Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione sull’interrogazione orale (O-0180/201 – B7-0808/2010) alla Vicepresidente della Commissione e Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, degli onorevoli Danjean, Kasoulides, Brok, Salafranca Sánchez-Neyra, Gahler, Lisek e Kovatchev a nome del gruppo del Partito Popolare Europeo (Democratico Cristiano), sulla situazione della sicurezza nella regione del Sahel.
Arnaud Danjean, autore. – (FR) Signor Presidente, signora Alto rappresentante, questo argomento avrebbe dovuto essere discusso già molti mesi fa, dato che la situazione della sicurezza nella regione del Sahel si è andata costantemente aggravando negli ultimi tre anni. Affrontiamo questo tema nella settimana in cui in Francia sono state sepolte due giovani vittime del terrorismo islamico, uccise alcune settimane fa sulla frontiera tra Niger e Mali.
A parte la forte emozione suscitata da questi crimini, occorre riconoscere le reali minacce che si concentrano in una regione alle porte dell’Europa, perché la minaccia non viene solo dal terrorismo, sebbene i rapimenti e gli attentati costituiscano la manifestazione più drammatica del degrado della situazione in Mauritania, Mali and Niger. Le reti criminali prosperano; il traffico di droga, armi ed esseri umani minaccia la stabilità non solo di quei paesi, ma anche del nostro stesso continente. Sappiamo, infatti, molto bene che proprio come la maggioranza delle vittime del terrorismo che agisce nella regione sono cittadini europei, l’Europa è la destinazione finale anche di tali traffici.
Di fronte a questa situazione estremamente preoccupante, l’Unione europea dovrebbe attuare una strategia integrata e globale, in grado di combinare politiche di sviluppo e di sicurezza. È assolutamente vitale. Naturalmente alcune iniziative sono già state messe in campo, attraverso il decimo Fondo europeo per lo sviluppo (FES) in particolare, e sono stati stanziati circa 2 miliardi di euro a questi paesi per azioni di lotta contro la povertà, di sviluppo dell’economia, d’istituzione di una efficace governance. Inoltre com’è noto taluni Stati membri sono legati da politiche bilaterali di cooperazione.
Ma bisogna fare di più. In particolare la nostra azione deve essere più coordinata. Occorre consolidare l’approccio regionale e incoraggiare questi paesi a cooperare maggiormente per fronteggiare sfide comuni. Dobbiamo ampliare e integrare al massimo il ventaglio delle politiche che l’Unione europea può attuare nei settori dello sviluppo, della sicurezza, del consolidamento delle strutture istituzionali, delle dogane, della giustizia e della polizia.
Signora Alto rappresentante, poche regioni così vicine all’Europa danno rifugio a tali e tante minacce per la nostra sicurezza e in poche regioni l’Unione europea può applicare l’approccio organico previsto dal trattato di Lisbona, sulla base del quale è stato istituito il servizio europeo per l’azione esterna da lei ora diretto.
Signora Alto rappresentante, può fornirci maggiori dettagli sulla strategia che intende mettere in atto nella regione?
Catherine Ashton, Vicepresidente della Commissione e Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. – (EN) Signor Presidente, mi associo all’onorevole Danjean nel ricordare la terribile notizia della morte di due giovani cittadini francesi rapiti 10 giorni fa nella capitale del Niger, Niamey, e uccisi solo poche ore dopo. Abbiamo condannato quello che è un crimine assolutamente sconvolgente e rinnovo le nostre condoglianze alle famiglie, nonché ai rappresentanti delle forze di polizia nigerine caduti durante la sparatoria che ne è seguita. Desidero esprimere la nostra solidarietà alle autorità della Francia e del Niger.
Altri cinque cittadini francesi sono a tutt’oggi tenuti in ostaggio da Al-Qaeda in una località ignota del deserto del Mali settentrionale nel Maghreb islamico. Solo l’anno scorso, dieci cittadini europei sono stati rapiti e quattro uccisi.
