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Procedura : 2010/2268(INI)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo del documento : A7-0368/2010

Testi presentati :

A7-0368/2010

Discussioni :

PV 19/01/2011 - 13
CRE 19/01/2011 - 13

Votazioni :

PV 20/01/2011 - 7.1
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P7_TA(2011)0020

Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 19 gennaio 2011 - Strasburgo Edizione GU

13. Accordo quadro UE-Libia
Video degli interventi
Processo verbale
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A7-0368/2010) presentata dall’onorevole Gomes, a nome della commissione per gli affari esteri, recante una proposta di raccomandazione del Parlamento europeo destinata al Consiglio sui negoziati riguardanti l’accordo quadro UE-Libia [2010/2268(INI)].

 
  
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  Ana Gomes, relatore.(PT) Signor Presidente, la Libia riveste un’importanza strategica in materia di flussi migratori verso l’Europa, oltre a possedere importanti risorse energetiche e avere un grande potenziale come vicino e come partner del Maghreb.

Diversi Stati membri dell’Unione intrattengono intense relazioni con la Libia, ma è importante assicurare che tali relazioni siano fortemente improntate ai valori fondamentali e agli interessi dell’Unione europea. Per tale ragione sosteniamo lo sviluppo delle relazioni con questo paese attraverso l’istituzione di un accordo quadro che copra diversi ambiti di cooperazione al fine di stimolare un dialogo politico sostanziale.

Non possiamo scordare, tuttavia, che in Libia vige un regime dittatoriale che ha dato prova di gravi violazioni dei diritti umani, nonché di attacchi terroristici e di interferenze in altri paesi, sebbene negli ultimi anni abbia dato segnali di voler invertire rotta. Per tali ragioni, un accordo quadro con la Libia potrà ottenere il consenso di questo Parlamento solo a fronte del rispetto di determinate condizioni. Una condizione sine qua non è che la Libia permetta all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) di operare nuovamente in seno al paese con un mandato esteso. Permettetemi di esprimere questo concetto in termini molto chiari: niente UNHCR, niente accordo.

La Libia deve essere persuasa a ratificare la convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati. Non si capisce infatti perché, pur avendo già aderito alla Convenzione africana sulla protezione dei rifugiati, essa non riconosca tale status nel proprio ordinamento giuridico.

Un accordo di riammissione tra l’Unione europea e la Libia deve escludere quanti si dichiarano richiedenti asilo, rifugiati o persone bisognose di protezione internazionale e deve essere applicato nel pieno rispetto del principio di non respingimento. Situazioni di estrema gravità, come quelle che hanno interessato i 400 eritrei che hanno rischiato di essere espulsi in massa dalla Libia, la scorsa estate, non devono ripetersi.

L’Unione europea deve invitare la Libia ad adottare soluzioni giuridiche e sociali che migliorino le condizioni di vita disumane dei circa 2 milioni di immigrati che lavorano in questo paese, pari a quasi un quarto della popolazione. Tali immigrati meritano tutela legale, non possono continuare a essere trattati come abd, schiavi. L’Unione europea deve investire in programmi congiunti per la lotta alla crescente tratta degli esseri umani, fenomeno con conseguenze devastanti soprattutto per donne e bambini. Il sostegno dell’Unione europea all’Organizzazione internazionale per le migrazioni e a tutte le organizzazioni che aiutano i migranti in transito attraverso la Libia deve aumentare al fine di migliorare le condizioni degli immigrati rinchiusi nei centri di detenzione, che stanno tornando a riempirsi sebbene a metà dello scorso anno fossero stati improvvisamente svuotati.

L’Unione non può astenersi dal persuadere la Libia a impegnarsi in una moratoria contro la pena di morte ed è fondamentale che essa imponga alle autorità libiche di divulgare l’identità dei cittadini e degli stranieri giustiziate. L’Unione deve insistere affinché la Libia ratifichi lo statuto di Roma della Corte penale internazionale. Nel quadro della propria cooperazione, l’UE deve incoraggiare riforme volte a modernizzare le strutture sociali, politiche e giudiziarie, aprire il paese verso l’esterno, esporre la società a un’informazione libera, promuovere l’indipendenza dei media e investire nelle capacità istituzionali di organizzazioni aziendali e del lavoro, nonché di altre organizzazioni che rappresentano la società civile. La rivoluzione di Bouazizi in Tunisia avrà sicuramente ripercussioni sulla vicina Libia e anche il regime di Gheddafi lo può capire.

Dobbiamo rafforzare il sostegno prestato al settore sanitario libico attraverso il piano d’azione Bengasi, estendendolo ad altri centri di cura e ad altre necessità della sanità pubblica. Sappiamo che i negoziati tra la Commissione europea e la Libia sono in fase avanzata, sebbene siano emerse difficoltà nel capitolo relativo al commercio e alla cooperazione energetica.

Dal nostro punto di vista, sarebbe vantaggioso istituire in tempi rapidi un ufficio dell’Unione europea a Tripoli per favorire le negoziazioni e monitorare lo sviluppo della situazione nel paese.

Signor Commissario, in queste raccomandazioni, esortiamo la Commissione a fornire informazioni dettagliate sulle voci di bilancio utilizzate e previste per la cooperazione con la Libia. Spero che ci possa trasmettere presto tali dati.

Vorrei, infine, segnalare che solo recentemente il Parlamento ha avuto la possibilità di accedere al mandato a negoziare del Consiglio. Un simile fatto è inaccettabile e non può continuare. Concludendo, vorrei ringraziare dell’aiuto tutti i relatori ombra, che sono stati fondamentali per raggiungere l’ampio consenso ottenuto su una questione potenzialmente tanto contraddittoria.

 
  
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  Štefan Füle, membro della Commissione.(EN) Signor Presidente, la ringrazio per avermi offerto la possibilità di informare quest’Aula sullo stato dei negoziati riguardanti l’accordo quadro tra l’Unione europea e la Libia.

