Presidente. – (EN) L’ordine del giorno reca la relazione dell’onorevole Lange, a nome della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, su una politica industriale per l’era della globalizzazione (2010/2095(INI)) (A7-0022/2011).
Bernd Lange, relatore. – (DE) Signora Presidente, Commissario Tajani, onorevoli colleghi, questa relazione presenta la posizione del Parlamento europeo in modo molto chiaro. Desidero ringraziare relatori ombra, i quali hanno contribuito alla riuscita della relazione, nonché i relatori per parere delle commissioni coinvolte.
Assieme siamo stati in grado di trasmettere un segnale chiaro, Commissario Tajani, un segnale che sottolinea che vogliamo portare la politica industriale sempre più al centro dell’arena politica per dei motivi molto validi. La politica industriale aiuterà l’Europa, innanzi tutto, a creare dei posti di lavoro stabili e di buon livello e, in secondo luogo, contribuirà far convergere gli investimenti verso l’Europa. I nostri concorrenti di tutto il mondo stanno utilizzando efficacemente la leva della loro politica industriale, ad esempio negli Stati Uniti, in Cina, in Brasile e in India. Terzo, siamo portati a confrontarci con la sfida della sostenibilità, tanto dal punto di vista ambientale che delle basi fondanti della nostra società in termini sociali ed economici. In un tale contesto, è importante per noi porre la politica industriale al centro dell’arena politica.
Da un canto, signor Commissario, questo significa che ci aspettiamo che la politica industriale venga integrata a tal punto da diventare il fulcro delle iniziative legislative dell’Unione europea. Non possiamo più accettare che le politiche dell’ambiente, del commercio e della concorrenza vengano prima tratteggiate e solo in un secondo momento coordinate con gli interessi dell’industria europea. Al contrario, dobbiamo determinare gli altri ambiti politici sulla base degli interessi strategici di una politica industriale sostenibile.
In secondo luogo, signor Commissario, abbiamo bisogno di un coordinamento migliore tra le politiche industriali dei diversi Stati membri. Vorrei, dunque, chiederle – e tale argomento è stato sollevato nella relazione – di fare ricorso all’articolo 173, paragrafo 2 del trattato di Lisbona, per coordinare la politica industriale degli Stati membri in maniera più efficace, in modo da procedere tutti davvero nella stessa direzione.
Naturalmente, dobbiamo concentrarci su un numero specifico di ambiti. Sul piano orizzontale, dobbiamo guardare in particolare alla politica di innovazione attraverso l’intera catena del valore aggiunto. Dobbiamo riuscire a sostenere l’intera filiera economica, dalla ricerca di base fino al lancio dei prodotti, e portare sul mercato le migliori soluzioni per la nostra società.
Dobbiamo anche prestare maggiore attenzione alle risorse. Limitarsi a sostenere che è importante farlo non è più sufficiente. Dobbiamo introdurre provvedimenti legislativi concreti finalizzati ad aumentare in modo significativo la produttività delle risorse. Nell’industria, il costo del lavoro è responsabile del 20 per cento dei costi e quello delle materie prime del 40 per cento. Questo è un punto di partenza per gli interventi sulle materie prime. I telefonini che tutti noi utilizziamo contengono terre rare e metalli che raramente vengono riciclati. Il riciclaggio di questi apparecchi avviene solo per l’1,5 per cento. Si tratta quindi di un punto di partenza per la creazione di posti di lavoro che aumentino la competitività dell’industria europea.
Desidero fare un ultimo commento a questo proposito. L’innovazione e la maggiore produttività non si realizzeranno spontaneamente. Discendono direttamente dai lavoratori coinvolti. Per questa ragione, una politica industriale ragionevole deve anche tenere conto delle capacità e del coinvolgimento del personale. Se riusciamo a intervenire su questo aspetto sono fiducioso che riusciremo a creare dei posti di lavoro stabili nell’industria europea.
Antonio Tajani, Vicepresidente della Commissione. − Signora Presidente, onorevoli deputati, voglio innanzitutto ringraziare il relatore, l'on. Lange, per il lavoro svolto. So che non è facile in un'Aula articolata come questa, con tanti gruppi parlamentari, riuscire ad arrivare ad una sintesi che permetta di concludere il dibattito in maniera positiva sulla politica industriale. Voglio quindi ringraziarla per il lavoro che ha svolto, perché se vogliamo veramente mettere al centro della nostra azione politica in favore dell'economia sociale e di mercato l'azione a favore dell'economia reale dobbiamo lavorare insieme, Commissione, Parlamento e Consiglio.
Condivido il suo appello ad una maggiore coesione da parte degli Stati membri, ma un segnale incoraggiante viene dal Consiglio, che comunque ha sostenuto la posizione della Commissione e anche nei paesi dove ha avuto la possibilità di presentare il documento sulla politica industriale c'è stata disponibilità, sia pur nelle diversità dei differenti paesi, di partecipare a un'azione comune, con una governance della politica industriale, senza voler imporre da parte comunitaria delle scelte ai singoli Stati membri, ma cercando di coordinarne la politica.
Questa mi pare sia una scelta che va nella direzione della Sua richiesta, ma che conferma che l'Europa ha bisogno di una propria industria per fronteggiare le sfide immediate per uscire dalla crisi. Non possiamo pensare di vincere la situazione di difficoltà attuale, aggravata dalla crisi che abbiamo nell'area del Mediterraneo, senza una solida azione a favore della politica industriale, della politica dell'impresa, perché sono le uniche che possono permetterci sviluppo e la creazione di nuovi posti di lavoro.
La relazione che Lei ha preparato, onorevole, insiste giustamente sulle sfide economiche, ambientali e sociali, insomma, sulla sostenibilità della nostra politica industriale e colloca la sostenibilità sullo stesso piano della competitività, perché queste due dimensioni sono strettamente connesse, anzi, sono convinto che nel mondo attuale questi due aspetti non possono sussistere l'uno senza l'altro.
Per fare questo dobbiamo anche dotarci di un'industria moderna e competitiva che chiuda definitivamente i conti con il vecchio modo di fare politica industriale. Che cosa vuol dire avere un'industria moderna? Significa avere un'industria efficiente nell'impiego delle risorse, nel consumo dell'energia, nell'emissione di gas a effetto serra, quindi un'economia che abbia come obiettivo la green economy, passando attraverso il percorso della greener economy, ma deve essere anche un'industria responsabile, che affronta le difficoltà sulla base di un dialogo costante e proficuo con le parti sociali.
Credo si debba anche dare un segnale forte, ricordando che il modello industriale del 2010 non può essere un modello industriale che si basa sugli aiuti di Stato, come, per essere competitiva nell'era della sfida globale, l'industria europea non può non puntare sull'innovazione e sulla ricerca. Per questo motivo la Commissione europea ha presentato, prima del documento sulla politica industriale, il documento sulla politica dell'innovazione, che mi pare assolutamente fondamentale per lo sviluppo di una seria politica industriale, che va anche nella direzione di una individuazione di percorsi nel settore della ricerca e dell'innovazione per quanto riguarda le materie prime.
Non è un caso che una delle innovation partnership indicate dalla Commissione riguardi proprio le materie prime per trovare azioni attraverso la ricerca per il riciclaggio e per la sostituzione delle materie prime. Quindi è chiaro che – anche perché poi parleremo nel dibattito successivo di terre rare – è chiaro che innovazione, materie prime e politica industriale fanno parte di un'unica strategia, come fa parte della stessa strategia, a mio giudizio, anche la revisione dello Small business act. Quindi con l'attuazione da parte della Commissione europea di queste serie di interventi politici e legislativi siamo a dimostrare che c'è voglia di implementare un'azione politica a favore dell'industria e dell'impresa.
Per quanto riguarda la governance e la politica industriale, il processo mi pare che sia ben avviato – dicevamo prima – sia all'interno della Commissione sia presso gli Stati membri. Nell'ambito della Commissione europea, come voi sapete, il Presidente Barroso mi ha affidato, all'inizio del mandato, la presidenza del gruppo dei Commissari sulla politica industriale.
Ho già riunito due volte il gruppo, una volta prima dell'adozione della comunicazione per discutere le priorità politiche, una seconda volta per discutere l'attuazione pratica della comunicazione con particolare riguardo al test di competitività e alla strategia di normalizzazione. Considero il gruppo dei Commissari uno strumento privilegiato volto ad orientare il processo politico e ad assicurare coerenza alle iniziative in materia di politica industriale.
Per quanto riguarda gli Stati membri, mi pare che la reazione sia stata positiva. Come dicevo, il 10 dicembre con la Presidenza ungherese, abbiamo avviato i primi esercizi di cooperazione in materia di accesso al credito per le piccole e medie imprese, a cui seguiranno altri esercizi analoghi, in stretta collaborazione con gli Stati membri. Continueremo a darvi gli elementi necessari per una continua collaborazione Parlamento-Commissione.
Prima di concludere, Signor Presidente, mi permetta di fare un cenno all'importanza di sostenere l'imprenditoria femminile. Non a caso, oggi è l'8 marzo, e ho sempre detto che abbiamo bisogno di più donne imprenditrici, ma una volta che hanno deciso di impegnarsi dobbiamo anche essere in grado di fornire loro almeno buoni consigli.
È quello che abbiamo deciso di fare prevedendo un'azione ad hoc nell'ambito della revisione dello Small business act. La rete delle ambasciatrici dell'imprenditoria femminile che abbiamo già lanciato continuerà ad esistere, ma vogliamo andare oltre la sensibilizzazione, vogliamo che le imprenditrici possano ricevere buoni consigli da persone esperte, e per questo stiamo per lanciare una consultazione a brevissimo termine per sostenere alcune iniziative volte ad affiancare un mentore alle nuove imprenditrici che lo desiderino.
Questa figura potrà dare loro consigli concreti nell'avvio e poi nella gestione dell'impresa. L'obiettivo è di attuare questa iniziativa in almeno dieci Stati membri per poi ampliarla a tutti gli altri 27.
Presidente. – Signor Commissario, la ringrazio di questo accenno all’imprenditoria femminile. Non credo sia un riferimento puramente casuale, dato che oggi è l’8 marzo. In ogni caso la ringraziamo delle sue iniziative al riguardo.
Francesco De Angelis, relatore per parere della commissione per l'industria, la ricerca e l'energia. − Signora Presidente, onorevoli colleghi, la politica industriale è un elemento chiave per la crescita e per l'occupazione delle nostre regioni e dei nostri territori. In una fase di grave crisi economica, ben venga dunque l'iniziativa della Commissione per dotare l'Europa di un approccio comune di medio-lungo percorso e pieno sostegno al brillante lavoro dell'on. Lange, per almeno tre ordini di ragioni.
La prima, perché la relazione fa suo un approccio al tema dello sviluppo industriale che non parcellizza gli interessi industriali ed imprenditoriali in filiere di mercato settoriali, ma le tiene insieme secondo obiettivi comuni. La seconda ragione, perché sottolinea l'importanza delle strutture regionali attraverso un sostegno più efficace ai poli, alle reti di innovazione, al trasferimento di conoscenze, alla ricerca e al miglioramento delle competenze e dello sviluppo delle infrastrutture.
Terza ragione, e concludo, perché evidenzia il ruolo e la funzione delle piccole e medie imprese, che guardano all'Europa per uscire da una crisi che rischia di compromettere seriamente il loro futuro.
