Presidente. − L’ordine del giorno reca le dichiarazioni di voto.
Dichiarazioni di voto orali
Raccomandazione per la seconda lettura: Charles Goerens (A7-0009/2011)
Izaskun Bilbao Barandica (ALDE). – (ES) Signor Presidente, mi sono astenuto perché il 14 gennaio il Consiglio europeo ha rinnovato le misure contro la Costa d’Avorio vista la gravità della situazione a seguito delle elezioni presidenziali indette lo scorso anno. Devo dire che dette misure sono state adottate per persone o enti contrari al presidente eletto democraticamente o che non intendevano sottostare alla sua autorità. Tra questi enti vi erano i porti autonomi di Abidjan e San Pedro, nonché una serie di banche.
Lo scopo dell’iniziativa è l’intensificazione e la promozione del commercio internazionale per incoraggiare lo sviluppo. Il programma si rivolge alle persone fisiche e giuridiche. L’allegato I dell’iniziativa comprende la Costa d’Avorio, ma non fa alcun riferimento alla decisione da me citata, ragion per cui ho scelto l’astensione.
Signor Presidente, vorrei anche chiedere a lei che presiede per noi questa seduta di migliorare l’immagine del Parlamento perché ritengo che situazioni come quella che oggi si è venuta a creare, come in tutte le plenarie, non diano alcun apporto dal punto di vista dell’immagine e del prestigio che stiamo cercando di trasmettere. Reputo inaccettabile che, mentre un parlamentare parla, gruppi ridano senza prestare alcuna attenzione: potrebbero benissimo farlo al di fuori dell’Aula. Poiché oggi ne ho l’opportunità, chiederei a tutti coloro che presiedono le nostre sedute di migliorare l’immagine del Parlamento, che sta arrecando danno alla politica europea.
Presidente. − Come lei sa, l’onorevole Swoboda ha un gruppo di lavoro che sta esaminando le nostre procedure in plenaria e porterò alla sua attenzione la questione da lei sollevata. Vorrei inoltre rammentarle che, ove lo desideri, può anche formulare una dichiarazione di voto per iscritto.
Csanád Szegedi (NI). – (HU) Signor Presidente, vorrei formulare un richiamo al regolamento. Chiedo la parola da circa dieci minuti. Vorrei che si verbalizzasse che durante le ultime votazioni il politico rumeno dietro di me, l’onorevole Becali, non era presente, come si potrà verificare nelle videoregistrazioni. Ciò nonostante, il suo assistente o segretario ha votato in sua vece utilizzando la tessera del collega. Vorrei chiederle, signor Presidente, se ciò è conforme al regolamento e, nel caso in cui non lo sia, quale provvedimento potrà aspettarsi questo politico rumeno per aver assunto un comportamento riprovevole facendo votare il suo assistente in sua vece.
Presidente. − Lei ha sollevato una questione molto grave che sarà esaminata dall’Ufficio di presidenza.
Raccomandazione per la seconda lettura: Barbara Lochbihler, Kinga Gál (A7-0014/2011)
Alfredo Antoniozzi (PPE). – Signor Presidente, per poter proseguire il percorso intrapreso nel 2006, teso a migliorare l’efficacia e la trasparenza dell’assistenza esterna della Comunità, non potevamo non eliminare le incongruenze emerse con le deroghe al principio della non ammissibilità ai finanziamenti dell’Unione dei costi relativi a tasse, dazi e altri oneri.
La modifica del regolamento è in tal senso necessaria e opportuna. La Commissione deve poter adottare gli atti delegati ai sensi dell’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea per quanto riguarda i documenti di strategia, i quali integrano il regolamento (CE) 1889/2006 e sono di applicazione generale.
Auspico non solo che durante i lavori preparatori vengano svolte adeguate consultazioni, ma soprattutto che le modifiche adottate riescano a fornire strumenti adeguati al Parlamento europeo per poter monitorare e influire sulle misure adottate da parte della Commissione. Solo in questo modo potremo garantire un funzionamento legittimo e democratico della politica dell’assistenza esterna dell’Unione europea.
Raccomandazione per la seconda lettura: Helmut Scholz (A7-0005/2011)
Izaskun Bilbao Barandica (ALDE). – (ES) Signor Presidente, vorrei dire che penso sia nell’interesse dell’Unione europea stabilire accordi del genere utilizzando gli strumenti finanziari per la cooperazione con i paesi industrializzati. Penso inoltre che vada sottolineato come molti paesi siano inclusi nell’allegato. Vorrei dunque che venisse messa a verbale l’importanza di tale iniziativa.
Miroslav Mikolášik (PPE). – (SK) Signor Presidente, accolgo con favore l’accordo raggiunto in merito all’annosa e spinosa controversia giuridica in merito al commercio delle banane, che pone fine a uno stato perdurante di incertezza e instabilità nei paesi che producono e commerciano banane.
L’accordo sul commercio delle banane avrà anche un impatto significativo su altri paesi in via di sviluppo che intendono esportare banane e dovremo aiutarli ad adattarsi ai notevoli cambiamenti che interverranno nell’ambiente concorrenziale sul mercato mondiale.
Il programma di misure di accompagnamento deve pertanto anche affrontare i temi urgenti legati alle conseguenze sociali dell’adeguamento. Concordo pertanto con la proposta di esaminare l’impatto di tale accordo sulle regioni interessate per definire misure appropriate allo scopo di attenuare gli effetti indesiderati.
Hannu Takkula (ALDE). – (FI) (Inizio dell’intervento mancante) … la guerra delle banane ormai annosa, che è estremamente positivo il fatto che vi sia stato posto termine. È vero che non possiamo permettere che le norme universali in tema di commercio siano sconvolte. È assolutamente giusto che l’OMC sia intervenuta e anche noi nel Parlamento europeo e nell’Unione europea abbiamo agito correttamente. Di conseguenza, il sistema preferenziale riservato ad alcuni paesi ACP sarà abbandonato.
È ovviamente vero che è importante garantire che le norme del fair play siano preservate sui mercati, ma dobbiamo attenerci al nostro principio secondo cui trattiamo tutti i produttori nella stessa maniera. D’altro canto, dal 1993 i paesi del regime di importazione hanno goduto di un vantaggio enorme e in tale arco di tempo hanno avuto la possibilità di migliorare la propria situazione e sviluppare una propria produzione di banane. Ciò significa che sono maggiormente in grado di affrontare una vera concorrenza senza contare più soltanto su aiuti speciali.
Ho pertanto votato a favore di questo cambiamento e mi complimento con la Commissione e l’Unione europea per aver fatto finalmente cessare la guerra delle banane.
Daniel Hannan (ECR). – (EN) Signor Presidente, la controversia commerciale sulle banane è stata una delle controversie più perduranti e forse più difficili della storia dell’OMC, una controversia in cui l’Unione europea ha avuto decisamente e incontestabilmente torto. La sua politica è consistita nel favorire i produttori di alcune ex colonie a spese dei principi del libero commercio, che sono, come è ovvio, concettualmente sanciti dal trattato di Roma.
Questa politica è stata controproducente per tutti. È stata controproducente per i consumatori europei, che hanno dovuto pagare prezzi notevolmente superiori; è stata controproducente per gli esportatori; è stata controproducente per l’armonia internazionale e la comunità delle nazioni; è stata controproducente per le popolazioni che teoricamente intendeva proteggere. Le ex colonie britanniche e francesi ora sono diventate veramente dipendenti, legate a un’esportazione artificiale e improduttiva, mentre avrebbero potuto diversificare la propria economica e integrarsi maggiormente nell’economia mondiale.
Vorrei aggiungere ancora un elemento al riguardo che non è emerso in alcuna discussione. L’Unione ha malauguratamente esercitato pressione sui produttori di banane affinché si attorniassero di unioni politiche ed economiche, simulando il modello comunitario, il che non è certo nostro compito. Il punto fondamentale del libero commercio è scambiare sulla base delle differenze, non vendersi reciprocamente banane e, dunque, proprio per questo, non creare unioni doganali artificiose tra le economie industrializzate europee.
Sergej Kozlík (ALDE). – (SK) Signor Presidente, quando si è negoziata la direttiva sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche nel Parlamento europeo si sono introdotte varie modifiche per migliorarla. Ho votato a favore della versione modificata di questa importante direttiva. La direttiva consente ai produttori di apparecchiature elettriche di fornire agli acquirenti che comprano dispositivi informazioni sui costi a una raccolta, una trasformazione e uno smaltimento dei rifiuti effettuati in maniera rispettosa dell’ambiente.
In tal modo, migliora la trasparenza del mercato fornendo informazioni agli organi corrispondenti, ai distributori, agli esportatori o ai clienti. Inoltre, così facendo, si migliorano la consapevolezza e l’accettazione del riciclaggio e del rimborso dei costi. È importante che gli obblighi finanziari dell’industria siano concentrati sullo sviluppo di un sistema efficace di raccolta dei rifiuti di apparecchiature elettriche e non sul pagamento di penali per il mancato conseguito degli obiettivi fissati per la raccolta, quando in una determinata regione le infrastrutture per la raccolta dei rifiuti non sono sufficientemente sviluppate.
Adam Bielan (ECR). – (PL) Signor Presidente, lo sviluppo dinamico e il progresso tecnologico dei paesi europei si accompagna, purtroppo, a conseguenze meno desiderabili. Il notevole aumento dei rifiuti di apparecchiature elettroniche ne è l’esempio più eloquente. Utilizziamo sistematicamente ogni tipo possibile di apparecchiatura elettronica e la sostituiamo sempre più frequentemente senza preoccuparci della necessità di rendere sicura la vecchia, il che inevitabilmente comporta un effetto sull’ambiente naturale.
Spero che la revisione della normativa sulla raccolta e la trasformazione dei rifiuti di apparecchiature elettroniche consenta di ottenere un aumento delle quantità di materiali preziosi recuperati perché, oltre a vantaggi ambientali, ciò comporterà anche benefici economici. L’elevata quota di raccolta differenziata raccomandata dalla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare dovrebbe portare alla conservazione di questi materiali e alla loro preparazione per il riutilizzo.
Concordo con la necessità di soffocare il fenomeno dell’esportazione illegale di rifiuti di apparecchiature elettroniche al di fuori dell’Unione europea. Mi aspetto inoltre una riduzione della pratica di stoccaggio dei rifiuti di uno Stato membro nel territorio di un altro, il che non sempre è conforme ai regolamenti.
Presidente. − Penso che lei ci abbia aperto nuovi orizzonti. È la prima volta che vedo qualcuno leggere un intervento da un iPad.
Peter Jahr (PPE). – (DE) Signor Presidente, i rifiuti non rispettano le frontiere e ciò vale in particolare per i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. È dunque essenziale che le disposizioni in materia di smaltimento e riciclaggio dei rifiuti siano armonizzate tra gli Stati membri dell’Unione europea e al loro interno, nonché, aspetto più importante, che si ponga fine alle esportazioni di rifiuti nel caso in cui non sia assicurato e certificato uno smaltimento rispettoso dell’ambiente.
Desidero infine chiedere di approfondire ulteriormente l’efficacia delle nostre decisioni per garantire che le nostre intenzioni divengano veramente realtà.
Miroslav Mikolášik (PPE). – (SK) Signor Presidente, i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche stanno rapidamente aumentando nell’Unione europea, e lo smaltimento inefficiente e la raccolta non professionale dei rifiuti rappresentano un problema grave per l’ambiente e la salute umana, oltre che una perdita di materie prime e risorse che non sono illimitate.
Alla luce delle nuove informazioni acquisite con l’applicazione della direttiva sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, sembra necessario apportare idonee modifiche ad alcune parti di questa misura legale che sinora hanno causato notevoli problemi a livello di attuazione pratica. Concordo pertanto con le disposizioni che invitano produttori e consumatori ad assumersi maggiormente la responsabilità di un corretto smaltimento di tali apparecchiature.
Tuttavia, per quanto concerne l’attuale obiettivo, vorrei aggiungere che non tiene conto delle condizioni economiche estremamente diverse dei vari Stati membri. A mio parere, una quota percentuale basata sui volumi di mercato in un certo arco di tempo sarebbe un modo migliore per tener conto delle specifiche circostanze degli Stati membri e della particolare situazione del mercato delle apparecchiature elettriche.
Izaskun Bilbao Barandica (ALDE). – (ES) Signor Presidente, abbiamo votato e ho personalmente votato a favore dell’iniziativa sui rifiuti di apparecchiature elettroniche. Qui si è parlato di raccolta, trattamento, divieto e illegalità, ma vorrei che fosse messo a verbale che forse dovremmo riflettere su un argomento che è stato a lungo oggetto di studi: perché materiali che potrebbero rimanere utili ed efficaci più a lungo si rompono in maniera prevedibile e prevista dopo un certo tempo?
Proprio questa settimana ho preparato diverse interrogazioni sia al Consiglio sia alla Commissione affinché verifichino se alcune aziende realmente prendono una decisione deliberata al riguardo e se, pertanto, il volume di rifiuti di apparecchiature elettroniche generato a livello europeo e globale potrebbe essere prevenuto combattendo questo tipo di pratica.
Seán Kelly (PPE). – (GA) Signor Presidente, in primo luogo, vorrei complimentarmi con il collega e amico Karl-Heinz per la presente relazione. Tutto ciò che fa è accurato e concreto, e lo stesso è accaduto per questa relazione.
(EN) Si è detto che viviamo in un’epoca elettronica con gadget sempre nuovi immessi sul mercato pressoché quotidianamente e la durata di molti di questi gadget e dispositivi elettrici è molto breve, per cui occorre aggiornarli o smaltirli. Le proposte presentateci sono sicuramente di grande attualità in proposito.
Importante è anche l’osservazione formulata in merito al mercato interno. Ci piace parlarne, ma è tutt’altro che completo.
(GA) Penso pertanto che l’odierna relazione rappresenti un progresso considerevole verso la risoluzione di questi problemi, la apprezzo e sono stato lieto di votare a suo favore.
Giommaria Uggias (ALDE). – Signor Presidente, oggi abbiamo approvato la risoluzione sui rifiuti in Campania e ciò deve rappresentare per tutti una lezione per prevenire il verificarsi di disastri ambientali come questo.
Oggi possiamo dirci soddisfatti, perché sempre in Aula abbiamo adottato un provvedimento come questo, che fa della cultura del riciclaggio e del riutilizzo in un periodo di globalizzazione un provvedimento da promuovere e incentivare in tutti i modi possibili perché i cittadini europei, oramai liberi dalla fatica della produzione dei beni oramai alla portata di tutti, siano consapevoli del loro effettivo valore.
La relazione Florenz sul riutilizzo delle apparecchiature elettriche ed elettroniche, oggi in votazione, è importante non solo per il futuro della sostenibilità ambientale in Europa, ma anche per un altro aspetto, quello della perdita di materie prime. Infatti, l’impiego efficiente e innovativo dei materiali e delle risorse è un aspetto fondamentale dell’economia globalizzata. Considero quindi positiva l’indicazione degli obiettivi ambiziosi che ci siamo posti e l’indicazione del prezzo distinto in maniera tale che il consumatore sia consapevole anche di questo.
Marian Harkin (ALDE). – (EN) Signor Presidente, sono lieta di sostenere l’ambiziosa relazione del Parlamento, che trasmette un messaggio forte ai governi in tutt’Europa. La relazione propugna il principio del “chi inquina paga” e lo fa in maniera proporzionata.
Mi compiaccio altresì per l’emendamento del gruppo ALDE che prevede l’esenzione delle micro-imprese, ossia le attività che occupano meno di 10 addetti e con un volume d’affari inferiore a due milioni, dall’obbligo di ritirare tutti i rifiuti di volume ridotto. Ciò garantisce che i piccoli negozi, che hanno difficoltà di spazio, non siano soggetti a obblighi irragionevoli.
Infine, a chi si lamenta per il costo di questa proposta, e vi sono stati alcuni colleghi che si sono lamentati, direi che non abbiamo il diritto di continuare a sfruttare le risorse sempre più scarse di questo pianeta. Abbiamo invece l’obbligo di promuovere attivamente il riutilizzo e il riciclaggio e compiere ogni sforzo possibile per arginare la perdita delle nostre materie prime che sempre più scarseggiano.
Daniel Hannan (ECR). – (EN) Signor Presidente, guidando lungo i bei pascoli e i boschi cedui della mia circoscrizione elettorale, nel sudest inglese, mi sono imbattuto in piccoli cumuli di elettrodomestici bianchi e altre apparecchiature elettriche dimesse sul ciglio della strada. Questi cumuli sono un monumento visibile alla legge delle conseguenze non volute. Una direttiva intesa a incoraggiare il riciclaggio ha finito per incentivare lo scarico libero.
In tal modo, ha viziato la tradizionale nozione di diritti di proprietà. Secondo la nostra normale interpretazione della proprietà, se mi vendi qualcosa e io l’acquisto da te, la responsabilità diventa mia. Tu non hai alcun obbligo residuo di riciclaggio. In realtà, il libero mercato generalmente ricicla tali prodotti ed esistono persone straordinarie che lo fanno gratuitamente, i cosiddetti rivenditori di rottami. Addirittura accade che ti paghino un certo corrispettivo per farlo. Nulla di tutto questo, però, conforta i miei elettori che si domandano come liberarsi dei propri elettrodomestici bianchi.
Una mia elettrice mi ha contattato la scorsa settimana chiedendomi come poteva disfarsi del frigorifero. Sono stato costretto a suggerirle di darlo a sua suocera.
Lena Ek (ALDE). – (SV) Signor Presidente, sono profondamente delusa dal modo in cui si sono legate le mani del principale rappresentante della politica esterna comune, Baronessa Ashton, nei negoziati sulla crisi in Medio Oriente. Stare al fianco di coloro che combattono per la democrazia e la libertà dovrebbe essere una conclusione scontata per noi in Europa. Il nostro Parlamento comune e la nostra Unione comune sono frutto degli sforzi incessantemente profusi per non vivere mai più l’esperienza degli orrori che i sistemi totalitari comportano. Con l’odierna proposta di risoluzione, vogliamo assumerci la nostra parte di responsabilità al riguardo e dimostrare che intendiamo sostenere la lotta per la democrazia e la libertà in Medio Oriente. È pertanto ancor più motivo di rammarico vedere come Commissione e Consiglio non siano stati in grado di assumersi la propria parte di responsabilità. Siamo testimoni dei venti di cambiamento che stanno spazzando il Medio Oriente. Le popolazioni locali chiedono aiuto ed è nostro dovere offrirlo. Occorrono misure specifiche da parte dell’Unione sotto forma di forniture di cibo, farmaci e personale che coadiuvi nella gestione degli aiuti umanitari. Tutto questo serve adesso. Nel contempo, ovviamente, dobbiamo contribuire a costruire società democratiche che abbiamo certezza giuridica in Tunisia ed Europa. Metà degli Stati membri della nostra Unione è passata dalla dittatura alla democrazia e alla libertà. Perché è così difficile dire che lo stesso dovrebbe essere per i popoli del Medio Oriente?
Salvatore Iacolino (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, non v’è dubbio che la rivolta delle nuove generazioni che agita la Tunisia possa avere ripercussioni significative sulla stessa Unione europea e questo per tante buone ragioni, tra cui la formulazione del nuovo piano Unione europea-Tunisia 2011-2016 ma, soprattutto, sotto il profilo della regolazione dei flussi migratori.
Non più tardi di un mese fa, proprio questo Parlamento aveva approvato – ed era il primo dossier legislativo a norma del trattato di Lisbona – un provvedimento importante sulla tratta degli esseri umani. Una recrudescenza dei flussi migratori irregolari va decisamente combattuta. Per questo ci vuole un patto europeo che riguardi la sponda Sud del Mediterraneo, la Tunisia ma anche l’Egitto. Per farlo è necessario che la delegazione vada – così com’è già andata proprio oggi in Tunisia – ad assistere questo processo di compiuta democratizzazione, ma nel contempo bisogna dare una chance concreta alla Tunisia attraverso un’attività costante e continua di supporto verso una democrazia compiuta.
Peter Jahr (PPE). – (DE) Signor Presidente, vorrei prendere nuovamente la parola durante le dichiarazioni di voto perché ieri, purtroppo, non ho avuto la possibilità di intervenire.
Desidero manifestare la mia ammirazione per il popolo tunisino che si è sottratto a una dittatura con mezzi pacifici, e spero che il governo di transizione in Tunisia consideri la nostra risoluzione come un’opportunità per procedere verso la democrazia.
Nel contempo, vorrei nuovamente porgere le mie scuse ai cittadini tunisini perché l’Unione europea e i suoi politici non erano evidentemente pronti a un cambiamento di rotta improvviso. Abbiamo sottovalutato il potere del popolo, se mi consentite di esprimermi in questi termini, e dovremmo cogliere l’occasione per garantire una migliore analisi delle situazioni in futuro e, ove necessario, un’adeguata reazione a eventi di questo genere.
Adam Bielan (ECR). – (PL) Signor Presidente, le vicende recenti in Tunisia e ora in Egitto hanno polarizzato l’attenzione del mondo intero. Le dimostrazioni da parte dei cittadini dei due paesi contro i regimi fossilizzati al potere hanno nondimeno alimentato la speranza di un cambiamento politico permanente.
Affinché la trasformazione intrapresa in Tunisia prosegua pacificamente, è indispensabile il sostegno incondizionato di un’Europa democratica. Aggiungendo la mia voce all’appello del Presidente del Parlamento europeo, onorevole Buzek, anch’io chiedo che si compiano passi per garantire lo svolgimento di elezioni pienamente democratiche in Tunisia consentendo la formazione di un governo di unità nazionale.
Appoggio altresì l’appello della delegazione parlamentare per le relazioni con i paesi del Maghreb affinché si conduca un’indagine indipendente per stabilire in che misura coloro che sono al governo della Tunisia sono responsabili del ricorso alla violenza e del bagno di sangue. La cooperazione e lo sviluppo di relazioni paritarie e reciproche con la Tunisia sono nell’interesse sia degli europei sia dei tunisini. Oggi ho pertanto votato a favore della risoluzione, documento che fornisce i dettagli delle prospettive per tale cooperazione.
Bruno Gollnisch (NI). – (FR) Signor Presidente, personalmente non ero amico né di Ben Ali né di Mubarak. Non li ho accolti con una stretta di mano né con una pacca amichevole sulla spalla come usava fare il Presidente Sarkozy. Non ho accolto i loro partiti nella federazione politica alla quale i miei colleghi di fede e io apparteniamo, a differenza dei socialisti, visto che il partito di Gbagbo in Costa d’Avorio, il partito di Ben Ali e il partito di Mubarak facevano tutti parte dell’Internazionale socialista.
Ciò significa, pertanto, che sono più titolato a dire quale sia il mio disgusto, mi manca un termine migliore, per il trattamento riservato oggi a queste persone, senza per questo voler in alcun modo interferire direttamente con la situazione politica di questi paesi. Rispetto troppo il principio della non ingerenza per agire in tal modo. Non sono stato colui che ha invitato Ben Ali al Parlamento europeo. Se avevate critiche da rivolgere a Ben Ali, quello era il momento per farlo. È troppo facile criticare queste persone dopo che sono cadute in disgrazia.
In tutto il Medio Oriente e il mondo, oggi la gente è consapevole del fatto che l’Occidente non appoggia i suoi amici e state certi che d’ora in poi ben pochi saranno disposti a esserlo.
Presidente. − Non crediamo che Ben Ali sia mai stato invitato al Parlamento europeo. A ogni modo, grazie a Dio, non verrà certo adesso.
Izaskun Bilbao Barandica (ALDE). – (ES) Signor Presidente, penso che la situazione in Tunisia abbia colto di sorpresa l’Unione europea. Tutto ciò che dobbiamo fare è analizzare il trattamento riservato a Ben Ali negli ultimi mesi. Credo che ancora una volta siamo giunti troppo tardi perché l’Unione europea non si è espressa con forza a favore del popolo tunisino che voleva affrancarsi da una dittatura al potere da tanti anni, conquistando libertà e democrazia.
Vorrei pertanto chiedere alla Baronessa Ashton un maggiore coinvolgimento dell’Unione europea e la creazione della task force citata nella risoluzione, alla quale il Parlamento europeo dovrebbe partecipare, in maniera che i tunisini possano indire elezioni democratiche, creare istituzioni per il proprio paese e riconquistare le proprie libertà.
Aggiungerei tuttavia che questo è il futuro della politica: il futuro della politica nel XXI deve essere improntato al dialogo e alla negoziazione per tener conto delle aspirazioni di tutti i cittadini nei processi democratici. Credo inoltre che dovremmo soffermarci a riflettere sul trattamento che l’Unione europea riserva a tutti i paesi per stabilire se è realmente paritario quando inseriamo clausole riguardanti il rispetto dei diritti umani.
Presidente. − Come sapete, il Parlamento europeo sta inviando una delegazione presieduta dall’onorevole Salafranca oggi in Tunisia che ci riferirà in merito la prossima settimana.
Ashley Fox (ECR). – (EN) Signor Presidente, gli avvenimenti in Tunisia sono un monito per tutti i governi ademocratici, e non soltanto nel mondo arabo, bensì nell’intero mondo. Se non prevediamo un meccanismo nella costituzione che consenta ai cittadini di esprimere il proprio malcontento, dovranno affrontare la rivoluzione e la violenza che questo comporta.
Non spetta all’Unione europea dettare punti e virgole della costituzione di una nazione. Dovremmo nondimeno incoraggiare la transizione verso la democrazia costituzionale e promuovere un’economia aperta, l’investimento e la crescita economica, perché è proprio la crescita economica, il commercio con il resto del mondo, che creerà posti di lavoro e affrancherà dalla povertà, causa che è alla radice di gran parte dell’insoddisfazione del mondo arabo.
Licia Ronzulli (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato ovviamente a favore di questa risoluzione perché ritengo sia necessario un maggiore impegno da parte di tutti gli Stati membri nella lotta alle malattie endemiche.
Già nel 2000, a New York, l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha posto tale obiettivo all’interno della Dichiarazione sugli obiettivi di sviluppo del Millennio. Attraverso il programma quadro per la ricerca e l’innovazione l’Unione europea ha già finanziato lo sviluppo dei vaccini contro la tubercolosi, allo scopo di sradicarla completamente dalla popolazione entro il 2050. Per far questo, inoltre, è stato promosso un partenariato con oltre quaranta centri di ricerca in tutta Europa specializzati nello sviluppo e nella produzione dei vaccini.
Con l’adozione di questo testo gli Stati membri devono ora impegnarsi a rispettare i propri impegni finanziari, soprattutto nei confronti dei paesi in via di sviluppo, affinché il diritto alla salute sia anche un diritto alla prevenzione.
Lucas Hartong (NI). – (NL) Signor Presidente, lo scorso settembre il Parlamento si è rifiutato di chiudere i conti dell’Accademia europea di polizia a causa di una gestione gravemente scorretta e problemi strutturali. Si era ipotizzato che la situazione non sarebbe stata rettificabile fino al 2014 e non ho l’impressione che nel frattempo qualcosa sia migliorato all’interno della CEPOL. Perché quindi adesso ci viene proposto di chiudere comunque i conti del 2008?
La delegazione del Vrijheidspartij (PVV) ha pertanto votato contro la proposta e vuole che i costi di tutte le perdite indebite siano a carico degli interessati. Rimettiamo inoltre in discussione l’esistenza stessa della CEPOL. Già intratteniamo un’eccellente cooperazione di polizia in Europa e non abbiamo bisogno della CEPOL. Per quanto ci riguarda, potrebbe benissimo essere completamente abolita quanto prima. Di fatto, questo rappresenterebbe un notevole risparmio per il contribuente.
Daniel Hannan (ECR). – (EN) Signor Presidente, mi piace pensare di essere sempre stato un rappresentante dei miei elettori del sudest. Uno dei modi in cui cerco di rappresentare i loro interessi in quanto contribuenti è evitando lo spreco di denaro per il quale hanno lavorato utilizzandolo per agenzie comunitarie inutili, inefficienti o corrotte.
Il fatto che nella fattispecie l’agenzia inutile sia ubicata nella mia circoscrizione elettorale, come è il caso dell’Accademia europea di polizia, nulla toglie alla forza di tale argomentazione. Non penso che vi siano dubbi quanto alla cattiva gestione dei suoi conti. Non credo che nessuno in quest’Aula possa asserire che, da un punto di vista finanziario, si tratti di un’organizzazione valida o efficiente.
Vi è poi la questione più ampia della necessità o meno di un’Accademia di polizia europea. Un monopolio sul diritto di uso della coercizione è forse la prerogativa fondamentale della statualità e gli Stati nel mondo hanno raggiunto accordi estremamente sofisticati ed efficienti sulla collaborazione di polizia senza bisogno che queste agenzie comunitarie dicessero loro come agire.
Abbiamo lavorato benissimo senza l’Unione nella contea di Hampshire, dove si trova la CPE, la cui introduzione precede l’adesione della maggior parte degli Stati membri e continuerà a operare efficientemente con o senza questa agenzia comunitaria costituita sul suo territorio.
Ashley Fox (ECR). – (EN) Signor Presidente, ho votato contro la chiusura dei conti dell’Accademia europea di polizia. L’ho fatto a titolo in qualche modo di protesta contro il modo in cui l’Unione gestisce il denaro dei contribuenti.
Ne sprechiamo troppo e troppo viene disperso per organismi inutili come l’Accademia europea di polizia. Non ne abbiamo bisogno. Dovremmo risparmiare sul denaro dei contribuenti e abolirla.
Daniel Hannan (ECR). – (EN) Signor Presidente, molte volte in Aula mi avete sentito combattere la mia guerra dura e solitaria contro l’istituzione di queste nuove autorità di vigilanza dell’Unione nel campo dei servizi finanziari.
Una delle mie argomentazioni è sempre stata che rappresentavano una soluzione a un problema inesistente. Nessuno di coloro che possono essere ritenuti responsabili della crisi finanziaria è coperto dal mandato di tali autorità. A mio giudizio, questa non è una risposta commisurata e ponderata a un problema identificato, bensì una mossa ideologica per ottenere una maggiore integrazione europea fine a se stessa.
Qualunque dubbio su chi avesse ragione è stato sicuramente fugato dalla farsa alla quale abbiamo assistito qualche istante fa quando il Presidente ha chiesto alla Camera chi fossero i tre candidati che abbiamo appena approvato. Nessun parlamentare è stato in grado di rispondere.
Perché abbiamo dunque votato a una maggioranza tanto schiacciante per nominarli? Sospetto che sia stato perché il Commissario Barnier ha detto nel raccomandarli che erano stati scelti “per il loro impegno nei confronti dell’Europa”. Ecco di cosa si tratta. Non ha nulla a che vedere con il miglioramento dei servizi finanziari e tutto a che vedere con l’ampliamento del controllo di Bruxelles.
Concluderò ribadendo l’esortazione di Lord Dartmouth: se, come è stato suggerito oggi, è necessario che una donna ricopra qualcuno di questi ruoli, penso che la candidata migliore sia l’informatrice che ha affossato la precedente Commissione, la mia collega del sudest dell’Inghilterra onorevole Andreasen.
Ashley Fox (ECR). – (EN) Signor Presidente, vorrei che non avessimo alcuna Autorità di vigilanza europea, ma esistono e, visto che esistono, dovremmo designare le persone migliori alla loro guida. Oggi abbiamo di fatto assistito a una farsa in cui colleghi che avevano intervistato le persone in questione giudicandole competenti hanno nondimeno voluto dimostrare la propria forza protestando per non essere stati sufficientemente consultati. Per questo abbiamo votato oggi. È stata una farsa delle peggiori e di certo non fa bene a questo Parlamento.
Seán Kelly (PPE). – (EN) Signor Presidente, con grande arguzia lei oggi ha osservato come per la prima volta un membro abbia letto il suo intervento da un iPad. Poi per la prima volta, e spero l’ultima, abbiamo avuto un membro che presumibilmente ha votato benché non fosse presente. Dopodiché noi stessi abbiamo votato sui presidenti delle Autorità di vigilanza. Votando contro, di fatto votavamo a favore. Spiegatemi ciò che accade. Ovviamente, come è stato sottolineato, non conoscevamo i nomi dei candidati e non avevamo una donna tra loro, sebbene, per giustizia nei confronti del Commissario Barnier, la questione sia stata da lui adeguatamente chiarita.
Non è forse sorprendente che oggi si sia parlato di banane perché, considerate le cose nel loro complesso, molti pensano che siamo in qualche modo diventati la Repubblica delle banane. Con questo spirito vado a pranzo, e le banane saranno una parte importantissima del mio menu. La ringrazio per la sua indulgenza, signor Presidente.
Luigi de Magistris (ALDE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, la risoluzione approvata oggi a maggioranza sull’emergenza rifiuti in Campania è un segnale molto importante. L’emergenza campana diventa un’emergenza europea ed è una decisione a favore dei cittadini campani.
Si dice no all’elargizione di fondi che vanno semplicemente a consolidare politici corrotti, imprenditori senza scrupoli e camorra, sì ai soldi europei se si presenta un piano credibile, un piano per i rifiuti compatibile con l’ambiente, no alle discariche incontrollate nei parchi nazionali, no agli inceneritori che producono diossina, e sì invece al riciclaggio e alle forme compatibili con l’ambiente. E si dice anche no alla criminalizzazione del dissenso delle comunità locali e quindi sì alla legalità.
È una svolta importante, un monito per il governo Berlusconi e per il governo regionale guidato da Caldoro, che sino adesso non hanno fatto altro che chiacchiere e consolidare le cricche e la borghesia mafiosa.
Peter Jahr (PPE). – (DE) Signor Presidente, spero che i cittadini della Campania considerino la risoluzione che oggi abbiamo adottato una sorta di incoraggiamento per loro. Il nostro obiettivo non era screditare la regione o parlarne male, come neanche era nostra intenzione combattere una battaglia politica interna. L’offerta che l’Unione europea ragionevolmente formula alla Campania è la seguente. Se si svilupperà un concetto completo di smaltimento dei rifiuti che sia logico, rispettoso dell’ambiente, efficiente e non corrotto, l’Unione europea erogherà sostegno finanziario. Sempre che questo messaggio sia giunto, spero che un giorno potremo discutere il fatto che la crisi in Campania è stata infine definitivamente risolta.
Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. – (RO) Il voto unanime espresso sulla richiesta di rinuncia all’immunità del parlamentare ungherese Tamás Deutsch sottolinea il beneficio della protezione garantita a livello comunitario a tutti i membri della nostra Camera. Il motivo, come è emerso dall’approfondito esame svolto in merito alla richiesta presentata dalle autorità giudiziarie ungheresi, è che stiamo evidentemente affrontando il caso più chiaro di immunità riguardante opinioni politiche. La concessione dell’immunità ai membri di un organo legislativo, strumento che è stato contestato in innumerevoli occasioni, è finalizzata a conferire loro la libertà di esprimere le proprie opinioni. Il caso che vede coinvolto l’onorevole Tamás Deutsch ne dimostra infatti il beneficio diretto. Vi ricorderei che il Parlamento europeo non ha mai protetto alcuno dei suoi membri quando si è reso colpevole di corruzione o si indagava su reati di diritto comune. Il tentativo stesso di impedire ai parlamentari di esprimere le proprie opinioni su temi di interesse pubblico che sono motivo di preoccupazione per i cittadini è inaccettabile in una società democratica, per non parlare del fatto che viola l’articolo 9 del protocollo sui privilegi e le immunità dell’Unione europea, elaborato per tutelare la libertà di espressione dei parlamentari direttamente coinvolti nell’assolvimento dei propri doveri.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. − (PT) Poiché il caso riguarda un membro del Parlamento europeo nell’esercizio della propria attività politica, come riconosciuto nella richiesta presentata dalle autorità giudiziarie ungheresi competenti, ho votato a favore delle conclusioni della relazione, che raccomanda il rifiuto della rinuncia all’immunità dell’onorevole Deutsch. Si tratta di garantire il rispetto del diritto europeo e della difesa delle attività di un parlamentare, poiché abbiamo a che fare con un presunto reato di opinione riguardante fatti di pubblico dominio. È stato altresì riconosciuto che l’onorevole Tamás Deutsch non ha partecipato in alcun modo alla pubblicizzazione di tali fatti né li ha determinati, per cui non ha alcun legame con la procedura per appurare se siano veri o falsi.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Difendere l’indipendenza dei membri di questa Camera è responsabilità del Parlamento e tale indipendenza non può essere messa a repentaglio. Il collega è accusato di diffamazione, reato asseritamente commesso a seguito di dichiarazioni formulate in merito all’accusatore, un cittadino ungherese, nel corso di un programma radiofonico trasmesso il 25 marzo 2010, al quale l’onorevole Tamás Deutsch è stato invitato in veste di politico e parlamentare europeo. Ciò dimostra pertanto, che le opinioni sono state espresse nello svolgimento dei doveri dell’onorevole Tamás Deutsch in veste di membro del Parlamento europeo, per cui sono contrario alla rinuncia alla sua immunità.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. − (EN) Tutto questo scalpore attorno all’immunità dell’onorevole Tamás Deutsch è soltanto un metodo per condurre una battaglia politica. Sono categoricamente contrario a tali metodi utilizzati per fare i conti con oppositori politici. Nella fattispecie, ho votato contro la rinuncia all’immunità del collega Tamás Deutsch. Penso che una rinuncia all’immunità debba essere applicata soltanto a un membro che abbia commesso un omicidio. Noi, e intendo tutti i membri del Parlamento europeo, dovremmo capire che quando una corsa politica va oltre ogni limite della logica, diventiamo complici di un’illegalità.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Lo scorso anno l’onorevole Tamás Deutsch ha formulato alcune osservazioni durante un programma radiofonico che gli sono valse un’accusa di diffamazione secondo il diritto ungherese. L’unica cosa che ha fatto è stata esprimere il proprio parere su fatti di pubblico dominio e pubblicati da un quotidiano. I commenti sono stati palesemente manifestati nella sua veste di membro del Parlamento europeo, il che significa che secondo le norme comunitarie è coperto dall’immunità parlamentare. Lo scopo di tale immunità è tutelare l’integrità del Parlamento europeo quale assemblea legislativa democratica e garantire l’indipendenza dei suoi membri nello svolgimento dei loro doveri. L’uso di procedimenti legali per tentare di impedire ai membri di questa Camera di esprimere le proprie opinioni su questioni di interesse pubblico legittimo non è compatibile con la democrazia. Dobbiamo salvaguardare il diritto alla libera espressione. Per questo appoggio pienamente la relazione che respinge la richiesta di rinuncia all’immunità del collega Tamás Deutsch.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − La revoca dell’immunità di un europarlamentare è sempre un argomento delicato da affrontare, ma in alcuni casi le richieste di revoca vanno analizzate nell’ambito di competenza di un europarlamentare. Chiedere la revoca delle immunità parlamentari per una semplice querela con l’accusa di dichiarazioni pubbliche considerate diffamatorie non mi sembra possa essere una motivazione rilevante. Anche dal regolamento in materia di immunità si deduce che le accuse mosse a Tamás Deutsch si riferiscono a opinioni espresse nell’esercizio delle sue funzioni di deputato al Parlamento europeo; quindi l’on. Deutsch stava esercitando le sue funzioni di deputato esprimendo il suo parere su una questione di pubblico interesse per i suoi elettori. Non si può cercare di impedire a un parlamentare di esprimere le proprie opinioni su questioni di legittimo interesse pubblico e per questo motivo mi sono espresso a favore del testo del collega Speroni contro la revoca dell’immunità dell’onorevole Tamás Deutsch.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. − (PT) Al Parlamento europeo è stato chiesto di rinunciare all’immunità parlamentare del collega Tamás Deutsch a seguito del procedimento penale nel quale è accusato di diffamazione secondo il codice penale ungherese. La commissione giuridica ha reso noto il proprio parere sulla questione in una relazione che ha deciso di non rinunciare all’immunità parlamentare adottata all’unanimità. Si è ritenuto che l’onorevole Tamás Deutsch stesse assolvendo i propri doveri di parlamentare europeo quando ha formulato le dichiarazioni che hanno condotto a detto procedimento penale. Cercare di impedire ai membri del Parlamento europeo di esprimere le proprie opinioni su questioni di pubblico interesse intentando procedimenti legali è inaccettabile in una società democratica.
Ho votato a favore perché propugno la libertà di espressione dei parlamentari nell’esercizio dei loro doveri e difendo gli interessi del Parlamento europeo in quanto istituzione. Vorrei nondimeno aggiungere che credo che coloro che occupano posizioni di responsabilità politica in generale, compresi i membri di questa Camera, debbano sempre tenere i propri discorsi nel rispetto della verità e delle altre parti coinvolte, cosa che non sempre è accaduta.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) In occasione della seduta dell’8 luglio 2010, il Presidente ha annunciato, a norma dell’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento, di aver ricevuto una lettera inviata dalle autorità giudiziarie ungheresi il 9 giugno 2010 in cui si chiedeva la rinuncia all’immunità parlamentare dell’onorevole Tamás Deutsch. Il Presidente ha deferito la richiesta alla commissione giuridica a norma dell’articolo 6, paragrafo 2. La corte del secondo e terzo distretto di Budapest ha chiesto al Parlamento europeo di rinunciare all’immunità del suo membro, onorevole Tamás Deutsch, avverso il quale dinanzi a detta corte è stato intentato un procedimento penale. Nel procedimento pendente dinanzi alla corte di Budapest, il collega Tamás Deutsch è accusato del reato penale di diffamazione a norma della sezione 179, paragrafo 2, lettere b) e c), del codice penale ungherese. L’onorevole Tamás Deutsch è accusato di aver espresso durante un programma radiofonico intitolato “Discutiamone” (Megbeszéljük), trasmesso dalla stazione radiofonica “Klubradio” il 25 marzo, una serie di dichiarazioni asseritamente false riguardanti il passato dell’accusatore e da questo considerate diffamatorie. Di conseguenza, l’accusatore ha intentato il procedimento penale contro l’onorevole Tamás Deutsch.