La Commissione e il Parlamento europeo stanno già operando in sinergia sulla questione libica. Abbiamo un interesse comune a garantire lo sviluppo positivo delle nostre relazioni con questo paese, che è un importante vicino. In tale contesto, vorrei congratularmi in particolar modo con la vostra delegazione per le relazioni con i paesi del Maghreb per l’accordo raggiunto in occasione della visita a Tripoli, elemento che indubbiamente permette di consultare regolarmente il parlamento libico.

Sono determinato a garantire che la stretta cooperazione tra le nostre istituzioni continui. In particolar modo, è mia intenzione informare regolarmente il Parlamento europeo circa gli ultimi sviluppi dei negoziati riguardanti l’accordo quadro. So che il nostro responsabile delle negoziazioni vi aggiorna dopo ciascuna seduta di negoziato.

Permettetemi di fornirvi alcune informazioni sulla situazione attuale. A metà novembre abbiamo concluso il nono ciclo di negoziati a Tripoli; il prossimo è previsto dal 24 al 26 gennaio a Bruxelles. Dall’avvio delle negoziazioni, più di due anni fa, abbiamo compiuto buoni progressi. Di fatto, abbiamo temporaneamente concordato la premessa e sei dei dieci capitoli previsti per l’accordo; in particolare, abbiamo raggiunto un accordo provvisorio sul titolo relativo al dialogo politico, il quale contiene importanti riferimenti al rispetto dei diritti dell’uomo, alla lotta contro le armi di distruzione di massa, alla lotta al terrorismo, ecc. La Libia ha convenuto di istituire un dialogo regolare sui diritti umani e le libertà fondamentali, obiettivo per noi chiave. Siamo estremamente soddisfatti dei risultati ottenuti in merito.

Come forse saprete, vi sono questioni ancora in sospeso, ovvero l’energia e il commercio. La prima rappresenta il cuore dell’economica libica, pari al 70 per cento del PIL, il che spiega l’attenzione e la cautela del paese in materia. Per quanto concerne il commercio, la Libia ha scarsa esperienza nella negoziazione di complessi accordi commerciali e per questo i progressi in materia sono stati moderati. Esperti delle due controparti si incontrano con regolarità al fine di garantire il raggiungimento di un accordo su tali questioni in tempi quanto più rapidi possibili, ma, naturalmente, le questioni politiche sono complesse.

Una di queste riguarda lo statuto di Roma. La Libia rifiuta categoricamente di fare esplicito riferimento a tale documento. Essa è pronta, tuttavia, a impegnarsi a cooperare con l’Unione europea nella lotta all’impunità, soprattutto per quanto riguarda i crimini definiti nello statuto in questione.

Anche l’immigrazione presenta alcune difficoltà, soprattutto perché la Libia si rifiuta di riammettere cittadini di paesi terzi. Ho preso nota delle raccomandazioni espresse da quest’Assemblea per quanto attiene a questo specifico abito di negoziazione e ne discuterò certamente con gli Stati membri.

Sempre in tema di immigrazione, posso rassicurare il Parlamento che ci siamo impegnati a garantire che la Libia rispetti i propri obblighi internazionali in relazione al principio di non respingimento. Questo punto riveste particolare importanza per l’Unione europea. Riteniamo altresì importante che la Libia aderisca quanto prima alla convenzione di Ginevra del 1951 e al protocollo del 1967 sullo status dei rifugiati. Va comunque notato che la Libia ha indicato di non intendere aderire a tale convenzione.

Desidero sottolineare che stiamo seguendo da vicino le negoziazioni tra la Libia e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati nella speranza che si trovi una soluzione soddisfacente per garantire che l’Alto Commissariato possa svolgere appieno il proprio mandato, in un ambiente giuridicamente sicuro.

Più in generale, ad ottobre abbiamo raggiunto un accordo volto a sviluppare una cooperazione con la Libia su tutte le questioni relative all’immigrazione, comprese la protezione internazionale, il miglioramento delle condizioni degli immigrati nel paese e la gestione della migrazione e del controllo delle frontiere. Si tratta di uno sviluppo importante perché dobbiamo operare assieme alla Libia per far fronte a tutte le sfide che essa deve affrontare in materia di immigrazione.

Per concludere, vorrei affrontare il tema relativo alle direttive di negoziato, cui il Parlamento ha ripetutamente chiesto accesso. Sono perfettamente consapevole degli obblighi derivanti dall’articolo 218 del trattato di Lisbona. Come sapete, le direttive di negoziato sono un documento classificato del Consiglio che per questo ha dovuto analizzare la richiesta in modo orizzontale. Sono lieto di annunciarvi che la discussione si è conclusa e che, come forse sapete, il Consiglio ha accordato l’accesso alle direttive di negoziato per l’accordo quadro UE-Libia nel rispetto delle procedure concordate e delle norme di sicurezza del Consiglio. Quest’ultimo ha informato di tale decisione la presidenza della commissione per gli affari esteri.

 
  
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  Ioannis Kasoulides, a nome del gruppo PPE.(EN) Signor Presidente, il Consiglio di giugno 2009 ha raccomandato di dare priorità alla conclusione degli accordi di riammissione con Libia e Turchia, che sono considerate le principali vie d’accesso per l’immigrazione clandestina in Europa.

La via libica interessa principalmente Malta e Italia. Un’immigrazione clandestina massiccia a Malta rischia di alterarne la composizione demografica. Sebbene tutti riconoscano responsabilità condivise, poco viene fatto in concreto per porre rimedio a simili sviluppi. Il numero di sbarchi a Malta si è ridotto soltanto quando l’Italia, parimenti colpita dal fenomeno, ha raggiunto un accordo bilaterale con la Libia, che si è assunta la responsabilità di pattugliare le proprie coste e i propri porti.

Necessitiamo di un accordo di riammissione UE-Libia all’interno di un accordo quadro. I negoziati sono difficili, ma noi sosteniamo gli sforzi della Commissione e la incoraggiamo a perseguirli fino al raggiungimento dell’obiettivo.

Paludiamo all’accordo relativo alla cooperazione in materia di migrazione concluso lo scorso ottobre tra la Commissione e la Libia. È fondamentale preparare la Libia a questioni come il sistema di protezione dei richiedenti asilo, la gestione delle frontiere interne, l’allineamento della legislazione con la Convenzione africana sulla protezione dei rifugiati e la gestione dei flussi migratori.