La situazione della sicurezza nel Sahel è allarmante: criminalità organizzata, scarsa presenza dello Stato nelle zone desertiche e scarsa capacità dei settori della sicurezza uniti a povertà dilagante, siccità e penuria alimentare. Queste minacce pongono un serio ostacolo allo sviluppo e a prospettive di lavoro, in quanto è diventato troppo rischioso per quanti impegnati nello sviluppo continuare le operazioni sul territorio.
L’Unione europea e gli Stati membri contribuiscono da anni ad affrontare i problemi posti dallo sviluppo o dalla sicurezza nei singoli paesi del Sahel, ma le minacce alla sicurezza travalicano le frontiere nazionali e la sola risposta possibile ed efficace è una risposta regionale e organica. Dobbiamo adoperarci affinché l’impegno europeo attualmente profuso nel Sahel sia più coerente, coordinato ed efficace.
In ottobre scorso, il Consiglio “Affari esteri” mi ha conferito l’incarico di predisporre, assieme alla Commissione, una strategia per il Sahel per l’inizio di quest’anno. Tale strategia doveva basarsi su un approccio olistico e integrato, che utilizzasse i vari strumenti a nostra disposizione in modo coerente, per incentivare sicurezza, stabilità, sviluppo e una buona governance nel Sahel.
Ritengo che, per poter rispondere alla complessità delle sfide del Sahel, dobbiamo agire a diversi livelli: prima di tutto, occorre una dimensione politica e diplomatica, necessaria per facilitare il dialogo fra paesi del Sahel che nutrono tuttora scarsa fiducia gli uni negli altri. Dobbiamo partire dalle strategie nazionali esistenti – qualora esistano – e incoraggiare la creazione di iniziative e strumenti regionali per far fronte insieme alle minacce alla sicurezza.
Parallelamente, l’UE deve rafforzare il dialogo sulla sicurezza nel Sahel con i paesi del Maghreb, con le organizzazioni regionali (l’Unione africana, l’Ecowas e la CEN-SAD) nonché con la comunità internazionale nel suo insieme e con le Nazioni Unite, gli Stati Uniti e il Canada, in particolare.
In secondo luogo, dobbiamo aiutare i paesi del Sahel ad accrescere le proprie capacità nei settori della sicurezza (esercito, polizia, giustizia e sistemi di controllo delle frontiere) in ogni paese. Devono essere in grado di ripristinare efficacemente lo stato di diritto e la sicurezza e di ristabilire l’autorità dello Stato nelle regioni più critiche. Incoraggeremo la cooperazione regionale fra Mali, Mauritania e Niger a livello operativo affinché possano far fronte in modo congiunto e più efficace alla minaccia di Al-Qaeda nel Maghreb islamico, alla criminalità organizzata e al banditismo interno.
In terzo luogo, a più lungo termine, l’Unione europea deve continuare a contribuire allo sviluppo dei paesi del Sahel per aiutarli ad accrescere la capacità di erogare servizi sociali e di sviluppo alla popolazione. I singoli paesi continueranno a promuovere la stabilità interna e a trovare soluzioni di natura socio-economica e soluzioni alle tensioni etniche.
In quarto luogo, al fine di prevenire e lottare contro l’estremismo e la radicalizzazione, dobbiamo sostenere gli Stati e legittimare attori non-statali nell’elaborazione e attuazione di strategie e attività, per combattere la radicalizzazione islamica e promuovere una visione democratica, tollerante e non violenta della società.
Il nostro sforzo sarà di impiegare in modo coerente gli strumenti a breve e lungo termine a nostra disposizione per attuare le diverse componenti di questa strategia. L’impegno degli Stati membri nel contribuire a tale strategia ne costituirà evidentemente un aspetto rilevante.
Lavoro a stretto contatto con il Commissario Piebalgs, il cui impegno nella predisposizione della strategia per la sicurezza e lo sviluppo è essenziale per garantire le necessarie risorse alla sua attuazione.
Sono convinta che, se riusciremo a creare questa nuova strategia globale e olistica, intensificando l’impegno sul versante politico, diplomatico e operativo nel Sahel, saremo in grado di dare nuovo slancio alla risoluzione delle molteplici minacce e sfide della regione. Sarò lieta di presentare la strategia in modo più preciso fra qualche settimana e di aprire una discussione con gli onorevoli deputati del Parlamento europeo.
