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Resoconto integrale delle discussioni
Martedì 15 febbraio 2011 - Strasburgo Edizione GU

18. Situazione in Albania (discussione)
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PV
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  Presidente. - L’ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione sulla situazione in Albania.

 
  
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  Štefan Füle, membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, grazie per avermi invitato a intervenire questa sera sul tema dell’Albania. Sebbene nel continente europeo sia rimasta isolata per buona parte del XX secolo, l’Albania è ora un paese aperto e accessibile con una prospettiva europea.

Attualmente l’Albania sta attraversando una crisi politica. A Tirana, venerdì 21 gennaio 2011, si sono compiuti eventi tragici. L’impasse politica sempre più drammatica ha provocato quattro morti inutili. Il clima nella capitale albanese deve cambiare. La pericolosa spirale negativa deve fermarsi. La crisi politica deve trovare una soluzione, una soluzione la cui responsabilità condivisa risiede nei leader politici albanesi.

È quello che si aspettano i cittadini albanesi, e hanno ragione. I rappresentanti democraticamente eletti devono agire come tali: devono rappresentare il popolo e trovare un compromesso politico.

Se la soluzione alla crisi va ricercata all’interno, noi dall’esterno dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per favorirla. Il direttore esecutivo del Servizio europeo per l’azione esterna, Miroslav Lajčák, si è recato due volte a Tirana per incontrare il Presidente, il Primo ministro e il capo dell’opposizione, e sono lieto che oggi sia qui con me.

Il suo messaggio a nome dell’Alto rappresentante e Vicepresidente della Commissione, Cathy Ashton, e del sottoscritto è stato chiaro: come prima cosa occorre porre fine alle violenze e condurre un’inchiesta accurata sugli eventi del 21 gennaio, che dovrebbe essere svolta dalle autorità giudiziarie senza alcuna interferenza politica.

Secondo, porre fine agli abusi verbali e a tutti gli attacchi impliciti ed espliciti alle istituzioni dello Stato.

Terzo, ripristinare il dialogo politico: riconoscere la responsabilità comune che consiste nel garantire un futuro più positivo all’Albania. Nel futuro più immediato questo significa impegnarsi insieme per garantire lo svolgimento di elezioni amministrative libere, giuste e trasparenti.

Quarto, avviare l’importante lavoro di realizzazione delle dodici priorità contenute nel parere della Commissione del 2010. Ed è un lavoro che il governo e l’opposizione devono portare avanti insieme.

Le reazioni dei leader politici e dell’opinione pubblica alla visita di Miroslav Lajčák sono state incoraggianti e positive. C’è uno slancio che può e deve essere sfruttato per trasformare la crisi in un’opportunità.

I due leader albanesi sono lieti dell’attenzione a loro dedicata, ma sono bloccati nella loro impasse interna e la buona volontà e l’assistenza europee non possono sostituire il dialogo tra i leader.

Possiamo contribuire a colmare questa lacuna con la nostra partecipazione attiva. Tuttavia, non possiamo farlo prima che entrambe le parti abbiano manifestato la sincera volontà di anteporre il futuro europeo dell’Albania alla politica partitica e alla diffidenza personale.

In questo caso l’Albania non può permettersi di scegliere, deve soddisfare tutti i criteri di Copenhagen, compresi quelli relativi al dialogo politico interattivo e al corretto funzionamento del Parlamento, o tutto o niente.

Il quadro che si delinea per l’Albania è il seguente: una prospettiva europea secondo le conclusioni del Consiglio e sulla base dei criteri di Copenaghen; la chiara individuazione – nel parere della Commissione del 2010 – delle dodici priorità la cui effettiva attuazione consentirebbe all’Albania di avviare i negoziati di adesione con l’Unione europea. Tra queste 12 priorità figurano anche quelle relative al miglioramento del funzionamento delle istituzioni democratiche e del dialogo politico, lo stato di diritto e la riforma del sistema giudiziario, la lotta contro la criminalità organizzata e la protezione dei diritti dell’uomo.

Queste 12 priorità e i criteri di Copenaghen non sono un esercizio ad esclusivo uso e consumo dei politici, ma possono assicurare vantaggi chiari e misurabili ai cittadini. I politici albanesi devono assolutamente mettere al primo posto gli interessi dei loro concittadini.

Per raccogliere le sfide politiche attuali in Albania, dobbiamo inserire queste priorità in un contesto europeo. Per questo motivo, una settimana prima delle manifestazioni di gennaio, avevo inviato al Primo ministro Berisha una lettera nella quale delineavo una tabella di marcia sulla base di queste dodici priorità, per aiutare l’Albania a superare l’attuale situazione di stallo. I tragici eventi che sono seguiti sono sotto gli occhi di tutti.

Non è troppo tardi. Se riceveremo segnali inequivocabili della volontà di entrambe le parti di utilizzare questo quadro europeo per superare progressivamente l’impasse politica e la crisi recente, la nostra reazione sarà positiva.

Anche il Parlamento europeo ha un ruolo cruciale. Voi come politici potete trasmettere un segnale chiaro ai politici locali. Un messaggio di impegno chiaro e unitario di questo Parlamento e di tutta l’Unione europea indurrebbe tutti in Albania a riflettere sulla migliore linea di condotta.

Vorrei cogliere questa occasione per esortare il Primo ministro albanese, Berisha, a creare in Albania un clima politico veramente inclusivo. Altre forze politiche e le organizzazioni della società civile trarrebbero un importante vantaggio dall’integrazione europea.

Vorrei anche invitare il leader del partito socialista, Edi Rama, ad adoperarsi affinché il suo partito possa rappresentare un’opposizione veramente costruttiva – in grado di godere dei vantaggi ma anche di assumersi le responsabilità di questo clima politico inclusivo che vogliamo che prenda forma in Albania.

 
  
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  Michael Gahler, a nome del gruppo PPE.(DE) Signor Presidente, Commissario Füle, onorevoli colleghi, vorrei in primo luogo ringraziarla moltissimo della dichiarazione estremamente chiara, che mi sembra sia stata accolta con favore. Ritengo che i progressi nell’ambito della democrazia e dello stato di diritto siano requisiti essenziali per l’avvio del processo di adesione dell’Albania all’Unione europea. E mi riferisco anche all’efficienza e al corretto funzionamento delle istituzioni democratiche. È il parlamento la sede privilegiata per i dibattiti democratici. È per questo che i cittadini hanno eletto i deputati al parlamento. Questo dibattito pubblico non può essere sostituito dalle manifestazioni per le strade, e sicuramente non da quello che ha tentato di fare Edi Rama il 21 gennaio.

