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Procedura : 2010/2202(INI)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo del documento : A7-0339/2010

Testi presentati :

A7-0339/2010

Discussioni :

PV 15/12/2010 - 14
CRE 15/12/2010 - 14

Votazioni :

PV 16/12/2010 - 6.4
CRE 16/12/2010 - 6.4
Dichiarazioni di voto
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P7_TA(2010)0489

Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 15 dicembre 2010 - Strasburgo Edizione GU

14. Diritti umani nel mondo nel 2009 e politica dell'Unione europea in materia (discussione)
Video degli interventi
Processo verbale
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  Presidente. – L'ordine del giorno reca la relazione (A7-0339/2010) dell’onorevole Andrikienė a nome della commissione per gli affari esteri sulla relazione annuale sui diritti umani nel mondo e sulla politica dell'Unione europea in materia [2010/2202(INI)].

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė, relatore. (LT) Signora Presidente, Signora Alto rappresentante, è un piacere vederla presente quest’oggi per prendere parte a una discussione così importante, soprattutto dal momento che si tratta dei primi dibattiti politici cui la baronessa Ashton partecipa dal lancio del nuovo Servizio europeo per l’azione esterna.

La relazione annuale sui diritti umani nel mondo, approvata dal Consiglio dell’Unione europea, e la politica dell’Unione europea in materia rappresentano la base della discussione odierna nonché della risoluzione del Parlamento europeo oggetto della votazione di domani. Chiaramente, la baronessa Ashton non può essere ritenuta responsabile delle azioni di cui tratta la relazione sopracitata, relativa agli anni 2008-2009, dal momento che all’epoca non aveva ancora assunto la carica di Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Il Parlamento europeo è perfettamente consapevole dell’importante responsabilità affidatale, ora e in futuro, e le assicuro che farà tutto quanto in suo potere al fine di conseguire gli obiettivi della politica estera comunitaria.

Baronessa Ashton, il trattato di Lisbona è in vigore da un anno e il Servizio europeo per l’azione esterna è operativo da appena quindici giorni Nella relazione oggetto della discussione odierna il Parlamento europeo manda un segnale chiaro a tutte le istituzioni dell’UE, laddove afferma chiaramente che il Servizio europeo per l’azione esterna dovrebbe concentrarsi principalmente sul sostegno alla democrazia e sulla tutela dei diritti umani nel mondo e che la sua struttura e le risorse a sua disposizione dovrebbero riflettere proprio tali priorità. Il SEAE potrebbe prevedere al suo interno una direzione per i diritti umani e la democrazia, una direzione per il diritto internazionale o una struttura con un nome diverso ma con funzioni analoghe. L’obiettivo, in ogni caso, è evitare che le questioni relative ai diritti umani siano trascurate o escluse dalle priorità dell’agenda europea e nella struttura del SEAE.

Con lo stesso obiettivo, il Parlamento europeo chiede la nomina, all’interno del Servizio, di rappresentanti speciali per i diritti umani in paesi o regioni specifici, segnatamente quelli in cui l’UE non dispone di una rappresentanza diplomatica. A tali rappresentanti sarebbe conferito il chiaro mandato di difendere i diritti umani nei paesi di cui si occupano.

Vorrei, inoltre, sottolineare nuovamente la necessità di istituire un gruppo di lavoro del Consiglio sui diritti umani (COHOM) con sede a Bruxelles, tanto più che la maggioranza assoluta degli Stati membri dell’UE è favorevole all’iniziativa. La relazione oggetto della votazione che si terrà domani qui al Parlamento europeo discute e valuta la politica dell’UE, dunque le attività dell’intera Unione europea e delle sue istituzioni, in merito a una vasta gamma di temi e questioni, tra cui l’abolizione della pena di morte, i diritti umani e la lotta al terrorismo, i diritti dei minori, la lotta alla violenza contro le donne, la situazione dei difensori dei diritti umani in diversi paesi nel mondo e la libertà di religione o di credo. La relazione, inoltre, valuta il ruolo svolto dall’Unione europea in fora internazionali, quali le Nazioni unite, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni unite e la Corte penale internazionale, con cui l’Unione europea collabora.

I colleghi in seno al Parlamento europeo hanno partecipato attivamente alla preparazione della relazione oggetto della discussione, approvata dalla commissione per gli affari esteri con un’ampia maggioranza (50 voti favorevoli, nessun voto contrario e due astensioni). Alla relazione è allegata una lista di specifiche violazioni dei diritti umani in diversi paesi, su cui il Parlamento europeo ha voluto attirare l’attenzione. I nomi, i paesi, i destini e le vite sacrificate che vi figurano sono casi reali. Ecco perché vorrei concludere il mio intervento ricordando alcuni gravi casi di violazioni dei diritti umani.

Come ben sapete, per aver preso parte alla cerimonia, quest’oggi il Parlamento europeo avrebbe dovuto conferire al dissidente cubano Guillermo Farinas il premio Sakharov per la libertà di pensiero. Purtroppo non è stato possibile, perché il governo cubano ha impedito a Farinas di raggiungerci qui al Parlamento europeo. Siamo certi che, nell’esercizio delle sue responsabilità, il Parlamento europeo ne terrà conto e avrà modo di esprimere al governo cubano la nostra posizione, la nostra delusione, il nostro rammarico e la nostra contrarietà.

Vorrei inoltre attirare la vostra attenzione su un altro caso doloroso menzionato nella relazione. La corte russa Khamovnichesky avrebbe dovuto pronunciarsi quest’oggi proprio su uno dei casi citati, ma per ragioni ancora poco chiare ha deciso di rimandare la sentenza alla fine del mese. La pronuncia riguarda il processo contro Mikhail Khodorkovskii e Platon Lebedev, a mio giudizio emblema della corruzione dilagante nella magistratura russa e dell’assenza nel paese dello Stato di diritto. Baronessa Ashton, la esorto a non dimenticare tali casi e a impegnarsi affinché la giustizia in Russia diventi la regola piuttosto che l’eccezione. A mio parere, l’attuale apertura da parte russa e l’intento del Presidente Medvedev di ammodernare il paese rappresentano una buona opportunità per conseguire tale obiettivo.

 
  
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  Catherine Ashton, Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. (EN) Signora Presidente, onorevoli deputati, venerdì scorso abbiamo celebrato la Giornata internazionale dei diritti umani. Il tema di quest’anno intendeva dare risalto al lavoro svolto dai singoli e dalle organizzazioni che in tutto il mondo combattono le violazioni dei diritti umani, in particolare la discriminazione.

Quest’anno ho incontrato l’iraniana Shirin Ebadi, insignita del premio Nobel, e Soria Sabhrang, commissario afgano per i diritti umani delle donne e vincitrice del Frontline Award, nonché altri difensori dei diritti umani in tutto il mondo, e continuerò a farlo.

Come detto in precedenza, mi aspetto che i miei colleghi a Bruxelles e i capi delle delegazioni dell’UE facciano altrettanto.

Sei mesi fa avevo presentato un abbozzo della politica dell’Unione europea in materia di diritti umani. Quest’oggi, vorrei illustrarvi quanto fatto da allora e come intendo procedere in futuro grazie anche all’aiuto del Servizio europeo per l’azione esterna.

Innanzi tutto, però, vorrei ringraziare l’onorevole Andrikienė per il testo sulla relazione annuale dell’UE sui diritti umani nel mondo, in cui il Parlamento europeo illustra le sue proposte per rendere più efficace l’approccio dell’Unione europea ai diritti umani, un’ambizione che mi sento di condividere appieno. La relazione presentata oggi riprende le numerose sfide con cui l’UE si confronta attualmente: attacchi ai difensori dei diritti umani, violenze sessuale, impiego delle nuove tecnologie per limitare la libertà di espressione, e molte altre ancora. Mi congratulo con l’onorevole Andrikienė per aver saputo riunire più di 400 emendamenti in una relazione considerevole, informativa e molto utile.

Se la relazione si occupa di numerose questioni, io vorrei invece concentrarmi su tre importanti sviluppi degli ultimi mesi. Innanzi tutto, l’UE si è impegnata a fondo per portare avanti la causa dei diritti umani a livello multilaterale.

In occasione di un’ottima sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni unite, l’Unione europea ha saputo mantenere una posizione comune sulle risoluzioni relative alla flottiglia per Gaza e alla relazione Goldstone, che avrebbero potuto invece rivelarsi molto controverse. L’Unione europea è riuscita a raggiungere i propri obiettivi anche in seno alla terza commissione dell'Assemblea generale delle Nazioni unite: le risoluzioni sulla Birmania, sulla Repubblica democratica popolare di Corea e sulla pena di morte sono state tutte sostenute da un numero elevato di paesi, così come la risoluzione presentata dal Canada sull’Iran, e la risoluzione presentata UE sull’eradicazione dell’intolleranza religiosa ancora una volta ha riscosso un consenso unanime.

In secondo luogo, così come annunciato a giugno, è stato avviato il riesame della politica dell’UE in materia di diritti umani, un processo inclusivo in cui ho voluto coinvolgere i deputati degli Stati membri, in particolare l’onorevole Hautala e la sottocommissione per i diritti umani, le ONG della società civile e il mondo accademico. Nei prossimi mesi, chiederò al Servizio e ai suoi vertici di considerare i principali temi emersi durante le consultazioni e di valutare come affrontarli. Nel condurre tale esercizio, so di poter contare sul continuo sostegno del Parlamento.

In terzo luogo, è stata lanciata una semplificazione di quel mosaico di politiche (strumenti e linee guide per la promozione e la protezione dei diritti umani) che è venuto a crearsi negli ultimi dieci anni e che orienta l’azione dell’UE in materia di diritti umani. Vi sono sicuramente valide ragioni se la politica in questione è cresciuta in modo così disorganico, ma pare sia venuto il momento di fare un bilancio e andare oltre. Il riesame attualmente in corso si deve incentrare, a mio giudizio, su tre filoni principali.

Primo, l’Europa deve continuare a far sentire la propria voce in difesa dei diritti umani a livello globale. Stiamo pertanto lavorando per rendere più incisiva la nostra azione in seno alle Nazioni unite e per opporci a un indebolimento delle norme universali su cui si fonda la nostra azione. A tal fine, dobbiamo trovare modi innovativi per collaborare con i paesi terzi e promuovere i nostri valori condivisi, così come abbiamo fatto in occasione della votazione sulla risoluzione sulla pena di morte in seno all’Assemblea generale delle Nazioni unite. Stiamo lavorando, infine, affinché la nostra stessa condotta sia irreprensibile sotto ogni punto di vista.

Secondo, il nostro approccio deve essere mirato alle singole situazioni. Di conseguenza, è necessario elaborare strategie locali per i diritti umani in ciascun paese, ripensare le nostre priorità e sfruttare al meglio la panoplia di strumenti a nostra disposizione, per esempio condividendo le esperienze maturate nella protezione dei minori su Internet e su come combattere il lavoro minorile nel modo più efficace.

Terzo, i diritti umani dovrebbero rappresentare il fulcro visibile dell’azione esterna dell’UE. I diritti umani, quindi, dovrebbero essere integrati, a tutti i livelli, nelle attività condotte dai diversi uffici del Servizio europeo per l’azione esterna e nelle diverse azioni esterne dell’UE, nelle politiche commerciali, nelle politiche per lo sviluppo, nella politica di sicurezza e di difesa comune, eccetera. Saranno integrati sia nella struttura del quartier generale sia nei lavori delle delegazioni, al fine di controllare la situazione relativa ai diritti umani e promuovere in modo efficace il conseguimento degli obiettivi perseguiti dalla politica dell’UE in tale ambito.

