Peter Jahr (PPE). – (DE) Signor Presidente, scopo della proposta è istituire un nuovo protocollo che fissi le possibilità di pesca e il contributo finanziario previsti dall’accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Comunità europea e l’Unione delle Comore.
La risoluzione proposta definirà le possibilità di pesca che si offrono alle navi dell’Unione europea, a seconda della disponibilità di stock ittici in eccesso, e il contributo finanziario richiesto in cambio dei diritti di accesso e del sostegno settoriale.
In linea di massima approvo l’accordo. Una pesca controllate è sempre da preferire a una pesca incontrollata. Dobbiamo tuttavia utilizzare in maniera debita tale accordo e valutarne sempre i risultati. Per me, la questione è molto semplice e diretta: anche se al momento vi sono stock ittici in eccesso, dobbiamo chiederci se questo vale anche per gli anni a venire.
Daniel Hannan (ECR). – (EN) Signor Presidente, leggendo il nostro elenco di votazione odierno, ho le sensazione di trovarmi di fronte a un elenco delle vivande lungo e costoso. Ognuna delle voci si traduce in un reimpiego delle risorse dai contribuenti europei a un qualche fondo per la pesca, o al fondo di solidarietà, o per salvare la zone colpite dalle inondazioni, e così via.
Vorrei concentrarmi su un abuso specifico di tale processo, che consente nell’appellarsi all’articolo 122, paragrafo 2, per mobilizzare denaro per le operazioni di salvataggio delle economie in difficoltà, in particolare quella portoghese. Tale fondo è stato progettato per le catastrofi naturali quali sismi e inondazioni. è stato reinterpretato a significare un’economia che ha finito i soldi. è palesemente illegale. Non solo non è previsto dai trattati, ma è anche esplicitamente vietato dalla clausola del “no bail out”. L’Assemblea sta apertamente violando le sue stesse norme. Salvando questi paesi li danneggiamo – perché non si aiuta un amico indebitato offrendogli altri prestiti – e, naturalmente, danneggiamo i nostri stessi contribuenti, oltre che violare la legge. è assurdo che Irlanda e Grecia si uniscano all’operazione di salvataggio del Portogallo. Non si può continuare in eterno ad affondare sempre di più nei debiti. La resa dei conti è vicina.
Syed Kamall (ECR). – (EN) Signor Presidente, nelle votazioni di ieri abbiamo discusso la questione delle migrazioni. Uno degli aspetti che si sarebbe dovuto trattare a tale riguardo è come rendere meno appetibile per le persone lasciare il loro paese, o come rendere preferibile per loro rimanere nel proprio paese, e il motivo per cui cercano di abbandonare il proprio paese, rescindendo spesso legami familiari e altri legami affettivi locali.
Una delle cose a cui dobbiamo prestare attenzione è l’impatto delle nostre politiche nell’UE. Quando sottoscriviamo questi accordi per la pesca – spesso con governi di paesi che ne traggono vantaggio – tali accordi beneficiano veramente i pescatori locali?
Dovremmo sicuramente riesaminare tutti questi accordi nel settore della pesca e, invece di sottoscriverli, dovremmo forse potenziare le capacità dei pescatori locali di creare prosperità e più posti di lavoro in loco, per stimolare le persone a rimanere nei propri paesi invece di tentare di fuggire.
Se non valutiamo attentamente le implicazioni di alcuni di questi accordi, aumenterà la domanda di emigrazione e finiremo per dover discutere di tale questione invece che delle problematiche oggetto della discussione odierna.
Izaskun Bilbao Barandica (ALDE). – (ES) Signor Presidente, ho votato a favore dell’accordo in quanto le esportazioni di prodotti della pesca della Groenlandia rappresentano l’82 per cento delle esportazioni del paese, l’87 per cento delle quali finisce nell’Unione europea, e principalmente in Danimarca (il 97 per cento).
Vi è disaccordo con la Commissione circa la base giuridica, ma condivido il parere della commissione per gli affari legali, che ha adottato all’unanimità l’applicazione dell’articolo 43, paragrafo 2, dell’articolo 204 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e dell’articolo unico del protocollo n. 34 sugli accordi speciali con la Groenlandia.
La posizione è avallata anche dai servizi legali del Parlamento europeo. Pertanto, in linea col processo legislativo, questa va interpretata come la prima lettura del Parlamento.
Apprezzo infine la posizione del Commissario, che ha accettato la base giuridica e si è detta disponibile a mediare un accordo col Consiglio e a non rinviare ulteriormente un accordo così importante.
Pino Arlacchi (S&D). – (EN) Signor Presidente, il mio gruppo ha votato a favore della relazione. Ho preso atto del fatto che la discussione in Parlamento sulla questione dei richiedenti asilo non ha assunto il tono acceso frequentemente utilizzato in diversi Stati membri dell’UE.
Forse ciò è dovuto al fatto che, contrariamente all’opinione diffusa, il numero complessivo di persone che hanno fatto domanda di asilo in occidente è sceso di oltre il 40 per cento nell’ultimo decennio, secondo i dati appena pubblicati dalle Nazioni Unite.
Nel 2010 sono state inoltrate un totale di 358 000 domande di asilo nei paesi industrializzati, a fronte delle 620 000 del 2001. Il calo è principalmente dovuto alla situazione dei fattori che spingono ad emigrare nelle aree di origine. Pertanto, il quadro è molto più incoraggiante di quanto non si pensi.
Silvia Costa (S&D). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, voglio fare naturalmente i miei rallegramenti alla relatrice per questa relazione che dà veramente il segno di un passo in avanti significativo nelle politiche comunitarie, invitando la Commissione europea a presentare una proposta di direttiva sulle procedure da adottare dagli Stati membri per riconoscere ed eventualmente revocare la protezione internazionale. Credo che i fatti di questi giorni fra le coste africane ed europee indichino quanto c’è bisogno che il "pacchetto asilo" – come viene chiamato – diventi una norma effettivamente vincolante.
Penso in particolare alla positività di alcuni emendamenti che sono stati approvati, ad esempio tutta la questione delle maggiori garanzie che si danno in particolare ai minori ritenendo che i minori non possono essere trattenuti in nessun caso, cosa che – faccio una parentesi – sta invece succedendo in questi giorni a Lampedusa, dove i minori sono stati trattati esattamente nello stesso modo degli adulti, insieme agli adulti, in una condizione spesso di assoluta inadeguatezza. Sarebbe stato importante avere questa direttiva prima dei fatti che stanno avvenendo drammaticamente in Europa e in Africa.
Sono molto importanti anche tutte le questioni che riguardano l’attenzione alle persone più vulnerabili, in particolare alle donne, e le questioni che riguardano l’attenzione alle dinamiche familiari e ai ricongiungimenti familiari. Complimenti anche alla relatrice.
Roberta Angelilli (PPE). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, permettetemi di dire all’onorevole Costa che forse, prima di esprimere giudizi su come vengono trattati i minori a Lampedusa, si dovrebbe recare a Lampedusa. Io ci sono stata e ho visto che tutti i minori sono stati trattati secondo quelle che sono le regole italiane e soprattutto internazionali.
Ora torno all’argomento che, come è stato detto da tutti, è di grande attualità. Credo però che tutti gli Stati membri debbano essere obbligati a rispettare pienamente il principio di non respingimento e il diritto di asilo. Bisogna quindi che scatti una condivisione delle responsabilità, mobilitando le risorse del Fondo europeo per i rifugiati e chiedendo all’Ufficio europeo un sostegno forte per rendere effettivo il diritto d’asilo, anche fornendo supporto dal punto di vista della formazione del personale di frontiera e migliorando anche gli strumenti europei in materia d’asilo.
Morten Messerschmidt (EFD). – (DA) Signor Presidente, la relazione che abbiamo adottato oggi afferma che la proposta della Commissione è pragmatica. Faccio fatica a capire cosa ci sia di pragmatico nel privare i popoli dei 27 Stati membri della possibilità di decidere da soli la composizione demografica dei loro paesi.
La politica in materia di asilo e quella relativa agli stranieri sono così intimamente correlate all’esistenza di un paese che è inaudito che l’UE inizi a interferire in tali questioni. è questo il motivo per cui la Danimarca ha mantenuto la deroga relativa alla giustizia e agli affari interni, per consentire al parlamento danese di decidere da solo su tali questioni e per impedire al Parlamento europeo e alle altre istituzioni dell’UE di occuparsi di tali problematiche.
Reputo pertanto scandaloso che la Corte di giustizia europea stia ora cercando di compromettere la deroga danese in materia di giustizia e affari interni, e ancor più scioccante è il fatto che questo Parlamento possa adottare una relazione – non parliamo nemmeno del fatto che è in contrasto con il mio voto e con quello del Dansk Folkepartis – senza nemmeno trattare la questione – la questione che implica l’abolizione del diritto di un popolo di decidere la propria politica nei confronti degli stranieri – e, in particolare, ricorra all’inganno e all’imbroglio nei confronti delle promesse originariamente fatte a un paese come la Danimarca.
Gerard Batten (EFD). – (EN) Signor Presidente, io e i miei colleghi del partito UKIP ci siamo astenuti dal votare sugli emendamenti alla relazione Guillaume sul riconoscimento e la revoca della protezione internazionale, ma il nostro comportamento non va interpretato come indifferenza.
La relazione rappresenta l’evoluzione della politica comune in materia di immigrazione e asilo ai sensi del trattato di Lisbona. Io non voglio il trattato di Lisbona, né una politica comune in materia di immigrazione e asilo. Questi popoli europei non vogliono una politica comune in materia di immigrazione e asilo, per questo è stata loro negata la possibilità di indire u referendum sul trattato di Lisbona.
Mi sono astenuto dal votare sugli emendamenti, in quanto avrebbe comportato un avallo del diritto comunitario esistente e un esercizio minuzioso e cavilloso per decidere quali parti fossero peggiori di altre. Lascio che siano i deputati traditori dei partiti conservatori, laburisti, liberaldemocratici e dei verdi a mercanteggiare sui termini di resa del loro paese. Io e i miei colleghi dell’UKIP abbiamo detto di no a questa relazione e a una politica comune in materia di immigrazione e asilo.
Giommaria Uggias (ALDE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho lavorato come relatore ombra a questo dossier e quindi non potevo che votare, assieme al mio gruppo, favorevolmente. L’ho fatto ritenendo che sia uno strumento molto utile per lo sviluppo di un settore che sarà trainante per l’economia europea.
L’industria si allontana dall’Europa, l’agricoltura soffre di gravi carenze, mentre un settore che può dare una prospettiva occupazionale, di sviluppo economico e di crescita intelligente, inclusiva e compatibile è sicuramente il turismo. In questo senso, lo strumento che abbiamo approvato oggi, che consente una raccolta, un’elaborazione, un trattamento e una trasmissione più moderna rispetto alla situazione precedente, darà sicuramente impulso a questa attività. Ecco perché il voto favorevole mio e del gruppo dell’ALDE.
Roberta Angelilli (PPE). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, appunto dal dicembre 2009 il turismo ha avuto un riconoscimento nel trattato e quindi ha finalmente una base giuridica per uno sviluppo e un sostegno a livello europeo. Del resto il turismo rappresenta per l’Europa un fortissimo motore di crescita. Abbiamo già ricordato che l’industria turistica genera più del 5 per cento del PIL dell’Unione europea, coinvolge quasi due milioni di piccole e medie imprese e sviluppa un tasso di occupazione che supera il 12 per cento.
Abbiamo bisogno di più studi e di più statistiche comparate, proprio perché queste sono utili per monitorare i fenomeni, per consentire comparazioni tra gli Stati membri, evidenziare le modalità di utilizzo dei fondi comunitari e sviluppare le buone pratiche, nonché per valutare e sviluppare programmi turistici per le categorie di persone con scarse disponibilità economiche.
Izaskun Bilbao Barandica (ALDE). – (ES) Signor Presidente, con il 40 per cento di tutti gli arrivi, l’Unione europea si riconferma la destinazione turistica numero uno al mondo. Si tratta pertanto di una forza economica di occupazione che promuove anche l’integrazione delle aree rurali.
Tuttavia, negli ultimi anni la domanda turistica è cambiata. Per questo ho sostenuto l’obiettivo di creare un quadro comune per la produzione sistematica di statistiche europee armonizzate sull’offerta e la domanda negli Stati membri, e di adeguare il quadro giuridico, se necessario, per rispecchiare le tendenze recenti, quali le “visite in giornata”. La raccolta sistematica di informazioni è uno strumento necessario per definire politiche efficaci e agevolare il processo decisionale nel settore privato.
Ho anche appoggiato l’introduzione dei conti satellite del turismo, in quanto mostreranno in maniera più adeguata gli effetti del turismo sull’economia e sull’occupazione, e ci avrebbero permesso di definire in maniera più accurata le politiche per il futuro.
Seán Kelly (PPE). – (GA) Signor Presidente, l’industria del turismo è stata molto importante per l’Europa, e lo sarà ancor di più nel futuro, soprattutto se vogliamo creare posti di lavoro, specialmente nelle aree remote e rurali. Tuttavia, deve essere pianificata sulla base delle statistiche di cui disponiamo.
(EN) Pertanto, se vogliamo una pianificazione adeguata e lo sviluppo del turismo, dobbiamo basarci su statistiche che evidenzino le tendenze nel campo delle strutture ricettive che offrono alloggio a titolo oneroso, delle visite in giornata, eccetera. Sulla base di ciò possiamo sviluppare il turismo, in particolare per eliminare l’aspetto della stagionalità, per incoraggiare la popolazione che invecchia a fare più vacanze e, di fatto, per incoraggiare anche i giovani a fare lo stesso. Ogni squadra di calcio adesso ha a disposizione almeno uno statistico su cui basa i propri progetti, e questo vale anche per l’industria del turismo.
(GA) Sono lieto di votare a favore della relazione.
Izaskun Bilbao Barandica (ALDE). – (ES) Signor Presidente, il regolamento (CE) n. 1288/2009 presuppone una proroga delle misure transitorie per poterle così applicare fino all’adozione di misure definitive.
Sarebbe meglio per tutti se tali misure venissero adottate in maniera definitiva e il prima possibile. Tuttavia, in vista dell’imminente riforma della politica comune della pesca, le misure devono essere adottate dopo che sarà stato istituito un nuovo quadro legislativo.
Il nuovo quadro è in programma per il 2013, pertanto è essenziale prorogare la validità delle misure tecniche transitorie fino al 31 dicembre 2012, ricordando che il regolamento attuale cesserà di essere in vigore nel 2011.
Per questo ho votato a favore di tale iniziativa.
Jim Higgins (PPE). – (EN) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione Grelier, ma mi sono espresso diversamente dal mio gruppo su quattro emendamenti – i nn. 4, 5CP, 6 e 3.
L’emendamento n. 4 è stato presentato dal mio collega Pat the Cope Gallagher per autorizzare l’impiego delle reti da posta impiglianti, che i pescatori irlandesi utilizzano nella pesca costiera. Altrimenti, rischiamo di costringere i pescatori a spingersi in mare aperto nell’Atlantico settentrionale, che oltre a essere scomodo è anche molto pericoloso. Un’imbarcazione di 50 metri nell’Atlantico non è la stessa cosa di una nave di 50 metri che naviga nel Mediterraneo.
Ho votato a favore dell’emendamento 5CP in relazione alle dimensioni delle maglie delle reti. Anche questo aspetto è fonte di problemi ingenti per i nostri pescatori della costa occidentale, che operano in zone di pesca miste con rombo giallo, pesce rospo e nasello. Ciò non avrà alcun impatto avverso sugli stock di merluzzo, in quanto al momento le catture superflue di merluzzo sono molto esigue.
Mi sono inoltre espresso a favore dell’emendamento n. 6 dell’onorevole Stevenson relativo all’abbandono della pratica scandalosa del rigetto in mare dell’eglefino.
Infine, ma assolutamente non da ultimo, ho accolto l’emendamento n. 3 proposto dalla mia collega portoghese Patrão Neves, che sostiene i pescatori portoghesi. Per me non è un problema.
Relazione Ferreira (A7-0017/011)
Izaskun Bilbao Barandica (ALDE). – (ES) Signor Presidente, nel mio intervento precedente ho commesso un errore: mi sono soffermato sul tema sbagliato per un problema di traduzione, pertanto invertirò l’ordine degli interventi e dirò adesso quello che avrei dovuto leggere prima.
Ho votato a favore dell’azione finanziaria in quanto era necessario modificare il regolamento per adeguarlo alle esigenze attuali e al funzionamento dell’Unione.
Mi preme inoltre sottolineare che il regolamento prevede di ampliare l’elenco delle organizzazioni ammissibili agli aiuti finanziari e di aggiornare l’elenco degli organi consultivi. Inoltre, garantisce condizioni uniformi per l’attuazione di misure che riguardano il controllo ed esecuzione, e per le spese sostenute dagli Stati membri per l’attuazione del sistema di controllo ed esecuzione applicabile alla politica comune della pesca e nel settore della raccolta, gestione e utilizzo di dati di base.
Le misure finanziarie comprendono anche gli aspetti economici della pesca e dell’acquacoltura e un riferimento alla raccolta di dati relativa alle misure ambientali.
Ville Itälä (PPE). – (FI) Signor Presidente, mi sono espresso a favore della relazione, ma dobbiamo dare l’esempio ed essere molto meticolosi, soprattutto in materia di disciplina di bilancio.
Vorrei chiarire il motivo per cui ho votato diversamente dal gruppo in merito all’emendamento n. 8 presentato dal gruppo dell’Alleanza progressista dei Socialisti e dei Democratici al Parlamento europeo. In tale emendamento, il relatore cita l’impiego degli stanziamenti non utilizzati per progetti edilizi. dell’Alleanza progressista dei Socialisti e dei Democratici al Parlamento europeo. è una consuetudine in vigore ormai da molti anni, ma finanziare progetti edilizi in questo modo non è né aperto né trasparente. Dobbiamo dichiarare quali progetti edilizi siano presenti al momento della pianificazione del bilancio, e non dovremmo procedere a un tale storno di stanziamenti, contrario alla disciplina di bilancio. Per tale ragione, su questo punto mi sono espresso contro la proposta del gruppo a nome del gruppo S&D circa l’emendamento n. 8.
Morten Messerschmidt (EFD). – (DA) Signor Presidente, ho votato contro la relazione sul bilancio, ma vorrei comunque ringraziare i numerosi parlamentari – un po’ troppi, purtroppo – che si sono espressi a favore per l’immagine meravigliosa che ci hanno fornito della diversa percezione della realtà che vige qui al Parlamento europeo e nelle istituzioni europee rispetto al mondo esterno e alla realtà in cui vivono le persone per le quali legiferiamo.
Pur avendo chiesto agli Stati membri e alle altre istituzioni di effettuare tagli, abbiamo raddoppiato la spesa in tutta una serie di aree, sia come Parlamento europeo sia come istituzioni comunitarie in generale. Una prova ne è stata, ad esempio, l’intenzione di realizzare un museo totalmente nuovo per celebrare la storia europea e le istituzioni europee, eccetera.
Credo che un numero incredibile di persone là fuori, nei vari Stati membri, penalizzate dai tagli a livello nazionale, si stiano chiedendo come possano i rappresentanti del Parlamento europeo prendersi tante libertà con le spese, e così a cuor leggero, nonostante ci troviamo nel bel mezzo di una crisi finanziaria.
Izaskun Bilbao Barandica (ALDE). – (ES) Signor Presidente, se non le dispiace, vorrei aggiungere una cosa prima di concludere. Nel mio intervento precedente ho parlato di un problema di traduzione, ma non intendevo criticare gli interpreti eccellenti che abbiamo qui, bensì stavo solo citando un errore che ho commesso durante la lettura del testo. Sono io che ho commesso l’errore e volevo specificarlo, perché si tende sempre a dare la colpa agli interpreti.
Presidente. – Anzi, gli interpreti meritano il nostro plauso per il lavoro eccellente che fanno sia in Aula sia nelle commissioni.
Hannu Takkula (ALDE). – (FI) Signor Presidente, vorrei soffermarmi brevemente sul bilancio, le entrate e le spese. In questa situazione economica, e soprattutto in sede di Parlamento europeo, dobbiamo fare in modo di tenere sotto controllo le spese. Per questa ragione, ho votato in maniera diversa da quella raccomandata riguardo ad alcuni aspetti della questione.
A mio parere, giusto per fare un esempio, dovremmo impegnarci a tagliare i costi delle trasferte, ma se riduciamo il numero dei voli, i biglietti aerei degli eurodeputati dovrebbero essere interscambiabili. Talvolta, il problema è che questi biglietti a basso costo non possono essere scambiati. Anch’io ho preso diversi voli per venire qui; ad esempio, per raggiungere Strasburgo, bisogna prendere tre voli diversi. Pertanto, è importante che i biglietti aerei siano intercambiabili. A volte, proposte di risparmio come queste finiscono per costare persino di più, semplicemente perché non vi è alcuna flessibilità.
E comunque dobbiamo tagliare i costi; non c’è dubbio in proposito. Alcuni costi vanno considerati investimenti, e ritengo che quest’Assemblea possa essere un buon investimento che in futuro produrrà del valore aggiunto, persino in termini economici, per l’Unione europea e le sue istituzioni.
Nicole Sinclaire (NI). – (EN) Signor Presidente, la parola d’ordine è spendere, spendere e ancora spendere, vero? In quest’Aula citiamo continuamente i 500 milioni di cittadini, ma quest’Assemblea cerca di allontanarsi il più possibile da loro.
L’emendamento n. 15 insisteva sul fatto che gli stipendi e le indennità degli europarlamentari non dovevano essere aggiornati nel 2012 per dare l’esempio, ma 391 nostri colleghi hanno votato contro, perché ovviamente a loro non interessa il cittadino europeo medio, giusto? La retribuzione media nell’UE è di 368 euro a settimana, ma alcuni dei nostri colleghi (circa 60-70 persone) continuano a fare la firma di presenza il venerdì qui a Strasburgo, sebbene non ci sia alcuna attività, semplicemente per avere diritto a 304 euro.
Che tipo di esempio diamo così? Un altro esempio di spreco di denaro: quanti miliardi di euro costerà questo istituto storico europeo, il cui unico scopo è vendere propaganda e raccontarci come l’Unione europea “ha salvato il mondo”?
Miroslav Mikolášik (PPE). – (SK) Signor Presidente, il consolidamento della democrazia nell’UE esige uno sforzo incessante per la realizzazione di condizioni eque e trasparenti utili sia alla gestione, sia al finanziamento dei partiti politici a livello europeo. I cittadini europei dovrebbero essere più coinvolti nella vita politica a livello comunitario, pertanto è necessario creare condizioni motivazionali favorevoli per l’operatività dei partiti politici, per evitare situazioni in cui, ad esempio, meno del 20 per cento degli elettori iscritti alle liste partecipano alle elezioni del Parlamento europeo, come è accaduto nel mio paese.
Condivido l’idea che tali partiti politici abbiano uno statuto giuridico unico e comune, oltre che una loro personalità giuridica fondata direttamente sulle leggi e i trattati comunitari. Per quanto riguarda il sistema di finanziamento, la trasparenza è parte imprescindibile dell’attuazione di valori, e la priorità principale deve essere pertanto disporre di condizioni di finanziamento che non diano atto a malintesi.
Alfredo Antoniozzi (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’articolo 325 impone alla Commissione e agli Stati membri il dovere di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione europea e di combattere la frode nei settori in cui tale responsabilità viene condivisa fra l’Unione e gli Stati membri. In base all’articolo 325, paragrafo 5, la Commissione, in cooperazione con gli Stati membri, presenta ogni anno al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulle misure adottate ai fini dell’applicazione di questo articolo.
Sono d’accordo sulla necessità di quantificare in maniera più dettagliata i livelli di recupero dei fondi europei indebitamente erogati negli Stati membri attraverso una specifica raccolta dati. Altro punto importante, giustamente sottolineato dalla collega Ivan nella relazione, è l’utilizzo di migliori attività investigative in tema di lotta alla frode svolte dagli Stati membri. In questo modo, riusciremo a omogeneizzare l’azione di contrasto in tutta l’Unione europea e a verificare se simili tipologie di frode siano avvenute in più Stati. Per questo ho dato il mio sostegno a questa relazione.
Marian Harkin (ALDE). – (EN) Signor Presidente, ho votato contro l’emendamento n. 1, che sottolinea la necessità di applicare il principio della tolleranza zero nei confronti degli errori. Credo sia importantissimo distinguere tra frode ed errore. Certo, va applicata una tolleranza zero alle frodi, e anche procedimenti penali, ma in molti casi l’errore è involontario. Malgrado la necessità di individuare tutti gli errori e garantire il recupero di tali importi, non posso accettare la tolleranza zero per un motivo molto semplice: ho collaborato con molti gruppi a livello di comunità, gruppo di volontari, aziende leader e aziende partner, e ho visto con i miei occhi il grado di pura e semplice frustrazione dinanzi alla miriade di norme, alla revisione delle norme a metà o a tre quarti del periodo di validità del programma e alle diverse interpretazioni delle norme a livello locale, regionale, nazionale ed europeo – con ogni violazione considerata un errore. Pertanto, pur dovendo rimanere vigili ed evitare le frodi, occorre anche semplificare, semplificare e ancora semplificare le norme.
Ville Itälä (PPE). – (FI) Signor Presidente, ho votato a favore della proposta, che considero molto valida, in quanto si chiede se sia opportuno finanziare i partiti con i soldi dei contribuenti. In un caso siffatto, occorrono norme chiare identiche per tutti.
A mio parere, i partiti devono anche disporre di un sistema proprio di reperimento dei fondi, anche se su piccola scale. Nell’emendamento n. 2, il gruppo dell’Alleanza progressista dei Socialisti e dei Democratici al Parlamento europeo ha suggerito di limitare al 5 per cento questa quota di autofinanziamento. Secondo me dovrebbe essere almeno del 10 per cento. è un importo molto esiguo se si considera che qui parliamo di soldi dei contribuenti, una questione che richiede molta meticolosità.
Andrzej Grzyb (PPE). – (PL) Signor Presidente, la relazione Giannakou prepara il terreno all’attuazione delle disposizioni dell’articolo 10, paragrafo 4, del trattato che istituisce l’Unione europea e dell’articolo 244 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Parlamento e Consiglio dovrebbero collaborare per definire lo statuto dei partiti a livello europeo e delle loro fondazioni, e dovrebbero fissare norme in materia di finanziamento sia dei partiti sia delle fondazioni. Bisogna tuttavia richiamare l’attenzione sulle disposizioni dei paragrafi 10 e 11 della relazione, che riguardano il futuro delle liste transnazionali nelle elezioni al Parlamento. Va detto che si tratta solo di una proposta per il futuro, ma al momento non gode dell’approvazione dei cittadini. Riguarda soprattutto gli Stati membri che hanno avuto modo di testare le liste nazionali e le hanno abolite. Un’altra questione importante è il frangente in cui vengono presentate tali proposte – la crisi e i risparmi proposti generano anch’essi resistenza a un ampliamento delle istituzioni europee. Dal nostro punto di vista, è più importante poter aumentare le dimensioni del Parlamento europeo in concomitanza con l’allargamento dell’Unione europea mediante l’adesione di nuovi Stati membri rispetto alla possibilità di accrescerne le dimensioni sulla base di nuove liste.
Morten Messerschmidt (EFD). – (DA) Signor Presidente, anch’io gradirei norme chiare per i partiti europei, ma la domanda essenziale che mi pongo è quale sia la vera finalità di tali partiti europei.
La relazione afferma che aiuteranno i cittadini europei a comprendere meglio le istituzioni comunitarie e agevoleranno la cooperazione transfrontaliera. Tuttavia, la realtà dei fatti è che, con l’ingigantirsi dei partiti europei e con l’aumentare del denaro che circola di continuo sia internamente ai partiti sia nei fondi e in tutte le istituzioni di sorta ad essi collegate, contemporaneamente diminuiscono il sostegno del popolo europeo nei confronti delle istituzioni e il livello di comprensione delle stesse.
L’ultima indagine dell’Eurobarometro ha evidenziato che il sostegno dell’UE tra i cittadini europei ha raggiunto un minimo storico, quindi c’è qualcosa che non va. Mi chiedo pertanto, ed è una domanda fondamentale, se abbia senso continuare a sprecare miliardi di euro per questi partiti politici. Non credo sia sensato, per questo ho votato contro la relazione.
Nicole Sinclaire (NI). – (EN) Signor Presidente, mi sono espressa a sfavore della relazione. Vi potete tenere i vostri 30 denari d’argento. Non aderirò a nessun partito paneuropeo. Non svenderò i miei principi, a differenza di quanto hanno intenzione di fare alcuni membri di quest’Assemblea.
Non è giusto che il pubblico debba nuovamente dar fondo alle proprie risorse per finanziare i politici, che dovrebbero ricevere finanziamenti privati da donazioni, eccetera, un’attività che andrebbe comunque rigorosamente regolamentata. L’Assemblea ha scoperto di recente quanto ci sia bisogno di disciplinare i politici, ma il finanziamento di partiti politici per un ideale europeo non può mai essere opportuno. Non mi iscriverò mai ad un partito paneuropeo. Difenderò da sola i miei principi e voi potete andarvene a quel paese.
Roberta Angelilli (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo votato tre relazioni d’iniziativa sul Single Market Act, che è uno strumento di crescita importante per l’economia europea, anche ovviamente per la creazione di posti di lavoro, con risultati quindi che sono diretti e concreti sia per i cittadini europei che per le piccole e medie imprese.
Ci sono molte proposte indicate dalla Commissione europea che vanno effettivamente nella direzione di integrare e liberalizzare i mercati europei, determinando misure soprattutto a sostegno delle piccole e medie imprese, per incidere anche sull’innovazione e sulla tutela della creatività, migliorando l’efficienza e la sostenibilità delle reti e delle infrastrutture sia materiali che immateriali.
In questo contesto strutturale di sostegno alle piccole e medie imprese, spero che vengano affrontati anche alcuni ostacoli rappresentati dalle diversità delle legislazioni nazionali, comprese le regole e i regimi fiscali che frammentano il mercato comportando elevati costi di compliance a carico delle imprese.
Emma McClarkin (ECR). – (EN) Signor Presidente, oggi abbiamo votato sulle tre relazioni relative all’atto per il mercato unico e sulle loro priorità chiave; auspico che Commissione e Consiglio ne abbiano preso atto. Dobbiamo accertarci di produrre risultati per tutti i cittadini, per poter consentire all’economia europea di crescere, per creare posti di lavoro e competere a livello globale. Dobbiamo garantire un’attuazione completa della legislazione comunitaria per ridurre le barriere al commercio, ma non dobbiamo nemmeno promulgare leggi europee che appesantiscano l’onere che grava sulle nostre imprese.
Ville Itälä (PPE). – (FI) Signor Presidente, questa relazione è molto importante per far progredire il mercato unico.
L’emendamento n. 3 riveste una particolare importanza per il tema della protezione dei consumatori. Afferma che nell’area della legislazione sui consumatori occorre prediligere un’armonizzazione minima rispetto a un’uniformità completa. Ho votato a favore di questo emendamento e contro le raccomandazioni del mio gruppo, in quanto ritengo che i livelli di tutela dei consumatori nel mio paese, ad esempio, siano estremamente elevati. Se adesso optassimo per una piena armonizzazione della tutela dei consumatori in tutta l’UE, so che gli standard del mio paese sarebbero destinati a scendere. Per questo credo che si possa impostare uno standard armonizzato di tutela dei consumatori solamente istituendo innanzi tutto degli standard minimi da cui prendere le mosse per arrivare a standard completamente armonizzati.
Sergej Kozlík (ALDE). – (SK) Signor Presidente, il volume del mercato interno comunitario in termini di merci rappresenta il 17 per cento del mercato globale dei beni. Il volume del mercato interno europeo dei servizi rappresenta il 28 per cento degli scambi globali in termini di servizi. Se questa massa venisse mobilitata nel modo giusto, conseguirebbe risultati sotto forma di crescita economica basata sul dinamismo delle nostre stesse risorse. Ciò potrà tuttavia tradursi in realtà solamente partendo dal presupposto che l’attuazione delle misure proposte, che ho avallato, determini l’eliminazione degli ostacoli che si frappongono alla circolazione delle persone, dei capitali, dei beni e dei servizi tra i singoli paesi dell’Unione, aumentando la disponibilità e l’affidabilità dei prestiti e dei servizi bancari, nonché del commercio su Internet.
Tali prospettive si avvereranno solamente se un mercato unico più funzionale sprigionerà nuovo potenziale per la collocazione di prodotti e servizi originari dell’UE e sui mercati dell’UE. Se ciò accadrà. un contributo dell’4 per cento alla crescita economica dei prossimi decenni potrebbe essere una cifra realistica.
Morten Messerschmidt (EFD). – (DA) Signor Presidente, condivido l’opinione secondo cui il mercato unico rappresenta essenzialmente una buona idea e che una migliore gestione dello stesso sia ragionevole e nell’interesse dei consumatori. Mi sorprende tuttavia che i sei emendamenti che ho presentato per la relazione siano stati respinti da una maggioranza così schiacciante. Qual è il significato essenziale di tutto ciò? Ebbene, il fatto è che dovremmo applicare un’armonizzazione minima al posto di un’armonizzazione completa, per far sì che i paesi in cui vigono già leggi rigorose a favore dei consumatori non siano costretti ad abbassare il loro livello di tutela dei consumatori. I miei emendamenti sono stati respinti anche a causa del modello assolutamente unico di mercato del lavoro che conosciamo dai paesi nordici, dove non sono i legislatori, bensì le parti sociali che decidono le condizioni delle retribuzioni e del mercato del lavoro, a causa del fatto che sono loro che fanno le leggi, e dovremmo pertanto mantenere il modello di lavoro nordico invece di comprometterlo; due proposte totalmente innocue che sono convinto riceverebbero una maggioranza significativa se votate dai cittadini europei, vengono invece respinte da quest’Assemblea, un segnale della percezione distorta della realtà che caratterizza i membri del Parlamento europeo.
Alfredo Antoniozzi (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il completamento del mercato unico rappresenta un valido strumento per il rilancio dell’economia dell’Unione europea, in particolare per la creazione di nuovi posti di lavoro.
Le relazioni di iniziativa sull’Atto per il mercato unico costituiscono nel loro insieme il contributo fornito dal Parlamento europeo nel processo di consultazione avviato dalla Commissione con la comunicazione "Verso un atto per il mercato unico – Per un’economia sociale di mercato altamente competitiva – 50 proposte per lavorare, intraprendere e commerciare insieme in modo più adeguato".
Ritengo che si sarebbe dovuto porre un maggiore accento sulla competitività delle piccole e medie imprese, sulla lotta contro la contraffazione e la pirateria e sullo sviluppo dell’innovazione e della competitività attraverso l’eliminazione di oneri burocratici, amministrativi e regolamentari.
Tuttavia, considero positivo l’impianto generale della relazione e, in particolare, le misure menzionate che mirano al rafforzamento del commercio elettronico e alla razionalizzazione del sistema degli appalti. Per questa ragione ho dato il mio voto favorevole a questa relazione.
Licia Ronzulli (PPE). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore di questa risoluzione perché ritengo costituisca un nuovo passo in avanti per la creazione di un mercato unico europeo integrato e ben funzionante. Oggi l’Europa rappresenta una delle principali economie del mondo ma le sue potenzialità sono ancora enormi, soprattutto per quanto riguarda la crescita economica e occupazionale.
Le piccole e medie imprese sono il vero motore e gli attori principali dell’attuale rilancio economico. A loro l’Europa deve riservare maggiori tutele, favorendone l’accesso al credito, riducendo gli oneri burocratici e promuovendo lo sviluppo del commercio elettronico. Solo così saremo in grado di creare un’economia sociale basata sulla crescita, la competitività e la sostenibilità.
Dotare l’Unione europea di un mercato unico dinamico, efficiente e innovativo, in un mondo globalizzato come quello di oggi, significa renderla indiscussa protagonista della scena economica globale.
Pascal Canfin (Verts/ALE). – (FR) Signor Presidente, vorrei chiarire il motivo per cui abbiamo votato a favore di questo atto per il mercato unico. Ritengo costituisca un passo in avanti. Il Parlamento è riuscito a individuare i compromessi giusti, che non privano il testo del suo contenuto, ma fanno invece pressione su coloro che, in seno alla Commissione, auspicano che il mercato unico continui ad adottare un approccio puramente di libero mercato, senza tener conto delle questioni sociali, tributarie o ambientali.
Volevo inoltre soltanto puntualizzare che il paragrafo 54, che si occupa di servizi pubblici, servizi di interesse generale, è problematico, e pertanto abbiamo votato contro parte di questo paragrafo che, ideologicamente ma velatamente, continua a chiedere una maggiore liberalizzazione. Noi ci battiamo invece per servizi pubblici europei e per la garanzia del quadro europeo, lasciando a ogni paese membro la possibilità di organizzare come crede i servizi pubblici, soprattutto a livello territoriale.
Andrzej Grzyb (PPE). – (PL) Signor Presidente, un mercato unico senza esclusioni, né di cittadini né di imprese – è così che descriverei in breve il taglio della discussione odierna sul pacchetto di relazioni sull’atto per il mercato unico, ora approvato. è con grande interesse, e anche con piacere, che vorrei porre l’accento sulle proposte tese ad agevolare l’operatività delle piccole e medie imprese in particolare. è molto importante che le PMI possano accedere alle procedure per gli appalti pubblici. Meritevole di sostegno particolare è l’annuncio della semplificazione di tali procedure e, in particolare, della riduzione delle barriere finanziarie negli appalti pubblici che escludono le PMI, nonché della volontà di tener conto, negli appalti, delle caratteristiche specifiche del mercato locale.
Analogamente, va riconosciuto che le PMI si aspettano aiuto per accedere al mercato, si attendono misure amministrative che facilitino le loro operazioni e anche una soluzione nel campo dei brevetti. è con grande interesse personale che attendo la presentazione annunciata dal Commissario Barnier delle 12 leve per stimolare il mercato unico. Altrettanto incoraggiante è la notizia che il periodo in cui sarà possibile valutare soluzioni innovative correlate a tali leve sarà relativamente breve.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Sono a favore della relazione, in quanto concordo con l’importo raccomandato per far fronte ai danni causati dalle inondazioni in Polonia, Slovacchia, Ungheria, Repubblica ceca, Croazia e Romania, per un totale di 182 388 893 euro.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Accolgo con favore la relazione che approva senza alcun emendamento la posizione del Consiglio sul progetto di bilancio rettificativo 1/2011. Tale progetto di bilancio rettificativo di propone di mobilizzare il Fondo europeo di solidarietà per un importo di 182,4 milioni in stanziamenti d’impegno e di pagamento al fine di arginare gli effetti delle inondazioni causate dalle forti precipitazioni in Polonia, Slovacchia, Ungheria, Repubblica ceca, Croazia e Romania. In generale, ritengo che il Fondo europeo di solidarietà vada mobilitato il più tempestivamente possibile in seguito a una catastrofe naturale, e che le domande di assistenza finanziaria vadano elaborate in maniera rapida ed efficace, in modo da erogare assistenza finanziaria urgente ai paesi su cui si sono abbattute catastrofi naturali.
George Becali (NI), per iscritto. – (RO) Ho appoggiato la relazione perché gli Stati membri colpiti dalle inondazioni causate dalla pioggia torrenziale si aspettano una somma di 182,4 milioni di euro. Tali paesi sono Polonia, Slovacchia, Ungheria, Repubblica ceca, Croazia e Romania. Analogamente al relatore, credo che dovrebbe essere possibile mobilizzare i contributi del Fondo di solidarietà molto più tempestivamente ed efficacemente di quanto non avvenga attualmente.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Concordo con l’importo rivisto per la mobilitazione del Fondo di solidarietà dell’Unione europea (FSUE), poiché in diversi paesi, segnatamente Polonia, Slovacchia, Ungheria e Romania, i danni diretti provocati dalle catastrofi naturali superano la soglia normale dello 0,6 per cento del reddito nazionale lordo necessaria per procedere allo sblocco del FSUE. Considero inoltre importante mobilizzare il FSUE il più rapidamente possibile dopo una catastrofe naturale e gestire in maniera rapida ed efficiente tutte le procedure correlate di tipo organizzativo, legislativo ed esecutivo. Convengo pertanto con la posizione comune del Consiglio circa il progetto di bilancio rettificativo dell’Unione europea per l’esercizio 2011.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La Commissione propone di modificare il bilancio per il 2011 in modo da tener conto dell’esigenza di mobilizzare il Fondo di solidarietà dell’Unione europea per la somma di 182,4 milioni di euro in stanziamenti di impegno e di pagamento al fine di arginare gli effetti delle inondazioni causate dalle precipitazioni ingenti in Polonia, Slovacchia, Repubblica ceca, Ungheria, Croazia e Romania. La proposta andrebbe approvata da Parlamento in base ai termini proposti dal relatore.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) La relazione oggetto della discussione si occupa della posizione del Consiglio sul progetto di bilancio rettificativo n. 1/2011 dell’Unione europea per l’esercizio in corso. La Commissione ha la facoltà di presentare progetti di bilancio rettificativo ogniqualvolta si sia in presenza di “condizioni inevitabili, eccezionali o impreviste”. Determinati Stati membri dell’UE sono stati colpiti da catastrofi naturali che hanno distrutto svariate infrastrutture, il cui danno è ammontato a circa 5,5 miliardi di euro e in alcuni casi ha superato la soglia dello 0,6 per cento del reddito nazionale lordo. Tale situazione costituisce una giustificazione e una motivazione valida per mobilitare il Fondo di solidarietà dell’Unione europea (FSUE), che ha l’unica finalità di ripristinare le infrastrutture. Poiché gli stanziamento di bilancio esistenti sono insufficienti per coprire tutte le domande, concordo con questo bilancio rettificativo – la prima proposta di mobilitazione del FSUE presentata dalla Commissione – che propone un incremento di 182 388 893 euro in stanziamenti di impegno e di pagamento.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il bilancio rettificativo si propone di rispondere alla richiesta di mobilizzazione del Fondo di solidarietà dell’Unione europea (FSUE) per far fronte ai danni causati dalle catastrofi che hanno colpito cinque Stati membri, oltre alla Croazia, nei mesi di maggio e giugno del 2010. Si è trattato di “condizioni inevitabili, eccezionali o impreviste”, come definite dal regolamento finanziario. Pertanto, a nostro avviso, tale procedura è al contempo giustificata e necessaria.
L’importo mobilizzato a sostegno di questi paesi – 182,4 milioni di euro – rappresenta solamente il 3 per cento circa dei danni totali, stimati intorno ai 5 512,7 milioni di euro. Gli Stati membri dell’UE sono stati colpiti duramente da un numero ingente di catastrofi negli ultimi anni. Nei primi sei anni del FSUE, la Commissione ha ricevuto 62 richieste di sostegno finanziario da 21 paesi diversi. Circa un terzo sono classificabili come “catastrofi naturali importanti”, così come quattro dei casi che stiamo considerando oggi. Il FSUE è uno strumento importante per contribuire a porre rimedio all’impatto quasi sempre considerevole e spesso durevole delle catastrofi sulle persone, l’ambiente e l’economia. Tuttavia, occorre anche un impegno corrispondente in termini di prevenzione dei disastri, mediante la messa in pratica delle raccomandazioni approvate di recente dal Parlamento in materia.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Questa relazione sul progetto di bilancio rettificativo si propone di rispondere alla richiesta di mobilizzazione del Fondo di solidarietà dell’Unione europea (FSUE) per far fronte ai danni causati dalle catastrofi che si sono abbattute su cinque Stati membri, oltre che sulla Croazia, in maggio e giugno del 2010.
Si è trattato di “condizioni inevitabili, eccezionali o impreviste”, come definite dal regolamento finanziario. Pertanto, a nostro avviso, tale procedura è al contempo giustificata e necessaria. L’importo mobilizzato a sostegno di questi paesi – 182,4 milioni di euro – rappresenta solamente il 3 per cento circa dei danni totali, stimati intorno ai 5 512,7 milioni di euro.
Gli Stati membri dell’UE sono stati colpiti duramente da un numero ingente di catastrofi negli ultimi anni. Nei primi sei anni del FSUE, la Commissione ha ricevuto 62 richieste di sostegno finanziario da 21 paesi diversi. Circa un terzo sono classificabili come “catastrofi naturali importanti”, così come quattro dei casi che stiamo considerando oggi.
Il FSUE è uno strumento importante per contribuire a porre rimedio all’impatto quasi sempre considerevole e spesso durevole delle catastrofi sulle persone, l’ambiente e l’economia. Tuttavia, altrettanto importante è anche un impegno corrispondente in termini di prevenzione.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho appoggiato la relazione e la proposta del relatore di accettare senza emendamenti la posizione del Consiglio sul progetto di bilancio rettificativo 1/2011, in quanto l’assistenza finanziaria a favore di questi paesi, vale a dire Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria, Croazia e Romania, deve essere erogata immediatamente e non può subire ulteriori ritardi.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della proposta della Commissione di mobilizzare il FSUE che si basa sul punto 26 dell’AII del 17 maggio 2006 sulla disciplina di bilancio e su una buona gestione finanziaria, che autorizza una tale mobilizzazione entro un tetto massimo annuale di 1 miliardo di euro. Le condizioni di ammissibilità al Fondo sono illustrate nel dettaglio nel regolamento del Consiglio n. 2012/2002 che istituisce il FSUE. Va ricordato che la finalità del Fondo consiste nel ripristinare le infrastrutture e nel fungere da strumento di rifinanziamento, e non nel risarcire danni privati. Tale proposta di mobilizzazione del FSUE è la prima che la Commissione ha presentato per l’esercizio 2011.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Il progetto di bilancio rettificativo è sensato, considerata la finalità dei fondi mobilitati mediante il Fondo di solidarietà, che consiste nel fronteggiare gli effetti delle frane e inondazioni ingenti causate dalle forti precipitazioni in Polonia, Slovacchia, Repubblica ceca, Ungheria, Croazia e Romania. Dopo aver verificato che le richieste soddisfacessero i criteri di ammissibilità del regolamento (CE) n. 2012/2002, la Commissione ha proposto la mobilizzazione del Fondo di solidarietà per una somma di 182,4 milioni di euro per far fronte agli eventi verificatisi in quei paesi. Vorrei tuttavia porre l’accento sul ritardo nella mobilizzazione di questo tipo di assistenza. La procedura deve essere resa meno burocratica e più snella per rispondere tempestivamente alle catastrofi future.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (EN) Dato che il progetto di bilancio rettificativo n. 1/2011 del bilancio generale del 2011 si propone di mobilitare il Fondo di solidarietà UE per un importo di 182,4 milioni di euro in stanziamenti di impegno e di pagamento al fine di arginare gli effetti delle inondazioni causate dalle forti precipitazioni in Polonia, Slovacchia, Repubblica ceca, Ungheria, Croazia e Romania, ho votato a favore.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Le catastrofi naturali non sono più una rarità in Europa. Gli eventi più recenti, tra cui le inondazioni del 2010 in Polonia, Slovacchia, Romania, Repubblica ceca e Ungheria, dimostrano che il Fondo di solidarietà è essenziale. Il fondo non ha lo scopo di risarcire i privati dei danni alle proprietà, ma si propone essenzialmente di ripristinare le infrastrutture. Può essere pertanto considerato un vero e proprio strumento di rifinanziamento. In particolare, su paesi quali la Polonia,la Slovacchia, l’Ungheria e la Romania, si sono abbattute catastrofi di grande entità, i cui danni diretti superano la soglia consueta dello 0,6 per cento del reddito nazionale lordo. Per questo motivo, ho votato a favore della proposta.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) La relazione si riferisce al progetto di bilancio rettificativo n. 1/2011 del bilancio generale per il 2011, la cui finalità consiste nel mobilitare il Fondo di solidarietà dell’Unione europea per una somma di 182,4 milioni di euro in stanziamenti di impegno e di pagamento al fine di arginare gli effetti delle inondazioni causate dalle precipitazioni intense in Polonia, Slovacchia, Repubblica ceca, Ungheria, Croazia e Romania. L’unico scopo del progetto di bilancio rettificativo n 1/2011 è incorporare formalmente tale emendamento al bilancio nel bilancio per il 2011. Le motivazioni addotte giustificano pienamente tale bilancio rettificativo, e mi sono pertanto espressa a favore della relazione.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore di questo progetto di bilancio rettificativo, la cui finalità consiste nel rispondere alla mobilitazione del Fondo di solidarietà dell’Unione europea per una somma di 182,4 milioni di euro in stanziamenti di impegno e di pagamento al fine di arginare gli effetti delle inondazioni causate dalle precipitazioni intense in Polonia, Slovacchia, Repubblica ceca, Ungheria, Croazia e Romania.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Ci siamo astenuti. La relazione riguarda uno storno dei pagamenti per mobilitare il Fondo europeo di solidarietà per le inondazioni verificatesi nel 2011 in Polonia, Slovacchia, Ungheria, Repubblica ceca, Croazia e Romania. Concordiamo con la necessità di mobilizzare con urgenza i fondi, ma non con il metodo di finanziamento proposto (mediante una “riserva negativa”).
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Sono a favore di questa relazione, che si propone di erogare aiuti comunitari dal Fondo di solidarietà dell’Unione europea per Polonia, Slovacchia, Ungheria, Repubblica ceca, Croazia e Romania in seguito alle inondazioni del maggio e giugno 2010 che hanno colpito queste regioni e la loro popolazioni. L’UE deve continuare a essere un’organizzazione solidale.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho dato il mio sostegno a questa relazione sullo stanziamento di aiuti finanziari dal Fondo di solidarietà dell’Unione europea per Polonia, Slovacchia, Ungheria, Repubblica ceca, Croazia e Romania. L’accordo interistituzionale permette una mobilizzazione di fondi con un tetto annuale di 1 miliardo di euro. Ritengo che, in generale, il Fondo di solidarietà dell’UE debba essere mobilitato il prima possibile in seguito a una catastrofe naturale, e che le domande di assistenza finanziaria vadano elaborate in maniera efficace e tempestiva, in modo da erogare assistenza sanitaria urgente ai paesi vittima di catastrofi naturali.
Regina Bastos (PPE), per iscritto. – (PT) La finalità del Fondo di solidarietà dell’Unione europea (FSUE) è quella di erogare assistenza rapida, efficace e flessibile alla popolazione di uno Stato membro, o a un paese che sta negoziando l’adesione, in caso di catastrofe naturale di grande entità.
Tale fondo integra i fondi pubblici degli Stati membri per le situazioni di emergenza, nello specifico per ripristini urgenti delle infrastrutture, rifugi temporanei e servizi di emergenza al fine di soddisfare le necessità immediate delle persone, oltre che per ripulire e riordinare le zone colpite dal disastro. Nel 2010 la Polonia, la Slovacchia, l’Ungheria, la Repubblica ceca, la Croazia e la Romania sono state colpite da piogge torrenziali che hanno provocato gravi inondazioni e di conseguenza enormi perdite nei paesi interessati. In seguito alla catastrofe, i paesi in questione hanno richiesto l’assistenza del FSUE. Poiché erano stati soddisfatti i criteri di ammissibilità stabiliti nel relativo regolamento, è stata autorizzata la mobilizzazione del FSUE al fine di arginare il dolore, la sofferenza e le perdite delle popolazioni colpite dalle suddette catastrofi. Per le ragioni testé descritte, ho deciso di appoggiare la relazione.
Adam Bielan (ECR), per iscritto. – (PL) Le inondazioni che si sono abbattute lo scorso anno sulla parte orientale dell’Unione europea hanno provocato danni materiali ingenti praticamente in tutte le regioni, molte delle quali continuano a dibattersi negli effetti disastrosi delle inondazioni. Molte persone sono ancora in attesa dell’assistenza finanziaria promessa dalle autorità. I danni più gravi riguardano principalmente l’agricoltura, le infrastrutture, la rete dei trasporti e i luoghi della tradizione culturale. Molte persone hanno sofferto e spesso hanno perso tutto ciò che avevano. Soltanto in Polonia, si stima che le perdite dirette siano state dell’ordine dei 3 miliardi di euro, un importo che supera di molto la soglia per cui scatta la mobilizzazione del Fondo di solidarietà. Anche altri paesi che hanno fatto domanda di sostegno dal fondo presentano situazioni analoghe. La possibilità di ricorrere ai fondi previsti dall’accordo interistituzionale porterà un enorme sollievo alle regioni più colpite dalla catastrofe, in quanto ciò permetterà di intervenire per arginare le conseguenze della catastrofe naturale. Sono fortemente favorevole alla mobilizzazione del Fondo di solidarietà.