Invito il partito socialista a partecipare attivamente al processo parlamentare e a proporre alternative politiche in parlamento. È venuto il momento di fugare qualsiasi dubbio sull’esito delle elezioni. Il partito socialista dovrebbe assumersi la responsabilità del suo ruolo di opposizione parlamentare. Dovrebbe cogliere l’occasione per avanzare proposte specifiche per il futuro, anche in seno alla commissione parlamentare di inchiesta. L’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e l’ODHIR, l’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti dell’uomo dell’OSCE, hanno formulato raccomandazioni per il miglioramento delle condizioni basilari delle elezioni. È importante che i socialisti siano coinvolti anche in questo ambito. Ho sentito che Edi Rama, mentre era qui a Strasburgo, ha accettato di partecipare alle elezioni amministrative dell’8 maggio. Plaudo alla sua decisione e spero che questo impegno non implichi condizioni né nasconda qualche inganno. Rama ovviamente ascolta i buoni consigli che gli danno i suoi colleghi socialisti e anche nelle riunioni con altri gruppi.

Gli posso garantire che molti componenti del nostro gruppo svolgono per nostro conto un ruolo attivo in Albania e sostengono l’approccio inclusivo a cui accennava il Commissario Füle. Tutto questo ci ha consentito di dare un contributo comune in vista di un futuro migliore per l’Albania.

 
  
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  Adrian Severin, a nome del gruppo S&D.(EN) Signor Presidente, possiamo sicuramente affermare che la situazione politica attuale in Albania è a un punto morto. A tratti più tranquilla, a tratti violenta, questa crisi sembra non avere fine.

Lo scorso anno il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione che invitava tutti i soggetti politici nazionali a trovare una soluzione politica negoziata alla crisi e a costruire un minimo di consenso nazionale. Tale risoluzione è stata ignorata dalle forze politiche, e soprattutto da governo, come ora le raccomandazioni della Commissione e del Consiglio rimangono inascoltate.

È inammissibile che l’esercizio del diritto di riunione e di protesta in un paese afflitto dalla corruzione sia descritto come un colpo di Stato.

È inammissibile che la credibilità delle istituzioni statali – Presidente, pubblici ministeri e altri – sia minata dalle dichiarazioni del capo del governo.

È inammissibile che coloro che sparano contro i manifestanti civili vengano chiamati eroi della nazione e che venga loro promessa l’amnistia.

Presto si svolgeranno nuove elezioni amministrative. Nella situazione attuale, costituiranno un banco di prova politico per tutte le parti in causa. Chiediamo al Commissario Füle e al direttore esecutivo Lajčák di fare tutto il possibile per garantire l’assistenza internazionale e la supervisione internazionale di queste elezioni affinché siano libere e giuste o almeno affinché sia possibile valutarne il grado di libertà e giustizia.

Condividiamo l’approccio della Commissione e in particolare del Commissario Füle. Sosteniamo l’azione di Miroslav Lajčák. Dobbiamo chiedere a tutte le forze politiche di porre fine a questa crisi, perché l’alternativa è l’isolamento dell’Albania e il rischio di compromettere le sue prospettive europee.

 
  
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  Marietje Schaake, a nome del gruppo ALDE.(EN) Signor Presidente, la giornata di oggi, per quanto riguarda la discussione sull’Albania, è stata per me molto interessante. Ho parlato con i rappresentanti dei due principali partiti politici albanesi. Ho chiesto ad entrambi di riflettere insieme su come far progredire il paese e su come uscire da questa impasse politica per concentrarsi sui problemi che toccano tutti i cittadini: lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione, creazione di posti di lavoro e opportunità per le giovani generazioni.

Nessuno di loro è riuscito a dare una risposta. Pareva fosse più importante cercare a tutti costi un colpevole. Mi sembra che l’establishment politico in Albania sia più preoccupato per se stesso che non per i propri cittadini. È inutile che vi spieghi quanto sia per noi difficile convincere i nostri elettori a stare dalla nostra parte quando peroriamo la causa dell’allargamento dell’Unione europea. Nonostante qualche reticenza, l’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa vorrebbe che i paesi dei Balcani occidentali entrassero a far parte dell’Unione europea.

Crediamo che l’Unione europea sia una comunità di valori che si è lasciata alle spalle un passato diviso per scegliere invece un futuro unito. Dobbiamo esortare le autorità albanesi a fare lo stesso, a non lasciarsi soffocare dalle ombre del passato e a guardare invece verso la luce del futuro. E non lasciamo che dimentichino che spetta innanzi tutto a loro pensare al benessere dei cittadini e non privarli di un futuro europeo, perché è chiarissimo che la crisi politica ostacola qualsiasi forma di progresso.

In maggio si svolgeranno nuove elezioni e i preparativi sono in corso. Dovrebbero essere sostenute da tutti i partiti politici. Accolgo con favore la proposta secondo la quale l’Unione europea dovrebbe svolgere un ruolo attivo perché le prossime siano elezioni libere e giuste. La democrazia è tuttavia un processo lungo che sicuramente va ampiamente al di là del principio “una testa un voto”. Richiede la presenza di istituzioni democratiche e dello stato di diritto e la sua forza si misura sul rispetto delle minoranze. In democrazia non si applica il principio “chi vince piglia tutto”.

L’adesione all’Unione europea è un lungo viaggio che richiede un lavoro arduo e un impegno condiviso e le riforme attuate dall’Albania saranno facilitate dalla collaborazione e da un continuo impegno nei confronti del processo dell’Unione europea.

 
  
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  Marije Cornelissen, a nome del gruppo Verts/ALE.(NL) Signor Presidente, la crisi in Albania non è certo una novità, ma non è iniziata in gennaio con le violenze contro i manifestanti e nemmeno nel 2009, quando il partito socialista ha boicottato il parlamento dopo le elezioni e quando è iniziato lo sciopero della fame.

La crisi è una crisi di cultura politica. I boicottaggi, gli scioperi della fame, le manifestazioni sono prassi tipiche nella politica albanese, così come lo sono la corruzione, la manipolazione dei mezzi di informazione e delle nomine politiche. Tutto ciò è quanto di più lontano dal tipo di politica che vorremmo vedere in un paese che ha intrapreso il percorso verso l’adesione.

Spero davvero che i cittadini albanesi riescano alla fine ad avere un governo responsabile, un parlamento responsabile e politici in grado di mettere il benessere dei concittadini al di sopra del loro prestigio e dei loro interessi. Ma perché sia possibile arrivare a questo punto, entrambe le parti devono iniziare a fare qualche passo. Il governo ha una responsabilità particolare. I governi hanno il monopolio sulla violenza e i governi hanno inoltre la responsabilità di rimanere al di sopra della politica partitica, per fare quello che è giusto per la popolazione.

Dovremmo poterci aspettare che questo governo faccia tutto il possibile per evitare che si ripetano gli eventi di gennaio. Dovremmo poterci aspettare che offra la sua più ampia cooperazione per l’avvio di un’inchiesta indipendente su quanto avvenuto in gennaio, per contenere la corruzione al suo interno e garantire lo spazio necessario per un dibattito parlamentare. Anche l’opposizione ha delle responsabilità. Anch’essa deve fare il possibile per evitare che si ripeta la violenza di gennaio, cooperando incondizionatamente per ottenere elezioni giuste e corrette in maggio e partecipando al dibattito parlamentare, preferibilmente sui contenuti, per una volta, trattando ad esempio il problema dei livelli elevatissimi di disoccupazione in Albania.