Conosciamo la situazione in materia di diritti dell’uomo, lo stato di dipendenza della magistratura, le condizioni di detenzione, tortura e pena capitale della Libia. L’accordo di riammissione rimane pur tuttavia necessario in quanto esclude quanti hanno diritto di asilo, necessitano di protezione politica o rischiano maltrattamenti in questo paese, mentre il principio di non respingimento è valido per tutti.

 
  
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  Pier Antonio Panzeri, a nome del gruppo S&D. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, penso che il lavoro fatto da Ana Gomes rappresenti un serio contributo a ciò che la Commissione dovrà fare nella definizione dell’accordo quadro.

Indubbiamente la Libia gioca un ruolo determinante nella lotta al terrorismo, la pace e la sicurezza in Africa, la lotta all’immigrazione clandestina nel Mediterraneo e nel settore energetico, per questo il nostro obiettivo nell’ambito della strategia dell’Unione europea deve essere quello di consolidare l’integrazione della Libia in un sistema politico ed economico internazionale fondato su regole comuni.

Per realizzare questo è necessario che siano poste una serie di condizioni alla Libia, ed è ciò che invita a fare la raccomandazione. Innanzitutto, sul tema dell’immigrazione: la Libia è oggettivamente un paese di transito. Il tema è di grande rilevanza, ma non può essere visto semplicemente sotto il profilo della sicurezza, blocco dell’immigrazione e respingimenti.

Questo tema chiama in causa l’esigenza di un governo regolato dai flussi di politiche economiche e sociali all’altezza della sfida migratoria, il tema del riconoscimento dei rifugiati politici e per la Libia della ratifica della Convenzione di Ginevra e, infine, anche il problema della riammissione degli immigrati sulla base di concrete garanzie di sicurezza per le condizioni di vita degli immigrati stessi.

Vi è poi la questione dell’avvio di riforme economiche e democratiche che permettano a questo importante paese un decisivo allargamento degli spazi di democrazia, tema di cui dovremo tenere conto sempre di più, come sta insegnando la vicina Tunisia.

Infine, questa raccomandazione sollecita una riflessione sulla questione degli accordi bilaterali. Certo, questi accordi possono dare un valido contributo alla definizione e alla soluzione dei problemi, tuttavia non sono risolutivi. Ad esempio, il problema che abbiamo con i pescherecci italiani dimostra che il problema degli accordi bilaterali lascia intatti ancora questi problemi, ma ormai si pone anche nell’ambito della revisione delle politiche di partenariato e vicinato l’esigenza di ricollocare la riflessione sulla Libia in un quadro nuovo e significa associare il Parlamento.

Abbiamo chiesto a più voce la conoscenza del mandato del Consiglio rispetto all’accordo quadro. Bisogna, da questo punto di vista, Commissario, cambiare davvero passo e associare il Parlamento europeo sempre di più alla definizione di nuove politiche verso il Sud dell’Europa.

 
  
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  Kristiina Ojuland, a nome del gruppo ALDE.(EN) Signor Presidente, vorrei anzitutto ringraziare la relatrice per l’eccezionale lavoro svolto nel tentativo di consolidare le posizioni di tutti gruppi del Parlamento europeo.

Per quanto concerne la relazione in esame, vorrei sottolineare l’importanza di affrontare la questione relativa agli immigrati che, dalla Libia, cercano di attraversare il Mediterraneo. Posso comprendere appieno le preoccupazioni degli Stati membri meridionali circa i flussi di immigrati clandestini e la pressione che essi esercitano sui propri bilanci, nonché sulla società in generale.

Pur tenendo a mente gli interessi degli Stati membri, non possiamo comunque accantonare i valori europei. L’Unione europea non può permettersi di sporcarsi le mani con il sangue di richiedenti asilo o di rifugiati. Nessun accordo dell’Unione o dei suoi Stati membri con la Libia deve portare a un trattamento disumano, alla tortura o all’esecuzione. È stato pertanto incoraggiante sentire che il Commissario ravvisa dei progressi nei rapporti e nei negoziati con questo paese.

 
  
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  Franziska Katharina Brantner, a nome del gruppo Verts/ALE.(EN) Signor Presidente, abbiamo assistito, in Tunisia, a una rivolta popolare contro un regime abusivo e opprimente che per anni ha negato ai propri cittadini i diritti umani fondamentali. È vergognoso che l’Unione europea abbia sostenuto tale dittatura per molti anni. A rendere ancor peggiore la situazione è la constatazione che l’Unione rischia di compiere i medesimi errori nel paese vicino, ovvero in Libia.

Se la Commissione e il Consiglio non cambiano rotta, si continuerà a portare avanti un’altra dittatura in questa regione in nome della stabilità, del controllo delle frontiere e della migrazione. Per anni, il regime di Gheddafi, uno dei migliori amici di Ben Ali, come abbiamo visto ancora una volta di recente, ha sistematicamente violato i diritti umani dei propri cittadini e, soprattutto, dei lavoratori immigrati. Nondimeno, l’Unione europea e diversi Stati membri intrattengono relazioni sempre più strette con la Libia e ora l’Unione sta persino negoziando questo accordo quadro.

Esorto il Consiglio e la Commissione a notare le scritte sui muri e a garantire che le seguenti condizioni siano pienamente rispettate prima di concludere qualunque accordo con la Libia.

Anzitutto, questo paese deve ratificare e attuare la convenzione dell’ONU relativa ai rifugiati e garantire all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati pieno accesso al paese. In secondo luogo, la Libia deve garantire adeguata protezione e adeguati diritti ai migranti e adottare leggi sull’asilo, tra cui il principio di non respingimento. Infine, non è possibile concludere alcun accordo di riammissione con la Libia fino a quando non termineranno i trattamenti disumani e degradanti riservati ai migranti in questo paese.

A tale proposito, poiché non ritengo che questo momento arriverà tanto presto, desidero davvero che la Commissione non porti a termine le negoziazioni sull’accordo di riammissione.