Raccomandazione per la seconda lettura: Charles Goerens (A7-0009/2011)
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Concordo con l’idea che la posizione sugli atti delegati debba essere approvata e reiterata in seconda lettura. Vista l’assenza di proposte alternative da parte del colegislatore, e considerata la necessità di agire rapidamente nell’interesse dei beneficiari, penso che il Parlamento debba confermare la posizione da esso adottata per la prima lettura in merito all’idonea procedura ai fini dell’esercizio di un controllo democratico e dell’applicazione degli atti delegati senza intraprendere in questa fase una nuova discussione sulle singole modifiche. Nel contempo, concordo con l’idea che il Consiglio debba rispondere il più rapidamente possibile alla posizione per la seconda lettura del Parlamento in maniera da poter trovare una soluzione e svincolare tutti i fondi.
Marta Andreasen, David Campbell Bannerman, Derek Roland Clark e William (The Earl of) Dartmouth (EFD), per iscritto. − (EN) Il partito dell’indipendenza britannico ritiene che il commercio, e non l’assistenza, sia il modo migliore per sostenere le economie dei paesi in via di sviluppo.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. − (LT) Ho votato a favore del regolamento che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo. L’obiettivo della politica di sviluppo dell’Unione europea è ridurre e, in ultima analisi, eliminare la povertà. Tale politica sostiene gli sforzi profusi dai paesi ACP per ridurre la povertà e garantire uno sviluppo economico e sociale sostenibile. L’Unione europea si impegna per supportare l’integrazione graduale e continua dei paesi in via di sviluppo nell’economia mondiale in vista di uno sviluppo sostenibile. I principali paesi ACP esportatori di banane possono trovarsi di fronte a sfide nel contesto dei mutati accordi commerciali, segnatamente a seguito della liberalizzazione della cosiddetta tariffa NPF nel quadro dell’Organizzazione mondiale del commercio e degli accordi bilaterali e regionali conclusi o in fase di conclusione tra l’Unione europea e taluni paesi dell’America latina. Le misure di assistenza finanziaria da adottare nell’ambito del programma dovrebbero essere volte a migliorare il tenore e le condizioni di vita dei cittadini nelle zone di coltivazione delle banane e nelle catene di valore delle banane, specificamente piccoli coltivatori e piccole aziende, garantendo nel contempo il rispetto delle norme in materia di lavoro, salute e sicurezza sul luogo di lavoro, oltre alle norme ambientali, segnatamente quelle riguardanti l’uso dei pesticidi e l’esposizione a tali prodotti. Le misure dovrebbero pertanto anche sostenere l’adeguamento, compresa ove del caso la riorganizzazione, delle zone dipendenti dalle esportazioni di banane attraverso un sostegno di bilancio specifico per il settore o interventi specifici per progetto.
Maria da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. − (PT) Accolgo con favore l’impegno assunto dall’Unione europea di sostenere gli sforzi profusi dai paesi ACP per giungere a uno sviluppo economico e sociale sostenibile. Integrando una dimensione commerciale nelle strategie di sviluppo e promuovendo il commercio internazionale, l’Unione ha dato un sostanziale contributo alla riduzione e all’eliminazione della povertà in tali paesi. È importante promuovere la diversificazione economica di queste regioni e renderle più competitive, tenuto comunque conto delle politiche e delle strategie di adeguamento di questi paesi, nonché del loro ambiente regionale. È essenziale appoggiare l’adeguamento dei paesi ACP alla liberalizzazione del mercato dell’Unione nel quadro dell’Organizzazione mondiale del commercio. Chiedo che i temi centrali dell’assistenza comunitaria siano il miglioramento del tenore e delle condizioni di vita dei cittadini e, ove del caso, delle piccole aziende, non da ultimo rispettando le norme in materia di lavoro, sicurezza e ambiente.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) Appoggiando questa raccomandazione legislativa per la seconda lettura, intendo garantire che il ruolo legislativo affidato dal trattato di Lisbona al Parlamento europeo non venga sminuito dall’intransigenza del Consiglio. Il rifiuto del Consiglio di concedere al Parlamento un ruolo idoneo nell’attuazione degli strumenti di finanziamento secondo l’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea non mi pare legittimo. Il pugno di ferro che il Consiglio continua a mantenere non applicando la soluzione degli atti delegati sta bloccando vari importanti iter legislativi. Il Parlamento deve essere tenuto informato in maniera responsabile per poter decidere con pari responsabilità. Nel caso degli atti delegati, deve mantenere intatti i suoi poteri di revoca di tale delega. Dare carta bianca alle altre istituzioni escludendo il Parlamento equivale a privare tale istituzione del suo potere di supervisione sull’assegnazione delle risorse e la definizione delle priorità settoriali in tema di cooperazione allo sviluppo.
Corina Creţu (S&D), per iscritto. – (RO) Esigo una risposta più rapida da parte del Consiglio al progetto di raccomandazione del Parlamento europeo recante modifica del regolamento (CE) n. 1905/2006 del Consiglio che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo. A distanza di un anno dall’avvio dei negoziati interistituzionali sulla questione orizzontale degli atti delegati nell’ambito degli strumenti finanziari per l’azione esterna, il Consiglio si è ufficialmente rifiutato di concedere al Parlamento il ruolo che gli spetta nel funzionamento degli strumenti finanziari, anche per la cooperazione allo sviluppo, come disposto dall’articolo 290 del trattato di Lisbona. Dopo aver respinto tutti gli emendamenti per la prima lettura che tentavano di introdurre gli atti delegati negli strumenti senza proporre alcuna procedura alternativa, il Consiglio ha chiesto al Parlamento di adottare la sua posizione senza alcun margine di negoziazione. Queste trattative sono essenzialmente tese a garantire il rispetto del trattato di Lisbona da parte di tutte le istituzioni e non soltanto un controllo parlamentare effettivo e, dunque, un controllo democratico sull’attuazione delle normative comunitarie. Infatti l’esito dei negoziati costituirà un importante precedente per le future negoziazioni di carattere legislativo su tutti gli strumenti di finanziamento. Mi rivolgo al Consiglio affinché ci renda nota la sua posizione quanto prima in maniera da poter pervenire a un accordo per sbloccare i fondi.
George Sabin Cutaş (S&D), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione sull’istituzione di uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo. Penso che un siffatto strumento finanziario sia una necessità in un contesto in cui i paesi in via di sviluppo sono diventati partner strategici dell’Unione. Lo strumento agevolerà la cooperazione economica, tecnica, accademica, finanziaria e culturale, producendo dunque benefici sia per l’Unione europea sia per i suoi partner.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Nonostante la crisi che l’Unione europea sta attraversando e i problemi interni che affliggono i suoi cittadini, non deve trascurare il sostegno offerto ai paesi in via di sviluppo e permettere che sprofondino in situazioni tragiche di indigenza e fame estrema. Alcuni di questi paesi dipendono in larga misura dalla produzione di uno o pochi prodotti, molto spesso agricoli, per cui sono molto vulnerabili alle fluttuazioni del mercato.
È il caso delle banane, che per molti paesi costituiscono una delle principali fonti di reddito. Spero che lo strumento di finanziamento si dimostri in grado di sostenere il necessario adeguamento derivante dalla riduzione delle tariffe preferenziali per i paesi produttori.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Questa proposta di risoluzione legislativa, che consolida una modifica del regolamento concernente lo strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo ed è volta a sostenere i paesi esportatori di banane, ha creato problemi formali tra i colegislatori in merito ai documenti strategici di programmazione per supportare il settore. Secondo le proposte formulate in prima lettura, le procedure relative agli atti delegati devono essere incluse nel regolamento concernente il finanziamento della cooperazione allo sviluppo, come disposto dal trattato di Lisbona. È essenziale che i poteri del Parlamento per quanto concerne il controllo dell’applicabilità delle decisioni strategiche e degli aiuti allo sviluppo siano preservati. Infatti, alla luce del trattato di Lisbona, concordo con l’idea che tale supervisione debba essere condotta in condizioni di parità con il Consiglio, il che contribuirebbe a migliorare la ripartizione delle responsabilità tra le istituzioni europee colmando eventuali lacune in termini di democrazia nel processo decisionale comunitario.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La questione degli atti delegati ha dominato la discussione attorno allo strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo, come di fatto è accaduto per altri strumenti finanziari. Nella fattispecie, qui sono state espresse fondate preoccupazioni, che condividiamo, in merito a un possibile ritardo nel trasferimento dei fondi previsti dalle misure di accompagnamento per le banane a seguito dell’attuale controversia esistente tra Parlamento e Consiglio. Senza nulla togliere alla rilevanza di tale discussione, sarebbe nondimeno utile analizzare le questioni soggiacenti derivanti dall’accordo per la liberalizzazione del commercio delle banane siglato dall’Unione europea.
In tale ambito, dobbiamo ricordare che i paesi ACP, notevolmente colpiti da questo accordo e non debitamente coinvolti nella sua discussione, stimano che l’ammontare degli aiuti necessario per mantenere il proprio settore delle banane sia dell’ordine di 500 milioni di euro. Pertanto, l’importo proposto dalla Commissione, pari a 190 milioni di euro, è nettamente inferiore al presunto impatto dell’accordo. Sul solo continente africano, circa 500 000 persone dipendono dal settore delle banane per la sopravvivenza. Il settore è considerato un pilastro dello sviluppo sostenibile che ha reso possibile creare infrastrutture a livello sanitario, energetico, idrico e abitativo. Il libero scambio, al quale l’accordo apre le porte, ora metterà tutto questo a repentaglio.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Egregio Presidente, cari colleghi, il Parlamento ha oggi approvato il testo della raccomandazione proposta dal collega Goerens perché ha ritenuto giusto apportare delle modifiche al regolamento (CE) n. 1905/2006 che ha istituito uno strumento atto a finanziare la cooperazione allo sviluppo. Tra gli obiettivi prioritari dell’Unione vi è sicuramente la promozione della pace, dei suoi valori e delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, nonché del raggiungimento del benessere dei popoli. In tale direzione è noto l’impegno profuso a sostegno dei Paesi in via di sviluppo tra cui, in particolar modo, quelli dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico. Scopo di tali aiuti è quello di migliorare le condizioni di vita delle popolazioni beneficiarie, attraverso l’indicazione e la messa a disposizione di tutti quegli strumenti atti a far sì che questi Paesi inizino un percorso di crescita e di responsabilizzazione. Ricordo, infine, che le modifiche che abbiamo votato seguono una riflessione di metà periodo del programma e sono dirette ad un più efficace intervento e ad un maggiore monitoraggio ad opera dell’Unione europea.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) L’Unione europea si è sempre concentrata sull’aiuto ai paesi in via di sviluppo, specialmente i paesi ACP. Questa proposta di risoluzione legislativa è volta a introdurre uno strumento di finanziamento che concorra a proteggere i paesi ACP colpiti dalla riduzione delle preferenze tariffarie. Aiutando il settore delle banane in questi paesi, li stiamo aiutando a sviluppare la propria economia, creare posti di lavoro e combattere la povertà.
Louis Michel (ALDE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della raccomandazione per la seconda lettura sullo strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo. Vorrei inoltre sottolineare che il Parlamento europeo è sempre stato favorevole alla concessione di misure di finanziamento per il settore delle banane ai 10 paesi ACP produttori. L’unico ostacolo al riguardo resta la questione orizzontale degli atti delegati. Spero che si possa pervenire rapidamente a un accordo a livello istituzionale su quest’ultimo aspetto. È infatti difficile accettare che i paesi ai quali tali fondi vengono erogati non possano utilizzarli. Questo ritardo compromette la credibilità dei nostri impegni e incide sulla conclusione degli accordi di partenariato economico.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Come nel caso delle altre relazioni riguardanti gli strumenti per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo, la presente relazione rafforza i diritti del Parlamento europeo in relazione agli atti delegati adottati dalla Commissione, ragion per cui ho votato a favore.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. − (DE) La relazione concede al Parlamento europeo più poteri nel campo delle competenze delegate. Ho pertanto votato a favore.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, in merito al tema della cooperazione allo sviluppo ho votato a favore della creazione di uno strumento finanziario che incentivi tale processo, poiché la politica di sviluppo dell’Unione europea persegue la riduzione a lungo termine della povertà. Ne consegue che l’integrazione delle strategie di sviluppo e la promozione del commercio internazionale sono elementi importanti per la riduzione della povertà. Ritengo che le misure di assistenza finanziaria da adottare in tale ambito siano volte a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni più a rischio e debbano pertanto facilitare l’adeguamento e l’inclusione attraverso un sostegno settoriale e interventi specifici.
È mio parere, inoltre, che la politica dell’Unione europea debba focalizzarsi maggiormente su una sostanziale integrazione con i paesi in via di sviluppo attraverso la creazione di uno strumento di finanziamento adeguato e specifico. Attualmente, lo sviluppo e la crescita economica sono alla base del buon funzionamento di un paese. Pertanto, promuovere azioni mirate in tale direzione è necessario affinché si possa raggiungere un livello stabile di cooperazione verso paesi a rischio.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. − (PT) Ho votato a favore delle modifiche al regolamento (CE) n. 1905/2006 che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo in seconda lettura. Tali modifiche sono volte a sostenere i principali paesi ACP esportatori di banane utilizzando misure di accompagnamento per il settore destinate a durare quattro anni (2010-2013).
Secondo la relazione della commissione per lo sviluppo, il Parlamento ha posto una serie di interrogativi in merito alla proposta della Commissione in una fase precoce, il che significa che le sue preoccupazioni, in particolare la necessità di garantire che le misure di accompagnamento per le banane siano orientate verso lo sviluppo e l’eliminazione della povertà, sono state prese in considerazione. Queste e altre preoccupazioni, ben sottolineate nel testo finale, come le norme in materia di ambiente, salute e lavoro associate al soddisfacimento di specifici criteri per l’assegnazione dei fondi, sono state il motivo per cui ho votato a favore.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) I principali paesi ACP fornitori di banane potrebbero doversi confrontare con una serie di difficoltà a seguito della liberalizzazione dei dazi doganali attuata con la tariffa NPF nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio e gli accordi bilaterali e regionali conclusi o in fase di conclusione tra l’Unione europea e taluni paesi dell’America latina. Secondo i termini della presente proposta di regolamento, che modifica il regolamento (CE) n. 1905/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, i principali paesi ACP fornitori di banane usufruiranno di misure di accompagnamento per il settore (MAB), volte ad assisterli nel processo di adeguamento a questo nuovo regime di importazione. Con particolare riguardo per questa raccomandazione per la seconda lettura, ciò che è in gioco è la questione dell’attuazione dello strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo in relazione alla procedura degli atti delegati di cui all’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che riguarderebbe sia i documenti di pianificazione sia le BAM. Ho votato a favore perché concordo con l’idea che, nella sua veste di colegislatore, il Parlamento debba poter monitorare l’adozione delle decisioni strategiche sui luoghi e le modalità di spesa degli aiuti allo sviluppo in condizioni di parità con il Consiglio.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Sulla scia dell’influenza del servizio legale del Parlamento europeo, le commissioni DEVE, AFET (DROI) e INTA hanno ingaggiato una battaglia per acquisire diritti di codecisione sul livello strategico di programmazione degli strumenti finanziari nelle relazioni esterne. Il Parlamento ha deciso di innalzare il livello della contrattazione trattando tutti gli strumenti secondo un approccio che li vede riuniti in un pacchetto. A parte questa controversia di fondo, gli altri adeguamenti a medio termine hanno ottenuto il consenso delle tre istituzioni (eccezion fatta per ICI+). Come è emerso dopo la prima lettura nell’ottobre 2010, i negoziati sugli “atti delegati” sono completamente bloccati. Il Parlamento ha dunque deciso: (1) di mantenere una linea comune, ossia di tenere insieme il pacchetto degli strumenti per l’assistenza finanziaria esterna (compreso anche, sinora informalmente, l’IfS); (2) di ripristinare con gli emendamenti per la seconda lettura del Parlamento europeo le posizioni adottate dalla Camera per la prima lettura, ossia di adottare, rispetto a tutti gli strumenti per l’assistenza finanziaria esterna, gli stessi emendamenti respinti dal Consiglio; (3) di procedere a una seconda lettura rapida.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) La proposta di regolamento che modifica lo strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo è volta a sostenere i principali paesi ACP esportatori di banane attraverso misure note come misure di accompagnamento per le banane. L’iniziativa giunge a seguito della riduzione delle tariffe preferenziali per le esportazioni di banane provenienti dai paesi ACP concesse dall’Unione europea.
La necessità di ridurre le tariffe applicabili ai prodotti importati dall’Unione deriva dalla classificazione dell’Organizzazione mondiale del commercio. Si tratta di un piano quadriennale, dal 2010 al 2013, e, secondo il documento, le misure devono essere intese al conseguimento degli obiettivi di sviluppo ed eliminazione della povertà, tenuto conto delle norme in materia di ambiente, salute e lavoro, formulando i criteri specifici per l’assegnazione dei fondi.
Appoggio l’iniziativa, che si fonda sulla preoccupazione di concorrere allo sviluppo dei paesi ACP e cooperarvi, poiché aggiunge un programma di misure di accompagnamento per le banane. Attendo di vedere quali saranno le ripercussioni sulla situazione delle regioni ultraperiferiche che producono nello stesso settore e come saranno tenute presenti dopo aver modificato i termini dello scambio tra le due parti.
Raccomandazione per la seconda lettura: Barbara Lochbihler, Kinga Gál (A7-0014/2011)
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Tenendo presente che il nuovo quadro che disciplina la pianificazione e l’attuazione delle attività di assistenza, istituito nel 2006 per rendere più efficaci e trasparenti gli aiuti comunitari, ha rivelato alcune incongruenze nella sua applicazione, segnatamente per quanto concerne le eccezioni al principio della non ammissibilità al finanziamento comunitario dei costi relativi a tariffe, imposte e altri oneri, approvo l’adozione di una seconda lettura del regolamento (CE) n. 1889/2006, che conferisce una maggiore legittimità alle altre istituzioni (Parlamento e Consiglio) nell’adozione di documenti strategici da parte della Commissione nell’ambito degli atti delegati.
William (The Earl of) Dartmouth (EFD), per iscritto. − (EN) Il partito dell’indipendenza britannico sostiene incondizionatamente la causa dei veri diritti umani. Osserviamo tuttavia che l’interpretazione dei diritti umani da parte dell’Unione europea è imperfetta. Dai voti per i detenuti al diniego dell’estrazione di istigatori all’odio terroristi, tutto nel nome dei “diritti umani”, l’Unione ha danneggiato la Gran Bretagna e ora vuole diffondere questo modello nel mondo usando il denaro dei nostri contribuenti. Per questo non possiamo appoggiare la presente misura.
Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. – (RO) La democrazia e i diritti umani sono valori fondamentali per l’Unione che dovrebbero essere risolutamente promossi nel mondo come parte integrante delle iniziative in atto per ridurre la povertà e comporre i conflitti, fornendo nel contempo un prezioso punto di partenza per la lotta al terrorismo. Accolgo dunque con favore l’intenzione specifica dell’Unione europea di incorporare la promozione della democrazia e dei diritti umani nelle proprie politiche esterne. Lo strumento finanziario per la promozione dei diritti umani nel mondo rafforza l’efficacia e la trasparenza dell’assistenza esterna dell’Unione e migliora il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali nei paesi e nelle regioni in cui sono maggiormente a rischio. Sono favorevole a un’azione per ampliare il ruolo della società civile nella promozione dei diritti umani e della riforma democratica, nel sostegno alla conciliazione pacifica degli interessi di gruppo e nell’incoraggiamento della rappresentanza e della partecipazione politica. Appoggio inoltre le iniziative attuate negli ambiti che rientrano negli orientamenti dell’Unione europea riguardanti specificamente la promozione della democrazia, i diritti umani, la pena di morte, la tortura, i diritti dell’infanzia, la violenza contro le donne e i conflitti armati. Ho votato a favore della presente relazione che sostiene e rafforza il quadro internazionale e regionale per la protezione dei diritti umani, della giustizia e dello Stato di diritto e per la promozione della democrazia.
Maria da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) L’Unione europea finanzia molti progetti nei paesi in via di sviluppo allo scopo di promuovere la cooperazione allo sviluppo, la democrazia e i diritti umani. È essenziale che al Parlamento venga concesso il diritto di controllare il finanziamento comunitario di questi progetti. Nella sua veste di colegislatore, il Parlamento deve poter monitorare l’adozione delle decisioni strategiche sui luoghi e le modalità di spesa degli aiuti per garantire che lo sviluppo e i diritti umani siano tenuti presenti.
Lara Comi (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, condivido pienamente la scelta di riproporre gli stessi emendamenti già adottati in prima lettura e respinti dal Consiglio.
La proposta, che si inserisce nel più ampio contesto dei negoziati interistituzionali sull’uso degli atti delegati negli strumenti per il finanziamento dell’azione esterna, ha infatti l’obiettivo di tutelare le prerogative del Parlamento quali previste dal trattato di Lisbona e, insieme, di garantire un efficace controllo sull’attuazione della legislazione dell’UE.
Infatti, le resistenze espresse dal Consiglio nei confronti dell’applicabilità della procedura ex articolo 290 del TFUE agli strumenti in parola non solo manifestano un ingiustificato rifiuto da parte del Consiglio di riconoscere al Parlamento il ruolo che gli spetta, come colegislatore, nell’adozione di decisioni strategiche sulla gestione degli strumenti finanziari, ma finiscono per legittimare un inammissibile deficit democratico nell’attuazione della legislazione comunitaria. Con il suo rifiuto il Consiglio muove in senso contrario rispetto alla lettera e allo spirito del trattato di Lisbona.
Ritengo pertanto necessario, per ragioni di opportunità giuridica oltre che politica, insistere per l’accoglimento degli emendamenti proposti, così da rafforzare il ruolo del Parlamento e da garantire che esso sia posto su un piano di parità con il Consiglio, nel rispetto delle competenze di ciascuno e dei mutamenti legislativi introdotti con il trattato.
Ioan Enciu (S&D), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore dell’odierna relazione perché ritengo che sia indispensabile per l’Unione europea riaffermare il proprio ruolo di leader globale della democrazia e dei diritti fondamentali. In proposito, è soprattutto necessario rendere lo strumento di finanziamento europeo più adattabile per consentire all’Unione e ai beneficiari dell’assistenza finanziaria europea di godere di un certo grado di flessibilità nella gestione dei progetti intrapresi. D’altro canto, reputo indispensabile un idoneo controllo sull’utilizzo di tali fondi. A parte l’esenzione che dovrebbe essere mantenuta per quanto concerne l’approvazione del finanziamento dei costi relativi a dazi, imposte e altri oneri applicandola caso per caso, il Parlamento europeo deve avere il diritto di monitorare le attività svolte dalla Commissione e i documenti strategici da essa adottati.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La Commissione e il Consiglio sono contrapposti sull’applicazione dell’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea allo strumento finanziario per la promozione delle democrazia e dei diritti umani nel mondo, come anche a tutti i documenti strategici e i programmi indicativi pluriennali. Al pari della risoluzione risultante dalla relazione Mitchell votata oggi, la presente risoluzione accoglie anch’essa la necessità di procedere nello stesso spirito a una chiarificazione essenzialmente tecnica nel tentativo di garantire la posizione del Parlamento europeo nel processo legislativo, così come nel controllo e nel monitoraggio degli atti della Commissione.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Poiché propugno il rispetto e l’osservanza del trattato di Lisbona, voto a favore dell’idea che il Parlamento assuma una posizione chiara in merito all’affermazione dei propri poteri e delle proprie responsabilità e svolga un ruolo attivo nella promozione delle politiche comunitarie in grado di assicurare un sostegno effettivo alla democrazia, alla libertà e al rispetto dei diritti umani nel mondo. Alla luce di ciò, è fondamentale che il Parlamento abbia un’opportunità effettiva di valutare tale strumento e garantire che sia usato in maniera corretta a sostegno dei cittadini e delle istituzioni operanti nei rispettivi paesi, in condizioni estremamente avverse, per contrastare tendenze o regimi oppressivi. Queste persone sono promotrici dello sviluppo di strutture democratiche, della libertà di stampa e parola, della lotta alla corruzione e altri problemi che minano il pieno rispetto dei diritti umani e sono alla radice di crisi come quelle attualmente in atto nei paesi dell’Africa settentrionale.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Abbiamo raggiunto la seconda lettura con cambiamenti che sono soltanto un braccio di ferro tra Parlamento, Commissione e Consiglio, una lotta di potere derivante dall’entrata in vigore del trattato di Lisbona.
L’obiettivo è il controllo di uno strumento che, dicono, è volto alla promozione della democrazia e dei diritti umani nel mondo, ma che in pratica è stato di per sé un attacco alla democrazia. Analizziamo l’esempio dell’Honduras, dove l’Unione ha utilizzato questo strumento per legittimare il potere derivante dal colpo di Stato che ha deposto il Presidente legittimamente eletto e le violazioni della costituzione nazionale. L’Unione legittima un potere associato al brutale aumento degli assassini, specialmente di membri del fronte della resistenza contro il colpo di Stato, giornalisti e loro familiari, nonché all’occupazione e all’esproprio delle terre dei coltivatori.
Si pensi anche alla contraddizione esistente nella firma da parte delle autorità che sono di fatto il risultato del colpo di Stato Honduras di un cosiddetto “accordo di associazione UE-America centrale”, contenente una clausola che chiede il rispetto dei diritti umani e della democrazia.
Ciò che sta diventando sempre più evidente è il modo ipocrita in cui l’Unione sfrutta la propria supposta preoccupazione per i diritti umani interferendo per promuovere gli agenti disposti a difendere gli interessi del grande capitale nell’Unione.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. − (LT) Ho accolto con favore questo documento perché assistiamo ancora a troppe violazioni dei diritti umani nel mondo. La crisi finanziaria ed economica, il cambiamento climatico, l’introduzione di nuove tecnologie di informazione e la guerra al terrorismo esacerbano ulteriormente le questioni dei diritti umani ed emergono nuove forme di violazione. La crisi economica e finanziaria globale sta producendo effetti negativi soprattutto sui diritti dei più poveri. I gruppi più vulnerabili nei paesi in via di sviluppo sono quelli che con tutta probabilità subiranno maggiormente le conseguenze negative del cambiamento climatico. La cooperazione allo sviluppo rappresenta una parte importantissima delle relazioni esterne dell’Unione. È lo strumento più determinante per ridurre la povertà nei paesi in via di sviluppo e promuovere le economie delle nazioni più povere, nonché le politiche sociali, la democrazia, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani. La promozione della democrazia e dei diritti umani dovrebbe essere la massima priorità di una politica esterna comunitaria coerente.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Egregio Presidente, cari colleghi, nel dicembre del 2006 il Parlamento europeo e il Consiglio hanno emanato il regolamento (CE) n. 1889/2006 che istituisce uno strumento finanziario per la promozione della democrazia e dei diritti umani nel mondo. Trascorsi quattro anni da tale data, le due istituzioni hanno ritenuto opportuno provvedere alla modifica di alcuni articoli del regolamento, al fine di migliorare sia sotto il profilo della chiarezza, che di quello dell’efficienza, gli aiuti da esso previsti. Il mio voto in favore della raccomandazione si spiega facilmente: l’esperienza del recente passato ci ha insegnato che quando si tratta di concedere aiuti umanitari l’accortezza che deve essere impiegata per accertarsi che tali fondi arrivino nelle giuste mani, non è mai troppa. Soprattutto per questo motivo ritengo che oggi il Parlamento, grazie al voto, abbia fornito quel quid in più affinché l’assistenza economica produca gli effetti di tutela della democrazia e dei diritti fondamentali dell’uomo, per il raggiungimento dei quali essa è stata prevista.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione sullo strumento europeo per la promozione della democrazia e dei diritti umani nel mondo. Questo strumento può essere utilizzato in modi che andranno a vantaggio delle popolazioni. Il mio voto certamente non significa che accetto l’approccio dei due pesi e due misure assunto dall’Unione europea nel campo della democrazia e dei diritti umani. La mancata assegnazione del premio Sakharov agli oppositori nordafricani durante gli anni dei regimi oggi in difficoltà conferma la circa natura ideologica degli eurocrati comunisti.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) I problemi emersi a seguito dell’attuazione di questi regolamenti rivelano incongruenze per quanto concerne le eccezioni al principio della non ammissibilità al finanziamento comunitario dei costi legati a imposte, dazi e altri oneri. Si propone pertanto di modificare le corrispondenti disposizioni del regolamento (CE) n. 1889/2006 al fine di allinearle ad altri strumenti in maniera che possano svolgere il proprio ruolo nella lotta per i diritti umani nel mondo.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. − (LV) Voto contro. Oggigiorno, il finanziamento di progetti nel campo dei diritti umani si sta trasformando in un affare personale di alcuni funzionari di alto livello dell’Unione europea. Il premio Sakharov, per esempio, ne è una prova. Per me, negli ultimi due anni il premio è stato conferito a candidati che non erano i migliori. Chiari segnali di partito preso politico sono emersi nel lavoro svolto dal Parlamento europeo a difesa dei diritti umani. Persone che non hanno il diritto di essere definite difensori dei diritti umani sono spesso destinatarie di premi in denaro. Servono regole chiare e rigorose, altrimenti i fondi comunitari potranno essere liberamente impiegati per usi impropri.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Questa proposta riguarda principalmente il conferimento alla Commissione di poteri per adottare atti delegati. Gli emendamenti presentati dal Parlamento impongono alla Commissione notevoli obblighi di informazione del Parlamento. Ciò, unitamente alla possibilità di formulare obiezioni agli atti delegati o revocarli integralmente, nonché alle misure proposte per migliorare l’efficienza, mi hanno indotto a votare a favore della relazione.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. − (DE) La relazione concede al Parlamento europeo più poteri nel campo delle competenze delegate. Per questo ho votato a favore.
Justas Vincas Paleckis (S&D), per iscritto. − (LT) L’Unione europea è la più grande donatrice del mondo di aiuti allo sviluppo. Eroghiamo oltre il 50 per cento dell’assistenza globale complessiva, offrendo dunque un esempio da emulare ad altri paesi e regioni. La cooperazione allo sviluppo rappresenta una parte importantissima delle relazioni esterne dell’Unione. È lo strumento più determinante per ridurre la povertà nei paesi in via di sviluppo e promuovere le economie delle nazioni più povere, nonché le politiche sociali, la democrazia, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani. Se viene attuata in maniera ancora più efficace, l’assistenza allo sviluppo dà la speranza di poter superare la divisione nel mondo tra paesi “ricchi” e “poveri”. Ho votato a favore della raccomandazione perché sono favorevole all’invito rivolto alla Commissione europea affinché elabori una proposta di compromesso sulle modalità per coinvolgere il Parlamento europeo nel controllo dello strumento per la cooperazione allo sviluppo a seguito dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona. Il Parlamento europeo dovrebbe acquisire gli stessi poteri del Consiglio europeo nel decidere quando, dove e come lo strumento debba essere utilizzato.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, in linea con le politiche dell’Unione europea in materia di diritti umani e di promozione della democrazia, ho votato a favore di tale regolamento, in quanto ritengo che i valori e i principi sui quali si fonda la nostra Unione debbano essere promossi e tramandati nel mondo.
Tuttavia, esistono ancora oggi paesi in cui i diritti umani non vengono rispettati e la democrazia non ha un ruolo di rilievo, e dove la popolazione vive in condizioni di schiavitù e di sottomissione, senza la libertà di espressione. A tale riguardo, ritengo che bisognerebbe migliorare l’efficacia e la trasparenza dell’assistenza esterna della Comunità, per far sì che la democrazia e i diritti umani possano avere l’importanza che meritano nel mondo. La creazione di uno strumento di finanziamento, pertanto, sarebbe indicata per facilitare e supportare tale promozione.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Nel 2006 si è definito un quadro normativo per la pianificazione e la prestazione dell’assistenza al fine di rendere l’assistenza esterna comunitaria più efficace e trasparente. Secondo le relazioni sottoposte all’attenzione del Parlamento, l’attuazione di tale quadro ha rivelato profonde incongruenze in merito alle eccezioni al principio di non ammissibilità al finanziamento comunitario dei costi relativi a imposte, dazi e altri oneri. Alla luce di ciò, è importante modificare talune disposizioni del regolamento (CE) n. 1889/2006 al fine di allinearle alle disposizioni di altri strumenti rientranti in detto quadro normativo. Tali modifiche non travalicano gli obiettivi stabiliti nel trattato sull’Unione europea e concorrono alla chiarificazione del regolamento. Per questo ho votato a favore.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Con particolare riguardo per l’odierna raccomandazione per la seconda lettura, ciò che è in gioco è l’applicazione della procedura degli atti delegati, di cui all’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, allo strumento finanziario per la promozione della democrazia e dei diritti umani. Ho votato a favore perché concordo con l’idea che il Parlamento, nella sua veste di colegislatore, possa monitorare l’adozione di decisioni strategiche sull’attuazione di tale strumento in condizioni di parità con il Consiglio.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Sulla scia dell’influenza del servizio legale del Parlamento europeo, le commissioni DEVE, AFET (DROI) e INTA hanno ingaggiato una battaglia per acquisire diritti di codecisione sul livello strategico di programmazione degli strumenti finanziari nelle relazioni esterne. Il Parlamento ha deciso di innalzare il livello della contrattazione trattamento tutti gli strumenti secondo un approccio che li vede riuniti in un pacchetto. A parte questa controversia di fondo, gli altri adeguamenti a medio termine hanno ottenuto il consenso delle tre istituzioni (eccezion fatta per ICI+). Come è emerso dopo la prima lettura nell’ottobre 2010, i negoziati sugli “atti delegati” sono completamente bloccati. Il Parlamento ha dunque deciso: (1) di mantenere una linea comune, ossia di tenere insieme il pacchetto degli strumenti per l’assistenza finanziaria esterna (compreso anche, sinora informalmente, l’IfS); (2) di ripristinare con gli emendamenti per la seconda lettura del Parlamento europeo le posizioni adottate dalla Camera per la prima lettura, ossia di adottare, rispetto a tutti gli strumenti per l’assistenza finanziaria esterna, gli stessi emendamenti respinti dal Consiglio; (3) di procedere a una seconda lettura rapida.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho sostenuto questo testo perché ritengo possa contribuire a migliorare l’efficacia e la trasparenza delle procedure di assistenza esterna dell’Unione europea. Dall’attuazione di certi regolamenti sono infatti nel tempo emerse incongruenze per quanto riguarda le deroghe al principio della non ammissibilità ai finanziamenti dell’UE dei costi relativi a tasse, dazi o altri oneri. Fatta chiarezza su questo punto, è ora necessario proseguire con determinazione su questa strada.
Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto. − (LT) Democrazia non significa soltanto elezioni libere e regolari. Affinché vi sia una società democratica, è necessario sostenere e difendere i diritti umani. L’Unione si è spesso affrettata ad essere la prima a condannare le violazioni dei diritti umani al di fuori della Comunità, come quando ha approvato lunedì l’applicazione di sanzioni contro il regime del Presidente Lukashenko o ha criticato le violazioni dei diritti umani in Egitto e Tunisia. Quando invece l’attenzione si appunta sulle violazioni dei diritti umani nell’Unione europea, la reazione è lenta. Ciò non fa altro che indebolire la posizione dell’Unione. Gli strumenti finanziari per l’azione esterna dell’Unione, come lo strumento per la cooperazione allo sviluppo, lo strumento europeo di partenariato e vicinato e lo strumento per la stabilità hanno un grande potenziale. L’Unione, tuttavia, dovrebbe concentrare la propria attenzione sul rafforzamento dello Stato di diritto entro i suoi confini, come anche sul miglioramento della trasparenza e del senso di responsabilità nei servizi pubblici. Credo che la democratizzazione e il processo elettorale siano anch’essi importanti per ridurre la povertà e promuovere pace, stabilità e sviluppo sostenibile. Se non riusciamo a garantire diritti umani e democrazia, rischiamo di perdere molto di più. Se vogliamo sfruttare pienamente i nostri strumenti finanziari per l’azione esterna, è importante che l’Unione europea goda di una buona reputazione nel campo dei diritti umani.
Raccomandazione per la seconda lettura: Gay Mitchell (A7-0006/2011)
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Il Parlamento deve ribadire la propria posizione per la prima lettura senza soffermarsi in questa fase su singoli emendamenti. Tenendo presente che non è stata proposta alcuna procedura alternativa e sono state accolte soltanto poche modifiche tecniche del Parlamento, e considerato che il Consiglio chiede al Parlamento di adottare la sua posizione entro la fine del 2010 senza alcuna negoziazione per stabilire insieme il termine più idoneo per trasmettere la propria posizione, come previsto dall’articolo 20 dell’accordo sulla cooperazione interistituzionale nell’ambito della procedura di codecisione, approvo la presente relazione in maniera che la posizione del Parlamento in merito agli atti delegati possa essere adottata e reiterata quanto prima in seconda lettura.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. − (LT) Nel 2006 si è definito un nuovo quadro per la pianificazione e la prestazione dell’assistenza per rendere l’assistenza esterna comunitaria più efficace e trasparente. Tale quadro consta del regolamento (CE) n. 1085/2006 del Consiglio, del 17 luglio 2006, che istituisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA), del regolamento (CE) n. 1638/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 2006, recante disposizioni generali che istituiscono uno strumento europeo di vicinato e partenariato, del regolamento (CE) n. 1934/2006 del Consiglio, del 21 dicembre 2006, che istituisce uno strumento finanziario per la cooperazione con paesi e territori industrializzati e con altri ad alto reddito, del regolamento (CE) n. 1717/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2006, che istituisce uno strumento per la stabilità, del regolamento (Euratom) n. 300/2007 del Consiglio, del 19 febbraio 2007, che istituisce uno strumento per la cooperazione in materia di sicurezza nucleare, $del regolamento (CE) n. 1889/2006 e del regolamento (CE) n. 1905/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo. Nell’attuare tali regolamenti sono emerse incongruenze in merito alle eccezioni al principio di non ammissibilità al finanziamento comunitario dei costi relativi a imposte, dazi e altri oneri. È dunque necessario modificare le corrispondenti disposizioni del regolamento (CE) n. 1889/2006 al fine di allinearlo agli altri strumenti.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) Appoggiando questa raccomandazione legislativa per la seconda lettura, intendo garantire che il ruolo legislativo affidato dal trattato di Lisbona al Parlamento europeo non venga sminuito dall’intransigenza del Consiglio. Il rifiuto del Consiglio di concedere al Parlamento un ruolo idoneo nell’attuazione degli strumenti di finanziamento secondo l’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea non mi pare legittimo. Il pugno di ferro che il Consiglio continua a mantenere non applicando la soluzione degli atti delegati sta bloccando vari importanti iter legislativi. Il Parlamento deve essere tenuto informato in maniera responsabile per poter decidere con pari responsabilità. Nel caso degli atti delegati, deve mantenere intatti i suoi poteri di revoca di tale delega. Dare carta bianca alle altre istituzioni escludendo il Parlamento equivale a privare tale istituzione del suo potere di supervisione sull’assegnazione delle risorse e la definizione delle priorità settoriali in tema di cooperazione allo sviluppo.
Lara Comi (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, condivido pienamente la scelta di riproporre gli stessi emendamenti già adottati in prima lettura e respinti dal Consiglio.
La proposta, che si inserisce nel più ampio contesto dei negoziati interistituzionali sull’uso degli atti delegati negli strumenti per il finanziamento dell’azione esterna, ha infatti l’obiettivo di tutelare le prerogative del Parlamento quali previste dal trattato di Lisbona e, insieme, di garantire un efficace controllo sull’attuazione della legislazione dell’UE.
Infatti, le resistenze espresse dal Consiglio nei confronti dell’applicabilità della procedura ex articolo 290 del TFUE agli strumenti in parola non solo manifestano un ingiustificato rifiuto da parte del Consiglio di riconoscere al Parlamento il ruolo che gli spetta, come colegislatore, nell’adozione di decisioni strategiche sulla gestione degli strumenti finanziari, ma finiscono per legittimare un inammissibile deficit democratico nell’attuazione della legislazione comunitaria. Con il suo rifiuto, il Consiglio muove in senso contrario rispetto alla lettera e allo spirito del trattato di Lisbona.
Ritengo pertanto necessario, per ragioni di opportunità giuridica oltre che politica, insistere per l’accoglimento degli emendamenti proposti, così da rafforzare il ruolo del Parlamento e da garantire che esso sia posto su un piano di parità con il Consiglio, nel rispetto delle competenze di ciascuno e dei mutamenti legislativi introdotti con il trattato.
Vasilica Viorica Dăncilă (S&D), per iscritto. – (RO) Reputo utili le misure ipotizzate dall’Unione europea avvalendosi dello strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo, specialmente quelle a sostegno dei piccoli coltivatori e delle piccole aziende agricole. Si tratta di misure intese a produrre non solo politiche sociali di flessibilità, ma anche diversificazione economica nelle aree interessate o investimenti per migliorare la competitività.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore dell’odierna risoluzione perché ritengo che il Parlamento europeo, nella sua veste di colegislatore, debba poter controllare l’adozione di decisioni strategiche riguardanti i luoghi e le modalità di erogazione degli aiuti allo sviluppo in condizioni di parità con il Consiglio, come disposto dal trattato di Lisbona.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) L’emendamento in questione è apparentemente tecnico e deriva dalla differenza nell’interpretazione del Consiglio e della Commissione da un lato e del Parlamento dall’altro dell’applicabilità dell’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea ai programmi indicativi pluriennali. Gli atti delegati (articolo 290 del TFUE) concedono ad ambedue i bracci dell’autorità legislativa il potere di bloccare proposte della Commissione o revocare la delega.