Ma come riuscire a portare entrambi i partiti fino a questo punto? Nutrivo molte speranze in novembre, quando il Commissario Füle aveva rilanciato la palla all’Albania e aveva affermato: non ci saranno altri progressi fino a quando non risolverete questa situazione. Quando accadrà, potremo concedere all’Albania lo status di paese candidato. Purtroppo, non c’è stato alcun cambiamento. Ora spero che Miroslav Lajčák riesca dove altri hanno fallito, ossia nel tentativo di fare sedere le parti attorno ad un tavolo per compiere una vera svolta. Lo spero, ma temo che non ci riusciremo senza ricorrere alle maniere forti.

Credo che dovremmo prospettare loro la minaccia di sanzioni. Deve essere chiaro che il fallimento di questo sforzo negoziale non rimarrà senza conseguenze. La sanzione deve però andare a colpire i dirigenti politici e non i cittadini. Questo significa che non dobbiamo assolutamente interferire con la deroga all’obbligo di visto prevista per l’Albania, un’idea che ho sentito circolare nei corridoi. Se lo facessimo, danneggeremmo i cittadini. Vorrei che il Commissario ci rassicurasse in merito al fatto che in questo processo politico si eviterà qualsiasi abuso della liberalizzazione dei visti.

Un’ipotesi sulla quale potremmo iniziare a riflettere è comunque quella di sottrarre all’Albania il controllo dei fondi IPA per restituirlo all’Unione europea. Questo consentirebbe di mantenere tutti gli investimenti principali nel paese, ma il governo sarebbe messo praticamente sotto tutela. È una sanzione che credo andrebbe a colpire i politici, non i cittadini. Spero davvero che tutto questo si riveli superfluo, grazie alla disponibilità di entrambe le parti al compromesso, e che Miroslav Lajčák raggiunga il proprio obiettivo nell’interesse del popolo albanese.

 
  
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  Charles Tannock, a nome del gruppo ECR.(EN) Signor Presidente, se l’Albania vuole avanzare sulla via che conduce all’adesione all’Unione europea, i suoi dirigenti politici devono impegnarsi in modo più costruttivo, democratico e maturo. La violenza dello scorso mese ci ha ricordato l’instabilità intrinseca del sistema politico albanese.

Mi chiedo anche se, alla luce degli spargimenti di sangue che rischiano sicuramente di incrementare l’emigrazione economica verso l’area Schengen qualora gli investimenti diretti esteri dovessero esaurirsi, il Consiglio e la Commissione abbiano pensato di ritornare sui loro passi e revocare la decisione che hanno preso lo scorso anno: l’abolizione dell’obbligo di visto per gli albanesi che si recano nei paesi dell’Unione europea.

Un passo di questo tipo evidenzierebbe sicuramente il fatto che l’Albania continua ad essere molto al di sotto delle aspettative dell’Unione europea. La criminalità organizzata e la corruzione continuano a prosperare e il sistema giudiziario è troppo spesso manipolato dai politici. Il Primo ministro Berisha ha addirittura interferito con l’arresto delle guardie che avevano sparato contro i manifestanti, arresto ordinato dal procuratore generale, sostenendo che incombeva il rischio di un colpo di Stato. Le istituzioni democratiche sono deboli e la libertà di stampa insufficiente.

La decisione del partito socialista di Edi Rama di boicottare il parlamento sulla base di presunte frodi elettorali ha aggravato l’instabilità dell’Albania. Nell’attuale clima politico, estremamente fragile, l’Albania non può nemmeno pensare di iniziare ad attuare le riforme necessarie per riconquistare la fiducia dell’Unione europea. Questa instabilità potrebbe ora indurre anche la NATO a rivedere la propria politica di allargamento, dato che l’Albania ha aderito all’Alleanza meno di due anni fa. I leader della NATO devono ora chiedersi se l’adesione all’Albania non sia stata concessa troppo presto.

Al di là delle mie preoccupazioni personali circa l’instabilità politica dell’Albania e l’impatto che potrebbe avere sulle aspirazioni europee del paese, sono anche piuttosto scettico sulle priorità strategiche dell’Albania. L’Albania è membro a pieno titolo dell’Organizzazione della Conferenza islamica, una lobby sempre più potente e influente in seno alle Nazioni Unite, che promuove gli interessi dei suoi membri e che vota in blocco in materia di diritti dell’uomo e di politica estera. Tra i membri dell’OIC vi sono Albania e Turchia; entrambi questi paesi sono firmatari della Dichiarazione del Cairo sui diritti dell’uomo, che cita la sharia come base dei diritti dell’uomo nei paesi musulmani.

L’Albania, come la Turchia, si trova a un bivio, deve scegliere se aderire ai valori occidentali o privilegiare quelli della legge della sharia che la Corte europea dei diritti dell’uomo, qui a Strasburgo, ha reputato incompatibili con i valori europei, anche se finora, a mio parere, l’appartenenza dell’Albania all’OIC sembra solo nominale. Dopo tutto, l’Albania è di fatto un paese laico. Sembra che la decisione di aderire all’OIC sia stata un’idea della leadership albanese per attirare denaro dal Medio Oriente, e non il frutto di una forte convinzione religiosa, ma naturalmente in futuro le cose potrebbero cambiare.

 
  
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  Nikolaos Chountis, a nome del gruppo GUE/NGL.(EL) Signor Presidente, signor Commissario, a diciotto mesi dalle ultime elezioni politiche in Albania, la mia speranza era che l’impasse politica sarebbe stata superata. A seguito delle raccomandazioni formulate e della risoluzione adottata dal Parlamento europeo, speravo che le nostre parole sarebbero state ascoltate. Ero convinto che le speranze dell’Albania di aderire all’Unione europea sarebbero state un forte incentivo – perché è quello che vuole il popolo albanese – per risolvere non solo il problema politico, ma anche le questioni economiche, sociali e democratiche. Purtroppo, siamo ancora a un punto morto. Per quanto riguarda l’individuazione dei principali responsabili, non credo che sia compito nostro giudicare il popolo albanese.

Purtroppo però le cose sono peggiorate. Desidero nuovamente esprimere il mio dolore per le vittime della manifestazione del 21 gennaio. Siamo contrari all’intensificazione della violenza, chiediamo che si ponga fine alla repressione, che i diritti umani e democratici siano rispettati e che i responsabili siano puniti.

Non vi nasconderò comunque che sono preoccupato per le prossime elezioni amministrative previste per maggio. Noi, da parte nostra, dobbiamo fare in modo che siano garantite tutte le tutele necessarie perché le elezioni si svolgano senza problemi. Dobbiamo convincere tutte le forze politiche a partecipare a questo processo elettorale e queste elezioni devono svolgersi in piena conformità con gli standard internazionali in materia di elezioni corrette e democratiche.

