Presidente. − Onorevoli colleghi, le numerose dichiarazioni di voto ci impongono un rispetto estremamente rigoroso dei tempi. Dopo un minuto sarò costretto a interrompervi. Mi scuso, ma non si può fare altrimenti.
Dichiarazioni di voto orali
Progetto di bilancio generale dell’Unione europea per l’esercizio 2011 quale modificato dal Consiglio
Ashley Fox (ECR). - (EN) Signor Presidente, voglio spiegare le motivazioni del mio voto contrario sul bilancio 2011. Ritengo che in un periodo di austerità l’Unione europea dovrebbe dare prova di moderazione e dovremmo ridurre le nostre spese, non aumentarle. A mio avviso è deplorevole che la Commissione abbia proposto inizialmente un aumento del 6 per cento e che il Parlamento abbia sostenuto questa proposta.
Il Primo ministro britannico, David Cameron, ha svolto un grande lavoro abbassando la percentuale di incremento al 2,9 per cento ma sappiamo che si è trattato di un compromesso. I conservatori britannici non sono molto soddisfatti di questo compromesso e sono fiero di aver votato contro gli eccessi dell’Unione europea.
Sirpa Pietikäinen (PPE). - (FI) Signor Presidente, è significativo che per la prima volta il Parlamento abbia avuto l’opportunità di approvare il bilancio. Nella conseguente politica di bilancio ritengo che il Parlamento debba garantire alcune priorità, ovvero l’aumento della capacità contributiva dell’Unione europea, un bilancio capace di promuovere l’efficienza materiale e la politica sul cambiamento climatico attraverso politiche selezionate autonomamente e il conseguente raggiungimento della strategia Europa 2020 e di un’economia più sostenibile.
Syed Kamall (ECR). - (EN) Signor Presidente, come molti altri conservatori britannici, condivido la preoccupazione dell’onorevole Fox.
In un periodo di austerità, in cui i governi dell’Unione europea – e in realtà i governi di tutto il mondo – sono impegnati a tirare la cinghia e contenere le spese, come possiamo permetterci di chiedere ai contribuenti un aumento delle tasse? Di sicuro questo è il momento in cui dobbiamo stringere la cinghia e dare l’esempio. Non avremmo dovuto chiedere un aumento e neppure un congelamento, bensì una riduzione del bilancio dell’Unione europea; in questo modo la classe politica guadagnerebbe credibilità agli occhi dei contribuenti all’interno dell’Unione, che si sentirebbero compresi in questo momento particolarmente difficile e non guarderebbero a noi come a un’élite al potere senza riguardo per le persone che ci hanno votato.
Peter Jahr (PPE). – (DE) Signor Presidente, il diritto di redigere il bilancio è uno dei diritti principali di un parlamento e questo vale anche per il Parlamento europeo. Responsabilità, fiducia e partenariato sono i tre aspetti caratteristici della cooperazione tra il Parlamento, la Commissione e il Consiglio. Il processo di consultazione sul bilancio 2011 non ha contribuito a creare un clima di fiducia e invito quindi la Commissione e in particolare il Consiglio a rispettare i diritti del Parlamento europeo, poiché, come ho già detto, il diritto di redigere il bilancio è uno dei diritti principali del Parlamento europeo.
Daniel Hannan (ECR). - (EN) Signor Presidente, ieri mi sono chiesto se non fossi per caso precipitato in un tunnel spazio-temporale tornando indietro nel tempo fino agli anni Settanta; oggi mi chiedo se mi trovo nel 1770.
Vorrei citare un commento di Thomas Jefferson riguardo al governo distante. Egli disse: “A una tale distanza e da sotto gli occhi degli elettori i governanti devono per necessità tendere alla corruzione, al saccheggio e allo sperpero”. È una descrizione perfetta di quello che sta succedendo al bilancio dell’Unione europea, che presenta conti non approvati, un’errata allocazione delle risorse e cifre in costante aumento, nonostante i tentativi dei 27 Stati membri di contenere le spese. Ecco cosa succede quando c’è uno scollamento tra tassazione, rappresentanza e spesa, e quando l’Unione europea si attende solo elogi per il denaro che spende e nessuna critica per il denaro che riscuote.
L’unico modo per riallineare queste cifre all’opinione pubblica è ripristinare la responsabilità in materia di bilancio nei parlamenti e nei parlamentari nazionali che devono rendere conto ai loro elettori, ovvero i loro contribuenti.
Cristiana Muscardini (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo favorevoli al provvedimento e ringraziamo il relatore, che è stato molto puntuale.
Riteniamo che questo lavoro debba però imporre alle istituzioni europee di continuare in futuro a monitorare gli sviluppi di questa nuova disciplina, perché nel passato, purtroppo, troppe volte sono accadute situazioni poco chiare, che hanno influito negativamente sul sistema finanziario a danno delle imprese e dei risparmiatori.
Un nuovo sistema europeo per le agenzie e il controllo di tutte le autority delle banche centrali, affinché i rating siano, rispondano efficacemente al sistema finanziario moderno e utile ai cittadini è per noi estremamente importante.Per cui ringrazio il relatore.
Peter Jahr (PPE). – (DE) Signor Presidente, la domanda è: chi sorveglia le autorità di vigilanza? Persino gli arbitri di calcio sono sottoposti a procedure di controllo o approvazione e se questo vale per il calcio, deve sicuramente valere anche per i mercati finanziari. Il processo di valutazione della capacità di credito e della solidità dei prodotti finanziari, delle banche e perfino di interi paesi è stato affidato alle agenzie di rating del credito. Quando però queste agenzie detengono il monopolio e riescono a eludere qualsiasi tipo di sorveglianza diventano divinità da venerare. Dobbiamo impedire che questo accada. La Bibbia dice: “Non avrai altro Dio all’infuori di me”. Questa relazione tenta di accomodare la situazione introducendo la sorveglianza per le agenzie di rating del credito. Al momento opportuno il Parlamento deve chiedersi se questi provvedimenti hanno prodotto risultati concreti.
Barbara Matera (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, la votazione di quest'oggi sul bilancio 2011 sancisce la chiusura di una procedura nuova, allo stesso tempo sofferta, ma che ha dato prova di responsabilità e concretezza da parte delle autorità di bilancio.
Si tratta di una soluzione di compromesso che ha comportato rinunce sia da parte del Parlamento che da parte del Consiglio, ma che ha scongiurato un sistema di dodicesimi che avrebbe determinato gravi conseguenze sul finanziamento dei programmi comunitari.
Questo Parlamento è soddisfatto degli obiettivi raggiunti. Tuttavia, punta il dito su chi ha fatto fallire l'accordo sul programma ITER e sulla flessibilità. L'Unione, infatti, perde credibilità nei confronti dei partner internazionali, rischiando di non finanziare gli impegni presi e non soddisfare i nuovi ambiti di azione derivanti da Lisbona.
A partire da gennaio 2011, bisogna dunque fissare delle priorità e renderle sostenibili finanziariamente per gli anni futuri.
Mario Pirillo (S&D). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, la necessità di ammodernare i sistemi di misurazione migliorando nel contempo la regolamentazione spinge ad abrogare direttive europee in materia di metrologia.
Sono convinto anch'io che questo sia il primo passo per avviare una radicale e più puntuale riforma in questa materia. Non vi è parimenti dubbio che vi sia la necessità di accordare una tempistica sufficiente per consentire a tutti i paesi membri di valutare gli effetti che l'abrogazione di queste normative determinerà sulla propria legislazione e per provvedere ad eventuali correttivi.
Infine, la scelta dell'abrogazione delle varie direttive risponde perfettamente a quell'esigenza, particolarmente sentita in tutti i comparti, di una maggiore semplificazione. Speriamo però che il rimedio non sia peggiore del male.
Clemente Mastella (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il trattato di Lisbona ha introdotto una fondamentale innovazione nel funzionamento democratico dell'Unione, prevedendo questo nuovo strumento concreto per la partecipazione civile al dibattito e alla costruzione europea.
L'iniziativa dei cittadini europei introduce, infatti, un nuovo concetto di democrazia transnazionale e apporta all'Unione europea una nuova forma di democrazia partecipativa. Tutti i nostri cittadini potranno rivolgersi direttamente alla Commissione europea affinché presenti un atto legislativo.
Accogliamo con favore la proposta della Commissione, in quanto il coinvolgimento della società civile e la formulazione di politiche nell'elaborazione di decisioni rafforza la legittimità democratica delle nostre istituzioni e avvicina l'Unione europea ai suoi cittadini.
Oriol Junqueras Vies (Verts/ALE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei anzitutto esprimere la mia [ ] nella commissione per la cultura e l'istruzione, lamentando nel contempo che questo Parlamento non abbia votato due questioni che ritengo fondamentali: il diritto dei giovani di età superiore a 16 anni a firmare questa iniziativa e il voto dei residenti.
Sappiamo che queste iniziative non sono previste dal trattato di Lisbona e queste sono alcune delle ragioni per le quali ci siamo opposti a questo trattato.
Jens Rohde (ALDE). – (DA) Signor Presidente, oggi il partito liberale danese ha votato a favore dell’iniziativa dei cittadini che incoraggia la partecipazione dei cittadini e renderà quindi l’Unione europea molto più accessibile. Il Parlamento ha stabilito una serie di condizioni standardizzate che mirano a garantire l’accessibilità dell’iniziativa dei cittadini, indipendentemente dallo Stato membro in questione, e la semplicità di utilizzo di questo strumento. I cittadini devono provenire da almeno un quarto degli Stati membri; il numero minimo in ciascuno Stato membro deve essere pari, moltiplicato per 750, dei membri del Parlamento europeo eletti in quello Stato membro; e i cittadini devono avere raggiunto l’età minima alla quale acquisiscono il diritto di voto per le elezioni del Parlamento europeo. Riteniamo che queste condizioni siano fondamentali in quanto conferiscono all’iniziativa dei cittadini la validità necessaria per essere percepita come un reale contributo allo sviluppo della democrazia.
Hannu Takkula (ALDE). - (FI) Signor Presidente, vorrei pronunciarmi in merito all’iniziativa dei cittadini. È vero, con il trattato di Lisbona abbiamo ottenuto una nuova iniziativa che favorisce la partecipazione democratica dei nostri cittadini. Quando un milione di cittadini firma una petizione, la Commissione la accoglie e poi cosa succede? La cosa finisce lì? A mio avviso si tratta di un’ottima iniziativa, ma dobbiamo riflettere su come portarla avanti.
Premetto che i nostri cittadini possono partecipare al processo democratico principalmente attraverso il voto alle elezioni; in questo modo possiamo approfondire le questioni che stanno più a cuore alle persone. Se da un lato quindi questa iniziativa vedrà un maggiore coinvolgimento dei cittadini, dall’altro mi rendo conto che potrebbe portare a una situazione in cui la Commissione semplicemente risponde alle iniziative senza raggiungere risultati concreti. Dobbiamo quindi rivalutare come possiamo realmente favorire la partecipazione dei cittadini al processo politico decisionale.
Morten Løkkegaard (ALDE). – (DA) Signor Presidente, rispetto a quanto è stato già detto sul sostegno del partito liberale danese, vorrei aggiungere che, come si è detto, ci troviamo di fronte a un’iniziativa estremamente importante. Si tratta di un esperimento che, a mio avviso, necessita di essere monitorato da vicino e seguito anche dopo i tre anni previsti per l’iniziativa. Dobbiamo capire se si tratta davvero di un’iniziativa dei cittadini o – permettetemi l’espressione – di una strumentalizzazione per raggiungere altri fini. Affinché l’iniziativa abbia successo, come tutti ci auguriamo, è fondamentale che gli attori di questa iniziativa siano semplicemente i cittadini. A questo proposito, vorrei anche aggiungere che spero personalmente che i cittadini vorranno sollevare alcune questioni progressiste, costruttive e positive riguardo al progetto dell’Unione di modo che un’iniziativa di questo tipo non venga ancora una volta monopolizzata dal partito del “no”.
Sonia Alfano (ALDE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho seguito con molta attenzione la procedura legislativa per l'iniziativa popolare europea e sono contenta, anche sulla base delle dichiarazioni del Consiglio e della Commissione, che tra un anno potranno essere lanciate le prime raccolte delle firme.
Sono tra l'altro orgogliosa di poter annunciare al Parlamento europeo che in Italia, all'indomani dell'approvazione della scandalosa direttiva sulla sperimentazione degli animali, è nato un movimento trasversale di cittadini, associazioni e comitati che durante quest'anno non resteranno in attesa ma lavoreranno per preparare una proposta per la Commissione. Una proposta per dare all'Unione europea una legislazione moderna e civile e che sancisca un "no" alla sperimentazione sugli animali, pratica cruenta e scientificamente inefficace, e imprima un forte impulso ai metodi alternativi.
Il "no" alla vivisezione deve rappresentare un obiettivo dell'Unione europea in quanto è un desiderio dei cittadini.
Ashley Fox (ECR). - (EN) Signor Presidente, riconosco l’utilità dell’iniziativa dei cittadini come strumento di dialogo diretto con la Commissione. Resta però da vedere quale sarà la reazione della Commissione di fronte alle proposte non gradite.
Prevedo che saranno presentate alla Commissione numerose iniziative affinché questa raddoppi i suoi sforzi e ci sia più Europa, alle quali la Commissione reagirà senza dubbio con entusiasmo.
Come reagirà però di fronte alle proposte che chiedono meno Europa o un’Europa che lavori meglio, che spenda meno o forse a una dichiarazione che sancisce che non ci sarà mai una tassazione europea? Sono ansioso di vedere la reazione della Commissione a queste proposte. Le tratterà con il dovuto rispetto? Se darà una risposta solo alle proposte che le vanno a genio, quest’iniziativa sarà stata inutile.
Seán Kelly (PPE). – (GA) Signor Presidente, sono lieto di aver votato a favore di queste proposte e ritengo che i relatori abbiano svolto un ottimo lavoro, non solo per l’Unione europea ma per tutti i nostri cittadini.
(EN) Sebbene l’iniziativa dei cittadini costituisca un tassello fondamentale del trattato di Lisbona, approvato in Irlanda poco più di un anno fa, per diverso tempo è sembrato che l’intero processo fosse ostacolato da complicazioni e norme. Grazie al lavoro svolto dai relatori, il processo è stato semplificato ed è encomiabile l’idea che sia un comitato composto di sette persone provenienti da sette paesi diversi ad avviare il processo. Questa e altre iniziative permetteranno di sviluppare le tematiche che stanno realmente a cuore ai cittadini da un lato e dall’altro di contrastare gli interessi personali.
(GA) Vorrei concludere con un proverbio: “Chi ben comincia è a metà dell’opera”. Noi abbiamo cominciato bene.
Nicole Sinclaire (NI). - (EN) Signor Presidente, non è questa una vera beffa alla democrazia? È davvero deplorevole che non abbiate voluto ascoltare il popolo europeo prima di attuare il trattato di Lisbona, che ha introdotto l’iniziativa dei cittadini.
Vorrei rispondere a quanto ha detto l’onorevole Fox poco fa. Dopo una prima fase, la Commissione potrebbe decidere che l’iniziativa non è valida, quindi il problema è l’assenza di un mandato vincolante e la conseguente possibilità che la Commissione non tenga conto dell’iniziativa. Ancora una volta ci accorgiamo che l’Unione europea non tiene in considerazione le esigenze del popolo europeo. Per l’amor del cielo, prestiamo ascolto al popolo perché non è questo quello che vuole.
Jim Higgins (PPE). - (EN) Signor Presidente, approvo il programma di lavoro della Commissione per il 2011, sul quale ho espresso voto favorevole.
La grande sfida della crisi finanziaria va affrontata con decisione e auguro alla Commissione di riuscire a raggiungere gli obiettivi prefissati. Per quanto concerne l’euro, è fondamentale – per l’integrità e la coesione dell’Unione, nonché per la solidarietà all’interno dell’UE – che ci sia la moneta unica e che venga tutelata in ogni modo possibile.
Per quanto riguarda l’occupazione e l’economia, concordo sul fatto che a gennaio 2011 la Commissione presenterà la sua prima analisi annuale della crescita, che evidenzierà la situazione economica dell’Unione, compresi i suoi potenziali squilibri e rischi sistemici. Ritengo si tratti di un passo fondamentale per la trasformazione dell’Europa in un’economia intelligente e sostenibile.
Ultimo ma non per importanza, siamo una comunità di 500 milioni di persone: dobbiamo dare più del massimo sulla scena europea e internazionale. Auguro ogni successo alla Commissione per il prossimo anno.
Philip Claeys (NI). - (NL) Ho espresso voto contrario alla proposta per diversi motivi. Il paragrafo più singolare è quello che stabilisce che il Parlamento debba imporre agli Stati membri di destinare lo 0,7 per cento del loro reddito nazionale lordo agli aiuti allo sviluppo e che la Commissione debba monitorare il seguito dato a tale impegno.
Resta ancora da capire se gli aiuti allo sviluppo abbiano realmente un senso e ci troviamo di fronte a una grave violazione del principio di sussidiarietà. Il paragrafo 52 è singolare anche perché esorta la Commissione a favorevole mantenere lo slancio per il processo di ampliamento. Quale sarebbe questo slancio? Ci si riferisce forse alle continue provocazioni della Turchia o alle gravi violazioni ai diritti dell’uomo che avvengono in questo paese, o forse alla crescente islamizzazione?
Philip Claeys (NI). - (NL) Questa risoluzione presenta senza dubbio alcuni elementi positivi, quali condanna della partecipazione di un criminale, il Presidente Mugabe, al vertice di Lisbona e il riferimento alle conseguenze nefaste della fuga dei cervelli dal continente africano.
La risoluzione rimarca inoltre a giusto titolo l’importanza vitale di sviluppare la capacità agricola. è necessario rimuovere lo standard assurdo dello 0,7 per cento: gli aiuti allo sviluppo pari a un miliardo di dollari destinati all’Africa in questi 60 anni hanno soltanto fatto sprofondare ulteriormente il continente nella miseria. Anziché continuare a fornire aiuti, dobbiamo concentrare gli sforzi sulla lotta ai flussi illeciti di capitali, come evidenziato, tra l’altro, anche dalla risoluzione.
Non mi è piaciuto neanche il paragrafo sui flussi migratori e per questo ho deciso in ultima analisi di esprimere voto contrario alla proposta di risoluzione.
Syed Kamall (ECR). - (EN) Signor Presidente, quando vediamo in quali condizioni di povertà versano molte nazioni africane, noi che viviamo negli Stati membri dell’Unione europea sentiamo il desiderio di aiutare queste nazioni ad affrancarsi dalla povertà. Dovremmo tuttavia utilizzare gli aiuti in maniera più intelligente. In situazioni di emergenza, gli aiuti sono assolutamente fondamentali nel breve termine, ma a volte non vengono distribuiti correttamente in un’ottica di sviluppo a lungo termine.
Non è giusto che i contribuenti dei vari Stati membri dell’Unione europea inviino denaro ai governi africani, che non governano il loro paese in maniera adeguata, e che quindi questo denaro non arrivi nelle mani di chi ne ha realmente bisogno. Il modo migliore per contribuire allo sviluppo consiste nel fornire aiuti agli imprenditori dei paesi più poveri che sono in grado di creare ricchezza nelle loro comunità e affrancare quindi i loro amici e i loro vicini dalla povertà.
Rendiamo i nostri mercati accessibili, puntiamo a favorire il commercio e lo sviluppo attraverso i nostri aiuti, anziché limitarci a inviare denaro.
Daniel Hannan (ECR). - (EN) Signor Presidente, insieme ad altri colleghi del Parlamento ho partecipato di recente al vertice ACP (Africa-Caraibi-Pacifico) a Kinshasa, nella Repubblica democratica del Congo, che è ufficialmente il secondo peggior paese al mondo; secondo l’indice di felicità delle Nazioni Unite, infatti, la Repubblica democratica del Congo è seconda solo allo Zimbabwe. I congolesi però, a differenze degli abitanti dello Zimbabwe, non possono dire che la situazione migliorerebbe se cambiasse il governo: hanno, infatti, avuto le elezioni pluripartitiche, una costituzione approvata a livello internazionale e altro ancora.
La Repubblica democratica del Congo esaspera e racchiude in sé la tragedia dell’Africa. L’esperienza coloniale vissuta qui va condannata maggiormente rispetto a quella vissuta nei paesi vicini, senza dover per forza ripercorrere l’intera tragedia dello Stato libero del Congo. Certo, esiste il problema legato alle risorse naturali, che porta allo scollamento tra tassazione e spese e trasforma la politica in una corsa all’onore e alla ricchezza. Si avverte soprattutto l’eterogeneità, la mancanza di un sentimento nazionale e la mancanza di una comunione di intenti a livello linguistico o etnico. “Se ami il tuo paese, paga le tasse”, riportava un triste cartello di Kinshasa. Ovviamente nessuno lo fa.
Credo sia chiaro a tutti perché parlo di questo. Il Presidente del Consiglio europeo ha detto che il patriottismo conduce alla guerra; ebbene, vorrei portarlo in un luogo dove non vi è traccia di patriottismo per vedere cosa succede lì.
József Szájer (PPE). – (HU) Signor Presidente, sappiamo tutti che, a causa della crisi finanziaria, il pilastro statale del sistema previdenziale, capace di offrire un grado di sicurezza maggiore, sta guadagnando terreno in diversi paesi europei. Molti paesi stanno rivedendo i loro sistemi e sono quindi impegnati a rafforzare il sistema previdenziale statale. Sebbene la questione del sistema previdenziale rientri nella sfera di competenza degli Stati, l’accento che si dà alla discussione di simili questioni in Europa riveste comunque una certa importanza. A questo proposito, accolgo con favore il punto 30 della decisione sul programma di lavoro della Commissione, adottato grazie al sostegno dei tre maggiori gruppi (popolare, socialista e liberale) del Parlamento europeo, che sottolinea la necessità di un rafforzamento del primo pilastro ovvero il sistema previdenziale. L’atto che l’Ungheria, il mio paese d’origine, ha adottato ieri ha permesso al paese di compiere un passo importante in questa direzione. Il dibattito sulle pensioni all’interno dell’Unione europea in relazione al Libro bianco e, di conseguenza, al Libro verde deve proseguire in questo spirito. Questo è quanto il Parlamento richiede alla Commissione e sono molto contento di questa proposta.
Clemente Mastella (PPE). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, la nuova architettura istituzionale prevista dal trattato di Lisbona sottolinea che una protezione e una promozione effettive dei diritti umani e delle libertà fondamentali sono alla base della democrazia e dello stesso Stato di diritto nell'Unione europea.
Ho sostenuto questa relazione perché convinto della necessità di una nuova definizione di politiche interne in materia di diritti umani per l'Unione che sia efficace e organica, capace di prevedere effettivi meccanismi di responsabilità, sia a livello nazionale che a livello di Unione, per far fronte alle numerose violazioni che quotidianamente registriamo.
Intendiamo ribadire che l'entrata in vigore del trattato di Lisbona ha radicalmente cambiato il volto giuridico dell'Unione europea. La Carta dei diritti fondamentali ha oggi lo stesso valore giuridico dei trattati e rappresenta la codificazione più moderna dei diritti fondamentali, offrendo un buon equilibrio fra diritti e solidarietà, includendo diritti civili, politici, economici, sociali e culturali, così come diritti di terza generazione.
Antonello Antinoro (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho deciso di votare a favore di questa relazione non solo perché così ha deciso il mio gruppo politico, ma anche perché sono assolutamente convinto che questa relazione abbia un carattere istituzionale di grande importanza ed è necessaria in un momento in cui i poteri del Parlamento sono definiti ma pian piano si vanno strutturando.
A testimonianza della prima volta in cui approviamo il bilancio ai sensi del trattato di Lisbona, abbiamo voluto dare chiaramente un'importanza notevole a questo evento. Era dunque necessario stabilire una posizione comune da parte di tutti i membri e da qui lo sforzo del relatore di trovare emendamenti di compromesso, per evitare divisioni che non farebbero che allontanare una linea definitiva sull'applicazione del trattato di Lisbona.
Ringrazio quindi il collega Gal per il lavoro svolto, con l'auspicio che questa relazione possa portare a un miglioramento congiunto delle attività delle Istituzioni europee.
Hannu Takkula (ALDE). - (FI) Signor Presidente, innanzi tutto colgo l’occasione per complimentarmi con l’onorevole Gal per l’ottima relazione sulla situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea. Si tratta però solo di una relazione e non dobbiamo dimenticarci che c’è ancora molto da fare all’interno dell’Unione europea. Purtroppo i diritti fondamentali non vengono applicati effettivamente per tutti, sebbene in teoria si sostenga il contrario. Il caso della numerosissima minoranza rom, i cui diritti fondamentali non vengono rispettati in alcun modo, è rappresentativo di quanto detto.
Vi sono problemi anche per quanto riguarda la libertà di opinione. In nome della libertà di opinione abbiamo conferito il Premio Sacharov a un dissidente cubano, ma i problemi in questo senso non sono ancora risolti in Europa, dove in alcuni luoghi non è ancora permesso parlare liberamente o rendere nota la propria opinione. Proprio qui al Parlamento europeo troviamo un esempio concreto di questi problemi: uno dei nostri colleghi è scortato dalle guardie del corpo poiché teme per la propria sicurezza. Dobbiamo difendere i diritti fondamentali in Europa e dobbiamo lottare affinché la libertà di espressione sia garantita a tutti nell’Unione europea.
Sonia Alfano (ALDE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, è noto come l'attività del governo italiano rappresenti una costante violazione della Carta dei diritti fondamentali. Basti pensare all'accordo Italia-Libia, che riesce a violare decine di articoli della Carta, o al disegno di legge-bavaglio che voleva porre il guinzaglio alla stampa e alla giustizia.
Stiamo parlando di un governo sostenuto da un Parlamento eletto in maniera antidemocratica, senza la possibilità per i cittadini di esprimere una preferenza, un governo che ieri ha ottenuto la fiducia con i voti di parlamentari di schieramenti di opposizione, gli stessi che avevano denunciato pubblicamente di essere stati avvicinati con promesse di ricandidature e soldi in cambio del voto.
(L'oratrice è interrotta da una deputata)
La prova dell'avvenuta corruzione è nei fatti. Nulla di nuovo in casa del corruttore Berlusconi, come dimostrano le sentenze definitive Mondadori e Mills.
(Le vajasse sono anche al Parlamento europeo?).
Il 9 dicembre il Parlamento europeo festeggiava la Giornata contro la corruzione. Ieri il Parlamento italiano lanciava la prima giornata a favore della legalizzazione della corruzione dei deputati.
Presidente − Onorevole Ronzulli, la invito a sedersi e a fare silenzio. Il suo non è un atteggiamento consono al Parlamento europeo. Non ha la parola e non le è consentito interrompere gli altri oratori in questo modo. La prego di osservare le regole. Onorevole Alfano, prego, continui. Le darò altri 30 secondi.
Sonia Alfano (ALDE). - Il 9 dicembre il Parlamento europeo festeggiava la Giornata contro la corruzione. Ieri il Parlamento italiano lanciava la prima giornata a favore della legalizzazione della corruzione dei deputati.
Presidente − Onorevole Ronzulli, glielo ripeto per l’ultima volta. Se si alza ancora e interrompe la seduta, le chiederò di lasciare la Camera. Sono stato chiaro? La smetta una volta per tutte.
Sirpa Pietikäinen (PPE). - (FI) Signor Presidente, con l’adozione del trattato di Lisbona, la Carta dei diritti fondamentali, ora vincolante per tutti, diventa uno dei cardini del benessere dei nostri cittadini. Il prossimo passo per le istituzioni europee è il controllo e la promozione dei diritti fondamentali in tutte le aree politiche dell’Unione e in tutti gli Stati membri nel modo più vincolante ed efficace possibile.
A questo scopo, è fondamentale che le persone e le istituzioni si adoperino per garantire l’avanzamento della direttiva sulla parità di trattamento, giunta a un punto di stallo al Consiglio, che ci doterà degli strumenti giuridicamente vincolanti per intervenire in caso di discriminazione negli Stati membri.
Vorrei aggiungere che è particolarmente importante intervenire sia nei casi di discriminazione silenziosa, che riguarda ad esempio gli anziani, sia in quelli di discriminazione manifesta.
Philip Claeys (NI). - (NL) Signor Presidente, naturalmente ho espresso voto contrario a questa relazione politicamente corretta. In qualità di nazionalista fiammingo, ritengo totalmente inaccettabile che il Parlamento associ automaticamente il nazionalismo alla xenofobia e alla discriminazione.
Ritengo sicuramente pericolosa la proposta di affiancare alle procedure di infrazione contro gli Stati membri una procedura che blocchi alcuni provvedimenti politici in attesa che la Commissione decida se è il caso di aprire una procedura formale di infrazione. Questo non porta a niente, se non a sorvegliare da vicino gli Stati membri. Non è una situazione accettabile.
In futuro la Commissione europea sarà in grado di bloccare un’efficace politica di espulsione e in questo modo si spingerà ben oltre i confini della sua autorità. L’attuazione e l’esercizio di questi compiti devono rientrare nelle competenze dei singoli Stati membri, non della Commissione europea.
Daniel Hannan (ECR). - (EN) Signor Presidente, nell’appendice a 1984, George Orwell scrisse un capitolo sulla “neolingua” nel quale descriveva come la lingua possa essere viziata e modificata, cambiando così il nostro pensiero. Addusse l’esempio della parola “libero”, che secondo lui poteva essere usata nella neolingua solamente in frasi come questo “cane è libero da pulci”, “questo campo è libero da erbacce”; poiché quindi non esistevano più parole per esprimerlo, il concetto di libertà intellettuale o politica si estinse. Questo esempio suona come un curioso presagio in quanto descrive all’incirca quello che è successo alla parola “libero” nel nostro tempo.
Il significato in origine era quello di libertà contro la coercizione dello Stato: libertà di parola, libertà di associazione, libertà di culto; ora esprime un diritto. Ho la libertà di lavorare, ho la libertà di usufruire del sistema sanitario nazionale o altro ancora. Questa relazione sui diritti umani ha traslato il concetto di diritto che, dal significato di garanzia di libertà personale, ha assunto il significato di rivendicazione. Anziché garantire i nostri diritti alla parità di trattamento sancisce i diritti alla diversità di trattamento. Non vi è una crisi dei diritti umani in Europa, bensì una crisi della democrazia che non supereremo con un passaggio di potere dai rappresentanti eletti ai giuristi non eletti.
***
Licia Ronzulli (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi scuso per prima, ma da italiana non posso sopportare un certo tipo di atteggiamento. Sono stufa perché l'onorevole Alfano continua a utilizzare minuti della dichiarazione di voto per raccontare menzogne, distorsioni della realtà su quello che accede in Italia. Ieri, al Parlamento italiano è stata votata la fiducia, con chiamata uninominale e in assoluta democrazia. Quindi rinuncio alla mia dichiarazione di voto dicendo che avevo votato a favore della relazione Juvin.
Mario Pirillo (S&D). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono anch'io convinto del ruolo importante che la pubblicità può svolgere per stimolare la concorrenza, la competitività tra aziende per diversificare l'offerta ai consumatori.
Occorre tuttavia che l'Europa riesca a regolamentare in termini più stringenti un settore che diversamente rischia di divenire sempre più invasivo, soprattutto a seguito dell'utilizzo delle nuove tecnologie. Sempre più spesso, infatti, il consumatore fornisce dati sensibili senza essere conscio degli effetti che ne derivano.
Per questo giudico positivamente la relazione del collega Juvin, anche in considerazione dell'attenzione prestata ai soggetti più vulnerabili, come i bambini, incapaci di autovalutare le offerte commerciali derivanti da una pubblicità sempre più aggressiva.
Sirpa Pietikäinen (PPE). - (FI) Signor Presidente, la pubblicità costituisce spesso un’utile fonte di informazioni per i consumatori e li aiuta a fare scelte consapevoli. L’industria ha avviato eccellenti procedure di autocontrollo sui codici di comportamento che stabiliscono che tipo di pubblicità può essere ammessa.
Negli ultimi anni però questa pratica è stata abbandonata. È facile notare infatti che la pubblicità utilizza i bambini e si rivolge a loro. Per questo ritengo che il Parlamento debba intervenire sulla questione e, in un secondo momento, valutare – sulla base di questa eccellente relazione – l’eventuale necessità di rivedere la direttiva e renderla più rigorosa.
Anna Maria Corazza Bildt (PPE). - (EN) Signor Presidente, la pubblicità è fondamentale per il buon funzionamento del mercato interno poiché promuove la concorrenza e offre ai consumatori la possibilità di scegliere. Ho votato a favore della relazione sulla pubblicità, in cui non vengono proposte nuove norme o una regolarità di diffusione, né controlli o limitazioni riguardo a Internet.
La relazione contribuisce ad accrescere la consapevolezza riguardo alla necessità di una pubblicità responsabile per contrastare le pratiche commerciali sleali in campo pubblicitario e rispettare i dati personali e la privacy dei consumatori.
Invito il mondo del commercio ad assumersi la sua parte di responsabilità attraverso l’autoregolamentazione e azioni spontanee volte a vietare la pubblicità ingannevole, occulta e invasiva. Faccio un appello speciale affinché i bambini siano liberati dalla pubblicità: smettetela di usare Batman, Spiderman e Bamse contro i nostri bambini.
Jim Higgins (PPE). – (EN) Signor Presidente, accolgo con favore la relazione Bendtsen, sulla quale ho espresso voto favorevole. Dobbiamo rimarcare l’importanza del risparmio energetico per la riduzione della domanda di energia e il raggiungimento dell’efficienza energetica nell’Unione europea. Parliamo spesso di fonti energetiche rinnovabili, ma dimentichiamo facilmente i nostri consumi di elettricità. Ho votato a favore di questa relazione poiché riveste una grande importanza e colgo l’occasione per complimentarmi con il relatore.
Jens Rohde (ALDE). - (EN) Signor Presidente, la prego di notare l’aggressione del collega italiano.
La scorsa settimana molte persone hanno affrontato il lungo viaggio fino a Cancún, ma non sono andate molto lontano nella lotta ai cambiamenti climatici. Il voto di oggi sull’efficienza energetica ci ha permesso di compiere un reale passo avanti. Come evidenzia giustamente la relazione, l’efficienza energetica rappresenta il modo più conveniente e rapido per ridurre le emissioni di CO2, ma i provvedimenti adottati negli Stati membri non sono assolutamente sufficienti. Osservando gli sforzi che stiamo compiendo oggi, possiamo prevedere di arrivare appena a metà strada rispetto all’obiettivo del 20 per cento entro il 2020. Abbiamo quindi bisogno di un obiettivo vincolante sull’efficienza energetica. Questa relazione contiene molte soluzioni; si tratta ora di attuarle. Colgo l’occasione per ringraziare l’onorevole Bendtsen e complimentarmi per l’eccellente lavoro svolto in questa relazione.
Radvilė Morkūnaitė-Mikulėnienė (PPE). - (EN) Signor Presidente, colgo l’occasione per complimentarmi con il relatore Bendtsen per questa importantissima relazione sulla revisione del piano d’azione per l’efficienza energetica. Ho votato a favore della relazione poiché ritengo sia importante non solo da un punto di vista economico ma anche alla luce della conferenza di Cancún. A Cancún siamo riusciti a trovare un terreno comune, consci della priorità di portare avanti il lavoro di riduzione delle emissioni di CO2 avviato dall’Unione europea. L’efficienza energetica è una delle strade più appropriate, ma gli Stati membri devono disporre di efficaci piani d’azione nazionali in questo settore, che includano meccanismi finanziari. È necessario un accordo tra Stati membri e Commissione europea sull’assistenza specifica. Tutti gli europei trarranno benefici da decisioni come quella di oggi, perché sono molti i settori coinvolti, quali i trasporti, le nuove tecnologie e l’efficienza degli edifici, nonché le infrastrutture produttive e di trasporto. Questo documento riunisce provvedimenti che mirano non solo a tutelare l’ambiente, ma anche ad assistere le economie nazionali.
Hannu Takkula (ALDE). - (FI) Signor Presidente, anch’io ho votato a favore della relazione dell’onorevole Bendtsen sull’efficienza energetica. All’interno dell’Unione europea il programma Europa 2000 ha definito il nostro impegno nei confronti dell’efficienza energetica, il risparmio energetico e l’uso delle fonti rinnovabili. Dobbiamo ricordarci però che quando ci prefiggiamo simili obiettivi, ognuno di noi si deve impegnare per la loro realizzazione. La situazione in Europa si è rivelata problematica perché, sebbene gli obiettivi fossero validi, gli Stati membri non si sono impegnati per raggiungerli.
Certamente si spera che i nostri discorsi su un utilizzo efficiente dell’energia non si fermino ai confini dell’Europa, ma si estendano anche oltre. L’efficienza energetica e i risparmi energetici non devono in alcun modo ostacolare la competitività: dobbiamo garantire la nostra concorrenzialità sui mercati globali, assicurando prosperità e competitività all’Europa. Come ho detto prima, è importante onorare gli impegni presi.
Sonia Alfano (ALDE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ritengo che l'Unione europea non possa tirarsi indietro nella sfida energetica che deciderà le sorti del pianeta.
Bisogna sfatare il mito che lo sviluppo economico di un paese sia strettamente collegato a un aumento dei consumi energetici. L'Europa deve essere pioniera di un nuovo modello economico sostenibile, basato su un minore utilizzo di risorse, energia compresa, con una produttività maggiore. Bisogna in tal senso sganciare la crescita economica dall'aumento di energia venduta alle industrie e ai cittadini e basarla su un aumento dei servizi energetici che creano occupazione ed efficienza energetica.
Per queste ragioni sono del parere che l'efficienza energetica rappresenti il percorso prioritario per il futuro dell'UE, sia a livello economico che a livello ambientale, e mi auguro che la Commissione prenda immediatamente le misure necessarie per realizzare gli obiettivi vincolanti che il Parlamento ha oggi fissato.
Sirpa Pietikäinen (PPE). - (FI) Signor Presidente, ho votato a favore di una politica più vincolante e ambiziosa in questo piano d’azione per l’efficienza energetica e sono molto soddisfatta della posizione finale assunta dal Parlamento sulla questione.
Gli impegni e le dichiarazioni internazionali non bastano a prevenire i cambiamenti climatici: è necessario formulare una soluzione pratica per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni. Il miglioramento dell’efficienza energetica costituisce un progetto fondamentale nell’ambito di questa sfida. Per realizzarlo abbiamo bisogno di una politica ampia e organica a favore dell’efficienza energetica, che sia vincolante e, se necessario, sostenuta finanziariamente, e che preveda sanzioni. Questo piano d’azione è un passo importante in questa direzione.
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Presidente − Onorevole Silvestris, sta applaudendo o il suo è un richiamo al regolamento durante le dichiarazioni di voto? È una cosa insolita, ma proceda pure.
Sergio Paolo Francesco Silvestris (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ovviamente sto applaudendo, approfittando anche per fare un richiamo al regolamento.
Signor Presidente, intende prendere provvedimenti anche contro quei colleghi che – bontà loro! – usano il tempo a loro disposizione per offendere i governi del loro paese?
C'è stato un collega che, in sua presenza, ha appena offeso il governo italiano che ieri aveva ottenuto la fiducia del Parlamento italiano, così come gode di quella dei cittadini italiani. Questo può dispiacere al collega in questione, ma è un problema suo, che può risolvere con i suoi amici. Dunque, questo collega ha approfittato del suo tempo qui per offendere il governo del suo paese, che è anche il mio, anziché fare la sua dichiarazione di voto.
Signor Presidente, le chiedo se lei intende tollerare queste cose malgrado il regolamento, perché se è così io ora mi iscrivo a tutte le prossime dichiarazioni di voto per parlare a favore del governo che legittimamente, col consenso del paese e del Parlamento, guida l'Italia.
Presidente − Spero che apprezzerà il fatto che le abbia dato la parola nonostante lei non abbia fatto un vero richiamo al regolamento. Il mio compito non è controllare ciò che dicono i deputati, ma garantire che parlino nei tempi che sono loro concessi, invece di interrompersi a vicenda in un modo che definirei piuttosto sgarbato e rumoroso. Grazie per il suo commento. In qualità di Presidente, esigerò che i deputati mantengano un comportamento civile verso i colleghi e mi adopererò affinché vengano osservati i limiti di tempo previsti. Quanto i deputati dicono in Aula, in un’Aula democratica come questa, è affar loro e non mi riguarda.
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Seán Kelly (PPE). – (GA) Signor Presidente, vorrei fare alcune considerazioni su questa questione.
(EN) Ritengo che finora nella lotta ai cambiamenti climatici sia stato dato risalto quasi esclusivamente alle energie rinnovabili che rivestono certamente una grande importanza. A mio avviso però si potrebbe fare molto di più nell’ambito dell’efficienza energetica e accolgo quindi con favore questa relazione.
Per quanto riguarda gli edifici, si potrebbe fare davvero molto di più, e mi riferisco in particolare a questo edificio, agli edifici a Bruxelles e a molti altri edifici pubblici. È fondamentale aumentare la loro efficienza energetica e lo stesso vale anche per tanti mezzi di trasporto. Pensiamo ai consumi stratosferici di alcuni enormi motori diesel. I produttori dovrebbero essere obbligati a renderli più efficienti da un punto di vista energetico.
Un gruppo in particolare però merita un plauso. Nel mio paese le scuole svolgono un lavoro meraviglioso nell’ambito della bandiera verde, che andrebbe riconosciuto e incoraggiato perché permette di accostarsi ai bambini e ai loro genitori e costruire un atteggiamento positivo.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) La prassi di bilancio dell’Unione europea soddisfa una serie di principi, tra cui quello di specializzazione: una somma allocata a una determinata politica può essere utilizzata esclusivamente a favore della stessa. Questo principio, assieme ad altri, garantisce una buona gestione finanziaria dell’Unione, rendendo però inflessibile il bilancio. Il bilancio annuale e il quadro finanziario pluriennale, però, non possono prevedere tutte le spese che l’Unione dovrà affrontare. Per questo motivo, già da qualche anno, è stato attivato lo “strumento di flessibilità”: una riserva finanziaria inclusa nel bilancio annuale che consente di finanziare politiche e progetti il cui costo non era previsto. La relazione Böge incentiva il ricorso allo strumento di flessibilità per il finanziamento del programma per l'apprendimento permanente, del programma per la competitività e l'innovazione e per l’assistenza finanziaria a favore della Palestina. Non esito a votare a favore del presente testo, poiché sono fermamente convinta dell’effetto positivo esercitato dall’Unione in queste tre aree.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. − (LT) Concordo con la decisione del Parlamento europeo di allocare ulteriori risorse per l’attuazione del programma per l’apprendimento permanente e del programma per la competitività e l’innovazione nel 2011. Tramite tali programmi, infatti, è possibile raggiungere l’obiettivo sancito nella strategia di Lisbona: trasformare l’Unione europea nell'economia basata sulla conoscenza più competitiva del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale.
Al fine di migliorare la competitività internazionale dell’Unione è necessario prestare particolare attenzione alle piccole e medie imprese, fornendo loro l’assistenza e il sostegno finanziario necessari. Gli investimenti nell’innovazione verde e la ricerca scientifica stimolerebbero inoltre l’uso di fonti di energia rinnovabili, con una conseguente creazione di nuovi posti di lavoro sostenibili in vari settori, come quello energetico, manifatturiero e dei trasporti.
Bastiaan Belder (EFD), per iscritto. − (EN) La relazione Böge non potrà contare sul mio sostegno. La proposta della Commissione europea manca di una giustificazione appropriata per quanto riguarda questo finanziamento supplementare. In generale, non sono a favore dell’uso dello strumento di flessibilità; è auspicabile ridurre altre linee di bilancio per permettere il finanziamento di ambiti in cui siano necessarie spese supplementari.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Lo strumento di flessibilità consente il finanziamento di spese chiaramente identificate che non potrebbero essere finanziate all’interno dei massimali disponibili di una o più rubriche del quadro finanziario pluriennale. Il suo utilizzo nell’ambito del bilancio 2011 è pertanto legato alla necessità di finanziare il programma per l’apprendimento permanente e il programma per la competitività e l’innovazione (nell’ambito della strategia Europa 2020), l’assistenza finanziaria a favore della Palestina, del processo di pace e dell'UNRWA (Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei profughi palestinesi nel Vicino Oriente). In virtù dell’importanza di questi programmi, voto a favore della proposta.