Nonostante la sua natura apparentemente tecnica, trae origine dalla diversa interpretazione dell’ambito del potere di controllo del Parlamento sulle azioni della Commissione secondo i termini del nuovo trattato. Il voto unanime in commissione conferma che questa è l’interpretazione maggiormente in accordo con l’esigenza di salvaguardare le prerogative democratiche del Parlamento per quanto concerne il controllo delle decisioni strategiche sulle modalità di assegnazione degli aiuti allo sviluppo.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Vista l’accettazione della raccomandazione per la seconda lettura del Parlamento sullo strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo, concordo con la necessità di procedere urgentemente alla modifica del regolamento (CE) n. 1905/2006 in modo da evitare conflitti interistituzionali che non migliorano l’immagine delle istituzioni europee e non fanno che ritardare l’assegnazione dei fondi nei rispettivi processi di cooperazione allo sviluppo.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) In questa seconda lettura, la discussione è stata dominata dalla possibilità di delegare alla Commissione atti non legislativi che integrano o modificano taluni elementi non essenziali di un atto legislativo, quelli che in altre parole sono noti come “atti delegati”. L’accelerazione di un certo tipo di procedure che garantiscono che gli aiuti indispensabili ai paesi in via di sviluppo raggiungano la loro destinazione per tempo è sicuramente una preoccupazione che deve essere tenuta presente. Un’altra preoccupazione è garantire che la Commissione agisca rigorosamente nei limiti della delega conferitale (che, secondo le condizioni previste, è revocabile) senza travalicare le proprie competenze, nonché garantire che in tal modo le competenze del Parlamento e del Consiglio siano debitamente salvaguardate.
Nella discussione sullo strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo, tuttavia, vi è ben più in gioco della sola questione degli atti delegati. Per essere più specifici, il tema ci impone di riflettere su una questione fondamentale: l’orientamento impresso alla politica di cooperazione dell’Unione. Dobbiamo dunque condannare il modo in cui la Commissione ha cercato di imporre accordi di libero scambio ai paesi in via di sviluppo nonostante la loro notevole resistenza perché implicitamente o esplicitamente subordina parte degli aiuti a detti accordi in un gesto di inaccettabile ricatto.
Barbara Matera (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, i negoziati interistituzionali sugli strumenti per il finanziamento dell’azione esterna riguardano la necessità di garantire un controllo democratico da parte del Parlamento sull’attuazione della legislazione dell’UE. L’articolo 290 del trattato di Lisbona, infatti, concede al Parlamento di obiettare o revocare certe decisioni proposte dalla Commissione su dove e come i soldi sono stati spesi. I fondi di cui stiamo parlando serviranno cause quali l’organizzazione della società civile in Bielorussia o il sostegno dei diritti umani in Tunisia. Ritengo che il Consiglio debba agire rapidamente per garantire che si possa trovare una soluzione e che i fondi possano essere sbloccati quanto prima.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) I diversi modi in cui l’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea viene interpretato da Parlamento e Consiglio mi hanno indotto ad appoggiare l’odierna raccomandazione legislativa. Non possiamo dimenticare il ruolo legislativo del Parlamento sancito dal trattato di Lisbona, ma pare che sia stato sottovalutato dal Consiglio. Questa intransigenza sta bloccando una serie di iter legislativi senza andare in alcun modo a vantaggio dell’Unione. La cooperazione allo sviluppo con paesi che hanno cosiddette “economie emergenti” è importantissima per la Comunità, da cui il motivo del mio voto.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (LV) Voto a favore perché sono persuaso che si debbano fornire ulteriori bonus e incentivi per incoraggiare lo sviluppo dell’industria, della scienza, del trasporto e dell’energia. Sulla falsariga degli esempi più eloquenti della storia (il piano Marshall), dobbiamo cercare di accelerare la crescita della domanda da parte dell’industria e dei consumatori incoraggiando l’innovazione nelle nuove tecnologie e nella scienza e finanziando i “pionieri” delle tecnologie.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Come nel caso della relazione Gál/Lochbihler, questa proposta di emendamento del regolamento sull’istituzione di uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo riguarda miglioramenti dell’efficienza tramite gli atti delegati adottati dalla Commissione. Ho votato a favore della relazione perché le modifiche rafforzerebbero i poteri di controllo del Parlamento europeo.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Cari Colleghi, Ho votato a favore della modifica del regolamento in merito allo strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo in quanto ritengo la cooperazione uno dei momenti importanti della politica di azione e relazione esterna dell’UE. È mio parere che la politica dell’Unione Europea debba focalizzarsi maggiormente su una sostanziale integrazione con i Paesi in via di sviluppo attraverso la creazione di uno strumento di finanziamento adeguato e specifico. Attualmente, lo sviluppo e la crescita economica sono alla base del buon funzionamento di un Paese, pertanto promuovere azioni mirate in tale direzione è necessario affinché si possa raggiungere un livello stabile di cooperazione verso paesi a rischio. Gli aiuti finanziari da stanziare e rivolgere verso tali paesi devono essere volti ad un sostegno serio e concreto per rendere questi Paesi indipendenti economicamente dall’aiuto internazionale.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione A7-0006/2011 per motivi analoghi a quelli che mi hanno indotto a votare a favore della relazione precedente, la A7-0014/2011. Ambedue i casi riguardano una controversia sull’attuazione del trattato di Lisbona. Infatti, in questo momento di transizione giuridica, il Parlamento non può e non deve perdere i poteri conferitigli dal trattato di Lisbona. In realtà, l’aspetto centrale della raccomandazione legislativa proposta dal relatore in tale processo non concerne la sostanza del regolamento sullo strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo. Il suo principale obiettivo è salvaguardare le prerogative democratiche del Parlamento previste dal trattato.
In veste di colegislatore, il Parlamento deve poter monitorare l’adozione delle decisioni strategiche sui luoghi e le modalità di spesa degli aiuti allo sviluppo in condizioni di parità con il Consiglio. A tal fine, il relatore ritiene che in termini tecnici varie decisioni, generalmente prese dalla Commissione per l’esecuzione dell’atto di base, soddisfino i criteri per essere considerate “atti delegati” a norma dell’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Ciò offrirebbe ai due organi legislativi una concreta possibilità di contestare taluni progetti di decisione proposti dalla Commissione o addirittura revocare la delega.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Care college e cari colleghi, la politica di sviluppo dell’Unione persegue la riduzione e, a lungo termine, l’eliminazione della povertà. Mi preme, in questa sede, ribadire che è opportuno che le misure di assistenza finanziaria da adottare nell’ambito del programma migliorino il livello e le condizioni di vita delle popolazioni che vivono nelle zone della coltura bananiera e ricavano un reddito dalle catene di valore del settore della banana, più specificamente i piccoli coltivatori e le piccole imprese, nonché che garantiscano il rispetto delle norme in materia di sanità, sicurezza del lavoro e protezione dell’ambiente, in particolare quelle che riguardano l’impiego dei pesticidi e l’esposizione agli stessi. Tali misure dovrebbero pertanto facilitare l’adeguamento e includere, se del caso, la riorganizzazione delle aree che dipendono dalle esportazioni di banane mediante un sostegno settoriale al bilancio o interventi specifici per progetto.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Con particolare riguardo per questa raccomandazione per la seconda lettura, ciò che è in gioco è la questione dell’attuazione dello strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo attraverso la procedura degli atti delegati, secondo quanto disposto dall’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Ho votato a favore perché concordo con l’idea che, nella sua veste di colegislatore, il Parlamento debba poter monitorare l’adozione delle decisioni strategiche sui luoghi e le modalità di spesa degli aiuti allo sviluppo in condizioni di parità con il Consiglio.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. − Migliorare il controllo democratico sui fondi destinati al sostegno dei diritti umani é un obiettivo concreto che dobbiamo raggiungere. Questo però può essere fatto solo con il nostro coinvolgimento diretto: in qualità di colegislatore infatti il Parlamento Europeo deve poter controllare direttamente le decisioni circa la spesa destinata allo sviluppo di Paesi terzi. Conferire a questa Assemblea la competenza in merito ai cosiddetti "atti delegati", contribuirebbe a ridurre il deficit democratico nel processo decisionale dell’Unione Europea. Già lo scorso ottobre questa Assemblea ha sostenuto a larga maggioranza il principio di applicare gli atti delegati anche alle decisioni inerenti il finanziamento ai Paesi terzi, in modo da poter esercitarvi il potere di veto. L’esito dei negoziati sull’uso di questi strumenti costituirà un importante precedente: se perdiamo questa battaglia, potremmo essere costretti ad attendere un nuovo trattato per ottenere prerogative che quello di Lisbona già ci riconosce.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) La Commissione europea ha proposto una revisione tecnica dello strumento europeo per la democrazia e i diritti umani allo scopo di aumentare la flessibilità, l’efficienza dell’attuazione e il coordinamento con altri meccanismi finanziari. La turbolenza che sta colpendo molti paesi arabi, in particolare Tunisia ed Egitto, dimostra la necessità di sostenere progetti che abbiano un impatto sul perseguimento dei valori democratici e dei diritti umani.
Ritengo pertanto estremamente importante che questo strumento di finanziamento supporti organizzazioni civili, Stati e singoli senza che sia necessaria la preliminare approvazione dei governi nazionali. In vista della limitazione del bilancio stanziato per tale strumento, è necessario applicarlo unicamente a iniziative che promuovano i diritti umani e la democrazia. Mi dispiace però dover sottolineare il rifiuto del Consiglio di dare attenzione all’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), che delega alla Commissione il potere di adottare atti non legislativi di applicazione generale per integrare o emendare taluni elementi non essenziali di un atto legislativo. L’introduzione di una procedura normativa con possibilità di controllo sui documenti strategici e i programmi di cooperazione pluriennali nell’ambito dello strumento per la democrazia e i diritti umani conferirebbe al Parlamento europeo maggiore potere al riguardo, potere sancito dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
Raccomandazione per la seconda lettura: Helmut Scholz (A7-0005/2011)
William (The Earl of) Dartmouth (EFD), per iscritto. − (EN) La proposta della Commissione include perlomeno quattro strumenti di finanziamento distinti che si rivolgono a settori di mercato diversi. Per ciascuno di essi esistono giustificazioni che paiono credibili. Nondimeno, presi nell’insieme, sono tutti rivolti al conseguimento dello stesso obiettivo. L’intento è far avanzare e promuovere l’agenda di politica interna e politica estera della Commissione europea. Anche il Commissario per il commercio nella discussione ha ammesso che sostengono un’ampia serie di obiettivi politici comunitari, commercio compreso, e ci consentono di rimanere attori della politica esterna. E ormai sappiamo chi paga per tutto questo: il contribuente messo sotto pressione e, naturalmente, come sempre in maniera sproporzionata, il contribuente britannico. Il costo di tutto ciò, nonostante i grandi sforzi da noi profusi, è ignoto. Ancora una volta la Commissione è dissoluta e irresponsabile con il denaro di altri. Per questo non abbiamo appoggiato nessuna delle due proposte e ci siamo astenuti.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Poiché il Parlamento e il Consiglio decidono insieme obiettivi contenuti, e tenuto conto del fatto che il Consiglio ha adottato la sua posizione il 10 dicembre 2010 senza però tener presenti gli emendamenti del Parlamento in merito alle procedure applicabili all’adozione dei documenti di programmazione e al funzionamento, concordo che l’idea che la posizione adottata in prima lettura dal Parlamento debba essere ripristinata affinché il Parlamento sia trattato in maniera paritaria rispetto al Consiglio e agli Stati membri e la struttura di programmazione dello strumento per i paesi industrializzati riconosca i cambiamenti introdotti dal trattato di Lisbona.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. − (LT) Ho votato a favore della raccomandazione che istituisce uno strumento finanziario di cooperazione con i paesi industrializzati e altri paesi e territori ad alto reddito. L’obiettivo primario del regolamento (CE) n. 1905/2006 è l’eliminazione della povertà attraverso il perseguimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio. L’ambito di cooperazione per i programmi geografici con le regioni e i paesi in via di sviluppo stabilito da detto regolamento è inoltre sostanzialmente limitato alle misure di finanziamento che sono volte a soddisfare i criteri per l’assistenza allo sviluppo ufficiale (criteri “CAS”) definiti dalla commissione per l’assistenza allo sviluppo dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (“OCSE/CAS”). È nell’interesse dell’Unione approfondire ulteriormente le proprie relazioni con i paesi in via di sviluppo interessati, che sono partner bilaterali importanti e attori nei consessi multilaterali e nel governo globale. L’Unione ha un interesse strategico nella promozione di legami diversificati con questi paesi, soprattutto in ambiti quali gli scambi economici, commerciali, accademici, aziendali e scientifici. Ha dunque bisogno di uno strumento finanziario che consenta di sostenere le misure che, in linea di principio, non sono definibili “CAS” secondo i criteri CAS, ma che sono decisive in termini di consolidamento delle relazioni e offrono un contributo importante alla promozione del progresso dei paesi in via di sviluppo interessati. La cooperazione dell’Unione dovrebbe tener conto degli sforzi profusi dai paesi beneficiari per rispettare gli accordi dell’Organizzazione internazionale del lavoro e partecipare agli obiettivi generali di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.
Lara Comi (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, condivido pienamente la scelta di riproporre gli stessi emendamenti già adottati in prima lettura e respinti dal Consiglio.
La proposta, che si inserisce nel più ampio contesto dei negoziati interistituzionali sull’uso degli atti delegati negli strumenti per il finanziamento dell’azione esterna, ha infatti l’obiettivo di tutelare le prerogative del Parlamento quali previste dal trattato di Lisbona e, insieme, di garantire un efficace controllo sull’attuazione della legislazione dell’UE.
Infatti, le resistenze espresse dal Consiglio nei confronti dell’applicabilità della procedura ex articolo 290 del TFUE agli strumenti in parola, non solo manifestano un ingiustificato rifiuto da parte del Consiglio di riconoscere al Parlamento il ruolo che gli spetta, come colegislatore, nell’adozione di decisioni strategiche sulla gestione degli strumenti finanziari, ma finiscono per legittimare un inammissibile deficit democratico nell’attuazione della legislazione comunitaria. Con il suo rifiuto, il Consiglio muove in senso contrario rispetto alla lettera e allo spirito del trattato di Lisbona.
Ritengo pertanto necessario, per ragioni di opportunità giuridica oltre che politica, insistere per l’accoglimento degli emendamenti proposti, così da rafforzare il ruolo del Parlamento e da garantire che esso sia posto su un piano di parità con il Consiglio, nel rispetto delle competenze di ciascuno e dei mutamenti legislativi introdotti con il trattato.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Ritengo fondamentale che l’Europa stabilisca relazioni forti con alcuni attori regionali e globali sostenendoli e creando forti legami politici ed economici. Citerei in particolare due paesi con il quale il Portogallo intrattiene forti legami storici e affettivi, segnatamente Brasile e Angola, due importanti protagonisti globali rispettivamente in America del sud e Africa, che l’Europa deve sempre più considerare partner.
Considerato che la finalità principale generale del regolamento (CE) n. 1905/2006 è l’eliminazione della povertà attraverso la realizzazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio, la cooperazione si limita essenzialmente al finanziamento di misure volte a soddisfare i criteri applicabili all’assistenza pubblica allo sviluppo come stabilito. Molto spesso, ciò esclude altri tipi di azione che non rientrano nell’ambito dell’assistenza pubblica allo sviluppo, ma che sono nondimeno essenziali nel contesto della politica esterna dell’Unione.
Si propone di approvare il presente regolamento, tenuto debitamente conto delle proposte del Parlamento, proprio per regolamentare tali pratiche con i paesi in via di sviluppo, che comprendono accordi e scambi economici, commerciali, accademici aziendali e scientifici.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Il Parlamento ha il dovere e l’obbligo di difendere le condizioni necessarie per l’esercizio dei poteri e delle responsabilità che gli derivano dal trattato di Lisbona. Oltre all’importanza di tale strumento per sostenere i paesi emergenti, specialmente in Africa e America latina, in maniera da affermare il ruolo dell’Unione quale promotrice di pace e sviluppo sociale in termini globali, vorrei sottolineare la necessità che il Parlamento sia maggiormente informato per garantire il corretto utilizzo di tali risorse allo scopo di promuovere la cooperazione allo sviluppo nei paesi terzi. Vorrei inoltre sottolineare il riconoscimento delle strategie a livello di fonti rinnovabili, energia, politica di salvaguardia ambientale, cultura e piccole e medie imprese, nonché l’importanza di adottare misure per prevenire le crisi nel campo alimentare e delle materie prime.
Véronique Mathieu (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore dell’introduzione di uno strumento finanziario di cooperazione con i paesi industrializzati per integrare l’assistenza europea allo sviluppo. Il finanziamento è volto a sostenere la cooperazione economica, finanziaria, tecnica, culturale e accademica con i paesi partner e rafforzare i legami economici e gli accordi bilaterali con tali paesi. Nel testo chiediamo anche di essere maggiormente informati in merito alle misure finanziate, ma anche di essere coinvolti a monte, quando si sviluppano i programmi, e a valle, quando vengono valutati, in alcuni casi dopo vari anni di attuazione.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) I diversi modi in cui l’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea viene interpretato dal Parlamento e dal Consiglio mi hanno indotto ad appoggiare questa raccomandazione legislativa. Non possiamo dimenticare il ruolo legislativo del Parlamento sancito dal trattato di Lisbona, ma pare che sia stato sottovalutato dal Consiglio. Questa intransigenza sta bloccando una serie di iter legislativi senza andare in alcun modo a vantaggio dell’Unione. La cooperazione con i paesi industrializzati riveste un’importanza enorme per l’economia dell’Unione, da cui il motivo del mio voto.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) L’attuale impegno ha portato a ben pochi miglioramenti. Viceversa, i governi sono diventati dipendenti dagli aiuti e, ciò che è peggio, milioni di euro di assistenza allo sviluppo spesso scompaiono a causa della corruzione o sono incanalati in conti bancari di dittatori del Terzo mondo. Di conseguenza, l’assistenza allo sviluppo non è soltanto inefficace, ma talvolta persino dannosa, perché non affronta i problemi specifici del paese in questione e, per di più, mancano coordinamento e controllo. Personalmente nutro molti dubbi quando al fatto che uno strumento comunitario per il finanziamento dello sviluppo e dei diritti umani possa migliorare la situazione. Dare da un lato denaro ai piccoli coltivatori africani, spingendoli d’altro sull’orlo della rovina con i nostri prodotti agricoli sovvenzionali significa che stiamo sprecando il denaro dei contribuenti europei. Visti i dubbi che nutro in merito alla sostenibilità dello strumento di finanziamento ipotizzato, mi sono astenuto.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, la mia decisione di votare a favore della creazione di uno strumento di finanziamento per la cooperazione con i paesi industrializzati, condivisa a larghissima maggioranza, si inserisce pienamente nella linea comune di applicare l’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. In seguito all’entrata in vigore del trattato di Lisbona, infatti, i criteri dell’articolo 290 non possono essere oggetto di trattative politiche o di accordi speciali.
Ritengo che la cooperazione con i paesi industrializzati sia un passo necessario da compiere per l’Unione europea, affinché tutti gli Stati membri possano usufruire di uno strumento di finanziamento che serva a incrementare la crescita e lo sviluppo dell’Unione. Nella situazione attuale, l’UE deve procedere verso un futuro di cambiamenti, di sviluppo economico e di prosperità, ragion per cui la cooperazione con i paesi industrializzati renderebbe tale processo più semplice e largamente condiviso.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Dal 2007 l’Unione europea ha razionalizzato la propria cooperazione geografica con i paesi in via di sviluppo in Asia, Asia centrale e America latina, nonché on Iraq, Iran, Yemen e Sudafrica nell’ambito del regolamento (CE) n. 1905/2006 del 18 dicembre 2006 che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo. La principale finalità generale di tale regolamento è l’eliminazione della povertà attraverso il conseguimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio. Alla luce dei nuovi poteri concessi al Parlamento del trattato di Lisbona, il relatore spiega la necessità di modificare il regolamento (CE) n. 1905/2006 ampliandone l’ambito geografico, mettendo nel contempo il Parlamento al centro del processo decisionale assieme al Consiglio. Le modifiche proposte sono state introdotte proprio in tale ottica. Vorrei sottolineare l’assegnazione di poteri alla Commissione per l’adozione di atti delegati conformemente all’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, emendamento che consentirà di tenere maggiormente presente il Parlamento in tutte le fasi del processo, dalla negoziazione all’adozione, rendendo l’Unione europea più legittimata e democratica.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Con particolare riguardo per l’odierna raccomandazione per la seconda lettura, ciò che è in gioco è l’applicazione della procedura degli atti delegati, di cui all’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, allo strumento finanziario di cooperazione con i paesi industrializzati. Ho votato a favore perché ritengo che sia fondamentale per assicurare che il Parlamento sia trattato in maniera paritaria rispetto al Consiglio e la struttura di programmazione dello strumento finanziario di cooperazione con i paesi industrializzati sia armonizzata ai cambiamenti introdotti dal trattato di Lisbona.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della proposta di risoluzione perché credo che contenga raccomandazioni alla Commissione e al Consiglio che sono fondamentali per compensare adeguatamente gli effetti negativi degli accordi stipulati, segnatamente quelli sulle regioni europee.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della proposta di risoluzione concernente la conclusione di un accordo sul commercio delle banane. Apprezzo che si sia composta una delle controversie più tecnicamente complesse, politicamente delicate e commercialmente significative che siano mai state affrontate in sede di OMC. Penso che il compromesso raggiunto rappresenti una soluzione, sebbene non abbia potuto conciliare completamente gli interessi legittimi di tutte le parti, e pertanto mi rivolgo alla Commissione affinché presenti quanto prima una valutazione dell’impatto degli accordi sul commercio delle banane sulle regioni ultraperiferiche europee e i paesi in via di sviluppo produttori di banane per il periodo fino al 2020. Accolgo con favore l’idea che gli accordi sul commercio delle banane costituiscano gli impegni definitivi dell’Unione in termini di accesso al mercato e siano inclusi nei risultati finali del prossimo round di negoziati multilaterali sull’accesso al mercato per i prodotti agricoli, che auspicabilmente si concluderanno con successo sotto gli auspici dell’OMC (Ciclo di Doha). Vorrei infine sottolineare che il compromesso raggiunto rappresenta un passo avanti nelle trattative del Ciclo di Doha, ma si tratta di un passo limitato, viste le difficoltà incontrate per andare oltre la semplice questione delle banane.
Maria da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Apprezzo l’adozione di questo accordo sul commercio delle banane, ma vorrei ribadire che dobbiamo tutelare gli interessi di tutte le parti. I produttori dei paesi ACP delle regioni ultraperiferiche dell’Unione europea potrebbero essere duramente colpiti. È essenziale che la Commissione fornisca una valutazione dell’impatto dell’accordo, così come è importante che l’Unione incrementi il proprio sostegno ai principali paesi ACP produttori di banane erogando assistenza volta a migliorare la competitività e la diversità economica e attenuare le conseguenze sociali dell’adeguamento.
George Sabin Cutaş (S&D), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della proposta di risoluzione concernente l’accordo sul commercio delle banane perché pone fine a una controversia durata quasi due decenni e rappresenta un passo nella giusta direzione verso la conclusione del Ciclo di Doha.
Nell’accordo si è deciso di ridurre le tariffe per gli esportatori di banane dell’America latina, garantendo contestualmente assistenza finanziaria per promuovere la competitività dei produttori di banane nei paesi ACP.
Lena Ek, Marit Paulsen, Olle Schmidt e Cecilia Wikström (ALDE), per iscritto. − (SV) È importante porre termine all’annosa controversia sulle tariffe di importazione delle banane in sede di OMC, per cui la ratifica dell’accordo di Ginevra del 2009 sulle tariffe e il commercio era indispensabile. È altresì importante sottolineare che, in ragione del precedente accordo, i paesi ACP sono spesso diventati dipendenti dalla produzione limitata di banane anziché sviluppare un tipo di produzione più diversificato, per cui erano più vulnerabili. Con il periodo di graduale abolizione che ora abbiamo deciso, tali paesi riceveranno sostegno per esplorare altre possibilità di produzione alternative. Tale sostegno è importante e ci rendiamo conto che l’adeguamento può richiedere tempo. L’adeguamento è però necessario perché altrimenti i paesi ACP correranno il rischio di restare vincolati a una produzione limitata di banane che, nonostante il trattamento preferenziale, non è riuscita a diventare competitiva sul mercato interno dell’Unione.
Vorremmo in particolare sottolineare che, se realmente vogliamo aiutare i paesi ACP ad adattarsi, meglio sarebbe garantire il coordinamento delle politiche comunitarie in materia di agricoltura, commercio e sviluppo in vista di un commercio libero ed equo anziché chiedere una compensazione maggiore da parte del bilancio comunitario per il periodo di adeguamento.
Göran Färm, Anna Hedh, Olle Ludvigsson, Marita Ulvskog e Åsa Westlund (S&D), per iscritto. − (SV) Noi socialdemocratici svedesi appoggiamo la stipula dell’accordo di Ginevra sul commercio delle banane tra Unione europea, Stati Uniti e diversi paesi dell’America latina e il fatto che ai paesi ACP sia garantito sostegno attraverso il programma di misure di accompagnamento per le banane (MAB). Non appoggiamo invece i passaggi relativi a un aumento degli aiuti agricoli attraverso POSEI per i produttori comunitari colpiti dall’accordo. Pensiamo che l’assistenza agricoltura comunitaria debba essere progressivamente abolita.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) L’accordo raggiunto il 15 dicembre 2009 tra l’Unione europea, un gruppo di paesi dell’America latina e gli Stati Uniti in merito ai dazi doganali sulle importazioni di banane sembra presentare vantaggi, ma non concilia completamente gli interessi legittimi di tutte le parti. Pare dunque importante procedere con misure specifiche volte a migliorare l’applicazione degli accordi a vari livelli, in particolare mediante una valutazione di impatto per i paesi in via di sviluppo produttori di banane e le regioni ultraperiferiche europee valutando le misure di accompagnamento per le banane (MAB) 18 mesi prima della fine del programma, proponendo misure insieme al gruppo dei paesi ACP per aiutare quelli che dipendono fortemente dalla coltivazione delle banane per diversificarne l’economia, nonché rivedendo e adeguando il pacchetto a sostegno dei produttori comunitari previsto dal bilancio del programma di soluzioni specifiche per ovviare alla lontananza e all’insularità (POSEI), in particolare i dipartimenti francesi d’oltremare di Guadalupa e Martinica, le Azzorre, Madeira e le Canarie. Queste e altre misure parimenti importanti sono messe in luce nella presente proposta di risoluzione.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) L’accordo di Ginevra firmato il 15 dicembre 2009 tra l’Unione europea e i paesi dell’America latina fornitori di banane ha composto un’annosa controversia in sede di OMC. Questi negoziati, condotti nel contesto del Ciclo di Doha, coinvolgono non solo i paesi dell’America latina, ma anche i paesi ACP e gli Stati Uniti, che si sono impegnati a porre fine alle controversie nell’ambito dell’OMC in merito al regime di importazione delle banane dell’Unione e con i quali l’Unione intrattiene relazioni commerciali. Lo scopo del presente accordo è introdurre una riduzione progressiva dei dazi doganali comunitari nell’arco di sette anni.
Apprezzo pertanto i negoziati intrapresi dalla Commissione e spero che questi accordi sul commercio delle banane, e mi riferisco all’accordo di Ginevra e l’accordo UE-USA, siano conclusi quanto prima. Spero infine che tali accordi contribuiscano a migliorare la competitività e promuovere politiche di diversificazione economica e politiche che innalzino il livello sociale, economico e ambientale di questi paesi nel mondo in via di sviluppo, senza dimenticare ovviamente le misure di assistenza del programma POSEI a sostegno dei produttori di banane delle regioni ultraperiferiche dell’Unione.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) I progetti di emendamento da noi formulati e che la maggioranza del Parlamento ha respinto sintetizzano le ragioni del nostro voto finale contro la risoluzione. La fine di una controversia, nella fattispecie commerciale, non è in sé motivo per rallegrarsi. Ovviamente, tutto dipende dal modo in cui la controversia è stata risolta, da chi ha vinto e chi ha perso con la soluzione finale, dalla sua equità o iniquità. Questo è ciò che la maggioranza del Parlamento sembra ignorare. La conclusione di questa controversia va a vantaggio delle multinazionali americane che operano nel settore, ma penalizza i produttori dell’Europa e dei paesi ACP, soprattutto quelli di piccole e medie dimensioni.
La proposta di risoluzione lo riconosce, non senza una certa ipocrisia, perché coloro che la formulano sono gli stessi che hanno approvato l’accordo che sta causando gli effetti negativi in questione, gli stessi che ora esprimono pie preoccupazioni in merito a tali effetti, ma li hanno resi possibili con il loro voto, gli stessi che chiedono una valutazione di impatto dell’accordo, ma non aspettano i risultati di tale valutazione per avallarla, gli stessi che ora chiedono rispetto per l’agenda per il lavoro dignitoso dell’Organizzazione mondiale del lavoro (OIL), ma si accordano ciecamente sul diapason dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e chiudono gli occhi sulle segnalazioni di violazioni dei diritti umani da parte delle multinazionali americane nei paesi dell’America latina.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Ancora una volta Bruxelles ha ceduto a interessi non europei e ha abbandonato nel nulla i principi che sostiene di difendere in relazione alle clausole sociali, ambientali e di sviluppo, al sostegno dei territori d’oltremare e così via. Nessun principio né valore viene affermato di fronte alla volontà di imporre su tutte le nazioni le leggi del mercato e del libero commercio, prescindendo dalle conseguenze economiche e sociali.
L’accordo di Ginevra non porrà termine alla guerra commerciale che ci contrappone, di fatto, agli Stati Uniti, perché mentre svendeva il settore delle banane in Europa e nei paesi ACP in cambio della sospensione delle azioni intraprese in sede di OMC, la Commissione stava negoziando accordi ancor più vantaggiosi con una manciata di paesi dell’America centrale e del sud. Chi può realmente credere che i firmatari dell’accordo di Ginevra tollereranno a lungo un trattamento di seconda classe?
Dobbiamo applicare la preferenza comunitaria e imporre i nostri standard sociali, ambientali e di sicurezza su coloro che intendono esportano nell’Unione. Dobbiamo chiedere reciprocità e accedere ai mercati esteri per i nostri prodotti. Dobbiamo porre fine a questa involata verso un libero commercio globalizzato che non va a vantaggio di nessuno, salvo forse la Cina.
Marine Le Pen (NI), per iscritto. – (FR) I membri del Parlamento europeo hanno votato a favore di una proposta di risoluzione a sostegno dell’“accordo di Ginevra” che dovrebbe porre fine alla “guerra delle banane”. In realtà, l’accordo minaccia direttamente tutti i produttori europei, ma specialmente quelli francesi d’oltreoceano, quando peraltro vari paesi latinoamericani hanno già rinegoziato per ottenere riduzioni ulteriori o quote a tasso zero. Questo scandalo ha dimostrato che, lungi dall’aver composto la questione, si è aperto un nuovo vaso di Pandora che ci porterà ancora un po’ più verso il soffocamento in termini commerciali non solo per quel che riguarda le banane, ma anche altri prodotti agricoli. Considerate le galline dalle uova d’oro del pianeta, l’Europa e la Francia, sono lasciate legate mani e piedi alla mercé della totale liberalizzazione dei nostri mercati con il consenso criminale di leader politici obbedienti ai pro-europeisti globalisti e ultraliberali. Anziché ridurre le tariffe sulle importazioni, dovremmo instaurare una politica intelligente di protezionismo alle nostre frontiere economiche. Questa è una delle soluzioni, al centro della guerra commerciale mondiale, che proteggerà i coltivatori francesi e i posti di lavoro in agricoltura, specialmente nei territori d’oltremare, dove la situazione economica e sociale è già abbastanza disastrosa.
David Martin (S&D), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della presente risoluzione e degli emendamenti nn. 7 e 11. L’emendamento n. 7 richiama l’attenzione sul fatto che alcuni paesi dell’America latina hanno ottenuto benefici aggiuntivi dopo l’accordo dell’OMC attraverso la negoziazione di accordi di libero scambio e tali accordi indeboliscono ulteriormente la posizione dei paesi ACP. L’emendamento n. 11 richiama l’attenzione sulle preoccupazioni in materia di diritti umani in Columbia e Honduras.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) La presente proposta di risoluzione è un discorso vuoto inteso a far dimenticare che il Parlamento può soltanto accettare o respingere. Tuttavia, la risoluzione fa qualcos’altro: indora la sottomissione agli Stati Uniti e alle loro multinazionali, tra le più crudeli e brutali al mondo, senza dire una parola sulla parte legata all’Honduras, anche se il paese è guidato da un regime putschista.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Non posso non accogliere con favore la fine di una delle controversie giuridiche più tecnicamente complesse, politicamente delicate e commercialmente significative mai portate dinanzi all’Organizzazione mondiale del commercio. Credo tuttavia che l’accordo non sia perfetto e in futuro possa causare qualche problema. Esorto pertanto la Commissione a presentare quanto prima una valutazione dell’impatto degli effetti degli accordi sul commercio delle banane sui paesi in via di sviluppo che ne sono produttori e le regioni ultraperiferiche europee fino al 2020 in modo da poter comprendere le difficoltà di tali paesi e agire di conseguenza, ove del caso adeguando e rafforzando il programma di soluzioni specifiche per ovviare alla lontananza e all’insularità.
Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. − (ES) Concordo con la proposta di risoluzione quando fa riferimento all’importanza della coltivazione delle banane per le regioni ultraperiferiche dell’Unione come le Canarie, le Azzorre o Madeira, dove tale settore è fondamentale per l’agricoltura. Credo anche che l’aumento degli aiuti ai produttori di banane in tali regioni siano positivo. Nondimeno, non ho votato a favore perché, come altri accordi di libero scambio conclusi dall’Unione europea, non tiene conto della situazione precaria dei lavoratori agricoli nei paesi in via di sviluppo né dell’effetto negativo sulla popolazione, omettendo anche di citare la rintracciabilità dei prodotti o la necessità per l’Unione di esigere che le importazioni rispettino i diritti del lavoro e le norme in materia di salute esistenti nella Comunità, il che avrebbe un’influenza decisiva sul miglioramento delle condizioni di vita dei coltivatori nei paesi in via di sviluppo. Inoltre, in contrasto con il paragrafo 10 della risoluzione, che afferma come il rifiuto da parte dell’Ecuador degli accordi pluripartitici conclusi tra Unione, Perù e Colombia sia deplorevole, apprezzo la posizione assunta sull’argomento dal governo del Presidente Correa e sostengo la sua alternativa, nota come trattato per lo sviluppo.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) È stato raggiunto un accordo in merito alle importazioni di banane nell’Unione che non porrà più i paesi fornitori dell’America latina in posizione di svantaggio rispetto al gruppo dei paesi ACP. Ciò allinea le norme in materia di importazioni di banane ai regolamenti dell’Organizzazione mondiale del commercio. Secondo l’accordo, l’Unione ridurrà progressivamente le proprie tariffe sulle importazioni di banane dall’America latina da 176 euro/tonnellata a 114 euro/tonnellata entro il 2017. Mi sono astenuto all’atto della votazione perché è possibile che tale accordo comporti un deterioramento relativo della competitività di alcuni paesi.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, tenendo ben presente la situazione del commercio delle banane, considerando che le banane rappresentano il quarto più grande mercato per le esportazioni agricole su scala mondiale e che la loro produzione ha un impatto di rilievo sulle comunità locali, e considerando che il regime di contingenti tariffari in vigore nell’UE ha creato le condizioni che permettono ai paesi ACP di esportare considerevoli quantità di banane nell’UE, salvaguardando un elevato numero di posti di lavoro legati a tale produzione, la mia posizione favorevole in materia sottolinea che gli accordi ai quali si è giunti costituiscono una soluzione alle varie controversie finora createsi.
Affermando ciò intendo sottolineare che l’UE ridurrà progressivamente i suoi dazi all’importazione delle banane provenienti dall’America latina, per cui i paesi ACP esportatori di banane beneficeranno di un ulteriore sostegno attraverso un nuovo programma, il "MAB".
Credo inoltre che bisognerebbe tenere in debita considerazione l’importanza socio-economica del settore della banana, in quanto strumento per la realizzazione della coesione economica e sociale, per via del reddito e dell’occupazione che genera.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. − (PT) Ho votato a favore della presente proposta di risoluzione perché contiene importanti raccomandazioni alla Commissione e al Consiglio in termini di giusta compensazione delle esternalità negative degli accordi stipulati, specialmente per quanto concerne le regioni ultraperiferiche europee. L’accordo raggiunto non concilia completamente gli interessi legittimi di tutte le parti, per cui è importante intraprendere alcune azioni volte a migliorare l’attuazione degli accordi a vari livelli, soprattutto attraverso una valutazione dell’impatto sui paesi in via di sviluppo che forniscono banane e le regioni ultraperiferiche europee. Sarebbe dunque importante rivedere e adeguare il pacchetto di sostegno ai produttori comunitari previsto dal bilancio del programma di soluzioni specifiche per ovviare alla lontananza e all’insularità, specialmente i dipartimenti francesi d’oltremare di Guadalupa e Martinica, le Azzorre, Madeira e le Canarie.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della presente proposta di risoluzione successiva all’accordo raggiunto il 15 dicembre 2009 tra l’Unione, un gruppo di paesi dell’America latina e gli Stati Uniti sui dazi doganali applicabili alle importazioni di banane, che richiama l’attenzione sulla necessità di condurre una valutazione del suo impatto sui paesi in via di sviluppo produttori di banane e le regioni ultraperiferiche europee, nonché sulla necessità di offrire un sostegno adeguato ai paesi ACP ed europei produttori di banane per consentire loro di adattarsi alla nuova realtà del mercato internazionale.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (FR) Questi accordi hanno rafforzato la posizione dominante delle multinazionali americane, che già controllano più dell’80 per cento del mercato mondiale e, pertanto, agiscono contro gli interessi, in particolare, dei paesi ACP, delle regioni ultraperiferiche e dell’Ecuador. Ancora una volta i piccoli produttori saranno quelli che subiranno. È necessario procedere urgentemente a una revisione radicale delle norme commerciali internazionali per garantire che non venga più data la priorità alla produzione guidata dall’esportazione. È fondamentale modificare il nostro modello per garantire la sovranità alimentare e lo sviluppo della produzione locale per tutti. Le misure finanziarie proposte dalla Commissione europea per assistere i produttori ACP (misure di accompagnamento per le banane (MAB)) e le regioni ultraperiferiche dell’Unione europea (programma di soluzioni specifiche per ovviare alla lontananza e all’insularità (POSEI)) sono insufficienti. Sarebbe inaccettabile se questi paesi dovessero pagare il prezzo per una politica commerciale internazionale inadeguata. L’Unione europea deve garantire che venga svolta una valutazione di impatto in relazione a tali accordi, ma soprattutto deve modificare le proprie normative in maniera da promuovere una produzione sostenibile.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) Secondo i termini dell’accordo sottoscritto con i paesi dell’America latina, l’Unione progressivamente ridurrà i dazi applicabili alle esportazioni di banane dagli attuali 176 euro/tonnellata al valore finale di 114 euro/tonnellata entro il 2017. L’obiettivo è giungere a un mercato mondiale delle banane più prevedibile e stabile per ottenere maggiori investimenti e crescita nel settore e porre fine a un annoso conflitto basato su reclami contro l’Unione quando nel 2006 ha introdotto modifiche ai dazi doganali applicabili alle banane.
La questione delle relazioni dell’Unione con i paesi terzi nel settore delle banane comprende anche il trattamento riservato ai paesi ACP con le nuove misure di accompagnamento. Resta da vedere quali misure saranno adottate per tenere debitamente conto degli interessi dei produttori nelle regioni ultraperiferiche, asseritamente già compensate nel bilancio del programma di soluzioni specifiche per ovviare alla lontananza e all’insularità (POSEI). Tenendo presente che POSEI è stato rivisto l’ultima volta nel 2006, non è accettabile affermare che questi cambiamenti nell’ambito delle relazioni commerciali intrattenute nel settore siano stati già considerati.
