Morten Messerschmidt (EFD). – (DA) Signor Presidente, ringrazio per l’opportunità di pronunciarmi sull’accordo concluso oggi dall’Unione europea con la Libia, rispetto al quale, devo dire, manca un elemento fondamentale. È singolare constatare come sia completamente assente dalla relazione l’aspetto probabilmente più importante per i cittadini europei, ossia l’enorme utilizzo da parte di immigrati illegali della Libia come paese di transito per entrare in Europa da tutta l’Africa e l’Asia o, in altre parole, da ampie zone del mondo. È ben noto che l’Unione europea è un paese magico dove le strade abbondano di ricchezze e miele. L’Unione rappresenta una calamita per un incredibile numero di persone in fuga dalla povertà, dalla miseria e dalla prigionia, che caratterizzano i loro paesi. È altresì evidente che il manifesto utilizzo della Libia e degli altri paesi dell’Africa del Nord come Stati di transito costituisce un’enorme sfida per l’Unione europea, tema che avrebbe dovuto rivestire un ruolo maggiore nelle discussioni con le autorità libiche in merito agli obblighi che stiamo imponendo per evitare pressioni ai confini dell’Europa. L’avvio delle trattative è un aspetto positivo, ma il fatto che nella discussione non venga consentito di affrontare le questioni importanti è motivo di frustrazione.
Proposta di risoluzione (RC-B7-0039/2010)
Salvatore Iacolino (PPE). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'antisemitismo, l'anti islamismo, così come l'ostilità e l'avversione nei confronti dei cristiani sono ancora oggi presenti in varia misura in più parti del mondo.
I recenti fatti, alcuni anche sanguinosi, verificatisi in danno ai cristiani che vivono in Pakistan, in Iraq, in Egitto, in Nigeria e a Cipro vanno severamente condannati. La reciproca comprensione di valori in cui crede l'altro e il principio stesso della libertà confessionale non possono soffrire limiti così gravi. Le libertà fondamentali devono dunque essere garantite, quella cristiana come le altre.
Nel contempo, l'Unione europea non può e non deve disperdere, in un momento peraltro di crisi economica come l'attuale, risorse rilevanti per promuovere altre religioni, così come è accaduto per quella islamica, così come la Commissione ha fatto con un incredibile intervento per 4 milioni di euro che probabilmente avrebbero potuto essere utilizzati per altre finalità importanti.
Antonello Antinoro (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che quello che abbiamo approvato oggi sia fondamentale. La libertà religiosa è la madre di tutte le libertà, fa parte dei diritti fondamentali e inalienabili dell'uomo quali sono espressi, tra l'altro, nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.
Tra questi diritti è inclusa la libertà di cambiare anche religione o credo, o la libertà di manifestare isolatamente o in comune, sia in pubblico sia in privato, la propria religione e il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti. Tuttavia, le stragi perpetrate in questi ultimi mesi che hanno mietuto vittime nelle minoranze cristiane sono il culmine di un'offensiva condotta con violenza sistematica e indiscriminata contro la presenza cristiana in vaste aree del mondo.
Purtroppo, come documentano questi eventi, il diritto alla libertà religiosa è oggi rimesso in discussione, generando intolleranza, spesso alimentata e strumentalizzata per motivi politici ed economici. In questo clima, ciò che più colpisce è il silenzio delle istituzioni e la voce sommessa di chi prova a protestare è facilmente messa a tacere.
Morten Messerschmidt (EFD). – (DA) Signor Presidente, condivido le preoccupazioni e le opinioni espresse dai precedenti oratori. Esiste tuttavia un aspetto al quale non è stata conferita sufficiente importanza nella relazione, ossia il paragrafo 7, che condanna l’atteggiamento delle autorità turche nel nord di Cipro; questa regione è occupata in modo illegale, secondo tutte le norme internazionali, dalla Turchia, o meglio dall’esercito turco, ovvero da un paese che sia formalmente sia nella pratica sta negoziando l’adesione all’Unione europea.
Stiamo assistendo a come i cittadini greci ciprioti desiderosi di ritornare alle loro chiese, monasteri ed edifici sacri nel nord di Cipro vengano ostacolati quando rientrano, a come venga loro impedito di entrare nelle proprie chiese e restaurarle, nonché di reclamare le proprietà che spettano loro di diritto.
Nel nord di Cipro stiamo assistendo a una violenta discriminazione e repressione dei cristiani sostenuta direttamente da uno Stato candidato all’Unione europea: la Turchia. Questa situazione è inaccettabile e il Parlamento europeo deve agire conformemente al paragrafo 7, raccomandando la sospensione dei negoziati con la Turchia fino a quando l’ordine non verrà ristabilito nel nord di Cipro.
Marek Józef Gróbarczyk (ECR). – (PL) Signor Presidente, alla luce delle proprie radici, l’Europa ha il particolare obbligo di proteggere i cristiani in tutto il mondo e senza dubbio la presente risoluzione, che ho appoggiato, esprime tale dovere. L’Europa deve tuttavia compiere passi avanti per proteggere in futuro i cristiani su scala mondiale evitando che simili tragedie si ripetano.
Adam Bielan (ECR). – (PL) Signor Presidente, di recente, abbiamo assistito a brutali atti di persecuzione contro le minoranze cristiane in diversi paesi nel mondo, soprattutto negli Stati in cui esiste un’ampia maggioranza musulmana. Non possiamo rimanere inerti di fronte a tali avvenimenti. La questione della libertà religiosa e delle altre libertà civili continua a rappresentare una priorità per il lavoro del Parlamento europeo e per questo sostengo fermamente la dichiarazione del Presidente del Parlamento Buzek volta alla condanna di tali crimini. Rivolgo un appello all’Unione, affinché compia tutti i passi diplomatici possibili per garantire le libertà religiose alle minoranze, in particolare nei paesi in cui i cittadini violano questi diritti. Nella relazione sui diritti umani del 2009 adottata di recente, abbiamo evidenziato la necessità dell’Unione di svolgere un ruolo attivo nell’impegno per migliorare i diritti umani e la democrazia nel mondo, richiedendo la nomina di un rappresentante speciale dell’Unione per i diritti umani. La risoluzione di oggi rappresenta il punto di partenza ideale per garantire il rispetto della prossima fase nella lotta per questi diritti.
Andrzej Grzyb (PPE). – (PL) Signor Presidente, desidero esprimere il mio piacere in merito all’adozione della risoluzione sulla persecuzione dei cristiani per la quale sono stato coautore. Vorrei ringraziare la baronessa Ashton per il modo in cui ha reagito dinanzi alla situazione dei cristiani ad Alessandria. Ricordiamo la visita dei vescovi siriani dall’Iraq e i loro drammatici resoconti sulla situazione dei cristiani nel paese. Desidero altresì menzionare Giovanni Paolo II (tra diversi mesi avremo il piacere di assistere alla sua beatificazione), fermo sostenitore della pace e del dialogo tra cristiani, ebrei, musulmani e credenti di altre religioni. Ricordiamo gli incontri ad Assisi e la visita del Papa alla moschea e alla sinagoga in nome del rispetto e dell’amore verso i propri simili.
La situazione dei cristiani nel mondo richiede l’intervento dell’Unione europea: è il nostro dovere e dobbiamo impiegare tutti i mezzi politici a disposizione, aiutando al contempo chi ha sofferto materialmente a causa della persecuzione.
Tunne Kelam (PPE). – (EN) Signor Presidente, in qualità di coautore ho votato a favore di questa storica risoluzione, ma vi sono due messaggi importanti, per l’Alto rappresentante e la Commissione, che devono essere messi in atto il prima possibile.
La Commissione deve innanzi tutto sviluppare con urgenza una strategia europea sull’esercizio del diritto umano alla libertà religiosa che preveda un elenco di misure contro gli Stati che intenzionalmente non tutelano le minoranze religiose.
In secondo luogo, la Commissione deve predisporre in seno alla Direzione diritti umani del servizio europeo per l’azione esterna un sistema permanente per monitorare le restrizioni governative alla libertà religiosa e riferire annualmente al Parlamento.
Cristiana Muscardini (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, la libertà religiosa è il valore fondante della civiltà. Senza, la democrazia rimane mutilata e la società ingessata in un credo che nega l'uomo e la sua dignità.
È quello che sta accadendo in varie parti del mondo, dove una concezione integralista e fondamentalista scatena una violenza omicida contro i credenti di fede cristiana, veri e propri martiri. L'intolleranza che provoca la violenza è generata da una cultura fondamentalista. Per questo è necessario condannare, sempre e subito, ogni manifestazione che neghi l'identità religiosa o culturale dell'altro. Garantire il rispetto della fede appartiene ai doveri della comunità internazionale e delle sue istituzioni, che non sempre si sono mosse in maniera tempestiva quando si è trattato di stragi di cristiani.
I caldei in Iraq, come i copti in Egitto, rischiano di scomparire da regioni dove sono presenti da secoli. Voglio ringraziare ancora una volta il Presidente Buzek, che ha aderito con convinzione alla proposta di una fiaccolata, una luce per i cristiani in memoria di tutte le vittime dei credenti martirizzati dal fondamentalismo.
La libertà religiosa diventi un vessillo della comunità umana, è l'auspicio che formulo per tutti: fede, speranza e carità, ma anche giustizia e libertà.
Licia Ronzulli (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato anch'io a favore di questa risoluzione perché il tema della protezione delle minoranze religiose nel mondo è oggi più che mai all'ordine del giorno.
È estremamente preoccupante che nel 2011 una persona sia ancora perseguitata per la propria fede. L'articolo 10 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea non ammette interpretazioni di sorta. Stabilisce a chiare lettere la piena libertà di pensiero, di coscienza e di manifestazione del proprio credo religioso. Gli attacchi subiti da alcune comunità religiose nelle scorse settimane sono un segno ulteriore dell'urgente necessità per tutti i governi di adottare, malgrado le difficoltà e le minacce, misure efficaci per la protezione di tutte le minoranze religiose.
L'obiettivo dell'Unione europea deve essere quello di favorire un dialogo interreligioso per una maggiore cooperazione fra i paesi europei, ma soprattutto quelli dove, purtroppo, la difesa della libertà di culto non è ancora garantita. Il diritto alla libertà religiosa deve essere osservato e garantito ovunque, senza eccezioni.
Hannu Takkula (ALDE). – (FI) Signor Presidente, questa è una risoluzione storica ed eccellente. È necessario prestare attenzione alla libertà religiosa in Europa e ricordare le nostre radici, che sono fondate sui valori giudeo-cristiani. I valori fondamentali e i diritti europei si basano proprio su questo patrimonio, su queste radici. Gli avvenimenti accaduti contro i cristiani copti in Egitto hanno richiamato la nostra attenzione, portandoci a riconoscere la situazione. I cristiani hanno bisogno di protezione in diverse parti del mondo, non solo in Egitto: eventi simili si sono verificati anche in Turchia e Assiria.
Noi europei dobbiamo mostrare un interesse particolare verso quelle situazioni nell’Unione europea, dove è necessario intervenire: le persone stanno divenendo vittime della persecuzione a causa della propria religione.
Questo è dovuto ad una paura mal riposta verso l’Islam in quanto abbiamo abbandonato i nostri valori e calpestato quelli cristiani a sue spese. Non dobbiamo agire in questo modo, ma al contrario sono necessari il dialogo e la libertà religiosa. Dobbiamo garantire la salvaguardia del patrimonio culturale europeo e dei valori giudeo-cristiani, difendendoli con coraggio. Questi valori costituiscono un elemento essenziale della nostra identità europea.
Philip Claeys (NI). – (NL) Signor Presidente, ho votato a favore della proposta di risoluzione sulla situazione dei cristiani nel contesto della libertà religiosa e sono lieto che sia stata adottata, sebbene abbia ancora alcune riserve relative all’utilizzo di un linguaggio velato. Ad esempio, non è stato chiarito da nessuna parte in modo inequivocabile che i maggiori problemi affrontati dai cristiani si presentano nei paesi islamici.
Ancora una volta, al considerando N, si evidenzia che l’Europa non è completamente innocente in materia di violazione della libertà religiosa. Questo può senza dubbio essere vero, ma affermarlo significa assimilare isolati e occasionali problemi verificatisi in Europa alla discriminazione strutturale e agli attacchi nei confronti dei cristiani perpetrati nei paesi musulmani. Non si tratta solo di attacchi dinamitardi e altre forme di violenza fisica commessi da estremisti islamici, ma in molti paesi musulmani esiste anche una politica ufficiale ai danni dei cristiani: basti pensare alla presunta mancanza di risorse per restaurare le chiese cristiane in Turchia o le difficoltà riscontrate nella successione del Patriarca ecumenico di Costantinopoli. La condotta delle forze di occupazione turche a Cipro inoltre è un vero scandalo.
Seán Kelly (PPE). – (GA) Signor Presidente, ieri ho partecipato alla discussione: è stata molto importante e interessante. Ho altresì preso parte alla cerimonia di accensione delle candele fuori dal Parlamento e desidero ringraziare il Presidente Buzek per la leadership dimostrata durante la parata.
(EN) La persecuzione dei cristiani negli ultimi tempi ricorda i giorni dell’Impero romano quando questi ultimi erano facile bersaglio di attacchi e uccisioni. Bisogna mettere fine a questa situazione. É importante che l’Unione europea svolga il proprio ruolo in questo contesto, e a mio avviso lo stiamo facendo, per garantire la libertà di espressione e di pratica ai gruppi religiosi non solo all’interno dell’Unione, ma anche nei paesi candidati. Questo è un punto fondamentale in tutto il mondo.
(GA) Sono lieto che oggi questa risoluzione storica sia stata adottata, e soprattutto all’unanimità.
Ryszard Czarnecki (ECR). – (PL) Signor Presidente, questa risoluzione è fondamentale, essendo la prima e giungendo in un momento particolarmente importante. Siamo a conoscenza del massacro compiuto contro i cristiani in Iraq e quanto è stato fatto o non fatto in Egitto negli ultimi tempi. Siamo a conoscenza di casi singoli, non per questo meno importanti, di uccisione di membri del clero cristiano (e non solo del clero) in Turchia, Siria e Pakistan e di quanto si sta verificando in alcuni paesi africani a maggioranza musulmana. Alla luce di questi avvenimenti sono sorpreso dal silenzio del Presidente della Commissione europea Barroso, il quale non ha espresso alcun commento per una settimana. Solo a seguito di pressioni da parte dei Primi ministri degli Stati membri, anche se non dal Primo ministro del mio paese, ha rilasciato una dichiarazione in merito. É senza dubbio positivo che la baronessa Ashton si sia pronunciata sulla questione, ma nonostante ciò il Presidente della Commissione avrebbe dovuto intervenire immediatamente sulla vicenda. Non lo ha fatto e questo è deplorevole.
Proposte di risoluzione: (RC-B7-0044/2010)
Daniel Hannan (ECR). – (EN) Signor Presidente, mi rallegro che il Parlamento sia al corrente del fatto che la Russia Bianca sta scivolando nell’autocrazia. Il regime in Bielorussia rappresenta un sistema di governo che questo continente avrebbe dovuto lasciarsi alle spalle venti anni fa.
Mi auguro però che questa proposta possa spingere alcuni colleghi a un processo di auto-analisi. Mettiamoci dal punto di vista di un ex burocrate sovietico che osserva l'Unione europea. Vi esorto a considerare il fatto che potrebbe individuare alcune cose che lo farebbero sentire a casa propria. Vedrebbe che non siamo governati da un presidente o da un sistema eletti, ma da un politburo di 27 membri denominato Commissione europea; osserverebbe e constaterebbe che questo Parlamento tirapiedi gli fa provare un po’ di nostalgia; vedrebbe la serie di piani quinquennali con cui vengono gestiti i nostri affari; noterebbe anche la flotta di limousine speciali e perfino di particolari negozi riservati ai dipendenti del sistema e ai membri della “nomenklatura”.
Soprattutto, noterebbe quella che Engels definì “falsa coscienza”: quando la gente vota, non comprende i propri reali interessi e spetta a noi imporre loro un sistema migliore. Mi viene in mente quella terrificante scena finale de La fattoria degli animali di Orwell, dove gli animali considerano gli uomini e i maiali e scoprono di non poter dire in cosa siano differenti.
Mitro Repo (S&D). – (FI) Signor Presidente, ho votato anch’io a favore di questa risoluzione che si è resa per lo meno necessaria. Secondo la mia opinione l'Unione europea deve prestare particolare attenzione alle violazioni dei diritti umani che avvengono nei paesi limitrofi. Mi sarebbe piaciuto trovare qualcosa di più per quanto riguarda i problemi dei giovani. Le organizzazioni giovanili in Bielorussia non sono autorizzate ad agire liberamente e devono invece muoversi nella clandestinità.
Da oltre un anno ormai, i giovani in Europa sono soliti organizzare manifestazioni nel corso delle quali imbavagliano importanti statue nelle capitali europee perché non parlano. Questa è una protesta contro la mancanza di libertà di espressione in Bielorussia. Mi auguro che i giovani europei non debbano imbavagliare il Parlamento europeo o ridurci al silenzio e che invece ci sia possibile difendere coraggiosamente i nostri valori e la nostra democrazia.
Kristian Vigenin, a nome del gruppo S&D. – (BG) Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo dell'Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento europeo sostiene la risoluzione presentata. Riteniamo che essa costituisca un segnale importante sia per le autorità bielorusse sia per la società civile, i mezzi di comunicazione e chiunque si batta per lo sviluppo democratico del Paese. Auspichiamo che le misure proposte nella risoluzione vengano prese in seria considerazione e discusse dalla Commissione e dal Consiglio, e che vengano attuate il più rapidamente possibile perché possano produrre dei risultati.
In realtà, la cerimonia di insediamento del Presidente rieletto Lukashenko in programma domani non porrà fine agli interrogativi sollevati sulla sua persona, sulla legittimità delle elezioni e sulla maniera in cui sono stati registrati i risultati del voto. Fino ad oggi, l'Unione europea si è servita con scarsi risultati di politiche e meccanismi diversi per influenzare la Bielorussia e la sua dirigenza. Forse è il momento di prendere in considerazione nuove opzioni o di verificare se non vi sia una nuova situazione nella regione che ci permetta di mettere in atto meccanismi di altro genere.
Nella risoluzione si accenna a un aspetto che consideriamo di estrema importanza e che finora non è stato tentato, ovvero coordinare la nostra politica e le relazioni con la Bielorussia insieme ai paesi limitrofi non membri dell'Unione europea, vale a dire la Russia, nostro partner strategico, e l'Ucraina, che fa parte del partenariato orientale. Penso che attraverso sforzi congiunti e coordinati sia possibile raggiungere, se non altro, almeno un ambiente politicamente più favorevole a elezioni parlamentari eque e democratiche, elezioni che sono previste per il prossimo anno.
Inoltre il Parlamento europeo deve fare il miglior uso possibile delle opzioni esistenti. Oggi abbiamo deciso di inviare una delegazione in Bielorussia e ritengo che permetterle di visitare il paese e fornirle l’assistenza e i contatti necessari rappresenti un esame per la leadership bielorussa. Ci permetterà inoltre di farci un’idea chiara e di constatare le opzioni offerte dalla situazione.
Bogusław Sonik (PPE). – (PL) Signor Presidente, innanzi tutto, desidero esprimere la mia indignazione nei confronti dell'onorevole Hannan per aver paragonato la Bielorussia all'Unione europea. La sua insensata dichiarazione è stata tanto più spiacevole in quanto è stata applaudita da alcuni membri polacchi dei Conservatori e Riformisti europei.
Bisogna isolare il regime di Lukashenko. L'attuale politica secondo la quale il regime aprirà gradualmente alla democrazia si è rivelata un errore di valutazione. Le sanzioni da imporre al regime di Lukashenko devono essere severe, visto che tra l'altro si tratta di un paese che è un immediato vicino dell'Europa. Dovremmo aspettarci che le regole per gli Stati membri dell'Unione europea valgano anche per paesi di questo genere. In particolare, vorrei che la Commissione europea sostenesse i media indipendenti come TV Belsat, Radio Racyja e altri. Sono importanti per diffondere informazioni che raggiungano i cittadini della Bielorussia.
Adam Bielan (ECR). – (PL) Signor Presidente, i fatti avvenuti in Bielorussia in occasione delle elezioni presidenziali hanno turbato ancora una volta l'opinione pubblica europea. Dopo un periodo di relativa calma, il Presidente Lukashenko ha fatto nuovamente uso della forza contro gli attivisti dell'opposizione. Si è nuovamente avvalso degli aspetti più vergognosi della sua dittatura. Gli scontri brutali con i partecipanti a una manifestazione pacifica e l'arresto dei leader e dei candidati dell'opposizione costituiscono una chiara violazione dei diritti umani e provano l'abbandono di misure destinate a migliorare i rapporti con i paesi democratici europei.
Appoggio quindi pienamente la risoluzione del Parlamento che chiede l’immediata liberazione dei prigionieri politici e che si tengano nuove elezioni. Condanno fermamente le pratiche dittatoriali del regime del Presidente Lukashenko. Ritengo che la pressione da parte delle istituzioni europee contribuirà ad alleviare la repressione dei cittadini bielorussi. Condivido inoltre tutte le misure che sostengono lo sviluppo della società civile tramite l’agevolazione dei visti, la concessione di aiuti agli studenti e alle università e che mettono a disposizione finanziamenti per le organizzazioni indipendenti e i media.
Morten Messerschmidt (EFD). – (DA) Signor Presidente, non c'è dubbio che la Bielorussia rappresenti una sorta di spina nel fianco per l'Europa ed è giusto cogliere ogni occasione per criticare quel regime che rappresenta, fortunatamente, l'ultima dittatura comunista. C’è un proverbio in Danimarca: chi è senza peccato scagli la prima pietra e quindi vale forse la pena di dare un'occhiata all'Unione dal punto di vista della Bielorussia. Bene, l’Unione europea è disciplinata da una Commissione composta da funzionari non investiti da alcun mandato popolare ed è solo questa Commissione, composta da persone non sostenute da alcun movimento popolare, senza nessuno a cui riferire e priva di mandato diretto, a poter avanzare delle proposte. Una volta che tali proposte sono state avanzate e adottate, chi è che decide in ultima analisi, con enorme influenza politica, come la legislazione comunitaria deve essere attuata negli Stati membri? A farlo, ancora una volta, sono persone che non sono state elette democraticamente, giudici che siedono a ben confortevole distanza dalla realtà. La stessa cosa si può dire di questo Parlamento, dove la stragrande maggioranza se ne sta bella comoda all'interno dei palazzi di vetro in cui si è insediata, senza nessuno a cui rispondere e senza alcuna coscienza degli enormi problemi, dell’opposizione e del fermento presenti tra i cittadini della Comunità europea. Se osserviamo l'Unione europea dal punto di vista della Bielorussia, possiamo scorgere molte terribili somiglianze con le dittature che stiamo cercando di combattere.
Ryszard Czarnecki (ECR). – (PL) Signor Presidente, ho approvato la risoluzione poiché sono consapevole del fatto che la situazione in Bielorussia è davvero particolare. Ci troviamo davanti al feroce intensificarsi della repressione nei confronti dei difensori dei diritti umani. D’altro canto, una spiegazione di quanto sta accadendo risiede nelle conseguenze di una politica assai sconsiderata messa in atto da alcuni Stati membri dell'Unione Europea: certo non era assolutamente necessario dare credibilità a Lukashenko agli occhi dell'Europa e dell'Unione europea, come ha fatto il Presidente Berlusconi, che ha visitato la Bielorussia, la Presidente della Lituania Grybauskaitė e i ministri degli esteri della Germania e della Polonia. Oggi dobbiamo batterci per le libertà civili in Bielorussia, anche se dobbiamo farlo cercando di evitare di spingere la Bielorussia nelle braccia della Russia, poiché anche questo è molto importante.