Il Parlamento deve essere informato in dettaglio durante tutte le fasi del processo di negoziazione.

I verdi si oppongono strenuamente a qualunque sporco accordo stipulato con un dittatore come Gheddafi a spese dei migranti e dei cittadini della Libia. Il continuo sostegno dell’Unione europea a questo regime oppressivo non rispetta i valori e gli impegni di legge comunitari, né rispecchia i suoi interessi a lungo termine in questa regione. Come abbiamo visto chiaramente in Tunisia, solo un paese libero e democratico sarà davvero stabile e prospero.

Assicuriamoci che l’Unione europea non commetta lo stesso errore due volte.

 
  
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  Charles Tannock, a nome del gruppo ECR.(EN) Signor Presidente, la Libia è un paese dove i diritti umani vengono costantemente violati e la democrazia è inesistente. Il colonnello Gheddafi non si è mai sottoposto a un’elezione da quando è salito al potere, 41 anni fa; di fatto, i partiti politici sono vietati.

Gheddafi è il Fidel Castro dell’Africa: cerca di dipingersi come un padre amorevole per il proprio popolo, asserendo persino di non rivestire un ruolo formale nella gerarchia dello Stato. Nel mio paese, il Regno Unito, abbiamo di lui un quadro diverso, quello di un antico sostenitore del terrorismo e, in particolar modo, del bombardamento di Lockerbie del 1988.

Per ripulire la propria immagine internazionale, il colonnello ha rimborsato le famiglie delle vittime – e questo suppongo vada a suo credito – ma in verità, non fosse per le prodigiose riserve petrolifere e di gas della Libia, l’Occidente lo avrebbe completamente emarginato. Questo elemento fornisce a Gheddafi una leva contro l’Unione europea e, in particolare, egli ha cercato di creare una frattura in seno al Consiglio, corteggiando i vertici di alcuni Stati membri.

All’atto pratico, convengo circa la necessità di relazioni commerciali e diplomatiche distese tra Unione europea e Libia nell’ambito di un accordo quadro. Temo, tuttavia, che stiamo semplicemente consolidando il potere di questo dittatore che, al momento debito, passerà inevitabilmente nelle mani di uno dei suoi figli in una successione dinastica simile a quella della Corea del Nord.

 
  
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  Takis Hadjigeorgiou, a nome del gruppo GUE/NGL.(EL) Signor Presidente, vorrei iniziare col ringraziare la relatrice per il lavoro svolto e il Commissario Füle per essere qui presente, oggi. Riteniamo che in quella che è, da ogni punto di vista, una regione sensibile come il Mediterraneo, sia necessario adoperarsi costantemente ai fini di una maggiore comprensione e di una cooperazione volta a raggiungere una pace duratura e sviluppata su un piano paritario, che tenga conto delle asimmetrie e delle divergenze dei vari settori di sviluppo tra i paesi di questa regione, nonché tra l’Unione europea e i paesi mediterranei a essa vicini. Questo obiettivo può essere raggiunto attraverso il dialogo, sulla base del rispetto reciproco e questo dobbiamo aprirci a una reciproca influenza. In tale contesto, siamo favorevoli a un rafforzamento dei rapporti tra Unione europea e Libia.

Nondimeno, vi sono questioni delicate che richiedono particolare attenzione nello sviluppo di simili rapporti. Mi esprimerò essenzialmente in tema di rifugiati e immigrati e dell’accordo di riammissione. L’obiettivo è raggiungere un accordo di riammissione con la Libia, nell’ambito dell’accordo quadro oggetto dei dialoghi con l’Unione europea. Se si dovesse firmare un accordo di questo tipo senza che, al contempo, riforme volte a migliorare le condizioni economiche e sociali degli immigrati, si otterrebbe solamente un aumento delle violazioni dei diritti umani, il che significherebbe battersi per il ritorno forzato dei migranti a condizioni che non garantiscono loro nessuna sicurezza, né standard di vita minimi accettabili.

Dobbiamo chiedere alle autorità libiche l’opportuno riconoscimento della presenza dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati. Dobbiamo anche affrontare il delicato tema della pena capitale: la cosa giusta da fare sarebbe cercare un accordo che ne sospenda l’applicazione in seno al paese, con l’obiettivo ultimo di abolirla del tutto.

 
  
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  Fiorello Provera, a nome del gruppo EFD. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono favorevole a una conclusione dell’accordo quadro tra Unione europea e Libia perché rappresenta un progresso rispetto al passato su punti importanti come l’immigrazione, la cooperazione economica e sanitaria, in particolare nella lotta all’AIDS, e in parte sul programma energetico.

Un altro tema importante è il controllo esercitato dalla Libia sulle attività terroristiche, non solo all’interno del proprio territorio, ma anche sulle frontiere meridionali del paese. Passi avanti sono stati fatti con un accordo tra il Consiglio e il governo libico anche su principi generali come lo statuto di Roma e la convenzione sui rifugiati. Molto rimane da fare, questo è evidente, ma è importante che il Parlamento sostenga l’accordo già negoziato senza rimetterlo in discussione, con il rischio di perdere i risultati che sono stati ottenuti.

Mi auguro che la collaborazione tra Unione europea e Libia ottenga gli stessi risultati conseguiti con il trattato di amicizia tra Libia e Italia che, tra l’altro, ha chiuso l’annoso contenzioso sul passato coloniale. Si ha a che fare con i governi e con i paesi per trattare delle questioni concrete, non si possono scegliere i propri interlocutori.

 
  
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  Barry Madlener (NI).(NL) Signor Presidente, la Commissione europea ha fornito un nuovo prodotto di esportazione alla Libia, uno Stato reietto, e al suo dittatore, Gheddafi. La produzione di petrolio non è il solo modo in cui la Libia si assicura delle entrate, in questo momento: si arricchisce anche ricattando l’Europa. Il dittatore Gheddafi intascherà 60 milioni di euro dei contribuenti europei per impedire a cercatori di fortuna provenienti dall’Africa di raggiungere l’Europa. Questi 60 milioni di euro rappresentano solo l’inizio, perché ora Gheddafi chiede un aumento di 5 miliardi di euro l’anno e rafforza la propria richiesta con le minacce. Forse la Commissione europea si è fatta distrarre dalla bella faccia di Gheddafi, ma io personalmente non mi fido affatto di quell’uomo.

