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Procedura : 2011/2571(RSP)
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Testi presentati :

RC-B7-0132/2011

Discussioni :

PV 17/02/2011 - 10.1
CRE 17/02/2011 - 10.1

Votazioni :

PV 17/02/2011 - 11.1

Testi approvati :

P7_TA(2011)0072

Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 17 febbraio 2011 - Strasburgo Edizione GU

10.1. Scontri al confine tra la Thailandia e la Cambogia
Video degli interventi
Processo verbale
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  Presidente . L’ordine del giorno reca la discussione su sette proposte di risoluzione sugli scontri al confine tra la Thailandia e la Cambogia(1).

 
  
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  Barbara Lochbihler, autore.(DE) Signor Presidente, gli scontri scoppiati al confine tra la Thailandia e la Cambogia all’inizio di questo mese hanno riportato alla ribalta della scena internazionale il decennale conflitto sull’accesso al tempio di Preah Vihear. Benché attualmente gli scontri armati siano meno intensi, dobbiamo individuare una soluzione politica per questo conflitto. L’ASEAN, le Nazioni Unite e l’Unione europea hanno il dovere di impegnarsi più a fondo nella questione, senza attendere una nuova escalation per reagire.

Negli scontri più recenti si sono contati feriti e vittime tra i civili e i militari di entrambe le parti. Le bombe a grappolo sono particolarmente insidiose, e portano la devastazione tra le popolazioni civili, anche molto tempo dopo essere state lanciate. Fino al 30 per cento delle munizioni a grappolo non esplode subito, ma rimane sul terreno, per esplodere successivamente magari per effetto delle sollecitazioni prodotte da bambini che giocano. Chiediamo alla Thailandia e alla Cambogia di rinunciare immediatamente all’uso di queste armi letali. Chiediamo inoltre a entrambi i governi di firmare la convenzione internazionale che vieta l’uso delle munizioni a grappolo.

Infine, rivolgo un urgente appello ai governi della Thailandia e della Cambogia, affinché cerchino di risolvere il conflitto senza ricorrere alle armi. Altrimenti, si protrarranno le sofferenze della popolazione civile di entrambe le parti, per una controversia che i politici potrebbero risolvere con i negoziati se soltanto avessero la volontà di farlo, e rinunciassero a fomentare biechi nazionalismi su entrambi i lati della frontiera.

 
  
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  Marietje Schaake, autore. (EN) Signor Presidente, dall’inizio di questo mese, lungo il confine tra Cambogia e Thailandia si registrano combattimenti tra le forze armate dei due paesi vicino al tempo di Preah Vihear, che è stato inserito dall’UNESCO nella lista dei siti appartenenti al Patrimonio dell’umanità. Siamo responsabili in primo luogo della protezione della vita umana, ma siamo ugualmente responsabili nei confronti del patrimonio culturale.

Ci giungono notizie molto preoccupanti sull’uso di munizioni a grappolo, la cui veridicità è molto probabile dal momento che né la Thailandia, né la Cambogia hanno ratificato la Convenzione sulle munizioni a grappolo.

Per scongiurare l’ulteriore aggravarsi della situazione che minerebbe la stabilità della regione, entrambi i governi devono assumersi le proprie responsabilità e occuparsi dei profughi di questo conflitto.

Accogliamo con favore gli sforzi della presidenza dell’ASEAN tesi a favorire il dialogo tra i due paesi e a risolvere pacificamente la controversia.

La Thailandia e la Cambogia hanno accettato di partecipare a una riunione urgente delle nazioni del Sudest asiatico per discutere del conflitto. Il direttore generale dell’UNESCO manderà un inviato speciale a Bangkok e Phnom Penh per indurre entrambe le parti a collaborare con un’eventuale missione dell’UNESCO.

 
  
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  Bernd Posselt, autore. – (DE) Signor Presidente, l’onorevole Lochbihler ha ragione: si tratta innanzi tutto di esseri umani, di morti e di feriti, e dell’uso scandaloso delle munizioni a grappolo.

In secondo luogo, ovviamente, si tratta di limitare un conflitto di frontiera, di risolverlo pacificamente e di garantire che non degeneri in una guerra.