Sergej Kozlík (ALDE). – (SK) Signor Presidente, in base all'esperienza di un certo numero di Stati membri risulta che, a sei anni di distanza dal regolamento (CE) n. 1/2003, non vi è stato ancora alcun miglioramento rispetto a una coerente applicazione delle regole di concorrenza.
Al momento di sciogliere le controversie, i giudici nazionali non si avvalgono della possibilità di richiedere alla Commissione europea informazioni o pareri su un determinato caso, non si avvalgono del diritto di rivolgersi né alla Corte di giustizia dell’Unione europea con una questione pregiudiziale, né alla Commissione, facendo uso del diritto di intervenire come amicus curiae. In questo settore la prassi evidenzia notevoli problemi di applicazione giudiziaria, il che comprende anche importanti deviazioni dal vigente ordinamento giuridico delle corti europee. Ho invitato pertanto la Commissione a prestare attenzione alle decisioni dei giudici nazionali e ad adottare le misure necessarie per raggiungere questo obiettivo. Questo richiamo è stato incluso nella relazione sulla politica di concorrenza e ho sostenuto il testo finale della relazione.
Morten Messerschmidt (EFD). – (DA) Signor Presidente, non c'è dubbio che la competitività europea si trovi esposta a una considerevole pressione. Dobbiamo chiederci se gli Stati membri hanno davvero la volontà di fare qualcosa in merito. Una cosa è chiara, però: abbiamo creato una moneta, una moneta comune, che si sta rivelando disastrosa per l'economia di tutta l'Europa meridionale. Una ragione di questo fatto è che la maggioranza di questi paesi non può tenere il passo e non è assolutamente riuscita ad attuare le riforme necessarie per fronteggiare la futura concorrenza con la Cina, l’India, il Sud America e gli altri paesi. È impossibile però raggiungere un accordo anche in quei campi che vorremmo considerare a portata di mano, semplici. Si veda per esempio un'iniziativa chiara come il brevetto unico dell’Unione europea. È terribile che in questo ambito, in cui si tratta semplicemente di tecnicismi, non si sia riusciti una buona volta a raggiungere un accordo. Ecco un esempio dell’inefficacia dell'Unione europea. In un'area che potrebbe essere così facilmente di beneficio, abbiamo permesso vi fossero differenze linguistiche al fine di raggiungere un accordo. In realtà, questo probabilmente la dice lunga sui falsi fondamenti su cui si basa tutta questa cooperazione.
Cristiana Muscardini (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho apprezzato la flessibilità della Commissione sulla definizione delle norme temporanee degli aiuti di Stato, istituiti in risposta alla crisi economica e finanziaria ed esprimo il mio accordo sull'opportunità di elaborare una valutazione dettagliata delle decisioni adottate, per assicurare condizioni paritarie di concorrenza in tutta l'Unione.
Condivido l'invito alla Commissione a garantire che le banche rimborsino gli aiuti di Stato ricevuti in misura esorbitante, assicurando una concorrenza equa nell'ambito del mercato interno. Sono stata tra coloro che hanno criticato i colossali aiuti effettuati con il denaro dei contribuenti, ritenendo che sarebbe stato necessario utilizzare il denaro pubblico per promuovere lo sviluppo.
Auspico sia l'ultima volta che il risparmio dei contribuenti serva a portare acqua al mulino degli azionisti bancari e dei manager imprevidenti e che nuove misure di controllo impediscano il ripetersi di speculazioni dannose all'economia.
Apprezzo l'apertura per il sostegno ad aiuti indirizzati alla promozione di progetti di interesse comune, con particolare riferimento alle energie rinnovabili.
Seán Kelly (PPE). – (GA) Signor Presidente, sono stato lieto di sostenere anche questa risoluzione.
(EN) Vorrei affermare che una delle funzioni primarie dell'Unione europea è quella di garantire a tutti un’equa concorrenza, in particolare alle piccole e medie imprese e, naturalmente, ai consumatori.
Vi è da tempo il sospetto che ci sia chi si sta approfittando del mercato e, in questo momento, nel mio paese, la gente è allarmata per l'aumento uniforme e sistematico, per esempio, dei prezzi della benzina e del diesel in tutti i distributori dell’intero paese.
Allo stesso modo, gli agricoltori sospettano da tempo che sia in atto un cartello, in particolare quando si tratta della riduzione uniforme e rapida, al minimo capriccio, dei prezzi del bestiame.
E, naturalmente, abbiamo visto di recente come la Corte di giustizia dell’Unione europea abbia condannato le società di telecomunicazioni per quanto riguarda le tariffe di roaming intraeuropee.
Quindi dobbiamo rimanere sempre vigili ed essere pronti a intervenire in modo fermo e ad agire immediatamente ogni qual volta si verifichi una concorrenza sleale.
Ryszard Czarnecki (ECR). – (PL) Signor Presidente, questa è una relazione importante redatta da una persona che ha grande esperienza nel settore. Penso sia necessario dire molto chiaramente che l'Unione europea merita maggiori apertura e concorrenza. Non dobbiamo averne paura. Favorisce lo sviluppo dell'Europa in una situazione in cui, parlando molto francamente, siamo in ritardo rispetto all’America e all’Asia. Una risoluzione di questo tipo serve a rendere l'economia europea più efficace ed è per questo che è così importante e necessaria: ho quindi votato a favore della sua adozione.
Hannu Takkula (ALDE). – (FI) Signor Presidente, desidero ringraziare il relatore, onorevole Gahler, per questa eccellente relazione. Essa tiene perfettamente conto delle esigenze del Grande Nord dell'Unione europea, e dello sviluppo sostenibile che vi è necessario. Visto che anch’io provengo da una zona del nord, sono stato assai lieto di seguire questo processo. Ho constatato che la relazione ha preso in considerazione in misura soddisfacente le questioni relative al clima e ai mezzi di sostentamento. Per esempio, essa tiene conto del problema dell’allevamento delle renne, che in questa regione è una fonte di sussistenza molto importante. L’onorevole Gahler ha anche tenuto ottimamente conto dell’unico popolo indigeno europeo, i Sami.
In particolare intendo lodare e ringraziare l’onorevole Gahler per aver riservato particolare attenzione all’emendamento da me presentato, relativo all'istituzione di un centro di informazione sull’Artico presso l'Università della Lapponia, e, inoltre, per averlo citato nella relazione. È molto importante. Mi compiaccio che in materia i finlandesi stiano dando prova di una cooperazione transfrontaliera. Si tratta del futuro della dimensione settentrionale della Finlandia e di tutta l'Europa settentrionale, quella in cui vogliamo vedere uno sviluppo sostenibile.
Kristian Vigenin, a nome del gruppo S&D. – (BG) Il gruppo dell'Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento europeo ritiene che la relazione sulla strategia per il Mar Nero sia molto importante e opportuna perché presenta una valutazione di quanto finora è stato realizzato in quella regione e una serie di raccomandazioni su quanto l'Unione europea potrà ancora realizzare in tal senso.
Riteniamo che sia complicato, ma non impossibile, un coordinamento politico tra partner che hanno livelli di cooperazione con l'Unione europea marcatamente differenziati. È altresì sensato anche a livello politico cercare di unire i nostri sforzi, tenendo presente che tre dei paesi sono Stati membri dell'Unione europea, uno è un partner strategico, altri fanno parte del partenariato orientale, mentre la Turchia è un candidato all’associazione.
Almeno finora, l'incapacità dell'Unione europea di impegnarsi con maggiore energia nella regione ci ha privato dello sviluppo e dell’opportunità di utilizzare un grande potenziale: in questo senso dobbiamo dire che al momento la sinergia del Mar Nero, considerata fin dall'inizio un'iniziativa alquanto ambiziosa da parte dell'Unione europea, deve essere sviluppata in una vera e propria strategia per il Mar Nero.
Disponiamo già di modelli di interazione che possono essere applicati con successo, a patto naturalmente di adattarli alla regione. Un esempio è la strategia del Mar Baltico che, a un macrolivello, è riuscita a sviluppare la cooperazione regionale.
Riteniamo che adesso vadano intrapresi svariati passi che non sono stati inclusi nella relazione. In primo luogo, a livello pratico, nel quadro dell’attuale revisione della politica europea di vicinato, dobbiamo tener conto di una maggiore coerenza tra la sinergia del Mar Nero e il partenariato orientale in quanto quasi tutti i paesi che fanno parte di quest’ultimo, tranne la Bielorussia, fanno parte anche della sinergia del Mar Nero.
Il secondo aspetto è il rafforzamento del dialogo politico a livello tanto ministeriale quanto parlamentare: dovremmo cercare di trovare una maggiore coerenza tra la strategia per il Danubio e le iniziative future per la regione del Mar Nero. Tutto questo deve tradursi in una strategia che possa seguire una linea di bilancio specifica nel quadro del prossimo esercizio finanziario.
Andrzej Grzyb (PPE). – (PL) Signor Presidente, la proposta contenuta nella risoluzione dell'onorevole Ungureanu ora adottata, affinché la politica per il Mar Nero divenga una strategia a pieno titolo, merita un ampio sostegno. Il fatto che la Bulgaria e la Romania siano Stati membri dell'Unione europea, il partenariato orientale – gli speciali rapporti con i paesi del partenariato orientale e con la Russia – e le trattative in corso con altri paesi della regione per l'adesione all'Unione europea giustificano tutti l’importanza politica della regione per l'Unione europea. Il Mar Nero è diventato una regione fondamentale per il transito delle risorse energetiche e per i promettenti importanti progetti per l'Unione europea, come il Nabucco che è rilevante sul piano strategico per la diversificazione dell’approvvigionamento di gas. Sono pienamente d’accordo con l’onorevole Ungureanu con cui mi congratulo per la relazione: la strategia deve garantire il riconoscimento di tutti gli attori della regione e non solo degli stati più grandi, e deve essere collegata con altre strategie come quella per il Mediterraneo.
Alajos Mészáros (PPE). – (HU) Signor Presidente, con l'adesione della Romania e della Bulgaria nel 2007, il Mar Nero è diventato parzialmente un mare interno dell'Unione europea. La regione è di eccezionale importanza strategica e il nostro impegno nell’area deve essere intensificato. A tal fine, è di vitale importanza che il Parlamento elabori una nuova strategia, oltre a fornire risorse finanziarie e umane sotto forma di una linea di bilancio specifica dell'Unione europea. La nuova strategia deve servire a garantire la pace, la stabilità e la prosperità nella regione del Mar Nero, e a garantire la sicurezza energetica dell'Unione europea. La diversificazione delle rotte e delle fonti di approvvigionamento deve avere una priorità ancora maggiore, e vorrei pertanto sottolineare l'importanza del programmato sviluppo nei porti del Mar Nero dei terminali di gas naturale liquefatto. Le rotte che attraversano la regione potrebbero migliorare in modo significativo l'approvvigionamento per l'Unione europea. Un’ulteriore intensificazione della cooperazione con i paesi del Mar Nero rappresenta un elemento fondamentale per il successo del Nabucco, del gasdotto transadriatico e di quello paneuropeo che sono di particolare importanza per l'Unione europea. Per questo motivo ho votato a favore della relazione.
Proposte di risoluzione: (RC-B7-0044/2010)
Cristian Dan Preda (PPE). – (RO) Signor Presidente, proprio come in merito alla Bielorussia, intendo esprimere le ragioni per come ho votato sulla strategia dell'Unione europea per il Mar Nero. Desidero iniziare dicendo che il momento scelto dal mio collega, onorevole Ungureanu, per elaborare una relazione di iniziativa è estremamente appropriato ora che l'Unione europea sta rafforzando la propria politica regionale grazie all’elaborazione di strategie per le regioni costiere come il Mar Baltico, il Grande Nord e, in questo caso, il Mar Nero.
Desidero altresì esprimere la mia soddisfazione per l’inserimento degli emendamenti che ho presentato nel testo della risoluzione. Tali emendamenti hanno evidenziato la necessità di creare in questa regione una rete di organizzazioni non governative, di promuovere programmi di sviluppo del dialogo interculturale e interreligioso, così come iniziative quali la rete di università del Mar Nero. A mio avviso, tutte queste misure rappresentano validi esempi della maniera in cui l'interazione tra società civili può generare sinergie positive nella regione.
Infine intendo sottolineare non solo la necessità di trovare un equilibrio tra sviluppo economico e tutela ambientale, ma anche la necessità di dare piena attuazione alla Convenzione sulla protezione del Mar Nero contro l'inquinamento. Mi auguro che questa iniziativa adottata oggi in Parlamento riceva l'attenzione che merita anche da parte del Consiglio, il quale deve affrontare la questione come una priorità per l'agenda europea.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Tenuto conto della situazione geografica della Libia e dell'interdipendenza economica tra essa e l'Unione europea, è di comune interesse il perseguimento di un partenariato strategico UE-Libia. Non possiamo però dimenticare il regime dittatoriale che governa questo paese senza rispettare i diritti umani e le libertà fondamentali. Nonostante l'evidente interesse di molti Stati membri per il perseguimento di un accordo quadro con la Libia, l'Unione europea non può dimenticare i valori fondamentali che difende e subordinarli solo agli interessi economici. Occorre una collaborazione al fine di attuare nel paese le riforme giuridiche in materia di diritti umani e, allo stesso tempo, per attivare la diversificazione dell'economia nazionale, tenendo presenti alcuni progressi già compiuti, quali la rinuncia al proprio programma nucleare o anche gli obblighi internazionali della Libia in materia di diritti umani, a dispetto delle sanzioni applicate dalle Nazioni Unite.
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa risoluzione in merito ai negoziati sull'accordo quadro UE-Libia. La Libia resta un regime autoritario, la sua popolazione non usufruisce dei diritti umani fondamentali e la pena capitale viene eseguita regolarmente. Le istituzioni statali non sono democraticamente responsabili e il potere non è ancorato allo Stato di diritto. Ciononostante, la Libia ha potenziato le relazioni commerciali e politiche con gli Stati membri dell'Unione europea e per quest’ultima il paese è strategicamente importante. I negoziati su un accordo quadro UE-Libia sono iniziati nel novembre 2008.
Lo sviluppo delle relazioni deve garantire però il pieno rispetto dei valori e dei principi europei, ed è importante chiedere con fermezza che il Consiglio e la Commissione adottino le misure necessarie al fine di tutelare i valori europei: per esempio, raccomandare energicamente che la Libia ratifichi e applichi la Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951 e il suo protocollo del 1967; chiedere che le autorità libiche sottoscrivano un memorandum d'intesa per garantire che l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati sia legittimamente presente nel paese; incoraggiare la Libia ad impegnarsi per una moratoria sulla pena di morte e via dicendo.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Accolgo con favore gli impegni assunti nell'ambito dell'accordo quadro al momento in fase di negoziato che copre una vasta gamma di questioni, dal rafforzamento del dialogo politico alla gestione della migrazione, dallo sviluppo delle relazioni commerciali ed economiche alla sicurezza energetica e alla migliore cooperazione in una serie di settori. Ritengo che l'accordo quadro possa rappresentare l'occasione per rafforzare il dialogo politico tra la Libia e l'Unione europea. Vorrei sottolineare il ruolo dell’accordo quadro che contiene misure per sostenere lo sviluppo della capacità istituzionale quale mezzo per rafforzare la società civile, per incrementare la modernizzazione, incoraggiare l'introduzione di riforme democratiche e la creazione di mezzi di comunicazione sociale indipendenti e dello Stato di diritto, e per sostenere gli ulteriori sforzi intesi ad aprire spazi per aziende, istituzioni accademiche, organizzazioni non governative e altri soggetti libici.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Il partenariato economico tra l'Europa e la Libia è già una realtà. La Libia possiede le più cospicue riserve di petrolio accertate in Africa ed è il terzo maggior fornitore di energia (petrolio e gas) dell'Europa. Per di più, l'Unione europea è il maggior partner commerciale della Libia (con il 70 per cento degli scambi complessivi del 2009). L'Europa deve riconoscere che la Libia svolge un ruolo importante nel campo della sicurezza regionale e mondiale, sia nel contenere l'estremismo islamico sia nello stabilizzare la regione.
L’accordo quadro di partenariato attualmente in corso va pertanto accolto con favore ma, come emerge chiaramente dalla relazione, non deve trascurare alcune questioni che ritengo fondamentali: la progressiva democratizzazione del regime, un maggiore rispetto dei diritti umani e in particolare della libertà nelle sue varie declinazioni, una progressiva modifica nel sistema di diritto penale al fine di abbandonare la pena di morte, il riconoscimento della giurisdizione della Corte penale internazionale e la ratifica della Convenzione di Ginevra del 1951.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) L'apertura dei negoziati tra l'Unione europea e la Libia rappresenta un'opportunità per assicurare condizioni di migliore sviluppo economico ad entrambe le parti e, al tempo stesso, per promuovere una seria evoluzione nell’area del Mediterraneo e in Africa per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani, il loro contributo alla pace e alla stabilità globali, e per la lotta contro i cambiamenti climatici. La Libia ha sei milioni di abitanti, due milioni dei quali sono stranieri. Detiene le più cospicue riserve di petrolio accertate in Africa ed è il terzo più importante fornitore di energia per l'Europa, sotto forma di petrolio e gas. L'Unione europea è il suo principale partner commerciale: le transazioni tra le due parti rappresentano quasi il 70 per cento degli scambi commerciali della Libia nel 2009. L'accordo quadro di partenariato con l'Unione europea deve essere considerato come un'opportunità per dimostrare i vantaggi dei valori umani e della democrazia in termini di sviluppo sostenibile e diversificato. Come sottolinea la relazione, questo processo non può essere disgiunto dai valori fondamentali dell'Unione europea, quali la lotta contro la pena di morte e la discriminazione delle minoranze, degli immigrati e dei rifugiati, il miglioramento della sanità pubblica e la necessità della democratizzazione politica.
Lorenzo Fontana (EFD), per iscritto. – L'implementazione di un accordo quadro destinato a promuovere la cooperazione nella lotta contro l'immigrazione clandestina e finalizzato al contestuale dialogo politico basato sui diritti umani rappresenta una delle priorità per la politica mediterranea dell'Unione. Nonostante il testo finale presenti qualche inesattezza, reputo opportuno appoggiarlo, auspicando che si tramuti in uno stimolo per il governo di Tripoli per un maggiore impegno nella lotta ai traffici di esseri umani nella regione, al quale si deve associare la presa di coscienza necessaria per diventare partner responsabile in altri settori quali la sicurezza e l'energia.
Jarosław Kalinowski (PPE), per iscritto. – (PL) La Libia è un paese che richiede un impegno considerevole. La dittatura, il fatto che i diritti umani vengono ignorati, la mancanza di una politica migratoria e un servizio sanitario scarsamente sviluppato, rappresentano solo alcuni dei problemi che i libici e gli stranieri che vivono in Libia devono affrontare ogni giorno. D'altra parte, il potenziale, le ingenti risorse naturali e il patrimonio culturale di questa regione dell'Africa sono valori che possono consentire alla Libia di realizzare lo sviluppo economico, di migliorare la qualità della vita delle persone che vi abitano e di aprire il paese ai mercati internazionali. Forgiare le condizioni propizie all'accordo UE-Libia significa persuadere le autorità libiche a porre fine alle pratiche che violano i diritti umani fondamentali, a cambiare la politica di migrazione e ad accettare la responsabilità legale: ciò porterà vantaggi reciproci e contribuirà allo sviluppo della regione.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. – Egregio Presidente, cari colleghi, la relazione oggi approvata contiene le proposte che il Parlamento europeo ritiene indispensabili nell'ottica della conclusione delle trattative attualmente in corso tra l'Unione Europea e la Libia, volte alla stipula di un accordo di cooperazione. La conclusione dell'accordo quadro consentirebbe di affrontare questioni importanti quali le relazioni politiche, l'immigrazione e la sicurezza, la sanità pubblica, lo sviluppo, il commercio, il cambiamento climatico, l'energia e la cultura, costituendo, al contempo, un decisivo passo in avanti nell'ottica più generale del miglioramento delle relazioni tra l'area mediterranea dell'Unione Europea e l'Africa. In quanto deputato italiano non posso non sottolineare le ragioni di carattere storico-economico che hanno portato negli anni il mio Paese ad intrattenere relazioni privilegiate con la Libia e non posso non sottolineare l'importanza del rafforzamento della cooperazione UE-Libia, non solo in materia economica, ma anche in un'ottica di protezione dei diritti dell'uomo, auspicando che l'Unione Europea possa giocare il ruolo di attore principale in materia di accoglienza dei migranti e di sostegno alla lotta contro il traffico degli esseri umani.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) La presente relazione è sorprendente per le sue contraddizioni. Accoglie con favore i negoziati per l’accordo quadro UE-Libia, al fine di inserire col tempo la Libia nella zona euromediterranea di libero scambio che l’eurocrazia ha predisposto negli ultimi 15 anni. Eppure essa elenca anche una serie di violazioni dei diritti umani e della democrazia ad opera di un regime descritto come autoritario. Nel frattempo viene mantenuta la posizione comune nei confronti di Cuba. Questo è un caso di doppio peso e doppie misure. Oggi per l'Unione europea il presupposto per il commercio non è il rispetto dei diritti umani e della democrazia, ma piuttosto la creazione di un'economia di mercato e di concorrenza libera e distorta. L'Unione rappresenta un imperialismo codardo, come dimostra la sua tardiva risposta alla situazione in Tunisia.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Siamo tutti consapevoli che la Libia persevera in un regime dittatoriale e viola sistematicamente le convenzioni internazionali sui diritti e le libertà fondamentali. A dispetto di questi fatti, la Libia ha allargato il proprio commercio e le relazioni politiche con un certo numero di Stati membri dell'Unione europea. Il ruolo della Libia come partner per numerose questioni nella regione del Mediterraneo e in Africa si è rivelato di grande impatto sulla sicurezza e la stabilità della regione, in particolare in materia di immigrazione, salute pubblica, sviluppo, relazioni commerciali ed economiche, cambiamenti climatici, energia e beni culturali. In questo contesto, l'accordo quadro attualmente in fase di negoziato è importante ma non dobbiamo evitare di rispondere a varie questioni fondamentali tra le quali, in particolare: la progressiva democratizzazione del regime, il rispetto dei diritti umani, le modifiche al sistema di giustizia penale mediante l'abolizione della pena di morte come prima priorità e mediante la firma della Convenzione di Ginevra.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Le relazioni dell'Unione europea con la Libia devono essere considerate oggettivamente sulla base della loro complessità e importanza per l'Europa. Il rispetto dei diritti umani svolge naturalmente un ruolo importante, motivo per cui è sensato altresì che Bruxelles richieda alla Libia di ratificare la convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951 o che solleciti una moratoria sulla pena di morte. Dobbiamo però anche considerare il fatto che la Libia è un importante paese di transito per l'immigrazione clandestina di massa dall'Africa all'Europa. Non è pertanto opportuno opporsi generalmente a un accordo di riammissione con Tripoli, come è successo nella relazione della commissione per gli affari esteri.