Gianluca Susta, relatore per parere della commissione per il commercio internazionale. − Signora Presidente, onorevoli colleghi, signor Commissario, la crisi economica e finanziaria ha fatto riscoprire a molti la centralità dell'industria. Nonostante i suoi sforzi, signor Vicepresidente, la Commissione esecutiva tuttavia non sempre ha acquisito questa consapevolezza.
Tanti atti, non ultimi i documenti sulla strategia 2020 o alcuni accordi di libero scambio approvati recentemente o in discussione, sono ancora troppo orientati verso l'economia dei servizi, verso il potenziamento e lo sviluppo dei servizi, soprattutto finanziari, bancari e assicurativi. Al contrario, l'economia reale, come ha detto Lei, ci consegna segnali opposti. La produzione e l'export aumentano e assistiamo ad un'inversione di tendenza rispetto ai fenomeni di delocalizzazione.
Dobbiamo incoraggiare questi segnali, nessuna grande economia al mondo può prescindere dal valore centrale dell'industria. Da qui l'esigenza di completare il mercato interno, di accelerare la messa in campo di iniziative forti che sostengano l'innovazione e la ricerca, il trasferimento tecnologico, la tracciabilità dei prodotti, la protezione della proprietà intellettuale e la promozione delle produzioni europee e anche di efficaci regole contro il dumping e per una vera reciprocità nei negoziati bilaterali. Questa relazione va in questa direzione e ringrazio molto l'on. Lange e tutti coloro che vi hanno lavorato.
Françoise Grossetête, a nome del gruppo PPE. – (FR) Signora Presidente, esiste ancora un’autentica ambizione di fronte allo smantellamento dell’industria nell’Unione europea? Sappiamo che l’economia non può prosperare in assenza di un’industria pesante, e che l’industria non può esistere senza le fabbriche.
Siamo tutti riuniti in questa Assemblea per difendere i posti di lavoro dell’industria europea. Non esiste alcun futuro possibile per l’industria senza la fiducia nel progresso scientifico e tecnologico. Pertanto, in un momento in cui l’Europa dovrebbe avviare un importante processo per identificare gli Ariane e gli Airbus del 2050, la Commissione deve rendersi conto che, in presenza della crisi, le regole esistenti non sono più adeguate alla nostra economia.
La questione del libero commercio e della concorrenza libera e non distorta sono diventate dei dogmi. Non possiamo essere l’unica area del mondo ad applicare unilateralmente i principi del libero commercio senza avere la benché minima idea di cosa facciano i nostri principali concorrenti.
Pertanto, signor Commissario, mi rammarico delle tensioni che si riscontrano nell’affrontare questioni associate tanto al rafforzamento dell’arsenale delle leggi europee per contrastare il fenomeno del dumping, quanto all’applicazione del principio generale di reciprocità nel commercio con i paesi terzi. Il peggiore degli scenari è quello in cui il mercato europeo è troppo aperto di fronte a mercati concorrenti che sono, invece, troppo chiusi.
Inoltre, signor Commissario, nel contesto della lotta contro i cambiamenti climatici, mi piacerebbe molto che dessimo attuazione a strumenti aggiuntivi rispetto al sistema di scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra, come il meccanismo di inclusione del carbonio ai nostri confini. In questo modo, potremmo ripristinare un equilibrio tale da rendere la delocalizzazione in paesi terzi meno appetibile per le nostre imprese.
Dovremmo migliorare il sostegno alle nostre piccole e medie imprese aiutandole a ridurre i costi; dovremmo rafforzare i brevetti europei e combattere la contraffazione di articoli con il marchio d’origine “made in”. Allo stesso modo, se l’Europa non dispone dell’accesso alle materie prime, non saremo più in grado di parlare di politica industriale innovativa.
I nostri timori riguardano l’istruzione, la formazione e la ricerca, nonché la scienza e la cultura dell’innovazione, che devono tornare a occupare un posto d’onore all’interno dell’Unione europea .
(Applausi)
Patrizia Toia, a nome del gruppo S&D. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, anch'io, come tutti i colleghi che sono intervenuti, dico che finalmente si torna a parlare – e spero si torni ad agire presto, anche con scelte puntuali – di politica industriale comune. Grazie alla relazione Lange, all'ottimo lavoro che il collega ha fatto e alla comunicazione del Vicepresidente Tajani.
Questa scelta significa alcune cose importanti, la prima: il rilancio e la ripresa, è stato detto, dell'economia europea e della tenuta dell'occupazione stanno anche, e forse soprattutto, nella ripresa e nel sostegno a tutto il settore manifatturiero, ai settori più avanzati e anche a quelli tradizionali, perché lì c'è una frontiera che è ancora possibile affrontare, e non era così scontato fino a qualche tempo fa.
Secondo: la ripresa dei settori industriali in Europa significa anche che la nostra competitività non si gioca nei settori della finanza, del terziario, ma ancora qui, e non è troppo tardi per farlo, possiamo puntare a una sfida dell'Europa per trovare competitività rispetto al resto del mondo nei settori industriali.
Terzo punto: è stato detto che la nuova politica industriale punta sui fattori, più che sui settori, punta sui fattori e sugli strumenti che possono davvero far promuovere nuove imprese e nuova capacità di tenuta e aggiornamento.
Credo che sia importante sottolinearli – come è stato fatto – questi nuovi fattori su cui bisogna agire: il credito – sollecitiamo nuove iniziative, oltre a quelle già annunciate dal Commissario sul tema del credito – le materie prime, i costi dell'energia, l'innovazione, la ricerca, la necessità di accentuare in Europa la capacità di trasferimento tecnologico dei risultati della ricerca e dell'innovazione dentro alle imprese, nei nuovi prodotti e nelle nuove modalità di organizzazione della produzione.
Dobbiamo valorizzare un tessuto molto peculiare della nostra Europa, in alcuni paesi in modo particolare, quello delle PMI, della qualità delle imprese, della qualità dei prodotti, della peculiarità dell'industria in Europa. Credo che dovremmo riscoprirle, queste tradizioni manifatturiere, queste radici manifatturiere in molti paesi, per innovarle e cambiarle.
Infine, il tema del territorio, che è molto importante. Le politiche europee hanno successo se incrociano e trovano un territorio capace di affrontarle. Quindi, grazie all'on. Lange e auspichiamo un'ottima collaborazione con la Commissione per arrivare a risultati concreti in tempi rapidi.
Jorgo Chatzimarkakis, a nome del gruppo ALDE. – (DE) Signora Presidente, signor Commissario Tajani, la ringrazio del suo forte impegno a favore di una politica industriale europea. Nell’assistere all’intervento dell’onorevole Lange, ho riflettuto sul forte clamore suscitato dalla sua relazione di iniziativa. Sono stati presentati in tutto 500 emendamenti e 50 proposte di compromesso allo scopo di ristabilire la leadership mondiale dell’industria europea. Possiamo raggiungere tale obiettivo solo per mezzo di una politica integrata e sostenibile. Dobbiamo garantire che la ricerca e l’innovazione siano al centro della nostra strategia. Dobbiamo, pertanto, istituire un quadro normativo in grado di assicurare nel contempo innovazione e sostenibilità. La sfida principale per questa relazione è stata di trovare il giusto equilibrio tra obiettivi ambientali e competitività economica, evitando allo stesso tempo il protezionismo. Mi rivolgo all’onorevole Grossetête, poiché i francesi desiderano sempre introdurre un tocco di protezionismo. Nel contempo, dobbiamo sostenere le piccole e medie imprese, promuovere il brevetto europeo e prevenire la sottrazione di conoscenza, specialmente da parte della Cina. Vogliamo anche che venga ridotto l’impatto della burocrazia sulle aziende europee, diminuendo il numero delle norme che le disciplinano. Pertanto, dobbiamo concentrarci sullo snellimento della burocrazia. Onorevole Lange, lei è riuscito ad affrontare la questione in modo esauriente all’interno della sua relazione, e desidero dunque ringraziarla del suo importante operato.
Tuttavia, questa relazione rappresenta solo il primo passo. Dobbiamo collegare l’idea di politica industriale, che in molti Stati membri è difficile da affrontare, e che in particolare la Germania non è mai stata disposta a discutere, al patto di competitività, che sarà presentato ai capi di Stato e di governo nelle prossime settimane, per poter salvaguardare la zona dell’euro. Se non riusciremo a farlo, credo che avremo dei problemi. Dobbiamo coniugare ambiti differenti quali la coesione, l’industria, il commercio, la ricerca e l’innovazione, ma anche le questioni sociali, il clima e l’ambiente.
L’attuale caso dell’E10 in Germania, dimostra come tutto ciò, in realtà, non stia avvenendo. L’E10 non è nient’altro che una mistura di bioetanolo e petrolio. L’Unione europea ha istituito un’importante azione strategica, si è prefissata gli obiettivi 20-20-20, dicendo agli Stati membri che devono riuscire a raggiungerli. Gli Stati membri, e in particolare la Germania, hanno preso parte al processo di decisione e hanno sostenuto tutte le scelte fatte. Tuttavia, nel momento in cui hanno dovuto dare attuazione ai relativi provvedimenti nel proprio paese hanno improvvisamente ridotto gli incentivi fiscali e i consumatori hanno smesso di collaborare.
Se non riusciamo a convincere i consumatori, come nel caso dell’E10 in Germania, non riusciremo a coniugare le politiche in materia di cambiamenti climatici con la politica industriale. Abbiamo bisogno di avere i consumatori dalla nostra parte. Questa è la cosa più importante. Per questo motivo auguro un successo pieno al progetto per una politica industriale.
Reinhard Bütikofer, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signora Presidente, l’importanza della relazione dell’onorevole Lange è stata in qualche modo enfatizzata dall’entusiasmo espresso da molti onorevoli colleghi intervenuti nella discussione. La relazione copre praticamente tutto e, in alcuni casi, contiene informazioni contraddittorie.
Ciò nonostante, credo che questa relazione rappresenti un notevole passo in avanti. In passato si è spesso verificato che solo i francesi, oppure la sinistra favorevole a un forte controllo statale, si esprimessero in favore di una politica industriale. Per tutti gli altri l’argomento era tabù. Ora siamo nella nuova situazione di aver raggiunto un consenso sul fatto che dobbiamo avere una politica industriale in Europa, e che tale politica deve essere condivisa a livello europeo. Ritengo che si tratti di un progresso significativo e sono grato al Commissario Tajani per averlo sottolineato con tanta chiarezza.
Non possiamo più andare avanti come prima, e in questo l’onorevole Grossetête ha perfettamente ragione. Non possiamo trattare la politica industriale come qualcosa che emerge quasi per caso dalla nostra politica commerciale. Dobbiamo ripristinare l’ordine delle cose, ma non sulla base delle illusioni di un controllo statale e neanche con l’idea che lo Stato debba svolgere una funzione regolatrice, intervenendo direttamente nell’economia. Lo Stato deve creare un contesto sensibile che promuova l’innovazione e, in particolare, l’innovazione ambientale, e che consenta di realizzare dei progressi in questo campo sfruttando le regole della concorrenza. Non vogliamo, tuttavia, né assistere a un forte controllo da parte dello Stato, né a derive protezionistiche.
In futuro riusciremo a garantire una posizione solida dell’industria europea solo se prenderemo sul serio a livello centrale la necessità di innovazione in campo ambientale. Pertanto, desidero concludere dicendole, signor Commissario, che le sono molto grato di aver spiegato che la sostenibilità e la concorrenza non sono antitetiche, ma devono essere poste sullo stesso piano e coniugate tra loro.