Nell’imminente revisione del regolamento è urgente e necessario adottare misure di compensazione per garantire fondi ai produttori di banane delle regioni ultraperiferiche europee al fine di ridurre al minimo l’impatto derivante dalla liberalizzazione del settore.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Sebbene concordi con la posizione della relatrice per quanto concerne la necessità che Commissione e Consiglio accettino specificamente di intraprendere una valutazione dell’impatto delle conseguenze degli accordi per le regioni e i paesi in via di sviluppo, non concordo con il modo in cui il processo si è sviluppato senza condurre prima valutazioni di impatto, pur sapendo che si trattava di colture importanti per alcune regioni dell’Unione, come le regioni ultraperiferiche. In proposito, manifesto il mio disaccordo e mi astengo dal voto.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR) Ho votato contro il presente accordo commerciale internazionale. La storia del commercio internazionale dimostra che la tendenza alla monocoltura non è un modello di sviluppo valido né economicamente sostenibile. Gli accordi di libero scambio conclusi in tale contesto a mio parere sono mal concepiti. L’Unione europea ha inoltre il dovere, per come la vedo io, di onorare i propri impegni e fornire adeguato sostegno finanziario alle regioni ultraperiferiche.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della proposta di decisione concernente la conclusione di un accordo sul commercio delle banane. Le banane sono la quarta coltura al mondo per importanza e offrono un importante contributo alla sicurezza alimentare. Tuttavia, nella maggior parte dei paesi produttori di banane, la produzione è destinata unicamente al mercato interno e occasionalmente ai mercati regionali: soltanto il 20 per cento della produzione mondiale è commerciato internazionalmente. Il controllo del commercio delle banane è concentrato nelle mani di un numero limitato di aziende. Solo cinque importanti multinazionali controllano oltre l’80 per cento di tutte le banane commerciate internazionalmente. Il 15 dicembre 2009, l’Unione europea, un gruppo di paesi dell’America latina e gli Stati Uniti hanno raggiunto un accordo sulle tariffe applicate dall’Unione alle importazioni di banane, ponendo fine a una delle controversie più annose e spinose della storia recente del sistema di scambi multilaterali. L’accordo consta fondamentalmente di tre componenti: un calendario concordato di riduzioni tariffarie per gli esportatori di banane NPF, un accordo per gestire i “prodotti tropicali” e i prodotti soggetti a un’“erosione della preferenza” nel contesto più ampio dei negoziati in sede di OMC, nonché un pacchetto finanziario ammontante a 190 milioni di euro di assistenza agli esportatori ACP di banane, noto come programma di misure di accompagnamento per le banane (MAB). Le controversie sulle banane hanno destabilizzato il clima della produzione e del commercio nei paesi interessati. Il compromesso consentirà di rendere il mercato globale delle banane più prevedibile e stabile, incoraggiando in tal modo investimento e crescita, oltre a una maggiore attenzione per i temi più ampi legati alle condizioni di produzione nelle catene di fornitura delle banane.
Vito Bonsignore (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore di questa relazione e mi congratulo con il lavoro svolto dalla relatrice. Concordo circa il processo di liberalizzazione del commercio delle banane che fa seguito agli accordi raggiunti in seno all’OMC e agli accordi bilaterali stabiliti con i paesi dell’America centrale e del sud. Ritengo tuttavia necessario garantire, al contempo, i produttori europei, che da sempre sono impegnati nella produzione e nella trasformazione delle banane e che svolgono un ruolo sociale fondamentale in alcune regioni europee, come ad esempio in Guadalupa, in Martinica, a Madeira e nelle Azzorre.
Per questi motivi, penso che il Consiglio e la Commissione debbano tenere conto di tali situazioni attraverso studi di impatto economico a lungo termine e attraverso stanziamenti a favore delle suddette aree per garantire che, in parallelo con la tendenza alla liberalizzazione del mercato delle banane, i produttori europei continuino a essere competitivi.
Jan Březina (PPE), per iscritto. – (CS) Ho votato a favore dell’accordo sul commercio delle banane che pone definitivamente termine alla controversia commerciale durata 16 anni sulle importazioni di banane tra l’Unione e taluni paesi americani. La gravità del problema è documentata dalle sentenze della Corte di giustizia europea, trovatasi di fronte a un regime discriminatorio per le importazioni di banane dell’Unione. Plaudo al fatto che le importazioni di banane finalmente godono di una situazione di parità, ponendo fine all’ingiustificato favoritismo nei confronti di ex colonie europee, che distorce il commercio globale nel settore. Dopo aver creato parità nelle condizioni commerciali, tuttavia, i coltivatori sinora favoriti dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico non cesseranno di beneficiare di un trattamento preferenziale. A titolo di misura di compensazione, è stato stanziato un sostegno di 200 milioni di euro che dovrebbe aiutarli a prepararsi alla concorrenza più agguerrita. Temo che prima o poi dovremo però accettare il fatto che le banane africane semplicemente non possono competere con quelle latinoamericane a causa della qualità inferiore e dei costi di produzione più elevati. Nel contempo, vorrei manifestare la speranza, che dopo aver concluso con successo i negoziati sulle banane, si rivolga l’attenzione alla riduzione dei dazi di importazione anche su altra frutta tropicale, riducendone in tal modo il prezzo a vantaggio, pertanto, di tutti i cittadini europei.
Ole Christensen, Dan Jørgensen, Christel Schaldemose e Britta Thomsen (S&D), per iscritto. − (DA) Appoggiamo la conclusione dell’accordo di Ginevra sul commercio delle banane tra l’Unione europea, una serie di paesi latinoamericani e gli Stati Uniti. In proposito, sosteniamo il fatto che, in aggiunta alla normale assistenza comunitaria, i principali paesi ACP esportatori di banane ottengano un sostegno aggiuntivo nell’ambito del programma noto come misure di accompagnamento per le banane (MAB). Siamo invece contrari all’aumento degli aiuti comunitari ai produttori europei colpiti dall’accordo (paragrafi 19 e 20 del progetto) e, in generale, riteniamo che gli aiuti agricoli comunitari debbano essere progressivamente aboliti.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della raccomandazione riguardante gli accordi sul commercio delle banane perché credo che la firma di tali accordi ponga fine alle controversie esistenti in sede di OMC e possa contribuire alla stabilità del mercato mondiale delle banane. Reputo tuttavia necessario garantire il rispetto degli interessi e delle esigenze proprie dei produttori di banane delle regioni ultraperiferiche, segnatamente aumentando i fondi disponibili nell’ambito del programma di soluzioni specifiche per ovviare alla lontananza e all’insularità (POSEI).
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La coltivazione delle banane rappresenta il quarto mercato al mondo per importanza e vi partecipa soltanto un numero limitato di paesi produttori. Rispetto alla produzione totale, solo il 20 per cento è destinato al commercio internazionale. Il 15 dicembre 2009, l’Unione europea, un gruppo di paesi latinoamericani e gli Stati Uniti hanno raggiunto un accordo sui dazi doganali applicabili alle importazioni di banane. Ciò ha posto fine a una controversia in sede di OMC incentrata sulla discriminazione operata dall’Unione nei confronti dei produttori latinoamericani rispetto ai produttori ACP, imponendo una revisione delle politiche comunitarie e una progressiva riduzione dagli attuali 176 euro/tonnellata a un valore finale di 114 euro/tonnellata entro il 2017. I paesi ACP, pertanto, perderanno la competitività, il che, nonostante l’esenzione dai dazi doganali di cui godono, potrebbe comportare un impatto economico e sociale negativo. L’accordo sembra anche presentare alcuni vantaggi, ma è importante predisporre una valutazione di impatto per quel che riguarda la capacità dei paesi ACP di reagire ai cambiamenti intervenuti nel mercato.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) L’odierna risoluzione riguarda la conclusione dell’accordo di Ginevra sul commercio delle banane tra Unione europea e taluni paesi latinoamericani, nonché un altro accordo sul commercio delle banane tra Unione europea e Stati Uniti. Ho votato a favore della risoluzione non soltanto perché chiede alla Commissione di precisare se l’accordo di finanziamento preveda un aumento dell’attuale ammontare per lo sviluppo, ma soprattutto perché presta particolarmente attenzione ai produttori europei che operano in tale settore agricolo, ubicato nelle regioni ultraperiferiche europee. È il caso di Madeira, dove i tassi di disoccupazione sono elevati, per cui la risoluzione concorre a una maggiore coesione sociale ed economica. Spero quindi che gli importi assegnati al programma di soluzioni specifiche per ovviare alla lontananza e all’insularità siano incrementati in modo che i produttori di banane europee possano resistere alla concorrenza creata dalla crescente liberalizzazione del settore a seguito dei nuovi accordi.
David Martin (S&D), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore dell’accordo sul commercio delle banane con 11 paesi latinoamericani e gli Stati Uniti. Esprimendo il proprio consenso, oggi il Parlamento europeo ha posto fine all’annosa “guerra delle banane”. Apprezzo il fatto che, per ridurre l’impatto dell’accordo sui paesi ACP più poveri, la cui economia fondamentalmente si basa sulle banane, l’accordo preveda uno strumento finanziario volto ad aiutarli ad ammodernare e diversificare la propria produzione.
Jiří Maštálka (GUE/NGL), per iscritto. – (CS) Per quanto concerne le proposte formulate, i pareri del gruppo GUE/NGL sui materiali presentati in merito ai cambiamenti da apportare ai regolamenti che disciplinano l’accesso ai mercati comunitari per questo prodotto di base agricolo e i regolamenti commerciali internazionali correlati sulle importazioni e le esportazioni, vorrei dichiarare la mia posizione, che concorda con il parere espresso in tale ambito dal governo ceco. Il governo ceco è favorevole al cambiamento dei regimi di importazione che modifica i dati doganali ridotti riscossi sulle importazioni di tale prodotto di base agricolo dai paesi terzi e accoglie con favore l’accordo di Ginevra che disciplina il commercio di tale prodotto. La produzione agricola effettiva e il commercio internazionale di tale prodotto, specialmente l’accesso al mercato comunitario, sono aspetti fondamentali per molti paesi interessati. Dovremmo sempre tenerlo presente quando elaboriamo la politica agricola comune dell’Unione. Come suggerisce il testo, le condizioni negoziate dovrebbero contribuire a creare una certa stabilità in tale ambito. La base, tuttavia, dovrebbe continuare a essere una valutazione degli impatti sui paesi interessati, unitamente a una stima dello sviluppo possibile a più lungo termine. Nonostante la priorità concessa alla modifica dei regolamenti commerciali internazionali, non dovremmo dimenticare l’importanza di tale prodotto di base per i consumatori finali. È fondamentale mantenere i valori nutrizionali appropriati di questo alimento, così come è importante produrlo in una maniera rispettosa dell’ambiente. Da ultimo, non va dimenticata l’importanza di una qualità sufficiente, attribuendole invece una priorità maggiore rispetto alla quantità.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Questo accordo, semplicemente frutto della pressione esercitata dalle principali multinazionali delle banane sotto l’occhio clemente dell’OMC, stabilisce condizioni paritarie artificiose tra i paesi esportatori di banane, sancendo di fatto politiche salariali ignobili e la distruzione della democrazia che multinazionali come Chiquita e Dole attuano nei paesi latinoamericani. L’accordo non dice una sola parola sui loro reati ambientali. La parità dovrebbe essere stabilita nel contesto degli accordi di partenariato economico, altrimenti non vi può essere parità. Sinora in tutto il mondo la Commissione europea ha negoziato esattamente il contrario della parità. L’accordo è dunque un’illusione e rientra in una politica dannosa.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Le banane rappresentano la quarta coltura al mondo per importanza, dopo riso, grano e mais, per cui non posso non accogliere con favore la fine di una delle controversie giuridiche più tecnicamente complesse, politicamente delicate e commercialmente significative mai portate dinanzi all’Organizzazione mondiale del commercio. Ritengo anche, tuttavia, che questo accordo non sia perfetto e in futuro possa creare problemi. Esorto pertanto la Commissione a presentare quanto prima una valutazione dell’impatto degli effetti degli accordi sul commercio delle banane sulle regioni ultraperiferiche europee e i paesi in via di sviluppo che ne sono produttori fino al 2020 in modo da poter comprendere le difficoltà di tali paesi e agire di conseguenza, ove del caso adeguando e rafforzando il programma di soluzioni specifiche per ovviare alla lontananza e all’insularità (POSEI).
Louis Michel (ALDE), per iscritto. – (FR) Questo accordo pone fine a una controversia che per oltre 15 anni ha visto l’Europa contrapporsi ai paesi latinoamericani produttori di banane e agli Stati Uniti, i quali condannavano il trattamento preferenziale concesso dall’Europa alle esportazioni provenienti dal gruppo di paesi ACP.
D’ora in poi, l’Unione europea ridurrà progressivamente le proprie tariffe per l’importazione delle banane provenienti dall’America latina. Le banane dei paesi ACP continueranno però a usufruire di un accesso in esenzione doganale nell’Unione europea. Inoltre, i principali paesi ACP produttori di banane continueranno a ricevere aiuti dal bilancio comunitario (a concorrenza della somma di 200 milioni di euro) per aiutarli ad adattarsi alla concorrenza più agguerrita dell’America latina.
Dobbiamo tuttavia prestare particolare attenzione per garantire che l’accordo non arrechi danno ai piccoli produttori rafforzando la posizione monopolistica delle grandi multinazionali americane che controllano il mercato delle banane nei paesi latinoamericani. L’impatto di tali accordi sui produttori dei paesi in via di sviluppo e delle regioni ultraperiferiche dell’Unione europea dovrà essere valutato.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Nel dicembre 2009 è stato raggiunto un accordo che ha posto fine all’annosa controversia sulle banane tra l’Unione europea e l’Organizzazione mondiale del commercio. L’accordo prevede tre requisiti principali che i paesi ACP e quelli latinoamericani che forniscono banane dovranno rispettare. Il suo obiettivo è colmare alcune presunte lacune. Inoltre, l’Unione europea si impegna ad applicare alle importazioni di banane tariffe rigorosamente controllate. Mi sono astenuto all’atto del voto perché alcuni aspetti della relazione, specialmente quelli riguardanti gli accordi tariffari, non hanno potuto essere completamente risolti.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. − (DE) L’accordo di Ginevra intende porre termine alla cosiddetta “guerra delle banane”. Sono tuttavia prevedibili ulteriori conflitti perché i paesi latinoamericani hanno chiesto una riduzione notevolmente superiore dei dazi doganali. Inoltre, molti paesi terzi stanno tentando di portare la propria produzione di banane sul mercato europeo in totale esenzione usufruendo di un “trattamento specifico per cliente”, il che potrebbe arrecare un danno considerevole. Ancora una volta l’Unione ha fatto alcune concessioni ingiustificate dalle quali, in ultima analisi, trarranno vantaggio soltanto le multinazionali. Per questo ho votato contro la relazione.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Il Progetto di decisione del Consiglio sulla conclusione degli accordi sul commercio delle banane tra Unione europea e paesi dell’area americana e latino americana è importante al fine di rendere più facile il commercio di uno dei beni alimentari più diffusi al mondo dopo riso, grano e mais. Ho votato a favore del testo della collega Balzani perché accordi come questo permettono una più ampia commercializzazione e differenziazione nella diffusione del prodotto, dato che solo un numero limitato dei paesi produttori è coinvolto nel commercio delle banane, riservato a un ristretto gruppo di multinazionali che ne controllano oltre l’80 % degli scambi internazionali.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della raccomandazione concernente gli accordi sul commercio delle banane perché pongono fine alle controversie in sede di Organizzazione mondiale del commercio e concorrono alla stabilità del mercato mondiale delle banane. Reputo tuttavia essenziale garantire il rispetto degli interessi e delle esigenze specifiche dei produttori di banane delle regioni ultraperiferiche, specialmente aumentando i fondi disponibili nell’ambito del programma di soluzioni specifiche per ovviare alla lontananza e all’insularità (POSEI). La situazione nell’Unione europea è molto particolare perché le banane sono la quarta coltura al mondo per importanza e vi è soltanto un numero limitato di paesi produttori di banane. Soltanto il 20 per cento della produzione globale viene commerciato internazionalmente.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Il 15 dicembre 2009, l’Unione europea, un gruppo di paesi latinoamericani e gli Stati Uniti hanno raggiunto un accordo sulle tariffe comunitarie applicabili alle importazioni di banane ponendo fine a un’annosa controversia sul trattamento preferenziale concesso dall’Unione alle importazioni di banane provenienti dai paesi ACP a discapito delle banane latinoamericane. Secondo i termini del compromesso, l’Unione ridurrà progressivamente le proprie tariffe sulle importazioni di banane latinoamericane dall’attuale livello di 176 euro/tonnellata a 114 euro/tonnellata entro il 2017, il che naturalmente comporterà un impatto negativo sulle regioni ultraperiferiche europee e i paesi ACP produttori di banane. È dunque importante valutare attentamente le ripercussioni dell’accordo e adottare misure di sostegno adeguate per i produttori delle regioni ultraperiferiche comunitarie e dei paesi ACP. Al riguardo, oltre al previsto aiuto integrativo per i principali paesi ACP produttori di banane, noto come programma di misure di accompagnamento per le banane (MAB), è essenziale apportare modifiche al pacchetto di sostegno per i produttori dell’Unione europea nel quadro del bilancio del programma di soluzioni specifiche per ovviare alla lontananza e all’insularità (POSEI) in maniera da aiutarli ad adattarsi agli effetti dei cambiamenti intervenuti nel mercato mondiale delle banane.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, le banane rappresentano la quarta coltura mondiale per importanza e contribuiscono in maniera determinante alla sicurezza degli approvvigionamenti alimentari globali. Nonostante questo, solo il 20% della produzione è oggetto di scambi internazionali. L’attività è praticamente nelle mani di cinque grandi multinazionali che, da sole, controllano oltre l’80% degli scambi internazionali di banane.
Il 15 dicembre 2009 l’UE ha raggiunto un accordo per un nuovo regime tariffario con gli Stati Uniti e un gruppo di paesi dell’America latina, ponendo così termine a un’annosa controversia, in quanto i paesi ACP potevano esportare banane in Europa godendo di agevolazioni doganali e distorcendo il mercato soprattutto a danno dei produttori sudamericani. L’accordo renderà il mercato globale delle banane meno imprevedibile e più stabile, incoraggiando così gli investimenti e la crescita nel settore.
Il Parlamento europeo dovrà ora vigilare affinché la Commissione e il Consiglio garantiscano iniziative specifiche per rafforzare la posizione commerciale dei coltivatori di banane, presentando al più presto al Parlamento una valutazione d’impatto riguardante gli effetti degli accordi sui PVS produttori e sulle regioni ultraperiferiche dell’Europa. In nessun caso, infine, si dovrà tentare di finanziare i paesi ACP produttori di banane attraverso la riassegnazione di risorse prelevandole da quelle destinate alla cooperazione allo sviluppo.
Catherine Stihler (S&D), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore perché l’Unione è stata accusata di violazione delle norme commerciali importando banane dai paesi ACP senza riscuotere alcun tributo, imponendo invece pesanti tasse ad altri paesi. Accolgo dunque con favore la fine di questa guerra commerciale.
Patrice Tirolien (S&D), per iscritto. – (FR) È impossibile separare l’accordo di Ginevra dagli altri accordi che la Commissione ha successivamente negoziato. Poco dopo la firma dell’accordo di Ginevra, Colombia e Perù hanno ottenuto una riduzione tariffaria maggiore, dimostrando pertanto che l’accordo non offre alcuna certezza giuridica e non ha composto la controversia sulle banane come asserisce di fare. Tale trattamento preferenziale ha indotto Ecuador e Guatemala a chiedere un pari trattamento e rischia di comportare il deposito di ulteriori ricorsi presso l’OMC. L’accordo nuoce inoltre gravemente a un settore che rappresenta innumerevoli posti di lavoro non soltanto nei paesi ACP nostri partner, ma anche nelle nostre regioni ultraperiferiche. L’assistenza erogata dall’Unione europea a sostegno dei produttori nelle regioni ultraperiferiche è stata calcolata sulla base delle leggi approvate in sede di OMC nel 2006. Tuttavia, né l’accordo del dicembre 2009 né l’accordo con i paesi andini sono stati previsti nel programma POSEI. Quanto all’aiuto concesso ai produttori ACP, non è sufficiente per consentire loro di adeguarsi alla nuova situazione tariffaria. Dare il proprio consenso a tale accordo equivale a sostenere la Commissione in una strategia che non è coerente con lo sforzo profuso dall’Unione a favore delle regioni ultraperiferiche e dei paesi ACP.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Tenuto conto delle posizioni espresse nelle mie precedenti dichiarazioni di voto e visto che sono in disaccordo con il modo in cui il processo si è sviluppato senza aver svolto prima una valutazione di impatto, pur sapendo che le coltivazioni in questione erano importanti per alcune regioni europee, come le regioni ultraperiferiche, per dimostrare il mio disaccordo all’atto del voto mi sono astenuto.
Sergio Berlato (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel panorama delle colture le banane rappresentano la quarta coltura mondiale per importanza, dopo riso, grano e mais, e contribuiscono in maniera determinante alla sicurezza degli approvvigionamenti alimentari.
Nel dicembre 2009, l’Unione europea, un gruppo di paesi dell’America latina e gli Stati Uniti hanno raggiunto un accordo sul regime tariffario applicabile alle importazioni di banane nell’Unione. La firma di questo accordo ha messo fine a una delle controversie più annose della recente storia del sistema commerciale multilaterale. Infatti, nel recente passato, le politiche di importazione delle banane sono state oggetto di una disputa decennale in seno all’OMC che opponeva l’UE a diversi paesi produttori di banane dell’America latina e agli Stati Uniti.
Non possiamo, tuttavia, trascurare il caso in cui la modifica delle aliquote tariffarie, che deriva dall’applicazione dell’accordo, abbia ripercussioni negative sulla sussistenza dei produttori di banane dell’Unione. Pertanto, sollecito l’attenzione della Commissione affinché venga realizzato nei prossimi mesi uno studio d’impatto serio e indipendente per verificare gli eventuali effetti negativi e le conseguenze dell’entrata in vigore dell’accordo per i produttori europei di banane ed, eventualmente, provvedere a una revisione verso l’alto delle misure di aiuto previste nel quadro del programma POSEI.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione concernente la proposta che abroga il regolamento del Consiglio sulle tariffe per le banane. Il regime di importazione delle banane dell’Unione prevedeva che 775 000 tonnellate di tale frutta provenienti dai paesi ACP potessero accedere all’Unione ogni anno in esenzione doganale, applicando invece una tariffa di 176 euro/tonnellata alle banane provenienti da tutti gli altri esportatori (fornitori NPF). Molti paesi latinoamericani hanno insistito a lungo sul fatto che tale regime di importazione operava una discriminazione illegale a favore delle banane provenienti dai paesi ACP violando le norme dell’OMC in materia di restrizioni quantitative. Secondo i termini del compromesso, l’Unione europea ridurrà progressivamente le proprie tariffe sulle esportazioni di banane provenienti dai paesi latinoamericani finché non avrà raggiunto il livello di 114 euro/tonnellata. L’accordo contiene inoltre una clausola in cui si afferma che gli esportatori di banane latinoamericani sospenderanno tutte le azioni contro l’Unione in sede di OMC “una volta che il nuovo elenco dei dazi dell’UE sarà certificato dall’OMC, i paesi fornitori di banane dell’America latina dovranno porre fine a tutte le controversie con l’UE sulle banane pendenti in sede OMC e ritirare tutti i reclami presentati contro l’Unione a seguito dell’adesione di nuovi Stati membri o della modifica dei dazi sulle banane introdotta dalla stessa UE nel 2006” e non chiederanno ulteriori riduzioni tariffarie per le banane nel Ciclo di Doha.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione sui dazi doganali applicabili alle banane, volta ad applicare i nuovi dazi previsti dall’accordo di Ginevra, la cui stipula concorre alla stabilità e alla prevedibilità del mercato mondiale delle banane.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Il 15 dicembre 2009, l’Unione europea, un gruppo di paesi latinoamericani e gli Stati Uniti hanno raggiunto un accordo sui dazi doganali applicabili alle importazioni di banane. Ciò ha posto fine a una controversia in sede di Organizzazione mondiale del commercio incentrata sulla discriminazione operata dall’Unione nei confronti dei produttori latinoamericani rispetto ai produttori dei paesi ACP, imponendo una revisione delle politiche comunitarie e una progressiva riduzione dagli attuali 176 euro/tonnellata al valore finale di 114 euro/tonnellata entro il 2017. A seguito dell’approvazione dell’accordo di Ginevra sul commercio delle banane, sarà essenziale apportare le necessarie modifiche e rettifiche legislative che ne garantiranno l’effettiva attuazione. A tal fine, è necessario abrogare l’attuale regolamento (CE) n. 1964/2005 del Consiglio sulle tariffe per le banane, che prevede un dazio di 176 euro/tonnellata.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Le tariffe applicabili al commercio delle banane sono state stabilite nel regolamento (CE) n. 1964/2005 del Consiglio. A seguito dei recenti negoziati tra l’Unione europea e i paesi produttori di banane, che hanno dato luogo a nuovi accordi, segnatamente l’accordo di Ginevra, e posto fine ad annose controversie in sede di OMC, è necessario abolire il suddetto regolamento. Sebbene non sia stato possibile giungere a un consenso totale, accolgo con favore questo ulteriore passo avanti verso un impegno definitivo dell’Unione al riguardo da inserire nel prossimo round negoziale ed esprimo pieno accordo alla revoca del regime tariffario stabilito dal regolamento (CE) n. 1964/2005 del Consiglio, del 29 novembre 2005.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il presente accordo è un esempio eloquente del potere delle multinazionali e del ruolo dell’Organizzazione mondiale del commercio quale forum che difende i loro interessi. L’accordo ci dimostra anche nuovamente come l’Unione si consideri uno strumento al servizio degli interessi dei monopoli transnazionali. Con tale accordo, le multinazionali americane, che oggi già controllano più dell’80 per cento del commercio mondiale delle banane, interessi che la Commissione ammette di aver tentato di “acquietare” con l’accordo, vedranno ulteriormente aumentare la propria quota di mercato.
Sono queste stesse multinazionali a essere accusate e denunciate per violazione dei diritti umani, espropriazione di terreni dagli indigeni e promozione di condizioni di lavoro vicine alla schiavitù, il tutto per incoraggiare modelli di produzione intensiva ambientalmente insostenibili. In cambio, l’accordo, come ammette la stessa relatrice, minaccerà la sopravvivenza di migliaia di produttori piccoli e medi, sia nei paesi ACP sia nei paesi europei.
I produttori piccoli e medi, le norme sociali e di lavoro e la conservazione dell’ambiente continueranno a essere sacrificati sull’altare del libero scambio, trasformato in mere vacue parole nella discussione ufficiale e calpestato ogni giorno, nella pratica, come ancora una volta osserviamo.
David Martin (S&D), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della risoluzione per abrogare il regolamento (CE) n. 1964/2005 del Consiglio sul regime tariffario per le banane in quanto è necessario a seguito del voto per manifestare consenso all’accordo sul commercio delle banane convenuto in sede di OMC.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Cedere al ricatto delle multinazionali e restituire retroattivamente i dazi doganali è un’aberrazione. L’Unione europea avrebbe potuto avere la decenza di usare i milioni che sta sprecando per tale questione allo scopo di alleviare le sofferenze delle popolazioni d’oltremare, che saranno vittime degli accordi stipulati proprio nel momento in cui sono colpite dalla crisi.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Non posso non accogliere con favore la fine di una delle controversie giuridiche più tecnicamente complesse, politicamente delicate e commercialmente significative mai portate dinanzi all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). A seguito dell’adozione di questo nuovo accordo, è necessario allineare il regolamento (CE) n. 1964/2005 del Consiglio abrogandolo in maniera da rispettare l’accordo di riduzione tariffaria, che impone di portarle dagli attuali 176 euro/tonnellata a 114 euro/tonnellata entro la fine del 2017.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (LV) A giudicare dall’enorme entusiasmo con il quale i membri del Parlamento hanno accolto il voto sulla riduzione tariffaria per le banane importate dall’America latina, è divenuto chiaro che molti colleghi non capiscono quanto fondamentale sia la questione per l’Unione europea. Ogni anno approviamo un bilancio che prevede fondi per l’assistenza, compresi aiuti per i paesi latinoamericani. Se oggi riduciamo le tariffe per l’importazione delle banane provenienti dall’America latina, questo prodotto diventerà ancor più competitivo. Ciò significa che il numero di banane coltivato aumenterà e si creeranno altri posti di lavoro, permettendo in tal modo di ridurre l’assistenza finanziaria ai paesi latinoamericani. L’Unione europea, pertanto, otterrà notevoli risparmi sui fondi destinati alle relazioni con i paesi in via di sviluppo, ma questo è già un altro argomento. Ho sostenuto l’iniziativa consapevolmente, pur non sorridendo.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Dopo il riso, il grano e il mais, le banane sono la quarta coltura alimentare al mondo per importanza. Nella sola Unione europea, nel 2008 sono stati venduti 5,4 milioni di tonnellate di banane. L’Unione ha però un problema. Cinque multinazionali controllano l’80 per cento del commercio internazionale delle banane. Una controversia tra l’Unione e l’Organizzazione mondiale del commercio durata per decenni e riguardante il trattamento preferenziale concesso dall’Unione alle importazioni di banane provenienti dai paesi ACP rispetto a quelle provenienti dall’America latina è stata infine composta attraverso un accordo raggiunto nel dicembre 2009. Ho scelto l’astensione perché non è possibile garantire che si sia tenuto debitamente conto degli interessi legittimi di tutti coloro che sono coinvolti.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Ho votato a favore della relazione della collega Balzani sull’abrogazione del regolamento del Consiglio del 2005 sul dazio applicato al commercio di banane provenienti dai paesi dell’America Latina. La questione é stata discussa anche all’interno dell’OMC dato che paesi dell’America Latina hanno denunciato il carattere discriminatorio e illegale del regolamento sul regime di importazioni dell’UE che prevedeva aliquote tariffarie per i paesi sud americani e agevolazioni per i paesi ACP. Ho ritenuto doveroso votare a favore dell’abrogazione di un regolamento che ha creato solo controversie a livello internazionale destabilizzando il contesto produttivo e commerciale dei paesi interessati. Il nuovo accordo renderà il mercato globale delle banane meno imprevedibile e più stabile.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione A7-0003/2011, ma avallo l’idea che sia presentata una valutazione dell’impatto delle conseguenze sulle regioni ultraperiferiche perché la coltivazione delle banane è fondamentale per l’economia locale di molte di queste regioni. Poiché il regolamento che istituisce il programma di soluzioni specifiche per ovviare alla lontananza e all’insularità (POSEI) è attualmente in fase di revisione, la Commissione deve vagliare la possibilità di proteggere dette regioni dalle esternalità negative causate da tale accordo. L’accordo di Ginevra sul commercio delle banane tra l’Unione europea e taluni paesi latinoamericani come Brasile, Colombia, Costa Rica, Ecuador, Guatemala, Honduras, Mexico, Nicaragua, Panama, Perù e Venezuela, ha portato a una riduzione delle tariffe applicate alle importazioni di banane entro il 2017. Il diritto interno dell’Unione dovrà essere adeguato abrogando il regolamento (CE) n. 1964/2005 concernente il regime tariffario per le banane. Il possibile esito dell’accordo, segnatamente la progressiva liberalizzazione del settore e l’apertura del mercato europeo alle importazioni di banane, avrà inevitabilmente conseguenze negative sulla produzione interna europea di banane, conseguenze che devono essere affrontate.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, le banane rappresentano la quarta coltura mondiale per importanza, dopo riso, grano e mais, e contribuiscono in maniera determinante alla sicurezza degli approvvigionamenti alimentari. Eppure, nella maggior parte dei paesi produttori, le banane sono destinate esclusivamente al mercato interno e, su base occasionale, a quello regionale, al punto che solo il 20% della produzione globale è oggetto di scambi internazionali. Analizzando i dati forniti nella relazione, nel 2008 i consumatori dell’UE hanno acquistato oltre 5,4 milioni di tonnellate di banane. Quasi il 90% delle banane consumate nell’Unione è stato importato (un 72,5% dall’America latina e un 17% dai paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico – ACP). Sono quindi convinto dell’importanza di questo accordo e ribadisco il mio voto favorevole all’accordo trovato.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Il 31 maggio 2010 è stato firmato l’accordo di Ginevra sul commercio di banane tra Unione europea e Brasile, Colombia, Costa Rica, Ecuador, Guatemala, Honduras, Mexico, Nicaragua, Panama, Perù e Venezuela, che prevede una progressiva riduzione delle tariffe applicabili alle importazioni di banane provenienti da detti paesi. Un primo taglio, applicato retroattivamente dal 15 dicembre 2009, data di entrata in vigore dell’accordo, ha portato la tariffa a 148 euro/tonnellata. I successivi tagli saranno attuati in sette anni con un eventuale congelamento di massimo due anni se vi dovesse essere un ritardo nel pervenire a un accordo sulle modalità per i prodotti agricoli nel corso del Ciclo di Doha dell’OMC. La tariffa finale di 114 euro/tonnellata dovrebbe essere raggiunta al massimo entro il 1° gennaio 2019. A seguito della stipula di tale accordo, è dunque necessario abrogare il regolamento (CE) n. 1964/2005 del Consiglio, del 29 novembre 2005, che istituisce il regime tariffario NPF dell’Unione per le importazioni di banane fissandolo a 176 euro/tonnellata.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) La firma dell’accordo internazionale di Ginevra sul commercio delle banane tra Unione europea e taluni paesi dell’America latina come Brasile, Colombia, Costa Rica, Ecuador, Guatemala, Honduras, Mexico, Nicaragua, Panama, Perù e Venezuela, è volto a ridurre progressivamente i dazi doganali sulle banane importante entro il 2017.
Le normative interne europee dovranno pertanto essere adeguate ai termini di tale accordo. Ciò significherà abrogare il regolamento (CE) n. 1964/2005 sul regime tariffario applicabile alle banane, abrogazione sulla quale oggi votiamo. Le condizioni dell’accordo, segnatamente la progressiva liberalizzazione del settore e l’apertura del mercato europeo alle importazioni di banane, avrà inevitabilmente conseguenze sulla produzione interna europea nel settore.
È urgente che la Commissione europea presenti una valutazione dell’impatto delle conseguenze sulle regioni ultraperiferiche come Madeira, dalla quale provengo. La produzione di banane è essenziale per l’economia di varie regioni ultraperiferiche, il cui status, sancito dal trattato di Lisbona, a mio parere richiede futuri adeguamenti del programma di soluzioni specifiche per ovviare alla lontananza e all’insularità (POSEI).
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Apprezzo la relazione in discussione, poiché prende in considerazione l’esigenza presente di integrare e aumentare la funzionalità e l’efficacia della gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. A dispetto dei dati positivi, che indicano che vengono raccolti circa l’85 per cento di questo tipo di rifiuti, comunque, confrontando la quantità raccolta con il numero di apparecchiature immesse sul mercato, si evince che il 65 per cento del materiale venduto viene effettivamente raccolto; buona parte di queste quote non vengono tuttavia notificate alle autorità né elaborate correttamente.
Approvo inoltre l’idea secondo cui l’attuazione della direttiva accrescerebbe la quantità di rifiuti trattati e notificati, specialmente relativamente al tasso di raccolta, alla responsabilità per il raggiungimento degli obiettivi di raccolta e la responsabilità per i consumatori. L’attuazione della direttiva fornirà delle regole più chiare sulla raccolta, il trattamento e gli standard di riciclaggio nonché informazioni più chiare in merito ai costi connessi alla raccolta e al trattamento.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR) Il trattamento dei rifiuti è una questione centrale nella nostra società del consumo, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista ambientale. È stata attribuita grande importanza al riciclaggio dei rifiuti in Europa in questa tornata: con la direttiva sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e la risoluzione sulla gestione dei rifiuti in Campania abbiamo dato voce alla nostra opinione su un tema che presenta sia una dimensione tecnica sia politica. Nessuno si sorprenderà nell’apprendere che, ogni anno, vengono prodotti sempre più rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. I prodotti in questione vengono di fatto utilizzati nella quotidianità (telefoni, televisioni, computer e così via). Si calcola che, al momento, venga riciclato appena un terzo dei nove milioni di tonnellate di rifiuti di apparecchiature elettriche e elettroniche prodotti ogni anno. L’obiettivo della direttiva è migliorare questi dati ed evitare gli sprechi, cercando al contempo di aumentare il senso di responsabilità dei produttori. Ci rivolgiamo quindi agli Stati membri affinché si assicurino che i produttori paghino il conto per la raccolta e il trattamento dei prodotti da riciclare. I consumatori, che già contribuiscono in modo significativo alla gestione dei rifiuti, devono essere sostenuti e assistiti in questo compito dai dettaglianti e dai venditori dei prodotti.
Sergio Berlato (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ritengo che un aspetto fondamentale per un'economia globalizzata sia rappresentato dall'impiego efficiente e innovativo dell'energia, dei materiali e delle risorse.
Con riferimento alla relazione in discussione, ricordo che i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) rappresentano il flusso di rifiuti in più rapido aumento nell'Unione europea. La direttiva RAEE in vigore impone agli Stati membri la raccolta differenziata delle apparecchiature elettriche ed elettroniche e stabilisce obiettivi di recupero e riciclaggio.
L'analisi svolta nell'ambito del processo di revisione di questa direttiva ha permesso di individuare non pochi problemi legati alla sua applicazione. In particolare, emerge il problema dell'estensione del campo di applicazione della direttiva. L'esperienza dimostra che il campo di applicazione della direttiva è stato interpretato e applicato in modo estremamente eterogeneo dagli Stati membri e che non è proponibile stabilire un elenco definitivo di prodotti, poiché il settore dei prodotti elettrici ed elettronici è un mercato in rapida trasformazione che richiederebbe una revisione continua della direttiva, senza che questa possa mai essere realmente aggiornata.
Pertanto, ritengo indispensabile sia l'impegno verso una migliore armonizzazione della direttiva RAEE sia la riduzione dei costi di amministrazione che gravano sulle piccole e medie imprese del settore, senza pregiudicare il livello di protezione ambientale.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. − (LT) Ho votato in favore della proposta di direttiva sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, che rappresentano il flusso di rifiuti in più rapido aumento nell'Unione europea e che pongono, pertanto, sfide di varia natura. Secondo la valutazione d'impatto della Commissione, attualmente viene già raccolto l'85 per cento dei rottami di origine elettronica generati. Confrontando la quantità raccolta con il numero di apparecchiature immesse sul mercato, il 65 per cento delle apparecchiature vendute viene nuovamente raccolto. Queste quote non vengono tuttavia notificate a organismi ufficiali e inoltre le apparecchiature non vengono trattate in modo corretto: soltanto il 33 per cento dei RAEE viene notificato ufficialmente, raccolto e trattato conformemente alle disposizioni della direttiva. L'obiettivo della presente revisione è quindi aumentare tale percentuale. Una base di partenza importante per evitare la spedizione illegale è rappresentata dagli Stati membri, ai quali spetta il compito di assicurare il recepimento e in particolare l'attuazione e il controllo della direttiva. Finora la spedizione illegale di rifiuti avviene in misura considerevole al di fuori dell'UE. Fin troppo spesso i rifiuti vengono ingannevolmente dichiarati come prodotti usati ma funzionanti e come tali esportati in paesi terzi. Per tale motivo, la direttiva in questione dovrebbe rendere più agevole la distinzione tra RAEE e apparecchiature usate.
Jan Březina (PPE), per iscritto. – (CS) Ho votato in favore della relazione sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, che affronta un tema centrale. Da una parte, vi saranno inevitabilmente delle conseguenze per l’ambiente e per la salute, se questi rifiuti non verranno gestiti in modo corretto. D’altro canto, sussiste il problema della perdita di materie prime, questione centrale in un’economia globalizzata. Secondo i dati disponibili, l’85 per cento dei rifiuti elettronici viene riciclato, sebbene appena il 33 per cento di suddetto materiale venga notificato e trattato in ottemperanza alle disposizioni della direttiva UE. Non posso sostenere pienamente la posizione della commissione ENVI, che sostiene che i costi legati alla raccolta, al trattamento, allo sfruttamento e allo smaltimento ecocompatibile dei rifiuti di apparecchiature elettroniche dovrebbero essere ripartiti seguendo il principio “chi inquina paga”. Al contrario ritengo che i produttori, i dettaglianti e i consumatori non debbano pagare per la raccolta dei rifiuti delle apparecchiature per uso domestico e per il trasporto ai punti di raccolta. Queste attività dovrebbero essere responsabilità diretta delle autorità locali. Al contempo, non prevedo alcuna difficoltà nel garantire ai produttori la possibilità di indicare, al momento della vendita di un nuovo prodotto ad un consumatore, i costi per la raccolta ed il riciclaggio del prodotto. Ritengo sarebbe utile informare i consumatori di suddetti costi, al fine di esortarli a comportarsi responsabilmente e nel rispetto dell’ambiente.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Il contenimento, il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) sono essenziali per una produzione e un consumo sostenibili. È fondamentale ridurre il quantitativo di rifiuti da smaltire e contribuire ad un utilizzo efficiente delle risorse. Invito ad un miglioramento delle prestazioni ambientali di tutti gli operatori coinvolti nel ciclo vitale delle apparecchiature elettroniche ed elettriche, ovvero dei produttori, dei distributori e dei consumatori e, nello specifico, di quegli operatori direttamente coinvolti nella raccolta e nel trattamento dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. La raccolta differenziata è una precondizione per garantire il trattamento specifico e il riciclaggio dei RAEE ed è necessaria per raggiungere il livello selezionato di tutela della salute umana e dell’ambiente. Mi rivolgo ai consumatori affinché contribuiscano attivamente al successo della raccolta. A questo scopo, sarebbe necessario creare delle strutture apposite per la riconsegna dei RAEE, inclusi punti di raccolta pubblici, dove i singoli consumatori possano portare i propri rifiuti gratuitamente.
Jorgo Chatzimarkakis (ALDE), per iscritto. − (DE) In termini generali, il Partito liberale democratico tedesco (FDP) al Parlamento europeo sostiene la direttiva sullo smaltimento dei rifiuti. Tuttavia, rimane il problema dei moduli fotovoltaici. Non vi è alcuna ragione comprensibile per escludere l’intero settore dalla normativa. Vi sono numerose norme che governano il flusso di rifiuti, pertanto non è chiaro perché escludere un intero settore, che si prevede produrrà notevoli quantitativi di rifiuti. Per questo motivo, alcuni membri del Parlamento europeo del partito FDP hanno deciso di astenersi dalla votazione su questa relazione.
Lara Comi (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, condivido in pieno l'obiettivo di questa direttiva e sono convinta della necessità di differenziare i rifiuti per ridurre l'impatto ambientale e incrementare il riciclo. Per questo scopo sono necessari due passaggi: gli elettrodomestici usati devono essere smaltiti correttamente e la loro gestione deve essere ottimizzata. La direttiva affronta entrambi i momenti, con finalità assolutamente condivisibili.