Se non otteniamo un accordo di riammissione con la Libia, la pressione sull’Europa come destinazione degli immigrati aumenterà ulteriormente. Poiché l'immigrazione di massa clandestina è una questione di vitale importanza per quanto riguarda la sopravvivenza dell’Europa come entità storica, l'Unione farebbe bene ad assumere un punto di vista differenziato in merito alle proprie relazioni con Tripoli e a includere la Libia nelle strategie di controllo del flusso delle migrazioni.
Cristiana Muscardini (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato favore della proposta di raccomandazione del Parlamento destinata al Consiglio sui negoziati riguardanti l'accordo quadro UE-Libia. Condivido a pieno i punti chiave che la relatrice Ana Gomes affronta nel testo: la necessità che la Libia adotti la moratoria sulla pena di morte, ratifichi la convenzione di Ginevra sui rifugiati, si impegni nella lotta contro la tratta degli esseri umani, garantisca accordi giusti per gli immigrati clandestini e applichi leggi moderne in materia di asilo.
Voglio aggiungere che per quanto ci riguarda abbiamo più volte chiesto che prima di un accordo quadro si dovrà consentire alle Istituzioni europee di poter verificare le reali condizioni dei campi profughi in Libia e già da ora questo Parlamento dovrebbe sollevare il problema con più determinazione. Per quanto riguarda me e tanti altri colleghi non sarà possibile essere favorevoli ad un accordo quadro se non saranno garantiti i requisiti espressi dalla relatrice nella relazione oggi approvata in Aula.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. – I negoziati in corso tra UE e Libia per la finalizzazione di un accordo quadro volto a promuovere i rapporti politico-economici tra gli Stati membri e il Paese Maghrebino hanno un'importanza strategica cruciale per le relazioni transfrontaliere dell'Unione, per questo ho votato a favore della Raccomandazione del Parlamento al Consiglio. L'obiettivo principale dell'accordo è di migliorare la vita della popolazione libica sul piano politico e socio-economico attraverso la promozione dei diritti fondamentali come base fondante dell'accordo stesso. L'accordo cercherà di compensare le mancanze del Paese nord-africano attraverso una maggiore tutela dei diritti umani e democratici e attraverso la cooperazione commerciale nonché grazie a rigorosi controlli congiunti per quanto riguarda l'immigrazione clandestina.
Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) È stato dato l’avvio con riluttanza alla prosecuzione dei negoziati tra l'Unione europea e la Libia, come mezzo per rafforzare i nostri rapporti. Questo però non costituisce affatto un assegno in bianco. La nostra sicurezza energetica, i nostri interessi commerciali ed economici e la nostra cooperazione nella gestione dei flussi migratori non devono mai mettere in secondo piano il continuo disprezzo mostrato dalle autorità libiche e dal colonnello Gheddafi per i più fondamentali diritti umani. Il colonnello Gheddafi è un dittatore al potere da 41 anni e ha affermato pochi giorni fa di deplorare l’allontanamento del suo omologo tunisino, il Presidente Ben Ali. Si tratta di un regime repressivo con condanne a morte (506 nel maggio 2009, il 50 per cento delle quali riguarda degli stranieri), esecuzioni e punizioni corporali, detenzioni illegali e trattamenti disumani dei migranti che attraversano il suo territorio per raggiungere l'Europa.
La nostra risoluzione sottolinea questo aspetto in modo particolare, ricordando che qualsiasi politica di immigrazione comune deve essere subordinata alla più rigorosa salvaguardia della protezione dei migranti e delle altre libertà fondamentali. Allo stesso modo, qualsiasi accordo di riammissione con questo paese deve automaticamente escludere i richiedenti asilo, i rifugiati o coloro che hanno bisogno di protezione ed evitare le espulsioni collettive.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Da oltre 40 anni, la Libia è retta da un regime dittatoriale in cui il potere è concentrato in una sola persona, il colonnello Gheddafi, il più longevo leader africano e arabo. I libici godono di istruzione gratuita, assistenza sanitaria, alloggi sociali e beneficiano di un certo grado di distribuzione sociale del reddito del petrolio. Eppure, nonostante i tassi di crescita del prodotto interno lordo, lo sviluppo è in ritardo rispetto a quello degli altri paesi ricchi di petrolio e la Libia è una delle economie meno diversificate nella regione: gli investimenti in valuta restano in balia delle imprevedibili decisioni del dittatore.
Il popolo libico non gode dei diritti umani e delle libertà fondamentali, nonostante il fatto che il loro Stato abbia specifici obblighi internazionali al rispetto dei diritti umani, essendo stato recentemente eletto nel Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite e avendo ratificato una serie di strumenti internazionali giuridicamente vincolanti. La pena capitale viene eseguita regolarmente.
In conclusione, l'importanza strategica della Libia e le molte sfide che essa pone sottolineano la necessità di una politica globale dell'Unione europea verso questo Paese. L'Unione europea deve impegnarsi con la Libia in una vasta gamma di questioni. Il presente accordo quadro deve essere anche uno strumento sostanziale per la promozione dello Stato di diritto, per il rispetto dei diritti umani, per la protezione dei migranti e dei rifugiati e per lo sviluppo sostenibile nel Paese.
Licia Ronzulli (PPE), in writing. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore di questa risoluzione perché ritengo che possa aiutare la popolazione libica a migliorare le proprie condizioni di vita, spesso influenzate dalla mancanza di rispetto per i diritti umani e per le libertà più elementari.
La cooperazione UE-Libia può contribuire in maniera decisiva al potenziamento delle capacità di questo Paese, che in questo momento deve fare i conti con una situazione molto complessa. Spesso i detenuti sono costretti a subire torture, punizioni corporali come la fustigazione, bastonate, scariche elettriche e il diniego deliberato di assistenza medica. In Libia non esistono leggi in materia di asilo e, di conseguenza, la necessità di garantire protezione ai rifugiati non trova alcun riscontro a livello giuridico.
Come se non bastasse, la pena di morte è ancora prevista per un ampio numero di reati, le sentenze capitali continuano ad essere emesse dai tribunali libici, che violano così gli standard internazionali sull´equo processo. L'Unione Europea deve concludere il prima possibile l'accordo quadro, primo vero e proprio accordo tra Libia e UE, così da portare un aiuto concreto alla popolazione locale, sul piano dei loro diritti fondamentali come su quello politico e socio-economico.
Debora Serracchiani (S&D), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il voto di oggi sull'accordo tra l'UE e la Libia è il frutto di impegnative negoziazioni soprattutto per il problema degli immigrati. In Libia, la situazione dei diritti umani per i rifugiati e richiedenti di asilo è davvero rischiosa: non esistono coperture legislative e non esiste un sistema di protezione. Mi auguro che siano tutelati i diritti umani fondamentali, nonché il diritto all’asilo.
La Libia non è firmataria della convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e del protocollo del 1967 sullo status dei rifugiati e per il momento non intende aderirvi; tuttavia, nel 1981 ha ratificato la convenzione del 1969 che regola la questione specifica dei problemi dei rifugiati in Africa ed è perciò tenuta a rispettare il principio di non respingimento relativo ai migranti bisognosi di protezione internazionale, che devono essere individuati conformemente a criteri non meno restrittivi di quelli fissati dalla stessa convenzione di Ginevra.
Persone provenienti da paesi come Somalia, Sudan, Eritrea, Etiopia, in base alla normativa internazionale, hanno diritto alla protezione umanitaria e all'asilo politico e mi auguro che le autorità libiche accettino di cooperare con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.
Proposte di risoluzione: (RC-B7-0039/2010)
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa importante risoluzione con la quale condanniamo nei termini più forti i recenti attacchi contro le comunità cristiane in tutto il mondo, siano essi avvenuti in Egitto, in Pakistan, in Iraq o in qualsiasi altro paese.
Le comunità cristiane vivono in svariati paesi musulmani del Medio Oriente fino dai primi tempi del cristianesimo. È quindi del tutto inaccettabile che, dopo secoli di pacifica convivenza, i cristiani debbano essere costretti a fuggire da questi paesi o vengano chiusi in dei ghetti. C’è ancora un'altra ragione per continuare la nostra lotta contro i fondamentalisti islamici che distorcono la realtà e vogliono rappresentare la nostra azione globale contro il terrorismo come un attacco contro il mondo musulmano: sono proprio i fondamentalisti islamici a cercare lo scontro tra religioni e civiltà.
Dobbiamo quindi fare tutto il possibile per sradicare questi fanatici religiosi e per emarginarli nelle loro rispettive società. Lo si deve fare in collaborazione con gli elementi moderati delle società musulmane. Dobbiamo quindi accogliere con grande favore le reazioni pubbliche in alcuni paesi musulmani, come per esempio l'Egitto, dove l’opinione pubblica ha fermamente condannato gli attacchi terroristici contro i cristiani e ha richiesto un intervento per punire i responsabili.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Siamo tutti molto turbati per il recente attacco terroristico contro la cattedrale siro cattolica di Baghdad. Questo attacco si aggiunge a una serie di gravi eventi tutti per cause religiose. Si tratta di un argomento molto delicato. Il Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) è molto legato a principi secolari ed è a favore del rispetto mostrato nei confronti di tutte le religioni in Europa, incluso l'Islam. Stando così le cose, non possiamo rimanere indifferenti al destino che attende un gran numero di comunità cristiane in tutto il mondo. Ogni religione merita analogo rispetto ed è per questo che ho approvato questa risoluzione del Parlamento europeo. Tutti gli eventi che il Parlamento sta condannando si sono verificati nei paesi musulmani in cui occorre prestare particolare attenzione alla sorte dei cristiani. Dobbiamo quindi lavorare tutti per garantire il rispetto delle diverse convinzioni religiose e ritengo che questo testo vada in tale direzione.
Dominique Baudis (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione dei cristiani nel contesto della libertà religiosa, che condanna gli attacchi mortali contro i cristiani in Oriente. In questi ultimi mesi gli attacchi contro i cristiani hanno rappresentato una tragedia per le tante vittime, in particolare a Baghdad e Alessandria, ma anche per i loro correligionari. I cristiani vivono in Oriente da duemila anni e fanno parte della storia dei propri paesi. Oggi però fuggono in massa dalla regione. A causa di questo esilio forzato, questi paesi stanno perdendo una parte rilevante delle proprie risorse umane. Le regioni del Vicino e Medio Oriente sono sempre stata un’area di diversità e convivenza delle minoranze religiose. I terroristi responsabili di questi attacchi stanno cercando di istigare uno scontro tra Oriente e Occidente, opponendo il mondo musulmano a quello cristiano. Tutto questo è stato diabolicamente pianificato. I cristiani in Iraq e in Egitto possono sentirsi abbandonati e traditi. È importante che le autorità egiziane e irachene scoprano e giudichino severamente gli autori di questi massacri.
Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. – Finalmente la nostra assemblea arriva a votare una risoluzione di ampio spettro sulla situazione dei cristiani nel mondo; oggi sappiamo da statistiche accreditate che quella cristiana è la comunità di fedeli che maggiormente subisce al mondo il peso e il dramma di continue persecuzioni e discriminazioni sociali e legali. L’Europa deve fare molto di più rispetto a quanto fatto finora in materia di tutela dei cristiani nel mondo. Ha gli strumenti per farlo, se lo vuole: l’auspicio è che questa risoluzione costituisca l’inizio di un cambiamento di approccio da parte degli organismi comunitari, soprattutto dal punto di vista diplomatico e commerciale, nel loro dialogo bilaterale con i tanti, troppi Paesi che tollerano le persecuzioni anticristiane, o addirittura danno man forte alla cultura della cristianofobia. Quando l’UE stringe accordi commerciali, economici e di cooperazione con Paesi terzi, deve, a differenza di quanto fatto finora, far valere realmente e con determinazione le clausole dei diritti umani. Non è più tollerabile vedere che Paesi in cui i cristiani vengono discriminati e perseguitati sono Paesi che hanno stretto importanti accordi con l’UE, accordi che prevedono come base fondamentale il rispetto dei diritti umani. Esprimo pertanto il mio voto favorevole alla risoluzione.
Antonio Cancian (PPE), per iscritto. – Cancian supporta la proposta di risoluzione sulla situazione dei cristiani nel contesto della libertà religiosa, affinché la politica europea non rimanga indifferente alle violenze moltiplicatesi negli ultimi mesi.
L'Europa non deve avere paura per eccesso di prudenza nel sostenere il diritto delle comunità cristiane nel Medio Oriente e nel mondo a professare liberamente la propria fede ed il proprio culto. Il dialogo e il rispetto reciproco sono valori imprescindibili per l'Unione Europea; è indispensabile che l'Alto Rappresentante Catherine Ashton si faccia portavoce di questa posizione e la ribadisca con forza nell'ambito dei rapporti bilaterali con i paesi terzi.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Mi congratulo con l'Unione europea per aver ripetutamente dimostrato il proprio impegno a favore della libertà religiosa, di coscienza e di pensiero. I governi hanno il dovere di garantire tali libertà in tutto il mondo, tenendo presente che lo sviluppo dei diritti umani, della democrazia e delle libertà civili è la base comune su cui l'Unione europea costruisce le proprie relazioni con gli altri paesi e che è prevista come clausola di in materia di democrazia inserita negli accordi conclusi tra l’UE e i paesi terzi.
David Casa (PPE), per iscritto. – (EN) Abbiamo tutti assistito alla difficile situazione dei cristiani copti in Egitto negli ultimi mesi. Tali atti di violenza vanno condannati nei termini più recisi. Non va condannata solo l'intolleranza verso i cristiani ma qualsiasi forma di intolleranza verso l'esercizio della libertà religiosa di ogni individuo. Credo che questa risoluzione sia ben bilanciata e ho quindi votato a favore.
Lara Comi (PPE), per iscritto. – Sono soddisfatta che il Parlamento Europeo abbia discusso e adottato una risoluzione di condanna dei recenti attacchi ai cristiani. La libertà religiosa è uno dei principali diritti fondamentali dell'uomo, generalmente riconosciuta dalle Costituzioni nazionali e dalle Convenzioni Internazionali. La presenza di tante norme su diversi livelli di governance, da quello nazionale fino a quello internazione, e da un capo all'altro del mondo, dimostra un consenso unanime sull'importanza della libertà religiosa. Ma le norme giuridiche non bastano, sono la base sulle quali costruire politiche efficaci. Negli ultimi 50 anni, il processo di globalizzazione ha consentito a civiltà lontane di incontrarsi. Per far sì che questo incontro non sia uno scontro, non basta condannare i recenti attacchi, ma dobbiamo riaffermare il nostro impegno verso la creazione di politiche che incoraggino il pluralismo religioso e assicurino che gruppi differenti imparino a tollerarsi. Non esiste soltanto la minaccia del fondamentalismo. La libertà religiosa oggi è attentata anche dal laicismo diffuso che cerca di eliminare la sfera spirituale dell'individuo dall'ambito pubblico. La libertà religiosa riguarda tutte le religioni e anche gli atei. Perché quando è riconosciuta la libertà religiosa vuol dire che é riconosciuta anche la sua accezione negativa, ovvero quella di essere liberi di non professarne alcuna.
Corina Creţu (S&D), per iscritto. – (RO) L'aumento degli attacchi contro i cristiani richiede una posizione comune sulla loro protezione. Al fine di aumentare la tolleranza religiosa, i relativi governi devono garantire che i responsabili degli attacchi siano identificati e assicurati alla giustizia tramite un processo legale. Ai cristiani deve essere garantita la protezione sulla base del pari rispetto per ogni denominazione.
Considerando che il rispetto dei diritti umani e delle libertà civili, compresa la libertà di religione o di credo, sono principi e obiettivi fondamentali dell'Unione europea e costituiscono un terreno comune per le relazioni con i paesi terzi, occorre ribadire il sostegno per ogni iniziativa tesa a promuovere il dialogo e il rispetto reciproco tra quelle religiose e le altre comunità.
Ultimo ma non meno importante, le autorità religiose sono chiamate a promuovere la tolleranza e ad adottare iniziative contro l'odio, la radicalizzazione violenta e l'estremismo.
Mário David (PPE), per iscritto. – (PT) Sono stato uno dei primi sostenitori di questa proposta di risoluzione nella quale ritengo che la situazione subita dalle minoranze cristiane in alcuni paesi del Medio Oriente sia descritta, in larga misura, in modo tempestivo e accurato. Una delle più nobili funzioni del Parlamento europeo per quanto riguarda l’azione esterna consiste nel difendere e promuovere i valori in cui crediamo: in questo caso, facciamo specifico riferimento alle libertà di pensiero, di coscienza, di espressione e di religione. Tali libertà sono state esplicitamente messe in discussione con i vili attentati di fanatici religiosi che hanno ucciso degli innocenti, a volte su vasta scala, in una maniera che ritengo disumana e incomprensibile.
Mi auguro che questa risoluzione, sostenuta da tutti i gruppi parlamentari, contribuisca in quei paesi ad accrescere tra i cittadini, gli esponenti governativi di alto livello e della pubblica amministrazione, la consapevolezza dell'importanza del pieno esercizio delle libertà fondamentali nei rispettivi paesi, l’importanza di assicurare assassini e agitatori alla giustizia e, inoltre, di promuovere il dialogo interreligioso ed interculturale all'interno e tra le nostre società, che, pur vivendo in continenti diversi, condividono un certo numero di valori e di visioni comuni.
Philippe de Villiers (EFD), per iscritto. – (FR) La comunità cristiana è nel 2011 la più perseguitata del mondo: per fortuna, gli Stati europei membri se ne sono resi conto e stanno cominciando a reagire.
La nostra condanna degli attentati è corretta e necessaria ma insufficiente: in questa risoluzione non appare il principio di reciprocità.
Inoltre, la timida condanna da parte dell'Unione delle azioni nell’area di Cipro che la Turchia occupa militarmente, purtroppo, non avrà il seguito che i francesi si auguravano – la cessazione dei negoziati di adesione con la Turchia – e non avrà alcun carattere di stimolo.
Appoggio questa risoluzione a sostegno dei cristiani uccisi in tutto il mondo, ma mi rammarico però per alcune omissioni e incoerenze.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) In tutto il mondo sono in aumento gli attacchi ai cristiani. Questo fatto preoccupante e deplorevole deve essere profondamente condannato, tanto più che il cristianesimo predica la pace e la comprensione tra gli uomini, indipendentemente dal fatto che si tratti di ebrei o greci, come direbbe San Paolo. Ciò che viene minacciato è la libertà religiosa e la pace di comunità che esistono da secoli. I cristiani hanno vissuto pacificamente con altre religioni nelle zone in cui si sono stabiliti e vengono fatti oggetto di una violenza indiscriminata semplicemente perché credono in Cristo. La questione però va ben oltre. A parte gli attacchi perpetrati la fede cristiana e le sue manifestazioni sono oggetto di attacchi nella stessa Europa spesso sotto la forma della corruzione di concetti come la laicità e la neutralità degli stati e delle istituzioni. A questo proposito, devo deplorare i recenti attacchi contro la celebrazione della messa cattolica a Barcellona e chiedere al governo spagnolo e alle istituzioni europee di condannare e combattere l'atmosfera cristofobica che sembra essere in aumento. Quelli che negano le proprie radici meritano meno rispetto di chiunque altro.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Ogni individuo ha diritto alla libertà di religione, di coscienza e di pensiero. Tale diritto conferisce la libertà di praticare la propria religione o il proprio credo, individualmente o insieme ad altri, sia in pubblico che in privato, mediante il culto, i riti, le pratiche e l'insegnamento. Le statistiche sulla libertà religiosa ci dicono che la maggior parte degli atti di violenza religiosa avvengono contro i cristiani. In effetti è ben noto che recentemente sono state spezzate vite innocenti in attacchi sanguinosi contro le comunità cristiane della Nigeria, ad Alessandria d'Egitto, nelle Filippine, in Iraq e in Siria. Inoltre, il governo iraniano ha intensificato la propria campagna contro i cristiani nella Repubblica islamica. Anche in Vietnam vi è una severa repressione delle attività della chiesa cattolica e delle altre comunità religiose. Oltre a condannare questi attacchi e sollecitare i governi a garantire la libertà di religione, di coscienza e di pensiero, il Consiglio, la Commissione nonché l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri devono dedicare maggiore attenzione alla questione della libertà religiosa e adottare specifiche misure urgenti, comprese quelle contro i paesi che deliberatamente non proteggono le confessioni religiose.
Carlo Fidanza (PPE), per iscritto. – La risoluzione votata oggi esprime forte preoccupazione per l'aumento dell'intolleranza, della repressione e degli atti di violenza contro i cristiani. Ritengo fondamentale condannare i recenti episodi avvenuti in paesi lontani, ma in cui vi è una presenza cristiana, radicata nel tempo. I fatti accaduti in Egitto, Nigeria, Pakistan, Filippine, Cipro, Iran e Iraq sono ancora più gravi se si considera come la religione venga strumentalizzata per servire un mero disegno di potere. L'Unione europea, tramite l'Alto rappresentate per la politica estera UE, dovrebbe mettere tra le priorità nelle relazioni internazionali dell'Unione la libertà di religione e di credo e la sicurezza delle comunità religiose, cristiani inclusi; tale priorità dovrebbe riflettersi negli accordi internazionali e nelle relazioni sui diritti umani. Sono convinto che la libertà religiosa vada difesa strenuamente, anche a costo di infliggere sanzioni pesanti a quei paesi che dimostrano di non rispettare questo principio fondamentale.
Lorenzo Fontana (EFD), per iscritto. – Come recita il testo della risoluzione, la promozione della democrazia e del rispetto dei diritti umani debbono essere considerate tra le finalità più importanti dell'Unione Europea. A livello globale, abbiamo assistito negli ultimi mesi ad una non più tollerabile recrudescenza nei confronti delle minoranze cristiane, in particolar modo nei paesi dove l'Islam è religione maggioritaria. Appoggio questa risoluzione, auspicando che le istituzioni europee contrastino con maggior fermezza l'intolleranza religiosa, utilizzando tutti gli strumenti a loro disposizione per giungere ad una situazione di sicurezza e di libertà di culto per i milioni di cristiani sparsi per il mondo.
Eija-Riitta Korhola (PPE), per iscritto. – (FI) La prossima settimana, si celebra la Giornata della Memoria che, naturalmente, ci condurrà indietro nel tempo e ad Auschwitz. È un fatto positivo che la risoluzione adottata ci riporti al tempo presente, a considerare i martiri attuali. La premessa è che la libertà di religione deve valere per tutte le fedi.
Abbiamo sollevato separatamente la questione delle persecuzioni subìte dai cristiani ma ciò non vuol dire che siamo di parte. Significa che i cristiani sono il gruppo più numeroso tra coloro che subiscono persecuzioni e quello che in Europa tende più facilmente a essere dimenticato. È tempo di porvi rimedio perché sappiamo che nel secolo scorso sono morti più cristiani a causa della propria fede che in tutti i precedenti 1 900 anni. Il 75 per cento di quanti oggi vengono uccisi a causa della propria religione sono cristiani.
Open Doors International ha elencato i 10 paesi nel mondo in cui i cristiani subiscono più violenze. Sono la Corea del Nord, l’Iran, l’Arabia Saudita, la Somalia, le Maldive, l’Afghanistan, lo Yemen, la Mauritania, il Laos e l'Uzbekistan, ma l'elenco potrebbe continuare. Ogni giorno circa 100 milioni di cristiani sono oggetto di violenze a causa della propria fede.