Jan Březina (PPE), per iscritto. – (CS) Accolgo con favore la decisione del Parlamento europeo di sbloccare le risorse del Fondo di solidarietà UE per gli Stati dell’Europa centrale colpiti dalle inondazioni dello scorso anno. Nel caso della Repubblica ceca, occorre una somma di 125 milioni di corone ceche per coprire alcuni dei danni causati lo scorso maggio e giugno dalle inondazioni in Moravia settentrionale. Poiché l’ammontare complessivo dei danni è stato stimato attorno ai 5 miliardi di corone ceche, che rappresentano meno dello 0,6 per cento del RNL ceco, non si è trattata di una “grave catastrofe naturale” ai sensi del diritto comunitario, nel cui caso l’assistenza del Fondo di solidarietà è praticamente assicurata. Per la Repubblica ceca è stato pertanto necessario richiedere un’esenzione, in quanto il nostro paese è stato colpito dalla medesima catastrofe naturale che ha colpito lo Stato limitrofo della Polonia, in cui le conseguenze sono state più devastanti. Nel progetto di risoluzione originario del Parlamento europeo era stata citata solamente la Polonia come paese colpito, ed è stato soltanto dopo la mia precisazione che le inondazioni avevano colpito anche altri paesi che il suo ambito di applicazione è stato esteso all’intera regione dell’Europa centrale. Mi rallegra che il governo ceco, dopo il lassismo e l’esitazione iniziali, si sia mobilitato e sia riuscito entro la scadenza prevista a presentare una domanda di assistenza finanziaria dal Fondo di solidarietà, che ora si rivelerà estremamente utile.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Alla luce dei danni significativi causati dalle gravi catastrofi naturali che si sono verificate ultimamente, danni soprattutto a carico dei beni privati, delle reti di trasporto e del patrimonio culturale e poiché i danni diretti complessivi stimati in tutti questi paesi superano la soglia consueta per la mobilizzazione del Fondo di solidarietà, pari allo 0,6 per cento del prodotti interno lordo, concordo con la proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la mobilizzazione del Fondo di solidarietà dell’Unione europea a favore di Polonia, Slovacchia, Ungheria, Repubblica ceca, Croazia e Romania.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Mi sono espressa a favore della mobilizzazione del Fondo di solidarietà dell’Unione europea a favore di Slovacchia, Ungheria, Repubblica ceca, Croazia e Romania in seguito alle gravi inondazioni che hanno colpito tali paesi nel maggio e giugno 2010. Mi preme ribadire che il Consiglio deve provvedere con urgenza alla revisione continua del nuovo regolamento sul Fondo di solidarietà approvato dal Parlamento in modo da renderlo più tempestivo ed efficace.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La mobilizzazione del Fondo di solidarietà dell’Unione europea a favore di Polonia, Slovacchia, Ungheria, Repubblica ceca, Croazia e Romania è giustificata alla luce delle forti precipitazioni e inondazioni che hanno colpito tali paesi e dei danni gravi da esse causati. Il sostegno ricevuto da tale decisione da parte di un’ampia maggioranza nelle commissioni parlamentari competenti è indicativo dell’appoggio di cui gode. Mi rammarico dei disagi subiti dalla popolazione, e auspico che la mobilizzazione del fondo possa alleviarli e contribuire a una ricostruzione più rapida ed efficiente delle aree più colpite.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Nel maggio e giugno del 2010 sull’Europa centrale e orientale si è abbattuto un forte temporale che ha causato danni enormi in determinati Stati membri, soprattutto con la distruzione di infrastrutture pubbliche, aziende agricole, reti viarie e ferroviarie, nonché beni pubblici e privati. Le inondazioni hanno colpito quasi l’intera Polonia, provocando dissesti superiori allo 0.85 per cento del prodotto interno lordo (RNL); in Slovacchia, il temporale ha allagato determinate zone, ha provocato frane e inondazioni, e ha causato danni dell’ordine dello 0,89 per cento del RNL; in Ungheria, i danni ammontano allo 0,73 per cento del RNL, mentre in Romania sono stimati attorno agli 875 milioni di euro e oltre, vale a dire lo 0,67 per cento del RNL; in Croazia, i danni superano i 153 milioni di euro (0,6 per cento del RNL), mentre nella Repubblica ceca l’importo ammonta a 204 milioni di euro (0,6 per cento del RNL). Tale situazione giustifica la mobilizzazione del Fondo di solidarietà dell’Unione europea e ha portato all’approvazione del primo bilancio rettificativo del 2011. Pertanto, poiché rientra nel progetto di bilancio rettificativo già approvato e alla luce del parere della commissione per lo sviluppo regionale, concordo con la posizione del relatore sulla mobilizzazione di 182 388 893 euro per contribuire al ripristino delle infrastrutture pubbliche danneggiate dai temporali che hanno compito i suddetti Stati membri.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione chiede la mobilizzazione del Fondo di solidarietà dell’Unione europea (FSUE) per assistere sei paesi: Polonia, Slovacchia, Ungheria, Repubblica ceca, Croazia e Romania. Tali paesi sono stati colpiti in alcuni casi da precipitazioni torrenziali senza precedenti, con inondazioni, frane e smottamenti estesi. In quattro paesi – Polonia, Slovacchia, Ungheria e Romania – i disastri possono essere considerati “gravi catastrofi naturali” in base alla definizione riportata nel regolamento relativo al FSUE; in altre parole, i danni stimati superano lo 0,6 per cento del loro reddito nazionale lordo. Consideriamo importante e necessaria la mobilizzazione di tali aiuti e abbiamo quindi votato a favore della relazione.
Occorre richiamare nuovamente l’attenzione sugli eccessivi ritardi che incorrono tra il verificarsi del disastro, la decisione di mobilizzare il FSUE e l’effettiva erogazione del sostegno comunitario agli Stati membri e alle regioni colpite. In questo caso, i dissesti si sono verificati nel maggio e giugno del 2010. Il Parlamento ha appena approvato la mobilizzazione del FSUE, a quasi un anno di distanza. Adesso, gli ulteriori requisiti di ordine procedurale ritarderanno ancor di più l’arrivo dei fondi ai beneficiari. Per questo abbiamo sostenuto la necessità di adeguare le norme di mobilizzazione del fondo, per rendere l’erogazione degli aiuti più flessibile e tempestiva.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Abbiamo votato a favore della relazione che chiede la mobilizzazione del Fondo di solidarietà dell’Unione europea (FSUE) per assistere sei paesi: Polonia, Slovacchia, Ungheria, Repubblica ceca, Croazia e Romania.
Tali paesi sono stati colpiti in alcuni casi da precipitazioni torrenziali senza precedenti, con inondazioni, frane e smottamenti estesi. In quattro paesi – Polonia, Slovacchia, Ungheria e Romania – i disastri possono essere considerati “gravi catastrofi naturali” in base alla definizione riportata nel regolamento relativo al FSUE; in altre parole, i danni stimati superano lo 0,6 per cento del loro reddito nazionale lordo.
Consideriamo importante e necessaria la mobilizzazione di tali aiuti e abbiamo quindi votato a favore della relazione.
Occorre tuttavia richiamare nuovamente l’attenzione sugli eccessivi ritardi che incorrono tra il verificarsi del disastro, la decisione di mobilizzare il FSUE e l’effettiva erogazione del sostegno comunitario agli Stati membri e alle regioni colpite. In questo caso, i dissesti si sono verificati nel maggio e giugno del 2010. Il Parlamento ha appena approvato la mobilizzazione del FSUE, a quasi un anno di distanza. Adesso, gli ulteriori requisiti di ordine procedurale ritarderanno ancor di più l’arrivo dei fondi ai beneficiari.
Per questo abbiamo sostenuto la necessità di adeguare le norme di mobilizzazione del fondo, per rendere l’erogazione degli aiuti più flessibile e tempestiva.
Monika Flašíková Beňová (S&D), per iscritto. – (SK) Le inondazioni del 2010 hanno colpito zone estese di diversi paesi dell’Europa centrale. La catastrofe naturale si è abbattuta soprattutto su Polonia, Slovacchia, Ungheria, Repubblica ceca, Croazia e Romania. Le persone che vivono in queste zone non sono in grado di far fronte da sole alle conseguenze delle inondazioni. Non possono porre rimedio a tali conseguenze attingendo solamente alle proprie risorse, in quanto i bilanci dei singoli paesi sono oberati dagli effetti della crisi economica e finanziaria. Tuttavia, la Commissione propone di mobilizzare il Fondo di solidarietà UE a vantaggio dei paesi colpiti. Tutti i paesi citati hanno fatto domanda di assistenza dal fondo dopo essere stati colpiti e paralizzati, nella primavera ed estate dello scorso anno, da frane, inondazioni e precipitazioni quasi ininterrotte.
Gli elementi naturali hanno pertanto causato danni estesi nelle aree colpite, a carico delle infrastrutture sia pubbliche sia private, del trasporto stradale e ferroviario, nonché dell’agricoltura. Anche la proprietà, gli edifici residenziali e i monumenti culturali hanno riportato danni ingenti. è pertanto opportuno fornire ai paesi europei colpiti la necessaria assistenza finanziaria, per permettere loro di affrontare le conseguenze della catastrofe naturale e di ritornare il prima possibile alla vita normale.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho dato il mio sostegno al documento, in quanto la Commissione, nella sua proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio sulla mobilizzazione del Fondo di solidarietà UE (COM (2011)0010), ha informato il Parlamento che, sulla base delle domande di assistenza presentate da Polonia, Slovacchia, Ungheria, Repubblica ceca, Romania e dalla Croazia, paese candidato, relativamente alle inondazioni del maggio e giugno 2010, proponeva la mobilizzazione del Fondo di solidarietà UE. Al fine di evitare ritardi inopportuni nell’approvazione di tale misura, che la commissione per i bilanci intende adottare il prima possibile, va rilevato che la commissione per lo sviluppo regionale non ha alcuna obiezione nei confronti della mobilizzazione del Fondo di solidarietà UE per erogare 182 388 893 euro ai paesi interessati come proposto dalla Commissione e ai sensi delle norme contenute nell’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 e nel regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio.
Cătălin Sorin Ivan (S&D), per iscritto. – (RO) Il Fondo di solidarietà rappresenta uno strumento di importanza cruciale per l’UE. Oltre all’impatto finanziario, è espressione di solidarietà europea. Tuttavia, il Consiglio ha appena dimostrato che la sua solidarietà sta cominciando progressivamente a diminuire. Al momento, per aiutare i cittadini che hanno già dovuto subire ingenti disagi a causa delle inondazioni dello scorso anno, il Consiglio ci sta costringendo a tagliare i fondi di programmi molto importanti.
Inoltre, se esaminiamo quali sono gli Stati membri che stanno attualmente bloccando in seno al Consiglio l’erogazione di nuovi fondi per far fronte alle necessità del fondo, notiamo che sono gli stessi che gli anni scorsi, a loro volta, hanno ricevuto ingenti somme di denaro.
L’Unione è fondata sul concetto di solidarietà, senza il quale non avremmo potuto forgiare l’Europa che abbiamo oggi, né riusciremo a plasmare l’Europa di domani.
Edvard Kožušník (ECR), per iscritto. – (CS) A differenza del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, considero il Fondo di solidarietà, le cui risorse servono a coprire i danni causati dalle catastrofi naturali, alla stregua di una vera e propria manifestazione di solidarietà europea. Apprezzo molto il fatto che questa relazione proponga anche lo stanziamento di risorse per far fronte ai danni causati dalle inondazioni ai beni pubblici della Repubblica ceca, soprattutto in Moravia settentrionale, che nel maggio dello scorso anno è stata colpita dalla medesima ondata di inondazioni che ha provocato danni in tutta la regione dell’Europa centrale. Mi rallegro che la Repubblica ceca abbia ricevuto fondi dal Fondo di solidarietà per coprire i danni, soprattutto perché i paesi limitrofi sono stati maggiormente colpiti dalle inondazioni rispetto alla Repubblica ceca.
Ma nel quadro della solidarietà europea non è rimasto inascoltato nemmeno l’appello rivolto dalla Repubblica ceca. Vorrei inoltre ringraziare gli onorevoli Březina e Tošenovský, con cui ho rivolto l’appello – andato a buon fine – per l’inclusione della Repubblica ceca nel gruppo di paesi aventi diritto a ricevere un risarcimento dal Fondo di solidarietà in correlazione alle inondazioni. Un ringraziamento speciale va anche al Presidente Parlamento Buzek per aver visitato insieme a noi le zone colpite della Moravia e per aver personalmente sostenuto la causa della Repubblica ceca.
Bogusław Liberadzki (S&D), per iscritto. – (PL) Il 2010 è stato caratterizzato da inondazioni devastanti in molti paesi europei, due delle quali hanno colpito la Polonia. Accogliamo con favore le espressioni di solidarietà dell’Unione europea nell’arginare gli effetti delle inondazioni e nelle azioni intraprese per alleviare le condizioni terribili in cui versavano i cittadini colpiti – che hanno perduto gran parte dei loro beni materiali, se non addirittura tutti, hanno subito danni alla salute e hanno persino perso i propri cari.
Come parte del concetto di solidarietà nel momento del bisogno e della sofferenza, occorre anche riflettere su come prevenire le inondazioni. La soluzione in tal caso è rappresentata dalla gestione idrica: regolazione dei fiumi, costruzione di bacini idrici, eccetera. Dovremmo stanziare più fondi di quelli assegnati alle finalità ambientali nel Fondo di coesione allo scopo di prevenire le inondazioni. Nell’appoggiare la relazione Böge, chiedo di sostenere la proposta a favore di maggiori risorse in bilancio dopo il 2013.
Elżbieta Katarzyna Łukacijewska (PPE), per iscritto. – (PL) Mi rallegra che il Parlamento europeo abbia preso decisioni così costruttive. Gli eurodeputati delle regioni colpite dalle inondazioni hanno insistito molto per la concessione degli aiuti comunitari e, come sappiamo, raggiungere tali risultati non è stato semplice. L’erogazione di 182,4 milioni di euro quale compensazione per gli effetti delle inondazioni dello scorso anno è estremamente importante non soltanto per le regioni colpite dalla catastrofe naturale, ma anche per le popolazioni che ivi abitano.
La Polonia e la regione di Podkarpacie sono state particolarmente penalizzate dal disastro, e auspico che le risorse finanziarie messe a disposizione per la ricostruzione delle infrastrutture vengano utilizzare efficacemente. La decisione odierna del Parlamento è definitiva e avvia la procedura per l’erogazione dei fondi comunitari, per questo ho votato a favore della risoluzione sulla mobilizzazione del Fondo di solidarietà UE – inondazioni del 2010 in Polonia, Slovacchia, Ungheria, Repubblica ceca, Croazia e Romania.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Appoggio la proposta della Commissione per una decisione del Parlamento europeo e del Consiglio concernente mobilizzazione del Fondo di solidarietà UE. Sulla base delle domande di assistenza di Polonia, Slovacchia, Ungheria, Repubblica ceca, Romania e Croazia, paese candidato, relative ai disastri causati dalle inondazioni nel maggio, giugno e luglio 2010, propone l’applicazione de Fondo di solidarietà UE.
Barbara Matera (PPE), per iscritto. – Esprimo la mia soddisfazione per l’approvazione della mobilizzazione del Fondo europeo di solidarietà votata quest’oggi a favore di Polonia, Slovacchia, Repubblica ceca, Ungheria, Romania e Croazia per le alluvioni avvenute lo scorso anno.
Nonostante il disaccordo tra Parlamento e Consiglio sulla procedura tecnica per il reperimento di 182,4 milioni di euro necessari a ricompensare gli Stati membri dei danni subiti, l’Europa dimostra ancora una volta la sua solidarietà nei confronti dei propri cittadini. Confido nell’utilizzo del surplus relativo al bilancio 2010 per coprire la "riserva negativa" utilizzata per reperire i fondi necessari. Tale riserva è infatti uno strumento "contabile" che deve essere utilizzato in contingenze di emergenza che potrebbero sorgere durante l’esercizio in corso.
Iosif Matula (PPE), per iscritto. – (RO) La solidarietà è un tratto saliente dell’Unione europea. Sulla base di ciò, considero puntuale e necessaria la relazione sulla mobilizzazione del Fondo di solidarietà dell’Unione europea per le inondazioni che hanno colpito Polonia, Slovacchia, Repubblica ceca, Ungheria, Croazia e Romania nel 2010. Tale solidarietà si rivelerà quanto mai necessaria, dal momento che il cambiamento climatico continua a disinnescare dissesti in tutta Europa. A tale proposito, occorre formulare strategie che contribuiscano anche a ridurre il livello di emissioni di gas a effetto serra.
Gli sforzi dell’Unione europea devono essere mirati a consolidare le azioni intraprese dagli Stati membri per prevenire e mitigare l’impatto delle gravi inondazioni in Europa, che sono divenute sempre più frequenti. Una delle priorità in tal senso dev’essere indurre gli Stati membri a valutare le attività che aumentano il rischio di inondazioni e accelerare la risposta, la mobilità e la flessibilità degli interventi. Infine, ma non da ultimo, vorrei sottolineare quanto sia importante informare i cittadini e coinvolgerli nelle azioni e nei progetti di gestione delle inondazioni.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Lo strumento di solidarietà in questione è stato già utilizzato in passato – nello specifico nel mio paese, con l’assistenza inviata a Madeira in seguito alle forti precipitazioni che l’avevano colpita nel febbraio del 2010 – e ora è perfettamente sensato mobilizzare tale strumento al fine di arginare gli effetti che le catastrofi naturali esercitano sempre sulle popolazioni dei paesi colpiti.
Alajos Mészáros (PPE), per iscritto. – (HU) Lo scorso anno le precipitazioni intense hanno causato una situazione disastrosa nei paesi dell’Europa centrale. I fiumi in piena hanno allagato strade e abitazioni. Le persone sono cadute in povertà e molte di esse hanno perso quasi tutto ciò che possedevano. Per questo in quel frangente sono state cruciali una rapida valutazione della situazione e un’assistenza tempestiva. Slovacchia, Ungheria, Polonia, Repubblica ceca, Croazia e Romania hanno richiesto tutte assistenza all’Unione europea per poter aiutare le persone in difficoltà attingendo al Fondo di solidarietà. Mi fa molto piacere constatare che anche il Parlamento europeo ha riconosciuto la situazione e ha manifestato l’intenzione di aiutare tali paesi. Per questo considero molto importante appoggiare tale proposta di decisione, e vorrei cogliere l’occasione per manifestare la mia gratitudine a tutti coloro che hanno espresso solidarietà ai miei concittadini dell’Europa centrale in quel frangente. Grazie.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) In seguito alle precipitazioni intense del 2010, che hanno provocato la rottura degli argini dei fiumi e costretto le persone ad abbandonare le loro case, nell’ottobre del 2010 la Repubblica ceca ha fatto domanda di assistenza dal Fondo di solidarietà. La soglia dello 0,6 per cento del reddito nazionale lordo non è stata superata, ma la catastrofe ha colpito la maggioranza della popolazione e l’economia della regione è arrivata sull’orlo del collasso. Danni ingenti sono stati riportati da settori importanti, quali il turismo e l’industria. tale assistenza coprirà parte dei costi delle misure immediate necessarie per ripristinare le infrastrutture danneggiate. Appoggio pertanto la proposta.
Rareş-Lucian Niculescu (PPE), per iscritto. – (RO) La scorsa estate, gran parte del territorio della Romania è stata flagellata da inondazioni e frane disastrose. I danni stimati erano dell’ordine dei 900 milioni di euro, quasi lo 0,7 per cento del RNL rumeno. Accolgo con favore l’assistenza del Fondo di solidarietà, che contribuirà sia ad alleviare l’impatto del disastro, sia a prevenire il verificarsi di altri incidenti della stessa natura. Il Fondo di solidarietà è uno degli esempi specifici che possono essere fatti ai nostri cittadini per mostrare l’importanza delle azioni congiunte a livello comunitario.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) La Commissione propone di mobilizzare il Fondo di solidarietà dell’Unione europea a favore di Polonia, Slovacchia, Ungheria, Repubblica ceca, Croazia e Romania, ai sensi dell’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 sulla disciplina di bilancio e una sana gestione finanziaria (AII). L’AII autorizza la mobilizzazione of the Fondo di solidarietà entro un tetto annuale di 1 miliardo di euro. Parallelamente a questa proposta di mobilizzare il Fondo di solidarietà dell’Unione europea a favore di Polonia, Slovacchia, Ungheria, Repubblica ceca, Croazia e Romania, la Commissione ha anche presentato un progetto di bilancio rettificativo (A7-0115/2011). Dalla relazione emerge con chiarezza che tutte le domande presentate soddisfano i criteri di ammissibilità previsti dal regolamento (CE) n. 2012/2002. Ho pertanto votato a favore della mobilizzazione del Fondo di solidarietà UE per le somme di 105 567 155 euro per la Polonia, 20 430 841 euro per la Slovacchia, 22 485 772 euro per l’Ungheria, 5 111 401 euro per la Repubblica ceca, 3 825 983 euro per la Croazia e 24 967 741 euro per la Romania, per un totale di 182 388 893 euro in stanziamenti di impegno e di pagamento.
Rovana Plumb (S&D), per iscritto. – (RO) I costi diretti delle inondazioni che hanno colpito Polonia, Slovacchia, Repubblica ceca, Ungheria, Croazia e Romania nel 2010 ammontano a 5 512 719 662 euro. Ho votato a favore di questa relazione per far approvare la mobilizzazione di 182,4 milioni di euro dal UE Fondo di solidarietà UE per tali inondazioni. Dissento dalla fonte del finanziamento, una “risorsa negativa” proposta dal Consiglio. Mi sono tuttavia espressa a favore della proposta del Consiglio, in quanto ritengo che i cittadini che hanno subito le inondazioni non possano diventare vittima di una battaglia interistituzionale tra gli Stati membri e il Parlamento europeo.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) La questione in oggetto sono le richieste di assistenza presentate da Polonia, Slovacchia, Ungheria, Repubblica ceca, Romania e Croazia (quale paese candidato) per far fronte ai danni ingenti provocati dalle inondazioni devastanti che si sono abbattute su questi paesi nel maggio, giugno e luglio 2010. Poiché tutte le domande soddisfano i criteri di ammissibilità stabiliti dal regolamento (CE) n. 2012/2002, ho votato a favore della proposta di mobilizzare il Fondo di solidarietà dell’Unione europea per stanziare la somma di 182 388 893 euro ai paesi in questione, nella speranza che tale sostegno contribuisca ad accelerare la ricostruzione delle zone colpite e ad alleviare la sofferenza delle popolazioni.
Zuzana Roithová (PPE), per iscritto. – (CS) Sono stata molto lieta di votare a favore del progetto di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio concernente lo sblocco di fondi dal Fondo di solidarietà dell’UE per Polonia, Slovacchia, Ungheria, Repubblica ceca, Croazia e Romania. Lo scorso anno tutti questi paesi sono stati colpiti da inondazioni intense, causate dalle precipitazioni torrenziali cha hanno provocato frane e numerose vittime, oltre a danni a carico degli edifici residenziali, delle aziende, delle aree agricole, delle reti viarie e ferroviarie e di altre infrastrutture. Benché l’importo degli aiuti proposti rappresenti solamente una piccola percentuale dei danni complessivi stimati per la maggior parte dei paesi, è comunque un’assistenza significativa, che ammonta in totale a 182 milioni di euro. Mi preme precisare che l’UE ha istituito il Fondo di solidarietà per aiutare gli abitanti delle regioni colpite dalle catastrofi naturali. Vorrei ringraziare gli onorevoli colleghi per aver appoggiato la relazione.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) A favore. La Commissione propone di mobilizzare il Fondo di solidarietà dell’Unione europea per Polonia, Slovacchia, Ungheria, Repubblica ceca, Croazia e Romania sulla base del punto 26 dell’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 sulla disciplina di bilancio e su una buona gestione finanziaria (AII). L’AII autorizza una mobilizzazione of the Fondo di solidarietà entro un tetto massimo annuale di 1 miliardo di euro. Parallelamente alla proposta di mobilizzare il Fondo di solidarietà per Polonia, Slovacchia, Ungheria, Repubblica ceca, Croazia e Romania, la Commissione ha presentato un progetto di bilancio rettificativo (n. 1/2011 del 14 gennaio 2011) per inserire gli stanziamenti di impegno e di pagamento corrispondenti nel bilancio del 2011, come previsto dal punto 26 dell’AII.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. – Ho votato a favore di questo testo perché ritengo necessario mobilitare il Fondo di solidarietà dell’Unione europea in favore dei paesi che hanno subito danni in seguito alle inondazioni avvenute nel 2010 in buona parte dell’Europa centro-orientale.
Paesi come Polonia, Slovacchia, Ungheria, Repubblica ceca, Croazia e Romania hanno infatti dovuto sostenere enormi spese in seguito alle pesanti piogge di quel periodo, che hanno causato ingenti danni alle loro infrastrutture. Solo la Polonia, ad esempio, ha subito a maggio e giugno 2010 due ondate di piena consecutive dei suoi fiumi principali, che hanno causato gravi danni al settore agricolo, alle reti di trasporto e ai siti di patrimonio culturale, per un totale di quasi tre miliardi di euro di danni. La priorità ora è rimettere in piedi le regioni più colpite dai tragici eventi dello scorso anno, permettendo loro di rimettere in moto i rispettivi sistemi produttivi senza ulteriori ritardi.
Olga Sehnalová (S&D), per iscritto. – (CS) Le inondazioni del 2010 hanno colpito diversi paesi europeo a diverso livello. Ad esempio, nella Repubblica ceca, le inondazioni hanno colpito una superficie minore in termini di dimensioni, ma le conseguenze sono state veramente devastanti per il paese, proprio come è accaduto in Polonia. Ho pertanto avallato lo sblocco di risorse sulla base della possibilità prevista ai sensi del regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio per tali situazioni eccezionali. Ho votato a favore dell’adozione della relazione, compreso lo sblocco di risorse a favore di Repubblica ceca e Croazia, che presenta una situazione analoga.
Joanna Senyszyn (S&D), per iscritto. – (PL) Ho appoggiato la relazione sulla mobilizzazione del Fondo di solidarietà UE ai sensi del punto 26 dell’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 tra Parlamento europeo, Consiglio e Commissione sulla disciplina di bilancio e su una buona gestione finanziaria. è estremamente importante che l’UE assista i paesi colpiti dalle catastrofi naturali. Le perdite causate da questo disastro superano i 2,9 miliardi di euro. Il sostegno finanziario comunitario contribuirà alla ricostruzione delle infrastrutture pubbliche danneggiate dal disastro: condutture idriche, sistemi fognari, strade e ponti. è già trascorso quasi un anno dalle inondazioni. Gli aiuti sono ancora indispensabili. Andrebbero mobilizzati con maggiore rapidità. A tal fine, andrebbero abbreviate le procedure per l’erogazioni di aiuti finanziari dal Fondo di solidarietà.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Sono a favore della relazione, in quanto promuove la pesca responsabile nella zona di pesca delle Comore sulla base di una politica di non discriminazione tra le varie flotte presenti nella zona, e al contempo avvia un dialogo sulle riforme necessarie. Sono inoltre favorevole alla relazione in quanto rappresenta un progresso rispetto all’accordo precedente, visto che prevede una sospensione del protocollo in caso di violazioni dei diritti umani. Tuttavia, poiché la finalità del protocollo consiste nel rafforzare il partenariato e la cooperazione nel settore della pesca mediante il ricorso a tutti gli strumenti finanziari disponibili, richiamo l’attenzione sull’esigenza immediata di un quadro che favorisca gli investimenti nel settore e l’ottimizzazione di una produzione su piccola scala nel settore della pesca.
George Becali (NI), per iscritto. – (RO) Ho appoggiato la relazione in quanto contiene l’impegno di promuovere la pesca responsabile e sostenibile ovunque si trovino ad operare le imbarcazioni europee, sulla base di una valutazione attenta delle risorse disponibili, una volta appurato che le opportunità di pesca da sfruttare sono state corroborate da pareri scientifici credibili e una volta escluso il rischio di esaurimento degli stock locali. L’Unione delle Comore è considerata uno dei paesi meno sviluppati del mondo, con un’economia che dipende essenzialmente dalle sovvenzioni estere e dall’assistenza tecnica. Anche se gli stock sfruttabili dell’Unione delle Comore, soprattutto grandi pesci di mare, sono stimati attorno alle 33 000 tonnellate l’anno, le catture annuali dei pescatori locali ammontano a circa 16 000 tonnellate, completamente assorbite dal mercato locale. La finalità principale del nuovo protocollo consiste nel definire le possibilità di pesca che si offrono alle navi dell’Unione europea per i diritti di accesso e il sostegno settoriale e nel proseguire la cooperazione tra l’UE e l’Unione delle Comore, in vista dell’ampliamento del quadro di partenariato in cui sviluppare una politica sostenibile della pesca e uno sfruttamento responsabile delle risorse ittiche nella zona di pesca comoriana, nell’interesse di entrambe le parti.
Slavi Binev (NI), per iscritto. – (BG) La conclusione di accordi bilaterali nel settore della pesca tra l’Unione europea e i paesi terzi, denominati “accordi di partenariato per la pesca”, è una pratica comune nel quadro della politica comune della pesca. Ho votato a favore in quanto ritengo che il nuovo protocollo dell’accordo di partenariato per la pesca con l’Unione delle Comore vada a vantaggio di entrambe le parti. Da una parte, migliora le possibilità di pesca che si offrono alle navi dell’Unione europea nella zona di pesca comoriana, in quanto vengono esclusi i rischi di esaurimento degli stock locali. Dall’altra, l’UE stanzia dei fondi per lo sviluppo della politica settoriale della pesca nelle Comore.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Concordo con la proposta di decisione del Consiglio relativo alla conclusione del protocollo che fissa le possibilità di pesca e il contributo finanziario previsti dall’accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Comunità europea e l’Unione delle Comore. Considero tale protocollo positivo, in quanto promuove la pesca responsabile e sostenibile nelle acque territoriali comoriane e va a vantaggio di entrambe le parti; infatti, alle navi europee offre possibilità di pesca in cambio di un sostegno settoriale importante per la comunità dell’arcipelago delle Comore.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Mi sono espressa a favore della raccomandazione sull’accordo CE-Comore nel settore della pesca, in quanto le parti si impegnano a promuovere la pesca sostenibile e responsabile nella zona di pesca comoriana e poiché prevede una clausola di sospensione nel caso di violazioni dei diritti umani nell’Unione delle Comore.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) L’attuale protocollo dell’accordo per la pesca in vigore tra la Comunità europea e l’Unione delle Comore, uno dei tanti accordi di partenariato per la pesca in cui l’Unione europea è cofirmataria, è scaduto il 31 dicembre 2010. Il nuovo protocollo verrà concluso per un triennio (2011-2013), a decorrere dall’entrata in vigore della decisione del Consiglio sull’applicazione provvisoria del suddetto protocollo e in seguito allo scadere del protocollo in vigore. Scopo della proposta di decisione è definire le possibilità di pesca delle navi dell’Unione europea sulla base degli stock in eccesso disponibile, nonché il contributo finanziario dovuto separatamente per i diritti di accesso e il sostegno settoriale.
Il nuovo protocollo promuove gli interessi di entrambe le parti e si propone di rafforzare la cooperazione nell’ambito della pesca mediante il ricorso agli strumenti finanziari disponibili. Si è avvertita l’esigenza di creare un quadro che favorisse lo sviluppo di investimenti nel settore e per ottimizzare la produzione di pesca su piccola scala. Analogamente al relatore, ritengo che Parlamento dovrebbe essere autorizzato a vigilare sul modo in cui si sviluppa e viene rispettato l’accordo, e spetta alla Commissione assicurarsi che ciò accada.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) La relazione è incentrata su una proposta di decisione del Consiglio sulla conclusione di un accordo che fissa i termini ai sensi dei quali i pescherecci dell’Unione europea (UE) possono effettuare operazioni di pesca nelle acque dell’Unione delle Comore. Nel corso degli anni, l’UE ha sottoscritto accordi di partenariato nel settore della pesca con numerosi paesi e, in cambio, ha stanziato un contributo finanziario specifico teso essenzialmente a sostenere le politiche nazionali per la pesca, in particolare per la tutela degli stock. Con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Parlamento ha acquisito maggiori responsabilità nel settore, e ora siamo chiamati a concedere la nostra autorizzazione ai nuovi accordi sulla pesca. Poiché il protocollo UE/Unione delle Comore è scaduto il 31 dicembre 2010, dev’essere rinnovato al più presto. La proposta in questione è nell’interesse di entrambe le parti, come ha spiegato molto bene il relatore, e pertanto ho votato a favore della proposta. Mi rammarico che sia stata formulata con così tanto ritardo.
João Ferreira and Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione appoggia il nuovo protocollo dell’accordo di partenariato nel settore della pesca tra l’UE e le Comore, che produrrà effetti per tre anni e il cui obiettivo primario è definire le possibilità di pesca che si offrono alle navi europee, il contributo finanziario dovuto in cambio dei diritti d’accesso e del sostegno settoriale. Si tratta di un accordo che riguarda i diritti di accesso alle acque comoriane per 70 imbarcazioni europee in cambio di un contributo finanziario di circa 600 000 euro l’anno, metà dei quali dovrebbero servire allo sviluppo del settore nazionale della pesca. Tale paese non ha praticamente altre risorse 30 000 dei suoi 800 000 abitanti dipendono da questo settore.
è qui che i cosiddetti accordi di partenariato in questo settore hanno registrato i maggiori fallimenti, il che dovrebbe indurre alla riflessione e a cambiamenti in termini di politica. L’autorizzazione alla pesca verrà concessa a 45 tonniere – 22 delle quali sono francesi e 22 spagnole – e a 25 pescherecci con palangari di superficie: è più di quanto non preveda il protocollo attualmente in vigore, che autorizza 40 tonniere e 17 pescherecci con palangari di superficie. Il Portogallo mantiene i cinque pescherecci con palangari di superficie che aveva già prima. Francia e Spagna continuano a essere le maggiori beneficiarie.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Concordo con il documento, in quanto la conclusione di accordi bilaterali di pesca tra la Comunità europea e i paesi terzi, denominati dal 2004 "accordi di partenariato nel settore della pesca" (APP), è sempre stata una prassi abituale della politica comune della pesca (PCP) e quindi un elemento centrale della relativa dimensione esterna. Gli accordi con i paesi dell’Africa e del Pacifico prevedono che una quota considerevole della contropartita finanziaria dell’UE sia destinata a sostenere, nello specifico, le politiche di pesca nazionali basate sui principi di sostenibilità e buona gestione delle risorse alieutiche. Gli accordi di partenariato equivalgono pertanto a un impegno a promuovere una pesca responsabile e sostenibile in tutte le aree in cui operano le navi dell’Unione europea, sulla base di una valutazione approfondita delle risorse disponibili e accertandosi, tra l’altro, che le possibilità di pesca messe a disposizione siano avallate da pareri scientifici credibili ed escludano il rischio di distruzione degli stock locali. Con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Parlamento europeo ha acquisito maggiori poteri in materia di accordi di partenariato nel settore della pesca. Infatti, ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 6, lettera a), del TUE, per la conclusione di un accordo, invece della semplice procedura di consultazione applicata in precedenza, è necessaria la previa approvazione del Parlamento europeo. Ritengo che il nuovo protocollo proposto per l’accordo di partenariato sulla pesca con l’Unione delle Comore sia nell’interesse di ambo le parti.
Jarosław Kalinowski (PPE), per iscritto. – (PL) Il settore della pesca della regione delle Comore è molto specifico. Le catture dei pescatori locali faticano a soddisfare la domanda della comunità locale. La causa di ciò sono strutture portuali e della flotta scarsamente sviluppate e, sinceramente, quasi inesistenti. Gli abitanti delle isole di questa zona dell’Oceano Indiano sono molto poveri, sono minacciati dalla disoccupazione e, come rivela lo stesso relatore, sono praticamente dipendenti dagli aiuti finanziari esteri. L’accordo di partenariato, che consente alle navi comunitarie di pescare in territorio comoriano in cambio di sostegno finanziario, contribuirà senza ombra di dubbio a un rafforzamento dell’economia della regione. Dovremmo tuttavia vigilare sul modo in cui vengono spesi tali fondi e se contribuiscono realmente a un miglioramento della situazione del settore.
Elisabeth Köstinger (PPE), per iscritto. – (DE) Scopo del nuovo protocollo che fissa le possibilità di pesca e il contributo finanziario previsti dall’accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Comunità europea e l’Unione delle Comore è rafforzare il partenariato e la cooperazione nel settore della pesca facendo ricorso a tutti gli strumenti finanziari disponibili. Il protocollo creerà un quadro favorevole alla crescita degli investimenti nel settore e che contribuirà ad aumentare il valore dei prodotti della pesca su piccola scala. Accolgo con favore la proposta di istituire questo nuovo protocollo.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. – Egregio Presidente, onorevoli colleghi, la raccomandazione sul progetto del Consiglio, relativo alla conclusione del protocollo che fissa le possibilità di pesca e il contributo finanziario previsti dal partenariato nel settore della pesca con l’Unione delle Comore, ha l’obiettivo di evidenziare il ruolo che il Parlamento Europeo deve svolgere nella procedura per la rivisitazione dell’accordo. L’Europa ha sempre perseguito la conclusione di accordi di partenariato nel settore della pesca e con l’Unione delle Comore vigono rapporti di partenariato in quest’ambito già dal 1988. Obiettivo del nuovo protocollo è quello di definire la possibilità di pesca da offrire alle navi dell’Unione, prevedere una politica sostenibile e uno sfruttamento responsabile delle risorse alieutiche, aumentando gli investimenti nel settore della piccola pesca, ottimizzandone l’attività. Il progetto di decisione del Consiglio fa sì che entrambi i partner, Europa e Unione delle Comore, traggano beneficio dalla riproposizione dell’Accordo ma, avendo acquisito il Parlamento un ruolo specifico nella messa in atto degli accordi, a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, appare inevitabile individuare misure che coinvolgano il Parlamento in ogni passaggio, fino alla approvazione finale dell’Accordo.
David Martin (S&D) , per iscritto. – (EN) Ho votato per la relazione. La conclusione di accordi bilaterali di pesca tra la Comunità europea e i paesi terzi, denominati dal 2004 "accordi di partenariato nel settore della pesca" (APP), è sempre stata una prassi abituale della politica comune della pesca (PCP) e quindi un elemento centrale della relativa dimensione esterna. Gli accordi con i paesi dell’Africa e del Pacifico prevedono che una quota considerevole della contropartita finanziaria dell’UE sia destinata a sostenere, nello specifico, le politiche di pesca nazionali basate sui principi di sostenibilità e buona gestione delle risorse alieutiche. Gli accordi di partenariato equivalgono pertanto a un impegno a promuovere una pesca responsabile e sostenibile in tutte le aree in cui operano le navi dell’Unione europea, sulla base di una valutazione approfondita delle risorse disponibili e accertandosi, tra l’altro, che le possibilità di pesca messe a disposizione siano avallate da pareri scientifici credibili ed escludano il rischio di distruzione degli stock locali.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Il nuovo accordo sostituisce quello in vigore in precedenza, scaduto il 31 dicembre 2010. Questo tipo di accordo autorizza i pescherecci dell’UE ad accedere alle zone di pesca delle isole Comore in cambio di un contributo finanziario. Il vantaggio ingente di questo genere di protocollo è la possibilità per l’Unione europea di contribuire allo sviluppo di tali paesi. In questo caso, offrirà maggiori aiuti al settore della pesca, che assorba circa il 50 per cento dei fondi assegnati. Non va dimenticato che circa 30 000 comoriani dipendono direttamente dall’industria della pesca, di qui l’importanza del nostro sostegno.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (EN) L’accordo di pesca tra la Comunità europea e le Comore è scaduto nel dicembre 2010. Il nuovo protocollo è valido dal 2011 al 2013 e forma già oggetto di un’applicazione provvisoria in attesa della procedura di approvazione del Parlamento europeo. Secondo il progetto di accordo le parti s’impegnano a promuovere una pesca responsabile nella zona di pesca delle Comore, fondata sul principio della non discriminazione tra le varie flotte pescherecce operanti in detta zona. Per quanto concerne le opportunità di pesca, 45 tonniere con reti a circuizione e 25 pescherecci con palangari di superficie saranno autorizzati a pescare. Rispetto all’accordo precedente, quello nuovo contiene una clausola che sospende l’esecuzione del protocollo in caso di violazioni dei diritti umani. Ritengo sia necessario rafforzare il partenariato e la cooperazione nel settore della pesca ricorrendo a tutti gli strumenti finanziari disponibili. Pertanto ho votato a favore.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) La conclusione di accordi bilaterali di pesca tra la Comunità europea e i paesi terzi, denominati dal 2004 “accordi di partenariato nel settore della pesca” (APP), è sempre stata una prassi abituale della politica comune della pesca (PCP) e quindi un elemento centrale della relativa dimensione esterna.
La proposta di un nuovo protocollo dell’accordo di partenariato sulla pesca tra l’Unione europea e le isole Comore è parte integrante della dimensione esterna della PCP ed è nell’interesse di ambo le parti.
La relazione formula le seguenti raccomandazioni considerate rilevanti:
· la Commissione dovrebbe trasmettere al Parlamento europeo non solo le conclusioni delle riunioni e dei lavori della commissione mista di cui all’articolo 9 dell’accordo, ma anche il programma settoriale pluriennale in materia di pesca di cui all’articolo 7, lettera c), del protocollo e i risultati delle valutazioni annuali;
· dovrebbe essere consentito ad alcuni rappresentanti del Parlamento europeo di partecipare, in qualità di osservatori, alle riunioni e ai lavori della commissione mista;
· la Commissione dovrebbe presentare al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione dell’accordo prima della relativa rinegoziazione;
· è necessario che il Parlamento europeo e il Consiglio siano trattati su un piano di parità, sia per quanto concerne il diritto di essere pienamente e immediatamente informati, sia con riferimento al controllo e la valutazione dell’attuazione dei vari accordi internazionali nel settore della pesca e alla negoziazione della relativa revisione.
Per le suddette ragioni, ho votato a favore della relazione.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Lo scopo di questo protocollo è sostituire il protocollo allegato all’accordo di partenariato sulla pesca tra l’Unione europea e le isole Comore, scaduto il 31 dicembre 2010. L’obiettivo principale del nuovo protocollo consiste nel definire le possibilità di pesca che si offrono alle navi dell’Unione europea a titolo dei diritti di accesso e del sostegno settoriale, e proseguire nella cooperazione tra l’Unione europea e l’Unione delle Comore ai fini dell’istituzione di un quadro di partenariato entro il quale sviluppare una politica di pesca sostenibile e lo sfruttamento responsabile delle risorse alieutiche nella zona di pesca comoriana. Secondo il nuovo protocollo, il contributo finanziario annuo globale dell’UE sarà pari a 1 845 750 euro per l’intero periodo di 3 anni. È previsto inoltre lo sviluppo degli investimenti nel settore della pesca al fine di ottimizzare le attività di pesca su piccola scala. Poiché ritengo che la proposta di un nuovo protocollo dell’accordo di partenariato sulla pesca tra l’Unione europea e le isole Comore sia nell’interesse di ambo le parti, ho votato a favore.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Ho votato contro. La conclusione di accordi bilaterali di pesca tra la Comunità europea e i paesi terzi, denominati dal 2004 “accordi di partenariato nel settore della pesca” (APP), è sempre stata una prassi abituale della politica comune della pesca (PCP) e quindi un elemento centrale della relativa dimensione esterna. Gli accordi con i paesi dell’Africa e del Pacifico prevedono che una quota considerevole della contropartita finanziaria dell’UE sia destinata a sostenere, nello specifico, le politiche di pesca nazionali basate sui principi di sostenibilità e buona gestione delle risorse alieutiche. Gli accordi di partenariato equivalgono pertanto a un impegno a promuovere una pesca responsabile e sostenibile in tutte le aree in cui operano le navi dell’Unione europea, sulla base di una valutazione approfondita delle risorse disponibili e accertandosi, tra l’altro, che le possibilità di pesca messe a disposizione siano avallate da pareri scientifici credibili ed escludano il rischio di distruzione degli stock locali.
Con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Parlamento europeo ha acquisito maggiori poteri in materia di accordi di partenariato nel settore della pesca. Infatti, ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 6, lettera a), del TUE, per la conclusione di un accordo, invece della semplice procedura di consultazione applicata in precedenza, è necessaria la previa approvazione del Parlamento europeo. Noi verdi siamo molto critici nei confronti del modo in cui sono stati finora attuati tali accordi.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. – La conclusione di accordi bilaterali di pesca tra la Comunità europea e i paesi terzi è sempre stata una prassi abituale della politica comune della pesca e pertanto un elemento centrale della relativa dimensione esterna.
Gli accordi con i paesi dell’Africa e del Pacifico prevedono che una quota considerevole della contropartita finanziaria dell’UE sia destinata a sostenere le politiche di pesca nazionali basate sui principi di sostenibilità e buona gestione delle risorse ittiche.
Le relazioni bilaterali nel settore della pesca tra la Comunità europea e l’Unione delle Comore risalgono al 1988. La risoluzione adottata oggi sottolinea che una maggiore informazione e un maggior controllo da parte del Parlamento europeo durante tutte le fasi del processo negoziale rafforzerebbero gli elementi di partenariato e influirebbero positivamente sullo sviluppo del settore della pesca. È necessario che sia il Parlamento europeo che il Consiglio siano posti su un piano di parità, sia per quanto concerne il diritto di essere pienamente e immediatamente informati, sia in riferimento al controllo e alla valutazione dell’attuazione degli accordi internazionali nel settore della pesca e alla negoziazione della relativa revisione.
Angelika Werthmann (NI), per iscritto. – (DE) La flotta di pescherecci dell’UE opera in tutto il mondo. Dal 1988 vige un accordo bilaterale tra quella che adesso viene definita UE e l’Unione delle Comore. L’attuale revisione dell’accordo di partenariato del 2006 nel settore della pesca come parte del processo di ampliamento dello stesso si è anche conclusa con l’inserimento nell’accordo dei principi di base di una politica sostenibile della pesca e dell’uso responsabile delle risorse ittiche nella zona di pesca comoriana. Si tratta non soltanto di uno sviluppo gradito, ma anche di una necessità, se vogliamo che l’UE e la sua politica comune della pesca restino credibili. In tale contesto, la richiesta del relatore di maggiori informazioni e maggiore controllo da parte del Parlamento va appoggiata con vigore. per tale ragione, ho votato a favore della relazione.
Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. – (RO) Gli aggiornamenti di accordi di libero scambio Euromed possono contribuire alla stabilità economica e politica in questa regione chiave al fine di consolidare un’unica zona di pace, sviluppo, giustizia, uguaglianza, libertà, pluralismo, democrazia e rispetto. La creazione di un meccanismo standard di risoluzione delle controversie dovrebbe prevedere procedure di ricorso semplificate ed efficaci entro precisi limiti di tempo, il che potrebbe aumentare la sicurezza e la prevedibilità delle nostre relazioni commerciali bilaterali e potrebbe rappresentare un ulteriore passo avanti verso la creazione e il buon funzionamento dell’accordo di libero scambio euromediterraneo. Ho votato a favore della proposta di risoluzione.
Slavi Binev (NI), per iscritto. – (BG) Ho espresso voto favorevole alla risoluzione in quanto occorre istituire un meccanismo efficace per risolvere le controversie commerciali tra l’Unione europea e il Regno hashemita di Giordania. Il meccanismo proposto è modellato sui meccanismi di risoluzione delle controversie degli accordi più recenti conclusi dall’Unione europea e sulla risoluzione delle controversie dell’OMC. Tale meccanismo migliorerà il funzionamento dell’accordo di libero scambio euromediterraneo, ma stabilizzerà principalmente i rapporti commerciali bilaterali tra l’Unione europea e il Regno hashemita di Giordania.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Tutti gli aggiornamenti di accordi di libero scambio Euromed incidono molto sulla stabilità economica e politica dei paesi e contribuiscono agli innumerevoli progressi sociali e democratici che ne conseguono. Accolgo pertanto con favore ogni sforzo compiuto in questa direzione. Data la risoluzione incompleta di determinate controversie ai sensi delle disposizioni commerciali dell’accordo euromediterraneo che crea un’associazione tra le Comunità europee e il Regno hashemita di Giordania, riconosco l’inefficacia dell’approccio diplomatico in tale contesto. Accetto pertanto la necessità di un meccanismo di applicazione semplice ed efficace delle risorse, pertanto concordo col progetto di decisione del Consiglio concernente la conclusione di un accordo in forma di protocollo tra l’Unione europea e il Regno hashemita di Giordania. Scopo del protocollo è l’istituzione di un meccanismo di risoluzione delle controversie applicabile a tutte le controversie nel quadro delle disposizioni commerciali dell’accordo euromediterraneo.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Gli accordi euromediterranei contengono disposizioni in materia di liberalizzazione dello scambio di beni, ma le norme per la composizione delle controversie che derivano dalle stesse si basavano soprattutto sulla diplomazia e potevano essere facilmente bloccate dalla parte convenuta. Nel 2006 il Consiglio ha autorizzato la Commissione ad avviare i negoziati con i propri partner del Mediterraneo al fine di istituire meccanismi di composizione delle controversie commerciali modellati sui meccanismi di risoluzione delle controversie degli accordi più recenti conclusi dall’Unione europea in seno all’OMC. Il 9 dicembre del 2009 è stato siglato un progetto di accordo con la Giordania.
Appoggio il meccanismo di risoluzione delle controversie, e spero che abbia una funzione deterrente e non repressiva. Mi auguro inoltre che la Giordania possa far fronte all’instabilità della regione e confermarsi il partner moderato e responsabile che è sempre stato durante il regno di re Hussein e di re Abdullah II.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) La raccomandazione si basa su un progetto di decisione del Consiglio concernente la conclusione di un accordo in forma di protocollo tra l’Unione europea e il Regno hashemita di Giordania che istituisce un dispositivo di risoluzione delle controversie come parte dell’accordo euromediterraneo. In generale, la composizione di conflitti commerciali tra i paesi mediante la diplomazia non ha sempre avuto l’effetto desiderato. Pertanto, nel contesto della regione euromediterranea, sono stati avviati negoziati tra l’UE e i suoi partner del Mediterraneo, nello specifico la Giordania. Il progetto di accordo è stato siglato in occasione della Conferenza euromediterranea dei ministri del commercio svoltasi il 9 dicembre 2009 a Bruxelles. Voto a favore di questo progetto di risoluzione legislativa del Parlamento europeo, in quanto sono convinto che migliorerà notevolmente i rapporti tra gli Stati in termini di libero scambio e contribuirà alla stabilità politica ed economica della regione. Accolgo pertanto con favore il nuovo accordo e auspico che, quando entrerà in vigore, non insorgano più dispute di nessun genere tra l’UE o i suoi Stati membri e la Giordania.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Come citato nella motivazione della relazione, fino ad oggi la risoluzione di controversie derivanti da accordi euromediterranei si è basata unicamente su approcci diplomatici. Il modello “alternativo” proposto rientra nella logica promossa in seno all’Organizzazione mondiale del commercio che, alla ricerca di una presunta efficienza, tenta di eludere la sovranità nazionale, la risoluzione delle controversie attraverso il rispetto per le specificità di ogni paese e il diritto di tali paesi di difendere i propri interessi e quelli dei loro popoli. La composizione delle controversie mediante la diplomazia è una garanzia di parità di trattamento tra i paesi. Per contro, questo meccanismo sovverte tale principio, incoraggiando la circolazione del capitale e anteponendo il potere economico al potere politico, e l’interesse del capitale agli interessi dei paesi e dei loro popoli.
La nostra opposizione a tale meccanismo e alle sue implicazioni è tanto più giustificata in quanto deriva dalla conclusione di un accordo tra l’UE, la cui legittimità conferita dal trattato di Lisbona è discutibile (e in ogni caso deplorevole), e il regime di re Abdullah, che continua a reprimere con violenza il movimento emergente e pacifico di giovani che chiedono riforme e libertà democratiche.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Fino ad oggi la risoluzione di controversie derivanti da accordi euromediterranei si è basata unicamente su approcci diplomatici. Il modello “alternativo” proposto rientra nella logica promossa in seno all’Organizzazione mondiale del commercio che, alla ricerca di una presunta efficienza, tenta di eludere la sovranità nazionale, la risoluzione delle controversie attraverso il rispetto per le specificità di ogni paese e il diritto di tali paesi di difendere i propri interessi e quelli dei loro popoli. La composizione delle controversie mediante la diplomazia è una garanzia di parità di trattamento tra i paesi. Per contro, questo meccanismo sovverte tale principio, incoraggiando la circolazione del capitale e anteponendo il potere economico al potere politico, e l’interesse del capitale agli interessi dei paesi e dei loro popoli.
