ordine di protezione europeo deve essere uno strumento forte, in grado di fornire un rifugio sicuro alle vittime di violenza anche oltre i confini nazionali degli Stati membri. questo include anche la protezione contro i reati commessi ai danni di gruppi di persone e a tutte le vittime di un crimine, tra cui la tratta di esseri umani, mutilazioni genitali femminili, i matrimoni combinati, delitti d'onore, incesto, violenza di genere, i testimoni, le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.
Gli Stati membri devono garantire protezione legale, limitare le ragioni del mancato riconoscimento o del rifiuto di un ordine di protezione europeo, stabilire un termine di 20 giorni per l’esecuzione di un ordine e chiarire le situazioni di trasferimento della vittima da uno Stato membro all’altro.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Ritengo che la direttiva del Consiglio sia molto positiva in quanto è finalizzata a creare una vera area di libertà, sicurezza e giustizia. Condivido le preoccupazioni espresse dalle relatrici, soprattutto in merito alle omissioni tecniche e alle differenze tra i sistemi legali dei vari Stati membri che vengono messe in luce.
Crescenzio Rivellini (PPE), per iscritto. − Mi congratulo per l'ottimo lavoro svolto dai colleghi Jiménez-Becerril e Romero López. Alle vittime di crimini che hanno diritto alla protezione in uno Stato membro sarà garantito lo stesso livello di tutela in tutta l'Unione, grazie al nuovo Ordine di protezione europeo (OPE), approvato oggi e che estende la portata delle norme per includere tutte le vittime della criminalità, non solo le vittime della violenza di genere come proposto in origine. Le misure di protezione esistono in tutti gli Stati membri dell'UE, ma perdono la loro efficacia non appena si attraversa una frontiera. L'Ordine di protezione europeo dovrebbe garantire che qualsiasi protezione fornita a una persona in uno Stato membro si applichi anche in tutti gli altri Stati membri in cui si trasferisce o si è trasferita. L'Ordine di protezione europeo può essere emesso su richiesta della persona da proteggere qualora decida di risiedere in un altro Stato membro, o se semplicemente decide di soggiornarvi. Spetterà allo Stato che ha emesso la misura di protezione emettere un OPE e trasmetterlo allo Stato dove la persona intende. Il testo deve ancora essere confermato dalla maggioranza qualificata degli Stati membri in seno al Consiglio che avranno tre anni per recepirla nel diritto nazionale.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) La proposta di direttiva sull'ordine di protezione europeo, presentata da 12 Stati membri, è un'iniziativa intesa a prevenire i reati. Anche nel caso in cui gli Stati membri dispongono già di una normativa in materia di ordini di protezione delle vittime, le risultanti misure di esecuzione non oltrepassano le frontiere dello Stato di emissione, laddove le vittime si spostano tra i diversi Stati membri per molteplici ragioni, spesso proprio allo scopo di sfuggire alla criminalità. Siffatti spostamenti le lasciano inermi allorché la cooperazione giudiziale e di polizia non pone in essere un meccanismo di allerta e prevenzione per la loro difesa che funzioni in maniera rapida ed efficace nell'intero territorio europeo. La posta in essere di un siffatto meccanismo di cooperazione giudiziale e di polizia è alla base della presente iniziativa e i provvedimenti adottati dagli Stati membri dimostrano che, a livello europeo, la prevenzione dei reati è possibile dal momento che è nota l'identità dell'aggressore o degli aggressori.
Joanna Senyszyn (S&D), per iscritto. – (PL) Ho votato a favore della risoluzione sul progetto di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’ordine di protezione europeo. La direttiva è indispensabile affinché le vittime di violenza possano sentirsi al sicuro in tutto il territorio dell’Unione europea, a prescindere da dove decidano di risiedere. Dopo l’adozione della direttiva, sarà importante organizzare regolari corsi di formazione per gli organi giudiziari e altri organismi competenti affinché possano aiutare le vittime nel modo più adeguato. Sarà anche cruciale portare a termine una campagna d’informazione finalizzata a sensibilizzare I cittadini in merito alla possibilità di emettere un ordine di protezione europeo.
Le vittime di violenza riceveranno quindi maggiore protezione e si registrerà una notevole diminuzione di questi reati. La direttiva sull’ordine di protezione europea rappresenta un passo fondamentale verso la preparazione di una direttiva europea sulla violenza contro le donne. È necessario elaborare ed attuare il prima possibile una strategia europea completa, finalizzata alla lotta alla violenza contro le donne in tutti gli Stati membri europei, in merito alla quale è urgente stabilire standard legislativi europei. Solo in questo modo potremo sostenere le donne e contrastare l’accettazione sociale della violenza domestica e dell’impunità per gli aggressori. Mi auguro che la prossima Presidenza polacca contribuirà in modo significativo alla redazione e adozione di un progetto di direttiva in materia. Ho già scritto una lettera per portare questo tema all’attenzione del Primo ministro polacco, Donald Tusk, ma non ho ancora ricevuto risposta.
Marc Tarabella (S&D), per iscritto. – (FR) Accolgo con favore l’adozione a grande maggioranza della relazione sull’ordine di protezione europeo. La misura adottata oggi permetterà alle persone cui è stata concessa protezione in uno Stato membro, di godere della stessa tutela in tutti i paesi europei. La direttiva non si applica solamente alle vittime di violenza domestica, ma anche alle vittime di matrimoni combinati, della tratta di esseri umani e delle mutilazioni genitali femminili. Questo rappresenta un grande successo per i diritti delle vittime e per la loro mobilità all’interno dell’Unione europea. Invito ora il Consiglio ad assecondare la posizione del Parlamento europeo offrendo il suo completo sostegno all’ordine di protezione europeo.
John Stuart Agnew (EFD), per iscritto. – (EN) L’UKIP condanna tutte le forme di tratta degli esseri umani come forma moderna di schiavitù e chiede di inasprire il più possibile le relative sanzioni nel Regno Unito. L’UKIP ha tuttavia votato contro la presente relazione in quanto non possiamo legittimare un aumento dei poteri dell’Unione europea su questioni quali il diritto penale e la difesa dei confini. La proposta era che fosse l’Unione europea a stabilire condanne minime negli Stati membri per un determinato reato, ma ciò non è di competenza dell’Unione europea. Spetta ai governi nazionali eletti stabilire tali sanzioni individualmente e collaborare con gli altri paesi per sradicare la tratta degli esseri umani.
L’Unione europea non fa che aggravare il problema della tratta degli esseri umani. Poiché all’interno dell’Unione europea vigono libertà di circolazione, confini aperti e una moneta unica la criminalità organizzata è in grado di operare in modo ben più efficace e incontrollato. Se gli Stati membri effettuassero dei veri e propri controlli ai confini, contribuirebbero considerevolmente a ostacolare le attività di tali perfide organizzazioni criminali. L’Unione europea è in realtà parte del problema, non della soluzione.
Sonia Alfano (ALDE), per iscritto. – Non esiste nulla di più inumano di sfruttare la vita di altri esseri viventi per averne profitto, calpestando il rispetto di ogni diritto fondamentale. La tratta di esseri umani è una delle più basse espressioni della storia, un fenomeno diffuso e dalle mille sfaccettature. Sono contenta che il Parlamento abbia approvato in prima lettura la proposta di direttiva sulla tratta degli esseri umani. Si tratta di un importante passo avanti nel contrasto a tale fenomeno che rappresenta la principale attività di numerose organizzazioni criminali internazionali. Il punto più importante è proprio il riconoscimento del crimine organizzato come principale soggetto da contrastare. Finalmente l’UE propone distinzioni effettive e concrete tra crimine e crimine organizzato, considerando le specificità di quest’ultimo. Ci sono numerosi altri aspetti positivi come una definizione ben più ampia di sfruttamento, una maggiore tutela delle vittime e la norma con la quale si evita che le vittime di tratta vengano incriminate per i reati che sono state costrette a compiere a causa della violenza subita o della minaccia della stessa. Come segnala Amnesty International “spesso accade che le donne vittime di tratta siano arrestate con l’accusa di prostituzione oppure che non venga garantito un pieno accesso alla giustizia”.
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. – (EN) Ho appoggiato la presente risoluzione in quanto la tratta di esseri umani rappresenta una forma moderna di schiavitù, un reato grave e una pesante violazione dei diritti fondamentali dell'uomo. Il trattato di Lisbona ha rafforzato l’operato dell’Unione europea per quanto riguarda la cooperazione in campo giudiziario e di polizia in ambito penale, ivi incluso il contrasto alla tratta di esseri umani e il Parlamento europeo, in qualità di colegislatore, sarà chiamato a svolgere pienamente il proprio ruolo. Sono assolutamente favorevole alla proposta del Parlamento europeo di inasprire le sanzioni nei confronti dei trafficanti, portandole ai livelli della proposta del 2009, di applicare la confisca dei beni e sviluppare ulteriormente l’assistenza alle vittime, in particolare ai bambini.
Sono convinta che il Parlamento europeo debba chiedere in modo chiaro agli Stati membri di adoperarsi di più al fine di scoraggiare la domanda dei servizi delle vittime della tratta umana, mediante campagne di sensibilizzazione, istruzione, formazione, eccetera, e il tutto dovrà integrare pienamente una prospettiva di genere. È importante ribadire che le sanzioni penali contro i datori di lavoro che impiegano la manodopera oggetto della tratta hanno un importante effetto preventivo e pertanto devono essere inasprite ulteriormente.
Roberta Angelilli (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il persistere delle diseguaglianze economiche e culturali a livello planetario ha dato vita a nuove forme di schiavitù, che non sono più necessariamente legate al circuito dello sfruttamento sessuale ma anche economico.
Sono situazioni che sfuggono alla nozione storica di schiavitù, ma che posseggono il medesimo coefficiente di offesa di quest'ultima, privando la vittima dei valori della libertà e dell'uguaglianza sui cui si fonda la società moderna. Le vittime, prezzate, vendute o barattate, spogliate della loro dignità, rappresentano un'attività estremamente redditizia per la criminalità organizzata, che ha assunto oramai una dimensione transnazionale.
A un anno dall'adozione del trattato di Lisbona, molte iniziative sono state intraprese nel settore della cooperazione in campo giudiziario e di polizia in ambito penale oggi è necessario rafforzare l'operato dell'UE incentivando le azioni antitratta, raccogliendo dati per elaborare statistiche attendibili, creare una stretta collaborazione transfrontaliera, che comprenda lo scambio di informazioni e di migliori pratiche ed anche una cooperazione rafforzata con Eurojust ed Europol.
Occorre anche adottare un approccio incentrato sulle vittime, che necessitano di tutela, anche legale, di assistenza e di programmi adeguati al loro reinserimento sociale. Ma soprattutto, occorre inasprire le sanzioni nei confronti dei trafficanti e di quei datori di lavoro che abusano della vulnerabilità delle vittime, anche minorenni.