Dalla risoluzione che abbiamo adottato deve ovviamente derivare qualcosa di concreto. Il Servizio europeo per l’azione esterna deve mostrarsi determinato e affrontare queste debolezze che interessano la libertà di religione. I nostri accordi di politica estera con i paesi terzi devono includere una clausola sulla libertà di religione e sulla reciprocità. È fondamentale parlare di libertà di religione dal punto di vista della promozione dei diritti umani perché questa ne costituisce la riprova: la libertà di parola e di espressione e la libertà di associazione rappresentano il fulcro dei diritti umani.
Elisabeth Köstinger (PPE), per iscritto. – (DE) Negli ultimi anni, il 75 per cento degli attacchi terroristici di natura religiosa sono avvenuti contro i cristiani. Specie negli ultimi mesi è aumentato il numero di attacchi, compresi quelli diretti contro le chiese mentre vi si volgevano le funzioni. È inaccettabile che nel XXI secolo le comunità religiose abbiano paura di praticare la propria fede liberamente. Il principio della libertà di religione deve valere per tutti in tutto il mondo. Appoggio quindi la proposta di sviluppare una strategia che realmente consenta il diritto al libero esercizio dell’espressione religiosa.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, le mie radici di cristiano non possono non condannare ogni atto di violenza contro cristiani e altre comunità religiose nel mondo. Parimenti la nostra condanna si estende a qualsiasi tipo di discriminazione e intolleranza basate sulla religione e la fede contro chi pratica una religione. Ritengo che il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione sia un diritto umano fondamentale che attraverso questa risoluzione speriamo di tutelare.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa risoluzione che condanna fermamente tutti gli atti di violenza contro i cristiani e le altre comunità religiose, così come ogni genere di discriminazione e di intolleranza basate sulla religione e la fede personale, contro i religiosi, gli apostati e i non credenti. La risoluzione sottolinea che il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione è un diritto umano fondamentale ed esprime preoccupazione per l'esodo negli ultimi anni di cristiani provenienti da vari paesi, in particolare da quelli del Medio Oriente.
Esorto le autorità degli Stati con allarmanti livelli di attacco contro le confessioni religiose ad assumersi la responsabilità di garantire pratiche religiose normali e pubbliche per tutte le fedi; ad intensificare gli sforzi per assicurare una sicura ed efficace protezione delle confessioni religiose nei loro paesi; a garantirvi la sicurezza personale e l'integrità fisica dei membri delle confessioni religiose, rispettando quindi gli obblighi a cui si sono già impegnati in ambito internazionale.
Kyriakos Mavronikolas (S&D), per iscritto. – (EL) In quanto socialisti, sosteniamo i diritti umani come una delle nostre politiche fondamentali. I diritti religiosi ne sono parte integrante ed è per questo che siamo favorevoli al loro rafforzamento. Gli eventi accaduti a Natale, quando le forze occupanti hanno interrotto la messa di Natale a Rizokarpaso nel territorio occupato di Cipro, rappresentano un abominio. Nella Cipro occupata dai turchi e dal loro esercito di occupazione si va imponendo un terrorismo di Stato a danno dei cristiani ortodossi, soprattutto dei pochi greco-ciprioti che vi sono rimasti intrappolati.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) L’idea di laicità della Repubblica francese è la separazione tra chiesa e stato. Ciò garantisce la libertà di coscienza e di culto. La violenza religiosa è radicata nel dogmatismo insito in tutte le fedi. Dobbiamo quindi proteggere le persone contro la violenza generata da queste religioni. Nonostante i suoi impliciti riferimenti alla teoria criminale dello “scontro di civiltà” e alle ottuse rivendicazioni della chiesa cattolica, questo testo rappresenta un mezzo per chiedere libertà religiosa in tutto il mondo e protezione contro il fanatismo per le persone che praticano la propria fede. Voterò a favore per compassione e convinzione.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Dobbiamo condannare con forza i vari attacchi contro le comunità cristiane in tutto il mondo ma, in particolare, in Africa, in Asia e nel Medio Oriente. Il proliferare di questi episodi di intolleranza, di repressione e di violenza contro le comunità religiose deve riguardarci tutti. Le autorità dei paesi interessati hanno compiuto ogni sforzo per individuare gli autori dei responsabili di tali attacchi contro le comunità cristiane. I responsabili di questi attentati e di altri atti di violenza contro i cristiani devono essere portati davanti alla giustizia e debitamente giudicati.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Il mero rispetto verbale da parte dell'Unione europea a favore della libertà religiosa non è sufficiente. Specie nei paesi islamici i cristiani sono visti come facile bersaglio per la repressione e, spesso, per l’omicidio. Nonostante questa situazione oltraggiosa, l'Unione europea, in quanto nobile comunità di valori, ha scelto per lo più una politica di garbato silenzio. Sembra che tutto sommato l'élite politica di Bruxelles, indifferente alle radici cristiane dell'Europa, si sia dimenticata della sorte dei cristiani nei paesi islamici. Invece di chiedere la fine della persecuzione dei cristiani, ci rifugiamo nella correttezza politica, preferendo occuparci del benessere di quei musulmani che vivono nell'Unione europea e che godono di un livello di libertà religiosa che per la maggior parte dei cristiani nel mondo islamico rappresenta solo un sogno.
In futuro, la condizione dei cristiani deve svolgere un ruolo particolare nella gestione delle relazioni esterne dell'Unione europea con i paesi islamici. L'Unione europea dispone di modi e mezzi sufficienti per contribuire a migliorare la situazione dei cristiani. Gli aiuti allo sviluppo e altri supporti finanziari, per esempio, devono essere subordinati alla concessione ai cristiani della libertà religiosa. Ho votato di conseguenza.
Claudio Morganti (EFD), per iscritto. – Con forza oggi ho votato per condannare le violenze contro le comunità cristiane e contro le minoranze religiose.
È necessario che il rispetto dei diritti umani e della libertà religiosa sia determinante nelle relazioni con gli altri paesi. Ho potuto constatare dal vivo l'occupazione della repubblica di Cipro Nord da parte della Turchia, situazione verso la quale l'Europa resta sorda, nonostante che Cipro sia uno stato membro. Nella Cipro occupata la maggior parte delle chiese sono state distrutte, con figure sante sfigurate, mentre il giorno di Natale è stata impedita la celebrazione della Santa messa dai soldati turchi in due chiese ortodosse.
Oggi è in pericolo la nostra libertà, la sopravvivenza di una cultura e di un sistema di vita fondati sul valore assoluto della persona umana e sull’eguaglianza di tutti di fronte allo Stato, la donna con gli stessi diritti dell'uomo, la democrazia, la giustizia sociale.
I fenomeni di intolleranza religiosa stanno diventando sempre più frequenti in diverse aree del mondo e i terribili attentati di queste settimane nei confronti delle comunità cristiane in Egitto ed in Iraq rappresentano l'ultima e pericolosa sfida da parte del terrorismo fondamentalista. L'Europa, noi tutti, dobbiamo aprire gli occhi e tutelare la libertà di religione.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. – Gli episodi dell'ultimo periodo contro le comunità cristiane in Egitto, Nigeria, Iraq, Pakistan, hanno reso necessario l'intervento dell'Unione Europea che ha espresso la sua forte condanna degli atti persecutori mobilitando il proprio rappresentante agli esteri. Ho votato a favore della risoluzione sulla situazione dei Cristiani nell'ambito delle libertà di religione perche ritengo che ci troviamo purtroppo di fronte a un attacco mondiale alla cristianità, violenze a sfondo religioso utilizzate a scopo politico per bloccare la crescita e lo sviluppo, fomentare l'odio sociale e destabilizzare il sistema degli Stati dove tali episodi si verificano. Ritengo quindi importante che l'Europa, promotrice del rispetto dei diritti umani e delle libertà civili e democratiche, si esprima duramente contro queste violenze che riportano il mondo indietro di secoli e chiudono la strada verso qualsiasi speranza di dialogo interculturale, tolleranza, crescita e benessere sociale.
Georgios Papanikolaou (PPE), per iscritto. – (EL) Ho votato a favore della risoluzione sulla situazione dei cristiani nel contesto della libertà di religione. La risoluzione comune, in seguito all'attacco contro i fedeli riuniti in preghiera in una chiesa copta di Alessandria d'Egitto il primo gennaio 2011, condanna ogni forma di violenza contro i cittadini indipendentemente dal gruppo religioso di appartenenza ed esprime preoccupazione per il numero crescente di casi di aggressione religiosa. Vorrei ricordare al Parlamento che la Grecia è particolarmente sensibile a questo tema, dopo aver pianto le vittime di un attacco del genere perpetrato dagli islamisti fanatici al Cairo in Egitto, il 18 aprile 1996, contro i turisti greci.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) L'Unione europea ha ripetutamente espresso il proprio impegno per la libertà di religione, di coscienza e di pensiero, e ha sottolineato che i governi hanno il dovere di garantire in tutto il mondo tali libertà. Lo sviluppo dei diritti umani, della democrazia e delle libertà civili è la base comune su cui l'Unione europea fonda le proprie relazioni con i paesi terzi ed è previsto dalla clausola democratica negli accordi tra l'UE e i paesi terzi. L'articolo 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici stabilisce che ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione: tale libertà non si applica solo ai seguaci delle religioni, ma anche agli atei, agli agnostici e ai non credenti.
Condanniamo quindi i recenti attacchi alle comunità cristiane in vari Paesi ed esprimiamo solidarietà alle famiglie delle vittime; esprimiamo la nostra profonda preoccupazione per il moltiplicarsi degli episodi di intolleranza e di repressione e per gli atti di violenza nei confronti delle comunità cristiane, in particolare nei Paesi dell’Africa, dell’Asia e del Medio Oriente.
Oreste Rossi (EFD), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, stiamo discutendo delle persecuzioni dei cristiani nel mondo, ma mentre si parla delle violenze accadute in Iraq, in Egitto, nelle Filippine, in India e in altre parti, si continua a tacere su quanto è successo proprio vicino a noi, con l'occupazione avvenuta nel 1974 da parte dell'esercito turco di un terzo circa del territorio cipriota.
Tale occupazione militare persiste ancora oggi con 38 mila soldati turchi stanziati nella Repubblica turca di Cipro del Nord e l'isola è divisa in due da mura e reticolati che attraversano addirittura città e villaggi. Negli anni sono stati distrutti sistematicamente 520 tra Chiese e monasteri cristiani e sostituiti da minareti. Le opere d'arte contenute in queste Chiese sono state bruciate, profanate o razziate, i cimiteri sono stati divelti e ai vescovi cristiani è proibito celebrare la messa. Proprio a Natale ufficiali della polizia turca hanno impedito la celebrazione a Carpasia della Santa Messa nelle Chiese San Sinesion Rizokarpaso e della SS. Trinità. Ma la cosa più incredibile è che in questo Parlamento vi siano molti colleghi, che pur intervenendo a favore dei cristiani nel mondo, vorrebbero far entrare la Turchia nell'UE.
Czesław Adam Siekierski (PPE), per iscritto. – (PL) Sentiamo parlare con sempre maggiore frequenza di persecuzioni nei confronti dei cristiani. Le statistiche fornite dalle organizzazioni internazionali sono terribili: affermano che ogni anno vengono uccisi nel mondo circa 150 000 cristiani. Non dobbiamo restare indifferenti di fronte a un simile disprezzo per la vita umana. L'Unione europea, in quanto custode dei fondamentali valori democratici e dei diritti umani, deve rafforzare il monitoraggio della situazione nei paesi terzi, specialmente in Medio Oriente. I nostri sforzi devono essere inequivocabili e più risoluti. La libertà di religione è un diritto umano fondamentale: la discriminazione per motivi religiosi e la violenza sono incompatibili con i nostri valori. Rispettando questi diritti, ci siamo posti come esempio per gli altri paesi, ma dobbiamo essere ugualmente efficaci nell’esigere da loro un analogo rispetto. I diritti umani sono universali e dovrebbero essere rispettati ovunque: dobbiamo reagire con forza contro qualsiasi tipo di espressione di intolleranza e in particolare di intolleranza religiosa. L'Unione ha a propria disposizione strumenti adeguati che permettono di costringere i governi dei paesi con cui intratteniamo relazioni politiche e commerciali ad agire correttamente e a rispettare le libertà civili, compresa la libertà di religione. Nei paesi musulmani, ma anche in paesi come la Cina, l’India e il Nepal, chiese e cappelle vengono bruciate impunemente, la gente viene cacciata in strada, torturata o addirittura uccisa e le donne sono costrette ad abortire. Nel nome delle corrette relazioni economiche questi fatti non vengono portati al tavolo dei negoziati. L'Europa non deve rimanere in silenzio.
Dominique Vlasto (PPE), per iscritto. – (FR) Appoggio pienamente questa risoluzione che condanna con forza il crescente numero di attacchi contro le comunità cristiane. Non possiamo tollerare simili atti di barbarie: sono espressione di odio e di intolleranza. Condanno la violenza e la perdita di vite umane che hanno gettato nel lutto numerose famiglie e tutte le comunità cristiane del mondo. Attaccare queste comunità significa minare i nostri valori più fondamentali. Il rispetto della diversità e della libertà religiose rappresenta un principio universale che deve essere difeso. Questi attacchi, effettuati in nome di un qualche oscurantismo estremista di un'altra epoca, sono progettati per creare un clima di paura e alla fine, ad essere direttamente minacciata è la sopravvivenza stessa di queste antiche comunità. L'Unione europea deve esprimere solidarietà alle vittime e sostenere le autorità che si impegnano a perseguire i colpevoli. Tale richiesta deve essere al centro delle relazioni con i nostri partner analogamente alle clausole sui diritti umani. La tolleranza e la pace sono intimamente legate e io, come sempre, appoggio le azioni dell'Unione europea volte a garantire il rispetto e la promozione dei valori, della libertà e dei diritti europei in tutto il mondo.
Angelika Werthmann (NI), per iscritto. – (DE) La risoluzione comune merita il sostegno poiché nel 2010 è cresciuto il numero di attacchi alle comunità cristiane di tutto il mondo. Nell'UE, la libertà religiosa e libertà di espressione sono intrinseche alla nostra identità europea. Al tempo stesso, il cristianesimo riveste in questo contesto un’importanza fondamentale ed è una componente significativa della cultura europea. Nell'UE la libertà di religione è regolata dall'articolo 10 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, dall'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dall'articolo 9 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
Proposte di risoluzione: (RC-B7-0044/2010)
Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. − L’UE deve usare tutta la durezza del caso nei suoi rapporti con la Bielorussia, ultimo regime d’Europa e anacronistico esempio di violenza politica statalista totalmente incompatibile con gli standard minimi di democrazia e libertà occidentali. Con questa risoluzione l’Europa prende, come già in precedenza, una posizione di ferma condanna degli episodi avvenuti durante le recenti elezioni, rinnovando al contempo anche la condanna di quanto accade da decenni in Bielorussia, tra censura dell’informazione, arresti e reclusioni di dissidenti, e quant’altro una deplorevole dittatura come quella di Minsk compie quotidianamente per tenere sotto scacco la società civile. Voto convintamente a favore della risoluzione comune.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della risoluzione sulla situazione in Bielorussia. Oltre 700 persone sono state arrestate per aver partecipato alla manifestazione del 19 dicembre a Minsk, la maggior parte di esse sono state rilasciate dopo aver scontato brevi pene amministrative mentre 24 militanti e giornalisti dell’opposizione, tra cui 6 candidati presidenziali, sono stati accusati di ‘aver organizzato disordini di massa’, oltre ad attacchi violenti e alla resistenza armata, il che potrebbe comportare pene detentive fino a 15 anni. Condanniamo il ricorso alla violenza da parte della polizia e dei servizi del KGB nei confronti dei manifestanti durante la giornata elettorale. Un tale comportamento rappresenta una grave violazione dei principi democratici fondamentali, come quelli della libertà di riunione e della libertà di espressione, nonché dei diritti umani. Considerata l’attuale situazione in Bielorussia, esorto la Commissione a proseguire e a potenziare gli aiuti finanziari a favore dell’Università europea di studi umanistici (EHU) con sede a Vilnius, in Lituania, ad accrescere il numero di borse di studio per gli studenti bielorussi oppressi per le loro attività civiche ed espulsi dalle università, nonché a contribuire all’organizzazione della conferenza “Solidarietà con la Bielorussia”.
David Casa (PPE), per iscritto. – La situazione in Bielorussia, aggravatasi negli ultimi mesi, è ora motivo di grande preoccupazione. È evidente che le elezioni che si sono svolte non soddisfano in alcun modo gli standard in materia di elezioni libere ed eque in una democrazia. L’arresto e la prolungata detenzione di candidati presidenziali nonché le violenze nei confronti dei manifestanti devono essere assolutamente condannati. L’Unione deve fare tutto quanto in suo potere per dimostrare che tali comportamenti non saranno presi alla leggera e che eventuali provvedimenti potranno sicuramente esaminare la possibilità di imporre sanzioni economiche nei confronti della Bielorussia. Per queste ragioni ho deciso di sostenere la proposta comune di risoluzione.
Corina Creţu (S&D), per iscritto. – (RO) La decisione delle autorità bielorusse di porre fine alla missione dell’ufficio dell’OSCE è deplorevole, esse sono state invitate a revocare immediatemente tale decisione.
Allo stesso modo, è deprecabile il blocco di alcuni importanti siti Internet durante la giornata elettorale. L’attuale normativa sui media in Bielorussia non è conforme algli standard internazionali; pertanto le autorità bielorusse sono invitate a rivederla e a modificarla.
A seguito della valutazione della situazione politica nel paese si è osservata una grave violazione dei diritti e delle norme democratici. Di conseguenza non possiamo che condannare gli atti di repressione nei confronti di manifestanti pacifici, di leader dell’opposizione democratica, nonché di numerosi attivisti della società civile, giornalisti, insegnanti e studenti.
Mário David (PPE), per iscritto. – (PT) Guardo all’attuale situazione politica e sociale in Bielorussia con una certa apprensione, ma, devo dire, anche con grande speranza. Per questo motivo sostengo incondizionatamente questa risoluzione comune firmata dai cinque gruppi parlamentari, senza contare il gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica. Oltre ad esprimere il mio rincrescimento per quanto sta accadendo, il che è ben illustrato nella risoluzione, desidero tuttavia sottolineare le misure specifiche previste da questa risoluzione, che ritengo debbano essere immediatamente attuate sia dal Consiglio che dalla Commissione: l’applicazione di sanzioni economiche; il congelamento di tutti gli aiuti finanziari concessi attraverso il Fondo monetario internazionale nonché attraverso la Banca europea per gli investimenti e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo; il sostegno con tutti i mezzi possibili degli sforzi della società civile bielorussa tesi a promuovere una società più libera e democratica; la reintroduzione del divieto di visto per i principali leader bielorussi, estendendolo agli alti funzionari; la sospensione della partecipazione della Bielorussia alle attività del partenariato orientale al vertice di tale partenariato che si terrà a Budapest; infine, l’intensificazione delle attività sulle direttive concernenti gli accordi di riammissione e l’agevolazione dei visti, al fine di rafforzare i contatti tra i popoli.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La Bielorussia è l’unico paese al mondo in cui la polizia opera ancora sotto il nome di KGB. Questo semplice dato di fatto è simbolicamente indicativo del tipo di regime che vi regna. I cittadini bielorussi sono esigenti e meritano dei cambiamenti effettivi che ne migliorino le condizioni di vita, promuovano efficacemente la democrazia e ne consentano la piena autodeterminazione politica. Spero che i paesi democratici si rendano conto di come il regime bielorusso non sia in grado di promuovere la democratizzazione della nazione e si oppongano apertamente ai suoi mezzi e metodi repressivi.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) In base ai risultati e alle conclusioni preliminari dell’Assemblea parlamentare e dell’ODIHR dell’OSCE, le elezioni presidenziali del 19 dicembre 2010 non si sono svolte nel rispetto delle norme internazionali in materia di elezioni libere, eque e trasparenti; pertanto dovranno tenersi al più presto nuove elezioni in condizioni libere e democratiche in conformità delle norme dell’OSCE.
Inoltre, il ricorso alla violenza da parte della polizia e dell’agenzia per la sicurezza di stato della repubblica di Bielorussia nei confronti dei manifestanti durante la giornata elettorale è inaccettabile. Devo esprimere la più seria preoccupazione riguardo ai tentativi delle autorità bielorusse di affidare alla custodia dello Stato Danil Sannikov, il figlio di 3 anni del candidato presidenziale Andrej Sannikov e della giornalista investigativa Irina Chalip, entrambi detenuti dalle elezioni del 19 dicembre.
Devono essere altresì condannate tutte le misure repressive e le autorità bielorusse devono essere esortate a cessare immediatamente ogni forma di persecuzione, intimidazione e minaccia ai danni di attivisti civili.
Ritengo che il Consiglio, la Commissione e l’Alto rappresentante dell’Unione europea debbano rivedere la politica dell’UE nei confronti della Bielorussia, esaminando la possibilità di imporre sanzioni economiche specifiche e di congelare tutti gli aiuti macrofinanziari.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) A prescindere dalla nostra analisi di quanto sta accadendo in Bielorussia, non possiamo essere complici in questo palese attacco all’indipendenza e alla sovranità nazionale di questo paese, incoraggiando un’interferenza diretta nei suoi affari interni e manipolando eventi che solo i bielorussi e le autorità del paese sono autorizzati a risolvere, allo scopo di tentare di allineare la nazione e le sue autorità agli interessi dell’Unione europea.
Questa risoluzione è un susseguirsi di azioni inaccettabili, il cui obiettivo è di instaurare a Minsk un regime aperto agli interessi dell’Unione. Consideriamo un paio di esempi:
- invita la Commissione a sostenere, con tutti i mezzi finanziari e politici, gli sforzi della società civile, dei media indipendenti (ad esempio Belsat TV, la radio europea per la Bielorussia, Radio Racja e altri) e delle organizzazioni non governative della Bielorussia tesi a promuovere la democrazia e a opporsi al regime;
- invita la Commissione a elaborare un meccanismo di registrazione delle ONG cui viene negata la registrazione in Bielorussia per ragioni politiche, in modo che queste ultime possano beneficiare dei programmi dell’Unione europea.
Perciò non abbiamo votato a favore di questa risoluzione.
Sandra Kalniete (PPE) , per iscritto. – (LV) L’Unione europea deve dichiarare attivamente la propria posizione riguardo agli eventi in Bielorussia. Dobbiamo condannare la violenta repressione dell’opposizione e la falsificazione dei risultati delle elezioni presidenziali. La libertà è uno dei valori fondamentali dell’Unione e possiamo sviluppare con successo rapporti di cooperazione solo con quei paesi in cui tali valori vengono rispettati. Ecco perché il rilascio dei prigionieri politici è una delle condizioni preliminari per la ripresa del dialogo tra l’Unione europea e la Bielorussia. Con questa dichiarazione il Parlamento deve inviare un segnale chiaro al governo bielorusso in merito al fatto che desideriamo la cooperazione, ma che non saremo mai disposti ad ignorare la libertà politica degli individui o la falsificazione di risultati elettorali per amore di interessi economici, soprattutto perché oltre venti anni fa una buona parte dei membri di questo parlamento stavano a loro volta lottando per la libertà. Dovranno essere imposte sanzioni al regime bielorusso, ma senza colpire il popolo bielorusso, al quale dobbiamo invece spalancare la porta dell’Europa.