José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra, a nome del gruppo PPE. – (ES) Signor Presidente, come ricordato nel testo dell’interrogazione orale da noi presentata, negli ultimi tre anni abbiamo assistito a un aggravarsi della situazione che ha danneggiato gli interessi dell’Unione europea e dei suoi cittadini nel Sahara meridionale, trasformatosi in un paradiso per il ramo islamico di Al-Qaeda, con una lunga serie di omicidi, rapimenti, estorsioni, ricatti, traffico di droga e di esseri umani, le cui vittime sono cittadini tedeschi, italiani, spagnoli e, più recentemente, francesi. Desideriamo pertanto esprimere la nostra solidarietà ai colleghi parlamentari francesi e ribadire, signora Alto rappresentante, che questa situazione richiede una risposta ferma e risoluta da parte dell’Unione europea, come già richiesto dal Presidente Sarkozy.
In tale contesto, la risposta deve essere fornita nella sfera politica, economica e dello sviluppo e l’onorevole Danjean ci ha ricordato le ingenti risorse del Fondo europeo di sviluppo.
Signora Alto rappresentante, vorrei conoscere la sua opinione in merito al vertice G8 anti terrorismo di ottobre nel Mali, quando le è stato attribuito il mandato del Consiglio, al quale non ha partecipato l’Algeria. Lei ha detto che la risposta deve essere di tipo regionale. Ritengo non sia un buon segno che due delle parti in conflitto, Marocco e Algeria, non cooperino fra di loro, per non parlare dell’instabile situazione della Tunisia.
Per finire, vorrei una sua valutazione sul centro anti-terrorismo creato dall’Algeria a 2 000 km a sud di Algeri, con la partecipazione di Mali, Mauritania e Niger, e chiederle se condivide l’interpretazione secondo la quale l’intento di tale centro sia evitare la presenza dell’Unione europea e degli Stati Uniti quali garanti della sicurezza nell’area.
Roberto Gualtieri, a nome del gruppo S&D. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, signora Alto Rappresentante, sembra di cogliere positivamente una sintonia tra le considerazioni espresse dall'onorevole Danjean e il Suo intervento, per quanto riguarda l'analisi della situazione, e cioè il fatto che la situazione nel Sahel è drammatica.
Stiamo parlando di una delle regioni più povere del mondo, al confine con alcuni di quei paesi che proprio in queste ultime settimane stanno sperimentando una quanto mai pericolosa instabilità e una regione dove c'è un intreccio davvero preoccupante tra infiltrazioni terroristiche e traffico di droga, che rendono la situazione insostenibile e la minaccia per l'Europa concreta.
Occorre dunque un salto di qualità nell'iniziativa dell'Europa. L'iniziativa per la sicurezza e lo sviluppo del Sahel del 2009 per ora si è rivelata inefficace. È necessaria questa nuova strategia per la sicurezza del Sahel che il Consiglio, che i ministri degli Esteri hanno chiesto di adottare e che noi aspettiamo. Credo che siano importanti due elementi che sono stati sottolineati: primo, un approccio regionale; secondo, un approccio integrato, che ci consenta di utilizzare al meglio, in modo concreto, operativo e coordinato appunto i diversi strumenti di cui l'Unione europea dispone, sapendo poi che la strada di un'eventuale missione va valutata invece con cautela, perché le missioni PSDC sono uno degli strumenti che abbiamo a disposizione, ma non possono sostituire la strategia politica.
Quindi, pieno sostegno del nostro gruppo al nuovo, rinnovato impegno dell'Europa nel Sahel e siamo ansiosi di conoscere e di discutere in dettaglio la nuova strategia e di sostenerne l'implementazione.
Charles Goerens, a nome del gruppo ALDE. – (FR) Signor Presidente, nella regione del Sahel si è registrato un allarmante incremento del tipo d’incidenti menzionati nell’interrogazione orale.