La nostra opposizione a tale meccanismo e alle sue implicazioni è tanto più giustificata in quanto deriva dalla conclusione di un accordo tra l’UE, la cui legittimità conferita dal trattato di Lisbona è discutibile (e in ogni caso deplorevole), e il regime di re Abdullah, che continua a reprimere con violenza il movimento emergente e pacifico di giovani che chiedono riforme e libertà democratiche.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione. La creazione di un meccanismo standard di risoluzione delle controversie è accolta favorevolmente in quanto dovrebbe prevedere procedure di ricorso semplificate ed efficaci entro precisi limiti di tempo. Il relatore ritiene che questi aggiornamenti di accordi di libero scambio Euromed possano contribuire alla stabilità economica e politica in questa regione chiave al fine di consolidare un’unica zona di pace, sviluppo, giustizia, uguaglianza, libertà, pluralismo, democrazia e rispetto. Inoltre la corretta applicazione di tale meccanismo potrebbe aumentare la sicurezza e la prevedibilità delle nostre relazioni commerciali bilaterali e potrebbe rappresentare un ulteriore passo avanti verso la creazione e il buon funzionamento dell’accordo di libero scambio euromediterraneo.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) L’esperienza passata dimostra che la diplomazia non è riuscita a essere efficace nella risoluzione delle diverse controversie esistenti. Accolgo pertanto con favore la creazione di un meccanismo standard di risoluzione delle controversie è accolta favorevolmente in quanto dovrebbe prevedere procedure di ricorso semplificate ed efficaci entro precisi limiti di tempo. Convengo con il relatore, che ritiene che questi aggiornamenti di accordi di libero scambio Euromed possano contribuire alla stabilità economica e politica in questa regione chiave al fine di consolidare un’unica zona di pace, sviluppo, giustizia, uguaglianza, libertà, pluralismo, democrazia e rispetto. Inoltre la corretta applicazione di tale meccanismo potrebbe aumentare la sicurezza e la prevedibilità delle nostre relazioni commerciali bilaterali e potrebbe rappresentare un ulteriore passo avanti verso la creazione e il buon funzionamento dell’accordo di libero scambio euromediterraneo.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (EN) Constato che il meccanismo proposto è modellato sui meccanismi di risoluzione delle controversie degli accordi più recenti conclusi dall’Unione europea e sulla risoluzione delle controversie dell’OMC. Gli accordi commerciali bilaterali dovrebbero sempre essere pienamente compatibili con il sistema commerciale multilaterale. La Commissione deve garantire che l’applicazione sia effettiva. Le controversie che si protraggono a lungo incidono negativamente sulla comunità commerciale. Ho quindi votato a favore.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Con questa relazione, il Parlamento europeo autorizza la creazione di un meccanismo standard di risoluzione delle controversie che dovrebbe prevedere procedure di ricorso semplificate ed efficaci entro precisi limiti di tempo ogniqualvolta si presenti la necessità di dirimere controversie tra l’Unione europea e il Regno hashemita di Giordania derivanti dalle disposizioni commerciali dell’accordo euromediterraneo. Fino ad oggi la risoluzione di controversie derivanti da accordi euromediterranei si è basata unicamente su approcci diplomatici. In pratica ciò non è efficiente e ha prodotto situazioni in cui controversie sono rimaste irrisolte, visto che possono essere facilmente bloccate dalla parte convenuta. Questi aggiornamenti di accordi di libero scambio Euromed possono contribuire alla stabilità economica e politica in questa regione chiave al fine di consolidare un’unica zona di pace, sviluppo, giustizia, uguaglianza, libertà, pluralismo, democrazia e rispetto. Inoltre la corretta applicazione di tale meccanismo potrebbe aumentare la sicurezza e la prevedibilità delle nostre relazioni commerciali bilaterali e potrebbe rappresentare un ulteriore passo avanti verso la creazione e il buon funzionamento dell’accordo di libero scambio euromediterraneo. Il mio voto a favore è stato motivato da ciascuno di questi fatti.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della conclusione di questo accordo UE-Giordania il cui obiettivo è la creazione di un meccanismo di risoluzione delle controversie applicabile alle controversie nel quadro delle disposizioni commerciali dell’accordo euromediterraneo. Fino ad oggi la risoluzione di controversie derivanti da accordi euromediterranei si è basata unicamente su approcci diplomatici. In pratica ciò non è efficiente e ha prodotto situazioni in cui controversie sono rimaste irrisolte o sono rimaste bloccate. Auspico che l’applicazione di tale meccanismo standard per la composizione delle controversie aumenti la sicurezza e la prevedibilità delle relazioni commerciali UE-Giordania.
Tokia Saïfi (PPE), per iscritto. – (FR) Nel quadro degli accordi di associazione euromediterranei, le controversie di natura commerciale che potrebbero emergere tra le due parti, l’Unione europea da una parte e la Giordania dall’altra, vengono ancora risolte ricorrendo ai canali della diplomazia. Tale soluzione non è né efficiente né trasparente, per questo ho votato a favore della creazione di un meccanismo standard di risoluzione delle controversie, in quanto consentirà ai soggetti di entrambe le sponde del Mediterraneo di commerciare in un ambiente più sicuro e prevedibile. Il meccanismo standard si basa su soluzioni promosse dall’Organizzazione mondiale del commercio nel suo protocollo d’intesa sulla composizione delle controversie, nonché su meccanismi inseriti negli accordi commerciali bilaterali conclusi di recente dall’UE.
In fin dei conti, aggiungere tali meccanismi a un numero crescente di accordi non potrà che creare condizioni di parità non soltanto per i soggetti europei, ma anche per i loro partner nei paesi terzi.
Angelika Werthmann (NI), per iscritto. – (DE) Tali negoziati traggono origine da quella che di fatto è un’area non disciplinata da alcuna legislazione, il che significa che non vi erano procedure disponibili per la risoluzione delle controversie tra l’UE e i paesi del Mediterraneo. Il meccanismo di risoluzione delle controversie è modellato su procedure standard internazionali. Poiché l’approccio attuale ha portato in passato a problemi insolubili, ho seguito la raccomandazione del relatore.
Slavi Binev (NI), per iscritto. – (BG) Ho votato a favore della risoluzione perché occorre creare un meccanismo efficace per risolvere le controversie commerciali tra l’Unione europea e il Regno del Marocco. Il meccanismo proposto è modellato sui meccanismi di risoluzione delle controversie degli accordi più recenti conclusi dall’Unione europea, che sono conformi alle norme e procedure in materia di risoluzione delle controversie dell’OMC. Il meccanismo porterà stabilità agli accordi commerciali bilaterali tra Unione europea e Regno del Marocco.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Tutti gli aggiornamenti di accordi di libero scambio Euromed incidono molto sulla stabilità economica e politica dei paesi e contribuiscono agli innumerevoli progressi sociali e democratici che ne conseguono. Accolgo pertanto con favore ogni sforzo compiuto in questa direzione. Data la risoluzione incompleta di determinate controversie ai sensi delle disposizioni commerciali dell’accordo euromediterraneo che crea un’associazione tra le Comunità europee e il Regno del Marocco, riconosco l’inefficacia dell’approccio diplomatico in tale contesto. Accetto pertanto la necessità di un meccanismo di applicazione semplice ed efficace delle risorse, pertanto concordo col progetto di decisione del Consiglio concernente la conclusione di un accordo tra l’Unione europea e il Regno del Marocco che istituisce un dispositivo di risoluzione delle controversie.
Vasilica Viorica Dăncilă (S&D), per iscritto. – (RO) Poiché le norme attuali per la risoluzione delle controversie si affidano a un approccio diplomatico che può essere facilmente bloccato dalla parte che non ottempera ai propri obblighi, credo che l’adozione di questo accordo migliorerà la sicurezza e prevedibilità delle relazioni commerciali tra l’Unione europea e il Marocco, un vantaggio sia per le aziende sia per i consumatori. L’adozione dell’accordo è in linea con la tabella di marcia euromediterranea per il commercio dopo il 2010.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Analogamente agli altri accordi, a quello l’Unione europea e il Regno del Marocco mancavano delle misure di risoluzione dei conflitti che, naturalmente, contribuivano a renderlo meno affidabile e a ridimensionare le aspettative delle parti di ottenere soluzioni eque in caso di controversia. Spero che il meccanismo previsto entri in vigore e contribuisca a rafforzare la fiducia delle parti, nonché che il Regno del Marocco riesca a proseguire le riforme già avviate da Hassan II e portate avanti da Mohammed VI.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) La raccomandazione si basa su un progetto di decisione del Consiglio concernente la conclusione di un accordo in forma di protocollo tra l’Unione europea e il Regno del Marocco che istituisce un dispositivo di risoluzione delle controversie come parte dell’accordo euromediterraneo. In generale, la composizione di conflitti commerciali tra i paesi mediante la diplomazia non ha sempre avuto l’effetto desiderato. Pertanto, nel contesto della regione euromediterranea, sono stati avviati negoziati tra l’UE e i suoi partner del Mediterraneo, nello specifico il Marocco. Il progetto di accordo è stato siglato in occasione della Conferenza euromediterranea dei ministri del commercio svoltasi il 9 dicembre 2009 a Bruxelles e confermato il 7 marzo 2010 durante il vertice UE-Marocco. Voto a favore di questo progetto di risoluzione legislativa del Parlamento europeo, in quanto sono convinto che migliorerà notevolmente i rapporti tra gli Stati in termini di libero scambio e contribuirà alla stabilità politica ed economica della regione. Accolgo pertanto con favore il nuovo accordo e auspico che, quando entrerà in vigore, non insorgano più dispute di nessun genere tra l’UE o i suoi Stati membri e il Marocco.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Come citato nella motivazione della relazione, fino ad oggi la risoluzione di controversie derivanti da accordi euromediterranei si è basata unicamente su approcci diplomatici. Il modello “alternativo” proposto rientra nella logica promossa in seno all’Organizzazione mondiale del commercio che, alla ricerca di una presunta efficienza, tenta di eludere la sovranità nazionale, la risoluzione delle controversie attraverso il rispetto per le specificità di ogni paese e il diritto di tali paesi di difendere i propri interessi e quelli dei loro popoli. La composizione delle controversie mediante la diplomazia è una garanzia di parità di trattamento tra i paesi. Per contro, questo meccanismo sovverte tale principio, incoraggiando la circolazione del capitale e anteponendo il potere economico al potere politico, e l’interesse del capitale agli interessi dei paesi e dei loro popoli.
La nostra opposizione a tale meccanismo e alle sue implicazioni è tanto più giustificata in quanto deriva dalla conclusione di un accordo di libero scambio con il Marocco, un paese che continua ad occupare il Sahara occidentale, a sfruttare e a trarre profitto da risorse che non gli appartengono: sta violando il diritto internazionale e negando al popolo sahariano il diritto all’autodeterminazione.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione si propone di cambiare la situazione attuale creando un meccanismo per la risoluzione dei conflitti. Come citato nella motivazione della relazione, fino ad oggi la risoluzione di controversie derivanti da accordi euromediterranei si è basata unicamente su approcci diplomatici.
Tuttavia, la Commissione propone ora un modello “alternativo” che rientra nella logica promossa in seno all’Organizzazione mondiale del commercio che, alla ricerca di una presunta efficienza, tenta di eludere la sovranità nazionale, la risoluzione delle controversie attraverso il rispetto per le specificità di ogni paese e il diritto di tali paesi di difendere i propri interessi e quelli dei loro popoli.
La composizione delle controversie mediante la diplomazia è una garanzia di parità di trattamento tra i paesi. Per contro, questo meccanismo sovverte tale principio, incoraggiando la circolazione del capitale e anteponendo il potere economico al potere politico, e l’interesse del capitale agli interessi dei paesi e dei loro popoli.
La nostra opposizione a tale meccanismo e alle sue implicazioni è tanto più giustificata in quanto deriva dalla conclusione di un accordo di libero scambio con il Marocco, un paese che continua ad occupare il Sahara occidentale, a sfruttare e a trarre profitto da risorse che non gli appartengono: sta violando i diritti del popolo sahariano e privando tale popolo del diritto all’autodeterminazione. Per tale ragione, abbiamo votato contro.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Mi associo al relatore, che propone al Parlamento di autorizzare tale accordo. Le controversie che si protraggono a lungo incidono negativamente sulla comunità commerciale e sui consumi di entrambe le sponde del Mediterraneo.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Le ribellioni dei civili contro i despoti arabi hanno infiammato l’altra sponda del Mediterraneo. Non si tratta evidentemente di un motivo sufficiente per indurre l’UE a interrompere l’avanzamento verso la zona di libero scambio concordata con i medesimi despoti. Abbiamo trasmesso un segnale chiaro: l’UE non vuole negoziare con le democrazie arabe che potrebbero emergere. è assurdo. Mi esprimerò contro.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) L’esperienza passata dimostra che la diplomazia non è riuscita a essere efficace nella risoluzione delle diverse controversie esistenti. Accolgo pertanto con favore la creazione di un meccanismo standard di risoluzione delle controversie è accolta favorevolmente in quanto dovrebbe prevedere procedure di ricorso semplificate ed efficaci entro precisi limiti di tempo. Convengo con il relatore, che ritiene che questi aggiornamenti degli accordi di libero scambio UE-Marocco possano contribuire alla stabilità economica e politica in questa regione chiave al fine di consolidare un’unica zona di pace, sviluppo, giustizia, uguaglianza, libertà, pluralismo, democrazia e rispetto. Inoltre la corretta applicazione di tale meccanismo potrebbe aumentare la sicurezza e la prevedibilità delle nostre relazioni commerciali bilaterali e potrebbe rappresentare un ulteriore passo avanti verso la creazione e il buon funzionamento dello spazio di libero scambio UE-Marocco.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Fino ad oggi, uno dei compiti dei servizi diplomatici è stato quello di comporre le controversie derivanti dall’accordo euromediterraneo. Si prevede ora l’introduzione di meccanismi a livello comunitario per la risoluzione delle controversie e il sostegno alle regioni politicamente instabili, quali il Marocco, per creare uno Stato omogeneo caratterizzato dalla pace, dallo sviluppo, dalla giustizia, dall’uguaglianza, dalla libertà, dal pluralismo, dalla democrazia e dal rispetto. Mi sono astenuto dal voto, in quanto il relatore non ha fornito una spiegazione dettagliata di come garantire la conformità a tali meccanismi.
Cristiana Muscardini (PPE), per iscritto. – L’accordo di liberalizzazione tra l’UE e il Marocco deve essere un segnale per lo sviluppo, la stabilità e il ripristino economico dell’intera regione nordafricana. L’Unione non può e non deve perdere la possibilità di essere protagonista di una rinnovata politica commerciale, capace di aiutare quei paesi che sono stati travolti da crisi politiche e sociali con drammatiche conseguenze per le economie nazionali e, di riflesso, per i nostri investimenti in quei territori.
Con il voto di oggi sulla creazione di un meccanismo standard per la risoluzione delle controversie, applicabile ed efficace, abbiamo dunque una garanzia in più a sostegno degli investimenti europei in Marocco, investimenti fondamentali per il benessere economico dell’intera regione che coprono la quasi totalità dei settori.
Il voto di oggi sottolinea inoltre la volontà dell’Unione di evitare che si abbiano effetti negativi ed economici sui consumatori finali di entrambe le sponde del Mediterraneo attraverso scelte di politica protezionistica che continua a tener conto di interessi particolari, procrastinando la ratifica di accordi che invece sono fondamentali per riequilibrare e bilanciare le scelte economiche di un’area che comincia ad essere d’interesse per i nostri competitori commerciali come la Cina e i paesi del Medio Oriente.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Con questa relazione, il Parlamento europeo autorizza la creazione di un meccanismo standard di risoluzione delle controversie che dovrebbe prevedere procedure di ricorso semplificate ed efficaci entro precisi limiti di tempo per le controversie derivanti dagli accordi euromediterranei tra l’UE e il Marocco. La risoluzione delle controversie mediante la diplomazia non si è rivelata efficiente e ha prodotto situazioni in cui controversie sono rimaste irrisolte, visto che possono essere facilmente bloccate dalla parte convenuta. I ritardi nella composizione delle controversie hanno un effetto negativo sul mondo economico e sui consumatori finali di entrambe le sponde del Mediterraneo. Gli aggiornamenti degli accordi di libero scambio euromediterranei possono contribuire alla stabilità economica e politica in questa regione chiave al fine di consolidare un’unica zona di pace, sviluppo, giustizia, uguaglianza, libertà, pluralismo, democrazia e rispetto. Il modello a cui si ispira il meccanismo proposto sono i meccanismi di risoluzione delle controversie degli accordi più recenti conclusi dall’Unione europea e il protocollo d’intesa dell’OMC sulle norme e procedure che disciplinano la risoluzione delle controversie. La Commissione deve garantire un’applicazione efficace ed efficiente del meccanismo. Per i suddetti motivi, ho votato a favore della risoluzione che autorizza la conclusione dell’accordo.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della conclusione di questo accordo tra l’UE e il Regno del Marocco il cui obiettivo è la creazione di un meccanismo di risoluzione delle controversie applicabile alle controversie nel quadro delle disposizioni commerciali dell’accordo euromediterraneo. Fino ad oggi la risoluzione di controversie derivanti da accordi euromediterranei si è basata unicamente su approcci diplomatici. In pratica ciò non è efficiente e ha prodotto situazioni in cui controversie sono rimaste irrisolte o sono rimaste bloccate. Auspico che l’applicazione di tale meccanismo standard per la composizione delle controversie aumenti la sicurezza e la prevedibilità delle relazioni commerciali tra l’UE e il Regno del Marocco.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE) , per iscritto. – (EN) A favore. Fino ad oggi la risoluzione di controversie derivanti da accordi euromediterranei si è basata unicamente su approcci diplomatici. In pratica ciò non è efficiente e ha prodotto situazioni in cui controversie sono rimaste irrisolte, visto che possono essere facilmente bloccate dalla parte convenuta.
Nel 2006 il Consiglio ha autorizzato la Commissione ad avviare negoziati con i suoi partner della regione mediterranea al fine di negoziare un idoneo dispositivo di risoluzione delle controversie. Un progetto di accordo è stato avviato con il Marocco alla Conferenza ministeriale del commercio euro-mediterraneo a Bruxelles il 9 dicembre 2009, che è stato confermato nel corso del Vertice UE-Marocco, il 7 marzo 2010.
La creazione di un meccanismo standard di risoluzione delle controversie è accolta favorevolmente in quanto dovrebbe prevedere procedure di ricorso semplificate ed efficaci entro precisi limiti di tempo.
Izaskun Bilbao Barandica (ALDE), per iscritto. – (ES) Appoggio la creazione di un meccanismo standard per la composizione delle controversie con l’Egitto, per risolvere le inefficienze e le impasse e per concludere il progetto di accordo con tale paese. L’accordo può contribuire alla stabilità economica e politica della zona euromediterranea, che consentirà un futuro basato su pace, giustizia, libertà, pluralismo e democrazia.
Slavi Binev (NI), per iscritto. – (BG) Ho votato a favore della risoluzione, in quanto occorre creare un meccanismo efficace per dirimere le controversie di natura commerciale tra l’Unione europea e la Repubblica araba d’Egitto. Il meccanismo proposto è modellato sui meccanismi di risoluzione delle controversie degli accordi più recenti conclusi dall’Unione europea, che sono conformi alle norme e procedure dell’OMC in materia di composizione delle controversie. Il meccanismo favorirà il funzionamento dell’accordo di libero scambio euromediterraneo, ma stabilizzerà principalmente i rapporti commerciali bilaterali tra l’Unione europea e la Repubblica araba d’Egitto.
Vito Bonsignore (PPE), per iscritto. – Ho espresso voto favorevole sul dispositivo di risoluzione delle controversie proposto dal collega Susta. Infatti concordo sul fatto che una corretta applicazione di un meccanismo standard di risoluzione delle controversie potrebbe rappresentare un ulteriore passo avanti verso la creazione e il buon funzionamento dell’accordo di libero scambio euromediterraneo. Fino ad oggi, le controversie derivanti da accordi euromediterranei sono state risolte, laddove possibile, solo con rapporti diplomatici. È invece opportuno avere un meccanismo stabile, anche perché trascinare per lunghi periodi controversie di natura commerciale può provocare effetti negativi sui consumatori finali di entrambe le sponde del Mediterraneo. Alla luce poi di quanto sta accadendo in alcuni paesi del Nord Africa, è indubbio che il cammino verso la stabilità economica e politica di quei territori passi anche attraverso un buon funzionamento degli accordi di libero scambio nel Mediterraneo.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Tutti gli aggiornamenti di accordi di libero scambio Euromed incidono molto sulla stabilità economica e politica dei paesi e contribuiscono agli innumerevoli progressi sociali e democratici che ne conseguono. Accolgo pertanto con favore ogni sforzo compiuto in questa direzione. Data la risoluzione incompleta di determinate controversie ai sensi delle disposizioni commerciali dell’accordo euromediterraneo che crea un’associazione tra le Comunità europee e la Repubblica araba d’Egitto, riconosco l’inefficacia del sistema creato per questa regione ricorrendo all’approccio diplomatico. Accetto pertanto la necessità di un meccanismo di applicazione semplice ed efficace delle risorse, pertanto concordo col progetto di decisione del Consiglio concernente la conclusione di un accordo tra l’Unione europea e la Repubblica araba d’Egitto che istituisce un dispositivo di risoluzione delle controversie.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La situazione attuale in Egitto offusca forse la necessità di proseguire con l’adozione di accordi come questo. Tuttavia, una volta trascorso il periodo di turbolenze e incertezze caratteristico di situazioni quali quelle vissute attualmente al Cairo, lo Stato egiziano dovrà adoperarsi per assumere nuovamente la pienezza delle sue funzioni. Tra queste si annoverano le relazioni esterne, segnatamente con l’Unione europea, sua partner in un accordo euromediterraneo. Benché le ipotetiche controversie future con l’UE rappresentino probabilmente l’ultima delle preoccupazioni attuali dell’Egitto, ritengo che non sia svantaggioso adottare meccanismi che consentano una loro rapida risoluzione, per il bene di ambo le parti. L’Egitto è inestricabilmente legato alla storia dell’Europa e del mondo. Spero che gli sia riservato un grande futuro, all’altezza del suo passato.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) La raccomandazione si basa su un progetto di decisione del Consiglio concernente la conclusione dell’accordo in forma di protocollo tra l’Unione europea e la Repubblica araba d’Egitto che istituisce un dispositivo di risoluzione delle controversie. Tale protocollo assume un significato molto speciale in un momento in cui l’Egitto sta compiendo i primi passi verso la realizzazione di un regime democratico. In generale, la composizione di conflitti commerciali tra i paesi mediante la diplomazia non ha sempre avuto l’effetto desiderato. Pertanto, nel contesto della regione euromediterranea, sono stati avviati negoziati tra l’UE e i suoi partner del Mediterraneo, nello specifico l’Egitto. Il progetto di accordo è stato siglato il 27 aprile 2010 nel corso della riunione del Consiglio di Associazione UE-Egitto svoltosi a Lussemburgo. Voto a favore di questo progetto di risoluzione legislativa del Parlamento europeo, in quanto sono convinto che migliorerà notevolmente i rapporti tra gli Stati in termini di libero scambio e contribuirà alla stabilità politica ed economica della regione. Accolgo pertanto con favore il nuovo accordo e auspico che, quando entrerà in vigore, non insorgano più dispute di nessun genere tra l’UE o i suoi Stati membri e la Repubblica araba d’Egitto.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Come citato nella motivazione della relazione, fino ad oggi la risoluzione di controversie derivanti da accordi euromediterranei si è basata unicamente su approcci diplomatici. Il modello “alternativo” proposto rientra nella logica promossa in seno all’Organizzazione mondiale del commercio che, alla ricerca di una presunta efficienza, tenta di eludere la sovranità nazionale, la risoluzione delle controversie attraverso il rispetto per le specificità di ogni paese e il diritto di tali paesi di difendere i propri interessi e quelli dei loro popoli. La composizione delle controversie mediante la diplomazia è una garanzia di parità di trattamento tra i paesi. Per contro, questo meccanismo sovverte tale principio, incoraggiando la circolazione del capitale e anteponendo il potere economico al potere politico, e l’interesse del capitale agli interessi dei paesi e dei loro popoli.
La nostra opposizione a tale meccanismo e alle sue implicazioni è tanto più giustificata in quanto deriva dalla conclusione di un accordo tra l’UE e il regime del dittatore Mubarak. Le rivolte del popolo egiziano a favore dei cambiamenti democratici, in difesa della propria sovranità contro le ingerenze estere, e la collusione del regime con gli interessi dell’imperialismo nella regione è un segnale positivo, che ci auguriamo finisca per avere implicazioni concrete in relazione a questo e ad altri accordi.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Fino ad oggi la risoluzione di controversie derivanti da accordi euromediterranei si è basata unicamente su approcci diplomatici. Il modello “alternativo” proposto rientra nella logica promossa in seno all’Organizzazione mondiale del commercio che, alla ricerca di una presunta efficienza, tenta di eludere la sovranità nazionale, la risoluzione delle controversie attraverso il rispetto per le specificità di ogni paese e il diritto di tali paesi di difendere i propri interessi e quelli dei loro popoli.
La composizione delle controversie mediante la diplomazia è una garanzia di parità di trattamento tra i paesi. Per contro, questo meccanismo sovverte tale principio, incoraggiando la circolazione del capitale e anteponendo il potere economico al potere politico, e l’interesse del capitale agli interessi dei paesi e dei loro popoli.
La nostra opposizione a tale meccanismo e alle sue implicazioni è tanto più giustificata in quanto deriva dalla conclusione di un accordo tra l’UE, la cui legittimità derivante dal trattato di Lisbona è discutibile, e il regime del dittatore Mubarak. Le rivolte del popolo egiziano a favore dei cambiamenti democratici, in difesa della propria sovranità contro le ingerenze estere, e la collusione del regime con gli interessi dell’imperialismo nella regione è un segnale positivo, che ci auguriamo finisca per avere implicazioni concrete in relazione a questo e ad altri accordi.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Malgrado l’incertezza della situazione in Egitto, ritengo che il Parlamento abbia ragione a portare avanti l’approvazione di questo accordo, che dovrebbe semplificare la vita alle imprese senza esprimere commenti politici sull’attuale governo egiziano.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) L’esperienza passata dimostra che la diplomazia non è riuscita a essere efficace nella risoluzione delle diverse controversie esistenti. Accolgo pertanto con favore la creazione di un meccanismo standard di risoluzione delle controversie è accolta favorevolmente in quanto dovrebbe prevedere procedure di ricorso semplificate ed efficaci entro precisi limiti di tempo. Convengo con il relatore, che ritiene che questi aggiornamenti degli accordi di libero scambio UE-Egitto possano contribuire alla stabilità economica e politica in questa regione chiave al fine di consolidare un’unica zona di pace, sviluppo, giustizia, uguaglianza, libertà, pluralismo, democrazia e rispetto. Inoltre la corretta applicazione di tale meccanismo potrebbe aumentare la sicurezza e la prevedibilità delle nostre relazioni commerciali bilaterali e potrebbe rappresentare un ulteriore passo avanti verso la creazione e il buon funzionamento dell’accordo di libero scambio UE-Egitto.
Paul Murphy (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Ho votato contro la relazione, in quanto nutro profonde perplessità sull’approccio economico e politico dell’UE nei confronti dei paesi che rientrano nell’accordo euromediterraneo. La creazione di uno spazio di libero scambio avrebbe conseguenze drammatiche per i lavoratori della regione. Sulla base dei dati dell’UE, si stima che l’Egitto possa perdere 1,5 milioni di posti di lavoro. Le prospettive economiche disastrose per i giovani e l’indignazione nei confronti della corruzione e degli eccessi dell’esigua elite dittatoriale sono al centro del movimento rivoluzionario e delle aspirazioni del popolo egiziano. Portare avanti la dottrina del libero scambio nell’interesse delle grandi imprese europee e delle elite ricche significa proseguire con lo status quo, e tale proposta va pertanto respinta. I negoziati sull’accordo sono stati presieduti da rappresentanti del regime dittatoriale di Mubarak, che è stato estromesso dalle rivolte rivoluzionarie. I vertici dell’esercito sono tuttavia strettamente legati agli interessi economici del regime precedente e non rappresentano le richieste e aspirazioni legittime dei lavoratori. I rapporti commerciali devono fondarsi sulle reali esigenze della maggioranza della popolazione e non sull’avidità delle elite ristrette e delle grandi aziende.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Con questa relazione, il Parlamento europeo autorizza la creazione di un meccanismo standard di risoluzione delle controversie che dovrebbe prevedere procedure di ricorso semplificate ed efficaci entro precisi limiti di tempo per le controversie derivanti dagli accordi euromediterranei tra l’UE e la Repubblica araba d’Egitto. La risoluzione delle controversie mediante la diplomazia non si è rivelata efficiente e ha prodotto situazioni in cui controversie sono rimaste irrisolte, visto che possono essere facilmente bloccate dalla parte convenuta. I ritardi nella composizione delle controversie hanno un effetto negativo sul mondo economico e sui consumatori finali di entrambe le sponde del Mediterraneo. Gli aggiornamenti degli accordi di libero scambio euromediterranei possono contribuire alla stabilità economica e politica in questa regione chiave al fine di consolidare un’unica zona di pace, sviluppo, giustizia, uguaglianza, libertà, pluralismo, democrazia e rispetto. Il modello a cui si ispira il meccanismo proposto sono i meccanismi di risoluzione delle controversie degli accordi più recenti conclusi dall’Unione europea e il protocollo d’intesa dell’OMC sulle norme e procedure che disciplinano la risoluzione delle controversie. La Commissione deve garantire un’applicazione efficace ed efficiente del meccanismo. Per i suddetti motivi, ho votato a favore della risoluzione che autorizza la conclusione dell’accordo.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della conclusione di questo accordo UE-Egitto il cui obiettivo è la creazione di un meccanismo di risoluzione delle controversie applicabile alle controversie nel quadro delle disposizioni commerciali dell’accordo euromediterraneo. Fino ad oggi la risoluzione di controversie derivanti da accordi euromediterranei si è basata unicamente su approcci diplomatici. In pratica ciò non è efficiente e ha prodotto situazioni in cui controversie sono rimaste irrisolte o sono rimaste bloccate. Auspico che l’applicazione di tale meccanismo standard per la composizione delle controversie aumenti la sicurezza e la prevedibilità delle relazioni commerciali tra UE-Egitto.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Voto a favore di questa raccomandazione e accolgo con favore la creazione di un meccanismo di risoluzione delle controversie è accolta favorevolmente in quanto dovrebbe prevedere procedure di ricorso semplificate ed efficaci entro precisi limiti di tempo. Mi associo inoltre alla posizione del relatore, secondo cui gli aggiornamenti di accordi di libero scambio Euromed possono contribuire alla stabilità economica e politica in questa regione, aspetto essenziale al fine di consolidare un’unica zona di pace.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho espresso il mio assenso al documento, in quanto fino ad oggi la risoluzione di controversie derivanti da accordi euromediterranei si è basata unicamente su approcci diplomatici. In pratica ciò non è efficiente e ha prodotto situazioni in cui controversie sono rimaste irrisolte, visto che possono essere facilmente bloccate dalla parte convenuta. Questi aggiornamenti di accordi di libero scambio Euromed possono contribuire alla stabilità economica e politica in questa regione chiave al fine di consolidare un’unica zona di pace, sviluppo, giustizia, uguaglianza, libertà, pluralismo, democrazia e rispetto. Inoltre la corretta applicazione di tale meccanismo potrebbe aumentare la sicurezza e la prevedibilità delle nostre relazioni commerciali bilaterali e potrebbe rappresentare un ulteriore passo avanti verso la creazione e il buon funzionamento dell’accordo di libero scambio euromediterraneo. Lunghe controversie hanno un effetto negativo sul mondo economico e sui consumatori finali di entrambe le sponde del Mediterraneo. Con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona gli investimenti esteri diretti sono divenuti parte della politica commerciale dell’UE e quindi parte della competenza esclusiva dell’Unione. In un’epoca in cui gli investimenti esteri diretti hanno un ruolo importante per il benessere economico dei paesi e delle regioni, un meccanismo di composizione delle controversie efficace e funzionante servirà anche a risolvere le controversie in questo settore.
Elisabeth Köstinger (PPE), per iscritto. – (DE) Poiché le norme per la composizione delle controversie si basano sull’approccio diplomatico e hanno portato a situazioni in cui tali controversie rischiano di rimanere bloccate, il nuovo meccanismo per la risoluzione delle controversie commerciali merita il nostro sostegno. Il modello a cui si ispira il meccanismo sono gli accordi più recenti conclusi dall’Unione europea e il protocollo d’intesa dell’OMC. Con la Giordania, il Marocco e l’Egitto sono già stati stilati progetti di accordo che riguardano anche il commercio di prodotti agricoli. Accolgo con favore la decisione del Parlamento europeo di sostenere tali accordi.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. – Voto a favore di questa risoluzione perché ritengo essenziale che l’Unione europea preveda un idoneo dispositivo di risoluzione delle controversie che emergono dall’attuazione degli accordi euromediterranei. Nel 2006 il Consiglio ha autorizzato la Commissione ad avviare negoziati con i partner della regione mediterranea e soltanto nel 2009 l’accordo è stato siglato.
La creazione di un meccanismo predefinito di risoluzione delle controversie dovrebbe finalmente introdurre delle procedure di ricorso semplificate ed efficaci entro precisi limiti di tempo. Mi associo all’opinione del relatore che reputa fondamentali gli aggiornamenti degli accordi di libero scambio Euromed, al fine di contribuire alla stabilità economica e politica in questa regione e di consolidare un’unica zona di pace e sviluppo. Il meccanismo proposto è modellato sui meccanismi di risoluzione delle controversie degli accordi di partenariato più recenti conclusi dall’Unione europea e sullo schema di risoluzione delle controversie dell´OMC. In un’epoca in cui gli investimenti esteri diretti hanno un ruolo decisivo per il benessere economico degli Stati membri europei, auspico che un meccanismo di composizione delle controversie efficace e funzionante servirà anche a risolvere le controversie in questo settore.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Voto a favore della relazione, e mi preme sottolineare che si tratta di un passo avanti importante nel proseguimento dei negoziati tra UE ed Ucraina in modo da definire un percorso che in futuro permetta la piena adesione del paese all’UE.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione. Grazie all’attuazione della politica europea di vicinato, ai paesi partner viene offerta la possibilità di partecipare in maniera graduale a determinati programmi dell’Unione e alle attività delle agenzie. Si tratta di una delle tante misure tese a promuovere le riforme, la modernizzazione e la transizione nei paesi che confinano con l’Unione europea. Nel giugno 2007, il Consiglio dell’Unione europea ha ribadito nuovamente l’importanza enorme della politica europea di vicinato, e pertanto il protocollo in oggetto creerà le condizioni per permettere all’Ucraina di partecipare a importanti programmi comunitari e di beneficiare delle migliori pratiche comunitarie che contribuiscono allo sviluppo di processi democratici.
George Becali (NI), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della proposta del nostro relatore. Ritengo che, se gli obblighi previsti dal protocollo verranno rispettati, ne beneficeranno entrambe le parti. L’Unione europea si assicurerà un partner democratico solido e stabile in prossimità della frontiera orientale, mentre ai cittadini ucraini verrà offerta una prospettiva europea più chiara.
Adam Bielan (ECR), per iscritto. – (PL) Fin dall’inizio del mio mandato al Parlamento europeo, ho sempre sostenuto con vigore le aspirazioni europeiste dell’Ucraina. L’Ucraina è uno dei partner più importanti nella politica orientale della Polonia. Inoltre, insieme all’Ucraina, il mio paese si sta preparando a ospitare il campionato europeo di calcio del prossimo anno. Per conseguire gli obiettivi della politica estera dell’Unione, e anche per ragioni di sicurezza, è estremamente importante che tutta l’UE intensifichi la cooperazione con l’Ucraina. Ritengo che appoggiare la giovane democrazia in Ucraina sia uno dei nostri obblighi più importanti. Appoggio pertanto l’accelerazione dei negoziati sull’area di libero scambio e una partecipazione quanto più ampia possibile dell’Ucraina ai programmi dell’Unione. Mi sono espresso a favore della relazione e, così facendo, ho manifestato il mio consenso alla conclusione del protocollo dell’accordo di partenariato e di cooperazione tra l’Unione europea e l’Ucraina.
Slavi Binev (NI), per iscritto. – (BG) Il protocollo contiene l’accordo quadro sui principi generali della partecipazione dell’Ucraina ai programmi dell’Unione. Prevede clausole standard che verranno applicate a tutti i paesi partner della politica europea di vicinato con cui verranno conclusi tali protocolli. A mio parere, l’Ucraina sta compiendo gi sforzi necessari, pertanto appoggio la conclusione di questo accordo.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della risoluzione legislativa sull’autorizzazione del Parlamento europeo al progetto di decisione del Consiglio, in base al quale è previsto un protocollo aggiuntivo all’accordo di partenariato e cooperazione UE-Ucraina. Ai sensi di tale protocollo, l’Ucraina avrà la possibilità di partecipare ai programmi comunitari su imprese e imprenditorialità, energia e tecnologie dell’informazione e della comunicazione. In base a tale accordo, l’Ucraina sarà tenuta a versare un contributo finanziario al bilancio generale dell’UE in base ai programmi a cui intende partecipare, mentre l’UE, a propria volta, garantirà che tali programmi siano soggetti al controllo e alla revisione delle istituzioni europee. Sono la vicepresidente della commissione per la cooperazione parlamentare UE-Ucraina, e sono convinta che la conclusione di questo protocollo offrirà all’Ucraina maggiori opportunità per la convergenza tra le sue politiche e le politiche, gli standard e le norme dell’UE nelle aree d’interesse.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Il rapporto tra l’Unione europea e l’Ucraina è stato caratterizzato da passi in avanti e battute d’arresto che, a volte, hanno determinato un grado di minore o maggiore vicinanza allo Stato limitrofo della Russia. Il 18 giugno 2007 il Consiglio ha fornito orientamenti alla Commissione per la negoziazione di accordi quadro con Algeria, Armenia, Azerbaigian, Egitto, Georgia, Israele, Giordania, Libano, Moldova, Marocco, Autorità palestinese, Tunisia e Ucraina sui principi generali che disciplinano la partecipazione di tali paesi ai programmi comunitari. Ritengo che la conclusione del suddetto accordo sia positiva per la necessità di chiarire l’ambito di partecipazione dell’Ucraina ai programmi europei e per contribuire a migliorarne i rapporti con l’Unione.
José Manuel Fernandes (PPE) , per iscritto. – (PT) La politica europea di vicinato prevede la graduale apertura dei programmi dell’Unione europea alla partecipazione dei paesi limitrofi allo scopo di promuoverne le riforme, la modernizzazione e, spesso, la democratizzazione. Alla luce di ciò, il 5 marzo 2007 il Consiglio ha adottato un approccio generale teso a “consentire ai partner della politica europea di vicinato di partecipare alle agenzie comunitarie e ai programmi comunitari”. Di conseguenza, la Commissione ha iniziato a negoziare accordi quadro con i paesi limitrofi, tra cui l’Ucraina, la cui documentazione è completa e pronta a essere presentata al Parlamento europeo per riceverne l’approvazione, ai sensi del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Voto a favore dell’accordo di partenariato e di cooperazione che istituisce un partenariato tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e l’Ucraina, dall’altra, riguardante un accordo quadro fra l’Unione europea e l’Ucraina sui principi generali della partecipazione dell’Ucraina ai programmi dell’Unione e lo accolgo con favore in quanto si tratta di un altro passo verso gli obiettivi che hanno ispirato la creazione del mercato comune.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Per noi, la conclusione di questo accordo presenta numerosi problemi, data la natura estremamente vaga della proposta presentata. Si parla di programmi, ma non ci è stato detto con chiarezza a quali programmi potrà prendere parte l’Ucraina, quale sarà la forma di tale partecipazione o quali saranno le condizioni finanziarie e le implicazioni di tale coinvolgimento. Si parla di vantaggi, senza specificare da dove proverrebbero.
Riteniamo che l’istituzione di accordi con obiettivi quali quelli annunciati dovrebbe essere basata sul rispetto della sovranità dei paesi e dei loro popoli, sull’interesse vicendevole, sulla reciprocità e sulla cooperazione, tenendo conto delle peculiarità di ciascun paese; andrebbero valutati i contributi di ogni paese all’accordo dai punti di vista economico, sociale e culturale. Non possiamo aggiungere altro sulla relazione, se non che è deplorevole che promuova l’istituzione di un protocollo di cui non siamo autorizzati a conoscere il contenuto esatto e le implicazioni.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La conclusione di questo accordo presenta numerosi problemi, data la natura estremamente vaga della proposta presentata. Si parla di programmi, ma non ci è stato detto con chiarezza a quali programmi potrà prendere parte l’Ucraina, quale sarà la forma di tale partecipazione o quali saranno le implicazioni finanziarie di tale coinvolgimento. Vengono citati i principi generali che disciplinano tale partecipazione, ma non vengono specificati. Si parla di vantaggi, senza che la relazione specifichi da dove proverrebbero.
Riteniamo che all’atto di istituire accordi tra Stati sovrani, sia essenziale ispirarsi a quanto segue: rispetto della sovranità dei paesi e dei loro popoli, interesse vicendevole, reciprocità e cooperazione, tenendo conto delle peculiarità di ciascun paese; andrebbero valutati i contributi di ogni paese all’accordo dai punti di vista economico, sociale e culturale.
è deplorevole aver votato per una relazione che promuove l’istituzione di un protocollo, senza che ci siano state fornite informazioni sul suo contenuto e sulle sue implicazioni.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della risoluzione sull’autorizzazione del Parlamento europeo al progetto di decisione del Consiglio, in base al quale è previsto un protocollo aggiuntivo all’accordo di partenariato e cooperazione UE-Ucraina. Ai sensi di tale protocollo, l’Ucraina avrà la possibilità di partecipare ai programmi comunitari su imprese e imprenditorialità, energia e tecnologie dell’informazione e della comunicazione. L’Ucraina sarà tenuta a versare un contributo finanziario al bilancio generale dell’UE in base ai programmi a cui intende partecipare, mentre l’UE, a propria volta, garantirà che tali programmi siano soggetti al controllo e alla revisione delle istituzioni europee. La politica di partenariato e cooperazione offrirà all’Ucraina maggiori opportunità per la convergenza tra le sue politiche e le politiche, gli standard e le norme dell’UE nelle aree d’interesse.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione tecnica che autorizza l’Ucraina a partecipare ai programmi dell’Unione europea.
Iosif Matula (PPE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore del progetto di risoluzione sulla decisione del Consiglio riguardante un accordo quadro fra l’Unione europea e l’Ucraina sui principi generali della partecipazione dell’Ucraina ai programmi dell’Unione. Tale documento fa parte della politica europea di vicinato, ma soddisfa anche il desiderio dell’Ucraina di partecipare a un maggior numero di programmi comunitari attuali e futuri. Inoltre, l’Ucraina potrà fare domanda di assistenza all’Unione per partecipare a un programma specifico, in linea con le disposizioni generali sull’istituzione di uno strumento per il vicinato e il partenariato europeo o sulla base di altre norme analoghe in materia di assistenza esterna. Ciò potrebbe anche andare a vantaggio delle relazioni tra Romania e Ucraina. Dobbiamo sviluppare in maniera pragmatica tali rapporti, per permettere ai cittadini di beneficiare direttamente delle nostre decisioni politiche.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Da tempo i rapporti UE-Ucraina sono caratterizzati da alti e bassi. Nella maggioranza dei casi, i diversi stati d’animo sono dettati dal grado maggiore o minore di vicinanza dell’Ucraina al paese limitrofo della Russia. Il protocollo contribuirà alla creazione di un quadro chiaro per la partecipazione dell’Ucraina ai vari programmi europei, per garantire che in futuro i rapporti UE-Ucraina non siano soggetti agli alti e bassi che li hanno caratterizzati fino a questo momento.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) La partecipazione dell’Ucraina ai programmi dell’Unione europea rappresenta un passo importante sia per l’Ucraina sia per l’UE. Tale coinvolgimento promuoverà lo scambio di conoscenze scientifiche e della ricerca. I programmi per gli studenti verranno ampliati e i vantaggi finanziari, economici e sociali saranno evidenti per ambo le parti. La posizione geografica dell’Ucraina è un fattore importante e costituisce anche un vantaggio notevole per l’UE, in quanto le consentirà di migliorare i rapporti con altri Stati dell’Europa orientale. Sono pertanto favorevole al progetto.
Justas Vincas Paleckis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della raccomandazione per autorizzare l’Ucraina a partecipare ai programmi comunitari attuali e a quelli che verranno avviati in futuro, in aree quali le imprese, l’energia, le tecnologie e le comunicazioni. L’accordo in oggetto accelererà la riforma dell’amministrazione pubblica ucraina e la convergenza tra le varie aree dell’economia del paese e la legislazione, gli standard e gli esempi di buone pratiche dell’UE. In cambio del contributo finanziario ai programmi, l’Ucraina avrà diritto a partecipare in qualità di osservatore alle commissioni che coordinano i programmi comunitari. Le iniziative su eventuali programmi proposte dall’Ucraina verranno considerate come quelle avanzate dagli Stati membri dell’UE, permettendo all’Ucraina di avvicinarsi gradualmente all’UE.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) I rapporti tra l’Unione europea e l’Ucraina sono stati caratterizzati da passi in avanti e battute d’arresto. Il 18 giugno 2007 il Consiglio ha fornito orientamenti alla Commissione per la negoziazione di accordi quadro con Algeria, Armenia, Azerbaigian, Egitto, Georgia, Israele, Giordania, Libano, Moldova, Marocco, Autorità palestinese, Tunisia e Ucraina sui principi generali che disciplinano la partecipazione di tali paesi ai programmi comunitari. è essenziale stabilire un quadro giuridico chiaro e preciso per la partecipazione dell’Ucraina a programmi europei, contribuendo pertanto a migliorarne i rapporti con l’Unione. Ho quindi votato a favore del progetto di decisione del Consiglio relativo alla conclusione del protocollo dell’accordo di partenariato e di cooperazione che istituisce un partenariato tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e l’Ucraina, dall’altra, riguardante un accordo quadro fra l’Unione europea e l’Ucraina sui principi generali della partecipazione dell’Ucraina ai programmi dell’Unione.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Considerando il progetto di decisione del Consiglio (13604/2010), considerando il progetto di protocollo dell’accordo di partenariato e di cooperazione che istituisce un partenariato tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e l’Ucraina, dall’altra, concluso il 14 giugno 1994, riguardante un accordo quadro fra l’Unione europea e l’Ucraina sui principi generali della partecipazione dell’Ucraina ai programmi dell’Unione (13962/2010), considerando la richiesta di autorizzazione presentata dal Consiglio ai sensi degli articoli nn. 114, 168, 169, 172, 173, paragrafo 3,, 188 e 192 e dell’articolo 218, paragrafo 6, secondo sottoparagrafo, comma (a), del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (C7-0401/2010), considerando gli articoli nn. 81, 90, paragrafo 8, e 46, paragrafo 1, del regolamento del Parlamento, e considerando la raccomandazione della commissione per gli affari esteri (A7-0063/2011), autorizziamo la conclusione del protocollo.
Rafał Trzaskowski (PPE), per iscritto. – (PL) La partecipazione a programmi e agenzie comunitarie da parte dei paesi che fanno parte della politica europea di vicinato è una delle forme più specifiche di cooperazione di tali paesi con l’Unione. Dovremmo cercare di garantire che i programmi offerti diano il massimo sostegno possibile alle riforme intraprese da questi paesi per avvicinarsi all’Unione.
Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto. – (LT) Questa settimana a Bruxelles si svolge il diciottesimo ciclo di negoziati UE-Ucraina sulla sottoscrizione dell’accordo di associazione. Il processo è stato troppo lungo. è giunto il momento di firmare l’accordo, perché è nell’interesse di entrambe le parti. Con una popolazione di 46 milioni di abitanti, l’Ucraina ha bisogno di stabilità nella regione. Negli ultimi anni, l’Ucraina si è trasformata in un campo di calcio politico: non deve essere costretta a scegliere tra la Russia e l’occidente. è importante che gli Stati membri dell’UE, e la Lituania in particolare, approfondiscano attivamente la cooperazione con i loro vicini orientali, anche se permangono alcune differenze. La conclusione di un accordo di associazione positivo incoraggerebbe la modernizzazione e le riforme in Ucraina e l’aiuterebbe ad avvicinarsi agli standard comunitari.
Per quanto riguarda i negoziati sull’area di libero scambio, dobbiamo trovare un accordo sulle proposte tariffarie, sulle procedure di tassazione dell’energia e sullo sviluppo sostenibile. Altrettanto cruciale è liberalizzare la circolazione delle persone. I lituani ricordano ancora le restrizioni sui viaggi loro imposte. Sappiamo cosa vuol dire vivere alla frontiera esterna dell’Europa. è importante che la questione dei viaggi senza obbligo di visto diventi assolutamente prioritaria.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Voto a favore della relazione, in quanto è nell’interesse delle regioni in questione stabilire una base giuridica per gli scambi commerciali tra l’UE e la Groenlandia, in questo caso, che rientri tra le norme del mercato interno comunitario.
Vito Bonsignore (PPE), per iscritto. – Nel 2010 la Commissione ha presentato al Consiglio una proposta sulle norme d’importazione nell’UE di prodotti della pesca, ponendo quale base giuridica della propria attività l’articolo 203 del TFUE. Concordo con l’interpretazione secondo cui quest’attività legislativa debba essere regolata sulla base dell’articolo 43, in combinato disposto con l’articolo 204, consentendo in tale modo che le modifiche al regolamento siano apportate tramite la procedura legislativa ordinaria.
Solo nel 2007, quasi l’87 per cento dei prodotti della pesca esportati dalla Groenlandia sono stati destinati all’UE. Per questo, stabilire delle regole generali per il commercio e l’importazione di prodotti della pesca che provengono dalla Groenlandia non può essere compito esclusivo della Commissione e del Consiglio, perché è in contrasto con quanto stabilito dallo stesso trattato di Lisbona. Per tale motivo, ritengo che il Parlamento europeo debba far sentire la propria voce in un settore così importante.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione sulle importazioni dalla Groenlandia di prodotti della pesca, che si propone di applicare le norme del mercato interno a tali importazioni non appena la Groenlandia recepirà la legislazione europea, segnatamente quella in materia di salute degli animali e di sicurezza degli alimenti. Ritengo tuttavia che la base giuridica della proposta vada modificata in modo da far assumere al testo la forma di regolamento invece che di decisione del Consiglio.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La proposta fissa le norme generali per il commercio UE-Groenlandia di prodotti della pesca, tra cui molluschi bivalvi vivi, echinodermi, tunicati, gasteropodi marini e i loro sottoprodotti. Gli Stati membri dovrebbero autorizzare l’importazione di prodotti originari della Groenlandia, in linea con la legislazione europea sul commercio interno. L’importazione di prodotti nell’Unione sarà soggetta a una serie di condizioni, tra cui l’efficace recepimento e attuazione delle norme applicabili stabilite dalla legislazione dell’Unione in materia di salute animale e sicurezza degli alimenti. Convengo con la relatrice che il testo proposto debba essere adottato ricorrendo alla procedura legislativa ordinaria, e che il Parlamento debba esercitare i propri diritti legislativi in casi analoghi che dovessero presentarsi in futuro.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) I prodotti della pesca esportati dalla Groenlandia rappresentano circa l’82 per cento delle sue esportazioni totali e ammontavano a 255 milioni di euro nel 2007. Erano per la maggior parte (87 per cento) destinati all’UE, soprattutto alla Danimarca (97 per cento). La commissione per gli affari legali ha adottato all’unanimità un parere che avalla la richiesta che la base giuridica del testo legislativo proposto sia rappresentata dall’articolo 43, paragrafo 2, e dall’articolo 204 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, nonché dall’articolo unico dell’allegato protocollo (n. 34) concernente il regime particolare applicabile alla Groenlandia, al posto della base giuridica scelta dalla Commissione, vale a dire l’articolo 203 del TFUE. Pertanto, poiché il problema in questione è di carattere giuridico e non riguarda il contenuto della proposta di risoluzione, e alla luce del consenso ottenuto, concordo con l’adozione.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La discussione accesa sulla relazione è secondaria rispetto alla motivazione della stessa. Nello specifico, la commissione per la pesca del Parlamento europeo ha espresso il proprio dissenso sulla base giuridica scelta dalla Commissione per presentare tale proposta: l’articolo 203 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), che prevede che il Consiglio esamini “disposizioni relative alle modalità e alla procedura dell’associazione tra i paesi e territori e l’Unione” dopo essersi consultato col Parlamento europeo. La commissione per la pesca ha ritenuto che come base giuridica andassero adottati gli articoli 43, paragrafo 2 – che fa riferimento alla procedura legislativa ordinaria, o colegislazione – e l’articolo 204 del TFUE, nonché dall’articolo unico dell’allegato protocollo (n. 34) concernente il regime particolare applicabile alla Groenlandia.