Ho con me alcuni articoli di giornale degli ultimi anni: Gheddafi chiede miliardi all’Unione europea / La Libia esercita pressioni su Londra ed Edimburgo / Gheddafi chiede più soldi o lascerà che l’Europa diventi nera / Gheddafi: “L’Islam deve diventare la religione dell’Europa” / Gheddafi rifiuta la democrazia a favore di una stretta osservanza della sharia / Gheddafi utilizza i 30 milioni di africani che vogliono venire in Europa come moneta di scambio / Gheddafi vuole scatenare una jihad contro la Svizzera.

Onorevoli membri del Parlamento europeo, non dovremmo premiare quel furfante di Gheddafi; dovremmo anzi punirlo, se la Libia continua a permettere a così tanti migranti di accedere liberamente all’Europa. E non dovremmo premiare neppure i migranti, accordando loro lo status di rifugiati o concedendo loro un permesso di soggiorno permanente; dovrebbero essere rispediti immediatamente in Africa. Premiare i migranti con lo status di rifugiati e i relativi benefici e programmi formativi europei ci travolgerebbe con un flusso ancor maggiore di richiedenti asilo, molti dei quali annegherebbero nel tentativo di mettere piede su suolo europeo. La causa reale dell’ampio flusso di richiedenti asilo è la debole e generosa politica europea in materia.

 
  
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  Alf Svensson (PPE).(SV) Signor Presidente, la Libia è piuttosto brava a ratificare accordi internazionali, ma a quanto pare lo è altrettanto ad astenersi dall’attuarli. È una disgrazia che la Libia abbia un seggio e un voto in seno al Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti dell’uomo, e lo stesso vale per l’Arabia saudita. Con pesanti pressioni da parte del proprio partner commerciale più importante, (l’Unione europea), la Libia dovrebbe davvero essere obbligata a prestare attenzione a cosa significhi e a cosa comporti il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali.

Come tutti sappiamo, i rapporti dell’Unione europea con la Libia riguardano diversi aspetti del modo in cui i rifugiati dovrebbero essere trattati. Finché il Consiglio e la Commissione non riusciranno a persuadere la Libia a concedere all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati di essere legittimamente presente nel paese, non sarà possibile nutrire la minima fiducia sul trattamento riservato ai rifugiati in questo paese.

Il capo di Stato libico è un maestro di capricci e inaffidabilità. L’Unione europea si appresta ora a concludere un accordo quadro con quest’uomo e io non posso fare a meno di chiedermi cosa significhi il termine “quadro” per un regime come quello del colonnello Gheddafi, che mostra la totale mancanza di rispetto per i diritti umani. Sappiamo che la Libia attua una discriminazione diffusa nei confronti dei lavoratori immigrati in base alla loro nazionalità e che la persecuzione razzista dei lavoratori africani è una realtà.

La dignità umana vale più del denaro, pertanto il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali deve essere, di fatto, talmente importante da impedirci di consegnare persone a uno Stato in cui si pratica la tortura ed altre forme di trattamento disumano. Questo è quanto impone il diritto dell’Unione europea.

 
  
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  Corina Creţu (S&D).(RO) Signor Presidente, la Libia è il terzo maggior fornitore di petrolio e gas dell’Unione europea, mentre l’UE è il principale partner commerciale libico, garantendo più dei due terzi degli scambi commerciali complessivi del paese. Dobbiamo tener conto dei progressi compiuti dalle autorità di Tripoli, che sono riuscite a portare il paese da una situazione di isolamento ed embarghi a una di apertura e di dinamismo economico e diplomatico.

L’Unione europea, tuttavia, non è una comunità basata esclusivamente su interessi economici, bensì su un insieme di valori che non possiamo abbandonare per mero pragmatismo. Bisogna ammettere che la Libia non sostiene più il terrorismo, ha abbandonato il proprio programma nucleare, ha convenuto di risarcire le famiglie delle vittime di attacchi terroristici, ha rilasciato le infermiere bulgare condannate alla pena capitale per aver diffuso l’HIV e ha concluso accordi con alcuni Stati europei. Credo che simili progressi vadano incoraggiati, ma il partenariato tra Unione europea e Libia necessita di solide basi morali.

A tale proposito, la relazione dell’onorevole Gomes, con cui desidero congratularmi per il lavoro svolto, sottolinea le gravi carenze in materia di rispetto dei diritti umani, questione che siamo tenuti ad affrontare. Lo scorso anno abbiamo adottato una risoluzione per richiedere alla Libia di abolire la pena capitale. Ritengo sia appropriato, da parte nostra, reiterare questa richiesta, affiancata dalla richiesta di rispettare le norme internazionali in materia di equità giuridica, soprattutto alla luce del fatto che gli stranieri sono vittime di abusi.

Bisogna prestare particolare attenzione al problema dei migranti e dei rifugiati, sia quelli estradati dalla Libia verso i propri paesi d’origine, dove esistono gravi minacce ala loro stessa vita, sia quelli rinviati dall’Italia verso la Libia, dove rischiano di incontrare dure rappresaglie. D’altro canto, è necessario esercitare pressioni affinché la Libia adotti una legislazione in materia di asilo e concluda accordi che aprano il paese all’ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, che ha registrato in Libia un record di quasi 13 000 persone, tra rifugiati e richiedenti asilo.

Per quanto concerne l’accordo di riammissione quale elemento dell’accordo quadro fra Unione europea e Libia, invito il Consiglio a rinunciare a tale piano, in quanto comporterebbe il rimpatrio verso un paese che viola sistematicamente i diritti dell’uomo. La politica del governo berlusconiano non può essere accettata come un esempio da seguire. L’eccezione italiana non deve diventare la regola europea.

 
  
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  Sonia Alfano (ALDE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, è alquanto poco credibile per le istituzioni europee continuare a voler stipulare un accordo quadro con un paese dittatoriale come la Libia.