Le persone maggiormente colpite dalle attività delle reti criminali e dei terroristi sono in primo luogo gli stranieri, molti dei quali mantengono un comportamento esemplare, come i due cittadini francesi di cui deploriamo la tragica sorte. Tutti questi incidenti non fanno altro che minare ulteriormente l’autorità dei rispettivi governi, che cercano di affrontare i problemi di cooperazione economica, nel campo della sicurezza e della cooperazione politica nell’ambito del sistema regionale il cui quadro istituzionale, non dimentichiamolo, è ampiamente basato sul modello europeo. I temi in discussione sono estremamente pertinenti.
Se vogliamo essere all’altezza di quanto ci si aspetta dall’Unione europea, dobbiamo in primo luogo concordare su un approccio comune per la regione del Sahel in particolare e per la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas) in generale.
In secondo luogo, dobbiamo considerare seriamente sia le cause immediate sia quelle remote del degrado della situazione nella regione. Una delle cause endemiche è l’estrema povertà di questi Stati, che risultano pertanto deboli e incapaci ad adempiere alle loro funzioni sovrane.
In terzo luogo, dobbiamo definire una chiara strategia europea in materia e vorrei ringraziare la baronessa Ashton per averla annunciata.
In quarto luogo, non dobbiamo lesinare le risorse necessarie affinché gli Stati in questione riprendano il controllo della situazione, segnatamente in materia di sicurezza. Vorrei concludere sottolineando che nell’affrontare i problemi posti dall’interrogazione dell’onorevole Danjean, ci occupiamo, di fatto, della nostra stessa sicurezza.
Sabine Lösing, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signor Presidente, di cosa stiamo parlando? Stiamo parlando di criminalità organizzata o di terrorismo politico e/o religioso? Questa domanda è fondamentale per valutare la situazione. Gli esperti della regione ritengono si tratti più di criminalità che di terrorismo internazionale di stampo religioso. I provvedimenti contro il terrorismo spesso hanno conseguenze fatali per la pace e la democrazia e possono essere usati come pretesto per promuovere altri interessi.
Potrebbe essere così anche per l’Africa, una delle regioni che rappresenta grandi interessi per l’Europa. Secondo Gilles de Kerchove, il coordinatore europeo per la lotta al terrorismo, riguarda l’Africa quale “cortile dell’Europa”. Sono contraria a politiche di sicurezza che non faranno altro che militarizzare l’Africa. La regione del Sahel può ritrovare la sicurezza solamente migliorando la situazione della popolazione. Aumentare le strutture di sicurezza e i bilanci militari in paesi dove la popolazione soffre la fame è una mossa disastrosa.
Per finire, vorrei che consideraste il fatto che il rapimento e altri crimini sono un business nel quale sono coinvolte moltissime persone in un confuso spiegamento di organizzazioni. I finanziamenti occidentali destinati a strutture di sicurezza potrebbero avere un effetto controproducente sugli sforzi per contrastare la criminalità e in futuro potrebbero continuare a mettere a repentaglio la vita di innocenti.
Cristian Dan Preda (PPE). – (RO) Signor Presidente, il rapimento e la successiva uccisione di Antoine de Lecour e Vincent Delory in Niger ci ricordano dolorosamente la necessità di attuare una strategia per la promozione della sicurezza, della stabilità e della buona governance nella regione del Sahel. Il gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano) sostiene da molto tempo questa strategia e desidero esprimere il mio apprezzamento per l’annuncio della Commissione europea della presentazione entro fine mese di una strategia che combini sicurezza e sviluppo.
Credo nell’assoluta necessità di analizzare il tema della sicurezza nel Sahel in tutti i suoi molteplici aspetti dato che il terrorismo è riuscito ad attecchire in quella regione perché ha trovato condizioni politiche, sociali e ovviamente economiche favorevoli. Ci ritroviamo con frontiere altamente permeabili e in assenza di qualsiasi forma di controllo governativo efficace. Tutti questi fattori, oltre alle evidenti lacune nello sviluppo, hanno facilitato la diffusione di traffici illegali.