Tuttavia, mi trovo costretta a evidenziare alcune criticità. Innanzitutto, gli obiettivi fissati sono troppo ambiziosi e potrebbero essere controproducenti. Penso, inoltre, che il costo legato allo smaltimento vada inserito in un più ampio schema di incentivi e punizioni, oltre a dover essere trasparente per chi dovrà sostenerlo. Ciononostante, emergono anche dei punti di notevole interesse. Ritengo, ad esempio, che le informazioni al consumatore vadano fornite nella maniera più efficace possibile, per evitare malcostumi dovuti alla disinformazione. Visti gli obiettivi e l'impianto generale della direttiva, sono favorevole all'approvazione.
Sono sicura, comunque, che vi sia spazio per intervenire sui dettagli a mio avviso migliorabili, e mi riferisco in particolare agli oneri aggiuntivi previsti per i commercianti in relazione alla raccolta di piccole apparecchiature da destinare allo smaltimento. Con questi interventi ci giochiamo la salubrità dell'ambiente e la sostenibilità del nostro stile di vita.
Jurgen Creutzmann (ALDE), per iscritto. − (DE) In termini generali, il Partito liberale democratico tedesco (FDP) al Parlamento europeo sostiene la direttiva sullo smaltimento dei rifiuti. Tuttavia, rimane il problema dei moduli fotovoltaici. Non vi è alcuna ragione comprensibile per escludere l’intero settore dalla normativa. Vi sono numerose norme che governano il flusso di rifiuti, pertanto non è chiaro perché escludere un intero settore, che si prevede produrrà notevoli quantitativi di rifiuti. Per questo motivo, alcuni membri del Parlamento europeo del partito FDP hanno deciso di astenersi dalla votazione su questa relazione.
Vasilica Viorica Dăncilă (S&D), per iscritto. – (RO) Ritengo che anche i produttori dovrebbero svolgere un importante ruolo a livello dell’Unione nel processo di recupero dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE). È opportuno ricordare che il recupero dei RAEE rappresenta un’importante fonte di materie prime secondarie, motivo per cui i produttori dovrebbero incoraggiare i consumatori a partecipare il più possibile a questo processo. Un approccio responsabile da parte dei produttori promuove l’innovazione e contribuisce a garantire la competitività sul lungo termine, obiettivi entrambi in linea con la strategia UE 2020.
Ioan Enciu (S&D), per iscritto. – (RO) Ho votato in favore di questa relazione poiché ritengo che la gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche debba divenire più efficiente, considerando l’equilibrio scorretto che caratterizza al momento questo ambito e il rapido aumento del tasso di tali rifiuti. Una modifica della presente direttiva contribuirà a migliorare i tassi di raccolta e le norme relative all’esportazione illegale, oltre a garantire una distribuzione più equa delle responsabilità legate alla gestione dei rifiuti delle apparecchiature elettriche ed elettroniche. Inoltre, prendendo in considerazione i benefici ambientali, suddetta modifica sortirà un impatto socioeconomico positivo, contribuendo alla creazione di nuovi posti di lavoro nel settore della raccolta, del trattamento e del riciclaggio delle apparecchiature elettriche ed elettroniche usate.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato in favore della relazione sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche poiché contiene delle proposte che dovrebbero contribuire alla riduzione degli oneri amministrativi e potenziare la tutela dell’ambiente e della salute umana, prevenendo o riducendo gli effetti avversi che derivano dalla gestione del materiale elettronico ed elettrico, con conseguenti vantaggi per la società.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) I rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche sono aumentati sensibilmente nell’intera Unione europea e oggi il trattamento ed il riciclaggio degli stessi rappresenta un problema particolarmente complesso nel contesto europeo. Oltre alle questioni relative all’ambiente e alla salute pubblica, che costituiscono già di per sé un tema delicato, il mancato riutilizzo di materie prime determina inefficienza e costi aggiuntivi a carico del sistema produttivo. Una soluzione potrebbe essere rappresentata da un migliore utilizzo dei materiali che compongono le apparecchiature in questione.
Ora che abbiamo ricevuto maggiori informazioni in merito ai prodotti che sono inclusi nella direttiva, mi auspico che l’UE usi il materiale e le apparecchiature elettriche ed elettroniche in modo sempre più efficiente, riutilizzandoli in modo ecocompatibile e socialmente responsabile.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) È fondamentale stabilire disposizioni ed obiettivi chiari per la gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) al fine di rafforzare il mercato interno in modo sostenibile e di migliorare la qualità ambientale in seno all’Unione europea, nonché di recuperare materie prime di importanza strategica. Dobbiamo realmente comprendere come utilizzare al meglio le risorse esistenti, specialmente in considerazione della ben nota carenza di materie prime, e come valorizzare la ricchezza o comunque il valore aggiunto che i rifiuti rappresentano per la nostra economia. Alla luce delle discrepanze in seno all’Unione europea relativamente alla raccolta di RAEE – dai 16 kg pro capite all’anno ad appena 1 kg – desidero sottolineare l’esigenza di potenziare i nostri tentativi di armonizzazione, ponendoci un obiettivo minimo ragionevole pari a 4 kg per persona entro il 2012. In un’Europa sviluppata, è importante raggiungere un tasso per la raccolta pari all’85 per cento di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche entro il 2016 (in linea con la proposta di emendamento che ho presentato e che è stata adottata in seno alla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare) e per il riciclaggio di suddetto materiale tra il 50 e il 75 per cento. Vorrei anche ricordare una proposta che ho avanzato, e che è stata adottata in seno alla commissione, secondo la quale gli Stati membri dovrebbero presentare ogni anno i dati relativi ai volumi di RAEE generati.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) I flussi di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche stanno aumentando all’interno dell’Unione europea. Tenendo conto di questo dato, è stato proposto un emendamento alla direttiva 2002, attualmente in vigore. La raccolta e il trattamento dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche sono importanti e necessarie, tenendo in considerazione non solo le possibili conseguenze che questi rifiuti possono avere sull’ambiente e la salute pubblica, ma anche la perdita di materie prime secondarie laddove questi processi non abbiano luogo, il che rappresenta un problema non trascurabile. All’interno dell’UE si raccoglie già circa l’85 per cento dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Tuttavia, si effettuano spedizioni illegali di rifiuti al di fuori dell’UE, il che rafforza l’importante ruolo degli Stati membri nelle attività di monitoraggio e verifica dei processi di raccolta e trattamento.
La direttiva proposta indica diversi possibili approcci per gli Stati membri: dalla limitazione del numero di aziende autorizzate a raccogliere le apparecchiature, all’aumento del numero di punti di raccolta, all’obbligo imposto ai produttori di creare dei meccanismi di incentivazione che spingano i consumatori a consegnare le apparecchiature da smaltire. In ogni caso, l’obiettivo è un incremento del riciclaggio ed un maggiore riutilizzo. Pertanto, abbiamo votato in favore di questa relazione. .
Adam Gierek (S&D), per iscritto. – (PL) I rifiuti elettrici ed elettronici vengono riciclati in maniera completamente diversa. Le apparecchiature elettriche vengono smontate e in seguito riciclate, mentre le apparecchiature elettroniche, dopo essere state smantellate, vengono solitamente soggette ad un trattamento chimico. Questi due gruppi sono diversi in termini di peso, il che significa che i rifiuti elettrici contribuiscono ad incrementare il tasso di raccolta, mentre i rifiuti elettronici, che contengono molto oro, argento e metalli delle terre rare, finiscono spesso nelle discariche. Progredire nell’aera dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche significa prolungare il ciclo vitale di questi prodotti, ridurre il peso delle singole apparecchiature grazie alla miniaturizzazione, nonché ridurre il consumo energetico. Parte della nostra attività innovativa dovrebbe essere rivolta a questi obiettivi, includendo anche un progetto volto ad agevolare il recupero.
Sfortunatamente, le disposizioni della presente direttiva non stimolano l’innovazione e i flussi di rifiuti crescono ad un ritmo allarmante. Al fine di concretizzare questa proposta, sarebbe necessario imporre una tassa apposita ai produttori o agli importatori che immettono un prodotto sul mercato. I fondi reperiti in questo modo potrebbero essere utilizzati dalle piccole e medie imprese innovative che sono impegnate nel recupero di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche sul mercato.
La presente direttiva si rivolge agli Stati membri per rispondere all’esigenza amministrativa di organizzare la raccolta e il successivo trattamento di apparati tecnici estremamente diversi e complessi, che è inoltre difficile riciclare. Questi prodotti stanno raggiungendo i mercati di suddetti paesi e dovrebbero essere soggetti alle leggi del mercato. Sfortunatamente, poiché i meccanismi di mercato non vengono adeguatamente utilizzati nel riciclaggio dei rifiuti, la proposta di risoluzione necessita di un’ulteriore elaborazione. Pertanto, mi sono astenuto dalla votazione.
Robert Goebbels (S&D), per iscritto. – (FR) Ho votato in favore della direttiva poiché esiste l’assoluto bisogno di recuperare e riciclare i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche.
Tuttavia, il Parlamento europeo sta applicando due pesi e due misure nello stabilire che tutte le apparecchiature elettriche ed elettroniche, incluse lampade e piccoli apparecchi per la cura del corpo, come apparecchi per la depilazione o spazzolini, debbano rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva, mentre i moduli fotovoltaici ne sono esclusi.
Sebbene l’energia solare vada incoraggiata, i moduli fotovoltaici contengono materiali che sono dannosi per l’ambiente, come minimo al pari degli spazzolini elettrici.
Françoise Grossetête (PPE), per iscritto. – (FR) L’opinione pubblica ha il diritto di sapere, tramite una corretta etichettatura, se il prezzo di un prodotto nuovo include i costi della raccolta, del trattamento e dello smaltimento. Mi rammarico che una misura di questo tipo non sia stata adottata oggi dal Parlamento e, durante queste negoziazioni, desidero promuovere il mantenimento di questi eco contributi visibili all’interno degli Stati membri in cui vengono già praticati.
In Europa viene raccolto e trattato correttamente appena un terzo dei nove milioni di tonnellate di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche prodotte ogni anno. Dobbiamo porci come priorità la promozione del riutilizzo, riciclo e recupero di tutti questi rifiuti.
Gli Stati membri devono inoltre provvedere affinché i distributori introducano adeguati sistemi di raccolta e di sensibilizzazione per alcuni tipi di rifiuti, come nel caso dei telefoni cellulari, il cui tasso di recupero non è ancora soddisfacente.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) È necessario stabilire un sistema di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche che coinvolga al contempo le autorità pubbliche, i produttori e i consumatori, a cui è opportuno ricordare le proprie responsabilità. Chiaramente al fine di raggiungere questo obiettivo nel migliore dei modi, gli oneri amministrativi a carico degli attori coinvolti dovranno essere ridotti. Sostengo in particolare le norme rigide introdotte al fine di prevenire la spedizione illegale di rifiuti potenzialmente pericolosi verso paesi in via di sviluppo. Adesso è il turno del Consiglio, che sembra affrontare delle difficoltà nel raggiungere un accordo relativamente agli obiettivi prefissati.
Nadja Hirsch (ALDE), per iscritto. − (DE) In termini generali, il Partito liberale democratico tedesco (FDP) al Parlamento europeo sostiene la direttiva sullo smaltimento dei rifiuti. Tuttavia, rimane il problema dei moduli fotovoltaici. Non vi è alcuna ragione comprensibile per escludere l’intero settore dalla normativa. Vi sono numerose norme che governano il flusso di rifiuti, pertanto non è chiaro perché escludere un intero settore, che si prevede produrrà notevoli quantitativi di rifiuti. Per questo motivo, alcuni membri del Parlamento europeo del partito FDP hanno deciso di astenersi dalla votazione su questa relazione.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. − (LT) Appoggio la presente proposta poiché i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche rappresentano il flusso di rifiuti in più rapido aumento nell'Unione europea. Da un lato vanno considerate le conseguenze di carattere ambientale e sulla salute, qualora tali apparecchiature vengano trattate o smaltite in maniera impropria, mentre dall'altro lato la perdita di materie prime rappresenta un problema importante. L'impiego efficiente e innovativo dell'energia, dei materiali e delle risorse è un aspetto fondamentale per un'economia globalizzata. Un tasso di raccolta maggiore e il trattamento corretto, in conformità alla direttiva, rappresentano pertanto un'importante sfida. Dobbiamo valutare e promuovere la raccolta e il trattamento corretti dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, poiché le misure incisive contribuiscono a promuovere una crescita economica bilanciata, senza danneggiare l’ambiente e impedire ai cittadini di vivere in condizioni di salubrità e buona salute. Concordo nel ritenere che non debbano essere solo i produttori e gli Stati membri a contribuire alla creazione di un ambiente pulito e salubre, ma che debbano farlo anche i consumatori, assumendosi una quota significativa di responsabilità per il corretto smaltimento dei rifiuti in questione. Vi sono troppi apparecchi che restano inutilizzati e dimenticati in cassetti o armadi o che finiscono , illegalmente, nella sacco della spazzatura. Gli Stati membri devono utilizzare tutti gli strumenti a loro disposizione per raggiungere dei tassi di raccolta ambiziosi, sebbene gli obiettivi elencati siano difficili da raggiungere. Si tratta, cionondimeno, di un compito fattibile, come dimostrato dai tassi già registrati in alcuni paesi. Se in futuro desideriamo mantenere un alto livello di consumo, allora è necessario gestire in maniera più responsabile il capitale naturale che ci resta e non sprecarlo.
Holger Krahmer (ALDE), per iscritto. − (DE) In termini generali, il Partito liberale democratico tedesco (FDP) al Parlamento europeo sostiene la direttiva sullo smaltimento dei rifiuti. Tuttavia, rimane il problema dei moduli fotovoltaici. Non vi è alcuna ragione comprensibile per escludere l’intero settore dalla normativa. Vi sono numerose norme che governano il flusso di rifiuti, pertanto non è chiaro perché escludere un intero settore, che si prevede produrrà notevoli quantitativi di rifiuti. Per questo motivo, alcuni membri del Parlamento europeo del partito FDP hanno deciso di astenersi dalla votazione su questa relazione. .
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Egregio Presidente, cari colleghi, la proposta di direttiva sottoposta al voto odierno riguarda la modifica della Direttiva RAEE, che impone agli Stati membri la raccolta differenziata delle apparecchiature elettriche ed elettroniche e stabilisce obiettivi di recupero e di riciclaggio, tra cui la fissazione di un tasso di raccolta del 65% di RAEE, da raggiungersi entro il 2016. Come è noto, l'impiego efficiente e innovativo dell'energia, dei materiali e delle risorse è un aspetto fondamentale per un'economia globalizzata. Ed è una responsabilità che riguarda tutti i soggetti operanti sul mercato, dalle autorità pubbliche ai consumatori, passando attraverso i produttori. Sicuramente i produttori giocano un ruolo chiave, in virtù del principio di responsabilità del produttore, ma anche i consumatori devono responsabilizzarsi e provvedere allo smaltimento corretto delle apparecchiature. Ritengo, inoltre, fondamentale, in aggiunta all'impegno nell'ottica del rispetto delle indicazioni della Commissione, evitare gravosi adempimenti amministrativi nonché la previsione di prescrizioni eccessivamente onerose per i produttori, i distributori e i rivenditori.
Elżbieta Katarzyna Łukacijewska (PPE), per iscritto. – (PL) Ritengo sia opportuno esigere standard più rigidi per il riciclaggio delle apparecchiature elettriche ed elettroniche. Al momento, vi sono delle difficoltà legate all’organizzazione del riciclaggio dei rifiuti di suddette apparecchiature non solo nell’Unione europea ma in tutto il mondo. La raccolta e il trasporto dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche dovrebbero essere eseguiti separatamente, al fine di garantire il livello massimo di riutilizzo, riciclaggio e riduzione di sostanze pericolose, temi importanti dal punto di vista dei consumatori. È un bene che si stia trattando questo tema, che è già stato sollevato più volte a livello regionale e delle autorità locali. È anche importante parlare del monitoraggio della questione, motivo per cui ho sostenuto la relazione Florenz.
Johannes Cornelis van Baalen, Toine Manders and Jan Mulder (ALDE), per iscritto. – (NL) Oggi la delegazione del Partito del popolo per la libertà e la democrazia olandese (VVD) al Parlamento europeo ha votato contro una serie di emendamenti alla relazione sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE). Ci opponiamo a misure che impongono ai piccoli negozi l’obbligo di raccogliere, senza alcuna limitazione, piccole apparecchiature senza che il consumatore sia tenuto ad acquistare in cambio un nuovo apparecchio simile. Il VVD ritiene che potrebbe e dovrebbe essere sfruttato in modo migliore l’attuale potenziale di raccolta, piuttosto che imporre nuovi obblighi impraticabili e irrealistici. .
David Martin (S&D), per iscritto. − (EN) Accolgo favorevolmente la presente relazione, che introduce nuovi obiettivi per far sì che i prodotti elettrici gettati via smettano di rilasciare sostanze chimiche tossiche nell’ambiente.
Véronique Mathieu (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato in favore della relazione sui rifiuti di apparecchi elettrici ed elettronici, mirata a migliorare il testo attualmente in vigore. Èimportante stabilire i criteri più efficaci, in considerazione del numero crescente di apparecchiature prodotte e l’impatto delle stesse sulla salute e sull’ambiente quando non vengono opportunamente trattate alla fine della loro vita. Chiediamo che vengano introdotti nuovi standard per la raccolta, il riciclaggio e il riutilizzo dei rifiuti, che sono parzialmente interessanti per le materie prime recuperabili che contengono. Questi rifiuti devono pertanto essere trattati e non esportati verso paesi in via di sviluppo, spesso in condizioni pericolose. Speriamo, con un numero maggiore di ispezioni, di limitare il volume di rifiuti elettronici illegalmente dichiarati “riutilizzabili”.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) La crescita economica e i costanti progressi tecnologici nel campo delle apparecchiature elettriche ed elettroniche hanno determinato il problema della gestione dei rifiuti derivanti da suddetti prodotti. La questione si articola su diversi fronti, tra cui quello non trascurabile delle dimensioni ambientale, economica e sanitaria, aggravate dalla crisi che è esplosa in tutto il mondo e che si riflette nei costi per il trattamento dei rifiuti. È pertanto necessario trovare un modo per trattare i rifiuti che non ostacoli la necessaria forte crescita delle economie dell’UE.
Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. − (ES) Ho votato in favore di questa risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (rifusione) poiché sostengo l’attuazione di misure volte a favorire la sostenibilità della produzione e del consumo di prodotti elettrici ed elettronici. Sebbene, in parte, questa misura non sia altro che uno strumento per coprire le fratture causate dai parametri sproporzionati di consumo che sostengono un modello di produzione capitalistico e distruttivo e da una produzione incessante basata sulla creazione di esigenze fittizie, ritengo comunque che la promozione del riutilizzo, del riciclaggio e del recupero di questi rifiuti sia positiva. Concordo inoltre con il testo nel ritenere che sia necessario evitare che vengano prodotti rifiuti e recuperare materie prime strategiche. Ho votato in favore della presente risoluzione, ma sostengo, cionondimeno, che si dovrebbe insistere a favore di una regolamentazione della qualità delle apparecchiature elettriche ed elettroniche: andrebbero bandite tutte le tecniche di produzione basate sull’obsolescenza pianificata e andrebbe promossa la riparazione di questo tipo di prodotti.
Louis Michel (ALDE), per iscritto. – (FR) Ogni anno la quantità di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche cresce a ritmo costante e procedimenti di smaltimento e trattamento scorretti di questi prodotti sollevano numerose questioni relative all’ambiente e alla salute. Suddette apparecchiature – computer, televisioni, telefoni cellulari ed elettrodomestici – implicano inoltre uno spreco di materie prime, già in via di esaurimento. Al momento, appena un terzo di questi rifiuti viene raccolto e trattato correttamente, quantitativo che dobbiamo pertanto incrementare.
Il testo proposto consente di affrontare diversi aspetti della questione, al fine di garantire un corretto smaltimento dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, come nel caso del tasso di raccolta (85 per cento dei rifiuti raccolti), l’obiettivo di raccolta, il trasferimento della responsabilità ai consumatori, il tipo di attrezzatura o gli standard di raccolta, trattamento e riciclaggio. È altrettanto importante prevenire la spedizione illegale al di fuori dei confini dell’Unione europea e, in particolare, verso i paesi in via di sviluppo. Aumentando il numero dei punti di raccolta, i cittadini dovrebbero potere smaltire i propri rifiuti più agevolmente. Si tratta di un ulteriore passo a favore della tutela dell’ambiente e della salute degli individui.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. − (EN) Il gruppo S&D ed io abbiamo espresso un voto favorevole, poiché è evidente che il quantitativo di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche è in costante aumento. Al fine di non sperperare i fondi dell’UE è necessario proporre ai paesi che forniscono all’UE apparecchiature di questo genere il pagamento, al momento della vendita, di una tariffa speciale per l’utilizzazione oppure l’obbligo di accettare la restituzione degli apparecchi vecchi per i quali è previsti il riutilizzo/riciclaggio. In questo modo sarebbe possibile armonizzare significativamente il processo di utilizzo/riciclaggio e spedizione delle apparecchiature, senza dover ritornare in futuro sulla questione.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Il quantitativo di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche è in costante aumento. È essenziale, per ragioni di natura ambientale, garantire il corretto smaltimento di questo tipo di rifiuti, poiché spesso contengono elevate quantità di sostanze tossiche, compresi metalli pesanti come il mercurio, il piombo e il cadmio e i CFC. Al fine di sensibilizzare gli Stati membri, le aziende e i singoli consumatori su questo tema, l’UE ha definito degli obiettivi di raccolta, che la nuova direttiva mira ad emendare. Non ho votato in favore della relazione poiché, a mio avviso, rappresenta un’ingerenza eccessiva nei poteri dei singoli paesi.
Claudio Morganti (EFD), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione in merito alla revisione della direttiva riguardante i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche aveva come scopo quello incentivare la raccolta differenziata, il recupero e il riciclaggio di questo tipo di rifiuti. In linea teorica, quindi, si sarebbe voluto sostenere questa linea. Tuttavia, sono stati apportati alla relazione alcuni emendamenti, assai gravosi soprattutto per i piccoli commercianti che sono obbligati a sobbarcarsi nuovi costi burocratici e obblighi difficilmente sostenibili, e per questo motivo ho deciso il mio voto contrario alla proposta.
Radvilė Morkūnaitė-Mikulėnienė (PPE), per iscritto. − (LT) Ho votato in favore della direttiva in oggetto poiché ritengo che lo smaltimento dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche sia una sfida che è necessario superare. Sfortunatamente il mio paese, la Lituania, è ancora indietro rispetto alla media europea relativa allo smaltimento di RAEE, che sono una fonte preziosa di metalli e di altre risorse importate dall’Unione europea. Se questi rifiuti venissero smaltiti, riutilizzati e riciclati correttamente, risparmieremmo molto denaro in termini di materie prime. L’entrata in vigore della nuova direttiva, che dovrebbe fornire un sistema migliore per la raccolta, il riutilizzo e il riciclaggio, è ancora distante, ma mi auguro che offrirà nuove possibilità per le aziende, riducendo al contempo le difficoltà a carico dei consumatori finali.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Le apparecchiature elettriche ed elettroniche rappresentano ormai una categoria enorme di beni di consumo e quindi anche un'enorme quantità di rifiuti con rischi, considerando il tipo di rifiuto, di gravi danni per l'ambiente e la salute dei cittadini. La relazione sulla proposta di direttiva sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche mira a regolarizzare a livello europeo la raccolta di rifiuti di tali apparecchiature nonché il loro trattamento e riciclaggio, delineando quantità e percentuali. Ho quindi sostenuto la relazione del collega Florenz che impone agli Stati membri la raccolta differenziata di rifiuti elettrici per almeno 4kg l'anno per abitante, il raggiungimento di un quorum del 65% di raccolta selettiva entro il 2016 e un 5 % minimo di riciclo dei materiali anche al fine di evitare lo spreco di materie prime.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. − (DE) Condivido le preoccupazioni degli Stati membri relativamente alla proposta avanzata dalla Commissione. Gli interessi delle piccole e medie imprese (PMI) sono stati decisamente trascurati. Le PMI si troverebbero dinanzi a serie difficoltà nell’attuazione delle norme in discussione.
Wojciech Michał Olejniczak (S&D), per iscritto – (PL) Allo stato attuale, i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche rappresentano il flusso di rifiuti in più rapido aumento nell'Unione europea e pongono sfide di varia natura che richiedono soluzioni efficaci. Innanzi tutto vanno considerate le conseguenze di carattere ambientale e sulla salute, qualora tali apparecchiature vengano riciclate in maniera impropria. Un’ulteriore sfida è rappresentata dalla perdita di materie prime – il cui recupero implica un guadagno di preziose materie secondarie – e dal bisogno di intensificare la raccolta ed il corretto trattamento dei rifiuti.
Secondo i dati raccolti dalla Commissione europea, attualmente viene raccolto l'85 per cento dei rottami di origine elettronica. Sebbene il 65 per cento delle apparecchiature vendute venga successivamente sottoposto a raccolta, poco più del 30 per cento dei prodotti elettrici ed elettronici usati viene trattato in ottemperanza alle disposizioni della direttiva. Sarebbe pertanto difficile non concordare con il relatore nel ritenere che sono gli Stati membri ad essere responsabili della corretta attuazione della direttiva nonché dell’introduzione di procedure di controllo efficaci per lo stoccaggio e lo smaltimento dei rifiuti in questione. Sono chiaramente gli Stati membri, i produttori di nuovi apparecchi e i consumatori a doversi impegnare per raggiungere tassi di raccolta più alti con qualunque mezzo possibile.
Ho votato in favore dell’adozione della relazione, che mira ad aumentare il tasso di raccolta differenziata, onde ridurre la perdita di rifiuti di apparecchiature ed evitarne la spedizione illegale, nonché garantire un trattamento adeguato e di alta qualità di questo tipo di rifiuti.
Justas Vincas Paleckis (S&D), per iscritto. − (LT) I rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche rappresentano il flusso di rifiuti in più rapido aumento. Questo può dipendere dal ritmo di vita crescente, dal sempre più rapido sviluppo delle tecnologie e dal desiderio di possedere delle apparecchiature più nuove e moderne. Seguendo questo percorso ci troviamo ad affrontare due principali problemi: risorse e rifiuti. Ho votato in favore della presente relazione poiché concordo con l’obbiettivo di potenziare al massimo la raccolta delle apparecchiature usate, nonché di riciclarle e riutilizzarle. Solo in questo modo saremo in grado di ridurre il bisogno di risorse e il quantitativo di rottami che finiscono nelle discariche. Ritengo ch gli obbiettivi indicati possano essere raggiunti, ma non sarà facile. I nuovi Stati membri dell’UE dovranno impegnarsi in particolar modo. Sfortunatamente, non abbiamo un pianeta di riserva. Se in futuro vogliamo mantenere un alto livello di consumo, è necessario agire più responsabilmente con il capitale naturale che ci resta e non sprecarlo. .
Georgios Papanikolaou (PPE), per iscritto. – (EL) Oggi ho votato in favore della relazione del Parlamento europeo sulla gestione dei rifiuti elettronici, che riveste una particolare importanza per la Grecia dove, nel 2010, sono state identificate 150 000 tonnellate di rifiuti elettronici. Noi puntiamo essenzialmente ad un trattamento legale di alto livello (considerando che, allo stato attuale, appena un terzo dei rifiuti elettronici nell’UE è oggetto di operazioni legali di raccolta e trattamento), ad una raccolta corretta, al riciclaggio e riutilizzo delle sostanze preziose contenute nei rifiuti e ad azioni volte a prevenire la spedizione illegale di rifiuti, obbligo principalmente a carico degli Stati membri. Punti centrali del piano d’intervento sono la sensibilizzazione degli attori coinvolti (produttori, consumatori e autorità pubbliche) e incentivi per permettere a tutti di smaltire questo tipo di rifiuti correttamente.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Ho espresso voto favorevole, avendo considerato che il gruppo di lavoro consultivo dei servizi giuridici del Parlamento, del Consiglio e della Commissione è giunto alla conclusione, nel suo parere, che la proposta in oggetto non comprende alcun emendamento sostanziale a parte quelli espressamente identificati come tali e, per quanto riguarda la codifica delle disposizioni immutate dell’atto precedente con suddetti emendamenti, che la proposta contiene una codifica chiara del testo esistente, senza alcun cambiamento sostanziale. Mi unisco al Parlamento nel richiedere alla Commissione, laddove intenda modificare sostanzialmente la proposta o sostituirla con un nuovo testo, di rinviare nuovamente la questione al Parlamento.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, voglio complimentarmi con il relatore per quest'importante traguardo raggiunto. I rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) rappresentano il flusso di rifiuti in più rapido aumento nell'Unione europea e pongono sfide di varia natura.
Da un lato vanno considerate le conseguenze di carattere ambientale e sulla salute, qualora tali apparecchiature vengano trattate o smaltite in maniera impropria, mentre dall'altro lato la perdita di materie prime rappresenta un problema importante. L'impiego efficiente e innovativo dell'energia, dei materiali e delle risorse è un aspetto fondamentale per un'economia globalizzata. Un tasso di raccolta maggiore e il trattamento corretto, in conformità della direttiva, rappresentano pertanto un'importante sfida.
Obiettivo delle modifiche proposte è raggiungere un tasso maggiore di raccolta differenziata, ridurre la perdita di rifiuti nel quadro del "Sistema RAEE" ed evitare le spedizioni illegali, portando inoltre il trattamento dei RAEE a un livello elevato. È altresì necessario ridurre le attuali formalità burocratiche nazionali, eliminando in tal modo gli ostacoli al corretto funzionamento del mercato interno.
Rovana Plumb (S&D), per iscritto. − (EN) i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) rappresentano il flusso di rifiuti in più rapido aumento nell'Unione europea e pongono sfide di varia natura: 9 milioni di tonnellate adesso, in crescita fino ai 12,3 milioni entro il 2020. Tenendo in considerazione questi dati, risulta economicamente conveniente recuperare più RAEE: più entrate e posti di lavoro nel settore del trattamento di rifiuti, un contributo per l’occupazione dei disoccupati di lungo termine e dei più svantaggiati, recupero di materiali per un valore stimato annuo pari a due miliardi di euro. I RAEE contengono importanti materie prime in via di esaurimento che andrebbero recuperate al fine di ridurre le esigenze di importazioni. La rifusione richiedeva la massima urgenza, per affrontare il cambiamento climatico, per evitare danni di natura ambientale causati da una scorretta gestione dei rifiuti e per recuperare le preziose risorse contenute nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche. Avremo bisogno di alti tassi di raccolta, alti tassi di riciclaggio e standard di riciclaggio adeguati, una legislazione rigida contro le esportazioni illegali, un’ampia responsabilità da parte dei produttori, attrezzature più funzionali e una distribuzione delle responsabilità e dei costi tra produttori, consumatori e autorità pubbliche più equa.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato in favore della presente relazione sulla proposta per una rifusione della direttiva 2002/96/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 gennaio 2003 sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE). I RAEE rappresentano il flusso di rifiuti in più rapido aumento nell'Unione europea ed è essenziale potenziarne la raccolta e il corretto trattamento. Dobbiamo effettivamente evitare le gravi conseguenze che possono derivare dallo scorretto smaltimento dei RAEE in termini di danni per l’ambiente e la salute e perdita di materie prime. I cambiamenti proposti sono pertanto benaccetti, dal momento che mirano esattamente ad aumentare il tasso di raccolta differenziata, ridurre la perdita di apparecchiature nel quadro del “sistema RAEE”, prevenire la spedizione illegale e garantire che i RAEE vengano trattati seguendo procedure adeguate e di alta qualità.
Britta Reimers (ALDE), per iscritto. − (DE) In termini generali apprezzo la direttiva sullo smaltimento dei rifiuti. Tuttavia, il tema dei moduli fotovoltaici resta problematico. Non sussiste alcun ragione comprensibile per escludere l’intero settore dalla normativa. Vi sono diverse norme che regolano i flussi di rifiuti, pertanto non è chiaro perché escludere un intero settore che ci si aspetta produrrà notevoli flussi di rifiuti. Per questo motivo ho deciso di astenermi dalla votazione sulla relazione.
Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) Otto anni dopo l’adozione della direttiva sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, il Parlamento europeo esprime ancora una volta il proprio parere sul tema rilevante del riciclaggio di attrezzature high-tech. Nonostante siano stati registrati incontestabili passi avanti nel trattamento, recupero e smaltimento di questo tipo di rifiuti (delle 5,8 tonnellate di rifiuti annuali pro capite in Europa, è responsabile di una quantità media pari ad appena 20 kilogrammi persona pro capite), è necessario progredire ulteriormente. Accolgo dunque favorevolmente l’adozione, avvenuta a ora di pranzo, della relazione Florenz, che rafforza l’obiettivo della Commissione europea di raggiungere nel 2016 un tasso di raccolta pari all’85 per cento e un tasso di riciclaggio che si attesti tra il 50 ed il 75 per cento, in base al tipo di rifiuto, in tutta l’Unione europea. Come trascurare, ad esempio, quanto sia importante recuperare i preziosi materiali contenuti in una serie di apparecchiature: una tonnellata di telefoni cellulari contiene circa 280 grammi di oro e 140 grammi di platino e palladio! Si tratta di esercitare il buon senso per proteggere l’ambiente. Con uguale spirito ho sostenuto l’esclusione quinquennale dei pannelli solari dal quadro della direttiva, poiché ritengo si tratti di un ottimo modo per promuovere questa fonte di energia pulita.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) La votazione odierna è un passo apprezzabile verso l’irrigidimento delle norme UE sui rifiuti elettrici, ovvero la definizione di procedure più efficaci di raccolta e trattamento dei RAEE. Il Parlamento europeo ha votato per affrontare il problema dei bassi tassi di raccolta, del trattamento scorretto e delle esportazioni illegali di RAEE verso paesi terzi. Entro il 2016 dovrebbe essere raccolto e correttamente trattato almeno l’85 per cento dei rifiuti prodotti annualmente. Si tratta di un importante progresso. Un altro passo importante è rappresentato dalla disposizione che stabilisce che i dettaglianti abbiano adesso l’obbligo di ritirare piccole apparecchiature, come lampade o telefoni cellulari, indipendentemente dalla vendita di un nuovo prodotto. Questo principio vale per tutti i dettaglianti, inclusi i venditori a distanza (fatta eccezione per le microimprese). Incrementando la raccolta di questo tipo di rifiuti e sensibilizzando maggiormente i consumatori sul tema, dovrebbe essere possibile ridurre la quantità di apparecchiature che finisce nel filone dei rifiuti generali, senza essere in tal modo sottoposte ad un corretto trattamento.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, con questo voto si va ad aggiornare la direttiva 2003 sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, affrontando temi come l'applicazione coerente delle disposizioni in materia, la semplificazione delle norme e la riduzione dei costi di amministrazione. L'obiettivo finale, così come già prospettato dalla commissione ENVI, è quello di riuscire a raccogliere l'85% dei RAEE – i rifiuti derivanti da apparecchiature elettriche ed elettroniche – entro il 2016, riciclandone una percentuale compresa fra il 50 e il 75% a seconda della categoria.
L'obiettivo del testo approvato non è solo quello di recuperare preziose materie prime, ma anche quello di arginare il flusso illegale di rifiuti elettronici al di fuori dell'UE, che comporta rischi per la salute e l'ambiente quando è trattato in condizioni al sotto di standard minimi. Sarà ora fondamentale raggiungere un accordo con il Consiglio, che ha promesso di riconsiderare la propria posizione dopo il voto di oggi.
Catherine Stihler (S&D), per iscritto. − (EN) I rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche rappresentano il flusso di rifiuti in più rapido aumento. Al momento solo un terzo è oggetto di raccolta. Pertanto ho votato in favore della revisione della direttiva in questione, poiché accolgo con favore il nuovo obiettivo di raccolta e trattamento dei suddetti rifiuti dell’85 per cento entro il 2016.
Alexandra Thein (ALDE), per iscritto. − (DE) In termini generali, il Partito liberale democratico tedesco (FDP) al Parlamento europeo sostiene la direttiva sullo smaltimento dei rifiuti. Tuttavia, rimane il problema dei moduli fotovoltaici. Non vi è alcuna ragione comprensibile per escludere l’intero settore dalla normativa. Vi sono numerose norme che governano il flusso di rifiuti, pertanto non è chiaro perché escludere un intero settore, che si prevede produrrà notevoli quantitativi di rifiuti. Per questo motivo, alcuni membri del Parlamento europeo del partito FDP hanno deciso di astenersi dalla votazione su questa relazione.
Derek Vaughan (S&D), per iscritto. − (EN) Sostengo pienamente la decisione di aggiornare la direttiva sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE). Le sostanze pericolose spesso prodotte dai RAEE possono causare gravi rischi ambientali e sulla salute. Garantendo il riciclaggio e il riutilizzo, la direttiva migliorerà la prestazione ambientale dei produttori e dei distributori. I nuovi obiettivi per il riciclaggio, il riutilizzo e la raccolta di rifiuti includono un tasso di raccolta pari all’85 per cento per gli Stati membri. La direttiva aggiornata armonizzerà inoltre le misure nazionali di rendicontazione e regolamentazione, al fine di semplificare le procedure amministrative e ridurre i costi a carico delle aziende. Sono certo che l’approvazione degli emendamenti alla direttiva in oggetto potrà apportare benefici per la salute e l’ambiente, contribuendo inoltre agli obiettivi dell’agenda UE per l’efficienza delle risorse. Tuttavia, alla luce dei tagli che le autorità locali devono apportare, è importante che i produttori sostengano in termini finanziari quei comuni che dovessero decidere di introdurre la raccolta differenziata porta a porta.
Hermann Winkler (PPE), per iscritto. − (DE) Ovviamente sostengo il miglioramento dei livelli di raccolta delle apparecchiature elettriche all’interno dell’Unione europea, non da ultimo perché ci consentirà di riutilizzare delle materie prime in esaurimento in maniera più efficace. Vorrei evidenziare che il mio paese d’origine, la Germania, ricopre una posizione particolarmente positiva a questo riguardo e ha realizzato delle soluzioni in materia di riciclaggio equilibrate sia per i produttori sia per i consumatori. Questo sistema non richiede alcuna modifica al fine di migliorare le nostre tecniche di riutilizzo delle materie prime. La Commissione stessa non intendeva apportare alcun cambiamento. Tuttavia la relazione che è appena stata oggetto di votazione impone, sfortunatamente, una serie di oneri aggiuntivi che potrebbero esercitare un impatto eccessivo sulle aziende, inclusi gli elettricisti, dal momento che le piccole e medie imprese sono quelle colpite più duramente. Per questo motivo non ho votato in favore della relazione. L’obbligo di raccogliere le apparecchiature, anche quelle che non rientrano nella gamma di prodotti di un’azienda − il che spesso implica una distinzione tra quelli che contengono sostanze tossiche e quelli che non ne contengono e tra prodotti rotti e riutilizzabili − implicherà costi aggiuntivi e ulteriori oneri amministrativi. Non possiamo consentire che questo accada, specialmente per le PMI. Non basta escludere le aziende più piccole che dispongono di strutture particolarmente limitate. L’approccio adottato è apprezzabile, ma non basta per affrontare il problema nella sua totalità e non segue il principio “innanzitutto pensare piccolo”, previsto dalla politica UE per le piccole e medie imprese.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della proposta di risoluzione comune sulla situazione in Tunisia, e desidero esprimere una solidarietà senza riserve per il popolo tunisino che, spinto dalla legittima aspirazione di conquistare la democrazia e migliorare le condizioni sociali e di accesso al lavoro, ha portato il proprio paese a una svolta politica storica. In tale contesto, la proposta di risoluzione plaude al coraggio e alla determinazione dimostrati dai tunisini nel corso delle manifestazioni, esprime cordoglio alle famiglie delle vittime e solidarietà ai feriti. Ritengo pure che la caduta del regime autoritario tunisino possa contribuire all’avvento di una stabile democrazia e all’affermazione delle medesime aspirazioni per altri popoli. Sostengo quindi il processo democratico e sottolineo l’importanza di creare le condizioni necessarie per lo svolgimento di elezioni, consentendo a tutte le forze di opposizione e a tutti i media di organizzarsi su scala nazionale, al fine di costituire una nuova assemblea parlamentare responsabile dell’elaborazione di una Costituzione democratica che rispetti l’equilibrio tra i poteri esecutivo e legislativo e l’indipendenza del potere giudiziario.
Elena Băsescu (PPE), per iscritto. – (RO) I recenti avvenimenti tunisini hanno nuovamente messo in discussione l’efficacia della politica di vicinato dell’Unione europea nel bacino del Mediterraneo. A questo proposito, la risoluzione del Parlamento europeo invia un segnale forte e deciso. Purtroppo, la lotta dei cittadini per il rispetto dei diritti non ha ricevuto il sostegno europeo, in quanto l’accordo di associazione non contiene un meccanismo specifico; di conseguenza, i disordini sono stati repressi con la violenza e si è registrata la perdita di vite umane. Accolgo perciò con favore l’iniziativa di istituire una commissione d’inchiesta; inoltre, sono convinta che il controllo dell’applicazione della clausola sui diritti umani scongiurerà il ripetersi di simili incidenti. È necessario sostenere il popolo tunisino nell’elaborazione di istituzioni statali che siano in grado di operare con adeguata efficienza. A livello di Unione europea, il caso della Tunisia impone urgentemente di modificare le priorità concernenti i paesi terzi; il rispetto dei diritti umani deve formare la base del dialogo politico, e l’Unione deve conservare coerenza al proprio messaggio, per non perdere credibilità.