Charalampos Angourakis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) I deputati europei del partito comunista greco hanno votato contro la proposta di direttiva della Commissione concernente la prevenzione e la repressione della tratta degli esseri umani e la relativa relazione del Parlamento europeo, perché esse impongono agli Stati membri una legislazione penale e un sistema di sanzioni uniformi e armonizzati. L’Unione europea ha deciso di sfruttare la vulnerabilità dei lavoratori e di convincerli gradualmente che in materia di diritto penale occorra un’unica normativa uniforme in tutti i campi e in tutti gli Stati membri. L’imposizione di un diritto penale armonizzato negli Stati membri dell’Unione europea, con l’obiettivo dichiarato e spudorato di rafforzare e unificare a livello europeo i meccanismi statali di repressione, al fine di consolidare il potere dei monopoli, è l’ennesimo pesante colpo alla libertà del popolo. Si tratta al contempo di una restrizione inaccettabile e pericolosa alla sovranità popolare e ai diritti di sovranità degli Stati membri.
L’interesse dell’Unione europea a contrastare la tratta di esseri umani è solo apparente, poiché espresso da un’unione capitalista, transnazionale che ammette apertamente di fondarsi sul sistema capitalista. La conversione della forza lavoro in un bene capitalista trasforma le persone in una merce, utile all’unico valore riconosciuto da un sistema di sfruttamento marcio: il profitto capitalista.
Alfredo Antoniozzi (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, accolgo con favore l'adozione di questa proposta e di nuove sanzioni: la tratta di esseri umani è un crimine grave e comporta una pesante violazione dei diritti umani fondamentali. Mi auguro che questa nuova direttiva riesca a colmare le lacune del quadro giuridico precedente e che il coordinatore antitratta venga istituito in un quadro normativo chiaro.
Sebbene il trattato di Lisbona abbia rafforzato il ruolo del Parlamento europeo nella cooperazione in campo giudiziario e di polizia in ambito penale, sono gli Stati membri che possono svolgere un ruolo chiave nel combattere questo crimine. Se vogliamo ottenere un importante effetto preventivo è necessario che negli Stati membri venga introdotto come reato l'utilizzo consapevole dei servizi di vittime della tratta.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) La tratta degli esseri umani è un’infamia che l’Unione europea non può ignorare. Qualunque ne siano i motivi, che siano lo sfruttamento sessuale oppure il lavoro, essa è considerata inaccettabile dalle autorità dell’Unione. Per questo motivo l’Europa si è dotata già da qualche tempo di un’ampia legislazione per contrastare il fenomeno. La presente direttiva, che ho votato, sostituisce la precedente decisione quadro, in linea con i nuovi poteri in materia. Unendo l’acquis comunitario in questo campo e concentrandolo in un unico testo, la presente direttiva è destinata a svolgere un ruolo importante nella lotta contro la tratta degli esseri umani. Essa definisce i principi sui quali si deve basare la legislazione degli Stati membri, fissa le sanzioni applicabili, stabilisce le responsabilità delle persone giuridiche, tutela le vittime dai procedimenti che la loro condizione potrebbe aver avviato, introduce provvedimenti per l’assistenza e la tutela delle vittime e contiene alcuni provvedimenti specifici per donne e bambini.
Liam Aylward (ALDE), per iscritto. – (GA) La tratta umana nell’Unione europea interessa ogni anno centinaia di migliaia di persone per scopi quali lo sfruttamento sessuale, il lavoro forzato, il commercio illegale di organi umani e l'accattonaggio. Questa forma moderna di schiavitù è un crimine grave e una pesante violazione dei diritti umani fondamentali.
Accolgo con favore quanto sostiene la relazione a proposito dell’adozione di provvedimenti più severi per prevenire la tratta, imponendo sanzioni più dure nei confronti dei trafficanti e tutelando meglio le vittime. Occorre combattere questa moderna forma di schiavitù; è necessario provvedere al sostegno, alla tutela e a una migliore assistenza delle vittime e occorre rafforzare prevenzione e monitoraggio.
È necessario combattere le organizzazioni criminali internazionali, e a tal fine occorre instaurare una cooperazione a livello europeo e internazionale.
Accolgo con favore quanto sostiene la relazione riguardo all’imposizione di sanzioni più severe nei confronti dei trafficanti e alla confisca dei beni. I bambini sono i più vulnerabili, quindi vi deve essere assistenza e tutela per tutte le vittime della tratta, in particolare per i bambini.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Appoggio la relazione. La tratta di esseri umani è un reato grave e una pesante violazione dei diritti umani fondamentali. Tale reato è diffuso in tutto il mondo e può assumere molte forme quali lo sfruttamento sessuale, il lavoro forzato, il commercio illegale di organi umani, le adozioni illegali, eccetera. È pertanto necessario adottare con urgenza dei provvedimenti pratici a sostegno di una strategia di contrasto alla tratta degli esseri umani, che presti sufficiente attenzione alla lotta e alla prevenzione.
È inoltre necessario garantire sistemi efficaci di assistenza e supporto alle vittime, offrendo il diritto a un risarcimento, le cure mediche necessarie e l’assistenza legale e psicologica gratuita, con particolare attenzione per i bambini. La strategia della lotta contro la tratta degli esseri umani deve anche comprendere la dimensione sociale e le dimensioni relative all'immigrazione, all'asilo e alle politiche di reinserimento. Inoltre, al fine di ridurre l’entità del reato, è necessario prevedere sanzioni efficaci e adeguate, nei confronti di coloro che violano le disposizioni della direttiva.
Slavi Binev (NI), per iscritto. – (BG) Ho votato a favore della relazione perché la tratta degli esseri umani è un problema serio, da combattere, e i provvedimenti delineati nel trattato di Lisbona non sono sufficientemente decisivi per vincere la criminalità in questo campo. La tratta degli esseri umani è una forma di schiavitù e l’Europa deve proteggere le proprie donne, i propri bambini, i propri cittadini da questa minaccia ricorrendo a tutti i mezzi disponibili. Si tratta di un reato grave e una pesante violazione dei diritti umani fondamentali che costringe le persone alla dipendenza mediante minacce, violenze, umiliazioni, e che dovrebbe comportare una pena non inferiore a 10 anni di reclusione. Ritengo anche che si debba adottare un approccio incentrato sulle vittime, che preveda l’identificazione di ogni potenziale categoria di vittime e speciali provvedimenti rivolti alla loro tutela, con particolare attenzione ai bambini e altri gruppi a rischio, come ha dichiarato l’onorevole Bauer nella sua relazione.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Oggi il Parlamento europeo ha adottato una direttiva storica e particolarmente importante che rende più incisiva la lotta alla tratta degli esseri umani. Essa è un passo molto importante nella lotta all’entità di questo terribile crimine, stabilendo sanzioni più pesanti e aumentando ulteriormente la prevenzione e la tutela delle vittime. Ho votato a favore della presente relazione perché occorre una risposta più rigorosa nei confronti dei trafficanti di esseri umani e dei gravissimi reati che compiono, ed è necessario adottare sanzioni più pesanti che riflettano la gravità del reato commesso e fungano da deterrente efficace. La nuova direttiva contiene una disposizione molto importante secondo la quale, oltre alle sanzioni, gli Stati membri devono includere provvedimenti quali la confisca dei beni, degli strumenti, dei mezzi e dei proventi connessi a tali reati, poiché solo così essi non saranno più economicamente sostenibili. Desidero richiamare l’attenzione sul fatto che con l’aumento della diffusione di questi reati in Europa, l’Unione europea deve orientarsi verso i diritti umani, con particolare attenzione alle misure preventive, alla tutela delle vittime, alla politica di reintegrazione e alle questioni sociali.
Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. – (RO) L’istituzione di un coordinatore antitratta a livello europeo aumenterebbe la coerenza dei provvedimenti adottati nella lotta contro questa moderna schiavitù. In questo campo, la cooperazione tra gli Stati, specialmente a livello europeo, è buona. Tuttavia spesso si perdono di vista gli interventi necessari per reintegrare nella società coloro che sono stati vittime della tratta umana. Le campagne di prevenzione e l’istruzione devono ovviamente rivolgersi agli Stati meno sviluppati dell’Unione europea, dove ampie fette della popolazione sono vulnerabili a causa delle carenze materiali.
Per disporre di un quadro migliore e più preciso del fenomeno, è necessario raccogliere dati armonizzati, che dovrebbero almeno comprendere informazioni sul numero di persone vittime della tratta, tra cui sesso, età, nazionalità delle vittime e forma della tratta, il tipo di servizi cui le vittime sono state indirizzate, il numero dei trafficanti arrestati, perseguiti e condannati e i meccanismi di rinvio di questi casi alle autorità nazionali in materia d’asilo. Oggi l’entità della tratta degli esseri umani è immensa, ma non conosciamo la scala reale del fenomeno perché mancano dati comunitari precisi, centralizzati.
Vito Bonsignore (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi complimento per l'impegnativo lavoro affrontato dai colleghi Bauer e Hedh nell'elaborare una relazione su un tema così attuale. La tratta degli esseri umani, infatti, rappresenta una delle maggiori piaghe dei tempi moderni, al pari della schiavitù, che riduce le vittime in una condizione di sfruttamento e sudditanza da parte di spregiudicate organizzazioni criminali.
Purtroppo, le proporzioni di tale fenomeno sono molto vaste ma non del tutto note a causa della scarsità dei dati. È perciò necessario avviare degli studi specifici per comprendere la vera entità di questo fenomeno. Al contempo, l'Europa deve promuovere politiche di collaborazione più incisive in ambito penale e giudiziario che possano essere attuate anche grazie all'articolo 79 del trattato di Lisbona che individua la base giuridica nel quadro della politica comune sull'immigrazione.
Concordo con quanto richiesto dal relatore, vale a dire: – l'aumento delle sanzioni per i trafficanti di esseri umani e la relativa confisca dei beni; – la costituzione del reato per chi consapevolmente utilizza i servizi delle vittime della tratta; – una maggiore assistenza per le vittime.