Il terzo aspetto che vorremmo affrontare riguarda l’insostituibile patrimonio culturale mondiale del complesso del tempio situato in questa regione di confine. Karl von Habsburg, ex deputato al Parlamento europeo e figlio di Otto von Habsburg, è competente per tali questioni presso l’UNESCO e parteciperà all’Assemblea plenaria che si terrà in marzo qui a Strasburgo per illustrarci la questione nei dettagli. Mi sembra necessario effettuare uno sforzo comune per riportare la pace e proteggere la popolazione, e insieme tutelare il patrimonio culturale. Noi europei sappiamo bene quali profonde cicatrici possano lasciare le guerre nel paesaggio culturale. Perciò dobbiamo agire ogni qualvolta il patrimonio culturale mondiale sia minacciato.

 
  
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  Marc Tarabella, autore. (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, dall’inizio di febbraio sono scoppiati nuovi conflitti tra le forze armate cambogiane e quelle thailandesi sulla frontiera, nei pressi del tempio di Preah Vihear, una zona contesa dai due paesi. Entrambe le parti hanno subito vittime, ed è stato necessario evacuare più di 3 000 abitanti dalla zona vicina ai combattimenti.

Nel 1962, sulla base di alcune cartine storiche francesi, la Corte internazionale di giustizia dell’ONU ha stabilito che il tempio di Preah Vihear e il territorio adiacente ricadono sotto la sovranità cambogiana. La Thailandia, però, non ha mai accettato tale decisione. Inoltre, alcuni settori della frontiera non sono stati delimitati, e questo ha già provocato vari incidenti armati nel 2008 e nel 2009.

Nel 2008, l’inserimento del tempio nella lista dei siti appartenenti al Patrimonio dell’umanità da parte dell’UNESCO aveva provocato la collera dei nazionalisti thailandesi. Benché nel 2000 sia stato firmato un memorandum d’intesa sulla delimitazione delle frontiere terrestri, i nazionalisti thailandesi della PAD ne chiedono la revoca giudicandolo troppo favorevole alla Cambogia. Vorrei sottolineare soprattutto l’azione svolta dall’Indonesia, che attualmente ricopre la presidenza dell’ASEAN e si è offerta di svolgere il ruolo di mediatore in questo conflitto.

Lunedì l4 febbraio, l’ONU ha anche invitato i due paesi a osservare un cessate il fuoco permanente senza però prevedere l’invio di caschi blu nella zona. Mi auguro che questi due paesi riescano finalmente a risolvere la questione territoriale in modo pacifico e cessino di prendere in ostaggio migliaia di persone, il cui solo desiderio è quello di vivere in pace.

 
  
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  Charles Tannock, autore. (EN) Signor Presidente, fortunatamente per noi, nell’Unione europea, l’idea di intraprendere un’azione militare per questioni di confine è inconcepibile. Ma lo stesso non si può dire, purtroppo, per il confine tra la Thailandia e la Cambogia, paesi i cui eserciti si sono scontrati in diverse occasioni nelle ultime due settimane per rivendicare un’area molto esigua del confine vicina a un antico tempio.

Secondo i dati forniti dalle agenzie di aiuto, i combattimenti avrebbero provocato 30 000 profughi; non è sorprendente, in tali circostanze, che ci siano state vittime innocenti tra i civili, benché entrambe le parti contestino le cifre reali.

Il primo ministro cambogiano Hun Sen ha descritto gli scontri come una “vera e propria guerra”, ma una retorica così bellicosa e incendiaria non può che peggiorare le cose. La soluzione a breve termine di questa controversia è nelle mani di entrambi i governi e del Consiglio di sicurezza dell’ONU, che deve assumere un ruolo guida nell’imporre soluzioni volte a disinnescare la crisi. Nel più lungo periodo è auspicabile che l’ulteriore integrazione regionale dell’ASEAN contribuisca a fare di questi scontri un ricordo del passato, come avviene nell’Unione europea ormai da decenni.

 
  
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  Cristian Dan Preda, a nome del gruppo PPE.(RO) Signor Presidente, martedì sera e mercoledì mattina ci sono stati nuovi incidenti, apparentemente di scarsa entità, sul confine tra la Thailandia e la Cambogia. Tra le due nazioni confinanti le relazioni sono diventate estremamente tese, e per questo, credo, il dibattito odierno giunge opportuno. Ringrazio l’onorevole Posselt per la sua iniziativa.