Evžen Tošenovský, a nome del gruppo ECR. – (CS) Signora Presidente, la discussione sull’industria è molto importante per l’Europa al momento attuale. La competitività delle imprese europee dipende dal perdurare della stabilità economica dell’Europa. Siamo ovviamente tutti consapevoli di questo ma, d’altra parte, siamo continuamente tentati ad assumere provvedimenti – sia sotto forma di requisiti stringenti in materia di protezione ambientale che relativi agli obblighi imposti dai vincoli fiscali – per garantire la stabilità finanziaria. E’ certamente importante valutare rigorosamente l’impatto della produzione industriale sull’ambiente, ma dobbiamo evitare di appesantire indirettamente l’industria europea con un fardello di provvedimenti normativi sproporzionati. Questo potrebbe condurre a una situazione in cui, in un mondo globalizzato, la produzione industriale europea è aggravata più che altrove dal peso delle decisioni politiche.
Ritengo che l’aspetto più rilevante della relazione riguardi l’enfasi data all’importanza di sostenere la scienza, la ricerca e l’innovazione. L’Europa ha perso da tempo la sua leadership in materia di innovazione, ed è dunque fondamentale sostenere i progetti innovativi. Sono perfettamente d’accordo sul fatto che sia necessario rielaborare le procedure per il sostegno finanziario ai progetti d’innovazione. Il nostro obiettivo dovrebbe essere semplificare l’aspetto amministrativo e, nel contempo, anche modificare l’impostazione generale. E’ essenziale riconsiderare il finanziamento dei fondi europei e la commercializzazione della ricerca.
Ilda Figueiredo, a nome del gruppo GUE/NGL. – (PT) Signora Presidente, è ora di difendere le industrie dell’Unione europea in ciascuno dei suoi Stati membri. Per farlo, dobbiamo modificare le posizioni adottate fino a questo momento, nelle quali la Commissione non si è minimamente preoccupata di raggiungere un equilibrio tra la necessità di difendere un’industria fiorente, in particolare il settore manifatturiero, e le esigenze del commercio internazionale.
La produzione industriale è cruciale per la crescita sostenibile e l’occupazione in Europa, che richiedono una diversa politica comunitaria e di commercio estero a difesa delle nostre industrie, in particolare di quelle che garantiscono dei posti di lavoro in quei paesi e in quelle regioni in cui la disoccupazione è già molto elevata. A tale scopo, è fondamentale concentrare la nostra attenzione sulle piccole e medie imprese (PMI) e sulla ricerca e sviluppo, nonché sulle caratteristiche distintive di ogni paese e di ciascun settore industriale; infine, dobbiamo migliorare le competenze e la formazione dei lavoratori.
Tuttavia, la relazione oggetto della nostra discussione presenta molte posizioni contraddittorie. Se, da un canto, essa raccomanda la difesa dell’industria e delle PMI, dall’altro, include proposte sulla liberalizzazione del commercio internazionale, sulla libera concorrenza, sulla dipendenza dal mercato interno e sugli accordi di partenariato pubblico privato. Tali proposte, tuttavia, non difendono le nostre industrie nel modo in cui dovrebbero, come già dimostrato dalla realtà europea. Abbiamo dunque messo a punto alcune proposte per rimediare agli aspetti più deleteri e speriamo che queste verranno approvate nella seduta di domani.
Noi invochiamo un’industria più efficiente nell’utilizzo di risorse alternative al carbone, che valorizzi i posti di lavoro tutelati, che garantisca pari opportunità per le donne sotto il profilo dell’accesso ai posti di lavoro, delle promozioni, degli stipendi e della presenza femminile nel management e negli organi amministrativi.
Per garantire tutto ciò, è essenziale che vi sia un quadro comunitario diverso, e in tal senso, la Commissione europea potrà svolgere un ruolo importante nella politica industriale, nel commercio estero, nella politica finanziaria e in materia di ricerca, scienza e innovazione a sostegno delle PMI, nonché in termini di impegno per la formazione e la riqualificazione dei lavoratori e della dignità di chi lavora.
Niki Tzavela, a nome del gruppo EFD Group. – (EL) Signora Presidente, innanzi tutto, anch’io desidero congratularmi con l’onorevole Lange per la sua dettagliata relazione sulla politica industriale. Signor Commissario, la crisi economica ci ha dimostrato che i paesi con una base industriale non solo sopravvivono, ma riescono anche a prosperare. Guardiamo alla Germania, alla Cina, alla Spagna. La Spagna sta riuscendo a superare la crisi proprio in quanto dotata di una base industriale.
Il mio paese, la Grecia, disponeva di una base industriale, signor Commissario, ma per varie ragioni siamo riusciti a distruggerla. Desidero metter a fuoco una questione che questa settimana è di grande attualità per l’industria Greca. Il Presidente Trichet ha fatto una dichiarazione a proposito del possibile aumento del prime rate da parte della Banca centrale europea nell’arco del prossimo mese. Questo ha provocato un forte aumento del tasso interbancario trimestrale Euribor, al quale sono collegati migliaia di mutui aziendali in Grecia. In un solo giorno l’Euribor ha registrato l’aumento maggiore dal settembre 2008, causando problemi enormi alle imprese greche che già sono in difficoltà a causa della recessione.
Tuttavia, lo stesso giorno, il direttore europeo del Fondo monetario internazionale ha dichiarato che la politica monetaria dell’Unione europea avrebbe tenuto e non richiedeva, dunque, provvedimenti di rinforzo. Non dico che il presidente Trichet non debba aumentare i tassi di interesse, ma riteniamo che dovrebbe quanto meno essere prevista una fase di transizione dolce per evitare l’esplosione delle richieste di prestiti a cui assistiamo attualmente. Crede di poter intervenire, signor Commissario?
Béla Kovács (NI). – (HU) Signora Presidente, sono lieto di constatare che nella relazione sulla politica industriale sono presenti diversi riferimenti al ruolo centrale rivestito dalle piccole e medie imprese rispetto al tessuto industriale europeo, ai lavoratori europei, e al presente e al futuro di noi tutti. D’ora in avanti, facilitare l’operatività delle PMI deve essere una priorità in tutti i documenti e gli argomenti affrontati. Queste piccole imprese creano la maggior parte dei posti di lavoro, hanno la massima capacità di adattamento, e fanno la parte del leone nell’innovazione e nel evitare un ulteriore arretramento dell’economia europea. E’ anche importante rilevare che queste aziende contribuiscono in modo preponderante con la loro fiscalità ai nostri bilanci, e che, pertanto, sono le PMI che sostengono l’apparato burocratico delle amministrazioni pubbliche. In cambio, la burocrazia e la “bancocrazia” hanno creato un ambiente giuridico, istituzionale ed economico che rende l’operatività delle PMI praticamente impossibile. Questa politica miope, che favorisce la redditività delle multinazionali, non deve proseguire oltre.
La relazione stabilisce correttamente che bisogna prevenire la speculazione sui mercati finanziari, ma a questo punto, abbiamo bisogno di fare di più. Bisognerebbe imporre delle sanzioni precise alle banche che non agevolano l’afflusso di fondi alle PMI attraverso le loro politiche creditizie. Inoltre, la relazione fa solo un breve accenno al fatto che nei nuovi Stati membri l’industria sta perdendo terreno, e che l’Unione europea deve trovare i modi per porre fine alle pratiche scorrette delle grandi aziende. Dobbiamo ammettere esplicitamente che negli ultimi anni le multinazionali dei vecchi Stati membri, con l’assistenza della burocrazia comunitaria, hanno fatto piazza pulita della maggior parte delle industrie manifatturiere dei nuovi Stati membri, facendo poi fallire le aziende che vi operavano e appropriandosi dei loro mercati. Il risultato è stato che milioni di persone hanno perso lavoro e futuro, sono stati realizzati facili profitti a est e prodotti cospicui redditi fiscali a ovest. Inoltre, con l’ausilio della burocrazia, molta della tecnologia accumulata in Europa è stata sfortunatamente trasferita alla Cina.
Pilar del Castillo Vera (PPE). – (ES) Signora Presidente, signor Commissario, anch’io desidero esordire ringraziando l’onorevole Lange per il suo impegno nell’identificare un terreno comune per opinioni e visioni così diversificate, come spesso accade in Parlamento. Desidero anche ringraziare i relatori ombra espressi dai diversi gruppi politici.
Infatti, questa relazione tenta di rispondere a un interrogativo aperto da lungo tempo: le industrie europee hanno un futuro in un mondo globalizzato?
Credo che la risposta sia affermativa. Sì, in quanto i paesi dell’Unione europea stanno dimostrando che è così. Sì, in quanto esistono specifici settori industriali dell’Europa che dimostrano altrettanto.
Tutto ciò ha a che fare con un certo numero di aspetti: alcuni relativi al mercato del lavoro, poiché abbiamo bisogno di un mercato del lavoro flessibile e non rigido, altri, invece, connessi alla produttività, alle politiche finanziarie e agli incentivi fiscali. Consentitemi, tuttavia, di sottolinearne tre che sono intimamente connessi con la stessa Unione europea.
Innanzitutto, la cultura dell’innovazione e dell’imprenditoria. Si tratta di due questioni chiave. Impresa e innovazione sono elementi cruciali per il futuro di qualsiasi industria in Europa. Un’attenzione particolare deve essere dedicata ai giovani imprenditori.
Secondo, rafforzare il mercato interno e assicurarsi che sia competitivo e internamente fondato sulla libera concorrenza. Pertanto, le sovvenzioni ancora erogate ai trasporti, all’energia, e alle imprese pubbliche, devono essere ridotte per garantire la libera concorrenza del mercato interno europeo.
Terzo, il rispetto delle condizioni della concorrenza all’interno di un quadro internazionale: quando si parla di politiche ambientali e di sourcing dei prodotti è essenziale competere ad armi pari.
Non vogliamo né il protezionismo all’interno dell’Unione europea, né il protezionismo quando la nostra industria deve competere con i paesi e le regioni terze.
Marita Ulvskog (S&D). – (SV) Signora Presidente, diversi partecipanti a questa discussione hanno esordito pronunciando la parola “finalmente”. Ciò è probabilmente indice di quello che per lungo tempo è stato lo status della politica industriale all’interno del dibattito sociale e nella politica. Tuttavia, la politica industriale è ora comunque tornata in auge – anche questo credo emerga con chiarezza nella relazione. Il settore dei servizi continuerà a essere importante, ma è sempre più chiaro come il suo sviluppo dipenda in modo considerevole da una produzione industriale forte e da un settore industriale solido. Le due cose vanno di pari passo.
La politica industriale è dunque un elemento centrale per una delle più importanti questioni politiche: lavoro per tutti e piena occupazione. Tuttavia, se la moderna politica industriale si fosse fermata a questo non sarebbe successo nulla nell’ultimo quarto di secolo. Una moderna politica industriale è molto più di questo. Oggi una moderna politica industriale deve giocare un ruolo nella grande e radicale transizione verso il rispetto dell’ambiente e la sostenibilità del clima – senza porre ostacoli, bensì contribuendo alla realizzazione di questa transizione. Attualmente questo è uno degli elementi della competitività industriale, come emerge chiaramente quando si esaminano gli investimenti attualmente realizzati in molti dei paesi nostri concorrenti.
L’accesso alle materie prime fa parte di questo quadro – rappresenta, infatti, un requisito fondamentale per l’industria, ma è anche un aspetto della transizione. Riguarda tutto, dall’efficienza energetica alla gestione delle risorse, al riciclaggio, con riferimento, ad esempio, alla cosiddetta urban mining (estrazione mineraria urbana). Un'altra questione cruciale per un’industria moderna e sostenibile è quella dei programmi formativi periodici. Non competeremo – non dobbiamo competere – sulla base di stipendi bassi e pessime condizioni di lavoro, bensì in base a una forza lavoro qualificata e capace che opera e desidera continuare a operare nell’industria.