Ritengo vi siano due fattori estremamente utili che aiuteranno a garantire la sicurezza del Sahel e, per estensione, dei cittadini europei. Prima di tutto, è necessaria una strategia a livello di comunità degli Stati sahelo-sahariani, volta al ripristino dell’autorità degli Stati della regione sui territori abbandonati nonché, naturalmente, a istituire lo stato di diritto. In secondo luogo, credo nella necessità di varare programmi congiunti di sviluppo socio-economico nelle regioni frontaliere, in modo da creare opportunità di lavoro per le popolazioni locali.
Pier Antonio Panzeri (S&D). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, più volte si è levata la richiesta di questa discussione sul tema e più volte si sono assunti impegni perché nella regione del Sahel si potessero mettere in campo le iniziative necessarie, sia per stabilizzare la regione stessa, sia per garantire maggiore sicurezza.
Come sappiamo, data la mancanza di frontiere e la vastità del territorio, il Sahel è un'area di transito ideale per i trafficanti di droga e per l'attività terroristica, nello specifico Al-Quaeda del Maghreb. La debolezza e la fragilità degli Stati in questa regione costituisce il problema principale e le minacce ricadono direttamente sulle popolazioni e sugli Stati della regione, com’è stato detto, in particolar modo su Mauritania, Mali e Niger.
Il tema principale che l'Unione europea ha dinanzi è quello di predisporre una strategia credibile per la sicurezza, che poggi sui diversi tasti della possibile azione europea: politica di cooperazione e sviluppo, programmi regionali, strategie di coordinamento della sicurezza delle vie di traffico, politiche di formazione alla sicurezza. L'Unione europea quindi non dovrebbe, ma deve intervenire il più velocemente possibile e ci attendiamo, quindi, l'elaborazione da parte della Commissione di una compiuta strategia, come Lei ha annunciato, e un intervento forte sul campo.
In conclusione, il mio invito è chiaro: bisogna mostrare una più forte attenzione a ciò che sta succedendo a sud dell'Europa, perché tante cose cambieranno ed è bene che non ci si faccia cogliere alla sprovvista. Una visione più lungimirante farebbe solo bene all'Unione europea.
Olle Schmidt (ALDE). – (SV) Signor Presidente, l’aggravarsi della situazione della sicurezza nel Sahel è un segnale estremamente serio. È costato molte vite e minaccia di minare alla base i progressi politici compiuti negli ultimi anni nella lotta contro il terrorismo. Vorrei anche esprimere il mio cordoglio a quanti hanno sofferto così duramente a causa di questa terribile violenza.
In particolare è deplorevole che gli attacchi di Al-Qaeda aumentino nella regione del Sahel proprio mentre stanno diminuendo in molte altre parti del mondo. Si stima che il 25 per cento del traffico mondiale annuo di cocaina dall’America latina verso l’Europa passi per la regione del Sahel. Il narcotraffico consente il finanziamento delle attività terroristiche con entrate costanti e rende possibile reclutare giovani nella regione, pagandoli bene.
Questo spaventoso sviluppo preoccupa anche i nostri colleghi della regione del Sahel e, nel corso dell’ultima riunione dell’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE di dicembre, abbiamo appunto discusso il modo per migliorare la situazione della sicurezza nella regione e per ridurre i traffici illeciti. Signora Alto rappresentante, l’azione dell’Unione europea deve essere molto chiara e si devono intensificare gli sforzi. Assieme ai paesi della fascia del Sahel dobbiamo intensificare e coordinare gli sforzi mediante la strategia regionale organica da lei citata. L’Unione europea ha un’enorme responsabilità congiunta nel fornire un’assistenza di elevata qualità volta al definitivo consolidamento delle forze democratiche.
PRESIDENZA DELL’ON. LAMBRINIDIS Vicepresidente
Santiago Fisas Ayxela (PPE). – (ES) Signor Presidente, come sa in Niger, uno dei paesi centrali della regione del Sahel, si svolgeranno a fine mese elezioni presidenziali e parlamentari. Ritengo che la decisione dell’ Alto rappresentante di inviare una delegazione dell’Unione europea a queste elezioni costituisca un importante gesto di sostegno e desidero ringraziarla per avermi chiesto di presiedere tale delegazione.