Credo che il nostro aiuto, l’aiuto del Parlamento europeo e dell’Unione europea in generale – e qui sono d’accordo con il Commissario Füle – debbano costituire un’integrazione, un supporto, che non debbano assumere il colore delle affiliazioni partitiche e delle amicizie politiche (se mi consentite l’espressione). Non spetta a noi fornire una soluzione alla società albanese e al problema albanese. È una questione che deve essere affrontata dal popolo albanese e dalle forze politiche in Albania. Non condivido l’idea di ventilare la minaccia delle sanzioni, quando sappiamo che le misure di cui abbiamo sentito parlare sono principalmente rivolte contro il popolo albanese. Non credo che una condotta di questo tipo possa produrre particolari risultati.

Credo che possiamo esercitare una pressione politica massima attraverso le istituzioni dell’Unione europea, nel quadro delle relazioni con un paese che sta bussando alla porta dell’Unione europea, sottolineando che, purtroppo, tutto quello che sta accadendo ritarda le sue prospettive di adesione. Dobbiamo altresì segnalare che l’impasse sarà risolta solo se ci sarà un atteggiamento responsabile da parte dei leader politici, la disponibilità al dialogo politico e non, come abbiamo sentito, un atteggiamento del “chi vince piglia tutto” e pratiche e comportamenti simili.

Credo che, se i leader politici in Albania continueranno a perseverare con questo tipo di comportamento, l’impasse e la crisi non faranno che aggravarsi e impediranno al paese di affrontare non solo il problema politico, ma anche altri gravi problemi, problemi che scaturiranno – se ancora non lo hanno fatto – dalla crisi economica che ha colpito i paesi vicini, l’Italia e la Grecia, se consideriamo che il denaro proveniente da questi paesi dà un po’ di respiro all’economia in Albania. Ne consegue che saranno proprio la soluzione all’impasse politica, la responsabilità politica e il dialogo politico ad aiutare i leader politici a trovare rapidamente una soluzione ai problemi che affliggono l’Albania.

 
  
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  Bastiaan Belder, in nome del gruppo EFD.(NL) Signor Presidente, ho visitato l’Albania come giornalista in varie occasioni negli anni ‘90. Sono sempre rimasto colpito dal talento dei giovani che vi ho incontrato. Un paese con giovani così deve sicuramente avere un futuro. Lo scorso anno ho rinnovato la mia fiducia nelle prospettive europee dell’Albania durante un corso estivo nella contea meridionale di Vlorë.

Stamani ho avuto uno scambio di messaggi di posta elettronica con una coppia di accademici albanesi in merito alla discussione di stasera. Sono entrambi sulla trentina e hanno deciso di rimanere in Albania: potrebbero guadagnare molto di più all’estero, ma hanno deciso di rimanere nel loro paese. Vogliono essere utili al loro popolo e alla loro chiesa. Ma che cosa possono fare per aiutare il loro paese a superare l’impasse politica? Il messaggio di entrambi è chiaro, si tratta di una richiesta di aiuto: “Europa, non abbandonare a loro stessi i nostri leader politici. Perché, se così accadrà, distruggeranno il futuro della nostra nazione. Europa, costringi entrambi i partiti, i socialisti e i democratici, a negoziare fino a quando non troveranno una soluzione”.

Signor Commissario, sono il primo ad ammettere che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, ma il loro è comunque un grido di aiuto. Confido tuttavia che lei farà tutto il possibile per concretizzare la speranza che molti cittadini albanesi onesti hanno riposto nell’Europa e nella sua persona, in quanto Commissario responsabile. Le auguro di poter avere coraggio e successo.

Per concludere, sempre relativamente all’Albania, c’è un altro tema altrettanto importante che vorrei sollevare. Un informatore a Tirana ha richiamato la mia attenzione sul pericolo che, questa primavera, molte ragazze e donne albanesi partano per l’Europa occidentale e finiscano nel giro della prostituzione. Signor Commissario, condivide questa preoccupazione, e quali risorse ha a disposizione l’Unione europea per adottare misure preventive contro il traffico di donne e l’avviamento di ragazze alla prostituzione in Albania?

 
  
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  Béla Kovács (NI).(HU) Signor Presidente, la situazione di stallo della vita politica albanese dura dalle elezioni politiche del 2009. Il parlamento non può esercitare il proprio ruolo di controllo sull’operato del governo e le istituzioni parlamentari purtroppo non funzionano in modo corretto. Il fatto che i socialisti accusino il governo di brogli elettorali e corruzione, chiedendone le dimissioni e invocando elezioni anticipate, prima di quelle previste per il 2013, unito al fatto che il Primo ministro Berisha non è disposto a rassegnare le dimissioni e accusa l’opposizione di aver cercato di impadronirsi del potere con la forza, indicano che i negoziati con l’Unione europea sono destinati a fallire molto presto.

L’Unione europea ritiene che sia fondamentale che i paesi candidati intensifichino i loro sforzi nella lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata. Non è importante solo per l’Unione europea, ma anche per la società dei paesi interessati, per non parlare poi del fatto che può contribuire a migliorare l’immagine dei paesi candidati. Per questo motivo, la risoluzione delle difficoltà attuali deve necessariamente passare attraverso il ripristino delle istituzioni democratiche.

 
  
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  Eduard Kukan (PPE).(EN) Signor Presidente, la crisi politica in Albania dura ormai da troppo tempo. Non è un’impasse, non è una situazione di stallo, è una crisi politica prolungata. Danneggia la reputazione del paese, i suoi cittadini e le loro ambizioni di un futuro europeo.

Non dobbiamo consentire che questa crisi politica e queste tensioni proseguano. Dobbiamo trasmettere un messaggio comune in cui affermiamo il nostro desiderio di vedere l’Albania tra i paesi candidati, ma i leader politici di entrambi gli schieramenti devono dimostrare che intendono veramente risolvere i problemi politici nel pieno rispetto dello stato di diritto, della costituzione e in presenza di istituzioni democratiche.

Da troppo tempo cerchiamo di contribuire alla ricerca di una soluzione, senza però realizzare alcun risultato tangibile. Condanniamo fermamente la violenza a cui abbiamo assistito nelle strade di Tirana durante le manifestazioni del 21 gennaio. Gli eventi che sono costati la vita a quattro persone devono essere oggetto di un’inchiesta accurata.

In Albania a maggio si svolgeranno le elezioni amministrative, che costituiranno un’ulteriore verifica per la democrazia nel paese. Ancora una volta, i leader politici devono ora adoperarsi affinché le elezioni non generino nuove tensioni e non prolunghino la crisi.

In conclusione, desidero sottolineare l’importanza dei messaggi politici e delle proposte contenute nell’intervento che il Commissario Füle ha pronunciato all’inizio di questa discussione. Il migliore contributo che il Parlamento può dare in questo contesto è quello di sostenerle con forza e convinzione e trasmettere così un messaggio comune ai partiti politici albanesi.

 
  
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  Hannes Swoboda (S&D).(DE) Signor Presidente, desidero in primo luogo ringraziare il Commissario Füle per la sua chiara dichiarazione di oggi e per il suo impegno di lunga data nei confronti di questa problematica. Desidero altresì ringraziare Miroslav Lajčák, che è abituato ad affrontare e risolvere problemi spinosi, per la dedizione di cui ha dato prova negli ultimi mesi. Ad entrambi rivolgo i miei migliori auguri. Questa discussione ha creato un fronte unito e un sostegno comune all’impegno di entrambi per la ricerca di una soluzione per l’Albania.