I diritti umani stanno alla base della nostra identità europea e della nostra azione nel mondo. Abbiamo sviluppato meccanismi solidi per promuovere i nostri valori in contesti diversi e con partner diversi, a livello multilaterale, sostenendo la società civile e finanziando progetti specifici per il rispetto dei diritti umani in oltre cento paesi. A dieci anni dalla prima comunicazione dell’UE sui diritti umani, ora che è stato istituito il nuovo Servizio, intendo garantire che la nostra politica in materia di diritti umani sia efficace, innovativa e mirata, fil rouge della nostra azione esterna e punto di riferimento per la nostra politica estera.

Per tale motivo accolgo con favore il contributo offerto dalla relazione. In conclusione, le mie congratulazioni a Guillermo Fariñas per aver vinto il premio Sakharov per la libertà di pensiero.

 
  
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  Inese Vaidere, a nome del gruppo PPE. – (LV) Signora Presidente, baronessa Ashton, vorrei innanzi tutto ringraziare l’onorevole Andrikienė per l’ottima relazione, approvata di fatto all’unanimità dalla commissione per gli affari esteri. Ringrazio, poi, la baronessa Ashton per il suo intervento così misurato. La relazione sui diritti umani nel mondo testimonia che la situazione resta critica anche in quei paesi con cui l’Unione europea ormai da anni conduce dialoghi e consultazioni sui diritti umani. Per esempio, la relazione sottolinea come la Russia abbia applicato solo il primo dei sei punti previsti dall’accordo siglato con la Georgia; di conseguenza, mezzo milione di persone non possono far ritorno alle loro case nell’Ossezia del Sud e in Abkhazia. L’Unione europea deve risolvere simili situazioni davvero una volta per tutte, ed è per questo che esorto l’Alto rappresentante a prestare particolare attenzione alle situazioni che ho ricordato. Sarebbe inaccettabile se l’Unione europea investisse tanto tempo e tanto denaro nel dialogo sui diritti umani senza con questo ottenere risultati positivi. È chiaro, quindi, che la politica dell’Unione europea in materia di diritti umani va decisamente migliorata. In primo luogo, è necessario definire una strategia precisa per i diritti umani, che non si limiti a stabilire i diversi compiti ma che definisca anche le varie strutture e garantisca una valutazione regolare dei risultati ottenuti e una revisione delle tattiche operative. In secondo luogo, la valutazione della situazione dei diritti umani condotta dall’Unione europea deve fondarsi esclusivamente sulle esperienze maturate e su criteri ben definiti, senza lasciare che le pressioni esercitate dai paesi terzi o gli interessi economici influenzino la nostra posizione. In terzo luogo, l’Unione europea deve consultare regolarmente le organizzazioni non governative. La garanzia del rispetto dei diritti umani e della democrazia dovrebbe rappresentare la massima priorità per il Servizio europeo per l’azione esterna e un criterio inequivocabile nella conclusione di accordi bilaterali con paesi terzi. Grazie.

 
  
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  Véronique De Keyser, a nome del gruppo S&D.(FR) Signora Presidente, la relazione oggetto della discussione odierna è davvero imponente, una grande impresa. La relazione, infatti, affronta la questione dei diritti umani praticamente in tutti i suoi aspetti. Al contempo, però, proprio i suoi pregi possono rivelarsi dei difetti: la relazione è molto densa e leggerla può richiedere parecchio tempo. La colpa non è certo della relatrice, quanto piuttosto dei 423 emendamenti di cui ha dovuto tener conto. Non possiamo, quindi, che congratularci con l’onorevole Andrikienė per essere riuscita in questa impresa.

La relazione, in ogni caso, evidenzia come la questione dei diritti umani, al centro delle politiche europee, sia complessa e sfaccettata. Se il Parlamento europeo, quindi, le chiede, baronessa Ashton, di nominare un rappresentante speciale per i diritti umani, di istituire una direzione generale per i diritti umani, di formare appositamente il personale delle delegazioni dell’UE nei paesi terzi e di nominare, proprio tra il personale, una persona specificamente responsabile del monitoraggio dei diritti umani nel paese in questione, insomma, se il Parlamento auspica che siano prese tali decisioni non è certo per appesantire la burocrazia nel settore quanto piuttosto perché c’è molto da fare.

Pur senza trascurare i gravi problemi e le gravi violazioni che continuano a scuotere il mondo intero, la relazione non è comunque una mera litania di orrori. Su una nota più positiva, infatti, giustamente ricorda gli sforzi profusi e non lesina raccomandazioni in merito alle azioni da intraprendere e ai temi su cui discutere.

In conclusione, la relazione riflette davvero l’importanza e l’essenza di quanto fatto dall’Unione europea. L’UE ha sviluppato una serie di strumenti che possono contribuire concretamente alla promozione della democrazia nel mondo, ma non è ancora riuscita a convincere i suoi interlocutori che il rispetto dei diritti umani non rappresenta un ostacolo alla crescita e al commercio internazionale, né una palla al piede nelle relazioni esterne, bensì un valore aggiunto in termini di stabilità e prosperità.

Lei, baronessa Ashton, ha saputo far propria la causa dei diritti umani e, a un anno dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona, ha lasciato la sua impronta .

 
  
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  Leonidas Donskis, a nome del gruppo ALDE. (LT) Signora Presidente, le mie congratulazioni alla relatrice e a tutti i colleghi che hanno presentato emendamenti e preso parte alle discussioni per l’interesse manifestato e per gli sforzi profusi per redigere e migliorare la relazione sulla relazione annuale sui diritti umani nel mondo nel 2009 e sulla politica dell'Unione europea in materia.

A mio parere, la relatrice e i colleghi che siedono alla sottocommissione per i diritti umani e alla commissione per gli affari esteri hanno saputo affrontare la sfida cui si sono trovati di fronte e l’hanno superata in modo impeccabile. Se siamo riusciti a migliorare la relazione, comunque, è anche grazie alle idee e all’aiuto dei rappresentanti delle organizzazioni non governative. Invito, quindi, tutti i colleghi a votare a favore della presente relazione che, dopo tanti dibattiti, emendamenti e discussioni, riflette ora in modo accurato la posizione del Parlamento europeo riguardo ai diritti umani.

Per quanto attiene agli emendamenti presentati, esorto i colleghi a non tornare su questioni già abbondantemente discusse in seno alla commissione competente. I problemi in fatto di diritti umani non mancano di certo e molti paesi potrebbero essere citati ed esortati ad agire, è vero, ma il valore della relazione dipende dalla sua brevità. Continuando a ritoccare la relazione non facciamo altro che ridurne l’efficacia. Per questo, a mio giudizio, alcuni degli emendamenti presentati sono superflui.

Al contempo, vorrei però richiamare l’attenzione dei colleghi su alcuni importanti emendamenti che non figuravano nella precedente versione della relazione. In particolare, ricordo l’emendamento presentato dal mio gruppo in cui si chiede di assicurare che il tiopental sodico, una sostanza utilizzata per eseguire le condanne capitali, sia prodotto e venduto esclusivamente a fini medici. L’approvazione dell’emendamento rappresenterebbe un importante passo avanti nella lotta alla pena di morte nel mondo. Invito, poi, i colleghi a votare a favore di un altro emendamento presentato dal mio gruppo che invita la Commissione a intraprendere altre azioni per rispettare gli impegni presi nella relazione sui diritti umani del 2007 per intensificare la lotta alla violenza.

Il documento oggetto della discussione non rappresenta soltanto una serie di orientamenti per la Commissione europea, per il Consiglio e per gli Stati membri, ma anche un messaggio forte e chiaro ai vicini dell’Unione europea, ai nostri partner e ad altri paesi in cui la difesa e il rispetto dei diritti umani lasciano a desiderare. Auspico che tutti i paesi e tutte le istituzioni interessate dedichino l’attenzione necessaria alla relazione e diano seguito alle sue preziose raccomandazioni.

 
  
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  Heidi Hautala, a nome del gruppo Verts/ALE. (EN) Signora Presidente, vorrei innanzi tutto dare il benvenuto al Parlamento europeo all’Alto rappresentante. Poi, vorrei fare le mie più sentite congratulazioni all’onorevole Andrikienė per l’ottimo lavoro di squadra svolto, grazie al quale la relazione è stata approvata praticamente all’unanimità dalla commissione per gli affari esteri.

Quest’autunno, ho avuto la fortuna di essere invitata a prendere parte alle discussioni condotte dagli Stati membri su come rendere la politica dell’UE in materia di diritti umani più efficace e coerente. Come ha detto lei, baronessa Ashton, abbiamo ora l’opportunità storica di rivedere la nostra politica in materia di diritti umani. Il processo di revisione dovrebbe essere, a mio giudizio, il più inclusivo e aperto possibile. La invito caldamente a trasmettere tempestivamente, ovviamente non troppo tardi, una comunicazione al Parlamento e al Consiglio per assicurare che il dibattito e l’impegno siano di alto livello.

È importante ricordare, oggi, che il trattato di Lisbona pone i diritti umani al centro dell’azione esterna dell’UE. Bisogna pertanto istituire le strutture necessarie. Come sappiamo, lei, Alto rappresentante, tiene molto alle attività svolte dal quartier generale nel campo dei diritti umani e delle strutture democratiche. Potrebbe gentilmente spiegarci cosa significa tutto ciò in pratica? Può ribadire l’impegno preso l’estate scorsa di fronte a questo stesso Parlamento? La esorto, poi, a istituire a Bruxelles il COHOM, vale a dire il gruppo di lavoro del Consiglio sui diritti umani. Se abbiamo bisogno di maggiore coerenza, e indubbiamente è così, abbiamo anche assoluto bisogno di una struttura permanente.

In conclusione, la ringrazio per gli sforzi profusi al fine di riunire gli Stati membri a Oslo venerdì scorso, in occasione della cerimonia per la consegna del premio Nobel per la pace. Ho buone ragioni per sospettare che senza il suo intervento le cose sarebbero andate diversamente. L’impegno che ha saputo dimostrare rappresenta un ottimo punto di partenza per il lavoro che dovremo svolgere nel campo dei diritti umani affinché l’Unione possa far sentire, nel mondo, una voce più chiara, forte ed efficace.

 
  
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  Konrad Szymański, a nome del gruppo ECR.(PL) Signora Presidente, mi unisco anch’io al coro di ringraziamenti espressi alla relatrice. La collaborazione è stata molto positiva e ha permesso di redigere una relazione che ritengo molto buona. In tale contesto, mi pare necessario sottolineare un aspetto: i cristiani continuano a essere il gruppo religioso più perseguitato al mondo, vittime di discriminazioni e attacchi e, spesso, di assassini in quasi tutte le regioni del mondo. Di fronte a tutto ciò, il mondo resta a guardare in silenzio e anche noi, l’Unione europea, non ci stiamo prodigando abbastanza.