Le università europee devono ammettere i giovani bielorussi che nel proprio paese sono esclusi dalle università in ragione della propria attività politica e che non potranno ottenere di nuovo un’istruzione in una Bielorussia guidata da Lukashenko. Dobbiamo intensificare la nostra collaborazione con i rappresentanti della società civile bielorussa, sostenere la loro lotta e condividere con loro delle esperienze. Sono convinta che il popolo bielorusso meriti uno stato democratico in cui i diritti umani vengono rispettati, in cui si tengono elezioni eque e in cui vige il diritto di parola. Se il governo bielorusso desidera cooperare con noi, sarà obbligato ad accettare queste condizioni.
Arturs Krišjānis Kariņš (PPE), per iscritto. – (LV) Una situazione in cui, proprio alle porte dell’Europa – in Bielorussia, le manifestazioni di democrazia sia a livello politico che delle ONG sono brutalmente soppresse è inaccettabile. Ho appoggiato questa risoluzione perché ritengo che il sostegno degli alleati occidentali sia fondamentale per l’opposizione al regime autoritario in Bielorussia Questa è un’opportunità per l’Unione di forgiare una politica estera comune e difendere quei valori per i quali si batte ogni giorno. Allo stesso tempo l’Unione europea deve imporre sanzioni al governo autoritario bielorusso e dare sostegno morale e finanziario al movimento democratico in Bielorussia.
Tunne Kelam (PPE), per iscritto. – Ho votato a favore della risoluzione comune sulla Bielorussia, essendo fra i suoi promotori a nome del gruppo del PPE. La risoluzione affronta in maniera chiara e univoca la tragica situazione in Bielorussia, instaurata dal suo dittatore Lukashenko dal 19 dicembre 2010. A tale proposito desidero sottolineare il paragrafo 15, che invita gli Stati membri a non indebolire l’azione comune dell’Unione con iniziative bilaterali che potrebbero minare la credibilità e l’efficacia dell’approccio europeo. Ritengo inoltre che non tenere il campionato mondiale di hockey su ghiaccio del 2014 a Minsk costituisca uno degli elementi più efficaci contenuti nella proposta per far leva sulle autorità bielorusse affinché abbandonino le proprie politiche repressive.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Egregio Presidente, cari colleghi, l’Unione europea ha sempre considerato la politica umanitaria e la tutela dei diritti fondamentali dell’uomo come sue priorità. La sua vocazione, che le consente oggi di svolgere un ruolo di attore protagonista sulla scena mondiale esportando, anche oltre i suoi confini, i principi della democrazia, del rispetto dei diritti umani e di legalità, ci permette di comprendere i motivi che stanno alla base della proposta di risoluzione comune volta a chiedere che la Bielorussia rispetti tutti gli impegni assunti in materia di diritto internazionale e di diritto umanitario. Sono tristemente noti gli avvenimenti occorsi durante le elezioni dello scorso 19 dicembre, caratterizzate da una brutale repressione delle manifestazioni popolari che lamentavano una serie di evidenti brogli elettorali, attuata dalle forze di polizia e dai funzionari dei servizi segreti. Tali inaccettabili accadimenti hanno portato il Parlamento europeo, sulla scorta di quanto in precedenza dichiarato dal suo Presidente, l’onorevole Jerzy Buzek, a chiedere all’Unione di comminare pesanti sanzioni contro la Bielorussia, nonché di avviare un’inchiesta condotta da autorità esterne ed imparziali al fine di ricostruire l’accaduto ed accertare le dovute responsabilità.
Elżbieta Katarzyna Łukacijewska (PPE), per iscritto. – (PL) I paesi dell’ex blocco sovietico comprendono molto bene la situazione politica della Bielorussia – restrizioni della libertà personale e sulla libertà di stampa e dei media, nonché un sistema di governo antidemocratico. Alla luce dei recenti avvenimenti in Bielorussia a seguito delle elezioni presidenziali, desidero attirare l’attenzione sui passi che il Parlamento europeo intraprenderà congiuntamente alla Commissione e al Consiglio per intervenire in tale questione. Dopo tutto dobbiamo discutere di misure volte ad aiutare la democrazia bielorussa e individuare maniere efficaci per rivedere la politica europea nei confronti del regime di Lukashenko. Nella situazione attuale, dobbiamo far pressione su Minsk e chiedere la liberazione dei prigionieri politici e che cessino le persecuzioni nei confronti dei giornalisti. Per questo motivo ho votato a favore dell’adozione della risoluzione. Vi ringrazio.
David Martin (S&D), per iscritto. – La situazione in Bielorussia è inaccettabile e mi unisco ai miei colleghi nel condannare il ricorso alla violenza da parte della polizia e dei servizi del KGB nei confronti dei manifestanti durante la giornata elettorale, in particolare la brutale aggressione a Vladimir Nekljaev, tra i molti casi di gravi violazioni dei principi democratici fondamentali, come quelli della libertà di riunione e della libertà di espressione, nonché dei diritti umani ed esprimo preoccupazione per i tentativi delle autorità bielorusse di affidare alla custodia dello Stato Danil Sannikov, il figlio di tre anni del candidato alle elezioni presidenziali Andrej Sannikov e di Irina Chalip, una giornalista investigativa, che dalle elezioni del 19 dicembre si trovano entrambi in carcere. Mi unisco all’invito rivolto alla Commissione affinché sostenga con tutti i mezzi finanziari e politici gli sforzi della società civile bielorussa tesi a promuovere la democrazia e a opporsi al regime.
Jiří Maštálka (GUE/NGL), per iscritto. – (CS) Non dovremmo semplicemente chiudere la porta riducendo così la possibilità di un migliore dialogo. L’imposizione di sanzioni severe potrebbe, attraverso il suo impatto, creare una barriera e isolare ulteriormente questa nazione. In ultima analisi, le conseguenze maggiori colpirebbero con tutta probabilità persone diverse da quelle a cui sono dirette. Le comunicazioni tra l’Unione europea e la Bielorussia dovrebbero continuare incessantemente, utilizzando tutte le vie della diplomazia, ed essere riviste regolarmente. Per quanto riguarda l’efficacia, essa dovrebbe implicare l’instaurarsi di un diverso tipo di dialogo, che avvenga in una forma e a livelli diversi, e preveda una valutazione equilibrata piuttosto che unilaterale. L’elemento fondamentale dovrebbe essere tuttavia un’attenta valutazione dell’esperienza fino ad ora acquisita nelle comunicazioni reciproche tra l’Unione europea e la Bielorussia, e sulla base di questa analisi tale esperienza potrebbe essere integrata in un piano strategico che rifletta chiaramente la politica estera europea nei confronti di questo paese.
Ciò porterebbe nel lungo termine a migliori relazioni e all’avvio di nuovi progetti di cooperazione, contribuendo all’ulteriore sviluppo di questo paese e a preservarne la sovranità. A tale fine il partenariato orientale può svolgere un ruolo significativo.
Clemente Mastella (PPE), per iscritto. − Dalla discussione in Aula è emerso un generale consenso sulla necessità di una forte reazione europea ai recenti accadimenti svoltisi in Bielorussia dopo le elezioni presidenziali.
Personalmente credo sia opportuno adottare un approccio articolato, che se da un lato vuole prevedere delle forme di pressione sul governo bielorusso, dall’altro non deve, però, interrompere del tutto la collaborazione con le autorità di Minsk, senza per questo avallarne la politica. Il danno che ne deriverebbe, infatti, sarebbe solo per le popolazioni della Bielorussia: ecco perché bisogna continuare a sostenere tutte quelle misure a favore della società civile ed a tutela degli oppositori, dei mass media indipendenti, delle organizzazioni non governative.
Appare quindi opportuno che non vengano assolutamente interrotti quei meccanismi di cooperazione tra l’Unione Europea e la Bielorussia, i soli in grado di poter contribuire concretamente al benessere ed alla crescita sociale e democratica del paese. Ritengo quindi che debba essere mantenuto quel "dialogo critico", già avviato dai 27 Stati membri dell’Unione europea, allo scopo di convincere la Bielorussia ad imboccare, con rafforzata decisione, il cammino verso standard europei in materia di rispetto della democrazia e tutela dei diritti umani.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Ciò che sta accadendo in Bielorussia deve essere motivo di preoccupazione per tutti coloro che credono nella democrazia e nello stato di diritto. I cittadini di questo paese vivono sotto un regime che non rispetta i diritti umani e mantiene una forza di polizia politica estremamente violenta. L’Unione deve sostenere tutti gli sforzi volti alla democratizzazione di tale regime e al miglioramento della vita della sua popolazione. È necessario porre fine alla repressione che tuttora vige in Bielorussia.
Louis Michel (ALDE), per iscritto. – (FR) Non possiamo che condannare il ricorso alla violenza da parte della polizia e del KGB nei confronti dei manifestanti durante la giornata elettorale. Oltre 600 persone sono state arrestate e incarcerate. Arresti, perquisizioni e ulteriori condanne sono proseguiti nei giorni successivi. Questo atteggiamento inaccettabile contro l’opposizione dovrebbe essere per noi motivo di grande preoccupazione. Chiunque sia stato arrestato per motivi politici deve essere rilasciato immediatamente. Non devono verificarsi ulteriori persecuzioni nei confronti dell’opposizione, delle forze democratiche o dei rappresentanti della società civile.
Anche la posizione presa delle autorità è incomprensibile perché va contro quella adottata durante la campagna elettorale, durante la quale abbiamo osservato l’emergere di forze pluraliste, il formarsi di una vera opposizione e di un’attiva società civile. L’Unione non ha riconosciuto i risultati elettorali ufficiali. Che si prendano provvedimenti o meno contro il governo, essi non dovranno penalizzare la popolazione, le ONG o la società civile. Il Consiglio degli affari esteri che si terrà il 31 gennaio 2011 dovrà decidere le misure del caso.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) I media affermano che la reintroduzione delle sanzioni contro il Presidente bielorusso Lukashenko, che erano state ammorbidite oltre due anni fa, equivale ad ammettere che i nostri perenni sforzi di avvicinamento sono falliti. Il fatto è che tali sforzi erano falliti prima di adesso, per esempio, in occasione delle elezioni presidenziali ed erano certamente falliti, se non prima, quando gli uffici dell’OSCE di Minsk vennero chiusi e Germania e Polonia vennero accusate di tentata destabilizzazione.
Tuttavia, per molti aspetti, la risoluzione esagera i problemi, rendendo passibile di critiche quello che è essenzialmente un buon testo. Per esempio, l’invito a vietare l’ingresso nell’Unione a tutti i funzionari di governo e ai rappresentanti del sistema giudiziario non raggiungerebbe l’obiettivo sperato. Cancellare il campionato mondiale di hockey su ghiaccio del 2014 costituirebbe un esempio simile di eccessiva diplomazia del megafono. Per questa ragione mi sono astenuto.
Radvilė Morkūnaitė-Mikulėnienė (PPE), per iscritto. – (LT) Concordo in merito al fatto che debba essere decisamente rivista la politica europea sulla Bielorussia al prossimo consiglio degli affari esteri. Ritengo che non solo a livello del Parlamento europeo e della Commissione, ma anche a livello ministeriale e dei capi di stato si debba porre costante attenzione alla situazione in Bielorussia, poiché essa confina con l’Unione europea. La nomina di coordinatori europei per gli affari bielorussi potrebbe garantire un’azione unitaria da parte dell’Unione nei confronti di questo paese. Sono favorevole alla disposizione secondo la quale l’Unione dovrebbe congelare il divieto di visto per una lista estesa di funzionari bielorussi, ma allo stesso tempo sbloccare il più possibile i contatti e i viaggi all’interno dell’UE per i comuni cittadini. La Lituania sta seguendo questa linea, avendo firmato un accordo sui movimenti transfrontalieri organizzati e rilasciando visti gratuiti ai cittadini bielorussi. Sostengo inoltre l’obiettivo di individuare le “aree più sensibili” e di giungere a una decisione sull’imposizione di sanzioni mirate, indirizzando e adattando al contempo l’assistenza UE alla società civile bielorussa. Invito la Commissione ad individuare soluzioni per aumentare l’accesso all’informazione indipendente da parte della popolazione bielorussa. L’Università europea di studi umanistici di Vilnius (EHU) è uno dei progetti di cooperazione allo sviluppo a lungo termine di maggior successo per quanto concerne la Bielorussia Di fronte a una simile situazione interna nel paese, in cui tutte le strade per diventare cittadini critici, consapevoli e liberi sono state per lungo tempo bloccate, la EHU sta diventando non solo un’isola per il libero pensiero bielorusso, ma anche terreno fertile per i futuri leader del paese. Per questo l’assistenza dell’Unione a favore di questa università deve non solo continuare, ma aumentare. È un gesto logico che va accolto positivamente.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. – (DE) La proposta di risoluzione contiene alcune richieste davvero eccessive, quali le restrizioni sui visti per funzionari di stato e magistrati, nonché l’ipotesi di boicottaggio dei campionati mondiali di hockey su ghiaccio del 2014. Per queste ragioni mi sono astenuto.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − In seguito alle elezioni presidenziali in Bielorussia avvenute lo scorso 19 Dicembre, e conclusesi con la rielezione di Lukashenko, c’è stata una manifestazione di protesta che ha portato ad una violenta repressione da parte della polizia. Molti dimostranti e leaders dell’opposizione sono stati arrestati e potrebbero incorrere in condanne severe. A tal proposito, l’UE non può stare ferma a guardare: è condivisa l’esigenza di concentrare l’attenzione sul rilascio di queste persone a seguito degli eventi post elettorali. Questo è uno dei motivi per cui il mio voto, favorevole, vuole essere un gesto di assenso verso una risoluzione comune affinchè la Bielorussia possa essere tutelata e partecipare al processo di collaborazione con la Comunità europea. E’ a mio parere opportuno affrontare la questione in maniera rapida e concreta attraverso un approccio articolato che sostenga attivamente la società civile e tuteli gli oppositori e i loro familiari. Il mio voto a favore scaturisce dall’esigenza, ormai fortemente sentita dall’UE, di convincere la Bielorussia ad imboccare il cammino verso standard europei in materia di rispetto della democrazia e tutela dei diritti umani.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – Con questa risoluzione il Parlamento chiaramente ritiene – in linea con le conclusioni preliminari dell’Assemblea parlamentare e dell’ODIHR dell’OSCE – che le elezioni presidenziali del 19 dicembre non si siano svolte nel rispetto delle norme internazionali in materia di elezioni libere, eque e trasparenti; è del parere che si tratti dell’ennesima occasione perduta per avviare una transizione democratica in Bielorussia e, viste le numerose e gravi irregolarità denunciate dall’ODIHR dell’OSCE, chiede che si tengano nuove elezioni in condizioni libere e democratiche in conformità delle norme dell’OSCE.
Condanna inoltre il ricorso alla violenza da parte della polizia e dei servizi del KGB nei confronti dei manifestanti durante la giornata elettorale e, in particolare, esprime la propria indignazione per la brutale aggressione a Vladimir Nekljaev, in quanto in entrambi i casi si tratta di gravi violazioni dei principi democratici fondamentali, come quelli della libertà di riunione e della libertà di espressione, nonché dei diritti umani; esprime preoccupazione per i tentativi delle autorità bielorusse di affidare alla custodia dello Stato Danil Sannikov, il figlio di tre anni del candidato alle elezioni presidenziali Andrej Sannikov e di Irina Chalip, una giornalista investigativa, che dalle elezioni del 19 dicembre si trovano entrambi in carcere.
Rafał Trzaskowski (PPE), per iscritto. – (PL) La politica europea sulla Bielorussia, basata sul dialogo e sul tendere la mano, si è rivelata inefficace. È perciò giunto il momento di prendere decisioni difficili ma determinate, che da un lato comporteranno sanzioni contro il regime, ma dall’altro l’apertura verso la società civile bielorussa, perché senza il suo sostegno non avranno luogo i cambiamenti necessari per il paese. La risoluzione discute questi temi.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Valuto positivamente questa relazione, poiché la Commissione ha reagito alla crisi attuando nel contempo misure in materia di politica di concorrenza. Chiedo che il Parlamento svolga un ruolo colegislativo in materia di politica di concorrenza, ma, non essendo possibile, invito la Commissione a rendere conto in maniera dettagliata al Parlamento sul seguito dato alle raccomandazioni da esso formulate e a spiegare ogni divergenza rispetto a queste. È deplorevole che ancora non sia stato possibile migliorare il quadro della concorrenza all’interno del mercato unico per renderlo più favorevole per le piccole e medie imprese.
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione sulla politica di concorrenza 2009. Condivido il parere del relatore, secondo il quale il Parlamento. dovrebbe svolgere un ruolo più attivo nella definizione della politica di concorrenza mediante l’introduzione di un ruolo colegislativo. Per raggiungere questo obiettivo il Parlamento deve essere regolarmente informato su qualsiasi iniziativa in tale ambito. Sono certa che un ruolo più attivo del Parlamento nel definire la politica di concorrenza dell’Unione costituirà un notevole contributo all’attuazione di una politica di concorrenza efficace e al funzionamento senza restrizioni del mercato interno, condizioni preliminari essenziali per la crescita economica sostenibile nell’Unione europea.
Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. – (RO) Uno dei principi del trattato sull’Unione europea sancisce che gli Stati membri debbano adottare una politica economica “in accordo coi principi dell’economia del mercato aperta, basata sull’equa concorrenza”. Lo scopo della politica di concorrenza è di creare una genuina concorrenza nel mercato unico attraverso misure relative alle strutture del mercato e al comportamento dei suoi attori. La libera concorrenza stimola l’innovazione, riduce i costi di produzione, aumenta l’efficienza economica e, di conseguenza, accresce il livello della competitività dell’economia europea. La relazione affronta sia le politiche antitrust che quelle relative al controllo degli aiuti di Stato. Contiene anche norme e procedure per la lotta al comportamento anticoncorrenziale nelle aziende e vieta ai governi di concedere aiuti di Stato che distorcono la concorrenza nel mercato interno.
Ho votato a favore di questa relazione perché considero la politica di concorrenza uno strumento essenziale per dotare l’Unione europea di un mercato interno dinamico, efficiente e innovativo e renderla competitiva su scala mondiale, nonché per uscire dalla crisi finanziaria. I consumatori traggono maggiori benefici quando la politica di concorrenza viene attuata efficacemente.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Ogni anno la Direzione generale per la concorrenza dell’Unione europea pubblica la sua relazione sulla politica di concorrenza UE. La Commissione europea è dotata di poteri molto ampi in questo ambito al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato interno. Il 2009 è stato caratterizzato da condizioni di grave crisi, di cui la Commissione ha dovuto tener conto al momento di supervisionare le pratiche delle imprese. Ho votato a favore della risoluzione del Parlamento in quanto invita la Commissione a garantire che i membri del Parlamento siano maggiormente coinvolti nel processo decisionale in materia di politica di concorrenza, che venga data maggiore attenzione ai servizi di pubblico interesse e che i suoi servizi dedichino maggiore attenzione alle attività delle imprese nel settore finanziario.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR) Se ci fosse stato il voto elettronico sulla relazione sulla politica di concorrenza 2009, mi sarei astenuto. In realtà, la relazione conteneva dei buoni elementi (valutazione della politica di concorrenza, diritti dei consumatori, innovazione e un ruolo maggiore per le piccole e medie imprese), ma deploro l’angolazione generale dalla quale è stata scritta: una sorta di sospetto nei confronti degli aiuti di Stato – che si presuppongono essere in conflitto con la politica di concorrenza a priori – e una maniera di incoraggiare la liberalizzazione anticipata di certi settori dell’economia, in particolare quello ferroviario, a mio parere inappropriata.
Dobbiamo cambiare questa angolazione e rimettere i cittadini al centro del problema. Possiamo constatare, soprattutto nei servizi pubblici, come le norme in materia di aiuti di Stato siano inadeguate ai compiti che il servizio pubblico assolve, pertanto dovrebbero essere riscritte pensando innanzi tutto ai bisogni dei cittadini e alla coesione sociale.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione sulla politica di concorrenza 2009. La Commissione europea ha reagito rapidamente alla crisi economica e finanziaria e le misure della politica di concorrenza sono state adattate efficacemente. Desidero attirare l’attenzione sul fatto che il Parlamento dovrebbe partecipare più attivamente alla definizione della politica di concorrenza mediante l’introduzione di un ruolo colegislativo. Inoltre il Parlamento deve essere regolarmente informato su qualsiasi iniziativa in tale ambito. Una politica di concorrenza europea basata sui principi dei mercati aperti e della parità di condizioni in tutti i settori dovrebbe essere un elemento fondamentale per il buon funzionamento del mercato interno e una condizione preliminare per la creazione di posti di lavoro sostenibili e basati sulla conoscenza. Vorrei sottolineare la necessità di elaborare regole di concorrenza chiare, favorevoli e utili alle piccole e medie imprese, perché l’attuazione di una politica di concorrenza efficace e il funzionamento senza restrizioni del mercato interno sono condizioni preliminari essenziali per la crescita economica sostenibile nell’Unione europea. Esorto la Commissione a impegnarsi maggiormente per assicurare una concorrenza equa nell’ambito del mercato interno e pari condizioni di uscita.
David Casa (PPE), per iscritto. – È necessario notare che a causa delle circostanze eccezionali dovute alla crisi finanziaria di cui siamo stati testimoni, si è necessariamente dovuto esercitare un certo grado di flessibilità nel contesto della politica di concorrenza europea. Si deve tuttavia comprendere che i principi sui quali tale politica si basa sono quelli dei mercati aperti e l’assicurare parità di condizioni. Tali condizioni sono essenziali per il buon funzionamento del mercato interno. A mio parere la relazione ha affrontato adeguatamente i preoccupanti temi emersi in seguito alla crisi. Ha inoltre ben indicato la strada da seguire. Ho pertanto votato a favore della relazione.
Corina Creţu (S&D), per iscritto. – (RO) La relazione sulla politica di concorrenza è un documento importante, che sottolinea come in tempi di crisi sia essenziale non solo assicurare la stabilità finanziaria e ripristinare i flussi di credito, ma soprattutto garantire la presenza di tutte le condizioni, le verifiche e i meccanismi di controllo necessari al buon funzionamento dei mercati.
D’altro canto, in simili circostanze, le regole di concorrenza devono essere applicate con flessibilità quando necessario, senza compromettere i principi sui quali si basano le politiche in questo ambito. Non dobbiamo dimenticare che durante la crisi, si sono sentite levarsi non poche voci che invocavano l’introduzione di politiche protezioniste, che non avrebbero fatto altro che approfondire e prolungare la crisi.
La politica di concorrenza è un elemento fondamentale per dotare l’Unione europea di un mercato interno dinamico, efficiente, innovativo e competitivo su scala mondiale. Per questo le osservazioni e le raccomandazioni formulate nella relazione sulle politiche di settore in materia sono ben accette, così come quelle relative alla portata e alla destinazione degli aiuti di Stato.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La politica di concorrenza europea non è solo una politica fondamentale su cui si fonda il quadro giuridico europeo, ma è anche alla base del buon funzionamento del mercato interno e di una economia sostenibile e competitiva. Per questo ritengo sia importante che la Commissione informi il Parlamento sui suoi sviluppi e la sua applicazione. Come tutti sappiamo, il 2009 è stato un anno straordinario per una serie di ragioni. È stato l’anno che è seguito al crollo della Lehman Brothers (settembre 2008), che ha comportato l’introduzione di diverse misure eccezionali in materia di concorrenza, in particolare per quanto riguarda gli aiuti di Stato, le quattro comunicazioni relative al settore finanziario e il quadro provvisorio rivolto ai restanti settori. Pertanto, ritengo sia fondamentale condurre un’analisi approfondita sull’impatto che tali misure hanno avuto sull’economia e sulle finanze dei vari stati ed esaminarne l’efficacia, al fine di trarre le debite conclusioni.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Questa risoluzione riguarda la politica di concorrenza 2009 e contiene una panoramica su tutto il sostegno di Stato al settore dei trasporti all’interno dell’Unione, elemento fondamentale per l’esistenza di un mercato senza frontiere e per la libera circolazione delle persone, dei beni e dei servizi.