Ammetto che all’inizio della discussione ero piuttosto scettico. Per lo sviluppo in Albania nulla poteva essere peggio delle accuse rivolte da una parte dell’Aula all’altra, in tutto e per tutto simili a quelle che si rimpallano i due principali gruppi politici albanesi, il governo e l’opposizione. Mi fa molto piacere che siamo riusciti a concordare un approccio comune, almeno per adesso. Spero che si continui così. Entrambi gli schieramenti, entrambi i gruppi politici – il governo e l’opposizione – devono impegnarsi per trovare una via d’uscita alla crisi.

Concordo con l’onorevole Belder. Poco dopo la caduta del regime di Hoxha, mi sono recato in Albania e sono rimasto molto colpito dal clima e dall’entusiasmo dei giovani. Provo però una certa delusione quando ne osservo i risultati e soprattutto i risultati mancati. Devo dire che la classe politica in Albania non è all’altezza dei desideri e delle idee della popolazione.

Certo, abbiamo ancora le nostre affinità politiche e le nostre amicizie personali, ma la cosa fondamentale è ora spiegare ad entrambe le parti che devono sedersi allo stesso tavolo e cercare di fare in modo che le elezioni amministrative siano almeno trasparenti e aperte. Dobbiamo inoltre esortare entrambe le parti ad applicare i requisiti stabiliti dall’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti dell’uomo dell’OSCE (ODIHR) per queste elezioni, per via legislativa o mediante un’azione pratica, affinché in futuro ci siano elezioni davvero giuste e trasparenti.

Ritengo inoltre che il Parlamento debba inviare il maggior numero possibile di osservatori perché, anche se si tratta di elezioni amministrative, questa consultazione potrebbe segnare l’inizio di un nuovo clima politico in Albania e il paese ne ha urgentemente bisogno.

Sono d’accordo con tutti coloro che hanno affermato che se in Albania non cambierà nulla, il paese si troverà ad essere isolato. Ma noi non vogliamo l’isolamento dell’Albania. Vogliamo che intraprenda la strada che la porterà in Europa.

 
  
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  Stanimir Ilchev (ALDE).(BG) Signor Presidente, vorrei esordire affermando che la società albanese e la popolazione albanese sono un caso speciale, ma vi prego di non fraintendermi. La loro storia è diversa e le loro tradizioni culturali sono diverse e alcune di queste differenze sono sopravvissute nel carattere nazionale, nel modo in cui si è sviluppato fino al giorno d’oggi, e influiscono sul modo in cui gli albanesi percepiscono e portano avanti i processi politici.

Per questo, se vogliamo strumentalizzare il problema oggetto della nostra discussione, dovremo dare prova di creatività, flessibilità e immaginazione. Ritengo per esempio che dovremmo contattare non solo i leader dei due partiti politici principali che sono ai ferri corti, ma anche i leader non ufficiali della società albanese.

Sono state dette cose giuste sulla sharia e sulla Conferenza islamica, dobbiamo però ricordare che gli albanesi sono tolleranti nei confronti delle tre principali religioni del loro paese, comprese la chiesa ortodossa orientale e la chiesa cattolica. Tutte e tre queste comunità hanno leader influenti, così come ve ne sono anche tra le ONG e i giovani. Dovremmo coinvolgere anche questi leader nel nostro tentativo di riconciliare i due partiti politici.

 
  
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  Ulrike Lunacek (Verts/ALE).(DE) Signor Presidente, Commissario Füle, signor Lajčák, onorevoli colleghi, desidero associarmi ai ringraziamenti al Commissario Füle e al signor Lajčák per l’arduo lavoro svolto e per gli sforzi messi in atto per trovare una soluzione al problema. Mi fa altresì piacere che la discussione odierna non sia degenerata in una polemica tra i gruppi politici albanesi attualmente in contrasto tra di loro. Sarebbe stato deplorevole per il Parlamento se ciò fosse avvenuto e spero davvero che non arriveremo a tanto.

La crisi istituzionale in Albania è anche una crisi della cultura politica. La violenza verbale si è trasformata in violenza nelle strade e ha provocato quattro morti. Concordo con chi dice che questi eventi devono essere oggetto di inchieste. È importante individuare i veri colpevoli. Il fenomeno della violenza verbale che diventa violenza fisica nelle strade è tuttavia un elemento che potrebbe mettere a repentaglio l’adesione dell’Albania all’Unione europea.

Come ha già spiegato il Commissario Füle, si tratta sostanzialmente di far capire agli avversari politici in Albania che il loro compito è quello di agire nell’interesse del popolo albanese. La via che conduce all’Unione europea passa attraverso l’individuazione di una soluzione a questa crisi politica, presuppone che ci si sieda allo stesso tavolo e si ponga fine a questo continuo scaricabarile, in cui un gruppo non fa che incolpare l’altro senza riconoscere che anche gli altri possono dare un contributo per cambiare le cose. È di questo che c’è bisogno. Le continue accuse in merito a chi abbia cominciato e a chi sia il responsabile non trovano spazio in uno Stato europeo. Spero che gli schieramenti opposti possano trarre qualche insegnamento dagli eventi e capiscano che questa situazione non può continuare.

Mi farà molto piacere se Edi Rama e il suo partito parteciperanno davvero alle elezioni amministrative – come Rama stesso ha comunicato oggi ad alcuni di noi – e nomineranno i membri della commissione elettorale, e spero che possa essere un primo passo verso la garanzia di elezioni amministrative aperte e trasparenti; auspico inoltre che i risultati delle elezioni vengano successivamente accettati.

Il parlamento ha dato il suo pieno sostegno al succitato processo di liberalizzazione. Desidero rivolgere al Commissario Füle la richiesta seguente: spero che la Commissione non stia meditando di sospendere la liberalizzazione dei visti per i cittadini albanesi come possibile sanzione contro i due schieramenti opposti. Spero che ciò non accada. La mia altra domanda riguarda le opportunità di cui disponiamo per esercitare maggiore pressione qualora le due parti non dovessero pervenire ad un accordo. Un’opzione, come ha già rilevato l’onorevole Cornelissen, potrebbe essere quella di sottrarre al governo la responsabilità della gestione dei fondi dello strumento IPA per restituirla alla Commissione. L’altra possibilità sarebbe quella di congelare i fondi IPA, anche se un’azione di questo tipo andrebbe a discapito della popolazione, e non può essere di certo questa la nostra intenzione. Che cosa prevede di fare nel caso in cui non si giunga ad alcuna soluzione?

Un’ultima osservazione: nella relazione Marty al Consiglio d’Europa i servizi segreti albanesi vengono accusati di essere coinvolti nel traffico di organi o di averlo favorito. Sa se i servizi segreti albanesi e il sistema giudiziario albanese siano disposti a collaborare?