Tale posizione è stata avallata dal parere della commissione per gli affari legali. La questione importante che dovrebbe essenzialmente rappresentare la sostanza della relazione rimane a latere: la definizione delle norme applicabili alle importazioni di prodotti della pesca dalla Groenlandia all’UE. Tra i principali prodotti della pesca esportati dalla Groenlandia figurano i gamberi (59 per cento), l’ippoglosso nero (23 per cento), il merluzzo (9,5 per cento), i granchi (1,9 per cento), le capesante (1,4 per cento) e le uova di pesce (1,3 per cento).
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Mi sono espresso a favore della relazione Fraga, che consente alla Groenlandia di esportare prodotti della pesca nell’UE malgrado non ne faccia parte. Quando la Groenlandia acquisì un governo locale sufficiente e decise di rinunciare alla CEE, dovette negoziare la propria uscita. Questo precedente smentisce le affermazioni fallaci secondo cui l’allargamento interno dell’UE imporrebbe agli Stati UE di recente indipendenza di fare nuovamente domanda di adesione.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore di questa relazione sulla proposta di decisione del Consiglio che fissa le norme generali per le importazioni nell’Unione europea di prodotti della pesca della Groenlandia, molluschi bivalvi vivi, echinodermi, tunicati, gasteropodi marini e i loro sottoprodotti. I prodotti della pesca esportati dalla Groenlandia rappresentano circa l’82 per cento delle sue esportazioni totali e ammontavano a 255 milioni di euro nel 2007. Erano per la maggior parte (87 per cento) destinati all’UE, soprattutto alla Danimarca (97 per cento). Tra i principali prodotti della pesca esportati dalla Groenlandia figurano i gamberi (59 per cento), l’ippoglosso nero (23 per cento), il merluzzo (9,5 per cento), i granchi (1,9 per cento), le capesante (1,4 per cento) e le uova di pesce (1,3 per cento). Tale decisione comprende una modifica del quadro giuridico, da una decisione del Consiglio a un regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio.
Elisabeth Köstinger (PPE), per iscritto. – (DE) Il commercio di prodotti della pesca, molluschi bivalvi vivi, echinodermi, tunicati, gasteropodi marini e i loro sottoprodotti tra la Groenlandia e l’Unione europea in conformità alle norme previste dalla legislazione comunitaria e ad altre condizioni è perfettamente accettabile. Pertanto, non c’è ragione di obiettare al contenuto dell’accordo. Le importazioni di tali prodotti offrono un contributo gradito al commercio interno all’Unione.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. – Egregio Presidente, onorevoli colleghi, i rapporti commerciali esistenti fra UE e Groenlandia sono già da anni di rilevante consistenza. Infatti, già dal 2007 la Groenlandia esporta l’82 per cento dei propri prodotti della pesca, di cui ben l’87 per cento è destinato al mercato europeo. Possiamo quindi affermare che questo rappresenta per la Groenlandia un’importante risorsa, da aggiungere a quanto l’Europa garantisce in termini di sostegno finanziario, in cambio del mantenimento dei propri diritti sulla pesca nelle acque della Groenlandia. Il 26 aprile del 2010 il Parlamento europeo ha chiesto un parere alla commissione giuridica volto a definire la base giuridica sulla quale poter dare vita agli accordi con la Groenlandia. La commissione giuridica, si è espressa di recente, dando sostegno al Parlamento e confermando che la base giuridica degli accordi è, come sostenuto, da riscontrarsi nell’articolo 43, paragrafo 2 e nell’art. 204 del TFUE.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Mi sono espresso a favore della proposta che fissa le norme in materia di importazioni nell’UE dalla Groenlandia di prodotti della pesca e altri prodotti marini. La Groenlandia e l’UE intendono concludere un accordo in materia di igiene per questi prodotti; l’obiettivo è consentire alla Groenlandia di commerciare questi prodotti con l’UE sulla base di norme del mercato interno a condizione che la Groenlandia recepisca le norme in materia di igiene e salute degli animali che si applicano ai prodotti della pesca.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) La fissazione di norme sul commercio UE-Groenlandia di prodotti della pesca, molluschi bivalvi vivi, echinodermi, tunicati, gasteropodi marini e i loro sottoprodotti, garantisce che le importazioni dalla Groenlandia siano conformi alla legislazione comunitaria. Le importazioni di prodotti nell’Unione devono essere soggetti alle norme applicabili stabilite dalla legislazione dell’Unione in materia di salute animale e sicurezza degli alimenti. Di qui l’importanza dell’adozione della relazione.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (EN) Abbiamo appreso che la Groenlandia e l’Unione europea intendono sottoscrivere un accordo in materia di igiene concernente il pesce e i prodotti della pesca destinati al consumo umano. L’obiettivo di tale accordo consiste nell’autorizzare la Groenlandia a commerciare tali prodotti con l’Unione sulla base delle norme vigenti nel mercato interno, a condizione che la Groenlandia recepisca le norme in materia di igiene e, laddove necessario, di salute degli animali relative ai prodotti della pesca. Appoggio tale accordo e ho votato a favore.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Il 26 aprile 2010 il Parlamento europeo è stato consultato dal Consiglio in merito alla proposta in esame conformemente alla procedura di consultazione di cui all’articolo 203 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. La commissione per la pesca e il servizio giuridico del Parlamento europeo hanno espresso seri dubbi in merito alla base giuridica scelta dalla Commissione, ovvero l’articolo 203 del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, suggerendo invece come base giuridica corretta l’articolo 43, paragrafo 2, e l’articolo 204 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea nonché l’articolo unico dell’allegato protocollo (n. 34) concernente il regime particolare applicabile alla Groenlandia.
La proposta della Commissione è stata modificata in linea con la relazione che viene ora sottoposta a votazione, in seguito alle raccomandazioni della commissione per gli affari legali.
La relazione merita il mio voto favorevole, in quanto è assolutamente auspicabile che venga adottata subito, in prima lettura.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) A favore. Nel 2007 i prodotti della pesca esportati dalla Groenlandia, circa l’82 per cento delle sue esportazioni totali, ammontavano a 1,9 miliardi di corone danesi (255 milioni di euro) ed erano per la maggior parte (87 per cento) destinati all’UE, soprattutto alla Danimarca (97 per cento). Tra i principali prodotti della pesca esportati dalla Groenlandia figurano i gamberi (59 per cento), l’ippoglosso nero (23 per cento), il merluzzo (9,5 per cento), i granchi (1,9 per cento), le capesante (1,4 per cento) e le uova di pesce (1,3 per cento)..
Il 26 aprile 2010 il Parlamento europeo è stato consultato dal Consiglio in merito alla proposta in esame conformemente alla procedura di consultazione di cui all’articolo 203 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. La commissione per la pesca e il servizio giuridico del Parlamento europeo hanno espresso seri dubbi in merito alla base giuridica scelta dalla Commissione, ovvero l’articolo 203 del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, suggerendo invece come base giuridica corretta l’articolo 43, paragrafo 2, e l’articolo 204 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea nonché l’articolo unico dell’allegato protocollo (n. 34) concernente il regime particolare applicabile alla Groenlandia.
Di conseguenza, la commissione per la pesca ha chiesto alla commissione giuridica di elaborare un parere sulla base giuridica proposta. Nella riunione del 28 ottobre 2010 la commissione giuridica ha approvato all’unanimità un parere interamente favorevole alla richiesta che l’articolo 43, paragrafo 2, e l’articolo 204 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea nonché l’articolo unico dell’allegato protocollo (n. 34) concernente il regime particolare applicabile alla Groenlandia costituiscano la base giuridica dell’atto legislativo proposto.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. – Attualmente è in vigore tra l’Unione europea e la Groenlandia un accordo speciale, con cui l’Unione europea mantiene i suoi diritti di pesca nelle acque della Groenlandia, offrendo in cambio sostegno finanziario.
La Groenlandia, ex colonia danese, nel 1985 ha raggiunto la sua completa indipendenza, continuando ad essere associata all’Unione europea come uno dei paesi e territori d’oltremare. Basti pensare che solo nel 2007 i prodotti della pesca esportati dalla Groenlandia ammontavano all’82 per cento delle sue esportazioni totali, di cui circa l’87 per cento era destinato all’UE.
Il 26 aprile 2010 la commissione per la pesca e il servizio giuridico del Parlamento europeo hanno espresso seri dubbi in merito alla base giuridica scelta dalla Commissione per la conclusione dell’accordo. Auspico che l’accordo votato produca un’estensione dell’applicazione delle norme interne europee relative al commercio dei prodotti della pesca anche per quelli provenienti dalla Groenlandia. Al contempo, occorre che sia sempre vigente il rispetto delle norme europee in materia di salute animale e di sicurezza alimentare del settore della pesca.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Concordo con la posizione illustrata nella relazione, che tiene conto delle raccomandazioni del gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, e perché questa rappresenta pertanto una mera codificazione degli atti esistenti, senza modificazioni sostanziali.
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. – (LT) Mi sono espressa a favore della risoluzione sulle norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale. I lavori per l’istituzione di un sistema comune europeo di asilo sono iniziati dopo l’entrata in vigore del trattato di Amsterdam nel maggio 1999, ma malgrado gli sforzi di armonizzazione messi in atto da dieci anni in materia di asilo, sussistono tuttavia divergenze importanti tra le disposizioni nazionali e per quanto riguarda la loro applicazione. Concordo con il parere secondo cui, qualunque sia lo Stato membro in cui presentano la domanda di asilo, i richiedenti devono beneficiare di un elevato livello di trattamento equivalente in tutta Europa. L’armonizzazione legislativa da sola è pertanto insufficiente e richiederà di essere associata a un rafforzamento della cooperazione pratica tra gli Stati membri. Per conseguire tali obiettivi, è evidente che occorre adottare immediatamente delle riforme, di modo che chi fa domanda di asilo negli Stati membri dell’UE possa ricevere una tutela efficace. Votando a favore di questa risoluzione, gli eurodeputati contribuiscono alla creazione di una politica europea in materia di asilo equa ed efficace.
Slavi Binev (NI), per iscritto. – (BG) Ritengo che le proposte siano contraddittorie. Da una parte, ci si propone di conseguire una maggiore armonizzazione, di migliorare le norme internazionali in materia di protezione e di aumentare la qualità e l’efficienza delle procedure di asilo. Dall’altra, le stesse produrranno un onere amministrativo ingiustificato, le procedure semplificate per i tribunali li indurranno a prendere decisioni affrettate, svariati gruppi di persone rischiano di vedersi riservato un trattamento diverso senza alcuna ragione valida, e la sovranità degli Stati membri potrebbe subire un’ingente restrizione. Soppesando i pro e i contro delle proposte, visto che nessuna è chiaramente corroborata da argomentazioni più convincenti, ho preferito astenermi dal voto.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) L’obiettivo chiave dell’UE in materia di asilo consiste nell’istituire entro il 2012 uno spazio comune di protezione e solidarietà fondato su una procedura comune di asilo. Malgrado gli sforzi di armonizzazione messi in atto da dieci anni in materia di asilo, sussistono tuttavia divergenze importanti tra le disposizioni nazionali e per quanto riguarda la loro applicazione. Qualunque sia lo Stato membro in cui presentano la domanda di asilo, i richiedenti devono beneficiare di un elevato livello di trattamento equivalente in tutta Europa. L’adozione di un solido quadro giuridico europeo rappresenterà una condizione imprescindibile se l’Unione vorrà attuare, in maniera adeguata ed efficace, un sistema comune europeo di asilo. Soltanto il miglioramento e l’armonizzazione delle procedure e delle garanzie correlate permetteranno di realizzare un sistema comune. In questo contesto, una revisione fondamentale della direttiva procedure è assolutamente necessaria al fine di assicurare una procedura accessibile, equa ed efficace, nell’interesse sia dei richiedenti asilo che degli Stati membri. Mi preme sottolineare che la nuova proposta di direttiva rivista della Commissione potrebbe veramente contribuire a consentire una maggiore armonizzazione, a migliorare le norme di protezione internazionale e a rafforzare la qualità e l’efficacia delle procedure d’asilo.
Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. – (RO) Malgrado gli sforzi di armonizzazione messi in atto da dieci anni in materia di asilo, sussistono tuttavia divergenze importanti tra le disposizioni nazionali e per quanto riguarda la loro applicazione. Tali disparità sono incompatibili con un sistema comune europeo di asilo e costituiscono un ostacolo alla sua realizzazione. In particolare, esse sono contrarie a uno dei fondamenti del sistema di Dublino, che si basa sulla presunzione che i sistemi di asilo degli Stati membri siano raffrontabili: qualunque sia lo Stato membro in cui presentano la domanda di asilo, i richiedenti devono beneficiare di un elevato livello di trattamento equivalente in tutta Europa.
Se l’armonizzazione legislativa da sola non sarà sufficiente a ridurre tali differenze e richiederà di essere associata a un rafforzamento della cooperazione pratica tra gli Stati membri, l’adozione di un solido quadro giuridico europeo rappresenterà una condizione imprescindibile se l’Unione vorrà attuare, in maniera adeguata ed efficace, un sistema comune europeo di asilo, come più volte si è impegnata a fare. La proposta della Commissione correggerà gli errori del passato, quando l’approccio utilizzato in precedenza nei confronti dell’asilo incoraggiava tutta una serie di lacune in materia di garanzie procedurali per i richiedenti asilo.
John Bufton, David Campbell Bannerman e Nigel Farage (EFD), per iscritto. – (EN) Gli europarlamentari dell’UKIP si sono astenuti dal votare sugli emendamenti alla relazione, ma il nostro comportamento non va interpretato come indifferenza, bensì è imputabile al fatto che la relazione rappresenta l’evoluzione della politica comune in materia di immigrazione e asilo ai sensi del trattato di Lisbona. I popoli europei non vogliono il trattato di Lisbona, né una politica comune in materia di immigrazione e asilo, per questo è stata loro negata la possibilità di indire un referendum sul trattato di Lisbona. Votare sugli emendamenti avrebbe comportato un avallo del diritto comunitario esistente (che non vogliamo) e un esercizio minuzioso e cavilloso per decidere quali parti fossero peggiori di altre. Pertanto, gli eurodeputati dell’UKIP si sono astenuti da votare sugli emendamenti, ma hanno votato con decisone contro la relazione nel suo complesso.
Françoise Castex (S&D), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore di questa risoluzione tesa ad armonizzare i vari sistemi nazionali offrendo al contempo una migliore protezione dei diritti dei richiedenti e migliorando la qualità delle procedure. La risoluzione assicura il diritto all’assistenza legale fin dall’inizio della procedura tenendo conto della specificità dei richiedenti più vulnerabili, tra cui i minori non accompagnati. Mi rammarico tuttavia che, per il voto in plenaria, la destra europea si sia concentrata sul rafforzamento delle procedure accelerate sulla base del concetto che tutti i richiedenti asilo siano dei potenziali truffatori. Deploro che tali emendamenti siano stati adottati, in quanto questa visione dell’asilo è assolutamente caricaturale.
Derek Roland Clark (EFD), per iscritto. – (EN) In veste di eurodeputato dell’UKIP, sono contrario a qualsiasi genere di ingerenza nel sistema britannico di asilo e in qualsiasi direttiva correlata che imponga norme comunitarie al Regno Unito. Mi sono pertanto astenuto dal votare su tutti gli emendamenti, perché non accetto nemmeno quelli apparentemente utili; è una questione di esclusiva competenza del Regno Unito. Ho pertanto votato contro la proposta emendata e contro la risoluzione legislativa.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) Nell’ultimo decennio sono stati compiuti notevoli progressi verso la creazione di un regime europeo comune in materia di asilo. Sussistono tuttavia divergenze importanti tra le disposizioni nazionali e per quanto riguarda la loro applicazione, che devono essere superate se vogliamo istituire entro il 2012 uno spazio comune di protezione e solidarietà fondato, tra l’altro, su una procedura comune di asilo.
Il grande obiettivo è che, qualunque sia lo Stato membro in cui presentano la domanda di asilo, i richiedenti beneficino di un elevato livello di trattamento equivalente in tutta Europa. In questo contesto, una revisione fondamentale della direttiva procedure è assolutamente necessaria al fine di assicurare una procedura accessibile, equa ed efficace. L’iniziativa della Commissione è generalmente positiva, in quanto consente una maggiore coerenza e armonizzazione, migliora le norme di protezione internazionale e rafforza la qualità e l’efficacia delle procedure.
Voglio complimentarmi con la relatrice per il lavoro e l’impegno, ma deploro che alcune delle sue proposte si siano spinte troppo lontano e abbiano finito per rendere impossibile un accordo col Consiglio su tale iniziativa, tanto necessaria per aumentare l’efficienza del processo di asilo e prevenirne gli abusi.
Harlem Désir (S&D), per iscritto. – (FR) La relazione Guillaume rappresenta un passo importante verso la revisione delle norme comunitarie in materia di asilo e protezione dei richiedenti per il 2012. Alla luce delle tragedie terribili verificatesi di recente, quali il naufragio di un’imbarcazione libica al largo di Lampedusa, tale revisione è indispensabile, soprattutto se si considera che le probabilità di un richiedente di ottenere l’asilo possono variare sensibilmente a seconda dello Stato membro. Con questo testo esortiamo la Commissione europea a inserire nella proposta di revisione il diritto all’assistenza legale gratuita dall’inizio della procedura; un’attenzione maggiore ai richiedenti vulnerabili, quali i minori non accompagnati, e termini limite per la presentazione degli appelli. Il mio unico rammarico consiste tuttavia nel fatto che la destra europea abbia adottato un rafforzamento delle procedure accelerate sulla base del concetto che tutti i richiedenti asilo siano dei potenziali truffatori, limitandone così i diritti. Tuttavia, l’adozione della relazione Guillaume trasmette un segnale chiaro a Consiglio e Commissione, invitandoli ad adoperarsi affinché a tutti i richiedenti asilo in Europa siano garantite condizioni e procedure ragionevoli ed eque.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Mi sono espressa a favore della relazione, in quanto reputo che tali misure contribuiscano alla creazione di un regime europeo comune in materia di asilo all’insegna dell’equità e dell’efficienza. Tali misure hanno un impatto diretto su coloro che sono alla ricerca di protezione, nonché sulla capacità dell’Unione europea di sviluppare e creare un vero e proprio spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) è da molto tempo che l’Unione europea e gli Stati membri si adoperano per attuare un regime europeo comune in materia di asilo. Non è difficile comprendere la delicatezza e la complessità degli sforzi in tal senso, poiché la questione va dritta al cuore dei poteri degli Stati nei confronti dei cittadini stranieri. La Commissione ha tuttavia presentato proposte al Parlamento e al Consiglio per individuare soluzioni adeguate ai problemi emersi. La rifusione della direttiva sulle procedure, proposta dalla Commissione il 21 ottobre 2009, rientra in questo processo di miglioramento. Malgrado il lavoro già svolto, siamo ancora molto lontani dall’armonizzazione a cui auspicano molti di noi. L’aumento dell’armonizzazione delle procedure e delle garanzie si tradurrà in un contributo positivo per chiarire il processo, pertanto la revisione proposta della direttiva sembra opportuna.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) I lavori per l’istituzione di un sistema comune europeo di asilo sono iniziati dopo l’entrata in vigore del trattato di Amsterdam nel 1999. Nel dicembre 2005, con l’obiettivo di armonizzare le procedure giuridiche degli Stati membri, è stata adottata la direttiva 2005/85/CE del Consiglio relativa alle procedure di asilo, che sancisce le norme per il riconoscimento e la revoca dello “status di rifugiato”. I recenti disordini di natura sociale e politica verificatisi in diversi paesi, in particolare in Nordafrica e Medio Oriente, hanno riportato all’ordine del giorno le questioni relative alle domande di asilo nell’Unione europea. Di fatto, quando un rifugiato varca una frontiera, non dovrebbe essere perseguito né accolto con sospetto. Accolgo pertanto con favore l’adozione di questa proposta, che si è conclusa con una visione manichea del problema, riconoscendo il fatto che il diritto di asilo rappresenta un diritto fondamentale e deve essere trattato in maniera giusta ed equa dagli Stati membri. Mi associo alla proposta della relatrice che mira a sviluppare un sistema di assistenza legale, visto che si tratta di persone vulnerabili prive di garanzie, a migliorare le procedure, e a conferire ai richiedenti, in particolare ai minori, maggiori diritti.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La proposta di direttiva recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale è in linea con la creazione di un sistema europeo comune di asilo. Ciononostante, resta inteso che il progresso di tale “armonizzazione” sul piano giuridico va di pari passo con tutta la politica estera dell’Unione europea e con le sue posizioni ipocrite sull’immigrazione e gli aiuti ai rifugiati. La situazione di Lampedusa, dove vi sono migliaia di profughi privi di adeguata protezione, ne è una dimostrazione chiara, per non parlare delle centinaia o migliaia di persone morte durante la traversata del Mediterraneo, come è appena tragicamente e nuovamente successo.
Siamo profondamente preoccupati per l’entità del problema attuale, soprattutto alla luce di quanto sta accadendo nei gravi conflitti armati, in particolare in Libia. Ci preme inoltre sottolineare il fatto che questa proposta di direttiva comprende aspetti che finiranno per limitare il diritto di asilo e per applicare allo stesso altre condizioni, intaccando soprattutto il diritto sovrano di ogni Stato membro di fare le proprie scelte e decidere delle proprie procedure di asilo.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La proposta di direttiva su cui il Parlamento europeo è oggi chiamato a votare, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale, è in linea con la creazione di un sistema europeo comune di asilo. Ciononostante, resta inteso che il progresso di tale “armonizzazione” sul piano giuridico va di pari passo con tutta la politica estera dell’Unione europea e con le sue posizioni ipocrite sull’immigrazione e gli aiuti ai rifugiati, quali ad esempio la situazione di Lampedusa, dove vi sono migliaia di profughi privi di adeguata protezione, per non parlare delle centinaia o migliaia di persone morte durante la traversata del Mediterraneo.
Siamo profondamente preoccupati per l’entità del problema attuale, soprattutto alla luce di quanto sta accadendo nei gravi conflitti armati, in particolare in Libia.
Ci preme inoltre sottolineare il fatto che questa proposta di direttiva comprende aspetti che finiranno per limitare il diritto di asilo e per applicare allo stesso altre condizioni, intaccando soprattutto il diritto sovrano di ogni Stato membro di fare le proprie scelte e decidere delle proprie procedure di asilo. Di qui la nostra posizione critica nei confronti della relazione.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) La protezione internazionale dovrebbe permettere alle persone veramente perseguitate in patria di cercare rifugio in circostanze migliori. Tuttavia, nella sua versione attuale, e malgrado alcuni emendamenti l’abbiano migliorata, la relazione Guillaume è un vero incentivo all’abuso di questo processo, in quanto intasa i servizi competenti e penalizza coloro che necessitano davvero di una revisione tempestiva delle loro istanze.
I minori, indipendentemente dalla loro età o dalle reali circostanze, beneficiano di una benevolenza totalmente ingiustificata; le opportunità di ricorrere alla procedura accelerata per respingere domande palesemente infondate sono limitare; i ricorsi sono sistematicamente di natura sospensiva; la domanda di riesame delle decisioni negative è diventata un diritto, mentre non viene quasi mai richiesta la cooperazione necessaria del richiedente protezione, nemmeno quando si tratta di dimostrarne l’identità e l’origine, che rappresenta nondimeno il requisito minimo per studiarne il caso.
Le domande di protezione internazionale non possono né devono essere un modo per eludere le misure restrittive contro l’immigrazione economica indesiderata. è scandaloso che il Parlamento presti il fianco a tali tentativi di elusione conferendo diritti eccessivi ai richiedenti asilo ingiustificati.
Louis Grech (S&D), per iscritto. – (EN) Per quanto riguarda la relazione Guillaume, benché rappresenti un passo importante verso la realizzazione di un sistema comune di asilo per l’Europa, ho votato in maniera diversa dal gruppo su numerose clausole, in quanto ho ritenuto che non rispecchiassero in maniera realistica le complessità e i problemi del mio paese, Malta, che accoglie regolarmente immigrati. Detto ciò, al momento della votazione finale mi sono tuttavia espressa a favore della relazione nel suo complesso, che contiene diverse disposizioni eccellenti che rispondono alle esigenze e alle preoccupazioni degli Stati membri. Un esempio è la richiesta di mobilizzazione immediata di assistenza finanziaria, amministrativa e tecnica a favore degli Stati membri che ricevono un numero esorbitante di domande di asilo. Un’iniziativa siffatta è essenziale per tutti gli Stati membri, ma soprattutto per paesi come Malta – spesso oberati di responsabilità e complessità dovute all’accoglienza di enormi ondate di immigrati, a cui non possono far fronte da soli.
Nathalie Griesbeck (ALDE), per iscritto. – (FR) Mercoledì 6 aprile 2011 il Parlamento europeo ha adottato la relazione sulla cosiddetta direttiva concernente le procedure di asilo. Tale votazione rappresenta un passo importante verso la creazione di una politica europea autentica in materia di asilo, che chiediamo da tempo. Inoltre, tale risultato è un segnale chiaro che l’UE necessita di un sistema europeo comune di asilo entro il 2012, soprattutto perché gli eventi recenti del Mediterraneo meridionale e le ondate migratoria dal Nord Africa hanno chiaramente dimostrato i limiti del sistema europeo attuale. Vi è l’urgenza di rivedere le direttive comunitarie per realizzare un sistema credibile ed efficiente. Nello specifico, sono fermamente convinta che le disposizioni relative alla procedura accelerata e al rifiuto di domande palesemente ingiustificate non vadano applicate ai minori non accompagnati o ai richiedenti asilo con esigenze particolari, pertanto ho votato a favore degli emendamenti che affermano il contrario. In secondo luogo, il gruppo dell’Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l’Europa si è opposto fermamente all’aggiunta di motivi supplementari per permettere una revisione accelerata di una domanda di asilo, dati i rischi che tali disposizioni presentano per i richiedenti asilo, e deploro profondamente che gli emendamenti corrispondenti siano stati adottati da una maggioranza così esigua. Infine, sul concetto di “paese terzo sicuro”, ho scelto di astenermi.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) Dobbiamo lavorare alacremente per realizzare un sistema comune europeo di asilo autentico entro il 2012, migliorando la protezione dei diritti dei richiedenti e la qualità delle procedure. La mia relazione va in questa direzione, in particolare perché prevede il diritto all’assistenza legale gratuita fin dall’inizio della procedura, un’attenzione maggiore ai richiedenti vulnerabili, quali i minori non accompagnati, e termini limite per la presentazione degli appelli. Mi rammarico che la destra europea si sia concentrata soltanto sul rafforzamento delle procedure accelerate sulla base del concetto che tutti i richiedenti asilo siano dei potenziali truffatori, in quanto questa visione dell’asilo è assolutamente caricaturale. A mio parere, procedure e decisioni più solide e un esame più rapido delle istanze si tradurrà in un calo dei ricorsi e una più tempestiva intercettazione delle domande ingiustificate.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) La relazione Guillaume riguarda aspetti di diritto molto importanti e sottolinea la necessità di rispettare appieno i diritti umani in relazione ai richiedenti asilo. Il mio paese, la Scozia, non detiene ancora il controllo sull’immigrazione. Tuttavia, le politiche attuate dai governi britannici che si sono succeduti sono state assolutamente disumane. Sono orgoglioso di appartenere a un partito che si è battuto attivamente contro la reclusione barbarica di bambini che avevano fatto richiesta di asilo.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore del documento, in quanto ritengo che occorra cogliere l’occasione di sviluppare un sistema europeo comune di asilo che sia equo ed efficiente. Le politiche in materia di asilo hanno un impatto diretto su coloro che sono alla ricerca di protezione, nonché sulla capacità dell’Unione europea di sviluppare e creare un vero e proprio spazio di libertà, sicurezza e giustizia. è necessario garantire procedure armonizzate, eque ed efficienti nell’ambito del sistema comune europeo di asilo.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. – Egregio Presidente, onorevoli colleghi, la proposta di direttiva sottoposta al parere del Parlamento, relativamente alla possibile previsione di una procedura unitaria per i 27 Stati dell’Unione nel riconoscimento del diritto di asilo, rappresenta un passo importante, ma la delicatezza del tema ci impone attenzione ed approfondita riflessione. Fine ultimo, far sì che gli Stati avvicinino le loro legislazioni in conformità agli impegni assunti con il Trattato di Stoccolma, semplificando e velocizzando i meccanismi procedurali. Ulteriore obbiettivo è quello di prevedere un alto grado di protezione nei confronti dei richiedenti asilo politico, assicurando tempi rapidi per il verdetto in primo grado, patrocinio legale gratuito e la possibilità di dimorare sul territorio dello Stato fino a sentenza definitiva. Non ostante i buoni propositi, ho però votato contro questa proposta di direttiva in quanto poco precisa rispetto ad alcuni elementi tecnico-procedurali e ambigua su alcune definizioni. Infatti, così formulata la direttiva si presterebbe a facili abusi operabili dai richiedenti. Per questi motivi ho deciso di non sostenere questa versione del testo a mio avviso non interamente condivisibile.
Agnès Le Brun (PPE), per iscritto. – (FR) Come parte della propria politica in materia di asilo, l’Unione europea ambisce a realizzare un sistema europeo comune di asilo. Di fatto, la libertà di circolazione tra gli Stati membri che hanno aderito a Schengen ci impone ora di mettere in atto uno sforzo comune per comprendere le questioni dell’immigrazione. La relazione sul riconoscimento e la revoca della protezione internazionale riformerà il sistema venuto in essere grazie ella direttiva 2005/85/CE. Le pressioni demografiche che oggi gravano sull’Europa ci impongono di essere sempre più vigili nei confronti di tali questioni. Purtroppo, la relazione Guillaume non rispecchia tali considerazioni, che hanno indotto me e il gruppo del Partito Popolare Europeo (Democratico Cristiano) a opporci. Le procedure sono di fatto troppo vaghe e permissive, e danno adito a potenziali abusi di questo diritto storico. Ad esempio, il concetto di “familiari” è troppo generico e rischia di essere abusato. Dopo sei mesi di procedure, spetterà allo Stato membro in questione dimostrare che il richiedente asilo non è vittima di persecuzioni, il che complica ulteriormente il compito delle autorità competenti. Le restrizioni sull’uso delle procedure accelerate acuiranno ulteriormente tali difficoltà.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Mi sono espresso a favore della relazione. I primi giorni dopo l’arrivo dei rifugiati in Europa sono cruciali per determinarne lo status, e i paesi europei, entro il 2012, devono migliorare le rispettive procedure di asilo nella primissima fase, secondo la relazione. In particolare, il testo adottato esorta i paesi dell’UE a potenziare le garanzie procedurali minime, soprattutto per quel che concerne il diritto all’assistenza legale gratuita, il diritto alle informazioni e il diritto a un colloquio personale, a dedicare un’attenzione speciale alle persone vulnerabili, come i bambini, e all’adozione, in codecisione col Parlamento europeo, di un elenco comune di paesi terzi sicuri.
Véronique Mathieu (PPE), per iscritto. – (FR) Mi sono espressa a sfavore della relazione Guillaume, in quanto stabilisce criteri di armonizzazione delle procedure di asilo che non sono realistici rispetto alle procedure attualmente in vigore nei nostri Stati membri. Vogliamo sicuramente un sistema comune di asilo, ma non al costo di un’armonizzazione utopica. Il voto odierno del Parlamento dimostra chiaramente il disagio che serpeggia in quest’Aula, in quanto metà dei deputati hanno respinto tale approccio demagogico preferendo un’impostazione più responsabile a favore di sistemi di asilo efficaci e funzionali nella prassi.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite sono tenuti a proteggere i rifugiati e i richiedenti asilo. L’UE riesce a eludere questa legge imponendo agli Stati membri di confine di tenere rifugiati e richiedenti asilo all’interno di campi di accoglienza in attesa di una decisione ancora più incerta, poiché il sospetto è la regola, le procedure accelerate sono state mantenute e il numero di funzionari incaricati è stato ridotto.
Per contro, rilevo alcuni miglioramenti significativi introdotti dal testo, quali l’abolizione del concetto assurdo di “paese di origine sicuro”, il divieto di recludere i minori e l’inserimento della persecuzione sulla base dell’orientamento sessuale.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Sono trascorsi più di dieci anni da quando sono iniziati i lavori per l’istituzione di un sistema comune europeo di asilo, subito dopo l’entrata in vigore del trattato di Amsterdam nel maggio 1999, sulla base dei principi approvati dal Consiglio europeo di Tampere. L’obiettivo della prima fase del sistema comune europeo di asilo (1999-2005) consisteva nell’armonizzare i quadri giuridici degli Stati membri attraverso la definizione di norme minime comuni. C’è ancora molta strada da fare prima di conseguire un’armonizzazione autentica, ma dobbiamo renderci conto che solamente migliorando e armonizzando le procedure e le relative garanzie riusciremo a realizzare un sistema comune. In questo contesto, una revisione fondamentale della direttiva procedure è assolutamente necessaria al fine di assicurare una procedura accessibile, equa ed efficace, nell’interesse sia dei richiedenti asilo che degli Stati membri.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (EN) Se l’obiettivo della risoluzione è creare una procedura accessibile, onesta ed efficiente per garantire l’asilo nel territorio dell’Unione europea, in tal caso alle persone in cerca di protezione verranno assicurate garanzie europee standard e gli Stati membri dell’UE saranno in grado di distinguere i richiedenti asilo dagli altri immigrati. Ho votato a favore.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Nel tentativo di creare un sistema europeo comune di asilo, l’accento viene posto sui diritti dei richiedenti asilo. Tuttavia, ciò non tiene conto del fatto che la maggioranza di queste persone non rientra veramente nella categoria dei richiedenti asilo, bensì in quella degli immigrati economici, che non hanno alcun diritto di asilo ai sensi della Convenzione di Ginevra e che hanno abusato del tempo delle autorità fornendo informazioni errate e adottando tutta una serie di tattiche di rinvio, con costi di miliardi di euro. Sull’altro versante, si registrano progressi scarsi riguardo il rimpatrio.
Alla luce dell’ondata di profughi provenienti dalle regioni sovrappopolate del mondo – la maggior parte dei quali è mossa da ragioni economiche – che portano con sé in Europa i problemi e i conflitti di tutto il mondo e che non sono tenuti a cooperare nel processo, dobbiamo opporci inequivocabilmente all’introduzione di norme unilaterali di protezione più rigorose, che costituiranno un polo di attrazione per i richiedenti asilo e gli immigrati economici e finiranno per acuire ulteriormente il problema.
Rolandas Paksas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della proposta, in quanto dobbiamo fare il possibile per realizzare un sistema europeo di asilo che sia più efficiente e abbia un impatto positivo sulle persone. Le politiche in materia di asilo sono importanti, in quanto esercitano un impatto enorme sulla capacità dell’Unione europea di sviluppare e realizzare un autentico spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Occorre innanzi tutto promuovere una maggiore coerenza tra gli strumenti in materia di asilo. Le procedure vanno armonizzate per poter procedere in maniera equa ed efficace. Inoltre, dobbiamo rafforzare le garanzie procedurali minime. Occorre far sì che i richiedenti asilo godano del diritto a essere informati, del diritto a essere ascoltati e del diritto all’assistenza legale gratuita, e che non vi siano restrizioni di tali diritti. Tutti gli strumenti procedurali devono essere non discriminatori e venir applicati uniformemente tenendo debito conto delle garanzie e dei principi relativi ai diritti minimi. Un’attenzione particolare va rivolta ai richiedenti asilo vulnerabili. Occorre garantire e rappresentare adeguatamente i diritti dei minori applicando le procedure necessarie. Concordo con la proposta di allontanare immediatamente chiunque rappresenti un pericolo per la sicurezza nazionale dello Stato membro o per chi sia stato espulso in maniera coercitiva da un paese per ragioni di sicurezza pubblica ai sensi delle leggi nazionali. Un’opportunità del genere è molto importante e necessaria, in quanto offre agli Stati membri maggiori possibilità di impedire alle reti terroristiche di operare e di adottare misure preventive appropriate.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) è stato nel maggio 1999, dopo l’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, che sono iniziati i lavori per l’istituzione di un sistema comune europeo di asilo sono iniziati sulla base dei principi approvati dal Consiglio europeo di Tampere. Sono stati compiuti notevoli progressi in tal senso. La proposta che è stata ora presentata di una revisione e rifusione radicale della direttiva sulle procedure rappresenta un ulteriore passo avanti. Di fatto, le divergenze che persistono tra le disposizioni nazionali e per quanto riguarda la loro applicazione sono totalmente incompatibili col sistema comune europeo di asilo e sono la ragione di questi emendamenti. Scopo del sistema comune europeo di asilo è garantire ai richiedenti un elevato livello di trattamento equivalente in tutta Europa, qualunque sia lo Stato membro in cui presentano la domanda di asilo. A tal fine, convengo con la necessità di dare vita a un quadro giuridico europeo solido che consenta la creazione di un sistema comune europeo di asilo adeguato ed efficace. Mi sono espressa a favore della relazione, in quanto ritengo che soltanto migliorando e armonizzando le procedure e le relative garanzie riusciremo a costruire un sistema comune.
Vincent Peillon (S&D), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore dell’eccellente relazione della mia collega e amica, onorevole Guillaume, concernente il riconoscimento e la revoca dell’asilo in Europa. Il testo costituisce un passo in avanti notevole verso l’istituzione di un sistema europeo comune di asilo entro il 2012, che metterebbe fine alla situazione intollerabile per cui, a seconda del paese europeo dove viene presentata la domanda di protezione, le probabilità di essere riconosciuti come rifugiati vanno dall’1 per cento al 65 per cento. Il Parlamento si è pertanto espresso a favore di una maggiore giustizia ed efficienza nell’elaborazione delle pratiche di asilo. Propone che ogni paese si attenga alle medesime norme rafforzate sulla protezione dei diritti e la modernizzazione delle procedure: assistenza legale gratuita dal primo giorno, inquadramento dei termini limite per i ricorsi, assistenza speciale per i minori non accompagnati e una disamina più rapida dei casi. Inoltre, benché mi rammarichi che la destra europea, che detiene la maggioranza in Parlamento, sia riuscita a far adottare emendamenti al testo che generano sospetti diffusi ed eccessivi sulla sincerità dei richiedenti asilo, accolgo con favore l’adozione della relazione. La prossima mossa spetta ora a quegli Stati membri che devono ancora prendere una decisione sulle nostre proposte.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) A favore. Sono particolarmente lieto che i nostri colleghi del centro-destra abbiano convenuto sulla necessità di una protezione speciale, indipendentemente dalla loro posizione generale sulle questioni di asilo. Le lesbiche, i gay, i bisessuali e i transessuali che fuggono da paesi quali l’Iraq, l’Uganda, l’Honduras o l’Indonesia devono ricevere una protezione speciale che tenga conto della sensibilità culturale. Si tratta di un passo avanti notevole verso un pieno adempimento dei nostri impegni previsti dal diritto internazionale in materia di asilo. Il Parlamento europeo sta ponendo l’accento sulla necessità di aggiornare le norme sull’asilo per avvicinarle alla realtà: 76 paesi considerano gli atti omosessuali un reato e 7 prevedono la pena capitale (presto diventeranno forse 8, con l’Uganda). Mi rammarico che non siano passate altre disposizioni progressiste, ma il testo attuale si tradurrà indubbiamente in una situazione più equa per i LGBT richiedenti asilo. Il testo adottato oggi rappresenta la posizione ufficiale del Parlamento europeo in prima lettura. Le norme in materia di asilo verranno modificate una volta che i governi dell’Unione esamineranno il testo e concluderanno un accordo col Parlamento europeo.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. – Dopo anni di acceso dibattito e in seguito al trattato di Lisbona, la commissione giuridica ha sottoposto al Parlamento europeo la prima bozza di una procedura comune di asilo fra gli Stati membri.
L’obiettivo consiste nell’istituire, entro il 2012, uno spazio comune di protezione e solidarietà fondato su un’armonizzazione fra gli Stati membri in materia di asilo, nonostante le persistenti divergenze tra le disposizioni nazionali. Di fatto, tali disparità nazionali sono incompatibili con un sistema comune europeo di asilo e costituiscono un ostacolo alla sua realizzazione.
In particolare, la nuova normativa prevede che i richiedenti asilo debbano beneficiare di un livello di trattamento equivalente in tutta Europa, qualunque sia lo Stato membro in cui è presentata la domanda. Occorre che si operi in direzione di un progressivo miglioramento e di un’efficace armonizzazione delle procedure e delle garanzie in materia di asilo, al fine di attuare un sistema comune europeo. Auspico che, in questo contesto di revisione, si assicuri una procedura accessibile, equa ed efficace, nell’interesse sia dei richiedenti asilo che dei sistemi garantistici degli Stati membri.
Oreste Rossi (EFD), per iscritto. − Ci siamo espressi in modo convintamente contrario sulla direttiva del Parlamento sulla procedura unica di asilo perché, se applicata, toglierebbe di fatto la sovranità agli Stati membri. Riteniamo inaccettabile impedire i respingimenti di soggetti non graditi da parte degli Stati membri e addirittura garantire ai richiedenti asilo un elevato livello di trattamento che equivalga in tutta l’Unione europea alla faccia di famiglie europee che non godono neppure del diritto alla casa. Ai richiedenti asilo, inoltre, è concesso il diritto alla consulenza procedurale e giuridica, all’assistenza e alla rappresentanza legale in modo totalmente gratuito. Si specifica che anche le ONG possono farsi parte attiva nel prestare servizi per l’accesso alle informazioni sulle procedure per ottenere la protezione, offrire orientamento e consulenza legale ai richiedenti asilo che dovrebbero essere forniti anche ai valichi di frontiera o nei centri di accoglienza. Si badi bene che tutte queste agevolazioni a carico dei contribuenti europei non saranno concesse solo ai rifugiati ma a tutti i richiedenti asilo e, quindi, a qualunque clandestino o immigrato irregolare che ne faccia richiesta.
Thomas Ulmer (PPE), per iscritto. – (DE) Ho votato contro la relazione. Riguarda l’attuazione in Europa di una procedura di asilo ben organizzata, comune e tempestiva basata su norme uniformi. Tuttavia, gli emendamenti presentati dai verdi e dai socialisti permetteranno agli stranieri di vivere nell’UE senza che ci siano praticamente mezzi per controllarli. Di conseguenza, renderemmo un cattivo servizio a richiedenti asilo autentici, che presentano domanda di protezione perché le loro vite sono in pericolo per motivi politici, religiosi o etici, in quanto verrebbero messi nello stesso gruppo di tutti gli altri immigrati. Non è così che mi immagino la politica in materia di asilo, che dovrebbe essere un gesto di umanità e solidarietà. Se forniamo a queste persone un servizio, dovremmo ricevere qualcosa in cambio, ad esempio il loro riconoscimento e rispetto delle strutture del paese ospite.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Negli ultimi tempi il settore turistico ha assunto un’importanza crescente per le aziende e i cittadini europei. Pertanto, è importante che le statistiche per l’elaborazione di politiche per il turismo più efficaci a livello europeo, nazionale, regionale e locale siano quanto più affidabili possibile, in quanto rappresentano uno strumento per sostenere il processo decisionale delle imprese e del settore privato. Vorrei anche precisare che è importante che la Commissione accolga tali suggerimenti nei termini in cui vengono proposti.
Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. – (RO) Le statistiche sul turismo svolgono un ruolo fondamentale nell’ambito dell’elaborazione di politiche turistiche più efficaci ai livelli europeo, nazionale, regionale e locale. Tuttavia, le statistiche non sono funzionali soltanto al monitoraggio delle politiche specifiche per il turismo, ma sono altresì utili nel più ampio contesto della politica regionale e dello sviluppo sostenibile. Ritengo che occorra rafforzare il settore del turismo dell’UE attraverso un’azione coordinata a livello di Unione che integri le iniziative degli Stati membri. Accolgo con favore l’obiettivo di aggiornare e ottimizzare il quadro normativo applicabile alle statistiche europee sul turismo, in modo da affrontare meglio le sfide del settore, quali il cambiamento climatico, i vincoli ambientali, la concorrenza a livello globale, le tendenze demografiche e la distribuzione stagionale degli spostamenti turistici. Il nuovo quadro comune per la produzione sistematica di statistiche europee sul turismo dev’essere stabilito dagli Stati membri mediante la rilevazione, la compilazione, il trattamento e la trasmissione di statistiche europee armonizzate sull’offerta e sulla domanda. Ho votato a favore della relazione in quanto il turismo è un’attività economica importante per l’Unione europea e contribuisce a un aumento dell’occupazione e della crescita economica.
Liam Aylward (ALDE), per iscritto. – (GA) La maggior parte dei turisti del mondo sceglie come destinazione l’Europa: sono circa 370 milioni i turisti internazionali che arrivano ogni anno. Circa 7 milioni di turisti stranieri giungono ogni anno in Irlanda. Il settore del turismo riveste un’importanza ingente per le imprese europee e le economie degli Stati membri. Attualmente, dipendono dal turismo europeo 1,8 milioni di imprese e 9,7 milioni di posti di lavoro. Sussiste un margine di crescita ingente nel medesimo settore, in termini di ecoturismo, patrimonio culturale, sport e gastronomia. Per sfruttare al meglio tali opportunità, occorre comprendere a fondo tale settore. A tal fine, accolgo con favore la relazione sui dati statistici e il turismo. Informazioni accurate sul turismo locale, nazionale ed europeo aiuteranno l’UE a sviluppare politiche efficaci e ad incoraggiare il turismo in Europa.
Poiché l’industria turistica è essenziale per l’Irlanda e nel contesto della posizione geografica del paese, accolgo con particolare favore le affermazioni della relazione sulla situazione speciale delle isole e delle regioni periferiche e sulla presa in considerazione di tali casi speciali nel quadro d’azione comunitario per il turismo europeo.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione. Il turismo è un’importante attività economica dell’UE, con un elevato potenziale in termini di contributo alla creazione di posti di lavoro e di crescita economica; esso svolge altresì un ruolo importante nell’ambito dell’integrazione socio-economica delle aree rurali, periferiche e meno sviluppate. Con circa 1,8 milioni di imprese, in particolare PMI, l’industria turistica europea dà lavoro a una percentuale della popolazione attiva totale che si avvicina al 5,2 per cento (approssimativamente 9,7 milioni di posti di lavoro). Appoggio l’intenzione della Commissione, che mira a definire un nuovo quadro politico per il turismo in Europa facendo ricorso alle nuove competenze introdotte dal trattato di Lisbona. Il settore turistico si trova ad affrontare sfide importanti, ad esempio l’aumento della concorrenza a livello globale, le tendenze demografiche, il cambiamento climatico e i vincoli ambientali, la distribuzione stagionale degli spostamenti turistici e il sempre più frequente ricorso alle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione da parte dei clienti. Ritengo sia importante rafforzare il settore del turismo dell’UE attraverso un’azione coordinata a livello di Unione che integri le iniziative degli Stati membri. Il regolamento, il cui obiettivo consiste nel porre in essere un quadro comune per la produzione sistematica di statistiche europee sul turismo mediante la rilevazione, la compilazione, il trattamento e la trasmissione da parte degli Stati membri di statistiche europee armonizzate sull’offerta e sulla domanda nel settore, è molto importante in quanto, se attuato nella maniera giusta, permetterà di accertare la situazione effettiva del turismo nei diversi Stati membri e agevolerà l’adeguamento alle esigenze dei turisti, in costante mutamento.
Regina Bastos (PPE), per iscritto. – (PT) Il turismo è un settore importante dell’economia europea, con circa 1,8 milioni di imprese, in particolare PMI, che danno lavoro a circa 9,7 milioni di persone. Il contributo stimato dell’industria del turismo europea al PIL dell’UE è superiore al 5 per cento.
Con la comunicazione (COM(2010)0352), la Commissione mira a definire un nuovo quadro politico per il turismo in Europa, tentando di rafforzare il settore del turismo dell’UE attraverso un’azione coordinata a livello di Unione che integri le iniziative degli Stati membri. Pertanto, per poter attuare con successo il nuovo quadro strategico, occorre decidere in maniera consapevole basandosi su dati statistici affidabili e raffrontabili.
La relazione, meritevole del mio sostegno, riconosce il fondamentale ruolo delle statistiche nell’ambito dell’elaborazione di politiche turistiche più efficaci ai livelli europeo, nazionale, regionale e locale, in quanto rappresentano un valido strumento a supporto dei processi decisionali. La relazione appoggia inoltre il fatto di porre in essere un quadro comune per la produzione sistematica di statistiche europee sul turismo mediante la rilevazione, la compilazione, il trattamento e la trasmissione da parte degli Stati membri di statistiche europee armonizzate sull’offerta e sulla domanda nel settore.
Slavi Binev (NI), per iscritto. – (BG) Le statistiche sono fondamentali per l’elaborazione di politiche turistiche più efficaci e per prendere decisioni in ambito imprenditoriale. Appoggio il testo, in quanto, i cambiamenti intervenuti nel settore del turismo negli ultimi hanno creato l’esigenza di aggiornare il quadro giuridico delle statistiche europee sul turismo. Una volta adottata, la proposta migliorerà la tempestività, la raffrontabilità e la completezza delle statistiche trasmesse, oltre che rendere più efficiente l’elaborazione dei dati.
Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. – La relazione dell’onorevole Simpson e il regolamento a cui si riferisce propongono di istituire una quadro comune per la raccolta e la divulgazione di statistiche europee sul turismo attraverso la raccolta e l’elaborazione effettuata dal singoli Stati membri di statistiche armonizzate sulla domanda e l’offerta turistica sotto forma di tabelle aggregate che verranno poi trasmesse alla Commissione europea (Eurostat) per via informatica. Nonostante il lavoro del relatore sia elogiabile, non posso votare a favore della relazione perché essa non modifica la mole di lavoro e di raccolta dati che il regolamento prevede. La compilazione di tabelle proposta dal Regolamento è piuttosto complessa e la raccolta di così tante informazioni è, a mio avviso, un onere eccessivo. Non posso, dunque, sostenere l’ingerenza e il fardello burocratico che tale regolamento determinerebbe.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione perché occorre migliorare le politiche per il turismo europeo, soprattutto alla luce del fatto che questo settore ha recentemente vissuto una situazione economica difficile. Grazie alla modifica del quadro giuridico determinata dall’entrata in vigore del trattato di Lisbona, l’Unione europea ha ricevuto maggiori competenze e la Commissione europea ha presentato una proposta sul nuovo contesto per le politiche in materia di turismo. L’obiettivo della proposta di regolamento in esame è quello di aggiornare e ottimizzare il quadro normativo applicabile alle statistiche europee sul turismo, ma vi è rammarico per il fatto che la proposta non prevede l’introduzione dei conti satellite del turismo (CST). Tali CST sono essenziali per sviluppare progressivamente sistemi integrati di statistiche sul turismo e comprendere meglio il valore reale del turismo, nonché il relativo impatto sull’occupazione e l’economia. Inoltre, in vista di un rafforzamento della base di conoscenze utili allo sviluppo e alla crescita del turismo, la Commissione dovrebbe elaborare un programma di studi pilota sul tema. Tali studi dovranno essere attuati dagli Stati membri su base volontaria al fine di sviluppare un sistema per la compilazione dei dati che metta in luce l’impatto del turismo sull’ambiente.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) In diversi Stati membri, come accade anche nel mio, il Portogallo, il turismo occupa un posto importante nell’economia, con un potenziale intrinseco di generare nuove fonti di reddito e crescita economica. Il turismo rappresenta pertanto la terza attività socioeconomica dell’UE in termini di importanza e il suo contributo al PIL dell’UE è superiore al 5 per cento. L’Unione europea rimane la meta turistica n. 1 al mondo, con il 40 per cento degli arrivi registrati a livello mondiale nel 2008.