David Campbell Bannerman e Nigel Farage (EFD), per iscritto. – (EN) L’UKIP condanna tutte le forme di tratta degli esseri umani come forma moderna di schiavitù e chiede di inasprire il più possibile le relative sanzioni nel Regno Unito. L’UKIP ha tuttavia votato contro la presente relazione in quanto non possiamo legittimare un aumento dei poteri dell’Unione europea su questioni quali il diritto penale e la difesa dei confini. La proposta era che fosse l’Unione europea a stabilire condanne minime negli Stati membri per un determinato reato, ma ciò non è di competenza dell’Unione europea. Spetta ai governi nazionali eletti stabilire tali sanzioni individualmente e collaborare con gli altri paesi per sradicare la tratta degli esseri umani. L’Unione europea non fa che aggravare il problema della tratta degli esseri umani. Poiché all’interno dell’Unione europea vigono libertà di circolazione, confini aperti e una moneta unica la criminalità organizzata è in grado di operare in modo ben più efficace e incontrollato. Se gli Stati membri effettuassero dei veri e propri controlli ai confini, contribuirebbero considerevolmente a ostacolare le attività di tali perfide organizzazioni criminali. L’Unione europea è in realtà parte del problema, non della soluzione.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della presente direttiva perché un suo elemento fondamentale è un maggiore impegno nella lotta alla tratta degli esseri umani. La risposta dell’Unione europea al problema copre ora la prostituzione e altre forme di sfruttamento sessuale, lo sfruttamento dei lavoratori attraverso il lavoro forzato e l’accattonaggio, il traffico di organi, le adozioni illegali, il matrimonio forzato, il traffico di droga e perfino lo sfruttamento di un singolo individuo per commettere piccoli furti o rapine. Ritengo che il documento rafforzi la prevenzione del crimine, in particolare, nel caso della tratta degli esseri umani, istituendo reati penali, o ricorrendo a sanzioni, alla confisca dei beni o alla chiusura definitiva degli stabilimenti utilizzati per attività criminali. Credo che anche l’aiuto e l’assistenza alle vittime miglioreranno, con la fornitura di alloggi adeguati, consulenza legale, assistenza materiale e psicologica, e cure mediche.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) La tratta di esseri umani è la forma moderna della schiavitù e la seconda attività maggiormente lucrativa per il crimine organizzato di tutto il mondo. La presente direttiva è il primo strumento legale adottato in materia, che sfrutta le nuove opportunità offerte dal trattato di Lisbona; essa definisce un approccio comune nella lotta alla tratta degli esseri umani e nella tutela delle vittime, colmando una grossa lacuna del precedente quadro giuridico. È stato possibile giungere a un compromesso equilibrato, creando uno strumento capace di contrastare più efficacemente questo tipo di attività criminali, adottando politiche più rigorose e inasprendo le sanzioni, inclusa la reclusione da cinque a dieci anni e la confisca dei proventi del reato. Essa rafforza anche le aree di prevenzione e di tutela delle vittime, prestando particolare attenzione ai bambini e ad altre categorie vulnerabili.
Sostengo anche la proposta di istituire nell’Unione un coordinatore europeo della lotta alla tratta, sebbene si debbano evitare duplicati con gli altri enti già esistenti, come l’Ufficio europeo di polizia.
Marielle De Sarnez (ALDE), per iscritto. – (FR) In Europa la tratta degli esseri umani coinvolge ogni giorno molte centinaia di persone, per la maggior parte donne e ragazze. Urgeva pertanto colmare il vuoto giuridico esistente in alcuni paesi europei, come la Spagna, dove per inciso è stato appena aperto il più grande bordello, a pochi chilometri dal confine con la Francia. Ora l’Unione europea si è finalmente dotata di uno strumento per creare un ambiente che scoraggi i trafficanti e per garantire che le vittime della tratta ricevano assistenza e protezione. D’ora in poi norme comuni definiranno i reati e le sanzioni applicabili ai trafficanti. Si tratta di un ulteriore passo in direzione della tutela della dignità umana e della fine del trattamento degli esseri umani come merce.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La tratta di esseri umani è oggi per le sue vittime una forma disumana di schiavitù moderna. Per coloro che la praticano – organizzazioni criminali coinvolte in prostituzione e sfruttamento sessuale, adozioni illegali, lavoro forzato, immigrazione illegale e commercio illegale di organi – è un’attività estremamente lucrosa. Poiché diversi paesi europei sono la ‘destinazione’ di tali reti, accolgo con favore la presente iniziativa di creare un quadro comune di prevenzione e contrasto della tratta a livello europeo, approccio che deriva dalla proposta di risoluzione del Parlamento, che abbiamo votato il 10 febbraio 2010.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) La tratta degli esseri umani è una pesante violazione dei diritti umani ed è estremamente lucrativa per la criminalità organizzata. L’importanza di questa forma di schiavitù moderna è enorme, sebbene non se ne conosca la vera entità.
Il trattato di Lisbona ha rafforzato la politica dell’Unione europea nel campo della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, inclusa la lotta alla tratta degli esseri umani. In qualità di colegislatore in materia, d’ora in avanti il Parlamento europeo dovrà svolgere un ruolo importante.
Accolgo con favore l’adozione dei provvedimenti presenti in questa relazione concernenti la necessità di raccogliere informazioni sul numero di persone vittime della tratta, tra cui sesso, età, nazionalità delle vittime e le modalità della tratta, il tipo di servizi cui le vittime finiscono per fornire, il numero dei trafficanti arrestati, perseguiti e condannati e i meccanismi di rinvio alle autorità nazionali in materia d’asilo.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Sappiamo che non basta adottare strumenti giuridici per combattere la tratta degli esseri umani e tutelarne le vittime. Nella lotta per il rispetto dei diritti umani, dobbiamo considerare prioritaria la battaglia per sradicare la tratta degli esseri umani. Se vogliamo che ciò avvenga, occorre volontà politica. Tuttavia, è soprattutto essenziale agire sulla prevenzione, il che esige politiche economiche e sociali diverse e implica la fine dello sfruttamento capitalista e delle politiche neoliberali.
Occorre creare le condizioni per affrancare queste persone dalla povertà, promuovendo politiche per un’equa ridistribuzione della ricchezza, garantendo l’accesso ai servizi pubblici essenziali e promuovendo la creazione di posti di lavoro con diritti e retribuzioni che consentano un tenore di vita decente.
Per questi motivi l’adozione del presente documento rappresenta solo un passo nella lunga e difficile lotta che dobbiamo portare avanti se vogliamo porre fine alla tratta degli esseri umani.
Nathalie Griesbeck (ALDE), per iscritto. – (FR) La settimana scorsa è stata approvata la relazione sulla proposta di direttiva concernente la prevenzione e la repressione della tratta degli esseri umani e la protezione delle vittime, e sono molto soddisfatta del risultato della votazione. Innanzi tutto la definizione di ‘tratta degli esseri umani’ sarà ora ben più ampia, fino a comprendere l’industria del sesso, lo sfruttamento del lavoro, specialmente nel settore agricolo e dei servizi domestici, e l’accattonaggio forzato. In secondo luogo il testo stabilisce sanzioni e pene minime per i trafficanti. In terzo luogo il testo prevede tutta una serie di misure di assistenza e supporto per le vittime, e non dobbiamo dimenticare che a quanto si dice nell’Unione europea le vittime sono ogni anno diverse centinaia di migliaia. Il tempo ha dimostrato che il quadro esistente non era sufficientemente efficace. Il testo adottato la settimana scorsa dimostra che vi è la volontà di intensificare gli interventi a tutela del cittadino e di perseguire i trafficanti in tutta Europa.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) La tratta degli esseri umani è una forma moderna di schiavitù. Per le bande criminali è anche un’attività estremamente redditizia che può assumere molte forme diverse, quali lo sfruttamento sessuale, il lavoro forzato, il commercio illegale di organi umani, l'accattonaggio, le adozioni illegali e la servitù domestica. Il testo è la prima normativa vincolante in materia a livello comunitario. Esso rafforza sia la tutela delle vittime che le sanzioni nei confronti degli autori dei reati. La prospettiva di genere che sta alla base del testo è da considerarsi positivamente, in quanto le vittime della tratta degli esseri umani sono spesso le donne. Un altro elemento importante è che le vittime non verranno perseguite legalmente per i reati – come la violazione delle leggi sull’immigrazione – commessi come conseguenza del fatto di essere vittime della tratta di esseri umani. Appoggio il presente testo.
Timothy Kirkhope e Marina Yannakoudakis (ECR), per iscritto. – (EN) Il gruppo ECR è del fermo parere che nel XXI secolo sia semplicemente abominevole che esista ancora la schiavitù sul nostro continente, e ritiene che la lotta alla tratta degli esseri umani sarà possibile solo se tutte le nazioni collaboreranno ai massimi livelli per prevenirla. L’attuale normativa europea è superata e lungi dall’essere efficace: il gruppo ECR ne sostiene la revisione. Il gruppo ECR ha votato oggi a favore della presente direttiva, imperniata sulla cooperazione transnazionale, al fine di prevenire e combattere questo atroce reato della tratta degli esseri umani.
Il gruppo ECR ha richiesto la votazione per parti separate degli articoli 4, paragrafo 1, 4, paragrafo 2 e 15, paragrafo 4 e ha votato contro questi precisi articoli in quanto non crede che l’Unione europea debba fissare un limite massimo alle sanzioni penali, né crede si debba specificare un reato penale, come è il caso all’articolo 15, paragrafo 4. Il gruppo ECR ha appoggiato la risoluzione in generale e il testo emendato dalle commissioni LIBE e FEMM.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. – Signor presidente, onorevoli colleghi, la tratta di esseri umani rappresenta una forma moderna di schiavitù e una grave violazione dei diritti fondamentali dell'uomo. La tratta di esseri umani è, inoltre, una delle più redditizie attività delle organizzazioni criminali.
L'entrata in vigore del trattato di Lisbona ha dotato l'UE di maggiori poteri nel campo della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale e la relazione votata oggi, sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la prevenzione e la repressione della tratta degli esseri umani e la protezione delle vittime, rappresenta l'impegno del legislatore europeo in tale settore. Il testo individua le regole minime per la definizione dei reati e l'applicabilità delle sanzioni per i trafficanti, introducendo regole comuni al fine di migliorare la prevenzione e la protezione delle vittime, che dovranno ricevere adeguata assistenza, anche legale. La tratta di esseri umani, fenomeno strettamente legato alla criminalità organizzata, al pari del traffico di droga o del riciclaggio di capitali, deve essere combattuta con misure forti ed efficaci. L'esperienza maturata in questi ultimi anni dimostra che nella lotta a simili fenomeni criminali risultano indispensabili sia la cooperazione giudiziaria e di polizia, sia un alto livello di armonizzazione delle singole legislazioni nazionali.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) La tratta degli esseri umani è una moderna forma di schiavitù, un reato grave e una pesante violazione dei diritti umani fondamentali che riduce le persone in uno stato di dipendenza mediante minacce, umiliazioni e violenze. La tratta degli esseri umani è anche un’attività estremamente redditizia per la criminalità organizzata, che ne trae ottimi profitti a rischi limitati. Essa può assumere molte forme quali lo sfruttamento sessuale, il lavoro forzato, il commercio illegale di organi umani, l'accattonaggio (anche attraverso l’impiego di una persona a carico), le adozioni illegali e il lavoro domestico. L’entità del fenomeno è impressionante, ma certamente non la conosciamo appieno. Il trattato di Lisbona ha rafforzato l’operato dell’Unione europea per quanto riguarda la cooperazione in campo giudiziario e di polizia in ambito penale, ivi incluso il contrasto alla tratta di esseri umani. Accolgo con favore il fatto che il Parlamento europeo sia divenuto colegislatore in materia e sarà chiamato a svolgere pienamente il proprio ruolo. Ho votato a favore della presente relazione.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) I recenti dati dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro hanno rivelato che in tutto il mondo vi sono almeno 2,45 milioni di persone costrette al lavoro forzato come conseguenza della tratta degli esseri umani. Tale fenomeno si sta espandendo negli ultimi anni e ora è presente anche negli Stati europei. Per questo motivo ritengo che sia un flagello contro il quale nell’Unione europea dobbiamo combattere in modo vigoroso, senza trascurare la giusta tutela e assistenza alle vittime. Questa è la motivazione del mio voto.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (LV) È chiaro che la tratta degli esseri umani è un reato grave e una pesante violazione dei diritti fondamentali. È chiaro che tutti voteranno a favore di una legislazione più rigida contro la tratta degli esseri umani. È chiaro che l’onorevole Mirsky sarà a favore di una norma più severa, così come altri deputati. È un argomento che giova a tutti. Tutti sono a favore e, di conseguenza, questo sarà un punto di merito per gli autori della relazione. Si poteva forse trovare un argomento più rilevante? Allo stesso modo si potrebbero scrivere altre 100 relazioni, su vizio, terrorismo, assassinii, fanatismo, frode, rapina, stupro e ingiurie. E altro ancora… È questo il compito dei deputati del Parlamento europeo? Io voto a favore. Vi sarà qualcuno contrario?