Deploro a mia volta le perdite di vite umane causate dagli scontri armati fin dall’inizio di questo mese. Alla luce delle gravi tensioni emerse, dobbiamo chiedere con fermezza a entrambe le parti di agire con moderazione e controllo e rispettare la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU che prevede una tregua durevole. Qualunque sia il motivo della controversia tra la Thailandia e la Cambogia, il ricorso alla forza non è una soluzione. Chiedo quindi a entrambe le parti di trovare una soluzione pacifica con urgenza per risolvere la disputa territoriale nella zona nei pressi del tempio di Preah Vihear.

Devo ricordarvi che nel 1962 la Corte internazionale di giustizia aveva adottato una decisione inequivocabile e che ci sono molte opportunità per risolvere la controversia, anche tramite la mediazione dell’ASEAN. Quello che serve, in conformità del diritto internazionale, è la volontà di condurre negoziati in buona fede.

 
  
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  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg, a nome del gruppo S&D. – (PL) Signor Presidente, in numerose occasioni il tempio di Preah Vihear, risalente all’undicesimo secolo, è stato teatro di scontri tra le influenze dell’induismo e del buddismo, come pure tra l’esercito dei Khmer rossi e il regime di Lon Nol. Dall’inizio del ventesimo secolo, il tempio è stato oggetto di controversie tra la Cambogia e la Thailandia, ognuna delle quali rivendica l’edificio e il terreno circostante nonché il diritto di fissare il confine tra i due paesi. Abbiamo assistito agli ultimi sviluppi di tale controversia a partire dal febbraio di quest’anno.

Nonostante la decisione della Corte internazionale di giustizia dell’Aia, secondo la quale il tempio ricade sotto la sovranità della Cambogia, ci sono altre questioni in sospeso. Entrambi i governi si devono impegnare nella ricerca di un compromesso che getti le basi di un accordo stabile. Il ripetersi del conflitto scoppiato una settimana e mezzo fa, quando gli eserciti di entrambi i paesi si sono bombardati reciprocamente, sarebbe inaccettabile sia per la popolazione della regione, che è in pericolo di vita, sia per il tempio, che è stato danneggiato pur rientrando nella lista dei siti appartenenti al Patrimonio dell’umanità stilata dall’UNESCO. Quest’organizzazione ha già offerto il proprio aiuto, come ha fatto l’ASEAN, Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico. Oggi il Parlamento europeo si è unito all’appello. Un biglietto per entrare nel tempio di Preah Vihear costa cinque dollari; vorrei sapere il prezzo del conflitto tra la Cambogia e la Thailandia, che dura ormai da più di cent’anni.

 
  
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  Kristiina Ojuland, a nome del gruppo ALDE. (EN) Signor Presidente, mi sembra vergognoso che nel ventunesimo secolo alcune forze politiche continuino a operare secondo un paradigma da diciannovesimo secolo. In molte parti del mondo il crescente nazionalismo sta dando luogo a conflitti di origine etnica e religiosa.

I governi della Thailandia e della Cambogia devono tener conto del fatto che gli scontri di frontiera hanno effetti sulla pace e sulla stabilità nella regione, nonché sulle relazioni tra i due paesi. Anche se ci sono questioni politiche irrisolte tra paesi, queste non devono riflettersi sui contatti tra i popoli, altrimenti corriamo il rischio di veder crescere il nazionalismo e la xenofobia.

La situazione sul confine tra la Thailandia e la Cambogia va risolta pacificamente nel rispetto della sentenza della Corte internazionale di giustizia del 1962. In tutto il mondo, l’inizio di quest’anno ha visto troppi spargimenti di sangue.