Dominique Baudis (PPE), per iscritto. – (FR) La presente proposta di risoluzione riconferma l’impegno europeo a favore delle ampie e profonde riforme invocate dai tunisini. Da molto tempo l’Europa intrattiene una relazione speciale con il popolo tunisino; essa è stata anzi l’unica organizzazione internazionale a introdurre, nei propri rapporti con la Tunisia, clausole relative al rispetto dei diritti umani e dei valori democratici. L’assistenza economica europea, erogata nel quadro della politica di vicinato, ha contribuito a migliorare il tenore di vita medio e a creare occupazione, ha agevolato la formazione dei giovani e ha consentito alle donne di accedere a posizioni di responsabilità. L’Europa oggi è ansiosa di sostenere il popolo tunisino nella transizione democratica che sta sbocciando.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR) Il popolo tunisino ha voltato pagina. Con questa proposta di risoluzione, il Parlamento europeo offre il proprio contributo a quella che deve diventare la posizione europea. In primo luogo, il Parlamento europeo rende omaggio all’impavida tenacia del popolo tunisino, che ha condotto quel paese a una svolta politica storica. L’Unione europea ora deve soddisfare le legittime aspettative dei tunisini; l’Europa deve privilegiare le relazioni con le entità che rispettano le libertà fondamentali. Infine, dal momento che sono stati commessi reati, abbiamo giustamente chiesto all’Unione europea di applicare immediatamente le decisioni relative al blocco dei beni acquisiti in modo improprio dalla famiglia Ben Ali e dai suoi amici.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. − (LT) Ho votato a favore di questa proposta di risoluzione perché è importante che tutte le forze politiche, sociali, civili e democratiche della Tunisia siano rappresentate nel governo provvisorio; si tratta dell’unico modo per dotare tale governo della fiducia della popolazione e della legittimità indispensabile per preparare le elezioni e la transizione democratica. L’Unione europea e la Tunisia erano in procinto di formulare il piano d’azione per il periodo 2011-2016; questo processo richiederà un maggiore impegno di entrambi i partner in tutte le questioni, in particolare nel campo dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Il Parlamento europeo condanna la repressione e l’uso sproporzionato della violenza da parte delle forze di sicurezza, ma sostiene con forza il processo democratico in atto nel paese. È quindi importantissimo creare le condizioni necessarie per lo svolgimento di elezioni, in tempi sufficienti per permettere a tutte le forze dell’opposizione e a tutti i media di organizzarsi su scala nazionale, al fine di costituire una nuova assemblea parlamentare responsabile dell’elaborazione di una Costituzione democratica che rispetti l’equilibrio tra i poteri esecutivo e legislativo e l’indipendenza del potere giudiziario. Il Parlamento auspica che tutte le forze democratiche, che si impegnano a rispettare il pluralismo, la libertà di coscienza e di parola e l’alternanza democratica, possano partecipare a tale elezione.
Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. – (RO) In questo momento il popolo egiziano sta facendo sentire la propria voce nelle piazze, proprio come avveniva qualche settimana fa in Tunisia. Gli studiosi paragonano la situazione dei paesi arabi a quella che si registrava in Europa centrale e orientale nel corso degli anni Novanta. A vent’anni di distanza la storia si ripete, con manifestazioni di piazza cui partecipano centinaia di migliaia di persone. L’Unione europea deve esprimere solidarietà ai popoli dei paesi arabi che si riversano, o si sono riversati, nelle strade. È un elemento importante che tali manifestazioni siano innescate da legittime aspirazioni democratiche e dall’esigenza di migliorare le condizioni sociali e di vita. Forte delle sue tradizioni democratiche, l’Unione europea deve condannare la repressione e l’uso sproporzionato della violenza da parte delle forze di sicurezza, che ha provocato vittime. In questi paesi in cui la situazione è ancora incerta il processo democratico va sostenuto con convinzione; anzi, in tale quadro all’Unione europea tocca un dovere importante. Occorre creare le condizioni necessarie per lo svolgimento di elezioni libere, insieme all’adozione di costituzioni democratiche che garantiscano la libertà di espressione, il pluralismo politico e il principio elettivo. L’Alto rappresentante dell’Unione europea deve svolgere un ruolo attivo nel valutare le esigenze di questi paesi, che subiscono trasformazioni radicali poiché non hanno esperienza pratica di democrazia.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Esprimo solidarietà al popolo tunisino che, animato da legittime aspirazioni democratiche e dal desiderio di un miglioramento delle condizioni sociali e di accesso al lavoro, ha portato il proprio paese a una svolta politica storica. Plaudo al coraggio e alla determinazione dimostrati dai tunisini nel corso delle dimostrazioni, e condanno la violenta repressione che ha colpito il pacifico movimento di protesta causando più di 100 morti. Esprimo cordoglio alle famiglie delle vittime e solidarietà ai feriti.
Corina Creţu (S&D), per iscritto. – (RO) Da un mese e mezzo a questa parte il mondo arabo, dalla Tunisia allo Yemen, è sconvolto da un’onda sismica, o forse dal vento della libertà. È arduo per noi comprendere quale delle due alternative sia quella giusta, date le complesse implicazioni delle proteste che hanno costretto all’esilio Ben Ali e ora scuotono il trono di Mubarak, mentre nel frattempo – quasi come misura preventiva – cade anche il governo giordano. La fuga del Presidente tunisino non comporta peraltro la dissoluzione del suo regime, che rimane una fonte di tensione. Condivido l’inquietudine dei tunisini per la permanenza al potere di alcuni ministri del passato regime, alcuni dei quali addirittura coinvolti nella repressione delle dimostrazioni. A mio avviso l’Unione europea ha il dovere di incoraggiare un processo di costruzione della democrazia su solide basi che renda più difficile la semplice sostituzione di una forma di totalitarismo con un’altra. Oggi la Tunisia non rappresenta solo un modello per coloro che auspicano la caduta degli autocrati arabi, ma anche un costante precedente che può aiutarci a comprendere gli sviluppi della complessa equazione orientale.
Mário David (PPE), per iscritto. – (PT) A mio avviso l’Europa non può rimanere indifferente di fronte all’impeto delle intense proteste popolari che scuotono numerosi paesi dell’Africa settentrionale e del Medio Oriente. Come ho osservato in Aula nel corso del dibattito sulla presente proposta di risoluzione, sono veramente convinto che stiamo attraversando un raro momento storico: uno di quegli snodi che mutano il corso della storia e sfociano nella costruzione di nuove realtà. Ora però non basta che pochi leader agiscano insieme oppure isolati; occorre invece che l’Europa tutta assuma un ruolo di guida per coadiuvare queste riforme e individuare un nuovo paradigma per il Medio Oriente, che scongiuri l’estremismo e rispetti invece i diritti umani insieme a sicurezza e democrazia, dignità e tolleranza. So bene che nulla sarà più come prima. Esprimo ai popoli che si battono per i loro diritti in Africa settentrionale e nel Medio Oriente la stessa solidarietà che – non molti anni or sono – ho manifestato ai popoli dell’Europa orientale. Non ignoro che l’estremismo islamico rappresenta una risposta politica – e non religiosa – a questi problemi, ed è alimentato da quella stessa esclusione sociale cui vorrebbe reagire; di conseguenza, mi auguro che questi popoli riescano presto a dimostrare che nella regione tutti possono convivere in pace e nel rispetto reciproco, indipendentemente dalla fede religiosa, dalle convinzioni politiche o dalle origini etniche.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore di questa risoluzione che esprime solidarietà al popolo tunisino il quale, spinto da legittime aspirazioni democratiche e dal desiderio di migliorare le condizioni di vita, ha portato il proprio paese a una svolta politica storica. L’Unione europea non può sfuggire alle proprie responsabilità, e quindi l’Alto rappresentante deve promuovere la costituzione di una task force, con la partecipazione del Parlamento europeo, che consenta di valutare le esigenze di assistenza del processo di transizione alla democrazia, in particolare per quel che riguarda la preparazione di elezioni libere e democratiche.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) L’attuale situazione del Medio Oriente ci ha dimostrato quanto poco sappiamo dei comuni cittadini arabi: della mentalità, dello stato d’animo e delle aspirazioni di coloro che dimostrano a Tunisi e al Cairo. Le emittenti televisive a diffusione globale, come la CNN e Al-Jazeera, e le reti sociali testimoniano dei primi passi di una società civile globale capace di seguire in tempo reale eventi come quelli verificatisi in Tunisia ed Egitto.
Per timore dell’estremismo islamico, da molto tempo l’Occidente preferisce una politica di contenimento al tentativo di procurarsi partner che condividano le medesime idee e tendano a società organizzate politicamente secondo i principi della democrazia, della libertà e dello Stato di diritto. Tale scelta viene giustificata con l’affermazione che questi partner non esisterebbero; a quanto sembra le cose non stanno propriamente così. Occorre ancora verificarne il peso effettivo e la capacità di mobilitare i rispettivi paesi in tale direzione. È quindi consigliabile usare cautela, vagliare scrupolosamente gli eventi e indirizzare l’assistenza europea ai democratici che rifiutano sia il militarismo laico che il fondamentalismo religioso.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Tutti i popoli devono rispettare i valori democratici della libertà e del diritto all’autodeterminazione. Non posso quindi che apprezzare l’adozione di questa proposta di risoluzione sulla situazione politica in Tunisia, con cui il Parlamento europeo esprime solidarietà al popolo tunisino. Nonostante la repressione e l’uso della violenza da parte delle forze di sicurezza, i tunisini sono riusciti, con le loro manifestazioni, ad abbattere il regime dittatoriale del Presidente Ben Ali. Sono però deluso per l’incapacità dell’Unione europea di sviluppare una politica estera più coerente ed efficace nei confronti dei suoi partner, tale da contribuire alla fine dei regimi totalitari ancora esistenti, come quello che era al potere in Tunisia.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Abbiamo firmato la proposta di risoluzione del nostro gruppo sulla situazione in Tunisia, in cui rendiamo omaggio alla determinazione con cui il popolo tunisino cerca di riconquistare la libertà e abbattere l’attuale regime, ed esprimiamo solidarietà alle forze progressiste e al popolo della Tunisia.
La risoluzione sottolinea pure la necessità – qualora il popolo tunisino dovesse chiederlo – di fornire gli aiuti finanziari indispensabili per completare le riforme già introdotte e soddisfare le esigenze economiche e sociali del popolo tunisino.
È evidente, in ogni caso, che bisogna evitare di interferire negli affari interni della Tunisia; non spetta all’Unione europea decidere chi debba o chi non debba governare questi paesi, i cui popoli si stanno risvegliando da soli; tocca quindi a loro stessi scegliere da chi desiderano essere governati. Noi dobbiamo evitare qualsiasi imposizione nei loro confronti.
Louis Grech (S&D), per iscritto. − (EN) Duole dover constatare che l’Unione europea abbia impiegato tanto tempo per decidersi ad affrontare le turbolenze politiche e sociali che travagliano il Medio Oriente, dalla Tunisia all’Egitto. Il nostro dovere, in quanto Unione europea, era quello di svolgere opera di vigilanza politica per individuare il profilarsi di una crisi e soprattutto affrontarla con spirito attivo. Invece siamo rimasti ai margini, in un atteggiamento di compiacente passività; abbiamo chiuso gli occhi di fronte ai chiari segnali di una situazione politica e sociale tumultuosa, che alla fine ha spinto la popolazione a scendere in piazza per protestare. Dobbiamo trovare metodi concreti per collegarci con i popoli di questi paesi e sostenerli attivamente: non in maniera autoritaria, ma in modo tale da garantire ai paesi interessati che l’Europa si adopererà attivamente per promuovere la stabilità sociale, la prosperità economica e la libertà nelle rispettive regioni. Fatta questa premessa, proprio come è avvenuto nel caso del conflitto israeliano-palestinese, l’Unione europea ha scelto di non intraprendere l’azione necessaria. Non esiste una persona o un’istituzione che parli a nome dell’Europa con una voce sola. È un problema che alla fine dovremo affrontare, se desideriamo esercitare un ruolo significativo e rilevante nelle relazioni internazionali, soprattutto per quel che riguarda una regione tanto vicina a noi.
Mathieu Grosch (PPE), per iscritto. − (DE) Sono favorevole a questa proposta di risoluzione, anche se ritengo che le forze democratiche di questi paesi avrebbero bisogno di un appoggio più costante in una fase più precoce. A molti Stati membri dell’Unione europea un simile passo risulta difficile, spesso perché sono in gioco i loro interessi economici; Egitto, Russia e Cina sono ottimi esempi di tale atteggiamento di “silenzio” o “discrezione politica”. Mi auguro che gli sviluppi cui assistiamo nell’Africa settentrionale inducano l’Unione europea ad adottare un approccio più coraggioso.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) Votando questa proposta di risoluzione sulla Tunisia, ho inteso esprimere un esplicito sostegno alla causa del popolo tunisino e alla storica rivoluzione democratica che esso ha avviato. Mi rammarico che l’Unione europea abbia reagito con una lentezza che ha offerto una meschina immagine del nostro servizio diplomatico, il quale non è all’altezza delle proprie responsabilità e stenta a esprimersi con una voce sola sulla scena internazionale. Ora l’Unione deve fornire tutte le forme di assistenza tecnica, giuridica e finanziaria necessarie per organizzare in maniera adeguata libere elezioni in Tunisia. Inoltre, è urgente riesaminare la nostra politica di vicinato con i paesi terzi e inserire le clausole sui diritti umani come condizione essenziale in tutti i nostri accordi commerciali.
Tunne Kelam (PPE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della risoluzione sulla Tunisia in segno di solidarietà con il popolo tunisino che desidera conquistare la libertà di espressione e ripristinare libere elezioni. È allarmante constatare che l’Unione europea è stata colta di sorpresa dall’inizio delle massicce dimostrazioni popolari contro il precedente regime autoritario. Questi avvenimenti devono ammonirci a non dimenticare che la stabilità delle relazioni politiche e diplomatiche con i nostri partner può fondarsi solo su un’autentica democrazia e sul pieno esercizio dei diritti civili. Invito l’Alto rappresentante a promuovere la costituzione di una task force che accompagni la Tunisia nel cammino verso la democrazia.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Egregio Presidente, cari colleghi, negli ultimi mesi l'Unione europea si è interrogata sulla propria politica di vicinato, sottolineando la distinzione tra gli obiettivi politici perseguiti dagli Stai membri del Mediterraneo e quelli centro-orientali e nordici. Tutto ciò però non ha portato ad un'analisi capace di riuscire a prevenire quanto è accaduto e sta accadendo ancora in diversi Paesi africani. La proposta di risoluzione presentata oggi in aula mi trova pienamente concorde circa gli obiettivi che tutto il Parlamento europeo vuole perseguire in merito alla situazione della Tunisia. Condannare la repressione e l'uso sproporzionato della violenza, richiedere il blocco dei beni acquisiti in modo improprio dalla famiglia di Ben Ali e supportare la creazione di tre commissioni volte a combattere la corruzione che ha caratterizzato il sistema di governo della Tunisia negli ultimi 23 anni: queste sono le richieste formulate oggi dall'europarlamento. Per ultimo, si chiede che l'Alto Rappresentante decida di intervenire in aiuto della popolazione attraverso una "Task force", alla cui organizzazione possa partecipare anche il Parlamento europeo. Ritengo fondamentale in questo momento che l'Unione europea faccia sentire la sua presenza al popolo tunisino, riconducendolo verso una vera democrazia.
Bogusław Liberadzki (S&D), per iscritto. – (PL) Il Parlamento europeo ha rapidamente adottato una posizione sulla situazione in Tunisia, che tiene conto del quadro dell’intera regione. Siamo solidali con la volontà di quelle nazioni che anelano a una vita migliore, all’autonomia e a un futuro più luminoso. Assistiamo alla caduta di governanti autoritari costretti alla fuga; ora la Tunisia deve stringere con noi un saggio partenariato. Occorre riconoscere e rafforzare sistematicamente i valori che ci stanno a cuore; disponiamo di un nuovo Servizio per l’azione esterna, che dovrebbe rendere più agevole quest’opera. A parte la Tunisia, dobbiamo tener conto anche degli sviluppi della situazione in Egitto e in altri paesi della regione. Sono lieto che sia stata adottata la proposta di risoluzione comune presentata da cinque gruppi politici.
David Martin (S&D), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della risoluzione sulla Tunisia. Giudico essenziale che il Parlamento si schieri senza riserve dalla parte della democrazia, dello Stato di diritto e della protezione dei diritti umani in Tunisia e nel resto del Medio Oriente.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Plaudo alle manifestazioni che hanno permesso al popolo tunisino di riconquistare la libertà e abbattere il regime instaurato nel 1987 dal Presidente ora deposto, Zine al-Abidine Ben Ali. Ora tutte le forze politiche, sociali, civili e democratiche tunisine devono essere equamente rappresentate, poiché questo è l’unico modo per dotare il governo provvisorio della fiducia della popolazione e della legittimità indispensabile per preparare le elezioni e la transizione democratica. Ritengo pure necessario, da parte nostra, esaminare le modalità dei possibili aiuti, anche finanziari, da fornire alla Tunisia, oltre che il sostegno e l’assistenza che la società civile europea può apportare alla società civile tunisina, in particolare alle associazioni di difesa dei diritti umani e alle parti sociali.
Louis Michel (ALDE), per iscritto. – (FR) Approvo la posizione adottata nella proposta di risoluzione sulla Tunisia. Quel paese è giunto a una svolta cruciale della propria storia, e da parte nostra abbiamo il dovere di sostenere il popolo tunisino aiutandolo a costruire una democrazia stabile e sostenendo e rafforzando la società civile; quest’ultima, infatti, con il suo potere di iniziativa, contribuisce in misura notevolissima a irrobustire la democrazia. Sostengo senza riserve il processo di sviluppo e transizione democratica della Tunisia. Di conseguenza, incoraggio il governo provvisorio nella sua opera tesa a organizzare elezioni democratiche in cui siano rappresentate tutte le parti politiche.
Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. − (ES) Ho votato a favore della proposta di risoluzione sulla situazione in Tunisia, in quanto convengo sulla necessità di esprimere solidarietà e sostegno al popolo di quel paese, che chiede a gran voce democrazia e miglioramenti sociali. Reputo essenziale che il Parlamento europeo assuma una posizione di deciso sostegno alla coraggiosa determinazione dei popoli oppressi; in questo caso, a favore del popolo della Tunisia, ove si sono svolte manifestazioni popolari di lotta per abbattere la tirannia dell’ormai ex Presidente Ben Ali. Mi sembra particolarmente importante che la risoluzione sottolinei la necessità di rivedere la politica di vicinato, poiché questa – come ho ripetutamente deplorato – mira più a stipulare iniqui trattati di libero scambio che allo sviluppo dei popoli, ai diritti umani o alla fine delle autocrazie e delle ingiustizie sociali. Ho votato a favore della risoluzione anche perché concordo con la condanna della repressione di cui si è macchiato il governo tunisino nel corso delle dimostrazioni popolari, e concordo pure con la richiesta di svolgere un’inchiesta indipendente sia sulla repressione, sia sulle diffuse pratiche corrotte del governo Ben Ali.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. − (EN) Di norma, dopo aver cambiato la Costituzione e introdotto una nuova forma di governo, in un paese si devono tenere elezioni corrette e democratiche. Potremo cominciare a discutere di sostegno finanziario o di altro tipo solo dopo che Tunisi avrà seguito tutte le raccomandazioni formulate dall’OSCE, dal Parlamento europeo, dall’Unione europea e dal Consiglio europeo. Purtroppo, la storia ci insegna che i paesi, i quali aspirano alla democrazia, divengono un vespaio di abusi e corruzione; tale processo è collegato agli alti tassi di criminalità e alle violazioni della legge e delle norme sociali. Ho votato a favore in quanto il sostegno finanziario alla Tunisia verrebbe stanziato solo dopo libere elezioni e sotto lo stretto controllo delle istituzioni responsabili del sostegno finanziario.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Ho votato a favore della proposta di risoluzione comune sulla situazione in Tunisia, in quanto essa esprime con equilibrata chiarezza l’approccio del Parlamento europeo agli avvenimenti tunisini. È essenziale che il governo provvisorio organizzi le elezioni al più presto possibile, in modo che il paese possa passare dal regime autoritario a uno stabile governo democratico. La risoluzione invita inoltre la baronessa Ashton ad agire rapidamente per fornire alla Tunisia gli aiuti UE di cui quel paese ha bisogno.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. − (DE) La proposta di risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione in Tunisia sostiene il tentativo del popolo tunisino di passare alla democrazia. Essa sottolinea poi la necessità di creare le condizioni che consentano di eleggere un’assemblea parlamentare; tale assemblea dovrebbe redigere una costituzione democratica che garantisca la separazione dei poteri. Si condannano infine la repressione e l’uso sproporzionato della violenza da parte delle forze di sicurezza. Per tali motivi sostengo la proposta di risoluzione sulla situazione in Tunisia.
Wojciech Michał Olejniczak (S&D), per iscritto. – (PL) Alla luce dei fatti avvenuti di recente in Tunisia, desidero esprimere solidarietà con il popolo di quel paese. In quanto Unione europea, dobbiamo sostenere il popolo tunisino, che grazie alle proteste e alle dimostrazioni è riuscito a riconquistare la libertà, abbattendo un regime che durava da molti anni. Condanno inoltre la repressione e gli atti di violenza perpetrati dai servizi di sicurezza nei confronti dei dimostranti, e approvo senza riserve l’appello formulato dall’Unione europea. Purtroppo, gli avvenimenti tunisini hanno svelato per l’ennesima volta la debolezza della politica estera dell’Unione. Occorre spronare il Servizio europeo per l’azione esterna e la Commissione europea a prendere misure più concrete. Nella sua azione esterna comune, l’Unione deve dedicare maggiore attenzione ai problemi riguardanti la protezione dei diritti umani e la democrazia. Ho votato a favore della proposta di risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione in Tunisia perché sono convinto che ora all’Unione europea si offra l’occasione più propizia per contribuire alla costruzione della società civile in Tunisia.
Justas Vincas Paleckis (S&D), per iscritto. − (EN) Esprimo la mia solidarietà al popolo tunisino che, spinto dal desiderio di migliorare le condizioni sociali e di accesso al lavoro, ha condotto il proprio paese a una svolta politica storica. Gli eventi di Tunisia hanno scosso pure le fondamenta dei regimi antidemocratici di altri paesi. Non è ancora chiaro quale sarà l’esito del cambio di governo; mi auguro che tutte le forze democratiche che si impegnano a rispettare il pluralismo, la libertà di coscienza e l’alternanza democratica possano partecipare all’elezione di una nuova assemblea parlamentare. Ho votato per questa risoluzione poiché ritengo giusto che l’Unione europea sostenga l’economia tunisina attraverso prestiti a tasso agevolato, per offrire prospettive di lavoro qualificato ai cittadini di quel paese, nel quadro di un autentico contratto di sviluppo che favorisca gli investimenti produttivi locali ed esteri.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Ho votato a favore della proposta di risoluzione sulla situazione in Tunisia per esprimere insieme ai mie colleghi la posizione del Parlamento europeo sulla "rivoluzione dei Gelsomini". Il partenariato tra Tunisia e Unione europea, le relazioni con i paesi Maghrebini nell'Unione per il Mediterraneo e tutti i rapporti di buon vicinato devono essere portati avanti in modo efficace al fine di rendere possibile, per il popolo tunisino nei confronti del quale si esprime piena solidarietà, una transizione ordinata e pacifica verso un sistema democratico efficace. L'assistenza dell'UE dovrà essere da monito al fine di un corretto processo elettorale e garantire il rispetto dei diritti umani cercando di sostenere e consigliare il popolo tunisino al fine di evitare derive integraliste. L'Unione non può di certo venire meno all'impegno per la causa della democrazia e dei diritti umani.
Georgios Papanikolaou (PPE), per iscritto. – (EL) Ho votato a favore della proposta di risoluzione sulla Tunisia, come hanno fatto del resto tutti i gruppi politici, allo scopo di inviare un segnale di sostegno a quel paese. La stabilità di quella regione è un’ambizione fondamentale e permanente per l’Europa; in futuro, la creazione di un bacino di prosperità in cui prevalgano regimi democratici e il rispetto dei diritti umani dovrà costituire il pilastro principale della politica di vicinato dell’Unione europea nel Mediterraneo. Non dobbiamo dimenticare che i focolai di instabilità nei paesi vicini all’Europa possono innescare reazioni a catena e generare ondate di profughi e immigrati ancor più massicce di quelle provocate in passato dai conflitti in Asia centrale.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore di questa proposta di risoluzione sull’attuale situazione in Tunisia. Mi unisco al Parlamento nell’esprimere solidarietà al popolo tunisino che, spinto da aspirazioni democratiche legittime e dall’esigenza di un miglioramento delle condizioni sociali e di accesso al lavoro, ha portato il suo paese ad una svolta politica storica; plaudo, a tal riguardo, al coraggio e alla determinazione dimostrati dai tunisini durante le manifestazioni, e mi associo alla condanna della repressione e dell’uso sproporzionato della violenza da parte delle forze di sicurezza. Sostengo con decisione l’indispensabile processo democratico che la Tunisia sta per imboccare e sottolineo l’importanza di creare le condizioni necessarie per lo svolgimento di elezioni, in tempi sufficienti per permettere a tutte le forze dell’opposizione e a tutti i media di strutturarsi su scala nazionale, gettando così le basi di una nuova società democratica. Apprezzo il fatto che il Parlamento abbia chiesto alla Commissione e alla Banca europea per gli investimenti di prendere in considerazione il sostegno alla Tunisia attraverso prestiti a tasso agevolato, per consentire all’economia tunisina di diversificarsi e offrire prospettive di lavoro qualificato ai giovani tunisini, nel quadro di un autentico contratto di sviluppo che favorisca gli investimenti produttivi locali ed esteri.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Ho dato il mio voto alla presente proposta di risoluzione, e mi associo alla solidarietà espressa nei confronti del popolo tunisino che, spinto da aspirazioni democratiche legittime e dall’esigenza di un miglioramento delle condizioni sociali e di accesso al lavoro, ha portato il suo paese a una svolta politica storica. Mi auguro di tutto cuore che ora si fornisca alla Tunisia ogni tipo di sostegno e si creino le condizioni per progredire sulla strada delle riforme necessarie per costruire una democrazia solida, tollerante e rispettosa delle minoranze.
Robert Rochefort (ALDE), per iscritto. – (FR) Nel votare a favore della proposta di risoluzione sulla situazione in Tunisia, desidero in primo luogo esprimere solidarietà nei confronti del popolo tunisino che, spinto da aspirazioni democratiche legittime e dalla volontà di migliorare le condizioni sociali del paese, ha portato la Tunisia a una svolta politica storica. Invito le istituzioni europee a reindirizzare – e incrementare – i fondi destinati ai vari strumenti per il finanziamento della cooperazione tra Unione europea e Tunisia; è un passo da compiere rapidamente. Esorto poi l’Unione a trarre un insegnamento da questi avvenimenti e a rivedere la politica di sostegno alla democrazia e ai diritti umani, il cui rigoroso rispetto dovrà diventare una condizione essenziale della cooperazione dell’Unione europea con i paesi terzi.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Con la presente risoluzione, il Parlamento europeo esprime la sua solidarietà nei confronti del popolo tunisino che, spinto da aspirazioni democratiche legittime e dall’esigenza di un miglioramento delle condizioni sociali e di accesso al lavoro, ha portato il suo paese a una svolta politica storica. A tal riguardo, il Parlamento plaude al coraggio e alla determinazione dimostrati da quel popolo durante le manifestazioni ed esprime cordoglio alle famiglie delle vittime e solidarietà ai feriti. Il Parlamento condanna pure la repressione e l’uso sproporzionato della violenza da parte delle forze di sicurezza e si congratula, al contrario, per il comportamento adottato dalle forze armate, che hanno rifiutato di sparare sui dimostranti; chiede infine l’apertura di un’inchiesta indipendente sugli incidenti culminati nella morte di più persone e sull’uso eccessivo della violenza nelle scorse settimane nonché sulla corruzione, con conseguente consegna dei responsabili alla giustizia.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, i tumulti in corso in Tunisia in questi giorni hanno già causato almeno 35 vittime accertate. La delegazione del Parlamento europeo per le relazioni con i paesi del Maghreb ha già chiesto un'indagine indipendente sulle responsabilità del governo in merito all'uso della violenza durante gli scontri di piazza. Lo stato di emergenza in cui versa questo paese, tradizionalmente laico, progressista e democratico, deve essere subito interrotto, permettendo alle autorità tunisine di ripristinare i normali processi democratici. Da parte loro tutti i governi europei, compreso quello svizzero, devono impegnarsi a cooperare in vista del rientro del denaro e dei beni acquisiti dalla famiglia di Ben Ali. Infine, deve essere bloccata sul nascere l'eventuale crescita e diffusione del movimento salafita, che promuoverebbe in Tunisia una versione radicale dell'Islam.
Marc Tarabella (S&D), per iscritto. – (FR) Era tempo ormai che il Parlamento europeo rompesse il silenzio sull’insurrezione tunisina. Come rimanere sordi agli appelli, come non commuoversi di fronte a questa sete di democrazia, come restare impassibili di fronte allo spettacolo di donne e uomini, ricchi e poveri, giovani e vecchi che chiedono la libertà da un regime fondato sulla paura?
La Tunisia aveva accettato tacitamente un modello autocratico, uno scenario in cui i più poveri, ma anche i ceti medi, non riuscivano a concepire la possibilità di diventare un giorno padroni del proprio destino; ma quest’approccio senza alternative è ora ridotto in polvere. Questi progressi verso la libertà gettano le basi di una società nuova e fanno balenare la speranza di un nuovo equilibrio. I giorni di un Oriente dittatoriale e tecnocratico sono tramontati; ora bisogna creare un Oriente di tipo nuovo.
Auguriamoci che le istituzioni europee siano più aperte che mai a qualsiasi richiesta di collaborazione che possa giungere da questi nuovi Stati.
Rafał Trzaskowski (PPE), per iscritto. − (PL) Sono favorevole a questa proposta di risoluzione, e in particolare alle disposizioni concernenti gli strumenti estremamente specifici a nostra disposizione per influenzare le trasformazioni sistemiche che hanno luogo in quel paese. Alludo in primo luogo al sostegno politico al massimo coinvolgimento possibile dell’Alto rappresentante, alla revisione in corso della politica di vicinato dell’Unione europea, alla negoziazione di un nuovo piano d’azione per la Tunisia per il periodo 2011-2016 e all’invio di una missione di osservatori dell’Unione europea, che costituirebbe sicuramente un prezioso sostegno per le annunciate elezioni.
Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. – (RO) La diffusione globale della tubercolosi resta preoccupante, poiché questa malattia figura tuttora tra le principali cause di mortalità nel mondo e provoca ogni anno circa due milioni di decessi. Nonostante i progressi compiuti, negli ultimi anni si è assistito a un brusco incremento dell’incidenza di questa infezione batterica, a causa del declino socioeconomico dei paesi dell’ex blocco sovietico, delle deboli infrastrutture dei sistemi di sanità pubblica e delle sperequazioni nell’accesso all’assistenza. Sono favorevole alla proposta di risoluzione comune sull’Iniziativa sul vaccino contro la tubercolosi, in quanto sono convinta che i vaccini, associati ai più efficaci test di individuazione dell’infezione e ai trattamenti più validi, rappresentino un’arma essenziale nella lotta contro questa malattia. Ritengo, inoltre, che l’accesso all’acqua potabile e a un’alimentazione equilibrata, nonché l’accesso gratuito ai servizi sanitari, svolgano una funzione importante nel miglioramento delle condizioni di vita e nella lotta contro la povertà e la tubercolosi. Alla luce di tali considerazioni, ho votato a favore della proposta di risoluzione comune sul vaccino contro la tubercolosi.
Liam Aylward (ALDE), per iscritto. – (GA) In base ai dati dell’Iniziativa sul vaccino contro la tubercolosi, ogni anno si registrano circa 9 milioni di nuovi casi di tubercolosi, e ogni anno 2 milioni di persone muoiono per questa malattia: un decesso ogni 18 secondi. Mancano solamente quattro anni alla scadenza degli obiettivi di sviluppo del Millennio per quanto riguarda l’eradicazione delle malattia, e la tubercolosi resta una delle principali cause di morte a livello mondiale, oltre che la più pericolosa per le persone affette anche da HIV/AIDS. L’Unione europea deve rispettare l’impegno preso, e realizzare l’obiettivo di sviluppo del Millennio indicato dalle Nazioni Unite, che riguarda la lotta contro la tubercolosi e la sua eradicazione prima del 2015. Ho votato a favore di questa importante proposta di risoluzione e sono anch’io persuaso della necessità di inserire la lotta contro la tubercolosi nella strategia Europa 2020. Come si afferma nella risoluzione, la Commissione e gli Stati membri devono fare ogni sforzo per garantire che una percentuale adeguata dei fondi disponibili per l’assistenza sanitaria raggiunga le popolazioni povere dei paesi in via di sviluppo; bisogna inoltre impegnarsi al massimo per migliorare e sostenere i servizi sanitari nelle regioni povere.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della proposta di risoluzione sull’Iniziativa sul vaccino contro la tubercolosi, poiché questa malattia – che miete ogni anno quasi 2 milioni di vittime – rimane una delle principali cause di morte nel mondo. L’Iniziativa si dovrà attuare a vantaggio delle persone affette da tubercolosi in tutto il mondo, e particolarmente nei paesi in via di sviluppo; essa inoltre è destinata a contribuire all’attuazione degli obiettivi della strategia Europa 2020 e alla realizzazione entro il 2015 degli obiettivi di sviluppo del Millennio. Per di più, il programma di vaccinazione potrà rafforzare l’indipendenza strategica dell’Unione europea nella lotta contro la tubercolosi e le altre malattie trasmissibili. Bisogna sottolineare che i vaccini, insieme a test più efficaci, rappresentano uno strumento essenziale nella lotta contro la tubercolosi; i test devono essere affidabili, economici e accessibili a tutti i pazienti, insieme a metodi diagnostici e trattamenti maggiormente efficaci; ciò comporta un radicale cambio di orientamento della ricerca e finanziamenti più cospicui e sostenibili per il pacchetto dei vaccini. La Commissione europea e gli Stati membri devono quindi tener fede agli impegni di finanziamento che si sono assunti e far sì che gli stanziamenti destinati all’assistenza sanitaria giungano anche alle popolazioni più povere e vulnerabili di ogni paese.
Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. – (RO) La vaccinazione contro la tubercolosi e gli investimenti nella ricerca mirante a sviluppare nuove cure per questa malattia costituiscono le uniche soluzioni che consentano di eradicarla entro il 2050. Purtroppo la Romania fa registrare pessimi risultati per quanto riguarda la diffusione di questa patologia, ponendosi al primo posto in classifica – che secondo gli esperti occuperà per molto tempo – per i pazienti di tubercolosi nell’Unione europea. In tale situazione, i programmi gestiti dall’Unione europea e i finanziamenti destinati al trattamento della tubercolosi sono particolarmente preziosi, ed è importante l’investimento nella salute degli europei. Secondo i dati forniti dalle autorità del paese, in Romania si registrano ogni anno 30 000 nuovi casi di tubercolosi. La scoperta di un così vasto numero di casi ogni anno si può spiegare precisamente con i progressi derivanti dai nuovi programmi di prevenzione, finanziati in gran parte dall’Unione europea. Benché la Romania registri ancora la più alta incidenza di tubercolosi in Europa, i valori di questo indicatore hanno subito una notevole riduzione negli ultimi cinque anni. In Romania si è osservata pure una tendenza alla diminuzione nei dati della mortalità da tubercolosi, dal 10,7 per cento del 2002 al 7,6 per cento del 2008. I finanziamenti erogati a favore dei programmi per l’eradicazione della tubercolosi sono tanto più preziosi, in quanto negli ultimi 35 anni non è stato scoperto alcun nuovo trattamento o metodo diagnostico.
Zuzana Brzobohatá (S&D), per iscritto. – (CS) Ho votato a favore della proposta di risoluzione sulla lotta contro la tubercolosi per una lunga serie di ragioni. Desidero in primo luogo ribadire la necessità di considerare l’aspetto umanitario di questa malattia, che si può prevenire semplicemente con la vaccinazione; la morte di oltre due milioni di persone all’anno rappresenta perciò un prezzo non solo altissimo, ma anche totalmente evitabile. Sottoscrivo senza riserve l’affermazione per cui la tubercolosi rappresenta un esempio lampante delle disparità tra i popoli, in quanto malattia praticamente debellata nei paesi industrializzati. La Fondazione TVBI (Iniziativa sul vaccino contro la tubercolosi) viene in aiuto dei pazienti di tubercolosi in tutto il mondo, e soprattutto nei paesi meno sviluppati. Personalmente, sono convinta che questo metodo di lotta contro la tubercolosi esprima la solidarietà dei cittadini europei e il tentativo di limitare decessi del tutto evitabili, derivanti semplicemente dalla mancanza di fondi per le vaccinazioni nei paesi meno sviluppati.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Con questa proposta di risoluzione esprimiamo il nostro apprezzamento per le iniziative varate dall’Unione europea per combattere la tubercolosi nei paesi più poveri, ma chiediamo pure che si svolgano ulteriori ricerche scientifiche allo scopo di produrre nuovi farmaci e vaccini contro questa malattia. I vaccini sono la misura di sanità pubblica più economica ed efficace per proteggere l’Europa dalle malattie infettive, ma è importante pure che l’assistenza sanitaria raggiunga i paesi in via di sviluppo, per contribuire a migliorare l’aspettativa di vita e a combattere la povertà.
Come ho detto, si è registrato qualche progresso e ci siamo incamminati sulla strada gusta, ma l’Unione europea deve raddoppiare gli sforzi e chiedere un’azione più coordinata per integrare la ricerca europea nella lotta contro le malattie collegate alla povertà. Solo in questo modo riusciremo ad alleviare la tragica situazione sanitaria che affligge parecchi paesi in via di sviluppo. Vorrei chiedere alla Commissione quale seguito intenda dare alla ricerca scientifica in questo settore, e in che modo pensi di intensificare tale ricerca e di tradurne i risultati in vantaggi concreti per i cittadini europei alla luce della strategia Europa 2020.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della proposta di risoluzione sull’Iniziativa sul vaccino contro la tubercolosi, in quanto solo una vasta campagna di vaccinazione può contribuire a farci raggiungere i traguardi indicati negli obiettivi di sviluppo del Millennio: bloccare l’espansione della tubercolosi e invertire la tendenza dell’incidenza della malattia entro il 2015, per poi eradicarla entro il 2050. È urgentemente necessario esplorare soluzioni di finanziamento innovative, per contribuire al rafforzamento dei sistemi sanitari e combattere la disuguaglianza, soprattutto per quel che riguarda la salute materna e la mortalità infantile.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Benché la tubercolosi ormai non rappresenti praticamente più una preoccupazione sanitaria nei paesi sviluppati, in realtà essa è ancora una delle principali cause di morte nel mondo e miete due milioni di vittime all’anno. Nei paesi in via di sviluppo, in particolare, la tubercolosi è ancora spesso mortale, soprattutto quando si associa all’HIV/AIDS.
Questa malattia rappresenta perciò un esempio lampante delle disparità sanitarie che separano il mondo industrializzato dai paesi in via di sviluppo. Inoltre, benché la tubercolosi uccida ancora, la ricerca viene abbandonata per ragioni di mera redditività commerciale. È quindi importante che l’Europa si impegni nella ricerca scientifica e sostenga la TBVI (Iniziativa sul vaccino contro la tubercolosi) in modo che una campagna di vaccinazione su vasta scala possa influire positivamente sull’eradicazione della tubercolosi entro il 2050.
Come ben sappiamo, i vaccini costituiscono uno strumento essenziale, quando vengono associati a test di individuazione dell’infezione migliori, più affidabili e più sicuri nonché a metodi diagnostici e trattamenti maggiormente efficaci. Ciò comporta un radicale cambio di orientamento della ricerca e un finanziamento maggiore e sostenibile, e in tale senso – a mio avviso – l’Unione europea può svolgere un ruolo essenziale.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Questa proposta di risoluzione comune, che sostituisce le proposte del gruppo dell’Alleanza dei liberali e dei democratici per l’Europa, del gruppo Verde/Alleanza libera europea e del gruppo dell’Alleanza progressista dei socialisti e democratici al Parlamento europeo, intende promuovere l’Iniziativa sul vaccino contro la tubercolosi (TBVI) allo scopo di raggiungere i traguardi indicati dalle Nazioni Unite negli Obiettivi di sviluppo del Millennio, tra cui l’inversione della tendenza dell’incidenza della tubercolosi entro il 2015 e l’eradicazione della malattia entro il 2050. Il miglioramento dello stato di salute della popolazione mondiale rappresenta una delle preoccupazioni più importanti dell’Unione europea; benché si possa affermare che in Europa la tubercolosi è sotto controllo, essa provoca ancora la morte di milioni di persone nei paesi in via di sviluppo, in associazione con altre malattie trasmissibili. È essenziale unire gli sforzi politici e finanziari per stroncare rapidamente questo flagello globale. Mi rallegro quindi per l’approvazione di quest’iniziativa mirante a sradicare una malattia trasmissibile, che ancora nel ventunesimo secolo miete un così gran numero di vittime, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) È necessario stimolare gli sforzi che si vanno compiendo in materia di ricerca e sviluppo di nuovi farmaci e vaccini efficaci contro malattie come la tubercolosi, che ogni anno continuano a fare milioni di vittime in tutto il mondo; i risultati positivi, poi, vanno accolti con entusiasmo. Quando tali risultati siano maturati, infine, occorre mettere i nuovi progressi della scienza e della tecnologia a disposizione di coloro che ne hanno bisogno, senza alcuna esclusione.