Vladko Todorov Panayotov (ALDE). – (BG) Signora Presidente, Commissario Tajani, onorevoli colleghi, l’Europa può e deve scegliere quest’oggi un cammino nuovo, con il lancio di una politica industriale nuova e integrata. Un ruolo cruciale in tal senso sarà svolto dall’integrazione di tutti i fattori industriali determinanti nell’Unione europea. Ne menzionerò solo alcuni.
Per cominciare, garantire la sostenibilità a lungo termine della reperibilità delle principali materie prime per lo sviluppo dei settori ad alta tecnologia in Europa. In un tale contesto, invoco una maggiore collaborazione con i paesi terzi ricchi di materie prime.
Secondo, un’economia basata sull’innovazione e sulla libera circolazione della conoscenza. Ritengo si debba assolutamente consolidare il collegamento strategico tra istruzione, formazione professionale e vita professionale. L’Europa produce il maggior numero di dottorati di ricerca del mondo, ma non riesce a convertire le loro capacità e la loro conoscenza in soluzioni di mercato concrete. Dobbiamo costruire dei centri di innovazione europei in cui promuovere attivamente la collaborazione tra conoscenza e bisogni del mercato.
Terzo, la transizione verso un’economia a basso contenuto di carbonio, che è un passo fondamentale. Il margine dell’alta tecnologia europea ci consentirà di godere appieno in futuro del potenziale e dei benefici dell’economia verde. Tutti questi elementi richiedono un nuovo livello di collaborazione tra Stati membri e istituzioni europee.
James Elles (ECR). – (EN) Signora Presidente, desidero congratularmi con l’onorevole Lange per la sua eccellente e sostanziosa relazione che ci induce a riflettere sulle attuali tendenze in materia di politica industriale. Nell’uscire dalla più grave recessione degli ultimi 60 anni dobbiamo davvero stimolare le nostre industrie a essere competitive sui mercati globali, sostenendo le piccole imprese, promuovendo l’imprenditorialità e sostenendo tutti quelli che vogliono creare occupazione. Il nesso tra capacità innovative e sostenibilità è dunque evidente. Non dobbiamo necessariamente utilizzare lo strumento dei finanziamenti – possiamo riuscirci rafforzando il mercato interno, con la promozione del commercio e fornendo un contesto favorevole all’innovazione.
Infine, un elemento che mi sembra, invece, assente è l’agenda digitale. Tutti in Europa, tutte le imprese, dovrebbero avere diritto all’accesso alle migliori infrastrutture IT, sia di tipo mobile che a banda larga ad altissima velocità. Non so se il signor Commissario ne sia a conoscenza, ma la scorsa settimana la Corea del Sud si è prefissata l’obiettivo di raggiungere entro la fine del prossimo anno la diffusione in ogni abitazione di linee internet 200 volte più veloci di quelle di cui mediamente dispongono le utenze domestiche negli Stati Uniti. Come ha dichiarato un alto dirigente del settore IT, la competitività dell’Europa viene molto più agevolata da investimenti in infrastrutture IT piuttosto che in infrastrutture fisiche.
Miloslav Ransdorf (GUE/NGL). – (CS) Signora Presidente, desidero dire solo tre cose. La prima riguarda il fatto che l’Europa deve puntare a uno spirito pionieristico, dandosi delle priorità tecnologiche in alcuni settori, così da raggiungere non solo un vantaggio relativo, ma soprattutto un vantaggio assoluto, perché a prodotti standard corrispondono prezzi standard. In secondo luogo, desidero dire che è importante puntare a una mediazione bidirezionale tra sistemi grandi e piccoli, poiché concentrandoci solo sui sistemi grandi non potremo raggiungere i risultati auspicati. La General Motors è un esempio di azienda fallita che è costata ai contribuenti americani 57,6 miliardi. La terza, è che la politica industriale non deve dipendere solo dalle cosiddette élite politico-economiche, ma dovrebbe fondarsi su un grande flusso di piccole innovazioni provenienti dal basso. In altre parole: i grandi avanzamenti tecnologici dipendono da un grande numero di piccole innovazioni derivanti dal lavoro collettivo.
Claudio Morganti (EFD). - Signora Presidente, onorevoli colleghi, Vicepresidente Tajani, questa relazione ha già nel suo titolo la chiave di volta, ovvero il riferimento a una politica industriale. In Europa negli ultimi anni, se non decenni, si è assistito a un crescente disinteresse politico in questo ambito, in nome di un esasperato lasciar fare ai mercati, convinti che il tutto si sarebbe regolato in autonomia.
Un intervento politico significa stabilire regole per aiutare la presenza sul mercato delle nostre imprese, e noto con piacere che in questa relazione sono citate con particolare riferimento le piccole e medie imprese ed il settore manifatturiero, troppo spesso abbandonato nel passato.
Gli strumenti proposti vanno nella giusta direzione, ovvero semplificazione amministrativa e un più facile accesso al credito. Voglio sottolineare, inoltre, anche la parte relativa a una concorrenza leale con i paesi terzi, perché in passato si è stati troppo permissivi in questo ambito e interi settori fondamentali, come ad esempio il tessile toscano – e io lo so bene perché sono di Prato – sono stati messi in ginocchio da una concorrenza sleale assolutamente da contrastare e prevenire all'origine.
Herbert Reul (PPE). – (DE) Signora Presidente, desidero ringraziare l’onorevole Lange e i relatori ombra per il loro grande impegno.
Sono riusciti a trasformare in una relazione quello che tutti noi abbiamo imparato durante la crisi, ovvero che l’industria è ovviamente molto più importante di quanto molti credessero; siamo, inoltre, riusciti a fare in modo che la politica industriale tornasse tra le priorità del Parlamento europeo. Il fatto che questa discussione si svolga in orario serale potrebbe essere uno svantaggio. E’ un argomento così importante che dobbiamo discuterne anche in altri momenti.
Com’è stato detto da alcuni onorevoli colleghi, la politica industriale non riguarda l’intervento dello Stato, ma richiede che lo Stato istituisca il giusto contesto. Lo Stato non deve decidere i contenuti della politica industriale o distinguere tra industrie valide o meno. Deve, invece, creare le opportunità necessarie affinché l’industria possa svilupparsi all’interno di un determinato contesto. Dobbiamo concentrarci sulle aree in cui possiamo davvero contribuire in termini di innovazione e ricerca.
Credo che sia molto positivo che il Commissario Tajani ci abbia fornito le informazioni che chiariscono come la questione della competitività sia della massima importanza in molti settori della politica europea. In futuro, sarà molto utile ricorrere a tale criterio per comprendere se le nostre decisioni politiche saranno state sempre, spesso o appena qualche volta di ausilio, oppure dannose, per lo sviluppo dell’industria in Europa.
Vorrei che non ci limitassimo a una relazione e a ulteriori discussioni su tale argomento, ma che dopo tutto ciò adottassimo nuovi comportamenti, tenendo in grande considerazione questo argomento, poiché l’industria è importante.
(L’oratore accetta di rispondere a un’interrogazione posta con il cartellino blu ai sensi dell’articolo 149 paragrafo 8 del regolamento)
Paul Rübig (PPE). – (DE) Signora Presidente, ho un quesito per l’onorevole Reul. Questa mattina abbiamo celebrato il centenario della festa della donna. In questo contesto, desidero chiederle quali opportunità crede siano accessibili alle donne nell’ambito della politica industriale futura. Quali possibilità hanno le donne nell’industria? Credo, infatti, che abbiamo un urgente bisogno del loro contributo. Quali capacità e requisiti devono acquisire le donne per poter lavorare nell’industria?
Herbert Reul (PPE). – (DE) Signora Presidente, credo che abbiano delle opportunità eccellenti e, se necessario, affronterò io stesso la questione.
Teresa Riera Madurell (S&D). – (ES) Signora Presidente, la crisi ha sicuramente accentuato l’importanza dell’industria quale motore dell’economia. Signor Commissario, siamo lieti del fatto che la Commissione lo abbia compreso e che abbia ripristinato una politica industriale dell’Unione europea.
Il nostro relatore, cui vanno le mie congratulazioni per l’eccellente operato, ha già illustrato la nostra interpretazione della transizione verso una politica industriale che sia intelligente, efficiente in termini di risorse, e sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale. Rispetto a quanto da lui espresso, desidero solo sottolineare un aspetto che ritengo cruciale, quello del capitale umano.
Ipotizzando che ogni posto di lavoro sia “ecologico” o “verde”, è cruciale che i lavoratori europei abbiano delle capacità professionali adeguate, non solo per migliorare la competitività della nostra industria, ma anche perché nessun lavoratore sia lasciato in disparte.
Abbiamo delle basi solide: i giovani europei non sono mai stati così ben preparati; eppure, siamo a corto di ingegneri, di giovani imprenditori e di politiche innovative per la gestione delle risorse umane. Dovremmo, dunque, incoraggiare le sinergie tra le università dotate di una forte cultura imprenditoriale e le aziende che fanno della conoscenza il loro motore primario.
Rispetto alla formazione professionale, dobbiamo adeguare le capacità dei lavoratori alle richieste della new economy, seguendo una strada economicamente accessibile per lavoratori e imprese.
Inoltre, l’industria dovrebbe porre un’attenzione maggiore all’innovazione organizzativa, intesa come una condivisione più flessibile e dinamica di rischi e responsabilità all’interno delle aziende. Solo così le aziende saranno in grado di fare proprio il talento e di capitalizzare la conoscenza dei loro lavoratori.
Infine, consentitemi di dire due parole come appartenente a un gruppo che si è schierato contro un’iniziativa per una maggiore collaborazione in materia di brevetti europei: noi riteniamo che tale questione influisca sul mercato interno, la coesione territoriale e la certezza del diritto. La Corte di giustizia dell’Unione europea ha sostenuto tale posizione nel suo Parere 1/09 pubblicato l’8 marzo 2011, concludendo come la bozza di accordo che istituisce un tribunale comunitario del brevetto europeo non sia compatibile con quanto previsto dal trattato.
Riikka Manner (ALDE). – (FI) Signora Presidente, signor Commissario, innanzi tutto, desidero congratularmi con il relatore per la sua eccellente e importante relazione. Si tratta soprattutto di capire come conferire maggiore competitività alla politica industriale europea e, d’altro canto, come rispondere ai cambiamenti strutturali che si sono manifestati in alcune aree con i tagli ai posti di lavoro nell’industria di base.
Credo che la politica industriale sia parte integrante del cambiamento. Dobbiamo cogliere questo mutamento ed essere in grado di adeguarci. Dobbiamo guardare avanti nella politica industriale e svilupparla in modo che sia sostenibile, fondata sui punti di forza dell’Europa e sulle nostre risorse regionali. Un esempio è rappresentato dal settore delle bioenergie, che ritengo abbia delle buone potenzialità in Europa.
Le strutture regionali ci consentiranno di favorire una politica industriale sostenibile in Europa, e per questo dobbiamo sottolineare l’importanza di dotarci sempre più di cluster innovativi e di agevolare la collaborazione sempre più vasta tra i vari attori, le istituzioni che si occupano di formazione e le imprese.