 
  
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  Ryszard Czarnecki, a nome del gruppo ECR.(PL) Signor Presidente, un punto di forza dell’Unione europea è il nostro altruismo, la nostra capacità di vedere oltre i confini europei, e di guardare a ciò che avviene al di fuori dell’Europa, nell’esotica e remota Asia. Questo conflitto, come è stato opportunamente sottolineato, risale a più di cent’anni fa; ma è positivo che l’Unione europea e il Parlamento europeo, che è il cuore dell’Unione, abbiano qualcosa da dire in proposito. È positivo perché dobbiamo essere presenti ogni volta che si discute di diritti umani, ovunque si discuta di questo tema importantissimo; come dimostra questo conflitto, questioni che forse potevano essere risolte in maniera più pacifica hanno provocato vittime, e si combatte ancora oggi benché forse con conseguenze meno sanguinose. È quindi apprezzabile che il Parlamento europeo intervenga nella questione.

 
  
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  Jaroslav Paška, a nome del gruppo EFD.(SK) Signor Presidente, con la sentenza emessa dalla Corte internazionale di giustizia il 15 giugno 1962 si decise che il tempio di Preah Vihear ricade sotto la sovranità della Cambogia. Il governo thailandese quindi deve rispettare tale decisione, e astenersi da qualsiasi tentativo di cambiare, con la forza militare, i confini riconosciuti a livello internazionale. Al contempo, il governo cambogiano deve consentire l’accesso al tempio ai fedeli thailandesi.

Allorché una delle parti di una controversia tende ad aggirare le norme e a imporre i propri interessi con la forza, è necessario mobilitare le istituzioni internazionali per trasmettere un chiaro messaggio: il mondo vuole vivere in condizioni politiche stabili e non vuole che le dispute siano risolte con l’uso della forza militare.

È quindi necessario mobilitare le istituzioni internazionali competenti a livello locale, per scongiurare il diffondersi di conflitti e traumi inutili tra la popolazione civile. L’offerta dell’Indonesia, che attualmente presiede l’ASEAN, di mediare nel conflitto di confine, è il modo migliore per fare il primo passo verso la composizione della controversia.

 
  
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  Bogusław Sonik (PPE) . – (PL) Signor Presidente, l’UNESCO sta cercando di salvare il tempio di Preah Vihear – un monumento che rientra nella lista dei siti appartenenti al Patrimonio dell’umanità – e di finanziarne la conservazione. Non soltanto la Thailandia e la Cambogia si oppongono a tale tentativo, ma stanno violando la Convenzione internazionale per la protezione dei beni culturali in caso di conflitti armati, che è vincolante per entrambi i paesi. La loro insensibilità e il loro egoismo potrebbero comportare la distruzione di un edificio che risale all’undicesimo secolo.

Credo tuttavia che questo esempio sollevi la questione della responsabilità. Non deve ripetersi ciò che avvenne in Afghanistan nel 2001, quando fu distrutta una statua di Buddha unica al mondo, non soltanto a causa del fanatismo religioso dei talebani ma anche per lo scarso impegno dei paesi occidentali. La distruzione del patrimonio culturale mondiale non può restare impunita; è così importante che, per analogia con il Tribunale penale internazionale dell’Aia il quale ha il compito di perseguire i crimini di guerra, sarebbe necessario creare un’istituzione col compito di perseguire e assicurare alla giustizia coloro che distruggono monumenti preziosi.

 
  
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  Pino Arlacchi (S&D) . (EN) Signor Presidente, la risoluzione sugli scontri di confine tra la Thailandia e la Cambogia condanna i conflitti armati e invita entrambi i paesi a cessare i combattimenti, ridurre le tensioni e accettare la mediazione dell’ASEAN e delle Nazioni Unite.

Abbiamo davanti a noi un conflitto del tutto ingiustificato. Nel 1976, in qualità di membri dell’ASEAN, la Cambogia e la Thailandia firmarono il trattato di amicizia e cooperazione, che le impegna a respingere l’uso della forza tra Stati membri e a ricercare una composizione pacifica delle controversie interstatali. Il conflitto è assurdo, peraltro, perché nel 1962 la Corte internazionale di giustizia ha deciso che il tempio di Preah Vihear, ubicato assai vicino ai combattimenti attualmente in corso, ricade sotto la sovranità della Cambogia.

Ci sono vari motivi per credere che il conflitto armato sia legato al fervore nazionalista della Thailandia, manipolato da esponenti di governo che fomentano gli scontri per guadagnarsi il favore degli elettori appartenenti all’ala intransigente in vista delle elezioni di quest’anno.