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Ufficialmente la schiavitù non esiste più. Ufficiosamente, tuttavia, essa esiste sotto forma di tratta degli esseri umani. Questa forma di reato in particolare è divenuta un’attività redditizia – parliamo di profitti miliardari – per molte persone. Quando si tratta di contrastare la tratta degli esseri umani, siamo molto indietro rispetto alla criminalità organizzata. Solo un insieme di provvedimenti diversi può alla fine farci raggiungere l’obiettivo di eliminarla. Da un lato occorre integrare finanziariamente l’apparato di sicurezza che negli ultimi anni è stato privato di fondi. All’interno dell’Unione europea si possono combattere efficacemente solo gli effetti secondari della tratta degli esseri umani, ma noi dobbiamo rimuoverne la fonte. I settori secondari, quali l'accattonaggio, potrebbero essere relativamente facili da combattere imponendo un divieto generale di accattonaggio in tutta l’Unione europea.
Dall’altro lato è essenziale cooperare con i paesi d’origine, ad esempio per quanto riguarda il lavoro forzato e la prostituzione forzata. Le campagne di informazione e di sensibilizzazione attraverso i sistemi di istruzione dei paesi d’origine, di transito e di destinazione sono pertanto uno strumento importante nella lotta alla tratta degli esseri umani. Alcune delle considerazioni fondamentali della relazione sono corrette, ma su altri punti non posso dare il mio consenso se non con qualche riserva. Pertanto mi sono astenuto dal voto.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. – (DE) I bambini rumeni vengono portati in Europa centrale e costretti a rubare e chiedere l’elemosina, e anche i vecchi e i disabili sono costretti a mendicare. Mentre i capi della mafia dell’accattonaggio vivono in ville di lusso. La tratta degli esseri umani è un attività redditizia in rapida espansione. Secondo Europol l’Unione europea da sola conta centinaia di migliaia di vittime. È necessario dunque accogliere con favore il fatto che l’Unione europea stia intensificando la lotta contro la tratta degli esseri umani. Un aspetto particolarmente positivo è il fatto che per la prima volta viene affrontato anche l’accattonaggio organizzato. Gli idealisti della sinistra spesso chiudono gli occhi e vorrebbero far credere all’opinione pubblica che queste persone mendicano volontariamente e che non esiste qualcosa come il turismo o la mafia dell'accattonaggio. Alcuni dei provvedimenti proposti sono tuttavia eccessivi. Anziché obbligare i paesi d’origine a distruggere le strutture mafiose e fornire alla vittime a livello locale assistenza e l’opportunità di formazione, e quindi un futuro nel loro paese, l’Unione europea si sta muovendo nella direzione di fornire alle vittime della tratta permessi di soggiorno ed esenzioni da pene. Questo significa mandare il segnale sbagliato: queste persone già vengono attirate in Europa con false promesse. I permessi di soggiorno nel contesto della tutela delle vittime e la mancata applicazione di sanzioni nel caso una persona venga sorpresa a rubare saranno per alcuni un ulteriore incentivo a mettersi nelle mani della mafia. Pertanto mi sono astenuto dal voto.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. – Cari colleghi, la mia decisione di votare a favore della relazione A7-0348/2010 ha la sua ragion d'essere nell'essenza dell'essere umano in quanto tale. La difesa della libertà individuale è un diritto fondamentale per cui combattere, in quanto le violazioni dei diritti umani che riducono le persone in uno stato di dipendenza mediante minacce, umiliazioni e violenze sono un crimine pesante e molto grave. Purtroppo, la tratta degli esseri umani è divenuta negli ultimi anni un'attività estremamente redditizia per la criminalità organizzata, la quale ne trae ottimi profitti a rischi limitati, ragion per cui tale fenomeno si sta espandendo a velocità incontrollata. A tal proposito, l'Unione Europea, si sta muovendo verso la prevenzione e la lotta a tale fenomeno attraverso l'applicazione di norme relative alla definizione dei reati e delle sanzioni penali nella sfera della criminalità organizzata. Il mio assenso per la lotta a tale fenomeno si pone come auspicio per lo sviluppo di un'azione mirata contro la tratta degli esseri umani, per lo sviluppo di un approccio incentrato sulle vittime, con particolare attenzione alle donne e ai bambini e, infine, per una mirata organizzazione di campagne di informazione e sensibilizzazione attraverso un sistema educativo e scolastico nei paesi di origine, di transito e di destinazione della tratta.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Una politica per prevenire e contrastare la tratta degli esseri umani è una questione fondamentale per l’Unione europea. Condivido l’obiettivo di stabilire norme più rigide in questo settore, creare un ambiente ostile ai trafficanti di esseri umani, prevedere una maggiore tutela delle vittime e delle misure preventive più rigorose. Concordo pertanto con la proposta del Parlamento europeo di istituire un coordinatore antitratta. Desidero inoltre ribadire la natura positiva delle sanzioni proposte, in particolare la reclusione fino a un massimo di dieci anni e la possibilità di confiscare i beni dei criminali, così come la natura positiva della proposta del Consiglio che sollecita gli Stati membri a utilizzare i beni confiscati al fine di assistere e tutelare le vittime e provvedere anche al loro risarcimento.
Rovana Plumb (S&D), per iscritto. – (RO) La tratta degli esseri umani è un’attività clandestina esercitata a livello planetario, così come una pesante violazione dei diritti umani e un fenomeno sociale che si ripercuote sull’intera società. La tratta degli esseri umani comporta rischi strategici che influiscono sulla stabilità e sullo sviluppo socioeconomico. Ciò porta a destabilizzazione del mercato del lavoro; crescita e diversificazione della criminalità organizzata; destabilizzazione economica derivante dall’entità del riciclo di denaro; destabilizzazione demografica; aumento della corruzione nel settore pubblico e destabilizzazione degli investimenti economici interni. In Romania nel 2009 si sono registrate circa 780 vittime. Almeno 416 di esse erano vittime del lavoro forzato e almeno 320 della prostituzione forzata. Le vittime identificate l’anno scorso comprendevano anche 176 bambini costretti al lavoro forzato o alla prostituzione. Gli Stati membri devono fornire i fondi per assistere, tutelare e risarcire le vittime, e applicare il diritto europeo antitratta anche a livello transnazionale. In caso le vittime siano bambini, gli interessi del bambino devono essere la considerazione primaria e si devono imporre sanzioni più dure ai trafficanti. Gli emendamenti approvati contribuiranno a creare un ambiente ostile ai trafficanti, a proteggere le vittime e a prevenire quest’attività in maniera più efficace, e a far rispettare i diritti fondamentali.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della risoluzione in quanto ritengo essenziale che vi sia una strategia europea coordinata e consolidata contro la tratta degli esseri umani. In qualità di colegislatore in materia, il Parlamento europeo sarà chiamato a svolgere un ruolo importante d’ora in avanti. Credo che, in linea con la risoluzione adottata il 10 febbraio 2010, l’approccio adottato nella lotta contro la tratta degli esseri umani debba considerare prioritaria una visione globale del fenomeno e incentrarsi sulla difesa dei diritti umani.
Crescenzio Rivellini (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi congratulo per l'ottimo lavoro svolto dai colleghi Bauer e Hedh: il testo approvato oggi renderà più dure le sanzioni contro i trafficanti, darà più protezione alle vittime e rafforzerà la prevenzione.
Prostituzione, sfruttamento di minori, lavori forzati: si calcola che ogni anno in Europa centinaia di migliaia di persone sono vendute come fossero oggetti. L'UE stima che le vittime del traffico siano principalmente donne e bambini, sfruttati per la prostituzione (43%) o per i lavori forzati (32%). Oltre alla prostituzione e i lavori forzati, ci sono molte altre cause dietro lo sfruttamento di esseri umani: persone obbligate a chiedere l'elemosina, adozioni illegali, traffico di organi, ecc.; sono tutti casi coperti dal testo della direttiva.
Le vittime dovranno ricevere assistenza, secondo le nuove regole, e in particolare: un alloggio adeguato e assistenza materiale, le cure mediche necessarie, fra cui assistenza psicologica, consigli e informazioni e, se necessario, servizi di traduzione. L'assistenza legale dovrà essere gratuita, almeno nei casi in cui le vittime non abbiano fondi adeguati. Le vittime di tratta umana dovrebbero anche avere accesso ai programmi di protezione previsti per i testimoni, se ritenuto necessario dalle autorità nazionali.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) La presente normativa rappresenta un importante passo avanti nella lotta contro questo reato disumano e degradante, e siamo lieti della sua adozione oggi. L’obiettivo della direttiva era tuttavia quello di affrontare la prevenzione, la persecuzione e la protezione, e i Verdi lamentano il fatto che le disposizioni concernenti la tutela delle vittime non siano così energiche quanto riteniamo sia necessario e possibile. La posizione delle vittime, il loro stato giuridico e il loro diritto all'assistenza legale avrebbero potuto e dovuto essere ben più forti. Mi auguro che la Commissione presenti ora una proposta di revisione della direttiva sui permessi di soggiorno per le vittime della tratta, come previsto fin dall’inizio, in modo da ottenere un approccio veramente olistico nel contrastare questo orrendo reato. Sono anche contento del fatto che non vi sia un’esplicita richiesta agli Stati membri di adottare dei provvedimenti giuridici volti a penalizzare coloro che adoperano i servizi (ad esempio la cena in un ristorante dove vengono impiegate le vittime della tratta). A parte la complessità e l’incertezza giuridica nel differenziare il cosa, chi e quando in tutto questo, con tali provvedimenti si rischia in realtà di allontanare ulteriormente le vittime della tratta dalla legalità.