L’UE mira a definire un nuovo quadro politico per il turismo, allo scopo di rafforzare il settore per affrontare le grandi sfide che si trova a fronteggiare, ad esempio il cambiamento climatico, le tendenze demografiche e la globalizzazione, attraverso un’azione coordinata a livello di Unione che integri le iniziative degli Stati membri. Raccogliere dati sul turismo garantisce un’approfondita conoscenza del volume del turismo, delle sue caratteristiche, del profilo dei turisti e delle dinamiche dei flussi, che contribuisce non solo alla formulazione di politiche adeguate per il settore, ma anche a una migliore comprensione delle sue implicazioni socioeconomiche.
Appoggio pertanto l’aggiornamento e l’ottimizzazione del sistema statistico attuale per poter disporre di statistiche affidabili e raffrontabili.
Lara Comi (PPE), per iscritto. – Non possiamo negare che nell’ultimo decennio il turismo è radicalmente cambiato, anche grazie al progresso tecnologico. È pertanto necessario un aggiornamento della normativa riguardante la raccolta di dati e statistiche.
A tale proposito, concordo con la proposta della Commissione di introdurre un nuovo regolamento che abroghi alcuni articoli ormai obsoleti. Contemporaneamente, tuttavia, mi ritengo favorevole agli emendamenti apportati al suddetto regolamento dal Parlamento, sopratutto per quanto concerne, da un lato, la necessità di introdurre statistiche armonizzate che tengano conto anche degli aspetti prettamente sociali del turismo e, dall’altro, la posizione contraria all’adozione di atti delegati da parte della Commissione su questioni essenziali e per una durata indeterminata.
Inoltre, ritengo una grave mancanza che la Commissione non abbia tenuto in considerazione l’introduzione di conti satellite del turismo (CTS), in quanto tale tipologia di dati permetterebbe di avere una visione più completa dell’impatto che il turismo ha sul mercato del lavoro e sull’economia.
Infine, considero estremamente interessante la proposta riguardante l’introduzione su base volontaria della raccolta di statistiche sulle abitudini turistiche di persone diversamente abili o con ristretta capacità motoria e la conseguente realizzazione di progetti pilota al fine di migliorare la partecipazione al turismo di queste persone
Vasilica Viorica Dăncilă (S&D), per iscritto. – (RO) L’Europa occupa il settimo posto nella classifica delle 10 destinazioni più ambite nell’ambito di un sondaggio statistico che ha esaminato i 50 paesi più popolari del mondo, a dimostrazione del fatto che l’Europa dispone di un enorme potenziale turistico e culturale e offre delle opportunità che non sono ancora state sfruttate, anche per i cittadini europei. Ritengo che una di tali opportunità consiste nell’incentivare la partecipazione ai programmi di turismo sociale sviluppati dall’Unione non solo degli anziani, ma anche dei giovani, delle famiglie che vivono in circostanze difficili e delle persone a mobilità ridotta. Tuttavia, a tale scopo servono statistiche adeguate, compilate seguendo metodi comuni di raccolta dei dati, e volte a sviluppare programmi mirati per questi gruppi di turisti in ogni Stato membro dell’UE.
Ioan Enciu (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione odierna concernente le statistiche europee sul turismo. Si tratta di un passo positivo verso l’elaborazione di un regolamento che tenga conto delle statistiche sul turismo provenienti da tutti gli Stati membri. L’importanza del turismo nel diritto europeo è aumentata enormemente da quando tale settore è diventato competenza europea ai sensi del trattato di Lisbona, nel dicembre 2009. Nel prossimo futuro, gli Stati membri dovranno garantire l’accuratezza dei dati statistici trasmessi per ottenere risultati di qualità.
Il coordinamento paneuropeo sarà molto vantaggioso per il settore turistico europeo, ma qualsiasi iniziativa a questo livello dovrebbe cercare di integrare le iniziative degli Stati membri e le loro strategie in materia. Grazie alla trasmissione di dati statistici, l’UE sarà agevolata al momento di intervenire a favore dell’industria del turismo, comprese le PMI e di migliorare il marketing generale dell’Europa quale destinazione turistica altamente appetibile.
La relazione fa una distinzione tra turismo interno e nazionale. Il turismo interno corrisponde alla capacità di accoglienza delle strutture turistiche, mentre il turismo nazionale riguarda la partecipazione al turismo, comprese le escursioni.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Mi sono espressa a favore della relazione, in quanto reputo che le statistiche sul turismo contribuiscano all’elaborazione di una politica più efficace e rappresentino altresì un valido strumento a supporto dei processi decisionali nelle imprese e nel settore privato. Il nuovo regolamento migliorerà senza ombra di dubbio la tempestività, la raffrontabilità e la completezza delle statistiche trasmesse, nonché l’efficienza nel trattamento dei dati.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Stando alle cifre riportate dalla relazione, l’Europa rimane la destinazione turistica numero uno al mondo, e il turismo rappresenta pertanto la terza attività socioeconomica dell’UE in termini di importanza, con circa 1,8 milioni di imprese, in particolare PMI, 9,7 milioni di posti di lavoro e una produzione equivalente al 5 per cento del PIL dell’UE. per tale ragione, è un’attività che va debitamente monitorata, regolamentata e sostenuta, in particolare nel contesto specifico della ripresa economica e dell’esigenza di aumentare la produzione di beni vendibili.
Pur essendo questa una realtà che interessa l’intera UE, è particolarmente importante per il Portogallo, un paese che da tempo si è impegnato molto in questo settore, quale attività economica particolarmente dinamica con un ampio potenziale di crescita. In tale contesto, e data l’importanza di una conoscenza approfondita e realistica della realtà del turismo per l’elaborazione di politiche adeguate, la proposta della Commissione tesa ad aggiornare e ottimizzare il quadro giuridico per le statistiche europee sul turismo su cui abbiamo votato oggi è importante.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) La relazione si concentra su un’area fondamentale per il futuro dell’UE: il turismo. Malgrado la crisi che ha attanagliato il mondo intero, secondo l’Organizzazione mondiale del turismo (OMT), nel 2010 il settore ha registrato una crescita del 2 per cento, nonostante i disordini politici di diverse zone del mondo. A livello europeo, oltre a denotare una crescita costante, il turismo conta 1.8 milioni di imprese, in particolare piccole e medie imprese (PMI), dà lavoro a 9.7 milioni di persone, è la terza attività socioeconomica dell’UE in termini di importanza e genera più del 5 per cento del prodotto interno lordo (PIL). Inoltre, l’Unione europea, con il 40 per cento degli arrivi registrati a livello mondiale, rimane la meta turistica n. 1 al mondo. Tale attività è essenziale per realizzare gli obiettivi contenuti nella strategia Europa 2020. Il regolamento aggiorna la legge attualmente in vigore, in particolare per quanto riguarda la raccolta ed elaborazione dei dati sulla fornitura di servizi e accessibilità per le persone a mobilità ridotta, essenziali per elaborare la nuova strategia europea per il turismo. Appoggio l’adozione di questa proposta che, oltre a creare un programma di studi pilota che dovranno essere svolti dagli Stati membri, prevede l’inserimento di dati sul turismo rurale ed ecologico, che riguardano una disponibilità di oltre 50 000 alloggi, la maggior parte dei quali gestiti da PMI.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) L’utilità dei dati statistici dipende dalla loro raffrontabilità nel tempo e nello spazio, il che implica l’adozione di definizioni e classificazioni comuni. Nel caso particolare del turismo, tale settore comprende concetti e definizioni da tempo poco chiari, il che ostacola la raccolta di informazioni affidabili e credibili. Pertanto, è necessario chiarire e armonizzare i criteri e le definizioni per la raccolta di dati raffrontabili. L’esistenza di tali statistiche è estremamente importante per determinare l’impatto diretto e indiretto del turismo sull’economia, al fine di sostenere la pianificazione e lo sviluppo di nuove opportunità turistiche o di adattare quelle esistenti.
La proposta inserita nella relazione è tesa a migliorare la tempestività, la raffrontabilità e la completezza delle statistiche trasmesse, nonché l’efficienza nel trattamento dei dati, anche dal punto di vista della relativa convalida. È inoltre volta a modificare il quadro normativo per tenere conto delle ultime tendenze nell’ambito dell’industria del turismo, introducendo nuove variabili come ad esempio quelle relative alle visite in giornata. Ci siamo pertanto espressi a favore.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Sappiamo quanto sia importante disporre di dati statistici, ma la loro utilità dipende dalla loro raffrontabilità nel tempo e nello spazio, il che implica l’adozione di definizioni e classificazioni comuni.
Nel caso particolare del turismo, tale settore comprende concetti e definizioni da tempo poco chiari, il che ostacola la raccolta di informazioni affidabili e credibili. Pertanto, è necessario chiarire e armonizzare i criteri e le definizioni per la raccolta di dati raffrontabili.
L’esistenza di tali statistiche è estremamente importante per determinare l’impatto diretto e indiretto del turismo sull’economia, al fine di sostenere la pianificazione e lo sviluppo di nuove opportunità turistiche o di adattare quelle esistenti.
La proposta inserita nella relazione è tesa a migliorare la tempestività, la raffrontabilità e la completezza delle statistiche trasmesse, nonché l’efficienza nel trattamento dei dati, anche dal punto di vista della relativa convalida. È inoltre volta a modificare il quadro normativo per tenere conto delle ultime tendenze nell’ambito dell’industria del turismo, introducendo nuove variabili come ad esempio quelle relative alle visite in giornata.
Ci siamo pertanto espressi a favore.
Jacqueline Foster (ECR), per iscritto. – (EN) Il mio gruppo ha avallato la relazione concernente le statistiche sul turismo, che aggiorna e modernizza il metodo di raccolta delle statistiche europee sul settore, soprattutto alla luce di fenomeni moderni quali i voli a basso costo e le vacanze brevi.
I politici devono riconoscere la grande importanza dell’industria turistica per l’Europa. I singoli Stati membri si rendono conto che occorre fare di più per aiutare il settore, che offre un contributo ingente alla crescita economica.
Ad esempio, il turismo è uno dei settori più grandi dell’economia britannica. Fornisce direttamente 1,36 milioni di posti di lavoro – se ne prevedono 1,5 milioni entro il 2020 – che arrivano a quasi 3 milioni se si considera l’occupazione indiretta. Questi dati parlano da soli!
Il Regno Unito è fortemente motivato a partecipare attivamente e positivamente alle discussioni sul turismo a livello comunitario, e appoggia appieno la necessità di migliorare la competitività dell’industria turistica europea e la sua capacità di contribuire alla crescita sostenibile. Tuttavia, dobbiamo assicurarci che le azioni a livello di UE non ledano il principio di sussidiarietà.
Gli Stati membri sono in concorrenza tra loro, malgrado la loro capacità di condividere le migliori pratiche e di collaborare su determinate questioni, quali il miglioramento dei collegamenti dei trasporti in tutta Europa e altre misure che consentono di agevolare il turismo al consumo.
Vorrei concludere con un messaggio diretto – venite a visitare la Gran Bretagna!
Mathieu Grosch (PPE), per iscritto. – (DE) Il trattato di Lisbona ha aumentato le competenze comunitarie nell’area del turismo. Le statistiche offrono indubbiamente informazioni fondamentali e consentono di trarre conclusioni interessanti non solo a livello europeo, ma anche nazionale e regionale.
Nella mia regione, che ospita la comunità germanofona del Belgio, il turismo rappresenta non soltanto un’area di competenza importante, ma anche un fattore economico cruciale. Per questa ragione, le statistiche costituiscono un elemento imprescindibile della formulazione di politiche. Tuttavia, è anche evidente che i diversi livelli – regionale, nazionale e transfrontaliero – devono collaborare per definire con maggiore accuratezza il potenziale turistico delle regioni d’Europa, in particolare nelle aree di frontiera.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore del documento perché è necessario per definire un quadro politico nuovo e migliore per il turismo in Europa. Il turismo è un’attività economica importante nell’UE, con un potenziale elevato in termini di contribuito all’occupazione e alla crescita economica, oltre che per il ruolo importante nell’ambito dell’integrazione socio-economica delle aree rurali, periferiche e meno sviluppate, ad esempio quelle caratterizzate da un ricco patrimonio industriale. Nell’ambito in esame le statistiche non sono funzionali soltanto al monitoraggio delle politiche specifiche per il turismo, ma sono altresì utili nel più ampio contesto della politica regionale e dello sviluppo sostenibile. Dobbiamo affrontare le sfide principali del settore, ad esempio l’aumento della concorrenza a livello globale, le tendenze demografiche, il cambiamento climatico e i vincoli ambientali, la distribuzione stagionale degli spostamenti turistici e il sempre più frequente ricorso alle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione da parte dei clienti. Occorre rafforzare il settore del turismo dell’UE attraverso un’azione coordinata a livello di Unione che integri le iniziative degli Stati membri. Per poter attuare con successo il nuovo quadro strategico è necessario che i responsabili politici, a tutti i livelli di governo, siano in grado di decidere in maniera consapevole basandosi su dati statistici affidabili e raffrontabili. Il turismo è un’attività economica importante che ha un impatto positivo sulla crescita economica e l’occupazione europee, quindi è necessario aggiornare e ottimizzare il quadro normativo applicabile alle statistiche europee sul turismo, rafforzando così il turismo a livello europeo. Di conseguenza, l’attuazione delle misure proposte aumenterà la competitività del turismo europeo e ne incoraggerà la crescita armoniosa.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. – Egregio Presidente, onorevoli colleghi, la proposta di regolamento relativa alle statistiche europee sul turismo, sottoposta al voto dell’aula, ritengo debba considerarsi di particolare interesse oltre che di grande utilità. L’industria del turismo è, per l’Europa, un settore trainante e di grande rilievo nell’ambito comunitario, in quanto occupa un ruolo importante nell’economia dei singoli Stati membri. L’industria del turismo possiede ancora significative potenzialità in termini occupazionali e per questo appare utile porre in essere azioni mirate a favorire una migliore organizzazione, che permetta di esprimerne per intero le potenzialità. La definizione di un quadro comune per la raccolta e la compilazione di statistiche europee sul turismo comparabili ed esaustive non può che essere utile al miglioramento della situazione. Conoscere la domanda dei consumatori consentirà alle imprese e agli enti pubblici di intervenire facendo fronte alle esigenze del settore, migliorandone capacità e competitività. Ho sostenuto la proposta di regolamento perché convinto che statistiche unitarie a livello europeo, trasparenti, affidabili e obiettive siano un modo efficace per sostenere questo grande comparto, di notevole rilevanza anche per il mio paese.
Petru Constantin Luhan (PPE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione, in quanto ritengo che occorra fare il possibile per rimanere la meta turistica numero uno al mondo. A tale scopo, dobbiamo sfruttare al massimo tutte le opzioni di finanziamento possibili. Lo sviluppo di un settore turistico sostenibile, responsabile e di alta qualità esige un aggiornamento e un miglioramento del quadro normativo applicabile alle statistiche europee in materia. Se miglioreremo la qualità della rendicontazione statistica sulla base di dati affidabili e raffrontabili, getteremo delle fondamenta solide per prendere decisioni relative alla formulazione di politiche e strumenti finanziari dell’UE.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Mi sono espresso favorevolmente su questa relazione, che riconosce il fondamentale ruolo delle statistiche nell’ambito dell’elaborazione di politiche turistiche più efficaci ai livelli europeo, nazionale, regionale e locale. Le statistiche rappresentano altresì un valido strumento a supporto dei processi decisionali nelle imprese e nel settore privato. Pertanto, il relatore concorda con l’obiettivo che si prefigge il regolamento, ovvero quello di porre in essere un quadro comune per la produzione sistematica di statistiche europee sul turismo mediante la rilevazione, la compilazione, il trattamento e la trasmissione da parte degli Stati membri di statistiche europee armonizzate sull’offerta e sulla domanda nel settore. A seguito dell’adozione della proposta si potranno migliorare la tempestività, la raffrontabilità e la completezza delle statistiche trasmesse, nonché l’efficienza nel trattamento dei dati, anche dal punto di vista della relativa convalida. È inoltre necessario modificare il quadro normativo per tenere conto delle ultime tendenze nell’ambito dell’industria del turismo, introducendo nuove variabili come ad esempio quelle relative alle visite in giornata.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Il turismo rappresenta indubbiamente uno dei comparti economici con il maggiore potenziale di sviluppo. Negli ultimi decenni, il turismo ha visto accrescere in maniera costante la propria importanza per le imprese e i cittadini europei. Con circa 1,8 milioni di imprese, in particolare piccole e medie imprese (PMI), che danno lavoro a una percentuale della popolazione attiva totale che si avvicina al 5,2 per cento (approssimativamente 9,7 milioni di posti di lavoro), il contributo stimato dell’industria del turismo europea al PIL dell’UE è superiore al 5 per cento. Il turismo rappresenta pertanto la terza attività socioeconomica dell’UE in termini di importanza. Inoltre l’Unione europea, con 370 milioni di visitatori internazionali nel 2008 (pari al 40 per cento degli arrivi registrati a livello mondiale), rimane la meta turistica n. 1 al mondo. Tuttavia, esiste un potenziale per realizzare una crescita maggiore.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (EN) è evidente che il turismo possiede un potenziale elevato che ci potrebbe permettere di aumentare l’occupazione e la crescita economica. Il turismo svolge un ruolo importante nell’ambito dell’integrazione socio-economica delle aree rurali, periferiche e meno sviluppate, ad esempio quelle caratterizzate da un ricco patrimonio culturale. Nell’ambito in esame le statistiche non sono funzionali soltanto al monitoraggio delle politiche specifiche per il turismo, ma sono altresì utili nel più ampio contesto della politica regionale e dello sviluppo sostenibile. Concordo pienamente col relatore.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Statistiche significative capaci di dare risposta alle domande sulle ragioni che determinano i successi e le tendenze nell’industria turistica potrebbero essere utili per prevenire molti investimenti sbagliati. Molte città si interrogano da anni sul motivo per cui non riescono a soddisfare le proprie aspettative turistiche dopo essere state scelte come capitali europee della cultura. Tuttavia, la disponibilità e raffrontabilità limitata dei dati sul turismo costituisce un problema anche dal punto di vista della pianificazione urbana. In fin dei conti, se esiste un potenziale di incremento del numero di visitatori, è importante organizzarsi in modo tale da evitare impatti negativi sulla popolazione locale.
Troppi fattori di incertezza, aspettative divergenti e variabili indefinibili, quali le condizioni meteorologiche specifiche, hanno trasformato le previsioni sul turismo in un gioco d’azzardo. Gli orari di lavoro flessibili e la sicurezza incidono sul turismo, così come i cambiamenti sociali. In ultima analisi, i fattori determinanti finiranno per essere l’economia globale e il prezzo del petrolio. Nemmeno le migliori statistiche europee sul turismo possono cambiare le cose, per questo mi sono astenuto.
Radvilė Morkūnaitė-Mikulėnienė (PPE), per iscritto. – (LT) Oggi il Parlamento europeo ha adottato un documento importante sul quadro normativo per le statistiche europee sul turismo. Gli Stati membri devono presentare regolarmente una serie di dati sulla capacità e l’occupazione degli alloggi turistici, sugli arrivi e le partenze negli stessi e sulla domanda turistica. Poiché le abitudini di viaggio europee cambiano (ad esempio l’aumento dei voli brevi) e il settore del turismo accoglie determinate innovazioni (ad esempio il ricorso a Internet per effettuare prenotazioni), è necessario aggiornare il quadro normativo, regolamentando la raccolta di dati statistici nel campo del turismo. Tuttavia, a mio parere, una disposizione importante appoggiata dal Parlamento europeo riguarda la raccolta di dati sulle persone a mobilità ridotta e l’impatto sulla capacità di tali persone di ottenere servizi turistici completi. Parliamo sempre di migliorare la qualità della vita dei disabili, e dobbiamo inserire anche il turismo in quest’area. Soltanto allora potremo attuare efficacemente la politica sul turismo e tutelare gli interessi dei consumatori.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. – La relazione del collega Simpson sulle statistiche europee sul turismo é un testo che va a sostituire la direttiva in materia oramai vecchia di 15 anni. Adeguarsi ai tempi e riformulare i propri regolamenti é una prerogativa del sistema europeo soprattutto vista la rilevanza e la continua evoluzione del settore turistico in Europa nell’ultimo decennio, per questo ho votato a favore della relazione. I nuovi bisogni nel settore, che necessita di dati sempre più dettagliati, aggiornati e comparabili, rendono l’aggiornamento delle statistiche sul turismo fondamentali. Accesso alle strutture, servizi per disabili, costi per beni di prima necessità sono i dati principali per i quali serve un database aggiornato e consultabile dagli utenti.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Il turismo riveste un’importanza economica enorme nell’UE, e i meccanismi che contribuiscono a promuoverlo sono auspicabili e vanno incoraggiati. Le statistiche ricoprono un ruolo fondamentale nell’ambito dell’elaborazione di politiche turistiche più efficaci ai livelli europeo, nazionale, regionale e locale. Le statistiche rappresentano altresì un valido strumento a supporto dei processi decisionali nelle imprese e nel settore privato. Il regolamento si prefigge di porre in essere un quadro comune per la produzione sistematica di statistiche europee sul turismo mediante la rilevazione, la compilazione, il trattamento e la trasmissione da parte degli Stati membri di statistiche europee armonizzate sull’offerta e sulla domanda nel settore. A seguito dell’adozione della proposta si potranno migliorare la tempestività, la raffrontabilità e la completezza delle statistiche trasmesse, nonché l’efficienza nel trattamento dei dati, anche dal punto di vista della relativa convalida. Il regolamento modifica inoltre il quadro normativo per tenere conto delle ultime tendenze nell’ambito dell’industria del turismo, introducendo nuove variabili come ad esempio quelle relative alle visite in giornata. Ho votato a favore della relazione per le suddette ragioni.
Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. – Cari colleghi, il turismo è un’importante attività economica dell’UE. Nell’ambito in esame, le statistiche sono funzionali al monitoraggio delle politiche specifiche per il turismo e sono utili nel contesto della politica regionale e dello sviluppo sostenibile. All’interno dell’UE, il sistema delle statistiche sul turismo è regolamentato dalla direttiva 95/57/CE. Tuttavia, successivamente all’entrata in vigore della suddetta direttiva, l’industria del turismo e la domanda turistica sono notevolmente cambiate. La Commissione ha dunque elaborato una nuova proposta di regolamento che mira a definire un quadro politico per il turismo facendo ricorso alle competenze introdotte dal trattato di Lisbona. L’obiettivo è quello di aggiornare e ottimizzare il quadro normativo applicabile alle statistiche europee sul turismo per tenere conto delle ultime tendenze in questo ambito. A tal proposito, è necessario sia rafforzare il settore del turismo attraverso un’azione coordinata a livello di Unione, sia realizzare un quadro comune per la produzione sistematica di statistiche mediante la rilevazione, la compilazione, il trattamento e la trasmissione da parte degli Stati membri di statistiche europee armonizzate sull’offerta e sulla domanda nel settore. Sulla base delle osservazioni che precedono, esprimo il mio voto favorevole all’approvazione della proposta di regolamento in oggetto.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore. Il turismo è un’importante attività economica dell’UE, con un elevato potenziale in termini di contributo alla creazione di posti di lavoro e di crescita economica; esso svolge altresì un ruolo importante nell’ambito dell’integrazione socio-economica delle aree rurali, periferiche e meno sviluppate, ad esempio quelle caratterizzate da un ricco patrimonio industriale. Nell’ambito in esame le statistiche non sono funzionali soltanto al monitoraggio delle politiche specifiche per il turismo, ma sono altresì utili nel più ampio contesto della politica regionale e dello sviluppo sostenibile.
All’interno dell’Unione europea, il sistema delle statistiche sul turismo è regolamentato dalla direttiva 95/57/CE sulla raccolta di dati statistici nel settore del turismo. Le statistiche, raccolte e compilate dalle autorità statistiche nazionali, sono pubblicate da Eurostat. Per attuare con successo il nuovo quadro strategico è necessario che i responsabili politici, a tutti i livelli di governo, siano in grado di decidere in maniera consapevole basandosi su dati statistici affidabili e raffrontabili.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. – Ho votato a favore di questa relazione perché il turismo rappresenta un’importante attività economica per l’UE, con un elevato potenziale in termini di contributo alla creazione di posti di lavoro e di crescita. Il turismo svolge un ruolo fondamentale nell’integrazione socio-economica delle aree rurali, spesso periferiche e sottosviluppate.
In questo ambito le statistiche non servono solo al monitoraggio delle politiche specifiche per il turismo, ma sono utili nel contesto più ampio della politica regionale e dello sviluppo sostenibile. Il documento tratta inoltre le principali sfide che il settore sta affrontando, come l’aumento della concorrenza a livello globale, le tendenze demografiche, il cambiamento climatico e i vincoli ambientali, la distribuzione stagionale degli spostamenti turistici e il sempre più frequente ricorso alle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione da parte dei clienti.
Oreste Rossi (EFD), per iscritto. − Ho espresso voto contrario alla relazione perché secondo il regolamento proposto dalla Commissione sarebbe necessaria una raccolta mensile di dati per misurare le influenze stagionali e gli aspetti economici e sociali del settore, gestito per lo più da piccole e medie imprese. Tale strategia è finalizzata a un’approfondita conoscenza delle dinamiche, delle caratteristiche e del volume del turismo, ma ci appare eccessivamente impegnativa, burocratica e costosa. Inoltre, la Commissione chiede poteri di delega e quindi la possibilità di modificare elementi essenziali della proposta. Le tabelle da compilare mensilmente proposte da questo regolamento sono complesse e richiedono la raccolta di una quantità di informazioni eccessive.
Vilja Savisaar-Toomast (ALDE), per iscritto. – (ET) Ho votato a favore della relazione odierna riguardante le statistiche europee sul turismo. Ritengo che sia una relazione importante, alla luce dell’influenza del settore del turismo sull’economia dell’Unione e della quota di occupazione di cui è responsabile. 1.8 milioni di aziende danno lavoro a circa 10 milioni di persone, che rappresentano approssimativamente il 5,2 per cento di tutti i posti di lavoro.
L’Unione europea sostiene considerevolmente lo sviluppo del turismo nelle varie regioni al fine di aumentare la disponibilità di tipologie diverse di turismo. Pertanto, è necessario disporre di statistiche accurate e rilevanti, sia per il settore privato sia per il pubblico. L’Unione europea è la destinazione prescelta da oltre 370 milioni di turisti stranieri all’anno, vale a dire il 40 per cento dei turisti di tutto il mondo. Alla luce di ciò, è ancor più importante disporre di dati statistici tempestivi e imparziali. Grazie.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) Il turismo rappresenta la terza attività socioeconomica dell’UE in termini di importanza, il che significa che la sua dimensione economica, come comparto che genera posti di lavoro, è vitale per gli Stati membri. Inoltre, la sua dimensione privata non solo rafforza l’immagine dell’Europa nel mondo, ma promuove anche la cittadinanza europea. Con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, l’UE ha assunto nuove competenze sul settore, come confermato dall’articolo 195 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Il nuovo quadro normativo consente all’UE di sostenere coordinare e integrare le azioni degli Stati membri, e di ridurre l’onere amministrativo. Voto a favore della relazione per le suddette ragioni, e ritengo sia essenziale fornire a tutti coloro che sono coinvolti nel settore turistico dati statistici affidabili, per permettere loro di adeguarsi alle sfide che il turismo europeo si trova ad affrontare.
Per attuare tale sistema e valutare concretamente la competitività del comparto turistico, è essenziale un coordinamento europeo con la partecipazione efficace degli Stati membri. La conoscenza del volume del turismo, delle sue caratteristiche, del profilo dei turisti, della spesa turistica e dei vantaggi e/o problemi che comporta per le economie nazionali dovrebbe essere parte di questo ampio studio.
Relazione Ferreira (A7-0017/011)
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Voto a favore della risoluzione, in quanto valuta misure importanti relative all’aumento dei tassi di cofinanziamento per gli interventi nei settori delle relazioni internazionali, della governance, della raccolta di dati, della consulenza scientifica, e del monitoraggio e attuazione della politica comune per la pesca. Poiché la conoscenza scientifica dipende dallo sviluppo sostenibile delle attività, l’aumento dei tassi di cofinanziamento previsti nel settore della raccolta, della gestione e dell’uso di dati di base diventa un vantaggio. Mi preme inoltre sottolineare l’importanza attribuita allo sviluppo dell’acquacoltura, con misure per la crescita, oltre che per il controllo e il monitoraggio ambientali e sanitari del settore che contribuiranno alla sua sostenibilità. Per quanto riguarda le misure per controllare le acque condotte dalle autorità di sorveglianza degli Stati membri, tali misure riusciranno a ottenere risultati se accompagnate da investimenti nella tecnologia e da sistemi di controllo più efficaci e meno costosi. Andrebbe inoltre valutato l’incremento del tasso di cofinanziamento per le azioni relative alle misure di controllo per le acque, quale metodo per consentire ed attuare un rispetto più rigoroso delle norme.
Regina Bastos (PPE), per iscritto. – (PT) Il regolamento (CE) n. 861/2006, che istituisce un’azione finanziaria della Comunità per l’attuazione della politica comune della pesca e in materia di diritto del mare, è un importante strumento di finanziamento dell’UE per quanto riguarda le attività di pesca. Diversi aspetti della legislazione si sono evoluti dal momento dell’adozione di tale regolamento.
La Commissione propone di modificarlo al fine di garantire la coerenza tra tutti gli elementi del quadro legislativo e anche di chiarire la sfera di applicazione di alcune delle misure finanziate. Ho votato a favore della relazione, in quanto propone di apportare determinate modifiche alla proposta della Commissione che contribuiranno alla chiarezza della legislazione. Tali emendamenti si basano sugli sviluppi recenti e sulle prospettive future del settore della pesca, segnatamente la possibilità di aumentare il cofinanziamento dell’Unione dal 50 per cento al 60 per cento, un vantaggio per lo sviluppo della pesca in Portogallo e per la maggiore importanza attribuita all’acquacoltura, che giustifica la possibilità di raccogliere, gestire e utilizzare dati ambientali in quest’area, oltre a dati di natura socioeconomica.
George Becali (NI), per iscritto. – (RO) Ho appoggiato la relazione, in quanto il regolamento (CE) n. 861/2006, che istituisce un’azione finanziaria della Comunità per l’attuazione della politica comune della pesca e in materia di diritto del mare, è un importante strumento di finanziamento dell’UE per quanto riguarda le attività di pesca. è uno dei due principali mezzi utilizzati – essendo l’altro il Fondo europeo per la pesca (FEP) – per tradurre in pratica la PCP. Analogamente al relatore, ritengo che sia sempre più riconosciuta da tutti l’importanza di una gestione della pesca fondata su una conoscenza scientifica, aggiornata e rigorosa dello stato delle risorse. Si tratta di una condizione sine qua non per garantire uno sviluppo sostenibile delle attività di pesca. Per quanto riguarda il controllo, oggigiorno esiste senza dubbio una maggiore consapevolezza della sua importanza al fine di garantire la sostenibilità e il futuro delle attività di pesca e come strumento atto a promuovere una cultura di rispetto delle norme. Gli Stati membri e le autorità nazionali di controllo svolgono, e devono continuare a svolgere, un ruolo fondamentale ai fini della sorveglianza e dell’imposizione delle misure di controllo nelle rispettive acque – condizione essenziale per una pesca effettivamente rispettosa delle norme e delle risorse.
Vito Bonsignore (PPE), per iscritto. – Ho votato a favore della relazione che modifica il regolamento (CE) n. 861/2006. Nel maggio del 2006 il Consiglio ha approvato questo importante strumento di finanziamento dell’attività della pesca. Ora però si rende necessaria una revisione di tale regolamento, al fine di garantire la coerenza tra tutti gli elementi del quadro legislativo. Adeguarsi ai tempi significa anche far uso di nuove tecnologie capaci di garantire un miglior servizio con un minor dispendio di risorse economiche.
Per rispondere meglio alle esigenze reali, si è pertanto ritenuto opportuno chiarire taluni articoli del regolamento e precisare la portata di alcune misure finanziate. Concordo infine con il relatore in merito all’esigenza di una gestione della pesca basata su una conoscenza scientifica aggiornata e rigorosa dello stato delle risorse e di un maggiore controllo finalizzato a rendere più sostenibile l’attività della pesca.
Vasilica Viorica Dăncilă (S&D), per iscritto. – (RO) Ritengo che l’importanza del settore dell’acquacoltura sia in costante ascesa. La relazione lo dimostra, in quanto pone l’accento su “un nuovo impulso alla strategia per lo sviluppo sostenibile dell’acquacoltura europea” e offre prospettive realistiche per lo sviluppo di tale settore. Un controllo e un monitoraggio ambientali e sanitari condotti in maniera adeguata contribuiranno pertanto a rendere più sostenibile questo settore così importante.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione concernente “un’azione finanziaria della Comunità per l’attuazione della politica comune della pesca e in materia di diritto del mare”. Deploro tuttavia che non sia stata adottata la proposta per l’aumento dei tassi di cofinanziamento nell’area della raccolta, gestione e utilizzo di dati supplementari e dell’impiego del 60 per cento delle spese ammissibili.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Il regolamento (CE) n. 861/2006 del 22 maggio 2006, che la Commissione propone di modificare, è il regolamento che istituisce un’azione finanziaria della Comunità per l’attuazione della politica comune della pesca (PCP) e in materia di diritto del mare, e prevede un’azione di finanziamento nei seguenti settori: relazioni internazionali, governance, raccolta di dati, consulenza scientifica, nonché controllo ed attuazione della PCP. La revisione non comporta modifiche fondamentali agli obiettivi, al tipo di attività finanziata, alla struttura finanziaria o al bilancio. Il relatore ritiene tuttavia importante presentare delle modifiche che potrebbero contribuire a rendere la legislazione in oggetto più rigorosamente conforme a taluni recenti sviluppi del settore e alle sue prospettive future, in particolare per quanto riguarda la gestione della pesca corroborata dalla conoscenza scientifica sullo stato delle risorse e da investimenti nell’acquacoltura.
Per questo viene presentata la proposta di aumentare i tassi di cofinanziamento previsti nel contesto della raccolta, gestione e utilizzo dei dati di base. Voto a favore da una prospettiva puramente nazionale, per sostenere l’industria della pesca del nostro paese.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) La relazione riguarda una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 861/2006, del 22 maggio 2006, che istituisce un’azione finanziaria della Comunità per l’attuazione della politica comune della pesca e in materia di diritto del mare. Dal 2006 a oggi, diversi aspetti del suddetto regolamento sono cambiati e sono divenuti obsoleti, per cui la loro modifica è giustificata. La proposta si basa sul regolamento in vigore ed è tesa a salvaguardare le attività costiere finanziando la modernizzazione del settore, non da ultimo in termini di apparecchiature e informatizzazione. Voto a favore della proposta di regolamento, in quanto si è tenuto conto degli emendamenti proposti presentati dalla Commissione, oltre che di altri contributi che migliorano notevolmente la legislazione precedente, in particolare in termini di finanziamenti per gli investimenti – un aspetto cruciale per disporre di dati scientifici accurati e aggiornati che ci consentano essenzialmente di adottare le misure richieste da ciascuna situazione – e di aumento dei tassi di cofinanziamento.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Accogliamo con soddisfazione l’adozione da parte del Parlamento degli emendamenti alla proposta di regolamento della Commissione inclusa nella relazione. Tali emendamenti consentiranno di finanziare gli Stati membri nel loro sviluppo di tecnologie diversificate destinate al settore della pesca, nonché di apparecchiature e software o reti informatiche per la raccolta, la gestione, la convalida, l’analisi, lo sviluppo di metodi di campionamento e l’avanzamento verso lo scambio di dati relativi alla pesca. Una nuova possibilità di finanziamento è quella relativa agli studi sulla dipendenza dalle importazioni di prodotti della pesca. Nel settore dell’acquacoltura, sarà inoltre possibile finanziare la raccolta, gestione e uso di dati ambientali, consentendo così un controllo e un monitoraggio ambientali e sanitari del settore che contribuiranno alla sua sostenibilità.
Tuttavia, non possiamo che deplorare il fatto che siano stati respinti gli emendamenti per un aumento, benché modesto, del tasso massimo di cofinanziamento della Comunità per gli Stati membri nell’area della raccolta, gestione e uso di dati scientifici sullo stato delle risorse, nonché nell’area del monitoraggio. Ciò conferma pertanto l’incoerenza dell’UE, che da una parte si è intromessa nelle competenze degli Stati membri in questo settore, ma che dall’altra si rifiuta di rafforzare le risorse finanziarie dedicate a tali attività.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione modifica il regolamento (CE) n. 861/2006 che istituisce un’azione finanziaria della Comunità per l’attuazione della politica comune della pesca (PCP) e in materia di diritto del mare. Si tratta di un importante strumento di finanziamento dell’UE per quanto riguarda le attività di pesca e uno dei due principali mezzi utilizzati – essendo l’altro il Fondo europeo per la pesca (FEP) – per tradurre in pratica la PCP.
La Commissione ritiene inoltre che, in alcuni casi, l’esperienza abbia fatto emergere l’esigenza di apportare una serie di adeguamenti minori per far sì che le disposizioni del regolamento rispondano più efficacemente alle esigenze.
Ci offre pertanto un margine ristretto di revisione, visto che gli obiettivi e la struttura del regolamento originario rimangono inalterati. Tuttavia, il relatore Ferreira, membro del Partido Comunista Português, ha ritenuto opportuno proporre determinati emendamenti supplementari che, per quanto piuttosto specifici, potrebbero migliorare l’adeguamento di questa legislazione a taluni recenti sviluppi del settore e alle sue prospettive future.
Deploro tuttavia che non siano state adottate tutte le proposte da lui presentate, soprattutto la conferma della possibilità di aumentare i tassi di cofinanziamento della Comunità destinati all’area della raccolta, gestione e uso di dati scientifici sia di base sia supplementari sullo stato delle risorse ittiche, compresa la proposta di aumentare il limite massimo dal 50 per cento al 60 per cento, e destinati all’attività di monitoraggio.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Ho concesso il mio avallo alla relazione Ferreira. è essenziale stanziare risorse adeguate per l’applicazione del diritto del mare, e questa è una delle poche aree correlate alla pesca in cui l’UE offre un valore aggiunto.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore del documento, in quanto è sempre più riconosciuta da tutti l’importanza di una gestione della pesca fondata su una conoscenza scientifica, aggiornata e rigorosa dello stato delle risorse. Si tratta di una condizione sine qua non per garantire uno sviluppo sostenibile delle attività di pesca. Ritengo pertanto giustificata la possibilità di aumentare i tassi di cofinanziamento previsti nel settore della raccolta, della gestione e dell’uso di dati di base, con un massimale proposto pari al 75 per cento. La crescente importanza attribuita all’acquacoltura – si pensi alla relazione, recentemente elaborata, discussa e approvata, su “un nuovo impulso alla strategia per lo sviluppo sostenibile dell’acquacoltura europea” –, che genera fondate prospettive di sviluppo, giustifica l’introduzione della possibilità di applicare anche in tale settore le disposizioni in materia di raccolta, gestione e uso di dati ambientali, oltre che socioeconomici, consentendo così un controllo e un monitoraggio ambientali e sanitari del settore che contribuiranno alla sua sostenibilità. Oggigiorno, la sostenibilità del settore della pesca è particolarmente importante. Gli Stati membri e le autorità nazionali di controllo svolgono, e devono continuare a svolgere, un ruolo fondamentale ai fini della sorveglianza e dell’imposizione delle misure di controllo nelle rispettive acque: è una condizione essenziale per una pesca effettivamente rispettosa delle norme e delle risorse. Se si vuole che tale attività sia effettuata efficacemente, gli Stati membri devono acquisire o essere in grado di sviluppare e modernizzare le tecnologie disponibili. Gli investimenti del caso potrebbero rendere detti sistemi più efficienti e meno costosi da gestire.
Elisabeth Köstinger (PPE), per iscritto. – (DE) Il regolamento rappresenta uno strumento importante per attuare la politica comune per la pesca. Per quanto riguarda il controllo, oggigiorno esiste senza dubbio una maggiore consapevolezza della sua importanza al fine di garantire la sostenibilità e il futuro delle attività di pesca. è importante che gli Stati membri e le autorità nazionali di controllo impongano le misure di controllo nelle rispettive acque, condizione essenziale per una pesca effettivamente rispettosa delle norme e delle risorse. Inoltre, La crescente importanza attribuita all’acquacoltura giustifica l’introduzione della possibilità di applicare anche in tale settore le disposizioni in materia di raccolta, gestione e uso di dati ambientali, oltre che socioeconomici. Accolgo con favore la revisione del regolamento, in quanto assicurerà l’attuazione delle misure a cui ho fatto riferimento.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. – Egregio Presidente, onorevoli colleghi, la proposta di modifica del regolamento (CE) n. 861/2006 del Consiglio, che istituisce un’azione finanziaria per l’attuazione della politica comune della pesca e in materia di diritto del mare è un importante strumento finanziario che interviene a tutela delle attività di pesca. Ho votato a favore della proposta perché ritengo necessaria una modifica dell’attuale versione del regolamento, al fine di conformare la disciplina in esso contenuta con il Trattato di Lisbona. La revisione ha consentito di apportare miglioramenti al testo, permettendo di rispondere più adeguatamente ed efficacemente alle esigenze del settore. La crescente importanza attribuita all’acquacoltura giustifica l’introduzione di disposizioni in materia di raccolta, gestione e uso dei dati ambientali, socioeconomici e sanitari tali da contribuire alla sua sostenibilità. Un ruolo fondamentale spetta poi ai singoli Stati, i quali hanno il dovere di assicurare il rispetto delle norme ed il controllo delle acque ricorrendo, alla luce delle evoluzioni scientifiche, alle nuove tecnologie.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione. Le modifiche introdotte nella legislazione dovrebbero agevolare il raggiungimento dell’obiettivo di una politica di regionalizzazione della PCP, che accolgo con favore.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) L’attuale regolamento (CE) n. 861/2006 istituisce un’azione finanziaria della Comunità per l’attuazione della politica comune della pesca (PCP) e in materia di diritto del mare, ed è un importante strumento di finanziamento dell’UE per quanto riguarda le attività di pesca. Con il Fondo europeo per la pesca (FEP), rappresenta uno dei due principali mezzi utilizzati per tradurre in pratica la PCP. Esso prevede un’azione di finanziamento nei seguenti settori: relazioni internazionali, governance, raccolta di dati, consulenza scientifica, nonché controllo ed attuazione della PCP. Deploro tuttavia che non sia stata adottata la proposta di aumentare il livello potenziale di cofinanziamento al 60 per cento della spesa ammissibile, in particolare per le misure relative al monitoraggio delle attività della pesca e alla raccolta, gestione e uso di dati, in quanto l’autorizzazione di tale incremento sarebbe vantaggiosa per il settore della pesca del mio paese.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (EN) La modifica del regolamento (CE) n. 861/2006 istituisce il secondo dei due principali strumenti finanziari della politica comune per la pesca dopo il Fondo europeo per la pesca. Il cosiddetto “secondo strumento” prevede un’azione di finanziamento per la raccolta dei dati, le misure di controllo, la consulenza scientifica, nonché i sistemi di controllo e attuazione della politica comune per la pesca. è necessario chiarire la portata di alcune delle misure finanziate e migliorare la formulazione di taluni articoli. Inoltre, alla luce dell’esperienza, la Commissione ritiene che occorra apportare una serie di adeguamenti minori per far sì che le disposizioni del regolamento rispondano più efficacemente alle esigenze reali. Gli emendamenti che verranno presentati in relazione al regolamento (CE) n. 861/2006 dovrebbero promuovere un incremento dei tassi di cofinanziamento indicati relativi a finanziamenti comuni chiaramente definiti nel settore del diritto del mare.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. – L’azione finanziaria dell’Unione per l’attuazione della politica comune della pesca e in materia di diritto del mare offre la possibilità economica per l’attuazione della politica comune sulla pesca grazie al finanziamento mirato per quei settori che hanno bisogno di sviluppo e coordinamento in materia di diritto del mare, per questo ho votato a favore della relazione del collega Ferreira. La modifica del regolamento in questione aiuterà a rendere effettiva la politica comune e mobiliterà dei fondi per la pesca relativamente a raccolte dati, rapporti internazionali, ambiti tecnico-scientifici.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Mi sono espresso a favore. Il regolamento (CE) n. 861/2006, che istituisce un’azione finanziaria della Comunità per l’attuazione della politica comune della pesca e in materia di diritto del mare, è un importante strumento di finanziamento dell’UE per quanto riguarda le attività di pesca. Rappresenta uno dei due principali mezzi utilizzati – essendo l’altro il Fondo europeo per la pesca (FEP) – per tradurre in pratica la PCP. Esso prevede un’azione di finanziamento nei seguenti settori: relazioni internazionali, governance, raccolta di dati, consulenza scientifica, nonché controllo ed attuazione della politica comune della pesca. Per quanto concerne ciascuna sfera di attività, il regolamento si applica in combinato disposto con altri regolamenti o decisioni. Dall’adozione del regolamento (CE) n. 861/2006 vi è stata un’evoluzione in ordine a diversi aspetti della legislazione ad esso correlata, ragion per cui il regolamento deve essere modificato al fine di garantire la coerenza tra tutti gli elementi del quadro legislativo. La Commissione si propone altresì di chiarire la portata di alcune delle misure finanziate e di migliorare la formulazione di taluni articoli. Inoltre, alla luce dell’esperienza, essa ritiene che occorra apportare una serie di adeguamenti minori per far sì che le disposizioni del regolamento rispondano più efficacemente alle esigenze reali.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. – Il regolamento (CE) n. 861/2006, che istituisce un’azione finanziaria della Comunità per l’attuazione della politica comune della pesca e in materia di diritto del mare, è un importante strumento di finanziamento dell’UE per quanto riguarda le attività di pesca.
Tale documento costituisce inoltre uno dei due principali mezzi utilizzati per tradurre in pratica la politica comune della pesca. Esso prevede un’azione di finanziamento nei seguenti settori: relazioni internazionali, governance, raccolta di dati, consulenza scientifica, nonché controllo e attuazione della politica comune della pesca.
La risoluzione adottata oggi riconosce l’importanza di una gestione della pesca fondata su una conoscenza scientifica aggiornata e rigorosa dello stato delle risorse. Il documento riconosce la crescente importanza attribuita all’acquacoltura, attività che genera fondate prospettive di sviluppo di quest’attività, così come di altre ad essa connesse, e che giustifica l’introduzione della possibilità di applicare anche in tale settore le disposizioni in materia di raccolta, gestione e uso di dati ambientali, oltre che socioeconomici, consentendo così un controllo e un monitoraggio ambientali e sanitari del settore che contribuiranno alla sua sostenibilità.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) Il documento oggetto della votazione odierna si propone di adeguare le misure finanziarie per l’attuazione della politica della pesca all’evoluzione del quadro legislativo, ai cambiamenti in termini di esigenze reali e a un chiarimento giuridico in merito alle azioni da intraprendere, in particolare quelle inserite nella decisione 2000/439/CE non ancora accolte dal testo del regolamento n. 861/2006. Per quanto riguarda la raccolta di dati, la proposta del Parlamento reputa essenziale ampliare l’ambito di applicazione in modo da comprenderne anche la gestione e i termini di utilizzo. Inoltre, è indispensabile agevolare la conclusione di contratti pubblici con organismi internazionali e prevedere l’obbligo di disporre di informazioni dettagliate per la realizzazione di progetti comuni.
Sarebbe auspicabile incrementare il livello potenziale di cofinanziamento, in particolare delle misure per il monitoraggio delle attività di pesca e la raccolta, gestione e uso di dati, portandolo al 60 per cento della spesa ammissibile. L’acquacoltura è altrettanto importante, e i dati al riguardo dovrebbero porre l’accento gli ambiti sia socioeconomico sia ambientale. Inoltre, in questo settore si sta manifestando sempre più la necessità di utilizzare nuove tecniche, che presuppongono l’adeguamento e modernizzazione costanti delle tecniche esistenti.
Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Vorrei congratularmi col mio collega del gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica, onorevole Ferreira (PCP), per la sua relazione, che è stata oggi adottata dal Parlamento europeo con un’amplissima maggioranza.
La relazione conferma l’importanza di una gestione della pesca fondata su una conoscenza scientifica, aggiornata e rigorosa dello stato delle risorse. Si tratta di una condizione sine qua non per garantire uno sviluppo sostenibile delle attività di pesca. Alcuni degli emendamenti dell’onorevole Ferreira, ad esempio quelli che postulavano un incremento dei tassi di cofinanziamento (dal 50 per cento al 60 per cento) nell’area della raccolga, gestione e uso di dati scientifici sulle riserve ittiche, non sono stati purtroppo adottati.
La relazione è comunque una dimostrazione del contributo che il gruppo GUE/NGL riesce comunque a offrire alle discussioni del Parlamento europeo, e so che possiamo contare sull’onorevole Ferreira per il proseguimento della battaglia per una pesca sostenibile, con l’obiettivo di anteporre i pescatori su piccola scala ai grandi gruppi industriali del settore.
Iva Zanicchi (PPE), per iscritto. – Ho espresso un voto favorevole alla relazione del collega Ferreira volta a migliorare la gestione degli strumenti finanziari per la pesca che regolano il finanziamento di tutta una serie di attività tra le quali quelle tipicamente di controllo dell’esercizio della pesca. Ritengo dunque che l’accordo generale sul testo fra Consiglio e Parlamento europeo rappresenti un buon compromesso in tema di politica comune della pesca e in materia di diritto del mare.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Sono a favore della relazione. Credo che la finalità della relazione sia importante, in quanto si propone di estendere la durata degli accordi transitori di altri 18 mesi, fino al 1° gennaio 2013, di modo che il nuovo pacchetto di misure tecniche possa essere delineato come parte del proseguimento della politica comune per la pesca.
Regina Bastos (PPE), per iscritto. – (PT) Nel 2008 la mancanza di un accordo su un progetto di regolamento mirante a semplificare e chiarire la regolamentazione comunitaria in materia di conservazione delle risorse alieutiche ha fatto sì che fosse approvato un regolamento che istituisce un insieme di misure transitorie inizialmente previste per il periodo dal 1° gennaio 2010 al 30 giugno 2011.
La presente relazione, che appoggio, mira ad estendere la durata di validità del regime transitorio di altri 18 mesi cioè fino al 1° gennaio 2013, onde definire un nuovo insieme di misure tecniche nel quadro della riforma in corso della politica comune della pesca. Esorta inoltre la Commissione a sfruttare il nuovo periodo di proroga della validità dell’attuale regolamento per realizzare, con il contributo delle parti interessate, la valutazione dell’impatto delle misure in corso sui pescherecci che le applicano e sugli ecosistemi interessati. La Commissione dovrà infatti tener conto dei risultati di tale valutazione nell’elaborazione della nuova proposta di regolamento. Altrettanto importante è che la proposta futura della Commissione sulle misure tecniche definisca chiaramente le competenze del Consiglio e del Parlamento, in linea con la procedura legislativa ordinaria.
Slavi Binev (NI), per iscritto. – (BG) Ho votato a favore della proposta, in quanto l’assenza di un accordo sulla conservazione delle risorse alieutiche potrebbe produrre conseguenze indesiderate. La proposta di estendere di 18 mesi, vale a dire fino al 31 dicembre 2010, la validità del regolamento del Consiglio del 2009 che istituisce misure tecniche transitorie consentirà alla Commissione di redigere un nuovo pacchetto di misure tecniche che entrerà a far parte della riforma della politica comune per la pesca. Ritengo che gli emendamenti siano accettabili, in quanto la politica comune per la pesca deve, da un lato, preservare le risorse alieutiche e, dall’altro, essere vantaggiosa per i cittadini comuni, in questo caso i pescatori irlandesi su piccola scala. è questa la ragione per cui ritengo che occorra creare un equilibrio tra limiti di cattura, misure tecniche ed esigenze dei pescatori.