Non possiamo continuare a dire che la Libia ha relazioni commerciali importantissime con Stati membri dell’Unione europea e svolge il ruolo di partner dell’Unione europea nel bacino del Mediterraneo e porre l’aspetto relativo al rispetto dei diritti umani come un elemento secondario.

La prima condizione per poter instaurare un dialogo credibile con la Libia è che venga ratificata la Convenzione di Ginevra da parte di questo paese: non possiamo barattare interessi economici con le vite umane, non solo dei cittadini libici, ma anche dei cittadini che fuggono da altri paesi per sfuggire a guerre civili e persecuzioni religiose e, transitando in Libia, trovano invece morte e torture atroci.

Noi abbiamo il dovere di non dimenticare le migliaia di richieste di aiuto che sono giunte dai cittadini detenuti nelle carceri libiche. Non possiamo dimenticare l’orrore che il carcere di Ganfuda ha offerto ai nostri occhi.

I cittadini libici non godono di molti diritti politici e civili, come la libertà di espressione, di riunione e associazione. L’emendamento orale del PPE, che vorrebbe sostituire nel considerando B il termine “trattato” con “accordi Italia-Libia relativi al pattugliamento congiunto delle coste” è assolutamente insostenibile, e la delegazione italiana dell’Italia dei Valori voterà contro.

L’accordo Italia-Libia è ben più complesso, è un trattato con precise condizioni che riguardano temi più complessi del pattugliamento congiunto delle coste. Bisogna che il Parlamento europeo, per continuare ad essere credibile, chiami le cose con il loro nome, anche se ciò può essere imbarazzante.

Un discorso a parte va fatto per l’UNHCR, impossibilitato a svolgere il proprio ruolo nei territori libici e accusato dal regime libico di abusi e reati incredibili. Sono queste le basi su cui vengono condotti gli accordi? Noi non possiamo trattare né con i terroristi, né con i dittatori, noi siamo il Parlamento europeo e non il consiglio di amministrazione di un colosso economico.

 
  
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  Hélène Flautre (Verts/ALE).(FR) Signor Presidente, vorrei ringraziare l’onorevole Gomes, perché ci ha permesso di discutere di un mandato di negoziazione e di un relativo contenuto che possiamo definire scabrosi. L’esempio tunisino deve invitarci a una maggiore prudenza, soprattutto per quanto attiene al modo in cui riportiamo gli sviluppi dei negoziati.

Non possiamo solamente registrare i successi nel corso dei negoziati e festeggiare quando un regime come quello di Gheddafi accetta, ad esempio, qualche riferimento ai diritti dell’uomo, perché si tratta di un regime noto per violare tutte le libertà fondamentali. D’altronde, gli immigrati che arrivano sulle nostre coste, sebbene siano sempre meno, dichiarano tutti, ciascuno a modo proprio, che preferiscono morire annegati piuttosto che tornare in Libia a causa delle violenze sessuali alle donne, delle torture, dei maltrattamenti, del rimpatrio forzato, delle espulsioni di massa e degli atti razzisti. Tutto questo è già stato detto e lo ripeto: la lista delle minacce gravi e rilevanti ai diritti delle persone immigrate in Libia è lunga.

Mi sembra assolutamente prioritario fare quanto in nostro potere per migliorare la situazione di queste persone, non vi sono dubbi. Questo compito spetta all’Alto Commissariato per i rifugiati, mentre noi dobbiamo di risistemare le persone identificate dall’Alto Commissariato. è anche un compito per le organizzazioni della società civile che, al momento, sono particolarmente fragili e che noi dovremmo rafforzare con tutti i mezzi a nostra disposizione.

Ritengo che, se davvero vogliamo rispettare gli obiettivi che i trattati hanno posto alla nostra politica estera, debba passare ancora parecchia acqua sotto i ponti prima che l’Unione rimandi in Libia immigrati che risiedono illegalmente sul proprio territorio.

 
  
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  David Campbell Bannerman (EFD).(EN) Signor Presidente, nel 2007 il Presidente Sarkozy ha negato qualunque connessione tra il rilascio di cinque infermiere bulgare da parte libica e l’ordine di 240 milioni di euro in missili francesi effettuato dalla Libia.

Queste armi sono state vendute a un paese ritenuto responsabile del bombardamento di Lockerbie e della fornitura di armi per attacchi terroristici. Persino uno dei figli di Gheddafi ha suggerito che vi fosse un legame tra i due accordi: si trattava di armi in cambio di prigionieri.

Nel 2004, l’Unione europea ha rimosso l’embargo sulle armi contro la Libia in cambio del controllo dei flussi migratori. In quel caso si è trattato di armi in cambio di confini.

Adesso il London Times riferisce che l’Alto rappresentante Ashton improvvisamente vuol far cadere l’embargo sulle armi contro la Cina (imposto a seguito del massacro di piazza Tienanmen)sostenendo che rappresenta un grosso impedimento allo sviluppo di una maggiore cooperazione tra Unione europea e Cina.

Personalmente, ritengo si tratti di un grosso impedimento alla salvezza dell’euro: non è forse così? Proprio come nel caso dell’accordo libico, sembra che il tentativo dell’Unione europea di salvare l’euro sia tanto disperato da rischiare la sicurezza collettiva, perché i cinesi sono i soli ad avere denaro a sufficienza per correre in soccorso alla nostra moneta. E in questo caso si tratta di armi in cambio di obbligazioni. Le riserve cinesi di valuta estera ammontano a 2 900 miliardi di dollari statunitensi. Il paese ha già acquistato obbligazioni elleniche, spagnole e portoghesi. Ricordiamo, tuttavia, che la Cina è anche il paese che vieta la parola “democrazia” dai propri motori di ricerca e che effettua migliaia di esecuzioni ogni anno.

Chiedo quindi, in tutta sincerità, quanto in basso scenderà l’Unione europea per salvare l’euro?