La crisi economica di questi ultimi anni è riflessa nella bancarotta di molte aziende ed è imperativo adottare misure normative che impediscano la distorsione di questa attività, in particolare regolando il sostegno a tale settore. Inoltre, i paesi alla periferia dell’Unione hanno conosciuto costi maggiori in questo ambito, quando si sono resi necessari fondi per minimizzare la situazione.
Perciò accolgo con favore l’adozione di questa risoluzione e la creazione di una serie di misure di sorveglianza del mercato, la preoccupazione ambientale relativa alle emissioni di anidride carbonica e gli incentivi alla ricerca per migliorare la competitività in Europa, in particolare tramite le raccomandazioni affinché la Commissione e gli Stati membri dedichino un investimento del 3 per cento a questo settore.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) È inaccettabile che, in un momento in cui la crisi economica e finanziaria si sta approfondendo, il Parlamento europeo debba approvare la relazione 2009 sulla politica di concorrenza che difende la concorrenza e insiste su nuove misure di liberalizzazione, in particolare nel settore del trasporto ferroviario, affermando che è necessario completare il mercato ferroviario unico attraverso l’apertura dei mercati nazionali del trasporto passeggeri. Lo stesso vale per il settore farmaceutico – laddove si invita la Commissione ad accelerare il completamento del mercato interno dei medicinali – per le telecomunicazioni e così via.
Quello che abbiamo di fronte, dunque, è una relazione che intende aumentare la liberalizzazione in settori fondamentali al fine di migliorare le condizioni di vita dei cittadini, ma senza pensare agli effetti sull’occupazione, sui prezzi e sulla vita delle persone. È unicamente interessata ai profitti dei gruppi economici e finanziari, sebbene di tanto in tanto faccia riferimento alle piccole e medie imprese, che la politica neoliberista dell’Unione europea sta mettendo a repentaglio. Trascura sempre il fatto che questa così detta libera concorrenza semplicemente non fa che permettere alle grandi compagnie di schiacciare le piccole aziende e che chi ne paga le conseguenze sono i lavoratori, i consumatori e i piccoli imprenditori.
Per queste ragioni abbiamo votato contro la relazione.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione perché il protezionismo e la mancata applicazione delle regole di concorrenza non farebbero che approfondire e prolungare la crisi. La politica di concorrenza costituisce uno strumento essenziale per dotare l’Unione europea di un mercato interno dinamico, efficiente e innovativo e renderla competitiva su scala mondiale, nonché per superare la crisi finanziaria. La concorrenza è ancora imperfetta nel settore energetico, nella produzione agricola e in altri settori. Il Parlamento dovrebbe pertanto partecipare più attivamente alla definizione della politica di concorrenza tramite l’introduzione di un ruolo colegislativo. Il ruolo attivo del Parlamento nella definizione della politica di concorrenza dell’Unione costituirà un notevole contributo all’attuazione di una politica di concorrenza efficace e al funzionamento del mercato interno, condizioni preliminari essenziali e premesse per la crescita economica sostenibile nell’Unione europea.
Iliana Ivanova (PPE), per iscritto. – (BG) Per quanto riguarda la relazione sulla politica di concorrenza per il 2009, desidero ribadire l’importanza delle azioni di sorveglianza tese a valutare l’efficacia degli aiuti di Stato concessi. È vitale per il mercato unico europeo che la Commissione esegua un’analisi approfondita delle conseguenze del meccanismo rivisto di aiuti di Stato adottato in risposta alla crisi per quanto riguarda una sana concorrenza e il mantenimento della parità di condizioni nell’UE, la riforma finanziaria e la creazione di posti di lavoro.
Non dobbiamo dimenticare che il processo di revisione per l’erogazione dell’assistenza di stato venne avviato a un unico scopo: aiutare le economie degli Stati membri a riprendersi dalla crisi. Monitorando i risultati dell’assistenza di Stato concessa, la Commissione deve verificare che le misure adottate non superino l’obiettivo iniziale, poiché l’essenza della politica di concorrenza UE consiste nella parità di partecipazione nel mercato unico.
Bogusław Liberadzki (S&D), per iscritto. – (PL) Abbiamo votato un documento di fondamentale importanza sulla politica di concorrenza europea. La concorrenza è essenziale per il buon funzionamento dell’economia. Si dovrebbe considerare la concorrenza sia a livello mondiale che nell’ambito dell’Unione. In un approccio mondiale, dobbiamo concentrarci, tra gli altri, sulle regole del gioco nel mercato nonché sul costo dei produttori competitivi al di fuori dell’Unione europea. È il caso dei produttori cinesi e coreani in particolare. Accolgo positivamente l’invito a completare il mercato unico ferroviario in Europa. Dei sani principi di concorrenza possono contribuire a rivitalizzare il settore ferroviario e ad aumentarne la quota nel mercato dei trasporti. Ciò potrebbe avvicinarci all’idea di un sistema ferroviario europeo, simile a quello stradale o aereo.
Petru Constantin Luhan (PPE), per iscritto. – (RO) Il 2009 è stato un anno difficile per l’Unione europea, segnato da una crisi economica e finanziaria particolarmente grave, ma non è stata la sola in tutto questo. Gli effetti negativi della crisi hanno colpito duramente l’economia e le imprese, così come i legislatori. Mentre questi ultimi hanno cercato di formulare politiche per minimizzare l’impatto della crisi sull’economia reale, la Commissione europea, insieme agli Stati membri e alle banche centrali, ha lavorato sodo per stabilizzare il sistema finanziario. La relazione di quest’anno dedica particolare attenzione a questi temi e nota con soddisfazione la rapida reazione della Commissione e il suo efficace ricorso a misure in materia di politica di concorrenza. Ho votato a favore della relazione perché ritengo che l’Unione europea abbia bisogno di una politica di concorrenza forte, basata sul principio del libero mercato e della concorrenza equa in tutti i settori, che consenta il buon funzionamento del mercato interno e favorisca la creazione di posti di lavoro sostenibili, basati sulla conoscenza.
David Martin (S&D), per iscritto. – Ho votato a favore di questa relazione e in particolare desidero attirare l’attenzione sul paragrafo 105 che invita la Commissione a perseguire il completamento del mercato unico ferroviario. Un invito che appoggio fermamente.
Clemente Mastella (PPE), per iscritto. − Presidente, ho votato a favore di questa relazione perché, partendo da una positiva valutazione delle attività svolte anche quest’anno dalla Commissione Europea, sostiene con forza un ruolo sempre più attivo anche per il Parlamento nella definizione della politica di concorrenza. Chiediamo, infatti, di avere un ruolo "colegislativo" e di poter essere regolarmente informati su qualsiasi iniziativa in tale ambito. Intendiamo sottolineare che una politica di concorrenza dell’UE, basata sui principi dei mercati aperti e della parità di condizioni in tutti i settori, rappresenta un elemento fondamentale per il buon funzionamento del mercato interno, un presupposto indispensabile per la creazione di posti di lavoro sostenibili. Ribadiamo, quindi, il nostro invito ad una maggiore coerenza tra tutte le politiche dell’Unione e quelle che sono le priorità annunciate nella strategia Europa 2020 a favore della crescita e dell’occupazione. Occorre elaborare regole sempre più chiare per favorire lo sviluppo delle piccole e medie imprese europee, che sono alla base dello sviluppo di tutte le nostre economie. Invitiamo, allo stesso tempo, tutti gli Stati membri a cooperare attivamente con la Commissione nell’elaborazione e nella valutazione delle norme temporanee in risposta alla crisi finanziaria ed economica, presentando relazioni puntuali e dettagliate sulla loro attuazione ed efficacia.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Questa relazione è un’ode alla libera concorrenza priva di distorsioni, propugnata quale rimedio infallibile contro la crisi finanziaria. In realtà, è esattamente il contrario. La concorrenza è il male, non la cura. Questa relazione è un credo assurdo. Esprimerò voto contrario.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) L’analisi della relazione sulla politica di concorrenza 2009 mostra che la crisi economica, iniziata nel 2008, può avere avuto degli effetti su tale politica, non ultimo perché gli Stati membri hanno concesso aiuti alle rispettive economie in diversi modi. È tempo di analizzare le conseguenze di questi aiuti sul mercato interno e valutare se abbiano distorto la libera concorrenza. Non possiamo dimenticare che la politica di concorrenza dell’Unione si basa sui principi dei mercati aperti e della parità di condizioni in tutti i settori; ciò costituisce un elemento fondamentale per il buon funzionamento del mercato interno e un presupposto essenziale per la creazione di posti di lavoro sostenibili e basati sulla conoscenza.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) La crisi economica e finanziaria che ha scosso i mercati finanziari ha ovviamente avuto delle conseguenze anche sulla politica di concorrenza. Il suo impatto è evidente nei crescenti deficit di bilancio e nell’aumento dei livelli di debito pubblico in molti Stati membri – che rallentano la ripresa economica – nonché negli aiuti di Stato concessi in risposta alla crisi finanziaria.
Le garanzie dei governi hanno prodotto una serie di effetti e di distorsioni, come la riduzione dello spread dei titoli privati, così come delle conseguenze sulla strategia che regola i fondi pensione. La politica sulla concorrenza europea dovrebbe rendere competitivo il mercato interno a livello mondiale. Non vi è dubbio che un approccio coordinato in questo settore sia sensato. Tuttavia, non dovrebbe degenerare in un attacco alla sovranità. Per questa ragione ho votato contro la relazione.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Ho votato a favore della relazione del collega Eppink sulla politica di concorrenza 2009 perche la politica di concorrenza rappresenta uno strumento fondamentale per affrontare le conseguenze della crisi economica. In materia di concorrenza per il 2009, dopo la ripresa del settore finanziario, la Commissione europea ha svolto e svolge il compito fondamentale di vigilare sul rimborso delle banche degli aiuti di stato regolati allo scopo di rilanciare l’economia. Bisogna innanzitutto favorire le Piccole e Medie Imprese. Poiché le PMI rivestono un ruolo cruciale per l’intera economia europea, in quanto grande potenziale di innovazione, esse hanno bisogno di regole di concorrenza chiare, eque e non discriminatorie al fine di facilitare le transazioni transfrontaliere e sfruttare il mercato UE attraverso l’efficace utilizzo della SEPA (Area unica di pagamenti in Euro).
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – Abbiamo sostenuto interamente la relazione proposta, sebbene alcuni voti importanti siano stati persi riguardo all’ecotassa. In generale, tuttavia, il testo era sufficientemente valido perché alla fine lo sostenessimo (senza entusiasmo, è vero).
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, anche alla luce della relazione del 2009 della Commissione sulla politica di concorrenza in Europa risulta sempre più evidente come tale principio costituisca uno strumento essenziale per dotare l’Unione europea di un mercato interno dinamico, efficiente e innovativo, rendendola competitiva su scala mondiale e permettendole di superare la crisi finanziaria.
In questo contesto il ruolo del Parlamento europeo deve essere sempre più centrale, partendo da un suo crescente coinvolgimento in qualsiasi iniziativa portata avanti dalla Commissione su questo tema, unica autorità competente in materia a livello di Unione europea. In particolar modo viene evidenziata l’importanza che rivestono le piccole e medie imprese nel tessuto dell’intera economia europea, sottolineando il loro grande potenziale d’innovazione e rinnovando la richiesta alla Commissione affinché prenda nuove iniziative incentrate sulle condizioni di concorrenza eque e non discriminatorie per le tali aziende.
Czesław Adam Siekierski (PPE), per iscritto. – (PL) Vogliamo un mercato efficiente, dinamico e innovativo. La politica di concorrenza è lo strumento giusto per raggiungere questi obiettivi. Una priorità dell’immediato futuro sarà garantire una crescita duratura aumentando i livelli di occupazione, che si tradurrà nel rafforzamento della nostra competitività. Ciò contribuirà a migliorare la posizione dell’Unione sulla scena mondiale e ci permetterà di superare la crisi, ma soprattutto migliorerà la qualità della vita dei nostri cittadini. Se la concorrenza funziona bene nel mercato per beni e servizi, possiamo garantire una migliore qualità, prezzi più bassi e una scelta più ampia per il consumatore. In particolare dobbiamo ricordare le piccole e medie imprese, che non solo danno lavoro alla maggior parte dei cittadini, ma possiedono anche un enorme potenziale d’innovazione. Pertanto è fondamentale creare condizioni eque e non discriminatorie per le PMI e sviluppare regole di concorrenza molto chiare e trasparenti. Il ricorso efficace da parte della Commissione agli strumenti della politica di concorrenza ha consentito di stabilizzare l’economia e di attenuare gli effetti della crisi economica sulle imprese e sui consumatori. Nel 2009 era essenziale un intervento per salvaguardare l’integrità e la competitività del mercato unico. La politica degli aiuti di Stato è un elemento cruciale della politica di concorrenza, perché garantisce pari opportunità a tutti gli imprenditori che operano nel mercato unico. Tali aiuti, tuttavia, andrebbero sorvegliati, affinché non deteriorino il funzionamento del mercato.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) L’analisi della relazione sulla politica di concorrenza presentata dalla Commissione europea per l’anno 2009 ci permette di trarre le conclusioni sui vantaggi di questa politica europea. La politica europea di libera concorrenza è una delle politiche fondamentali dell’integrazione europea. Il concetto sulla quale si basa ha come obiettivo la creazione di un mercato interno in cui gli attori economici possono avviare ed esercitare liberamente le proprie attività. Come viene affermato in questo documento, ritengo che siano necessarie regole di concorrenza chiare affinché la creazione di piccole e medie imprese (PMI) sia realmente possibile. Attualmente l’Unione europea sta attraversando uno dei più gravi periodi di crisi economica e finanziaria di tutta la sua storia e l’attività delle PMI è vitale per la ripresa dell’economia. Constato con soddisfazione come si stiano sviluppando crescenti sinergie tra le politiche di concorrenza e di tutela dei consumatori. Mi rammarico tuttavia del fatto che nel settore energetico la concorrenza sia ancora sleale e sostengo l’invito rivolto alla Commissione europea contenuto nel documento votato oggi a monitorare attentamente l’attuazione da parte degli Stati membri del terzo pacchetto di misure sulla liberalizzazione energetica.
Derek Vaughan (S&D), per iscritto. – Sostengo appieno gli inviti contenuti nella relazione affinché vengano definite regole più severe in materia di politica di concorrenza. I risarcimenti dovuti a privati e aziende laddove sono state compiute violazioni della legge antitrust comunitaria contribuiranno molto a dissuadere imprese e privati dal violare tali leggi. Questa proposta è ben equilibrata e chiede che venga sviluppata un’ampia gamma di strumenti per scoraggiare i cittadini dall’infrangere le regole, che includano la responsabilità individuale, la trasparenza e la responsabilità delle imprese, il diritto alla difesa e a un giusto processo. Mi rallegro del fatto che la proposta non si sia spinta tanto in là quanto negli Stati Uniti, dove il livello delle ammende ha provocato danni eccessivi, con la perdita di posti di lavoro.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Alla luce del fatto che tre Stati membri sono membri anche del Consiglio artico e dell’avvio dei negoziati di adesione con l'Islanda, voto a favore della presente relazione. L'Unione europea svolge un ruolo importante nella regione e ha competenze condivise in numerosi settori ed altre esclusive in altri ambiti, come la pesca. L’UE, inoltre, riveste un ruolo di primo piano in alcune politiche, quali quella ambientale e la politica per la ricerca sul cambiamento climatico. È necessario ricordare, poi, che alcuni paesi artici sono già ora tra i nostri fornitori principali di energia, materie prime e risorse ittiche. La varietà delle risorse e il potenziale offerto dalla regione in termini di fonti di energia alternative possono essere promossi solo attraverso un'impostazione ecosistemica e piani di gestione integrati. Lo sviluppo di nuove rotte commerciali può favorire la crescita dell’economia europea, dal momento che l’Europa si trova in una posizione privilegiata per offrire servizi, quale la copertura GPS grazie al sistema Galileo.
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione su una politica europea sostenibile per il Grande Nord. Convengo sulla necessità di una politica europea coesa e coordinata per la regione artica, in cui siano chiaramente definite le priorità dell'Unione, le sfide potenziali e la strategia, tenendo conto delle risorse rinnovabili e non rinnovabili dell’Artico, dell’impatto del cambiamento climatico sulla regione e della diversa valutazione geopolitica dell'Artico su più ampia scala. La regione artica è un’area molto sensibile, dove gli effetti del cambiamento climatico sono particolarmente visibili e con gravi ripercussioni sulle altre regioni del mondo. La migliore protezione per l'Artico consiste in un accordo ambizioso e di lungo periodo sul clima globale, sebbene il rapido riscaldamento dell'Artico possa rendere necessaria l'elaborazione di eventuali provvedimenti a breve termine per limitare il fenomeno. La questione è particolarmente importante in considerazione del crescente interesse allo sfruttamento delle risorse. Non dobbiamo dimenticare i popoli indigeni, le cui economie dipendono in larga misura dall'uso sostenibile delle risorse naturali; l'attenuazione del cambiamento climatico e dei suoi effetti nonché il diritto delle popolazioni indigene a un ambiente non inquinato sono questioni di pertinenza dei diritti umani.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Secondo le stime, circa un quinto delle risorse di idrocarburi non ancora scoperte nel mondo si trova nella regione artica, che rappresenta una rotta molto importante per il trasporto marittimo mondiale. La disponibilità e la sicurezza delle rotte di trasporto sono, quindi, fondamentali. Sebbene l’Unione non abbia una linea di costa artica, i cittadini europei sono interessati dagli sviluppi nella regione. Per le ragioni illustrate, ho votato a favore della presente relazione su una strategia per il Grande Nord. L’Unione europea deve essere all’altezza del suo ruolo di potenza mondiale e deve difendere i propri interessi nella regione, insistendo sulla necessità di una buona governance a livello globale delle risorse naturali e delle sfide che sicuramente si presenteranno in campo ambientale. In questa occasione, è stato esplicitamente ricordato anche il ruolo che un'eventuale adesione dell'Islanda potrebbe svolgere in questo ambito.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della presente relazione su una politica europea sostenibile per il Grande Nord perché il cambiamento climatico è il principale motore del cambiamento, nell'Artico come altrove. È comunemente accettato che la regione artica è la prima e la più pesantemente colpita dal cambiamento climatico e dall'inquinamento originati nelle regioni industrializzate o in via di sviluppo del mondo. La questione va affrontata a livello globale, dal momento che le sue cause sono esterne all'Artico e, a loro volta, influiscono sull'intero pianeta. L'Unione europea è già pioniera nella ricerca e nelle politiche sui cambiamenti ambientali e climatici nel contesto internazionale e continuerà ad esserlo. Su queste premesse e ricordando il contributo dell'UE e dei suoi Stati membri, già oggi, in termini di ricerca e finanziamenti, nonchè l’impatto della legislazione comunitaria in materia di ambiente, clima, pesca e altro, così come le possibilità di cooperazione in futuro su temi quali lo sviluppo della mappatura e la sicurezza marittima, lo sviluppo economico e simili, possiamo concludere che l'Unione europea può contribuire in larga misura allo sviluppo sostenibile della regione artica, una regione che sarà di grande importanza in un mondo che si deve adattare al cambiamento climatico e deve far fronte alla crescita della popolazione e alla scarsità di risorse.
Corina Creţu (S&D), per iscritto. – (RO) La regione dell’Artico risente degli effetti del cambiamento climatico più di ogni altra. Le conseguenze dei cambiamenti in atto in diversi ambiti, dai problemi legati ai cambiamenti ambientali e climatici a quelli geopolitici di rotte di trasporto e di sicurezza di approvvigionamento delle risorse, devono essere affrontate.
Dal momento che l'ascesa di nuove economie si traduce in un crescente bisogno di risorse, energia e minerali, l'Unione europea ha un interesse naturale a garantire la sicurezza di approvvigionamento delle risorse e dell'energia necessarie per la popolazione e le industrie in Europa.
Il quadro geopolitico, invece, cambierà notevolmente qualora i negoziati di adesione dell'Islanda all'UE avranno successo. L'adesione islandese rafforzerebbe anche la presenza dell'Unione europea nella regione.
L'UE può contribuire in larga misura allo sviluppo sostenibile della regione artica, una regione che sarà di grande importanza in un mondo che si deve adattare al cambiamento climatico e deve far fronte alla crescita della popolazione e alla scarsità di risorse.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Tre Stati membri dell'Unione europea (Danimarca, Finlandia e Svezia) sono anche membri del Consiglio artico, in seno al quale l’UE gode dello status di osservatore. Considerando che gli Stati membri controllano il 40 per cento del trasporto marittimo commerciale mondiale, è fondamentale garantire la sicurezza delle nuove rotte del commercio mondiale che attraversano la regione artica, proprio nell’interesse degli Stati membri dell’Unione europea. Come il relatore, anch’io accolgo con favore la cooperazione volta a proteggere il fragile ambiente dell’Artico, gli interessi dei suoi abitanti e lo sviluppo della regione.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) In un momento in cui la lotta al cambiamento climatico rappresenta una priorità, la difesa e la promozione della regione artica sono di fondamentale importanza, non solo per la tutela ambientale, ma anche per lo sviluppo economico e per la stabilità e la sicurezza a livello globale. Particolarmente importante è il potenziale offerto dalla regione in termini di fonti di energia rinnovabili e di risorse ittiche. Di conseguenza, è fondamentale sfruttare le risorse naturali della regione in modo sostenibile.
In tale processo, però, dobbiamo saper dare il giusto peso agli interessi delle popolazioni indigene che abitano la regione. L’Unione europea può e deve svolgere un ruolo di primo piano nella tutela della cultura, della lingua, delle tradizioni e delle condizioni di vita delle comunità indigene. In caso contrario, qualsiasi strategia di intervento volta a tutelare una regione fondamentale per il futuro della popolazione mondiale e del pianeta rischierebbe di essere compromessa. Vorrei sottolineare, infine, l’importanza di assicurare che la ricerca scientifica possa essere condotta nelle migliori condizioni possibili.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione su una politica europea sostenibile per il Grande Nord. La regione artica sta attirando sempre più l'attenzione, a causa degli effetti dei cambiamenti climatici, motore trainante dei principali sviluppi. Così l'Europa non solo ha una responsabilità certa, essendo uno dei principali responsabili dell'inquinamento e delle emissioni di gas a effetto serra, ma ha anche un interesse particolare nella regione artica, dal momento che dovrà affrontare le conseguenze dei cambiamenti che la regione subirà, dai cambiamenti ambientali e climatici a quelli geopolitici delle rotte di trasporto e di sicurezza di approvvigionamento delle risorse. È fondamentale formulare una politica comunitaria per la regione artica che combini proposte molto specifiche con altre di carattere generale, dalla partecipazione delle popolazioni locali al dialogo e dalla stabilità e la sicurezza nella regione alla dimensione ambientale e climatica dei progetti futuri. Le popolazioni indigene hanno diritto a un ambiente naturale non inquinato.