 
  
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  Monica Luisa Macovei (PPE) . (EN) Signor Presidente, secondo le stime disponibili gli scontri di confine tra la Thailandia e la Cambogia hanno provocato 1 000 morti e 30 000 profughi. Deploriamo le perdite di vite umane e riteniamo essenziale scongiurare altre vittime.

Desidero inoltre esprimere le mie preoccupazioni per il presunto utilizzo di munizioni a grappolo e chiedo a entrambi i paesi di rinunciare a simili munizioni. Uccidere e mettere in pericolo la vita umana non è mai una soluzione; sosteniamo quindi tutti coloro che si stanno impegnando nella ricerca di una soluzione per porre fine alla violenza. Vogliamo e chiediamo la pace.

 
  
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  Elena Băsescu (PPE) . – (RO) Signor Presidente, mi unisco anch’io ai colleghi che chiedono una soluzione pacifica delle tensioni al confine tra la Thailandia e la Cambogia. Gli scontri scoppiati all’inizio del mese segnano la ripresa di un antico conflitto sul tempio UNESCO, ubicato sul confine tra i due paesi. Vorrei ricordare che nel 1962 la Corte internazionale di giustizia ha deciso che questo monumento ricade sotto la sovranità della Cambogia, e le autorità devono rispettare tale decisione. È vero che l’area intorno al tempio non era stata delimitata dalla Corte, ma credo che la Thailandia e la Cambogia possano raggiungere un’intesa mediante i negoziati, non con l’uso delle armi.

Gli scontri nella zona stanno mettendo in pericolo non soltanto un monumento UNESCO, ma anche la vita della popolazione. Un conflitto di confine è sempre una fonte di instabilità; per questo motivo incoraggio l’iniziativa di entrambi i governi, tesa a risolvere la questione bilateralmente. Credo che il progetto, con cui si vuole realizzare una zona cuscinetto per scongiurare il diffondersi della distruzione, sia un passo verso la pace.

 
  
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  Corina Creţu (S&D) . – (RO) Signor Presidente, anch’io desidero esprimere cordoglio per la perdita di vite umane, e soprattutto per le vittime civili innocenti. Sono anche profondamente preoccupata per le migliaia di persone che sono state costrette ad abbandonare le proprie case in seguito agli scontri scoppiati sul confine tra la Thailandia e la Cambogia. Come si afferma nella proposta di risoluzione comune, esiste un quadro giuridico internazionale che entrambe le parti devono rispettare.

Ritengo che all’appello del Parlamento europeo debba far seguito una forte pressione da parte dell’Alto rappresentante per gli affari esteri. Ancora più grave è l’uso delle munizioni a grappolo. È nostro dovere chiedere alla Thailandia e alla Cambogia di ratificare la convenzione che proibisce questo tipo di arma.

 
  
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  Anneli Jäätteenmäki (ALDE) . (EN) Signor Presidente, questa situazione non fa che ricordare all’Unione europea l’importanza della mediazione e della prevenzione dei conflitti. Per sfruttare appieno il proprio soft power, il proprio potere di persuasione, l’Unione europea deve investire di più nella prevenzione dei conflitti. È giunto il momento che il Vicepresidente/Alto rappresentante Catherine Ashton proponga un’iniziativa volta a realizzare una mediazione credibile e una vera capacità di prevenzione dei conflitti; ciò richiede una coerenza politica, che servirà da monito agli Stati membri dell’Unione europea.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE) . – (ES) Signor Presidente, anch’io vorrei cogliere l’occasione per ricordare due questioni che sono già state menzionate, ma che ritengo di importanza fondamentale.

La prima riguarda l’uso delle bombe a grappolo da parte della Thailandia e della Cambogia, e la necessità che entrambi i paesi ratifichino la convenzione internazionale sulle munizioni a grappolo.

La seconda è stata frequentemente dibattuta in quest’Aula nel corso delle discussioni su problemi d’attualità, e riguarda la libertà d’espressione, soprattutto in Internet.