La baronessa Ashton, di recente, è intervenuta in molti singoli casi, e gliene sono grato, ma la questione deve essere ribadita incessantemente. Paesi a noi vicini, quali l’Egitto e l’Algeria, dovrebbero rendersi conto che non possiamo ampliare il dialogo politico senza includervi anche la protezione delle minoranze religiose sul loro territorio. A paesi come il Sudan e l’Iraq, poi, dovremmo dire chiaramente che non approveremo alcun programma di aiuti né accordi di libero scambio finché non rispetteranno il diritto fondamentale alla libertà religiosa.

Sebbene negli ultimi anni per molti aspetti la situazione sia cambiata in meglio, dobbiamo continuare a impegnarci per la difesa della libertà religiosa nel mondo. Nessuno, infatti, lo farà al posto nostro. Nei giorni scorsi, qui al Parlamento europeo abbiamo incontrato alcuni vescovi venuti dall’Iraq, da Mosul e da Baghdad, per raccontarci la loro esperienza. Secondo me, non dovrebbero andarsene solo con la nostra solidarietà, ma anche con la garanzia di un futuro sicuro, con la sensazione di avere qualcuno cui rivolgersi per ottenere aiuto. Altrimenti mettiamo a repentaglio la nostra stessa credibilità: se non saremo in grado di aiutare i nostri amici, perderemo la nostra credibilità agli occhi del resto del mondo.

 
  
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  Marie-Christine Vergiat, a nome del gruppo GUE/NGL.(FR) Signora Presidente, pare che la sessione odierna si concentri proprio sui diritti umani.

Stamane abbiamo approvato la relazione Gál, come pure una relazione sulla tratta degli esseri umani e un’altra ancora sull’ordine di protezione europeo, in altre parole sui diritti delle vittime. Sullo stesso piano metterei anche il no al permesso unico, con cui il Parlamento europeo ha respinto una proposta decisamente troppo discriminatoria nei confronti dei cittadini di paesi terzi.

Non voglio ora tornare sulla questione del premio Sakharov, su cui mi sono già espressa. La presente relazione, in ogni caso, si colloca secondo me nella stessa visione a due velocità, nella stessa visione distorta che purtroppo alcuni colleghi hanno dei diritti umani.

Eccone alcuni esempi. Il mio impegno è rivolto sia alla libertà di religione sia alla libertà di credere o di non credere. Nel mondo, infatti, anche molti non credenti sono vittime delle persecuzioni. La nostra relatrice ha respinto quegli emendamenti volti a inserire nel testo i concetti di libertà di pensiero e libertà di religione e di credo, sebbene siano riconosciuti dal diritto internazionale. Mi domando, per quale motivo sono consacrati alla libertà di religione, in particolare quella dei cristiani, ben quindici paragrafi, mentre alla libertà di espressione ne sono dedicati solo sei? I sindacalisti, poi, non sono neanche citati. Per quale motivo esistono due pesi e due misure, per cui continuiamo a citare sempre gli stessi paesi, vale a dire Iraq, Iran, Russia, Bielorussia o Cuba, senza quasi ricordare la situazione in molti paesi africani, in particolare nel Maghreb, dove nell’indifferenza generale i difensori dei diritti umani e della democrazia sono un bersaglio privilegiato, in particolare in Libia e in Tunisia? Tra l’altro, nella relazione non figura neanche la Colombia.

La mia speranza è che il dibattito odierno ci consenta di fare progressi. A mio giudizio, assumendo una posizione equilibrata e cambiando di conseguenza le nostre dichiarazioni ed azioni, potremo muoverci verso una definizione di diritti umani davvero universale. Ancora c’è molto da fare e, a tal proposito, l’ho ascoltata molto attentamente, baronessa Ashton.

 
  
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  Fiorello Provera, a nome del gruppo EFD. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio anzitutto la relatrice per aver accolto alcuni miei emendamenti sulla libertà religiosa e mi congratulo per il successo avuto nella redazione di questa relazione.

Sono sempre più frequenti fatti tragici che riguardano la libertà dei credenti in tutto il mondo: impedimenti alla libertà di culto, aggressioni e omicidi, crescono di anno in anno. Questi atti criminali riguardano i credenti di tutte le religioni, e in particolare i cristiani. La libertà religiosa sta diventando paradossalmente un tema sempre più sensibile, anziché essere una delle libertà più naturali e indiscutibili.

Per tutte queste ragioni, ribadisco la proposta già avanzata in precedenza di istituire un rapporto specifico, accurato e annuale del Parlamento europeo per verificare lo stato delle libertà religiose nel mondo. Questo rapporto fornirebbe gli elementi necessari per programmare interventi politici adeguati e preventivi.

 
  
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  Nicole Sinclaire (NI). - (EN) Signora Presidente, nelle scuole sovietiche generazioni di bambini sono cresciuti nella convinzione che il compagno Stalin avesse inventato il motore a combustione interna. A quanto pare, nelle scuole europee i bambini cresceranno con la convinzione che l’UE difenda i diritti umani. Ma, retorica a parte, cosa è stato fatto concretamente?

La relatrice sottolinea quanto sia debole la politica dell’UE nei confronti della giunta birmana, una debolezza che sa tanto di acquiescenza. La relatrice ci dice, poi, che l’UE è davvero molto preoccupata per gli abusi dei diritti umani nei paesi terzi; ma che dire dell’espulsione forzata dei rom dal Belgio nel 1999, quando al governo era Guy Verhofstadt, che ora siede qui insieme a noi al Parlamento europeo? E che dire dell’espulsione forzata dei rom dalla Francia ancora quest’anno?

Ma forse dal Servizio europeo per l’azione esterna non possiamo aspettarci altro che belle parole. La settimana scorsa a Bruxelles, Amnesty International ha espresso la sua preoccupazione per la mancanza di un’unità per i diritti umani all’interno del Servizio. Le parole vanno bene, ma le azioni sarebbero ben più utili a tutti coloro che nel mondo soffrono e sono oppressi.

La settimana scorsa, in commissione, ho accusato la presidenza belga di essere una presidenza fantasma. Con mia grande sorpresa, la presidenza si è detta d’accordo con me e ha affermato che proprio questo era l’intento. Invito, quindi, la baronessa Ashton a partecipare, non solo con il pensiero, alla prossima riunione della sottocommissione per i diritti umani che avrà luogo il 10 gennaio. In tale occasione, potrà prendere parte a uno scambio di opinioni sulla rete per i diritti umani e la democrazia e spiegarci cosa significa per lei la parola “azione”.

 
  
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  Filip Kaczmarek (PPE).(PL) Signora Presidente, vorrei ringraziare l’onorevole Andrikienė, relatrice per la relazione sui diritti umani nel mondo del 2009. Il suo non è stato un compito facile, perché la situazione nel campo del rispetto dei diritti umani, purtroppo, continua a esigere la nostra attenzione e il nostro impegno. Nella relazione, a più riprese esortiamo diversi paesi e diverse istituzioni a prendere provvedimenti specifici per migliorare il rispetto dei diritti umani. A mio parere, dovremmo anche controllare più spesso se le istituzioni interessate danno effettivamente seguito alle richieste del Parlamento. Altrimenti, tra un anno ci troveremo a ripetere buona parte delle osservazioni fatte quest’oggi.

Chiedere il rispetto dei diritti fondamentali è giusto, ma non basta. Bisogna anche essere efficaci, bisogna persuadere le amministrazioni a conformarsi alle nostre istruzioni in modo efficace. Sono d’accordo con la proposta avanzata dalla relatrice volta a istituire, in seno al Servizio europeo per l’azione esterna, una direzione per i diritti umani e la democrazia e a nominare un rappresentante speciale per i diritti umani. Il principio fondamentale di una politica estera dell’Unione europea che si vuole coerente, infatti, dovrebbe essere la promozione dei valori democratici e dei diritti umani. Forse, è proprio questo il messaggio politico più importante della relazione. Se saremo in grado di farlo, le prossime relazioni annuali sui diritti umani nel mondo saranno sempre più brevi. E c’è da augurarsi che sia così.

 
  
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  Janusz Władysław Zemke (S&D).(PL) Signora Presidente, grazie per avermi dato la possibilità di intervenire. La relazione oggetto della discussione odierna si divide chiaramente in due parti, due ambiti: un tentativo di valutare la situazione in merito al rispetto dei diritti umani, da un lato, e la politica dell’Unione europea in materia, dall’altro. Il primo obiettivo, infatti, è stabilire se nel 2009 sono stati conseguiti dei progressi nel rispetto dei diritti umani nel mondo. Purtroppo, la risposta è negativa: nel 2009, il rispetto dei diritti fondamentali non è affatto migliorato. Penso, per esempio, alla pena di morte che ancora viene eseguita e alla tortura che continua a essere praticata in molti paesi, ma anche alla violenza contro le donne e a centinaia di milioni di bambini che sono ancora costretti a lavorare in condizioni di schiavitù.

La seconda parte riguarda, invece, l’Unione. Se sui valori e sugli obiettivi siamo tutti d’accordo, la discussione si incentra invece sulla nostra preoccupazione principale, vale a dire come rendere più efficace l’azione dell’Unione a favore della protezione dei diritti umani. I suggerimenti al riguardo contenuti nella relazione mi trovano d’accordo. Se traducessimo in pratica tali raccomandazioni, infatti, l’azione dell’Unione a favore della protezione dei diritti umani nel mondo risulterebbe sicuramente molto più efficace.

 
  
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  Charles Goerens (ALDE).(FR) Signora Presidente, la relazione dell’onorevole Andrikienė rappresenta uno straordinario punto di riferimento per tutti coloro che parlano apertamente dei diritti umani. Condividere con i nostri partner in tutto il mondo le lezioni che abbiamo imparato sui diritti umani è sicuramente giusto.

Sebbene in fatto di rispetto dei diritti umani alcuni paesi siano fermi al Medioevo, l’Europa farebbe bene, però, a evitare di assumere una posizione troppo arrogante.

Le critiche espresse dall’Unione europea nei confronti delle autorità di quei paesi che continuano a violare i diritti umani risulterebbero ancora più credibili se solo tutti i 27 Stati membri, senza eccezione alcuna, decidessero di dar seguito alle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo.

Ma a che punto stiamo invece? Non è forse giunto il momento di impegnarci solennemente per fugare così ogni dubbio circa la nostra volontà di rispettare l’autorità di organismi che noi stessi abbiamo istituito?

 
  
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  Barbara Lochbihler (Verts/ALE).(DE) Signora Presidente, baronessa Ashton, l’UE dispone di una vasta gamma di strumenti per migliorare la politica in materia di diritti umani condotta in una serie di paesi. L’UE, quale potenza regionale, dovrebbe esigere, nei fora internazionali, che le politiche in materia di diritti umani trovino effettivamente applicazione e dovrebbe assicurare che siano profusi maggiori sforzi per conseguire progressi in tale ambito. Ora che è stato istituito il Servizio europeo per l’azione esterna, mi domando se sapremo cogliere questa opportunità per valutare se la politica dell’UE in materia di diritti umani stia veramente avendo l’effetto desiderato. Lo spero e, in tal senso, accolgo con favore il riesame della politica in materia di diritti umani annunciato dalla baronessa Ashton.