 
  
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  Andreas Mölzer (NI).(DE) Signor Presidente, l’eco del rovesciamento del governo tunisino si è esteso anche ai paesi limitrofi dell’area magrebina, per lo più retti da dittature, e anche in Libia. Un cambiamento radicale di questo tipo, naturalmente, rappresenta una possibilità per giungere alla democrazia, ma solo quando riesce a non essere sfruttata da agitatori islamici.

Questi disordini avranno sicuramente un impatto sul flusso di rifugiati ed è quindi importante per noi cooperare più strettamente con i paesi africani sul problema dei rifugiati. La richiesta del colonnello Gheddafi all’Unione europea di versare all’Africa almeno 5 miliardi di euro l’anno per contrastare l’immigrazione clandestina è sicuramente una mossa nella direzione sbagliata: i paesi dell’Unione stanno già pagando miliardi di euro in aiuti allo sviluppo. A mio avviso, il sistema di aiuti necessita urgentemente di una revisione per garantire che non ne beneficino più dittature e regimi corrotti, bensì quanti ne hanno davvero bisogno.

Anche il problema dei cristiani nei paesi islamici deve ottenere una certa priorità nelle relazioni dell’Unione europea con gli altri paesi.

 
  
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  Wolfgang Kreissl-Dörfler (S&D).(DE) Signor Presidente, Commissario Füle, siamo responsabili per tutti gli uomini, le donne e i bambini che cercano rifugio da noi perché le loro vite sono a rischio. Questa responsabilità ci deriva, da un lato, dai valori morali che l’Europa incarna in questo momento e dalla storia personale di molti europei (che in questo contesto viene spesso dimenticata) e, dall’altro, dalle garanzie giuridiche fornite in trattati e convenzioni internazionali.

Se ci assumiamo delle responsabilità, dobbiamo essere anche pronti a farcene il carico. Questo significa dividere equamente l’onere tra gli Stati membri e non far gravare l’intera responsabilità sulle spalle dei pochi paesi i cui confini coincidono con le frontiere esterne dell’Unione europea o ancora – fattore reprensibile ed imperdonabile – pagare regimi come quelli del colonnello Gheddafi perché ci sgravino da tale incombenza.

Non facciamoci idee sbagliate: se possiamo impedire a chiunque di intraprendere un viaggio pericoloso che può mettere a rischio la loro vita, è un fattore positivo. Nondimeno, il colonnello Gheddafi e il suo regime non si preoccupano di salvare vite o di proteggere persone, a loro interessa solo la cruda realtà finanziaria. L’Unione europea deve essere consapevole che si sta rendendo complice di un regime che manca chiaramente di rispetto per i diritti dell’uomo.

Ho visitato i campi in Libia e ho visto quanto vi accade. Abbiamo avuto la possibilità di parlare con i responsabili e a loro non interessano i diritti umani o l’offrire rifugio alle persone. Si sono anzi lamentati che non abbiamo fornito loro nessuna motovedetta per difendere i propri confini in modo più efficace. Abbiamo fatto bene a non fornire imbarcazioni al colonnello Gheddafi, perché diverrebbero armi a doppio taglio e ne dobbiamo tenere conto. Non dobbiamo tradire i nostri valori solo per rincorrere benefici economici o un accordo di riammissione. Sono del parere che tutti, e non solo alcuni, i membri di quest’Aula dovrebbero leggere il mandato di negoziazione. La diplomazia segreta non ci porterà a maggiori risultati, di certo non sulla base delle esperienze che l’Unione europea ha maturato con il regime – non possiamo chiamarlo altrimenti – del colonnello Gheddafi. Non dobbiamo dimenticare nemmeno questo aspetto e vi invito ad assicurarvi che sia così. L’onorevole Gomes ha elencato tutte le condizioni che devono essere rispettate se davvero vogliamo raggiungere un accordo.

 
  
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  Simon Busuttil (PPE).(MT) Signor Presidente, quanti sono contrari all’accordo con la Libia dovrebbero apprezzare il fatto che si tratti di un paese vicino. Non si possono ignorare i vicini: bisogna trovare un modo di conviverci, sebbene questo non significhi necessariamente concordare con i loro comportamenti.

È facile per quei colleghi che non provengono da un paese confinante con la Libia criticare questo accordo, ma è invece difficile per i paesi del Mediterraneo che si trovano in prossimità della Libia trovare un modo di collaborare con questo Stato.

È vero che l’accordo dovrebbe includere anche un capitolo sull’immigrazione, nonché un accordo di riammissione e non vi è dubbio che questo debba avvenire nel rispetto del diritto alla protezione internazionale per quanti chiedono asilo.

 
  
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  Francisco José Millán Mon (PPE).(ES) Signor Presidente, questa discussione sulla Libia si svolge proprio quando si stanno verificando cambiamenti molto importanti in un altro paese vicino nell’area del Mediterraneo: la Tunisia.

Ho sempre ritenuto che l’Unione europea debba contribuire a favorire profonde riforme nell’area mediterranea, allo scopo di raggiungere in questa regione una zona di libertà e prosperità. Mi riferisco in particolare ai miei interventi in Parlamento in questi anni, quando ho ripetuto più volte che la politica dell’Unione non può limitarsi al semplice mantenimento di uno status quo.

Oggi però non discutiamo di questo argomento, ma dell’accordo quadro con la Libia. Desidero sottolineare la necessità di collaborare con la Libia nella gestione dei flussi migratori, prevedendo anche un accordo di riammissione dei clandestini che includa i cittadini di paesi terzi, come tutti gli accordi di riammissione conclusi dall’Unione.

Cedere alle posizioni libiche contrarie a questo accordo sarebbe un errore, vista l’importante posizione della Libia come paese di transito. Sarebbe inoltre un messaggio molto negativo per i negoziati con il Marocco e l’Algeria in materia di accordi di riammissione, ormai in una fase di stallo da diversi anni.

Dobbiamo insistere affinché le autorità libiche rispettino i diritti dei rifugiati, incluso – come già detto – il principio di non respingimento.

 
  
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  Salvatore Iacolino (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Maghreb sta vivendo una fase molto delicata. Gli scontri sanguinosi degli ultimi giorni in Tunisia ne sono la prova conclamata.