 
  
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  Jaroslav Paška (EFD). (SK) Signor Presidente, dalle elezioni politiche del 2009 in Albania si sono create tensioni politiche a seguito dell’esito molto risicato del voto, che le forze politiche perdenti hanno definito una manipolazione elettorale.

I socialisti albanesi, guidati da Edi Rama, accusano il Primo ministro Berisha non solo di brogli elettorali, ma anche di essere responsabile della corruzione dilagante e del deterioramento delle condizioni di vita della popolazione. In occasione di un raduno di protesta organizzato dall’opposizione nella capitale albanese, Tirana, il 21 gennaio, oltre 20 000 manifestanti hanno chiesto le dimissioni del governo di Sali Berisha. L’intervento della polizia con idranti, gas lacrimogeni e pallottole di gomma ha causato quattro morti e oltre 150 feriti. La brutalità dell’intervento della polizia, oltre al fatto che Sali Berisha ha riconosciuto a tutti gli agenti delle forze dell’ordine che hanno contribuito alla repressione della manifestazione una ricompensa straordinaria, pari a un mese di paga, sono un chiaro indice del fatto che il Primo ministro albanese si compra il favore delle forze dell’ordine e cerca di conquistarsi il loro sostegno e di metterle contro la popolazione albanese.

Nei paesi rispettabili e civili, la scelta del governo spetta ai cittadini, agli elettori, e non a forze dell’ordine o a forze di polizia corrotte. Se Sali Berisha si è dimenticato questo principio elementare del governo democratico, a mio avviso non ha il diritto di stare a capo di uno Stato democratico. Onorevoli colleghi, non credo che nessuno di noi vorrebbe che in Europa fossero caldeggiati governi che basano il loro potere sui brogli elettorali e sull’appoggio di agenti di polizia corrotti e che sono rappresentati da piccoli dittatori che non sanno come consegnare i poteri ad altri in modo corretto. Dobbiamo pertanto essere più decisi nella nostra difesa della democrazia in Albania.

 
  
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  Doris Pack (PPE).(DE) Signor Presidente, Commissario Füle, signor Lajčák, onorevoli colleghi, il problema di cui stiamo discutendo non si è manifestato per la prima volta il 21 gennaio. Dobbiamo pertanto chiederci quanto segue, ed è una domanda che rivolgo anche a voi: perché la Commissione e gli altri organismi internazionali non hanno spento il fuoco quando sono divampate le prime fiamme nel 2009? Le elezioni del 2009 sono state le migliori che si siano mai svolte finora in Albania e si basavano su una legge elettorale che, sorprendentemente, era stata adottata sulla base di un consenso tra i socialisti e i democratici. Il consenso è un concetto assolutamente nuovo in Albania. Credo che sia importante ricordarlo. Tutte le commissioni elettorali socialiste, l’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti dell’uomo dell’OSCE (ODIHR), gli osservatori elettorali e noi stessi credevamo che le elezioni fossero state gestite in modo corretto.

Anche il governo che è stato successivamente formato ha rappresentato una novità per l’Albania. Due partiti che non si sopportano a vicenda si sono seduti allo stesso tavolo e hanno lavorato insieme. Il partito democratico, da una parte, e il partito social-democratico più piccolo, dall’altra. Due gruppi opposti si sono uniti per aiutare l’Albania sulla strada del progresso. Il paese ha aderito alla NATO e ha un regime di visti, ma purtroppo non ha ancora ottenuto lo status di paese candidato.

Ma nell’attimo stesso in cui è stato formato il governo, l’opposizione ha deciso che le elezioni non si erano svolte in modo corretto e ha chiesto che fossero aperte le urne. Che genere di governo apre le urne elettorali? Non certo i governi che abbiamo nel mio paese o nei vostri. Dobbiamo adire la corte costituzionale o incaricare la commissione elettorale. Proteste come quelle a cui abbiamo assistito, gli scioperi della fame e il rifiuto di cooperare al parlamento in vista dell’approvazione di leggi importanti, sono semplicemente inaccettabili. È importante affermarlo a chiare lettere e guardare in faccia la realtà. Non è sempre possibile mettere tutto sullo stesso livello.

Vorrei che fossero individuati i problemi più importanti e più difficili. Le accuse che sono state formulate sia recentemente sia all’inizio riguardavano il problema dell’apertura delle urne elettorali. Non è fattibile, perché la costituzione non lo consente. Come è possibile che se ne discuta se non è ammesso? Ora la situazione è degenerata e quattro persone sono state uccise.

È positivo che lei oggi abbia cercato di presentare una tabella di marcia – anche se descriverla così potrebbe essere un po’ esagerato. Vorrei tanto che Miroslav Lajčák e lei, Commissario Füle, utilizzaste questa tabella di marcia per delineare la via verso un futuro migliore per la popolazione di questo paese.

 
  
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  Victor Boştinaru (S&D).(EN) Signor Presidente, accolgo favorevolmente la dichiarazione del Commissario. Vorrei anche sottolineare il contributo fornito da Miroslav Lajčák nel tentativo di individuare soluzioni tese a superare una situazione drammatica.

Le recenti manifestazioni in Tunisia e in Egitto sono state ovviamente contrastate dai dittatori locali, che hanno poi dovuto lasciare il loro paese – ma senza gravi violenze ed esecuzioni come quelle che si sono svolte a Tirana e che sono state documentate dai mezzi di comunicazione. A sentire le dichiarazioni del Primo ministro Berisha, secondo cui le manifestazioni non sono state altro che un colpo di Stato guidato dall’opposizione, dal Presidente dell’Albania, dal procuratore generale e dal capo dei servizi segreti – tutti nominati sotto il governo di Berisha – se ne dovrebbe dedurre che o queste persone sono diventate tutte socialiste o c’è qualcosa che non va in Berisha.

Vorrei citare Thomas Countryman, vice sottosegretario agli esteri degli USA, che ha pubblicamente confutato l’ipotesi secondo cui quanto accaduto il 24 gennaio sia stato un colpo di Stato. Dobbiamo essere attivi ed efficaci quanto lo sono ora gli Stati Uniti e la NATO nel nostro sforzo teso a sostenere, assistere e aiutare i due schieramenti albanesi a raggiungere una soluzione negoziale, ma esorto anche i miei colleghi che stanno offrendo al Primo ministro il loro appoggio incondizionato ad abbandonare l’approccio unilaterale. È importante esercitare pressione su entrambe le parti affinché i due blocchi pervengano finalmente a una soluzione.

Finora, solo una parte ha dato prova di una certa disponibilità ad attuare sia la risoluzione del Parlamento europeo sia le dodici proposte che lei ha citato, signor Commissario. Esorto la Commissione a essere forte e a mantenere il suo impegno in vista di un accordo basato sulla risoluzione del Parlamento europeo e sulle dodici condizioni che lei ha elencato, ricordando che, senza un accordo a 360° che veda la partecipazione di entrambe le parti, il processo di integrazione europea dell’Albania rischia di essere completamente congelato.