L’unico criterio di accesso deve perciò consistere nella necessità. Nel Terzo mondo, il pagamento del debito estero e gli interessi per il servizio del debito nei confronti dei paesi ricchi drenano una notevolissima quantità di risorse che in tal modo non possono andare ai bilanci della sanità e dell’istruzione, ridotti a dimensioni quasi insignificanti. I cosiddetti “programmi di riforme strutturale”, imposti dall’esterno, contribuiscono ad accentuare questa tendenza.
Di conseguenza, la lotta contro malattie come la tubercolosi, che si diffondono nella povertà, deve comprendere anche una battaglia contro questi meccanismi, che generano e alimentano la povertà e la dipendenza. In tale contesto, è deplorevole che si chieda di mettere il nuovo vaccino contro la tubercolosi a disposizione dei paesi meno sviluppati – misura cui noi siamo ovviamente favorevoli – in nome di un rafforzamento del ruolo e della leadership dell’Unione europea in quei paesi, come fa l’interrogazione da cui è scaturita la presente proposta di risoluzione.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Come non approvare un’iniziativa che mira a eradicare la tubercolosi entro il 2050, se si pensa che questa malattia continua a uccidere, su scala mondiale, 2 milioni di persone all’anno?
Trovo però sorprendente che un testo, in cui si stigmatizza l’inadeguato livello dei servizi sanitari dei paesi in via di sviluppo, abbia deciso di ignorare uno dei più gravi scandali del nostro tempo: il saccheggio dei medici di questi paesi da parte dei paesi più ricchi, che in patria hanno smesso di formare un numero sufficiente di medici, pensando di realizzare economie nei sistemi di protezione sociale. Di conseguenza, in Francia il numerus clausus, ossia il numero di studenti ammessi al secondo anno, si aggira intorno ai 7 000, mentre ogni anno si consente di esercitare in Francia a quasi 3 000 medici che hanno conseguito la laurea in paesi extraeuropei; senza parlare poi degli studenti stranieri che si formano presso di noi, conseguono quindi una laurea francese e non abbandonano più il nostro paese. Contemporaneamente, l’OMS stima che nei paesi poveri manchino 4,5 milioni di operatori sanitari.
È altrettanto singolare che il testo non menzioni i 5 500 o 6 000 casi di tubercolosi che si registrano in Francia; nel nostro paese la malattia è stata eradicata, e la sua ricomparsa si può collegare direttamente all’immigrazione di massa. Anche su questo punto, non credo che in Europa il nostro sia un caso isolato.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) La presenza della tubercolosi nel mondo rimane fonte di grave inquietudine. A quanto sembra, solo una vaccinazione su vasta scala può scongiurare la minaccia che questa malattia rappresenta per la salute di folte popolazioni nei paesi in via di sviluppo. Di conseguenza ho votato a favore di questa risoluzione, per chiedere agli Stati membri e alla Commissione maggiori investimenti a lungo termine che forniscano i mezzi per combattere la tubercolosi, in particolare tramite ricerca e innovazione. Non basta però stanziare risorse in questi settori: la situazione sanitaria e i servizi sanitari hanno bisogno di interventi di sostegno, e anche in questo campo, quindi, c’è da svolgere un intenso lavoro che non si può trascurare.
Jim Higgins, Seán Kelly, Mairead McGuinness e Gay Mitchell (PPE), per iscritto. − (EN) Nel voto finale sull’Iniziativa sul vaccino contro la tubercolosi (RC-B7-0075/2011) ci siamo astenuti. Approviamo senza riserve l’obiettivo dell’Iniziativa sul vaccino, ma non potevamo accettare la citazione che rimanda a un altro voto del Parlamento, favorevole tra l’altro all’aborto e contraddittorio rispetto a una precedente dichiarazione di voto, che avevamo fatto inserire nei verbali del Parlamento.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Approvo questo documento, poiché abbiamo il dovere di combattere la tubercolosi, malattia che uccide ogni anno quasi due milioni di persone nel mondo e infetta poco meno di un terzo della popolazione mondiale. Si tratta di una patologia che rappresenta un grave pericolo per le popolazioni, e a livello mondiale è la seconda più importante causa di morte tra le malattie trasmissibili. La tubercolosi è strettamente legata a problemi sociali ed economici come la povertà, la disoccupazione, l’alcolismo, la tossicodipendenza e l’HIV/AIDS, il livello scadente e inadeguato dei sistemi di assistenza sanitaria nei paesi poveri e i ritardi nella diagnosi. Sono lieto che sia stata varata l’Iniziativa sul vaccino sulla tubercolosi, poiché tutti i pazienti affetti da questa malattia nel mondo potranno trarre vantaggio dalle attività di ricerca e sviluppo. Aggiungo che i finanziamenti per la lotta contro la tubercolosi sono ancora insufficienti; è necessario istituire meccanismi di finanziamento specifici per il brevetto in Europa dei vaccini contro la tubercolosi, l’accessibilità dei vaccini, la ricerca clinica sulla tubercolosi e metodi diagnostici e trattamenti maggiormente efficaci; i finanziamenti destinati ai servizi di assistenza sanitaria devono raggiungere gli abitanti più poveri e più vulnerabili dei vari paesi.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Egregio Presidente, cari colleghi, la tubercolosi è, purtroppo, una delle principali cause di mortalità nel mondo. Essa causa, infatti, circa due milioni di decessi all'anno. Con questa risoluzione il Parlamento ha voluto invitare l'Unione europea a perseguire gli obiettivi di sviluppo del millennio (OSM) delle Nazioni Unite, che prevedono di bloccare, entro il 2015, l'espansione di questa grave malattia. I dati stimati sono preoccupanti e ci allarmano fortemente circa la gravità della situazione, soprattutto con riferimento ai Paesi più poveri, in cui i decessi dovuti all'insorgere della tubercolosi si manifestano con maggiore frequenza. La proposta di risoluzione comune sul vaccino contro la tubercolosi ha, pertanto, il mio pieno accordo perché, oltre a puntare i riflettori sulle condizioni sanitarie dei Paesi del terzo mondo, cerca di risolvere il problema alla base, erogando maggiori finanziamenti e supportando la ricerca scientifica.
Elżbieta Katarzyna Łukacijewska (PPE), per iscritto. – (PL) Benché nella maggioranza dei paesi europei le vaccinazioni contro la tubercolosi siano obbligatorie, le statistiche mondiali sono inquietanti. Il numero delle persone che contraggono questa malattia ci impone di concludere che ancor oggi, nel ventunesimo secolo, è necessario non solo portare avanti una vasta campagna d’informazione e fornire una profilassi corretta, ma soprattutto incrementare i finanziamenti per le vaccinazioni protettive. Solo in questo modo potremo ridurre l’incidenza della malattia, e tale considerazione mi ha indotto a votare a favore della proposta di risoluzione; vi ringrazio.
David Martin (S&D), per iscritto. − (EN) Sostengo senza riserve l’incremento dei finanziamenti e dei metodi alternativi di finanziamento per i programmi di lotta contro la tubercolosi. In qualità di presidente del gruppo di lavoro del Parlamento europeo sull’innovazione, l’accesso ai medicinali e le malattie legate alla povertà, giudico essenziale concentrare i nostri sforzi sulla ricerca e l’innovazione, se intendiamo raggiungere gli obiettivi di sviluppo del Millennio. I livelli globali di tubercolosi sono ancora troppo alti, anzi inaccettabili, e sono quindi favorevole a finanziare con nuovi metodi l’Iniziativa sul vaccino contro la tubercolosi, in modo da poter avviare una campagna di vaccinazioni su vasta scala.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. − (PT) Sebbene sia praticamente scomparsa dai paesi sviluppati, la tubercolosi rimane una minaccia nei paesi poveri e sottosviluppati e soprattutto in Africa, dove continua a uccidere milioni di persone ogni anno. Solo un piano di vaccinazione a livello globale potrà stroncare questo flagello e tradurre in realtà la totale eradicazione di questa malattia entro il 2050, nel quadro degli obiettivi di sviluppo del Millennio.
Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. − (ES) Concordo con gran parte delle osservazioni contenute nella presente proposta di risoluzione, con il suo obiettivo di fondo e con la sua concezione dell’assistenza sanitaria come diritto che spetta ai governi garantire – governi che “devono assolvere ai propri obblighi di erogare servizi di sanità pubblica a tutta la popolazione”. Non ho potuto però votare a favore perché, a mio avviso, la maggioranza delle proposte e degli obiettivi indicati non sono sufficientemente ambiziosi, e anzi sono palesemente insufficienti. A mio parere non basta suggerire di eradicare entro il 2050 una malattia che colpisce i più poveri, è una delle principali cause di morte nel mondo e provoca oltre 2 milioni di decessi ogni anno. Non basta perché – come fanno notare numerosi studi elaborati da organizzazioni non governative – tale lasso di tempo si potrebbe dimezzare adottando una politica decisa che incrementasse le risorse stanziate per la lotta contro questa malattia. Ancora, mentre concordo con l’affermazione, contenuta nel paragrafo 2, per cui è importante migliorare le procedure di individuazione e vaccinazione per mezzo di metodi diagnostici e trattamenti maggiormente efficaci, deploro che non si sia sottolineato esplicitamente che tali funzioni dovrebbero essere svolte dai servizi sanitari pubblici; proprio tali servizi dovrebbero essere rafforzati grazie alla cooperazione e agli aiuti europei.
Louis Michel (ALDE), per iscritto. – (FR) Sono lietissimo di poter sostenere un progetto paneuropeo che reca valore aggiunto non solo all’Europa ma a tutto il mondo, con l’obiettivo di giungere all’eradicazione definitiva della tubercolosi.
Nel 2009 la tubercolosi ha ucciso 1,7 milioni di persone, ossia 4 700 persone al giorno. Secondo le stime della Banca mondiale, questa malattia infligge ogni anno all’Africa un danno economico pari a 52 miliardi di dollari. I casi segnalati nel Regno Unito e in Irlanda nell’estate del 2010 ci ricordano inoltre che la tubercolosi rimane un grave problema anche per l’Unione europea. Grazie all’Iniziativa sul vaccino contro la tubercolosi (TBVI), sarà possibile produrre vaccini efficaci, economicamente alla portata dei paesi in via di sviluppo e adattati ai paesi emergenti e all’Europa.
Con 49 miliardi di euro erogati ogni anno, la Commissione europea è il maggior donatore di aiuti ufficiali allo sviluppo; però non è abbastanza. Dobbiamo individuare altre fonti di finanziamento, quali ad esempio l’istituzione di una garanzia finanziaria degli Stati membri e/o dell’Unione europea, che consenta di ottenere finanziamenti dalla Banca europea per gli investimenti. La TBVI è uno strumento pratico per attuare la strategia Europa 2020; rende l’Europa più attraente, e così prepara la nuova economia per le generazioni future.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. − (EN) Il programma per il vaccino contro la tubercolosi è importantissimo, ma cosa intende fare il Parlamento europeo prima del 2015? In Lettonia, per esempio, attualmente il trattamento medico della tubercolosi consiste nel diagnosticare la malattia e poi collocare il paziente in quarantena. In effetti, tutti i finanziamenti teoricamente destinati all’acquisto di attrezzature mediche e alla costruzione di ospedali specializzati sono stati spesi inutilmente. Per esempio, nella cittadina di Olaine esisteva un ospedale costruito nel comprensorio di una prigione, per la cura di pazienti affetti da tubercolosi; l’ospedale è stato attrezzato con una spesa di due milioni di euro, ma oggi non funziona perché manca il personale medico! Vorrei quindi attirare l’attenzione dei colleghi sul fatto che non basta elaborare e produrre un vaccino, ma è necessario formare specialisti dotati di competenze precise e personale medico altamente qualificato, e schierare tutti questi operatori nella battaglia contro la tubercolosi; altrimenti, l’effetto del voto odierno sarà puramente emotivo. È importantissimo controllare in modo assolutamente trasparente i finanziamenti assegnati alla lotta contro la tubercolosi, per evitare il ripetersi della situazione lituana.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Ogni anno nell’Unione europea si spendono 2 miliardi di euro per curare i pazienti affetti da tubercolosi. Insieme all’HIV e alla malaria, la tubercolosi è una delle malattie epidemiche più diffuse al mondo; circa un terzo della popolazione mondiale è infetto. Chiaramente, siamo ben lontani dall’obiettivo di eradicare la tubercolosi. Come avviene per tutte le malattie, l’accresciuta resistenza, sotto forma di batteri multiresistenti o addirittura ultraresistenti, e la conseguente mancanza di cure possibili pongono la medicina moderna di fronte a un’ardua sfida. I medicinali standard, in uso dagli anni Sessanta, non hanno effetto sulle varianti mutate. Di conseguenza, si prescrivono altri medicinali, più costosi e dagli effetti collaterali più forti. I costi del trattamento successivo possono essere cento volte superiori a quelli della normale tubercolosi. Se un paziente sospende l’assunzione dei medicinali standard per la normale forma di tubercolosi prima della fine del periodo di sei mesi, ne risultano non solo gravi effetti collaterali, ma anche la resistenza. Inoltre, l’unico metodo per bloccare la diffusione della malattia è quello di controllare tutte le persone con cui il paziente è entrato in contatto. Alcuni paesi non rispettano tutti questi requisiti. Se non si seguono queste norme fondamentali e notissime, progetti di ricerca del costo di miliardi di euro rimarranno probabilmente privi di effetti apprezzabili e si verificheranno nuovi tipi di resistenza; per tale motivo, mi sono astenuto dal voto.
Radvilė Morkūnaitė-Mikulėnienė (PPE), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della proposta di risoluzione sull’Iniziativa sul vaccino contro la tubercolosi. In molti casi, la tubercolosi e la sua prevenzione rimangono una sfida non solo per i paesi in via di sviluppo, ma anche per quelli sviluppati. Dobbiamo condividere le buone prassi, stanziare finanziamenti per il vaccino contro la tubercolosi e ricorrere a un ventaglio di misure diverse per cercare di ridurre le terribili statistiche, che segnalano circa 2 milioni di morti per tubercolosi all’anno in tutto il mondo. D’altra parte, alcuni dei principali fattori di rischio che aumentano la morbilità sono l’alcolismo, l’uso di droghe e la povertà estrema. È quindi necessario tener conto non solo della vaccinazione, ma anche di programmi a lungo termine suscettibili di ridurre tali fattori. Ancora una volta, esprimo il mio apprezzamento per quest’iniziativa dell’Unione europea che contribuisce all’attivo sostegno comunitario per i programmi di vaccinazione; questi ultimi, quando sono stati applicati, hanno prodotto una notevole riduzione dei tassi di infezione da tubercolosi, come dimostrano le statistiche degli Stati membri dell’Unione europea.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Cari colleghi, tenendo in considerazione che la tubercolosi resta tuttora tra le principali cause di mortalità nel mondo, mietendo ogni anno milioni di vite, e considerando che nonostante ciò al momento non viene condotta una sufficiente ricerca sulle malattie più trascurate che riguardano soltanto i Paesi in via di sviluppo, la mia posizione risulta nettamente a favore dell'iniziativa sul vaccino contro tale malattia. A riguardo, soltanto un programma di vaccinazione comprendente una campagna di vaccinazione su ampia scala potrà avere un impatto positivo sulla realizzazione dell'obiettivo. Sono convinto che, nella lotta alla tubercolosi, i vaccini associati a migliori test di individuazione delle infezioni, rappresentino uno strumento essenziale che rende necessario un radicale cambio di orientamento della ricerca e un finanziamento maggiore e sostenibile. Ritengo pertanto che la vaccinazione contro la tubercolosi dovrebbe avvenire prioritariamente nelle cliniche dei paesi in via di sviluppo e che gli aiuti europei debbano coadiuvare gli sforzi profusi a livello nazionale per potenziare le risorse umane.
Georgios Papanikolaou (PPE), per iscritto. – (EL) Ho votato a favore della proposta di risoluzione sull’Iniziativa sul vaccino contro la tubercolosi. Questa specifica proposta, sostenuta da tutti i gruppi politici, fa seguito all’espansione di questa malattia registrata in Europa e negli Stati Uniti d’America negli ultimi dieci anni. La causa fondamentale del riemergere della tubercolosi è l’immigrazione di massa, e soprattutto quella illegale, per la quale spesso è impossibile rispettare le più elementari norme igieniche. La Grecia, che attualmente cerca di far fronte al fenomeno dell’immigrazione illegale, è un paese con tassi di tubercolosi relativamente alti per il mondo sviluppato; quindi, i suggerimenti contenuti in questa proposta di risoluzione – come una campagna di vaccinazione a tappeto negli Stati membri, finanziamenti della Banca europea per gli investimenti destinati a questo scopo e l’invito a garantire i servizi di sanità pubblica anche nelle zone più remote – rivestono particolare importanza per il nostro paese.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. − (PT) Oggi la tubercolosi è uno degli esempi più lampanti dell’impatto che le disuguaglianze tra i popoli possono esercitare in materia di salute; questa malattia, infatti, è stata quasi debellata nei paesi industrializzati ma è ancora diffusa in altre parti del mondo. È anche importante ricordare che la tubercolosi è una patologia che sfrutta la condizione di chi è sieropositivo o affetto da AIDS, dando luogo in tal caso a situazioni particolarmente gravi. Tali problematiche stanno alla base di questa proposta di risoluzione, che sottolinea la necessità di una campagna di vaccinazione su vasta scala, nell’intento di realizzare l’obiettivo di sviluppo del Millennio n. 6 dopo il 2015, e in particolare di eradicare la tubercolosi entro il 2050.
Questi importanti obiettivi mi hanno indotto a votare a favore. I vaccini sono uno strumento essenziale per combattere con successo la tubercolosi, insieme a test di individuazione dell’infezione migliori, affidabili ed economici e a metodi diagnostici e trattamenti maggiormente efficaci; ciò comporta un radicale cambio di orientamento della ricerca e un finanziamento maggiore e sostenibile. Tramite la Commissione europea, l’Unione deve valutare soluzioni di finanziamento innovative, quali ad esempio l’istituzione di una garanzia finanziaria degli Stati membri e/o dell’UE, che consenta di ottenere finanziamenti per la TBVI presso la Banca europea per gli investimenti al fine di garantire il finanziamento della ricerca in questo settore.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. − (PT) Nonostante i progressi compiuti, l’incidenza della tubercolosi a livello globale suscita ancora forte inquietudine, poiché questa malattia costituisce una delle principali cause di morte nel mondo e soprattutto nei paesi in via di sviluppo; di conseguenza è necessario incrementare la ricerca e i finanziamenti nel settore. È importante mobilitare risorse a favore dell’Iniziativa sul vaccino contro la tubercolosi, in quanto solo una campagna di vaccinazione su ampia scala può contribuire a bloccare l’espansione dell’incidenza della tubercolosi entro il 2015, a invertire la tendenza e a eradicare questa malattia entro il 2050, come chiedono gli obiettivi di sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite e il programma “Stop alla tubercolosi” dell’OMS.
Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) La tubercolosi uccide ogni anno quasi 2 milioni di persone, soprattutto nell’Africa subsahariana e in Asia. Questo flagello illumina di cruda luce le disuguaglianze che dividono il Nord e il Sud del mondo, oltre che la scarsità di risorse, cure e ricerca a nostra disposizione per bloccare la malattia.
La nostra proposta di risoluzione indica gli sforzi che è necessario compiere per individuare e diagnosticare la malattia in maniera più rapida ed efficace. Soprattutto, il testo ribadisce la necessità di attuare un programma di vaccinazione su ampia scala, che costituisce l’unico metodo per realizzare uno degli obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM 6) ed eradicare la malattia entro il 2050.
Contemporaneamente, è essenziale che gli sforzi della ricerca farmaceutica si concentrino su questa malattia trascurata e “antieconomica”. I finanziamenti per la ricerca in questo campo vanno garantiti, per esempio tramite la Banca europea per gli investimenti. Come sappiamo, per portare avanti il programma dell’OMS “Stop alla tubercolosi” occorrono 3 miliardi di dollari. Si tratta di un investimento cruciale per il progresso della ricerca e dell’innovazione e di conseguenza per incrementare il sostegno a favore delle popolazioni più povere.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Con questa risoluzione, il Parlamento europeo sottolinea in primo luogo il fatto che solo un programma di vaccinazione comprendente una campagna di vaccinazione su ampia scala può incidere positivamente sulla realizzazione dell’OSM 6 dopo il 2015, e in particolare sull’eradicazione della tubercolosi entro il 2050. In secondo luogo, il Parlamento è del parere che, nella lotta alla tubercolosi, i vaccini, associati a migliori test di individuazione dell’infezione – affidabili, economici e sicuri – e a metodi diagnostici e trattamenti maggiormente efficaci, rappresentino uno strumento essenziale che rende necessario un radicale cambio di orientamento della ricerca e un finanziamento maggiore e sostenibile. In terzo luogo, invita la Commissione a valutare soluzioni di finanziamento innovative, quali ad esempio l’istituzione di una garanzia finanziaria degli Stati membri e/o dell’Unione europea, che consenta di ottenere finanziamenti per la TBVI presso la Banca europea per gli investimenti al fine di garantire il finanziamento della ricerca sulle malattie trascurate e poco redditizie nei paesi in via di sviluppo.
Jarosław Leszek Wałęsa (PPE), per iscritto. − (PL) Ho votato a favore della proposta di risoluzione sull’Iniziativa sul vaccino contro la tubercolosi. Le malattie tropicali, come la malaria, la tubercolosi e la malattia del sonno, mietono ogni anno milioni di vite, soprattutto a causa dell’aumento delle resistenze delle malattie stesse ai medicinali oppure dell’assenza di cure, che si verifica perché la ricerca viene abbandonata per semplici motivi di redditività commerciale. Dal momento che il numero di nuovi casi di tubercolosi in tutto il mondo desta ancora inquietudine – mentre mancano appena quattro anni alla scadenza per la realizzazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM) – dobbiamo intervenire immediatamente. Nella maggior parte dei paesi in via di sviluppo i servizi sanitari sono ampiamente insufficienti per rispondere alle esigenze delle popolazioni locali; i programmi di riforme strutturali degli anni Novanta hanno contribuito al peggioramento della situazione con i drastici tagli alla spesa sociale. A mio avviso la vaccinazione contro la tubercolosi dovrebbe avvenire prioritariamente nei dispensari e nelle cliniche dei paesi in via di sviluppo, e a tale scopo occorrerebbe ripristinare i servizi sanitari pubblici. I governi devono assolvere ai propri obblighi di erogare servizi di sanità pubblica a tutta la popolazione, poiché ciò costituisce un diritto riconosciuto dalla Dichiarazione universale dei diritti umani.
Anna Záborská (PPE), per iscritto. – (SK) Sono favorevole all’Iniziativa sul vaccino contro la tubercolosi. A mio parere, è dovere morale di noi europei non solo assumerci parte delle responsabilità in materia di ricerca e reperimento di nuove cure, ma anche aiutare i paesi poveri a formare operatori sanitari e a istituire almeno l’ossatura di una rete di assistenza sanitaria di base. La solidarietà umana deve superare le frontiere di paesi e continenti; chi non sente più tale solidarietà non è più umano. Proprio pensando alla conservazione di questa nostra umanità, non mi è possibile sostenere il testo della proposta di risoluzione che è stato approvato: il testo contiene infatti un riferimento all’uccisione di bambini non ancora nati, che a giudizio della maggioranza dei deputati di questo Parlamento costituisce una componente della salute riproduttiva. Mi sono astenuta dal voto, poiché non posso ammettere che la lotta contro la pandemia della tubercolosi nelle regioni più povere del mondo sia in alcun modo connessa con la disumana usanza di usurpare il diritto di decidere sulla vita e sulla morte di bambini non ancora nati.
Marta Andreasen (EFD), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della chiusura dei conti dell’Accademia europea di polizia (CEPOL), di cui l’anno scorso avevo rifiutato il discarico, poiché questa è la normale procedura che si dovrebbe seguire ogni anno, non appena la relazione della Corte dei conti consenta di affermare chiaramente che non sono necessari ulteriori aggiustamenti, indipendentemente dal fatto che il discarico sia stato concesso oppure no. Viste le irregolarità emerse, la CEPOL andrebbe chiusa.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Le preoccupazioni sollevate dal modello amministrativo dell’Accademia europea di polizia hanno indotto il Parlamento europeo a rifiutare il discarico dei conti per il 2008. Si tratta di un episodio preoccupante e senza precedenti, in quanto è la prima volta che un’agenzia europea si vede rifiutare tale procedura. Di conseguenza, la presente risoluzione mira unicamente a chiudere i conti in questione, conformemente all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), dell’allegato VI al regolamento del Parlamento europeo.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. − (PT) Ricordo che il 7 ottobre 2010 il Parlamento europeo ha adottato la decisione di non concedere il discarico dei conti dell’Accademia europea di polizia per il 2008, con 618 voti a favore, nessun contrario e 7 astenuti. L’attuale decisione di chiudere i conti del 2008 non equivale al discarico dei conti, ma costituisce solo una misura tecnica conforme al regolamento del Parlamento, il quale stabilisce che se una proposta di rifiuto del discarico ottiene la maggioranza, una proposta formale di chiusura dei conti per l’esercizio in questione è presentata nel corso di una tornata successiva. Di conseguenza ho votato a favore della presente decisione.
Véronique Mathieu (PPE), per iscritto. – (FR) Il 7 ottobre 2010 Il Parlamento ha adottato, con 618 voti a favore, nessun contrario e 7 astenuti, la decisione di rifiutare il discarico al direttore dell’Accademia europea di polizia per l’esercizio 2008. Conformemente al regolamento del Parlamento, se una proposta di rifiuto del discarico ottiene la maggioranza, una proposta formale di chiusura dei conti per l’esercizio in questione è presentata nel corso di una tornata successiva. La decisione, a favore della quale ho votato, è una misura tecnica concepita per chiudere i conti dell’esercizio finanziario in questione, non la concessione del discarico. Essa viene adottata nel corso di questa tornata perché io e i colleghi della commissione per il controllo dei bilanci desideravamo tenere un’audizione con il direttore della CEPOL, il presidente del consiglio di amministrazione e il Presidente della Commissione europea per ottenere ulteriori dettagli e chiarimenti, soprattutto in merito alle correzioni contabili effettuate nel luglio 2010 per l’esercizio 2008, nonché alla reattività del consiglio di amministrazione.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. − (PT) È deplorevole che un’istituzione europea finanziata con il denaro pubblico non disponga di un modello amministrativo trasparente che consenta all’organismo di vigilanza di concedere il discarico dei conti. La rarità di tale evento rende necessario analizzarne le cause e individuare soluzioni che ne evitino il ripetersi. Questa risoluzione, quindi, intende unicamente consentire la chiusura dei conti, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), dell’allegato VI al regolamento del Parlamento europeo.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. − (EN) L’uso inefficiente, da parte dell’Accademia di polizia, dei fondi a essa destinati ha già provocato l’interruzione del sostegno finanziario erogato alle piccole agenzie. Alcuni casi di uso indebito dei finanziamenti sfiorano il reato finanziario; tutte queste irregolarità possono verificarsi quando il controllo da parte della Commissione è insufficiente. La decisione del Parlamento in materia segnala chiaramente a tutte le altre agenzie e istituzioni che è necessario rispettare la disciplina finanziaria e dimostrare maggiori responsabilità nei confronti dei propri doveri. Non sarebbe sbagliato esonerare quei funzionari della Commissione che hanno assistito passivamente per molto tempo a questi episodi senza agire con risoluta efficacia. Conosco parecchi casi in cui funzionari della Commissione – per mentalità scarsamente costruttiva o pura e semplice pigrizia – hanno chiuso gli occhi di fronte a gravi violazioni nei progetti finanziari dell’Unione europea. Giudico questa risoluzione preziosa e tempestiva.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) L’Accademia europea di polizia (CEPOL) è stata fondata nel 2000, con l’obiettivo di promuovere una stretta cooperazione tra le diverse forze di polizia all’interno dell’Unione europea. La CEPOL coadiuva il lavoro comune degli organismi nazionali nella prevenzione e nella lotta contro la criminalità; inoltre collabora strettamente con i servizi di polizia dei paesi terzi. A mio avviso la CEPOL è un’istituzione utile, e per questo ho votato a favore della proposta.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. − (PT) L’Accademia europea di polizia (CEPOL) riunisce alti funzionari delle forze di polizia di tutta Europa per incoraggiare la cooperazione transfrontaliera in materia di lotta alla criminalità e di mantenimento della sicurezza e dell’ordine pubblico. Istituita come agenzia dell’Unione europea nel 2005, la CEPOL opera sotto forma di rete, e le sue attività – corsi, seminari, conferenze e riunioni – sono organizzate negli Stati membri e dagli Stati membri, essenzialmente presso le accademie nazionali di formazione delle forze di polizia. Ogni anno vengono organizzati circa 60-100 corsi, seminari e conferenze su un ampio ventaglio di temi che interessano l’odierna attività di polizia in Europa. L’attività della CEPOL è fondamentale per instaurare sinergie tra le forze di polizia dei vari Stati membri. In effetti essa è attualmente la più importante fonte di apprendimento e sviluppo nel campo dell’istruzione e formazione allo scopo di migliorare la cooperazione e l’attività di polizia in Europa. Per i motivi citati, e soprattutto alla luce dei pareri positivi della Corte dei conti e del Consiglio, voterò a favore della chiusura dei conti della CEPOL per l’esercizio finanziario 2008.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. − (PT) In seguito alla decisione, adottata il 7 ottobre 2010, di non concedere il discarico dei conti dell’Accademia europea di polizia per l’esercizio finanziario 2008 a causa dei problemi emersi nell’amministrazione di quell’agenzia, ora siamo passati alla chiusura dei conti, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), dell’allegato VI al regolamento.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) È essenziale che le nuove autorità e i loro direttori svolgano le proprie funzioni nell’interesse dei cittadini europei. A tale scopo, i Verdi hanno richiesto di accrescere la trasparenza nelle relazioni tra i rappresentanti dell’industria da una parte, e le autorità e i loro direttori dall’altra; ci rallegriamo che tutti e tre i candidati si siamo impegnati per iscritto in questo senso. L’oscura attività delle lobby incrinerà la credibilità e l’efficacia di queste autorità, che invece – aspetto assai importante – devono operare nella massima trasparenza. Ora dobbiamo spingerci in avanti, e consentire a queste autorità di svolgere con efficacia il proprio cruciale ruolo di sorveglianza sui mercati finanziari dell’Unione europea.
Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto. − (LT) Come ha dimostrato il voto della commissione del Parlamento sul controllo dei bilanci, molti giudicano in maniera fortemente critica il modo in cui l’Accademia europea di polizia ha gestito le proprie finanze nel 2008 e negli anni precedenti. È una situazione senza precedenti: finora nessuna agenzia europea si era vista rifiutare il discarico. Ora però è importante guardare al futuro: il generale Bánfi, nuovo direttore dell’Accademia europea di polizia, si è assunto un impegno difficile e deve riconquistare la fiducia del Parlamento e dei contribuenti. A mio avviso, inoltre, le discussioni attualmente in corso sull’inefficacia con cui l’Accademia ha gestito bilancio e risorse umane hanno l’unico effetto di distrarre la nostra attenzione da un problema più importante: la carenza di integrità e professionalità nelle forze di polizia e sicurezza in tutta Europa, Lituania compresa. Dobbiamo prestare maggiore attenzione agli sforzi diretti a migliorare le funzioni fondamentali dell’Accademia di polizia: occorre adottare misure più decise per combattere la criminalità tramite l’istruzione e la formazione speciale. Come ho osservato nella tornata dell’ottobre scorso, l’Accademia europea di polizia si prefigge nobili obiettivi: promuovere standard europei comuni per l’attività di polizia e rafforzare lo Stato di diritto e la supremazia della legge. Quale sarà in futuro la sorte dell’Accademia europea di polizia non è importante, ma tutti gli Stati membri devono assicurare la realizzazione di tali obiettivi.
Derek Vaughan (S&D), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della chiusura dei conti dell’Accademia europea di polizia, in quanto ritengo importante mettere fine alla procedura di discarico per il 2008. Rifiutando il discarico, i deputati al Parlamento europeo hanno segnalato con forza ai dirigenti di tutte le agenzie dell’Unione europea che non verranno più tollerate né una contabilità approssimativa, né spese fittizie. Ora il Parlamento deve rivolgere l’attenzione alla procedura di discarico per il 2009, che si sta svolgendo in seno alla commissione per il controllo dei bilanci, e al varo di modifiche che consentano di mettere a punto procedure contabili più rigorose. Non si possono ripetere le carenze messe in rilievo nella relazione della Corte dei conti sui conti del 2008. Apprezzo le misure adottate dal nuovo direttore della CEPOL, Ferenc Bánfi, e mi auguro che la collaborazione tra la commissione per il controllo dei bilanci e l’Accademia continui, per giungere a misure importanti che garantiscano all’Accademia stessa una gestione efficiente, rispettosa di tutte le norme finanziarie.
Marta Andreasen (EFD), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della proposta di risoluzione che si oppone alla nomina del presidente dell’Autorità bancaria europea, non perché riscontri alcuna carenza nella persona designata, ma perché sono contraria in linea di principio all’istituzione di questa nuova autorità. Si afferma che essa sarebbe necessaria per scongiurare in futuro il verificarsi di crisi economiche e finanziarie; in realtà aggiunge alla vigilanza esistente un ulteriore livello burocratico, e introduce una certa confusione di responsabilità. Il codice di norme che essa produrrà sarà senza dubbio inadatto alla City di Londra, e contribuirà al calo dell’occupazione nel Regno Unito. Inoltre il processo non è trasparente – poiché al Parlamento viene proposto un solo candidato – e per giunta il voto finale è segreto.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Se la recente crisi ci ha impartito una lezione, questa riguarda la necessità di riformare la struttura di vigilanza istituzionale tramite la creazione di agenzie europee, riformulando in tal modo il concetto complessivo di vigilanza macro e microeconomica: da tale clima nasce l’autorità bancaria europea. Dal momento che la crisi finanziaria globale ha vibrato un duro colpo alla fiducia nelle banche, è importante che i mercati – e in generale i cittadini europei – possano riprendere fiducia nella solidità e nella robustezza delle istituzioni bancarie, e in particolare negli organismi di vigilanza. Ecco perché il ruolo riservato alla nuova Autorità bancaria europea ha un’importanza talmente critica per il futuro; per tale motivo voto a favore della nomina di Andrea Enria a primo presidente dell’Autorità bancaria europea, augurandogli un mandato attivo, vigile e denso di successi.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) La recente crisi finanziaria ha messo a nudo gravi carenze in fatto di vigilanza finanziaria, sia in singoli casi che per quanto riguarda il sistema finanziario complessivo. I modelli di vigilanza, partendo da una prospettiva nazionale, erano inadatti alla globalizzazione che si è verificata nel sistema finanziario, ove vari gruppi operano su scala transfrontaliera, con i rischi sistemici che ne derivano. La legislazione dell’Unione europea è quindi stata applicata senza alcuna collaborazione, né coordinamento o coerenza. Ho compreso che l’istituzione dell’Autorità bancaria europea è essenziale per realizzare un modello di vigilanza efficace. Occorre tuttavia adottare parecchie altre misure per scongiurare il ripetersi di episodi veramente immorali come quelli che di recente hanno danneggiato economie, azionisti, risparmiatori, contribuenti e la stessa credibilità del sistema. Voto quindi a favore della nomina di Andrea Enria a primo presidente dell’Autorità bancaria europea, e gli auguro un mandato di elevata qualità in tutti i sensi.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Nella nuova Autorità europea di vigilanza, gli interessi nazionali sono rappresentati dagli organismi che vigilano sui mercati finanziari – nel caso dell’Austria, per esempio, la FMA – che sono membri della nuova autorità e hanno diritto di voto. Anche le banche nazionali partecipano alle riunioni dell’Autorità, ma non hanno diritto di voto. Mi oppongo alla nomina del candidato designato alla presidenza dell’Autorità bancaria europea. Di conseguenza sono favorevole alla relazione, in quanto – a mio avviso – dalla nuova autorità scaturirà una costosa duplicazione di strutture; lo dimostra, tra l’altro, il fatto che i singoli organismi di vigilanza hanno sede in città diverse. Per di più, le autorità di vigilanza finanziaria sono unicamente un elemento della soluzione; è altrettanto necessario inasprire meccanismi di sanzione nei confronti degli Stati membri che accusano elevati deficit di bilancio.
Marta Andreasen (EFD), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della risoluzione che si oppone alla nomina del candidato prescelto alla carica di presidente dell’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali non perché abbia riscontrato alcuna mancanza nel candidato individuato, quanto perché sono contraria, in linea di principio, alla creazione di questa nuova autorità. Ci è stato detto che è un organismo necessario al fine di prevenire future crisi economiche e finanziarie. In realtà aggiunge un ulteriore livello burocratico ai controlli già esistenti. Prevarrà la confusione sulle responsabilità e gli ambiti di competenza. Le norme che tale autorità svilupperà sicuramente non piaceranno alla City di Londra e contribuiranno alla perdita di posti di lavoro in Gran Bretagna. Inoltre, il processo non può dirsi trasparente giacché al Parlamento è stato presentato un solo candidato e, per di più, la votazione finale è segreta.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Una delle conseguenze della crisi è stata la necessità di dare vita ad agenzie indipendenti europee incaricate della supervisione delle istituzioni bancarie e assicurative che operano sui mercati finanziari. Tali agenzie non sostituiranno gli enti nazionali di controllo, ma collaboreranno con essi per evitare il ripetersi in Europa di una nuova crisi dalla portata simile a quella che stiamo affrontando.
Oggi sono particolarmente orgoglioso di votare per un cittadino portoghese, il signor Gabriel Rodrigo Ribeiro Tavares Bernardino, che sarà il primo presidente dell’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali. La sua reputazione di uomo integro e le sue capacità tecniche, accertate da un processo di selezione rigoroso, promettono un mandato attento e attivo a capo di questa autorità di vigilanza. Colgo questa occasione per porgergli i miei migliori auguri per questo suo nuovo incarico.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) La recente crisi finanziaria ha evidenziato l’esistenza di gravi debolezze nel meccanismo di controllo finanziario a livello sia di singoli casi sia del sistema nel suo complesso. I modelli di supervisione erano incentrati sulla prospettiva nazionale e non erano stati adeguati alla globalizzazione che ha investito il sistema finanziario e che vede diversi gruppi condurre operazioni all’estero, con i rischi generali che tutto ciò comporta. Non vi sono stati, quindi, collaborazione, coordinamento e coerenza alcuna nell’applicazione della normativa europea. La creazione di un’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali rappresenta un passo fondamentale per sviluppare, insieme a molti altri meccanismi di monitoraggio, un modello di controllo efficace che possa essere adottato e attuato con urgenza. Sono lieto, naturalmente, che un cittadino portoghese, il signor Gabriel Rodrigo Ribeiro Tavares Bernardino, sia stato nominato primo presidente dell’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali. A lui vanno i miei migliori auguri di successo per il suo nuovo incarico.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo grande soddisfazione per il voto di questa mattina, attraverso il quale il Parlamento europeo ha dato oggi il via libera alla nomina del portoghese Bernardino alla guida dell'Autorità europea per le assicurazioni. È una vittoria per l'Unione europea e per il Parlamento europeo che si è battuto per la creazione di questa Autorità, ma è soprattutto una vittoria dei cittadini europei che sono sicuro da oggi saranno più garantiti.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. − (PT) Nel novembre del 2010 il Parlamento e il Consiglio, in prima lettura, hanno adottato una serie ambiziosa di proposte legislative per rafforzare il controllo dei mercati finanziari in Europa. Le proposte prevedevano la creazione di tre muove autorità di vigilanza nei settori delle assicurazioni, degli strumenti finanziari e delle banche. Il Parlamento europeo svolge un ruolo importante nella nomina dei presidenti di queste tre istituzioni: l’Assemblea ha facoltà di organizzare audizioni con i presidenti designati dalle autorità di vigilanza nazionali sulla scorta di un elenco redatto dalla Commissione e può opporsi alla loro nomina. I candidati sono stati ascoltati dalla commissione per gli affari economici e monetari che ha dato la propria approvazione. Alla luce di questa premessa, ho votato a favore del candidato portoghese alla presidenza dell’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali che, come previsto, è sottoposto a norme rigorose in materia di indipendenza.