Marc Tarabella (S&D), per iscritto. – (FR) Abbiamo appena adottato a larga maggioranza la relazione sulla proposta di direttiva concernente la prevenzione e la repressione della tratta degli esseri umani e la protezione delle vittime. È un voto storico, per diversi motivi. Innanzi tutto, nella storia dell’Unione europea è la prima volta che si adotta una normativa europea vincolante per combattere la tratta degli esseri umani. In secondo luogo il Parlamento europeo e il Consiglio hanno raggiunto un accordo in prima lettura, il che significa che le disposizioni della direttiva verranno attuate quanto prima. Infine la direttiva introduce sanzioni più pesanti per i trafficanti (minimo cinque anni) e rafforza la protezione e l’assistenza alle vittime. Le nuove norme si applicheranno alla tratta per l’industria del sesso e lo sfruttamento del lavoro, nel settore edile o agricolo o della servitù domestica. Sono quindi soddisfatto del risultato di questa votazione storica.
Angelika Werthmann (NI), per iscritto. – (DE) La tratta illegale di esseri umani dovrebbe veramente essere considerata alla stregua di una moderna schiavitù. È la terza attività criminale per rapidità di espansione, con un volume pari a 23 miliardi di euro all’anno. Il trattato di Lisbona rafforza l’operato dell’Unione europea nel campo della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale – ivi inclusa la tratta degli esseri umani. Occorre pertanto aumentare le sanzioni per i trafficanti e accrescere il sostegno alle vittime, in particolare ai bambini.
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della presente risoluzione che approva la conclusione dell’accordo con la Georgia sulla riammissione delle persone in posizione irregolare, che estenderà i confini della zona di libertà e sicurezza oltre l’Unione europea fino a comprendere questo paese di frontiera. Sono convinta che questo accordo sia un passo avanti nei rapporti tra l’Unione europea e la Georgia. Esso dimostra le aspirazioni europee del paese e rappresenta un forte segnale da parte dell’Unione europea. Esso promuoverà rapporti di buon vicinato, stabilità, sicurezza e il benessere dei cittadini, di cui si sente tanto il bisogno in quest’area. Ciò incoraggerà inoltre la Georgia ad attuare le necessarie riforme in materia di libertà, sicurezza e giustizia. Sono assolutamente favorevole all’accordo UE-Georgia sulla riammissione delle persone in posizione irregolare in quanto vi è un quadro sufficientemente solido in Georgia atto a garantire il rispetto dei diritti delle persone oggetto dell’accordo.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) L’allargamento dell’Unione europea nel 2004 e nel 2009 ha incentivato l’Unione a creare un nuovo quadro per un sistema di partenariato di collaborazione con i paesi confinanti a est e a sud, alle frontiere esterne dell’Unione, che promuova sicurezza, stabilità e sviluppo e impedisca nuove divisioni sul continente europeo. Ho votato a favore del presente accordo. L’Unione europea deve proseguire nel proprio impegno con i paesi del Caucaso del sud e proteggere quest’area.
La regione riveste un’importanza strategica per l’Unione europea, che è in grado di assisterla nel suo sviluppo economico e commerciale. L’intervento dell’Unione europea deve essere principalmente di incoraggiamento, e basarsi sui principi di buona governance e sul rispetto assoluto dei diritti umani e della democrazia. Ritengo che questo accordo con la Georgia sulla riammissione sia importante a livello regionale, ma esso contribuirà anche al miglioramento della cooperazione tra l’UE e altri paesi della regione.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR) La facilitazione del rilascio dei visti per i cittadini della Georgia e l’approvazione di un accordo sulla riammissione delle persone in posizione irregolare sono le due questioni votate durante la sessione plenaria del Parlamento europeo martedì 14 dicembre. La mia collega, l’onorevole Griesbeck, è stata la relatrice di entrambi gli accordi, che riguardano la circolazione di persone tra l’Unione europea e la Georgia. Il presente accordo con la Georgia mira a snellire il processo di richiesta dei visti, semplificando le pratiche necessarie, e perfino esentando alcune categorie di soggetti, quali gli studenti, i giornalisti e i pensionati, dall’obbligo di ottenere un visto. Contemporaneamente abbiamo votato sull’accordo concernente la riammissione, con il quale l’Unione europea e la Georgia si impegnano entrambe a riammettere i propri cittadini in posizione irregolare. Ambedue gli accordi indicano la volontà dell’Unione europea e della Georgia di cooperare in materia di libertà, sicurezza e giustizia.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) L’operato dell’Unione europea deve basarsi sui principi di buona governance e sul rispetto della democrazia e dei diritti umani. Nei rapporti con la regione del Caucaso del sud, l’Unione europea deve fungere da partner, contribuendo allo sviluppo economico e commerciale, a sicurezza e stabilità, alla promozione della prosperità e alla soluzione di conflitti. Su queste basi ho votato a favore dell’accordo con la Georgia sulla riammissione delle persone in posizione irregolare, in quanto credo che ciò contribuisca al raggiungimento di suddetti obiettivi.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) La dichiarazione congiunta del vertice di Praga del 7 maggio 2009 per il partenariato orientale ha ribadito l’importanza di promuovere la circolazione dei cittadini in un ambiente sicuro, tramite accordi di riammissione e di facilitazione dei visti. L’accordo sulla riammissione è pertanto il necessario complemento all’accordo sulla facilitazione dei visti concluso con la Georgia, e dovrà inevitabilmente essere accompagnato da un miglioramento delle condizioni di sicurezza necessarie per contrastare la criminalità transfrontaliera e l’immigrazione illegale. Mi auguro che in base al presente accordo e nello spirito del comune impegno l’Unione europea e la Georgia riescano a contrastare efficacemente l’immigrazione illegale e a contribuire allo sviluppo della democrazia, dello stato di diritto, dei diritti umani e di una società civile in quel paese.
Considerando i risultati del dialogo sui diritti umani svoltosi quest’anno tra l’Unione europea e la Georgia, il fatto che la Georgia abbia ratificato una serie di importanti convenzioni internazionali concernenti la protezione dei diritti fondamentali, la sua adesione al Consiglio d’Europa e la sua partecipazione al partenariato orientale, che si basa sull’impegno a rispettare i principi del diritto internazionale e i valori fondamentali, ho votato a favore della sottoscrizione del presente accordo.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Accolgo con favore il rapporto sempre più stretto tra la Georgia e l’Unione europea, che si evidenzia in una serie di recenti attività. L’accordo sulla riammissione delle persone in posizione irregolare è un importante stimolo al rafforzamento dei rapporti tra la Georgia, i paesi confinanti e l’Unione europea, così come alla lotta contro l’immigrazione illegale. Gli incentivi alle riforme in materia di sicurezza, libertà e giustizia potrebbero essere estremamente fruttuosi se entrambe le parti mostreranno lo stesso spirito e impegno.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore la presente relazione che è complementare alla relazione sul rilascio dei visti tra l’Unione europea e la Georgia. Queste misure dovrebbero facilitare i viaggi e migliorare i rapporti dell'UE in questa parte del mondo.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) La Georgia si è impegnata in modo significativo per sviluppare dei rapporti più stretti con l’Unione europea, come risulta evidente da una serie di recenti attività. Il presente accordo sulla riammissione di persone in posizione irregolare è uno stimolo essenziale ai rapporti tra la Georgia, i paesi confinanti e l’Unione europea, così come alla lotta contro l’immigrazione illegale. È tuttavia fondamentale che continuino gli incentivi alle riforme in materia di sicurezza, libertà e giustizia in Georgia.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (LV) Sono favorevole perché spero ardentemente che quando il Presidente Saakashvili si nasconderà al pubblico ministero georgiano sul territorio dell’Unione europea senza un permesso di soggiorno, in virtù dell’accordo verrà estradato e consegnato rapidamente e senza complicazioni alle autorità della Georgia. Il presente accordo è davvero assolutamente necessario. Sono favorevole.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) La facilitazione del rilascio dei visti ai cittadini degli Stati non comunitari non dovrebbe venire concessa troppo precipitosamente. Prima di farlo occorre esaminare il più attentamente possibile se adeguati accordi di riammissione per i richiedenti asilo fasulli e gli emigranti economici possano prevenire abusi del sistema. Occorre risolvere definitivamente anche i problemi relativi al Sistema d’Informazione Schengen II. Infine non devono essere principalmente i richiedenti asilo o addirittura i criminali a trarre vantaggio dai viaggi esenti da visto.
In realtà moltissimo dipenderà dall’applicazione e dalla portata dell’accordo. Esso porterà in ogni caso ad una maggiore cooperazione tra la Georgia e l’Unione europea. Sono del parere che l'accordo di riammissione non sia sufficientemente restrittivo e pertanto mi sono astenuto dal voto.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. – Negli ultimi anni una serie di atti politici molto importanti come l'adesione al Consiglio d'Europa e alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo hanno avvicinato la Georgia all'Unione Europea come mai in passato. Ho espresso parere favorevole al progetto di decisione del Consiglio sull'accordo di facilitazione di riammissione delle persone in posizione irregolare e sul rilascio dei visti tra l'UE e la Georgia perché ritengo estremamente importante che l'Europa attui una politica di buon vicinato con i paesi confinanti, soprattutto per quanto riguarda zone "calde" come il Caucaso dove gli stessi interessi UE si riflettono in un importante partenariato commerciale. Inoltre, snellire la burocrazia e i controlli nei confronti di un paese di frontiera potrà solo migliorare i rapporti con quest'ultimo, creando le condizioni per un maggiore controllo della zona, quindi piu sicurezza, sviluppo e stabilità. I due accordi conclusi: sulla riammissione delle persone in posizione irregolare e sulla facilitazione del rilascio dei visti, contribuiranno pienamente a raggiungere tali obiettivi.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Il processo di rafforzamento dei rapporti tra l’Unione europea e i paesi del Caucaso del sud, Georgia inclusa, è vitale se vogliamo sviluppare una politica estera solida, coerente ed efficace.
Appoggio l’accordo tra l’Unione europea e la Georgia sulla riammissione delle persone in posizione irregolare. Desidero sottolineare i seguenti provvedimenti positivi: gli obblighi di riammissione stipulati nell’accordo sono stati redatti su una base di assoluta reciprocità e coprono i propri cittadini, i cittadini di paesi terzi e gli apolidi. L’obbligo di riammissione concernente i propri cittadini include coloro che hanno rinunciato alla propria nazionalità, e coloro che l’hanno persa o ai quali è stata tolta e non ne hanno acquisita un’altra. L’obbligo di riammissione concernente i propri cittadini si estende anche, a prescindere dalla loro nazionalità, ai familiari – coniugi e minori o figli non sposati – che non hanno il diritto di soggiornare nello Stato richiedente. È previsto anche il cosiddetto processo accelerato, concordato per le persone intercettate nella ‘regione di confine’, ovvero entro un’area che si estende fino a 5 chilometri dai porti, incluse le zone doganali, e dagli aeroporti internazionali negli Stati membri o in Georgia.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono pienamente d'accordo con la relatrice on. Nathalie Griesbeck, la quale ritiene che sia fondamentale condurre campagne d'informazione in Georgia per far sì che la popolazione sia informata sulla nuova situazione e possa beneficiare delle nuove possibilità che ne derivano. Inoltre, i cambiamenti che intervengono nella politica dei visti dovrebbero figurare quanto prima nei siti internet delle istituzioni europee.