Nel parlare di una politica industriale europea, naturalmente, è molto importante tenere presente il settore delle PMI – le piccole e medie imprese. Com’è stato detto in questa sede in diverse occasioni, dobbiamo riuscire a ridurre la burocrazia per le PMI, e dobbiamo fare tutto il possibile per sostenere le opportunità imprenditoriali nell’ambito delle PMI, tanto oggi che in futuro.
Jacky Hénin (GUE/NGL). – (FR) Signora Presidente, onorevoli colleghi, la relazione finalmente evidenzia il ruolo chiave dell’industria per il futuro dell’Unione europea e conferma la necessità di una politica industriale europea. Essa riconosce implicitamente il fallimento della strategia di Lisbona, chiedendo, a giusto titolo, che il 3 per cento del PIL europeo sia destinato alla ricerca e sviluppo, e proponendo soprattutto di avvalersi ampiamente del settore privato.
Sfortunatamente, la relazione fa propria una visione della competitività ancora incentrata su forti tagli del costo del lavoro, quando invece abbiamo bisogno di sviluppare la competitività facendo leva sulla formazione, sulle tecnologie a risparmio di capitale, sull’energia e sulle materie prime. Inoltre, la relazione ammette implicitamente il fallimento dei mercati finanziari a trasformare il risparmio in investimenti in grado di generare ricchezza. La soluzione di questo problema richiede il controllo sociale del credito, ovvero la destinazione del credito a beneficio dell’occupazione, della ricerca e sviluppo, e della creazione di ricchezza. Sono necessari dei centri finanziari europei e nazionali per garantire il finanziamento del comparto industriale. Il nostro Parlamento non può agire solo per garantire che i grandi gruppi industriali europei ottengano risultati migliori. Il nostro obiettivo centrale deve essere un incremento del numero dei posti di lavoro nell’industria europea e un miglioramento della loro qualità.
Amalia Sartori (PPE). - Signora Presidente, onorevoli colleghi, mai come in questo momento l'Europa deve ripensare alla sua politica industriale, riconsiderando anche alcune scelte fatte nel recente passato.
Utile e tempestiva è stata quindi questa iniziativa faro legata alla strategia Europa 2020, e di questo ringrazio la Commissione e in particolare il Commissario Tajani. Ringrazio anche il relatore Lange per il lavoro svolto e la collega Grossetête che, a nome del PPE, ha contribuito in modo significativo a rafforzare le posizioni portate avanti dal Commissario.
Per quanto mi riguarda, ho ritenuto di dare il mio contributo con emendamenti volti a illuminare il ruolo delle piccole e medie imprese, da tutti ritenute la catena forte dell'industria di base europea, quella che meglio sa resistere nei momenti di crisi e che più sa innovare a costi competitivi.
Ritengo che il ruolo svolto da migliaia di piccoli e medi imprenditori europei vada sostenuto, rispondendo a quelle difficoltà e a quei vincoli che gli stessi più volte hanno evidenziato: parlo di un migliore accesso al credito, della possibilità di una più trasparente e meno costosa partecipazione agli appalti pubblici, ma soprattutto di una semplificazione amministrativa generalizzata, considerata da tutti come la vera rivoluzione di cui questo continente ha oggi necessità.
Sono soddisfatta che la Commissione abbia evidenziato il tema di un utilizzo efficiente e responsabile delle materie prime, così come ritengo rilevante l'andare prossimamente a discutere delle terre rare. Significativa è l'attenzione posta al tema relativo alla tutela della proprietà intellettuale.
Finalmente vedo delineato un percorso che spero ci porti presto a definire norme e garanzie valide in tutta l'Unione europea. Significa dare speranza, soprattutto ai giovani, con risposte che spesso gli europei suggeriscono.
Catherine Trautmann (S&D). – (FR) Signora Presidente, desidero ringraziare l’onorevole Lange per il suo eccellente operato. Domani il suo metodo collaborativo sarà coronato dal successo. Inoltre, signor Commissario, questa è un’opportunità per la Commissione, la quale ci ha presentato una comunicazione piuttosto deludente.
Provenendo da una regione pesantemente colpita dalla crisi in un momento in cui era già stata interessata dalla ristrutturazione industriale, ho ascoltato il messaggio dei sindacati che ci hanno interpellati senza darci tregua. Abbiamo bisogno di una politica industriale, in cui tutte la parti lavorino al medesimo obiettivo: la costruzione di una strategia che si basi su una crescita sostenibile e fondata sull’occupazione, la quale a sua volta viene costruita sull’ottimizzazione delle capacità professionali, e che dimostri che l’innovazione sociale e quella tecnologica sono compatibili.
Questa è la chiave per la competitività europea, e non l’utilizzo della forza lavoro come strumento di compensazione, come proposto dalla Commissione nel corso del semestre europeo. La miglior mossa che la Commissione possa fare consiste nell’integrazione tempestiva della direttiva relativa al distacco dei lavoratori all’interno del proprio programma di lavoro e di avviare l’armonizzazione fiscale a partire dall’imposizione fiscale sulle aziende.
Inoltre, questa politica dovrebbe prendere corpo non solo a livello nazionale ed europeo, ma anche a livello locale nel quadro di un’efficace politica di coesione. Siamo favorevoli a un mercato finanziario regolamentato e condividiamo il desiderio di consolidare il mercato unico, ma non a scapito di un mercato del lavoro iniquo sottomesso al dumping sociale.
Oggi, signora presidente, stiamo discutendo di una politica industriale ambiziosa, e abbiamo votato questa mattina un’imposta sulle transazioni finanziarie e sugli Eurobond.
Onorevoli colleghi, per finanziarla dobbiamo utilizzare questi mezzi.
Maria Da Graça Carvalho (PPE). – (PT) Signora Presidente, signor Commissario, desidero iniziare ringraziando il relatore, l’onorevole Lange, e i relatori ombra per il loro operato – in particolare l’onorevole Grossetête. L’Europa attualmente avverte un calo della propria competitività dei mercati globali, pertanto, deve trovare il modo di rafforzare la propria base industriale per affrontare le nuove sfide. L’obiettivo precipuo di questa relazione è proprio di avanzare delle proposte per il rilancio dell’industria europea. Una politica industriale integrata e sostenibile deve essere fondata sulla ricerca scientifica, sull’innovazione sull’aumento dell’efficienza delle risorse, su una strategia per i prodotti di base, sul rafforzamento delle PMI e sullo sviluppo delle reti regionali. In particolare, è essenziale che l’efficienza energetica e l’introduzione di tecnologie informatiche e di comunicazione costituiscano la base di questa nuova rivoluzione industriale, in modo da aumentare la competitività, la crescita economica e l’occupazione.
Mi rallegro in modo particolare di come la relazione colga l’importanza dell’industria tradizionale europea, così essenziale per la nostra economia. Provvedimenti quali l’introduzione di nuove tecnologie e il consolidamento della ricerca scientifica e dell’innovazione in settori quali l’industria manifatturiera sono di cruciale importanza. Questo è il solo modo in cui riusciremo a ripristinare la leadership globale dell’Europa, fondamentale per la competitività e la crescita economica di questo continente.
Judith A. Merkies (S&D). – (NL) Signora Presidente, innanzi tutto, desidero ringraziare l’onorevole collega Lange per la sua eccellente relazione e per la grande collaborazione di cui ha dato prova. La politica industriale sta tornando al centro dell’attenzione. Ma non è l’unica protagonista – non è la sola. Assieme ad altre due strategie, essa occupa il centro dell’agenda europea per la creazione di posti di lavoro e per un’economia sana. Soprattutto, si tratta di una strategia valida non solo per il presente, ma anche per il futuro – un futuro sostenibile.
La politica industriale va considerata assieme a tutte le altre strategie dell’Unione dell’Innovazione, quelle per le materie prime e quelle per l’utilizzo efficiente delle risorse naturali. Queste tre strategie ne costituiscono il fulcro. Dobbiamo avere un approccio olistico, con le diverse politiche che lavorano in stretta sinergia le une con le altre. Tuttavia, si tratta davvero di ambiti politici molti diversi tra loro, posto che, come ha detto lo stesso Commissario Tajani, l’industria non deve essere considerata il nemico, bensì l’alleato della sostenibilità?
La politica industriale non può funzionare in assenza di un mercato integrato. Il mercato interno è ancora troppo frammentato e deve ancora essere perfezionato. Tutta l’industria, specie le piccole imprese innovative, ne trarranno beneficio. I produttori possono fornire la loro opinione, ma devono anche accettare la loro responsabilità, che in definitiva significa accettare la responsabilità del prodotto. L’obiettivo è di promuovere la produzione ecologica di prodotti sostenibili, poiché ritengo che sia questo il futuro dell’Europa. Questo ci aiuterà a creare delle industrie sostenibili, secondo il principio del cosiddetto cradle-to-cradle, che incoraggia un uso intelligente delle materie prime e un’economia sana. La politica industriale è stata per troppo tempo trascurata e abbandonata ai mercati. E’ giunta l’ora di dare nuovamente l’esempio, tanto a noi stessi che agli altri.
Jean-Pierre Audy (PPE). – (FR) Signora Presidente, Signor Commissario, desidero ringraziarla dell’attenzione data all’industria e rendere omaggio all’imponente lavoro della collega onorevole Grossetête, nostra compagna di gruppo, a nome di tutto il nostro gruppo politico.
L’industria dà lavoro a 60 milioni di persone a cui, per ogni posto di lavoro nell’industria, si aggiungono due posti di lavoro nei servizi, per un totale quindi, di 180 milioni di posti di lavoro. L’industria rappresenta anche tre quarti delle nostre esportazioni corrispondenti a 5,5 milioni di imprese. Cosa dobbiamo fare? Dobbiamo agire e proteggerci. Proteggerci non equivale al protezionismo, e dunque dobbiamo darci una politica industriale. Alcuni sostengono: l’agricoltura al Sud America, l’industria alla Cina e i servizi all’Europa. Onorevoli colleghi, se non produrremo ancora automobili, aeroplani, navi, treni, satelliti, medicinali, e centrali nucleari, sarà la fine per tutti noi! E i servizi li avremo proprio perché avremo una politica industriale.
Desidero, dunque, formulare tre proposte. La prima riguarda gli standard industriali. Ogni volta che stabiliamo degli standard industriali dobbiamo prevedere degli studi di impatto che garantiscano che i nostri prodotti siano realizzati in base a questi standard nel territorio dell’Unione europea.
La seconda concerne l’istruzione e la ricerca. Dobbiamo disporre delle migliori scuole di ingegneria del mondo e dobbiamo sostenerle. Dobbiamo riconciliare la scienza con il grande pubblico. Quanto alla ricerca, dovremo effettuare una revisione del settimo programma quadro. Abbiamo un budget di 30 miliardi di euro per il 2011, 2012 e 2013. Dobbiamo destinare parte di questi stanziamenti in via prioritaria all’industria.
Terzo punto i finanziamenti. Potremmo istituire un Fondo europeo di investimenti industriali, e avrei un suggerimento in tal senso. Siamo debitori di 37 miliardi di euro per le pensioni del personale dell’Unione europea. Investiamoli in un fondo pensione, ovvero un fondo di risparmio di lungo periodo. Condivido inoltre il punto di vista in materia di politiche monetarie. Dobbiamo essere molto cauti nell’uscire dalla crisi. Dobbiamo assicurarci di non avere tassi di interesse troppo elevati, i quali condurrebbero a un euro forte, frenando le esportazioni industriali.