Jarosław Kalinowski (PPE), per iscritto. – (PL) La regione artica sta assumendo un’importanza sempre maggiore, non solo per l’Europa ma anche per il resto del mondo. Il cambiamento climatico in atto nel Grande Nord, infatti, riguarda da vicino tutta l’umanità. Per questo, è fondamentale concentrare i nostri sforzi sulla ricerca scientifica ed elaborare un piano per far fronte ai cambiamenti. L’Artico è una regione ricca di risorse come gli idrocarburi, ma che offre al contempo anche un grande potenziale per la produzione di energia a partire dalle fonti rinnovabili, per esempio l’energia eolica o idroelettrica.
Sotto il profilo economico sono importanti anche le risorse ittiche, fondamentali per la sicurezza alimentare, senza dimenticare le rotte per il trasporto marittimo, che agevolano il commercio internazionale e migliorano l’andamento di molte imprese. L’Unione europea può, e deve, contribuire a tutti i settori citati, favorendo lo sviluppo della regione e definendo nuovi standard per la protezione dell’ambiente sul nostro pianeta.
Elisabeth Köstinger (PPE), per iscritto. – (DE) Il Grande Nord è ricco di risorse e di fonti di energia e permetterà di aprire nuove rotte per i trasporti marittimi che l'Unione europea potrebbe sfruttare. Le risorse minerarie della regione sono preziose e come tali vanno trattate. L’estrazione di materie prime non deve compromettere l’ecosistema. Anche le popolazioni indigene richiedono particolare protezione e considerazione. L’Artico è un patrimonio mondiale e come tale dobbiamo considerarlo, concentrandoci sulla sua tutela e non sullo sfruttamento delle sue risorse. Sono favorevole alla relazione su una politica europea sostenibile per il Grande Nord.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. – Egregio Presidente, cari colleghi, come affermato nella relazione Gahler "le sfide cui è confrontato l'Artico sono globali e dovrebbero coinvolgere tutti gli attori pertinenti". Il problema della regione artica ci richiede, oggi più di ieri, un'attenzione costante, dovuta alle preoccupanti problematiche causate dagli effetti del cambiamento climatico. La regione artica, che si stima contenere circa un quinto delle risorse di idrocarburi ancora non scoperti al mondo, costituisce una zona molto importante sotto il profilo geopolitico. E la circostanza che tre Stati Membri dell'UE - la Danimarca, la Finlandia e la Svezia - siano territori appartenenti alla regione artica, spiega meglio l'interesse dell'Unione a far sì che il fattore ambientale venga preso in considerazione molto più di quanto non si stia già facendo. L'Unione si è sempre battuta a favore dell'ambiente, compiendo molti sforzi per la protezione dello stesso e nella direzione della prevenzione e oggi, con il voto espresso da questo Parlamento, si è ancora una volta voluto ribadire con forza la sua posizione.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore la proposta relativa a una politica europea per il Grande Nord, che deve considerare la necessità di proteggere il fragile ambiente dell'Artico e sottolineare l'importanza della stabilità globale e della pace nella regione. La politica per il Grande Nord deve anche sottolineare che il compito dell'Unione europea di perseguire politiche che garantiscano che le misure volte a risolvere problemi ambientali tengano conto degli interessi degli abitanti della regione artica, comprese le sue popolazioni indigene, nella tutela e nello sviluppo della regione. La politica in questione, dovrebbe anche evidenziare l'analogia di impostazione, analisi e priorità tra la comunicazione della Commissione e i documenti politici degli Stati artici, nonché la necessità di intraprendere politiche che rispettino l'interesse per la gestione e l'uso sostenibile delle risorse naturali terrestri e marine, rinnovabili e non, della regione artica, che a loro volta forniscono considerevoli risorse per l'Europa e sono una fonte vitale di reddito per gli abitanti della regione.
Véronique Mathieu (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione su una politica europea sostenibile per il Grande Nord. La relazione sottolinea la necessità di promuovere un dialogo più intenso con i popoli indigeni che abitano la regione artica per comprendere meglio le loro condizioni di vita e la loro cultura. L’idea del dialogo, ribadita a più riprese nel testo, è fondamentale. Gli interessi dell’Unione europea, infatti, devono contemplare anche quelli delle comunità indigene nella tutela e nello sviluppo della regione. La relazione chiede di adottare speciali misure di salvaguardia della cultura, della lingua e dei costumi dei popoli in questione, tutela che non può prescindere da un dialogo regolare fra i rappresentanti dei popoli indigeni e le istituzioni europee. La relazione, poi, invita la Commissione, in sede di negoziazione di accordi commerciali, a salvaguardare gli interessi dei popoli indigeni. Deploro quindi l’approvazione di un regolamento che vieta il commercio di prodotti derivanti dalla foca, contrario agli interessi, in termini di gestione sostenibile delle risorse, alla cultura e ai costumi delle comunità artiche. Il regolamento, giustamente contestato da Canada e Norvegia, ostacola il perseguimento degli interessi dell’Unione europea nella regione artica e dovrebbe, a mio giudizio, essere abrogato.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) La presente relazione chiede lo sfruttamento sostenibile dell’Artico, ma solleva le compagnie petrolifere e del gas da qualsiasi responsabilità in proposito. La relazione, inoltre, non tiene conto della denuncia degli ambientalisti secondo cui la regione, vitale per la sopravvivenza dell’umanità, viene letteralmente saccheggiata; peggio ancora, in nessun punto la relazione prende in considerazione l'idea di limitare gli investimenti nello sfruttamento delle risorse non rinnovabili nel Grande Nord per promuovere invece la ricerca nelle fonti rinnovabili. In sostanza, la relazione non fa altro che legittimare i crimini ambientali. Per le ragioni esposte, voto contro la sua approvazione.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Il legame tra l’Unione europea e l’Artico è innegabile, dal momento che Danimarca, Finlandia e Svezia sono paesi artici e parte del territorio di questi ultimi due paesi rientra nel Circolo polare artico. Ricordando il contributo dell'Unione europea e dei suoi Stati membri in termini di ricerca e finanziamenti, nonché l’impatto della legislazione comunitaria in materia di ambiente, clima, pesca e altro, così come le possibilità di cooperazione in futuro su temi quali lo sviluppo della mappatura e la sicurezza marittima, lo sviluppo economico e simili, possiamo concludere che l'Unione europea può contribuire in larga misura allo sviluppo sostenibile della regione artica, una regione che sarà di grande importanza in un mondo che dovrà adattarsi al cambiamento climatico e deve far fronte alla crescita della popolazione e alla scarsità di risorse.
Louis Michel (ALDE), per iscritto. – (FR) La regione artica sta attirando sempre più l'attenzione, a causa degli effetti dei cambiamenti climatici, motore trainante dei principali sviluppi. L'Unioen europea contribuisce sostanzialmente al cambiamento climatico e da qui la necessità che assuma un ruolo da leader nella lotta al fenomeno. Alla luce dell’aumento del fabbisogno di risorse naturali, in particolare nell’Unione europea, la regione artica offre un potenziale importante e diversificato in termini di approvvigionamento energetico (gas, fonti rinnovabili, ecc.), di materie prime e di risorse ittiche. L'Unione europea deve intraprendere politiche che rispettino l'interesse per la gestione e l'uso sostenibile delle risorse naturali della regione a livello ambientale, di sicurezza e di organizzazione. Lo status dell'Islanda quale paese candidato all'adesione all'UE sottolinea la necessità di una politica artica coordinata a livello europeo. L’Unione europea deve trovare il giusto equilibrio tra le proeccupazioni ambientali e la corsa allo sfruttamento delle risorse naturali, nonché tenere in considerazione gli interessi delle popolazioni che abitano la regione artica.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) La regione artica è al centro di un acceso dibattito a causa delle sue immense risorse naturali. Per il solo petrolio, si stima che il ghiaccio nasconda 90 miliardi di barili non ancora sfruttati. Il fatto che, di tutte le compagnie, proprio la BP, responsabile l’anno scorso della catastrofe ambientale nel Golfo del Messico, sia stata autorizzata ad avviare le estrazioni in un ambiente naturale tanto sensibile, in cui le condizioni sono ben più estreme rispetto al Golfo, causa inevitabilmente un certo disagio. Dopotutto, le emissioni di mercurio di tutto il mondo vanno già ora a depositarsi nella regione artica; se si considerano i cambiamenti climatici e le loro possibili conseguenze, è chiaro che la gravità del problema non sarà mai ribadita abbastanza. Ho votato a favore della presente relazione perché illustra in modo adeguato i diversi fattori in gioco.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. – I cambiamenti climatici che negli ultimi periodi stanno interessando la regione artica pongono in primo piano la responsabilità che l'UE dovrebbe avere nei riguardi di una così importante e urgente situazione. Tali effetti sono qui in scala più ampia che in altre regioni, in quanto l'innalzamento del livello del mare e le modificazioni climatiche non sono altro che una conseguenza delle emissioni di gas a effetto serra che l'UE produce costantemente. Ritengo di fondamentale importanza la mia adesione nel votare a favore di una politica sostenibile per il Grande Nord, in quanto tale regione va tutelata e protetta, avendo dovuto far fronte a conseguenze disastrose per l'ambiente che non dipendono direttamente dal suo territorio, ma dai Paesi europei più industrializzati. La questione va affrontata, pertanto, a livello globale, dal momento che le sue cause sono esterne all'Artico, ma a loro volta influiscono sull'intero globo. In aggiunta, tale regione possiede numerose risorse naturali, energia e minerali, di cui l'UE ha interesse a garantire la sicurezza e l'approvvigionamento necessari per la popolazione e le industrie in Europa. L'Artico è dunque uno tra i principali contributori in materia di energia, materie prime, e anche pesce per l'Europa.
Teresa Riera Madurell (S&D), per iscritto. – (ES) La relazione del Parlamento sul Grande Nord approvata quest’oggi rappresenta un importante passo in avanti nella definizione degli orientamenti di una politica europea per la regione artica. Il cambiamento climatico e il conseguente scioglimento dei ghiacci stanno cambiando la regione e, lavorando positivamente all’elaborazione di strategie per sfruttare le opportunità emergenti, gli Stati artici hanno spostato la loro attenzione di conseguenza. Più specificamente, lo scioglimento dei ghiacci offre nuove opportunità per la creazione di nuove rotte navigabili e per lo sfruttamento delle risorse naturali. Ho votato a favore della presente relazione perché mette in rilievo la responsabilità dell’Unione europea nel cambiamento climatico che sta modificando la fisionomia dell’Artico, nonché la necessità di adottare misure adeguate per mitigare il fenomeno.
Analogamente, la relazione riconosce l’interesse legittimo dell’Unione europea ad avere un ruolo nel nuovo scenario venuto a crearsi e sottolinea la necessità di sfruttare le opportunità che si stanno aprendo, promuovendo uno sviluppo sostenibile nella regione attraverso i suoi abitanti, in particolare le comunità indigene. La relazione inoltre ricorda che le azioni nell’Artico devono essere intraprese nel rispetto del diritto internazionale e che la governance della regione deve essere improntata alla cooperazione.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) La regione artica sta attirando sempre più l'attenzione, a causa degli effetti dei cambiamenti climatici, motore trainante dei principalisviluppi. Tali effetti sono presenti qui in scala più ampia che in altre regioni del mondo; allo stesso tempo, i cambiamenti che si verificano qui interessano anche le altre regioni del mondo, attraverso l'innalzamento del livello del mare da una parte e le conseguenze per i climi regionali adiacenti, dall'altra. L'Europa quindi non solo ha una responsabilità certa, essendo uno dei principali responsabili dell'inquinamento e delle emissioni di gas a effetto serra, ma ha anche un interesse particolare nella regione artica, dal momento che dovrà affrontare le conseguenze dei cambiamenti che vi avvengono, dai cambiamenti ambientali e climatici a quelli geopolitici delle rotte di trasporto e di sicurezza di approvvigionamento delle risorse.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho sostenuto questo accordo perché il cambiamento climatico e l'inquinamento, originato nelle regioni industrializzate, ha purtroppo raggiunto da tempo anche la regione Artica. Quest'area, spesso dipinta come incontaminata, purtroppo non lo è più da molti anni. A differenza dell'Antartico infatti questa regione è abitata e tradizionalmente le risorse naturali di cui dispone vengono sfruttate a danno dell'ambiente.
Nel 1996, nel tentativo di arginare il fenomeno, è stato creato il Consiglio Artico per la salvaguardia dell'ambiente di questa regione, di cui fanno parte anche 3 Stati membri dell'UE – Svezia, Danimarca e Finlandia. Le economie dei Paesi emergenti avranno sempre più bisogno delle risorse di cui è ricca quest'area. Energia, minerali, pesce, gas, petrolio, l'energia eolica e quella prodotta dal moto ondoso, tutte risorse di cui l'Artide è ricchissima, e che quindi la espongono a nuove speculazioni.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della presente relazione su una strategia dell'Unione europea per il Mar Nero per le seguenti ragioni. In primo luogo, la Commissione ha proposto, accanto ad altre misure importanti, di definire obiettivi misurabili e creare un partenariato settoriale per avviare progetti comuni. In secondo luogo, il relatore ricorda la necessità di disporre di una valutazione aggiornata della azioni comunitarie nella regione del Mar Nero. Infine, poiché il finanziamento della strategia, attraverso diversi strumenti, risulta molto frammentato, la relazione propone come soluzione la creazione di una linea di bilancio distinta per la strategia in questione.
Convengo con il relatore che raccomanda di creare un quadro politico più forte, anche attraverso un’impostazione integrata dell’Unione europea nei confronti della regione che sia rafforzata dall’attuazione di un piano d’azione specifico e dalla disponibilità di risorse umane e finanziarie sufficienti.
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della presente relazione su una strategia dell'Unione europea per il Mar Nero. Convengo con il relatore che, visti l'importanza strategica per l’Unione europera della regione del Mar Nero e i limitati risultati della BSS, si debba avviare una strategia per rafforzare la coerenza e la visibilità dell'azione comunitaria nella regione e che la strategia per il Mar Nero debba rientrare pienamente in una più ampia visione di politica estera e di sicurezza dell'Unione europea. Tre anni dopo la preparazione della sinergia del Mar Nero, un'analisi della situazione attuale indica innanzi tutto la mancanza di una chiara visione d'insieme, completa e aggiornata sui risultati dell'attuazione della strategia del Mar Nero. Di conseguenza, la strategia dell'Unione europea per il Mar Nero deve creare un quadro politico più forte e promuovere la presenza dell'UE nella regione. Condivido il parere del relatore secondo cui i principali obiettivi della strategia del Mar Nero devono essere la costruzione di uno spazio di pace, di stabilità e di prosperità nella regione nonché la garanzia della sicurezza dell'approvvigionamento energetico dell'Unione europea. La sicurezza, il buon governo, l'energia, i trasporti, l'ambiente, lo sviluppo socioeconomico e umano devono quindi costituire azioni prioritarie. È importante che il fascicolo "Sicurezza" del Mar Nero comprenda azioni risolute per rafforzare la democrazia, la buona governance e le capacità di sviluppo dello Stato.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) L’Unione europea garantisce pace e stabilità ai cittadini dell'Europa occidentale da ormai oltre cinquant’anni. Non possiamo dimenticare, tuttavia, che i nostri vicini continuano a doversi confrontare con gravi disordini. L’Unione non può chiudere gli occhi di fronte a una simile situazione e deve dare nuovo slancio alla sua strategia per la regione del Mar Nero. La presente relazione risponde proprio a questa esigenza e per questo ho votato a favore. La relazione chiede la creazione di una nuova linea di bilancio che privilegi il finanziamento di progetti di sviluppo su piccola scala e la cooperazione transfrontaliera, promuovendo altresì le risorse umane. Un sistema di allerta rapida consentirà di prevenire i conflitti e di instaurare la fiducia nella regione del Mar Nero, prevenendo lo scoppio di violenze. La risoluzione, infine, richiama l’attenzione sul prolungamento dello stazionamento in Crimea della flotta russa nel Mar Nero e sulle preoccupazioni che questo suscita.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione su una strategia dell'Unione europea per il Mar Nero. L'importanza strategica della regione del Mar Nero per l'Unione europea è stata riconosciuta nel 2007, nel contesto dell'adesione della Romania e della Bulgaria all'UE. Visto che gli sviluppi in questa regione, sita in posizione strategica all'incrocio di Europa, Medio Oriente e Asia centrale, hanno iniziato ad avere un impatto diretto sugli affari interni comunitari, l'Unione europea riconosce la necessità di valutare un proprio maggiore coinvolgimento nella zona. Questo ha portato all'avvio di una nuova impostazione politica europea nei confronti della regione, denominata Sinergia del Mar Nero, il cui obiettivo è sviluppare la cooperazione fra l'UE e la regione, nonché in seno alla regione. Sono stati raggiunti risultati poco soddisfacenti in materia di attuazione della strategia ed elementi quali la stabilità, la democrazia e la buona governance sembrano aver registrato scarsi progressi a seguito del deterioramento della democrazia in diversi paesi del Mar Nero e della guerra fra Russia e Georgia nel 2008. La regione, inoltre, continua a confrontarsi con problemi quali conflitti cronici, tendenza alla militarizzazione e alla proliferazione degli armamenti, sorveglianza marittima, traffici illeciti e criminalità transfrontaliera. Per attuare questa strategia in modo efficiente è necessario, a mio giudizio, concepire meccanismi con relazioni, controlli, valutazioni e follow-upperiodici. I principali obiettivi della strategia del Mar Nero, infine, devono essere la costruzione di uno spazio di pace, di stabilità e di prosperità nella regione nonché la garanzia della sicurezza dell'approvvigionamento energetico dell'Unione europeo. La sicurezza, il buon governo, l'energia, i trasporti, l'ambiente, lo sviluppo socioeconomico e umano devono quindi costituire azioni prioritarie.
Jan Březina (PPE), per iscritto. – (CS) Ho votato a favore della relazione Ungureanu perché sono fermamente convinto che l’Unione europea abbia bisogno, e al più presto, di una strategia coerente e visibile nella regione del Mar Nero, che sia complementare alla politica europea di vicinato, cui la Presidenza ceca ha dato slancio nel primo semestre del 2009. La priorità della strategia dell’Unione europea per il Mar Nero deve essere la sicurezza dell’approvvigionamento energetico dell’UE e, di conseguenza, la promozione di progetti nel settore energetico che siano nell'interesse dell'UE e favoriscano la diversificazione dell'approvvigionamento di gas nell'Unione. Proprio per assicurare la sicurezza energetica dell'UE, l'istituzione dell'Assemblea parlamentare Euronest è altrettanto urgente.
Tra i progetti che la strategia per il Mar Nero deve promuovere, ricordo il progetto Nabucco, il progetto South Stream, il progetto per il trasporto di gas naturale liquefatto (GNL) verso l’Europa e per lo sviluppo di terminali per il GNL nei porti del Mar Nero e dell’oleodotto paneuropeo Costanza-Trieste. La Commissione deve muoversi senza indugio e concludere entro il 2011 accordi con i potenziali paesi fornitori per il gasdotto Nabucco. Il pacchetto di infrastrutture energetiche che la Commissione proporrà prossimamente dovràporre grande enfasi sui progetti energetici sopracitati nella regione del Mar Nero. Da non dimenticare, infine, l’importanza del potenziale delle fonti energetiche rinnovabili nella regione del Mar Nero, che potrebbero dare un contributo sostanziale ai fini di un futuro di energia sicura a livello europeo e globale.
Mário David (PPE), per iscritto. – (PT) Il Mar Nero è in parte interno all'UE e, sotto il profilo geografico, si tratta essenzialmente di un mare europeo. Sebbene la Commissione abbia approvato nel 2007 la comunicazione dal titolo "Sinergia del Mar Nero – Una nuova iniziativa di cooperazione regionale", poco dopo sono stati adottati provvedimenti per attuare una strategia efficace per il futuro del Mar Nero.
Accolgo con favore l’iniziativa in questione e sostengo fermamente l’approvazione della presente relazione. Mi auguro che la Commissione, il Consiglio e i nostri vicini orientali, con cui condividiamo l'amministrazione del Mar Nero, diano ascolto alle raccomandazioni appena approvate dal Parlamento europeo, segnatamente a quelle relative ai conflitti cronici, alla chiusura delle frontiere e/o ai controlli inefficaci alle frontiere, al trasporto delle fonti di energia, alla sicurezza e alla difesa. Solo se saranno risolti i problemi in questi settori, si potranno raggiungere i due obiettivi principali delineati nella relazione, ovvero la pace, la democrazia, la stabilità e la prosperità nella regione, da un lato, e la sicurezza energetica per l'Unione europea, dall'altro.
Diane Dodds (NI), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore la presente mozione e la relazione discussa in parallelo dalla commissione per la pesca, entrambe sulla Sinergia del Mar Nero. Nel contesto dell’Europa sudorientale, definire una sinergia significa riconoscere che un gruppo può più del suo elemento migliore. A quanto pare, in quest’Assemblea alcuni sono convinti che l’elemento migliore della Sinergia del Mar Nero sia l’Unione europea; personalmente diffido di una tale convinzione, quantomeno per quanto concerne il settore della pesca. La Politica comune della pesca, infatti, ha fallito. Ai miei colleghi della regione del Mar Nero suggerisco di imparare dagli errori commessi nella Politica comune della pesca, di studiare le conseguenze del regime attuale sulla pesca su piccola scala nell’Atlantico nordorientale e di chiedersi se è questo che vogliono per il Mar Nero. La strategia per il Mar Nero deve fondarsi sull’unicità della regione. Come ci ha insegnato la nostra esperienza, le soluzioni che funzionano in una regione d’Europa non sempre portano agli stessi risultati in un’altra.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Il conflitto che ha visto coinvolte Russia e Georgia dimostra che la regione del Mar Nero può rivelarsi instabile e giustifica l’adozione da parte dell’Unione europea di una strategia per affrontare le sfide specifiche presentate dalla regione in questione. Sebbene permangano alcune tensioni, la regione può costruirsi un futuro più stabile ed equilibrato e l’Unione può svolgere un ruolo fondamentale in questo processo di stabilizzazione. In un simile contesto, è necessario non solo definire gli obiettivi ma anche, e soprattutto, assicurarsi che i responsabili dell’attuazione della strategia europea dispongano delle risorse umane, tecniche e finanziarie per svolgere al meglio il loro lavoro. Considerando la loro posizione geografica, la loro storia e la loro particolare conoscenza della regione, Romania, Bulgaria e Grecia possono contribuire positivamente affinché la strategia delineata riesca a promuovere la pace, la sicurezza, il buon governo e lo sviluppo socioeconomico e umano.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) L’importanza del Mar Nero per l’Unione europea è senz’altro nota, così come lo è l’instabilità nella regione. In un contesto che vede coinvolti alcuni Stati membri dell'UE, quali Bulgaria, Grecia, Romania, Turchia e diversi Stati dell'ex blocco sovietico, tra cui la Russia, il Mar Nero è di importanza fondamentale per l’approvvigionamento energetico e la diversificazione della distribuzione del gas. La regione rappresenta, inoltre, un ponte strategico tra l’Europa e l’area del Mar Caspio, l’Asia centrale e il Medio Oriente, nonché con l'Asia sudorientale e la Cina. Al di là delle numerose differenze e rivalità, le relazioni storiche e culturali molto strette e il dialogo interculturale e interreligioso sono fondamentali. Il quadro delineato richiede un maggior impegno da parte dell'Unione europea, ma anche una maggiore efficienza nel definire le misure volte ad accompagnare la stabilizzazione e la rivitalizzazione della regione in un processo che coinvolga tutti i paesi interessati.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione non dice nulla di nuovo. Le strategie e gli obiettivi sono gli stessi definiti da tempo dalla cosiddetta politica esterna dell’Unione europea: il controllo delle risorse naturali della regione, segnatamente quel petrolio e quel gas da cui l'UE dipende, la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e il tentativo di assicurarsi l’accesso ai mercati della regione e di sfruttare i lavoratori.