Concordo inoltre con la relatrice che raccomanda alla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del Parlamento europeo nonché alla Commissione europea, incaricata di vigilare sull'applicazione di tali accordi, di individuare, successivamente alla loro entrata in vigore, gli eventuali ostacoli o altre restrizioni asimmetriche suscettibili di ostacolare la loro buona applicazione e la reciprocità delle procedure, sia riguardo ai servizi consolari che all'attraversamento delle frontiere.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della sottoscrizione del presente accordo in quanto ritengo che esso, insieme all’accordo sulla facilitazione del rilascio dei visti, costituisca un notevole passo avanti nei rapporti tra l’Unione europea e la Georgia. Esso evidenzia un’importante fase dell’integrazione della Georgia in Europa e al contempo la stimola a promuovere le necessarie riforme in materia di libertà, sicurezza e giustizia.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Abbiamo votato contro il presente accordo perché: esso mira a riportare le persone in un paese nel quale circa 212 000 cittadini, a quanto sostiene l’appello globale 2010-2011 dell'UNHCR, sono stati sfollati all’interno del paese per oltre 16 anni, e sono stati costretti a vivere senza riparo né mezzi per diventare autosufficienti, un paese nel quale la violenza sessuale e di genere è diffusa in tutti gli strati della società e si tollerano i maltrattamenti da parte della polizia. L’accordo si applica anche agli ex abitanti dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud che di fatto non hanno alcun legame con la Georgia; esso non include rigide garanzie contro la violazione dei diritti fondamentali assicurando standard elevati di accoglienza, che sono carenti in Georgia; esso contiene numerose scappatoie legali e ambiguità che potrebbero venire chiarite nel comitato misto di riammissione nel quale purtroppo il Parlamento non ha voce in capitolo, voce che sarebbe del tutto legittima considerando le sue nuove competenze; esso non garantisce in modo adeguato la protezione dei dati personali che possono venire inoltrati ad ‘altri enti’ senza il consenso della persona interessata.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore dei principi enunciati in questa relazione, in cui si ribadisce che l’Unione europea può restare competitiva nel mondo a condizione che si adoperi per una convergenza tra le sue regioni e gli Stati membri. Convengo che, nonostante i progressi compiuti, occorre ridurre le disparità regionali al fine di rafforzare il mercato interno e la strategia 2020, la quale potrà condurre a risultati tangibili soltanto se si tiene conto delle diverse situazioni di partenza nelle varie regioni. Pur riconoscendo che molte regioni necessitano di investimenti nelle infrastrutture ai fini di una maggiore accessibilità, vorrei sottolineare anche l’importanza degli investimenti nella ricerca e nell’innovazione con la partecipazione di tutti i livelli di governo e dei privati, al fine di ottimizzare l’assorbimento e l’utilizzo dei fondi. A tal fine, la Commissione deve avere chiaro il concetto del partenariato; occorre inoltre rivedere e consolidare il sostegno comunitario alla competitività delle PMI.
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione, in grado di fornire la cornice necessaria entro cui valorizzare la funzione integrativa della politica di coesione e il suo contributo alla competitività globale dell’UE. La politica di coesione dell’UE è lo strumento principale con cui aiutiamo le regioni ad affrontare al meglio alcune sfide importanti come il cambiamento climatico, l’invecchiamento della popolazione, la migrazione sociale, l’approvigionamento energetico o la crisi economica e finanziaria, al fine di incrementare la competitività economica globale dell’Unione. Concordo con il relatore che questo fine potrebbe essere conseguito garantendo un tenore di vita comune a tutti i cittadini UE e promuovendo la crescita nel rispetto delle specificità locali e regionali al fine di incrementare il valore aggiunto e la produttività.
È importante sottolineare che una volta garantita una qualità di vita omogenea tramite le infrastrutture e servizi di qualità, le regioni potranno concentrarsi su iniziative volte a realizzare il potenziale economico locale. In questo processo, un ruolo importante sarà attribuito alla definizione di politiche locali per la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione, nonché alla creazione delle necessarie infrastrutture regionali.
Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. – (RO) L’approvazione del pacchetto per la coesione territoriale, sociale ed economica è fondamentale nell’ambito della definizione degli obiettivi e delle priorità comunitarie, poiché garantisce lo sviluppo personale ed economico, oltre a promuovere la solidarietà tra gli Stati membri. Comprendo l’importanza di promuovere la coesione economica, sociale e territoriale tramite un potenziamento delle infrastrutture al fine di realizzare la strategia 2020 con cui l’UE intende affrontare le strozzature che inibiscono la crescita economica.
Inoltre la competitività può essere mantenuta solo promuovendo la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo tecnologico. A tal fine, dobbiamo mettere a disposizione dei cittadini europei una formazione professionale di alta qualità. Ho votato a favore della relazione perché credo che la politica di coesione si sia dimostrata uno strumento efficace e in grado di fornire soluzioni flessibili alle sfide socio-economiche poste dalla crisi economica e finanziaria.
Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore dell’eccellente relazione d’iniziativa propria del collega rumeno Luhan sul conseguimento di una vera coesione territoriale, sociale ed economica in seno all’Unione europea. Faccio mia senza condizioni l’affermazione ivi contenuta che cito di seguito: «Il conseguimento della coesione economica, sociale e territoriale è una condizione necessaria, ma non sufficiente, per garantire la competitività economica a livello mondiale, la quale richiede investimenti significativi in settori chiave come l'energia, l'ambiente, le infrastrutture, l'istruzione, la ricerca e lo sviluppo, le industrie creative e i servizi, la logistica e i trasporti». In questa frase è racchiuso il grande piano d’investimento di mille miliardi di euro che invoco dall’inizio della nuova legislatura e che considero indispensabile allo sviluppo competitivo del nostro continente e alla creazione di pari opportunità per i cittadini europei in qualsiasi territorio dell’Unione.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) L’Unione europea può essere competitiva solo nella misura in cui le sue politiche interne le consentono di affrontare le criticità del giorno d’oggi. Una politica regionale e di coesione sostenibile è fondamentale per rimuovere gli ostacoli alla crescita economica e incrementare la competitività nel mercato interno e nel mondo. Non sussistono dubbi in merito all’importanza di una politica regionale coerente e coordinata all’interno dell’Unione. La crisi economica e finanziaria, insieme alla crisi per il gas scoppiata in precedenza, ha dimostrato che la mancanza di una politica regionale adeguata ha ripercussioni sull’intero continente.
A mio giudizio, la politica di coesione è fondamentale per consentire alle regioni dell’UE di superare i problemi che sono insorti. Convengo con il relatore che dal potenziamento della politica di coesione territoriale dipenderà la possibilità di realizzare gli obiettivi della strategia Europa 2020 e che occorre verificare quanto prima se il sostegno fornito dall’UE ad alcune regioni produce risultati concreti, in grado di garantire la sostenibilità della politica regionale.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR) Dinanzi a un progressivo aggravarsi delle disparità territoriali esistenti tra le diverse regioni dell’Unione europea, uno degli strumenti più efficiaci per conseguire gli obiettivi ambiziosi della strategia 2020 rimane quello di una politica europea di coesione più intelligente, orientata fortemente all’innovazione, alla ricerca e allo sviluppo, rispettosa delle specificità regionali. La relazione dell’onorevole Luhan conferma questa impostazione e innalza la politica europa di coesione a uno degli elementi chiave della vitalità economica delle nostre regioni. Stiamo cominciando a muoverci verso un’economia europea più “sostenibile”.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione perché occorre discutere i provvedimenti adottati a livello europeo e nazionale in tema di coesione sociale e territoriale per realizzare gli obiettivi delle politiche UE e in particolare l’incremento della nostra competitività economica globale. La politica di coesione è infatti fondamentale per consentire alle regioni di fare fronte alle criticità provocate dalla crisi economica e finanziaria, dal cambiamento climatico, dall’invecchiamento della popolazione, dalla migrazione sociale e dall’energia. Questi obiettivi possono essere conseguiti sostenendo la crescita a livello locale e regionale, oltreché garantendo ovviamente un tenore di vita comune a tutti i cittadini UE. L’Europa è unita, vi ricordo, pertanto è davvero importante mitigare le disparità nello sviluppo delle regioni europee e garantire la coesione economica, sociale e territoriale. Inoltre la politica di coesione dovrebbe essere più orientata ai risultati. È importante puntare a un’efficacia e un’utilità ancora maggiori, perché solo così questa politica diventerà realmente utile e positiva per i consumatori. Il conseguimento degli obiettivi sanciti nella strategia Europa 2020 passa attraverso l’attuazione della politica di coesione e regionale; dobbiamo garantire che questa politica sia autonoma ed estesa a tutte le regioni europee.
Vito Bonsignore (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi congratulo con il collega Luhan per il lavoro compiuto nell'elaborazione di questa relazione, sulla quale ho espresso voto positivo. Sono, infatti, convinto che un'efficace politica di coesione, in grado di ridurre le disparità economiche, sociali e territoriali, possa contribuire ad aumentare la competitività economica globale. In questo contesto assumono sempre più rilevanza le regioni che possono affrontare nel miglior modo possibile le sfide future, accrescendo così la competitività e proiettando l'Europa verso un rilancio solido della sua economia.
Alla luce della crisi finanziaria, che continua a interessare tutta l'Europa e in considerazione degli obiettivi della strategia UE2020 ritengo perciò utile rafforzare il fondo di coesione e le politiche strutturali con un maggiore coinvolgimento delle regioni. Infine la politica di coesione è indispensabile al raggiungimento degli obiettivi della strategia di Lisbona, ma per consolidare tali risultati è importante continuare a effettuare investimenti sulle infrastrutture che rappresentano il punto di partenza per un rilancio della competitività economica europea.
Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La relazione si propone innanzi tutto il conseguimento di una reale coesione territoriale, sociale ed economica nell’UE e di un’accresciuta competitività globale delle imprese UE. La relazione è sbagliata fin dalle sue premesse, perché stabilisce a priori che la competitività e la coesione non sono concetti contraddittori e tra loro incompatibili. Nei fatti la competitività, così come funziona oggi anche in Europa, si traduce in stipendi più bassi, minori diritti per i lavoratori e una privatizzazione incalzante a tutto vantaggio delle grandi aziende che male si combinano con la nozione di coesione economica e politica. La relazione illustra i problemi che affliggono le regioni UE ma non è capace di proporre soluzioni convincenti e realizzabili, optando piuttosto per l’adesione alle strategie di Lisbona ed Europa 2020.