Lambert van Nistelrooij (PPE). – (NL) Signora Presidente, Signor Commissario, anche in un economia tanto oggi quanto domani basata sulla conoscenza, l’industria manifatturiera continua a essere importante. E’ essenziale mantenere una produzione di alto livello in Europa poiché questa rappresenta, nel contempo, la colonna portante della conoscenza e della formazione di molte persone nei nostri paesi, nonché il motore primo della nostra competitività. La relazione dell’onorevole Lange pone la questione industriale in cima all’agenda europea, e questo è importante tanto per le grandi industrie che per quelle di piccole e medie dimensioni. In Europa possiamo vantare l’eccellenza in diversi settori. Penso all’energia, ai viaggi nello spazio, al settore dell’automobile, che in questo momento vanno molto bene. Penso anche alla filiera del settore automobilistico, che è essenziale per l’Europa. Basti considerare quanto la strategia Europa 2020 sia tanto ecologica che intelligente!
Tuttavia, nutro una preoccupazione riguardo alla globalizzazione. Abbiamo opportunamente istituito il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione e ben presto avremo il brevetto europeo. Tuttavia, il Commissario Tajani ha posto la questione della necessità di poter beneficiare tutti delle medesime condizioni a livello globale. E’ importante che le aziende cinesi investano in Europa, ma devono vigere condizioni di parità. Se fosse effettivamente vero che sono coinvolti importanti finanziamenti statali, significherebbe che qualcosa non sta andando per il verso giusto. Il ritorno al protezionismo non è uno dei nostri obiettivi – come ha appena dichiarato l’onorevole Audy – ma si tratta di garantire la necessaria trasparenza in settori chiave, quali le tecnologie di informazione e comunicazione, e altri settori cruciali per l’Europa. Non si tratta di un veto europeo. Non stiamo dicendo “ecco gli azionisti, questi altri sono i supervisori”, ma é veramente importante che noi che rappresentiamo l’Europa esaminiamo adeguatamente la questione. Non sarebbe stato fuori luogo discutere di questo argomento in risposta all’ eccellente relazione dell’onorevole Lange. La discussione proseguirà e la invito, Commissario Tajani, a unirsi a noi nella discussione.
Kathleen Van Brempt (S&D). – (NL) Signora Presidente, signor Commissario, con la relazione Lange è probabile che domani si assista a una posizione alquanto compatta del Parlamento sull’importanza di una politica industriale. Per lei, signor Commissario, sarà un’autentica boccata di ossigeno. Esiste un grado di consenso considerevole tra i diversi gruppi sul fatto che la politica industriale in Europa debba avere un futuro e che questo futuro debba essere sostenuto.
Tuttavia, tale consenso non si estende oltre. Se tentassimo di stabilire quale genere di politica industriale intendiamo sostenere e quali delle sue componenti riteniamo debbano essere preservate in futuro ci troveremmo in forte disaccordo. Lei stesso ha fatto riferimento al fatto che abbiamo bisogno di un’industria che utilizzi meno energia e meno materie prime. Sono d’accordo con lei su questo punto, per quanto riguarda gli obiettivi di breve periodo. Quanto, invece, agli obiettivi di lungo periodo, abbiamo bisogno di un passo molto più grande. Come scuramente lei saprà, signor Commissario, l’attività di gestione richiede uno sguardo proiettato al futuro. Dobbiamo avere il coraggio di dire che entro il 2050 disporremo di un sistema di approvvigionamento dell’energia interamente basato sull’energia sostenibile e dobbiamo incominciare sin d’ora a prepararci in tal senso.
Secondo: la questione dei materiali. Dobbiamo effettivamente garantire che i telefoni cellulari vengano riciclati in modo più efficace nei prossimi anni, ma in futuro dovremo assicurarci di produrre dei telefonini che siano del tutto compatibili con il concetto cradle-to-cradle, affinché tutti componenti dei telefonini vengano sistematicamente recuperati e utilizzati per produrre nuovi telefoni cellulari. Si tratta di quel genere di politica generale che deve essere sviluppata entro il 2050, e mi auguro che la Commissione prenda una decisione proprio ora, in modo da garantire che l’industria europea possa disporre di un quadro molto chiaro verso il quale procedere.
Antonio Cancian (PPE). - Signora Presidente, onorevoli colleghi, signor Commissario, credo che il testo della relazione Lange sia un testo equilibrato, che ha il principale merito di mettere al centro della propria analisi alcuni elementi cruciali, in particolar modo il rilancio della politica industriale europea e lo spostamento del focus dalle attività finanziarie all'economia reale. Attenzione, però, che i servizi collegati direttamente o indirettamente all'impresa ne fanno parte integrante.
Qualche criticità e qualche proposta: per quanto riguarda il paragrafo 89, relativo alla cooperazione rafforzata per il brevetto europeo, credo, Commissario Tajani, che soprattutto per noi italiani, il brevetto unico europeo sia essenziale e indispensabile. La situazione di stallo che si è creata attraverso la cooperazione rafforzata, a mio avviso, potrà essere superata solamente portando avanti il brevetto europeo nella sola lingua inglese, perché si creerebbe, con le tre lingue, un precedente inaudito.
Seconda considerazione: la mancanza di proposte per finanziamenti innovativi. Nel testo viene spesso citata la necessità di procedere speditamente verso la realizzazione di infrastrutture transeuropee, cruciali per lo sviluppo del continente, ma si parla poco di come finanziare tali reti.
Proprio oggi abbiamo approvato una relazione d'iniziativa che analizza profondamente il sistema dei project bond in un sistema di PPP, quindi tali da offrire garanzie sui titoli emessi dalle società create per realizzare e gestire le stesse infrastrutture, l'on. Audy prima ha citato qualche esempio.
Il mancato richiamo al legame tra la politica industriale dell'Unione europea e i progetti strategici per l'Unione, tipo Galileo, ITER e quant'altro. Ci deve essere un maggiore legame tra la ricerca e l'innovazione. Commissario Tajani, credo che la sfida che ha di fronte sia di vitale importanza per tenere il contesto sociale. Infatti, la tenue ripresa che riscontriamo non riassorbe la disoccupazione venutasi a creare in questi tre anni. Bisogna agire, purtroppo, in tempo e velocemente.
Henri Weber (S&D). – (FR) Signora Presidente, l’eccellente relazione dell’onorevole Lange presenta tre caratteristiche positive.
Innanzi tutto, propone una strategia industriale integrata per l’Unione europea; ovvero, una strategia allo stesso tempo continentale e collaborativa, che differisce a tutti i livelli dalle politiche fortemente nazionalistiche e non collaborative che abbiamo avuto in Europa negli ultimi 15 anni.
Secondo, questa strategia industriale viene finanziata, il che è fortemente in contrasto con la strategia Lisbona 2000. Se non fosse finanziata resterebbe, di fatto, lettera morta. Come è emerso con chiarezza nella votazione di questa mattina, la principale fonte di questi finanziamenti sarà rappresentata da project bond, Eurobond e progetti europei.
Terzo, questa strategia protegge le nostre industrie. Questa relazione vuole aprire l’Europa verso l’esterno, ma è contraria alla sua svendita. E’ favorevole agli scambi basati sulla reciprocità e sull’equilibrio. Diversi articoli trattano questi argomenti. Si tratta di una questione assolutamente cruciale, perché su questa tematica sembriamo deboli ed ingenui.
Alajos Mészáros (PPE). – (HU) Signora Presidente, signor Commissario, nel corso della crisi abbiamo potuto constatare quanto sia importante l’industria nella nostra economia. Sfortunatamente, le nostre politiche in materia sono spesso ancora fondate sull’idea che i mercati debbano regolarsi da soli. In tal senso la strategia Europa 2020 è un’iniziativa pionieristica, la prima a riconoscere la necessità di una nuova impostazione. L’industria europea deve mantenere la propria leadership in settori cruciali e non deve assolutamente restare indietro.
Dobbiamo ritenere prioritarie la ristrutturazione del settore finanziario e il coordinamento della macroeconomia fiscale, poiché solo attraverso queste riforme potremo garantire il successo della nostra politica industriale. Abbiamo bisogno di un nuovo ed esauriente quadro normativo che possa ricondurre il sistema finanziario verso gli investimenti produttivi. Una base industriale che sia competitiva su scala globale e un’industria fondata sulla conoscenza incentrata sulla produzione debbono essere al centro della nostra politica industriale. A tale scopo, tuttavia, abbiamo bisogno di tutta la filiera dell’innovazione. In questo caso dovremmo parlare non solo di innovazione tecnologica, ma anche di innovazione nel design e nella qualità dei prodotti.
Inoltre, dobbiamo incoraggiare le sinergie all’interno del settore. Queste comprendono il nesso tra politica energetica e politica industriale. La fornitura di energia è un fattore essenziale e i nuovi mercati in crescita sono quelli legati alle fonti rinnovabili di energia, i quali potrebbero portare alla creazione di nuovi posti di lavoro. E’ anche cruciale poter disporre di un accesso affidabile alle materie prime e questo ci pone di fronte a sfide sempre più gravi. Oltre ad assicurarci la disponibilità delle risorse esistenti dobbiamo anche essere in grado di dare attuazione al nostro impegno per il riciclaggio.
Inoltre, dobbiamo fare tutto ciò che possiamo per rafforzare le PMI, poiché queste imprese sono i principali attori della produzione industriale europea. Dobbiamo incoraggiare la loro massima partecipazione agli appalti pubblici e dobbiamo assisterle nell’ottenere l’accesso a mutui bancari a condizioni vantaggiose.
Ioan Enciu (S&D). – (EN) Signora Presidente, innanzi tutto, desidero congratularmi con l’onorevole Lange per aver prodotto questa importante relazione. E’ molto importante, in questi tempi di austerità economica che le istituzioni europee esercitino pressioni a favore di una politica industriale forte e coesa per la tenuta dell’occupazione in Europa e per incoraggiare una ritrovata competitività. Il vicepresidente Tajani ha dichiarato che l’industria è al centro dell’Europa ed il suo ruolo è indispensabile per trovare delle soluzioni alle sfide poste alla nostra società oggi e in futuro.
La posizione del gruppo S&D è che l’industria svolge un ruolo cruciale per l’occupazione in Europa. Ecco perché dobbiamo valorizzare gli sforzi volti al mantenimento di una forte base industriale in Europa. Personalmente tengo in modo particolare allo sviluppo delle infrastrutture necessarie laddove non esistano.
Infine, sono lieto di vedere che la relazione finale sostiene con grande vigore l’importanza delle materie prime nel settore industriale del futuro.
Lara Comi (PPE). - Signora Presidente, onorevoli colleghi, mi congratulo con il Commissario Tajani per il lavoro svolto e anche con i relatori. Sono a favore di questa importante relazione che rappresenta il contributo del Parlamento europeo al dibattito sulla politica industriale europea.
Vi sono molti elementi positivi, che appoggio con forza. In primo luogo ritengo che debba essere compiuto ogni sforzo possibile per riaffermare il ruolo centrale dell'industria europea sulla scena mondiale e per sostenere in particolar modo le piccole e medie imprese che rappresentano un pilastro fondamentale nel mercato interno.
Inoltre, concordo pienamente con quanto si afferma nella relazione relativamente alla necessità e urgenza di predisporre una disciplina europea del marchio d'origine, per migliorare la competitività delle imprese e per consentire finalmente ai consumatori europei di scegliere in modo consapevole i prodotti normalmente associati ad una reputazione di qualità. Purtroppo è ben nota la contrarietà di alcuni Stati in seno al Consiglio su questo specifico punto già dal 2005. Dobbiamo però cercare di superare questo blocco, sulla base della posizione fortemente favorevole del Parlamento europeo in più riprese e questo è importante durante l'iter legislativo di diversi atti comunitari. La voce dei cittadini europei non può essere disattesa nuovamente, soprattutto quando è fondata su basi così solide: si tratta di dare alle nostre politiche maggiore democraticità.