I meccanismi studiati per conseguire gli obiettivi delineati sono, anch’essi, i medesimi: l’ingerenza e i continui tentativi di limitare la sovranità nazionale dei paesi in questione attraverso campagne internazionali controllate dalle principali agenzie di stampa e dalle organizzazioni non governative finanziate dall’UE; la spinta verso il militarismo e la corsa agli armamenti, come accade anche ora con il riarmo della Georgia; la ricerca, nei paesi della regione, di persone che, in cambio di favori personali o per gli interessi che servono, difendono gli interessi dell'UE e degli Stati Uniti, nonché dei loro colossi economici, accettando un'espansione della NATO verso Est e permettendo l'installazione nella regione di basi militari americane, utilizzate come piattaforme per il rifornimento delle truppe in Afghanistan.
Chiaramente, la strada seguita non può che riservare sorprese: l’imperialismo, sia questo degli Stati Uniti o dell’Unione europea , si scontra con la tenace resistenza della popolazione che, sia in Europa sia nei paesi della regione, si mobilita per scongiurare un tale ritorno al passato.
Lorenzo Fontana (EFD), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, pur considerando buono il lavoro svolto dal collega Ungureanu, non ritengo opportuna una nuova linea di bilancio dedicata al Mar Nero. Le priorità dell'Unione sono molteplici ed eventuali nuovi investimenti vanno soppesati con cautela, anche se parliamo di aree di rilevanza primaria su tematiche energetiche. Per questa ragione, ritengo di esprimere voto contrario alla suddetta relazione.
Elisabetta Gardini (PPE), per iscritto. – Al punto 39 di questa relazione viene riportato l'obiettivo della diversificazione dei transiti. Viene citata espressamente l'importanza strategica del progetto Nabucco.
Riconoscendo l'importanza di questo progetto, vorrei sottolineare la necessità di attribuire anche ad altri progetti del Southern Corridor (ITGI, TAP e White Stream) pari dignità e ricordare anche il ruolo fondamentale di South Stream per contribuire al raggiungimento dell' obiettivo della diversificazione.
Per di più, per quanto riguarda gli oleodotti, oltre al già citato Constanta-Trieste, bisognerebbe citare anche il ruolo fondamentale del Samsun-Ceyhan, già riconosciuto dal Commissario Oettinger indispensabile per ridurre il traffico dello stretto del Bosforo e per ridurre così anche il rischio di incidente ambientali nel Mar Nero (Conferenza di Odessa, 27 luglio 2010).
Solo prendendo in considerazione tutte le strade percorribili, non solo alcune, si potrà finalmente raggiungere l'obiettivo della diversificazione delle fonti energetiche e garantire così all'Europa l'indipendenza energetica.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della presente relazione su una strategia dell'Unione europea per il Mar Nero. L'importanza strategica della regione del Mar Nero per l'Unione euroepa è stata riconosciuta già nel 2007 nel contesto dell'adesione della Romania e della Bulgaria all'UE. Gli sviluppi in Europa, Medio Oriente e Asia centrale hanno iniziato ad avere un impatto diretto sugli affari interni europei e l'Unione europea ha riconosciuto la necessità di riflettere su un suo maggiore coinvolgimento nella zona. Da qui consegue l'avvio di una nuova impostazione politica dell'Unione europea nei confronti della regione, denominata Sinergia del Mar Nero. L'obiettivo della Sinergia del Mar Nero è di sviluppare la cooperazione fra l'UE e la regione, nonché in seno alla regione. Convengo con l’opinione del relatore secondo cui i principali obiettivi della strategia del Mar Nero devono essere la costruzione di uno spazio di pace, di stabilità e di prosperità nella regione del Mar Nero nonché la garanzia della sicurezza dell'approvvigionamento energetico dell'UE. La sicurezza, il buon governo, l'energia, i trasporti, l'ambiente, lo sviluppo socioeconomico e umano devono quindi costituire azioni prioritarie. Il fascicolo "Sicurezza" del Mar Nero deve certamente comprendere azioni decise per rafforzare la democrazia, la buona governance e le capacità di sviluppo dello Stato. Lo sviluppo economico, sociale e umano in seno alla regione del Mar Nero, infine, è un requisito importante per trasformare il Mar Nero in uno spazio di stabilità e prosperità.
Jarosław Kalinowski (PPE), per iscritto. – (PL) La regione del Mar Nero è di importanza strategica per l’Europa; un rafforzamento della cooperazione a diversi livelli è quindi nell’interesse dell’Unione europea stessa. Per avere successo, le misure adottate devono essere coerenti e tener conto delle diverse condizioni dei singoli paesi. Dobbiamo prestare attenzione a che l'Europa non finisca per dare solamente, senza ricevere nulla; i paesi della regione del Mar Nero, infatti, hanno molto da offrirci, a cominciare dalle fonti energetiche e dalle loro ricchezze naturali. Condivido i timori espressi dal relatore in merito alla mancanza di una strategia chiara nei confronti dei paesi della regione. Bulgaria e Romania, già Stati membri dell’Unione europea, potrebbero svolgere un ruolo di primo piano in questo contesto, dal momento che comprendono al meglio le politiche della regione. L’ultimo punto che vorrei sollevare riguarda la Turchia, paese da non dimenticare perché a differenza dell’Europa sta crescendo molto rapidamente. Il partenariato va seguito da vicino.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. – Egregio Presidente, cari colleghi, data la sua posizione strategica di ponte tra Europa, Asia centrale e Medio Oriente, la regione del Mar Nero risulta essere molto importante per l'Unione Europea. Se a tali considerazioni di carattere puramente geografico, si aggiunge che molti Paesi della regione sono anche Stati membri dell'Unione, allora si è in grado di meglio comprendere le ragioni per cui, ormai da diversi anni, l'Europa lavora per poter rafforzare i rapporti con i Paesi di questa Area. La relazione Ungureanu mira ad ottenere, sia da parte della Commissione che del Servizio europeo di azione esterna, una strategia finalizzata a definire un sempre più stretto rapporto di cooperazione UE - regione del Mar Nero. Tale rapporto dovrà però essere sottoposto a stringenti controlli, al fine di mantenere un coordinamento efficace delle attività e della suddivisione dei compiti. Ritengo, infatti, che la buona riuscita di un partenariato così importante sia in qualche modo sottesa alla realizzazione di una composizione pacifica dei conflitti oggi in atto. Vorrei, infine, porre l'accento sulla parte della relazione in cui si chiede all'Unione di promuovere delle strategie volte al rafforzamento delle istituzioni dei Paesi dell'area del Mar Nero, perché credo che il rispetto della democrazia debba essere posto alla base di tali rapporti.
Marian-Jean Marinescu (PPE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della presente relazione perché la considero estremamente importante sia per la regione del Mar Nero sia per l’Unione europea. Le discussioni sulla Sinergia del Mar Nero sono iniziate nel 2007, mentre nel 2006 è stata avanzata la proposta relativa alla strategia del Danubio che dovrebbe essere ultimata nel primo semestre di quest’anno. Il dibattito sul Mar Nero è condotto proprio al momento giusto, ma, a mio giudizio, deve concludersi con una proposta concreta. Il Mar Nero può contribuire allo sviluppo della regione del Danubio, così come quest’ultima contribuisce allo sviluppo della regione del Mar Nero; le due regioni dipendono l’una dall’altra. Per questo motivo, credo che dovrebbe essere presa in considerazione un’impostazione comune. La questione che può permetterci di conseguire risultati immediati è quella energetica; le nuove fonti energetiche del Mar Caspio, nonché le nuove rotte, possono infatti contribuire allo sviluppo della regione del Mar Nero e, di conseguenza, di quella del Danubio. Il progetto più importante in questo contesto è rappresentato dal gasdotto Nabucco. Per questa ragione, ritengo che l’Unione debba contribuire alla sua realizzazione.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della presente relazione, in quanto sottolinea che l’obiettivo fondamentale perseguito dall’Unione europeo e dai suoi Stati membri attraverso la strategia per il Mar Nero è la costruzione di uno spazio di stabilità, sicurezza, democrazia e prosperità fondato sul rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, nonché la garanzia della sicurezza dell'approvvigionamento energetico dell'UE. Secondo la relazione, il buon governo, lo stato di diritto, la promozione del rispetto dei diritti umani, la gestione dell’immigrazione, l'energia, i trasporti, l'ambiente e lo sviluppo socioeconomico e umano devono costituire azioni prioritarie.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) La strategia dell’Unione europea per il Mar Nero si concentra esclusivamente sulla costruzione del gasdotto Nabucco e sulla creazione di un’area di libero scambio che ci garantisca la sicurezza energetica e l’egemonia nella regione. La lotta all’attuale catastrofe ambientale è passata in secondo piano, così come gli interessi socioeconomici delle popolazioni della regione. La relazione è un manifesto imperialista che riprende le argomentazioni addotte dall’avventurista governo georgiano nella sua propaganda, senza però ricordarne le sue pratiche antidemocratiche di propaganda e di minaccia. È un testo incendiario, per cui voterò contro.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Da un punto di vista strategico, la regione del Mar Nero è fondamentale per l’Unione europea per la sua collocazione geografica. La regione, infatti, comprende tre Stati membri dell'Unione europea, vale a dire Grecia, Romania e Bulgaria, e diversi partner importanti, tra cui Russia e Turchia. Le preoccupazioni legate alla sicurezza e all’approvvigionamento energetico spingono però l’Unione europea e gli altri paesi della regione a collaborare più strettamente. Condivido le principali preoccupazioni espresse dal relatore, ovvero la garanzia della pace, della democrazia e della stabilità nella regione del Mar Nero e la sicurezza energetica dell'Unione europea. Approfondire le relazioni tra l'Unione europea e la regione del Mar Nero sarà indubbiamente importante perché entrambe le parti ne trarranno beneficio e potranno collaborare in modo più efficace.
Louis Michel (ALDE), per iscritto. – (FR) L’importanza strategica del Mar Nero è ormai riconosciuta. Da quando, con l'adesione di Bulgaria e Romania, la regione del Mar Nero confina con l'UE, infatti, è diventata di diritto una regione di importanza geostrategica. L'Unione europea intende essere coinvolta nella regione in modo diretto e permanente, mentre Turchia, Georgia e Ucraina hanno ribadito a più riprese di voler entrare a far parte dell’UE. La Commissione ha risposto lanciando nel 2007 la comunicazione sulla Sinergia del Mar Nero, la quale, oltre ad assicurare la sicurezza nella regione, soddisfa le necessità degli Stati candidati alla ricerca sia di una collocazione nello spazio euro-atlantico sia di un quadro per una collaborazione rafforzata. L'UE deve proseguire in questa direzione, rafforzando il suo coinvolgimento nella regione del Mar Nero per dar prova del suo "soft power" diplomatico. Così facendo, l’Unione europea garantirà la creazione di uno spazio di pace, stabilità e prosperità e, al contempo, la sicurezza dell’approvvigionamento energetico nell’UE.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) La relazione su una strategia dell'Unione europea per il Mar Nero è importante e, per questo, affronta giustamente diverse problematiche. Sviluppare ulteriormente la Sinergia del Mar Nero è fondamentale, non solo in termini di strategia energetica ma anche per dare nuovo slancio all’ammodernamento dell’economia e lanciare nuove inziative imprenditoriali nella regione. Al contempo, è particolarmente cruciale assicurare l’approvvigionamento di gas naturale nell’Unione europea. A prescidere dagli sforzi profusi dall’UE, comunque, non vanno dimenticati gli interessi della Russia.
La Russia è un partner strategico fondamentale se si vuole assicurare uno sviluppo pacifico e prospero della regione del Mar Nero. Le critiche riguardo alla proroga dello stazionamento della flotta russa nel Mar Nero rappresentano un’inutile provocazione. Ho comunque votato a favore della relazione.
Rareş-Lucian Niculescu (PPE), per iscritto. – (RO) La presente relazione è importante anche per un’altra ragione, oltre a quelle già citate: ricorda l’importanza del Mar Nero quale risorsa naturale e le condizioni in cui versa l’ambiente nella regione. Non dobbiamo ignorare che di recente nel Mar Nero la mortalità delle risorse ittiche ha registrato un aumento senza precedenti; l’inquinamento delle acque che colpisce la biodiversità marina è dovuto principalmente agli immissari del Mar Nero (il Dnieper, il Don, il Dniester e il Danubio), che ogni anno scaricano nelle sue acque 60 000 tonnellate di fosforo e 340 tonnellate di azoto inorganico. Altri fattori che contribuiscono al degrado ambientale del Mar Nero sono la pesca eccessiva e i materiali di scarto. Stando alle stime preparate da un gruppo di esperti, nell’arco di circa trent’anni il solfuro di idrogeno causerà la scomparsa della vita marina nel Mar Nero. Le problematiche illustrate dovrebbero essere, a mio parere, in cima all'agenda europea.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. – (DE) L'importanza strategica della regione del Mar Nero per l'Unione europea è riconosciuta sin dal 2007. Nel contesto dell'adesione di Romania e Bulgaria all'UE il Mar Nero è diventato un mare parzialmente interno all’Unione. Visto che gli sviluppi in questa regione, sita in posizione strategica all'incrocio di Europa, Medio Oriente e Asia centrale, hanno iniziato ad avere un impatto diretto sugli affari interni europei, l'Unione europea riconosce la necessità di un maggiore coinvolgimento nella regione. L’obiettivo è sviluppare la cooperazione regionale fra Unione europea e la regione, nonché in seno alla regione. La regione del Mar Nero dovrebbe trasformarsi in uno spazio di stabilità, sicurezza, democrazia e prosperità; sono stati inoltre avviati progetti comuni, quali la creazione di un forum della società civile del Mar Nero, il rafforzamento delle reti universitarie e di studenti e la creazione di un istituto dedicato agli studi europei sulla regione del Mar Nero. Per le ragioni illustrate, ho votato a favore della presente relazione.
Wojciech Michał Olejniczak (S&D), per iscritto. – (PL) La regione del Mar Nero è importante per l’Unione europea e richiede un’impostazione integrata e una maggiore visibilità delle azioni che l’UE intraprenderà in futuro. La regione richiede, inoltre, l’adozione di misure democratiche volte, in particolare, ad assicurarne la sicurezza, la stabilità e la pace e ad accrescere la prosperità. L’obiettivo della strategia è anche garantire la sicurezza energetica nell’Unione europea. Nel contesto della definizione della strategia per la macroregione del Mar Nero e successivamente di quella per la regione del Danubio, la comunicazione della Commissione dal titolo "Sinergia del Mar Nero – Una nuova iniziativa di cooperazione regionale", riconosce l’importanza strategica della regione per l’UE e rappresenta il modo migliore per affrontare le problematiche descritte. Purtoppo, i risultati della Strategia del Mar Nero sono stati sinora piuttosto limitati e non hanno fornito un quadro chiaro e concreto sui risultati della sua attuale applicazione, esponendo l'Unione europea alle critiche per la mancanza di una visione coerente per la regione e per l'applicazione di un'impostazione frammentata nella realizzazione della strategia. Come sostiene il relatore, quindi, facendo tesoro dei meriti della Sinergia del Mar Nero, la strategia dell'UE per la regione deve creare un quadro politico più forte e promuovere la presenza dell'UE in loco. Analogamente a quanto accade per la strategia per la regione del Mar Baltico e per la regione del Danubio, anche in questo caso l'esito dell'applicazione della strategia dipenderà da un dialogo positivo a tutti i livelli della cooperazione regionale, che permetterà di proporre meccanismi adeguati e regolari di rendiconto, monitoraggio, valutazione e seguito.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. – L'importanza strategica della regione del Mar Nero è ormai riconosciuta dal 2007; nel contesto dell'adesione della Romania e della Bulgaria all'UE, il Mar Nero ha iniziato ad avere un impatto diretto sugli Affari Interni dell'Unione, ragion per cui un suo maggior coinvolgimento nella zona sarebbe doveroso. A mio parere, l'attuazione di una strategia che miri a sviluppare una maggiore cooperazione fra l'UE e la regione, è un obiettivo che la Comunità dovrebbe porsi quanto prima. Tale iniziativa, denominata Sinergia, potrebbe divenire uno spazio di stabilità, sicurezza, democrazia e prosperità. In linea con il Parlamento europeo, ho espresso, votando a favore, il mio assenso a sostegno della creazione e del lancio della Sinergia del mar Nero. Nel rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali della regione, ritengo attuabile una promozione dello sviluppo economico, sociale e culturale della regione, attraverso l'ulteriore liberalizzazione degli scambi e l'intensificazione del commercio intraregionale. Nell'ottica di uno sviluppo e di una maggiore integrazione tra gli Stati membri, incoraggio, attraverso il mio assenso, la crescita e lo sviluppo del Mar Nero, per il tramite di un piano di azione che comprenda obiettivi chiari e iniziative di eccellenza.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) La relazione invita la Commissione e il servizio europeo di azione esterna (SEAE) ad elaborare una strategia per la regione del Mar Nero, in concomitanza con il riesame della politica europea di vicinato, in modo da definire un approccio integrato ed esaustivo europeo al fine di affrontare le sfide e cogliere le opportunità offerte dalla regione, con un dettagliato piano d'azione, obiettivi chiari, iniziative d'eccellenza e parametri di riferimento. Il Parlamento ritiene che la strategia dovrà garantire in maniera efficace il coordinamento delle attività e la suddivisione dei compiti. Il Parlamento ribadisce il suo invito alla Commissione e al SEAE ad effettuare valutazioni periodiche dell'attuazione della strategia attraverso la creazione di autentici meccanismi di monitoraggio, valutazione, follow-up e rendiconto e chiede con sollecitudine che siano consultate le commissioni competenti del Parlamento europeo nei momenti chiave di tale processo.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel 2007, con l'adesione della Romania e della Bulgaria all'UE, parte delle coste del mar Nero sono diventate europee. Nello stesso anno è stata creata una nuova politica europea denominata "Sinergia del Mar Nero" che si impegna nel promuovere la stabilità, la sicurezza, la democrazia e la prosperità della regione.
Già nel 2008 il Parlamento europeo ha espresso il suo sostegno alla creazione di tale sinergia, e in parallelo ha chiesto l'elaborazione di un piano d'azione concreto per l'area in vista del raggiungimento di una serie di obiettivi tangibili; purtroppo ad oggi emerge un parziale fallimento del progetto, in parte dovuto alla scarsa trasparenza dei fondi messi a disposizione. Deve quindi essere prevista al più presto una linea di bilancio specifica a riguardo, che preveda regole chiare per l'erogazione dei fondi, in modo che vengano messe al centro le esigenze e le peculiarità del territorio.
Bisogna coinvolgere maggiormente le autorità locali, le comunità imprenditoriali e le ONG presenti sul territorio. Il potenziale di crescita economica e sociale della regione del mar Nero deve essere sviluppato partendo da settori come quello della formazione permanente, adeguando l'insegnamento alle esigenze del mercato del lavoro e pianificando una strategia di commercio interregionale che sia in grado di aumentare gli scambi internazionali.
Daciana Octavia Sârbu (S&D), per iscritto. – (EN) L’importanza strategica che il Mar Nero riveste nei settori dell'energia, del commercio e dei trasporti può talvolta far passare in secondo piano le preoccupazioni ambientali. Nella sua comunicazione del 2007 dal titolo "Sinergia del Mar Nero – Una nuova iniziativa di cooperazione regionale", la Commissione affermava che “l'adesione della Comunità alla Convenzione sulla protezione del Mar Nero contro l'inquinamento è una priorità”. Nel 2008, la Commissione ha comunicato di avere “attualmente all'esame le condizioni per l'adesione della Comunità europea alla Convenzione”. La relazione oggetto della votazione odierna ribadisce l’importanza della Convenzione. Per parte mia, vorrei ricordare ancora una volta che la Commissione deve continuare a lavorare a un'adesione a pieno titolo dell'Unione europea, la quale deve collaborare con gli altri partner nel quadro della Convenzione per garantire che la corretta applicazione delle misure di protezione ambientale di cui la regione ha un disperato bisogno.
Csanád Szegedi (NI), per iscritto. – (HU) A mio parere, la relazione, volta a promuovere lo sviluppo nella regione del Mar Nero attraverso la relativa strategia dell’Unione europea, merita il nostro sostegno. È importante che l’UE elabori un piano d’azione per la Sinergia del Mar Nero. La pace e la stabilità nella regione sono, a mio giudizio, un obiettivo prioritario, ma è altrettanto fondamentale garantire la sicurezza energetica grazie al progetto Nabucco.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) La regione del Mar Nero riveste un valore strategico per l’Unione europea in ragione della sua posizione geografica; comprende infatti tre Stati membri dell’Unione europea (Grecia, Romania e Bulgaria), uno Stato candidato (la Turchia) e sei paesi partner, tra cui la Russia. Le sfide in fatto di sicurezza e approvvigionamento energetico richiedono un maggiore coinvolgimento e un maggiore impegno da parte dell’Unione europea nelle sue relazioni con i paesi sopracitati. Condivido quindi le preoccupazioni espresse nella relazione oggetto della votazione odierna, che possono essere distinte in due categorie: la pace, la democrazia e la stabilità nella regione del Mar Nero, da un lato, e la sicurezza dell'approvvigionamento energetico dell'Unione europea, dall'altro. A livello regionale, è necessario creare sinergie e intensificare la collaborazione tramite partenariati efficaci nei settori dei trasporti e dell’energia, con l’obiettivo di diversificare maggiormente le fonti e i canali di approvvigionamento. Il rafforzamento del dialogo tra l’Unione europea e i paesi della regione del Mar Nero avrà indubbiamente risvolti positivi, dal momento che entrambe le parti beneficeranno di una collaborazione più efficace.
Angelika Werthmann (NI), per iscritto. – (DE) Ho votato a favore della relazione su una strategia dell'Unione europea per il Mar Nero. Le misure già adottate nella regione del Mediterraneo europeo orientale non erano ben coordinate e hanno raggiunto risultati limitati. Per molti, molti anni questa regione è stata teatro di conflitti bilaterali. Poiché due paesi rivieraschi del Mar Nero sono ora Stati membri e la regione confina quindi direttamente con l’Unione europea, quest’ultima deve contribuire maggiormente al dialogo regionale per promuovere la stabilità politica nella regione. La collaborazione volta a creare strutture regionali permetterà, tra l'altro, di migliorare anche la situazione ambientale, che attualmente desta grande preoccupazione. L'Unione europea deve offrire un sostegno più determinato per contribuire alla definizione di un giusto equilibrio tra sviluppo economico e protezione ambientale. Dopotutto, anche l’UE persegue i suoi interessi nella regione del Mar Nero. La regione è già parte integrante della strategia energetica europea e il nuovo approccio non farà altro che dare applicazione a una strategia energetica di più ampio respiro, assicurando sinergie e continuità nelle azioni condotte a livello europeo.