Mario Mauro (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione Böge sulla mobilitazione dello strumento di flessibilità in favore del programma per l'educazione e la formazione durante tutto l'arco della vita, del programma per la competitività e l'innovazione e la Palestina dev’essere senza dubbio valutata in modo positivo dal parlamento. Concordo con la necessità e la conseguente allocazione di alcune risorse supplementari, eccedenti il massimale della rubrica 1 e 4. Vista la situazione economica attuale, si tratta di spese vitali sotto diversi punti di vista, per combattere la crisi, ma anche per la nostra credibilità internazionale.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) È inammissibile che siano raggruppati in un solo testo l’assistenza finanziaria a favore della Palestina, i programmi per l’istruzione e la formazione e quelli a servizio della competitività e della libera concorrenza. L’intento malizioso è palese e questa combinazione mi impone l’astensione. Ribadisco il mio pieno sostegno alla causa del popolo palestinese.
Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. – (ES) Ho votato a favore della presente relazione per garantire la mobilitazione dei fondi europei, per un totale di circa 70 milioni di euro, in stanziamenti di impegno e di pagamento provenienti dal Fondo di solidarietà dell’Unione europea per le calamità naturali in Portogallo (paese che ha presentato una richiesta di fondi in seguito alla catastrofe causata dagli smottamenti e dalle inondazioni sull’isola di Madeira) e in Francia (che richiesto la mobilitazione del Fondo in seguito alla catastrofe causata dalla tempesta Xynthia). Dobbiamo mostrare il nostro sostegno a questi Stati membri, affinché possano affrontare e ridimensionare le conseguenze dei fenomeni naturali che li hanno colpiti. Il Fondo di solidarietà dell’Unione europea è stato creato per dimostrare solidarietà alle popolazioni delle regioni devastate da catastrofi; ho votato a favore della presente relazione perché richiede la mobilitazione di fondi a tale scopo e mira a un uso corretto del meccanismo disponibile.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Le cifre riportate nella relazione Böge sono assolutamente utopistiche. A prescindere dal fatto che l’attuale Quadro finanziario dovrebbe essere ampiamente sufficiente per il raggiungimento degli obiettivi, un eventuale incremento dovrebbe prevedere somme nettamente inferiori. L’adeguamento del quadro finanziario proposto dalla relazione non aumenta la flessibilità dell’Unione ma la riduce; per questo motivo, ho votato contro la presente relazione.
Wojciech Michał Olejniczak (S&D), per iscritto. – (PL) Mi rallegra l’accordo raggiunto dal Parlamento europeo e dal Consiglio sul finanziamento del programma per l’apprendimento permanente e per la competitività e l’innovazione. Desidero soffermarmi sul primo, costituito a sua volta da quattro programmi settoriali. Dal mio punto di vista, è particolarmente significativo l’Erasmus, che facilita lo scambio universitario su grande scala, estremamente importante per l’acquisizione di nuove competenze e abilità, per fare nuovi incontri e conoscere le culture degli Stati membri. Il programma Comenius svolge un ruolo simile per l’età scolare.
Questi programmi non solo giovano all’economia europea, ma garantiscono anche la creazione di una cognizione europea basata su una rete di conoscenze internazionali. Essi dovrebbero godere di una priorità elevata, a prescindere dalla situazione del bilancio; sono un investimento di cui l’Unione potrà beneficiare in molti ambiti, non solo a livello economico ma anche in ambito culturale e politico. L’assistenza finanziaria a favore della Palestina è importante per altri motivi, e ritengo che anch’essa sia giustificata.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − La Commissione Europea ha presentato una proposta di mobilitazione dello strumento di flessibilità nell’ambito della nuova “manovra” di bilancio per il 2011, successiva al fallimento della Conciliazione. Ho votato a favore soprattutto perché l'aumento riguarda due programmi quali il "Lifelong Learning" e i programmi "Competitività e Innovazione" (CIP) che meritano il più grande sostegno e le più ampie risorse da parte dell'UE. Lo strumento di flessibilità è previsto dall’Accordo Interistituzionale sulla disciplina di bilancio e consente, previo accordo dei due rami dell’Autorità di bilancio (Parlamento Europeo e Consiglio) il finanziamento, oltre i massimali delle Prospettive Finanziarie, di esigenze non prevedibili al momento della fissazione del quadro finanziario pluriennale per un ammontare massimo di 200 000 000 euro l’anno. Si tratta di un importante risultato per il PE, in quanto segna un successo nel dialogo col Consiglio nel contesto del bilancio.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Accolgo favorevolmente l’accordo raggiunto in fase di conciliazione sull’utilizzo dello strumento di flessibilità per finanziare, in particolare, il programma per l’apprendimento permanente. Credo sia estremamente importante che l’Unione europea investa nell’istruzione di qualità e nella formazione e incoraggi l’eccellenza. Solo il rigore e l’insegnamento di qualità possono rendere l’Europa più competitiva.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) L'accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 autorizza il ricorso allo strumento di flessibilità per consentire il finanziamento di spese chiaramente identificate che non potrebbero essere finanziate all'interno dei massimali disponibili di una o più rubriche del quadro finanziario pluriennale. Per il bilancio 2011 occorre una spesa supplementare che superi i massimali della rubrica 1a e della rubrica 4. Si propone pertanto di attivare lo strumento di flessibilità, conformemente al punto 27 dell'accordo interistituzionale. È necessario mobilitare i seguenti importi: 18 milioni di euro a favore del programma per l'apprendimento permanente a titolo della rubrica 1a; 16 milioni di euro a favore del programma per la competitività e l'innovazione a titolo della rubrica 1a; 71 milioni di euro a favore della Palestina a titolo della rubrica 4. Si rammenta ai due rami dell'autorità di bilancio che la data di pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea non deve essere successiva a quella di pubblicazione del bilancio 2011.
Progetto di bilancio generale dell'Unione europea per l'esercizio 2011 quale modificato dal Consiglio
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Il bilancio comunitario per il 2011 presenta 141,8 miliardi di spesa per le autorizzazioni e 126,5 miliardi di spesa per i pagamenti. Il Parlamento ritiene prioritari l’approvazione e il rafforzamento dei finanziamenti indirizzati all’istruzione e all’innovazione. Nell’ambito della rubrica 1a (competitività per la crescita e l’occupazione), si registra dunque un aumento pari a 18 milioni di euro per il programma per l’apprendimento permanente e nella rubrica 3b (cittadinanza) sono previsti ulteriori 3 milioni di euro per il programma “Gioventù in azione”.
Mi rallegra l’impegno preso dalle prossime quattro presidenze dell’UE (Ungheria, Polonia, Danimarca e Cipro) per coinvolgere il Parlamento europeo nelle discussioni future e nei negoziati sul quadro finanziario pluriennale (QFP).
Accolgo favorevolmente l’impegno della Commissione europea a presentare una proposta formale verso la fine di giugno 2011, volta a garantire che le proposte relative alle proprie risorse siano discusse contestualmente al QFP. Il coinvolgimento del Parlamento europeo in tali questioni è sancito anche dal trattato di Lisbona (articoli 312, n. 5, 324 e 311).
Spero che il voto all’unanimità richiesto al Consiglio per l’adozione del quadro finanziario pluriennale e per le nuove risorse proprie non si trasformi in un blocco.
Bogusław Liberadzki (S&D), per iscritto. – (PL)
Il Consiglio e il Parlamento europei hanno raggiunto un accordo sul bilancio per il 2011. Ho votato a favore dell’adozione del bilancio in considerazione dei principi politici e istituzionali retrostanti, che mirano, tra l’altro, a rafforzare il ruolo del Parlamento europeo nei negoziati sul nuovo quadro finanziario dopo il 2013 e la partecipazione alla discussione sulle nuove entrate, tra cui l’eurotassa. Un ulteriore vantaggio è costituito dalla maggiore flessibilità del bilancio in caso di imprevisti. Abbiamo scongiurato il rischio di operare basandoci su un bilancio di previsione e di paralizzare in modo significativo il lavoro dell’Unione. Si tratterebbe di una situazione particolarmente controproducente, soprattutto in un momento in cui è necessario lottare intensamente contro la crisi economica e attuare il trattato di Lisbona. Dobbiamo molto alla posizione del gruppo dell'Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento europeo.
Bogusław Sonik (PPE), per iscritto. – (PL) L’adozione del bilancio 2011 dimostra che è possibile trovare un compromesso nell’Unione europea. Il progetto del piano finanziario per il 2011 è stato accettato e approvato grazie all’impegno di tutte le istituzioni che hanno contribuito a elaborarlo. Questo compromesso dovrebbe essere apprezzato in modo particolare, perché le procedure decisionali derivanti dall’entrata in vigore del trattato di Lisbona sono nuove e, per la prima in assoluto, il Parlamento europeo ha partecipato a una decisione congiunta sulla spesa, sullo stesso piano del Consiglio e della Commissione. Forse non si tratta del bilancio ideale, ma le spese sono state allocate in modo intelligente e coprono tutte le priorità dell’Unione. Votando a favore dell’adozione del bilancio 2011 ho espresso anche il mio sostegno per lo sviluppo e per l’integrazione europea.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della presente relazione perché il bilancio comunitario per il 2011, presentato dalla commissione parlamentare per i bilanci durante la tornata, incrementa i finanziamenti destinati alle priorità sancite dal Parlamento europeo (l’istruzione, l’innovazione, il processo di pace in Medio Oriente e in Palestina, il programma per l’apprendimento permanente, il programma di ricerca “Persone” e il programma per la competitività e l’innovazione). Desidero congratularmi con il Parlamento, il Consiglio e la Commissione per aver trovato un accordo sulla stesura di eventuali bilanci rettificativi nel 2011, qualora si rivelassero necessari stanziamenti supplementari per ottemperare agli obblighi giuridici dell’Unione europea, poiché dal punto di vista giuridico, il bilancio UE non può essere in deficit. Oltre al bilancio, il Parlamento aveva presentato alcune richieste circa l’attuazione delle disposizioni del trattato di Lisbona e, nella fattispecie, di un nuovo sistema di risorse proprie. La Commissione europea ha annunciato un’iniziativa formale prevista per la fine di giugno 2011, assicurando che le proposte relative alle risorse proprie saranno discusse contemporaneamente alle future prospettive finanziarie.
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della presente risoluzione e del bilancio UE per il 2011. Accolgo favorevolmente l’accordo finalmente raggiunto tra Consiglio, Commissione e Parlamento; spero sia un bilancio sostenibile, pienamente e prevedibilmente attuabile sin dall’inizio dell’esercizio finanziario. Con l’adozione della presente risoluzione, il Parlamento europeo garantisce il finanziamento e la continuità del bilancio concordato dal Consiglio e dalla commissione per i bilanci. È necessario allocare più fondi all’istruzione, alla ricerca e all’innovazione: l’Unione deve aumentare la propria efficienza e competitività per sollevarsi dalla crisi economica e finanziaria. In vista di tale obiettivo, l’UE deve elaborare una strategia a lungo termine e il presente bilancio dovrebbe farne parte.
Charalampos Angourakis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) L’approvazione del bilancio comunitario per il 2011 da parte del Parlamento europeo, a pochi giorni dal rifiuto, dimostra che siamo in presenza di un gioco volto al disorientamento, a partire dalla vera essenza del bilancio: fare gli interessi della grande industria nel tentativo di accollare il fardello della crisi economica ai lavoratori, aumentando interventi sempre più imperialisti. Allo stesso tempo, questo gioco ben ideato sottolinea la competizione tra gli imperialisti e gli organi comunitari, che stanno sgomitando per aggiudicarsi la palma di miglior servitore degli interessi della plutocrazia dopo l’adozione del trattato di Lisbona. Qualche tempo fa si era già presa la decisione di ridurre gli stanziamenti minimi che potevano essere allocati ad agricoltori, lavoratori e liberi professionisti in difficoltà e di aumentare quelli incanalati direttamente ai gruppi di monopolio, a servizi e infrastrutture per gli interventi civili-militari e alla persecuzione e repressione della classe lavoratrice e dei movimenti popolari.
I portavoce politici del capitale non riusciranno a sottrarsi alle calunnie con trucchi come questo, il loro ruolo è sempre più chiaro. La classe lavoratrice e il popolo si stanno avviando alla lotta contro le politiche dell’Unione europea e dei governi borghesi, creando nuove prospettive per un’economia popolare che sia a servizio loro, non del capitale.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Il bilancio annuale per il 2011 ha nuovamente richiesto negoziati politici veri e propri tra gli europarlamentari e i governi degli Stati membri. Dato l’attuale scenario di tagli al bilancio, il Consiglio dell’Unione europea, portavoce dei governi degli Stati membri, desiderava che l’Unione prendesse parte alle misure di austerità che i paesi si stanno autoimponendo. Sebbene il Parlamento europeo, come la Commissione, preferisse che la crisi venisse affrontata con politiche di tipo volontaristico, si è schierato con il Consiglio, mostrando solidarietà agli Stati membri. In cambio di questa concessione, il Parlamento ha chiesto una discussione sulle risorse dell’Unione e, in particolare, sulla possibilità di avere fondi propri, indipendentemente dai contributi degli Stati membri. Il Consiglio si è dimostrato dapprima intransigente, per poi cedere a queste richieste legittime. Per questo motivo, io e i miei onorevoli colleghi abbiamo concesso il nostro appoggio al presente bilancio, la cui ambizione è limitata al breve termine, ma permette di aprire prospettive future alle politiche dell’Unione.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. − (LT) Ho votato a favore del bilancio per il 2011, rafforzato dalle nuove procedure sancite nel trattato di Lisbona. I negoziati lunghi e complessi necessari al raggiungimento di un accordo dimostrano che, con l’entrata in vigore dei nuovi principi di bilancio, saremo costretti a trovare compromessi istituzionali razionali sulle aree più importanti della politica europea. Per la prima volta dall’attuazione del nuovo trattato il Parlamento europeo ha fatto uso dei poteri conferitigli per partecipare a pieno titolo nella redazione del bilancio dell’Unione. Il primo tentativo fallimentare di raggiungere un accordo tenendo conto delle legittime richieste del Parlamento testimonia un conflitto ancora presente tra le istituzioni, che però non dovrebbe esistere, in quanto ostacola un’efficiente cooperazione interistituzionale. L’obiettivo delle istituzioni europee è garantire l’adozione efficiente di accordi particolarmente importanti per l’UE e i suoi cittadini. Ritengo dunque che in futuro siano necessari cambiamenti radicali nei principi operativi delle istituzioni e che si debba attribuire importanza all’inclusione del Palamento a tutti i livelli dei negoziati, affinché vengano applicati i principi di democrazia rappresentativa.
Dominique Baudis (PPE), per iscritto. – (FR) L’Unione europea deve avere un bilancio all’altezza delle proprie ambizioni, non deve lasciarsi condizionare dalla crisi e affrontare invece sfide di fronte a cui si trova. Con il trattato di Lisbona, il Parlamento opera sullo stesso piano del Consiglio ed è diventato una forza proattiva. Ho votato a favore del bilancio 2011 poiché, in quanto europarlamentari, dobbiamo indirizzare l’Europa verso una linea politica chiara. Nel 2011 l’Unione si concentrerà sulle priorità stabilite e sarà in grado di correggere verso l’alto il fabbisogno finanziario necessario per l’attuazione delle sue nuove competenze. Il Parlamento è riuscito a ottenere un notevole impegno da parte degli Stati membri nonostante la difficile situazione economica.
Su proposta del Parlamento, la Commissione avvierà nel 2011 una discussione sulle diverse risorse proprie, necessarie per l’autonomia finanziaria dell’Europa in futuro. Mi preoccupa tuttavia che il Parlamento non abbia raggiunto un consenso circa il finanziamento supplementare di cui avrà bisogno il progetto ITER a partire dal 2012. Il reattore termonucleare sperimentale, progetto faro della ricerca internazionale e simbolo di dinamismo scientifico europeo, avrebbe potuto beneficiare di una parte eccedente e inutilizzata del bilancio 2011.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR), Dopo aver dato buona prova di sé nei negoziati con il Consiglio sul bilancio 2011, sulle condizioni per l’elaborazione del nuovo quadro finanziario pluriennale e sulle risorse proprie dell’Unione, il Parlamento ha perso la battaglia. Adottando il bilancio 2011 durante la sessione plenaria di dicembre, abbiamo dato ragione al Consiglio. Le preoccupazioni del Parlamento non riguardavano le spese, ma le esigenze politiche; non abbiamo dimenticato le sette rivendicazioni adottate durante la precedente sessione plenaria. È positivo che la Commissione presenti una proposta nella primavera 2011 circa le risorse proprie. Il Parlamento sarà incluso in tali discussioni e in quelle relative all’elaborazione delle prospettive finanziarie. Le modalità devono essere ancora definite: la lotta per il rispetto della codecisione in quest’ambito è appena iniziata.
Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. – (RO) L’adozione del bilancio UE per il 2011 da parte del Parlamento dimostra che, grazie al dialogo tra la Commissione e il legislativo, è possibile trovare soluzioni che tengano conto degli interessi reciproci. La Commissione ha compreso che il Parlamento ha ora una voce più forte in merito alle finanze europee e ha deciso, in un secondo tempo, di rispettare questa situazione. In termini pratici, il bilancio rimane nei limiti stabiliti dal Consiglio, ma include anche alcune priorità legislative. Prima di raggiungere l’accordo, si era in presenza di una serie di strategie e programmi che non rientravano nelle previsioni di bilancio per l’anno successivo. Essi non possono tuttavia rimanere solo su carta poiché servirebbero solo a sottolineare l’incoerenza e la mancanza di fiducia negli atti adottati dall’Unione europea stessa.
Senza i fondi necessari non è possibile elaborare programmi a favore dei giovani, dell’innovazione e della ricerca, così come non è possibile svolgere un ruolo di primo piano nella politica estera a livello mondiale. Il Parlamento ha dimostrato al Consiglio la necessità di effettuare valutazioni regolari sui benefici della nuova legislazione e sui relativi finanziamenti. In qualità di rappresentanti eletti direttamente dai cittadini europei, dobbiamo garantire che i soldi dei contribuenti siano ben spesi.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Sono lieta dell’odierna approvazione del bilancio perché conserva le priorità adottate dal Parlamento a ottobre, volte a rafforzare aree chiave quali l’istruzione, i giovani, la ricerca e l’innovazione. È fondamentale fornire all’UE un bilancio sostenibile che possa essere attuato in modo completo e prevedibile sin dall’inizio dell’esercizio finanziario, a differenza del regime dei dodicesimi provvisori, che metterebbe a rischio l’attuazione delle politiche. In tempi di crisi è importante redigere un bilancio lungimirante, che rafforzi aree fondamentali per la crescita economica e la creazione di nuovi e migliori posti di lavoro, come la scienza e l’innovazione. Solo con un bilancio ambizioso potremo dare il via a una ripresa economica in Europa.
Frédéric Daerden (S&D) per iscritto. – (FR) Il bilancio 2011 è stato approvato con sentimenti contrastanti: responsabilità, amarezza e convinzione. Responsabilità: il gruppo dell'Alleanza progressista di Socialisti e Democratici e il Parlamento europeo si sono assunti le proprie responsabilità votando a favore del presente bilancio per evitare un blocco istituzionale e il ricorso al regime dei dodicesimi provvisori. Amarezza: la codecisione nelle questioni di bilancio è una battaglia persa in partenza. Nonostante le concessioni accordate dal Parlamento, alcuni Stati membri che, a differenza mia, non credono nel valore aggiunto del bilancio europeo, sono rimasti inflessibili. Convinzione: il futuro dell’Unione dipende dalle nuove risorse proprie e dalla tassa sulle transazioni finanziarie. Abbiamo bisogno della Commissione e del suo impegno se vogliamo trasformare questo obiettivo fondamentale in realtà. Ci servono agevolazioni al commercio e ai trasporti (TTF) e un bilancio per il 2011, pertanto mi sono astenuto sull’emendamento in materia rimesso in discussione dai Verdi, simbolico ma irresponsabile. Le agevolazioni al commercio e ai trasporti sono troppo importanti perché si scherzi con strategie politiche che fanno ricorso a emendamenti non propri e che prevedono una linea di bilancio pari a zero. Questo emendamento, di origine socialista, si prefiggeva di far avanzare la presente discussione durante le procedure di bilancio, ma l’adozione odierna avrebbe comportato un’Unione senza bilancio.
Christine De Veyrac (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore di un bilancio con un incremento quasi nullo rispetto al 2010 per dimostrare che il Parlamento può dare prova di maturità e responsabilità in un momento di crisi economica che blocca fortemente i governi nazionali. Non è opportuno aumentare il bilancio 2011 quando la maggior parte degli Stati membri attraversa un periodo di severi controlli. Sono lieta che i difficili negoziati tra le varie istituzioni abbiano portato a un compromesso, evitando così una crisi di bilancio per il 2011.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione Jędrzejewska-Trüpel perché rafforza il finanziamento di aree definite prioritarie dal Parlamento europeo: l’istruzione, l’innovazione, la competitività e la coesione per la crescita e l’occupazione, così come la conservazione e la gestione delle risorse naturali.
Göran Färm (S&D), per iscritto. − (SV) Noi socialdemocratici svedesi oggi abbiamo votato a favore del progetto di bilancio generale dell’Unione europea per l’esercizio finanziario 2011. Si tratta di un bilancio sobrio, che comprende però anche investimenti importanti per la ricerca, le iniziative per i giovani e gli aiuti a favore della Palestina, e che consente di creare un nuovo servizio europeo per l’azione esterna e di stabilire nuove autorità per il controllo finanziario.
Ci siamo astenuti tuttavia dal voto sul testo e sulle linee di bilancio proposte per le risorse proprie dell’Unione. Siamo a favore di una revisione del sistema di risorse proprie e del vaglio di una tassa sulle transazioni finanziarie, ma le informazioni attualmente disponibili sono troppo ridotte per prendere una posizione in merito.
A prescindere dalla forma che potrebbe assumere il nuovo sistema per le entrate dell’Unione europea, desideriamo sottolineare che deve essere neutrale rispetto al bilancio e che deve rispettare le competenze degli Stati membri in materia di tassazione.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Il bilancio per il 2011 sarà il primo a essere approvato dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona. Sebbene il presente accordo (raggiunto nell’ambito della nuova procedura di codecisione) non affronti tutte le preoccupazioni del Parlamento, costituisce la base di una comprensione comune circa le priorità di bilancio dell’Unione. Alla luce delle nuove sfide, è fondamentale che ci sia una struttura che permetta alla Commissione di modificare il bilancio laddove i finanziamenti stabiliti siano insufficienti per il raggiungimento degli obiettivi strategici nell’ambito delle priorità stabilite nella strategia Europa 2020.
Sarà compito del Parlamento europeo e del Consiglio trovare terreno comune per una risposta rapida ed efficace, creando le condizioni per un’Unione più egualitaria e competitiva, all’altezza delle nuove sfide.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il risultato della discussione sul bilancio per il 2011 era prevedibile (prendendo in considerazione le responsabilità del Consiglio e dei principali gruppi politici del Parlamento), sia per la definizione e l’approvazione dell’attuale quadro finanziario pluriennale, sia per l’approvazione dei bilanci che questo dovrà coprire.
Quello che questo accordo non cancella, e anzi rafforza, sono le numerose critiche nei confronti del bilancio in questione, su cui abbiamo sorvolato. Dato il deterioramento della crisi economica e sociale, della disoccupazione e delle condizioni di vita di milioni di cittadini (cui contribuiscono in modo significativo i piani di terrorismo sociale che l’Unione intende imporre agli Stati membri), riscopriremo ancora una volta cosa significa la decantata espressione solidarietà europea: un bilancio che non supera l’1 per cento del RNL (reddito nazionale lordo), incapace di assolvere alla sua funzione di redistribuzione della ricchezza, di garantire una coesione economica e sociale e che, senza dubbio, accentuerà gli effetti negativi delle politiche europee. Esiste un’alternativa a questo bilancio, che non solo è possibile, ma è necessaria: si deve incrementare in modo significativo il bilancio comunitario sulla base dei contributi equi degli Stati membri, in linea con il proprio RNL.
Pat the Cope Gallagher (ALDE), per iscritto. – (GA) Accolgo favorevolmente l’accordo raggiunto tra il Parlamento europeo e i governi dei 27 Stati membri, in particolar modo perché senza di esso verrebbero ritardati i pagamenti destinati agli agricoltori irlandesi per il prossimo anno.
Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (S&D), per iscritto. – (PL) L’eventuale introduzione di un bilancio di previsione per il 2011 ha portato il Parlamento e il Consiglio a intensificare le discussioni; il risultato (il progetto di bilancio per cui si è votato oggi) può essere considerato un compromesso pragmatico. I negoziati tra le istituzioni hanno consentito di includere molte proposte del Parlamento; il Consiglio ci ha garantito che si mostrerà collaborativo durante l’elaborazione del quadro finanziario per il 2014-2020, rispettando le disposizioni del trattato di Lisbona. Il Parlamento ha raggiunto un accordo su tale questione anche con i Primi ministri di Ungheria, Polonia, Danimarca e Cipro, gli Stati membri che nei prossimi due anni ricopriranno la Presidenza del Consiglio dell’UE. Accogliamo favorevolmente la decisione del Consiglio di mantenere il meccanismo di flessibilità nel bilancio dell’Unione a un livello dello 0,03 per cento del PIL dell’UE. Questi fondi permetteranno di sovvenzionare spese fondamentali non previste durante i negoziati sul precedente quadro finanziario, come il servizio europeo per l’azione esterna e il sistema Galileo. Il Parlamento ha concesso il rinvio della discussione sulle future fonti finanziarie dell’Unione europea, un punto richiesto anche dalla Commissione. L’idea di utilizzare i contributi nazionali a favore del bilancio dell’Unione non è stata accolta favorevolmente da un gruppo di Stati membri che temeva la reazione dell’opinione pubblica. Ritorneremo certamente su questa discussione nell’estate del 2011, quando la Commissione presenterà le nuove opzioni per il finanziamento dell’UE.
Julie Girling (ECR), per iscritto. − (EN) (a nome della delegazione dei Conservatori del Regno Unito) I Conservatori del Regno Unito oggi hanno votato contro l’aumento 2,9 per cento del bilancio. Riteniamo che, in un momento in cui i governi nazionali cercano di ridurre il proprio deficit e di migliorare la situazione economica, sia poco opportuno richiedere l’aumento della spesa europea. Il bilancio UE non può, come sostengono alcuni europarlamentari, essere utilizzato in modo supplementare ai bilanci nazionali in un periodo di austerità; esso dovrebbe piuttosto rispecchiare la difficile situazione in cui versano gli Stati membri. Per questo motivo, i Conservatori hanno proposto un emendamento volto a congelare a lungo termine i pagamenti sui livelli del 2010, una decisione che rassicurerebbe i cittadini sul fatto che l’Unione europea stia svolgendo il proprio ruolo per riportare la spesa pubblica a lungo termine sotto controllo e per renderla più sostenibile.
Estelle Grelier (S&D), per iscritto. – (FR) L’adozione odierna del bilancio per il 2011 ha sottolineato il duplice fallimento del Parlamento. Il bilancio adottato è troppo esiguo: +2,91 per cento, molto meno rispetto alla prima lettura (+6 per cento) e alla proposta iniziale della Commissione (+5,8 per cento). Le cifre adottate sono quelle proposte del Consiglio, senza alcun margine di negoziazione, e sono poco rassicuranti in termini di negoziabilità di bilanci futuri. Sin dall’entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Parlamento ha lavorato con il Consiglio sulle questioni di bilancio seguendo la procedura di codecisione: senza impegni prestabiliti sul ruolo del Parlamento nell’elaborazione del prossimo quadro finanziario e nella riflessione circa le nuove risorse proprie, rischiamo che il Consiglio abbia un ruolo da regista sul futuro del progetto europeo. Data la posizione di alcuni Stati membri, sussiste il reale rischio di paralizzare tale progetto. Sono costernata in particolar modo dall’atteggiamento degli europei quando, all’inizio dei negoziati, erano pronti a ritirarsi nell’istante in cui capi di Stato o di governo hanno iniziato a far squillare i telefoni. Ciascuno si farà la propria idea sulla coerenza politica di tale inversione di rotta.
Małgorzata Handzlik (PPE), per iscritto. – (PL) Accolgo favorevolmente l’adozione, con una chiara maggioranza di voti, del bilancio UE per il 2011. L’accordo raggiunto da Parlamento e Consiglio scongiura il ricorso al bilancio di previsione, che potrebbe minare il perseguimento delle politiche agricole e di coesione dell’Unione. Questa notizia è particolarmente positiva per le autorità locali polacche, così come per gli agricoltori e per gli imprenditori che si avvalgono con frequenza dei fondi dell’Unione perché, nonostante la crisi economica, i fondi subiranno un incremento pari al 2,91 per cento rispetto al 2010. Sono a favore dell’aumento delle risorse per le aree prioritarie individuate dal Parlamento: giovani, istruzione, ricerca e innovazione.
Constance Le Grip (PPE) , per iscritto. – (FR) Ho votato a favore del nuovo bilancio e sono lieta che le istituzioni europee abbiano finalmente trovato un terreno comune. Tramite questo voto, il Parlamento europeo cerca di fornire all’Unione un bilancio solido, che possa essere introdotto immediatamente all’inizio del 2011, senza ricorrere al regime dei dodicesimi provvisori, che avrebbe messo a rischio l’attuazione di molte politiche europee. Trovo tuttavia sconvenienti la mancanza di flessibilità che questo bilancio impone e la scelta effettuata da alcuni gruppi politici, in particolare dai socialisti, di mettere in pericolo ITER (l’unico progetto di ricerca importante a lungo termine in cui l’Unione europea svolge un ruolo primario), rimandando il voto sul suo finanziamento. Rinunciando ai 600 milioni di euro disponibili per il finanziamento del progetto ITER in uno scenario di crisi e di difficoltà economica, i socialisti hanno mostrato la propria irresponsabilità e incoerenza, mettendo a rischio un progetto strategico che crea posti di lavoro.
Elżbieta Katarzyna Łukacijewska (PPE), per iscritto. – (PL) Sono lieta che, nonostante le numerose complicazioni, sia stato possibile raggiungere un accordo e adottare il bilancio UE per il 2011 dopo gli emendamenti del Consiglio. È una decisione molto importante, non solo perché si è evitato il bilancio di previsione, ma soprattutto perché possiamo programmare con certezza le spese per la politica di coesione, che è fondamentale per i cittadini dell’UE e per i beneficiari dei fondi. Desidero inoltre sottolineare che le risorse per tale politica sono state aumentate del 10 per cento. È importante aver raggiunto un accordo: in questo modo abbiamo dimostrato la solidarietà europea, ottenendo nel contempo una stabilità economica per il 2011.
Véronique Mathieu (PPE), per iscritto. – (FR) Oggi ho votato a favore del bilancio per il 2011. Dopo lunghi negoziati, siamo riusciti a raggiungere un accordo che soddisfi il Parlamento, il quale aspetta l’attuazione delle disposizioni del trattato di Lisbona. Conformemente al trattato, la nostra istituzione deve essere coinvolta nei negoziati sul bilancio a lungo termine e questo cambiamento dovrebbe essere accettato a ogni livello. Il Parlamento voleva mantenere alcune riserve sul bilancio per il 2011, tra cui la somma di 425 000 euro messa in riserva sul bilancio dell’accademia europea di polizia (CEPOL), che potrà essere allocata solo a determinate condizioni. L’agenzia, in seguito al rifiuto del Parlamento di avallarne il bilancio, dovrà adottare le raccomandazioni degli europarlamentari perché sia approvata l’allocazione completa del bilancio CEPOL nel 2011.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Il bilancio 2011, il primo che il Parlamento ha potuto analizzare, non ha fatto altro che dimostrare gli scarsi poteri della nostra Assemblea. Non soddisfatto di legittimare controriforme liberali e di lavorare per i mercati finanziari invece che per i cittadini da cui è stato eletto, questo Parlamento arriva persino a capitolare in nome dell’urgenza. Non faciliterò quest’operazione deplorevole con il mio voto.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Dopo negoziati intensi, è stato finalmente possibile raggiungere un accordo per il bilancio del 2011; non è forse il bilancio ideale ma rimane un documento che permetterà di raggiungere gli obiettivi perseguiti dall’Unione. Il bilancio adottato oggi in sessione plenaria rafforza le priorità individuate dal Parlamento europeo: istruzione, innovazione e il processo di pace in Medio Oriente e in Palestina.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. − (EN) Tenendo in considerazione gli innumerevoli burocrati del Parlamento e della Commissione, la presente risoluzione permette alla Comunità europea di avvicinarsi a una distribuzione ben ponderata ed efficace delle proprie risorse nel corso del tempo. Ho esaminato con attenzione le altre dichiarazioni contenute nella relazione e sono lieto di scoprire che qualcuno in Parlamento comprende la necessità di utilizzare il denaro in tempo, non quando è troppo tardi. Il mio voto è favorevole.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Come nel caso dell’ultima proposta volta ad aumentare il bilancio per il 2011, anche questa volta il mio voto è contrario, nell’interesse dei cittadini europei. È impossibile comprendere come l’UE possa aumentare il proprio bilancio quando in tutta Europa vengono introdotti programmi di austerità. L’ultimo aumento era giustificato dall’entrata in vigore del trattato di Lisbona e dalle nuove istituzioni cui ha dato vita, come il servizio europeo per l’azione esterna. Con grande lungimiranza, il Freiheitliche Partei Österreichs (Partito della libertà austriaco) ha votato contro il trattato di Lisbona che, a eccezione di alcuni benefici, ha comportato in generale un aumento della burocrazia e dei costi per i cittadini. Per questo motivo ho votato contro il bilancio per il 2011.
Elisabeth Morin-Chartier (PPE), per iscritto. – (FR) Sostengo il voto del Parlamento europeo di mercoledì 15 dicembre 2010 durante la seduta di Strasburgo a favore dell’adozione del bilancio 2011 dopo la discussione di martedì. Il bilancio adottato include più fondi per la maggior parte delle aree definite “prioritarie” dal Parlamento, rispettando i limiti generali imposti dal Consiglio. Durante i negoziati di quest’anno, i miei onorevoli colleghi sono giunti a un accordo con il Consiglio e la Commissione su una serie di questioni politiche relative al bilancio.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Il progetto di bilancio modificato dal Consiglio europeo non rispecchia pienamente le necessità e le richieste delineate dal Parlamento, ma non si può lasciare l'Unione Europea, nei primi mesi del 2011, senza un bilancio approvato; per questo nel trilogo dello scorso 6 dicembre Commissione, Consiglio e Parlamento hanno trovato il giusto compromesso per un bilancio che possa essere attuato in maniera esaustiva fin già dall'inizio dell'esercizio finanziario 2011. Il mio voto favorevole riflette una linea di responsabilità coerente con l'impegno parlamentare per dare ai cittadini dell'Unione le adeguate risorse finanziarie confermate dall'approvazione della dichiarazione comune sugli stanziamenti di pagamento.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della risoluzione del Parlamento perché ritengo che, nonostante il progetto di bilancio emendato dal Consiglio non soddisfi pienamente la reale necessità di un bilancio europeo sostenibile, coerente ed efficace, sia stato raggiunto l’obiettivo del Parlamento di fornire all’Unione un bilancio attuabile in modo pieno e prevedibile, sin dall’inizio dell’esercizio finanziario.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della risoluzione del Parlamento perché nonostante il progetto di bilancio emendato dal Consiglio non soddisfi pienamente la reale necessità di un bilancio europeo sostenibile, coerente ed efficace, è stato raggiunto l’obiettivo del Parlamento di fornire all’Unione un bilancio attuabile in modo pieno e prevedibile, sin dall’inizio dell’esercizio finanziario.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (FR) Quando lo scorso mese tutti i gruppi politici si sono dichiarati pronti a raggiungere un accordo politico, sia sul bilancio per il 2011, sia sul finanziamento futuro dell’Unione, ha rappresentato un momento speciale. Dopo la confusione generata durante i negoziati, giunti alla fase finale i tre principali gruppi politici hanno ceduto. Il Parlamento europeo, forte delle proprie nuove competenze, ha perso l’occasione di imporsi nel suo ruolo decisionale sulle questioni finanziarie. La lettera del Primo ministro belga, mostrataci dalla Presidenza, che garantisce l’ottemperanza al trattato e il coinvolgimento del Parlamento nelle discussioni future, non offre alcuna garanzia per risultati politici positivi. Il nostro voto contrario rispecchia questa mancata opportunità e la clausola di revisione a tempo che ne conseguirà.
Lo strumento migliore per raggiungere questo obiettivo è (utilizzando lo stesso metodo della Convenzione) riunire il Parlamento europeo, i parlamenti nazionali, i governi nazionali e la Commissione. Per quanto riguarda il progetto ITER, che continua a richiedere finanziamenti esorbitanti, non ci dispiace che sia stato rinviato. Cercheremo di dimostrare nuovamente lo spreco finanziario che rappresenta non appena sarà discusso dalla commissione per i bilanci.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) Stiamo per approvare il bilancio dell’Unione europea per il 2011, per la prima volta in conformità con il regime sancito dal trattato di Lisbona. Accolgo favorevolmente l’affermazione del ruolo del Parlamento europeo in quest’ambito e sostengo le priorità sottolineate nel documento oggetto di voto. Una particolare attenzione dovrà essere riservata nel 2011 ai temi gioventù, istruzione e mobilità, una priorità presa in considerazione in tutte le sezioni del bilancio. Dobbiamo investire nei nostri giovani e nella formazione per tutti i cittadini europei, tramite il programma per l’apprendimento permanente, Erasmus Mundus e il programma Eures.
È fondamentale incentivare altresì gli investimenti nella ricerca e nell’innovazione e promuovere il ruolo svolto dalle PMI come motore dell’economia. Considerando l’importanza della politica di coesione come elemento trasversale rispetto alle altre politiche europee, ritengo sia giusto inserirla nel documento, cosa essenziale per la sua buona attuazione. Date le ragioni esposte e poiché l’Unione europea sta attraversando un periodo che richiede uno sforzo significativo per rendere l’Europa più forte e competitiva, salvaguardando un rafforzamento del dialogo interistituzionale, voto a favore del presente progetto presentato dal Parlamento.
Thomas Ulmer (PPE), per iscritto. − (DE) Ho votato a favore della presente relazione; il Parlamento ha mostrato i denti durante i negoziati con il Consiglio. Lo scorso anno, nell’ambito del trattato di Lisbona, il Consiglio ha accordato concessioni significative al Parlamento, mentre in questa decisione sul bilancio il Parlamento è andato incontro alla posizione del Consiglio. Questo compromesso sembra essere praticabile.
Derek Vaughan (S&D), per iscritto. − (EN) Il bilancio per il 2011 è stato elaborato durante un periodo impegnativo e di forte instabilità. In un momento in cui si riscontrano severi tagli ai bilanci degli Stati membri, è più che mai importante garantire che l’Europa fornisca le risorse necessarie a fronteggiare gli effetti della crisi. È possibile vedere i benefici derivanti dai fondi UE nella mia circoscrizione elettorale, dove tali fondi andranno in aiuto a chi sarà colpito dalle politiche di tagli indiscriminati perseguite nel Regno Unito.
Non sono però d’accordo su alcune parti di questo bilancio: ad esempio, non credo sia appropriato erogare cospicui sussidi agricoli e aumentare le spese di rappresentanza. È importante mostrare moderazione nelle spese in questo periodo di incertezza economica. Per questo motivo ho deciso di astenermi sul voto per il bilancio 2011.
Glenis Willmott (S&D), per iscritto. − (EN) Gli europarlamentari laburisti hanno votato contro l’adozione del bilancio perché, in un momento in cui si stanno effettuando tagli radicali alle spese pubbliche nazionali, non crediamo sia opportuno incrementare il bilancio UE.
Certamente non sosteniamo il modo in cui molti governi mettono a repentaglio la propria economia tagliando le spese pubbliche, ma questo non significa che siamo a favore di un aumento generale delle spese nell’Unione.
L’UE farà molte cose importanti il prossimo anno, spesso fornendo sostegno alle aree maggiormente colpite dai tagli interni. Laddove siano richieste ulteriori spese, però, riteniamo che sarebbe stato possibile attingere a risparmi da investire in progetti importanti.
Data l’attuale pressione sulle economie nazionali, questi negoziati sul bilancio potevano rappresentare un’opportunità per persuadere i leader europei a occuparsi delle ingenti spese dell’Unione, come i sussidi agricoli, che spesso mettono a repentaglio proprio le economie dei paesi che il bilancio europeo per gli aiuti internazionali si prefigge di aiutare. Questo pacchetto, però, non va a toccare tali sussidi.
In questa situazione, gli europarlamentari laburisti non hanno potuto votare a favore di un incremento del bilancio UE.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Considerando che i Paesi Bassi hanno richiesto assistenza in relazione a 613 esuberi in due imprese operanti nella divisione 46 (Commercio all’ingrosso, escluso quello di autoveicoli e di motocicli) della NACE Rev. 2, nella regione NUTS II Noord Holland, Paesi Bassi, ho votato a favore della presente risoluzione perché concordo con la proposta della Commissione e con gli emendamenti del Parlamento europeo. Sono d’accordo anche sul fatto che il funzionamento e il valore aggiunto del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) dovrebbero essere esaminati nel contesto della valutazione generale dei programmi e degli altri strumenti creati dall’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006, nell’ambito della revisione intermedia del quadro finanziario pluriennale 2007-2013.
Mário David (PPE), per iscritto. – (PT) L’assistenza ai lavoratori in esubero a causa della ristrutturazione e della delocalizzazione dovrebbe essere dinamica e flessibile, così da poter essere attuata in modo rapido ed efficace. Alla luce dei cambiamenti strutturali nel commercio internazionale, è importante che l’economia europea sia in grado quanto prima di applicare gli strumenti volti a sostenere i lavoratori che ne sono colpiti, fornendo loro allo stesso tempo le abilità richieste per ritornare rapidamente sul mercato del lavoro. L’assistenza finanziaria dovrebbe pertanto essere fornita su base individuale. È importante sottolineare che tale assistenza non sostituisce la responsabilità delle imprese né mira al finanziamento e alla ristrutturazione delle società. Poiché i Paesi Bassi hanno richiesto assistenza in relazione a 613 esuberi in due imprese operanti nella divisione 18 (Commercio all’ingrosso, escluso quello di autoveicoli e di motocicli) della NACE Rev. 2, nella regione NUTS II Noord Holland, voto a favore della presente relazione, ovvero, della mobilitazione del FEG a sostegno dei Paesi Bassi.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La crisi economica e finanziaria che stiamo attraversando, congiuntamente ai continui cambiamenti del mercato del lavoro causati da alterazioni alla struttura del commercio internazionale, ha causato innumerevoli vittime della disoccupazione, la quale, in molti casi, è di lungo periodo. Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione è stato creato per far fronte a situazioni come questa. Nella fattispecie, stiamo parlando della mobilitazione di poco più di 2 500 000 euro per i Paesi Bassi, a sostegno di 613 esuberi in due imprese commerciali e di vendita al dettaglio tra il primo maggio 2009 e il 31 gennaio 2010. Poiché la Commissione, dopo aver esaminato tale richiesta, l’ha ritenuta appropriata e conforme ai requisiti in materia e ne raccomanda l’approvazione, voto a favore.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Dato l’impatto sociale della crisi economica mondiale, che ha esercitato un effetto particolare sull’occupazione, l’utilizzo corretto del FEG è di fondamentale importanza per alleviare le sofferenze di molti cittadini e famiglie europei, contribuendo alla loro reintegrazione sociale e al loro sviluppo professionale, fornendo allo stesso tempo nuove risorse che soddisfino le necessità delle industrie e diano impulso all’economia. È in questo contesto che viene portato avanti l’intervento per i Paesi Bassi, in relazione ai 613 esuberi in due imprese operanti nella divisione 46 (Commercio all’ingrosso, escluso quello di autoveicoli e di motocicli) della NACE Rev. 2, nella regione NUTS II Noord Holland, Paesi Bassi. Spero che le istituzioni europee rafforzino il proprio impegno per l’attuazione di misure per velocizzare e migliorare il tasso di utilizzo di una risorsa così importante come il FEG, che attualmente registra livelli di mobilitazione molto bassi. Quest’anno è stato richiesto solo l’11 per cento dei 500 milioni di euro disponibili.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) L’Unione europea rappresenta un’area di solidarietà e il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione ne è parte integrante. Tale sostegno è di fondamentale importanza per aiutare i disoccupati e le vittime della delocalizzazione di aziende, un fenomeno frequente nell’era della globalizzazione. Sempre più imprese hanno optato per la delocalizzazione, beneficiando del basso costo della manodopera in molti paesi (soprattutto Cina e India) e danneggiando gli Stati che rispettano i diritti dei lavoratori. L’obiettivo del FEG è di aiutare i lavoratori vittime della delocalizzazione aziendale e di facilitare l’accesso a un nuovo posto di lavoro. Il FEG è stato utilizzato in passato da altri Paesi UE; è giusto dunque aiutare ora i Paesi Bassi, che hanno presentato la richiesta per la mobilitazione del Fondo in relazione a 613 esuberi in due imprese operanti nella divisione 46 (Commercio all’ingrosso, escluso quello di autoveicoli e di motocicli) della NACE Rev. 2, nella regione NUTS II Noord Holland, Paesi Bassi.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) I lavoratori che hanno perso il proprio posto di lavoro in seguito alla crisi finanziaria ed economica dovrebbero avere l’opportunità di tornare rapidamente nel mondo del lavoro. Gli Stati membri sono obbligati ad adottare misure appropriate per sostenere questi cittadini. Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione elargisce fondi a tale scopo e gli Stati membri possono presentare richiesta per ottenerli. Voto a favore della presente relazione, poiché la mobilitazione del Fondo per i Paesi Bassi è pienamente giustificata e sono stati rispettati tutti i requisiti necessari.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Poiché i Paesi Bassi hanno richiesto assistenza in relazione a 613 esuberi in due imprese operanti nella divisione 46 (Commercio all’ingrosso, escluso quello di autoveicoli e di motocicli) della NACE Rev. 2, nella regione NUTS II Noord Holland, nei Paesi Bassi, ho votato a favore della risoluzione, in quanto mi trovo d’accordo con la proposta della Commissione europea e con gli emendamenti discussi dal Parlamento. Concordo anche sul fatto che:
- il Fondo dovrebbe sostenere il reinserimento professionale dei singoli lavoratori in esubero; desidero ribadire che il contributo del FEG non deve sostituire le azioni che sono di competenza delle imprese in forza della legislazione nazionale o dei contratti collettivi, né le misure relative alla ristrutturazione di imprese o settori;
- il funzionamento e il valore aggiunto del FEG dovrebbero essere esaminati nel contesto della valutazione generale dei programmi e degli altri strumenti creati dall'accordo interistituzionale del 17 maggio 2006;
Accolgo favorevolmente la proposta della Commissione europea di stabilire una fonte di stanziamenti di pagamento diversa dai fondi non utilizzati del Fondo sociale europeo, dopo che il Parlamento europeo ha ricordato a più riprese che il FEG è stato creato quale strumento specifico e distinto, con obiettivi e scadenze proprie, e che occorre pertanto individuare adeguate linee di bilancio per gli storni.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono perfettamente d'accordo con la relatrice on. Barbara Matera che con soddisfazione constata che la Commissione si attiene alle numerose richieste formulate in passato dal Parlamento europeo identificando fonti alternative per gli stanziamenti di pagamento, diverse dai fondi FSE non utilizzati.