Nel testo si afferma che la crisi economica con i suoi pesanti strascichi tocca quasi tutte le regioni europee ed è un altro problema che esse devono affrontare, ma non si menzionano le sue cause scatenanti. In questo modo si sottace l’inadeguatezza e la debolezza della politica di coesione europea prima della crisi. Queste considerazioni mi hanno indotto a votare contro la relazione.
Diogo Feio (PPE) , per iscritto. – (PT) La politica di coesione dell’Unione si è dimostrata essenziale alla riduzione delle differenze nello sviluppo delle diverse regioni europee. Occorre garantire un coordinamento orizzontale e verticale tra i diversi livelli di governo al fine di conseguire uno standard comune di sviluppo e la coesione economica, sociale e territoriale. Il sostegno alla ricerca, all’innovazione e all’istruzione è uno strumento fondamentale per la realizzazione di un mercato del lavoro inclusivo e deve essere accompagnato da politiche a livello regionale. Le autorità regionali e locali devono svolgere un ruolo attivo al fine di garantire una maggiore competitività economica sul mercato globale.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Il trattato di Lisbona sancisce tra i suoi valori fondanti la promozione della coesione economica, sociale e territoriale dell’UE, nonché la solidarietà tra gli Stati membri (articolo 3 del Trattato di Roma).
Obiettivo principale della politica di coesione è la promozione di uno sviluppo equilibrato presso le 271 regioni che compongono l’UE tramite la riduzione delle disparità nei rispettivi livelli di sviluppo. Un’attenzione particolare viene consacrata alle regioni meno favorite, come le zone rurali, le zone in fase di conversione industriale, le regioni penalizzate da condizioni naturali o demografiche svantaggiose e permanenti, le regioni insulari, transfrontaliere e montane.
A questo riguardo ho ribadito la necessità di allineare la politica di coesione agli obiettivi strategici di UE 2020 e di incrementare la trasparenza nell’assegnazione dei fondi. A mio avviso, bisognerebbe rendere disponibili in tempo reale tutti i dati relativi all’approvazione e all’esecuzione dei progetti finanziati tramite la politica di coesione su un sito Internet accessibile al pubblico, suddivisi in base alla classificazione NUTS più dettagliata, per esempio fino al livello di NUTS 3 quando disponibile. Queste sono le considerazioni che ho formulato anche nel parere allegato alla relazione sulla politica di coesione e l’esecuzione dei programmi 2007-2013.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La realtà vissuta oggi nell’Unione europa è in stridente contrasto con quanto affermato nella relazione in merito alla capacità della politica di coesione di fornire una risposta efficace alle difficoltà soci-economiche provocate dalla crisi. La relazione è permeata anche da un’altra idea, quella di associare la politica di coesione alla cosiddetta strategia Europa 2020. È risaputo che la strategia UE 2020, discendente dalla strategia di Lisbona, segue la medesima linea politica di liberalizzazione, privatizzazione e flessibilizzazione della normativa sul lavoro. Questi orientamenti che si vogliono perseguire non contribuiranno affatto alla coesione, anzi non faranno che accentuare le disparità tra località e regioni di uno stesso paese. La funzione ridistributiva del bilancio comunitario, essenziale per il conseguimento della coesione, è seriamente compromessa a causa dell’esiguità dei fondi.
Si aggiungano i costi sostenuti dalle economie più vulnerabili dell’UE per l’integrazione nel mercato unico, l’Unione economica e monetaria, la liberalizzazione e deregolamentazione del commercio internazionale, che sono del tutto ignorati nella relazione. La valorizzazione della produzione di ogni paese e regione, l’uso sostenibile delle risorse e la tutela dell’ambiente rappresentano degli strumenti strategici di sviluppo economico per ogni paese, alla pari della creazione di posti di lavoro con diritti e il rafforzamento della rete di servizi pubblici e delle funzioni sociali dello Stato.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Condivido le idee espresse nella relazione perché ai sensi dei trattati, una politica di coesione volta a ridurre le disparità nei livelli di sviluppo e a preparare le regioni alle sfide immediate e future – rappresentate dalla globalizzazione, dai mutamenti demografici, dall’esodo rurale, dal cambiamento climatico e dalla tutela della biodiversità – nel rispetto dei loro punti specifici di forza e di debolezza si è dimostrata uno strumento essenziale nel processo d’integrazione europeo. Una politica di coesione forte e adeguatamente finanziata è una premessa essenziale per il conseguimento degli obiettivi sanciti nella strategia UE 2020. Tutte le regioni dovrebbero svilupparsi armoniosamente. Mi compiaccio che la Commissione sia esortata a esaminare e proporre metodi di lavoro in grado di promuovere i partenariati urbano-rurali, contrastare lo spopolamento delle campagne e nel contempo favorire uno sviluppo urbano sostenibile, giacché quasi l’ottanta per cento della popolazione europea è concentrata nelle aree urbane. Le aree urbane e rurali svolgono un ruolo dinamico nello sviluppo economico regionale. Nel prossimo periodo di programmazione occorrerà investire in progetti urbani e suburbani coordinati più strettamente con i programmi di sviluppo rurale. Occorre promuovere l’iniziativa imprenditoriale e sostenere le piccole e medie imprese (PMI), riconoscendo il ruolo chiave che hanno avuto nella crescita della competitività globale e dell’occupazione; dobbiamo agevolare l’accesso ai finanziamenti, specialmente per le PMI, al capitale di rischio e al microcredito. La Commissione provvederà a semplificare ulteriormente le procedure per l’utilizzo dei fondi strutturali e del fondo di coesione al fine di ridurre l’onere amministrativo a carico dei beneficiari finanziati.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Il miglioramento della qualità di vita tramite la creazione di posti di lavoro sicuri e qualitativamente migliori e la disponibilità di infrastrutture di ogni tipo – siano esse relative ai trasporti, alla società, all'istruzione o alla ricerca, allo sviluppo e all'innovazione – sono state le ragioni principali del sostegno dei cittadini al processo d’integrazione europeo. La politica di coesione può garantire uno sviluppo coeso dell’UE grazie a obiettivi e strumenti specifici, atti a soddisfare le esigenze economiche e sociali del pubblico europeo. In parallelo, gli Stati membri devono fare direttamente i conti con gli effetti della globalizzazione. Questa relazione dal titolo “Il conseguimento di una vera coesione territoriale, sociale ed economica all’interno dell’UE – una condizione sine qua non per la competitività globale?” intende alimentare la discussione tra i deputati del Parlamento europeo in merito all’interdipendenza e alla complementarietà dei provvedimenti adottati a livello comunitario e nazionale al fine di realizzare gli obiettivi delle politiche UE, tra cui figura la competitività economica globale. La relazione tenta di fornire un quadro di riferimento in cui viene enfatizzato il ruolo della politica di coesione e il suo contributo verso una maggiore competitività globale dell’UE. Plaudo alla relazione e alla relativa discussione.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Questa relazione verte innanzi tutto sulla competitività regionale, la concorrenza europea e una maggiore produttività. In questo senso, essa si colloca in pieno entro la strategia Europa 2020. Ne consegue che l’unico riferimento interessante, quello relativo a “servizi pubblici di qualità per tutti i cittadini europei, indipendentemente dal luogo di residenza e di lavoro” perde qualsiasi efficacia. Il mio voto è stato negativo.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) È stato grazie a una politica di coesione forte che l’Unione è riuscita a ridurre le disparità tra le diverse regioni europee. Resta fondamentale mantenere un coordinamento tra tutti i livelli di governo al fine di conseguire gli obiettivi che l’UE si pone in termini di sviluppo e coesione economica, sociale e territoriale. Il sostegno alla ricerca, all’innovazione e all’istruzione è un mezzo essenziale per garantire opportunità di occupazione a tutti. Tutti devono contribuire a incrementare la competitività economica sul mercato globale.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (LV) Ho votato a favore della relazione perché sostengo la coesione, se non altro per vedere tutti i corrotti lettoni chiusi dietro alle sbarre e non più in grado di interferire con un’attuazione adeguata dei Fondi strutturali UE. Per questo dobbiamo realizzare la coesione anche al livello del pubblico ministero, della polizia e della giustizia, in Lettonia e nel restante territorio dell’Unione europea. Questi miliardi di euro saranno così utilizzati secondo la loro destinazione, entro i termini previsti e nell’interesse dei cittadini anziché a vantaggio di singoli funzionari pubblici o schieramenti politici. Sono favorevole alla coesione.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) La politica di coesione è un tema centrale per l’UE che vuole garantire un equilibrio tra le regioni più ricche e quelle più povere e a porre rimedio alle conseguenze di uno sviluppo economico eterogeneo. Allo scopo occorre garantire anche il raggiungimento di un tenore di vita comune. Proprio in questo mondo globalizzato dovremmo enfatizzare maggiormente la competitività delle regioni. Voto contro la relazione perché essa non indica in quale misura le regioni dei singoli paesi dispongano effettivamente del know-how necessario.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Cari colleghi, la relazione riguardante la coesione territoriale, sociale ed economica, tenta di fornire, a mio parere, un quadro completo che sottolinei il ruolo integratore della politica di coesione e il suo contributo all'incremento della competitività globale dell'UE. Il mio voto favorevole a riguardo intende stimolare il dibattito in Europa sulla natura interdipendente e complementare delle misure adottate a livello europeo e nazionale per raggiungere gli obiettivi delle politiche dell'UE, tra cui quello di aumentare la competitività economica globale. Il miglioramento della qualità della vita attraverso la creazione di posti di lavoro migliori e sicuri è uno dei motivi principali del sostegno dei cittadini al processo di integrazione europea. la territorialità va difesa e sviluppata attraverso un'azione sociale che miri alla completa integrazione dei cittadini anche a livello economico. Attualmente, la politica di coesione può garantire uno sviluppo coeso attraverso obiettivi e strumenti specifici che soddisfino le esigenze economiche e sociali dei cittadini.
Georgios Papanikolaou (PPE), per iscritto. – (EL) Questa relazione d’iniziativa propria che ho sostenuto con il mio voto è il seguito di una lunga e difficile discussione su un argomento assai sensibile per la Grecia. È vero che i progressi conseguiti sinora nella coesione politica hanno contribuito a ridurre le disparità tra le regioni. Ma le condizioni economiche sono mutate e la politica di coesione deve adeguarsi di conseguenza. Quale principale strumento di solidarietà tra le aree più povere e quelle più ricche dell’UE, il nuovo ruolo della politica di coesione dovrebbe essere quello di impedire la creazione di nuove sacche economiche di nouveau pauvres all’interno della struttura comunitaria. Dinanzi a noi si pone una sfida molto chiara e precisa.