A mio avviso la debolezza e la fragilità del sistema politico thailandese fanno emergere alcune situazioni piuttosto gravi: per esempio, il processo contro Chiranuch Premchaiporn per le critiche alla famiglia reale pubblicate sul suo sito. La persona responsabile dei commenti è stata liberata, mentre il responsabile del sito è ancora in stato di detenzione.

Ritengo inoltre necessario sottolineare l’importanza della libertà d’espressione e, soprattutto, della libertà di associazione in ognuno di questi paesi.

 
  
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  Seán Kelly (PPE) . (EN) Signor Presidente, purtroppo questa controversia è cominciata più di un secolo fa. Si è riaccesa nel giugno 2008 e si è aggravata dall’inizio di questo mese. Molte persone hanno opinioni diverse sui motivi per cui la situazione si sarebbe aggravata proprio in questo periodo. Alcuni sospettano che i generali thailandesi, rappresentanti dell’ala intransigente, vogliano prendere a pretesto il problema per rovesciare il governo e annullare le elezioni previste per la fine di quest’anno.

Comunque sia, questa controversia – soprattutto se osservata da lontano – dovrebbe essere risolvibile. Non è una controversia di grande rilevanza, soprattutto se le Nazioni Unite si appellano al proprio mandato e alla propria influenza per realizzare tre obiettivi: in primo luogo, un accordo che ponga fine alle munizioni a grappolo; in secondo luogo un cessate il fuoco permanente; e in terzo luogo, se necessario, il dispiegamento di truppe che controllino il cessate il fuoco. Se tutto questo avverrà, sarà possibile porre fine alla controversia.

 
  
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  Siim Kallas, Vicepresidente della Commissione. (EN) Signor Presidente, posso confermare che la Commissione sta seguendo da vicino gli eventi lungo la frontiera thailandese-cambogiana.

Il 7 febbraio 2011, il Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, baronessa Ashton, ha espresso preoccupazione per gli scontri armati. Ella ha invitato entrambi i paesi a dar prova di estrema moderazione, ad adottare le misure necessarie a ridurre la tensione e a riprendere il dialogo per colmare le differenze pacificamente.

I punti sollevati dalla proposta di risoluzione del Parlamento sono stati discussi il 14 febbraio 2011 dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, in presenza dei ministri degli Esteri della Thailandia, della Cambogia e dell’Indonesia, quest’ultimo nella veste di attuale presidente dell’ASEAN.

Condividiamo le conclusioni tratte dal sottosegretario dell’ONU Pascoe, che ha riconosciuto la gravità della situazione. Non si tratta soltanto di un sito appartenente al Patrimonio mondiale dell’umanità; si tratta altresì di identità nazionali e culturali, e di orgoglio nazionale. Ma soprattutto, si tratta di vite umane e di stabilità regionale.

Si pongono quindi due domande: che cosa può fare la regione per riequilibrare la situazione, e in che modo l’Unione europea può contribuire a una pacifica composizione della controversia? Ovviamente questo tipo di conflitti non si può risolvere con la forza delle armi; l’ASEAN ha un ruolo da svolgere, e siamo lieti di constatare che sta assumendo le proprie responsabilità.

Il ministro degli Esteri indonesiano si è giustamente appellato al trattato di amicizia e di cooperazione. Questo accordo prevede che tutte le parti colmino le differenze pacificamente. Accogliamo con favore la decisione dell’Indonesia di convocare su questo tema una riunione speciale dei ministri degli Esteri dell’ASEAN il 22 febbraio 2011 a Giacarta.

All’interno delle Nazioni Unite si registra un ampio consenso sulla necessità di evitare che la questione sfugga al controllo. I membri del Consiglio di sicurezza hanno chiesto a entrambe le parti di astenersi dalle provocazioni e di non dispiegare rinforzi militari lungo il confine.

È ormai chiaro che gli sforzi regionali sono lo strumento più efficace per trovare una soluzione pacifica al conflitto; per l’Unione europea questo implica offrire il più ampio sostegno all’ASEAN.

Il Servizio per l’azione esterna sta seguendo la questione da vicino, e considererà le varie opportunità che si offrono per sostenere l’ASEAN, se tale sostegno sarà opportuno e richiesto dalla loro parte.

 
  
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  Presidente . – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà alla conclusione della discussione finale.

 
  

(1) Vedasi processo verbale.

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