Concordo inoltre con la relatrice che la scelta operata negli ultimi casi esaminati (ossia la linea di bilancio destinata al sostegno dell'imprenditorialità e dell'innovazione), non è soddisfacente, date le gravi carenze con cui la Commissione si scontra in sede di attuazione dei programmi in materia di competitività e innovazione. In un periodo di crisi economica, infatti, tali stanziamenti dovrebbero piuttosto essere aumentati. La relatrice invita quindi la Commissione a proseguire gli sforzi volti a individuare in futuro linee di bilancio più idonee per i pagamenti.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) La richiesta di assistenza presentata dai Paesi Bassi nell’ambito del FEG in relazione a 613 esuberi in due imprese operanti nella divisione 46 (Commercio all’ingrosso, escluso quello di autoveicoli e di motocicli) della NACE Rev. 2, nella regione NUTS II Noord Holland soddisfa tutte le condizioni di ammissibilità sancite dalla legge. Certamente, nell’ambito del regolamento (CE) n. 546/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, che ha emendato il regolamento (EC) n. 1927/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 2006 e ha creato il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, lo spazio di manovra del FEG è stato temporaneamente ampliato, poiché poteva intervenire in situazioni come questa nel caso in cui, come causa diretta della crisi mondiale economica e finanziaria, si verificasse “il licenziamento di almeno 500 dipendenti nell'arco di nove mesi, in particolare nelle piccole o medie imprese che operano nella divisione NACE Rev. 2 in un'unica regione o in due regioni contigue di livello NUTS II”. Ho votato pertanto a favore della presente risoluzione e spero che la mobilitazione del FEG contribuisca a una buona integrazione dei lavoratori nel mercato del lavoro.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Con questo voto il Parlamento europeo: (1) chiede alle istituzioni interessate di compiere gli sforzi necessari per accelerare la mobilitazione del FEG; (2) ricorda l'impegno delle istituzioni volto a garantire una procedura agevole e rapida per l'adozione delle decisioni relative alla mobilitazione del FEG, apportando un aiuto specifico, una tantum e limitato nel tempo ai lavoratori in esubero a causa della globalizzazione e della crisi finanziaria ed economica e sottolinea il ruolo che il FEG può svolgere ai fini del reinserimento dei lavoratori in esubero nel mercato del lavoro; (3) sottolinea che, in conformità dell'articolo 6 del regolamento FEG, occorre garantire che il Fondo sostenga il reinserimento professionale dei singoli lavoratori in esubero e ribadisce che il contributo del FEG non deve sostituire le azioni che sono di competenza delle imprese in forza della legislazione nazionale o dei contratti collettivi, né le misure relative alla ristrutturazione di imprese o settori.
Silvia-Adriana Ţicău (S&D), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della risoluzione del Parlamento sulla mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per i lavoratori in esubero nel settore delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni (TIC), nella regione Noord Holland, nei Paesi Bassi.
Il settore TIC in Europa è stato colpito dalla crisi economica e finanziaria e dai cambiamenti strutturali avvenuti a livello mondiale nel mercato delle tecnologie dell’informazione, in particolar modo a causa della delocalizzazione della produzione verso Cina e India, rilevata anche dall’indice TIC 5.
Questo indice somma i principali risultati della ricerca relativi al ciclo economico, alla spesa e all'elaborazione del bilancio nel settore TIC. Tale indicatore, per l’Europa occidentale, è passato da un valore di circa 160 ad agosto 2008 a un valore pari a 30 ad aprile 2009.
I Paesi Bassi hanno elaborato un pacchetto coordinato di servizi personalizzati per i 613 lavoratori in esubero delle due imprese appartenenti alla società Randstad, che prevede l’aiuto per il passaggio da un posto di lavoro all’altro, la creazione di centri di mobilità, il collocamento di personale in esubero, la formazione professionale e le ricerche sull’occupabilità. Il bilancio totale richiesto è pari a 3 934 055 euro e i Paesi Bassi hanno presentato domanda in data 8 aprile 2010 per ottenere dal FEG un contributo finanziario pari a 2 557 135 euro.
Thomas Ulmer (PPE), per iscritto. − (DE) Ho votato a favore della relazione Matera. Ancora una volta siamo in grado di aiutare i lavoratori in esubero a causa delle difficoltà affrontate dalle proprie aziende a trovare nuovi posti di lavoro.
Angelika Werthmann (NI), per iscritto. − (DE) La presente è solo una delle numerose richieste recentemente presentate dai Paesi Bassi e approvate dalla commissione per i bilanci. Ho votato a favore della relazione Matera sulla mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per sostenere i lavoratori in esubero della regione Noord Holland. L’obiettivo del FEG è di mettere a disposizione fondi a favore di singoli cittadini che hanno perso il proprio posto di lavoro come risultato della globalizzazione. Durante i negoziati per il bilancio nelle scorse settimane, il governo dei Paesi Bassi ha superato sé stesso con la sua risposta ostinata alle legittime posizioni assunte dal Parlamento europeo, che è sempre pronto al compromesso: sembra essere compatibile con la prospettiva politica nazionale fare, da un lato, domanda per ricevere decine di milioni di euro di aiuti europei e, dall’altro lato, rifiutare una discussione legittima sui punti sollevati dal Parlamento.
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. − (LT) Signor Presidente, ho votato a favore della risoluzione perché ritengo che nell’Unione europea sia necessario istituire una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale. Credo che la normativa UE nel settore deve presentare un carattere universale, vale a dire che le norme uniformi di conflitto di leggi possono designare indifferentemente la legge di uno Stato membro partecipante, le legge di uno Stato membro non partecipante o la legge di uno stato non membro dell’Unione europea.. L’obiettivo prioritario dell’Unione è la salvaguardia e lo sviluppo di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia in cui sia garantita la libera circolazione cittadini delle persone; pertanto, affinché i coniugi possano scegliere una legge applicabile con cui hanno legami stretti o, in mancanza di scelta, affinché al loro divorzio o separazione personale si possa applicare una siffatta legge, è opportuno che questa si applichi anche se non è la legge di uno Stato membro partecipante. Incrementare la mobilità dei cittadini richiede più flessibilità e maggiore certezza giuridica, che possono essere migliorate dal nuovo regolamento europeo.
Roberta Angelilli (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'esigenza di istituire un quadro giuridico chiaro e completo in materia di legge applicabile al divorzio e alla separazione personale, nasce dalla urgente necessità di affrontare i problemi che nascono nel caso dei divorzi "internazionali". Fino ad ora la disparità delle norme nazionali non ha favorito la salvaguardia delle pari opportunità tra i coniugi e neanche la tutela dell'interesse superiore dei minori coinvolti, al contrario ha contribuito ad incentivare la cosiddetta "corsa al tribunale". In qualità di Mediatore del Parlamento europeo per i minori contesi tra genitori di differenti nazionalità e sulla base dell'esperienza acquista nel corso dell'attività svolta, sostengo questa proposta di regolamento volta a creare una certezza del diritto per le coppie interessate e a garantire nel contempo trasparenza e flessibilità.
Tra le proposte innovative contenute nel testo del regolamento, c'è la possibilità di consultare un mediatore familiare prima, durante e dopo il procedimento di divorzio, non solo perché si tratta di una figura di grande aiuto nell'informare i coniugi in merito alle diverse forme e condizioni di divorzio e nel dirimere eventuali divergenze tra questi, ma anche perché tutela i diritti dei minori coinvolti, aiutando i genitori a fare scelte appropriante ed amichevoli a tutela del benessere della prole.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Signor Presidente, quando si tratta di migliorare la coerenza tra le norme europee sulle questioni matrimoniali, è difficile arrivare a un consenso tra i 27 Stati membri. Fortunatamente, dal trattato di Amsterdam del 1997 gli Stati membri che lo desiderano possono associarsi per progredire in un settore specifico, attraverso la “cooperazione rafforzata”, in modo da poter istituire un nucleo di Stati leader che portino avanti l’Unione. I problemi affrontati da coniugi per quanto riguarda il riconoscimento del loro matrimonio in tutta l’Europa, in particolare in caso di divorzio o di separazione personale, hanno portato alcuni Stati ad associarsi per migliorare il coordinamento delle normative nazionali. Tengo molto all’attuazione di questa cooperazione rafforzata, nella quale la Francia desidera essere coinvolta. A mio parere, si tratta di un’iniziativa che porterà a un ravvicinamento dei cittadini europei in un settore che riguarda noi tutti, e nel quale la certezza del diritto è fondamentale. Ho quindi votato a favore della proposta di regolamento concernente l’attuazione di tale cooperazione rafforzata, che andrà in futuro applicata ogni volta che risulterà necessario.
Izaskun Bilbao Barandica (ALDE), per iscritto. – (ES) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione perché l’obiettivo del regolamento è creare maggiore certezza del diritto per le coppie appartenenti a diversi Stati membri che desiderano divorziare o separarsi, garantendo loro prevedibilità e flessibilità.
In quest’ambito, l’iniziativa approvata rappresenta un passo in avanti, ma è deplorevole che si sia persa l’opportunità di ampliare l’ambito d’applicazione al riconoscimento di matrimoni, annullamenti, custodia dei figli ed eredità. Non viene nemmeno affrontata, inoltre, l’esistenza di altri tipi di unione, come quella tra persone omosessuali, riconosciute invece in alcuni Stati membri.
In secondo luogo, è altrettanto deplorevole che solo 15 dei 27 Stati membri siano disposti a sottoscrivere tale cooperazione rafforzata, con evidenti svantaggi per i cittadini dei paesi che decidono di non aderire.
Mi auguro e chiedo che in futuro l’ambito di applicazione e il numero di paesi favorevoli all’applicazione di questa cooperazione rafforzata aumenti: lo dobbiamo ai cittadini che rappresentiamo.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. − (LT) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione del Parlamento europeo sulla cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale, perché è necessario stabilire una base giuridica chiara ed esplicita secondo per l’applicazione delle norme relative alla legge applicabile. Desidero sottolineare che uno degli obiettivi prioritari dell'Unione europea è la salvaguardia e lo sviluppo di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia in cui sia garantita la libera circolazione delle persone. Nel caso del divorzio o della separazione personale nell'ambito di matrimoni binazionali la base giuridica a livello europeo è attualmente quanto mai fluida per quanto riguarda la questione della legge applicabile. Per questo motivo si assiste spesso a una “corsa ai tribunali”, con la quale un coniuge inizia col chiedere la separazione e si assicura in tal modo che la procedura si svolgerà secondo un ordinamento giuridico che tuteli meglio innanzi tutto i propri interessi. Vorrei sottolineare che l'obiettivo della proposta di regolamento è quello di creare maggiore certezza del diritto per le coppie interessate e garantire nel contempo trasparenza e flessibilità.
Vito Bonsignore (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi congratulo con l'onorevole collega Zwiefka per l'elaborazione di questa relazione, che ho visto favorevolmente. L'obiettivo di questo provvedimento è istituire un quadro giuridico chiaro e completo in materia legislativa di divorzio e di separazione personale, introducendo una certa autonomia tra le parti. Il carattere diversificato di tali norme nei paesi membri può, infatti, creare problemi nel caso dei divorzi "internazionali".
Infatti, oltre all'incertezza giuridica sull'individuazione delle norme che si applicheranno caso per caso, si può verificare la cosiddetta "corsa in tribunale" per adire alla legislazione che meglio tutela uno dei due coniugi. È perciò necessario, da parte dell'Unione europea, limitare tali rischi e tali carenze introducendo tra le parti la possibilità di scegliere di comune accordo la legge applicabile. Condivido quindi la necessità di assicurare, quanto prima, alle parti una corretta e precisa informazione tale da renderle consapevoli delle loro scelte.
Zuzana Brzobohatá (S&D), per iscritto. – (CS) Signor Presidente, ai sensi del trattato di Lisbona, gli Stati membri possono ora stipulare una cooperazione rafforzata nel settore della libertà, sicurezza e giustizia, e più specificatamente per quanto riguarda questioni relative al divorzio e alla separazione personale. Il regolamento definisce una cooperazione rafforzata tra alcuni Stati membri (Austria, Belgio, Bulgaria, Francia, Germania, Italia, Lettonia, Lussemburgo, Malta, Portogallo, Romania, Slovenia, Spagna e Ungheria,). L’obiettivo principale è di escludere chiaramente qualsiasi discriminazione basata sul sesso, salvaguardare le pari opportunità tra i coniugi e rendere centrale l'interesse della prole. I coniugi spesso “concorrono” tra loro cercando di presentare per primi la richiesta di divorzio, in modo da assicurarsi che la procedura si svolgerà secondo un ordinamento giuridico che tuteli meglio innanzi tutto i propri interessi. L’obiettivo del regolamento è di migliorare la certezza del diritto per le coppie coinvolte, e nel contempo garantire la flessibilità e la prevedibilità del procedimento. Ho votato a favore del regolamento, anche se per il momento non riguarda la Repubblica ceca. In generale, ritengo che l’adozione di questo regolamento servirà da buon esempio per gli altri Stati membri, incluso il mio. In futuro, altri Stati membri potranno sottoscrivere il regolamento e trarre vantaggio dall’esperienza dei paesi che per primi hanno tentato questa strada.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Signor Presidente, la proposta non cerca di armonizzare il diritto sostanziale applicabile ai divorzi e alle separazioni personali, ma di stabilire norme armonizzate per la risoluzione di conflitti giuridici internazionali. Questo significa che dobbiamo operare nell’ambito del diritto privato internazionale e non in quello sostanziale del diritto di famiglia, nel quale ogni Stato continuerà ad avere le proprie leggi.
Ecco perché è importante ricordare, ad esempio, che la proposta di regolamento, attraverso l’emendamento dell’articolo 7 bis, non richiede a uno Stato di riconoscere come matrimonio (anche se solo per garantirne lo scioglimento) un atto che non è considerato tale dalla legislazione nazionale, o che sarebbe contrario al principio di sussidiarietà. Questo, tuttavia, non potrà limitare i diritti delle persone le cui unioni non sono riconosciute in uno Stato, punto su cui è necessario trovare una soluzione di compromesso.
Alla luce di quanto esposto, non posso fare altro che considerare il conferimento di maggiore certezza giuridica per quanto concerne la risoluzione di conflitti giuridici internazionali nel contesto del diritto di famiglia, in particolare per quanto riguarda lo scioglimento del matrimonio e la separazione personale, come un passo importante per creare uno spazio di libertà e giustizia, nel quale la libera circolazione delle persone sia una realtà.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Signor Presidente, sono estremamente soddisfatto dell’adozione della relazione, che permetterà alle coppie formate da cittadini provenienti da Stati membri differenti o residenti in un paese che non è il proprio di scegliere il diritto applicabile al loro divorzio.
Nel 2007 nell’Unione europea sono stati pronunciati un milione di divorzi, il 13 per cento dei quali riguardava coppie composte da partner di nazionalità differente. Durante questi procedimenti, i cittadini europei hanno dovuto far fronte a problemi giuridici che concernevano la loro separazione.
Vorrei segnalare che il Portogallo partecipa al processo di cooperazione rafforzata che permetterà di registrare progressi sulla questione, bloccata al Consiglio.
Vorrei sottolineare la necessità che la relazione non comporti l’obbligo per gli Stati membri di riconoscere come matrimonio – anche ai soli fini dello scioglimento – una situazione che non è riconosciuta come tale dalla legislazione dello Stato stesso, o che sarebbe contraria al principio di sussidiarietà.
Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (S&D), per iscritto. – (PL) Signor Presidente, mi congratulo con il relatore per aver affrontato in modo così accurato un argomento estremamente complicato come la questione della scelta del diritto applicabile al divorzio e alla separazione personale. È possibile comprendere la delicatezza della questione dal fatto che Roma III rappresenta il primo esempio nella storia dell’Unione europea di cooperazione rafforzata portata avanti conformemente alle procedure stabilite nei trattati. L’ambito di applicazione territoriale del regolamento, pertanto, sarà limitato a 14 dei 27 Stati membri e la Polonia non è tra questi. Introducendo un principio che permette alle parti di scegliere il diritto applicabile in caso di divorzio, Roma III contribuirà a una maggiore prevedibilità e certezza del diritto. Ciononostante, alla luce della portata limitata del regolamento, che riguarderà soltanto il diritto applicabile a questioni relative a divorzi internazionali, è essenziale stabilire qual è il tribunale competente che può prendere le decisioni in casi particolari.
Quest’ultima questione è oggetto di un altro regolamento europeo, ovvero Bruxelles IIa.Come il relatore, ritengo sia necessario rivedere il regolamento in questione il prima possibile per introdurre la norma del forum necessitatis e dissipare in questo modo i timori di molti Stati membri per quanto riguarda l’eventuale situazione in cui i loro tribunali saranno obbligati a prendere decisioni sul divorzio di coppie che il loro sistema giuridico non riconosce come sposate, incoraggiandoli quindi ad adottare principi europei generali nel settore del divorzio internazionale, senza dubbio facilitando la vita a molti cittadini europei.
Nathalie Griesbeck (ALDE), per iscritto. – (FR) Signor Presidente, se due persone di nazionalità diversa o semplicemente due persone che non risiedono più nello stesso Stato membro intendono divorziare, devono sapere qual è il tribunale competente e in quale paese si trova. D’ora in poi, chi intende divorziare potrà scegliere quale sistema giuridico dell’Unione europea disciplinerà il divorzio. Un altro passo in avanti molto specifico verso la creazione di un’“area giuridica comune europea”, direttamente applicabile nella vita quotidiana di ciascuno di noi. Se da un lato accolgo con favore la relazione e il ricorso per la prima volta alla cosiddetta procedura di cooperazione rafforzata, deploro che sia stato necessario usare tale procedura e che non sia stato possibile raggiungere un accordo tra tutti gli Stati membri. Spero, però, che presto anche altri Stati membri siano coinvolti nella cooperazione.
Edvard Kožušník (ECR), per iscritto. – (CS) Signor Presidente, la Repubblica ceca è rappresentata al Parlamento europeo, ma non ha sottoscritto il meccanismo di cooperazione rafforzata nel settore della compatibilità delle norme applicabili per quanto concerne il conflitto di leggi perché non ritiene che la proposta di regolamento sia una misura necessaria per il corretto funzionamento del mercato interno. Analogamente, la Repubblica ceca dubita del regolamento alla luce del principio di sussidiarietà, dal momento che non apporta alcun valore aggiunto che giustifichi l’intromissione nelle disposizioni nazionali degli Stati membri in materia di diritto di famiglia. La Repubblica ceca, inoltre, ritiene che la proposta sia dubbia alla luce del principio di proporzionalità, dal momento che l’atto giuridico selezionato, un regolamento, non rappresenta uno strumento adeguato per garantire la compatibilità delle norme sul conflitto di leggi nel settore del diritto internazionale di famiglia. Detto questo, non intendo far sì che il mio voto blocchi gli Stati che hanno scelto la cooperazione rafforzata come strumento per garantire la compatibilità delle norme sul conflitto di leggi, per quanto concerne la determinazione del diritto applicabile in questioni matrimoniali, dal strada portare avanti la loro decisione.
Jiří Maštálka (GUE/NGL), per iscritto. – (CS) Signor Presidente, la proposta di regolamento sulla cooperazione rafforzata nel settore del diritto applicabile al divorzio e alla separazione personale contribuisce ad affrontare le questioni ricorrenti, complesse e sensibili, associate ai procedimenti di divorzio per i matrimoni validi stipulati da persone di nazionalità diversa. Si chiarisce la situazione delle coppie che divorziano e si permette loro di scegliere il diritto applicabile. Aumenta, inoltre, la loro certezza giuridica fin dall’inizio. Considerando che la legislazione adottata si spinge oltre l’acquis comunitario, l’applicazione del meccanismo di cooperazione rafforzata è un passo che permette agli Stati membri partecipanti di affrontare alcuni dei problemi giuridici della cooperazione internazionale associati allo scioglimento di questo tipo di matrimoni.
Gli altri Stati membri che non prendono parte a questa fase avranno sufficienti opportunità per valutare gli effetti positivi e negativi della proposta di regolamento nel tempo e di prendere in considerazione l’adesione. Per diversi anni, e in diversi casi debitamente giustificati, nella Repubblica ceca è stato applicato il diritto estero in procedimenti di divorzio analoghi.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Signor Presidente, il nuovo regolamento permetterà alle coppie binazionali (coppie con nazionalità diverse, che vivono in paesi diversi o che vivono insieme in un paese diverso rispetto a quello d’origine) di scegliere il diritto nazionale applicabile al loro divorzio, sempre che uno dei partner abbia un collegamento con il paese in questione, ad esempio la residenza abituale o la nazionalità. Le nuove regole chiariscono anche il diritto applicabile nel caso di mancato accordo tra i partner. Il nuovo regolamento permetterà, ad esempio, a una coppia spagnolo/portoghese che vive in Belgio di scegliere se il diritto applicabile al loro divorzio debba essere quello spagnolo, belga o portoghese.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. − (EN) Signor Presidente, il divorzio è una questione seria e spesso comporta piatti rotti e divisioni di beni immobili. In tutta onestà, ammiro l’idealismo del relatore, l’onorevole Zwiefka. Csuccede osa accade se un marito tedesco vuole divorziare in Germania, ma la moglie vuole farlo in Sicilia, perché sua madre è siciliana? Come suddividere un aspirapolvere e una lavastoviglie se non c’è accordo? L’idea è buona, ma va rifinita. Il 90 per cento dei divorzi è caratterizzato da tragedie e scandali. Sono “a favore”, ma analizziamo i dettagli quando prendiamo in considerazione documenti di questo tipo. Abbiamo bisogno di leggi, non regole.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Signor Presidente, la separazione e il divorzio sono sempre questioni complicate e portano con sé tutta una serie di conseguenze giuridiche e tutto diventa ancor più problematico quando marito e moglie vengono da paesi diversi. Abbiamo cercato una soluzione all’interno dell’Unione europea, ma siamo stati in grado soltanto di accordarci su una procedura di cooperazione rafforzata, che semplifica di poco la situazione per le persone coinvolte, parole ovvero per le coppie da diversi Stati membri che divorziano. Non è stata specificata la portata della procedura che, quindi, non risulta del tutto chiara.
Ovviamente, cooperazione non significa che le sentenze, come quelle in caso di divorzio, debbano essere riconosciute in uno Stato membro in assenza di disposizioni giuridiche che lo giustifichino. Analogamente, la procedura non può offrire un’opportunità per obbligare con un sotterfugio gli Stati membri a riconoscere il matrimonio omosessuale. Poca attenzione, inoltre, è stata dedicata ai diritti dei genitori in caso di separazioni transfrontaliere. Per queste ragioni mi sono astenuto dal voto.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Cari colleghi, ho votato a favore della relazione in quanto credo sia necessario avere un quadro giuridico chiaro e completo in materia di legge applicabile al divorzio e alla separazione personale. Per la prima volta, con l'introduzione dell'articolo 3 bis, viene data la possibilità ai coniugi di designare di comune accordo la legge applicabile al procedimento del divorzio. Credo, inoltre, che occorrerebbe assicurare che la scelta operata dalle parti sia informata, ossia che entrambi i coniugi siano stati debitamente informati riguardo alle conseguenze pratiche della loro scelta. A tal proposito, è necessario che le informazioni siano precise e complete. Ritengo importante la tutela dei rapporti nella coppia affinchè il momento della separazione possa avvenire in maniera chiara, trasparente e consensuale da entrambe le parti che diventano in tal modo decisori con pari autorità.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Signor Presidente, il Portogallo partecipa, insieme a altri 13 paesi UE (Austria, Belgio, Bulgaria, Francia, Germania, Italia, Lettonia, Lussemburgo, Malta, Romania, Slovenia, Spagna e Ungheria) al primo tentativo di cooperazione rafforzata nella storia dell’Unione europea, nel settore del diritto applicabile ai divorzi e alle separazioni giuridiche di persone e proprietà.
Ho votato a favore della relazione sul regolamento che stabilisce chiare norme procedurali per le coppie internazionali (in cui i coniugi sono di nazionalità diversa) che richiedono il divorzio o la separazione giuridica di persone o proprietà nei loro paesi d’origine o di residenza. Si tratta di una questione totalmente consensuale, che faciliterà la vita a numerosi europei, e di un momento simbolico: per la prima volta si applica la cooperazione rafforzata tra Stati membri dell’Unione europea.
L’obiettivo delle disposizioni è di rafforzare la certezza del diritto e la prevedibilità per quanto riguarda il divorzio e la separazione giuridica di persone e proprietà. L’accordo prevede soltanto l’armonizzazione di situazioni conflittuali e non l’armonizzazione delle regole nazionali fondamentali.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, uno degli obiettivi prioritari dell'Unione europea è la salvaguardia e lo sviluppo di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia in cui sia garantita la libera circolazione delle persone. Nel caso del divorzio o della separazione personale nell'ambito di matrimoni binazionali la base giuridica a livello europeo è attualmente quanto mai fluida per quanto riguarda la questione della legge applicabile. Per questo motivo si assiste spesso a una "corsa ai tribunali", con la quale un coniuge inizia col chiedere la separazione e si assicura in tal modo che la procedura si svolgerà secondo un ordinamento giuridico che tuteli meglio innanzi tutto i propri interessi. L'obiettivo della proposta di regolamento è quello di creare una certezza del diritto per le coppie interessate e garantire nel contempo trasparenza e flessibilità. Pertanto, non posso non concordare con il relatore on. Tadeusz Zwiefka, che appoggia il contenuto della regolamentazione del diritto applicabile al divorzio e alla separazione personale.
Rovana Plumb (S&D), per iscritto. – (RO) Signor Presidente, Austria, Belgio, Bulgaria, Francia, Germania, Grecia (che ha ritirato la propria richiesta il 3 marzo 2010), Italia, Lettonia, Lussemburgo, Malta, Portogallo, Romania, Spagna, Slovenia e Ungheria hanno presentato una richiesta alla Commissione, esprimendo l’intenzione di istituire una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile in questioni matrimoniali e hanno invitato la Commissione a presentare al Consiglio una proposta in merito. La sempre maggiore mobilità dei cittadini necessita da un lato di maggiore flessibilità e dall’altro di maggiore certezza del diritto. Per raggiungere quest’obiettivo, il regolamento deve incrementare l’autonomia delle parti in materia di divorzio e di separazione personale, fornendo ai coniugi la possibilità di scegliere la legge applicabile nel loro caso.
Il regolamento si applicherà soltanto allo scioglimento di matrimoni e alla cessazione di obblighi matrimoniali (separazione personale) e non a questioni legate alla capacità giuridica delle persone fisiche, all’esistenza, validità e riconoscimento di un matrimonio, all’annullamento di un matrimonio, al nome dei coniugi, agli effetti patrimoniali del matrimonio, alla potestà dei genitori, alle obbligazioni alimentari, alle amministrazioni fiduciarie e alle successioni, anche se si presentano semplicemente come una questione preliminare nell'ambito di un procedimento di divorzio o separazione personale.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Signor Presidente, lo sviluppo di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia in cui sia garantita la libera circolazione delle persone è uno degli obiettivi fondamentali dell’Unione europea. Pertanto, accolgo con favore la proposta, che introduce maggiore certezza del diritto per quanto riguarda l’identificazione della legge applicabile ai divorzi nazionali e alle separazioni. Vorrei che anche altri Stati membri unissero le proprie forze per raggiungere la compatibilità nelle norme nazionali nei conflitti giuridici in materia.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Signor Presidente, il testo si propone di risolvere problemi come il seguente. A e B sono cittadini di due diversi Stati membri, che stipulano un matrimonio omosessuale in uno degli Stati membri il cui ordinamento ammette tale tipo di unione matrimoniale. I due coniugi risiedono abitualmente per tre anni in uno Stato membro che non riconosce i matrimoni omosessuali, ma che ha partecipato all'adozione del regolamento sulla legge applicabile nell'ambito della procedura di cooperazione rafforzata. A e B desiderano sciogliere il proprio matrimonio.
Ai sensi del regolamento (CE) n. 2201/2003 relativo alla competenza, gli unici tribunali competenti in queste circostanze sono quelli dello Stato membro in cui i coniugi risiedono abitualmente. Quella descritta è una palese ingiustizia nei confronti della coppia in questione, che sarebbe esposta a difficoltà e considerevoli perdite di tempo per trasferire la propria causa di divorzio presso un altro tribunale competente.
Alf Svensson (PPE), per iscritto. − (SV) Signor Presidente, quando il Parlamento europeo ha votato oggi la proposta di regolamento del Consiglio relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale, ho deciso di astenermi dalla votazione. A mio parere, il diritto di famiglia, così come la normativa sui divorzi, è un settore in cui il principio di sussidiarietà va mantenuto e in cui ogni Stato membro deve prendere le proprie decisioni. La cooperazione discussa nella relazione è su base volontaria per gli Stati membri dell’Unione europea e, per come stanno ora le cose, sono 14 i paesi partecipanti. La Svezia non è uno di questi. A mio parere, non è opportuno che io, deputato svedese al Parlamento europeo, prenda posizione su una legislazione che riguarda soltanto una forma di cooperazione nella quale la Svezia non è coinvolta.
Angelika Werthmann (NI), per iscritto. − (DE) Signor Presidente, con 16 milioni di matrimoni tra partner di nazionalità diversa nell’Unione europea, dei quali si stima che 140 000 terminano con un divorzio ogni anno, era essenziale negoziare e trovare un accordo per garantire ai cittadini la necessaria certezza del diritto. Dopo che numerose iniziative nel settore sono state oggetto di veto da parte di singoli Stati membri, la procedura di cooperazione rafforzata ha ora dato per lo meno a 14 paesi la possibilità di stabilire i criteri necessari.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione perché la crisi finanziaria mondiale, alla quale le agenzie di rating del credito hanno in parte contribuito, ha mostrato la necessità di introdurre un meccanismo per la loro classificazione e la supervisione. Concordo con la relazione quando incoraggia la creazione, a livello europeo, di un sistema di registrazione e di vigilanza delle agenzie di rating del credito che pubblicano i rating in uso nell’Unione europea, e stabilisce le condizioni di utilizzo nell'Unione europea dei rating emessi da agenzie di paesi terzi. L’accordo raggiunto sull’architettura europea di vigilanza, che entrerà in vigore il 1° gennaio 2011, permette ora l'effettiva attuazione del sistema di vigilanza delle agenzie di rating. È essenziale che già dall’inizio l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) sia in grado di esercitare i propri poteri per garantire una vigorosa vigilanza delle agenzie di rating del credito attive nell’Unione europea e in paesi terzi i cui rating sono autorizzati nell’UE, in piena cooperazione con le loro autorità nazionali. Accolgo con favore, inoltre, il fatto che anche gli Stati Uniti abbiano deciso di elaborare norme di vigilanza più rigorose nel settore, visto che la Commissione sta prendendo in considerazione il perseguimento di una maggiore armonizzazione internazionale.
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. − (LT) Signor Presidente, ho votato a favore di questa risoluzione perché ritengo necessario istituire un meccanismo per l’inquadramento e la vigilanza delle agenzie di rating del credito. La crisi finanziaria mondiale, alla quale le agenzie di rating del credito hanno contribuito, ha influenzato questa iniziativa. Mi trovo d’accordo con la proposta della Commissione europea di organizzare l’accreditamento e la vigilanza delle agenzie di rating del credito da parte dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA). è comunque indispensabile che l'ESMA sia in grado di esercitare fin da subito le proprie competenze per garantire una vigilanza efficace delle agenzie di rating del credito attive nel territorio dell'Unione europea nonché di quelle di paesi terzi autorizzate a emettere rating nell'UE.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Signor Presidente, inizialmente le agenzie di rating del credito pubblicano pareri indipendenti sull’affidabilità creditizia di un’entità, un debito, un’obbligazione finanziaria o uno strumento finanziario. I pareri delle agenzie possono talvolta avere un grave impatto sull’economia del paese la cui regolarità finanziaria viene valutata. Nel 2009, l’Unione europea ha adottato il regolamento (CE) n. 1060/2009 che ha l’obiettivo di disciplinare le attività delle agenzie in modo da tutelare gli investitori e i mercati finanziari europei dal rischio d’irregolarità. Il testo stabilisce le condizioni per pubblicare rating di credito, nonché le norme che disciplinano la registrazione e la vigilanza delle agenzie di rating del credito. Nel frattempo, una relazione pubblicata da un gruppo di esperti ha concluso che il quadro della vigilanza deve essere migliorato per ridurre il rischio e la portata di crisi finanziarie future. Il regolamento “ESMA” (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) ha istituito l’Autorità di vigilanza europea. Per garantire che l’Autorità operi senza problemi e sia adeguatamente integrata nel quadro generale del regolamento finanziario, si è reso necessario emendare il regolamento (CE) n. 1060/2009. Ho votato a favore della relazione, poiché migliora il controllo sulle agenzie di rating del credito.
Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. – (FR) Signor Presidente, sulla base della relazione dell’eccellente collega e amico, l’onorevole Gauzès del gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano), ho votato a favore della proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica al regolamento del 2009 relativo alle agenzie di rating del credito e che conferisce alla nuova Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) poteri di vigilanza su tali entità. Sostengo i miglioramenti proposti dal relatore, in particolare il trasferimento di nuovi poteri, che la Commissione voleva riservarsi, all’ESMA, soprattutto per quanto concerne le sanzioni. Ritengo sia importante che l’Autorità possa delegare parte delle proprie funzioni alle autorità nazionali. Mi rammarico invece che non si menzioni (nonostante l’emendamento normativo non sia probabilmente il mezzo adatto) la questione del rating degli Stati e la vigilanza specifica che deve essere presente quando si procede al rating degli Stati. Propongo di creare un’agenzia pubblica europea per il rating degli Stati, che garantirebbe la tecnicità e l’indipendenza necessarie.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. − (LT) Signor Presidente, la crisi finanziaria mondiale ha dimostrato la necessità di istituire un meccanismo di inquadramento e di vigilanza delle agenzie di rating del credito. È necessario disporre di una vigilanza e di un controllo comune delle agenzie di rating del credito a livello europeo e per questo ho votato a favore di questo importante documento. Nel 2009 è stato adottato il regolamento (CE) n. 1060/2009 relativo alle agenzie di rating del credito, che ha permesso la creazione a livello europeo di un sistema di registrazione e di vigilanza delle agenzie di rating del credito che pubblicano i rating in uso nell’Unione europea e stabilito stabilisce altresì le condizioni di utilizzo nell’Unione europea dei rating pubblicati da agenzie di paesi terzi. È necessario disporre di un sistema di controllo e vigilanza affidabile; sostengo, pertanto, gli emendamenti proposti, che rafforzeranno l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati. Questa istituzione deve essere integrata nel sistema di vigilanza delle agenzie di rating del credito operative nell’Unione europea e deve esercitare il proprio mandato in maniera efficace.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. − (LT) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione, poiché la crisi economica e finanziaria mondiale ha dimostrato la necessità di istituire un meccanismo di inquadramento e di vigilanza delle agenzie di rating del credito. Per questo la Commissione europea ha presentato una proposta intesa a organizzare l’accreditamento e la vigilanza delle agenzie di rating del credito da parte dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA). A quest'ultima saranno conferiti poteri propri in termini di vigilanza come pure poteri di indagine e di sanzione in caso di mancata applicazione del presente regolamento. Concordo con la posizione del Parlamento europeo circa la necessità di stabilire una vigilanza integrata delle agenzie di rating del credito nonché un controllo comune dei loro prodotti a livello di Unione europea. Il Parlamento, inoltre, suggerisce di concentrarsi sull’introduzione dell’ESMA nel sistema di vigilanza delle agenzie e sulla definizione dei suoi nuovi compiti e poteri. È indispensabile che l'ESMA sia in grado di esercitare fin da subito le proprie competenze per garantire una vigilanza efficace delle agenzie di rating del credito attive nel territorio dell'Unione europea nonché di quelle di paesi terzi autorizzate a emettere rating nell'UE.
Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Signor Presidente, mi sono astenuto dal voto sulla relazione sulle agenzie di rating del credito, le quali servono apertamente gli interessi degli speculatori internazionali. Fin dall’inizio della crisi hanno svolto un ruolo negativo e continuano a farlo tuttora. Il loro declassamento mirato e arbitrario dei rating di credito di alcuni paesi, sia all’interno che all’esterno dell’Unione europea, ha spinto questi Stati in un circolo vizioso di speculazione e prestiti. L’incremento degli spread fa aumentare i problemi finanziari degli Stati e arricchisce i mercati a loro spese. Nell’area dell’euro, in particolare, il ruolo e le pratiche delle agenzie di rating del credito hanno un impatto negativo anche sulla stabilità dell’euro. L’Unione europea ha una grande responsabilità politica, dal momento che ha concesso loro la possibilità di pubblicare rating sia delle imprese che delle economie degli Stati membri. Ritengo sia necessario introdurre immediatamente misure rigorose per porre fine alla natura speculativa delle agenzie di rating e, di conseguenza, emendare radicalmente il regolamento (CE) n. 1060/2009. La relazione contiene alcune proposte positive ma deboli e accenna soltanto timidi passi in questa direzione.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Signor Presidente, la necessità di procedere con questo cambiamento proviene dal doveroso adattamento del regolamento (CE) n. 1060/2009 alla nuova architettura europea di vigilanza e dall’introduzione di un nuovo meccanismo per la centralizzazione delle operazioni delle agenzie di rating.
A tale fine, l’Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati – ESMA) riceverà poteri propri in termini di vigilanza e poteri di indagine e di sanzione. Dobbiamo ora garantire che l'ESMA sia in grado di esercitare le proprie competenze e che assicuri una vigilanza efficace delle agenzie di rating del credito attive nel territorio dell'Unione europea nonché di quelle di paesi terzi autorizzate a emettere rating nell'UE.
Pat the Cope Gallagher (ALDE), per iscritto. – (GA) Signor Presidente, la relazione consiste in un emendamento tecnico alla direttiva esistente e conferirà poteri alla nuova Autorità di vigilanza, l’EMSA, a partire dal gennaio 2011. Dobbiamo tenere a mente che ci si aspetta un miglioramento più ampio delle agenzie di rating del credito nella primavera del 2011.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’attività delle agenzie di rating del credito è già, in teoria, oggetto di vigilanza e regolamentazione a livello europeo. Eppure, il dominio delle tre agenzie americane che fanno il bello e il brutto tempo sui mercati europei, i debiti sovrani e, di conseguenza i tassi ai quali gli Stati europei possono prendere in prestito denaro è stato per caso chiamato in causa? Temo di no, ma questo non ha fermato la Standard & Poor dal minacciare, nuovamente di recente, di declassare il rating del Belgio e lo stesso ha fatto Moody’s con la Spagna e Fitch con l’Irlanda.
Nessuna di queste agenzie è stata penalizzata, né dai clienti né dal fatto di avere la reputazione macchiata, per non avere lavorato in modo adeguato durante la crisi Enron e dei mutui subprime. Ora pretendono di svolgere un ruolo politico: la minaccia al Belgio è un tentativo di forzare la costituzione di un governo; l’assenza di minacce contro la Francia vuole prevenire artificialmente la frammentazione della zona dell’euro. La verità è che queste agenzie hanno potere soltanto perché i mercati non sono regolamentati e i vostri testi, per i quali ho comunque votato a favore, non miglioreranno di molto la situazione.
Takis Hadjigeorgiou (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Signor Presidente, il regolamento riguarda sia la vigilanza delle agenzie di rating del credito da parte dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati sia il controllo dell’utilizzo dei rating di credito da parte di entità individuali monitorate a livello nazionale. Le autorità di vigilanza nazionali continueranno a essere responsabili per la vigilanza dell’uso dei rating di credito da parte di tali entità individuali, ma non avranno il potere di adottare misure di vigilanza contro le agenzie di rating del credito che violano il regolamento. Stiamo esaminando la proposta proprio su questo punto in termini di conformità con il principio di proporzionalità. La proposta istituisce un sistema di controllo, ma, nel contesto dell’attuale ambiente neoliberista, non vi sono disposizioni per una sua reale e completa applicazione; si tratta semplicemente di un’azione nuova, psicologicamente diretta all’opinione pubblica generale.
La proposta non è progettata per sostituire un sistema precedente, ma piuttosto per introdurre un nuovo sistema di controllo che non esisteva in passato, nemmeno in questa forma, il che ha permesso alle agenzie di rating del credito di avanzare noncuranti. In questo senso, è forse meglio disporre di questo sistema piuttosto che di niente.
Jiří Havel (S&D), per iscritto. – (CS) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione sull’introduzione della vigilanza centralizzata delle agenzie di rating del credito. Sono pienamente d’accordo con il contenuto della relazione dell’onorevole Gauzès sulla proposta di regolamento che delinea un modello per la vigilanza centralizzata delle agenzie di rating del credito da parte dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA), in particolare alla luce della considerevole mobilità dei servizi forniti dalle agenzie di rating del credito e del loro impatto istantaneo sui mercati finanziari. Una vigilanza centralizzata potrebbe portare a una maggiore trasparenza nel mondo delle agenzie di rating del credito e promuovere una maggiore concorrenza tra le diverse agenzie. Per queste ragioni ho votato a favore della relazione, ma sono comunque preoccupato per il fatto che il periodo proposto per introdurre le modifiche relative al trasferimento di competenze e doveri dagli enti di vigilanza negli Stati membri all’ESMA sia troppo breve e ritengo quindi vada prolungato.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. − (LT) Signor Presidente, ho sostenuto la relazione perché la crisi finanziaria mondiale ha dimostrato la necessità di istituire un meccanismo di inquadramento e di vigilanza delle agenzie di rating del credito, in parte responsabili della crisi. A questo scopo è stato adottato nel 2009 il regolamento relativo alle agenzie di rating del credito, che ha permesso la creazione a livello europeo di un sistema di registrazione e vigilanza delle agenzie di rating del credito che pubblicano i rating in uso nell’Unione europea e stabilisce altresì le condizioni di utilizzo nell’Unione europea dei rating emessi da agenzie di paesi terzi. L’accordo raggiunto sull’architettura europea di vigilanza, che entrerà in vigore il 1° gennaio 2011, conferisce all’ESMA poteri di vigilanza autonomi, relativi in particolare alle agenzie di rating del credito. È pertanto necessario emendare il regolamento in materia, per organizzare l’accreditamento e la vigilanza delle agenzie di rating del credito da parte dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati. A quest'ultima saranno conferiti poteri propri in termini di vigilanza come pure poteri di indagine e di sanzione in caso di mancata applicazione del presente regolamento. Le sanzioni saranno riscosse dagli Stati membri.