Vorrei prima di tutto esprimere il mio profondo rammarico per la recente uccisione di due giovani francesi in Niger per mano di terroristi, senza dimenticare i soldati nigerini morti durante l’operazione di salvataggio.
Gli abitanti della regione rifiutano decisamente la violenza e il terrorismo, di cui peraltro sono le prime vittime, ma chiedono all’Unione europea di fare tutto il possibile per aiutarli a sradicare la violenza terroristica e di fornire armi e addestramento alle loro forze armate in modo da poter reagire adeguatamente alle incursioni terroristiche.
Nonostante la grande ricchezza di risorse naturali, il Niger è uno dei paesi meno sviluppati al mondo. L’Unione europea deve adoperarsi per istituire un’efficace strategia di cooperazione allo sviluppo per assistere il Niger e l’intera regione a uscire dalla difficile situazione in cui versano. Ritengo che in questa regione vi sia molto in gioco anche per noi , non solo per il suo benessere ma per il benessere dell’Europa che, data la prossimità geografica, dipende dalla sua stabilità.
Ana Gomes (S&D). – (PT) Signor Presidente, l’insicurezza nella regione del Sahel richiede uno sforzo di sviluppo, come ha detto qualche giorno fa il Commissario Piebalgs. Il solo sviluppo tuttavia, anche se essenziale e a lungo termine, non basta. Come ha detto oggi l’Alto rappresentante, l’Unione europea ha bisogno di una strategia coerente che faccia uso di tutti gli strumenti disponibili, compresi quelli volti alla riforma dei settori di sicurezza dei paesi della regione e del rafforzamento delle capacità democratiche e istituzionali. L’Unione europea però non ha agito in questo modo. Basta guardare alla vicina Guinea-Bissau, oggi praticamente trasformata in un narco-Stato, da dove recentemente l’Unione europea ha ritirato una missione della Politica europea di sicurezza e di difesa. È stato un errore, perché era necessario potenziare la dimensione e il mandato della missione, soprattutto dato che il centro della criminalità organizzata in Guinea-Bissau ha per obiettivo diretto l’Europa.
Un altro esempio di come l’Unione europea non stia facendo quel che dovrebbe nel Sahel è il modo in cui non si è per nulla preoccupata di cercare una soluzione al conflitto nel Sahara occidentale. Se continuiamo a guardare dall’altra parte (soprattutto ora dopo le grandi sollevazioni in Tunisia e relative ripercussioni sull’intera regione), non faremo altro che aggravare la situazione della sicurezza nel Sahel e consegnare un’altra generazione disperata e senza alternative alle organizzazione criminali e terroristiche come Al-Qaeda nel Maghreb islamico, già diffuse nella regione.
Come ricordato dall’Alto rappresentante, non possiamo continuare senza una strategia coerente.
Mariya Nedelcheva (PPE). – (FR) Signor Presidente, signora Alto rappresentante, onorevoli colleghi, il Sahel è una regione cerniera fra l’Africa sub sahariana e l’Europa, il cui allarmante livello d’insicurezza ci riguarda tutti.
Desidero attirare la vostra attenzione sulla risoluzione adottata il 4 dicembre scorso dall’Assemblea parlamentare paritetica ACP-EU, che tratta precisamente questo tema, e sulle raccomandazioni formulate nella risoluzione.
Una strategia europea comune è ovviamente necessaria, ma l’Unione europea non andrà da nessuna parte se agisce da sola. Ecco perché tutti gli interlocutori presenti nella regione devono impegnarsi in azioni concertate di ampio respiro. Un vertice dei capi di Stato dei paesi della regione, organizzato sotto gli auspici dell’ONU, dell’UE e dell’Unione africana, costituirebbe un’opportunità per affrontare di petto le difficoltà e per individuare soluzioni attraverso una strategia ampia.