La mia preoccupazione, però, è che le strutture pensate per le attività condotte nel campo dei diritti umani all’interno del Servizio europeo per l’azione esterna non potranno essere sfruttate in modo adeguato. Il rischio, peraltro concreto, è che le risorse disponibili saranno persino inferiori rispetto al passato e che, quindi, non potrà essere condotta una politica europea visibile, udibile ed efficace in materia di diritti umani. L’unità per i diritti umani, ora in fase di istituzione, rischia di rivelarsi solo una copertura se la politica in materia di diritti umani non sarà condotta ai massimi livelli. La mera integrazione della tematica dei diritti umani nel Servizio, infatti, non è di per sé sufficiente per ottenere i risultati necessari.

Ciò di cui abbiamo bisogno è un gruppo di esperti che abbia contatti ai massimi livelli, un impegno genuino da parte di tutti gli interessati. Solo così sarà possibile integrare i diritti umani in tutte le politiche e in tutte le decisioni prese a livello centrale. Concentrarsi esclusivamente sull’integrazione sarebbe un passo indietro, incomprensibile e poco professionale. Le vittime delle violazioni dei diritti più fondamentali si aspettano dall’UE una politica nuova ed efficace in materia di diritti umani, non la mera applicazione di procedure amministrative.

 
  
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  Charles Tannock (ECR). - (EN) Signora Presidente, innanzi tutto le mie congratulazioni alla relatrice, l’onorevole Andrikienė, per aver saputo adottare nella relazione un approccio equilibrato e giudizioso.

Il gruppo ECR si impegna a fondo per la promozione dei diritti umani fondamentali nel mondo, con la consapevolezza, però, che spesso è necessario trovare un equilibrio tra diritti umani e realpolitik. Per quale motivo, altrimenti, l’UE starebbe sviluppando un partenariato strategico con la Cina, paese che ha una scarsa considerazione di quelle libertà che noi riteniamo invece essenziali? Allo stesso modo, l’UE ha il dovere morale di offrire aiuti umanitari e allo sviluppo ai paesi in via di sviluppo, ivi compresi quelli che hanno una pessima reputazione in fatto di rispetto dei diritti umani: basti pensare al Pakistan, dove sono soprattutto le donne e le minoranze religiose a essere vittime di una discriminazione istituzionalizzata.

Noto con piacere, comunque, che la presente relazione cita paesi che durante la mia carriera vicino sono stati per me motivo di preoccupazione, quali il Vietnam, Cuba, il Venezuela, l’Iran, lo Zimbabwe e la Corea del Nord. Giustamente, poi, la relazione solleva anche la questione dell’impunità di cui godono in Russia coloro che si rendono colpevoli di violazioni dei diritti umani. In sostanza, la tesi fondamentale che sottende all’intera relazione è che democrazia, diritti umani e libertà economica vanno di pari passo.

In ogni caso, il fatto che il Parlamento invochi il diritto internazionale per condannare certe pratiche spiacevoli, quando la base giuridica in realtà è tutt’altro che chiara, mi lascia scettico. Per esempio, una risoluzione del Parlamento di cui discuteremo domani condanna la fustigazione, praticata in Malaysia, perché palesemente contraria al diritto internazionale, affermazione che è invece piuttosto dubbia da un punto di vista giuridico. Se vogliamo continuare a essere credibili come istituzione, dobbiamo attenerci ai fatti.

 
  
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  Bastiaan Belder (EFD). - (NL) Signora Presidente, il nostro impegno a favore del rispetto dei diritti fondamentali è inutile se non è accompagnato da un impegno a livello personale, proprio ciò che chiede l’interessante relazione dell’onorevole Andrikienė. Secondo me, è la libertà di religione a rappresentare la principale preoccupazione.

In particolare, vorrei ricordare tre violazioni del diritto fondamentale alla libertà di religione di estrema attualità, per spronare il Consiglio e la Commissione, che lei, signora Alto rappresentante, rappresenta qui quest’oggi, a dare voce e, quindi, un volto nelle relazioni diplomatiche a questi e altri cittadini perseguitati.

Tre sono i casi urgenti, secondo me. Il primo è quello del dottor Fan Yafeng, cristiano e noto avvocato per i diritti umani, nonché pastore di una chiesa domestica a Pechino, agli arresti domiciliari dal 1° novembre 2010 e rimasto vittima, per settimane, dei cavilli e delle macchinazioni escogitate dai servizi segreti cinesi. Obiettivo per l’Europa, la liberazione del dottor Fan.

Il secondo caso è quello di Aisha Bibi, una cittadina pachistana di religione cristiana condannata a morte ai sensi della legge pachistana contro la blasfemia, sulla base di accuse molto dubbie. In occasione di un recente colloquio tenutosi a San Francisco, al ministro degli Esteri pachistano sono riuscito a strappare solo la promessa di un’indagine approfondita da parte della polizia in merito alle accuse mosse in base alla legge contro la blasfemia. Obiettivo per l’Europa, la liberazione di Aisha Bibi e l’abrogazione delle leggi sulla blasfemia in Pakistan.

Il terzo e ultimo caso è quello di Yusuf al-Qaradawi, a capo di una chiesa domestica in Iran, condannato a morte per apostasia. Obiettivo per l’Europa, la liberazione del sacerdote e la fine dei continui controlli esercitati dallo Stato sulle chiese domestiche nella Repubblica islamica.

Onorevoli colleghi, Consiglio e Commissione, Signora Alto rappresentante, il lavoro purtroppo non manca.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI).(DE) Signora Presidente, il fatto che i governi di Iraq e Afghanistan, al potere grazie all’intervento militare occidentale, abbiano dato ascolto all’appello lanciato dalla Cina per boicottare la cerimonia della consegna del premio Nobel della pace, è emblematico dei problemi che i regimi islamici hanno con i diritti umani. In un tale contesto, le persecuzioni ai danni delle minoranze cristiane sempre più frequenti in Medio Oriente e i casi di discriminazione e intolleranza nei confronti dei cristiani in Europa sono molto preoccupanti. I gravi problemi riscontrati nelle comunità musulmane nell’UE, quali matrimoni forzati, delitti d’onore, violenze contro le donne e appelli alla Sharia, non possono più essere ignorati.

A mio giudizio, dovremmo anche opporci a quella sorta di relativismo culturale che, con il pretesto del rispetto delle altre culture e tradizioni, tollera limitazioni alla libertà, all’uguaglianza e alla codeterminazione nelle regioni a cultura musulmana.

 
  
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  Vittorio Prodi (S&D). – Signora Presidente, onorevoli colleghi, la relazione Andrikienė nel suo complesso è un'ottima relazione, sulla quale il gruppo dei socialisti e democratici ha lavorato a fondo fornendo spunti di assoluto valore. I diritti umani costituiscono una delle basi fondanti dell'Unione europea dalla sua costruzione e il loro rispetto è un punto imprescindibile del quale il Parlamento europeo si deve fare ogni giorno promotore

Accezione più ampia di diritti umani e fondamentali, la globalizzazione e il mutamento della nostra società impongono una visione nuova e diversa che esca dai canoni finora adottati. Diventa allora indispensabile garantire come diritti fondamentali di ogni individuo anche, tra gli altri, l'accesso equo alle risorse naturali.

Il cambiamento climatico provocherà nei prossimi anni un numero enorme di rifugiati in fuga dalle zone più povere della terra, è nostro dovere iniziare a prendere atto di questi potenziali flussi migratori, per poter creare politiche adeguate che permettano di garantire il rispetto della dignità di queste persone.

La legislazione internazionale vigente non prevede ad oggi l'espressione "climate refugy". Naturalmente rimane il nostro impegno nella lotta alla desertificazione, come adattamento al cambiamento climatico. Sono questi i temi che ho cercato di inserire all'interno del testo della relazione affinché in merito si possa aprire un serio dibattito.

 
  
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  Marietje Schaake (ALDE). - (EN) Signora Presidente, la consegna del premio Sakharov conferisce speciale importanza alla giornata odierna. Ma il nostro dovere non finisce qui. Vorrei allora mettere in risalto alcuni passaggi della relazione oggetto della discussione odierna, un documento di ampia portata e ben scritto.

È necessario combattere l’impunità a favore della giustizia, presso la Corte penale internazionale così come in altre sedi. Non è importante solo consegnare i responsabili alla giustizia, un processo che spesso richiede molto tempo, ma iniziare anche a chieder conto del loro operato a coloro che si rendono colpevoli di violazioni dei diritti umani significa riconoscere la sofferenza delle vittime e rafforzare la credibilità dell’UE agli occhi di coloro che temono che le violazioni dei diritti umani passino inosservate o siano persino tollerate dalle democrazie liberali.

La relazione chiede che siano puniti i funzionari russi responsabili della morte di Magnitsky e i funzionari iraniani coinvolti nella censura, nello stupro, nell’oppressione e nell’esecuzione capitale, ormai sistematici, di cittadini che non hanno nessuna colpa se non quella di aver agito in base ai loro diritti umani, inalienabili e universali.

 
  
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  Peter van Dalen (ECR). - (NL) Signora Presidente, negli ultimi decenni la situazione dei diritti umani è migliorata in diverse regioni del mondo. Penso in particolare all’America Latina e all’Europa orientale, dove i miglioramenti hanno fatto seguito al un processo di democratizzazione e all’aumento del benessere.

Purtroppo, non possiamo dire altrettanto di quei paesi in cui è diffusa la religione islamica. Anzi. In paesi come l’Egitto, l’Iraq, l’Iran, il Pakistan e la Somalia, ma anche in altri, i cristiani e altre minoranze religiose sempre più spesso sono vittime dell’oppressione.

In tali paesi, gli estremisti non si lasciano sfuggire nessuna occasione: accuse di blasfemia, divieti di convertirsi al cristianesimo, molestie e assassini sono all’ordine del giorno. Spesso, tali azioni sono dirette a comunità che in realtà vivono in quelle terre da ben prima dell’arrivo dei musulmani.

Signora Presidente, quattro perseguitati per motivi religiosi su cinque sono cristiani ed è soprattutto la situazione nei paesi musulmani a destare preoccupazione.

Invito l’Unione europea e gli Stati membri a impegnarsi maggiormente nella lotta alla persecuzione religiosa. Alla baronessa Ashton, poi, chiedo come la sua politica intende affrontare tale problematica.

 
  
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  Nikolaos Salavrakos (EFD).(EL) Signora Presidente, mi congratulo con l’onorevole Andrikienė per aver presentato una relazione così organica. Non dimentichiamo che, 2 500 anni fa, gli antichi greci dicevano che “l’uomo è la misura di tutte le cose” e che, duecento anni dopo, i romani avrebbero sostenuto che “homo homini lupus”. Mi domando se il detto degli antichi greci sia solo retorica filosofica, o se invece la situazione sia migliorata. Di certo lo è, anche se non abbiamo saputo raggiungere i risultati auspicati in termini di tutela dei diritti umani. Purtroppo, poi, la crisi economica e finanziaria che ha colpito l’Europa e il resto del mondo è andata ad aggiungersi agli altri problemi e a colpire soprattutto le fasce più povere della popolazione, privandole del diritto umano fondamentale alla dignità. Signora Presidente, baronessa Ashton, le parole non bastano, servono le azioni, servono provvedimenti per la previdenza sociale, per la lotta all’esclusione sociale e, soprattutto, per favorire l’occupazione giovanile. Non dimentichiamo, infatti, che il lavoro non è solo un mezzo di sostentamento, ma anche garanzia di amor proprio e dignità e condizione essenziale per la pace in Europa.<

 
  
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  Angelika Werthmann (NI).(DE) Signora Presidente, il valore di una civiltà non si misura solo in base al progresso tecnico e alla prosperità, ma sempre più spesso anche in base al rispetto dei diritti umani. La frase è tratta da un programma sui diritti umani nel XXI secolo e, per noi, dovrebbe suonare come un monito. La credibilità dell’UE in questo ambito non dovrebbe essere data per scontata e anche le nostre politiche rischiano di essere valutate con due pesi e due misure.