Bogusław Liberadzki (S&D), per iscritto. – (PL) Signor Presidente, è necessario un meccanismo per l’inquadramento e la vigilanza delle agenzie di rating del credito. Dobbiamo ammettere che le agenzie di rating del credito hanno contribuito, in parte, alla crisi. Nel 2011 riceveremo una proposta dalla Commissione relativa a diverse misure supplementari sui rating, che potremo introdurre dopo l’adozione della relazione. Le considerazioni espresse mi hanno convinto a sostenere la relazione, a dimostrazione della mia convinzione che essa entrerà in vigore rapidamente con risultati positivi.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Signor Presidente, le agenzie private di rating del credito hanno ricevuto nuovi diritti d’intervento normativo e promesse di delega di poteri dalle autorità pubbliche. La loro dipendenza dai partner privati non conosce limiti come neppure la loro natura arbitraria. Le autorità pubbliche hanno gettato la spugna. È vergognoso.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Signor Presidente, è necessario procedere verso questo cambiamento, affinché il regolamento (CE) n. 1060/2009 possa essere adattato alla nuova architettura di vigilanza europea e affinché si possa introdurre un nuovo meccanismo per la centralizzazione delle operazioni delle agenzie di rating. L’Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati – ESMA) riceverà in questo modo poteri propri in termini di vigilanza come pure poteri di indagine e di sanzione. È fondamentale che l'ESMA possa esercitare le proprie competenze e assicuri una vigilanza efficace delle agenzie di rating del credito attive nel territorio dell'Unione europea.
Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. – (ES) Signor Presidente, non ho potuto sostenere la relazione, poiché sebbene io sia favorevole su molti punti e sulle proposte generali relative a una maggiore trasparenza e una migliore informazione e vigilanza delle agenzie di rating del credito e di altri enti finanziari, la proposta andrà nell’interesse degli investitori, che sono professionisti molto lontani da quella che è stata descritta come “l’economia reale”, dal momento che si fornisce loro maggiore sicurezza giuridica. Pertanto, sebbene concordi con la proposta sulla necessità di lavorare per cercare di raggiungere maggiore trasparenza e sul diritto di disporre di chiare informazioni nel sistema finanziario, ritengo sia più necessario porre fine alla speculazione finanziaria e cercare di arrivare a un regolamento che assoggetti i mercati finanziari alla vigilanza degli Stati membri. La relazione cerca di raggiungere trasparenza, informazione e un livello di vigilanza degli agenti finanziari, ma lo fa in modo cauto e da una prospettiva filocapitalista che cerca di accontentare l’industria finanziaria, approccio che non condivido né sostengo.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. − (EN) Signor Presidente, si tratta di uno strumento molto importante per informare i cittadini dell’Unione europea sulla situazione nelle imprese e nelle banche, ma anche per raffrontare la competitività di diverse marche e articoli. Ho votato a favore. Spero che in futuro il regolamento sarà completato con il controllo dei tassi dei partiti politici e dei mass media per prevenire ogni manipolazione dell’opinione pubblica a scopo di lucro. Le agenzie di rating del credito non lavorano duramente per raccogliere le informazioni e analizzarle; sono pronte a mostrare i risultati favorevoli a chi è disposto a pagare. Tutti coloro che manipolano l’opinione pubblica e quindi tradiscono la società si meritano una punizione severa.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Signor Presidente, più che qualsiasi altra cosa la crisi finanziaria ci ha chiarito che le agenzie di rating del credito detengono un pericoloso monopolio, che le loro valutazioni non sempre sono adeguate e sono talvolta altamente rischiose. è dunque importante istituire un meccanismo per il loro inquadramento e vigilanza. Dal momento che fanno parte di un sistema estremamente complesso di mercati finanziari, si è deciso di tener conto della situazione introducendo un doppio sistema. La relazione, inoltre, stabilisce le condizioni di utilizzo nell'Unione europea dei rating emessi da agenzie di paesi terzi.
È fondamentale che il sistema di vigilanza permetta di imporre sanzioni e il futuro ci dirà in che misura esse saranno effettivamente applicate. Sono ora stati istituiti numerosi enti di vigilanza europei e questo comporta un aumento dell’attività amministrativa e dei costi; questa situazione non va a vantaggio dei contribuenti europei ed ho preso in considerazione questo aspetto nel mio voto.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Signor Presidente, ho votato a favore della risoluzione del Parlamento, poiché sono d’accordo con i seguenti punti:
- la registrazione e vigilanza permanente delle agenzie di rating del credito nell’Unione deve essere unicamente responsabilità dell’Autorità europea di vigilanza (ESA), vale a dire l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA), che deve godere di poteri esclusivi per quanto riguarda la stipula di accordi di cooperazione sullo scambio di informazioni con le autorità pertinenti nei paesi terzi;
- l’ESA (ESMA) deve essere responsabile per la registrazione e la vigilanza permanente delle agenzie di rating del credito e deve godere del diritto di cercare, attraverso una semplice richiesta o decisione, tutte le informazioni di cui necessita da parte di suddette agenzie, individui coinvolti nelle loro attività, organizzazioni che sono oggetto di rating e parti terze a queste collegate, parti terze alle quali le agenzie di rating del credito hanno subappaltato mansioni operative ed entità di qualsiasi altro tipo che siano strettamente e considerevolmente collegate alle agenzie di rating del credito o alle loro attività;
- la registrazione di un’agenzia di rating del credito approvata da un’autorità pertinente deve essere valida in tutta l’Unione in seguito al trasferimento dei poteri di vigilanza dalle autorità pertinenti all’ESA (ESMA).
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, la crisi finanziaria mondiale ha dimostrato la necessità di istituire un meccanismo di inquadramento e di vigilanza delle agenzie di rating del credito, in parte responsabili della crisi. A questo scopo era stato adottato nel 2009 il regolamento (CE) n. 1060/2009 relativo alle agenzie di rating del credito.
Tale regolamento ha permesso la creazione a livello europeo di un sistema di registrazione e di vigilanza delle agenzie di rating del credito che pubblicano i rating in uso nell'Unione europea. Il regolamento stabilisce altresì le condizioni di utilizzo nell'Unione europea dei rating emessi da agenzie di paesi terzi, applicando un duplice sistema di equivalenza e di avallo dei rating. Dunque, esprimo un voto positivo e appoggio il relatore on. Jean- Paul Gauzes che propone di concentrare la riflessione sull'introduzione dell'ESMA nel sistema di vigilanza delle agenzie nonché sulla definizione dei suoi nuovi compiti e poteri. È infatti indispensabile che l'ESMA sia in grado di esercitare fin da subito le proprie competenze per garantire una vigilanza efficace delle agenzie di rating del credito attive nel territorio dell'Unione europea nonché di quelle di paesi terzi autorizzate a emettere rating nell'UE.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Signor Presidente, ho votato a favore della risoluzione del Parlamento, poiché concordo sul fatto che la trasparenza delle informazioni fornite dagli emittenti di strumenti finanziari valutati da un’agenzia di rating del credito appositamente nominata possa potenzialmente rappresentare un considerevole valore aggiunto per il funzionamento del mercato e la tutela degli investitori.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Signor Presidente, la crisi finanziaria mondiale ha dimostrato la necessità di istituire un meccanismo di inquadramento e di vigilanza delle agenzie di rating del credito, in parte responsabili della crisi. A questo scopo era stato adottato nel 2009 il regolamento (CE) n. 1060/2009 relativo alle agenzie di rating del credito. Tale regolamento ha permesso la creazione a livello europeo di un sistema di registrazione e di vigilanza delle agenzie di rating del credito che pubblicano i rating in uso nell'Unione europea. Il regolamento stabilisce altresì le condizioni di utilizzo nell'Unione europea dei rating emessi da agenzie di paesi terzi, applicando un duplice sistema di equivalenza e di avallo dei rating. Nelle discussioni precedenti l'adozione del regolamento (CE) n. 1060/2009, il relatore aveva insistito sulla necessità di stabilire una vigilanza integrata delle agenzie di rating del credito nonché un controllo comune dei loro prodotti a livello di Unione europea.
Il principio era stato accettato e la Commissione si era impegnata a formulare una proposta legislativa in questo senso. L'accordo raggiunto sull'architettura europea di vigilanza, che entrerà in vigore il 1° gennaio 2011, permetterà l'effettiva attuazione del sistema di vigilanza delle agenzie di rating. Il regolamento CE che istituisce l'ESMA sottolinea che tale autorità eserciterà i propri poteri di vigilanza autonomi, relativi in particolare alle agenzie di rating del credito.
Kyriacos Triantaphyllides (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Signor Presidente, il regolamento riguarda sia la vigilanza delle agenzie di rating del credito da parte dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati sia il controllo dell’utilizzo dei rating di credito da parte di entità individuali monitorate a livello nazionale. Le autorità di vigilanza nazionali continueranno a essere responsabili per la vigilanza dell’uso dei rating di credito da parte di tali entità individuali, ma non avranno il potere di adottare misure di vigilanza contro le agenzie di rating del credito che violano il regolamento. È questo il punto su cui si esamina la proposta in termini di conformità con il principio di proporzionalità.
La proposta istituisce un sistema di controllo, ma, nel contesto dell’attuale ambiente neoliberista, non vi sono disposizioni per una sua applicazione effettiva ed essenziale che vadano oltre la natura di azione nuova, psicologicamente diretta all’opinione pubblica generale. Ciononostante, la proposta non è progettata per sostituire un sistema precedente, ma piuttosto per introdurre un nuovo sistema di controllo che non esisteva in passato, nemmeno in questa forma, il che ha permesso alle agenzie di rating del credito di avanzare noncuranti. In questo senso, è forse meglio disporre di tale sistema piuttosto che di niente.
Thomas Ulmer (PPE), per iscritto. − (DE) Signor Presidente, è stato un piacere per me votare a favore della relazione. Il processo graduale di regolamentazione dei mercati finanziari sta iniziando a prendere forma. La tutela degli investitori è stata migliorata e la trasparenza aumentata. La legislazione è ora più ampia e di maggiore portata e fornisce, quindi, una migliore protezione ai coinvolti.
Angelika Werthmann (NI), per iscritto. − (DE) Signor Presidente, la crisi finanziaria mondiale ha dimostrato la necessità di istituire un meccanismo di inquadramento e di vigilanza delle agenzie di rating del credito, in parte responsabili della crisi. Per questo motivo, il 1°gennaio 2011 sarà istituita l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA).
Nel contempo, il proseguimento della crisi e le costanti nuove scoperte sui meccanismi di mercato rendono necessario adattare regolarmente e, se opportuno, ampliare le mansioni e le competenze dell’Autorità. Accolgo dunque con estremo favore le dettagliate spiegazioni e i chiarimenti sulle competenze dell’ESMA in relazione agli enti nazionali pertinenti. Per questo motivo ho votato a favore della relazione.
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. – (LT) Signor Presidente, ho votato a favore di questo documento, perché contribuisce alla necessaria semplificazione del quadro giuridico comunitario. Ritengo che le otto direttive attualmente in vigore nel campo della metrologia rappresentino un ostacolo più che un aiuto alle attività nel settore. Condivido altresì la posizione della relatrice sulla necessità di più tempo agli Stati membri per valutare se l'abrogazione delle direttive determinerà una situazione di incertezza del diritto che richiederà un'armonizzazione delle norme a livello europeo. Propendo, pertanto, per una soluzione che contempli l'abrogazione delle direttive, ma preveda anche un periodo sufficiente per analizzare le possibili conseguenze nel contesto più ampio della revisione del principale strumento giuridico in materia.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Signor Presidente, la metrologia è la scienza delle misure. Fin dall’epoca antica, gli europei hanno adottato numerosi sistemi di misurazione in ogni settore (lunghezza, volume, tasso alcolico e così via). L’adozione del sistema metrico, ad esempio, ha portato a un miglioramento della cooperazione tra i diversi operatori economici sul continente e, in seguito, a livello mondiale. Ciononostante, alcuni settori continuano a essere caratterizzati da una varietà di misure e sistemi di misurazione. Al fine di rimuovere tutte queste barriere alla cooperazione tra gli europei, l’Unione dispone di una politica di lunga data sull’armonizzazione dei sistemi di misurazione e a direttiva 2004/22/CE ha rappresentato un importante passo in questa direzione. Mentre ci prepariamo a revisionare questa normativa, diversi strumenti sembrano ormai obsoleti e vanno rimossi per migliorare la leggibilità. Ho sostenuto il testo, poiché fornisce un gradito adattamento della normativa sulla metrologia.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Signor Presidente, concordo con la necessità di semplificare l’acquis comunitario e aggiornare le direttive che non sono più valide, adattandole all’epoca in cui viviamo. Le direttive in questione sono obsolete e non contribuiscono a una migliore regolamentazione. Secondo la Commissione non è necessario armonizzare la legislazione sulla metrologia, poiché ritiene che vi sia una cooperazione sufficiente tra gli Stati membri e che la situazione attuale del riconoscimento comune di regole basate su parametri internazionali dei diversi Stati membri sia soddisfacente. Dobbiamo comunque considerare il fatto che sarebbe nocivo avere un vuoto nella normativa in materia e che non possiamo contribuire alla creazione di incertezza giuridiche.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Signor Presidente, la relazione oggetto di discussione discute della possibilità di abrogare otto direttive relative alla metrologia, relative a sei settori diversi, al fine di semplificare l’acquis comunitario: contatori d’acqua fredda (direttiva 75/33/CEE); alcolometri e tavole alcolometriche (direttive 76/765/CEE e 76/766/CEE); pesi di precisione media e superiore alla media (rispettivamente direttiva 71/317/CEE e 74/148/CEE); manometri per pneumatici degli autoveicoli (direttiva 86/217/CEE); misurazioni del peso ettolitrico dei cereali (direttiva 71/347/CEE); stazzatura delle cisterne di natanti (direttiva 71/349/CEE).
Dall'esame delle varie opzioni per le otto direttive nel settore della metrologia (abrogazione tout court, abrogazione associata a talune condizioni, nessuna azione) la Commissione conclude che non emerge “un'opzione preferita”. Tuttavia, ai fini del miglioramento della regolamentazione, la Commissione preferisce l'abrogazione tout court di tutte le direttive, vale a dire favorisce una nuova regolamentazione della materia nel quadro della direttiva sugli strumenti di misura.
Sono favorevole alla scelta della Commissione dal punto di vista dell’eccellenza legislativa, sebbene ritenga che gli Stati membri debbano avere il tempo sufficiente per analizzare le possibili conseguenze nel contesto più ampio della revisione del principale strumento giuridico relativo a questa materia, ossia la direttiva sugli strumenti di misura (2004/22/CE).
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Signor Presidente, un acquis comunitario semplice e aggiornato è uno degli obiettivi dell’Unione europea. Non ha senso mantenere norme del tutto obsolete. Per quanto riguarda la metrologia, sembra non sia necessario procedere con l’armonizzazione, poiché la legislazione in vigore consiste nel riconoscimento comune delle normative nazionali basate sugli standard internazionali degli Stati membri. è comunque importante non creare un vuoto normativo sulla questione, affinché non vi siano incertezza giuridiche.
Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. – (ES) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che abroga otto direttive del Consiglio relative alla metrologia poiché, analogamente alla relatrice, sostengo l’obiettivo generale del miglioramento della regolamentazione. Sostengo, inoltre, il parere che “sia opportuno accordare più tempo agli Stati membri per valutare se l'abrogazione delle direttive determinerà una situazione di incertezza del diritto”. Ritengo che le direttive sugli strumenti di misura vadano abrogate e semplificate, revisionando la base giuridica per la metrologia, ovvero la direttiva sugli strumenti da misura. In generale, credo si tratti di un passo positivo verso la semplificazione della legislazione europea, poiché migliorerà l’accesso dei cittadini alla legislazione in questione e renderà possibile lavorare in maniera più efficiente nel settore.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Signor Presidente, otto direttive europee disciplinano attualmente il settore della metrologia in sei diversi ambiti. Per migliorare la regolamentazione, la Commissione propone di abrogare queste direttive. Stando alla Commissione, l’armonizzazione non è necessaria, dato che l'attuale riconoscimento reciproco delle normative nazionali funziona in modo soddisfacente. La relatrice ritiene tuttavia che sia opportuno accordare più tempo agli Stati membri per valutare se l'abrogazione delle direttive determinerà una situazione di incertezza del diritto. Ho votato a favore della relazione, poiché i problemi di incertezza del diritto saranno presi in considerazione dalla relatrice.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Abrogare delle direttive europee è essenzialmente lasciare un vuoto normativo nel sistema comunitario, ma modernizzare un sistema come quello delle direttive sulla metrologia è di certo un passo avanti verso un sistema comune più ampio e moderno. Per questo ho votato a favore della relazione che abroga le 8 direttive del Consiglio relative alla metrologia. Il principio condiviso da Consiglio e Commissione verte comunque su equilibri delicati perché ogni Stato membro dovrà fare affidamento sul riconoscimento reciproco delle normative nazionali, evitando di creare problemi alle imprese di settore che si affidano alle disposizioni sulla metrologia, finché non verrà approvata la revisione della direttiva sugli strumenti di misura che armonizzerà a livello europeo la legislazione a riguardo.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Signor Presidente, concordo con la posizione della relatrice quando sostiene un miglioramento della regolamentazione per quanto riguarda la metrologia.
La Commissione era favorevole all’abrogazione tout court delle otto direttive sulla metrologia, ma il parere della relatrice è più equilibrato: ritiene, infatti, che sia opportuno accordare più tempo agli Stati membri per valutare se l'abrogazione delle direttive determinerà una situazione di incertezza del diritto che richiederà un'armonizzazione delle norme in materia di metrologia a livello europeo. Si stabilisce, quindi, un periodo transitorio per analizzare le possibili conseguenze dell’abrogazione delle direttive e analizzare la necessità di revisionare la direttiva fondamentale in materia (direttiva 2004/22/CE).
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, concordo, con la relatrice on. Anja Weisgerber che guarda con favore all'obiettivo generale del miglioramento della regolamentazione. Tuttavia, con riferimento alla proposta in esame non è chiaro quale sia l'opzione migliore. Nella sua valutazione d'impatto, la Commissione conclude che dall'esame delle varie opzioni per le otto direttive nel settore della metrologia (abrogazione tout court, abrogazione associata a talune condizioni, nessuna azione) non emerge "un'opzione preferita".
Tuttavia, ai fini del miglioramento della regolamentazione, la Commissione preferisce l'abrogazione tout court di tutte le direttive (e fa affidamento sul riconoscimento reciproco delle normative nazionali) all'armonizzazione (ossia a una nuova regolamentazione della materia nel quadro della direttiva sugli strumenti di misura). Ribadisco, concordo con relatrice, che ritiene che sia opportuno accordare più tempo gli Stati membri per valutare se l'abrogazione delle direttive determinerà una situazione di incertezza del diritto che richiederà un'armonizzazione delle norme a livello europeo.
Rovana Plumb (S&D), per iscritto. – (RO) Signor Presidente, abrogare tutte e otto le direttive porterà probabilmente a un aumento degli oneri amministrativi, poiché gli Stati membri potranno introdurre disposizioni nazionali sugli strumenti di misura disciplinati dalle direttive abrogate. Né le direttive abrogate né quelle che continueranno a essere in vigore aumenteranno il livello comune di tutela dei consumatori, ma solo una serie di emendamenti tale garantirà il raggiungimento di questo obiettivo. Ritengo sia opportuno accordare più tempo agli Stati membri per valutare se l'abrogazione delle direttive determinerà una situazione di incertezza del diritto che richiederà un'armonizzazione delle norme a livello europeo. Sostengo anche la proposta della relatrice di completare il processo entro il 1° maggio 2014. Ho pertanto votato a favore della relazione, che propende per l'abrogazione delle direttive, ma accorda tuttavia tempo sufficiente per analizzare le possibili conseguenze nel contesto più ampio della revisione del principale strumento giuridico relativo a questa materia, ossia la direttiva sugli strumenti di misura (2004/22/CE).
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Signor Presidente, accolgo con favore l'obiettivo generale del miglioramento della regolamentazione nel settore della metrologia. Credo comunque sia meglio riflettere ulteriormente, poiché una standardizzazione affrettata potrebbe portare a più problemi e incertezze del diritto che benefici.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Signor Presidente, con questo voto, il Parlamento europeo dimostra di sostenere l’obiettivo generale del miglioramento della regolamentazione. Per quanto riguarda la proposta non è però chiaro quale sarebbe l’opzione migliore. Nella sua valutazione d'impatto, la Commissione conclude che dall'esame delle varie opzioni per le otto direttive nel settore della metrologia (abrogazione tout court, abrogazione associata a talune condizioni, nessuna azione) non emerge “un'opzione preferita”. Tuttavia, ai fini del miglioramento della regolamentazione, la Commissione preferisce l'abrogazione tout court di tutte le direttive (e fa affidamento sul riconoscimento reciproco delle normative nazionali) all'armonizzazione, ossia a una nuova regolamentazione della materia nel quadro della direttiva sugli strumenti di misura. Il Parlamento europeo ritiene sia opportuno accordare più tempo agli Stati membri per valutare se l'abrogazione delle direttive determinerà una situazione di incertezza del diritto che richiederà un'armonizzazione delle norme a livello europeo.
Si propende quindi per una soluzione che contempli l'abrogazione delle direttive, ma preveda tempo sufficiente per analizzare le possibili conseguenze nel contesto più ampio della revisione del principale strumento giuridico relativo a questa materia, ossia la direttiva sugli strumenti di misura (2004/22/CE).
Thomas Ulmer (PPE), per iscritto. − (DE) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione, perché contribuisce in maniera significativa alla riduzione della burocrazia, aspetto su cui si insiste costantemente, e permette di abrogare oltre 20 direttive obsolete o non più necessarie. Si tratta dell’approccio corretto per raggiungere un’Europa più semplice ed efficiente.
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. − (LT) Ho appoggiato questa importante relazione perché sono convinta che l’iniziativa dei cittadini europei costituirà un importante strumento per la definizione dell’agenda dell’Unione europea e promuoverà il moltiplicarsi dei dibattiti transfrontalieri nell’UE. L’iniziativa dei cittadini europei garantisce ai cittadini il diritto di avanzare una proposta legislativa. Perché l’iniziativa possa avere buon esito, i suoi organizzatori dovrebbero unirsi in un comitato dei cittadini composto di persone fisiche provenienti da diversi Sati membri. Questa soluzione assicura che la dimensione delle problematiche sia realmente europea e, contemporaneamente, presenta il valore aggiunto di contribuire alla raccolta delle firme fin dall’inizio. È mia opinione che l’iniziativa dei cittadini europei avrà successo solamente se il regolamento dell’Unione europea sarà accessibile per i cittadini ed eviterà di creare obblighi onerosi e frustrazione negli organizzatori. È inoltre fondamentale che il processo rispetti i requisiti europei in materia di protezione dei dati personali e che sia pienamente trasparente, dall’inizio alla fine. L’iniziativa dei cittadini europei è un nuovo strumento di democrazia partecipativa su scala continentale e particolare attenzione, pertanto, dovrebbe essere prestata alle campagne di comunicazione e informazione tese a darle pubblicità.
Charalampos Angourakis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Il compromesso raggiunto dal Parlamento e dal Consiglio sul regolamento sulla cosiddetta iniziativa dei cittadini europei, che è stata accompagnata da ridicoli interventi trionfalistici a proposito del rafforzamento delle istituzioni democratiche dell’UE, non è altro che un tentativo offensivo di manipolare e ingannare i cittadini. L’iniziativa dei cittadini – titolo fuorviante – non è solo inutile; può rivelarsi pericolosa per i cittadini. A prescindere dai requisiti procedurali che prevedono la raccolta di 1 000 000 firme per chiedere alla Commissione di elaborare una proposta legislativa, la situazione rimane, di fatto, la stessa: la Commissione non è tenuta in alcun modo a presentare tale proposta né la impegna il suo contenuto.
Al contrario, questa “iniziativa dei cittadini”, guidata e manipolata dai meccanismi del capitale e del sistema politico borghese, può essere usata dagli organismi dell’Unione europea per far passare come richieste popolari le decisioni più reazionarie e antipopolari dell’UE e dei suoi monopoli. Questa specie di “iniziativa”, inoltre, sarà usata per opporre firme, memorandum e richieste ai movimenti organizzati di cittadini e di lavoratori, alle dimostrazioni di massa, alle proteste e alle diverse forme di lotta. Alcune “iniziative dei cittadini” non potranno nascondere il volto reazionario dell’Unione europea né arrestare il cammino della lotta di classe e delle battaglie popolari.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) L’iniziativa dei cittadini era una delle promesse del trattato di Lisbona e ora è stata finalmente realizzata. Questa nuova forma di partecipazione alla definizione delle politiche dell’Unione europea permette ai cittadini europei di avere un contatto diretto con la Commissione per chiederle di presentare proposte su temi di loro interesse, purché questi temi rientrino fra le competenze dell’UE. Mancava soltanto un regolamento interno perché questo nuovo diritto dei cittadini europei diventasse una realtà. Il regolamento è arrivato e ho appoggiato la proposta durante la votazione. L’iniziativa può essere registrata presso la Commissione da un “comitato dei cittadini” composto di persone provenienti da almeno sette Stati membri. Può quindi cominciare il processo di raccolta delle firme su supporto cartaceo oppure online. Il milione di firme richieste deve essere raccolto in almeno un quarto degli Stati membri in un periodo di 12 mesi. Gli Stati membri hanno la responsabilità della verifica delle dichiarazioni di sostegno. Possono firmare solo i cittadini che hanno l’età per partecipare alle elezioni del Parlamento europeo. Infine, spetterà alla Commissione, custode dei trattati, decidere se la procedura legislativa proposta debba essere accolta.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto − (LT) Appoggio la decisione adottata dal Parlamento europeo sul diritto dei cittadini europei a presentare proposte legislative. È convinzione comune che l’introduzione di questa iniziativa creerà un legame diretto fra i cittadini e le istituzioni, colmando in tal modo ogni divario e garantendo l’impegno dell’Unione europea ad affrontare i problemi concreti che i cittadini hanno a cuore. Grazie all’iniziativa dei cittadini europei, questi ultimi possono rivolgersi direttamente alla Commissione perché elabori una proposta legislativa. Spetta alla Commissione decidere in merito al seguito da dare alle iniziative dei cittadini che sono state accolte. Il Parlamento europeo potrà contribuire al raggiungimento di questi obiettivi con l’organizzazione di audizioni pubbliche o l’adozione di risoluzioni. Poiché quella in esame è una nuova iniziativa, sarebbe utile che la Commissione presentasse una relazione sulla sua attuazione ogni tre anni e, se necessario, proponesse una revisione del regolamento. Si dovrebbero evitare procedure amministrative eccessivamente complicate per garantire un’applicazione efficace dell’iniziativa. È altresì indispensabile che il processo attuato soddisfi i requisiti previsti dall’Unione europea in materia di protezione dei dati.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR) Una larghissima maggioranza del Parlamento ha adottato la relazione dopo il raggiungimento di un compromesso sulle norme che disciplinano l’iniziativa dei cittadini europei: 628 voti a favore e solo 15 contrari e 24 astensioni. Mi rallegro del risultato della votazione che permette ai cittadini europei, a partire dal 2012, di far sentire con maggior forza la propria voce. L’idea è semplice, si tratta di una sorta di petizione a livello europeo: un comitato dei cittadini composto di persone provenienti da almeno sette Stati membri disporrà di un anno di tempo per raccogliere un milione di firme su un tema di interesse pubblico che richiede l’attenzione della Commissione. La Commissione è poi chiamata a decidere entro tre mesi in merito all’appropriatezza di una proposta legislativa sull’argomento e deve giustificare la propria decisione. Alcune delle condizioni ottenute dagli Stati membri possono non piacerci, ad esempio il requisito di cittadinanza e non di residenza nell’Unione europea per poter firmare una petizione o ancora la possibilità per gli Stati membri di richiedere le carte di identità per verificare le firme. Ciononostante l’iniziativa dei cittadini è un’idea valida, un passo avanti verso una democrazia partecipativa che è giunto il momento di realizzare.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. − (LT) Ho votato a favore della relazione perché l’iniziativa dei cittadini europei, introdotta dal trattato di Lisbona, rappresenta un passo importante verso relazioni più strette fra l’Unione europea e i suoi cittadini. La nuova iniziativa conferirà ai cittadini gli stessi poteri di iniziativa politica del Parlamento e del Consiglio. Inoltre, fornirà loro uno strumento per far sentire la propria voce grazie alla possibilità di indicare alle istituzioni europee alcuni temi di loro interesse. Questo flusso bidirezionale è vantaggioso per entrambe le parti. L’introduzione dell’iniziativa garantisce che le istituzioni si occupino dei problemi concreti che i cittadini giudicano importanti. Il Parlamento, inoltre, potrà aiutare i cittadini a raggiungere questi obiettivi utilizzando tutti gli strumenti a sua disposizione per sostenere quelle iniziative che ritiene più opportune, ad esempio per mezzo di audizioni pubbliche o l’adozione di risoluzioni.
L’Unione europea, tuttavia, deve garantire che il processo rispetti i requisiti europei in materia di protezione dei dati e che sia pienamente trasparente dall’inizio alla fine. È solo offrendo ai cittadini un ambiente sicuro per la presentazione delle loro proposte che riusciremo a guadagnarci la loro fiducia e a promuovere il loro interesse verso il lavoro dell’Unione europea.
Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. – (RO) L’iniziativa dei cittadini, che conferisce a un milione di europei il diritto a proporre iniziative legislative, introduce nell’Unione europea quel concetto di democrazia partecipativa che è, di fatto, sancito dal trattato di Lisbona. Questo è un passo nuovo e importante dell’Unione europea e il Parlamento riceverà quindi un riscontro della bontà del proprio operato dai cittadini che rappresenta. Sono lieto degli sforzi che il Parlamento ha profuso per assicurare che la procedura di iniziativa legislativa sia quanto più semplice possibile per i cittadini perché saranno loro a utilizzarla. Non sarebbe servita una procedura complicata che avrebbe solo generato un sentimento di frustrazione nei cittadini europei.
Le richieste fondamentali del Parlamento sono state accolte. Mi riferisco, ad esempio, al controllo di ammissibilità svolto all’inizio anziché dopo aver raccolto 300 000 firme. È poi una vittoria per il Parlamento e per i cittadini il fatto che le firme debbano essere raccolte in un numero minimo di Stati membri pari a un quarto, e non a un terzo come inizialmente proposto. Mi auguro che, quando la decisione del Parlamento entrerà in vigore nel 2012, siano numerosissime le iniziative presentate dai cittadini europei.
Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Ho votato a favore della relazione sull’iniziativa dei cittadini pur nella consapevolezza che si tratta semplicemente di un mezzo di espressione della volontà dei cittadini europei e non di uno strumento potente di partecipazione o rovesciamento delle politiche attuali. La Commissione ha tentato fino all’ultimo di limitare questo diritto civile e il testo finale, pertanto, non riflette le vere ambizioni iniziali; ne sono un esempio le procedure particolarmente complesse previste per l’esercizio di questo diritto. Gli importanti emendamenti proposti dal gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica sono stati purtroppo respinti e, di conseguenza, i cittadini residenti nell’Unione europea ma senza la nazionalità di uno Stato membro non possono firmare iniziative – impedendo in tal modo l’equa partecipazione dei cittadini residenti nell’Unione europea a prescindere dalla loro nazionalità – né esistono garanzie che le firme raccolte corrispondano ai numeri delle carte d’identità dei firmatari.
Il testo finale è comunque una versione di gran lunga migliore rispetto alla proposta iniziale giacché porta a un quarto il numero minimo di Stati membri, propone la registrazione immediata delle iniziative e richiede che la Commissione organizzi un’audizione pubblica per ogni iniziativa accolta e garantisca piena trasparenza in relazione al finanziamento di ciascuna iniziativa.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) Ho sempre considerato questa iniziativa come una delle innovazioni più importanti del trattato di Lisbona. La possibilità offerta a un milione di cittadini provenienti da un numero significativo di Stati membri di presentare un’iniziativa legislativa dovrebbe contribuire al rafforzamento della cittadinanza europea della società civile organizzata a livello dell’Unione europea. Ho avuto modo di sottolineare l’importanza di questo provvedimento in considerazione del fatto che i membri del Parlamento non dispongono del diritto di iniziativa legislativa. Auspico che l’applicazione pratica di questa iniziativa non risulti essere eccessivamente burocratica e scoraggi così il ricorso a questo nuovo strumento.
Cornelis de Jong (GUE/NGL), per iscritto). − (EN) Sebbene io appoggi senza riserve l’iniziativa dei cittadini europei, ho votato contro la risoluzione finale perché sono rimasto deluso dagli scarsi risultati conseguiti rispetto a questo strumento promettente. In particolare non sono d’accordo con la disposizione che nella maggior parte degli Stati membri richiede ai firmatari di indicare il numero del documento personale d’identità. Sono inoltre contrario a che la partecipazione all’ICE sia limitata ai soli cittadini dell’Unione europea.
Marielle De Sarnez (ALDE), per iscritto. – (FR) L’adozione delle norme fondamentali della “iniziativa dei cittadini” prevista dal trattato di Lisbona rappresenta un ulteriore passo avanti verso una democrazia diretta in Europa. In futuro la Commissione dovrà valutare la possibilità di redigere una nuova normativa europea laddove a chiederglielo è un milione di cittadini provenienti da almeno un quarto degli Stati membri. Questo nuovo strumento permette quindi ai cittadini europei di influire realmente sul processo legislativo portando all’attenzione del livello europeo una richiesta o una preoccupazione sollevata dai cittadini. È una vittoria del nostro movimento che ha sempre insistito sulla necessità di avvicinare l’Unione europea ai suoi cittadini creando un’Europa più solida, più trasparente e più accessibile.
Christine De Veyrac (PPE), per iscritto. – (FR) Con piacere, insieme a una grande maggioranza dei membri del Parlamento, ho votato a favore della relazione sulla “iniziativa dei cittadini” che introduce un livello senza precedenti di partecipazione popolare al processo legislativo nell’Unione europea. Conferendo a un milione di cittadini il diritto di iniziativa politica, il Parlamento si profila come un vero esempio di democrazia partecipativa. Questa è la strada che l’Unione europea deve ora imboccare per il futuro avvicinandosi sempre più ai suoi cittadini.
Martin Ehrenhauser (NI), per iscritto. − (DE) Sono stati introdotti piccoli miglioramenti rispetto alla versione originale. Ho dunque votato a favore della relazione. Cionondimeno, desidero ricordare che, anche dopo l’introduzione di questa inefficace iniziativa dei cittadini, permane ancora un grave deficit democratico nell’Unione europea che non conosce alcuna forma di democrazia diretta. Il prossimo passo deve pertanto essere l’introduzione di referendum obbligatori per le iniziative accolte. Particolarmente auspicabile è l’inclusione di audizioni pubbliche obbligatorie per i promotori delle petizioni con la partecipazione del Parlamento e della Commissione. Tocca ora agli Stati membri dare rapidamente attuazione all’iniziativa dei cittadini evitando di perdere tempo e di introdurre eccessiva burocrazia.
Non sarà necessario effettuare un controllo delle carte di identità da parte delle autorità locali – come accade nel caso delle petizioni nazionali per l’istituzione di un referendum – per la valutazione delle dichiarazioni di sostegno. Le autorità elettorali nazionali dovrebbero affidarsi a un controllo a campione così come proposto dal Parlamento europeo.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante l’iniziativa dei cittadini, una delle disposizioni più importanti introdotte dal trattato di Lisbona e che permette a un milione di cittadini di chiedere alla Commissione di avanzare proposte legislative. I suggerimenti adottati dal Parlamento europeo dovrebbero permettere una maggiore chiarezza, semplicità e facilità di applicazione delle norme relative all’iniziativa dei cittadini.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) L’iniziativa dei cittadini approvata oggi rappresenta un ulteriore passo avanti la creazione di un’Europa costruita per i cittadini e dai cittadini, con un più forte contenuto democratico e una maggiore trasparenza, stimolata ad avvicinarsi ai suoi cittadini e affiancata da una società civile attiva, interessata e partecipativa. Da oggi i cittadini europei potranno chiedere alla Commissione di presentare una proposta legislativa su un determinato argomento purché tale richiesta provenga da un numero minimo di firmatari che rappresentano almeno un quinto degli Stati membri.
Devo tuttavia esprimere il mio sconcerto per l’esclusione di entità collettive e organizzazioni dalla definizione di “organizzatori” (articolo 2, punto 3); mi riferisco in particolare alle ONG e ai partiti politici, organizzazioni fondanti della democrazia rappresentativa. Mi sconcerta anche la terminologia scelta, con l’uso di “comitato dei cittadini” per indicare il gruppo degli organizzatori.
Mi lascia inoltre perplesso il tentativo di fissare a 16 anni l’età minima dei firmatari quando, nella maggioranza degli Stati membri, il diritto di voto attivo e passivo si acquisisce al raggiungimento della maggiore età, al compimento dei 18 anni. Questo dovrebbe essere il riferimento, così come proposto dalla Commissione nei considerando 7 e 2 dell’articolo 3 della proposta.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Mi rallegro dell’adozione di questa relazione sull’iniziativa dei cittadini europei introdotta dal trattato di Lisbona che si prefigge di attribuire ai cittadini gli stessi poteri di iniziativa politica di cui godono oggi il Consiglio e il Parlamento.
Per ciascuna iniziativa si disporrà di 12 mesi di tempo per raccogliere un milione di firme di cittadini provenienti da almeno un quarto degli Stati membri, oggi sette. Il numero minimo di firme per paese va da 74 250 in Germania a 3 750 a Malta. Nel caso del Portogallo il numero minimo di firme richieste a sostegno di un’iniziativa sarà di 16 500.
Toccherà agli Stati membri verificare la validità delle dichiarazioni di sostegno. In Portogallo servirà una carta di identità o un passaporto per poter aderire. I firmatari devono essere cittadini dell’Unione europea e aver raggiunto l’età alla quale si acquisisce il diritto di voto alle elezioni europee (18 anni in Portogallo).
Spetta poi alla Commissione prendere in esame l’iniziativa e decidere entro tre mesi in merito all’opportunità di presentare una proposta legislativa europea sull’argomento. L’esecutivo dell’Unione europea dovrà poi “esporre l’eventuale azione che intende intraprendere e i suoi motivi per agire o meno in tal senso”. Tali motivi saranno resi pubblici.
Carlo Fidanza (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, accolgo con favore la relazione dei colleghi Lamassoure e Gurmai riguardante l'iniziativa dei cittadini. Grazie a questo voto, sono state approvate e addirittura facilitate le regole di base per il funzionamento dell'iniziativa popolare europea, prevista dal trattato di Lisbona.
Un "comitato di cittadini" composto di persone provenienti da almeno sette Stati membri potrà registrare un'iniziativa e iniziare a raccogliere il milione di firme necessario, su carta o online, dopo la verifica di ammissibilità che spetta alla Commissione. Si tratta di un esempio di democrazia partecipativa che ha potenzialità' molto positive, grazie al quale i cittadini sono coinvolti in prima persona unendosi, in un certo senso, al nostro lavoro.
Il lavoro congiunto dei due co-relatori ha dimostrato come, lavorando bene e nell'interesse dei cittadini, si riescono a superare anche le divisioni ideologiche; una posizione di fondo che caratterizza il gruppo PPE, sempre propositivo, aperto al dialogo e alla collaborazione, ma allo stesso tempo ancorato a valori solidi e imprescindibili.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Questa è senza dubbio un’iniziativa demagogica, propaganda dell’Unione europea, il cui unico scopo è di cercare di nascondere l’impoverimento della democrazia oggi in atto e farci dimenticare che sono stati coloro che guidano l’Europa a impedire un referendum sul trattato di Lisbona che ha anticipato la cosiddetta iniziativa dei cittadini.
Nel frattempo, proprio il trattato sull’Unione europea pone dei limiti a tale iniziativa nel suo articolo 11 laddove recita che è necessario un milione di firme di cittadini provenienti da un numero significativo di Stati membri e prosegue stabilendo che è possibile solo invitare la Commissione a presentare una proposta appropriata su materie in merito alle quali tali cittadini ritengono necessario un atto giuridico dell’Unione ai fini dell’attuazione dei trattati.
In altre parole, dopo aver raccolto tutte le firme e soddisfatto tutte le condizioni previste dalla proposta di regolamento, non esistono garanzie che i desideri dei cittadini siano presi in considerazione. La relazione adottata dal Parlamento costituisce, in ogni caso, un leggero miglioramento rispetto alla proposta della Commissione, ma deve rispettare i requisiti del Trattato che già in partenza limita, di fatto, ogni approfondimento dell’iniziativa dei cittadini. Questo è il motivo della nostra astensione.
Pat the Cope Gallagher (ALDE), per iscritto. – (GA) Ciascuna iniziativa dei cittadini deve essere firmata da più di un milione di cittadini dell’Unione europea provenienti da un quarto degli Stati membri: questo era l’elemento più importante del regolamento. Il governo irlandese intende procedere al controllo delle firme incrociandole con le liste elettorali nazionali per le elezioni del Parlamento europeo.
Robert Goebbels (S&D), per iscritto. – (FR) Mi sono astenuto dal voto sul regolamento per l’attuazione dell’iniziativa dei cittadini europei. A mio giudizio il Parlamento sbaglia a voler promuovere il più possibile queste iniziative e sbaglia, in particolare, a ridurre il numero di Stati membri dai quali devono provenire le firme. Continuo a essere un sostenitore della democrazia partecipativa. L’iniziativa dei cittadini non contribuirà a risolvere i problemi economici, ambientali e sociali dell’Unione europea. Ciò che chiamiamo iniziativa dei cittadini andrà sostanzialmente a vantaggio di forze politiche estremiste che sfrutteranno questo strumento per invocare il ripristino della pena capitale, impedire la costruzione di minareti, fermare “l’islamizzazione strisciante” dell’Europa, e sostenere altre campagne populiste.
Nathalie Griesbeck (ALDE), per iscritto. – (FR) Eravamo tutti ad attenderlo dall’entrata in vigore del trattato di Lisbona lo scorso anno: il regolamento sull’iniziativa dei cittadini, che stabilisce le norme d’attuazione, i principi e le procedure fondamentali e che, soprattutto, consentirà l’utilizzo di questo nuovo strumento. Da oggi in poi un milione di cittadini, ovvero solo lo 0,2 percento della popolazione dell’Unione europea, potrà chiedere alla Commissione di avanzare proposte legislative su taluni argomenti: si tratta di un passo importante verso una democrazia partecipativa, che dovrebbe consentire e stimolare il dibattito in Europa giacché le iniziative devono essere promosse dai cittadini che risiedono nei diversi Stati membri; un passo significativo verso un legame più forte fra i cittadini europei, nella speranza che utilizzino concretamente questo nuovo strumento, che possa rivelarsi efficace e che la Commissione possa accogliere le proposte avanzate dai cittadini.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) L’iniziativa dei cittadini europei rappresenta una delle innovazioni più interessanti del trattato di Lisbona. Si tratta di una petizione europea che permetterà a un milione di cittadini provenienti da un numero rappresentativo di Stati membri di inserire un tema all’ordine del giorno della Commissione. In altre parole, segna il nascere di un vero potere legislativo dei cittadini europei giacché la Commissione sarà obbligata a rispondere all’iniziativa dei cittadini predisponendo uno studio o proponendo una direttiva. In una situazione in cui è ancora debole il sentimento dei cittadini di appartenenza all’Unione e in cui soprattutto il tasso di astensione alle elezioni europee è particolarmente preoccupante, questo nuovo strumento permetterà ai cittadini europei di divenire protagonisti della democrazia europea. Per questa ragione mi rammarico delle voci che oggi si sono alzate per evidenziare i rischi insiti nell’iniziativa dei cittadini. Il compromesso raggiunto con il Consiglio è del tutto equo e i criteri che disciplinano l’ammissibilità del progetto impediscono che possa mai realizzarsi un’iniziativa scorretta. Non dovremmo temere il dibattito avviato dai cittadini che fanno ricorso a questo strumento. Ho dunque votato a favore del testo.