Marta Andreasen (EFD), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della risoluzione che si oppone alla nomina della persona selezionata alla carica di presidente dell’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali non perché abbia riscontrato alcuna mancanza nel candidato individuato, quanto perché sono contraria, in linea di principio, alla creazione di questa nuova autorità. Ci è stato detto che è una figura necessaria al fine di prevenire future crisi economiche e finanziarie. In realtà aggiunge un ulteriore livello burocratico ai controlli già esistenti. Prevarrà la confusione sulle responsabilità e gli ambiti di competenza. Le norme che tale autorità svilupperà sicuramente non piaceranno alla City di Londra e contribuiranno alla perdita di posti di lavoro in Gran Bretagna. Inoltre, il processo non può dirsi trasparente giacché al Parlamento è stato presentato un solo candidato e, per di più, la votazione finale è segreta.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Poiché i mercati finanziari sono stati colpiti duramente dalla crisi, è indispensabile ripristinare un clima di fiducia, come sta già avvenendo grazie al ruolo che si troveranno a svolgere le autorità di vigilanza chiamate a esercitare il loro mandato con competenza ed efficienza per ridare la necessaria fiducia a investitori e aziende. È in questo contesto che è stata creata l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati, che, pur non sostituendo le agenzie di vigilanza nazionali, svolgerà un ruolo importante nel sistema di controllo europeo. È quindi importante che questa agenzia sia operativa al più presto. Ho votato a favore della nomina del signor Steven J. Maijoor a presidente dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati e mi auguro che il suo sarà un mandato attivo, attento e fruttuoso.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) La recente crisi finanziaria ha evidenziato l’esistenza di gravi debolezze nel meccanismo di controllo finanziario a livello sia di singoli casi sia del sistema nel suo complesso. I modelli di supervisione erano incentrati sulla prospettiva nazionale e non erano stati adeguati alla globalizzazione che ha investito il sistema finanziario e che vede diversi gruppi condurre operazioni all’estero, con i rischi generali che tutto ciò comporta. Non vi sono stati, quindi, collaborazione, coordinamento e coerenza alcuna nell’applicazione della normativa europea. L’istituzione di un’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati è di fondamentale importanza per lo sviluppo di un modello di vigilanza efficace. È tuttavia necessario adottare molti altri passi per evitare il ripetersi di quelle situazioni davvero immorali che abbiamo vissuto nel recente passato. Voto pertanto a favore della nomina del signor Steven J. Maijoor a presidente dell’Autorità degli strumenti finanziari e dei mercati e gli auguro che il suo mandato possa essere di elevata qualità, in tutti i sensi.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Le autorità di vigilanza finanziaria potrebbero rivelarsi più utili di molte altre istituzioni europee. Un organismo situato in un unico punto, tuttavia, sarebbe stato sufficiente, invece di tre distribuiti su tre diverse città con conseguente duplicazione delle strutture e aumento dei costi. Un controllo a livello europeo prevede, fra le altre cose, un coordinamento delle agenzie di vigilanza nazionali. Alla luce dell’attuale ripartizione delle responsabilità, tale coordinamento sarà molto difficile. Serve, inoltre, un sistema di pre-allerta efficiente oltre a un contributo adeguato da parte degli speculatori in termini di sostegno e un dibattito aperto. Poiché ritengo che la creazione di tre organismi europei di controllo sia uno spreco di denaro, appoggio la relazione che si oppone fermamente alla nomina del candidato selezionato alla carica di presidente dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato contro ed esprimo grande soddisfazione per il voto di questa mattina attraverso il quale il Parlamento europeo ha dato il via libera alla nomina del Presidente dell'Autorità europea dei mercati. La recente crisi finanziaria ha dimostrato quanto sia necessaria una vigilanza attenta e accurata in settori che in passato sono riusciti a sfuggire alla regolamentazione. Molte delle proposte legislative che stiamo vagliando in seno alla commissione ECON, dai derivati al short selling, attribuiscono forti poteri di vigilanza e controllo all'ESMA, per cui è fondamentale che questa Autorità sia messa in condizione di lavorare a pieno regime il prima possibile.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. − (PT) Nel novembre del 2010 il Parlamento e il Consiglio, in prima lettura, hanno adottato una serie ambiziosa di proposte legislative per rafforzare il controllo dei mercati finanziari in Europa. Le proposte prevedevano la creazione di tre muove autorità di vigilanza nei settori delle assicurazioni, degli strumenti finanziari e delle banche. Il Parlamento europeo svolge un ruolo importante nella nomina dei presidenti di queste tre istituzioni: l’Assemblea ha facoltà di organizzare audizioni con i presidenti designati dalle autorità di vigilanza nazionali sulla scorta di un elenco redatto dalla Commissione e può opporsi alla loro nomina. I candidati sono stati ascoltati dalla commissione per gli affari economici e monetari che ha dato la propria approvazione. Alla luce di questa premessa, ho votato a favore del candidato irlandese alla presidenza dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati che, come previsto, è sottoposto a norme rigorose in materia di indipendenza.
Catherine Grèze (Verts/ALE), per iscritto. – (FR) Oggi, giovedì 3 febbraio 2011, una totale confusione ha prevalso durante le votazioni in plenaria sulle nomine dei presidenti dell’Autorità europea di vigilanza. Che si trattasse dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (proposta di risoluzione B7-0093/2011), o di quella bancaria (proposta di risoluzione B7-0091/2011), o ancora di quella delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (proposta di risoluzione B7-0092/2011), nessuno dei candidati era donna. In nome dell’uguaglianza, un valore fondamentale del gruppo Verde/Alleanza libera europea, non posso certamente votare a favore di queste nomine.
Arlene McCarthy (S&D), per iscritto. − (EN) La crisi finanziaria del 2008 ha evidenziato con chiarezza la necessità di un’Autorità europea di vigilanza che coordini la regolamentazione e la supervisione del settore finanziario nell’Unione europea. Con il voto odierno per approvare la nomina dei tre presidenti di queste Autorità, ne autorizziamo l’operatività. Abbiamo inoltre visto, negli ultimi due anni, che alcuni settori dei servizi finanziari sono determinati a resistere all’introduzione di nuove norme e regolamenti. Durante il processo di audizione ho pertanto chiesto ai candidati di impegnarsi a rispettare i criteri di massima trasparenza e apertura di governo. Per mantenere la fiducia del pubblico in queste nuove agenzie, queste devono poter svolgere il proprio lavoro con autonomia, equità e obiettività. È di vitale importanza garantire che queste istituzioni appena nate non siano sottoposte a pressioni allo scopo di indebolire o scalzare le norme fondamentali per la riforma del settore finanziario. Plaudo, quindi, all’impegno che i candidati si sono assunti di rispettare i più elevati principi di trasparenza, accettando anche di rendere pubblico l’esito degli incontri con lobbisti e rappresentanti dell’industria sulle diverse regolamentazioni.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (LV) Ho espresso un voto contrario per il solo motivo che non conoscevo il nome del candidato a questa prestigiosa carica. Ciò che mi è “piaciuto” in modo particolare è stato il rifiuto del rappresentante della Commissione di rivelare il cognome del candidato. Forse è cambiato qualcosa per cui i membri del Parlamento non hanno il diritto di conoscere il nome e il curriculum vitae di un soggetto che desidera occupare una carica nell’Unione europea.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Qualora fossero istituite le tre nuove agenzie dell’Unione europea a Londra, Parigi e Francoforte, insieme a un comitato consultivo per il rischio alla Banca centrale europea (BCE), il risultato sarà probabilmente quello di creare confusione in merito ai poteri di questi organismi. Le autorità di vigilanza del settore finanziario possono avere maggiore utilità di molte altre istituzioni dell’Unione europea, ad esempio della cosiddetta Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali. Un unico organismo, tuttavia, sarebbe stato sufficiente. Le tre nuove autorità di vigilanza finanziaria rappresentano solo una parte della soluzione complessiva. Gli Stati membri, inoltre, devono cambiare atteggiamento. Il motto attuale “se non mi danneggi, non ti danneggio”, che permette agli Stati membri di salvarsi a vicenda evitando sanzioni finanziarie all’interno della procedura di disavanzo, ha portato alla catastrofe. Per questo motivo ho votato a favore della relazione e contro il candidato alla presidenza dell’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. − (PT) Nel novembre del 2010 il Parlamento e il Consiglio, in prima lettura, hanno adottato una serie ambiziosa di proposte legislative per rafforzare il controllo dei mercati finanziari in Europa. Le proposte prevedevano la creazione di tre muove autorità di vigilanza nei settori delle assicurazioni, degli strumenti finanziari e delle banche. Il Parlamento europeo svolge un ruolo importante nella nomina dei presidenti di queste tre istituzioni: l’Assemblea ha facoltà di organizzare audizioni con i presidenti designati dalle autorità di vigilanza nazionali sulla scorta di un elenco redatto dalla Commissione e può opporsi alla loro nomina. I candidati sono stati ascoltati dalla commissione per gli affari economici e monetari che ha dato la propria approvazione. Alla luce di questa premessa, ho votato a favore del candidato olandese alla presidenza dell’Autorità bancaria europea che, come previsto, è sottoposto a norme rigorose in materia di indipendenza.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Questa procedura di selezione è stata del tutto insoddisfacente e segna un avvio non beneaugurante per le autorità di vigilanza del settore finanziario. La Commissione e il Consiglio sono entrambi responsabili di questa situazione ed è importante trarre insegnamento da questa lezione in vista della prossima tornata di nomine Le nuove autorità devono provvedere a un controllo rigoroso ed efficace del settore finanziario per evitare gli errori del passato ed è deplorevole che non ci fossero candidati di maggiore levatura. Il gruppo Verde/Alleanza libera europea è particolarmente insoddisfatto del candidato alla presidenza dell’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali, signor Gabriel Bernardino. La preoccupazione reale è che da parte del signor Bernardino non ci sia un vero impegno a garantire un’efficace supervisione europea e che egli sarà un burattino delle autorità nazionali. Egli sembra inoltre sminuire il rischio potenziale che il settore assicurativo rappresenta per la stabilità finanziaria. Per questa ragione il mio gruppo ha votato contro la sua candidatura. È di vitale importanza che le nuove agenzie e le loro presidenze svolgano le proprie funzioni nell’interesse dei cittadini europei. A questo scopo, il gruppo Verde/Alleanza libera europea ha insistito per una maggiore trasparenza nelle relazioni fra rappresentati dell’industria, autorità di vigilanza e loro presidenze, e siamo lieti che tutti e tre i candidati si siano impegnati per iscritto a garantirla.
Peter Skinner (S&D), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della nomina dei tre presidenti dell’Autorità bancaria europea, di quella delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali e di quella degli strumenti finanziari e dei mercati, perché i candidati hanno dimostrato durante le audizioni di essere competenti ed esperti delle materie di cui dovranno occuparsi. Credo inoltre sia deplorevole che non ci siano candidati donna a una posizione di questo livello e spero che i nomi selezionati per l’incarico di direttore esecutivo rispecchino una scelta migliore. È altresì deplorevole che due gruppi politici, il gruppo Verde/Alleanza libera europea e il gruppo ALDE (alcuni onorevoli colleghi, non tutti), siano riusciti a negare la loro approvazione alle nomine per questioni che non hanno nulla a che vedere con le funzioni che i presidenti dovranno svolgere. Possiamo pertanto solo immaginare che esistano altri motivi alla base della loro scelta, che denota una mancanza di sensibilità nei confronti di questo progetto europeo. Dopo tutto, noi chiediamo che sia garantita l’indipendenza delle iniziative dell’Autorità europea di vigilanza e questi gruppi negano comunque tale indipendenza screditando i risultati di quella scelta autonoma con un voto arbitrario di rifiuto.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della proposta di risoluzione comune sull’emergenza rifiuti in Campania perché credo che, nel contesto della crisi della gestione dei rifiuti, sia di fondamentale importanza la pratica di derogare a regolamenti e controlli, compresa, per esempio, la concessione di deroghe alle valutazioni di impatto ambientale e alla normativa sugli appalti pubblici. Credo inoltre sia essenziale che il rispetto della normativa in materia di rifiuti in Campania e in altre regioni europee richieda uno sforzo significativo per ridurre il volume dei rifiuti e spostare l’ago della bilancia verso la prevenzione, la diminuzione, il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti attraverso la predisposizione di adeguate infrastrutture. Sono inoltre convinto che occorra porre maggiormente l’accento sul recupero dei rifiuti organici, in modo particolare in questa regione a vocazione prevalentemente agricola.
Roberta Angelilli (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, comprendiamo le ragioni della Commissione, ma non è con l'applicazione di sanzioni pecuniarie che si risolve l'emergenza rifiuti in Campania, e neanche con la sospensione del pagamento di 135 milioni di contributi per il periodo 2006-2013 e di altrettanti 10,5 milioni per il periodo 2000-2006, finalizzati al finanziamento di progetti legati ai rifiuti.
La soluzione dell'emergenza risiede piuttosto in un sano rinnovo della situazione politica e operativa. La nuova giunta regionale, insediatasi soltanto nel giugno scorso, ha purtroppo ereditato quindici anni di negligenze e ritardi. Ciò nonostante ha già avviato un piano integrato di raccolta e smaltimento rifiuti, che prevede anche la realizzazione degli impianti necessari e accordi con cinque regioni italiane per il temporaneo trasferimento dei rifiuti, in attesa che il piano diventi completamente operativo. Le azioni future da intraprendere saranno quelle incentrate sulla trasparenza e sul dialogo tra la popolazione e le autorità locali, sulla responsabilizzazione dei cittadini in merito allo smaltimento dei rifiuti domestici e anche su un migliore utilizzo dei rifiuti organici.
Spero che la Commissione apprezzi la volontà e l'impegno della nuova giunta regionale e che ritenga opportuno, in breve tempo, sbloccare i finanziamenti comunitari destinati a questa regione, per favorirne, con i dovuti e scrupolosi controlli, la crescita, sempre nel rispetto della legislazione comunitaria.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR) Mentre la votazione sulla direttiva dei rifiuti elettrici ed elettronici era piuttosto tecnica, il voto sulla proposta di risoluzione sull’emergenza rifiuti in Campania è squisitamente politico. Respingendo gli emendamenti del gruppo del Partito Popolare Europeo (Democratico Cristiano) che avrebbero distorto il testo, la maggioranza dei membri del Parlamento ha votato affinché l’Italia rispetti la normativa europea sul trattamento dei rifiuti. In questa risoluzione comune presentata dal gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici al Parlamento europeo, dal gruppo dei Verdi/Alleanza libera europea e dal gruppo confederale della Sinistra Unitaria Europea/Sinistra verde nordica, facciamo appello all’Italia perché intervenga immediatamente e rispetti le normative. Ciò significa combattere il coinvolgimento del crimine organizzato in una regione considerata come un mercato estremamente redditizio. La situazione sanitaria e ambientale in Campania è già particolarmente allarmante. Crediamo, quindi, che i fondi europei non debbano essere sbloccati fino a quando non si interverrà per migliorare la situazione. È inconcepibile assistere, da un lato, allo sviluppo di un’Europa dalle norme sanitarie e ambientali sempre più severe e, dall’altro, all’esistenza di regioni del tutto esonerate dall’applicazione di qualsiasi legge.
Sergio Berlato (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, durante la scorsa sessione plenaria a Strasburgo, a seguito delle interrogazioni orali presentate in Aula sulla crisi dei rifiuti in Campania, la Commissione europea è intervenuta durante il dibattito. Sono soddisfatto dello scambio di vedute con il Commissario europeo all'ambiente Potočnik che ha dimostrato una particolare sensibilità per il caso campano.
L'impatto dell'emergenza rifiuti sul settore turistico, come mostrano i dati allarmanti recentemente diffusi dalle organizzazioni turistiche, è estremamente grave. Risultano danneggiate da questa situazione le compagnie di trasporto, ma anche le piccole e medie imprese commerciali, gli alberghi e le strutture ricettive della regione. L'impatto sull'occupazione del settore rischia di essere ancora più grave se non saranno attuate con urgenza le opportune misure d'intervento. Le autorità italiane hanno già presentato alla Commissione un piano al fine di ripristinare la legalità. Le politiche in corso di attuazione hanno l'obiettivo non solo di ripulire il capoluogo campano ma, soprattutto, di organizzare un ciclo integrato di rifiuti per la raccolta differenziata, la diminuzione dei rifiuti prodotti, la realizzazione di impianti moderni e la bonifica delle vecchie discariche. Auspico una rapida e definitiva soluzione del problema dello smaltimento dei rifiuti, sia a tutela dell'immagine dell'Italia sia dell'economia del settore turistico.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della proposta di risoluzione comune sull’emergenza rifiuti in Campania. Il rispetto della normativa europea in materia di rifiuti in questa regione impone richiede uno sforzo molto energico per ridurre il volume dei rifiuti e spostare l’ago della bilancia verso la prevenzione, la diminuzione, il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti. Maggiore enfasi deve essere posta sul recupero dei rifiuti organici, in modo particolare in questa regione a vocazione prevalentemente agricola. È inoltre auspicabile che si proceda a una verifica dei dati e all’introduzione di un sistema per lo scambio delle migliori pratiche. Il Parlamento ritiene che le misure eccezionali applicate per lunghi periodi dalle autorità italiane, tra cui la nomina di commissari speciali o la designazione dei siti dei rifiuti quali “aree di interesse strategico” sotto il controllo dell’esercito siano state controproducenti. Occorre, pertanto, maggiore trasparenza da parte delle diverse autorità responsabili. È inoltre necessario ripristinare un clima di fiducia attraverso un dialogo strutturato fra i cittadini e le varie autorità nonché fra i diversi livelli di governo.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. − (PT) La gestione dei rifiuti ha di recente rappresentato una questione problematica in molte regioni d’Italia e, in particolare, in Campania. È di fondamentale importanza garantire che i rifiuti siano valorizzati o smaltiti senza compromettere la salute umana e senza ricorrere a processi e metodi che potrebbero danneggiare l’ambiente. Occorre individuare con urgenza una soluzione sostenibile tramite l’attuazione di un piano di gestione dei rifiuti. È importante ridurre il volume di rifiuti e spostare l’ago della bilancia verso la prevenzione, la riduzione, il riutilizzo e riciclaggio degli stessi. Invito a porre maggiormente l’accento sul recupero dei rifiuti organici, soprattutto in questa regione a vocazione prevalentemente agricola, a procedere a una verifica dei dati e a introdurre un sistema per lo scambio delle migliori pratiche.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della proposta di risoluzione sull’emergenza rifiuti in Campania poiché sottolinea l’importanza di questo problema sotto il profilo ambientale, soprattutto in relazione alla tutela dei siti di Natura 2000.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT). È necessario trovare una soluzione sostenibile all’emergenza rifiuti in Campania, una situazione che è la più complessa fra tutti gli episodi di gestione problematica di rifiuti nelle regioni italiane. I criteri dell’Unione europea devono essere rispettati, in particolare l’attuazione di un piano di gestione rifiuti prevista dalla direttiva 2008/98/CE. Occorre compiere con urgenza uno sforzo per ridurre il volume di rifiuti e spostare l’ago della bilancia verso la prevenzione, la riduzione, il riutilizzo e riciclaggio attraverso la predisposizione di adeguate infrastrutture. È necessario a tutti livelli che le autorità italiane rispettino l’acquis comunitario e le ultime due decisioni della Corte di giustizia.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. − (PT) L’Unione europea si è assunta il compito di dare l’esempio in materia di lotta ai cambiamenti climatici e tutela della qualità dell’ambiente. È risaputo che occorre raddoppiare gli sforzi nel settore della raccolta e del trattamento dei rifiuti per migliorare la qualità della vita e lo sviluppo economico tramite sistemi migliori di gestione e smaltimento. In questo contesto, appoggio le misure che incentivano l’adozione delle migliori prassi ambientali nella difficile regione della Campania, in Italia. Sottolineerei che il rischio locale di effetti dannosi derivanti da un inadeguato trattamento e stoccaggio dei rifiuti si ripercuoterà certamente sulla qualità della vita dei cittadini. Occorre sensibilizzare e mobilitare la popolazione a proposito di una corretta gestione dei rifiuti quale fattore decisivo per tutelare l’ambiente e migliorare la qualità della vita sia delle generazioni di oggi sia di quelle future. Occorre, comunque riconoscere gli sforzi e le capacità delle autorità locali che, per ottemperare alla sentenza della Corte di giustizia del 4 marzo 2010, hanno adottato misure straordinarie in occasione dell’ultima crisi dei rifiuti urbani nell’autunno dello stesso anno.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) In considerazione dell’urgenza di trovare una soluzione al problema della crisi dei rifiuti in Campania, Italia, il documento che è stato approvato sottolinea che è necessario “spostare l’ago della bilancia verso la prevenzione, la riduzione, il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti”. Quello che dimostra l’emergenza rifiuti in Campania è il pericolo che deriva dall’assoggettare la gestione dell’ambiente, nei suoi molteplici aspetti, alla pura logica del profitto.
In considerazione della sua natura e dei suoi rischi, dei legami ovvi con preoccupazioni di ordine sanitario ambientale, il tema dei rifiuti è paradigmatico poiché la sua gestione deve essere garantita da un servizio pubblico efficiente e di alto livello qualitativo ed è inaccettabile affidarla alla pura dinamica di mercato. L’indignazione della popolazione, manifestata con forza, è del tutto comprensibile in questo caso. Dobbiamo esprimere la nostra grave preoccupazione per l’incriminazione di cittadini che dimostravano pacificamente e per la violenza usata nei loro confronti dalle forze di sicurezza.
Carlo Fidanza (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono veramente esterrefatto dal comportamento dei colleghi della sinistra italiana. Il voto odierno è l'ennesima dimostrazione di come, essendo ormai la sinistra italiana l'ombra di se stessa, si cerchi di denigrare l'Italia nel contesto europeo per colpire il governo Berlusconi.
I nostri 17 emendamenti, infatti, puntavano ad ammorbidire alcuni punti di una risoluzione troppo dura con l'Italia, senza tra l'altro tener conto di tutta una serie di fattori determinanti nella formazione di questa situazione di emergenza, nonché degli sforzi prodotti in questi mesi dal governo nazionale e da quello regionale per uscire definitivamente dalla crisi. Nella risoluzione vengono esplicitamente citate e criticate misure applicate dall'attuale governo, dimenticando che l'attuale sindaco di Napoli Iervolino appartiene al centro-sinistra o, peggio ancora, dimenticando il lungo regno di Bassolino, sindaco di Napoli dal 1993 al 2000 e governatore della Campania dal 2000 al 2010 nonché per molti anni Commissario straordinario per l'emergenza rifiuti.
Mi rammarico anche del fatto che alcuni colleghi di centrodestra di altri paesi non abbiano compreso la strumentalità di questa risoluzione e si siano accodati. Ce ne ricorderemo quando verremo richiamati alla solidarietà di gruppo su vicende di loro interesse su cui hanno posizioni molto meno difendibili di quella italiana.
Lorenzo Fontana (EFD), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, la proposta di risoluzione presentata dal gruppo EFD presenta una linea finalizzata all'attribuzione delle responsabilità agli amministratori della Regione Campania. Il ciclo dei rifiuti e le problematiche ad esso connesse sono di competenza delle autorità locali, come previsto dalla normativa vigente. Il documento ottiene il mio appoggio, in quanto presa di posizione nei confronti di chi sta cercando di attribuire ad altri le proprie negligenze.
Elisabetta Gardini (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'immagine di Napoli sommersa dai rifiuti ha fatto il giro del mondo. Quindi conosciamo tutti la dimensione del problema. Tuttavia, è inaccettabile il tono che è stato usato nella risoluzione, calpestando il principio di sussidiarietà, soprattutto tenendo conto che lo stesso Commissario Potočnick si è espresso dicendo che non ci sono i presupposti per infliggere all'Italia ulteriori sanzioni.
La sinistra italiana ci ricasca e vota contro l'Italia, strumentalizzando il Parlamento europeo per i suoi scopi politici! Questo è inaccettabile. Questa è davvero un'onta per l'Italia. Questo loro atteggiamento trae in inganno molti colleghi stranieri per i quali non è nemmeno concepibile che qualcuno vada contro il proprio paese. È un paradosso che quella stessa sinistra che per decenni ha governato la regione Campania e che ancora governa il comune di Napoli, con assoluto disprezzo dell'intera comunità campana, dia lezioni e attacchi chi sta faticosamente trovando soluzioni per uscire da questa drammatica situazione. Per questo abbiamo votato no, con il sostegno dei colleghi popolari, a questa proposta di risoluzione faziosa, politicizzata e aggressiva.
Louis Grech (S&D), per iscritto. − Ho votato a favore della risoluzione comune sulla Campania che invita il governo italiano a intervenire con urgenza per risolvere la crisi dei rifiuti nella regione attribuendole tutta l’attenzione che merita. La Commissione, purtroppo, non aveva altra possibilità se non quella di bloccare i fondi strutturali europei destinati alla Campania, fondi che saranno sbloccati quando il piano di gestione dei rifiuti della regione sarà in linea e coerente con la normativa dell’Unione. Il Parlamento ha inoltre invitato le autorità italiane ad accertare il contenuto dei “sette milioni di tonnellate di ecoballe” ammassate nei siti di stoccaggio e di procedere alla loro rimozione nonché di affrontare il problema dello “scarico abusivo di rifiuti misti e non identificati” nella regione. In questo momento è opportuno che l’Unione europea non sottovaluti le preoccupazioni e le rimostranze legittime della popolazione campana.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Egregio Presidente, cari colleghi, il voto di oggi è stato fortemente contrastato dall'Italia e dalla maggior parte dei rappresentanti del PPE, che hanno sostenuto la lotta contro la proposta di risoluzione comune sull'emergenza rifiuti in Campania presentata dai gruppi di sinistra. Siamo stati posti dinanzi ad un'opera di strumentalizzazione della situazione di crisi, basata su un documento non oggettivo e contenente dati falsi, il cui scopo precipuo è quello di nascondere gli sforzi profusi dal governo nazionale e dalle autorità locali, che si son trovati di fronte ad una situazione incresciosa, figlia del malgoverno che ha guidato la regione negli anni addietro. Nel documento presentato in aula sono stati omessi importantissimi dati, quali, ad esempio, il confronto continuo tra le autorità di governo e la Commissione europea, che ha visto la presentazione, in pochi mesi, di ben 3 bozze di piani di correzione e intervento. Molto è stato già fatto, e tanto si continuerà a fare per restituire ai cittadini di Napoli e dell'intera Campania il diritto ad un ambiente salubre e ad un adeguato livello di qualità della vita.
David Martin (S&D), per iscritto. − (EN) Sono favorevole a questa risoluzione che evidenzia non solo le conseguenze ambientali del problema ma anche l’importanza di combattere la corruzione. Mi unisco a tutti coloro che hanno chiesto alle autorità italiane di dare piena attuazione alla normativa europea.
Marisa Matias (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) L’emergenza rifiuti in Campania e in altre regioni italiane illustra chiaramente i pericoli che si corrono quando si affida la gestione dell’ambiente ad aziende private il cui unico obiettivo è il profitto. È anche un esempio di situazione in cui il governo è intervenuto in difesa degli interessi privati e non del bene collettivo. Le istituzioni europee sono state complici silenziose di questo attacco ai cittadini e all’ecosistema. Ho pertanto votato a favore di questa proposta di risoluzione nella speranza che, questa volta, le autorità italiane sotto la guida del presidente Berlusconi rispettino la normativa europea in materia di rifiuti e tutelino quindi l’interesse pubblico.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) L’emergenza rifiuti che ha colpito la Campania e altre regioni italiane illustra i pericoli che si corrono quando si affida la gestione dell’ambiente ad aziende guidate solo dal profitto. Il pericolo è ancora più evidente quando queste aziende sono assistite da governi che tutelano i loro interessi. Lo spregevole mondo del crimine sta approfittando delle scappatoie create dal sistema senza trovare ostacoli sul suo cammino. Nel frattempo, i cittadini e l’intero ecosistema stanno pagando il prezzo del silenzio complice degli eurocrati.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. − (PT) L’emergenza rifiuti in Campania si protrae da qualche anno e rappresenta una violazione delle norme adottate da tutti gli Stati membri dell’Unione europea. È quindi necessario procedere rapidamente all’attuazione di un piano di gestione dei rifiuti nell’ambito del quale, in conformità con la direttiva 2008/98/CE, il rispetto della gerarchia del ciclo dei rifiuti costituisca il fondamento centrale. Il Parlamento deve essere tenuto al corrente degli sviluppi della situazione, in particolare per quanto riguarda l’attuazione del piano di gestione dei rifiuti, in conformità con la normativa europea e con la sentenza della Corte di giustizia del 4 marzo 2010.
Alajos Mészáros (PPE), per iscritto.− (HU) La crisi dei rifiuti che ha colpito la regione Campania è stata di recente all’origine di gravi problemi in Italia. È quindi necessario che in questa regione si proceda a una rigorosa applicazione della normativa europea sulla gestione dei rifiuti. Ritengo deplorevole che le autorità italiane siano intervenute con la violenza bei confronti dei cittadini che dimostravano pacificamente contro l’apertura di nuove discariche. Le autorità italiane devono impegnarsi ad adottare tutti i provvedimenti necessari per garantire che i rifiuti siano raccolti, separati e trattati correttamente. Non credo che debbano essere i contribuenti a pagare per la bonifica delle aree inquinate, quanto i responsabili della contaminazione secondo il principio per il quale “chi inquina paga”. Una soluzione sostenibile al problema, tuttavia, può essere trovata solo con la partecipazione attiva della popolazione all’intero processo. Sono comunque contrario a una strumentalizzazione politica della vicenda che non deve essere usata per attaccare il governo italiano.
Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. − (ES) Ho votato a favore della proposta di risoluzione perché sono anch’io del parere che si debba trovare al più presto una soluzione che sia sostenibile e che rispetti la normativa dell’Unione europea. Questa soluzione deve prevedere l’applicazione di un piano di gestione dei rifiuti nell’ambito del quale, in conformità con la direttiva 2008/98/CE, il rispetto della gerarchia del ciclo dei rifiuti costituisca il fondamento centrale. Quale membro della commissione per le petizioni, ho ricevuto molte petizioni sull’emergenza rifiuti e sulle misure controproducenti adottate dalle autorità italiane. Sono lieto che il Parlamento abbia adottato la risoluzione in esame che, oltre a rappresentare un passo importante verso la soluzione del problema italiano, è un meccanismo utile a rafforzare la legislazione europea e prevenire il sorgere di controversie simili in futuro. Condivido il rammarico espresso nella risoluzione a proposito del trattamento riservato dalle autorità italiane ai loro cittadini che esercitavano il proprio diritto a dimostrare pacificamente e contro i quali si è ricorso, in alcuni casi, alla violenza. Credo altresì che sia particolarmente utile il richiamo alla Commissione perché modifichi le direttive necessarie al fine di vietare che le discariche siano realizzate o ampliate in aree protette, parchi naturali, siti indicati da Natura 2000 e zone riconosciute come patrimonio dell’Unesco.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. − (EN) Mi sono astenuto dalla votazione sulla risoluzione. Vorrei aggiungere che il tema in discussione non è politico ma tecnico. È strano che i membri del Parlamento europeo debbano fare un appello per risolvere una questione puramente interna. Se questa tendenza si confermerà, potrebbe accadere che l’Unione europea debba invitare i cittadini a smettere di imprecare, fumare, bere, prendere il sole, consumare cibi malsani e dormire troppo. Ai vigili del fuoco verrà chiesto di spegnere gli incendi più velocemente; al personale medico verrà chiesto di prendersi cura dei pazienti con più attenzione; alla polizia verrà chiesto di arrestare i criminali con maggiore efficienza e agli insegnanti di insegnare meglio ai bambini. Se continuiamo a lanciare appelli di questo tipo, i cittadini dell’Unione europea si chiederanno a cosa serve il Parlamento europeo – a invitarli a certi comportamenti? O forse ci sono problemi reali da risolvere?
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) L’emergenza rifiuti in Italia, soprattutto in Campania, va avanti da anni. Non è stato compiuto alcuno sforzo per ridurre la quantità di rifiuti prodotti o garantire che tali rifiuti siano smaltiti correttamente o anche riciclati. Si sono accumulate montagne di rifiuti che sono stati poi smaltiti in modo illegale, ad esempio in mare, e sono stati oggetto di articoli negativi. Gli investigatori hanno recentemente scoperto che rifiuti domestici non trattati sono stati sversati nel Mar Mediterraneo vicino a Napoli. Non ho votato a favore della proposta di risoluzione perché il testo è in prima battuta una dichiarazione contro il governo di centrodestra e non riflette un approccio obiettivo al problema.
Tiziano Motti (PPE), per iscritto. − Ho votato a favore della proposta di risoluzione sulla crisi dei rifiuti in Campania, problema di lunga data, perché non ritengo imputabile ad un solo governo la responsabilità della situazione attuale. Èvergognoso non essere riusciti a trovare una soluzione definitiva alla questione. Chiedo di mettere da parte le differenze ed animosità politiche che impediscono ai cittadini campani di respirare aria pulita e di mangiare cibi sani senza continui attentati alla salute. Il problema deve essere risolto e ogni strumentalizzazione mediatica e politica della vicenda solo aggrava una situazione da tempo insostenibile. La priorità dei cittadini, delle piccole e medie imprese turistiche, dei consumatori di prodotti campani non è definire di chi sia la responsabilità della situazione creatasi, ma di verificarne la soluzione. Appoggio quindi la risoluzione del PPE sulla crisi dei rifiuti in Campania e mi associo alla richiesta rivolta alla Commissione di scongelare i fondi comunitari previsti per aiutare la gestione e lo smaltimento dei rifiuti, interrotti dopo l'apertura della procedura di infrazione contro l'Italia. Auspico parallelamente che l'Italia, finalmente, sia in grado di adottare le misure strategiche a lungo termine in linea con la legislazione europea, nell’interesse prioritario dei cittadini e per la reputazione del paese nel mondo.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, purtroppo per un'ennesima volta il Parlamento europeo è stato utilizzato come cassa di risonanza per problemi nazionali. I professionisti della strumentalizzazione, ossia la sinistra italiana ed europea, hanno messo in atto un attacco all'Italia attraverso una risoluzione menzoniera e farcita di elementi propagandistici sulla situazione dei rifiuti in Campania. La grave situazione in cui versa la Campania oggi per il problema rifiuti ha tre nomi ben precisi: Bassolino, Prodi e Iervolino. Oggi qui, in Europa, la sinistra italiana vuole nascondere i quindici anni del loro assoluto malgoverno, che ha portato al disastro a cui assistiamo, strumentalizzando le istituzioni europee per scaricare le loro responsabilità sui governi nazionale e regionale di centrodestra, che tanti sforzi stanno facendo per rimediare alle loro mancanze e inadempienze.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. − (PT) Il 4 marzo 2010 la Corte di giustizia dell’Unione europea, nella causa C-297/08, ha sentenziato che l’Italia aveva violato la normativa europea per non avere creato in Campania una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento dei rifiuti che ne garantisse la valorizzazione e l’eliminazione senza mettere in pericolo la salute umana e senza danneggiare l’ambiente. Questa proposta di risoluzione è stata presentata perché l’Italia non ha ancora adottato le misure necessarie per adeguarsi alla sentenza della Corte di giustizia ed io ho espresso un voto favorevole perché concordo con le argomentazioni del gruppo del Partito Popolare Europeo (Democratico Cristiano).
Rovana Plumb (S&D), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione perche i progressi realizzati finora in materia di gestione dei rifiuti sono trascurabili. Per questa ragione invito il governo italiano a rispettare le normative europee e le scadenze stabilite dalla Commissione. Quest’ultima dovrebbe monitorare da vicino la situazione e, se necessario, imporre sanzioni per garantire che le autorità locali in Campania rispettino la legislazione europea in materia di gestione dei rifiuti. I fondi strutturali, attualmente congelati dalla Commissione, devono essere sbloccati non appena saranno presentati una strategia regionale conforme alla legislazione europea e un piano di gestione dei rifiuti affidabile. Per quanto riguarda l’ubicazione dei nuovi siti di raccolta dei rifiuti e delle nuove discariche, sono necessari controlli più rigorosi per evitare che i nuovi siti siano realizzati in aree protette, come è accaduto nel caso di quelli costruiti all’interno del parco nazionale del Vesuvio (discarica di Terzigno). Desidero sottolineare la necessità di ripristinare la fiducia dei cittadini attraverso il dialogo con la popolazione locale poiché le proteste organizzate finora in alcuni siti non sono state prese in seria considerazione dalle autorità italiane.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. − (PT) Negli ultimi anni, la regione italiana della Campania ha dovuto affrontare problemi seri di raccolta e smaltimento dei rifiuti che si stanno ripercuotendo in modo grave sul benessere della popolazione e mettono a rischio l’ambiente e la salute umana. A seguito della sentenza della Corte di giustizia del 14 maggio 2010, è quindi fondamentale che le autorità italiane adottino le misure necessarie a risolvere definitivamente e in modo soddisfacente l’emergenza rifiuti in questa regione garantendo, al contempo, la piena aderenza alla normativa comunitaria.
Robert Rochefort (ALDE), per iscritto. – (FR) Nonostante le proteste dei cittadini, non si registra alcuno sviluppo nella spaventosa situazione della gestione dei rifiuti in Campania – anzi, a mio parere, non c’è stato alcun passo avanti. Alla luce della gravità dell’emergenza in corso, mi rivolgo alle autorità italiane affinché si adoperino per trovare una soluzione reale alla crisi in linea con le norme europee. Per quanto concerne l’apertura di discariche in aree protette, condivido il parere secondo il quale i fondi regionali europei non dovrebbero essere sbloccati in questa situazione. Se vogliamo che questa crisi senza precedenti si risolva, occorre inoltre una maggiore trasparenza per combattere la penetrazione del crimine organizzato e ripristinare la fiducia della popolazione locale. Il tempo stringe, dobbiamo agire rapidamente. Appoggio, pertanto, la proposta di risoluzione del Parlamento europeo sull’emergenza rifiuti in Campania.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Una larga maggioranza del Parlamento europeo chiede (1) che venga individuata con urgenza una soluzione sostenibile rispondente ai criteri dell’Unione europea, ossia che venga attuato un piano per la gestione dei rifiuti nell’ambito del quale in conformità con la direttiva 2008/98/CE, il rispetto della gerarchia del ciclo dei rifiuti costituisca il fondamento centrale. Il Parlamento ha chiesto alla Commissione di tenerlo informato in merito agli sviluppi, compresa l’attuazione di un piano di gestione dei rifiuti, e il rispetto della sentenza della Corte di giustizia del 4 marzo 2010 e delle regole Il Parlamento ricorda altresì (2) che il rispetto della normativa dell’UE in materia di rifiuti in Campania richiede un impegno molto energico per ridurre il volume dei rifiuti e spostare l’ago della bilancia verso la prevenzione, la riduzione, il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti, attraverso la predisposizione di adeguate infrastrutture, e osserva che occorre porre maggiormente l’accento sul recupero dei rifiuti organici, soprattutto in questa regione a vocazione prevalentemente agricola. Raccomanda che i dati siano verificati e che sia istituito un sistema per lo scambio delle migliori pratiche.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, da anni l'area urbana di Napoli versa in una situazione di continua emergenza rifiuti, in buona parte conseguenza di vent'anni di amministrazione della sinistra.
Già nel 2003 l'inchiesta sulle irregolarità nella gestione dei rifiuti ha portato a formulare verso la precedente giunta regionale ben otto capi d'accusa, fra i quali frode in forniture pubbliche, concorso in violazione delle normative ambientali e abuso d'ufficio. Nel 2008, per far fronte alle 35.000 tonnellate di rifiuti abbandonati nelle strade, il governo Berlusconi è riuscito ad arginare la fase critica dell'emergenza in soli 58 giorni. Da allora si è riusciti a incrementare la raccolta differenziata dal 15% al 22%, realizzando 5 discariche a norma UE e rendendo operativi 7 impianti di selezione e trattamento rifiuti. Oggi la Regione, che dal 2010 è finalmente guidata da un esponente del centro-destra, sta per presentare un nuovo piano di smaltimento dei rifiuti concordato con il Commissario Regionale dell'Ambiente e, a breve, ci si aspetta una risposta forte dal territorio, proprio quell'iniziativa locale mancata in decenni di malgoverno della sinistra, carenza compensata solo dalle iniziative del governo di Silvio Berlusconi.
Vilja Savisaar-Toomast (ALDE), per iscritto. – (ET) In occasione della votazione odierna ho appoggiato la proposta di risoluzione comune presentata da quattro gruppi sull’emergenza rifiuti in Campania. Le ragioni che mi hanno spinto a farlo sono le seguenti. In primo luogo, è inaccettabile che sia sorta una situazione di questo tipo e che le autorità nazionali e locali italiane non siano riuscite a risolverla. I cumuli di rifiuti che abbiamo visto non si sono formati in un paio di giorni, serve più tempo. In secondo luogo, pur sostenendo la risoluzione di oggi, ritengo non debba essere il Parlamento europeo a ripulire i rifiuti degli Stati membri. In terzo luogo, cito le direttive dell’Unione europea sui rifiuti, i rifiuti pericolosi e le discariche, che si applicano in tutta Europa, a prescindere dal caso di un singolo Stato membro. Mi aspetto una soluzione rapida ed efficace al problema, soprattutto dalle autorità italiane, ma anche da quelle europee. Grazie.
Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto. − (LT) Onorevoli colleghi, l’emergenza rifiuti in Campania è da decenni una spina nel fianco dei politici. Ha rovinato la vita quotidiana di molti italiani. È importante chiarire le nostre priorità; non ha senso cercare qualcuno da incolpare. Ciò che conta è definire un piano integrato per la gestione dei rifiuti che dia priorità alla riduzione, riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti. In questo caso credo che la crisi in Campania offra a tutti gli europei, compresi i lituani, un importante lezione in materia di gestione ambientale. Credo che una riduzione della quantità di rifiuti e una loro gestione intelligente siano importanti priorità ambientali per la Lituania. La relazione pubblicata dall’Agenzia europea dell’ambiente nel dicembre 2010 rileva che la quantità totale di rifiuti prodotti in Lituania è aumentata rispetto al 2004 e che i rifiuti urbani, in particolare, hanno una crescita costante e non esponenziale. Un problema, in Campania così come in Lituania, è inoltre causato dalla completa mancanza di cooperazione fra cittadini e autorità. È essenziale riavviare questo dialogo. Ci servono una riflessione sobria e decisioni creative. Nella discarica di Kariotiškės vicino a Vilnius, per esempio, è stata aperta in dicembre una centrale elettrica per la produzione di energia a partire dal gas metano. Simili centrali sono già operative a Utena, Marijampolė e Panevėžys. È un buon esempio, ma ne servono altri. Oggi più che mai vi è bisogno di provvedere alla costruzione e al finanziamento di impianti di riciclaggio (con un cofinanziamento degli Stati membri, dell’Unione europea e di privati) perché solo in questo modo si potrà ridurre tangibilmente il danno arrecato all’ambiente e agli interessi della società.