Françoise Castex (S&D), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione per l’importanza che associo alle misure tecniche, che determinano le attività dei pescatori e incidono sul futuro delle risorse alieutiche. Siamo tutti interessati a ripristinare l’equilibrio economico del settore, e pertanto a garantire un reddito dignitoso ai pescatori, con riserve ittiche rinnovabili e sostenibili.
Nessa Childers (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione per offrire un sostegno di lungo periodo al settore della pesca irlandese ed europeo. La pesca sostenibile deve essere il nostro principio ispiratore. Ho riscontrato molte argomentazioni forti a favore degli emendamenti Gallagher, ma alla fine ho deciso di votare come il mio gruppo ai fini della coesione politica.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Mi sono espressa a favore della relazione sulla pesca e che istituisce misure tecniche transitorie. Deploro tuttavia che la revoca proposta della decisione della Commissione che vieta la pesca di nasello o rana pescatrice utilizzando il tramaglio lungo la costa portoghese sia stata respinta senza studi scientifici che corroborassero tale posizione.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Nel 2008 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento del Consiglio concernente la conservazione delle risorse ittiche mediante misure tecniche; tale proposta mirava a sostituire un regolamento precedente. Poiché non era stata adottata alcuna proposta analoga, per ragioni di certezza del diritto e al fine di mantenere una conservazione e gestione adeguata delle risorse marine venne adottato il regolamento (CE) n. 1288/2009 che istituisce misure transitorie dal 1° gennaio alla fine di giugno 2011.
In ottemperanza agli obblighi derivanti dal trattato di Lisbona, nel 2010 la Commissione ha ritirato la propria proposta di regolamento del Consiglio concernente la conservazione delle risorse ittiche mediante misure tecniche. I principi di base che sottendono a tali misure tecniche dovrebbero ora essere incorporati in un nuovo regolamento di base sulla riforma della politica comune per la pesca, e si attende un’altra proposta in tal senso nel 2011. Poiché al momento non ci sono altre leggi in vigore in materia, si propone di estendere la validità di tale regolamento di altri 18 mesi, fino al 1° gennaio 2013. Considerando le argomentazioni che sono state avanzate in termini di certezza del diritto e tutela giuridica, ritengo che tale proroga meriti il nostro sostegno. Auspico che il periodo di tempo supplementare consenta una valutazione dell’impatto delle misure in vigore.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Il settore della pesca è cruciale per l’Unione europea, non solo per la questione alimentare, ma anche per l’ambiente, in quanto gli ecosistemi acquatici sono in pericolo. Poiché al Parlamento è nota l’importanza di questo settore, ne ha spesso fatto oggetto di discussione. Nel 2009 ha adottato la risoluzione A6-0206/2009 sulla necessità di conservare le risorse ittiche nell’Oceano Atlantico e nel Mare del Nord. Il regolamento in vigore, adottato nel 2008, istituisce una serie di misure transitorie che dovevano restare in vigore fino a giugno 2011, la data provvisoria di entrata in vigore di un nuovo quadro normativo per la politica comune per la pesca. Tuttavia, la Commissione non è stata in grado di presentare una proposta di regolamento, e sta pertanto chiedendo l’estensione della validità del presente regolamento fino al 1° gennaio 2013, data entro cui l’UE dovrebbe disporre di una legislazione da sottoporre al vaglio del Consiglio e del Parlamento, in linea con la procedura legislativa ordinaria prevista dal trattato di Lisbona. Tale legislazione si baserà su studi scientifici aggiornati, in modo da non compromettere le risorse marine del pianeta. Alla luce di ciò, concordo con la proroga dell’attuale regolamento fino al 1° gennaio 2013.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) L’esistenza di una normativa adeguata in termini di misure tecniche è uno strumento necessario per l’uso sostenibile e la conservazione adeguata delle risorse alieutiche. Nel 2008 la mancanza di un accordo su un progetto di regolamento mirante a semplificare e chiarire la regolamentazione comunitaria in materia di conservazione delle risorse alieutiche ha fatto sì che fosse approvato un regolamento che istituisce un insieme di misure transitorie inizialmente previste per il periodo dal 1° gennaio 2010 al 30 giugno 2011. La presente proposta legislativa mira ad estendere la durata di validità del regime transitorio di altri 18 mesi cioè fino al 1° gennaio 2013, onde definire un nuovo insieme di misure tecniche nel quadro della riforma in corso della politica comune della pesca, della quale la Commissione dovrà presentare una proposta nel corso del 2011.
Riteniamo che tale proroga non possa prescindere da una correzione delle lacune e dei problemi presentati dall’attuale legislazione. Purtroppo, la relatrice e la maggioranza del Parlamento, sulla scorta della posizione della Commissione, hanno impedito che ciò accadesse. Siamo in presenza di un caso di discriminazione scientificamente non giustificata contro una parte della flotta di pescherecci portoghesi su piccola scala, che esercita attività di pesca della sogliola e del nasello utilizzando il tramaglio, vietato dalle norme in vigore. Tale decisione avrà conseguenze economiche e sociali che potrebbero e dovrebbero venir evitate.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Nel 2008 la mancanza di un accordo su un progetto di regolamento mirante a semplificare e chiarire la regolamentazione comunitaria in materia di conservazione delle risorse alieutiche ha fatto sì che fosse approvato un regolamento che istituisce un insieme di misure transitorie inizialmente previste per il periodo dal 1° gennaio 2010 al 30 giugno 2011. La presente proposta legislativa mira ad estendere la durata di validità del regime transitorio di altri 18 mesi cioè fino al 1° gennaio 2013, onde definire un nuovo insieme di misure tecniche nel quadro della riforma in corso della politica comune della pesca, della quale la Commissione dovrà presentare una proposta nel corso del 2011.
Riteniamo che tale proroga non possa prescindere da una correzione delle lacune e dei problemi presentati dall’attuale legislazione. Purtroppo, la relatrice e la maggioranza del Parlamento, sulla scorta della posizione della Commissione, hanno impedito che ciò accadesse.
Siamo in presenza di un caso di discriminazione scientificamente non giustificata contro una parte della flotta di pescherecci portoghesi su piccola scala, che esercita attività di pesca della sogliola e del nasello utilizzando il tramaglio, vietato dalle norme in vigore. Tale decisione avrà conseguenze economiche e sociali che potrebbero e dovrebbero venir evitate.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. – “Basta con i rigetti in mare”, grida la Commissione. “Ascoltiamo l’industria” è il suo presunto slogan. E poi invece tenta di reimporre norme fondamentalmente sbagliate per altri 18 mesi. Non meno del 42 per cento delle catture della Scozia occidentale viene rigettato in mare a causa di queste norme. La votazione odierna si traduce in un proseguimento di questa situazione scandalosa per altri 18 mesi. Il London Labour ha dato retta alla Commissione: l’ennesimo, vergognoso tradimento delle nostre comunità costiere!
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione in quanto nel 2008 la mancanza di un accordo su un progetto di regolamento mirante a semplificare e chiarire la regolamentazione comunitaria in materia di conservazione delle risorse alieutiche ha fatto sì che fosse approvato un regolamento che istituisce un insieme di misure transitorie inizialmente previste per il periodo dal 1° gennaio 2010 al 30 giugno 2011. La presente proposta legislativa mira ad estendere la durata di validità del regime transitorio di altri 18 mesi cioè fino al 1° gennaio 2013, onde definire un nuovo insieme di misure tecniche nel quadro della riforma in corso della politica comune della pesca, della quale la Commissione dovrà presentare una proposta nel corso del 2011. La Commissione deve sfruttare il nuovo periodo di proroga della validità dell’attuale regolamento per realizzare, con il contributo delle parti interessate, la valutazione dell’impatto delle misure in corso sui pescherecci che le applicano e sugli ecosistemi interessati. La Commissione dovrà infatti tener conto dei risultati di tale valutazione nell’elaborazione della nuova proposta di regolamento per il periodo successivo al 1° gennaio 2013, la cui adozione avverrà nel quadro della procedura di codecisione a seguito dell’applicazione del trattato di Lisbona.
Elisabeth Köstinger (PPE), per iscritto. – (DE) L’estensione della validità del regolamento per la conservazione delle risorse alieutiche di altri 18 mesi ci dà la possibilità di analizzare e valutare l’impatto attuale su pescherecci ed ecosistemi della legislazione vigente. La proposta è pertanto molto gradita, in quanto consentirà di sfruttare al meglio le possibilità di miglioramento che sono state individuate. I risultati della valutazione potranno poi venir inseriti dalla Commissione nel processo di redazione di una nuova proposta di regolamento per la conservazione delle risorse alieutiche attraverso misure tecniche.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Mi sono espresso a favore della risoluzione ma, al fine di sostenere l’industria scozzese della pesca, vorrei che l’eglefino venisse escluso dal regolamento.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Nel 2008 la mancanza di un accordo su un progetto di regolamento mirante a semplificare e chiarire la regolamentazione comunitaria in materia di conservazione delle risorse alieutiche ha fatto sì che fosse approvato un regolamento che istituisce un insieme di misure transitorie inizialmente previste per il periodo dal 1° gennaio 2010 al 30 giugno 2011. La presente proposta legislativa mira ad estendere la durata di validità del regime transitorio di altri 18 mesi cioè fino al 1° gennaio 2013, onde definire un nuovo insieme di misure tecniche nel quadro della riforma in corso della politica comune della pesca, della quale la Commissione dovrà presentare una proposta nel corso del 2011. Pertanto, la Commissione deve sfruttare il nuovo periodo di proroga della validità dell’attuale regolamento per realizzare, con il contributo delle parti interessate, la valutazione dell’impatto delle misure in corso sui pescherecci che le applicano e sugli ecosistemi interessati.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – EN) Ho votato a favore. Nel 2008 la mancanza di un accordo su un progetto di regolamento mirante a semplificare e chiarire la regolamentazione comunitaria in materia di conservazione delle risorse alieutiche ha fatto sì che fosse approvato un regolamento che istituisce un insieme di misure transitorie inizialmente previste per il periodo dal 1° gennaio 2010 al 30 giugno 2011. La presente proposta legislativa mira ad estendere la durata di validità del regime transitorio di altri 18 mesi cioè fino al 1° gennaio 2013, onde definire un nuovo insieme di misure tecniche nel quadro della riforma in corso della politica comune della pesca, della quale la Commissione dovrà presentare una proposta nel corso del 2011.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. – Il mancato accordo sul progetto legislativo volto a semplificare e chiarire la regolamentazione comunitaria in materia di conservazione delle risorse alieutiche, nel corso del 2008, ha fatto sì che fosse approvato un regolamento che istituisce un insieme di misure transitorie inizialmente previste per il periodo dal 1° gennaio 2010 al 30 giugno 2011.
La proposta legislativa votata oggi mira ad estendere la durata di validità del regime transitorio di altri diciotto mesi, cioè fino al 1° gennaio 2013, con l’obiettivo di definire un nuovo insieme di misure tecniche nel quadro della riforma in corso della politica comune della pesca, sulla quale la Commissione dovrà presentare una proposta nel corso del 2011.
Il Parlamento europeo ha inoltre approvato la risoluzione A6-0206/2009 sulla proposta di regolamento del Consiglio relativa alla conservazione delle risorse alieutiche mediante misure tecniche nell’oceano Atlantico e nel Mare del Nord, il cui testo sottolinea l’importanza di un’appropriata suddivisione delle competenze tra il Consiglio, il Parlamento e la Commissione.
Con il voto odierno il Parlamento chiede che la futura proposta della Commissione sulle misure tecniche stabilisca gli elementi essenziali della regolamentazione che devono rientrare nelle competenze del Consiglio e del Parlamento conformemente alla codecisione.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) La proposta presentata durante la seduta plenaria odierna del Parlamento mira a estendere la durata di validità del regime transitorio istituito nel 2008 per la conservazione delle riserve ittiche. Dato che la legislazione in questione scade il 30 giugno 2011, questo pacchetto di misure dovrebbe essere prorogato di altri 18 mesi, fino a gennaio 2013. Pertanto, la Commissione deve sfruttare il nuovo periodo di proroga della validità dell’attuale regolamento per realizzare la valutazione dell’impatto delle misure in corso e di quelle di cui dovrà tener conto nell’elaborazione della nuova proposta di regolamento per il periodo successivo al 1° gennaio 2013, che si prevede verrà presentata nel corso del 2011.
Per quanto riguarda la revisione delle misure tecniche contenute nella legislazione, è essenziale prorogare fino al 31 dicembre 2012 l’uso del tramaglio lungo la costa a profondità comprese tra i 200 m e i 600 m per consentire ai pescherecci di continuare a catturare risorse ittiche di enorme importanza economica per la pesca nazionale portoghese, quali la rana pescatrice, in maniera sostenibile.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Voto a favore della relazione alla luce dei risultati dei negoziati, in particolare per quanto riguarda il tasso di aumento del 2,3 per cento rispetto al bilancio 2011, il finanziamento limitato a favore dell’edificio Konrad Adenauer in Lussemburgo e la revoca dell’unità di valutazione per il valore aggiunto, che ha garantito ulteriori riduzioni dell’ordine di 13,7 milioni di euro. I finanziamenti per far fronte alle esigenze dell’allargamento UE legate all’adesione della Croazia e all’adeguamento al trattato di Lisbona verranno integrati in una carta o bilancio rettificativo. Vorrei tuttavia sottolineare che, alla luce delle difficoltà economiche e finanziarie degli Stati membri e degli orientamenti per il bilancio 2012 adottati dal Parlamento, quest’ultimo ha espresso l’esigenza di mantenere la disciplina di bilancio e di tenere il proprio bilancio al di sotto del tasso di inflazione dei 27 Stati membri, nella convinzione che misure reali di risparmio ne garantiranno un funzionamento corretto ed efficiente. Ritengo tuttavia che, nel clima di austerità in cui sta vivendo l’UE, sia importante che anche gli eurodeputati moderino le spese.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Siamo all’inizio della procedura di votazione sul bilancio 2012. Spetta al Parlamento proporre una stima. Ritengo che la stima su cui abbiamo votato oggi sia equilibrata, e per questo l’ho appoggiata. Per la prima volta, il Parlamento ha proposto un aumento del bilancio (2,3 per cento) inferiore all’inflazione (2,8 per cento). In questo periodo di austerità finanziaria, mi sembra che tale manovra sia effettivamente necessaria. Inoltre, appoggio pienamente l’esigenza di studiare nuove opportunità di finanziamento per definire una strategia di bilancio a lungo termine. Attenderò le proposte della Commissione in materia.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione. Concordo sul fatto che l’attuale situazione finanziaria, economica e sociale dell’UE impone al Parlamento europeo e alle altre istituzioni europee di reagire con la qualità e l’efficienza richieste e di adottare procedure di gestione rigorose per mettere a segno dei risparmi. Il livello generale del progetto di stato di previsione del Parlamento europeo per il 2012 dovrebbe prevedere un incremento del 2,3 per cento rispetto al bilancio 2011, un valore inferiore al tasso di inflazione attuale del 2,8 per cento. In futuro, il Parlamento dovrà risparmiare di più e rendere più severe le procedure di gestione e monitoraggio.
Elena Băsescu (PPE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione Fernandes, che ci consente di esaminare con obiettività il bilancio 2012 del Parlamento europeo. Dovrà necessariamente essere un bilancio all’insegna della più severa austerità. è importante tenere anche conto dell’inflazione, il che significa che il bilancio 2012 prevede una riduzione delle somme disponibili. Tutte le voci di spesa devono essere giustificate e autorizzate. Le voci di spesa variabili devono essere elaborate come parte delle analisi costi-benefici in modo da evitare costi aggiuntivi futuri. Nel 2012 dobbiamo migliorare la situazione dei giovani. Gli obiettivi prescelti devono essere principalmente rivolti ai giovani. Mi preme precisare che i giovani devono essere aiutati ad accedere alla formazione professionale e a contrastare il tasso di abbandono degli studi. In tal senso, devono essere stanziati maggiori fondi per progetti mirati ai giovani, che necessitano di un sostegno per entrare nel mercato del lavoro.
Nessa Childers (S&D), per iscritto. – (EN) Appoggio la relazione in quanto crea condizioni di bilancio adeguate per il lavoro importante delle istituzioni europee durante questo periodo di crisi economica per i cittadini europei. Non mi sono tuttavia associata alla linea del gruppo su questioni quali il congelamento delle indennità degli eurodeputati e i viaggi aerei in business class per gli eurodeputati. L’ho ritenuto inappropriato in questo periodo di crisi in cui i lavoratori comuni sono sottoposti a tagli dolorosi.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) Voto a favore della relazione Fernandes sul bilancio del Parlamento e mi congratulo per il lavoro eccellente che ha svolto. Ci preme sottolineare gli sforzi messi in atto per garantire il rigore e l’austerità, in linea con le priorità stabilite dal relatore. Alla luce dell’aumento dei poteri del Parlamento in virtù del trattato di Lisbona, sarebbe ragionevole presupporre un aumento dei costi di gestione. Tuttavia, il bilancio 2012 del Parlamento rappresenta una riduzione in termini reali, con un incremento inferiore all’inflazione comunitaria, e con tagli dell’ordine di 49 milioni di euro rispetto alla proposta iniziale. Il bilancio adottato si è tenuto al di sotto del 20 per cento della rubrica 5, il che non accadeva da diversi anni. Il relatore si è anche dovuto battere contro la disinformazione e la demagogia. Alcune persone, hanno tentato di insinuare in mala fede che stava introducendo un aumento degli stipendi degli eurodeputati. Il Parlamento non ha competenza in materia: le retribuzioni dei deputati – che ammontano al 38,5 per cento dello stipendio di un magistrato del tribunale – vengono stabilite dal Consiglio e l’ammontare delle altre indennità viene deciso dall’Ufficio di presidenza e non dal Parlamento, e non può superare il livello di inflazione pubblicato da Eurostat. Inoltre, la linea di bilancio relativa ad assegni e pagamenti, compresi i fondi per la retribuzione degli stipendi degli eurodeputati, registra un incremento pari a soltanto lo 0,55 per cento rispetto al 2011.
Mário David (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione, e vorrei porre l’accento sul fatto che l’aumento previsto del 2,3 per cento del bilancio del Parlamento è inferiore alle previsioni dell’inflazione (2,8 per cento) per l’UE, il che si tradurrà in un taglio reale dello 0,5 per cento per il 2012. Mi preme tuttavia denunciare la demagogia associata a tre emendamenti proposti, il cui scopo consiste nel modificare le norme che disciplinano le trasferte degli eurodeputati dal loro paese di residenza al Parlamento e viceversa, e ho espresso voto contrario. Non mi piace sottrarmi alle mie responsabilità e ho fatto quindi ricorso al mio voto, anche se gli emendamenti erano così fuorvianti che sarei presumibilmente rientrato nelle numerose eccezioni che contenevano. Deploro inoltre la posizione assunta da determinati onorevoli che, sapendo da prima che una certa proposta non sarebbe stata adottata, hanno addossato ad altri la responsabilità di comportarsi in modo “politicamente scorretto”; lamento inoltre la posizione di altri che hanno “preferito” non partecipare alla votazione sui tre emendamenti in questione malgrado avessero preso parte a tutte le votazioni precedenti e successive. Inoltre, va precisato che, ai sensi dello statuto corrente, nessuno è obbligato a viaggiare in business class. Ciononostante, ogni settimana vedo deputati di tutti i partiti viaggiare in business class, anche nel volo per il Portogallo successivo alla votazione in questione; vi sono alcune rare eccezioni, non di singoli eurodeputati, bensì di viaggi sporadici.
Proinsias De Rossa (S&D), per iscritto. – (EN) Ho dato il mio avallo alla relazione che presenta l’opinione del Parlamento sulla spese necessarie per l’attuazione e amministrazione delle politiche per l’esercizio finanziario 2012. La relazione tenta di garantire un aumento degli stanziamenti che sia per lo meno in linea con l’inflazione, a causa delle spese cruciali per la politica sociale necessarie in questo periodo di disoccupazione crescente. La relazione propone un incremento massimo di bilancio del 2,3 per cento, inferiore al tasso di inflazione comunitario. Si tratta di più della metà della richiesta amministrativa originaria di un aumento del 5,2 per cento. Ho anche appoggiato numerosi emendamenti alla relazione che si opponevano agli aumenti degli stipendi e delle indennità degli europarlamentari.
Martin Ehrenhauser (NI), per iscritto. – (DE) Il Parlamento europeo è tenuto a spendere i soldi dei contribuenti in maniera appropriata e responsabile. In un periodo di crisi economica, è particolarmente importante gestire oculatamente il denaro dei contribuenti. Pertanto, è profondamente deplorevole che il Parlamento non sia disposto a impegnarsi a favore del risparmio, ad esempio viaggiando in classe economica sui voli più brevi di quattro ore.
Poiché il Parlamento ha perso nuovamente l’occasione di dimostrare ai cittadini europei il suo impegno chiaro a risparmiare, comportandosi in maniera responsabile con i fondi dei contribuenti e rinunciando ai propri privilegi, ho votato contro la relazione.
Lena Ek, Marit Paulsen, Olle Schmidt e Cecilia Wikström (ALDE), per iscritto. – (SV) Siamo ovviamente d’accordo con il parere espresso dalla commissione per il bilancio secondo cui il Parlamento europeo deve “mostrare il proprio senso della responsabilità e rigore di bilancio”, e accogliamo con favore la richiesta della relazione di gestire con “rigore ed efficienza” le risorse limitate. Tuttavia, poiché gli emendamenti concernenti il congelamento degli stipendi e delle indennità degli eurodeputati per il prossimo anno sono stati respinti – e l’esito della votazione è stata l’ennesima approvazione della costruzione di un edificio per l’amministrazione del Parlamento europeo in Lussemburgo, che costerà attorno ai 549 milioni di euro, secondo alcuni calcoli – non abbiamo potuto appoggiare la risoluzione nella sua versione attuale. Abbiamo pertanto scelto di astenerci dalla votazione finale.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione sullo stato di previsione delle entrate e delle spese del Parlamento europeo per l’esercizio 2012 – Sezione I – Parlamento. Deploro tuttavia che, nella crisi in corso, il Parlamento non se la sia sentita di dare l’esempio e abbia respinto le proposte di revisione del regime attuale delle retribuzioni degli europarlamentari, nonché le proposte di non aggiornare gli stipendi e le indennità nel 2012.
Göran Färm, Anna Hedh, Olle Ludvigsson, Marita Ulvskog e Åsa Westlund (S&D), per iscritto. – (SV) Durante i negoziati sul bilancio del Parlamento per il 2012, ci siamo battuti per ridurre sensibilmente la proposta originaria del 5,7 per cento. Il risultato finale è stato il 2,3 per cento, che rappresenta una riduzione reale del bilancio rispetto all’inflazione.
Anche se si tratta di un enorme passo nella giusta direzione, non siamo comunque completamente soddisfatti. Riteniamo che si potessero individuare altre possibilità di risparmio. Per tale motivo, abbiamo inserito nei negoziati una proposta che è stata ora accolta con ampio consenso da tutto il Parlamento. In questa proposta, chiediamo una revisione più a lungo termine della spesa del Parlamento. Da troppo tempo si registra in seno al Parlamento la tendenza a prendere nuove decisioni con conseguenze finanziarie di lungo periodo senza tener conto del quadro generale. Il Parlamento non può semplicemente prendere ogni anno delle decisioni sugli aumenti dei costi senza cercare contemporaneamente di trovare un modo per finanziarli riorganizzando le priorità e migliorando l’efficienza.
Infine, vorremmo anche sottolineare il fatto che siamo a favore di una revisione dei costi delle indennità di trasferta degli eurodeputati e di altre indennità. Tuttavia, non si può decidere di apportare delle modifiche a tali voci riducendo semplicemente gli stanziamenti di bilancio. Occorre una modifica dello statuto dei deputati, un intervento su cui ci impegneremo e che sosterremo in un contesto futuro.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Il bilancio 2012 viene discusso in un momento in cui molti Stati membri denunciano una necessità estrema di rigore e austerità di bilancio. Pertanto, il bilancio per la gestione del Parlamento dovrebbe, come precisa il relatore: “reagire con la qualità e l’efficienza necessarie e ad applicare procedure di gestione rigorose in modo da realizzare risparmi”. I cittadini europei, a cui viene chiesto di fare sacrifici nel proprio paese, non comprenderebbero un atteggiamento dell’UE non improntato al rigore e all’efficienza nella gestione delle proprie risorse. Il pubblico ci sta pertanto chiedendo di gestire in maniera adeguata le risorse a noi assegnate e di realizzare risparmi ovunque sia possibile. La relazione del mio collega Fernandes si muove proprio in questa direzione. Per ragioni etiche, soprattutto nel momento in cui chiediamo al popolo europeo, e soprattutto ai portoghesi, di fare dei sacrifici, ho deciso di non votare per nessun emendamento che incida sullo stato della mia retribuzione o sull’esecuzione dei miei doveri di europarlamentare.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Benché la crisi del capitalismo abbia colpito duramente i lavoratori e la popolazione in generale e le misure di austerità penalizzino proprio i meno abbienti, i bilanci comunitari non hanno rispecchiato l’esigenza di cambiare rotta per quanto riguarda le politiche responsabili della crisi nell’UE. La relazione non riporta orientamenti per il bilancio generale dell’UE, che tuttavia non può prescindere dalla situazione attuale.
Oltre alle perplessità espresse durante la discussione in plenaria, temiamo che il quadro proposto aumenti la precarietà del posto di lavoro, esacerbando la situazione dei lavoratori che si ritrovano senza un contratto di assunzione a tempo indeterminato dopo decenni di servizio; temiamo inoltre che si moltiplichino i “trasferimenti” di molti lavoratori nelle agenzie di lavoro interinale. Per questa ragione respingiamo le proposte di emendamento che, difendendo i risparmi in seno al Parlamento, aprono la strada alla precarietà.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione sul bilancio del Parlamento rispecchia le contraddizioni che caratterizzando molte delle forze politiche qui rappresentate. Benché non siano riportate le linee guida per il bilancio comunitario, le stesse non possono essere disgiunte dalle politiche di base che ne determinano il destino.
Benché comprenda degli adeguamenti della spesa del Parlamento riducendo la fornitura esterna di servizi e altre spese minori, purtuttavia aumentando le rubriche relative alle indennità e alle spese di trasferta, la Sezione I – Parlamento dello stato di previsione per il 2012 rappresenta un incremento del 2,3 per cento rispetto alla medesima sezione del bilancio 2011.
Temiamo che il quadro proposto aumenti la precarietà del posto di lavoro, esacerbando la situazione dei lavoratori che si ritrovano senza un contratto di assunzione a tempo indeterminato dopo decenni di servizio; temiamo inoltre che si moltiplichino i “trasferimenti” di molti lavoratori nelle agenzie di lavoro interinale. Per questa ragione respingiamo le proposte di emendamento che, difendendo i risparmi in seno al Parlamento, aprono la strada alla precarietà, e cercano di promuovere il finanziamento dei partiti europei e delle fondazioni politiche europee, anche se riteniamo che gli eurodeputati dovrebbero dare l’esempio cambiando la loro situazione finanziaria, e abbiamo quindi votato contro un incremento sostanziale degli stipendi.
Per le suddette ragioni, abbiamo votato contro la relazione.
Louis Grech (S&D), per iscritto. – (EN) Per quanto riguarda la relazione Fernandes, anche se in linea di principio avrei votato a favore degli emendamenti nn. 13 e 15, mi sono astenuto per una ragione tecnica. In sostanza, lo stipendio degli europarlamentari è disciplinato dallo statuto dei deputati, mentre la revisione o l’aggiornamento delle retribuzioni degli europarlamentari richiedono una modifica dello statuto dei deputati e non possono essere ottenuti mediante una votazione in plenaria sul bilancio comunitario annuale per un dato esercizio finanziario.
Catherine Grèze (Verts/ALE), per iscritto. – (FR) Mi sono espressa a favore dell’emendamento n. 15 che si propone di non aumentare gli stipendi e le indennità dei deputati a causa della crisi.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore di questa relazione in quanto l’attuale situazione finanziaria, economica e sociale nell’Unione europea obbliga le istituzioni a reagire con la qualità e l’efficienza necessarie e ad applicare procedure di gestione rigorose in modo da realizzare risparmi. è chiaro che le istituzioni dovrebbero essere dotate di risorse sufficienti ma, visto il contesto economico attuale, le stesse devono essere gestite con rigore ed efficienza. Ritengo inoltre che il Parlamento debba risparmiare di più e rendere più rigorose le procedure di gestione e monitoraggio. Dobbiamo continuare a modernizzare e razionalizzare l’amministrazione, diminuendo la dipendenza da servizi esterni e applicando una rigorosa gestione delle risorse umane; inoltre, tutte le istituzioni devono compiere ogni sforzo possibile per limitare le spese nell’elaborazione dei propri stati di previsione per il progetto di bilancio 2012, un contributo considerevole per risparmiare il denaro dei contribuenti.
Anneli Jäätteenmäki (ALDE), per iscritto. – (FI) In questi giorni gli Stati membri dell’UE dovranno prendere decisioni difficili concernenti i loro bilanci nazionali. Le spese sono soggette a esame, e noi dobbiamo fare lo stesso nell’UE.
Sono contrario ad aumentare il bilancio dell’Unione: dovremmo piuttosto ridurlo. In una congiuntura economica difficile, non è opportuno che il Parlamento europeo programmi un incremento della spesa del 2,3 per cento per il prossimo anno. Dobbiamo individuare più aree in cui risparmiare nel generoso bilancio annuale del Parlamento che ammonta a 1,7 miliardi di euro. Occorre congelare i progetti relativi alla Casa della storia europea. Per quanto riguarda il rally Strasburgo-Bruxelles, tale spostamento costa ai contribuenti europei circa 200 milioni di euro l’anno, tanto quanto il bilancio annuale della Corte europea per i diritti dell’uomo. Il gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, che rappresenta i partiti di centro e liberali in seno al Parlamento europeo, è stato finora l’unico dei gruppi politici del Parlamento ad aver affermato che si dovrebbe smettere di utilizzare la sede di Strasburgo. Esorto gli altri gruppi parlamentari e, soprattutto, gli Stati membri dell’UE, a cui spetterà la decisione effettiva, di pretendere lo stesso.
Anne E. Jensen (ALDE), per iscritto. – (DA) Il Venstre-Danmarks Liberale Parti ha votato contro l’emendamento 3 della relazione Fernandes sullo stato di previsione delle entrate e delle spese del Parlamento europeo per l’esercizio 2012. Il Venstre-Danmarks Liberale Parti è a favore della riduzione dei costi delle trasferte del Parlamento, ma è importante che gli europarlamentari possano cambiare i loro biglietti con un preavviso anche breve. La proposta non tiene conto di questo aspetto.
Constance Le Grip (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore dello sullo stato di previsione delle entrate e delle spese del Parlamento europeo per l’esercizio 2012, e sono lieta che sia stato mantenuto al di sotto del livello di inflazione, in quanto abbiamo così trasmesso un messaggio di responsabilità ai nostri concittadini. In questo periodo caratterizzato da una notevole austerità di bilancio, è importante che il Parlamento europeo dia l’esempio in termini di gestione e metta a segno risparmi ovunque sia possibile. Desidero esprimere la mia perplessità e le mie riserve sul modo in cui è stato finora gestito il progetto della Casa della storia europea. Pur condividendo l’obiettivo di dare vita a un luogo in cui il pubblico possa ricevere informazioni sulle fasi salienti dell’integrazione europea dalla fine della seconda guerra mondiale, rimango tuttavia attonita di fronte alla relativa approssimazione con cui vengono quantificati gli investimenti necessari e i costi di gestione provvisori e mi preoccupa inoltre la scarsa trasparenza che caratterizza alcune procedure decisionali. Mi sono pertanto astenuta su un emendamento presentato dal gruppo Europa della Libertà e della Democrazia che chiede l’abolizione incondizionata del progetto. Ho tuttavia votato a favore di un emendamento presentato dal gruppo del Partito Popolare Europeo (Democratico Cristiano) che introduce una maggiore trasparenza e responsabilità nella gestione della questione e che richiede un controllo parlamentare adeguato.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Mi sono espresso contro la risoluzione, in quanto non posso appoggiare un aumento del 2,3 per cento del bilancio del Parlamento in un periodo in cui il Consiglio ha approvato tagli del 4,4 per cento e la Commissione ha deciso di limitare l’aumento delle spese amministrative all’1 per cento.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) La crisi che ha sconvolto il mondo e le condizioni economiche e di bilancio difficili che si riscontrano negli Stati membri inducono il Parlamento a dare prova di responsabilità e rigore di bilancio nell’esercizio finanziario 2012, senza tuttavia pregiudicare gli obiettivi ambiziosi che si è posto, tra cui l’eccellenza legislativa. Il bilancio del Parlamento per il prossimo anno aumenterà meno del tasso di inflazione. Il bilancio dovrebbe ammontare a 1 725 miliardi di euro, vale a dire un incremento del 2,3 per cento nel 2012, una percentuale inferiore al tasso di inflazione del 2,8 per cento previsto per i 27 paesi membri dell’UE. è questo tipo di preoccupazione che dovrebbe essere sempre presente all’atto di trattare i bilanci comunitari, di modo che tutti i cittadini degli Stati membri possano avere voce in capitolo nella politica comunitaria e trovare in essa un riscontro adeguato dei loro contributi.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Vorrei innanzi tutto complimentarmi col relatore per il lavoro svolto. Riguarda una questione che, pur essendo sempre impellente, lo è ancora di più nel periodo di turbolenza in cui ci troviamo al momento. Le condizioni economiche e di bilancio in cui si ritrovano attualmente tutti gli Stati membri non sono aliene a questo Parlamento, che nell’esercizio finanziario 2012 dovrebbe dare prova di responsabilità e rigore di bilancio pur mantenendo il livello di qualità del proprio operato. Il bilancio è stato tagliato del 2,3 per cento in termini reali rispetto al bilancio 2011, ed è stato oggetto di un taglio complessivo di 48,9 milioni di euro rispetto alle stime proposte. I tagli sono derivati in primo luogo dalla riduzione della spesa per gli edifici. Mi preme porre l’accento sull’interesse dimostrato dal relatore nei confronti dei giovani, interesse condiviso dal suo intero gruppo. A tal fine, il relatore propone di ridurre di 100 milioni di euro il tetto massimo della rubrica 5 del quadro finanziario pluriennale per il 2012 e di approvare un incremento analogo delle altre rubriche che favoriscono i giovani. Si tratta di una relazione bilanciata che tiene conto delle restrizioni di bilancio necessarie in un periodo di crisi, e che mantiene le condizioni utili per un operato ricco di risultati e di buona qualità. Per questo ho votato a favore della relazione.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione, in quanto ritengo che, nell’attuale situazione di crisi, il Parlamento e le rimanenti istituzioni comunitarie debbano agire con responsabilità e autocontrollo, ricorrendo a processi di bilancio rigorosi per promuovere l’ottimizzazione delle risorse e risparmiare. Mi preme esprimere pubblicamente il mio apprezzamento per il lavoro eccellente svolto dal relatore, il mio collega onorevole Fernandes.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Ho votato contro. Le ragioni sono che non sono stati messi a segno risparmi in nessuna linea di bilancio, la spesa è stata spesso semplicemente rinviata al 2013, la nostra richiesta di ridurre i costi delle trasferte è probabilmente destinata a non essere accolta, e la procedura negoziale della relazione non è stata trasparente ed è stata tesa ad escludere i gruppi più piccoli con opinioni più critiche a proposito degli aumenti di bilancio proposti.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. – La relazione adottata oggi mira a favorire una rigorosa gestione delle risorse, in una prospettiva di contenimento della spesa pubblica. Nel contesto delle ben note difficoltà nelle quali versano le finanze pubbliche degli Stati membri, è necessario ridurre i costi mantenendo il loro incremento al di sotto dell’attuale tasso di inflazione. Va pertanto accolta con favore la riduzione dell’ammontare complessivo. Le risorse aggiuntive necessarie per far fronte alle esigenze del trattato di Lisbona e del futuro allargamento dovrebbero essere individuate mediante gli strumenti rettificativi del bilancio in una fase successiva.
Peter Skinner (S&D), per iscritto. – (EN) Mi sono astenuto dalla votazione finale sulla relazione in quanto, in un periodo di austerità che caratterizza tutta l’Unione europea, mi sembra assurdo avallare progetti quali la Casa della storia europea. Si tratterà anche di un progetto di valore, ma di sicuro il Parlamento, che rappresenta il popolo, darebbe prova di negligenza se approvasse tale spesa in un periodo come questo.
Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. – (NL) Mi sono espresso contro lo stato di previsione delle entrate e delle spese del Parlamento europeo per l’esercizio 2012, in quanto la risoluzione contiene una serie di aspetti che non condivido. Mi oppongo all’ennesimo aumento del bilancio del Parlamento. Il Parlamento ci vuole convincere che si tratta di un taglio del bilancio, quando in realtà si tratta di una diminuzione della curva delle risorse utilizzate. In questo periodo di crisi e tagli, ritengo che il congelamento della spesa potrebbe essere una misura più appropriata. Gli emendamenti presentati da alcuni parlamentari che propongono di attenersi a un comportamento più parsimonioso (evitando di volare in business class su voli di una durata inferiore a quattro ore, congelando le spese di segretariato eccetera) sono stati tutti respinti, con mio rammarico.
Inoltre, ho votato a favore dell’abolizione del progetto della Casa della storia europea, non perché lo ritenga poco interessante o importante, ma perché non credo che un siffatto progetto debba essere finanziato dal Parlamento con le risorse provenienti dal suo stesso bilancio. Inoltre, i costi del progetto in programma per Bruxelles sfuggono a qualsiasi controllo. Per questa ragione, mi sono espresso a favore dell’emendamento che ribadisce chiaramente che occorre prestare maggiore attenzione al centro di costo.
Catherine Stihler (S&D), per iscritto. – (EN) Alla luce delle misure rigorose di austerità attualmente in vigore in tutti gli Stati membri, ritengo inappropriato stanziare fondi a favore di una Casa della storia europea proprio in questo periodo, per questo ho votato contro la relazione.
Michèle Striffler (PPE), per iscritto. – (FR) Nella votazione sulla relazione Fernandes sullo stato di previsione delle entrate e delle spese del Parlamento europeo per l’esercizio 2012 era essenziale tener conto delle attuali difficoltà economiche e di bilancio. Pertanto, il progetto iniziale della relazione, che prevedeva la realizzazione di una Casa della storia europea con costi di gestione esorbitanti, era assolutamente contrario alla mia profonda convinzione della necessità di mantenere un rigore assoluto di bilancio nella gestione di fondi pubblici. Pertanto, occorre identificare chiaramente tutte le garanzie finanziarie relative al progetto prima di iniziare i lavori. Le istituzioni europee devono attenersi alla disciplina di bilancio, specialmente nell’attuale crisi economica.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) Alla luce delle condizioni economiche e di bilancio difficili che si riscontrano negli Stati membri, il Parlamento dovrebbe dare prova di responsabilità e rigore di bilancio nell’esercizio finanziario 2012, senza tuttavia pregiudicare il proprio obiettivo dell’eccellenza legislativa. Il bilancio in questione è stato tagliato del 2,3 per cento in termini reali rispetto al bilancio 2011, e ha subito tagli per un totale di 48,9 milioni di euro rispetto alle stime proposte. Tali tagli sono riconducibili soprattutto alla riduzione delle spese per gli edifici, per il costo dei 18 nuovi europarlamentari e per l’adesione della Croazia. Gli ultimi due punti saranno oggetto di un bilancio rettificativo in un secondo momento. Gli investimenti a favore dei giovani sono una priorità attuale chiave per il gruppo del Partito Popolare Europeo (Democratico Cristiano).
A tal fine, il relatore propone di abbassare di 100 milioni di euro il tetto massimo della rubrica 5 del quadro finanziario pluriennale per il 2012, e di aumentare del medesimo importo altre rubriche che favoriscono i giovani. Infine, mi preme sottolineare che l’abolizione della linea di bilancio per la Casa della storia europea non ne comprometterà la fattibilità, in quanto la somma verrà stornata a un’altra rubrica, in linea con un processo trasparente che ha avuto l’avallo dell’autorità di bilancio.
Angelika Werthmann (NI), per iscritto. – (DE) La relazione Fernandes sul bilancio del Parlamento UE per l’esercizio finanziario 2012 contiene risparmi, piani di spesa prudenti e un grado massimo possibile di trasparenza nell’impiego dei finanziamenti di bilancio, oltre al sostegno delle politiche ambientali in corso e alla fornitura continua di informazioni ai cittadini europei. Tuttavia, da un lato è difficile comprendere il motivo per cui non si sia formata una maggioranza a favore del congelamento della spesa per i costi d’ufficio relativi al 2012 e, dall’altro, i livelli di spesa della Casa della storia europea sono eccessivamente elevati e devono essere urgentemente rivisti alla luce dell’attuale crisi strutturale.
Iva Zanicchi (PPE), per iscritto. – Ho espresso un voto favorevole alla relazione di iniziativa del collega Fernandes in tema di previsione delle entrate e delle spese per il 2012. Concordo pienamente con gli obiettivi indicati nel testo adottato, ovvero una rigorosa gestione delle risorse umane prima di effettuare nuove assunzioni, una maggiore sicurezza all’interno Parlamento europeo, una strategia digitale per le reti sociali e la realizzazione di un servizio wi-fi, nonché una strategia immobiliare volta a gestire con maggiore oculatezza le spese per gli edifici del Parlamento.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Voto a favore di questa risoluzione, che si propone di modificare il regolamento (CE) n. 1924/2006 del Parlamento e del Consiglio relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari, che sono state autorizzate solo dalla Commissione conformemente a questo regolamento. Voto a favore della risoluzione perché concerne un’indicazione sulla salute contenuta nell’elenco delle indicazioni consentite per quanto riguarda l’uso di latte per l’infanzia in bambini dai sei mesi di età, da quando è stata riscontrata l’aggiunta di acido docosaesaenoico (DHA) al latte formulato.
Roberta Angelilli (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, sostengo la proposta di risoluzione concernente le indicazioni sulla salute riportate sui prodotti alimentari destinati ai bambini. La salute dei più piccoli ha bisogno di essere maggiormente tutelata da tutte quelle indicazioni alimentari, a volte fuorvianti, che vengono riportate sui prodotti e che inducono ad acquistarli solo perché millantano di avere un effetto nutrizionale o fisiologico benefico. È necessario garantire al consumatore la veridicità delle indicazioni e che i prodotti immessi sul mercato siano sicuri e adeguatamente etichettati, in modo da dare ai consumatori le informazioni necessarie affinché compiano scelte nella piena consapevolezza dei fatti e per creare condizioni paritarie di concorrenza nell'industria alimentare.
Attualmente, in alcuni Stati membri, vi è una vasta gamma di indicazioni utilizzate nell'etichettatura e nella pubblicità degli alimenti che fanno riferimento a sostanze il cui effetto benefico non è ancora stato dimostrato, o in merito al quale non esiste allo stato un consenso scientifico sufficiente. Pertanto, è necessario garantire che le sostanze per le quali è fornita un'indicazione benefica vengano sottoposte a prove scientifiche e degli studi condotti dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA).
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Questa risoluzione concerne l’autorizzazione e il rifiuto dell’autorizzazione di determinate indicazioni sulla salute, riportate sui prodotti alimentari, che si riferiscono allo sviluppo e alla salute dei bambini. Ho votato contro la risoluzione proposta in plenaria, poiché ritengo fondamentale che le indicazioni riguardanti i bambini di età compresa tra i sei e i dodici mesi possano essere definite e convalidate scientificamente dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA).
Izaskun Bilbao Barandica (ALDE), per iscritto. – (ES) Ho votato contro questa iniziativa perché, conformemente alla procedura stabilita dal regolamento (CE) n. 1924/2006, dal parere degli esperti trasmesso alla Commissione non è possibile trarre l’indicazione sulla salute secondo cui l’assunzione di acido docosaesaenoico (DHA) contribuisce al normale sviluppo visivo dei bambini di età compresa tra i sei e i dodici mesi.
Inoltre, una relazione pubblicata nel giugno del 2010 sul British Medical Journal indicava che dieci anni dopo essere stati alimentati con latte in formula arricchito con DHA, i bambini erano più pesanti e avevano valori di pressione arteriosa più alti. Non esiste un chiaro consenso scientifico sugli effetti che il latte formulato arricchito con DHA produce sui bambini, il che è incompatibile con i requisiti stabiliti dagli articoli 5 e 6 del regolamento in questione.
Dato che l’indicazione è incompatibile con l’obiettivo e il contenuto del progetto di regolamento, ho votato contro la sua adozione.
Jan Březina (PPE), per iscritto. – (CS) Concordo sul fatto che l’indicazione secondo cui “l’assunzione di acido docosaesaenoico (DHA) contribuisce al normale sviluppo visivo dei bambini fino ai 12 mesi di età” dovrebbe essere aggiunta all’elenco dell’Unione europea di indicazioni sulla salute consentite, conformemente con il regolamento proposto dalla Commissione. Le prove scientifiche generalmente accettate indicano che non solo il DHA presente nel latte materno, ma anche il DHA sintetico aggiunto a prodotti a base di latte per l’infanzia e ad altri alimenti destinati ai neonati, favorisce lo sviluppo visivo dei bambini. Rifiutando l’inserimento del DHA nell’elenco dell’Unione di indicazioni sulla salute, potremmo stabilire un precedente pericoloso che rischierebbe di vanificare il lavoro dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare, semplicemente perché qualsiasi indicazione sulla salute relativa a qualsivoglia sostanza che sia stata sottoposta al complesso e rigoroso processo di valutazione della suddetta autorità potrebbe scontrarsi con un veto motivato da ragioni ideologiche.
Cristian Silviu Buşoi (ALDE), per iscritto. – (RO) Ho appoggiato questa risoluzione e credo che le indicazioni sulla salute possano influenzare le scelte dei consumatori, motivo per il quale queste indicazioni devono essere utilizzate in modo responsabile, sulla base di valutazioni scientifiche del più alto livello. È sicuramente vero che la presenza di DHA nel latte materno ha un effetto positivo sullo sviluppo dei bambini fino ai 12 mesi di età. Ciò non significa però automaticamente che il DHA sintetico, aggiunto ad altre forme di latte per l’infanzia, abbia lo stesso effetto. Nel latte materno, il DHA contiene altri coenzimi e cofattori che producono congiuntamente questo effetto sullo sviluppo visivo. Attualmente non esiste un consenso scientifico sugli effetti positivi che il latte arricchito con DHA produce sui bambini. Ritengo pertanto che sia prematuro da parte nostra autorizzare l’uso di tale indicazione fino a quando non disporremo di prove scientifiche tangibili. Questo tipo di indicazione sulla salute può fuorviare i consumatori e produrre effetti indesiderati sulla salute dei loro figli.
Nessa Childers (S&D), per iscritto. – (EN) Deploro l’esito della votazione odierna che, per soli pochi voti di scarto, respinge l’obiezione sollevata nei confronti di un’indicazione sulla salute fuorviante, utilizzata da un importante produttore di latte per l’infanzia. È una sconfitta per le famiglie con bambini piccoli. Sono delusa che molti eurodeputati conservatori su questo tema si siano schierati dalla parte degli interessi della grande industria. Questo voto apre la porta ad un marketing ancora più aggressivo dei prodotti alimentari, non corroborato da prove scientifiche certe. Il DHA è naturalmente presente nel latte materno e favorisce lo sviluppo visivo dei bambini, ma la situazione è diversa per il DHA sintetico aggiunto al latte in formula. Dato che le prove scientifiche non sono ancora probanti, non possiamo permettere che i genitori siano ingannati. La salute dei bambini è troppo importante per essere lasciata nelle mani dell’ufficio marketing di una multinazionale. L’esito risicato dell’odierna votazione del Parlamento, che ha scelto di non respingere l’indicazione, è molto deludente.
Marielle De Sarnez (ALDE), per iscritto. – (FR) Noi non volevamo che l’indicazione che afferma che l’acido docosaesaenoico (DHA), un acido grasso presente nel latte materno, contribuisce al normale sviluppo visito dei bambini, comparisse sui prodotti per l’infanzia. Non esistono dati scientifici a sostegno del parere espresso dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), su cui si è basata la Commissione europea per proporre l’autorizzazione a fare comparire questa indicazione sui prodotti alimentari destinati ai bambini. Era pertanto necessario applicare il principio di precauzione e conseguentemente non autorizzare l’indicazione. Purtroppo però, per soli 8 voti, il Parlamento ha deciso di accettare la proposta della Commissione. Una decisione che ripropone il tema dell’indipendenza e della correttezza delle valutazioni dell’EFSA.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della risoluzione concernente “l’autorizzazione e il rifiuto dell’autorizzazione di determinate indicazioni sulla salute, riportate sui prodotti alimentari, che si riferiscono allo sviluppo e alla salute dei bambini”, in quanto non esistono prove scientifiche generalmente accettate che dimostrino che l’acido docosaesaenoico (DHA) aggiunto al latte in formula e ad altri alimenti destinati ai bambini, che è diverso da quello del latte materno, contribuisce allo sviluppo visivo dei bambini. Ritengo pertanto che fino quando non ci saranno studi probanti, l’indicazione nutrizionale non dovrebbe essere autorizzata.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Il problema delle indicazioni potenzialmente accettabili sulle etichette o della pubblicità nel settore dei generi alimentari è molto importante perché può ingenerare false aspettative o l’adozione di comportamenti del tutto privi di qualsiasi base scientifica. Alla luce di ciò, qualsiasi indicazione che si aggiunga all’elenco delle indicazioni sulla salute consentite dovrebbe essere considerata alla luce dello stato dell’arte più recente in materia scientifica, in modo che possa essere adeguatamente dimostrata. La Commissione sostiene che in questo caso le cose stiano proprio così, ritiene infatti che esistano le prove che dimostrano che “l’assunzione di acido docosaesaenoico (DHA) contribuisce al normale sviluppo visivo dei bambini fino ai 12 mesi di età”.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) La presente risoluzione del Parlamento europeo riguarda il progetto di regolamento presentato dalla Commissione sull’autorizzazione e il rifiuto dell’autorizzazione di determinate indicazioni sulla salute, riportate sui prodotti alimentari, riguardanti la riduzione del rischio di malattie o la salute e lo sviluppo dei bambini. L’alimentazione del pubblico in generale e dei bambini in particolare merita la massima attenzione da parte di tutti gli organismi europei, in quanto sono in gioco la crescita sana e la qualità della vita degli esseri umani. La promozione di prodotti alimentari mediante le indicazioni può fuorviare i consumatori e contraddire i pareri scientifici. Tenuto conto delle argomentazioni esposte dal relatore su questo tema, delicato quanto importante, voto contro questo progetto di regolamento, in quanto ritengo che non tuteli sufficientemente la salute pubblica, soprattutto quella dei bambini.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il presente documento si pronuncia in senso contrario all’adozione del progetto di regolamento proposto dalla Commissione concernente “l’autorizzazione e il rifiuto dell’autorizzazione di determinate indicazioni sulla salute, riportate sui prodotti alimentari, che si riferiscono allo sviluppo e alla salute dei bambini”, in quando non compatibile con l’obiettivo e il contenuto del regolamento relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari.
Riguarda principalmente i problemi derivanti dall’aggiunta, con vari metodi, di acido docosaesaenoico (DHA) al latte materno, nel quale contribuisce allo sviluppo visivo dei bambini fino ai 12 mesi di età.
Le prove scientifiche generalmente accettate indicano tuttavia che gli effetti di questo stesso DHA sintetico aggiunto al latte in formula e ad altri alimenti destinati ai bambini non sono chiari. In altri termini, non esiste un chiaro consenso scientifico sugli effetti che il latte formulato arricchito con DHA produce sui bambini in un ambiente biologico diverso da quello del latte materno, che sia usato nel latte in formula o in altri alimenti per bambini. Per questi motivi siamo contrari all’adozione del progetto di regolamento della Commissione.