Per dar prova di reale volontà politica, è urgente adottare un piano d’azione in due fasi: la prima riguarda l’urgenza. Gli Stati della regione devono mettere in comune le risorse e le informazioni di cui dispongono e coordinare le loro azioni.
La seconda fase riguarda la sensibilizzazione sul problema degli abitanti locali e la prevenzione del fenomeno. Dobbiamo evitare che le fila dei terroristi si ingrossino di giorno in giorno a causa della frustrazione e dall’inoperosità degli abitanti della regione.
L’Unione europea non può stare a guardare e non fare nulla per affrontare il problema. Vorrei esortare pertanto l’Alto rappresentante a fare il possibile per accelerare le discussioni e per giungere a soluzioni concrete a questo gravissimo problema.
Corina Creţu (S&D). – (RO) Signor Presidente, il deteriorarsi della situazione della sicurezza nella regione del Sahel non è più un problema regionale, ma è divenuto un problema dell’Unione europea visto l’aumento delle aggressioni subite da cittadini europei.
Il Sahel si trova a combattere in primo luogo contro la minaccia terroristica in constante aumento, le cui vittime sono essenzialmente cittadini europei che vengono rapiti ed uccisi con spaventosa frequenza. È anche una regione di transito per il commercio di droga e di armi, nonché un canale di emigrazione clandestina verso l’Europa. Ritengo si debba incentivare una fattiva cooperazione con le autorità nord-africane per accrescere il coinvolgimento delle forze di sicurezza e delle forze armate della regione nella lotta al terrorismo. Al contempo, disponiamo di numerosi strumenti politici atti a intensificare la cooperazione regionale nella lotta a questa minaccia.
Mi auguro che gli sforzi di assistenza tecnica dell’Unione europea si concentrino maggiormente sul sostegno del processo di sviluppo perché non possiamo ignorare il fatto che i gruppi terroristici trovano nel Sahel terreno fertile soprattutto grazie alla povertà della popolazione e alla fragilità dell’autorità statale. Un aiuto allo sviluppo più generoso e ben mirato potrà svolgere un ruolo chiave nel migliorare la situazione della regione.
Dominique Vlasto (PPE). – (FR) Signor Presidente, signora Alto rappresentante, onorevoli colleghi, è innegabile che la situazione nella regione del Sahel sia notevolmente deteriorata. La presenza di un territorio senza leggi alle porte dell’Europa è una minaccia che dobbiamo combattere tempestivamente e con decisione in quanto un numero sempre maggiore di gruppi estremisti minaccia le vite dei civili.
Mi unisco al rammarico per la perdita di vite umane e per i rapimenti e sono preoccupato per i cittadini europei nella regione. Fino ad oggi il Marocco è stato una roccaforte contro le varie forme di traffico dal Sahel; ora però, per raggiungere l’Unione europea, i trafficanti di droga, armi ed esseri umani aggirano il Marocco passando per la Mauritania e le Isole Canarie. Credo sia responsabilità dell’Unione europea assumere iniziative per aiutare questi Stati a porre fine a simili minacce.
La sicurezza dell’Europa si gioca non solo sul nostro territorio, ma anche nelle regioni a noi più vicine. È giunto il momento di agire e invito la Commissione e il Consiglio ad attuare un piano d’azione che aiuterà a ripristinare la sicurezza nella regione del Sahel.
Gilles Pargneaux (S&D). – (FR) Signor Presidente, signora Alto rappresentante, in qualità di parlamentare europeo originario del nord della Francia mi unisco all’onorevole Danjean nel descrivere non solo il mio profondo turbamento per l’uccisione dei due giovani della Francia settentrionale, ma anche il sentimento d’ingiustizia che provo ora. Rendo omaggio alla loro memoria.
Condivido la valutazione della situazione delineata dal collega Danjean e mi compiaccio delle risposte preliminari che l’Alto rappresentante ci ha fornito all’inizio della discussione. Se mi è concesso, però, vorrei rivolgerle una domanda: sappiamo bene quanto siano permeabili le frontiere fra il Mali e l’Algeria meridionale e sappiamo che, dall’altra parte del Sahel, il Sahara occidentale potrebbe diventare in futuro fonte d’insicurezza, proprio come il Sahel oggi.