Un secondo appello è sicuramente quello riferito ai giovani imprenditori – che lei Commissario ha citato più volte all'interno del suo rapporto – perché ritengo siano veramente il futuro della politica industriale. Mi permetta di mantenere alcune perplessità su alcuni aspetti, quali il riferimento esplicito a nuove misure legislative in materia di efficienza delle risorse, la creazione di una task force a livello nazionale per la gestione dei processi di ristrutturazione e soprattutto la cooperazione rafforzata in tema di brevetto europeo.
Ivari Padar (S&D). – (ET) Signora Presidente, desidero innanzi tutto ringraziare il relatore. L’Europa necessita di un nuovo approccio per la politica industriale e per il finanziamento dei relativi programmi. In aggiunta alle riforme strutturali della prospettiva finanziaria dell’Unione europea, bisognerebbe valorizzare anche gli strumenti finanziari innovativi. Non mi riferisco solo agli Eurobond o ai project bond, ma anche a un’impostazione del tutto nuova alla politica industriale, alla scienza e ai finanziamenti per l’innovazione. Dobbiamo aiutare le piccole imprese innovative a crescere. Dobbiamo trovare nuovi modi per aiutare le aziende a condividere i rischi e abbinare strumenti diversi anche su base paneuropea.
L’Estonia, ad esempio, ha un’esperienza importante nell’utilizzare i fondi rotativi, i quali garantiscono il rischio, invece che distribuire finanziamenti e assistenza diretta. Nel ciclo dell’innovazione, questi fondi hanno agevolato l’aumento consistente di finanziamenti di questo genere alle imprese. I finanziamenti sono importanti, ma ciò che è ancor più importante nello stadio della ricerca di base, è trovare nuove e più efficienti modalità di impiego dei fondi pubblici.
Silvia-Adriana Ţicău (S&D). – (RO) Signora Presidente, la politica industriale dell’Unione europea deve creare un contesto adeguato ad alimentare il contributo del settore industriale al PIL dell’Unione europea. Deve anche migliorare la competitività dell’Unione europea e creare posti di lavoro in tutta l’UE. La strategia industriale deve individuare tanto gli ambiti strategici in cui si dovrà investire, che le necessarie fonti di materie prime. Chiedo al signor Commissario e agli Stati membri di garantire che tali priorità siano sostenute dalla prospettiva finanziaria futura, dai bilanci annuali e dalle politiche di settore dell’Unione europea.
Il consumo di energia è un indicatore della produzione industriale. Abbiamo bisogno di una politica industriale ecoefficiente, in grado di fornire in modo sostenibile la necessaria capacità produttiva in tutta l’Unione europea, riducendo la dipendenza energetica dell’UE. La competitività dell’Unione europea dipende fortemente dalla sua capacità di innovazione, ricerca e sviluppo, e dal nesso tra innovazione e processo produttivo. Dobbiamo mettere a disposizione della ricerca e sviluppo maggiori fondi pubblici, in modo da mobilitare gli investimenti privati. La semplificazione delle procedure e la riduzione della burocrazia sono dei presupposti imprescindibili per aumentare il grado di coinvolgimento dell’industria.
Edit Herczog (S&D). – (HU) Signora Presidente, la crisi economica ha dimostrato la maggiore vulnerabilità del settore dei servizi rispetto alla politica industriale, e l’Europa deve pertanto ancora una volta porre la propria attenzione verso quest’ultima. Sono, dunque, molto lieta sia dell’atteggiamento del Commissario Tajani che della relazione dell’onorevole Lange su tale argomento. E’ stato un piacere lavorare a questa relazione. Ognuno dei partecipanti ha voluto portare il proprio contributo, non impuntandosi sulle difficoltà, bensì cercando di capire come accelerare questo processo. E’ imperativo comprendere che l’Unione europea deve svolgere un ruolo chiave nel definire i propri obiettivi, e nel rappresentare un traino per gli Stati membri lungo questo percorso.
L’Unione europea deve coordinare e accompagnare gli Stati membri, obbligandoli a rendere conto dei risultati ottenuti in questo settore. La politica industriale dà all’Europa la possibilità di guadagnare un vantaggio competitivo nelle industrie manifatturiere, nelle biotecnologie, nelle nanotecnologie, nell’industria chimica, così come nei settori collegati con l’industria aerospaziale. Dobbiamo comprendere che nella politica industriale del XXI° secolo l’importanza della forza della conoscenza e dell’efficienza dei materiali utilizzati è in aumento. Nel contempo, dobbiamo rafforzare le relazioni verticali, dall’istruzione alla ricerca alle opportunità di mercato. Debbono anche essere instaurati i rapporti con i fornitori, comprese le piccole e medie imprese, così come le relazioni orizzontali. Riteniamo che il dialogo sociale non possa essere aggirato.
Alejo Vidal-Quadras (PPE). – (ES) Signora Presidente, questa relazione sulla politica industriale, su cui voteremo domani, contiene un punto che non verrà appoggiato dai colleghi spagnoli, perché prevede l’opzione di istituire un unico brevetto comunitario sfruttando, come strumento legale, il meccanismo della cooperazione rafforzata.
Non è una posizione adottata solo dai membri spagnoli di questo Parlamento, ma anche da colleghi provenienti da altri Stati membri, i quali, in primo luogo, mettono in dubbio la liceità della cooperazione rafforzata intesa come strumento legale adeguato per il caso di specie, e, in secondo luogo, denunciano l’inosservanza della regola dell’unanimità, che dev’essere applicata in tutti i casi relativi alle norme che disciplinano le lingue.
Tuttavia ho richiesto la parola, signora Presidente, per richiamare l’attenzione del Parlamento sul parere 1/09, pubblicato oggi dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, che afferma che il Tribunale del brevetto comunitario, così come viene proposto attualmente, non è compatibile con i trattati.
La posizione, del tutto chiara, assunta dalla Corte di giustizia, rappresenta un notevole ostacolo all’adozione dello strumento della cooperazione rafforzata nel caso di specie. Mi auguro che questa decisione spinga gli altri parlamentari ad unirsi a noi per difendere l’uguaglianza di tutti gli Stati membri e l’applicazione rigorosa del diritto primario europeo.
Giovanni Collino (PPE). - Signora Presidente, onorevoli colleghi, la relazione sulla politica industriale è completa, analizza tutte le debolezze del sistema e ci indica la strada del rispetto dei principi dell'economia sociale di mercato. Dobbiamo però con realismo prendere atto che, fino ad oggi, l'Europa non ha avuto una sua politica industriale.
Infatti, la produttività del sistema manifatturiero in Europa vive una fase di difficoltà, mentre i paesi emergenti non solo sono in crescita, ma investono fortemente in ricerca e tecnologia. Per far crescere l'industria e il lavoro in Europa c'è bisogno di mettere in campo, oltre alle attuali regole, interventi straordinari, fino addirittura a rivedere la distribuzione delle competenze fra gli Stati membri e l'Unione.
In una nuova visione culturale delle relazioni industriali, vanno anche riviste le politiche e i sistemi redistributivi, ponendo il modello di partecipazione dei lavoratori all'utile d'impresa al centro della riflessione. La strategia 2020 stabilisce obiettivi che l'Unione europea non può permettersi di mancare e per raggiungere tutti i livelli previsti l'Europa deve vincere la sfida della crescita industriale, rafforzando la formazione e la ricerca a sostegno della piccola e media impresa.
Mairead McGuinness (PPE). – (EN) Signora Presidente, vorrei ringraziare il relatore per questa importante relazione. È bello constatare che il settore industriale è di nuovo all’ordine del giorno in Europa.
Ritengo che ciò di cui abbiamo bisogno sia un’economia europea equilibrata. Di solito parlo per lo più di politica agricola e alimentare, ma ho deciso di partecipare a questa discussione perché ritengo che parlare di industria, agricoltura e servizi sia di fondamentale importanza. L’Europa ha bisogno di trovare un equilibrio tra questi tre settori e non riconoscerlo sarebbe sciocco.
Vorrei richiamare l’attenzione, in particolare, sul paragrafo 112, che fa riferimento al libero scambio, definendolo come la pietra angolare della crescita economica europea. Tale paragrafo, però, parla anche di concorrenza leale a livello globale e, in particolare, esorta, nell’ambito della sottoscrizione di accordi commerciali bilaterali o di accordi multilaterali, a tenere in considerazione i principi dello sviluppo sostenibile, le questioni sociali ed ambientali e l’osservanza di opportuni standard. Quelli tra noi che si occupano del settore agricolo direbbero esattamente lo stesso. Perciò, ritengo che questa sia una relazione importante sotto tutti i punti di vista.
Adam Gierek (S&D). – (PL) Signora Presidente, uno dei fattori decisivi che influiscono sulla crescita economica nell’Unione europea è la tendenza a muoversi verso “un’economia verde”. Questa è una buona notizia. La modalità con cui gli attuali regolamenti europei operano, tuttavia, è cieca e arbitraria e produce l’effetto opposto, limitando, in altre parole, i progressi nel raggiungimento di quest’obiettivo. Il settore europeo del rame è diventato un esempio di questo impatto negativo. È indubbio che sia il pacchetto “Clima ed energie rinnovabili” che la direttiva sui benchmark causeranno un crollo nella produzione di rame, che, come sappiamo tutti, è un metallo molto richiesto per le tecnologie innovative e a basso consumo energetico, in particolare in relazione alla trasmissione dell’elettricità ed al trasferimento di calore negli scambiatori di calore.
Vorrei chiedere al commissario se non sia giunto il momento – dato che siamo ancora in tempo per agire – almeno di rivedere alcuni aspetti di questi regolamenti e di porre fine a queste misure rovinose.
Mario Pirillo (S&D). - Signora Presidente, onorevoli colleghi, Commissario Tajani, la profonda crisi economica internazionale ha colpito principalmente l'industria. La tesi che i mercati dovrebbero autoregolarsi si è dimostrata errata. È mancata da parte dell'Europa la capacità di dare una risposta univoca e di analisi economica. Occorre, dunque, che l'Europa si doti di una base industriale solida, competitiva e diversificata.
La nuova politica industriale europea deve saper guardare al futuro, avendo un approccio globale sulle proprie politiche, finalizzate a riaffermare la centralità dell'industria, soprattutto manifatturiera, che deve continuare ad essere il cuore pulsante della nostra economia ed a innescare nuove dinamiche di crescita intelligenti, sostenibili ed inclusive.
Condivido e mi compiaccio con l'on. Lange per la sua relazione che prende in esame tutti questi elementi e che offre interessanti spunti di riflessione.
Jaroslav Paška (EFD). – (SK) Signora Presidente, l’economia globale sta vivendo, ormai da molto tempo, cambiamenti epocali. Oltre alle zone industriali tradizionali, si stanno sviluppando nuovi e potenti centri industriali. Stiamo assistendo alla nascita di un ambiente fortemente competitivo, in cui dovremo impegnarci sempre più strenuamente a mantenere in essere un livello occupazionale significativo per i nostri cittadini.