Elisabetta Gardini (PPE), per iscritto. − Purtroppo oggi abbiamo perso un'occasione importante per ribadire che in nessun modo si dovrebbe scoraggiare l’allattamento al seno, tanto meno con un profilo nutrizionale che dovrebbe dare delle informazioni certe. Non vi sono infatti prove scientifiche concordi a sostegno di eventuali benefici per lo sviluppo della vista che deriverebbero dall'aggiunta di DHA alle formule per lattanti Ho sostenuto la risoluzione ritenendola perfettamente in linea con lo spirito del codice internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte elaborato dall’Organizzazione mondiale della Sanità. Tale codice, infatti, tra le altre cose, intende assicurare che non ci sia alcuna forma di pubblicità o altra forma di promozione al pubblico dei prodotti sostitutivi del latte materno. È riconosciuto che l'allattamento al seno ha delle ricadute positive sia sulla salute del bambino che su quella della madre riducendo il rischio di tumore mammario. Inoltre, alcune recenti ricerche riportate dall'UNICEF, come anche dalla Società italiana di medicina prenatale sottolineano che le morti neonatali potrebbero diminuire del 22% se i bambini venissero allattati al seno. Tanta energia messa in campo per promuovere il latte artificiale avrei preferito vederla a sostegno delle madri che sarebbero ben felici di allattare i propri figli se ricevessero gli aiuti necessari.
Françoise Grossetête (PPE), per iscritto. – (FR) I prodotti per l’infanzia, come il latte in formula, devono potere riportare indicazioni se sono stati validate scientificamente dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) come nel caso dell’acido docosaesaenoico (DHA), che contribuisce al normale sviluppo visivo dei bambini fino ai 12 mesi di età. Il divieto di qualsiasi comunicazione, anche sugli effetti scientifici riconosciuti, ostacolerebbe in misura significativa la ricerca e l’innovazione nel settore.
Occorre altresì ricordare che, dopo sei mesi, non tutte le donne vogliono, o possono, allattare al seno, e devono poter usufruire di prodotti per l’infanzia le cui indicazioni sulla salute sono state valutate scientificamente. Non si tratta di dichiarare la superiorità delle formule arricchite con DHA rispetto al latte materno. Non è questo il punto!
Oggi, il Parlamento ha scelto la via della ragione, respingendo questa risoluzione che si propone di vietare l’indicazione e di gettare infamia sul lavoro dell’EFSA.
Marian Harkin (ALDE), per iscritto. – (EN) Voto a favore della risoluzione che si propone di respingere l’indicazione sulla salute secondo cui l’aggiunta dell’acido grasso naturale DHA agli alimenti per l’infanzia contribuisce al normale sviluppo visivo dei bambini per una serie di motivi. Primo, c’è una differenza tra il DHA sintetico e il DHA presente nel latte materno. Inoltre, alcuni studi autorevoli indicano che non c’è alcun comprovato beneficio in termini di sviluppo visivo, e oltre tutto, alcuni studi hanno dimostrato effetti negativi del latte formulato sulla salute di alcuni bambini. In breve, è necessario approfondire la ricerca.
Lucas Hartong (NI), per iscritto. – (NL) La delegazione del Partij voor de Vrijheid (PVV) – partito olandese per la libertà – ha votato a favore della risoluzione, perché esistono gravi dubbi sulle indicazioni sulla salute relative al DHA. Vorremmo tuttavia che fossero riesaminate le procedure per il riconoscimento delle indicazioni sulla salute. Il PVV è assolutamente favorevole alla ricerca scientifica indipendente e, proprio per questa ragione, vogliamo una procedura trasparente che non produca esiti controversi.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore di questo documento sull’autorizzazione e il rifiuto dell’autorizzazione di determinate indicazioni sulla salute, riportate sui prodotti alimentari, che si riferiscono allo sviluppo e alla salute dei bambini, perché i prodotti che sono consumati nel mercato interno devono essere sicuri, conformi alle norme e legali. Le indicazioni sulla salute riportate sui prodotti alimentari devono essere scientificamente corroborate e dimostrate, soprattutto quando sono in gioco i bambini e la loro salute. È necessario garantire che sia stato dimostrato che le sostanze per le quali viene fornita un’indicazione apportino un vantaggio nutrizionale o fisiologico. Un’indicazione dovrebbe essere scientificamente corroborata, tenendo conto del complesso dei dati scientifici disponibili e valutando gli elementi di prova. Le indicazioni sulla salute dovrebbero essere autorizzate nella Comunità soltanto dopo una valutazione scientifica del più alto livello possibile, e le indicazioni nutrizionali e sulla salute non devono essere fuorvianti.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della risoluzione che contesta l’autorizzazione di un’indicazione per gli alimenti per l’infanzia. L’indicazione autorizzata riguarda il DHA, un acido grasso naturalmente presente nel latte materno che, nel latte materno, si sa essere importante per lo sviluppo visivo dei bambini. Il DHA sintetico aggiunto al latte formulato è diverso. Il produttore di latte formulato Mead Johnson ha chiesto all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e al comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali (SCFCAH) il permesso di utilizzare l’indicazione sulla salute “l’assunzione di acido docosaesaenoico (DHA) contribuisce al normale sviluppo visivo dei bambini fino ai 12 mesi di età”. L’indicazione è stata autorizzata sulla base degli elementi di prova forniti da Mead Johnson. Un esame indipendente di tutti gli elementi di prova disponibili relativi al DHA nel latte in formula condotto nel 2008 ha tuttavia evidenziato che l’aggiunta di DHA al latte in formula “non offre alcun comprovato beneficio in termini di vista, sviluppo cognitivo o crescita fisica”. Inoltre, non sono stati presentati all’EFSA studi in grado di dimostrare gli effetti della somministrazione ad un neonato di latte formulato di proseguimento arricchito con DHA dopo avere nutrito il bambino dalla nascita con latte formulato non arricchito. Dato che questa indicazione sarebbe ammessa solo sulle formule di proseguimento, si tratta di un punto cruciale.
Cristiana Muscardini (PPE), per iscritto. − La sanità pubblica e la sicurezza alimentare mi sembrano i solidi cardini sui quali si sviluppa la società umana. Quando questi requisiti sono soddisfatti e garantiti, i rischi sanitari diminuiscono e la crescita della popolazione avviene sotto un controllo che offre sicurezza. Sono stati questi i criteri che hanno permesso all'Unione di beneficiare del regolamento del 20 dicembre 2006 relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari. Sono i principi affermati in tale regolamento che garantiscono ancora oggi un rapporto stretto tra dati scientifici valutati e sperimentati e autorizzazioni all'uso di certi prodotti alimentari.
Il progetto di regolamento della Commissione che stiamo discutendo oggi non offre invece tutte le garanzie richieste, e il normale principio di precauzione, in assenza dei requisiti scientifici necessari e per evitare che le indicazioni nutrizionali e sulla salute siano fuorvianti, ci spinge a rifiutarne l'adozione.
L'acido DHA contenuto nel latte materno svolge la funzione che la scienza ha dimostrato, mentre quello sintetico per ora non è compatibile con l'obiettivo e il contenuto del citato regolamento (CE) n. 1924/2006. Con la salute non si può scherzare e con quella dei bambini ancora meno. Per questo condivido il parere del relatore.
Mario Pirillo (S&D), per iscritto. − Signor Presidente, ho votato contro la risoluzione relativa al rifiuto di indicazione della presenza del DHA nel latte artificiale per bambini perché ritengo sia giusto segnalare i motivi per i quali si aggiunge il DHA. Voglio qui ricordare che il DHA è un acido grasso tipo omega 3 presente nel latte materno e che ha effetti positivi sul miglioramento delle capacità visive del bambino. Ricordo che l'EFSA, l'Agenzia europea per la salute alimentare, ha espresso parere favorevole per dare ampia indicazione della presenza di questa sostanza. Non ho apprezzato le numerose e-mail che abbiamo ricevuto, che hanno fatto credere che volessimo privilegiare l'allattamento artificiale rispetto a quello materno. È sempre necessaria un'informazione adeguata sulle sostanze aggiunte ai prodotti alimentari, specie se destinate ai bambini.
Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) All’ora di pranzo, il Parlamento europeo ha trasmesso un segnale di indicibile debolezza respingendo una risoluzione che vieta l’aggiunta di un’indicazione sulla salute sui prodotti alimentari destinati ai bambini fino ai 12 mesi di età, con 328 voti a favore e 323 contrari, mentre la maggioranza assoluta necessaria era di 369.
L’opposizione al parere espresso dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) costituiva comunque un caso da manuale. In questo caso, l’EFSA aveva autorizzato i produttori di alimenti destinati ai neonati ad indicare che la versione sintetica dell’acido docosaesaenoico (DHA), un acido grasso naturalmente presente nel latte materno “contribuisce al normale sviluppo visivo dei bambini fino ai 12 mesi di età”. Si tratta pertanto di un dato non dimostrato, come confermato da una lettera inviata stamani agli eurodeputati dall’Organizzazione mondiale della sanità.
Deploro questo schiaffo in faccia a molti soggetti europei: la confederazione europea delle famiglie numerose, l’associazione consumatori europei e il comitato permanente dei medici europei che chiedevano semplicemente che i bambini non fossero considerati comuni consumatori. Mi dispiace che il Parlamento abbia dimenticato di fare del buon senso e dell’etica una priorità delle politiche europee in materia di sicurezza alimentare.
Robert Rochefort (ALDE), per iscritto. – (FR) Ho votato contro il progetto di regolamento concernente l’autorizzazione dell’indicazione sulla salute secondo cui l’assunzione di acido docosaesaenoico (DHA) contribuisce al normale sviluppo visivo dei bambini fino ai 12 mesi di età.
Sebbene la maggioranza dei deputati abbia votato a favore di questa reiezione, sono mancati 40 voti per raggiungere la maggioranza qualificata necessaria per convalidarla. Il regolamento (CE) n. 1924/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio prescrive però che le indicazioni nutrizionali e sulla salute non devono essere fuorvianti e che devono essere basate su prove scientifiche. Inoltre, anche se le prove scientifiche generalmente accettate indicano che il DHA nel latte materno contribuisce allo sviluppo visivo dei neonati, non esiste attualmente un consenso scientifico su un possibile nesso causale tra l’assunzione di latte formulato arricchito di DHA sintetico e un migliore sviluppo visivo nei bambini.
Sono dell’avviso che, in assenza di un consenso scientifico, sia necessario approfondire la ricerca sui possibili effetti, sia benefici che dannosi, dell’arricchimento con DHA prima che l’uso di DHA negli alimenti di proseguimento e negli alimenti per lattanti nell’Unione europea possa essere definito benefico. Oggi il Parlamento ha perso l’occasione di vietare l’uso futuro di questa indicazione in attesa di prove scientifiche più convincenti, e mi dispiace.
Zuzana Roithová (PPE), per iscritto. – (CS) La supervisione delle indicazioni sulla salute è stata introdotta per evitare che i consumatori fossero fuorviati da informazioni false. Dovrebbe però servire anche a sensibilizzare in consumatori. Ho pertanto votato a favore della proposta della Commissione di fornire l’indicazione sulla salute relativa al DHA sul latte in polvere per lattanti, in quanto può fornire informazioni sicure per le madri che, per gravi ragioni di salute, non possono allattare al seno i loro bambini. È necessario dare a queste mamme informazioni sicure sul latte in polvere nel momento in cui devono decidere quale prodotto acquistare. Non intendiamo in questo modo sminuire l’importanza dell’allattamento al seno per lo sviluppo dei bambini, e ogni madre potrà comunque ricevere informazioni esaustive dal pediatra.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) A favore, dato che la risoluzione consensuale afferma che il progetto di regolamento della Commissione sull’autorizzazione e il rifiuto dell’autorizzazione di determinate indicazioni sulla salute, riportate sui prodotti alimentari, che si riferiscono allo sviluppo e alla salute dei bambini, non è compatibile con l’obiettivo e il contenuto del regolamento (CE) n. 1924/2006 e si oppone all’adozione del progetto di regolamento della Commissione.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. − L'acido docosaesaenoico, il cosiddetto DHA, è un elemento presente nel latte materno e numerosi studi scientifici dimostrano che gioca un ruolo positivo nello sviluppo dell'apparato visivo dei neonati. Ritengo che un'indicazione specifica sui prodotti arricchiti con questo ingrediente, come ad esempio il latte artificiale, permetta al consumatore di effettuare una scelta più consapevole in fase di acquisto.
Non ritengo pertanto fondati i timori di chi sostiene che, con tale indicazione, si indurrebbero le madri a rinunciare all'allattamento al seno e a preferire questo genere di prodotti. Il latte materno contiene sostanze e principi attivi fondamentali e insostituibili per i neonati, ma purtroppo non tutte le donne possono disporne.
Ho votato quindi contro questa risoluzione, perché impedire una corretta informazione significa togliere uno strumento in più alle madri che, non potendo allattare direttamente i propri figli, sono costrette a ricorrere all'utilizzo di questi prodotti.
Catherine Stihler (S&D), per iscritto. – (EN) Ho appoggiato questa risoluzione perché ritengo che le indicazioni sulla salute relative al DHA non poggino su prove scientifiche sufficienti e sono convinta che i consumatori non debbano essere informati in modo scorretto.
Hannu Takkula (ALDE), per iscritto. – (FI) È ovvio che il latte materno è l’alimento migliore per i neonati. Non tutte le madri possono tuttavia allattare al seno i loro figli, per esempio, per motivi di salute. È pertanto necessario ricorrere al latte formulato. In tal caso, naturalmente, c’è da sperare che il sostituto sia il più simile possibile al latte materno in termini di composizione.
Questa proposta di risoluzione ha messo in discussione l’importanza dell’ingrediente noto come DHA per i bambini e il loro sviluppo. Il DHA si propone di sostituire nel latte materno gli acidi grassi. Sono sostanze per le quali è stato dimostrato che possono contribuire allo sviluppo visivo dei bambini e che alcuni fabbricanti del sostituto hanno aggiunto ai loro prodotti. Questa proposta si propone sostanzialmente di impedire che il consumatore sia informato in merito al DHA, per esempio, sull’etichetta del prodotto.
Anche se invito in generale alla cautela per quanto riguarda l’uso di vario materiale di marketing, ritengo che, a seguito dei numerosi test scientifici condotti, debba ora essere possibile informare coerentemente il consumatore. Anche i politici dovrebbero avere fiducia nelle decisioni delle autorità responsabili della sicurezza. In questo caso, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (ESFA) ha dichiarato, con riferimento alle prove scientifiche, che il prodotto è sicuro. Per questi motivi, ho votato contro la proposta di risoluzione intitolata “Autorizzazione e rifiuto dell’autorizzazione di determinate indicazioni sulla salute, riportate sui prodotti alimentari, che si riferiscono allo sviluppo e alla salute dei bambini”.
Derek Vaughan (S&D), per iscritto. – (EN) Alla luce del fatto che l’Organizzazione mondiale della sanità afferma che “non esistono prove sicure in grado di dimostrare che l’aggiunta di DHA ad alimenti per lattanti può apportare importanti vantaggi clinici”, ho deciso di votare contro la proposta tesa a consentire alle imprese di fornire indicazioni non comprovate sui benefici per la salute del DHA. C’è il rischio che queste indicazioni potenzialmente fuorvianti possano determinare un aumento della somministrazione di latte formulato ai bambini, che potrebbero così perdere sostanze nutritive vitali, come il DHA, naturalmente presenti nel latte materno.
Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Il Parlamento europeo oggi ha respinto la proposta di risoluzione presentata dalla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare che chiede di approfondire la ricerca prima che l’acido docosaesaenoico (DHA) sia definito benefico per i lattanti.
Mi dispiace che questa risoluzione non sia stata adottata senza che siano state condotte tutte le verifiche scientifiche necessarie, anche se il riesame sistematico delle prove relative al DHA e allo sviluppo neurologico dei bambini pubblicato dalla Cochrane Library nel 2008 indica che l’alimentazione di neonati a termine con latte formulato arricchito con DHA e altre analoghe catene lunghe di acidi grassi non offre alcun comprovato beneficio in termini di vista, funzioni cognitive o crescita fisica.
Nonostante i dubbi espressi dai membri della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, la maggioranza del Parlamento ha di fatto autorizzato l’Autorità europea per la sicurezza alimentare a dichiarare che “l’acido docosaesaenoico contribuisce al normale sviluppo visivo dei bambini fino ai 12 mesi di età”. Il caso del controverso farmaco Mediator dovrebbe tuttavia in particolare indurre le istituzioni europee ad usare un briciolo di prudenza.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Voto a favore della relazione perché, in un mondo sempre più globalizzato, l’Unione europea nel suo insieme ha bisogno di scegliere opzioni di investimento produttive, e condivido la posizione espressa nella relazione secondo cui la Commissione e il Consiglio dovrebbero aprire negoziati che consentano di iniziare ad investire in paesi terzi come Canada, India e Cina. Alla luce di ciò, credo che sia fondamentale che il Parlamento assicuri il comportamento responsabile degli investitori europei all’estero, pur salvaguardando il diritto dell’Unione europea di regolamentare secondo il nostro interesse pubblico.
Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. – (RO) La futura politica dell’Unione europea dovrà promuovere investimenti sostenibili, rispettosi dell’ambiente, in particolare nel settore delle industrie estrattive, e che favoriscono buone condizioni di lavoro nelle imprese interessate dagli investimenti esteri. Ritengo che qualsiasi accordo di investimento debba essere accompagnato da una serie di norme sociali e ambientali, sia che si negozi un capitolo nell’ambito di un accordo di libero scambio sia nel caso di accordi di investimento autonomi.
La politica europea dovrebbe proteggere la biodiversità e favorire il trasferimento di tecnologie e il miglioramento delle infrastrutture. Ho votato a favore di questa relazione perché credo che l’Unione europea abbia bisogno di una politica per gli investimenti coerente che possa dare un contributo concreto alla crescita economica, allo sviluppo sostenibile e all’occupazione.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Il trattato di Lisbona sancisce la competenza esclusiva dell’Unione europea nell’ambito degli investimenti esteri diretti (IED). Tale evoluzione ha forti conseguenze e comporta una duplice sfida sia per quanto riguarda la gestione di oltre 1 200 trattati bilaterali di investimento (TBI) già conclusi dagli Stati membri sia per quanto concerne la definizione di una politica d’investimento europea che risponda alle attese degli investitori e degli Stati beneficiari e che al contempo rispetti gli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione europea. L’obiettivo dei TBI è quello di assicurare una protezione giuridica e finanziaria agli investitori dei paesi sviluppati. Concordo sul principio secondo cui, nell’ambito dell’elaborazione della futura politica europea in materia di investimenti, la protezione degli investitori deve rimanere la prima priorità degli accordi di investimento. La futura politica dell’Unione europea dovrà altresì promuovere investimenti sostenibili, rispettosi dell’ambiente (in particolare nel settore delle industrie estrattive) e che favoriscono buone condizioni di lavori nelle imprese interessate dagli investimenti. La recente riforma degli orientamenti dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici volta a promuovere un comportamento responsabile delle imprese internazionali deve essere sostenuta dall’Unione europea.
George Becali (NI), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione. Sappiamo che, conformemente al trattato di Lisbona, gli investimenti esteri rientrano nella competenza esclusiva dell’Unione europea. Sulla base di questi nuovi poteri, sia la Commissione sia gli Stati membri possono elaborare, insieme al Parlamento, una politica tesa a promuovere investimenti di alta qualità, con un impatto positivo sulla crescita economica e sull’occupazione. La crisi ha determinato, come era naturale, ha riduzione del volume degli investimenti esteri diretti, che nel 2007 avevano raggiunto 1 500 miliardi di euro. Accolgo altresì con favore la proposta tesa ad introdurre il concetto di “investitore dell’Unione europea” e credo che la protezione di tutti gli investitori dell’Unione europea debba essere la prima priorità degli accordi di investimento.
Slavi Binev (NI), per iscritto. – (BG) Condivido l’opinione del relatore secondo cui va esclusa la necessità di accordare uno stesso livello di elevata protezione a ogni tipo di investimento e secondo cui, ad esempio, gli investimenti speculativi a breve termine non meritano un livello di tutela pari a quello degli investimenti duraturi. Conseguentemente, il campo di applicazione dei futuri accordi europei deve limitarsi agli investimenti esteri diretti (IED). È il motivo per il quale ho appoggiato questa relazione che riguarda uno dei settori che passeranno sotto l’esclusiva competenza del Parlamento europeo.
Marielle De Sarnez (ALDE), per iscritto. – (FR) Il Parlamento ha voluto chiarire le regole che l’Unione europea dovrà introdurre nel corso dei negoziati sui futuri accordi di investimento. Oltre alla protezione degli investitori, la Commissione deve integrare, in ogni futuro accordo, clausole specifiche che sanciscano il diritto di regolamentazione di terzi e dell’Unione europea negli ambiti tecnologici legati alla protezione della sicurezza nazionale, all’ambiente, alla salute pubblica, ai diritti dei lavoratori e dei consumatori e alla politica industriale. È un segnale forte quello che è stato trasmesso al Consiglio e alla Commissione alla vigilia dell’apertura dei negoziati sugli investimenti con paesi quali Canada, India e, in un futuro molto prossimo, Cina. Gli investitori europei devono adottare un comportamento responsabile all’estero, tutelando allo stesso tempo il diritto dell’Unione europea di regolamentare gli investimenti nell’interesse pubblico.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore di questa relazione perché ritengo che la politica di investimento proposta possa soddisfare le attese di investitori e Stati interessati, contribuendo così a rendere più competitive l’Unione europea e le sue imprese. Una politica europea coordinata in materia di investimenti internazionali potrebbe avere un impatto significativo sulla creazione di posti di lavoro non solo nell’Unione europea, ma anche nei paesi in via di sviluppo.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Conformemente agli articoli 206 e 207 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), gli investimenti esteri diretti (IED) rientrano nella competenza esclusiva dell’Unione europea. Oltre a gestire i trattati bilaterali di investimento che sono stati conclusi, all’Unione spetta il compito di definire una futura politica europea di investimento che risponda alle attese degli investitori e dei paesi beneficiari e che al contempo rispetti i suoi obiettivi in materia di azione esterna. La protezione degli investitori dovrebbe rimanere la prima priorità degli accordi di investimento. La Commissione è comunque invitata a fornire una chiara definizione degli investimenti da tutelare. Gli accordi futuri dovrebbero fondarsi sulle migliori prassi in base all’esperienza degli Stati membri e dovrebbero tenere conto delle esigenze delle piccole e medie imprese (PMI).
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Questa relazione affronta i problemi della futura politica europea in materia di investimenti internazionali. Dalla fondazione dell’Unione europea, sono stati conclusi molti trattati bilaterali d’investimento (BTI) dagli Stati membri: circa 3 000 dal 1959. Con l’entrata in vigore del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, questa materia è rientrata nella competenza esclusiva dell’Unione europea ed interviene attualmente nella preparazione di una futura politica europea in materia di investimenti, che deve essere discussa in maniera approfondita. Si tratta di un tema della massima importanza, dato che ci troviamo ad una svolta che comporta due sfide: fornire all’Unione europea gli strumenti necessari per consentire alle imprese all’estero di realizzare i loro programmi di investimento e, allo stesso tempo, fare in modo che l’Europa continui a svolgere un ruolo di leadership negli investimenti mondiali. Viviamo in un’epoca in cui l’economia è molto aggressiva, pertanto i nostri criteri per la scelta dei partner commerciali devono essere oggetto di accurate riflessioni. Concordo pertanto con il relatore in merito al rispetto delle prerogative del Parlamento e al fatto che i mandati negoziali dovrebbero essere trasmessi sufficientemente in tempo per evitare inutili ritardi o gravi ostacoli nelle relazioni dell’Unione europea con quei paesi.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Gli investimenti esteri diretti (IED) sono definiti come “investimenti duraturi che rappresentano almeno il 10 per cento del capitale netto/azioni della società affiliata e che conferiscono all’investitore un controllo manageriale sulle operazioni della società affiliata”. Con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, gli IED sono posti tra le competenze esclusive dell’Unione europea, le cui funzioni principali sono la gestione degli attuali trattati bilaterali di investimento (TBI) e la definizione di una politica europea d’investimento “che soddisfi le attese degli investitori e degli Stati beneficiari”. La realizzazione di una politica comune d’investimento è sostenuta sulla base di queste nuove responsabilità. È tuttavia opinabile, nella migliore delle ipotesi, che gli IED assicurino i tanto decantati profitti per i paesi beneficiari, in particolare se sotto la responsabilità dell’Unione europea, in difesa degli interessi che normalmente salvaguarda.
L’esempio del Portogallo è particolarmente eloquente. Dato che uno dei gravi problemi a cui è confrontata l’economia portoghese è il continuo calo di investimenti, che si riflette nei bassi tassi di crescita economica e nell’aumento della disoccupazione, nell’economia portoghese nel corso degli anni ci sono stati molti IED. La realtà è tuttavia che una quota sempre maggiore della ricchezza creata in Portogallo è trasferita all’estero.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Nella definizione fornita dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, gli investimenti esteri diretti (IED) sono da considerarsi “investimenti duraturi che rappresentano almeno il 10 per cento del capitale netto/azioni della società affiliata e che conferiscono all’investitore un controllo manageriale sulle operazioni della società affiliata”.
Con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, gli IED sono passati sotto la competenza esclusiva dell’Unione europea, le cui funzioni principali sono la gestione degli attuali trattati bilaterali di investimento (TBI) e la definizione di una politica europea d’investimento “che soddisfi le attese degli investitori e degli Stati beneficiari”. In ragione di queste nuove responsabilità, il relatore raccomanda la realizzazione di una politica comune d’investimento.
La nostra posizione è però diversa. Nella maggior parte dei casi, gli IED non risolvono il problema dello sviluppo nei paesi in cui sono effettuati. Sappiamo tutti che cosa fanno le multinazionali. Rimangono fino a quando ottengono elevati utili e sovvenzioni. Poi, al primo accenno di difficoltà, rivolgono il loro sguardo altrove e non pensano alla disoccupazione e agli ostacoli allo sviluppo che provocano Il Portogallo, purtroppo, conosce fin troppo bene questa situazione.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Dall’entrata in vigore del trattato Lisbona, la Commissione ha la competenza esclusiva per la firma e la negoziazione degli accordi sugli investimenti esteri diretti. La relazione dell’onorevole Arif è lastricata di buone intenzioni, così come la strada che porta all’inferno. Il collega si preoccupa in particolare della capacità dei fondi sovrani di provocare danni, delle forme speculative di investimento, che non devono essere incoraggiate, dell’esclusione dei settori sensibili, delle clausole sociali e ambientali, del rispetto del principio di reciprocità e dei poteri di regolamentazione degli Stati membri, tutti problemi che vuole vedere al centro della futura politica europea. Credo che abbia ragione, soprattutto sull’ultimo punto. Non si deve assolutamente consentire che gli interessi finanziari degli investitori esteri abbia la meglio sul potere degli Stati membri di adottare norme sociali, ambientali e fiscali vincolanti. Era del resto quello che proponeva l’accordo multilaterale sugli investimenti che fortunatamente non è stato mai adottato dall’Organizzazione mondiale del commercio (OMC).
Eppure Ma la Commissione ha appoggiato quest’infamia! Dire che non ho la minima fiducia in questa istituzione e nella volontà di rispettare o attuare i principi stabiliti nella relazione è un eufemismo. Attribuirle oggi il potere esclusivo di negoziare “accordi bilaterali di investimento” in nome e per conto dei 27 Stati membri è criminale.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione perché è necessario strutturare una politica di investimento integrata e coerente che promuova investimenti di alta qualità e dia un contributo concreto al progresso economico mondiale e allo sviluppo sostenibile. Credo che una politica comune in materia di investimenti possa rispondere alle attese sia degli investitori sia degli Stati interessati e possa concorrere alla crescita della competitività dell’Unione europea e delle sue imprese nonché all’aumento dell’occupazione. Gli investimenti sono generalmente più rischiosi nei paesi in via di sviluppo e nei paesi meno sviluppati. Una protezione dell’investitore forte ed efficace che assuma la forma di un trattato di investimento è fondamentale per proteggere gli investitori e può migliorare la governance e creare un contesto stabile. Gli accordi di investimento, per portare ulteriori vantaggi a tali paesi, dovrebbero altresì basarsi su una serie di obblighi per gli investitori in materia di rispetto dei diritti umani e norme anticorruzione, nel quadro di un partenariato più ampio fra l’UE e i paesi in via di sviluppo per ridurre la povertà.
Petru Constantin Luhan (PPE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione perché credo che dobbiamo garantire la competitività esterna e un trattamento uniforme per tutti gli investitori dell’Unione europea. Dobbiamo inoltre poter esercitare la massima influenza possibile sui negoziati sugli investimenti internazionali che devono riguardare ogni tipo di investimento. L’Unione europea deve assicurare che nessun investitore sia trattato in modo meno favorevole di quanto fanno gli accordi bilaterali di investimento conclusi tra Stati membri. La liberalizzazione degli investimenti e la protezione stanno diventano gli strumenti fondamentali di una politica comune in materia di investimenti internazionali. Gli Stati membri continueranno tuttavia ad applicare politiche atte a promuovere gli investimenti che andranno ad integrare e saranno compatibili con la politica comune in materia di investimenti internazionali.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione che chiede una migliore definizione delle norme di protezione degli investitori e maggiore trasparenza nel sistema di arbitrato, il diritto di appello contro decisioni prese da arbitri internazionali e la possibilità di consultare sindacati e organizzazioni della società civile. Finora, gli accordi di investimento si concentravano talmente tanto sulla protezione degli investitori che le imprese potevano talvolta operare nei paesi in via di sviluppo senza il minimo rispetto per gli aspetti ambientale e sociale. Comportamenti di questo tipo non saranno più tollerati. La relazione chiede pertanto nuove regole e che la responsabilità sociale di impresa sia un elemento fondamentale di qualsiasi accordo futuro. Il mondo è cambiato. L’Unione europea riceverà un numero sempre crescente di investimenti esteri e non possiamo spingere la protezione degli investitori a scapito dell’interesse generale. La relazione chiede che sia assicurato un effettivo equilibrio tra interessi pubblici e privati. Si propone di assicurare un’efficace protezione degli investitori europei contro espropri illegittimi o una legislazione che, sotto mentite spoglie, cerca di escluderli da certi mercati. Assicura inoltre che le autorità pubbliche saranno sempre in grado di regolamentare nell’interesse generale. Chiedo una riforma radicale del meccanismo di risoluzione delle controversie, che ha finora consentito alle imprese private di avviare azioni legali contro i paesi e talvolta criticare la loro normativa sociale e ambientale.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Mentre si chiede agli Stati membri e ai loro cittadini di stringere la cinghia, la relazione esorta questi ultimi a fare in modo che siano tutelati gli interessi degli investitori privati esteri. Non prevede nemmeno l’obbligo di proteggere i servizi pubblici contro tutti gli investimenti privati. Non ha riguardo per i beni che appartengono a tutta l’umanità, come l’acqua. Voto contro la relazione
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Gli investimenti esteri diretti (IED) rientrano nella competenza esclusiva dell’Unione europea, come sancito dagli articoli 206 e 207 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Occorre gestire i trattati bilaterali d’investimento conclusi e l’Unione dovrebbe elaborare una politica europea per gli investimenti futuri che soddisfi le attese degli investitori e dei paesi beneficiari. È importante proteggere gli investitori, ma la Commissione è invitata a presentare una chiara definizione degli investimenti da tutelare. Gi accordi futuri dovrebbero fondarsi sulle migliori prassi del passato e dovrebbero anche tenere conto delle esigenze delle piccole e medie imprese (PMI).
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (EN) Come mi sembra di capire, questa relazione si occupa dei trattati sugli investimenti internazionali. Gli obiettivi principali di questi trattati sono il miglioramento dell’accesso degli investitori esteri ai mercati e un elevato livello di protezione per gli investitori contro azioni arbitrarie da parte dei governi degli Stati beneficiari degli investimenti. Prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona, esisteva una divisione dei compiti, in virtù della quale la Commissione negoziava l’accesso al mercato degli investimenti esteri diretti (IED) mentre gli Stati membri firmavano accordi di protezione degli investimenti con paesi terzi. Con il trattato di Lisbona, gli investimenti esteri diretti sono rientrati nella competenza esclusiva dell’Unione europea e sono parte integrante della politica commerciale estera dell’Unione europea. È positivo che la relazione trasmetta un segnale forte alla Commissione e al Consiglio, che stanno per avviare negoziati sugli investimenti con paesi terzi come Canada, India e, presto, Cina. È pertanto cruciale che il Parlamento garantisca il comportamento responsabile degli investitori europei all’estero, tutelando al contempo il diritto dell’Unione europea di regolamentare nell’interesse pubblico.
Rolandas Paksas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore di questa risoluzione sulla politica in materia di investimenti internazionali. Dato che gli investimenti esteri diretti (IED) rientrano ora nella competenza esclusiva dell’Unione europea, occorre fare ogni sforzo per strutturare una politica di investimento coerente e integrata che rispetti i diritti umani e lo stato di diritto. Una politica comune in materia di investimento promuoverà investimenti di alta qualità, uno sviluppo economico e sociale rispettoso dell’ambiente e sostenibile, e avrà un impatto positivo sul progresso economico in tutto il mondo. Credo che una politica di questo tipo in materia di investimento possa aiutare l’Europa a rimanere l’attore principale nell’ambito degli investimenti esteri diretti, il che potrà contribuire a rivitalizzare la crescita economica, ad incrementare la competitività delle imprese e a promuovere la creazione di posti di lavoro. Ritengo che la Commissione debba elaborare urgentemente la strategia dell’Unione europea per gli investimenti, perché sia gli investimenti esteri nell’Unione europea sia gli investimenti dell’Unione all’estero hanno un impatto positivo sulla crescita e sull’occupazione nell’Unione europea e negli altri paesi, compresi quelli in via di sviluppo. Occorre assicurare il massimo impegno per garantire un elevato livello di protezione degli investitori, perché tale protezione costituisce un elemento basilare di stabilità e buona governance. Occorre altresì assicurare la certezza del diritto per le piccole e medie imprese, creando condizioni favorevoli per i loro investimenti sui mercati esteri. Gli accordi di investimento dovrebbero essere conclusi conformemente con le norme anticorruzione e l’impegno a rispettare i diritti umani.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) A norma degli articoli 206 e 207 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, gli investimenti esteri diretti (IED) rientrano nella competenza esclusiva dell’Unione europea. Tale evoluzione, che ha forti conseguenze, comporta una duplice sfida, ossia, la gestione di oltre 1 200 trattati bilaterali di investimento (TBI) e la definizione di una politica europea per gli investimenti futuri che soddisfi le attese degli investitori e degli Stati beneficiari e che rispetti al contempo gli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione europea. Una politica di investimento coerente, solida ed efficace esige una chiara definizione degli IED nonché della loro portata e della loro applicazione. Ho votato a favore di questa relazione e vorrei sottolineare l’invito rivolto dal Parlamento alla Commissione affinché provveda a fornire una chiara definizione degli investimenti da tutelare, inclusi gli IED e gli investimenti di portafoglio, stabilendo che le forme speculative di investimento, quali definite dalla Commissione, non vanno tutelate.
Vincent Peillon (S&D), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore dell’eccellente relazione del mio collega e amico, onorevole Arif, sulla politica dell’Unione europea in materia di investimenti esteri diretti (IED). Con questo documento, il Parlamento formula, a mio avviso, due importanti requisiti, quando stabilisce come elaborare i futuri accordi internazionali sulla protezione degli investimenti vincolanti per l’Europa. Il primo requisito prevede che tutti gli accordi includano clausole che obblighino gli investitori europei a comportarsi in modo responsabile a livello economico, sociale e ambientale. Il secondo requisito prevede che tutti gli accordi lascino ai governi dei paesi beneficiari dell’investimento un certo margine legislativo a tutela del bene comune. In passato, alcune clausole di protezione degli investimenti privati consentivano di considerare l’adozione, da parte del paese terzo, di una legislazione sociale o ambientale come un esproprio indiretto con relativo indennizzo. Dobbiamo porre fine a questi abusi. Mentre questo Parlamento ha per la prima volta voce in capitolo su questi temi, la relazione Arif ha sparato un colpo di avvertimento al Consiglio e alla Commissione nel momento in cui si stanno preparando ad avviare i negoziati con l’India, il Canada e, presto, anche con la Cina.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. − Secondo il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, gli investimenti esteri diretti rientrano tra le competenze esclusive dell'Unione. Questo rappresenta una sfida da vincere a tutti i costi, soprattutto per quanto riguarda la definizione di una politica d'investimento europea che vada incontro alle esigenze degli investitori e degli Stati beneficiari e che sia in grado, al contempo, di rispettare gli obiettivi dell'azione esterna dell'UE.
I numerosi accordi di investimento siglati dall'UE, siano essi bilaterali o multilaterali, devono garantire la protezione degli investitori in tutte le sedi opportune. La futura politica dell'UE dovrà promuovere investimenti sostenibili e rispettosi dell'ambiente e che favoriscono buone condizioni di lavoro nelle imprese interessate dagli investimenti esteri. Ogni accordo di investimento dovrà essere accompagnato da un insieme di norme sociali e ambientali adeguate, come forma di ulteriore garanzia.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Astensione. A norma degli articoli 206 e 207 del TFUE, gli investimenti esteri diretti (IED) rientrano nella competenza esclusiva dell’Unione europea. Tale evoluzione, che ha forti conseguenze, comporta una duplice sfida, sia per quanto riguarda la gestione di più di 1 200 trattati bilaterali di investimento (TBI) già conclusi dagli Stati membri sia per quanto riguarda la definizione di una futura politica europea in materia di investimenti che risponda alle attese degli investitori e degli Stati beneficiari e che rispetti al contempo gli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione europea. La definizione di tale futura politica, che sarà integrata nella politica commerciale comune, passa innanzi tutto attraverso un’analisi delle politiche di investimento finora condotte.
Nikolaos Salavrakos (EFD), per iscritto. – (EL) Viviamo tempi difficili in cui l’Unione europea è chiamata ad affrontare la crisi economica e sociale. In questa fase, l’Unione europea deve concentrare le proprie energie sulla crescita e sulla creazione di investimenti e posti di lavoro. L’ampliamento delle competenze dell’Unione europea al settore degli investimenti esteri diretti, previsto dal trattato di Lisbona, ci permetterà di porre le basi di una politica europea unica in questo ambito. Dobbiamo fornire alle imprese europee gli strumenti necessari per effettuare investimenti sicuri e di qualità all’estero. La protezione delle nostre imprese all’estero deve essere una nostra priorità. Poiché l’Europa è il mercato più “aperto” al mondo, dobbiamo adottare un quadro in grado di tutelare le nostre imprese e garantire le condizioni necessarie per assicurare una posizione di equilibrio rispetto ai nostri partner strategici principali, affinché le imprese europee godano di condizioni competitive analoghe. Ho votato a favore di questa relazione perché ritengo sia un passo nella giusta direzione in vista del raggiungimento di questo obiettivo basilare.
Czesław Adam Siekierski (PPE), per iscritto. – (PL) Il trattato di Lisbona ha introdotto cambiamenti radicali nel settore della politica commerciale comune. In primo luogo, secondo le disposizioni del trattato, la politica commerciale comune è stata ampliata, tra le altre cose, a materie legate agli investimenti esteri diretti. Secondo, la procedura decisionale è cambiata – il Consiglio ora decide a maggioranza qualificata, mentre il Parlamento ha ottenuto il diritto di codecisione. Ciò significa che l’assenso del nostro Parlamento sarà necessario sia per la ratifica degli accordi commerciali sia per le tematiche legate agli investimenti (per quanto riguarda gli investimenti esteri diretti).
L’Unione deve creare, nell’ambito della sua politica commerciale comune, una politica europea di investimento che risponda alle attese degli investitori e degli Stati beneficiari. La politica di investimento deve anche tenere conto delle priorità della politica estera dell’Unione europea. In questo contesto, c’è anche la questione della regolamentazione a livello internazionale, con particolare riferimento ai negoziati all’OMC. Le nuove competenze attribuite all’Unione dal trattato di Lisbona hanno un effetto indiretto anche sulle competenze del Parlamento europeo, che si trova ora allo stesso livello del Consiglio nel processo decisionale nel settore degli investimenti esteri diretti.
La nuova politica coerente e integrata dell’Unione europea in materia di investimenti dovrebbe avere un effetto benefico sul progresso e sullo sviluppo economico mondiale. In quanto uno dei più importanti blocchi economici, l’Unione europea dispone di un elevato potere negoziale che, grazie ad una politica comune nell’ambito degli investimenti diretti, può concorrere alla crescita della competitività dell’Unione europea e delle sue imprese nonché all’aumento dell’occupazione.
Catherine Stihler (S&D), per iscritto. – (EN) Credo che il diritto dell’Unione europea di regolamentare in vista dell’interesse pubblico debba essere tutelato e che sia inoltre necessario garantire il comportamento responsabile degli investitori europei all’esterno dell’Unione europea. Per questi motivi ho appoggiato la relazione.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) Il trattato di Lisbona ha posto gli investimenti diretti esteri (IED) tra le competenze esclusive dell’Unione europea, ponendo una duplice sfida: primo, per quanto riguarda la gestione degli attuali trattati bilaterali di investimento conclusi dagli Stati membri (TBI) e, secondo, per quanto riguarda la definizione di una politica europea in materia di investimento che soddisfi le attese degli investitori, degli Stati beneficiari e gli interessi dell’Unione europea. Una politica integrata e coerente che promuova investimenti di alta qualità e dia un contributo concreto al progresso economico e allo sviluppo sostenibile a livello mondiale, è vitale. A tale fine, dovremmo individuare una chiara definizione degli investimenti che occorre tutelare, con l’esclusione di quelli di natura speculativa che invece non dovrebbero essere tutelati. Sarebbe utile introdurre il concetto di “investitore dell’Unione europea” ed auspicabile elaborare una definizione precisa del concetto di “investitore estero”. Individuando le migliori prassi in base all’esperienza degli Stati membri, e rispettando norme fondamentali quali la non discriminazione, un trattamento giusto ed equo e la protezione contro gli espropri diretti e indiretti, potremo disporre delle basi di una politica europea coerente in materia. Queste misure e la determinazione della condivisione delle responsabilità tra l’Unione europea e gli Stati membri contribuirà a creare le condizioni necessarie perché le piccole e medie imprese (PMI) possano investire all’estero.
Niki Tzavela (EFD), per iscritto. – (EL) La relazione privilegia la protezione per tutti gli investitori dell’Unione europea. Evidenzia altresì il fatto che i nuovi investimenti promossi dall’Unione europea devono essere sostenibili e rispettosi dell’ambiente e devono favorire condizioni di lavoro di livello elevato. Stila infine un elenco dei paesi che saranno partner privilegiati. Credo che tutto questo possa contribuire a creare una solida politica in materia di investimenti internazionali nell’Unione europea. È per questo che ho votato a favore della relazione dell’onorevole Arif.
Dominique Vlasto (PPE), per iscritto. – (FR) Il trattato di Lisbona ha posto gli investimenti esteri diretti (IED) tra le competenze esclusive dell’Unione europea. Ho volentieri appoggiato la relazione che illustra la nuova politica in materia di investimenti internazionali e rafforza la posizione dell’Unione europea come maggiore beneficiario di IED. Questa relazione invia un messaggio molto forte: l’Europa deve essere protagonista degli investimenti del futuro. L’emergere di nuove economie ha sconvolto l’equilibrio tra i paesi e la loro capacità di investimento. Le imprese europee devono posizionarsi sui nuovi mercati e l’Unione europea deve aiutarli a crescere offrendo loro certezza del diritto e consolidando la loro integrazione nell’economia mondiale. Gli IED costituiscono una parte fondamentale delle attività dei paesi europei, ma sono davvero sempre un motore di crescita? Non credo. Gli IED sono efficaci solo se inseriti in politiche corrette che attuino normative chiare. La relazione crea in questo modo le condizioni di un idoneo ambiente economico e giuridico per le imprese, soprattutto per le nostre piccole e medie imprese (PMI) che, come vettori di crescita e creazione di posti di lavoro, sono fondamentali per il nostro tessuto economico. Dobbiamo essere vigili e non lasciarle in balia del comportamento aggressivo degli investitori esteri.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Voto a favore di questa relazione in ragione delle proposte del gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici al Parlamento europeo per una migliore supervisione dei fondi di preadesione, data l’esperienza del 2009, in ragione delle azioni dell’Unione europea contro il tabacco nell’ambito di un partenariato mondiale e in ragione dei movimenti di altri beni che entrano ed escono dall’Unione europea e che gravano sui contribuenti e privano il bilancio dell’Unione dei fondi e delle azioni necessari per affrontare questo problema. Infine, sarà importante sorvegliare il lavoro svolto dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) nel corso di tutto l’anno e non solo nella discussione sulla relazione annuale.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho appoggiato la relazione che chiede che siano attuate misure e previste risorse al fine di garantire che i fondi dell’Unione europea non siano soggetti a corruzione e di assicurare, attraverso uno sportello unico, la trasparenza sui beneficiari dei fondi dell’Unione europea. Il denaro dei contribuenti dell’Unione europea deve essere utilizzato in modo corretto ed efficace. Gli Stati membri devono disporre di meccanismi di controllo efficienti e di un’adeguata capacità di rilevamento delle frodi. Tutto il denaro versato in presenza di irregolarità deve essere restituito al bilancio dell’Unione europea.
George Becali (NI), per iscritto. – (RO) Ho votato con convinzione a favore della relazione e delle proposte formulate dal nostro collega. Oltre alle critiche e alle ambiguità nella valutazione della Commissione, sostengo l’idea del relatore secondo cui possiamo trarre conclusioni sulla situazione degli interessi finanziari dell’Unione e sui risultati della lotta contro la frode se includiamo i dati contenuti nella relazione annuale della Corte dei conti dell’Unione europea per l’esercizio finanziario 2009 e dalla relazione dell’OLAF.
Sergio Berlato (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'articolo 325 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea impone alla Commissione europea e agli Stati membri l'obbligo di tutelare gli interessi finanziari dell'UE e di combattere contro la frode nei settori in cui la responsabilità è condivisa fra l'Unione e gli Stati membri.
Ritengo che, in generale, la relazione della Commissione europea sulla "tutela degli interessi finanziari dell'Unione europea – Lotta contro la frode – relazione annuale 2009" non fornisca informazioni sul livello stimato di frode e di irregolarità nei singoli Stati membri, ma si concentri piuttosto sul livello di comunicazione delle informazioni. I risultati, a mio avviso, non possono essere considerati come prove empiriche del livello di frode e d'irregolarità, proprio perché non è possibile avere una visione complessiva della situazione effettiva in fatto di frode e di irregolarità negli Stati membri.
Condivido pertanto il parere del relatore, secondo il quale l'approccio più adeguato consiste nel basare le conclusioni sulla situazione della tutela degli interessi finanziari dell'UE e della lotta contro la frode sulla relazione annuale della Corte dei conti sull'esecuzione del bilancio, che rappresenta la fonte di informazioni più attendibile, mentre la relazione della Commissione e quella dell'OLAF forniscono principalmente informazioni su casi specifici.
Izaskun Bilbao Barandica (ALDE), per iscritto. – (ES) L’articolo 325 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) impone alla Commissione europea e agli Stati membri l’obbligo di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione europea e di lottare contro la frode. La Commissione dovrebbe continuare ad impegnarsi per garantire il rispetto da parte degli Stati membri dei loro obblighi di comunicazione delle informazioni volti a fornire dati attendibili e comparabili e a fare una distinzione tra irregolarità e frodi.
Questo consentirà alle istituzioni europee di agire. Ma tutto ciò sarà possibile solo se le informazioni saranno trasparenti. Se così sarà, potremo utilizzare correttamente i fondi dell’Unione europea, conquistandoci credibilità e la fiducia tra i cittadini europei.
Vasilica Viorica Dăncilă (S&D), per iscritto. – (RO) Visto l’importo delle frodi rispetto al numero di irregolarità nel settore delle risorse proprie in Stati membri quali Austria, Spagna, Italia, Romania e Slovacchia, dal momento che la frode rappresenta più della metà del totale delle irregolarità in ciascuno Stato membro, per non parlare poi delle carenze a livello di vigilanza doganale nazionale, credo che i sistemi di vigilanza doganale debbano essere rafforzati.
Allo stesso tempo, la Commissione europea deve esercitare la propria responsabilità garantendo il rispetto da parte degli Stati membri dei loro obblighi di comunicazione delle informazioni volti a fornire dati attendibili e comparabili sulle irregolarità e la frode.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La frode, secondo l’efficace definizione del relatore è “un comportamento irregolare volontario che costituisce un reato penale” e un’irregolarità “è il mancato rispetto di una regola”. È il quadro definitorio in virtù del quale dovremmo dimostrare tolleranza zero verso la frode e porci come obiettivo, come ha detto relativamente alla relazione 2008, la completa eliminazione delle irregolarità finanziarie nell’Unione europea. Come ho rilevato in un’interrogazione alla fine dello scorso anno, un’inchiesta del Financial Times ha alimentato seri dubbi sulla finalità e sull’efficienza del Fondo di coesione, dubbi che non possono limitarsi al contesto dei quotidiani.
Allo stesso tempo anche questa relazione “si rammarica del fatto che si continuino a spendere indebitamente quote significative di fondi UE e invita la Commissione a prendere le misure del caso per assicurare il rapido recupero di detti fondi”. Questo abuso dei fondi dell’Unione europea esige un’amministrazione migliore, nonché un’attività di sorveglianza sulle modalità di utilizzo di questi fondi. Occorre inoltre prevedere un efficace sistema di sanzionamento degli Stati membri che non utilizzano in modo corretto i fondi che hanno ricevuto. È l’unico modo in cui possiamo tentare di avvicinarci all’obiettivo tassi di frode pari a zero nell’Unione europea.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Questa proposta di risoluzione fa riferimento alla relazione della Commissione al Parlamento e al Consiglio sulla tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea – Lotta contro la frode – Relazione annuale 2009 (COM(2010)382) ed è presentata a norma dell’articolo 325 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), che impone alla Commissione e a tutti gli Stati membri l’obbligo di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione europea, il cui paragrafo 2 prevede che la Commissione presenti ogni anno una relazione dettagliata al Parlamento e al Consiglio. Nonostante i miglioramenti di questi ultimi anni, è fondamentale che siano intensificati gli sforzi tesi ad evitare qualsiasi tipo di frode, benché l’azione di lotta antifrode sia condotta anche da organismi nazionali. Condivido le proposte presentate dal relatore, che dovrebbero essere integrate dalle raccomandazioni proposte durante la discussione, soprattutto la necessità di chiarire i termini “frode” e “irregolarità”, in quanto la frode rappresenta un comportamento irregolare volontario che va a ledere gli interessi dell’Unione europea; dovrebbe anche esistere un sistema più efficiente per la gestione delle irregolarità. Spero che, grazie all’incorporazione delle proposte avanzate, la relazione 2010 possa essere migliore di quella relativa al 2009.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione contiene una sintesi delle statistiche disponibili riguardanti le irregolarità comunicate dagli Stati membri in vari settori, tra i quali politica agricola, politica di coesione, fondi di preadesione e recupero delle risorse proprie tradizionali dell’Unione europea. Nel corso del 2009, sono state riscontrate innumerevoli irregolarità nei settori citati in vari Stati. Molte di queste irregolarità sono rilevate o comunicate tardivamente, compromettendo così la tutela e l’uso corretto del denaro pubblico. Appoggiamo le critiche e le osservazioni espresse dal relatore in merito alla necessità di mettere a punto un sistema di recupero efficace.
Attualmente, il tasso complessivo di recupero è decisamente basso. Vorremmo in ogni caso far notare che la lotta contro la frode e la corruzione dovrebbe essere condotta il più vicino possibile al luogo in cui si verificano questi fenomeni, per varie ragioni, in particolare per ragioni di efficienza. È pertanto necessario intensificare la lotta contro la frode e la corruzione in tutti gli Stati membri, in quanto la normativa comune a livello dell’Unione europea non è una panacea per questo fenomeno.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Questa è una relazione sugli interessi finanziari dell’Unione europea che contiene una sintesi delle statistiche disponibili riguardanti i casi di irregolarità comunicati dagli Stati membri in vari settori, compresi politica agricola, politica di coesione, fondi di preadesione e recupero delle risorse proprie tradizionali dell’Unione europea.
Nel corso del 2009, in questi settori sono state riscontrate irregolarità in vari Stati membri. Molte di queste irregolarità sono rilevate e/o comunicate tardi, il che mette a rischio la tutela e l’uso corretto del denaro dei contribuenti.
Appoggiamo la critica espressa dal relatore in merito alla necessità di mettere a punto un sistema di recupero efficace. Attualmente il tasso complessivo di recupero è lungi dall’essere al livello auspicato.
Vorremmo tuttavia sottolineare che, più ancora che una normativa comune a livello dell’Unione europea per combattere la frode, sarebbe importante che ogni Stato membro mettesse in pratica la lotta contro la frode e la corruzione.