L’istituzione del Servizio europeo per l’azione esterna ci offre la possibilità di far seguire i fatti alle belle parole che approviamo al più tardi ogni giovedì pomeriggio. I diritti umani devono essere integrati in ogni ambito della politica estera dell’UE. Accolgo con favore l’idea di condurre una valutazione globale dell’efficacia degli strumenti a disposizione dell’UE in questo ambito, perché ciò che ci manca non è certo la volontà politica di avanzare richieste convinte, ma semplicemente la volontà di darvi seguito.

 
  
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  Miroslav Mikolášik (PPE). – (SK) Signora Presidente, l’Unione europea si fonda su valori come la libertà, la democrazia, l’uguaglianza, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani.

Se l’Unione vuole svolgere un ruolo importante nella promozione dei diritti umani nel mondo, però, deve elaborare una politica estera coerente cui tutti gli Stati membri contribuiscano in modo convinto. L’entrata in vigore del trattato di Lisbona ci offre l’opportunità, forse irripetibile, di fare grandi passi avanti nel rispetto dei diritti umani e nel sostegno alla democrazia, che d’ora in poi dovrebbero diventare elementi centrali nei diversi ambiti della politica estera in particolare.

La decisione di integrare i diritti umani nelle strutture del Servizio europeo per l’azione esterna, quindi, è chiaramente importante e determinante. Sono fermamente convinto, però, che nominare un rappresentante speciale per i diritti umani contribuirebbe a una maggiore coesione e, soprattutto, darebbe alle azioni esterne dell’UE in questo ambito la visibilità necessaria.

In conclusione, mi congratulo con la relatrice, l’onorevole Andrikienė, per l’ottimo lavoro svolto sulla relazione annuale sui diritti umani nel mondo nel 2008-2009, che passa in rassegna le diverse attività svolte dall’Unione europea per promuovere i diritti umani e la democrazia nel mondo.

 
  
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  Michael Cashman (S&D). - (EN) Signora Presidente, vorrei innanzi tutto ringraziare l’onorevole Andrikienė per l’ottima relazione. Baronessa Ashton, sono molto lieto che abbia intrapreso il suo mandato, in quanto in passato ha dimostrato di non avere alcuna paura nel difendere coloro che non possono far sentire la loro voce e che si vedono negare i loro diritti.

I diritti umani, naturalmente, non hanno confini. Non hanno confini e sono universali. Ciò che invece non è universale è il loro rispetto. L’Unione europea ha concluso accordi con gli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico che calpestano i diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali (LGBT). I diritti di queste persone non sono rispettati e anche nel quadro dell’accordo di Cotonou ci si chiede se si debbano rispettare i diritti delle persone LGBT.

Ecco perché è necessario creare una direzione per i diritti umani forte all’interno del Servizio europeo per l’azione esterna, che garantisca coerenza nella politica estera, commerciale e per lo sviluppo – come anche lei ha ricordato.

L’articolo 2, vale a dire la clausola sui diritti umani, di alcuni accordi di libero scambio conclusi dall’UE non è mai stato davvero attivato. Il Parlamento approva le sue raccomandazioni ma il Consiglio, temo, non si fa valere. Per questo guardiamo a lei, perché esorti con convinzione tutti i paesi con cui l’Unione ha delle relazioni a difendere i diritti umani.

Infine, vorrei anche congratularmi con il Consiglio per aver adottato, nel 2009, il toolkit LGBT, uno strumento che permetterà al Servizio europeo per l’azione esterna di lavorare a favore dei diritti fondamentali di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali. In bocca al lupo: così come quest’assemblea, anch’io ho piena fiducia in lei.

 
  
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  Edward McMillan-Scott (ALDE). - (EN) Signora Presidente, intervengo in qualità di vicepresidente del Parlamento europeo per la democrazia e i diritti umani. Innanzi tutto, vorrei ringraziare l’onorevole Andrikienė per la sua ottima relazione.

Nel suo intervento, la baronessa Ashton ha parlato delle nuove strutture create all’interno del SEAE, o per meglio dire forse non ne ha parlato. Quando diversi anni fa ho dato vita allo Strumento europeo per la democrazia e i diritti umani, l’ho fatto perché era necessaria una struttura per la promozione della democrazia e dei diritti umani. Una necessità che sussiste tuttora. Per inciso, la Commissione ha deciso di abolirlo e di integrare i diritti umani e la democrazia in tutti i programmi esterni. La baronessa Ashton, nel suo discorso, non ha parlato di integrazione, ma temo che, nel parlare di un fil rouge tanto sottile da spezzarsi alla prima pressione, parlasse in realtà di una politica estera che si scorge solo in controluce. Secondo me, non basta. Come hanno detto altri colleghi che mi hanno preceduto, chiediamo l’istituzione di una direzione per i diritti umani e la democrazia all’interno del SEAE e, possibilmente, la nomina di un rappresentante speciale.

Come l’onorevole Hautala, anch’io sono stato a Oslo la settimana scorsa. Riflettiamo su un punto: i presenti provenienti dalle due sponde dell’Atlantico, e io sedevo proprio dietro l’onorevole Pelosi, erano circa un migliaio tra politici, diplomatici, funzionari e rappresentanti delle ONG, tutti felicemente riuniti intorno all’Unione europea. Ogni standing ovation era unanime, simultanea e compatta. Ciascuno si alzava in piedi, per rappresentare la società civile occidentale e i suoi principi. In futuro, quindi, nel dispiegare il suo “soft power” l’UE dovrebbe anche promuovere i suoi principi. Per farlo, è a lei che guardiamo, baronessa Ashton.

 
  
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  Tomasz Piotr Poręba (ECR).(PL) Signora Presidente, sono convinto che la relazione Andrikienė, nonostante la sua lunghezza, non esaurisca tutte le questioni relative al rispetto dei diritti umani nel mondo nel 2009. La relazione dedica poco spazio alla persecuzione dei cristiani, un fenomeno sempre più diffuso non solo nei paesi terzi ma anche in Europa. L’Unione europea dispone degli strumenti politici e diplomatici necessari per prevenire fenomeni simili e per condannarli in modo categorico.

L’Unione, poi, non dovrebbe rimanere in silenzio neanche di fronte alle violazioni dei diritti umani in Russia. A mio giudizio, i negoziati in corso per l’accordo di cooperazione con la Russia sono l’occasione giusta per sollevare in modo deciso e puntuale la questione del rispetto dei diritti umani nel paese. Non dimentichiamo, infatti, tutte le persone perseguitate in Russia, siano questi politici, rappresentanti delle organizzazioni non governative o imprenditori, la cui unica colpa è quella di avere il coraggio e la forza di esigere la verità sulla gestione del loro paese.

 
  
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  David Campbell Bannerman (EFD). - (EN) Signora Presidente, siamo tutti unanimi nel condannare le palesi violazioni dei diritti umani in paesi come l’Iran e la Cina, ma dovremmo iniziare a distinguere tra le violazioni e l’industria dei diritti umani, eccessiva fino alla volgarità, ispirata dall’UE. L’opinione pubblica è confusa da tanto fermento nel campo dei diritti umani: la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nel trattato di Lisbona, ma anche la Corte europea dei diritti dell’uomo col suo tentativo di garantire il diritto di voto ai detenuti britannici, persino ad assassini e pedofili. E poi gli eccessivi diritti riconosciuti dall’UE in campo occupazionale, i diritti al risarcimento di stampo americano e le legislazioni nazionali, come il catastrofico Atto sui diritti umani nel Regno Unito, che consente a terroristi e criminali stranieri di starsene in Gran Bretagna perché improvvisamente i loro diritti sono considerati più importanti di quelli degli onesti cittadini che minacciano.

La realtà è che la nobile causa dei diritti umani troppo spesso è stata degradata da avvocati milionari che si arricchiscono difendendo i diritti illegittimi di terroristi, criminali e ricconi. È ora di dire basta.

 
  
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  Franz Obermayr (NI).(DE) Signora Presidente, il fatto che l’UE stia intensificando le sue attività nel campo dei diritti umani e che la relazione sollevi specificamente la questione della persecuzione e della discriminazione nei confronti delle minoranze cristiane rappresenta un passo nella giusta direzione. I cristiani sono vittime di gravi persecuzioni in molti paesi, alcuni dei quali hanno strette relazioni con l’UE, come l’Egitto, l’Iran, l’Iraq e, naturalmente, la Turchia, dove in alcuni casi i cristiani devono lottare per la loro stessa sopravvivenza, economica e fisica. Non servono nuove figure, come quella del rappresentante speciale per i diritti umani, per convincere i paesi in questione a mostrarsi più tolleranti e a proteggere le minoranze. La nomina di nuove cariche comporterebbe un inutile aumento dei costi e non darebbe alcuna garanzia in termini di efficacia, quando già disponiamo degli strumenti necessari per fare pressione. Servono, invece, misure specifiche: l’UE non deve firmare nessun trattato né concedere alcuna assistenza finanziaria se non a fronte di un impegno a rispettare i diritti umani e a proteggere le minoranze, in particolare i cristiani.

Onorevoli colleghi, le ragioni economiche sanno essere molto persuasive, soprattutto quando non lo sono quelle umanitarie. E soprattutto, sono ben comprese in tutto il mondo.

 
  
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  Kinga Gál (PPE).(HU) Signora Presidente, baronessa Ashton, vorrei innanzi tutto congratularmi con l’onorevole Andrikienė per l’ottimo lavoro svolto. Gli emendamenti presentati, un numero senza precedenti, l’hanno costretta a un gran lavoro, che ha comunque saputo gestire in modo impeccabile e molto elegante. Il risultato è una relazione particolarmente buona. Noto con piacere che la relazione pone l’accento sui gruppi più vulnerabili e più bisognosi di essere tutelati, vale a dire i bambini, i popoli indigeni e le minoranze. Spero che le raccomandazioni contenute nella relazione in merito alla struttura del Servizio europeo per l’azione esterna e al futuro rappresentante speciale per i diritti umani trovino ascolto. Ci aspettiamo che l’Alto rappresentante, la baronessa Ashton, si assicuri che i diritti umani svolgano un ruolo cruciale all’interno della nuova struttura e che il Servizio europeo per l’azione esterna non si limiti a offrire le condizioni organizzative necessarie, ma ispiri tutte le sue attività all’integrazione dei diritti umani.

Lo spirito del trattato di Lisbona ha dato inizio a una nuova era, un’era in cui dovremo agire in modo più coerente in questo ambito e in cui non potremo permettere che la credibilità dell’UE risulti compromessa dalla nostra incapacità di assecondare questo spirito. In qualità di relatrice sulla situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea, sono particolarmente lieta che la plenaria del Parlamento discuta le due relazioni quasi in contemporanea e che la relazione sulla situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea, approvata ieri, e il testo oggetto del dibattito odierno mandino lo stesso messaggio: la protezione e il rispetto coerente dei diritti umani fondamentali, nonché la rinuncia a usare due pesi e due misure, sono importanti tanto all’interno quanto all’esterno dell’UE.