 
  
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  Antonio Cancian (PPE). - Signor Presidente, ringrazio il Commissario per la road map che ha indicato per l'Albania questa sera e che condivido pienamente. Sono estremamente convinto si tratti di un paese che ha una prospettiva europea e che debba quindi essere candidato all'adesione.

I sanguinosi fatti del 21 gennaio scorso hanno riportato Tirana indietro di qualche anno; ci è sembrato di assistere alle stesse scene di protesta e violenza già vissute negli anni '90. Sono quindi molto preoccupato per i recenti accadimenti e per il prossimo futuro del paese.

In occasione della nostra ultima visita – nel novembre 2010 – come delegazione del Sud-Est europeo e di quella precedente – il 3 e 4 maggio 2010 – come Comitato parlamentare di stabilizzazione e associazione europea, insieme ad altri colleghi ho toccato io stesso con mano la difficile situazione in cui versa l'Albania. Non siamo riusciti a concludere i lavori con una risoluzione finale di accordo. Possibile che non ci si cali sui veri, reali problemi del paese? È stata menzionata la disoccupazione – vero cancro sociale – altro che le alchimie politiche! Ritrovare la responsabilità, questo è l'appello che facciamo a gran voce!

A tale proposito, cercando di ottenere una convergenza almeno sulle regole di base sia da parte della maggioranza che dell'opposizione, è necessario garantire in tutti i modi che la prossima tornata elettorale si contraddistingua per il massimo livello possibile di trasparenza e democrazia. A breve – l'8 maggio il sindaco Edi Rama concorrerà alle elezioni per il comune di Tirana – avremo l'occasione di verificare e misurare la situazione politica e la democrazia, naturalmente con la nostra presenza.

A prescindere dai progressi realizzati dall'Albania in questo periodo, l'Europa non smetta mai di ricercare il dialogo e la collaborazione. Ringrazio il Commissario per il lavoro svolto e che continuerà a svolgere, perché la nostra presenza in Albania è importante.

 
  
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  Maria Eleni Koppa (S&D).(EL) Signor Presidente, ho seguito con grande apprensione gli eventi in Albania. I tragici incidenti verificatisi durante la manifestazione di protesta contro la corruzione, in cui varie persone sono rimaste uccise negli scontri con le forze dell’ordine, devono essere espressamente condannati.

Il protrarsi della crisi politica nasconde gravissimi rischi per la stabilità del paese. E tutti hanno la loro parte di responsabilità. Il governo eletto dovrebbe tuttavia ascoltare il messaggio a cui dà voce il popolo, ossia che il paese ha bisogno di un sistema di governo solido. La creazione dello stato di diritto, grazie allo sradicamento della corruzione, dovrebbe essere una delle priorità del governo albanese. Il popolo ha il diritto di manifestare, nei limiti della legge, quando ritiene che il governo agisca contro i suoi interessi.

L’Unione europea deve fare il possibile per far sì che prevalgano la calma e la cautela. Ed è un processo al quale dobbiamo partecipare tutti.

Invito i miei colleghi del Partito Popolare Europeo (Democratico Cristiano) a non ignorare le gravi responsabilità del governo e a non imputare la crisi politica unicamente all’opposizione. In questa fase, credo che sia necessario riprendere il dialogo politico e trovare una soluzione sulla base delle procedure definite dalla costituzione e dalla legge.

 
  
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  Simon Busuttil (PPE).(MT) Signor Presidente, gli eventi che si stanno verificando in Albania mi rattristano profondamente perché mi ricordano la storia del mio paese, all’inizio degli anni ‘80, ossia trent’anni fa, quando Malta viveva una situazione simile: profonde divisioni, tensioni, rivalità politiche, minacce e addirittura violenze. Il clima era opprimente e non mi rendeva certo fiero della mia patria. Immagino che anche i cittadini albanesi siano profondamente intristiti per le difficili condizioni in cui versa attualmente il paese e siano lungi dall’essere fieri di quanto sta accadendo.

Oggi sono molto orgoglioso del mio paese, perché siamo riusciti a creare un sistema stabile e democratico e soprattutto facciamo ormai parte della famiglia europea. Il clima politico è cambiato radicalmente. Auguro all’Albania di realizzare il suo obiettivo: costruire un paese stabile all’interno della famiglia europea. È in ogni caso evidente che se i due principali partiti del paese persistono nella loro ostinazione, questo obiettivo non sarà mai raggiunto. È un peccato, ma è un dato di fatto.

L’Unione europea sta facendo tutto il possibile, l’obbligo di visto per i cittadini albanesi è stato ora abolito. Anche l’Albania deve però fare la sua parte, e perché ci riesca, tutte le parti in causa, compresi governo e opposizione, devono adottare un approccio diverso, una politica che non prescinda dal dialogo, che si fondi sulla maturità e sulla responsabilità nei confronti del popolo albanese, una politica che non cerchi di dividere, bensì di unire.

Non spetta a noi dire agli albanesi e all’Albania che cosa devono fare. Il nostro compito è quello di spiegare loro che la decisione di rendere l’Albania parte della famiglia europea è nelle loro mani.

 
  
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  Anna Ibrisagic (PPE).(SV) Signor Presidente, sebbene la crisi in Albania sia in corso da tempo, solo ora ha iniziato ad aggravarsi davvero, e questa volta l’Unione europea ha agito immediatamente e in modo corretto. Grazie all’impegno del Commissario Füle e di altri, l’Unione europea ha dimostrato che l’Albania non sarà lasciata sola ad affrontare i suoi problemi. Le difficoltà sono gravi e danneggiano la credibilità del paese, un paese che intende seriamente avvicinarsi all’Unione europea.

Non si tratta di stabilire chi ha ragione e chi torto, ma è invece necessario riportare il dialogo all’interno delle istituzioni politiche. Non dovremmo sostenere alcuna delle due parti, affermando che una ha ragione e l’altra torto, e dobbiamo renderci conto che le elezioni di maggio avranno un ruolo molto importante, indicheranno quale sarà la direzione che l’Albania seguirà – verso l’Unione europea o verso il protrarsi del suo isolamento.

 
  
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  Zigmantas Balčytis (S&D).(LT) Signor Presidente, condivido la preoccupazione espressa dai miei colleghi: la situazione in Albania è preoccupante e può avere un impatto negativo non solo sul paese in quanto tale, ma anche sulle prospettive future dei paesi di tutta l’area balcanica. Alla fine dello scorso anno, l’Unione europea si era detta certa che l’Albania e la Bosnia-Erzegovina stessero compiendo e potessero compiere progressi, grazie all’avvio di riforme significative, e ha pertanto liberalizzato il regime dei visti per i loro cittadini. I disordini politici che sono iniziati solo qualche mese dopo e hanno provocato numerose vittime sembrano purtroppo però indicare che l’Albania non ha superato la prova.

Questa esplosione di violenza in Albania impone un ripensamento delle prospettive a lungo termine per l’integrazione della regione, perché la politica dell’Unione europea si concentra sulla stabilità regionale ed è un approccio corretto. Ci dovrebbe pertanto essere solidarietà tra i paesi della regione dei Balcani e dovrebbe essere loro interesse comune mantenere e promuovere una maggiore integrazione regionale e una maggiore stabilità politica.