Può dirci se avete previsto l’adozione di iniziative, soprattutto in risposta al piano di autonomia presentato dal Regno di Marocco alle Nazioni Unite che, a mio giudizio, consentirebbe di ridare sicurezza alla regione e di istituire il dialogo necessario in particolare con le autorità algerine?
Charles Tannock (ECR). – (EN) Signor Presidente, purtroppo le forze salafite associate al franchising globale di Al-Qaeda hanno trovato riparo nella regione del Sahel, territorio vasto e remoto, ideale per l’addestramento dei terroristi, per il rapimento di sventurati innocenti (rinnovo le mie condoglianze alle famiglie dei due cittadini francesi recentemente uccisi) e, naturalmente, per il narcotraffico e la criminalità organizzata.
Questo lancia una grande sfida in termini di sicurezza che si somma agli analoghi problemi che abbiamo già dovuto affrontare nella regione di frontiera fra Afghanistan e Pakistan, in Somalia e nello Yemen. L’Unione europea deve cooperare intensamente con gli alleati americani e degli altri paesi democratici, quali India e Israele, nonché con i governi moderati dei vicini paesi arabi e africani, per trovare una strategia congiunta per sconfiggere questa minaccia alla sicurezza mondiale.
Signora Alto rappresentante, l’Operazione Atalanta, al largo della Somalia, è stata un successo; forse si potrebbe ripetere qualcosa di simile, sotto gli auspici della NATO, ad esempio una missione di politica di sicurezza e di difesa comune guidata dalla Francia per contrastare questa minaccia mondiale, in particolare nella regione del Mali, Mauritania e Niger, paesi già estremamente poveri che richiedono tutto l’aiuto possibile.
Catherine Ashton, Vicepresidente della Commissione e Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. – (EN) Signor Presidente, sarò breve perché gli onorevoli deputati sono stati di grande aiuto non solo nell’esprimere il loro appoggio all’approccio di ampio respiro che adotteremo, ma anche per aver sollevato punti specifici.
Mi riallaccio a uno dei temi toccato all’inizio dall’onorevole Salafranca, ossia in che modo dovremmo sostenere le iniziative regionali, spesso dominate da singoli paesi senza il coinvolgimento di tutti i paesi di quella regione, e quale dovrebbe essere il modo migliore per fornire un sostegno che garantisca un nostro impegno con tutti i paesi della regione. Sto volutamente ampliando un po’ il discorso dell’onorevole parlamentare. Una delle sfide con le quali dobbiamo misurarci è sostenere iniziative che i paesi siano in grado di assumere individualmente e collettivamente e garantire al contempo la loro efficacia facendo sì che risultino organiche relativamente sia al numero di paesi coinvolti sia all’approccio da questi assunto.
Dobbiamo cercare di equilibrare le nostre azioni rispetto alle azioni di sostegno dei paesi più interessati. Sono sempre molto attenta alle modalità del nostro intervento diretto e tramite gli strumenti a nostra disposizione, per appoggiare iniziative sul campo, che nascono localmente e che sono spesso, ma non sempre, il miglior modo di procedere.
Per quanto riguarda il Sahara occidentale e le proposte avanzate, sono tutti elementi da tenere in debito conto. Devo capire dove il nostro sostegno darà i migliori frutti. Mi sono resa conto, nelle varie discussioni con i parlamentari, che questi temi, segnatamente il Sahara occidentale, sono diventati prioritari. Dobbiamo riflettere su quest’approccio in modo davvero globale e continuare a lavorare su questo. Sarà uno dei punti in discussione al prossimo Consiglio “Affari esteri”, ma anche un tema su cui tornare in Parlamento per essere sicuri di non aver perso di vista il reale obiettivo.
Ora è importante procedere con una strategia che tenga conto del breve, medio e lungo termine ma anche della portata del nostro impegno in quanto Unione europea, in quanto Parlamento, in quanto Commissione e in quanto Stati membri in grado di inserire tutti gli aspetti in una strategia seriamente ponderata per il futuro.