 
  
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  Marek Henryk Migalski (ECR).(PL) Signora Presidente, sono molto lieto per due motivi. In primo luogo, perché i diritti umani sono diventati parte integrante del lavoro del Servizio europeo per l’azione esterna, un fatto molto positivo. Le strutture del Servizio europeo per l’azione esterna dovrebbero essere usate proprio a questo scopo, per promuovere i diritti umani e proteggere i difensori dei diritti umani in tutto il mondo. In secondo luogo, in qualità di membro della delegazione alla commissione di cooperazione parlamentare UE-Russia, sono lieto che la presente relazione dedichi alcune sezioni proprio al rispetto dei diritti umani in Russia e menzioni alcuni difensori dei diritti umani. Il sostegno offerto da Bruxelles e da Strasburgo è fondamentale per coloro che lottano per il rispetto dei diritti umani in Russia. La relazione merita il nostro sostegno, se non altro per il rispetto mostrato per queste persone. Secondo me, questa è la direzione giusta e faccio appello alla baronessa Ashton perché la segua.

 
  
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  Bogusław Sonik (PPE).(PL) Signora Presidente, la discussione sulla relazione sui diritti umani è venuta a coincidere con alcuni tristi avvenimenti che non fanno altro che confermarci che i diritti umani sono violati in continuazione. I vincitori del premio Nobel per la pace, Liu Xiaobo, e del premio Sakharov, Guillermo Fariñas, non hanno potuto ritirare personalmente il premio perché i regimi in cui vivono non hanno permesso loro di lasciare il paese. Ieri, alcuni vescovi provenienti dall’Iraq hanno fatto visita al Parlamento europeo e ci hanno ricordato che la persecuzione delle minoranze religiose continua a rappresentare un grave problema. La persecuzione dei cristiani in Medio Oriente, compreso anche il recente attentato alla cattedrale di Baghdad, dimostra che i diritti fondamentali sono violati secondo nuove modalità, una circostanza cui l’Unione deve reagire in modo adeguato ed efficace.

Mi unisco all’appello lanciato dal Presidente del Parlamento europeo, Jerzy Buzek, affinché la sicurezza dei cristiani in Iraq rappresenti una priorità. Non possiamo accettare, infatti, che i cristiani siano trattati come cittadini di serie B. Come possiamo, poi, portare avanti i negoziati di adesione con la Turchia se l’unico seminario del paese continua a essere chiuso? Con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, il servizio diplomatico dell’UE ci offre la possibilità di migliorare il lavoro dell’Unione nel campo dei diritti umani, che dovrebbe concentrarsi sul rafforzamento della cooperazione a livello internazionale e sul miglioramento della sicurezza. La promozione dei valori democratici e dei diritti umani dovrebbe rappresentare il principio fondamentale intorno al quale ruota una politica estera coerente dell’Unione europea .

 
  
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  Iva Zanicchi (PPE) . – Signora Presidente, onorevoli colleghi, Lady Ashton, come vicepresidente della commissione per lo sviluppo, sono impegnata con i problemi di molti paesi, specialmente nell'area africana, in cui i diritti umani vengono regolarmente violati, calpestati, se non a volte addirittura dimenticati.

Sono rientrata proprio domenica scorsa da una missione ufficiale nella Repubblica democratica del Congo, dove, oltre agli incontri istituzionali di rito, ho voluto incontrare i rappresentanti delle ONG operanti nel paese e visitare alcuni dei centri in cui lavorano. Devo dire che lavorano anche molto bene! Ho incontrato le vittime in un paese dove lo stupro viene concepito come strumento di guerra, dove i gruppi armati continuano a praticare ripetutamente stupri di massa e altri crimini sistematici contro la società civile, specialmente contro donne, anziani e bambini.

Ho voluto menzionare l'esempio della Repubblica democratica del Congo perché è stata una mia recente, recentissima esperienza. Ma l'appello che voglio fare è volto in genere alla necessità di una forte e continua condanna contro le brutali violazioni dei diritti delle donne. La comunità internazionale deve rafforzare notevolmente i fondi destinati alle iniziative di protezione delle donne dallo stupro e dalle altre forme di violenze, come, fra le altre, le mutilazioni genitali, anch'esse una grave forma di violazione dei diritti umani e dell'integrità fisica delle donne.

 
  
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  Barbara Matera (PPE). – Signora Presidente, Lady Ashton, onorevoli colleghi, la creazione del Servizio europeo per l'azione esterna rappresenta un'opportunità storica per affrontare le questioni in materia di diritti umani e democrazia. In particolare, dovrà assicurare che il rispetto e la promozione dei diritti umani siano al centro dei vari settori della politica esterna dell'Unione.

È auspicabile una maggiore sinergia tra le delegazioni dell'Unione europea e le ambasciate degli Stati membri, allo scopo di adottare una strategia per paese in materia di diritti umani, dato che le specificità variano notevolmente da paese a paese.

La pena di morte praticata in numerose aree del mondo è una delle forme più disumane di applicazione della legge.

Suscita preoccupazione il ricorso alle esecuzioni capitali in Bielorussia, unico paese in Europa ad applicare ancora la pena di morte.

È importante porre fine alle forme di violazioni dei diritti umani di cui sono vittime le donne, tra cui le mutilazioni genitali femminili. Tutti i mezzi politici dovrebbero essere inoltre adoperati a favore della risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite in cui si chiede una moratoria internazionale sulle mutilazioni genitali femminili.

Concludo esortando a intensificare gli sforzi portati avanti dalla Commissione e dal Consiglio per diffondere la relazione annuale dell'Unione europea sui diritti umani.

 
  
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  Csaba Sógor (PPE).(HU) Signora Presidente, baronessa Ashton, sebbene in molti settori l’integrazione tra gli Stati membri dell’Unione europea sia senza pari, ricordo che nella codificazione dei diritti umani è rimasta molto indietro rispetto ad altre organizzazioni internazionali. Il paragrafo che invita gli Stati membri dell'Unione europea a firmare e ratificare tutte le convenzioni principali in materia di diritti umani delle Nazioni Unite e del Consiglio d'Europa e i relativi protocolli opzionali gode quindi del mio pieno sostegno. In particolare, ricordo la convenzione quadro del Consiglio d'Europa per la protezione delle minoranze nazionali e la Carta europea delle lingue regionali e minoritarie. In tale contesto, la futura adesione dell’UE alla convenzione dei diritti dell’uomo potrebbe fungere da esempio. A mio giudizio, poi, altrettanto importante è un miglior coordinamento del lavoro svolto dalle organizzazioni internazionali competenti nel campo dei diritti umani, che potrebbe essere l’unica garanzia della difesa dei diritti e degli obblighi codificati.

 
  
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  Maria Eleni Koppa (S&D).(EL) Signora Presidente, l’Unione europea difende i diritti umani nel mondo, nel rispetto dei suoi principi e dei suoi valori. Ciononostante, molto rimane ancora da fare e grazie al trattato di Lisbona potremo intervenire in modo più efficace. Tutti noi al Parlamento europeo siamo persuasi della necessità di continuare a proteggere i difensori dei diritti umani, per cui la corretta applicazione degli strumenti già esistenti può rappresentare la giusta cornice. La ratifica di tutte le convenzioni internazionali contro la tortura e i trattamenti disumani, inoltre, dovrebbe essere una delle principali priorità. L’inserimento in tutti gli accordi commerciali conclusi con paesi terzi di una clausola sui diritti umani e il controllo del suo rispetto, poi, sono misure fondamentali per fare pressione e su queste dobbiamo insistere. In conclusione, ritengo si debba ricordare in particolare la tutela dei diritti delle donne e delle ragazze, ivi compresa la tutela della loro salute sessuale e riproduttiva.

 
  
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  Antonyia Parvanova (ALDE). - (EN) Signora Presidente, nel quadro della discussione odierna sul ruolo dei diritti umani nelle politiche interne ed esterne dell’UE, vorrei ricordare in particolare la situazione delle donne nelle aree di conflitto, segnatamente in Congo, a Gaza e in Iran, dove questa problematica non può più essere ignorata.

Sono soprattutto le donne e i bambini, infatti, a subire le terribili conseguenze dei conflitti. La violazione dei diritti umani delle donne non può essere lasciata in secondo piano: nella sua politica estera e umanitaria, l’UE dovrebbe fare della difesa dei diritti delle donne una priorità. In molti paesi terzi, le considerazioni relative ai diritti umani, e in particolare alla condizione femminile, sono troppo spesso sacrificate sull’altare degli interessi economici di alcuni Stati membri dell’UE. Sono necessari, ed è proprio questo quanto chiediamo quest’oggi, passi adeguati e concreti affinché i principi seguiti dall’UE nella sua azione interna ed esterna siano davvero uno strumento per la promozione dei diritti umani, in particolare quelli delle donne.

 
  
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  Rui Tavares (GUE/NGL).(PT) Baronessa Ashton, come si sente di fronte al fatto che, in occasione delle visite dei dignitari cinesi alle loro capitali, governi come quelli francese e portoghese respingano i manifestanti in modo tale che gli ospiti non li vedano? Lo scopo di nominare un Alto rappresentate non è forse proprio quello di permettere all’Europa di parlare con una sola voce dei diritti umani all’estero, per esempio in Cina? Non crede che questo sia, invece, un coro dissonante?

Per curiosità, per quale motivo siede sempre accanto al Consiglio? Qual è la ragione filosofica o costituzionale che si cela dietro tale scelta? E ancora una terza domanda: il mio auspicio è che i diplomatici europei considerino i diritti umani come una priorità nel loro lavoro quotidiano, non la seconda, la terza o la quarta priorità, ma proprio la prima. Come intende assicurare che alcuni dei nostri diplomatici considerino i diritti umani come un lavoro a tempo pieno, giorno dopo giorno? Non sarebbe forse bene, come suggerito da diversi colleghi, istituire una direzione il cui unico compito sia proprio quello di concentrarsi sui diritti umani?

 
  
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  Andrew Henry William Brons (NI). - (EN) Signora Presidente, stamattina, nell’ascoltare il suo intervento registrato, sono rimasto particolarmente colpito dal fatto che Fariñas abbia definito se stesso e i suoi colleghi come un’opposizione “non violenta” al regime cubano. A mio giudizio, è molto importante rispettare i diritti di quelle persone che non ricorrono alla violenza, né istigano altri all’uso della violenza.

Prima di scadere nell’ipocrisia, però, dobbiamo confrontarci con il fatto che anche negli Stati membri dell’UE ci sono persone, come l’olandese Geert Wilders, che sono perseguitate solo perché hanno un’opinione politica divergente o posizioni eretiche su alcune questioni accademiche, pur senza istigare minimamente alla violenza. In Belgio, poi, è stato vietato un partito politico assolutamente non violento. In Germania, invece, è stata la Corte costituzionale a fermare il tentativo di sciogliere un partito dopo aver dimostrato che le prove erano state create appositamente da agenti di Stato. Nel Regno Unito, invece, un organismo statale ha avviato un’azione civile contro il nostro partito con il chiaro intento di farlo sciogliere.