Salvatore Iacolino (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'iniziativa legislativa dei cittadini europei costituisce un tassello fondamentale nel processo di costruzione di un'Europa fondata sui diritti dei cittadini. Criteri rigorosi di ammissibilità, procedure accessibili e semplificate, rappresentatività degli Stati membri costituiscono gli elementi portanti di uno strumento che restituisce il primato al valore della partecipazione democratica.
Nel rispetto dei valori dell'Unione, il trattato di Lisbona attribuisce ad almeno un milione di cittadini che rappresentano almeno un quarto degli Stati membri una opportunità autentica di presenza effettiva del cittadino nella formazione delle regole in linea con le attese del popolo europeo. Auspichiamo che questo strumento possa dare impulso alle prerogative del cittadino e che si possa giungere presto a un momento di verifica positiva dei risultati ottenuti, e, ove occorra, alle doverose correzioni nell'interesse del cittadino, per garantire ulteriore snellezza e agilità a questo progetto autenticamente innovativo. Per integrare in tal modo l'Unione fondata sull'euro con quella imperniata sul diritto alla cittadinanza del popolo europeo.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. − (LT) Ho appoggiato questa relazione perché l’iniziativa dei cittadini europei è un nuovo strumento di democrazia partecipativa su scala continentale. È uno strumento che i cittadini dovrebbero usare direttamente e il cui obiettivo è di rafforzare la democrazia diretta, la cittadinanza attiva e l’influenza dei cittadini europei sulle politiche dell’Unione europea. L’iniziativa è stata introdotta prima nel trattato che istituisce una costituzione per l’Europa e poi nel trattato di Lisbona per attribuire ai cittadini lo stesso potere di iniziativa politica di cui già godono il Consiglio e il Parlamento. Sono lieto che la relazione promuova l’uso delle tecnologie moderne quale strumenti appropriati di una democrazia partecipativa. L’introduzione dell’iniziativa creerà un legame diretto fra i cittadini e le istituzioni, andando a colmare il divario che li separa e garantendo ai cittadini che le istituzioni dell’Unione affronteranno i problemi concreti che sono per loro importanti.
Peter Jahr (PPE), per iscritto. − (DE) L’iniziativa dei cittadini adottata oggi è un passo importante che permette all’Unione europea di avvicinarsi ai suoi cittadini. I cittadini dell’UE hanno finalmente la possibilità di partecipare attivamente agli eventi politici. Oltre ad assicurare un coinvolgimento sul piano politico, l’iniziativa consente ai cittadini di rivolgersi direttamente alla Commissione perché intervenga con misure appropriate.
È importante garantire che l’iniziativa sia il più accessibile e semplice possibile e scoraggi gli abusi. Per quanto un’iniziativa possa essere accessibile, se l’uso che se ne fa è eccessivo, perde significato. L’iniziativa dei cittadini porterà maggiore democrazia e contribuirà in modo significativo a rendere l’Europa più moderna e più presente nella vita dei suoi cittadini. Desidero ribadire il mio appello al Parlamento e alla Commissione affinché in questo processo sia assegnato un ruolo adeguato alla commissione per le petizioni.
Jarosław Kalinowski (PPE), per iscritto. – (PL) Uno degli obiettivi principali dell’iniziativa dei cittadini europei è di avvicinare le istituzioni europee ai cittadini e di semplificare per questi ultimi l’esercizio dei propri diritti e privilegi. Questo strumento migliorerà certamente le vite dei cittadini degli Stati membri e contribuirà alla creazione di un’immagine pro-sociale dell’Unione. All’interno dell’iniziativa gli autori della proposta si sono impegnati a garantire un modello di organizzazione degli incontri e raccolta di firme che fosse il più semplice possibile. Se i cittadini europei vogliono far sentire la propria voce su temi che giudicano importanti, è nostro dovere garantire che siano ascoltati e che le loro richieste siano prese in considerazione. Dopo tutto questo è il significato di una vera democrazia.
Sandra Kalniete (PPE) , per iscritto. – (LV) Il Parlamento europeo oggi ha adottato una decisione storica, che offre la possibilità alla società civile di partecipare molto più attivamente al processo decisionale. Una società civile attiva, coinvolta nel processo decisionale politico, rappresenta uno degli elementi portanti della democrazia. Questo è uno dei requisiti fondamentali di una politica di alto livello, che nel corso di molti anni ha permesso agli Stati membri dell’Unione europea di raggiungere un grado elevato di democrazia, diritti umani e welfare, e all’Europa nel suo complesso di divenire la regione più sviluppata del mondo. Il compito della società civile non consiste esclusivamente nel partecipare alle elezioni. I cittadini devono essere coinvolti nel processo decisionale quotidiano, devono esprimere la loro posizione in merito a decisioni specifiche o eventi dell’agenda politica. È nell’interesse dei cittadini partecipare al controllo democratico dell’autorità e criticare i politici per il loro operato. Senza una società civile attiva, non sarebbe stato possibile ripristinare l’indipendenza dei paesi baltici e assicurare il nostro ritorno all’Europa. Per questa ragione voto con convinzione a favore dell’iniziativa dei cittadini.
Fino a oggi la normativa europea non comprendeva meccanismi chiari sufficientemente sviluppati che consentissero agli europei di partecipare al processo decisionale e di attirare l’attenzione delle istituzioni europee sulle preoccupazioni che li affliggono. Sono convinta che l’iniziativa dei cittadini rafforzerà la fiducia della popolazione nell’Unione europea e la legittimità delle decisioni adottate.
Tunne Kelam (PPE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore degli emendamenti proposti dal Parlamento in merito all’iniziativa dei cittadini perché ritengo che rendano più forte questo strumento e permettano una più ampia partecipazione popolare. Questo è un momento storico per i cittadini europei ai quali viene affidato uno strumento concreto per portare all’attenzione del livello europeo temi e argomenti importanti. Invito la Commissione a prendere nota dell’emendamento che chiede procedure semplici e trasparenza per i cittadini. Una cosa è creare un meccanismo, ma poi deve essere anche accessibile e comprensibile per i cittadini europei per consentire loro di farvi pienamente ricorso. Il Parlamento sta cercando di semplificare i criteri previsti per i firmatari e chiede che questi ultimi debbano provenire da almeno un quinto degli Stati membri anziché da un terzo.
Il Parlamento chiede inoltre l’introduzione di un sistema di raccolta delle firme online che sia facilmente accessibile e gratuito. Desidero in particolare sottolineare la necessità di convocare comitati dei cittadini per l’organizzazione delle iniziative. Il movimento dei comitati dei cittadini è stato uno dei fattori più importanti che hanno portato alla ritrovata indipendenza dell’Estonia nel 1991. Questo è un segnale che dimostra inequivocabilmente che i cittadini possono abbattere i muri.
Elisabeth Köstinger (PPE), per iscritto. − (DE) Appoggio la decisione del Parlamento di offrire ai cittadini europei l’opzione dell’iniziativa dei cittadini. Questo nuovo sistema di petizione europea è uno strumento importante che permette una maggiore partecipazione dei cittadini e una democrazia più diretta. Il trattato sull’Unione europea migliora complessivamente il funzionamento democratico dell’UE. I cittadini possono partecipare alla vita democratica dell’Unione e rivolgersi direttamente alla Commissione. L’iniziativa dei cittadini attribuisce agli europei un diritto di iniziativa simile a quello del Parlamento e del Consiglio. Per garantire la corretta attuazione di questo strumento, è necessario almeno un milione di firme di cittadini provenienti da un numero minimo di Stati membri pari a un quinto dei paesi dell’Unione europea. Nella sua risoluzione il Parlamento raccomanda l’adozione di misure che semplifichino il ricorso a questa iniziativa da parte dei cittadini.
La Commissione, per esempio, dovrebbe considerare l’uso dei programmi esistenti che promuovono la mobilità e la cittadinanza attiva nonché nuove forme di comunicazione come i social network, che incoraggiano il dibattito pubblico. Sono lieta che le rappresentanze e gli uffici negli Stati membri agiscano da interfaccia e organi consultivi.
Sabine Lösing and Sabine Wils (GUE/NGL), per iscritto. − (DE) Nonostante i miglioramenti apportati all’iniziativa dei cittadini europei dal compromesso fra la Commissione e il Parlamento, restano comunque inutili ostacoli burocratici. Esiste inoltre il rischio che l’iniziativa possa essere strumentalizzata, per esempio da grandi gruppi economici e organizzazioni, perché, anche se la trasparenza è garantita, non è previsto alcun limite per le donazioni di questi soggetti. Per questi e altri motivi ci siamo astenuti dalla votazione finale.
Ecco alcune delle nostre critiche:
1. Le imprese non sono escluse dall’iniziativa.
2. Manca una decisione sulla possibilità di partecipazione dei cittadini più giovani, fin dall’età di 16 anni. La loro partecipazione dipende dalla legge elettorale nazionale.
3. I cittadini di paesi terzi che vivono nell’Unione europea non possono prendervi parte.
4. Non è previsto alcun rimborso sopra le 100 000 firme (EUR 0.005 per firma). L’iniziativa risulta dunque molto costosa per i suoi promotori e non è pertanto egualmente accessibile a tutti.
5. Non sono vietate le donazioni delle imprese a sostegno di un’iniziativa dei cittadini europei e non esiste un limite massimo per tali donazioni.
6. Non viene fornita alcuna informazione specifica circa la possibilità di ricorrere alla Corte di giustizia dell’Unione europea nel caso in cui un’iniziativa sia respinta.
7. Se la Commissione respinge la proposta di testo legislativo, non è tenuta a giustificare la propria decisione.
Petru Constantin Luhan (PPE), per iscritto. – (RO) L’iniziativa dei cittadini europei creerà un legame diretto fra i cittadini e le istituzioni, andando a colmare il divario esistente e costringendo le istituzioni europee ad affrontare i temi che più preoccupano i cittadini. Mi si consenta di sottolineare alcuni punti che non devono essere trascurati.
1. L’iniziativa dei cittadini avrà successo solo se il regolamento che la disciplina sarà di facile comprensione e applicazione per gli utenti ed eviterà di imporre obblighi eccessivi agli organizzatori.
2. Dopo il negoziato con la Commissione e il Consiglio, si è concordato che esiste la necessità che i sostenitori di un’iniziativa forniscano alcuni elementi identificativi e che gli Stati membri procedano alla loro verifica. È tuttavia fondamentale garantire che il processo rispetti la normativa europea in materia di protezione dei dati. Una qualsiasi organizzazione che intenda appoggiare un’iniziativa deve assicurare la massima trasparenza sul sostegno erogato così che i firmatari sappiano chi sta dietro l’iniziativa cui hanno scelto di aderire.
3. Gli uffici di informazione del Parlamento negli Stati membri e le reti d’informazione della Commissione – ad esempio Europe Direct e il servizio di orientamento per i cittadini – devono essere coinvolti e informare i cittadini a proposito dell’iniziativa.
Elżbieta Katarzyna Łukacijewska (PPE), per iscritto. – (PL) Ho appreso con piacere del risultato della votazione odierna sull’iniziativa dei cittadini. Con l’introduzione dell’iniziativa dei cittadini il trattato di Lisbona è divenuto uno strumento legislativo per i cittadini dell’Unione europea. Non dobbiamo tuttavia dimenticare che la raccolta di un milione di firme non significa necessariamente che sarà adottata una nuova legge. Perché ciò accada, occorre seguire l’iter legislativo dell’UE e noi membri del Parlamento dobbiamo fare in modo che le procedure siano semplificate al nostro interno, per evitare delusioni. Sono convinta che dovremmo lanciare efficaci campagne di informazione su questo strumento negli Stati membri così che i temi sollevati con l’iniziativa dei cittadini corrispondano a ciò che è previsto nei trattati e ai valori dell’Unione europea.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Grazie a questa importante iniziativa del Parlamento europeo, un milione di cittadini europei potrà chiedere alla Commissione di elaborare un testo legislativo su un determinato argomento. Le norme che danno attuazione all’iniziativa dei cittadini approvata oggi dal Parlamento prevedono che i firmatari provengano da almeno sette Stati membri. Nel caso del Portogallo serviranno almeno 16 500 firme a sostegno di un’iniziativa. Con il trattato di Lisbona si è creato un diritto di iniziativa dei cittadini in virtù del quale un milione di europei può chiedere alla Commissione di presentare una proposta legislativa. Il regolamento adottato in plenaria oggi stabilisce le condizioni necessarie per la presentazione delle future iniziative dei cittadini.
Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. – (ES) Ho votato a favore della relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull’iniziativa dei cittadini perché, pur non soddisfacendo se non vagamente la posizione del mio gruppo giacché ignora elementi importanti come l’idea di permettere iniziative che propongono una modifica dei trattati o quella di estendere il periodo per la raccolta delle firme da 12 a 18 mesi, credo comunque che la relazione rappresenti un miglioramento significativo seppur insufficiente rispetto al testo presentato dalla Commissione. L’iniziativa dei cittadini è un meccanismo di partecipazione pubblica previsto dal trattato di Lisbona per permettere ai cittadini europei e alla società civile di partecipare al processo di definizione delle politiche europee. Ho appoggiato il testo presentato perché semplifica la creazione di un meccanismo e della sua procedura. Per esempio, il testo semplifica il processo di registrazione delle iniziative e limita il numero di Stati membri che devono essere rappresentati dai cittadini portandolo da un terzo a un quarto. Esso rappresenta inoltre un passo avanti rispetto alla proposta della Commissione giacché rafforza la trasparenza sul finanziamento delle campagne di raccolta delle firme.
Louis Michel (ALDE), per iscritto. – (FR) L’iniziativa dei cittadini europei sarà uno strumento potente per la definizione dei temi da inserire all’ordine del giorno dell’Unione europea. L’iniziativa è stata introdotta dal trattato di Lisbona e permetterà a un milione di cittadini europei di rivolgersi alla Commissione per chiederle di presentare una proposta legislativa su temi che rientrano fra quelli di sua competenza. Questo strumento attribuisce ai cittadini dell’Unione il diritto di far sentire la propria voce conferendo loro un diritto di iniziativa simile a quello esercitato dal Parlamento e dal Consiglio.
Le iniziative dei cittadini dovrebbero inoltre incoraggiare un più ampio dibattito transfrontaliero perché la loro presentazione richiede la partecipazione di cittadini provenienti da diversi Stati membri. La loro attuazione, tuttavia, sarà possibile solo se saranno soddisfatti certi requisiti procedurali e rispettati i valori fondamentali dell’Unione europea per evitare che questo strumento sia utilizzato per scopi non democratici. Tali requisiti rappresentano una garanzia di affidabilità e, quindi, di efficacia dell’iniziativa. È inoltre indispensabile assicurare che il processo rispetti i requisiti dell’Unione europea in materia di protezione dei dati e sia totalmente trasparente dall’inizio alla fine.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. − (EN) Non condivido il parere dei miei colleghi del gruppo S&D e per questa ragione mi sono astenuto dalla votazione. Non importa di chi è la colpa di un errore: moltiplicarlo è una sciocchezza. L’iniziativa dei cittadini è indubbiamente necessaria, ma raccogliere un milione di firme per poter far sentire la propria voce è assurdo. Vorrei chiedere ai relatori se hanno mai raccolto firme. Se lo hanno fatto, dovrebbero sapere che il costo minimo di ciascuna firma autenticata da un notaio è pari a 20 euro. Ciò significa che l’introduzione di una nuova legge costerà fra 20 e 30 milioni di euro. Chi ne sosterrà il finanziamento? Solo le grandi imprese possono permetterselo, non i cittadini comuni. Non è forse tutta una finta allora? Ricordiamocelo: i membri del Parlamento europeo rappresentano anche questi cittadini.
Gay Mitchell (PPE), per iscritto. − (EN) Questa iniziativa ci era stata promessa durante il processo di Lisbona e mi rallegro che ora abbia trovato attuazione.
È fondamentale che l’iniziativa dei cittadini non si presti a manipolazioni politiche, economiche o di altro tipo. Dovrebbe essere lasciata all’intraprendenza spontanea dei cittadini e non essere manipolata per secondi fini. Dovrebbe essere aperta e trasparente.
Per cominciare, la Commissione dovrebbe dare pubblicità alle condizioni previste per l’iniziativa una volta che queste sono state concordate.
Non sarebbe forse ragionevole all’avvio del processo che la Commissione organizzasse una sorta di gara in tutta l’Unione per sondare il terreno e scoprire quali sono le dieci problematiche rispetto alle quali i cittadini europei auspicano un’iniziativa insieme ad altri europei?
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) l’iniziativa dei cittadini europei è un primo piccolo passo nella giusta direzione. Ho votato a favore del testo perché l’iniziativa è il primo strumento di democrazia diretta nell’Unione europea. L’iniziativa dei cittadini, tuttavia, è semplicemente una parvenza di democrazia diretta, che porterà i cittadini a credere di avere il diritto di codecisione in alcuni ambiti. L’iniziativa non comporta alcuna conseguenza, a prescindere dal numero dei suoi firmatari. È ovvio il parallelismo con il sistema delle petizioni per un referendum in Austria. In Austria le petizioni finiscono generalmente in un cassetto e la stessa sorte toccherà alle iniziative dei cittadini europei. Ci si è inoltre sforzati di assicurare che le posizioni non conformiste possano essere soffocate. La Commissione effettua il controllo finale dell’ammissibilità di un’iniziativa. Nella vera Unione europea chi si trova al timone non solo decide della legislazione e delle direttive: vuole anche controllare la volontà dei cittadini.
L’iniziativa dei cittadini europei, tuttavia, offre se non altro la possibilità ai movimenti e ai partiti non conformisti di sviluppare le proprie idee. In futuro sarà possibile a livello europeo – così come accade in Austria – organizzare delle campagne e mostrare ai cittadini che esistono strade verso un’Europa diversa e migliore che ci allontanano dai vicoli ciechi di Bruxelles.
Vital Moreira (S&D), per iscritto. – (PT) Sebbene io appoggi il regolamento sull’iniziativa dei cittadini, non posso accettare che i membri del Parlamento europeo o dei parlamenti nazionali abbiano la possibilità di partecipare a queste iniziative né che possano essere finanziate da partiti politici o enti pubblici.
Entrambe queste soluzioni contrastano con lo spirito di questo nuovo meccanismo, che vuole consentire ai cittadini comuni e alla società civile di partecipare alla vita politica dell’Unione. Né sono d’accordo con la scelta di permettere alla Commissione di adottare certe specifiche tecniche necessarie per l’applicazione della legge per mezzo di un “atto esecutivo”. I provvedimenti di carattere generale assegnati alla Commissione per l’attuazione degli strumenti legislativi non dovrebbero essere considerati “atti esecutivi” sotto il controllo degli Stati membri ma “atti delegati” sottoposti al controllo diretto del legislatore.
Allo stesso modo, non ha senso, dopo il trattato di Lisbona, continuare ad applicare la procedura normativa della comitologia classica perché questa si riferisce evidentemente a materie che sono attualmente gestite con la procedura legislativa o con quella degli “atti delegati”. Le disposizioni ricordate sono dunque in contrasto con il trattato di Lisbona. A prescindere da queste obiezioni specifiche, ritengo che nel complesso questa sia una norma eccellente che rende giustizia all’’importanza politica e costituzionale del nuovo meccanismo di democrazia partecipativa nell’Unione europea.
Justas Vincas Paleckis (S&D), per iscritto − (LT) Ho votato a favore della posizione del Parlamento sull’’iniziativa dei cittadini perché appoggio con convinzione questo diritto sancito dal trattato di Lisbona. In quanto ottimista credo che questo potrebbe essere uno dei principali strumenti che contribuiscono ad avvicinare le istituzioni europee al cittadino comune. In ultima analisi, sarà possibile per una parte della società attiva sotto il profilo civile influire direttamente sulle decisioni adottate dall’Unione europea. Occorre riconoscere che, in un momento in cui molti interventi europei sono spesso criticati dall’’opinione pubblica, fin dall’inizio l’iniziativa dei cittadini europei è stata generalmente accolta con giudizi positivi e di approvazione. Mi auguro che si possa alla fine disporre di norme chiare che non siano appesantite da inutili requisiti burocratici e che questo strumento possa aiutare la società europea a dar voce alle proprie opinioni.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Il testo in questione risponde pienamente alle mie aspettative, in particolare su tre punti. In primo luogo, l’età minima per sostenere un’iniziativa legislativa è stata fissata a 18 anni (età minima per votare alle Elezioni per il PE), in analogia con quanto previsto per la partecipazione a strumenti di democrazia diretta come il Referendum. In secondo luogo, la necessità di richiedere i documenti di identità dei cittadini europei residenti che intendono firmare le dichiarazioni di sostegno, per poter effettuare i controlli previsti dal Regolamento nel rispetto della normativa vigente. E, infine, la necessità di disporre di un termine di 12 mesi per l’applicazione del Regolamento dopo la sua entrata in vigore, al fine di consentire alle competenti amministrazioni nazionali – molte delle quali si confrontano per la prima volta con un simile strumento – di predisporre tutte le misure legislative, amministrative e finanziarie necessarie.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT. È con grande piacere che ho votato a favore della relazione sull’iniziativa dei cittadini, una delle innovazioni più significative del trattato di Lisbona. Questo nuovo strumento giuridico può contribuire a rafforzare la partecipazione dei cittadini europei. Anzi, la possibilità offerta a milioni di cittadini di invitare la Commissione a legiferare su un determinato argomento rappresenta un passo importante sulla strada che vuole ravvicinare l’Europa ai suoi cittadini. Plaudo al lavoro dei relatori il cui obiettivo era di semplificare l’iniziativa dei cittadini ed eliminare gli ostacoli burocratici per renderla il più accessibile possibile.
Appoggio la maggior parte delle richieste avanzate dal Parlamento, in modo particolare quella che sostiene la necessità di provvedere alla verifica dell’ammissibilità dell’iniziativa al momento della sua presentazione e non dopo la raccolta di 300 000 firme quando sono maggiori le aspettative dei firmatari. Sono favorevole alla riduzione del numero minimo di Stati membri che devono partecipare alla raccolta iniziale di firme a sostegno dell’iniziativa. La proposta prevedeva inizialmente che i firmatari dovessero provenire da almeno un terzo degli Stati membri e il Parlamento con il Consiglio ha concordato di portare questo numero a un quarto.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, appoggio l'iniziativa dei relatori onn. Zita Gurmai e Alain Lamassoure ossia, che gli organizzatori dell'iniziativa dei cittadini europei si riuniscano in un comitato di cittadini composto da soggetti provenienti da diversi Stati membri. Ciò garantirà il reale carattere europeo delle tematiche individuate e allo stesso tempo avrà il vantaggio di favorire la raccolta di firme fin dalle prime fasi.
Condivido l'idea dei relatori, secondo cui l'iniziativa dei cittadini europei rappresenta un nuovo strumento di democrazia partecipativa su scala continentale. Di conseguenza, il presente regolamento potrebbe non essere perfetto e la prassi potrebbe presentare nuove sfide per i responsabili politici europei. Per questo motivo sono d'accordo con i relatori chiedono alla Commissione di presentare una relazione a cadenza triennale sull'attuazione del regolamento e, ove necessario, a proporne una revisione.
Rovana Plumb (S&D), per iscritto. – (RO) L’iniziativa dei cittadini introdotta dal trattato di Lisbona è stata concepita per garantire ai cittadini il diritto a partecipare alla vita democratica dell’Unione europea. L’obiettivo è quello di fornire ai cittadini uno strumento che permetta loro di far sentire la propria voce indicando alle istituzioni europee quelli che sono i temi di loro interesse. Fra questi potrebbero figurare le difficoltà che incontrano quotidianamente e che ritengono non ricevano sufficiente attenzione da parte dei sindacati, delle istituzioni politiche e di altri interlocutori istituzionali. L’iniziativa dei cittadini creerà un legame diretto e opportuno fra i cittadini e le istituzioni, dell’Unione europea, spingendo queste ultime ad affrontare le problematiche specifiche più importanti segnalate dai cittadini. Questo strumento si accompagna alla necessità di soddisfare determinati requisiti amministrativi ma anche di rispettare, fra le altre cose, i valori fondamentali dell’Unione europea per garantire l’affidabilità e l’efficacia dell’iniziativa che sono necessarie per il suo successo.
È indispensabile garantire che il processo rispetti i requisiti dell’Unione europea in materia di protezione dei dati e sia caratterizzato dalla massima trasparenza. Qualsiasi organizzazione, associazione o partito politico avrà la possibilità di appoggiare l’iniziativa dei cittadini di propria scelta purché sia garantita piena trasparenza a proposito del sostegno offerto in modo che i firmatari sappiano chi sono i sostenitori delle iniziative alle quali intendono o meno aderire.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Mi rallegro dell’adozione della relazione, che rappresenta un passo importantissimo nell’affermazione della natura costituzionale dell’Unione europea fornendo ai cittadini un meccanismo di partecipazione democratica accessibile ed efficace che contribuirà indubbiamente a un loro maggiore coinvolgimento e impegno nella vita politica europea e a un rafforzamento dei legami di solidarietà fra i diversi Stati membri.
Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) La democrazia partecipativa ha fatto il suo ingresso trionfante in Europa con l’adozione di questa relazione sull’iniziativa dei cittadini europei, uno degli ambiti di progresso più importanti introdotti dal trattato di Lisbona. Un milione di cittadini europei ha oggi la possibilità di rivolgersi alla Commissione per chiederle di esprimere un parere su un tema di interesse per la società purché questo tema rientri fra quelli di competenza della Commissione. Un milione di cittadini provenienti da almeno un quarto degli Stati membri e con età minima pari a quella prevista per esercitare il diritto di voto: in altre parole, lo 0,2 per cento della popolazione dell’Unione europea. Le firme devono essere raccolte per iscritto oppure online e devono essere controllate. Gli organizzatori devono essere identificati: chi sono, cosa sostengono, per chi lavorano. Questa iniziativa rappresenta un potenziale balzo in avanti per la legittimità democratica dell’Unione europea. È un passo verso l’avvicinamento dei cittadini all’UE che, a torto o a ragione, viene vista spesso come un’entità lontana anni luce dalle loro preoccupazioni quotidiane.
Non dovremmo comunque ignorare il pericolo che l’iniziativa possa essere sfruttata da talune organizzazioni non governative (ONG) o da certi settori dell’industria. Perché questo strumento abbia successo, devono essere i cittadini a ricorrervi spontaneamente. L’iniziativa deve contribuire a far avanzare il dibattito, a riconciliare i cittadini con l’Unione europea e a sviluppare una società civile europea.
Crescenzio Rivellini (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, si é votato oggi in Plenaria la relazione "Iniziativa dei cittadini europei". Tale iniziativa è stata introdotta dal trattato di Lisbona all'articolo 11 con lo scopo di attribuire ai cittadini gli stessi poteri di iniziativa politica di cui godono già il Consiglio dei ministri e il Parlamento europeo. L'ICE rappresenta un nuovo strumento di democrazia partecipativa su scala continentale.
Il 31 marzo 2010 la Commissione ha presentato la sua proposta di regolamento ed il 14 giugno il Consiglio ha approvato l'approccio generale su ICE. La commissione per gli affari costituzionali del Parlamento europeo ha adottato la sua relazione nel mese di novembre, dove era previsto un mandato di negoziato. Il trilogo del 30 novembre ha raggiunto un accordo su vari emendamenti. I punti principali dell'accordo riguardano la fusione della registrazione e dell'ammissibilità, il numero delle firme che devono venire da come minimo 1/4 degli Stati membri, creazione di un Comitato dei cittadini; età minima per appoggiare l'iniziativa; sistema di raccolta online.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (FR) I nostri cittadini attendevano l’introduzione di questo nuovo strumento che consentirà loro di influire sulla politica dell’Unione europea. I cittadini hanno già dimostrato di sapere come usare questa iniziativa per partecipare al dibattito legislativo. Si prenda, ad esempio, la petizione per una moratoria degli organismi geneticamente modificati (OGM) organizzata da Greenpeace e Avaaz e inviata la scorsa settimana al Presidente della Commissione Barroso. I cittadini, purtroppo, hanno anticipato il legislatore e la petizione è arrivata prima della definizione delle norme di procedura che renderanno operativa l’iniziativa dei cittadini agli inizi del 2012.
Spetta a noi Stati membri, pertanto, trasmettere e sostenere questa richiesta avanzata da quasi 1,2 milioni di europei e garantire che possa avere un seguito. Il Parlamento, che è riuscito a usare la sua influenza nei negoziati con il Consiglio e la Commissione e a rendere l’iniziativa quanto più accessibile ed efficace possibile, ha aperto la strada. Nulla potrà ora impedire ai cittadini di partecipare direttamente alla vita dell’Unione europea.
Debora Serracchiani (S&D), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, con il voto di oggi, si è dato il via al primo esempio di partecipazione democratica europea. L'iniziativa popolare europea rappresenta una delle disposizioni più innovatrici del trattato di Lisbona, un primo passo verso la democrazia diretta.
L'iniziativa è uno strumento che permette ai cittadini, con la presentazione di un milione di firme, lo 0,2% della popolazione dell’Unione, di proporre alla Commissione europea di presentare una proposta legislativa su qualsiasi questione che considerino di loro interesse. I casi relativi all’ambiente, alle questioni sociali e i disastri causati dalla crisi finanziaria, figurano tra i temi più sensibili che possono mobilitare i cittadini per chiedere all’UE che si legiferi su queste materie.
Czesław Adam Siekierski (PPE), per iscritto. – (PL) Con l’adozione oggi della proposta sull’iniziativa dei cittadini abbiamo realizzato un elemento importante del trattato di Lisbona grazie al quale i cittadini potranno partecipare direttamente al dibattito sull’Unione europea. Si tratta di un passo particolarmente importante per il Parlamento europeo che viene eletto dai cittadini. In nostro ruolo, ora, è di prestare seria attenzione a questo strumento che assicura una maggiore democratizzazione della vita pubblica in Europa. Sarebbe deplorevole se dovesse rimanere lettera morta e i cittadini avessero l’impressione che stiamo offrendo loro solo la possibilità teorica di partecipare a un’iniziativa legislativa. Sarà una prova importante per le istituzioni europee che dovranno dimostrare fino a che punto stanno davvero servendo gli interessi dei cittadini e non i propri. È buona cosa che a tre anni dall’entrata in vigore del regolamento ci sia la possibilità di rivedere le disposizioni che si sono rivelate poco efficaci. In questo modo il sistema sarà realmente in grado di garantire un dibattito democratico.
Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. – (NL) Ho votato a favore dell’adozione delle norme sull’iniziativa dei cittadini europei. Il Parlamento ha potuto ottenere sufficienti risultati nei suoi negoziati con il Consiglio. L’iniziativa dei cittadini offre la possibilità agli abitanti dell’Unione europea di presentare una proposta da inserire all’ordine del giorno politico europeo. La raccolta di un milione di firme obbliga la Commissione a prendere in esame la proposta e a indicare le ragioni che la spingono a presentare o a rifiutare un testo legislativo ufficiale. L’Unione europea voleva che le firme fossero raccolte in almeno nove Stati membri, ma il Parlamento è riuscito ad abbassare questa soglia a sette. Inoltre, gli organizzatori che riusciranno a raccogliere un numero di firme sufficiente, potranno illustrare personalmente la propria proposta alla Commissione e al Parlamento. È un peccato che il Parlamento non sia stato in grado di evitare che diciotto Stati membri richiedano ai propri cittadini di fornire il numero del documento personale di identità quando firmano un’iniziativa dei cittadini. Questa decisione allontanerà eventuali sostenitori. Alcuni avranno paura di un furto di identità. Ci sono paesi che non richiederanno il numero del documento di identità. Questa discrepanza introdurrà una disparità giuridica nell’Unione europea. Spetta ora soprattutto alla Commissione decidere quanta considerazione prestare ai cittadini europei.
Ernst Strasser (PPE), per iscritto. − (DE) La votazione di oggi sull’iniziativa dei cittadini europei ha introdotto un nuovo elemento di democrazia diretta quasi esattamente a un anno di distanza dall’entrata in vigore del trattato di Lisbona. Ho accettato il mio mandato al Parlamento per sottoporre a Bruxelles le preoccupazioni dei cittadini austriaci. Mi sono impegnato in questo senso ed è dunque per me fondamentale che le preoccupazioni dei cittadini siano ascoltate a livello europeo. L’iniziativa dei cittadini europei dovrebbe essere vista come una possibilità di coinvolgere più da vicino i cittadini nel processo decisionale dell’Unione europea. Oggi per la prima volta i cittadini dell’UE possono presentare iniziative legislative alla Commissione e, conseguentemente, influire attivamente sulla politica dell’Unione europea.
Dopo lunghi negoziati possiamo definire un successo il fatto che la barriera di ammissibilità di 300 000 firme sia stata abbassata e che il numero di Stati membri sia stato ridotto a un quarto. Un elemento caratteristico dell’Austria è che i giovani possono aderire a un’iniziativa dei cittadini già a sedici anni. Questa è l’ennesima dimostrazione che per l’Austria è importante far partecipare i giovani al progetto dell’Unione europea poiché saranno loro, dopo tutto, a portare avanti lo spirito europeo.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto.. – (PT) L’iniziativa dei cittadini europei (ICE) è uno strumento di partecipazione pubblica che vuole essere una risposta al deficit democratico e, in quanto tale, ridurre la distanza che i cittadini europei percepiscono fra se stessi e le istituzioni europee. L’istituzionalizzazione dell’iniziativa, prevista dal trattato di Lisbona, permette ai cittadini europei di chiedere indirettamente alla Commissione di avanzare determinate proposte legislative a condizione che queste rientrino nel campo delle sue attribuzioni.
La relazione presentata dal Parlamento definisce i criteri di attuazione del diritto di iniziativa europea, criteri che vogliono rendere questo strumento più semplice, più accessibile, più rapido, più trasparente e più uniforme in tutti gli Stati membri. Questa iniziativa consentirà la creazione di un vero spazio pubblico europeo e rafforzerà il dialogo e la partecipazione della società civile. Ritengo che tutte le iniziative tese a ridurre la distanza fra i cittadini e il progetto europeo meritino di essere evidenziate, realizzate e attuate.
Silvia-Adriana Ţicău (S&D), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione sull’iniziativa dei cittadini. Le nuove disposizioni introdotte dal trattato di Lisbona accrescono la partecipazione democratica e costituiscono una tappa importante nel cammino di rafforzamento di uno spirito civico. Il 42 per cento dei cittadini europei ha fiducia nelle istituzioni dell’Unione europea. Uno dei motivi che spiega questa percentuale potrebbe risiedere nel fatto che gli europei conoscono solo alcune delle iniziative e delle politiche dell’UE rivolte a loro. Proprio per questa ragione l’iniziativa non solo offre la possibilità di partecipare direttamente al processo decisionale, ma permette anche ai cittadini di intervenire nella definizione dell’agenda europea. L’iniziativa dei cittadini contribuirà pertanto a portare all’attenzione del legislatore europeo le preoccupazioni e le richieste più pressanti dei cittadini europei. Il concetto non è nuovo. Nel 2007 avevamo proposto di raccogliere un milione di firme per chiedere alla Commissione di presentare una direttiva sull’integrazione nella società delle persone con disabilità.
All’epoca erano state raccolte circa 700 000 firme e le proposte legislative erano state comunque presentate alla Commissione. Per mantenere i nostri impegni nei confronti dei cittadini europei, sarà dunque fondamentale fare in modo che le richieste avanzate mediante l’iniziativa diventino atti legislativi in grado di migliorare la condizione di tali cittadini.
Derek Vaughan (S&D), per iscritto. − (EN) Appoggio questa relazione che incoraggia la partecipazione dei cittadini in Europa permettendo loro di avanzare proposte legislative che potranno avere un impatto sulla loro vita quotidiana. I cittadini potranno far conoscere all’Unione europea il loro parere sul suo operato. Con la raccolta di un milione di firme di cittadini provenienti da almeno un quarto di tutti gli Stati membri dell’UE, questa iniziativa restituisce un certo potere ai cittadini. La procedura è stata semplificata dal Parlamento per garantirne facilità di uso e assicurare la massima partecipazione dei cittadini all’iniziativa. Dopo aver verificato tutte le firme, la Commissione deciderà entro tre mesi in merito all’opportunità di presentare una nuova proposta legislativa e dovrà rendere pubbliche le proprie motivazioni.
Anna Záborská (PPE), per iscritto. – (SK) Si fa spesso riferimento in seno al Parlamento ai cittadini dell’Unione europea i cui interessi noi rappresentiamo. Al contempo, questi stessi cittadini da molti anni vedono non solo il Parlamento, ma tutte le istituzioni europee come troppo distanti e indifferenti ai loro problemi.
L’iniziativa dei cittadini europei può cambiare le cose, permettendo agli europei di far sentire la propria voce rispetto a ciò che vogliono, ciò che non vogliono e ciò che deve essere cambiato.
Amiamo inoltre parlare di integrazione europea. Che cosa unisce i popoli di diversi paesi più della necessità di cercare una posizione comune, di formulare una proposta comune e di cercare il sostegno di altri che parlano una lingua diversa? In termini concreti, l’attuazione dell’iniziativa dei cittadini permetterà ai cittadini di diversi Stati membri di esprimersi con un’unica voce in merito a temi che giudicano importanti. Un’iniziativa e un interesse comuni costituiranno il terreno dal quale potrà crescere una vera identità europea.
Credo fermamente che questo senso pratico di europeità prenderà forma in un futuro prossimo. Diversamente dalle frasi degli opuscoli delle istituzioni europee, credo che sarà vivace e vitale perché i cittadini stessi saranno la fonte della nuova identità europea e della nuova europeità.
Appoggio dunque la proposta di regolamento presentata sulle modalità di attuazione dell’iniziativa dei cittadini e sono pronta a fare tutto ciò che serve per assicurare che la voce dei cittadini sia non solo ascoltata ma anche rispettata.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ritengo ambizioso il Programma di lavoro della Commissione per il 2011, in quanto ha come obiettivo principale la ripresa economica europea attraverso le priorità politiche della strategia Europa 2020, unitamente al bilancio nel quadro finanziario pluriennale del 2011, alle nuove misure di spesa e finanziamento, a una nuova decisione sulle “risorse proprie”; il testo dimostra in questo modo la preoccupazione che i finanziamenti condizionali possano aggravare la situazione delle economie nazionali più deboli e non avere l’effetto desiderato della strategia Europa 2020, ovvero rilanciare l’economia. I fondi strutturali sono essenziali per la ripresa economica e per la competitività delle regioni europee, poiché in un periodo di crisi, la condizionalità e le misure di austerità potrebbero avere un ulteriore effetto negativo sullo sviluppo interno dell’Unione europea. Bisogna dare rilievo alla riforma della Politica comune della pesca, della PAC e della Politica di coesione, tenendo sempre presenti i diversi punti di partenza delle varie regioni europee e questo comprende misure adattate a realtà diverse. La piccola e media industria deve svolgere un ruolo preminente e bisogna plaudere all’approccio che vede l’internazionalizzazione delle PMI all’interno dei rapporti commerciali mondiale e gli sforzi verso la loro modernizzazione e competitività indicati tra le priorità di questo programma di lavoro.
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. − (EN) Vorrei attirare la vostra attenzione su alcune questioni molto importanti mancano non presenti nel programma di lavoro della Commissione per il prossimo anno. Si tratta delle questioni legate ai diritti umani. La Commissione intende intraprendere azioni specifiche o normative nel campo dei diritti umani nel prossimo anno?
Abbiamo sentito che il Vicepresidente della Commissione e Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, baronessa Ashton, intende prestare particolare attenzione ai diritti umani durante il suo mandato; è state però prestata ben poca attenzione sinora ai diritti umani nei suoi atti e nelle sue parole. Il servizio europeo per l’azione esterna ha come obiettivo anche il rafforzamento dell’azione europea nel campo dei diritti umani; senza un bilancio europeo per il 2011 però, dal 1 gennaio del 2011 il SEAE non sarà più in grado di rispettare pienamente i propri impegni.
Può dirci, signor Presidente, qual è il piano B e come intende rafforzare la credibilità dell’Unione europea riguardo alla difesa e alla promozione dei diritti umani nel mondo?
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Al Parlamento è stato richiesto di esprimere la propria opinione sulla comunicazione della Commissione sul suo programma di lavoro per il 2011. Ho votato a favore della risoluzione che richiama l’attenzione sulla necessità di un’efficace collaborazione tra la Commissione e il Parlamento e sul ruolo della Commissione di difensore dei trattati e dell’interesse generale dell’Unione europea. La risoluzione dà inoltre particolare rilievo ai traguardi della strategia Europa 2020 per la crescita dell’occupazione e plaude al “semestre europeo” inteso a una gestione più efficace delle finanze pubbliche. Deve essere una crescita intelligente (deve promuovere la tecnologia digitale, la ricerca, lo sviluppo e l’istruzione), sostenibile (con l’obiettivo del 20 per cento in più di efficienza energetica) e inclusiva (combattendo la discriminazione tra i lavoratori e tramite migliori relazioni sociali). La Commissione dovrà analizzare ulteriormente il mercato interno, l’area di libertà, sicurezza, giustizia e la politica estera, ancora agli inizi.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. − (LT) Ho votato a favore di questa risoluzione congiunta del Parlamento europeo perché discute e stabilisce le priorità delle attività della Commissione europea nel 2011 e le sfide future. Nell’ultima seduta di Strasburgo, il Presidente Barroso ha presentato il Programma di lavoro della Commissione per l’anno venturo; il Parlamento ritiene quindi che sia molto importante stabilire un dialogo con la Commissione e prestare particolare attenzione agli obiettivi strategici fondamentali dell’Unione. Inoltre il Parlamento sollecita la Commissione a presentare un calendario più chiaro e realistico riguardo alle proposte di rilievo, che dia prova di efficacia, che abbia ricadute pratiche e che sia attuata meglio che in passato. Vorrei sottolineare il fatto che, sebbene la Commissione preveda di creare nuovi posti di lavoro e di attuare il prima possibile gli obiettivi della strategia Europa 2020 nel campo dell’occupazione e degli affari sociali, nel programma della Commissione per l’anno venturo non vi sono proposte specifiche sulla creazione di posti di lavoro nuovi e di qualità. Ancora una volta la Commissione propone le stesse iniziative legislative sul distacco dei lavoratori e sugli orari di lavoro che aveva proposto nel programma dello scorso anno e promette di migliorare i diritti dei lavoratori migranti in tutta l’Unione europea. La piena ripresa economica richiede una strategia europea comune per la crescita sostenibile e la creazione di occupazione, sostenuta dai necessari poteri e risorse.
Mário David (PPE), per iscritto. – (PT) fatto Considerando che la crisi attuale in cui è precipitata l’Europa continua ad avere ripercussioni sulle economie degli Stati membri, sono necessarie con urgenza significative modifiche sia a livello nazionale si a livello europeo. Sono consapevole dell’importanza che il 2011 avrà per il successo del futuro dell’Unione e la sfida che questo pone alla Commissione europea, e in generale all’intera Unione europea; per questo ho votato a favore di questo progetto di risoluzione. Vorrei sottolineare quelle proposte che rivelano l’intenzione della Commissione di esplorare il potenziale di crescita del mercato unico. Ritengo che massimizzare il potenziale del mercato unico attraverso una maggiore integrazione dei mercati e un rafforzamento della fiducia delle aziende e dei consumatori europei potrebbe stimolare l’economia europea. Credo tuttavia che la Commissione avrebbe potuto spingersi più in là su questo argomento, con proposte più concrete e ambiziose, per venire incontro alle necessità di quanti operano nel mercato.
Luigi Ciriaco De Mita (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, Onorevoli colleghi, il programma di lavoro della Commissione per il 2011 richiede un supplemento d’anima comunitario e un maggior coraggio nell’affrontare i principali nodi politici e istituzionali dell’UE, soprattutto alla luce dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e in coerenza con esso. Tra i nodi da affrontare vi sono: 1. un maggior rispetto del ruolo del Parlamento europeo nella formulazione delle proposte, tenendo debitamente conto delle posizioni da esso assunte nei proprio pareri e proposte di iniziativa; 2. una collaborazione più stretta e interistituzionalmente più equilibrata sia in materia di bilancio, sia in materia di prospettive finanziarie; 3. un maggior coraggio nel formulare proposte per un utilizzo efficiente delle risorse comunitarie che consentano di raggiungere obiettivi vincolanti e concreti parametri di riferimento; 4. una effettiva ed efficace governance comunitaria dell’economia e della finanza, nonché una partecipazione finanziaria dei lavoratori al successo dell’impresa che consentano uno sviluppo economico e sociale più diffuso, equilibrato e partecipato. Nonostante il programma della Commissione per il 2011 contenga solo in parte le sollecitazioni sopraelencate, ritengo comunque necessario sostenerlo.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della risoluzione riguardo al Programma di lavoro della Commissione per il 2011, la prima ad essere adottata nel quadro del nuovo periodo di programmazione e dovrebbe contribuire ad approfondire il dialogo tra Parlamento e Commissione, al fine di migliorare i rapporti tra le priorità politiche e di bilancio a livello europeo.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La Commissione ha presentato un ambizioso programma di lavoro per il 2011, che contiene i seguenti punti base: (i) crescita inclusiva; (ii) crescita sostenibile; (iii) regolamentazione finanziaria. Per quel che riguarda la crescita inclusiva, la Commissione mette in rilievo la sostenibilità dei programmi di sicurezza sociale e la lotta alla povertà; sono favorevole alla necessità di trovare un giusto equilibrio tra austerità e sostegno sociale e di determinare in quale direzione guidare le riforme dei sistemi europei di sicurezza sociale.