Sarebbe veramente grave in questo momento storico che non ci si rendesse conto dell’esigenza, invece forte e decisa, di rafforzare le relazioni con la Libia, che è nel pieno del Mediterraneo e che ha un ruolo fondamentale nel contenimento e nella regolazione dei flussi migratori. Con tutte le sue contraddizioni – io sono stato in Libia con la collega Gomes, non v’è dubbio che un accordo quadro potrebbe certamente dare un contributo per la lotta al terrorismo, per le libertà fondamentali, sul tema dell’energia. Non guardare alla Libia, non guardare al Maghreb sarebbe veramente un gravissimo errore.

Un modello di riferimento è il trattato di amicizia italiano che può essere implementato per garantire realmente concretezza a questo accordo quadro.

 
  
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  Štefan Füle, membro della Commissione.(EN) Signor Presidente, ringrazio gli onorevoli parlamentari per le loro considerazioni. Invierò alla relatrice, onorevole Gomes, ulteriori dettagli in merito ai piani indicativi nazionali per il triennio 2011-2013, che illustrano la fornitura dei 60 milioni di euro per i nostri programmi in Libia.

Sono pienamente consapevole che alcune questioni siano problematiche per quanto concerne la Libia, ma l’Unione europea ha scelto comunque di stringere rapporti con questo paese per far fronte in modo aperto e costruttivo alle diverse questioni, incluse alcune particolarmente delicate come i diritti umani, il rispetto delle libertà fondamentali e i diritti dei migranti.

Lo scorso anno, assieme al Commissario Malmström, ho visitato il centro di detenzione del deserto libico e non mi faccio illusioni circa le sfide che dinanzi dovremo affrontare. Ho anche avuto modo di comprendere le possibili alternative al nostro impegno in materia di immigrazione.

Permettetemi un ulteriore commento, squisitamente personale: con questi negoziati non stiamo premiando nessuno, ma stiamo semplicemente curando i nostri interessi nel rispetto dei valori in cui crediamo. La Libia ha dimostrato una forte volontà di stringere rapporti più stretti con l’Unione europea. Riteniamo che questo sia positivo e che l’Unione europea debba continuare a perseguire la propria politica di impegno. Mi assumo naturalmente la responsabilità di garantire che questo avvenga all’insegna della massima trasparenza e tenendo pienamente conto dell’opinione del Parlamento europeo.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. TŐKÉS
Vicepresidente

 
  
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  Ana Gomes, relatore.(EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare tutti i colleghi che hanno preso parte a questa discussione.

Ritengo che siano emerse le difficoltà che ci si troveremo di fronte. Dalla mia visita in Libia, quale membro della delegazione presieduta dall’onorevole Panzeri, a novembre 2010, sono giunta alla conclusione che dobbiamo perseguire la nostra linea di impegno. Riconosciamo che il nostro interlocutore sia piuttosto difficile, ma sarebbe irresponsabile non seguire la linea adottata perché esistono obblighi umanitari verso le persone che soffrono in Libia, in particolare gli immigrati che attraversano il paese e ne sopportano il clima attuale.

Molte difficoltà sono legate al fatto che questo regime è isolato. Sebbene non nutra illusioni sul raggiungimento di un accordo in tempi brevi o sul rispetto di tutte le condizioni che abbiamo posto, dobbiamo continuare lungo questa strada. È evidente.

A questo scopo è estremamente importante avere una delegazione dell’Unione europea a Tripoli perché credo – come hanno già detto in molti – che gli avvenimenti in Tunisia non potranno che ripercuotersi sulla Libia, indipendentemente dalle differenze esistenti tra i due paesi. In Libia ci troviamo di fronte a una situazione diversa per numerosi aspetti, a causa della totale dipendenza della popolazione dagli introiti derivanti dal petrolio.

Credo comunque che il messaggio sia che, nonostante le nostre divergenze, al momento ci impegniamo a seguire da vicino le negoziazioni della Commissione. Sono grata per le utili riunioni informative che si sono tenute; le seguiremo da vicino e saremo in grado di formulare raccomandazioni in qualunque occasione.

Credo che, grazie al vastissimo consenso raggiunto attraverso la collaborazione dei relatori ombra e di tutti gli altri, stiamo inviando un messaggio molto chiaro al Consiglio, alla Commissione (che ha il compito di condurre le negoziazioni) e ai nostri interlocutori libici su quali punti sono per noi fondamentali per ottenere l’auspicato miglioramento dei rapporti bilaterali, nonché sulla cruciale questione del rispetto dei diritti umani in Libia. Questo messaggio è molto chiaro.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà giovedì, 20 gennaio 2011.

Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)

 
  
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  David Martin (S&D), per iscritto.(EN) Mi compiaccio dell’apertura negoziazioni dei negoziati tra l’Unione europea e la Libia in quanto si tratta di un passo avanti verso lo sviluppo di nuove relazioni per l'UE nella regione del Mediterraneo e in Africa. La cooperazione con questo paese è utile per affrontare questioni comequali sicurezza, stabilità, immigrazione, sanità pubblica, sviluppo, relazioni commerciali, cambiamento climatico, energia e la cultura.

Esorto il Consiglio e la Commissione a raccomandare energicamente alla Libia di ratificare e applicare la convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati del 1951 e il relativo protocollo del 1967, compresa la piena cooperazione con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) al fine di garantire l’adeguata protezione e i diritti dei migranti e di adottare una legislazione in materia di asilo che riconosca di conseguenza lo status e i diritti dei rifugiati, in particolare il divieto di espulsione collettiva e il principio di non respingimento.

Ricordo al Consiglio e alla Commissione il loro obbligo di garantire che la politica esterna dell’UE rispetti pienamente la Carta dei diritti fondamentali, segnatamente l’articolo 19 che vieta le espulsioni collettive e riconosce il principio di non respingimento. Esorto il Consiglio e la Commissione a chiedere alle autorità libiche di firmare un memorandum d’intesa che conceda all’UNHCR di essere legittimamente presente nel paese, con il mandato di svolgere tutte le sue attività in materia di accesso e di protezione.

 
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