 
  
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  Salvatore Iacolino (PPE). – Signora Presidente, onorevoli colleghi, Lady Ashton, la politica dei diritti umani e dell'Unione europea è a una svolta. La relazione della collega Andrikienė va certamente stimolata e sostenuta, dato che fa emergere quanto di concreto debba essere ancora compiuto. Il servizio europeo per l'azione esterna dell'Unione europea può svolgere efficacemente le proprie attività contando peraltro sulla riconosciuta sensibilità degli Stati membri, ma ci vuole una politica organica e decisa, che in qualche circostanza sappia osare!

Bisogna tutelare realmente i diritti umani, giovani, donne, anziani, disabili, chi ha un proprio orientamento religioso, politico, chi ha un orientamento sessuale diverso, va tutelato, così come vanno tutelate le articolazioni nelle quali esprime liberamente il proprio pensiero. Oggi peraltro sono stati varati provvedimenti importanti, da questo Parlamento, per cui riteniamo che soltanto attraverso un dialogo forte, concreto, con i paesi terzi si possa realmente ed efficacemente sviluppare un programma che sia autenticamente rivolto alla tutela dei diritti umani.

 
  
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  Kyriakos Mavronikolas (S&D).(EL) Signora Presidente, baronessa Ashton, è un piacere sentir affermare in modo inequivocabile dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri che siamo a favore del rispetto delle libertà e dei diritti umani fondamentali e che, in quanto Unione europea, dobbiamo fare tutto quanto in nostro potere per proteggere il rispetto dei principi e delle libertà universali, in modo da poter svolgere un ruolo positivo.

La nostra posizione è nota: vogliamo a ogni costo l’istituzione di un servizio speciale responsabile per le libertà fondamentali e, più precisamente, la garanzia di una supervisione e la nomina di rappresentanti. In ogni caso, baronessa Ashton, il nostro sguardo non deve essere rivolto solo all’esterno, ma anche all’interno. A Cipro, il mio paese, duecentomila rifugiati greco-ciprioti si vedono privati dei loro diritti umani fondamentali, in particolare dell’accesso alle loro case, e la comunità turco-cipriota è vittima dell’oppressione da parte degli occupanti turchi. Dia forma al suo servizio. Da parte mia, un consiglio e una richiesta: mandi il suo primo rappresentante nella Repubblica di Cipro.

 
  
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  Olle Schmidt (ALDE).(SV) Signora Presidente, uno dei candidati al premio Sakharov, Dawit Isaak, continua a essere detenuto senza processo in Eritrea da ormai 3 370 giorni. L’adesione alla convenzione europea dei diritti dell’uomo offrirà all’UE altre possibilità per dimostrare il suo genuino impegno a favore dei diritti umani e della loro difesa al di fuori dei suoi confini.

La esorto, baronessa Ashton, a cogliere questa opportunità per esercitare maggiore pressione sull’Eritrea affinché rilasci Dawit Isaak, cittadino europeo prigioniero di coscienza. È ora di far vedere che facciamo sul serio e di mandare un messaggio chiaro al presidente dell’Eritrea. Tutti i negoziati condotti con l’Eritrea dovrebbero contribuire alla liberazione di Dawit Isaak. Mi fido di lei. Come ha detto l’onorevole Cashman,

(EN) ho piena fiducia in lei, baronessa Ashton.

 
  
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  Andrzej Grzyb (PPE).(PL) Signora Presidente, innanzi tutto vorrei ringraziare l’onorevole Andrikienė per la sua relazione. Il trattato di Lisbona ha modificato il contesto in cui si iscrive la politica per i diritti umani. La domanda, ora, è come intendiamo sfruttare lo strumento messo a nostra diposizione. A mio parere, non dovremmo limitarci ad affrontare direttamente la questione dei diritti umani, ma sollevarla anche in altri contesti, come per esempio la politica commerciale che conduciamo con molti paesi. Qual è l’importanza attribuita dai nostri partner ai diritti umani? Secondo me, le reazioni alle dichiarazioni del Parlamento europeo o, per esempio, all’assegnazione, quest’oggi, del premio Sakharov, dimostrano che l’opinione del Parlamento conta ed è ascoltata.

Vorrei parlare, inoltre, dei diritti dei cristiani nel mondo. La persecuzione dei cristiani è un fenomeno ormai così diffuso che è ora di reagire con fermezza. Anche a mio giudizio è importante collaborare, tra l’altro, con il Consiglio d’Europa, l’ONU, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa e i mediatori e i rappresentanti per i diritti umani sia del Consiglio d’Europa sia di molti Stati membri. Non mancano, infatti, ottimi esempi di come il loro lavoro possa contribuire a cambiare la posizione nei confronti dei diritti umani.

 
  
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  Kristiina Ojuland (ALDE). - (EN) Signora Presidente, la relazione affronta molte questioni importanti, ma io vorrei concentrarmi sul caso di Sergei Magnitsky. La sua tragedia personale è emblematica di molti altri casi simili che ancora non sono stati posti alla nostra attenzione.

È fondamentale chiarire alle autorità russe che le indagini condotte su casi come questo devono rispettare il principio dello Stato di diritto. Gli investigatori e i pubblici ministeri coinvolti nel caso di Sergei Magnitsky, invece, sono stati promossi e premiati.

Un tale approccio non è altro che un’incredibile perversione della giustizia di fronte alla quale l’Unione europea non può far finta di nulla. Non dimentichiamo gli impegni assunti dalla Federazione russa a livello internazionale. Onorevoli colleghi, vi invito, quindi, a votare a favore dell’emendamento 25 che propone di comminare sanzioni ai 60 funzionari russi coinvolti nel caso, fino a quando sulla morte di Sergei Magnitsky non sarà condotta un’indagine degna di questo nome.

 
  
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  Jacek Protasiewicz, (PPE).(PL) Signora Presidente, in qualità di membro della sottocommissione per i diritti umani, vorrei fare le mie più sentite congratulazioni all’onorevole Andrikienė per quest’ottimo progetto di relazione. In qualità di presidente della delegazione per la relazioni con la Bielorussia, poi, sono lieto che la relazione ricordi la situazione nel paese, in particolare come la libertà di associazione continui a essere limitata, ivi compresa la libertà di associazione delle minoranze nazionali ed etniche, e come siano limitate anche le attività delle organizzazioni religiose.

Apprezzo, inoltre, che la relazione faccia riferimento alle restrizioni imposte all’accesso a Internet e al fatto che a questo proposito la Bielorussia detenga in Europa un triste primato. Auspico che la baronessa Ashton, che prende parte alla discussione odierna, farà tutto quanto possibile per assicurare che il dialogo sui diritti umani con la Bielorussia, avviato l’anno scorso, permetta di conseguire risultati concreti, in particolare di porre fine alla repressione contro i difensori dei diritti umani e i giornalisti indipendenti bielorussi.

 
  
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  Heidi Hautala (Verts/ALE). - (EN) Signora Presidente, vorrei riprendere una questione sollevata da molti colleghi, vale a dire la violazione dei diritti dei cristiani. In nome della coerenza, vorrei che i colleghi mostrassero altrettanto interesse per le violazioni dei diritti di coloro che professano altre religioni. Gli altri paesi, infatti, molto spesso ci rimproverano di essere di parte e prevenuti. Secondo me, è proprio una questione di coerenza e credibilità.

Il principio guida della politica estera dell’UE in materia di diritti umani dovrebbe essere, secondo me, proprio quello di evitare due pesi e due misure e spero che il Parlamento europeo sia il primo a dare il buon esempio.

Poiché dovranno essere istituite a breve, chiedo, infine, alla baronessa Ashton se intende rispondere alle numerose domande poste in merito alle nuove strutture per i diritti umani in seno al SEAE.

 
  
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  Catherine Ashton, Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. (EN) Signora Presidente, ringrazio tutti coloro che sono intervenuti per aver contribuito a una discussione a mio giudizio molto produttiva.

Innanzi tutto, vorrei far notare che ora siedo dalla parte del Consiglio ma prima ero accanto alla Commissione. Mi muovo tra le due istituzioni e ogni mio spostamento è tenuto d’occhio per assicurare che lo faccia, quindi non dovete far altro che beccarmi quando sono qui.

Ancora una volta, ringrazio sentitamente l’onorevole Andrikienė per il lavoro svolto e mi congratulo per la sua relazione, davvero molto utile.

Nel mio intervento, risponderò a tre questioni in particolare, a cominciare da quella sollevata in conclusione dall’onorevole Hautala e, prima di lei, da molti altri colleghi.

Innanzi tutto, vorrei essere assolutamente chiara: se parlo di integrazione, è perché troppo spesso nella mia vita ho visto i diritti umani relegati ai margini delle attività di un’organizzazione e considerati come un orpello, senza fare la differenza. Con ciò non intendo dire che questo sia stato l’approccio seguito dall’UE in passato, bensì che sono determinata a far sì che un tale errore non si ripeta. Una volta ultimata la struttura, cui ancora stiamo lavorando, potrete vedere che questa integrerà appieno i diritti umani e disporrà dell’esperienza richiesta dai deputati che siedono in questa assemblea. Non voglio che la questione dei diritti umani rimanga ai margini, voglio invece che sia parte integrante di ogni nostra attività, un fil rouge, e non un filo che si scorge solo in controluce, resistente, ma anche luminoso e visibile a tutti. Questo è il mio obiettivo per il mio mandato, per cui mi sento di impegnarmi al massimo.

Ci vorrà tempo e non riusciremo a fare tutto quanto vorrei, ma sicuramente faremo del nostro meglio. Per me è importante che il Parlamento comprenda quanto sto provando a fare e che sto cercando di far sì che questo fil rouge sia una responsabilità di tutti. È vero, servono i controlli. È vero, serve l’esperienza. Ma non può essere responsabilità di poche persone all’interno del SEAE, è responsabilità di tutti. Innanzi tutto, mi premeva sottolineare questo aspetto. A breve, poi, potrete prendere visione delle strutture, in cui ritroverete proprio questo. Il fil rouge è lì, perché tutti voi lo possiate vedere quale parte integrante delle nostre attività.

Quanto ai presidenti dei gruppi di lavoro, proporremo le nostre nomine. Sarò io a nominare il presidente del gruppo di lavoro responsabile per i diritti umani e, in tale contesto, potrà essere discussa la questione dell’opportunità di riunire i responsabili nelle capitali ovvero di avere una base a Bruxelles. Sarà nostra cura affrontare la questione durante le discussioni a tal proposito.

Un ultimo punto sulle strutture. I nuovi capi delle delegazioni hanno già seguito una formazione che prevedeva anche una sessione sui diritti umani e sono perfettamente consapevoli di quali siano le loro responsabilità e di quali siano le mie e le vostre aspettative. Sappiate, quindi, che i diritti umani sono parte della struttura, ne sono una parte integrante, ma anche che sono determinata a farne una responsabilità di tutti.

Il secondo punto riguarda la portata della questione. Convengo con quanto detto da molti di voi in merito alla libertà di religione e di credo e riconosco che sia una questione importante. Non a caso, infatti, ne abbiamo discusso in occasione del Consiglio Affari esteri di questa settimana.

Alcuni di voi, inoltre, hanno ricordato anche la necessità di affrontare la questione dei diritti delle donne, dei bambini e di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali. Dietro quanto avete detto riguardo ai diversi e ai diversi paesi, scorgo quello che è l’aspetto fondamentale dei diritti umani: valgono per tutti, per qualsiasi individuo viva su questa terra. I principi fondamentali dei diritti umani sono questi e questo è anche l’approccio che sarà seguito dal Servizio europeo per l’azione esterna. I diritti umani valgono per tutti.