Per quel che riguarda la crescita sostenibile è importante comprendere in che modo si potrà raggiungere l’equilibrio tra la necessaria protezione ambientale e le future riforme della Politica agricola comune (PAC) e della Politica comune della pesca (PCP). Da ultimo, riguardo alla regolamentazione finanziaria e al rafforzamento della governance economica, qualunque passo volto a rendere il sistema bancario europeo più solido e resistente a uno scenario di crisi e a rafforzare le politiche di bilancio degli Stati membri e il loro coordinamento economico, deve diventare una priorità, dal momento che la sfida maggiore per il 2011 sarà di uscire dalla crisi e gettare le basi per una politica di crescita.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Abbiamo votato contro la proposta di risoluzione del Parlamento europeo sul programma di lavoro della Commissione per il 2011 perché sostiene le proprie posizioni sulle questioni fondamentali, mentre ignora la necessità reale di una rottura con le politiche neoliberiste, militariste e antisociali che la Commissione privilegia.
La Commissione è stata criticata per non aver fornito al Parlamento europeo le risposte che cercava, in realtà lo fatto quando lodando la priorità data alla riforma economica, prediligendo la sostenibilità del bilancio rispetto alla sostenibilità sociale, insistendo per il miglioramento del mercato unico o per chiudere il più in fretta possibile il ciclo di Doha e i relativi accordi di libero scambio.
La maggioranza del Parlamento cerca di proseguire con la stessa politica, ovvero la promozione dei summenzionati piani di austerità all’interno degli Stati membri, ignorando l’aumento di disoccupazione, povertà, disuguaglianza e recessione economica che questi piani di austerità causeranno, mentre i gruppi economici e finanziari continuano ad aumentare i loro profitti. Per tutte queste ragioni siamo costretti ad esprimere voto contrario.
Pat the Cope Gallagher (ALDE), per iscritto. – (GA) Nel 2011 la Commissione europea pubblicherà una serie di proposte sulla modifica della Politica comune della pesca e della Politica agricola comune. Queste due iniziative sono estremamente importanti per gli agricoltori e i pescatori irlandesi.
Elisabeth Köstinger (PPE), per iscritto. − (DE) Nel 2011 la Commissione presenterà una proposta per il quadro finanziario pluriennale dal 2013 al 2020. è ovvio che i finanziamenti per l’agricoltura e lo sviluppo rurale dovranno essere pari agli stanziamenti attuali e dovremo garantire la sovranità alimentare del popolo europeo. La produzione alimentare e la ripresa delle regioni rurali come aree economiche e ricreative facilmente raggiungibili dalle città dovranno costituire in futuro le principali priorità dell’Europa. L’impegno della Commissione per una crescita sostenibile e integrativa tiene conto degli obiettivi climatici e ambientali per il 2020 e richiede investimenti in tecnologie verdi, creando in questo modo occupazione.
Accolgo con favore l’appello del Parlamento affinché il nuovo quadro finanziario pluriennale per il periodo successivo al 2013 rifletta la maggiore portata di queste responsabilità dell’UE. I programmi per la politica commerciale dell’Unione rivestono grande importanza. La Commissione deve portare a una conclusione positiva i negoziati dell’Organizzazione mondiale del commercio. Dobbiamo mantenere un approccio molto critico rispetto agli accordi commerciali bilaterali, la cui centralità è in continuo auento, in particolare ai negoziati con il Mercosur, che proseguiranno il prossimo anno.
Thomas Mann (PPE), per iscritto. − (DE) Ho votato a favore del programma di lavoro della Commissione per il 2011, ma con riserva. Il testo non contiene più la comunicazione promessa della Direzione generale per le imprese e l’industria (DG Imprese e industria) sulla responsabilità sociale delle imprese (RSI). La DG Mercato interno e servizi ha avviato una consultazione online sulla divulgazione di informazioni non finanziarie da parte delle imprese. È una pratica allarmante e suggerisce un possibile cambiamento nella politica. La DG Mercato interno e servizi non chiede più se sia necessaria una normativa europea nel campo dell’RSI, ma piuttosto come questa dovrebbe essere strutturata. La DG Imprese e industria ha tenuto parecchi workshop sulla trasparenza dai quali è emerso che la quasi totalità dei lavoratori e dei sindacati erano fortemente contrari alla RSI obbligatoria. Dal 2006 la DG Imprese e industria ha avuto la situazione sotto controllo, dal momento che le iniziative relative alla RSI rappresentano un contributo da parte delle aziende a una società sostenibile come parte delle loro attività commerciali in quanto sono il risultato dell’impegno imprenditoriale e si basano sulla responsabilità e l’iniziativa individuali. Vi è un consenso unanime su questo concetto di base, sviluppato nel corso degli anni in molti forum multilaterali
La DG Imprese e industria ha la conoscenza istituzionale per controllare questi processi. Esorto quindi la Commissione a lasciare la responsabilità della gestione e della strutturazione della RSI alla DG Imprese e industria. Continuo ad oppormi all’idea di rendiconti obbligatori sull’RSI, perché porterebbe a nuovi oneri burocratici e scoraggerebbe le imprese dall’assumere volontariamente altri impegni.
Arlene McCarthy (S&D), per iscritto. − (EN) La crisi finanziaria ha gravemente danneggiato le economie di tutti gli Stati membri. In questa risoluzione chiediamo alla Commissione una risposta forte e determinata, per stimolare la crescita e assicurare una ripresa forte e duratura dalla quale traggano profitto tutti i cittadini europei. Noi sosteniamo la richiesta di una revisione sostanziale del sistema delle risorse proprie al fine di creare un sistema di pressione fiscale che sia equo, trasparente e neutrale; accogliamo con favore considerazioni di alternative che riducano i costi dell’Unione per i suoi cittadini, ad esempio correggendo l’attuale sottotassazione del settore finanziario.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Il nuovo programma di lavoro della Commissione per il 2011 è basato su tre punti: (1) crescita inclusiva; (2) crescita sostenibile; (3) regolamentazione finanziaria. Dovremo quindi puntare alla sostenibilità dei regimi di sicurezza sociale per combattere la povertà, conseguendo al contempo una crescita economica che tenga presente anche della protezione dell’ambiente, del rafforzamento della governance economica, di un sistema bancario europeo più forte e più resistente alle future crisi, e del rafforzamento delle politiche di bilancio degli Stati membri. La sfida principale per il 2011 è infatti emergere dalla crisi e riprendere una politica di crescita.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. − (EN) Congratulazioni. Finalmente qualcuno ha notato la differenza tra Commissione europea e divinità. È il momento di passare dalle parole ai fatti. La Commissione europea non deve ignorare le domande dei deputati europei, il suo dovere è di ratificare le decisioni del Parlamento europeo. Sembra che alcuni Commissari l’abbiano dimenticato. Se non è così, che ne è stato della risoluzione sulla relazione di valutazione globale adottata dal Parlamento europeo l’11 marzo 2004, che introduceva la questione degli stranieri in Lettonia? È scomparsa dall’agenda, semplicemente. Chi è il responsabile? Chi ha avuto una riduzione di stipendio? Chi è stato richiamato? Nessuno. Lunga vita al Consiglio europeo!
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della risoluzione sul programma di lavoro della Commissione per il 2001 perché concordo con i suoi obiettivi principali. È innegabile che la priorità principale per il 2011 sia di stimolare la ripresa dell’economia. Il programma di lavoro della Commissione punterei positivamente al rafforzamento della governance economica e al completamento della riforma del settore finanziario, con misure che permettano la ripresa della crescita al fine di creare posti di lavoro. Una crescita reale, sostenibile e inclusiva dell’economia è essenziale per ristabilire fiducia e ottimismo all’interno dell’Unione europea e investire in ricerca e sviluppo, sicurezza energetica e in politiche di lavoro orizzontale che tengano conto della reale circolazione dei lavoratori sono i pilastri fondamentali di un programma di lavoro finalizzato alla crescita. Va sottolineato anche l’obiettivo di costruire uno spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia.
Rovana Plumb (S&D), per iscritto. – (RO) Il programma di lavoro della Commissione per il 2011 non riflette adeguatamente gli eventi significativi che hanno avuto un impatto sull’Europa dal 2008 e nemmeno le speranze e le aspettative dei cittadini europei. È deplorevole che questo programma non si focalizzi di più sulla perdita di sette milioni di posti di lavoro causata dalla crisi finanziaria, assicurando virtualmente una disoccupazione costante nei prossimi anni. Questa è una delle sfide fondamentali che attendono l’Unione europea nel 2011. La Commissione dovrà quindi trovare il modo per far sì che le sue iniziative e proposte creino un numero sufficiente di posti di lavoro dignitosi per i cittadini. La Commissione deve tenere conto delle opinioni delle parti sociali in materia pensionistica e garantire che il futuro Libro bianco rifletta le aspettative dei soggetti interessati e includa il rafforzamento del primo pilastro, ovvero il pilastro pubblico.
Accolgo con favore la riforma del portale EURES della mobilità professionale, che lo renderà più accessibili per i giovani lavoratori. Mi rammarico però che l’adozione di questa proposta sia stata rinviata al 2012, mentre i giovani ne hanno bisogno ora. Il programma della Commissione non fa alcun riferimento alle tematiche di genere e di conseguenza è necessaria una direttiva europea che affronti il divario retributivo del 14,7 per cento tra uomini e donne, nonché una direttiva per eliminare la violenza sulle donne.
Britta Reimers (ALDE), per iscritto. − (DE) Poiché la lista di voto è stata cambiata con un breve preavviso, non ho avuto tempo sufficiente per controllare i contenuti e per decidere come votare.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Il gruppo Verts/ALE ha sostenuto la risoluzione comune proposta e anche molti degli emendamenti suggeriti. Sono lieto che il riferimento nel quale affermiamo che il Parlamento europeo sollecita con forza la Commissione a presentare proposte coraggiose e innovative per una sostanziale revisione del sistema delle risorse proprie sia rimasto invariato.
Joanna Senyszyn (S&D), per iscritto. – (PL) Ho appoggiato l’adozione della risoluzione sul programma di lavoro della Commissione per il 2011. In un precedente intervento, ho sollevato la questione della necessità di preparare una bozza di direttiva sulla violenza contro le donne, della rapida ed efficiente trasposizione del programma di Stoccolma e l’inserimento dello sport nel bilancio del prossimo anno. è essenziale anche riprendere il lavoro sulla direttiva di non discriminazione. appello Invito dunque la Commissione e gli Stati membri a compiere passi decisivi in questa direzione nel 2011.
Mentre i cittadini europei attendono con impazienza questa direttiva, alcuni Stati membri continuano a mettere in dubbio la sua adozione. È difficile comprendere questa mancanza di consapevolezza in merito alla necessità di una legge antidiscriminazione comune che protegga il pari trattamento di tutte le persone e non solo di alcuni gruppi sociali selezionati. Le argomentazioni finanziarie che sottolineano gli alti costi dell’introduzione della direttiva in relazione alle persone disabili non mi convincono: anche durante una crisi l’Europa deve continuare a trattare allo stesso modo tutti i suoi cittadini.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) La Commissione ha presentato il suo programma di lavoro per il 2011 in un momento particolarmente delicato per l’Unione europea. La ripresa dalla crisi economica non si è ancora del tutto stabilizzata e questo significa che il programma per il prossimo anno deve continuare a concentrarsi proprio sulla ripresa dell’economia europea. Il 2011 dovrebbe essere l’anno dell’integrazione della strategia Europa 2020 nelle procedure europee, con l’intento di perseguire gli obiettivi di una crescita intelligente, sostenibile e integrata.
Ribadisco l’importanza di ristabilire una crescita che produca occupazione, accelerando il programma europeo di riforme per il 2020. In questo contesto vorrei sottolineare il ruolo delle seguenti importanti iniziative: innovazione, agenda digitale, nuove competenze e occupazione e la piattaforma contro la povertà. Ritengo essenziale assicurare riforme strutturali al fine di migliorare la competitività europea e accelerare la crescita economica., soprattutto attraverso una politica di coesione che incoraggi l’investimento nell’economia reale. La futura politica di coesione dovrà anche assicurare che il nuovo quadro finanziario pluriennale sia finalizzato al raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020 e di politiche europee nel quadro di Lisbona. Il Parlamento europeo deve svolgere un ruolo attivi ed è essenziale che la Commissione trovi con urgenza un modello di collaborazione interistituzionale.
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. − (LT) Ho votato a favore di questa risoluzione perché l’Unione europea e l’Unione africana (UA) devono affrontare congiuntamente i problemi chiave di interesse comune per attuare con successo il partenariato tra Europa e Africa, basato sul reciproco interesse a valorizzare le proprie potenzialità combinate. Affinché vi sia una collaborazione più stretta, dobbiamo garantire la governance democratica e i diritti umani e mi rammarico profondamente che il Presidente Robert Mugabe sia stato inviato e abbia partecipato attivamente al terzo vertice UE-Africa. Invito quindi tutte le parti interessate ad assumere in futuro una posizione politica più energica, al fine di inviare un messaggio chiaro in merito alla solida fede dell’Unione europea nello stato di diritto e nella democrazia.
È importante anche che tutti gli Stati membri dell’Unione africana ratifichino la Carta dell’Unione africana sulla democrazia, le elezioni e la governance e che sostengano pienamente la Corte penale internazionale. Questo salvaguarderà i principi democratici, lo stato di diritto e il rispetto dei diritti umani, offrendo al tempo stesso l’opportunità di effettiva cooperazione in campo economico, sociale, culturale e non solo.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Fin dal vertice UE-Africa del Cairo nel 2000, l’Unione europea ha avviato una politica estera molto ampia per quanto riguarda l’Africa, con una specifica strategia avviata nel 2005. Due anni dopo, la prospettiva era cambiata e il vertice UE-Africa di Lisbona si concluse con la creazione di un partenariato strategico con l’Africa; il terzo vertice UE-Africa è finito da poco, ma non è stato un successo completo: la presenza del dittatore Robert Mugabe non è stata accolta con favore, come sarebbe invece avvenuto in caso di partecipazione di un rappresentante del Sudan. Ho votato a favore della risoluzione del Parlamento europeo sul futuro del partenariato strategico, in quanto il nuovo piano d’azione si basa su otto grandi nuovi temi: 1 - pace e sicurezza; 2-governance democratica e diritti dell’uomo; 3 – commercio, integrazione regionale e infrastrutture; 4 - gli obiettivi del Millennio per lo sviluppo; 5 – energia; 6 – cambiamento climatico; 7 – migrazione, mobilità e occupazione; 8 – scienza, società dell’informazione e partenariato spaziale.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. − (LT) Ho votato a favore della risoluzione in quanto è necessario sviluppare ulteriormente il partenariato strategico tra Africa e Unione europea, per far fronte insieme le sfide comuni, promuovere una crescita economica sostenibile e sviluppare la collaborazione nei settori dell’energia, del commercio e del cambiamento climatico. Per migliorare la cooperazione è necessario sostenere in modo significativo la lotta contro la povertà e la protezione dei diritti dell’uomo, inclusi i diritti sociali, economici e ambientali, nonché affrontare le sfide della pace e della sicurezza nel continente africano. Accolgo favorevolmente il programma di cooperazione UE-Africa nel settore delle energie rinnovabili e gli impegni assunti per fornire ai cittadini africani l’accesso a servizi energetici moderni e sostenibili, per intensificare il ricorso all’energia rinnovabile e per migliorare l’efficienza energetica in tutti i settori del continente africano. L’Unione europea e l’Africa dovranno unire i loro sforzi volti a ridurre le emissioni provenienti dalla deforestazione e dal degrado delle foreste e adottare misure efficaci per combattere il cambiamento climatico. Si dovranno rendere disponibili i finanziamenti necessari per attuare le azioni delineate, assicurando un effettivo controllo parlamentare sull’utilizzo dell’assistenza finanziaria europea.
Mário David (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato con piacere a favore di questa proposta di risoluzione comune sulle conclusioni del terzo vertice UE-Africa. Alla luce della necessità del continente africano di diversificare i suoi partenariati di investimento, segnatamente con i grandi paesi dell’Asia e dell’America Latina, il piano d’azione strategico UE-Africa proposto per il 2010-2013 è particolarmente importante, in quanto sarà per l’Europa un valore aggiunto rispetto all’Accordo di Cotonou e all'Unione per il Mediterraneo. Ritengo che l’integrazione regionale dei paesi africani attraverso l’Unione Africana, il commercio e gli investimenti siano essenziali per la stabilità economica e politica e per la crescita sostenibile dell’Africa. Mi auguro quindi che i leader africani ed europei rispettino l’impegno assunto a Tripoli, riconoscendo anche che questo partenariato strategico è, tra le altre cose, un valido strumento per promuovere il commercio africano all’interno del continente africano. Condivido anche la convinzione del Presidente Barroso che l’energia rinnovabile sia fondamentale per lo sviluppo sociale ed economico dell’Africa e sostengo il suo appello per una rivoluzione energetica verde in Africa.
Edite Estrela (S&D), per iscritto – (PT) Ho votato a favore della risoluzione sul futuro del partenariato strategico UE-Africa nel periodo precedente il terzo vertice UE-Africa perché ritengo che il partenariato instaurato tra i due continenti tre anni fa, durante la Presidenza portoghese dell'Unione europea, debba continuare ad essere rafforzato, affinché insieme potremo affrontare le sfide comuni e promuovere lo sviluppo sostenibile, la pace e i diritti dell’uomo.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Ero a Lisbona nel dicembre 2007, quando si svolse il primo vertice UE-Africa, che pose le basi per il dialogo permanente tra i continenti europeo ed africano, al quale siamo uniti da importanti legami storici, culturali, economici e commerciali; questo aprì anche la strada alla cooperazione che ha condotto i leader europei ed africani a Tripoli tre anni più tardi.
Un partenariato UE-Africa duraturo e sano è fondamentale per lo sviluppo e il progresso e l’investimento che entrambi i partner hanno fatto per rafforzare le loro relazioni è quindi pienamente giustificato. Viviamo in un’epoca in cui le politiche tradizionali di cooperazione esercitate attraverso gli aiuti umanitari non rispondono più alle necessità dei paesi in via di sviluppo, soprattutto nel continente africano.
Il futuro della cooperazione si muoverà, in maniera molto netta, verso l’istituzione di rapporti commerciali e partenariati economici e verso un effettivo scambio nei settori della ricerca, dell’innovazione e dell’istruzione, settori in cui la cooperazione UE-Africa deve essere rafforzata.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Il terzo vertice UE-Africa si è svolto a Tripoli il 29 e 30 novembre 2010. Mi dolgo che con la strategia congiunta UE-Africa non si sia di riusciti a stabilire un nuovo rapporto strategico.
Rinnovo la mia speranza per un accordo fruttuoso nel prossimo vertice e per la fissazione di obiettivi sostenibili per entrambi i partner, con lo scopo di combattere la povertà e garantire un reddito e un sostegno decenti, nonché il rispetto dei diritti umani fondamentali in Africa, inclusi i diritti sociali, economici e ambientali.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) In questo contesto di grave crisi economica mondiale, i paesi africani devono affrontare sfide enormi. La crisi, presentata come finanziaria, ha finalmente mostrato i limiti della crescita economica come viene intesa dal capitalismo, ovvero la disponibilità di terreni fertili per la produzione alimentare e altre materie prime organiche e di riserve geologiche per l’estrazione di minerali grezzi e energia per le industrie.
Questa situazione sta accelerando la corsa all’Africa, un continente immensamente ricco di risorse naturali al fine di conquistarne i mercati e le risorse naturali. Proprio in questo quadro bisogna interpretare la politica europea nei confronti dell’Africa; alcuni esempi eclatanti sono il ricatto per la firma dei cosiddetti Accordi di partenariato economico, la promozione della secessione nel Sudan meridionale, il sostegno e i finanziamenti all’architettura di pace e sicurezza in Africa – che cerca di dispiegare i l’esercito per reprimere i suo popolo per servire gli interessi dell’Unione europea e i suoi gruppi economici e finanziari.
Questa risoluzione riguarda quindi il neocolonialismo. Bisogna sciogliere i legami che tengono i paesi di questa regione soggiogati a interessi che sono estranei al suo popolo, instaurando una cooperazione vera ed aiutandoli a consolidare la loro indipendenza e sovranità, con riguardo al loro progresso e sviluppo economico e sociale.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Sono passati tre anni dall’ultimo vertice UE-Africa, che è stato l’inizio del ricercato dialogo tra l’Europa e il continente africano. Questo partenariato è fondamentale per lo sviluppo e il progresso ed è importante che entrambe le parti si impegnino per rafforzare i loro rapporti. Il partenariato non dovrebbe far riferimento solamente all’assistenza dalla Comunità, ma dovrebbe anche stabilire rapporti commerciali e partenariati economici, con scambi di esperienze nei campi della ricerca, dell’innovazione e dell’istruzione, rafforzando quindi le relazioni future.
Louis Michel (ALDE), per iscritto. – (FR) Il partenariato strategico UE-Africa è l’unico strumento dell’Unione europea in riferimento alle relazioni intercontinentali. Segna un punto di svolta nelle relazioni tra Africa ed Unione europea, che stanno diventando partner reali su un piano paritario e che nel loro dialogo affrontano un ampio spettro di argomenti di interesse comune. Non è più un rapporto tra donatori e beneficiari, ma è un rapporto strategicamente importante, che deve essere rinnovato e rafforzato, se l’Europa e l’Africa vogliono affrontare le sfide che ci attendono. Mi riferisco all’attuazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio, alla crisi alimentare, economica e finanziaria, al cambiamento climatico e così via. Il tema del vertice di Tripoli “investimenti, crescita economica e creazione di posti di lavoro” ci rammenta che la pace e la sicurezza, la governance politica ed economica e il rispetto dei diritti umani sono prerequisiti per lo sviluppo. La tutela legale e giuridica degli investimenti privati è una delle chiavi per lo sviluppo economico e sociale dell’Africa: senza prosperità non ci può essere sviluppo sociale, economico e umano.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. − (EN) Il futuro è poco chiaro, soprattutto ora, alla vigilia del vertice UE-Africa e il modo migliore per un futuro più sicuro è finanziare i programmi di istruzione pubblica. Le persone che hanno accesso a un’istruzione superiore preferiscono vivere l proprio paese piuttosto che mendicare in Europa. Dobbiamo sostenere i governi che si impegnano per rendere più attraenti i propri paesi agli occhi dei loro cittadini. Ho quindi votato a favore del testo.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) È fondamentale che l’Unione europea sia sempre più coinvolta con gli Stati africani e che affronti le sfide attuali e future per mezzo di una strategia comune. Queste sfide sono , in particolare: portare la democrazia in Africa, migliorare le condizioni di vita dei popoli africani e lo sfruttamento sostenibile delle materie prime, che offre benefici ad entrambe le parti. Bisogna trovare una soluzione anche al problema della corruzione, che impedisce a molti Stati africani uno sviluppo che consenta di migliorare il benessere dei cittadini. Purtroppo milioni di euro di aiuti dell’Unione europea continuano a scomparire a causa della corruzione, mentre potrebbero essere utilizzati a beneficio diretto dei cittadini. Dobbiamo aiutare le persone ad aiutarsi. Purtroppo questo aspetto non viene preso in considerazione nella risoluzione, che prevede solamente il mantenimento delle pratiche esistenti.
La povertà è una delle cause principali alla base dell’emigrazione dall’Africa verso l’Europa. Anziché mettere in discussione la pratica europea di esportare sussidi, che hanno un forte impatto sulla capacità di sopravvivenza di alcuni Stati africani, continuiamo solamente ad aggiungere altre parole vuote- Le conseguenze negative della migrazione vengono minimizzate e di conseguenza mi sono sentito obbligato a votare contro.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Le relazioni tra Unione europea e Africa sono fondamentali e sono quindi lieto dell’adozione del piano d’azione strategico 2010-2013 e dei partenariati stabiliti. Vorrei fare particolare riferimento al partenariato per la pace e la sicurezza, nonché l’impegno dell’Unione europea di finanziare in modo sostenibile e prevedibile le operazioni di sostegno della pace in Africa, e la necessità di creare capacità locali di resistenza e la volontà di proteggere i civili nei conflitti armati. Vorrei sottolineare l’impegno verso la cooperazione su questioni di interesse comune, quali la governance democratica e i diritti umani, il commercio, l’integrazione regionale e le infrastrutture e gli obiettivi di sviluppo del Millennio. A questo proposito, va ricordata la promessa degli Stati membri di rinnovare il loro impegno a destinare lo 0,7 per cento del loro prodotto nazionale lordo entro il 2015 ad aiuti per lo sviluppo, il che è indispensabile per conseguire gli OSM, in particolare per quel che riguarda le politiche specifiche nei settori della sanità materna, neonatale e infantile, della parità di genere, dell’istruzione, della politica fondiaria, dello sviluppo sostenibile, dell’accesso all’acqua e delle misure sanitarie.
Crescenzio Rivellini (PPE), per iscritto. − (EN) Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi rammarico della presenza del Presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe, al vertice tenutosi a Tripoli il 30 novembre e dell'assenza invece di numerosi capi di Stato e governo europei. Noto che la nuova legge statunitense sui “Minerali di guerra” rappresenta un enorme passo in avanti per combattere lo sfruttamento illegale di minerali in Africa.
Invito pertanto la Commissione e il Consiglio a presentare proposte analoghe per garantire la tracciabilità dei minerali importati nel mercato UE e esorto l'Unione africana a cooperare nel settore dello sfruttamento sostenibile delle materie prime.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Tra i punti che hanno raccolto il consenso dei vari gruppi, e tra questi anche il nostro, ci sono i seguenti: 1. si compiace dell'adozione del piano d'azione strategico 2010-2013 e dei suoi partenariati, e auspica che esso possa fornire un valore aggiunto rispetto all'Accordo di Cotonou e all'Unione per il Mediterraneo, nonché rappresentare la concretizzazione di una volontà ambiziosa in fatto di relazioni intercontinentali; 2. sottolinea che i principi fondanti della strategia congiunta UE-Africa dovrebbero essere concepiti a favore dei fabbisogni sostenibili dei paesi in via di sviluppo al fine di combattere la povertà, garantire un reddito e un tenore di vita decenti nonché il rispetto dei diritti umani fondamentali, inclusi i diritti sociali, economici e ambientali; 3. auspica che siano tratti insegnamenti dalle difficoltà emerse in sede di applicazione del primo “Piano d'azione” 2008-2010 e spera che le intenzioni di principio figuranti nella dichiarazione finale dei capi di Stato e di governo trovino concreto riscontro; 4. rileva con interesse che il contributo del settore privato e della società civile alla strategia, in particolare in Africa, potrebbe essere molto maggiore di quello fornito finora.
Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. − (NL) Una legge americana ha già posto limiti allo sfruttamento illegale dei “minerali di guerra”. La risoluzione comune sul futuro della strategia UE-Africa richiede che l’Unione europea faccia altrettanto, chiedendo la tracciabilità dei minerali importati nell’Unione europea. Lo sfruttamento illegale è oggi troppo spesso causa di guerre civili e conflitti nella regione, mentre questa ricchezza potrebbe essere un efficace motore per uno sviluppo economico sostenibile.
Azioni volte al rafforzamento delle capacità, della governance, dello sviluppo delle infrastrutture e degli investimenti sono cruciali. È indispensabile una politica caratterizzata dalla partecipazione, che sia responsabile dal punto di vista sociale e ambientale e che apporti vantaggi ai cittadini. Anche l’agricoltura è un motore per lo sviluppo e per questo dobbiamo rafforzare il settore agricolo e della pesca in modo sostenibile, in particolare per quanto riguarda i piccoli agricoltori e pescatori.
Il dibattito sui terreni agricoli e sulla proprietà dei terreni deve essere approfondito. L’accordo di Cancún è essenziale per affrontare la povertà in Africa, visto l’immenso potenziale offerto dalle risorse naturali (sole, vento, fiumi o maree) che i paesi africani spesso posseggono in abbondanza. Il testo della risoluzione non evita le questioni controverse e per questo ho votato a favore.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) Il terzo vertice UE-Africa che si è tenuto a Tripoli, capitale della Libia, ha cercato di rafforzare il livello di cooperazione tra i due continenti. Riguardo al punto “Crescita, investimenti e creazione di posti di lavoro”, questo vertice ha sottolineato la necessità di ottenere una crescita economica in grado di generare posti di lavoro e di un parallelo sviluppo sociale sostenibile.
La strategia UE-Africa sarà attuata in conformità al piano d’azione adottato per il periodo 2010-2013, che si concentra sulle otto aree di priorità già indicate durante il vertice di Lisbona del 2007. Misure concrete riguardo all’impresa privata, all’integrazione economica e alle questioni sociali, alla pace e alla sicurezza nel continente africano, al rispetto dei diritti umani e all’attuazione degli obiettivi del millennio per lo sviluppo sono state tutti indicate nella dichiarazione finale di Tripoli.
Innanzi tutto vorrei lodare questo partenariato tra i due continenti, che ha apportato valore aggiunto ad entrambi i partner e dimostra l’importanza di continuare a incoraggiare l’integrazione regionale e globale del continente africano. Ritengo tuttavia fondamentale che il Parlamento europeo assuma un ruolo più attivo in questo partenariato e che venga redatto un piano di finanziamenti per l’effettiva implementazione del piano d’azione 2010-2013.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) L’importanza della tutela e della promozione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali è al centro del sistema di valori dell’Unione europea. Concordo sul fatto che le autorità locali e regionali svolgano un ruolo chiave nell’attuazione di tali valori e propongo un approccio dal basso verso l’alto. L’entrata in vigore del trattato di Lisbona va considerata come un rafforzamento a vari livelli del sistema di tutela dei diritti dell’uomo, inclusa la Carta fondamentale dei diritti dell’Unione europea. Dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona si è resa necessaria una riflessione sugli sviluppi nell’ambito della tutela dei diritti dell’uomo, ricordando che la Carta ha lo stesso valore legale dei trattati e che deve necessariamente essere incorporata nel diritto primario dell’Unione europea. Si deve accogliere con favore i nuovi obblighi orizzontali introdotti dal trattato di Lisbona, ed è necessario un miglior coordinamento tra le istituzioni per rendere efficaci i loro sforzi. Va ricordata inoltre sia la creazione del nuovo portafoglio “Giustizia, i diritti fondamentali e la cittadinanza” all’interno della Commissione, sia il fatto che sono attesi nuovi interventi da parte della Commissione nel contesto di questo nuovo scenario. Si prevede infine l’ottenimento di risultati tangibili grazie alla nuova comunicazione della Commissione: Strategia per l’attuazione effettiva della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Per un periodo molto lungo il processo di integrazione europea è consistito semplicemente nel lavoro di creazione del mercato interno. Negli ultimi 10 anni invece i legislatori dell’Unione europea sono stati colti da un desiderio di emulazione senza precedenti. All’inizio il lavoro era suddiviso in maniera tacita e automatica tra il Consiglio d’Europa, responsabile per le questioni relative alle libertà individuali, e quel mercato unico a livello embrionale rappresentato dalla Comunità europea. Trascorso un breve periodo però le corti nazionali degli Stati membri dovettero cominciare a occuparsi delle vertenze contro le leggi comunitarie in ambito di diritti dell’uomo. Per questo motivo, dopo un lungo periodo di gestazione, nel 2000 è stata adottata la Carta dei diritti fondamentali, entrata in vigore l’anno scorso con il trattato di Lisbona. Per la Corte europea di giustizia la Carta rappresenta una base legale con cui proteggere i diritti fondamentali dei cittadini europei. Si tratta solo di un inizio per questo nuovo sistema, comunque. Sono questi i motivi per cui ho sostenuto il testo in questione, che rammenta a tutte le parti coinvolte, inclusi gli Stati membri e le istituzioni, i doveri previsti dalla Carta e la necessità di sviluppare una cultura autentica di libertà civile e una collaborazione efficace in merito.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. − (LT) Ho votato a favore della relazione. La tutela e la promozione effettiva dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali rappresentano il nucleo della democrazia e dello stato di diritto nell’Unione europea. Di conseguenza sostengo l’obbligo rafforzato dal trattato di Lisbona di garantire la tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, combattere l’esclusione sociale e la discriminazione e infine promuovere la giustizia la tutela sociale. Anche se si raggiungesse questo risultato, sarebbe comunque necessario assicurare la collaborazione tra l’Unione europea e le istituzioni nazionali al fine di instaurare una efficace cooperazione interistituzionale per monitorare la situazione dei diritti dell’uomo nell’Unione europea. La Commissione dovrebbe monitorare continuamente l’attuazione della legislazione nel campo della tutela dei diritti dell’uomo a livello nazionale e, in caso di lacune, dovrebbe proporre specifiche misure correttive. Sarebbe utile pubblicare una relazione annuale sulla situazione dei diritti fondamentali dell’uomo nell’Unione europea, in modo che i cittadini dell’UE siano debitamente informati sulla nuova configurazione dei diritti fondamentali. Inoltre è necessario che le istituzioni dell’Unione europea intensifichino la cooperazione con le organizzazioni internazionali nell’area della tutela dei diritti dell’uomo.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. − (LT) Sono molto soddisfatta dei significativi risultati ottenuti nel campo dei diritti dell’uomo in seguito all’entrata in vigore del trattato di Lisbona, in primo luogo per il fatto che la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea è divenuta giuridicamente vincolante, in secondo luogo perché l’Unione europea è obbligata ad aderire alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Ho votato a favore della relazione perché, per quanto riguarda la strategia dell’Unione europea sui diritti del bambino, è estremamente importante sviluppare misure pratiche volte a combattere gli abusi, lo sfruttamento sessuale e la pornografia infantile, oltre che promuovere un uso più sicuro di Internet ed eliminare il lavoro e la povertà minorili. La lotta alla tratta degli esseri umani, in particolare di donne e bambini, rappresenta un’altra sfida urgente. Nonostante si siano adottate numerose leggi a livello europeo e nazionale in questo ambito, svariate centinaia di migliaia di persone vengono portate illegalmente nell’Unione europea ogni anno o da un paese all’altro al suo interno, di conseguenza vi è l’urgente necessità di attuare la nuova direttiva proposta sulla lotta al tratta di esseri umani.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) L’effettiva tutela dei diritti fondamentali e il rispetto della dignità umana, di libertà, democrazia, uguaglianza e stato di diritto devono rappresentare l’obiettivo globale per tutte le politiche europee e una condizione essenziale per il consolidamento dello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia europea. A questo riguardo è stato di grande importanza il biennio 2009-2010 con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, all’interno del quale la Carta dei diritti fondamentali è diventata giuridicamente vincolante, trasformando così i valori fondamentali in diritti concreti e attuabili direttamente dalle corti europee e nazionali.
È necessario garantire la conformità di tutte le nuove proposte legislative con la Carta, e per la stessa logica il controllo di tutti gli strumenti già in atto. Per assicurare l’effettiva attuazione del trattato di Lisbona e del nuovo quadro generale da esso previsto è importante inoltre il rafforzamento della cooperazione e della coerenza tra i vari enti coinvolti a livello nazionale ed europeo. Spero inoltre che la Commissione completi nella maniera più rapida possibile il processo di adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, grazie alla quale disporrà di un meccanismo aggiuntivo per il rispetto dei diritti dell’uomo.
Sono estremamente lieto che si siano posti finalmente i cittadini e la tutela dei loro diritti al centro dell’architettura dell’Europa.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della Relazione sui diritti fondamentali nell’Unione europea (2009) – Applicazione effettiva dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, perché ritengo necessario promuovere una cultura di diritti fondamentali all’interno dell’Unione europea e degli Stati membri. La totalità delle politiche europee deve porsi come obiettivo la tutela dei diritti fondamentali, in particolare la politica estera, al fine di promuovere la pace, i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) L’entrata in vigore del trattato di Lisbona crea un nuovo paradigma nell’area dei diritti fondamentali all’interno dell’Unione e rende giuridicamente vincolante la Carta dei diritti fondamentali. Abbiamo l’obbligo di affermare l’Unione come una comunità che protegge i diritti fondamentali, sia internamente, sia esternamente.
Come ho segnalato in più occasioni, si registra tuttora un numero eccessivo di attacchi alla libertà di espressione, ad esempio nei recenti casi in Arabia Saudita e in Azerbaigian. Nella risoluzione il relatore ha indicato numerose situazioni urgenti e frequenti all’interno sia degli Stati membri, sia dell’Unione europea. La sfida consiste nell’affrontare queste problematiche adottando le strategie e le misure adatte a risolverle.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) L’entrata in vigore del trattato di Lisbona ha creato una situazione nuova all’interno dell’Unione europea nell’ambito dei diritti dell’uomo, rendendo giuridicamente vincolante la Carta dei diritti fondamentali e dando all’Unione europea lo status di entità giuridica, consentendole così di firmare trattati internazionali.
L’effettiva tutela e promozione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali rappresentano la base della democrazia e dello stato di diritto all’interno dell’Unione europea, oltre che una condizione essenziale per il consolidamento dello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia. Tale spazio necessita un’azione su diversi livelli (internazionale, europeo, nazionale, regionale e locale). All’interno di questo contesto va menzionato l’importante ruolo che le autorità regionali e locali possono svolgere nella corretta attuazione e promozione di diritti citati.
Sono lieto dell’invito rivolto alla Commissione di dichiarare il 2013 “l’anno europeo della cittadinanza” al fine di stimolare il dibattito sulla cittadinanza europea e informare i cittadini sui nuovi diritti di cui godono dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Come di consueto, la relazione sulla situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea ha dato inizio a due trend perversi: il primo consiste nel chiedere più diritti per tutti i tipi di minoranze a scapito dei diritti della maggioranza dei cittadini; il secondo invece si manifesta condannando i movimenti politici patriottici e insultandoli con sempre gli stessi epiteti diffamatori e sinistroidi nel tentativo di mettere in discussione la legittimità della loro vittoria elettorale e di limitarne la libertà d’espressione. Questo atteggiamento di esterofilia e antipatriottismo è estenuante. Non siete in posizione di giudicare i risultati di elezioni democratiche avvenute in paesi democratici. Le recenti vittorie dei partiti nazionali in Francia, Ungheria, Austria, Svezia, Olanda e altrove non rappresentano un segnale preoccupante.
Si tratta invece del segnale che i cittadini europei sono stanchi delle vostre politiche, del vostro atteggiamento lassista nei confronti dell’immigrazione, della vostra debolezza nel difendere gli interessi economici dei nostri paesi, della vostra compiacenza nei confronti degli interessi finanziari dei potenti e infine della minaccia che rappresentate per il nostro sistema di welfare. Siete voi a violare continuamente i diritti dei cittadini, specialmente i diritti alla sicurezza, all’impiego, a uno stipendio dignitoso, alla salvaguardia della cultura e alla possibilità di determinare il proprio futuro.
Jarosław Kalinowski (PPE), per iscritto. – (PL) All’interno del Parlamento europeo abbiamo sollevato ripetutamente alcune questioni relative sia alla violazione dei diritti dell’uomo e dei principi di democrazia, sia alla discriminazione contro le minoranze nazionali, e continueremo a farlo. Noi conferiamo il premio Sacharov, sosteniamo misure umanitarie e lottiamo per ottenere diritti e privilegi non solo per i popoli europei, ma anche per il resto del mondo. Eppure devo dire con notevole rammarico che non siamo ancora in grado di far rispettare i diritti fondamentali dell’uomo negli Stati membri dell’Unione.
La minoranza polacca in Lituania rappresenta quasi il 7 per cento dell’intera popolazione ed è ancora vittima di discriminazioni e della evidente violazione dei suoi diritti. Mi rivolgo quindi agli onorevoli membri del Parlamento europeo qui riuniti e anche al suo Presidente, alla Commissione e al Consiglio europeo, affinché agiscano efficacemente al fine di garantire il rispetto dei principi di democrazia e della dignità dei propri cittadini da parte del governo lituano.
Timothy Kirkhope (ECR), per iscritto. − Il gruppo ECR è un forte sostenitore dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Noi crediamo che all’Unione europea spetti il ruolo di difensore dei diritti fondamentali, ma che in primo luogo siano gli Stati membri a essere responsabili di tale difesa, in linea con le proprie tradizioni di democrazia e di stato di diritto. Riteniamo che, pur contenendo certamente elementi validi, la relazione Gál sia eccessivamente incentrata sul ruolo dell’UE in aree di esclusiva competenza degli Stati membri, come l’immigrazione e il sistema giudiziario. Di conseguenza siamo stati costretti ad astenerci dal voto oggi.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) L’entrata in vigore del trattato di Lisbona ha creato maggiori responsabilità per l’UE in merito alla creazione di una cultura di difesa dei diritti fondamentali al suo interno e all’interno degli Stati membri. È di enorme importanza che l’UE promuova la tutela dei diritti fondamentali non solo internamente, ma anche nel resto del mondo, dove sfortunatamente continuano a verificarsi pesanti attacchi ai diritti fondamentali. Solo in questo modo sarà possibile promuovere la pace, i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali.
Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. – (ES) Come affermato nella relazione, trovo deprecabile sia il fatto che né il Consiglio, né la Commissione abbiano seguito le raccomandazioni della relazione del 2007 sull’utilizzo di paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegale di prigionieri, sia il fatto che non abbiano informato il Parlamento in merito. Sostengo il giudizio generale circa la necessità per l’UE di raddoppiare i propri sforzi al fine di prevenire la violazione dei diritti fondamentali dell’uomo, avvenuta troppo spesso quest’anno ai danni di immigranti e cittadini di paesi terzi residenti nell’Unione europea. Nonostante non concordi pienamente con i giudizi espressi nella relazione circa il ruolo dell’UE di garante dei diritti dell’uomo a livello mondiale e il ruolo del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE), perché troppo vaga a riguardo della compatibilità di tali ruoli con la necessità di rispettare i principi di non interferenza con le questioni di altri Stati, ho votato a favore della relazione perché ne sostengo lo spirito generale, secondo cui l’Unione europea deve rispettare i diritti dell’uomo in tutti gli aspetti del proprio lavoro.
Louis Michel (ALDE), per iscritto. – (FR) La tutela e la promozione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali sono di importanza cruciale per la democrazia e lo stato di diritto nell’Unione europea. L’adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea per i diritti dell’uomo contribuirà a migliorare il meccanismo di sostegno di tali diritti, garantendo la possibilità di ricorrere alla Corte europea dei diritti dell’uomo. È inoltre importante che le istituzioni dell’Unione europea e gli Stati membri rinnovino i propri sforzi per aumentare la consapevolezza dei cittadini nei confronti dei diritti fondamentali, garantendo così che tali diritti vengano tutelati in maniera migliore. È inoltre necessaria una collaborazione più efficace con le organizzazioni internazionali che operano per proteggere i diritti e le libertà fondamentali.