La Grecia deve prestare attenzione a due punti in particolare. Il primo riguarda le regioni Obiettivo 1 della politica di coesione e la necessità di rafforzare seriamente la convergenza in termini di prodotto nazionale lordo. Il secondo riguarda le regioni in fase di eliminazione, come l’Attica, che devono essere prese in esame singolarmente sulla scorta dei dati economici più recenti, giacché la crisi economica potrebbe avere invertito i dati degli anni precendenti.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE) , per iscritto. – (PT) La presente relazione è stata predisposta su iniziativa del gruppo PPE nell’ambito della discussione sul futuro della politica di coesione e regionale. Il rafforzamento della coesione territoriale, sociale ed economica dell’Unione europea è una delle direzioni da seguire per contribuire alla competitività globale.
Concordo appieno con gli obiettivi di fondo della relazione che attribuisce alla politica di coesione il compito di ridurre le disparità economiche, sociali e territoriali, creare nuovi posti di lavoro, sviluppare e potenziare le infrastrutture. La coesione territoriale e sociale deve porsi quale fondamento della nuova politica che aspira a garantire una crescita sostenibile e un aumento della competitività su scala globale.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi congratulo con il relatore Petru Constantin Luhan per l'ottimo lavoro svolto e concordo con lui sulla necessità di miglioramento della qualità della vita attraverso la creazione di posti di lavoro sicuri e qualitativamente migliori e la garanzia di accesso a infrastrutture di ogni tipo – siano esse relative ai trasporti, alla società, all'istruzione o alla ricerca, allo sviluppo e all'innovazione – sono state le ragioni principali del sostegno dei cittadini al processo di integrazione europea.
Concordo pienamente con l'idea che la politica di coesione sia la politica chiave dell'UE per consentire alle regioni di affrontare tali sfide nel miglior modo possibile e, pertanto, contribuire ad accrescere la competitività economica globale dell'UE tramite, la garanzia di un tenore di vita comune per tutti i cittadini dell'UE, e il sostegno allo sviluppo, sfruttando le specificità locali e regionali e generando così valore aggiunto e produttività economica.
Marit Paulsen, Olle Schmidt e Cecilia Wikström (ALDE), per iscritto. – (SV) Noi sosteniamo la politica comune di coesione e crediamo che sia importante per l’integrazione europea. In un’epoca segnata da gravi tensioni all’interno dell’UE, è importante rimanere uniti. Nondimeno, crediamo che la politica regionale debba rimanere essenzialmente di competenza delle regioni e degli Stati membri. Il sostegno UE dovrebbe concentrarsi sulle regioni più povere e sui diversi programmi di cooperazione territoriale.
Rovana Plumb (S&D), per iscritto. – (RO) La relazione pone l’accento sui risultati conseguiti tramite la politica di coesione che è fondamentale per la riuscita della strategia UE 2020 in quanto strumento atto ad appianare le disparità tra le regioni. Nel periodo 2007-2013 sono stati destinati quasi 86 miliardi di euro alla ricerca e all’innovazione. Nel prossimo periodo di programmazione sarà necessario promuovere e applicare modelli efficaci nel triangolo della conoscenza al fine di garantire la crescita sostenibile dei programmi quadro strategici regionali per la ricerca e l’innovazione.
Il relatore invita la Commissione europea a presentare proposte concrete per la definizione e la conseguente attuazione dell'obiettivo della coesione territoriale, sottolineando l’importanza del principio di decentramento fino al livello dell’autorità locale, secondo un approccio bottom-up, al fine di migliorare l’assorbimento dei fondi, giacché si considera controproducente il fatto che le regioni amministrino in media solamente il 30,5 per cento del bilancio complessivo destinato alla politica di coesione, mentre la quota rimanente è gestita dai governi centrali.
In futuro si dovrà rafforzare considerevolmente il principio del partenariato. La relazione raccomanda agli Stati membri e alla Commissione di sostenere meglio i grandi progetti che includono due o più programmi operativi e hanno un notevole impatto a livello europeo, al fine di generare valore aggiunto, creare posti di lavoro di qualità e assicurare lo sviluppo sostenibile delle regioni.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) La politica di coesione dell’Unione europea è cruciale per consentire alle regioni di affrontare le sfide del nuovo contesto internazionale. Appoggiare lo sviluppo rafforzando le specificità locali e regionali o garantire l’avvicinamento nei tenori di vita dei cittadini dell’Unione significa consolidare il progetto europeo. In questo contesto, è opportuno di avvalersi di politiche e strumenti di dimensione regionale allo scopo di rafforzare il sostegno per la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione, nonché lo sviluppo dell’istruzione e delle competenze necessarie ai cittadini per ottenere un mercato del lavoro inclusivo.
Crescenzio Rivellini (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, si é votato oggi in Plenaria la relazione d'iniziativa che mette in evidenza il ruolo che la politica di coesione svolge nel ridurre le disparità economiche, sociali e territoriali, creando nuova occupazione, aumentando la crescita, costruendo infrastrutture, garantendo lo sviluppo coeso dell'UE attraverso i suoi obiettivi e strumenti specifici, soddisfacendo pertanto le esigenze economiche e sociali dei cittadini europei.
La politica di coesione è stata tra le prime politiche ad adottare la sua dimensione regionale, rappresentando il suo valore aggiunto e contribuendo a garantirne l'efficacia e la sostenibilità. Il modo in cui ciascuno Stato membro sfrutta le opportunità offerte dall'appartenenza al mercato unico europeo dipende dalla sua maturità e dal suo livello di sviluppo, fattori che variano da paese a paese. Ne consegue che a ogni Stato membro spetta la responsabilità di indicare le misure più efficaci per permettere alla sua economia di funzionare all'interno del sistema globale. La relazione propone nuove indicazioni per la futura architettura della politica, per rinforzare le sue performance, per assicurare una crescita sostenibile forte ed una maggiore competitività su scala globale.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (ES) Durante l’intera fase di elaborazione della relazione, il nostro gruppo ha espresso in più occasioni un disaccordo di fondo con l’impostazione suggerita dal relatore. In fase di voto non abbiamo potuto che esprimere un voto negativo.
Czesław Adam Siekierski (PPE), per iscritto. – (PL) Negli ultimi anni, la dotazione del Fondo di coesione e dei Fondi strutturali ha favorito lo sviluppo dinamico di diverse città e di un numero considerevole di aree rurali. La politica di coesione è una prova tangibile per i cittadini UE dell’effetto positivo che le iniziative prese a livello comunitario possono avere sulle comunità locali e sulle regioni. Con lentezza stiamo uscendo da una crisi che ha acuito le disparità all’interno dell’UE. La politica di coesione si è dimostrata essere uno strumento flessibile, in grado di rispondere alle esigenze specifiche delle singole regioni e di ammortizzare almeno in parte gli effetti negativi della crisi. La coesione tra le regioni offre un valore aggiunto unico nel suo genere che ha ricadute positive sulla competitività economica dell’UE. Un maggiore allineamento nello sviluppo delle regioni, un tenore di vita uniforme e pari opportunità di accesso alle infrastrutture sono elementi che consentiranno all’UE di affrontare le sfide globali. L’Unione potrà concentrare gli investimenti nell’innovazione, nella ricerca e nello sviluppo.
Un’economia sostenibile, verde e basata sulla conoscenza ci renderà più competitivi, perché la competitività sarà rafforzata nella misura in cui la disoccupazione regionale è in declino e sosteniamo la creazione di una forza lavoro altamente qualificata e mobile, sia nelle aree urbane che in quelle rurali. Il sostegno alle piccole e medie imprese, che sono la maggiore fonte di occupazione per i cittadini UE, rimane un punto fondamentale. Occorre una politica di coesione forte, ovviamente dotata di risorse adeguate, pari almeno a quelle attuali, per realizzare obiettivi ambiziosi.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) La coesione economica, sociale e territoriale è una condizione necessaria ma insufficiente a garantire la nostra competitività nel mondo. La politica di coesione europea mira a ridurre le disparità regionali, tenendo conto degli effetti delle sfide globali come il cambiamento climatico, l’evoluzione demografica, i problemi relativi all’energia e alla tutela della biodiversità, oltre alle nuove sfide poste dalla crisi economica e finanziaria. Sottoscrivo dunque il testo proposto dal relatore, mio collega nella commissione per lo sviluppo regionale, in cui si ribadisce il concetto che la coesione e la competitività non sono tra loro in contraddizione o incompatibili, bensì posseggono caratteristiche di complementarietà.
La competitività all’interno dell’Unione europea può essere incentivata da una crescita economica sostenibile e da una politica di coesione in grado di realizzare gli obiettivi sanciti nella strategia UE 2020 e di rispondere alle sfide sociali ed economiche. La dimensione regionale deve essere vieppiù valorizzata, sia tramite una maggiore partecipazione delle autorità regionali e locali, sia enfatizzando il ruolo svolto dalle aree urbane e rurali. Soltanto promuovendo la competitività regionale potremo consolidare la nostra posizione competitiva nel mondo.
Derek Vaughan (S&D), per iscritto. – (EN) La relazione illustra come il Parlamento intende coordinare meglio i finanziamenti strutturali UE e quelli destinati all’innovazione con l’intento di ovviare alle disparità di sviluppo tra le regioni dell’UE e sostenere la competitività regionale. Sono favorevole a queste proposte e alla richiesta di una semplificazione delle procedure per l’ottenimento dei finanziamenti, in particolare nel caso delle PMI che dovremmo aiutare nel contesto economico attuale riducendo gli oneri amministrativi a loro carico. La relazione sottolinea inoltre in alcuni punti importanti il principio del decentramento e di un approccio bottom-up allo scopo di migliorare il partenariato con le autorità locali che sono spesso nella posizione più favorevole per recepire le esigenze dei cittadini in tutta l’UE e specialmente nel Galles.
Anna Záborská (PPE), per iscritto. – (SK) La discussione sulla coesione in questo Parlamento sembra una discussione sulla lista dei desideri. I nostri elettori e noi stessi saremmo felici di vivere in un’Europa dove tutti hanno successo, nessuno è povero e non c’è carenza di posti di lavoro. Questa relazione assomiglia piuttosto alla lettera scritta da un bambino a Babbo Natale. Il suo pregio indiscusso è di contenere praticamente tutto quello che vorremmo trovare sotto l’albero di Natale, se non quest’anno, forse nel 2020. Ma rimane un problema. Tutto questo costa denaro e come accade nelle famiglie con bambini piccoli, anche noi siamo costretti a scegliere le nostre priorità. Non posso evitare di pensare che questo sia il compito fondamentale del Parlamento europeo. La relazione presentata testimonia purtroppo che neanche in questo momento di crisi siamo capaci di svolgere meglio la nostra funzione.
Come sempre, abbiamo troppe priorità. Ma ogni famiglia dispone di un solo portafoglio e i regali devono essere acquistati con quello che resta dopo che tutti sono stati nutriti e vestiti e dopo che le bollette sono state tutte pagate. Il sostegno che invochiamo con magnanimità per questo o quello è costituito da denaro prelevato dalle tasche dei contribuenti, madri e padri che ogni mese stabiliscono quali sono le loro priorità e cosa invece può aspettare. Non dimentichiamolo.