 
  
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  Elena Băsescu (PPE).(RO) Signor Presidente, la tensione che si è creata in Albania alla fine di gennaio evidenzia quanto sia importante rispettare certi limiti nel dibattito politico. L’acuirsi delle dispute tra il governo e l’opposizione ha provocato la perdita di vite umane. Mi preme anche rilevare che, in uno Stato democratico, questi conflitti non dovrebbero andare al di là delle mura del parlamento. La strada non è il loro luogo deputato. L’assalto all’edificio del governo da parte di gruppi di opposizione organizzati, nel tentativo di impadronirsi del potere con la forza, è un fatto grave, mentre gli stratagemmi usati da alcune autorità per nascondere i colpevoli sono inaccettabili. Proprio per questo mi rivolgo ai leader dell’opposizione albanese invitandoli a riprendere le discussioni in parlamento. Le elezioni del 2009 si sono svolte in modo corretto e i partiti politici hanno il dovere di rispettare la volontà del popolo. L’indebolimento delle istituzioni dello Stato non è una risposta o una modalità per esprimere le proprie convinzioni o il proprio malcontento.

 
  
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  Georgios Papanikolaou (PPE).(EL) Signor Presidente, desidero esprimere l’osservazione seguente: è molto sorprendente constatare che, mentre gli indicatori di crescita dell’Albania evidenziano un incremento costante, con un tasso di crescita superiore al 2 per cento nel 2010 – nel bel mezzo dell’instabilità economica mondiale – e che si prevede possa arrivare al 3 per cento nel 2011, la tensione sociale peggiora invece di migliorare.

Evidentemente, signor Commissario, la crescita non è stata in grado di infondere un senso di prosperità tra la popolazione albanese. Anzi, è altrettanto ovvio che si diffonde la delusione – e con essa il timore di una nuova ondata di immigrazione verso i paesi vicini. Lo abbiamo sperimentato direttamente e pesantemente in Grecia negli anni ‘90.

In questo momento così complesso, l’Europa, oltre a fornire consulenza politica all’Albania, ha pertanto anche il dovere di trasmetterle buone pratiche ed esempi, affinché la crescita vada a vantaggio di tutte le fasce sociali.

 
  
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  György Schöpflin (PPE).(EN) Guerra fredda civile: ecco il miglior modo per descrivere la situazione in cui si trova l’Albania. I partiti politici sono in guerra tra di loro e stanno trascinando il paese in una spirale negativa. E questo succede perché sia la sinistra sia la destra pensano che i partiti politici debbano governare in modo esclusivo, come faceva un tempo il partito comunista.

Una volta intrapresa la via di una polarizzazione di questo tipo, è molto difficile riportare la situazione ad una parvenza di norma democratica, perché in questo contesto il potere esclusivo è visto in modo del tutto razionale, il che è drammatico. C’è una via d’uscita? Sì, la catarsi. Ma solo una crisi grave o un grande compromesso storico possono esserne l’origine.

 
  
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  Štefan Füle, membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, desidero ringraziarla per questa interessante discussione e, prima di condividere con voi le mie osservazioni conclusive, vorrei riprendere le due domande che sono state formulate durante la discussione.

Alla prima, espressa dall’onorevole Belder, risponderò per iscritto, senza dimenticare il fulcro principale della discussione odierna. Ma c’è stata anche un’altra domanda che ci chiedeva se stiamo valutando l’ipotesi delle sanzioni. La risposta è: no. Perché? Perché in materia di allargamento la condizionalità funziona molto bene, come possiamo osservare chiaramente anche in questo caso. Se si rispettano le condizioni, si ha il diritto di procedere con l’adesione, la cui meta finale è l’ingresso nell’Unione europea. Se le condizioni e i requisiti previsti non sono invece soddisfatti, il processo si rallenta e alla fine si ferma. è questo il prezzo che alla fine viene purtroppo pagato non solo dai politici ma anche dai cittadini del paese in questione.

L’Alto rappresentate e il sottoscritto continueranno ad impegnarsi al fine di facilitare il dialogo tra la maggioranza e l’opposizione in Albania. Le nostre idee su come procedere sono chiare. Abbiamo bisogno anche del vostro sostegno per fare sì che i leader del principale partito di opposizione e il Primo ministro albanese colgano il nostro messaggio.

In questo modo, il paese potrebbe superare la crisi politica e compiere passi importanti verso l’integrazione in Europa. L’Unione europea aveva garantito il proprio impegno nei confronti di tutti i paesi dei Balcani occidentali in vista del loro ingresso nell’Unione europea. Noi rispettiamo il nostro impegno e intensificheremo i nostri sforzi, a condizione naturalmente che questi paesi soddisfino i criteri previsti. L’Albania deve urgentemente attuare le dodici priorità fondamentali contenute nel parere.

Tra queste si annovera il rispetto dei principi fondamentali della democrazia, tra cui il corretto funzionamento del parlamento, la separazione dei poteri, lo svolgimento di elezioni e il rispetto dello stato di diritto. E sarà possibile realizzarli solo quando ci sarà stata una svolta nella situazione politica attuale, con la ripresa di un dialogo politico completo e costruttivo in parlamento, il rispetto di tutte le istituzioni dello Stato e la consapevolezza che i cittadini albanesi hanno aspirazioni che vanno considerate. I leader albanesi devono agire adesso nell’interesse del loro popolo.

L’Unione europea è pronta a fornire aiuto.

 
  
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  Presidente. - La discussione è chiusa.

Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)

 
  
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  Niki Tzavela (EFD), per iscritto.(EL) La crisi in corso in Albania, che sta mettendo a rischio la stabilità geopolitica nei Balcani, è fonte di gravi preoccupazioni e timori. Lo stallo politico tra il governo e l’opposizione rimette in discussione le prospettive europee dell’Albania e il Primo ministro Sali Berisha non ha alcuna intenzione di dimettersi. Sebbene i paralleli tra la situazione in Albania e i recenti sviluppi in Nord Africa siano pochi, qualche punto in comune c’è: povertà, disoccupazione, un regime corrotto e clientelare e un deficit democratico. Benché la crisi in Albania sia stata temporaneamente sventata, dobbiamo lavorare in stretta collaborazione con questo paese per ricomporre la situazione politica. La Commissione dovrebbe spiegare come intende tutelare i diritti dei greci e di altre minoranze in Albania, grazie al funzionamento corretto e democratico del sistema, e come intende rafforzare Frontex alla frontiera tra Grecia e Albania, dato il pericolo di un afflusso di immigranti in Grecia in ragione dei disordini politici. La Commissione dovrebbe inoltre considerare seriamente il fatto che i cittadini albanesi non hanno più bisogno di un visto per recarsi in Turchia, il che rende più semplice varcare illegalmente le frontiere meridionali dell’Europa a partire dall’Albania, innanzi tutto verso la Grecia, come primo porto di scalo, e poi verso il resto dell’Europa.

 
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