L’Unione europea deve elaborare una strategia nell’ambito dei diritti del bambino e misure pratiche per combattere gli abusi, lo sfruttamento sessuale e la pornografia infantile, promuovere un utilizzo sicuro di Internet e sradicare il lavoro e la povertà minorili. Anche la lotta a quella intollerabile forma di schiavitù che è la tratta di esseri umani, in particolare di donne e bambini, deve rimanere prioritaria.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) I diritti dell’uomo e le libertà fondamentali rivestono un ruolo centrale nella democrazia e nello stato di diritto, per questo è importante garantire la salvaguardia dei valori di base all’interno dell’Unione europea. I diritti di espressione, religione, riunione e associazione, assieme al diritto di libero movimento e al rispetto dell’integrità e della dignità umana rappresentano le fondamenta di una società libera. Non ho votato a favore della relazione perché non ritengo che si concentri sufficientemente sui valori cristiani e sulle restrizioni ai cittadini residenti causate dall’immigrazione.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. − (DE) L’adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo prevista dal trattato di Lisbona rappresenta una questione problematica. Il trattato stabilisce che diritti fondamentali nell’Unione europea rientrino nella sfera di controllo della Corte europea dei diritti dell’uomo. A parte i problemi legali evidenziati anche dai giudici della Corte di giustizia dell’Unione europea, appare evidente che una corte espressasi contro la presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche non sia l’organo decisionale adatto per l’Unione europea. La croce è il simbolo della cristianità, che rappresenta uno dei pilastri dell’Europa e uno dei nostri valori fondamentali. Le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo hanno attirato l’attenzione generale anche di recente, ad esempio il tentativo di impedire i trasferimenti dall’Austria alla Grecia in virtù del regolamento Dublino II. La Corte europea dei diritti dell’uomo sembra credere che gli Stati membri dotati dei migliori sistemi di servizi sociali debbano sopportare l’intero onere dei rifugiati nell’Unione europea. Una tale sentenza da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo non porterà a un miglioramento dell’integrazione dei rifugiati e non rappresenta una maniera efficace per risolvere la sfida degli asili politici di fronte alla quale si trova l’Unione europea. Oltre a ciò non è garantita la neutralità della Corte europea dei diritti dell’uomo. Uno dei giudici ha ammesso di essere più incline a considerare gli appelli dei richiedenti asilo rispetto ad altri casi. Non è appropriato riservare un trattamento speciale a coloro che presentano appello, piuttosto che ad altri. Inoltre un giudice della Corte europea dei diritti dell’uomo proviene dalla Turchia, paese in cui i diritti dell’uomo non sono rispettati e che sta occupando illegalmente aree dell’Unione europea. Secondo me la Corte europea dei diritti dell’uomo non è né europea, né è una corte di diritti dell’uomo, per cui ho votato contro la relazione.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − La base della democrazia e di ogni Stato di diritto è la tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Dopo l'approvazione del trattato di Lisbona dello scorso anno, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea è diventata giuridicamente vincolante delineando un nuovo quadro giuridico europeo in cui i valori universali espressi nella Carta diventano finalmente diritti concreti. Ho votato a favore della relazione Gál proprio perché con questo testo si approva l'applicazione effettiva dei diritti fondamentali nell'Unione Europea dopo Lisbona. Questo non è solo un passo interno dell'UE, ma anche una presa di posizione esterna per la salvaguardia e la tutela dei diritti umani, per la promozione della pace e per il benessere dei cittadini, in un clima in cui il diritto garantisca serenità, sicurezza e giustizia.
Georgios Papanikolaou (PPE), per iscritto. – (EL) Oggi ho votato a favore della relazione sulla situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea. La relazione dà valore aggiunto chiarendo il ruolo che le istituzioni dell’Unione europea svolgeranno in ambito dei diritti dell’uomo nella nuova architettura europea, specialmente dopo il trattato di Lisbona, promuovendo una maggiore trasparenza, il controllo democratico e l’accesso ai documenti tra le istituzioni UE. Per quanto riguarda la Carta dei diritti fondamentali, che ora è giuridicamente vincolante e copre una vasta gamma di diritti, la Commissione è stata chiamata a stilare una relazione annuale sul grado di conformità con le disposizioni della Carta e con una valutazione dell’attuazione dei vari diritti.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) La relazione enfatizza gli obblighi risultanti dal trattato di Lisbona per quanto riguarda la lotta all’esclusione e alla discriminazione sociale, la promozione di giustizia, tutela sociale, uguaglianza tra uomini e donne, solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del bambino. L’enfasi su questi punti, assieme al riferimento specifico agli individui appartenenti a minoranze, altro valore fondamentale dell’Unione europea, sono stati i motivi per cui ho votato a favore della relazione. Sostengo la posizione del Parlamento europeo in merito alla richiesta alla Commissione di concludere i negoziati e le consultazioni tecniche in modo che l’Unione europea possa aderire senza ulteriori ritardi alla Convenzione europea sui diritti dell’uomo.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. − Con questa relazione il Parlamento europeo sottolinea nuovamente il fatto che la tutela e la promozione effettive dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali rappresentino il nucleo della democrazia e dello stato di diritto, oltre che una condizione essenziale per il consolidamento dello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia. La realizzazione di un tale spazio necessità un’azione su vari livelli (internazionale, europeo, nazionale, regionale e locale). La relazione sottolinea inoltre il ruolo che le autorità regionali e locali possono svolgere nell’attuazione concreta e nella promozione dei diritti, e si appella a tutte le istituzioni dell’Unione europea, ai governi degli Stati membri e ai parlamenti affinché sviluppino ulteriormente il nuovo quadro giuridico e istituzionale creato dal trattato di Lisbona, al fine di ideare una politica interna e completa nel campo dei diritti dell’uomo per l’Unione. Tale politica deve mirare a garantire un efficace meccanismo di responsabilità, sia a livello nazionale, sia a livello comunitario, per affrontare le violazioni dei diritti dell’uomo.
Joanna Senyszyn (S&D), per iscritto. – (PL) Ho appoggiato la relazione Gál sulla situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea (2009). Vorrei portare la vostra attenzione sul paragrafo 13, nel quale si richiede la piena e sistematica attuazione del programma di Stoccolma. Nel settembre di quest’anno il Presidente Barroso ci aveva dato rassicurazioni a riguardo dell’intenso lavoro svolto dalla Commissione in questo campo. È importante attenersi al programma stabilito per tale lavoro in modo da garantirne una prosecuzione senza intoppi. Tutti gli europei devono godere degli stessi diritti. Nell’Europa del 21° secolo non vi è posto per le discriminazioni.
Vorrei chiedere alle Presidenze ungherese e polacca di comunicarci come intendano agire per attuare il programma di Stoccolma in maniera efficace. Dobbiamo rispettare gli impegni presi nei confronti dei cittadini e attuare le leggi che passiamo. Desidero inoltre sottolineare che, ai sensi del paragrafo 39 della risoluzione, gli Stati membri sono tenuti a fornire una formazione continua ai giudici nell’ambito dei diritti e delle libertà fondamentali, inclusi i nuovi aspetti legati al trattato di Lisbona. Neanche le migliori leggi possono cambiare alcunché, se non vengono interpretate e implementate adeguatamente.
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. − (LT) Ho votato a favore della risoluzione perché è necessario intraprendere misure per fermare le pratiche commerciali scorrette in campo pubblicitario, in quanto tali pratiche hanno soprattutto un impatto negativo sui consumatori. Per ottenere risultati tangibili è importante intensificare la cooperazione a livello europeo nella lotta alle pratiche pubblicitarie on-line scorrette, inoltre è necessario proteggere specialmente i gruppi di persone più vulnerabili, come i bambini, gli adolescenti, gli anziani e così via. È da sottolineare la mancanza di informazione sui diritti dei consumatori per quanto riguarda la pubblicità, pertanto sostengo la proposta di impegnarsi per facilitare l’accesso alle informazioni e rendere le pubblicità più trasparenti. È essenziale inoltre sviluppare un’attitudine critica nei confronti dei mezzi di informazione in termini di qualità dei contenuti, perché i consumatori ben informati si trovano in una posizione di maggior forza. Considerando l’ignoranza in ambito pubblicitario, ritengo necessario introdurre un programma educativo speciale dedicato a bambini e adolescenti per insegnare loro a comprendere maggiormente e a interpretare i mezzi pubblicitari.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Della tutela dei consumatori all’interno del mercato comune l’Unione europea ne ha fatto un punto d’onore. Non si tratta semplicemente di una questione etica, bensì di strategia politica. Una maggiore fiducia dei consumatori nell’ampia gamma di prodotti disponibili sul mercato genera richiesta. A questo riguardo il ruolo della pubblicità è ambivalente: rappresenta un potente strumento per sviluppare la richiesta ma talvolta, a causa di pratiche discutibili, può rivelarsi contemporaneamente un fattore negativo per il funzionamento del mercato. Le violazioni sono più frequenti nella pubblicità su Internet e le principali vittime sono i più deboli. Ho votato a favore di questa risoluzione che chiede alla Commissione, alla fine della consultazione e dello studio già intrapresi dal Parlamento, di attuare le misure necessarie a riformare l’attuale legislazione. Affrontare queste nuove pratiche fraudolente costituirà un ulteriore passo verso la realizzazione di un mercato unico che rispetta gli individui.
Liam Aylward (ALDE), per iscritto. – (GA) Ho votato a favore della relazione sull’impatto della pubblicità sul comportamento del consumatore. La pubblicità mendace e aggressiva è causa di preoccupazione per i consumatori e le aziende, e la relazione contiene alcuni spunti validi per affrontare questo problema.
I consumatori europei e le imprese devono essere protetti dalle aziende impegnate in campagne pubblicitarie ingannevoli. A questo proposito è necessario mettere le persone e le imprese dell’Unione europea a conoscenza della direttiva sulle pratiche commerciali sleali e della direttiva relativa alla pubblicità ingannevole e comparativa, in modo che comprendano quali siano i loro diritti. Prodotti come l’alcol e il gioco d’azzardo on-line devono essere controllati per tutelare i consumatori più vulnerabili.
Accolgo con particolare favore il fatto che la relazione chieda alla Commissione di studiare l’impatto della pubblicità aggressiva sui consumatori più vulnerabili e di attuare correttamente le leggi appropriate in ambito di tutela dei bambini.
A destare preoccupazione sono la pubblicità comportamentale e le nascenti pratiche pubblicitarie aggressive come l’utilizzo delle reti sociali o la lettura del contenuto delle e-mail per ottenere informazioni da utilizzare in pubblicità. La Commissione deve occuparsi di questi attacchi alla privacy dei consumatori.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. − (LT) La rapida evoluzione delle tecnologie nella pubblicità e la sua diffusione attraverso Internet, i telefoni cellulari e le reti sociali rendono necessario intraprendere azioni efficaci per proteggere i consumatori dall’impatto della pubblicità ingannevole e indesiderata. Si deve prestare particolare attenzione ai gruppi più vulnerabili di persone, come i bambini e gli adolescenti. La collaborazione tra gli Stati membri nella lotta alle pratiche pubblicitarie on-line scorrette va intensificata al fine di evitare le conseguenze delle distorsioni del mercato interno e delle pratiche commerciali sleali. Inoltre è necessario sia fornire ai consumatori maggiori informazioni sui loro diritti in ambito pubblicitario, sia rendere tali informazioni più accessibili e trasparenti. La Commissione dovrebbe monitorare e valutare continuamente l’attuazione delle leggi che regolamentano le pratiche commerciali scorrette negli Stati membri e stilare relazioni a riguardo. Data la mancanza di informazioni sugli effetti socio-psicologici della pubblicità sui consumatori, è necessario intraprendere degli studi in merito.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. − (LT) Ho votato a favore della relazione perché affronta il tema delle pratiche commerciali scorrette in campo pubblicitario e si concentra sulle questioni derivanti dallo sviluppo di nuove pratiche e tecnologie nella pubblicità. Vorrei sottolineare il fatto che la pubblicità ha un impatto decisivo sulla uguaglianza di genere, in particolare quando trasmette messaggi discriminatori e/o indecorosi basati su tutte le forme di stereotipizzazione di genere che ostacolano le strategie di uguaglianza tra i sessi. Pertanto concordo sul fatto che il Parlamento europeo debba chiedere alla Commissione e agli Stati membri di assicurarsi che i professionisti operanti nel mondo dei media e della pubblicità garantiscano il rispetto della dignità umana e compiano il massimo sforzo per combattere ogni forma di discriminazione e incitamento all’odio basate su sesso, razza, provenienza, età, credo religioso o di altro genere, orientamento sessuale, handicap o status sociale. Per quanto riguarda la tutela dei gruppi di persone più vulnerabili, la Commissione deve studiare l’impatto della pubblicità ingannevole e aggressiva. Vorrei sottolineare il fatto che specialmente i bambini, gli adolescenti e gli anziani necessitino una particolare protezione dall’impatto negativo della pubblicità.
Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. – (RO) La pubblicità comporta l’utilizzo di pratiche sleali e l’intrusione negli spazi pubblici e privati, prendendo di mira alcuni gruppi di persone e rendendoli vulnerabili. La pubblicità su Internet è un’area che si è notevolmente estesa negli ultimi anni, arrivando a un giro d’affari di più di 14 miliardi di euro nel solo mercato europeo. Per noi è importante incrementare la cooperazione europea nella lotta alle pratiche pubblicitarie on-line scorrette in vista del successo degli “Sweep”, ovvero i controlli simultanei e sistematici dei siti Internet operati dagli Stati membri finora limitati a tre settori: biglietti aerei, suonerie di telefoni cellulari e apparecchi elettronici. È necessario non solo aumentare notevolmente la frequenza di tali controlli, ma anche estenderne il raggio di applicazione. L’autoregolamentazione dei mercati nazionali consente di affrontare i rapidi sviluppi del settore pubblicitario e si fonda sulla responsabilizzazione degli attori e sulla diffusione di buone pratiche.
L’autoregolamentazione va incoraggiata a livello di Unione europea in modo da porre le basi per una tradizione di autodisciplina e di comunicazione responsabile. La direttiva sulle pratiche commerciali sleali, che riguarda gli aspetti della pubblicità on-line inerenti ai rapporti tra imprese e consumatori, è ormai inadeguata perché il settore della pubblicità on-line è in continua evoluzione. Le reti sociali hanno raggiunto un livello di espansione impensabile pochi anni fa.
Vito Bonsignore (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho espresso voto favorevole su questa relazione relativa all'effetto della pubblicità sul comportamento del consumatore. Considerando, infatti, l'influenza che la pubblicità esercita sui consumatori e sull'economia è quanto mai necessario agire per evitare che talune pratiche pubblicitarie scorrette influenzino e condizionino le scelte commerciali.
La diffusione di nuovi sistemi di comunicazione, come Internet, impongono ancor più attenzione nei confronti dei consumatori ed in particolare di quelle fasce della società più deboli come bambini e adolescenti. Nostro compito è contrastare la diffusione di informazioni menzognere e fuorvianti ma, soprattutto, talune prassi, come le spam nelle email, che invadono la vita privata degli utenti e la loro privacy.
Concordo con il relatore quando chiede di concentrare l'azione sulla repressione delle pratiche di pubblicità scorretta attraverso l'ampliamento della direttiva vigente. In tal senso, ritengo che il provvedimento votato oggi offra un adeguato equilibrio tra la libertà di espressione e la protezione del consumatore.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La pubblicità rappresenta uno strumento fondamentale per l’esistenza di un mercato funzionante e per la concorrenza, e in ultima analisi anche per i consumatori in quanto consente loro, se regolata debitamente, di operare scelte maggiormente informate. Le ultime tecnologie al servizio della pubblicità però stanno aprendo una nuova area di sviluppo per pratiche promozionali scorrette, giustificando così la modifica della direttiva sulle pratiche commerciali sleali.
Per ottemperare alla propria funzione di base all’interno di un mercato libero e competitivo, la pubblicità deve essere regolata opportunamente, e le pratiche commerciali che distorcono il mercato devono essere punite duramente. Il discorso vale in particolare per le forme di pubblicità on-line e telefonica, che spesso raggiungono il pubblico in maniera non richiesta e sollevano, tra l’altro, importanti questioni relative a pratiche scorrette e all’utilizzo non autorizzato di dati personali. Pertanto ritengo questa iniziativa eccellente e degna di sostegno.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) La relazione riguarda le pratiche commerciali scorrette in ambito pubblicitario secondo la definizioni della direttiva sulle pratiche commerciali sleali (PCS), e si incentra sui problemi inerenti alla nascita di nuove pratiche e tecnologie nella pubblicità. La relazione non riguarda i rapporti tra le aziende (B2B), oggetto della direttiva 2006/114/EC.
Le pratiche scorrette in campo pubblicitario assumono varie forme, come l’invasione della sfera e degli spazi pubblici, prendendo di mira le persone maggiormente vulnerabili, come i bambini. Poiché giovani e bambini sono i più esposti alla pubblicità su Internet, concordo sulla necessità di sviluppare una politica europea integrata per combattere l’utilizzo sregolato di Internet e dei mezzi di comunicazione.
A questo proposito propongo la creazione di una nuova area obbligatoria dedicata specificatamente all’insegnamento dei rischi legati all’utilizzo di Internet e dei mezzi di comunicazione, con particolare attenzione per le pratiche pubblicitarie scorrette dirette agli scolari delle scuole elementari. Propongo inoltre sia l’introduzione di una materia obbligatoria per l’ultimo anno di studi oppure di un corso di formazione per gli insegnanti di scuola elementare e gli educatori, in modo che apprendano a insegnare ai bambini come utilizzare Internet e i mezzi di comunicazione in maniera sicura e responsabile, sia una formazione continua per i professionisti dell’educazione in quest’ambito.
Elisabetta Gardini (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'evolversi dei mezzi di comunicazione e lo sviluppo di Internet hanno contribuito al diffondersi di forme di messaggi pubblicitari occulti e di pratiche pubblicitarie sleali che spesso invadono la sfera privata dei consumatori.
È indispensabile riflettere attentamente sulle conseguenze che questo può generare sui gruppi più vulnerabili che devono essere protetti da un dannoso e non controllato stillicidio pubblicitario. Non dobbiamo inoltre dimenticare che alcune volte la pubblicità veicola stereotipi sociali legati, per esempio, ad una concezione disinvolta della sessualità e della violenza o messaggi inadeguati che possono condizionare negativamente il comportamento di bambini e adolescenti influenzabili e ancora privi del necessario atteggiamento critico.
Diventa necessario quindi aggiornare la legislazione vigente in materia e assicurarsi una migliore attuazione e interpretazione della direttiva sulle pratiche commerciai sleali. Vorrei infine ribadire che è fondamentale che i consumatori siano informati adeguatamente sulle modalità di impiego e di trattamento dei dati raccolti, soprattutto nel caso in cui questi siano loro richiesti in cambio di riduzioni di prezzo ed altre offerte promozionali. A tal fine sarebbe utile promuovere efficaci campagne di informazione sui diritti dei consumatori in materia e cercare così di sopperire alla scarsa conoscenza dei problemi legati all'utilizzo dei dati personali.
Louis Grech (S&D), per iscritto. − Ho votato a favore della relazione sull’impatto della pubblicità sul comportamento del consumatore perché concordo con il relatore sul fatto che, nell’era digitale, la pubblicità abbia assunto una nuova dimensione. Come raccomanda il relatore, tale dimensione rende necessaria l’attuazione di un sistema UE di etichettatura dei siti web sul modello del progetto European Privacy Seal, in grado quindi di certificare l’osservanza delle leggi sul trattamento dei dati personali da parte del sito. I consumatori devono ricevere informazioni chiare, non manipolative e oggettive in modo da poter operare scelte informate. Nel corso degli anni tecniche di marketing sofisticate e aggressive hanno impedito ai consumatori di scegliere prodotti e servizi in maniera informata. Il discorso vale specialmente per cittadini particolarmente vulnerabili come i bambini. Dobbiamo adottare un approccio più disciplinato in modo da salvaguardare veramente gli interessi dei cittadini.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. − (LT) Approvo la relazione perché affronta il tema delle pratiche commerciali scorrette nel campo della pubblicità, così come sono state definite nella direttiva sulle pratiche commerciali sleali, e si concentra sulle questioni derivanti dalla nascita di nuove pratiche e tecnologie nella pubblicità. Si tratta di uno strumento vantaggioso sia per il mercato interno, in quanto dà impulso all’attività economica stimolando concorrenza, competitività, innovazione e creatività, sia per i consumatori, perché porta a un aumento della scelta e a un abbassamento dei prezzi. La pubblicità è anche un settore economico chiave: il solo mercato della pubblicità on-line nell’Unione europea vale più di 14 miliardi di euro. Non va idealizzata, però, perché comporta anche l’adozione di pratiche scorrette, invade gli spazi pubblici, ad esempio i cartelloni pubblicitari, e la sfera privata, come nel caso delle e-mail non richieste, prende di mira i gruppi più vulnerabili, come i bambini, e le persone in difficoltà economica, crea potenziali barriere all'ingresso nel mercato interno, quando la spesa necessaria in pubblicità è troppo elevata, distorce il mercato interno costringendo i consumatori ad acquistare prodotti o servizi che normalmente non avrebbero comprato, e porta infine a enormi perdite. In seguito a questo e ad altri problemi sorti con l’utilizzo di nuove tecnologie, il relatore propone una serie di misure di protezione del consumatore. Sebbene la pubblicità personalizzata, che offre prodotti e servizi adattati ai gusti del consumatore, non rappresenti in sé un problema, non deve portare allo sviluppo di pubblicità intrusive basate sul sistema di tracking del consumatore, che viola i principi di protezione dei dati e della privacy.
Peter Jahr (PPE), per iscritto. − (DE) Vogliamo che i consumatori siano responsabili, ben informati e in grado di operare scelte oculate. Il nostro obiettivo è di fornire ai consumatori tutte le informazioni di cui hanno bisogno per prendere le decisioni giuste in termini economici. Anche la pubblicità dà un contributo importante nel processo di informazione dei consumatori, però deve contenere dati oggettivi, affidabili e pertinenti, altrimenti può arrivare a sviare i consumatori o addirittura a ingannarli. L’obiettivo della politica è di garantire un ambiente commerciale equo e giusto, in modo che il consumatore possa interagire sul mercato in condizioni di parità. A me però preme anche che i consumatori non divengano vittime. La facoltà di decidere cosa acquistare pone i consumatori in posizione di esercitare una grossa influenza, ma è necessario essere sicuri di saperla utilizzare bene.
Jarosław Kalinowski (PPE), per iscritto. – (PL) La pubblicità è uno strumento essenziale a garantire il corretto funzionamento del libero mercato. Inoltre comporta notevoli vantaggi non solo per l’economia, ma anche per i consumatori, che grazie a essa possono disporre di una vasta scelta. Sfortunatamente lo sviluppo sostenuto delle nuove tecnologie, in particolare di Internet, ha come risultato l’adozione sempre più frequente di pratiche pubblicitarie poco etiche e disoneste da parte delle società.
Come sottolineato dal relatore, la legislazione esistente non regolamenta le varie questioni in maniera sufficiente. È indispensabile agire per proteggere efficacemente i consumatori europei e anche per educarli nell’ambito dei loro diritti. Specialmente i gruppi più minacciati da tali pratiche poco etiche, come i bambini, i giovani e gli anziani devono essere protetti. Pertanto concordo con le proposte avanzate dal relatore.
Elisabeth Köstinger (PPE), per iscritto. − (DE) I nuovi media, in particolare le reti sociali e i blog, stanno creando nuove opportunità di comunicazione e di pubblicità, facendo aumentare di conseguenza le aspettative per quanto riguarda la legislazione a protezione dei consumatori. L’attuale direttiva in materia di pratiche commerciali scorrette tra società e consumatori nel mercato interno non contempla tali nuovi metodi pubblicitari. I giovani consumatori, in particolare adolescenti e bambini, fanno un uso massiccio di queste nuove tecnologie e potrebbero trovarsi esposti a forme svianti e aggressive di pubblicità. Lo studio “EU kids on-line” mostra come un terzo degli utenti di Internet di età compresa tra nove e dieci anni e il 77 per cento degli adolescenti di 15 e 16 anni utilizzi Internet ogni giorno. Statistiche del genere rendono ancora più importante la presa di misure urgenti in questo ambito, ad esempio introducendo restrizioni e fornendo allo stesso tempo formazione e informazioni. Sostengo la risoluzione in modo che i consumatori siano maggiormente informati sulle nuove possibilità tecniche di comunicazione e sui rischi a esse legati.
Edvard Kožušník (ECR), per iscritto. – (CS) Concordo con la maggior parte delle osservazioni e delle proposte contenute nella relazione, però non riesco a identificarmi con alcune delle asserzioni tendenti a conferire ulteriori poteri allo Stato spacciandoli per protezione del consumatore. A mio avviso, la relazione dovrebbe concentrarsi maggiormente su altri aspetti, ad esempio insegnando agli utenti come comportarsi on-line, come rendere sicuri i propri computer e come scegliere a chi comunicare i propri dati personali e con che modalità. Non spetta agli Stati la ricerca di soluzioni tecnologiche da attuare con il pretesto di proteggere i consumatori. I computer sono vulnerabili tanto quanto qualsiasi altro dispositivo collegato a Internet attraverso una rete di comunicazione elettronica. I politici e gli Stati dovrebbero impegnarsi a insegnare ai cittadini che la privacy va protetta. Così come si chiude a chiave e si protegge la propria casa, al giorno d’oggi è ugualmente importante proteggere i propri dispositivi elettronici e i loro mezzi per comunicare con il mondo. I politici si dovrebbero inoltre impegnarsi nell’introduzione di severe punizioni contro coloro che abusano dei dati personali o invadono la privacy personale. In sostanza non conta se tali abusi avvengono tramite Internet o in altro modo.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Leggendo il titolo di questa relazione di iniziativa, pensavo che il Parlamento intendesse finalmente esaminare il modello di società che i pubblicitari ci hanno venduto senza glielo chiedessimo. A parte alcuni punti interessanti relativi al controllo della pubblicità mirata, alla discriminazione in campo pubblicitario o alla richiesta di ridurre la pubblicità diretta ai bambini in televisione, il testo è lontano dal soddisfare le nostre aspettative. La relazione si accontenta infatti di condannare la pubblicità illegale, che in teoria ostacola la nostra sacrosanta libertà di concorrenza, e di affermare i vantaggi della pubblicità per i media e per i cittadini, ai quali si fa riferimento col termine “consumatori”. Non con la mia benedizione, io mi oppongo a questa relazione.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) È necessario combattere le pratiche commerciali scorrette in ambito pubblicitario. Il fenomeno del debito personale sta diventando sempre più grave e dobbiamo fare il possibile per evitare un ulteriore aggravamento del problema. La pubblicità rappresenta senza dubbio uno strumento importante per le aziende in quanto è una fonte di guadagno, stimola la competitività, facilità la concorrenza leale e incoraggia la creatività. Sappiamo bene dell’esistenza di individui vulnerabili, ad esempio i bambini, e del fatto che essi siano l’obiettivo preferito delle campagne pubblicitarie. Pertanto concordo sul fatto che si debba prestare un’attenzione particolare alla questione, in modo da poter costruire una società più solida a livello economico e sociale, e tali considerazioni hanno anche motivato il mio voto.
Alajos Mészáros (PPE), per iscritto. − (HU) Per quanto riguarda l’impatto della pubblicità sul comportamento del consumatore, essa è vantaggiosa in ugual modo per il mercato interno e per i consumatori, in quanto stimola la concorrenza, aumenta la competitività, dà impulso all’innovazione e alla creatività. La pubblicità rappresenta inoltre un settore importante per l’economia, considerando che il solo mercato della pubblicità on-line fattura 14 miliardi di euro. Dobbiamo essere consapevoli dell’altro lato della medaglia, però. Numerosi messaggi pubblicitari tentano di manipolare gli obiettivi più vulnerabili del pubblico, come i bambini o gli individui pesantemente indebitati. Ritengo importante rafforzare la collaborazione comune europea nella lotta alle pratiche pubblicitarie scorrette.
Riteniamo inoltre inaccettabile il sorgere di stereotipi discriminanti che potrebbero ostacolare l’uguaglianza di genere. Attraverso mezzi appropriati dobbiamo garantire che i professionisti dei media e della pubblicità rispettino la dignità umana e si oppongano alle forme di discriminazione diretta o indiretta e di rappresentazione stereotipica.
Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. – (ES) Ho votato a favore della relazione sull’impatto della pubblicità sul comportamento del consumatore perché mira chiaramente sia al miglioramento dell’attuale quadro legislativo a tutela dei consumatori dalla pubblicità, sia alla necessità di rivedere il quadro in modo da includere anche i nuovi mezzi pubblicitari non ancora regolati. Ho espresso il mio sostegno alla relazione anche perché si pone l’obiettivo di migliorare l’armonizzazione tra gli Stati membri per evitare cavilli legali grazie ai quali le aziende potrebbero servirsi di pratiche pubblicitarie ingannevoli all’interno dell’Unione europea. Ritengo appropriato il riferimento ai meccanismi pubblicitari “nascosti” sviluppatisi su Internet e largamente in uso. Spesso la pubblicità è mascherata sotto forma di opinioni o commenti su reti sociali, forum o blog. Sono lieto del fatto che la relazione esprima al Consiglio e alla Commissione la preoccupazione in merito ai rischi reali rappresentati dalle società che forniscono allo stesso tempo contenuto e servizi pubblicitari. Sono queste le principali ragioni per cui ho votato a sostegno della relazione.
Louis Michel (ALDE), per iscritto. – (FR) La pubblicità è presente ovunque: per le strade, sui giornali, in televisione, in radio, su Internet. Che ci piaccia o no, ha un enorme impatto sul comportamento del consumatore. Si tratta di un canale di comunicazione. Sebbene il ruolo informativo della pubblicità sia indispensabile per l’efficace funzionamento del mercato interno, i consumatori hanno il diritto di essere informati e protetti. È per questo che assume grande importanza la relazione sulle pratiche commerciali scorrette in campo pubblicitario e i problemi risultanti dalla nascita di nuove pratiche e tecnologie nella pubblicità. Il controllo della pubblicità è indispensabile se intendiamo mantenerla uno strumento corretto e sincero. È necessario rafforzare la cooperazione europea in questo ambito e allo stesso modo incoraggiare l’adozione di una regolamentazione comune. La pubblicità on-line, infine, è spesso intrusiva e aggressiva e va studiata con maggiore attenzione.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. − Ho espresso voto favorevole sulla relazione per una serie di ragioni:
1. è ora di identificare tutti i mezzi di comunicazione di massa presenti su Internet;
2. la diffusione di informazioni false e diffamatorie deve essere materia di responsabilità penale;
3. per restringere l’accesso ai gruppi vulnerabili, come i bambini;
4. per ripulire Internet dallo spam e punire coloro che lo fanno circolare;
5. per introdurre regole molto severe in tema di annunci;
6. per obbligare il Parlamento a istituire una struttura speciale finalizzata alla ricerca e all’incriminazione di pirati informatici e plotter.
Mettiamoci al lavoro e raggiungiamo questi obiettivi.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) La pubblicità è uno strumento potente per gli affari e talvolta può essere usata per influenzare il subconscio. L’obiettivo della pubblicità è di manovrare il comportamento del consumatore e le sue abitudini d’acquisto, ma l’adozione di pratiche commerciali scorrette va impedita. Il compito più importante è proteggere gli spazi pubblici, gli individui vulnerabili e la privacy. Valutare se la pubblicità abbia oltrepassato i limiti o meno è un esercizio che ovviamente richiede molto tempo. Nel caso di aree sensibili come quella delle droghe legalizzate, ovvero l’alcol e le sigarette, sono in vigore da molto tempo regole severe.
Altre aree continueranno a essere soggette all’autoregolamentazione degli Stati membri a complemento delle disposizioni di legge. È necessario rimettersi al passo non solo nel campo della pubblicità on-line, ma anche ove vi siano costi aggiuntivi nascosti e ove l’utilizzo di nuove tecnologie e metodi di pubblicità sulle reti sociali e sui blog rappresenti un territorio inesplorato. Data l’importanza di proteggere i consumatori dalle pubblicità “nascoste” e simili tattiche pubblicitarie dubbie, ho votato a favore della relazione.
Radvilė Morkūnaitė-Mikulėnienė (PPE), per iscritto. − (LT) La pubblicità moderna ha superato da tempo il quadro legislativo che la riguarda. La pubblicità su Internet, ad esempio su motori di ricerca, e-mail, reti sociali e televisione on-line, assieme a quella sui telefoni cellulari viene propinata agli utenti spesso senza il loro consenso, o nel peggiore dei casi utilizzando i loro dati personali, raccolti a loro insaputa o senza che se ne rendano pienamente conto. Inoltre vi sono dozzine di cavilli legali nel quadro giuridico vigente in campo pubblicitario. Nonostante sia vietata la pubblicità di bevande alcoliche in televisione, ad esempio, è comunque accessibile ai minorenni su Internet. D’altra parte, la pubblicità su Internet può oltrepassare molto facilmente i confini nazionali. Di conseguenza accolgo con grande favore l’iniziativa di rendere più severa la legislazione in ambito pubblicitario, proteggendo così i consumatori, la loro privacy e i loro dati personali dall’utilizzo non autorizzato o sproporzionato.
Wojciech Michał Olejniczak (S&D), per iscritto. – (PL) Come sottolineato dal relatore, la pubblicità rappresenta un settore importante per l’economia. Essa comporta però numerosi pericoli. Appoggio pienamente l’opinione della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, secondo cui vi è la necessità di eliminare i contenuti pubblicitari discriminatori. È inoltre estremamente importante, sempre secondo il relatore, proteggere i gruppi particolarmente vulnerabili e manipolabili dalla pubblicità, come i bambini, gli adolescenti e gli anziani. Sostengo la proposta del relatore di lanciare un programma educativo attraverso l’Unione europea diretto ai bambini e finalizzato alla comprensione dei metodi utilizzati dalla pubblicità. Dobbiamo anche considerare il lancio di programmi simili per gli altri due gruppi in pericolo di manipolazione, gli adolescenti e gli anziani. Potrebbe essere opportuno estendere questo tipo di intervento educativo a coloro che appartengono ad altre fasce d’età. In considerazione delle ragioni appena esposte ho deciso di appoggiare la relazione sull’impatto della pubblicità sul comportamento del consumatore.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Cari colleghi, l'impatto che la pubblicità ha sul consumatore assume spesso proporzioni enormi, che possono sfociare in rischi riguardanti pratiche commerciali sleali. La mia decisione di votare a favore della relazione è conseguenza dell'uso che viene fatto della pubblicità nel mercato. Essa funge da strumento al servizio del mercato interno, agendo come lubrificante delle attività economiche e dei consumatori, ma soprattutto essa rappresenta un settore economico importante. Ovviamente, bisogna tenere in considerazione anche gli aspetti negativi che la pubblicità può avere: pratiche sleali, invasione dello spazio pubblico e privato, influenzamento delle persone più vulnerabili, creazione di potenziali barriere all'ingresso del mercato, distorsione del mercato interno. E' importante, pertanto, rafforzare la cooperazione europea nell'ambito della lotta contro le pratiche sleali nella pubblicità, attraverso un processo di coregolazione che possa migliorare l'efficacia e l'applicabilità delle misure. E' inoltre fondamentale, a mio parere, tutelare le categorie più vulnerabili e rafforzare l'educazione e l'informazione, accrescendo la trasparenza degli annunci pubblicitari. Lanciare campagne d'informazione sui diritti dei consumatori attraverso l'uso di strumenti pedagogici sarebbe estremamente opportuno.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) L’impatto della pubblicità sul comportamento del consumatore è una realtà da non nascondere sotto il tappeto, e la relazione in oggetto giustamente non lo fa. La relazione, per la quale ho espresso voto favorevole, riguarda le pratiche commerciali scorrette in campo pubblicitario definite dalla apposita direttiva, e si concentra sui problemi derivanti dalla introduzione di nuove pratiche e tecnologie nella pubblicità.
La pubblicità è uno strumento positivo, sia per il mercato interno, sia per i consumatori. È importante però combatterne i vari abusi, tra cui evidenzierei: le pratiche scorrette, l’intrusione negli spazi pubblici e privati tramite e-mail indesiderate, l’attenzione non richiesta per individui vulnerabili e la possibile distorsione del mercato interno. Tutti questi abusi si traducono nell’acquisto di beni e servizi di cui il consumatore normalmente non avrebbe bisogno.
L’analisi dell’attuale legislazione e le proposte di revisione o miglioramento dovrebbero concentrarsi sulla valutazione di tali distorsioni. Sostengo il desiderio del relatore di intensificare la cooperazione europea nella lotta alle pratiche pubblicitarie scorrette, attraverso un ampliamento sia del raggio d’azione, sia della frequenza di tale cooperazione.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, condivido con il relatore, on. Philippe Juvin, l'importanza di rafforzare la cooperazione europea nell'ambito della lotta contro le pratiche sleali nella pubblicità on-line, come dimostrano i successi dei controlli a tappeto, i cosiddetti "Sweep" (controlli sistematici e simultanei di siti Internet da parte degli Stati membri), attualmente limitati a tre settori: biglietti aerei, suonerie di telefoni cellulari e apparecchi elettronici. Concordo con il relatore che propone di ampliarne il campo d'azione nonché la regolarità e incoraggiare la coregolazione, che associa le varie parti interessate alle evoluzioni legislative, migliorando così l'efficacia e l'applicabilità delle misure.
Rovana Plumb (S&D), per iscritto. – (RO) La relazione si occupa delle pratiche commerciali scorrette in campo pubblicitario definite dall’apposita direttiva, e si concentra sulle questioni derivanti dalla nascita di nuove pratiche e tecnologie nella pubblcità. La relazione non tratta invece le relazioni B2B, che sono oggetto in particolare della direttiva 2006/114/EC. La pubblicità è uno strumento vantaggioso sia per il mercato interno, in quanto dà slancio all’attività economica (stimolando la concorrenza, la competitività, l’innovazione e la creatività), sia per i consumatori (grazie alla maggiore scelta di prodotti e all’abbassamento dei prezzi). Si tratta di un settore economico importante perché vale più di 14 miliardi di euro sul mercato europeo. Data l’attuale scarsità di informazioni sui diritti dei consumatori per quanto riguarda la pubblicità, è necessario agire per facilitare l’accesso alle informazioni e rendere la pubblicità più trasparente.
Poiché il pubblico generale non si rende conto delle questioni inerenti all’utilizzo dei dati personali e degli strumenti a sua disposizione per gestirle, è spesso necessario lanciare campagne informative sui diritti dei consumatori per quanto concerne la pubblicità, e con particolare attenzione per l’utilizzo di dati personali, indipendentemente se si tratti di dati forniti volontariamente o raccolti automaticamente. È necessario inoltre realizzare strumenti pedagogici per gli internauti finalizzati a insegnare loro le tecnologie di gestione delle "tracce" lasciate sul web e mezzi per proteggere la propria vita privata.
Crescenzio Rivellini (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi congratulo per l'ottimo lavoro svolto dal collega on. Juvin. Con la direttiva sulle pratiche commerciali sleali del 2005 che non garantisce il giusto quadro giuridico per combattere la pubblicità ingannevole e quella aggressiva, una serie di nuove e più persuasive forme di pubblicità si sta sviluppando attraverso Internet. La risoluzione permette ai consumatori europei di essere meglio informati sulle nuove forme intrusive di pubblicità presenti su Internet, chiede anche maggior protezione per i consumatori vulnerabili e sottolinea il ruolo della pubblicità nella promozione di modelli di comportamento positivi.
Esprimo preoccupazione in particolare per la banalizzazione della pubblicità comportamentale e lo sviluppo di pratiche pubblicitarie invadenti, come la lettura del contenuto delle e-mail, l'utilizzo dei network sociali e della geolocalizzazione nonché la ripetizione del bersagliamento pubblicitario, poiché rappresentano una violazione della vita privata dei consumatori. Chiedo pertanto alla Commissione di introdurre l'obbligo di inserire in modo chiaramente leggibile la dicitura pubblicità comportamentale nelle pubblicità on-line di questo tipo.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. − La relazione in oggetto si occupa delle pratiche commerciali scorrette definite dalla direttiva omonima, e si incentra sulle problematiche derivanti dallo sviluppo di nuove pratiche e tecnologie nella pubblicità. La relazione non si occupa invece delle relazioni B2B, che vengono affrontate tra l’altro dalla direttiva 2006/114/EC. La pubblicità rappresenta uno strumento utile sia per il mercato interno, in quanto dà slancio all’attività economica (stimolando la concorrenza, la competitività, l’innovazione e la creatività), sia per i consumatori (grazie alla maggiore scelta di prodotti e all’abbassamento dei prezzi).
Si tratta di un settore economico chiave: sono nell’Unione europea il mercato della pubblicità on-line vale più di 14 miliardi di euro. Non è però un settore da idealizzare, perché la pubblicità può comportare l’adozione di pratiche scorrette, invadere spazi pubblici (ad esempio tramite i cartelloni pubblicitari) e la sfera privata (per esempio attraverso l’invio di e-mail indesiderate), prendere di mira gruppi vulnerabili di persone (come i bambini e le persone eccessivamente indebitate), creare barriere all’ingresso nel mercato interno (quando la spesa necessaria per la pubblicità è troppo alta) e distorcere il mercato interno (tramite l’acquisto di beni/servizi che normalmente il consumatore non comprerebbe).
Olga Sehnalová (S&D), per iscritto. – (CS) Vorrei sottolineare in particolare la questione della protezione dei dati on-line sollevata nella relazione Juvin. È necessario garantire che i consumatori ricevano informazioni chiare e complete sulle modalità di raccolta, elaborazione e utilizzo dei loro dati personali. Invece di regolamentare Internet preferirei una soluzione che preveda programmi educativi per gli internauti e un ricorso a restrizioni e regolamenti solo in casi limitati. L’introduzione della censura porterebbe solo all’elaborazione di truffe e schemi ancora più sofisticati, attività fraudolente che saranno sempre un passo avanti rispetto alla legislazione. Sono importanti inoltre sia le attività volte a informare ed educare gli utenti, sia il fatto di fornire agli internauti diverse opzioni nel campo del trattamento dei dati personali. È opportuno che la Commissione inizi a ideare campagne informative sui diritti fondamentali dei consumatori in ambito pubblicitario, specialmente per quanto riguarda il trattamento dei dati personali. Accoglierei con favore la realizzazione di programmi educativi a livello di Unione europea per insegnare ai bambini e ad altri gruppi vulnerabili come evitare le trappole della pubblicità. Allo stesso modo accolgo con favore l’enfasi della relazione sulla protezione dei gruppi vulnerabili di consumatori e la garanzia del rispetto della dignità umana nella pubblicità.
La pubblicità è in grado di sfidare e confrontarsi efficacemente con gli stereotipi. Può rivelarsi una forza positiva nell’azione contro il razzismo, il sessismo, la discriminazione eccetera. Può però anche avere un influenza negativa, fomentando la violenza, inducendo alla dipendenza dal fumo o dall’alcol, oppure a disturbi dell’alimentazione come l’anoressia nervosa o la bulimia. La relazione fa menzione di altri fattori importanti e degni di attenzione, per questo l’appoggio.
Angelika Werthmann (NI), per iscritto. − (DE) La pubblicità su Internet si adatta al comportamento degli utenti. I pubblicitari sono in grado di calibrare le pubblicità in base al profilo dell’utente, senza inviarle al di fuori del gruppo target. Secondo i sondaggi però gli utenti sono in maggioranza contrari alle pubblicità personalizzate on-line, percepite spesso come invadenti. Molte persone hanno la sensazione di essere spiate. In totale il 62 per cento degli intervistati è preoccupato dal fatto che la pubblicità personalizzata ignori la protezione dei dati. Anche gli specialisti di protezione dei dati nutrono dei timori, visto che i dati personali vengono salvati, comparati e collegati con altri dati. In teoria ogni utente ha la facoltà di disabilitare tale opzione, ma l’apposito comando non è facile da trovare, di conseguenza la relazione propone che diventi più facile per i consumatori rifiutare tutte le pubblicità on-line tramite un collegamento ipertestuale diretto e funzionante.
Oltre a ciò, la relazione prevede che i consumatori dispongano di informazioni chiare, accessibili e comprensibili sulle modalità con cui i loro dati sono raccolti, elaborati e utilizzati. I loro dati vanno tenuti completamente separati da quelli raccolti nel corso di attività pubblicitarie. Il contenuto delle e-mail private non può in alcun modo essere utilizzato per fini pubblicitari, e le impostazioni di default dei computer vanno utilizzate per proteggere la privacy su Internet (secondo il principio “privacy by design”).
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Concordo con gli obiettivi generali di questo piano d’azione, che dovrebbe garantire il miglioramento del flusso d’informazione a livello locale o creare sportelli unici, tenendo conto dell’utilizzo ridotto delle risorse del Fondo europeo di sviluppo regionale per misure relative all’efficienza energetica in ragione del fatto che Stati membri e regioni stanno passando a un approccio orizzontale verso l’efficienza energetica per il proprio sviluppo, perché ciò costituisce un modo redditizio di incentivare la competitività economica e ridurre la carenza di combustibili. Concordo inoltre sul fatto che la Commissione debba consultare i rappresentanti locali e regionali al fine sia di decidere gli orientamenti di sviluppo nel settore energetico, sia di fornire sostegno finanziario ai programmi locali e regionali mediante progetti innovativi che utilizzino le risorse energetiche esistenti e i fondi strutturali. In tale quadro di azioni possibili, si propone di procedere alla creazione di maggiori incentivi per le regioni che, finora, hanno svolto un ruolo superiore alla media per quanto attiene all’efficienza energetica, promuovendo la propria indipendenza energetica e incoraggiando, al contempo, la condivisione di buone pratiche tra tali regioni e quelle che hanno compiuto scarsi progressi in questo settore.