Il terzo punto su cui volevo intervenire sono gli sviluppi cui stiamo assistendo e in cui anche noi svolgiamo un ruolo, in particolare con quanto stiamo facendo a livello internazionale. Quest’anno, altri quattro paesi hanno riconosciuto e ratificato lo statuto della Corte penale internazionale, uno sviluppo molto importante anche perché ha visto il nostro contributo. Sono stata io in prima persona, infatti, a scrivere ai ministri di tutti i paesi che ancora non l’avevano fatto per chiedere loro di ratificare lo statuto. I paesi che lo hanno ratificato sono quelli che hanno risposto direttamente al nostro appello.

Allo stesso modo, vorrei sottolineare l’importanza del tentativo di conquistare, in seno alla commissione dell’Assemblea generale, un sostegno più ampio per la moratoria sulla pena di morte, un elemento centrale e fondamentale tra i nostri compiti. La moratoria è universale ed è uno strumento in cui tutti noi crediamo. In futuro, nelle nostre azioni dovremo sempre seguire un approccio concreto.

Tre sono le aree principali, quindi. Primo, assicurare che le strutture siano organizzate nel modo giusto e che il personale conosca e comprenda i propri compiti principali. Secondo, assicurarci che le nostre attività nel campo dei diritti umani raggiungano tutti. Terzo, capire in che modo possiamo fare la differenza.

In conclusione, nel quadro del riesame, penso che più di ogni altra cosa dovremo cercare modi pratici e innovativi per trasmettere il nostro messaggio. Voglio creatività nel collaborare con le persone sul campo nei diversi paesi in cui incontriamo i difensori dei diritti umani, e io adotto questo approccio ovunque vada. Voglio innovazione e creatività nel cercare nuovi modi per sollevare le questioni relative ai diritti umani, nuovi modi che vadano ad aggiungersi a quanto comunque è così importante: le mie dichiarazioni, le dichiarazioni dei 27 Stati membri e le dichiarazioni delle istituzioni dell’Unione europea. In sostanza, dobbiamo trovare il modo per fare tutto quanto possibile per rispondere alle preoccupazioni espresse. Parlo di individui, di organizzazioni e della volontà collettiva di fare davvero la differenza.

 
  
  

PRESIDENZA DELLA ON. DURANT
Vicepresidente

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė, relatore. (EN) Signora Presidente, mi è stato detto che purtroppo l’interpretazione verso l’inglese del mio intervento non è stata accurata. Al termine della discussione sarà mia cura tradurre personalmente il mio discorso in inglese e distribuirlo a tutti i colleghi interessati e all’Alto rappresentante.

Vorrei ringraziare tutti i colleghi che hanno preso parte alla discussione odierna per la loro valutazione positiva e per le critiche espresse. Agli onorevoli Obermayr e Poręba, che hanno parlato delle minoranze cristiane in diversi paesi e rilevato che la relazione non affronta tale problematica, vorrei far notare, tra gli altri, il paragrafo 126. Un intero capitolo è dedicato alla libertà di religione e le minoranze cristiane sono citate anche in alcuni paragrafi specifici.

In conclusione, vorrei assicurare alla baronessa Ashton che il Parlamento continuerà a seguire da vicino il lavoro svolto dal Servizio europeo per l’azione esterna e si premurerà di criticare l’eventuale mancanza di azione o comunque l’inefficacia delle iniziative intraprese nel campo dei diritti umani. Nella relazione di quest’anno, il Parlamento esprime chiaramente la sua insoddisfazione riguardo al fatto che l’UE non abbia elaborato parametri di riferimento chiari per valutare l’efficacia delle azioni condotte per promuovere i diritti umani. Il Parlamento ha espresso, inoltre, il suo rammarico per la mancanza di progressi nei dialoghi e nelle consultazioni sui diritti umani.

Baronessa Ashton, il Parlamento ha lavorato molto per trovare una posizione comune sulle questioni relative ai diritti umani, in particolare su quelle più sensibili, e dimostra, così, di essere unito nella promozione della democrazia e nella protezione dei diritti umani nel mondo. Ma il Parlamento dimostra anche che sono passati i tempi in cui si limitava ad approvare l’operato della Commissione e del Consiglio. Il Parlamento è, ora, un attore importante nel campo dei diritti umani e tutti gli altri attori ne dovranno tener conto.

Ancora una volta, ringrazio tutti coloro che hanno preso parte alla discussione.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà domani alle 12.00.

Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)

 
  
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  Franz Obermayr (NI), per iscritto. – (DE) Signora Presidente, il fatto che l’UE stia intensificando le sue attività nel campo dei diritti umani e che la relazione sollevi specificamente la questione della persecuzione e della discriminazione nei confronti delle minoranze cristiane rappresenta un passo nella giusta direzione.

I cristiani sono vittime di gravi persecuzioni in molti paesi, alcuni dei quali hanno strette relazioni con l’UE. Basti pensare all’Egitto, all’Iran, all’Iraq e alla Turchia, dove i cristiani devono lottare per la loro stessa sopravvivenza, economica e fisica.

Non servono nuove figure, come quella del rappresentante speciale per i diritti umani, per persuadere o addirittura costringere i paesi in questione a mostrarsi più tolleranti e a proteggere le minoranze. La nomina di nuove figure comporterebbe un inutile aumento dei costi e non darebbe alcuna garanzia in termini di efficacia.

Già disponiamo degli strumenti necessari per fare pressione nelle relazioni economiche e nel commercio internazionale. Servono, invece, misure specifiche: l’UE non deve firmare nessun trattato né concedere alcuna assistenza finanziaria se non a fronte di un impegno a rispettare i diritti umani e a proteggere le minoranze, in particolare i cristiani.

Le ragioni economiche sanno essere molto persuasive e sono ben comprese in tutto il mondo.

 
  
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  Joanna Senyszyn (S&D), per iscritto.(PL) Il rispetto per i diritti umani è uno dei principi fondanti della democrazia e il valore principale su cui si basa la stessa idea di Unione europea. Ecco perché i diritti umani rivestono un ruolo particolare nelle attività dell’Unione e del Parlamento. Nella sua relazione annuale sui diritti umani, il Parlamento europeo sottolinea il suo impegno per la protezione dei diritti umani nel mondo. Dal 1988, inoltre, il Parlamento assegna il premio Sakharov a quelle persone e a quelle organizzazioni che si sono particolarmente distinte nella lotta per i diritti umani. Proprio questa settimana, sarà annunciato il vincitore di quest’anno.

Nel contesto della relazione per il 2009, invito gli Stati membri a firmare e ratificare tutte le convenzioni principali in materia di diritti umani delle Nazioni unite e del Consiglio d'Europa. Se vogliamo che la nostra lotta alle violazioni dei diritti umani nel mondo sia efficace, dobbiamo essere uniti e rispettare la legislazione approvata a livello internazionale in materia. Per l’Unione, leader nel campo della difesa dei diritti umani, è importante che gli Stati membri rispettino gli obblighi assunti in questo ambito a livello internazionale.

La violazione dei diritti di bambini inermi è particolarmente ripugnante. Per questo motivo, sostegno l’introduzione di un divieto definitivo del lavoro minorile e l’aumento delle risorse destinate alla lotta contro questa violazione. Il fatto che nel XXI secolo 215 milioni di bambini siano ancora costretti a lavorare, di cui 115 milioni in condizioni di schiavitù, è terribile. Non possiamo permettere che la crisi economica finisca per peggiorare le condizioni in cui vivono questi bambini.

 
  
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  Indrek Tarand (Verts/ALE), per iscritto.(FR) Accolgo con favore l’approvazione da parte del Parlamento, quest’oggi, delle sanzioni contro i funzionari russi coinvolti nel processo e nella morte di Magnitsky. La Russia, paese che non è in realtà uno Stato di diritto e dove i diritti umani sono violati quotidianamente, non merita le attenzioni che le sono invece rivolte dalla Francia. Per questo motivo, condanno con fermezza la vendita alla Russia di una nave da guerra di classe Mistral da parte della Francia, decisione di cui mi rammarico.

 
  
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  Traian Ungureanu (PPE), per iscritto. (EN) La relazione dell’onorevole Andrikienė rappresenta un passo nella giusta direzione. Le relazioni tra l’UE e la Russia sono, in effetti, speciali e tali dovrebbero rimanere, ma non eccezionali. La Russia si è impegnata a proteggere i diritti umani e a difendere i suoi cittadini dagli abusi da parte dello Stato. Il caso Magnitsky di cui parla la relazione è solo l’ultimo di una lunga serie, dopo gli assassini della Politkovsaya, della Esternirova e della Barubirova. Non si tratta di una triste coincidenza che sfugge al controllo della magistratura russa, bensì di un vero e proprio disegno. Eppure, assassinio dopo assassinio, le autorità russe continuano a promettere al mondo intero che sì, questa volta il responsabile sarà sicuramente trovato e punito. Il risultato? Zero, nulla! Il parlamento russo, la Duma, ha persino accusato il Parlamento europeo di ingerenza nelle questioni interne russe e mentito per screditare la relazione Andrikienė. Se l’Europea vuole continuare a essere credibile nel difendere la democrazia e i diritti umani, la relazione Andrikienė dovrebbe essere approvata così com’è, senza particolari riguardi per i continui abusi perpetrati in Russia. Una risoluzione approvata dal parlamento canadese ha già avallato il divieto di viaggio e il congelamento dei conti dei funzionari coinvolti nel caso Magnitsky. Il Parlamento europeo dovrebbe fare altrettanto e mandare alla Russia un messaggio chiaro e deciso. Quando è troppo, è troppo!

 
  
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  Jarosław Leszek Wałęsa (PPE), per iscritto. (EN) Il continuo impegno dell’Unione europea a favore della protezione dei diritti umani ha dato frutti in tutto il mondo. Il nostro impegno, quindi, deve continuare anche nell’era della globalizzazione. Il processo, è vero, è lento e talvolta noioso, ma è importante perseguire obiettivi sempre più ambiziosi ed elaborare strategie efficienti a partire da un’analisi delle situazioni concrete che si presentano in tutto il mondo. Vorrei, inoltre, esprimere il mio sostegno a favore della protezione dei difensori dei diritti umani e di quelle politiche in grado di garantire che la democrazia arrivi anche in questi paesi che ancora non hanno compiuto questa transizione. Come ci hanno dimostrato i recenti casi dei vincitori del premio Nobel per la pace e del premio Sakharov, la protezione dei difensori dei diritti umani è di vitale importanza e le misure approvate rappresentano un passo in questa direzione. Gli sforzi profusi dal Parlamento europeo per promuovere la democrazia e proteggere i diritti umani continuano a ottenere progressi. Nel mondo globalizzato, le notizie relative alle ingiustizie ci giungono più rapidamente e questo accesso alle informazioni ci dovrebbe agevolar nel controllare e nel rispondere alle situazioni che vengono a crearsi in tutto il mondo. Ecco perché dobbiamo sfruttare a nostro vantaggio questa possibilità e continuare a impegnarci affinché tutti possano godere di quei diritti fondamentali che abbiamo difeso con tanto impegno.

 
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