In questa gara che ci vede opposti ad altri settori industriali, siamo penalizzati dalla presenza di due pesanti inconvenienti. Il primo riguarda le enormi differenze nell’ordinamento giuridico che disciplina le attività commerciali, la risoluzione delle controversie o l’applicazione degli obblighi legali. Tali differenze non consentano una maggiore apertura nei confronti di attività transfrontaliere tra le diverse giurisdizioni degli Stati membri. Questo aspetto è collegato al secondo inconveniente, l’eccessiva burocrazia, che non solo fagocita la liquidità generata dal settore industriale, senza produrre alcun valore aggiunto, ma che addirittura grava – con ogni tipo regolamento, linea guida o dichiarazione da produrre – sulle spalle dei lavoratori da cui dipende.
Signor Commissario, nessuno dei paesi in rapido sviluppo deve fare i conti con l’elefantiaco sistema amministrativo a cui siamo confrontati in Europa.
Antonio Tajani, Vicepresidente della Commissione. − Signora Presidente, onorevoli deputati, credo che la partecipazione di tanti parlamentari in una seduta notturna dimostri quanto sia importante per tutti quanti noi il tema della politica industriale, e quanto sia giusto, visto che c'è un accordo consensuale, mettere al centro della nostra azione politica per uscire dalla crisi, per creare sviluppo e posti di lavoro, la politica industriale, la politica dell'impresa, insomma, l'economia reale, che è anche mercato interno, che è anche innovazione, che è anche concorrenza, che è anche politica sociale, perché noi non possiamo pensare – e credo di essere stato chiaro sia nel corso del mio intervento, sia nel testo sulla politica industriale che ho presentato alla Commissione – che l'impresa e l'industria siano soltanto il capitale economico, poiché sono anche il capitale umano, sono il territorio, sono la realtà locale nella quale operano.
Come ho detto anche nel corso dell'audizione di fronte al Parlamento prima della mia nomina a Commissario per l'industria, questa è la mia visione, una visione più ampia che è figlia di una concezione che fa parte del trattato di Lisbona, che è quella di un'economia sociale di mercato.
Tutte le nostre azioni, in politica economica e anche per l'economia reale, hanno come fine ultimo la politica sociale. Il nostro obiettivo non è l'arricchimento dell'imprenditore, non è l'arricchimento di chi investe, ma l'arricchimento di chi investe è uno strumento per dare risposte ai cittadini dell'Unione europea.
Adesso si tratta di applicare e di difendere le scelte che abbiamo fatto e che stiamo facendo – che sono contenute nel documento Europa 2020 – con una forte azione di applicazione delle scelte politiche che abbiamo fatto. Non vi nascondo, e non mi nascondo, i pericoli che ancora esistono. Il partito della speculazione è ancora vivo e presente e non escludo che possano esserci ancora tentativi di colpi di coda da parte degli speculatori.
Deve essere molto chiaro che noi stiamo dalla parte dell'economia reale e la speculazione che arricchisce soltanto chi fa un'operazione è ben diversa dall'azione di un'impresa, di un'industria che crea benessere per molti cittadini. Dobbiamo però restare vigili, lavorando e applicando la nostra politica industriale: per questo motivo nel documento di politica industriale della Commissione europea ci sono una serie di test di competitività che servono a verificare l'applicazione di una seria politica industriale, che permetta al nostro sistema imprenditoriale di affrontare la sfida nell'era globale.
Non mi sottraggo neanche alla domanda posta dall'on. van Nistelrooij: credo che la partita debba essere giocata sempre ad armi pari, con le stesse regole. Presidente, quando l'Anderlecht gioca in casa deve avere le stesse regole contro il Liegi, deve avere le stesse regole di quando va a Liegi a giocare la partita fuori casa, e questo deve valere anche per il nostro sistema industriale. Le nostre industrie quando giocano in Europa devono vedere le loro stesse regole applicate anche quando vanno al di là dell'Unione europea.
Credo che questa sia una buona regola di difesa del mercato, della concorrenza, della crescita, ma anche di difesa dei diritti dei lavoratori dell'Unione europea. Ma anche per difendere il sistema industriale europeo credo sia giusto sostenere il principio che è contenuto nel documento di cui stiamo discutendo a favore del marchio di origine. Mi pare un segno forte che il Parlamento dà ancora una volta, in sintonia con la Commissione europea.
Certamente, molte altre cose devono essere fatte in un'azione per rendere meno pesante la burocrazia nei confronti delle imprese e dell'industria. Come è stato scritto nella revisione dello Small business act dobbiamo ridurre i tempi per realizzare un'impresa, ridurre una burocrazia che a volte è eccessiva e che strangola la voglia di fare impresa, dobbiamo aiutare i giovani a diventare imprenditori, dobbiamo lavorare molto sull'aspetto della formazione, per questo credo nell'importanza dei cluster dove scuola, università, piccole e medie imprese, grandi imprese, ricerca e innovazione operano insieme per far crescere la competitività del nostro sistema imprenditoriale. Ne abbiamo già 2 000 in Europa, credo che questo esperimento debba essere moltiplicato.
Sul tema dell'accesso al credito, molto è stato fatto, molto possiamo fare, e non posso che essere soddisfatto nel vedere che l'amministratore delegato della borsa di Londra – il Regno Unito è uno dei paesi dove molto è stato fatto a favore dei servizi, delle banche e della finanza – farà parte del forum di accesso al credito organizzato dalla Commissione europea a pieno titolo, a dimostrazione che il mondo della finanza, o una parte del mondo della finanza, vuole essere partecipe della crescita e dello sviluppo delle piccole e medie imprese e del nostro sistema industriale.
Questo segnale che arriva da Londra, e non è il solo che arriva dal Regno Unito, mi fa ben sperare in questa inversione di tendenza che in Europa deve esserci a favore dell'economia reale.
Per quanto riguarda le materie prime – argomento che è stato sollecitato in più interventi – sono assolutamente convinto che si debba continuare sulla strada intrapresa. C'è stato un documento della Commissione europea, ci sarà un dibattito in seguito a quello che stiamo svolgendo adesso su una parte del tema delle materie prime. Sono assolutamente favorevole – come ho detto nel corso del primo intervento – affinché si possa lavorare attraverso la ricerca per riciclare materie prime, si possa lavorare anche per trovare sostituti alle materie prime rare.
Quindi, con un'attività legata anche alla nostra politica sull'innovazione, una delle innovational partnership previste dalla Commissione europea riguarda proprio l'innovazione del settore delle materie prime. Ripeto, riciclaggio e sostituzione, su questa strada io credo si debba continuare ad andare avanti per dare risposte concrete alla nostra industria, comprese le iniziative di politica internazionale, come ho detto in più occasioni.
Dopo l'accordo con l'Unione africana, dopo l'apertura di un dibattito con la Federazione russa sul tema delle materie prime, andrò in America Latina all'inizio del mese di giugno per affrontare, in Brasile, Argentina e Cile il tema delle materie prime.
L'Europa deve dare una risposta concreta al settore industriale, come lo deve dare al settore delle piccole e medie imprese. Per questo dobbiamo continuare a lavorare per mettere in pratica lo Small business act. C'è molto da fare, abbiamo chiesto a tutti gli Stati membri di nominare un ambasciatore delle piccole e medie imprese, come ha fatto la Commissione europea. Stanno arrivando segnali positivi, alcuni paesi lo hanno già nominato o hanno annunciato la loro intenzione di volerlo fare, e questo in un contesto più ampio, perché non possiamo separare la grande industria dalla piccola e media impresa. La crescita dell'economia reale è legata al mercato interno, alla politica industriale e alla politica delle PMI.
Concludo, visto che è stato evocato più volte il ruolo del sindacato, per la prima volta un Commissario all'industria ha riunito i rappresentanti dell'industria, delle PMI e del sindacato per discutere della politica delle ristrutturazioni. È stato l'inizio di una nuova stagione di confronto per vedere insieme, seduti attorno a un tavolo organizzato dalla Commissione europea i rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro, nell'interesse della crescita economica, nell'interesse superiore di tutti i cittadini dell'Unione.
Presidente. – Signor Commissario, ho preso doverosamente nota della sua allusione e del suo rimando al campionato di calcio belga, ma mi auguro di non doverli considerare come una sorta di profezia.
Bernd Lange, relatore. – (DE) Signora Presidente, Commissario Tajani, onorevoli colleghi, vi ringrazio sentitamente per i vostri numerosi contributi, vere e proprie fonti di ispirazione.
Commissario Tajani, i quattro punti-chiave che ci accomunano sono ben chiari. In primo luogo, vogliamo garantire che la politica industriale venga posta al centro della politica europea. In secondo luogo, vogliamo garantire che la sostenibilità e la competitività vadano di pari passo, sviluppandole ulteriormente. In terzo luogo, non dobbiamo adottare un approccio dogmatico, dato che questo settore non può essere disciplinato solo dal mercato o solo dallo Stato. Sono necessarie misure pratiche e sensate. In quarto luogo, questo è solo l’inizio e non la fine del dibattito sull’ammodernamento della politica industriale dell’Unione europea.
Stiamo tendendole una mano, Commissario Tajani, ma siamo anche consapevoli che dobbiamo prenderla in parola. Ci aspettiamo proposte legislative concrete nonché misure reali volte a fornire un sostegno finanziario, in particolare nel settore della ricerca.
Commissario Tajani, se riusciremo nel nostro intento e se la mano che le stiamo tendendo e la dichiarazione che ha reso sono compatibili, forse ci troveremo in una situazione simile a quella della fine del meraviglioso film “Casablanca”, quando Humphrey Bogart dice al capo della polizia: “credo che questo sia l’inizio di una bella amicizia”!
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà mercoledì 9 marzo 2011 alle 11:30.
Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)
Adam Gierek (S&D), per iscritto. – (PL) L’internazionalizzazione del commercio e la nascita delle multinazionali sono solo alcuni dei numerosi aspetti della globalizzazione. Quando si discute in merito alla politica industriale dell’Unione europea, si deve rispondere al seguente interrogativo: di che tipo di industria ha bisogno l’Europa? Di un’industria di stampo corporate, incentrata sul concetto di filiale e caratterizzata da una produzione di massa su ampia scala, oppure di un’industria regionale su scala ridotta, se non addirittura di un’industria nazionale?
Le grosse multinazionali, che talvolta possono essere più ricche di certi paesi, accumulano enormi utili – ma anche tasse, compresa l’IVA – in un solo luogo, che il più delle volte coincide con il loro paese d’origine. Se si esclude l’occupazione, ai paesi in cui si concentra la produzione vengono lasciate solo le spese. La Fiat, ad esempio, è una multinazionale che genera entrate per un importo pari al 4 per cento del PIL della Polonia in termini statistici, ma i suoi utili e la maggior parte dei proventi fiscali sono destinati ad un altro paese.
Inoltre, questa società, di recente, ha trasferito la produzione dei suoi veicoli Panda in Italia, per motivi politici e nazionali, di certo non per motivi economici. Risulta evidente un conflitto di interessi. La situazione sociale si sta deteriorando in Polonia, ma sta migliorando in Italia. Le multinazionali hanno già devastato la Polonia, rilevando aziende per importi pari al 10 per cento del loro valore dopo la fine della Repubblica popolare di Polonia. Gli errori compiuti dai teorici liberali, compreso Balcerowicz, hanno comportato l’apertura dei confini della Polonia alla concorrenza globale di ricche aziende. Il risultato si è concretizzato rapidamente nella distruzione del nostro settore industriale, nella chiusura di stabilimenti e di infrastrutture scientifiche competitive, nonché nell’aumento vertiginoso della disoccupazione. Questa situazione sta attanagliando ora i vecchi Stati membri dell’Unione europea, sebbene con un certo ritardo. Abbiamo bisogno di una solida politica industriale, ma non di un nazionalismo economico.