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della presente risoluzione perché ci siamo impegnati a rispettare l’ambiente, a trovare i mezzi economici per produrre energia e a lottare contro il cambiamento climatico. Vi è la necessità di garantire uno sviluppo sostenibile, ma anche lo sviluppo dell’economia ha importanza. Queste due dimensioni devono essere riconciliate l’una con l’altra. È impossibile lottare contro il cambiamento climatico senza considerare l’efficienza energetica. A tale scopo, è necessario stabilire obiettivi globali e realistici, nonché sanzioni, in modo che l’efficienza energetica non si basi esclusivamente su benefici economici. L’efficienza energetica riguarda principalmente il settore edilizio, che presenta un enorme potenziale in materia. Sostengo pertanto l’opinione del relatore, secondo cui l’accento andrebbe posto sulla ristrutturazione degli edifici esistenti, in quanto le percentuali di nuove costruzioni continuano a ridursi nell’Unione europea e molti vecchi edifici dispongono di altissimi potenziali di efficienza, se ristrutturati adeguatamente.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) La questione energetica rappresenta una sfida di primo piano per l’Europa. Dobbiamo ricordare quanto lo sviluppo del continente sia stato reso possibile grazie a un approvvigionamento energetico relativamente semplice di cui i paesi europei hanno beneficiato per più di un secolo. La questione energetica si pone oramai in nuovi termini. L’utilizzo di combustibili fossili appare sempre più come un fatto relegato al passato. In effetti la doppia pressione esercitata dalla questione del riscaldamento globale e dalla difficoltà ineluttabilmente crescente dell’approvvigionamento di petrolio e – in misura minore – di gas, ci spinge a cercare nuove soluzioni. Dal 2006, esiste un Piano d’azione per l’efficienza energetica (EEAP) incentrato su due aspetti. Per ottenere risparmi tali da rendere l’Unione europea meno dipendente dai propri partner internazionali, è necessario puntare sull’efficienza sia in fase di produzione che di consumo energetico. Edifici meno avidi di energia, apparecchiature più efficienti, ma anche migliori tecnologie di produzione permetteranno di unire competitività, innovazione ed economie di scala. Ho chiaramente sostenuto questo fondamentale documento, incluso l’obiettivo vincolante del 20 per cento di efficienza energetica supplementare entro il 2020, che situa l’Unione europea in posizione di primato in questo settore.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Sebbene molto sia stato realizzato dall’adozione del piano di azione per l’efficienza energetica nel 2006; il contesto politico ed economico è cambiato notevolmente da allora. Esiste pertanto una chiara necessità di rivedere la politica dell’Unione europea in materia di efficienza energetica per conformarla agli attuali sviluppi e priorità. L’efficienza energetica è il modo più efficace sotto il profilo dei costi e più rapido per ridurre le emissioni di CO2 e di altro tipo. I vantaggi sono enormi in termini sia di crescita economica, sia di creazione di posti di lavoro. Ritengo che una valutazione approfondita di quanto sia stato realizzato e delle carenze del Piano d’azione per l’efficienza energetica del 2006 dovrebbe costituire la base per la revisione della politica di efficienza energetica dell’Unione europea. Risulta sempre più evidente che l’Unione non è in grado di raggiungere il proprio obiettivo del 20 per cento, pertanto è necessario adottare nuove, efficaci misure di promozione dell’efficienza energetica. È necessario inoltre prestare grande attenzione al rinnovamento degli edifici esistenti, perché finora si sono registrati scarsi progressi in questo settore. Le percentuali di nuove costruzioni continuano a ridursi nell’Unione europea e molti vecchi edifici dispongono di altissimi potenziali di efficienza, se ristrutturati adeguatamente. Ciò favorirebbe una riduzione della dipendenza energetica generale dell’Unione europea.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR) Adottata a larga maggioranza, la relazione d’iniziativa dell’onorevole Bendtsen lancia un opportuno segnale politico sul tema dell’energia, pochi giorni dopo la conclusione del vertice di Cancún e due mesi prima del vertice sull’energia del 4 febbraio 2011. L’efficienza energetica è senza dubbio una delle sfide fondamentali nella nostra lotta per proteggere l’ambiente. L’efficienza e il risparmio energetici sono il modo più efficace sotto il profilo dei costi e più rapido per ridurre le emissioni di CO2 e aumentare la sicurezza dell’approvvigionamento. Nella relazione in esame, invitiamo a rinnovare gli sforzi per raggiungere l’obiettivo di efficienza energetica del 20 per cento entro il 2020. Mi rincresce, nondimeno, che l’emendamento che invitava la Commissione a lanciare, il prossimo anno, un’iniziativa volta a rinnovare profondamente gli edifici esistenti non abbia ottenuto la maggioranza. La relazione parla esclusivamente di nuove costruzioni e non cita la questione relativa alla gestione degli edifici esistenti, nonostante questi assorbano circa il 40 per cento del consumo di energia e siano responsabili di circa il 36 per cento delle emissioni di gas a effetto serra nell’Unione europea.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della presente relazione perché vi è la necessità di adottare misure specifiche per l’attuazione del Piano d’azione per l’efficienza energetica, soprattutto perché risulta sempre più evidente che l’UE non è in grado di raggiungere il proprio obiettivo di riduzione del 20 per cento delle emissioni di gas a effetto serra. Vorrei attirare l’attenzione sul fatto che l’efficienza energetica è il modo più efficace sotto il profilo dei costi per ridurre le emissioni di CO2 e di altro tipo. Essa, inoltre, rappresenta un’opportunità unica per sostenere e creare posti di lavoro, riducendo al contempo la dipendenza dall’importazione di energia. Il Parlamento europeo invita pertanto la Commissione a definire il nuovo Piano d’azione per l’efficienza energetica tenendo conto dei bisogni delle categorie vulnerabili di utenti. Il Parlamento invita inoltre gli Stati membri ad adottare misure adeguate e politiche efficaci, come i piani d’azione nazionali o interventi sociali mirati, per ridurre la povertà energetica, e a stilare relazioni regolari sulle proprie azioni in detto contesto. La Commissione dovrebbe essere tenuta infine a presentare statistiche sullo sviluppo di tutti i principali elementi della politica energetica dell’Unione europea.
Vito Bonsignore (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi congratulo con il collega Bendtsen per una relazione così importante e attuale sul tema dell’efficienza energetica. Ho votato a favore di questa relazione, perché ritengo che una buona efficienza energetica possa aiutarci a ridurre concretamente le emissioni di CO2.
I vantaggi che si possono trarre da una simile azione politica sono diversi: anzitutto si creerebbero nuovi posti di lavoro, ma si potrebbe avviare anche un maggior coinvolgimento delle PMI, tessuto connettivo dell’economia italiana ed europea, alle quali si potrebbero offrire innovative opportunità di sviluppo. Per fare ciò, bisognerebbe predisporre strumenti finanziari adeguati a rafforzare la formazione professionale, la ricerca e l’accesso alle informazioni. Concordo, dunque, con la necessità di rivedere le politiche dell’Unione Europea in tema di efficienza energetica ed attuare piani concreti per un rilancio della competitività.
Per quanto, invece, riguarda gli edifici e l’ecoprogettazione, condivido l’opportunità di porre l’accento sulla ristrutturazione degli edifici esistenti, che se ristrutturati adeguatamente disporrebbero di altissimi potenziali di efficienza energetica. Per raggiungere tali obiettivi, quindi, bisogna promuovere misure, strumenti e finanziamenti da sostenere sia a livello degli Stati membri sia a livello europeo, attraverso per esempio l’introduzione di fondi ad hoc.
Jan Březina (PPE), per iscritto. – (CS) La relazione sull’efficienza energetica invita giustamente ad accordare maggiore attenzione alle innovazioni sistemiche, come le griglie e i contatori intelligenti, al fine di agevolare una più facile integrazione delle tecnologie rinnovabili e a creare una strategia globale per la generazione di calore. A tale proposito dobbiamo notare che l’obiettivo è quello di installare contatori intelligenti nel 50 per cento delle abitazioni entro il 2015, e di portare tale percentuale all’80 per cento entro il 2020. Sono lieto che non vi siano state proposte di introdurre misure legislative in materia di povertà energetica, che anzi ci si sia espressi in modo da rendere chiaro che gli Stati membri sono i più adatti a gestire tale questione e che essa, pertanto, debba essere risolta a livello di Stati membri. Anche la possibilità di utilizzare il 15 per cento del Fondo europeo di sviluppo regionale per i programmi di efficienza energetica dovrebbe contribuire a migliorare la situazione. Ritengo, nondimeno, che l’efficienza energetica debba diventare una priorità europea orizzontale, finanziata con risorse alternative ai fondi strutturali.
Credo sia stato corretto respingere le proposte di introduzione di una tassa paneuropea sull’energia o sul carbone, perché una simile iniziativa porterebbe solo a un aumento dei costi dell’energia e colpirebbe più duramente le famiglie più povere. Sono inoltre del parere che gli obiettivi di efficienza energetica non debbano essere giuridicamente vincolanti e che quest’ultima non debba diventare una condizione per la concessione di fondi strutturali.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) L’efficienza energetica è fondamentale per rafforzare la sicurezza dell’approvvigionamento, migliorare la qualità dell’aria, ridurre le emissioni di gas a effetto serra e aumentare la competitività della nostra società. Efficienza energetica significa fare di più con meno risorse. La presente relazione stabilisce una visione ambiziosa per l’efficienza energetica attraverso, ad esempio, l’introduzione di obiettivi individuali e di incentivi positivi. Essa introduce importanti elementi per quanto concerne la modernizzazione delle infrastrutture energetiche, come le griglie intelligenti, l’efficienza energetica nell’edilizia e nei trasporti, l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni e lo sviluppo della ricerca scientifica nel settore dell’energia. La relazione sottolinea la necessità di raddoppiare i fondi per la ricerca scientifica, lo sviluppo tecnologico e la divulgazione nel settore energetico. Per quanto attiene ai finanziamenti, la relazione invita altresì all’utilizzo dei fondi strutturali per sostenere l’efficienza energetica, elemento che diverrà una priorità per il bilancio dell’Unione europea dopo il 2013. Per tutte queste ragioni desidero congratularmi con il relatore, onorevole Bendtsen, per l’eccellente lavoro svolto e per l’equilibrio raggiunto e invito tutti a sostenere questo importante documento.
Marielle De Sarnez (ALDE), per iscritto. – (FR) Gli edifici assorbono circa il 40 per cento del consumo di energia e sono responsabili di circa il 36 per cento delle emissioni di gas a effetto serra nell’Unione europea. Gli edifici energeticamente efficienti dovrebbero pertanto rappresentare una priorità in seno alla futura revisione del Piano d’azione per l’efficienza energetica. A oggi, quasi il 30 per cento delle abitazioni esistenti in Europa sono malsane e presentano bollette energetiche elevate. È pertanto importante non solo promuovere la costruzione di nuovi edifici ecosostenibili, ma anche rinnovare gli edifici esistenti secondo i medesimi criteri. Per tale ragione gli Stati membri devono lanciare senza ulteriori esitazioni un programma di rinnovamento profondo del parco immobiliare esistente, in modo da arrivare, entro il 2050 a un consumo energetico prossimo allo zero nel settore edile. Esiste inoltre un legame fra l’efficienza e la povertà energetiche. Invitiamo quindi la Commissione a definire un nuovo Piano d’azione per l’efficienza energetica, che tenga conto dei bisogni delle categorie vulnerabili di utenti.
Ioan Enciu (S&D), per iscritto. – (EN) Plaudo a questa relazione sull’efficienza energetica perché aumenterà la sicurezza energetica e contribuirà a creare vantaggi sociali ed economici per l’economia dell’Unione europea. Il gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento europeo ha evidenziato che le risorse energetiche non sono distribuite in modo eguale tra gli Stati membri. Dobbiamo tenere sempre a mente la solidarietà europea nell’elaborazione di leggi sull’efficienza energetica. È stato detto che il risparmio energetico è uno dei modi più rapidi per raggiungere tale obiettivo. Promuovere l’efficienza energetica creerà posti di lavoro e permetterà ai governi degli Stati membri di risparmiare miliardi ogni anno sui costi di riscaldamento.
Plaudo fortemente alla creazione di una società a basso consumo di carbonio, ma dobbiamo prestare attenzione a trovare il giusto equilibrio tra gli Stati membri sulla base delle relative capacità e risorse. Sono preoccupato che ci si aspetti da Stati membri come la Romania prestazioni pari a quelle di altri Stati membri come la Svezia, che hanno comprovati precedenti in materia di efficienza energetica. La prospettiva finanziaria n. 8 sarà uno strumento di finanziamento critico per l’incoraggiamento e la promozione dell’efficienza energetica nel periodo 2014-2020.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione sul Piano d’azione per l’efficienza energetica perché formula importanti proposte per l’ambiente e per l’economia, in particolar modo la presentazione di norme comunitarie che introducono un obiettivo vincolante per la riduzione dei consumi energetici.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Nel 2008, l’Europa si è impegnata a raggiungere, come minimo entro il 2020, una riduzione del 20 per cento del consumo e a garantire che il 20 per cento del proprio consumo energetico provenga da fonti rinnovabili. Tale obiettivo è fondamentale per aiutare l’Europa a raggiungere il livello di riduzione delle emissioni di CO2 prefissato e per diminuire la dipendenza dai combustibili fossili. L’obiettivo dovrà però rimanere esattamente com’è, ovvero un obiettivo cui gli Stati membri potranno aderire su base volontaria.
Perché ciò possa accadere, al posto di imporre un limite vincolante sarà importante che gli Stati concordino su soluzioni che permettano una maggiore efficienza energetica e un minore dispendio di energia, senza compromettere lo sviluppo e senza che ciò rappresenti un onere eccessivo per le industrie e per i produttori europei, soprattutto in una fase di crisi economica come quella che stiamo attraversando.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) La presente relazione s’incentra sulla politica di efficienza energetica dell’Unione europea. Sostengo, a tale proposito, la necessità di definire obiettivi vincolanti. Nel libro verde della Commissione (COM/2005/0265 def.) sull’efficienza energetica si stima il potenziale incremento di occupazione, diretto e indiretto, a un milione di nuovi posti di lavoro in Europa. Secondo tale comunicazione, i principali beneficiari delle misure di efficienza energetica sono le piccole e medie imprese e una famiglia media potrebbe risparmiare in media 1 000 euro l’anno grazie a dette misure.
Misure obbligatorie come queste sono fondamentali anche per ridurre il debito energetico derivante dalle importazioni di petrolio e di gas dal Golfo e dalla Russia.
Abbiamo già obiettivi vincolanti per portare al 20 per cento la quota di energie rinnovabili in seno all’Unione europea. In assenza di misure vincolanti per l’efficienza energetica e con il quadro attuale, riusciremmo a raggiungere solo metà del potenziale. Si tratta anche di una questione di sicurezza giuridica e di un segnale importante per indirizzare nuovi investimenti.
Per quanto concerne l’Unione europea e il Portogallo, stabilire un obiettivo vincolante comporterebbe più guadagni che perdite. Oltretutto, se gli obiettivi dell’Unione europea per il 2020 non andassero al di là delle intenzioni, questa strategia non servirebbe a nulla.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Le promesse di aumento dell’efficienza energetica si sono moltiplicate, ma l’Unione europea corre il rischio di non raggiungere gli obiettivi che si è posta: raggiungere il 20 per cento entro il 2020. Gli ultimi dati indicano una media effettiva di appena 9 per cento, nonostante il contributo che l’aumento di efficienza energetica può dare alla riduzione delle emissioni, del consumo e della dipendenza energetica.
La relazione contiene un ampio ventaglio di aspetti che coprono piuttosto adeguatamente il vasto ambito dell’efficienza energetica, sebbene indichi percorsi che difficilmente porteranno al raggiungimento gli obiettivi cui mira.
Essa presenta, però, aspetti sui quali non siamo d’accordo, come il preteso legame fra efficienza energetica e la cosiddetta strategia Europa 2020, che stabilisce la creazione di un mercato unico per l’energia, la promozione di strumenti di mercato, un sistema europeo di scambio delle quote di emissione, mascherando parte dei profitti provenienti dall’efficienza energetica e dimenticando la necessità di difendere un settore energetico pubblico forte, che ciascuno Stato deve promuovere.
Pur concordando con la necessità dell’esistenza di fondi comunitari per la realizzazione di tali obiettivi, manteniamo alcune riserve relativamente alla possibilità effettiva di utilizzare fino al 15 per cento del Fondo europeo di sviluppo regionale o di ricorrere al Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale per l’efficienza energetica, considerando che dovranno essere gli Stati membri a definire le proprie necessità e priorità per la distribuzione di tali fondi.
Françoise Grossetête (PPE), per iscritto. – (FR) È possibile introdurre numerose misure per migliorare l’efficienza energetica in settori chiave come i trasporti o l’edilizia, che offrono opportunità non ancora sfruttate.
È nondimeno irrealistico stabilire un obiettivo vincolante per migliorare l’efficienza energetica almeno del 20 per cento entro il 2020 perché non esistono metodi di valutazione, né indicatori comuni. Dovremmo piuttosto concentrarci su obiettivi settoriali concreti come, ad esempio, l’impegno di ridurre del 38 per cento il consumo energetico negli edifici esistenti.
La mancanza di finanziamenti costituisce un grosso ostacolo per il rinnovamento degli edifici nel settore residenziale e in quello delle piccole e medie imprese. Invece d’ingaggiare una battaglia con obiettivi irrealistici, la Commissione europea dovrebbe piuttosto ideare soluzioni innovative e stimolare i partenariati tra pubblico e privato in materia, perché una simile ecologia creativa è fonte di posti di lavoro.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho approvato questa relazione perché mira ad aumentare l’efficienza energetica almeno del 20 per cento entro il 2020, progredendo in tal modo verso un’economia verde e sostenibile. I vantaggi sono enormi in termini sia di crescita economica, sia di creazione di posti di lavoro nelle zone rurali e in quelle urbane. È risaputo che vi sia un enorme potenziale per l’efficienza energetica nell’edilizia, pertanto bisognerebbe porre l’accento sulla ristrutturazione degli edifici esistenti in quanto le percentuali di nuove costruzioni continuano a ridursi nell’Unione e molti vecchi edifici dispongono di altissimi potenziali di efficienza, se ristrutturati adeguatamente. Nell’industria della tecnologia pulita esiste la necessità di superare il divario tra gli Stati Uniti d’America e la Cina da una parte e l’Unione europea dall’altra. Entrambi i paesi sono molto più progrediti dell’Unione europea per quanto riguarda l’adozione di misure legislative volte a promuovere soluzioni di efficienza energetica. Pertanto, le misure e gli strumenti per promuovere i finanziamenti andrebbero sostenuti sia a livello di Unione che di Stati membri. L’introduzione di fondi per l’efficienza energetica a livello nazionale con il sostegno dei contratti per l’efficienza energetica andrebbero incentivate attraverso uno strumento finanziario a livello europeo. Il contratto per l’efficienza energetica in base al quale un cliente acquista un risparmio energetico garantito crea un effetto di leverage in quanto l’investimento viene ammortizzato su un arco di tempo di 2-15 anni. Un tale modello crea posti di lavoro nell’ambito delle piccole e medie imprese e i consumatori possono risparmiare sulle bollette dell’energia, riducendo di conseguenza le emissioni.
Eija-Riitta Korhola (PPE), per iscritto. – (FI) Quando ho votato contro l’obiettivo vincolante della riduzione del 20 per cento del consumo energetico, come la maggioranza del mio gruppo, non intendevo oppormi all’importanza del risparmio energetico, bensì al modo in cui si cerca di promuoverlo. L’importanza di un maggiore risparmio energetico è innegabile. Nondimeno, tentare di risolvere i problemi dell’Unione europea relativi al clima, alla sicurezza e all’approvvigionamento energetici non è, a mio avviso, sostenibile o prudente.
Nel ben noto pacchetto clima-energia 202020, l’obiettivo del risparmio energetico era l’unico a non esser vincolante e si dava per scontato che sarebbe progredito di pari passo agli altri obiettivi vincolanti, come quelli relativi alle riduzioni delle emissioni e alle energie rinnovabili. L’obiettivo del risparmio energetico non è stato attuato come volevamo, ma ora, piuttosto che caricare la nostra comunità di un ulteriore obiettivo vincolante, che si sovrappone agli altri, e senza sapere come esso verrà raggiunto, dovremmo valutare anzitutto se gli altri obiettivi sono stati definiti in modo corretto.
L’introduzione di riduzioni delle emissioni e di obiettivi relativi alle energie rinnovabili, gli Stati membri e le loro aziende sono sottoposti a pressioni e la tentazione di adottare soluzioni miopi e insostenibili diventa schiacciante. Se, oltre a ciò, imponiamo un ulteriore vincolo, ci troveremo in una situazione in cui l’Unione europea si toglierà letteralmente la sedia da sotto e, al contempo, comporterà un massiccio trasferimento di redditi, senza che ciò comporti alcun beneficio per il clima, l’ambiente o la nostra sicurezza energetica.
Nel tentativo di fare del bene, abbiamo fatto esattamente il contrario. L’industria nel suo insieme sta diventando meno sostenibile, stiamo bruciando legna a livelli insostenibili in nome delle energie rinnovabili e, al contempo le emissioni di anidride carbonica, ovvero il problema di partenza, stanno aumentando sempre più seriamente al di là dei nostri confini.
È ora di intraprendere un’azione sensata e sostenibile e non di ricorrere a un miope ingozzamento che non porta a nessun risultato razionalmente tangibile.
Elisabeth Köstinger (PPE), per iscritto. – (DE) L’aumento dell’efficienza energetica in tutta l’Unione europea è un elemento fondamentale della strategia energetica europea. Esso permetterà una riduzione delle emissioni di CO2 e, al contempo, un miglioramento della sicurezza energetica nel modo più efficace e più rapido sotto il profilo dei costi. Plaudo al fatto che la relazione evidenzi un maggior investimento nell’efficienza energetica degli edifici, creando così nuovi posti di lavoro nel settore edile e nelle piccole e medie imprese e portando a possibili benefici energetici pari a un massimo di 1 000 euro annui per nucleo familiare. La relazione rileva inoltre la necessità di incrementare l’efficienza energetica dell’intero sistema di trasporto passando dai modi di trasporto ad alta intensità energetica, come camion e automobili, a quelli a bassa intensità, come il treno. Plaudo agli aspetti di questa relazione che invitano la Commissione e gli Stati membri a prestare all’efficienza energetica l’attenzione che merita e, al contempo, a garantire il rispetto delle numerose disposizioni di legge già introdotte in materia a livello comunitario e nazionale.
Bogusław Liberadzki (S&D), per iscritto. – (PL) durante la votazione, quest’oggi, ho sostenuto la relazione Bendtsen sulla revisione del Piano d’azione per l’efficienza energetica. Non vi è dubbio che aumentare l’efficienza energetica sia il modo più efficace sotto il profilo dei costi e più rapido per ridurre le emissioni di anidride carbonica. Il punto è che gli edifici assorbono circa il 40 per cento del consumo di energia e sono responsabili del 36 per cento circa delle emissioni di gas a effetto serra nell’Unione europea. È per questa ragione che una delle cose più importanti da fare è aumentare l’efficienza energetica degli edifici. Ciò dovrebbe essere compiuto avviando un’opera di rinnovamento degli impianti esistenti e di installazione di infrastrutture comuni più efficienti negli edifici e nei sistemi di riscaldamento. Ho votato a favore del finanziamento dell’isolamento degli edifici attraverso i fondi strutturali.
Marian-Jean Marinescu (PPE), per iscritto. – (RO) La relazione sull’efficienza energetica è estremamente importante, in vista dell’adozione del piano d’azione dell’Unione europea in materia per i prossimi anni. Esso avrà un enorme impatto sui metodi utilizzati per ridurre le emissioni di CO2, sulla crescita economica e sulla creazione di posti di lavoro in settori come le tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni, l’edilizia e i servizi. Ho votato a favore di una protezione più efficace dei consumatori vulnerabili. Tale categoria di utenti deve beneficiare al massimo dei miglioramenti apportati in materia di efficienza energetica. Per effettuare gli investimenti richiesti, però, sono necessarie maggiori risorse finanziarie. Ho votato, inoltre, a favore dell’istituzione di fondi per l’efficienza energetica a livello nazionale, regionale o locale. Tali fondi potrebbero svolgere un ruolo fondamentale nello sviluppo delle piccole e medie imprese e delle aziende che forniscono servizi di efficienza energetica. Ho votato contro l’istituzione dell’obiettivo giuridicamente vincolante di un livello di risparmio energetico pari almeno al 20 per cento entro il 2020, perché una simile pressione a livello comunitario avrebbe un impatto negativo sul mercato unico. Ritengo che la transizione verso un’economia verde e sostenibile possa procedere anche senza imporre misure legislative eccessive.
Mario Mauro (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il collega Bendtsen nella sua relazione sulla revisione del Piano d’azione per l’efficienza energetica sottolinea correttamente che le politiche nazionali non sfruttano ancora appieno le potenzialità esistenti in campo di efficienza energetica. È necessario quindi un rafforzamento delle strategie comunitarie in tal senso. Il mio voto è favorevole.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) La relazione in esame pone l’accento sul principio dell’efficienza energetica e invita all’etichettatura energetica. Si tratta di un fattore positivo, anche se avremmo preferito vedere la riflessione spingersi fino alla sobrietà energetica e all’etichettatura ecologica. Il documento esprime preoccupazione per la povertà energetica. È una bella novità, peccato però che ne faccia uno strumento al servizio del capitalismo verde, che sia favorevole alla libera concorrenza, che richieda l’intervento di intermediari finanziari e vanti i meriti del mercato del carbonio. In questo modo azzera i progressi che promette.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Un piano d’azione per la politica energetica europea deve affrontare i seguenti aspetti: il progresso verso un sistema energetico a basse emissioni di carbonio, la garanzia della sicurezza dell’approvvigionamento energetico, il rafforzamento della competitività dell’Unione e la fornitura di energia a tutti i consumatori a prezzi accessibili. Per realizzare tutto ciò, è necessario compiere un grosso sforzo umano e finanziario.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (EN) Questi sono i dieci principali orientamenti per l’efficienza energetica:
1. tecnologie efficienti dal punto di vista energetico, 2. tecnologie dei trasporti, 3. uso efficiente dell’energia, 4. sicurezza dei circuiti per il trasporto dell’energia, 5. raccolta e immagazzinamento di beni usati per la produzione di energia, 6. sfruttamento dell’energia dei paesi produttori, 7. formazione e distribuzione delle fonti energetiche, 8. programmi antimonopolio per il consumo e la fornitura di energia, 9. nanotecnologie nel settore della fornitura energetica e nel suo sviluppo, 10. legislazione in materia di efficienza energetica.
Purtroppo, tali aspetti non sono coperti dalla relazione in esame. Ho votato a favore del documento, tenendo presente che il compito principale è appena agli inizi.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) L’efficienza energetica è un settore con un grande potenziale per il futuro, in cui l’Unione europea ha già maturato una certa esperienza. Gli Stati membri, inoltre, ospitano diverse aziende tecnologiche di punta. Al di là degli evidenti benefici per l’ambiente, questo settore offre la possibilità di dare impulso alla crescita economica e creare posti di lavoro. Nondimeno, è risultato evidente in passato che l’Unione europea si ponesse spesso obiettivi ambiziosi per poi incontrare difficoltà nel raggiungerli, oppure mancarli completamente. Potrebbe essere il caso dell’edilizia che, naturalmente, offre un enorme potenziale in materia di risparmio energetico.
È decisamente più semplice attuare misure di questo tipo negli edifici nuovi che non in quelli più vecchi, già esistenti. I monumenti nazionali, poi, presentano problemi particolari. Infine, dobbiamo impedire che la situazione ci sfugga di mano, portandoci a imporre misure volte ad aumentare l’efficienza energetica quando l’attuazione di tali misure risulterebbe talmente esosa da rendere il costo della vita praticamente insostenibile. Ho votato di conseguenza.
Wojciech Michał Olejniczak (S&D), per iscritto. – (PL) Non si può che concordare con l’affermazione del relatore, secondo cui “l’efficienza energetica è il modo più efficace sotto il profilo dei costi e più rapido per ridurre le emissioni di CO2 e di altro tipo”. Inoltre, il miglioramento dell’efficienza energetica contribuisce alla crescita economica e alla creazione di posti di lavoro. È possibile osservare tale fenomeno, ad esempio, nei nuovi Stati membri, in cui la grandezza delle sfide da affrontare è enorme.
Vale altresì la pena di menzionare che il sostegno dell’Unione europea per l’isolamento degli edifici è uno degli aspetti più evidenti della politica di coesione. Gli edifici ammodernati sono uno dei migliori indicatori dell’Unione europea nella regione. In considerazione di quanto detto, sottoscrivo le proposte contenute nella relazione relativamente a un aumento delle spese per il miglioramento dell’efficienza energetica.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. – Ho votato a favore del piano di azione per l’efficienza energetica perché ritengo importante far progredire l’UE verso un’economia verde e sostenibile. Diminuire il consumo energetico, attraverso innovazioni sistemiche per le infrastrutture energetiche e lo sviluppo urbano è l’obiettivo che l’Europa propone nel nuovo piano d’azione che la Commissione presenterà il prossimo Febbraio. Ritengo inoltre che gli obiettivi non debbano essere vincolanti poiché nel velocizzare i tempi il rischio che si corre è di danneggiare economicamente imprese e cittadini. Le misure per un piano d’azione devono essere concordi con i piani nazionali al fine di delineare una metodologia comune per misurare gli obiettivi di efficienza energetica.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Nella revisione del Piano d’azione per l’efficienza energetica, il relatore, membro del gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano), propone in modo equilibrato di raggiungere l’obiettivo di risparmio energetico del 20 per cento, stabilito dal Consiglio europeo nel 2007.
L’approccio pragmatico all’attuazione di una politica di efficienza energetica proposto dal relatore, che suggerisce mete individuali senza imporre obiettivi giuridicamente vincolanti, mi sembra il modo più adeguato, nell’attuale contesto politico ed economico, per raggiungere tale risultato. È stata inoltre presentata, in seno alla commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, una proposta di introdurre obiettivi vincolanti di un risparmio energetico pari ad almeno il 20 per cento, emendamento approvato da socialisti, liberali e verdi.
Desidero evidenziare, nella relazione a favore della quale ho votato, diverse azioni a sostegno dell’efficienza energetica dell’Unione europea e degli Stati membri: l’applicazione della legislazione già esistente in questo settore, uno sviluppo urbano energeticamente efficiente, la costruzione di edifici che rispondano a tali requisiti e il finanziamento di queste e di altre misure attraverso la creazione di fondi nazionali per l’efficienza energetica. Bisognerebbe sottolineare che questa relazione del Parlamento europeo rappresenta un importante contributo per la revisione in corso del Piano d’azione per l’efficienza energetica da parte della Commissione.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, anche a seguito di alcune migliorie apportate al progetto iniziale, condivido con l’on. Bendt Bendtsen l’idea che l’efficienza energetica è il mezzo economicamente più conveniente per ridurre le emissioni di CO2 e di altra natura e che rappresenta un’opportunità unica per sostenere e creare occupazione, riducendo al contempo la dipendenza dalle importazioni di energia; rileva che, secondo la Commissione, i benefici in termini di risparmio energetico potrebbero ammontare a più di 1 000 euro per famiglia all’anno.
Rovana Plumb (S&D), per iscritto. – (RO) L’efficienza energetica è il modo più efficace sotto il profilo dei costi e più rapido per ridurre le emissioni di CO2 e di altro tipo. I vantaggi sono enormi in termini sia di crescita economica che di creazione di posti di lavoro nell’ambito della tecnologia dell’informazione, dell’edilizia e dei servizi. Tali posti di lavoro saranno creati sia nelle zone rurali, sia in quelle urbane e spesso nell’ambito di piccole e medie imprese. Si tratterà inoltre di posti di lavoro locali che non potranno essere esternalizzati. All’inizio del 2011, la Commissione presenterà un piano rivisto che dovrà contenere i seguenti elementi: l’obiettivo vincolante per l’Unione europea di aumentare l’efficienza energetica del 20 per cento almeno entro il 2020, l’introduzione di misure volte a contrastare la povertà energetica in tutte le politiche relative all’energia, la revisione, nel 2011, della direttiva sui servizi energetici, l’incentivazione a investire in griglie intelligenti e al rispetto, da parte degli Stati membri, dei requisiti stabiliti in seno al terzo pacchetto legislativo sul mercato unico per quanto attiene all’installazione di contatori intelligenti nell’80 per cento delle abitazioni entro il 2020, la definizione di obiettivi annuali da parte degli Stati membri per il rinnovamento del parco immobiliare, la predisposizione, da parte della Commissione, di politiche volte a raggiungere un livello di dispersione di energia prossimo allo zero entro il 2050 e, infine, la valutazione, da parte della Commissione, di modelli di finanziamento innovativi, come i fondi rotativi, al fine di raggiungere gli obiettivi del settore.
Teresa Riera Madurell (S&D), per iscritto. – (ES) Ho votato a favore di questa relazione, perché credo che l’obbligatorietà dell’obiettivo del 20 per cento di efficienza energetica sia importante non solo in termini di riduzione delle emissioni di CO2, ma anche in termini sociali. Le bollette energetiche rappresentano una delle maggiori voci di spesa delle famiglie europee. Introdurre misure di efficienza che riducano lo spreco di energia e contribuiscano a ridurre la povertà energetica è un obiettivo socialista.
Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) Nell’attesa che la sfida folle dell’energia solare spaziale diventi realtà e che il mondo intero possa beneficiare di questa manna elettrica pressoché inestinguibile, l’Unione europea non ha altra scelta, per la propria politica energetica attuale, che approvvigionarsi da quante più fonti energetiche possibili e, soprattutto, giocare la carta dell’efficienza energetica. Si tratta di una priorità chiave della strategia europea per il prossimo decennio, sottolineata nella relazione Bendtsen approvata questo pomeriggio dalla maggioranza dei membri del Parlamento europeo. Mi congratulo, in particolare, per l’adozione dell’obiettivo vincolante di un risparmio energetico pari al 20 per cento entro il 2020, che dovrebbe permettere all’Unione europea di risparmiare quasi 100 miliardi di euro. Per raggiungere un simile risultato bisognerà, chiaramente, aumentare la nostra azione in vari settori, dai servizi energetici ai trasporti (a quando un quadro per la normalizzazione dei veicoli elettrici?) e all’edilizia. Quest’ultimo settore dev’essere oggetto di particolare attenzione, considerando che gli edifici assorbono circa il 40 per cento del consumo di energia e sono responsabili di circa il 36 per cento delle emissioni di gas a effetto serra nell’Unione europea. L’edilizia pubblica, ad esempio, presenta un considerevole potenziale in termini di risparmio energetico, fattore che faciliterebbe la transazione verso un’economia verde e sostenibile.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) La relazione in esame rappresenta un potente e puntuale richiamo, per Commissione e Consiglio, all’importanza di un obiettivo vincolante in materia di risparmio energetico prima del fondamentale vertice sull’energia del 4 febbraio 2011 e durante la preparazione, da parte della Commissione, del Piano d’azione per l’efficienza energetica. Misure comunitarie ambiziose in materia di risparmio ed efficienza energetici sono fondamentali se l’Europa vuole rispondere alle sfide della sicurezza energetica e del cambiamento climatico. Dette misure sono sensate anche da un punto di vista economico, creano posti di lavoro e permettono ai consumatori di risparmiare denaro nelle proprie bollette energetiche. Finora, gli Stati membri non hanno tenuto fede al proprio impegno di ridurre il consumo energetico del 20 per cento entro il 2020, compiendo progressi insufficienti. Rendere vincolante tale obiettivo aiuterà a garantire, come nel caso delle energie rinnovabili, che i governi dell’Unione europea sviluppino concretamente tale potenziale.
La relazione invita inoltre ad adottare misure più rigorose in materia di consumo energetico degli edifici, anzitutto attraverso il rinnovamento del parco immobiliare esistente. Considerando che gli edifici assorbono circa il 40 per cento del consumo di energia dell’Unione europea, è fondamentale operare anzitutto in questo settore. I verdi auspicano che il vertice dell’Unione sull’energia affronti anche tale questione fondamentale.
Czesław Adam Siekierski (PPE), per iscritto. – (PL) Il Piano d’azione per l’efficienza energetica è un mezzo economicamente vantaggioso di aumentare la competitività dell’economia e la sicurezza dell’approvvigionamento energetico dell’Unione europea. Il piano di cominciare a migliorare l’efficienza energetica è anche un’opportunità perfetta per lo sviluppo delle piccole e medie imprese. La relazione Bendtsen pone giustamente l’accento su come utilizzare l’energia in modo efficace ed efficiente senza doverne ridurre il consumo, in costante aumento negli Stati membri. L’utilizzo di nuove tecnologie energetiche nell’edilizia e nei trasporti consente notevoli risparmi a livello di Unione europea nel suo complesso. Nondimeno, affinché tali metodi possano esser utilizzati, è necessaria una campagna d’informazione per i cittadini, come pure una riduzione dei costi delle tecnologie a risparmio energetico. Il prezzo elevato delle apparecchiature innovative è senza dubbio il maggiore ostacolo al loro utilizzo. L’adozione di obiettivi vincolanti per il 2020 rappresenta una difficoltà per diversi Stati membri.
Dobbiamo ricordare, tuttavia, che i singoli Stati si trovano in diverse fasi di sviluppo della politica energetica. Un obiettivo vincolante di utilizzo di energie rinnovabili per il 20 per cento del consumo totale di energia entro il 2020 rischia di essere una sfida eccessiva, soprattutto per i 12 nuovi paesi che hanno aderito all’Unione.
Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. – (NL) Sono lieto che il Parlamento europeo si sia dichiarato a favore dell’obiettivo vincolante di un risparmio energetico pari al 20 per cento entro il 2020. Le previsioni indicano che, con le politiche attuali, l’Europa sarà in grado di risparmiare solo l’11 per centro del proprio consumo energetico. Nel frattempo, le famiglie sprecano 1 000 euro di energia l’anno e noi esportiamo non meno di 350 miliardi di euro di benessere europeo verso i paesi ricchi di petrolio. Un migliore isolamento delle abitazioni, trasporti e applicazioni energeticamente più efficienti garantiscono una bolletta energetica meno salata per aziende e consumatori.
Vi sono spesso ostacoli all’adozione di misure concrete come queste, quali elevati costi di investimento e incertezza dei benefici. Se i ministri europei sosterranno tale proposta, i governi dovranno offrire il proprio supporto alle misure di conservazione dell’energia. Tali misure finiranno col comportare un’entrata economica, perché la bolletta energetica sarà inferiore.
La conservazione dell’energia è il modo più economico per raggiungere il nostro obiettivo climatico e porterà a una riduzione delle emissioni di CO2 pari a 560 milioni di tonnellate. Essa, pertanto, rende ancora più semplice per noi aumentare lievemente il nostro obiettivo climatico. Purtroppo, siamo ancora disperatamente lontani dal nostro obiettivo. Secondo una recente relazione, se vogliamo raggiungere un risparmio energetico del 20 per cento, dobbiamo triplicare l’obiettivo europeo. Pertanto è importante che tale obiettivo sia vincolante per tutti gli Stati membri.
Konrad Szymański (ECR), per iscritto. – (EN) I Conservatori e Riformisti europei ritengono che il ruolo dell’efficienza energetica sia fondamentale per permettere all’Unione europea di raggiungere i propri obiettivi in materia di energie rinnovabili e riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, nonché per garantire la nostra sicurezza energetica e contribuire alla nostra competitività economica. Sosteniamo buona parte dei contenuti di questa relazione, come l’accento posto sulle griglie e sui contatori intelligenti, i finanziamenti provenienti dalla Banca europea per gli investimenti e dal settore privato, nonché il potenziale sviluppo dell’efficienza energetica derivante dal settore ricerca e sviluppo. I Conservatori e Riformisti europei non sono favorevoli, tuttavia, a obiettivi vincolanti in materia di efficienza energetica. Riteniamo che l’Unione europea e gli Stati membri siano già incentivati ad attuare politiche di efficienza energetica per mezzo degli obiettivi in materia di energie rinnovabili e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, nonché grazie agli obiettivi di risparmio energetico contenuti nella direttiva sui servizi energetici. I Conservatori e Riformisti europei si sono pertanto astenuti durante la votazione su questa relazione.
Thomas Ulmer (PPE), per iscritto. – (DE) Ho votato contro la relazione Bendtsen, perché ancora una volta le cifre sono state modificate e gli obiettivi risultano restrittivi. È vero che si tratta di una relazione di carattere non legislativo, ma gli effetti della direttiva sulla progettazione ecocompatibile hanno dimostrato con quanta cautela si debbano trattare tali questioni. A causa del divieto sulle lampade, ho dovuto evacuare una stanza per evitare danni alla salute delle persone in seguito alla rottura di una lampadina a risparmio energetico che conteneva mercurio. Questo è esattamente il tipo di cose che bisogna fermare per tempo.
Hermann Winkler (PPE), per iscritto. – (DE) Ho votato contro la relazione in esame. Plaudo all’approccio che il documento propone circa il Piano d’azione per l’efficienza energetica, ma ritengo che imporre “dall’alto” obiettivi vincolanti in materia e stabilire obiettivi obbligatori di ammodernamento e ristrutturazione degli edifici pubblici (come le scuole) e privati sia un errore. In una fase in cui i bilanci di province, autorità locali e nuclei familiari sono risicati, requisiti irrealistici come questi eserciterebbero pressioni eccessive su di essi. La Commissione dell’Unione europea, i cui edifici sono stati recentemente rinnovati in base ai nuovi criteri di efficienza, ad esempio, ha dovuto ammettere che non era in grado di adeguarsi agli ulteriori requisiti per la ristrutturazione energetica della propria sede. L’Unione europea non deve imporre ad altri cose che non è in grado di fare.
Per le piccole e medie imprese e, soprattutto, per i piccoli costruttori della Sassonia simili misure si spingono decisamente troppo in là. Costituiscono un onere eccessivo per le aziende e comporteranno inevitabilmente una perdita di posti di lavoro e un aumento dei costi per i consumatori. A mio avviso, dobbiamo adottare un approccio critico, in particolare per quanto concerne l’invito ad applicare criteri di efficienza energetica alla politica delle gare d’appalto pubbliche. Il modo corretto di risparmiare energia passa attraverso l’educazione dei cittadini europei e l’istituzione di sistemi di incentivazione fiscale.
Joachim Zeller (PPE), per iscritto. – (DE) Sono contrario a questa relazione. Sebbene contenga alcune proposte degne di considerazione, nutro una bassa opinione del tipo di politica dalle grandi gesta che invita a misure restrittive praticamente impossibili da attuare concretamente. Le richieste ad autorità locali e regionali e ai proprietari immobiliari privati di effettuare una ristrutturazione energetica dei propri immobili sono particolarmente inutili, considerando la situazione finanziaria in cui versano le parti interessate. La stessa Commissione dell’Unione europea ha dovuto ammettere di non potersi adeguare ai requisiti globali in materia di ristrutturazione energetica della propria sede. Oltretutto, non abbiamo ancora alcuna prova del fatto che la ristrutturazione energetica comporti un risparmio diretto dei costi. A fronte degli investimenti per la produzione e il mantenimento dell’infrastruttura e dei servizi e per gli impianti di produzione delle energie rinnovabili, il costo dell’energia sta salendo più rapidamente di quanto possa essere compensato dai possibili risparmi derivanti dalle misure di efficienza energetica. Dal 2002 a questa parte, l’attuale direttiva comunitaria in materia di efficienza energetica è stata attuata in modo estremamente diverso nei singoli Stati membri, il che significa che in Europa non vi è un approccio comune in questo settore. Insistere su una mobilizzazione dei fondi strutturali di gran lunga maggiore per sostenere le misure in materia di efficienza energetica è inappropriato alla luce degli attuali dibattiti finanziari. Sono estremamente favorevole a una discussione sull’efficienza energetica basata su un ampio consenso a tutti i livelli politici e che coinvolga tutte le parti interessate, nonché alla creazione di sistemi di incentivazione, mi oppongo invece a norme imposte “dall’alto” i cui conti devono essere pagati da altri.