In ogni caso, invitiamo ad evitare qualsiasi confusione tra controllo ed eccessiva burocrazia, che indebolisce i diritti di chi cerca aiuto, in particolare le piccole organizzazioni sociali e le piccole e medie imprese (PMI).
Lorenzo Fontana (EFD), per iscritto. − Signor presidente, onorevoli colleghi, Mi complimento per il lavoro fatto dal collega. Dal lavoro emergono, anche attraverso una panoramica dell'OLAF, le irregolarità di frode nell'ambito dell'Unione europea. Il lavoro della Commissione però non è esaustivo non riportando i dati di frode dei singoli Stati membri come sottolineato dal collega. Per questo darò parere positivo alla proposta.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) La frode all’interno dell’Unione europea colpisce al cuore l’integrità stessa del sistema. È fondamentale che l’Unione europea e gli Stati membri portino avanti l’importante lavoro che si sta svolgendo in questo settore. Ho appoggiato la relazione.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione perché gli Stati membri, nel loro impegno di lotta contro la frode, devono come prima cosa tutelare il denaro dei contribuenti. Dobbiamo rafforzare la metodologia di comunicazione applicata e la capacità di rilevamento delle frodi negli Stati membri. La relazione della Commissione “Tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea – Lotta contro la frode – Relazione annuale 2009” non fornisce informazioni sul livello stimato di irregolarità e di frode nei singoli Stati membri. Non è quindi possibile avere una visione complessiva della situazione effettiva in fatto di frode e irregolarità negli Stati membri, né individuare e disciplinare quelli in cui si registra il numero più elevato di casi di questo tipo. La relazione della Commissione non affronta la questione della frode in modo approfondito e tratta molto ampiamente quella delle irregolarità. Purtroppo si continuano a spendere indebitamente quote significative di fondi dell’Unione europea e la Commissione deve perciò deve prendere le misure del caso per assicurare il rapido recupero di detti fondi. Non si dovrebbero tollerare errori e la Commissione, in cooperazione con gli Stati membri, deve elaborare una relazione appropriata in linea con il trattato, al fine di dare al Parlamento una garanzia ragionevole del fatto che tale obiettivo è stato raggiunto e che le azioni di lotta contro la frode vengono portate avanti in modo opportuno.
Petru Constantin Luhan (PPE), per iscritto. – (RO) La relazione contiene una sintesi delle statistiche riguardanti i casi di irregolarità comunicati dagli Stati membri nei settori in cui questi ultimi provvedono all’esecuzione del bilancio (politica agricola, politica di coesione e fondi di preadesione, pari all’80 circa per cento del bilancio) e nella riscossione delle risorse proprie tradizionali dell’Unione europea. Credo che la tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea e la lotta contro la frode siano settori particolarmente importanti di cui sono responsabili sia l’Unione europea sia gli Stati membri. La relazione fornisce inoltre una stima delle irregolarità rilevate nelle spese gestite direttamente dalla Commissione e una panoramica dell’attività operativa dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF).
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione che critica duramente la Commissione per aver fornito informazioni insufficienti sulle frodi e le irregolarità. Ne viene individuata la causa in una carente comunicazione da parte degli Stati membri. I tassi di frode in Francia e in Spagna, per esempio, sono considerati “stranamente bassi”. In futuro, vogliamo vedere una distinzione chiara tra irregolarità e frodi, dato che la frode costituisce un reato penale, mentre un’irregolarità è il mancato rispetto di una regola. La relazione chiede altresì la specifica dei casi di frode e irregolarità stimate per Stato membro affinché si possano avviare azioni disciplinari contro i singoli Stati. La risoluzione afferma che si continuano a spendere indebitamente quote significative di fondi dell’Unione europea. Il Parlamento invita la Commissione a prendere le misure del caso per assicurare il rapido recupero di detti fondi, soprattutto in Italia. Nei settori della politica agricola e di coesione in particolare, il tasso di recupero degli importi arretrati è considerato “catastrofico”.
Jiří Maštálka (GUE/NGL), per iscritto. – (CS) Condivido l’opinione del relatore secondo cui la Commissione, nella sua relazione sulla tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea e la lotta antifrode, non ha fornito le informazioni indispensabili, anche per quanto riguarda il livello stimato di frodi e irregolarità nei singoli Stati membri, nell’ambito della gestione dei fondi dell’Unione europea. Tenuto conto del livello di corruzione che potrebbe, senza esagerazione alcuna, essere definito abnorme in alcuni Stati membri, compresa la Repubblica ceca, è una lacuna molto grave. Se consideriamo la frode e le cosiddette irregolarità a livello dell’Unione, c’è in genere “solo” un segmento specifico di corruzione e frode nei singoli Stati membri, ma si tratta in ogni caso di un segmento molto consistente. A mio avviso, è urgente verificare se il lavoro attualmente svolto dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode sia sufficientemente efficace o se non debba invece essere modificato da un punto di vista strutturale e metodologico, anche sulla base di un approccio più aggressivo.
Véronique Mathieu (PPE), per iscritto. – (FR) La “tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea” comprende la lotta contro la frode e le irregolarità. È importante fare un distinzione tra l’irregolarità, ossia il mancato rispetto di una regola, e la frode, ossia un comportamento irregolare volontario che costituisce reato penale. In altri termini, la relazione della Commissione non fa questa distinzione in modo del tutto chiaro e tratta molto ampiamente la questione delle irregolarità senza affrontare invece in modo approfondito quella dei casi di frode. La relazione individua tre settori, che rappresentano circa l’80 per cento del bilancio dell’Unione europea: politica agricola, politica di coesione e fondi preadesione. L’esecuzione di queste politiche e delle spese dipende dagli Stati membri che sono responsabili degli strumenti nazionali per la lotta contro le irregolarità e la frode.
L’impegno delle amministrazioni è troppo eterogeneo e l’elevato numero di irregolarità ancora irrisolte in alcuni Stati membri non è accettabile. Sono altresì necessari miglioramenti nelle procedure in materia di appalti pubblici, soprattutto per assicurare trasparenza e per lottare contro la frode.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Questa relazione evidenzia una serie di casi di irregolarità e di frode nell’utilizzo dei fondi dell’Unione europea in ogni Stato membro. L’aumento del numero dei casi comunicati è attribuito all’introduzione del nuovo sistema tecnologico di segnalazione. Credo che sia necessario fare tutto il possibile per responsabilizzare e sanzionare gli Stati membri in materia di frode e irregolarità. Occorre rendere disponibili le informazioni necessarie su ogni Stato membro in modo da accrescere l’efficacia dei sistemi di controllo e di sorveglianza e per essere certi di poter disporre di un chiaro quadro della situazione. Gli Stati membri devono introdurre il sistema di gestione delle irregolarità per rispettare maggiormente i loro obblighi in materia di comunicazione delle informazioni alle istituzioni europee. La politica agricola, la politica di coesione e i fondi di preadesione sono settori in cui il tasso di irregolarità e di frode è particolarmente elevato. Occorre pertanto adottare misure tese a migliorare la sorveglianza, il rilevamento e la correzione. Noi stessi dobbiamo preoccuparci di creare un sistema trasparente ed efficiente per la gestione e l’utilizzo dei fondi dell’Unione europea.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (EN) So che la relazione annuale esamina l’efficacia con cui la Commissione e gli Stati membri tutelano gli interessi finanziari dell’Unione contro la frode, come sancito dall’articolo 325 del TFUE. Ci sono settori in cui gli Stati membri provvedono all’esecuzione del bilancio (politica agricola, politica di coesione, fondi di preadesione) e alla riscossione delle risorse proprie dell’Unione europea attraverso le dogane e i dazi. È importante concludere accordi sulla lotta contro il commercio illegale di tabacco tra l’Unione europea e i fabbricanti di tabacco.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Chiunque compia un furto in un negozio è fermato e punito. È invece possibile distrarre milioni di euro dalla cassa dei fondi dell’Unione europea senza correre praticamente alcun rischio. Non solo le probabilità di essere scoperti sono esigue, ma anche se alla fine si riesce a dimostrare che è stata commessa una frode, gli Stati membri non sono interessati ad avviare procedimenti legali e a recuperare il denaro. Il generoso sistema di sovvenzioni continua a prestare il fianco a frodi e irregolarità. I casi di frode sono molti, in particolare negli Stati membri orientali e meridionali. I finanziamenti per la preadesione si sono rivelati particolarmente predisposti al fenomeno. Nel caso della Turchia, l’assistenza di preadesione non solo va a vantaggio di un paese non europeo, ma in alcuni casi, sparisce nelle tasche di funzionari corrotti.
Per evitare che i contribuenti subiscano ulteriori danni dobbiamo rimettere le cose in ordine. La relazione rappresenta unicamente un primo passo in questa direzione. È alla fine piuttosto improbabile riuscire a garantire che il denaro dei contribuenti non si disperda verso un altro Stato membro o persino regioni che non fanno parte dell’Unione. Ho votato di conseguenza.
Claudio Morganti (EFD), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa relazione sulla lotta alle frodi comunitarie va nella giusta direzione, ponendo l'accento sul fatto di richiedere una sempre maggiore chiarezza in merito e ribadendo l'assoluta necessità di non abbassare mai la guardia.
L'Italia è purtroppo tra i paesi più colpiti. La stragrande maggioranza di questi episodi avviene nelle regioni del Sud Italia e riguarda appunto la sottrazione o l'utilizzo illecito di fondi destinati allo sviluppo di queste aree. Lo scopo di questi fondi comunitari è quello di favorire la crescita e lo sviluppo delle aree più disagiate. Se tuttavia questi episodi di truffa avvengono proprio dove vi sarebbe maggiore necessità di investimenti, allora si può ben capire come il danno risulti essere doppio.
Pertanto, sono necessari un'attenzione sempre maggiore in questo ambito, un monitoraggio continuo e una informazione puntuale, che portino subito a conoscenza l'eventualità di abusi. La relazione in esame sottolinea tali aspetti ed è per questo motivo che ho deciso di esprimere il mio voto positivo.
Wojciech Michał Olejniczak (S&D), per iscritto. – (PL) Il 5 aprile, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea e la lotta contro la frode. È dovere della Commissione europea e degli Stati membri tutelare gli interessi finanziari dell’Unione europea, lottando contro disonestà, frode e corruzione. Il documento che è stato adottato contiene statistiche riguardanti questo problema, molte delle quali sono allarmanti. Mancano dati corretti, i sistemi di sorveglianza non funzionano sempre in modo idoneo e molti governi non sembrano disposti a cooperare. La frode e la corruzione vanno in primo luogo a ledere gli interessi dei contribuenti e ritengo che si debba compiere ogni possibile sforzo per eliminarle completamente. Condivido i pareri del Parlamento europeo e l’obbligo che impone agli Stati membri di esercitare un reale controllo sull’utilizzo dei fondi del bilancio dell’Unione europea e inoltre di fornire informazioni esaustive e affidabili. Altrettanto importante è l’introduzione di sistemi di appalti pubblici aperti e trasparenti e di una sorveglianza più efficace delle procedure doganali semplificate in tutta l’Unione. Queste misure non solo saranno utili per individuare e combattere i casi di corruzione adesso, ma ne ridurranno in misura significativa la frequenza in futuro.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Cari colleghi, ho votato a favore della relazione sulla tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea e la lotta contro la frode perché è un argomento di interesse per tutti gli Stati membri, su cui tutti devono confrontarsi per coordinarsi al meglio contro speculazioni o gestione indebita delle risorse nazionali e/o comunitarie. Il testo elenca una serie di statistiche riguardanti frodi, irregolarità e incongruenze varie riscontrate nei paesi membri e nelle stesse istituzioni europee. I dati fanno da monito a chi tutela gli interessi finanziari dell'Unione e cercano di dare informazioni attendibili e dettagliate per mostrare esaustivamente la situazione internazionale su irregolarità e frodi al fine di tutelare gli interessi pubblici.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Questa relazione della Commissione sulla tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea – Lotta contro la frode – Relazione annuale 2009, presentata a norma dell’articolo 325, paragrafo 2 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), non fornisce in generale alcuna informazione sul livello stimato di irregolarità e frode nei singoli Stati membri, concentrandosi invece piuttosto sul livello di comunicazione. Non è quindi possibile avere una visione complessiva della situazione effettiva in fatto di frode e di irregolarità negli Stati membri, né individuare e disciplinare quelli in cui si registra il numero più elevato di casi di questo tipo. Concordo con il relatore sul fatto che l’approccio più adeguato consista nel basare le conclusioni sulla situazione della tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea e della lotta contro la frode sulla relazione annuale della Corte di conti per il 2009 che è a suo avviso la fonte di informazioni più attendibile, là dove la relazione della Commissione e quella dell’OLAF fungono principalmente da informazione ausiliaria sulle tendenze in materia di comunicazione e da studio di casi specifici. Per queste ragioni ho votato a favore della relazione.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) A favore. L’articolo 325 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea impone alla Commissione europea e agli Stati membri l’obbligo di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione europea e di combattere contro la frode in settori in cui la responsabilità è condivisa tra l’Unione e gli Stati membri. A norma dell’articolo 325, paragrafo 5, la Commissione, in cooperazione con gli Stati membri, presenta ogni anno al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulle misure adottate ai fini dell’applicazione del presente articolo. La relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulla tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea – Lotta contro la frode – Relazione annuale 2009 (COM(2010)382) contiene una sintesi delle statistiche riguardanti i casi di irregolarità comunicati dagli Stati membri nei settori in cui questi ultimi provvedono all’esecuzione del bilancio (politica agricola, politica di coesione, Fondi di preadesione, pari all’80 circa del bilancio) e nella riscossione delle risorse proprie tradizionali dell’Unione europea. Essa fornisce inoltre una stima delle irregolarità rilevate nelle spese gestite direttamente dalla Commissione e una panoramica dell’attività operativa dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. − Ho votato a favore di questa relazione perché troppo spesso mancano informazioni certe su irregolarità e frodi riconducibili alla spesa UE negli Stati membri. Inoltre, troppo spesso manca un vero e proprio controllo sulla raccolta dei dazi doganali e sul recupero dei fondi spesi in modo errato. È importante ora adottare misure concrete per distinguere nettamente tra irregolarità e frodi, in quanto la frode costituisce un reato penale, mentre l'irregolarità è il mancato rispetto di una regola e può anche essere involontaria. Bisogna disporre di una ripartizione di queste per ogni singolo Stato membro, in modo che possa essere intrapresa l'azione disciplinare nei confronti dei singoli paesi.
Czesław Adam Siekierski (PPE), per iscritto. – (PL) L’Ufficio europeo per la lotta antifrode svolge ogni anno centinaia di indagini su tematiche collegate all’evasione dei pagamenti destinati all’Unione europea e agli abusi delle risorse finanziarie dell’Unione europea. Nascondere la portata delle frodi non servirà a nulla. Anzi, in questo modo, non ci rendiamo conto dei pericoli e quindi non ci possiamo difendere.
Mi preoccupa l’attuale basso tasso di recupero dei fondi spesi indebitamente. Il denaro recuperato dai beneficiari nel periodo 2007-2009 rappresenta solo il 10 per cento dei recuperi complessivi. È inaccettabile. Dobbiamo introdurre un sistema efficiente per il recupero e l’attento controllo dei progressi compiuti in questo settore. Il controllo delle frodi non deve limitarsi alle istituzioni europee, ma dovrebbe essere garantito anche nei singoli Stati membri. Sono proprio questi ultimi che dovrebbero mettere a punto e valutare periodicamente sistemi per gli appalti pubblici atti ad evitare casi di corruzione.
Gli Stati membri dovrebbero inoltre mantenere la trasparenza e la responsabilità nel settore degli appalti pubblici. Occorre impegnarsi, sia a livello dell’Unione che degli Stati membri, per fare in modo che le procedure siano semplici e limitino l’eccessiva burocrazia.
Catherine Stihler (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione perché la lotta contro la frode non tutela solo gli interessi finanziari dell’Unione europea ma è anche fondamentale per la protezione dei consumatori.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) Questa relazione, che è stata approvata da tutti i gruppi politici europei, indica il livello stimato di irregolarità e casi di frode nei singoli Stati membri nell’utilizzo dei fondi dell’Unione europea. Secondo la Commissione, l’aumento del numero di casi comunicati è da imputare all’introduzione del nuovo sistema tecnologico di segnalazione. Voto a favore della relazione e ritengo che la Commissione debba fare di più per responsabilizzare e disciplinare gli Stati membri in materia di frodi e irregolarità. Occorre rendere disponibili le informazioni necessarie su ogni Stato membro in modo da migliorare l’efficacia dei sistemi di controllo e di supervisione e in modo da poter avere un quadro realistico della situazione. Allo stesso tempo, gli Stati membri dovrebbero introdurre il sistema di gestione delle irregolarità per rispettare maggiormente i loro obblighi in materia di comunicazione delle informazioni alle istituzioni europee.
L’agricoltura, la politica di coesione e i fondi di preadesione sono settori in cui i tassi di irregolarità o di frode sono particolarmente elevati ed è pertanto necessario adottare misure atte ad migliorare la sorveglianza, la rilevazione e la correzione. È fondamentale che tutti gli organismi europei, ma in particolare quelli degli Stati membri, cooperino al fine di creare un clima di trasparenza e rigore in materia di spesa dei fondi europei.
Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione sulle frodi nell’utilizzo dei fondi europei negli Stati membri. Questa relazione critica l’aumento dei casi di sospetta frode, relativamente al loro numero e ai relativi importi, rispetto al numero complessivo dei casi di irregolarità in certi Stati membri (Polonia, Romania e Bulgaria), e invita la Commissione, le competenti agenzie dell’Unione e gli Stati membri a prendere misure al fine di garantire che i fondi europei non siano soggetti a corruzione e ad adottare sanzioni dissuasive in caso di corruzione e frode constatata. Sembrerebbe il requisito minimo.
Con questa relazione, il Parlamento segnala anche i casi della Francia e della Spagna, dichiarandosi “preoccupato” in relazione ai tassi di sospetta frode stranamente bassi in questi paesi e chiede alla Commissione informazioni sulla capacità di rilevamento delle frodi in tali Stati. La lotta contro la corruzione è fondamentale, ma non deve nascondere la complessità delle procedure. Una vera semplificazione dovrebbe consentire un maggiore accesso ai fondi sia per gli enti locali sia per le piccole organizzazioni che ne hanno bisogno. Faciliterebbe senza dubbio la gestione dei fondi e garantirebbe un migliore controllo parlamentare.
Angelika Werthmann (NI), per iscritto. – (DE) Occorre trovare al più presto una soluzione efficace al problema dell’elevato tasso di errori nell’aggiudicazione dei fondi dell’Unione. Dobbiamo applicare immediatamente misure rigorose atte ad evitare che si possano ottenere fraudolentemente fondi pubblici. L’Unione europea e gli Stati membri devono cooperare al fine di assicurare che i finanziamenti europei offrano il massimo vantaggio ai cittadini europei, perché è in ultima analisi nell’interesse di entrambe le parti.
La relazione afferma che il sistema integrato di gestione e controllo è inficiato da dati imprecisi, controlli incrociati incompleti e mancanza di follow-up. Sono problemi da risolvere. Disposizioni chiare e una piena trasparenza in merito alla partecipazione e all’aggiudicazione dei fondi, associate a regole severe sui controlli sono il mezzo migliore per assicurare di fermare le pratiche fraudolente ancor prima che inizino.
Iva Zanicchi (PPE), per iscritto. − Ho espresso un voto favorevole al testo presentato dal collega Ivan sulla tutela degli interessi finanziari dell'Unione europea e sulla lotta alla frode nei settori in cui la responsabilità è condivisa tra Unione e Stati membri. Ritengo, specie alla luce dei recenti avvenimenti, che sia importante porre l'attenzione su questo problema e garantire un costante impegno che permetta un'attività di contrasto alle frodi omogenea e uniforme in tutto il territorio dell'UE.
William (The Earl of) Dartmouth (EFD), per iscritto. – (EN) L'UKIP si oppone in linea di principio ai partiti politici a livello europeo: l'unica vera forma rappresentativa dell'opinione e delle idee degli elettori degli Stati membri sono i partiti politici nazionali. Sarebbe però sbagliato consentire solamente ai partiti del superstato europeo di beneficiare del denaro versato dai contribuenti, se è questa la proposta. Per questo l'UKIP si riserva il diritto di far parte di un partito politico europeo. Sarebbe un gravissimo errore che i nostro sistema politico impedisse di esprimersi a milioni di cittadini britannici e non sul continente, che sono contrari al progetto europeo.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) ho votato a favore di questa relazione che rappresenta un importante passo avanti nella creazione di una base giuridica comune per la regolamentazione dei finanziamenti. La relazione si muove nella giusta direzione, non riconoscendo uno status europeo alle risorse umane dei partiti e discernendo le condizioni per la creazione di un partito da quelle per il suo finanziamento. Apprezzo anche l'inserimento di riferimenti alle fondazioni politiche.
Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore di questa risoluzione sull'applicazione del regolamento relativo allo statuto e al finanziamento dei partiti politici a livello europeo. Stiamo parlando di un documento importante che contribuisce allo sviluppo dei partiti politici a livello europeo finalizzato a suscitare l'interesse dell'opinione pubblica per gli affari europei. Bisogna potenziare un quadro unitario e trasparente per il finanziamento dei partiti politici a livello europeo se vogliamo che i cittadini dell'UE li sostengano questi partiti e ripongano fiducia. Approvando questa risoluzione, il Parlamento europeo manifesta apertamente il suo appoggio ai finanziamenti trasparenti, elemento fondamentale per i valori democratici e per il buon governo. È molto importante che ai partiti politici a livello europeo che promuovono la democrazia nell'Unione sia assegnato uno status giuridico comune e uniforme. L'approvazione di uno statuto europeo basato sul diritto dell’UE e pensato per contribuire all'armonizzazione degli aspetti fiscali dei partiti politici a livello europeo, non è mai stata così importante come adesso per i partiti affinché possano raggiungere i propri obiettivi. Concordo con la relatrice quando afferma che questo documento contribuirà a migliorare il funzionamento del sistema dei partiti politici a livello europeo.
Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. – (RO) L'Unione europea comprende un insieme di nazioni, culture, opinioni e credenze diverse che, nel clima sociopolitico attuale, devono essere rappresentate in modo uniforme e ricevere pari sostegno all'interno dei forum legislativi, siano essi nazionali o europei. Il concetto di rappresentatività è la base su cui costruire l'Europa e dovrà essere mantenuto e sostenuto perché solo in questo modo si può dare un senso al progetto di un'Europa unita.
Credo che l'allentamento del regime di finanziamento per i partiti politici a livello europeo possa contribuire al rafforzamento del principio di democrazia rappresentativa nonché alla sua promozione in futuro, così come degli interessi di tutti i cittadini europei che contribuiscono al bilancio comunitario. Nel processo di transizione dal concetto di "polis" europea a quello di identità politica europea, dobbiamo puntare a facilitare il contatto diretto tra i cittadini europei e i partiti politici. L'onorevole Giannakou nella sua relazione sottolinea che questo non è possibile senza una revisione dello status e dei finanziamenti dei partiti a livello europeo. Bisogna concentrarsi, come chiaramente indicato nella relazione, sulla riduzione degli oneri burocratici legati alle procedure di finanziamento, introducendo però al contempo dure sanzioni in caso di irregolarità o mancato rispetto delle normative esistenti. Questo il motivo per cui mi sono espressa a favore della relazione.
Sophie Auconie (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione presentata dall'onorevole Giannakou che propone, in particolare, che i partiti politici e le fondazioni a livello europeo acquisiscano personalità giuridica grazie a uno status giuridico e fiscale comune basato sul diritto dell'Unione europea e invita la Commissione europea a presentare proposte specifiche in merito. Ribadisce inoltre che un partito politico a livello europeo può ricevere finanziamenti solo se è rappresentato in seno al Parlamento europeo da almeno un deputato.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore di questa importante relazione. In base al trattato di Lisbona i partiti politici ricopriranno un ruolo importante nella creazione di uno spazio civico europeo comune; è quindi fondamentale che abbiano uno status giuridico uniforme e che vi sia la massima trasparenza dei finanziamenti, dei quali bisogna poter rendere conto all'opinione pubblica. Attualmente molti partiti politici attivi in Europa sono relativamente chiusi e non c'è molto ricambio ai vertici, il che indebolisce il ruolo di queste organizzazioni politiche nell'assicurare il coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni da prendere a livello politico. Riformando il regolamento sulle attività dei partiti, l'Unione europea può sfruttare questa occasione per dare nuovo impulso ai partiti politici a livello europeo. Credo che la definizione di nuove regole comuni sulle attività dei partiti e sui loro finanziamenti debba includere non solo criteri democratici per la creazione della struttura interna dei partiti, ma anche controlli democratici specifici. Se le organizzazioni politiche venissero meno a questi impegni, perderebbero una serie di opportunità, tra le quali l'assegnazione di finanziamenti pubblici.
George Becali (NI), per iscritto. – (RO) Concordo con la relatrice sul fatto che i partiti politici a livello europeo siano strumenti essenziali di una democrazia parlamentare, anche se in questo momento esistono solo organizzazioni ombrello dei partiti nazionali affiliati. Sono anche favorevole all'idea di destinare i finanziamenti ai soli partiti rappresentati in seno al Parlamento europeo da almeno un deputato. Approvo l'idea di chiedere alla Commissione di proporre un progetto di statuto dei partiti politici a livello europeo, conformemente al trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Mi associo alla relatrice nel richiedere modifiche al regolamento finanziario ai partiti e le fondazioni politiche a livello europeo e che il finanziamento sia reso disponibile al 100 per cento all'inizio dell'esercizio finanziario.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR) Stiamo parlando di un sentimento condiviso da tutti i cittadini europei e, a questo livello, essere a favore dell'Europa unita o contro la sua integrazione non fa differenza. L'urgenza è fare nuovamente proprie le questioni europee. I partiti politici a livello europeo hanno uno spazio di manovra considerevole. Devono delineare nuove prospettive e dare nuovo impulso agli strumenti democratici in Europa. Dobbiamo allentare i vincoli alla creazione dei partiti politici a livello europeo al fine di liberare tali energie. Dobbiamo definire chiaramente lo status di questi nuovi spazi di dialogo e offrire prospettive reali all'attività dei partiti politici a livello europeo nelle prossime elezioni.
Slavi Binev (NI), per iscritto. – (BG) Mi sono opposto a questa relazione per diversi motivi. Molte proposte sui finanziamenti diretti e sullo status dei partiti politici a livello europeo sono incompatibili con la realtà dei partiti nazionali. Gli eurodeputati sono eletti nei vari paesi tramite i partiti nazionali; dopo le elezioni, grazie ai propri partiti nazionali, i deputati eletti possono formare i gruppi a livello europeo, ma sempre portando avanti gli interessi del proprio partito a livello nazionale. La relazione non favorisce questo aspetto.
Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. – (RO) Lo sviluppo dei partiti politici a livello europeo è vitale per suscitare l'interesse dell'opinione pubblica per gli affari europei. La questione della regolamentazione dei partiti a livello europeo costituisce una problematica più seria, legata, da un lato, alle modalità di creazione di uno spazio civico transnazionale composto da cittadini liberi e uguali, dall'altro, alle possibili conseguenze di un "finanziamento collettivo", in forma di "contratto civico" tra diverse persone, per il futuro dell'integrazione. L'elaborazione di un pacchetto di riforme per i partiti politici a livello europeo come strumento per mobilitare le energie democratiche dei singoli e delle organizzazioni dei cittadini, non è un compito semplice, anche a causa della complessità sistemica dell'UE.
Il rafforzamento dei partiti politici a livello europeo consente di migliorare la governance partecipativa nell'UE e infine di consolidare la democrazia. Il futuro dell'Unione europea è nelle mani dei partiti politici a livello europeo, per quanto complesso questo possa sembrare. Un primo passo è la creazione di un ambiente sicuro e trasparente per le loro attività e il loro finanziamento. Abbiamo bisogno di uno spazio europeo nel quale i partiti politici mettano di fatto i cittadini al centro dell'Unione europea e li aiutino nelle attività quotidiane, in un momento in cui è chiaro che i cittadini sono distanti dall'Unione.
Jan Březina (PPE), per iscritto. – (CS) I partiti politici a livello europeo, elemento chiave per lo sviluppo della democrazia all'interno dell'Unione europea, dovrebbero avere uno status giuridico comune e uniforme, nonché la personalità giuridica al fine di colmare l'ampio divario fra il trattamento fiscale dei partiti politici europei e quello applicato alle istituzioni europee. Per quanto riguarda la creazione di partiti politici a livello europeo è corretto e opportuno che il loro statuto tenga conto in modo indifferenziato dei rappresentanti eletti a livello europeo, nazionale e regionale nella misura in cui i rappresentanti regionali fanno riferimento ai parlamenti regionali. Ogni partito politico a livello europeo dovrebbe inoltre essere rappresentato da almeno un deputato al Parlamento europeo. Dopotutto, per essere finanziato dal Parlamento europeo, un partito politico a livello europeo deve essere rappresentato al PE da almeno un deputato.
John Bufton, David Campbell Bannerman, Derek Roland Clark e Nigel Farage (EFD), per iscritto. – (EN) L'UKIP si oppone in linea di principio all'idea di partiti politici a livello europeo, che considera uno spreco del denaro dei contribuenti comunque già in difficoltà. Non c'è bisogno di simili partiti in quanto l'unico vero modo per rappresentare l'opinione dei cittadini degli Stati membri restano i partiti politici nazionali. Va tuttavia messo in chiaro che l'UKIP si riserva il diritto di prendere parte a un partito politico a livello europeo in modo da poter beneficiare anch'esso del denaro dei contribuenti, per meglio rappresentare i molti milioni di cittadini britannici e non sul continente che si oppongono all'Unione europea e al suo operato e la cui voce è soffocata dalla classe politica dirigente.
Nessa Childers (S&D), per iscritto. – (EN) Sono pienamente d'accordo con questa relazione che reputo un ulteriore passo avanti verso la creazione di veri partiti politici a livello europeo che possano operare a livello paneuropeo. L'unico modo per far fronte al deficit democratico in momento in cui i cittadini europei non si sentono integrati nel progetto europeo è costruire una vera politica europea, di cui un elemento fondamentale sono proprio i partiti politici paneuropei.
Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Mi sono astenuto dal voto nonostante la relazione proponga una soluzione al fatto che i partiti politici a livello europeo funzionino come ONG con sede in Belgio. I partiti a livello europeo, con le proprie caratteristiche ideologiche e politiche, devono acquisire una personalità giuridica ben definita. In certi casi possono contribuire a spingere i cittadini ad agire e prendere decisioni a vantaggio della popolazione e non di chi ha finanze solide. Nutro però delle riserve riguardo ad alcuni punti della relazione che si potrebbero intendere come limiti alla libertà e all'indipendenza organizzative e operative dei partiti politici a livello europeo. Le attività e l'organizzazione interne nonché l'attività politica devono dipendere dalle scelte politiche interne ai partiti, senza imposizioni dall'esterno. Le regole che governano il riconoscimento politico e legale dei partiti e i finanziamenti di cui necessitano devono favorire la loro attività in modo che sviluppino liberamente politiche alternative alla base della democrazia. Devono anche fare in modo di diventare portavoce dei popoli dell'Europa, senza influenze provenienti da situazioni politiche restrittive né da forti interessi economici.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) L'Unione europea funziona come una democrazia rappresentativa, come previsto dal trattato di Lisbona. A livello europeo, i partiti politici hanno un ruolo chiave nella sensibilizzazione politica e nell’esprimere la volontà dell'opinione pubblica europea. I partiti politici a livello europeo sono tuttavia organizzazioni ombrello per i partiti nazionali e in ultima analisi non interagiranno direttamente con gli elettori negli Stati membri. Il rafforzamento dei partiti politici a livello europeo comporta anche l'adozione di uno status politico, giuridico e fiscale che comprenda una personalità giuridica propria, basata direttamente sul diritto dell'Unione europea. Una migliore regolamentazione dei partiti politici a livello europeo e delle fondazioni politiche a essi legate, porterà benefici anche in termini di trasparenza. Il finanziamento trasparente è un elemento fondamentale per sostenere i valori democratici e promuovere la buona governance e si spera che possa anche aiutare a rinsaldare la fiducia dell'opinione pubblica nei confronti dei partiti politici.
Philippe de Villiers (EFD), per iscritto. – (FR) I partiti politici a livello europeo non hanno senso. Lo "spazio politico a livello europeo" difeso da molti non esiste. Solo in un'entità dove i cittadini condividono gli stessi valori, la stessa lingua e la stessa cultura, ossia la nazione, è possibile esprimere idee e tenere veri dibattiti politici.
Secondo la relazione, i partiti politici a livello europeo devono diventare il luogo per "esprimere la volontà dei cittadini dell'Unione". Si tratta di un obiettivo inverosimile. I livelli record di astensionismo raggiunti e superati a ogni nuova elezione europea dovrebbero ricordarci che una democrazia equa ed efficace non si realizza a livello sovranazionale. I cospicui finanziamenti europei destinati a questi partiti sono scandalosi. Si percepiscono chiaramente il crescente sentimento di estraneità dei cittadini e la loro mancanza di interesse, eppure il Parlamento europeo e le istituzioni europee in generale sono fermamente decisi a creare dal nulla uno spazio politico europeo.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore di questa relazione in quanto promuove standard sicuri e trasparenti per il funzionamento e il finanziamento dei partiti politici a livello europeo all'interno dell'Unione. Il futuro statuto europeo dei partiti politici segnerà un passo importante verso una maggiore partecipazione della popolazione, una democrazia più rappresentativa e un'Europa più vicina ai suoi cittadini.
Göran Färm, Anna Hedh e Marita Ulvskog (S&D), per iscritto. – (SV) In riferimento alla relazione sul regolamento relativo allo statuto e al finanziamento dei partiti politici a livello europeo, abbiamo deciso di votare contro il paragrafo dove si propone che i partiti politici a livello europeo partecipino alle campagne referendarie all'interno degli Stati membri, qualora i referendum in questione abbiano rilevanza a livello europeo. I partiti politici europei, finanziati per gran parte con fondi comunitari, attualmente possono solo partecipare alla campagna elettorale per le elezioni del Parlamento europeo. Riteniamo che le norme attuali vadano bene: le elezioni o i referendum nazionali devono essere decisi senza il coinvolgimento di partiti finanziati con fondi comunitari o altre forme esterne di finanziamento.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La nostra è una democrazia rappresentativa e si realizza quindi attraverso i partiti politici che, per questo motivo, sono strumenti democratici che rappresentano gli interessi legittimi della popolazione sia da vicino, per esempio attraverso i governi locali, sia da lontano, attraverso la loro rappresentanza alle istituzioni europee. Non a caso i deputati al Parlamento europeo sono organizzati in partiti politici e cercano di rappresentare gli interessi della popolazione, rispettando le priorità definite dal proprio orientamento politico. Come afferma la relatrice "la creazione di un contesto sicuro e trasparente per il funzionamento e il finanziamento dei partiti politici a livello europeo è un atto profondamente democratico"; credo quindi che l'iniziativa di definire un quadro normativo chiaro per lo status e il finanziamento dei partiti sia un passo nella giusta direzione.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) I partiti politici e le fondazioni politiche ad essi collegate sono strumenti essenziali in una democrazia parlamentare. Contribuiscono a esprimere la volontà politica della popolazione e sono fondamentali per la formazione e la selezione dei candidati. Il trattato di Lisbona prevede questo ruolo dei partiti e delle loro fondazioni al fine di creare una "polis" europea, uno spazio politico a livello europeo e una democrazia europea, di cui l'iniziativa dei cittadini è un elemento costitutivo fondamentale. I partiti politici e le fondazioni politiche a livello europeo sono diventati soggetti imprescindibili della vita politica dell'Unione europea, soprattutto in quanto modulano ed esprimono le posizioni delle varie "famiglie politiche". Concordo sui criteri definiti per accedere ai finanziamenti e in particolare sulla percentuale di reddito e sul requisito di rappresentanza del rispettivo partito politico.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Vi sono diverse considerazioni espresse nella relazione che ci hanno portato a dissentire. La partecipazione di partiti politici a livello europeo in campagne referendarie all'interno degli Stati membri ne è un esempio, anche qualora i referendum in questione siano direttamente collegati a temi relativi all'Unione europea.
Non siamo d'accordo nemmeno con la proposta secondo la quale i partiti politici dovrebbero avviare un processo per analizzare le modalità di adesione individuale diretta. Queste considerazioni vanno a definire una linea di principio che non appoggia la creazione di partiti politici a livello europeo. Tale processo è inscindibile non solo dalla natura neoliberale, federalista e militaristica dell'attuale processo di integrazione, all'interno del quale svolge tra l'altro anche un ruolo strumentale, ma anche dai suoi obiettivi.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Abbiamo votato contro la relazione perché ci opponiamo alla creazione di partiti politici a livello europeo e per via della nostra posizione in merito all'integrazione capitalista dell'Unione europea e lo stesso vale per le proposte avanzate in merito alle fondazioni politiche.
Nel caso specifico di questa relazione vi sono tuttavia anche altre ragioni per il nostro voto contrario. Per esempio, riteniamo sbagliato che i partiti politici a livello europeo partecipino alle campagne referendarie all'interno degli Stati membri, anche qualora i referendum in questione siano direttamente collegati a temi relativi all'Unione europea.
Siamo contrari anche alla proposta che i partiti politici a livello europeo debbano avviare un processo per analizzare le modalità di adesione individuale diretta.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Dare ai partiti politici a livello europeo uno status giuridico e una personalità giuridica basata esclusivamente sul diritto dell'Unione europea significa trasformarli in un'entità sovranazionale al di sopra delle leggi nazionali che regolano i partiti politici che poi confluiscono in quelli europei. Significa creare, in modo artificiale e dogmatico, un ventottesimo spazio politico solo virtuale. Sono contrario all'inasprimento delle regole che governano la creazione di questi partiti e al contestuale allentamento delle condizioni finanziarie applicabili e mi oppongo a qualsiasi legame tra il riconoscimento dello status "europeo" di un partito e il suo accesso ai finanziamenti pubblici. Si sta cercando in tutti i modi di limitare l'accesso a pochi membri privilegiati che possono godere più facilmente dei vantaggi finanziari e politici. A mio avviso, il diritto dei partiti politici a livello europeo di partecipare a campagne referendarie su temi europei risulta ambiguo.
Alcuni dei miei onorevoli colleghi hanno approvato la relazione, pensando a possibili referendum per l'ingresso della Turchia nell'Unione europea, che in ogni caso non avranno luogo. Personalmente la ritengo un'interferenza inaccettabile nel caso di referendum sull'adesione o sull'adozione dell'euro da parte di un paese o in referendum associati al diritto all'autodeterminazione spettante esclusivamente alla singola nazione. Ho votato pertanto contro la relazione.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) Questa relazione ha il mio pieno appoggio in quanto cerca di incoraggiare la nascita di una democrazia europea fondata su partiti con uno status e una personalità giuridici ben definiti. Questo ha l'innegabile vantaggio di rafforzarne la legittimità agli occhi dei cittadini che ancora pensano che l'Unione europea sia troppo distante. Si tratta di promuovere la trasparenza delle operazioni, elemento essenziale in una presunta democrazia. I finanziamenti ai partiti saranno più trasparenti, il che non può che rafforzarne la legittimità, aspetto che accolgo con favore.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore di questa relazione perché la creazione di un contesto sicuro e trasparente per il funzionamento e il finanziamento dei partiti politici a livello europeo rappresenta un atto profondamente democratico. È necessario uno spazio europeo per l'azione dei partiti politici che metta i cittadini al centro dell'Unione e li aiuti nella loro vita quotidiana. L'approvazione di norme specifiche consente il conseguimento di questo obiettivo e un duplice vantaggio: da un lato fornisce informazioni attuali, rapide e pubbliche sulla formazione dei partiti politici a livello europeo e sul loro status europeo comune. I cittadini sanno che la partecipazione a un partito politico a livello europeo significa essere coperti dal diritto dell'Unione europea e che i partiti politici hanno diritti e doveri. Dall'altro, lo statuto europeo dei partiti politici a livello europeo apre la strada alla creazione di un sistema partitico transnazionale. Si tratta del primo passo, indispensabile, per una maggiore partecipazione, una maggiore democrazia e infine una maggiore Europa.
Anneli Jäätteenmäki (ALDE), per iscritto. – (FI) È importante sviluppare i partiti politici a livello europeo. Una preoccupazione di vecchia data del Parlamento europeo è stato lo scarso interesse che l'opinione pubblica ha mostrato nei confronti degli affari comunitari, manifestatosi in particolare durante le elezioni parlamentari che nel caso più recente hanno raggiunto un'affluenza pari appena al 40,3 per cento tra i finlandesi aventi diritto.
Negli ultimi anni si è registrato un notevole incremento nei fondi per i partiti politici e le fondazioni a livello europeo. Quest'anno i partiti riceveranno un sostegno economico pari a 17,4 milioni di euro mentre le fondazioni riceveranno 11,4 milioni di euro. Dobbiamo ora gestire con particolare cura questo denaro dei contribuenti europei affinché venga speso nel modo più trasparente e sensato possibile. In futuro non dovrebbero più esserci aumenti al sostegno finanziario.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. – Egregio Presidente, onorevoli colleghi, "I partiti politici a livello europeo contribuiscono a formare una coscienza politica europea e ad esprimere la volontà dei cittadini dell'Unione" . Con queste parole l'articolo 10, paragrafo 4 del Trattato dell'Unione Europea definisce il ruolo che i partiti politici a livello europeo devono avere. Nonostante sia questo il ruolo che il trattato di Lisbona gli attribuisce, essi non riescono sempre ad interpretarlo in maniera ottimale. Ritengo che i partiti politici europei possano, e debbano, contribuire in modo più incisivo alla vita politica e sociale dell'Europa, suscitando nell'opinione pubblica interesse per gli affari interni dell'Unione. Alla luce di queste considerazioni risulta fondamentale che ai partiti politici di livello europeo venga riconosciuto uno status giuridico, politico e fiscale unico ed uniforme che permetta anche una vera convergenza organizzativa. Credo, infatti, che lo statuto sui partiti politici di livello europeo possa aprire la strada non solo ad un coinvolgimento della popolazione, ma anche alla creazione di un vero sistema partitico transnazionale, fondamentale per garantire una maggiore democrazia in Europa.
Agnès Le Brun (PPE), per iscritto. – (FR) Da sette anni a questa parte, i principali raggruppamenti politici a livello europeo si sono affermati quali partiti a livello europeo, uniti all'interno dei gruppi rappresentati in quest'Aula. Eppure la visibilità e le attività di questi partiti trans-europei viene fortemente limitata dalla forza delle alleanze nazionali. Senza entrare nel merito di queste ultime, fondamentali per la vocazione democratica dell'Unione europea, dobbiamo impegnarci per favorire la nascita di un dialogo a livello paneuropeo quale unico mezzo per consentire all'Europa di progredire. La relazione dell'onorevole Giannakou mira nello specifico a promuovere la creazione di partiti politici a livello europeo e pertanto ha il mio appoggio. Invita la Commissione a attuare la legislazione che definisce uno statuto per queste entità, ne agevola il finanziamento e consente una loro migliore integrazione nella vita politica quotidiana dei cittadini. Questo regolamento andrebbe a creare uno spazio privilegiato per garantire la realizzazione degli interessi trans-europei offrendo al contempo norme attente per assicurare un dibattito aperto e trasparente.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione che considero un enorme passo avanti verso la creazione di uno statuto giuridico che regoli i partiti politici a livello europeo.
Véronique Mathieu (PPE), per iscritto. – (FR) Dal momento che i partiti politici sono rappresentati a livello europeo, le istituzioni si aspettano che questi informino l'opinione pubblica sulle questioni europee. Ho votato a favore della relazione che definisce uno status giuridico e fiscale comune per i partiti politici a livello europeo, reso possibile grazie al trattato di Lisbona che attribuisce all'Unione europea una personalità giuridica. Lo status è necessario per consentire la convergenza fiscale e organizzativa dei partiti politici a livello europeo e delle loro fondazioni.
Le fondazioni affiliate ai partiti politici contribuiscono alle discussioni sulle questioni politiche di interesse generale. Le regole sui finanziamenti vengono chiarite in modo da avere informazioni attendibili e trasparenti sul loro finanziamento e funzionamento. Una norma importante pone come condizione al finanziamento che il partito sia rappresentato in seno al Parlamento europeo da almeno un deputato.
Marisa Matias (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore di questa relazione perché ritengo che, se si può affermare che nei nostri paesi non c'è democrazia senza i partiti politici, si debba allora anche dire che non ci sarà una vera democrazia europea senza partiti politici a livello europeo. Come ritengo che si debbano proibire in assoluto i finanziamenti ai partiti nazionali da parte di attività commerciali e relativi gruppi di pressione, avendo fondi pubblici garantiti dallo Stato, così credo anche che i partiti politici a livello europeo debbano essere finanziati con il bilancio comunitario, escludendo la possibilità di "donazioni" da parte di persone giuridiche.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Sostenere standard sicuri e trasparenti per il funzionamento e il finanziamento dei partiti politici a livello europeo è fondamentale. Il futuro status europeo dei partiti politici avrà un ruolo importante nel realizzare questo progetto perché porterà a una maggiore partecipazione dell'opinione pubblica, a una democrazia più rappresentativa e a un'Europa più vicina ai suoi cittadini.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (EN) Sono convinto che la creazione di un contesto sicuro e trasparente per il funzionamento e il finanziamento dei partiti politici a livello europeo sia un atto profondamente democratico. È necessario uno spazio europeo per l'azione dei partiti politici che metta i cittadini al centro dell'Unione e li aiuti nella loro vita quotidiana. L'approvazione di norme specifiche consente il conseguimento di questo obiettivo e un duplice vantaggio: da un lato fornisce informazioni attuali, rapide e pubbliche sulla formazione dei partiti politici a livello europeo e sul loro status comune europeo. I cittadini sanno che la partecipazione a un partito politico a livello europeo significa far parte di un'entità coperta dal diritto dell'Unione europea e che i partiti politici hanno diritti e doveri. Dall'altro, lo statuto europeo dei partiti politici a livello europeo apre la strada alla creazione di un sistema partitico transnazionale. Ho pertanto espresso voto favorevole.
Wojciech Michał Olejniczak (S&D), per iscritto. – (PL) Durante la seduta di mercoledì, il Parlamento europeo ha approvato la relazione Giannakou relativa allo statuto e al finanziamento dei partiti politici a livello europeo. Credo nel ruolo chiave dello sviluppo dei partiti politici a livello europeo, grazie al quale abbiamo la possibilità di suscitare l'interesse dell'opinione pubblica per gli affari europei il che, secondo me, porterà a migliori risultati alle elezioni del Parlamento europeo. I partiti politici intrattengono il dialogo con i cittadini, che si realizza grazie a numerosi seminari e discussioni politiche. Dando la possibilità di finanziare i partiti politici a livello europeo, il trattato di Maastricht e il trattato di Nizza hanno offerto ai partiti la possibilità di agire indipendentemente dai gruppi parlamentari. Nonostante l'innegabile passo in avanti per migliorare lo status dei partiti europei, la loro principale fonte di finanziamento restano però le quote associative individuali e, in parte minore, le donazioni. mi auguro pertanto che il documento approvato porti a un miglioramento significativo della posizione dei partiti politici a livello europeo.
Rolandas Paksas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore di questa importante risoluzione in quanto i partiti politici a livello europeo sono un elemento importante per l'integrazione all'interno dell'Unione europea, finalizzata a creare una "polis" europea, uno spazio politico a livello europeo e una democrazia europea. I partiti politici a livello europeo devono lavorare in stretta cooperazione con i loro membri all'interno dei partiti nazionali e regionali e devono quindi godere di condizioni di lavoro favorevoli e ricevere finanziamenti. È necessario garantire la massima trasparenza e assicurare controlli finanziari dei partiti politici a livello europeo che ricevono finanziamenti dal bilancio comunitario. Il regolamento finanziario in particolar modo deve essere integrato con disposizioni pensate unicamente per regolamentare i finanziamenti dei partiti a livello europeo e delle fondazioni ad essi collegate. Sarebbe inoltre consigliabile introdurre un'eccezione in modo che il finanziamento sia reso disponibile al 100 per cento all'inizio dell'esercizio finanziario e non all'80 per cento; le risorse indipendenti che i partiti devono dimostrare di possedere potrebbero essere ridotte al 10 per cento. Per garantire che i fondi stanziati siano impiegati come previsto e in modo trasparente, il regolamento deve contemplare sanzioni per la violazione delle procedure di finanziamento. Visto che i partiti politici a livello europeo hanno un ruolo politico a livello dell'Unione europea, sono d'accordo con la proposta di dare loro il diritto di partecipare alle campagne referendarie, qualora i referendum siano direttamente collegati a temi relativi all'Unione europea, e di permettere l'utilizzo dei fondi a loro disposizione per finanziare queste campagne. Solo se i partiti politici a livello europeo saranno forti e funzionanti potranno contribuire alla creazione di un legame più forte tra le istituzioni dell'Unione europea e i suoi cittadini. Per questo motivo è urgente che la Commissione presenti la proposta di statuto per i partiti politici a livello europeo quale questione urgente.
Justas Vincas Paleckis (S&D), per iscritto. – (LT) Le elezioni del Parlamento europeo dovrebbero diventare più democratiche. I cittadini dell'Unione europea devono poter votare non solo le liste nazionali, ma anche quelle europee. I partiti politici e le fondazioni politiche a livello europeo stanno accrescendo la loro importanza all'interno della vita politica dell'Unione europea, ma hanno ancora difficoltà ad aumentare la propria popolarità e il sostegno che ricevono perché rappresentano semplici organizzazioni ombrello per i partiti nazionali e non entrano direttamente in contatto con l'elettorato degli Stati membri. Dobbiamo migliorare le condizioni entro le quali i partiti politici a livello europeo operano perché a questo corrisponderebbe un migliore governo di rappresentanza dell'Unione europea e un rafforzamento della democrazia. Ho votato a favore di questa relazione perché credo che segni un passo importante, probabilmente il primo, verso il rafforzamento dei partiti politici a livello europeo. Concordo con la relatrice quando afferma che dobbiamo definire con urgenza un quadro giuridico per le attività dei partiti politici a livello europeo. I finanziamenti per le attività di questi partiti devono essere trasparenti e a tal fine è necessario effettuare controlli.
Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. – Il sistema democratico su cui si basa l'Unione europea mette al centro il cittadino come punto di riferimento intorno al quale ruotano tutte le decisioni. Il cittadino è rappresentato dai partiti politici che, per essere garanti delle volontà dei propri elettori, devono dotarsi di regole comuni di trasparenza e uniformità, per questo ho votato a favore dell'applicazione del regolamento sullo statuto e sui finanziamenti dei partiti politici a livello europeo. Un regolamento comunitario di tale portata offre la possibilità di documentarsi in maniera approfondita sui partiti politici europei, garantisce contro la corruzione economica interna e stimola l'interesse dei cittadini facilitandone la partecipazione alla vita politica dell'Unione europea.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Questa relazione si basa sul presupposto che lo sviluppo di partiti politici a livello europeo sia fondamentale per suscitare l'interesse dell'opinione pubblica per gli affari europei. I dibattiti che accompagnano la regolamentazione dei partiti a livello europeo fanno emergere una profonda preoccupazione su come creare uno spazio civico transnazionale composto da cittadini liberi e uguali e sulle conseguenze di un finanziamento collettivo, in forma di "contratto civico" tra diverse persone, per il futuro dell'integrazione. L’elaborazione di un pacchetto di riforme per i partiti politici a livello europeo come strumento per mobilitare le energie democratiche dei singoli e delle organizzazioni dei cittadini, non è un compito difficile semplice, anche a causa della complessità sistemica dell'Unione europea. Tutto ciò può comunque essere trasformato in un vantaggio se si chiarisce la "missione costitutiva" dei partiti politici a livello europeo e come dialogo, informato e basato su principi, sul loro sviluppo politico possa contribuire all'emergere di un "demos" plurale. Ho votato a favore di questa relazione in quanto credo che la creazione di un contesto sicuro e trasparente per il funzionamento e il finanziamento dei partiti politici a livello europeo migliori la qualità della democrazia europea.
Miguel Portas (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Mi sono espresso a favore della relazione in quanto credo che, se si può affermare che senza partiti politici non ci sarebbe democrazia nei nostri paesi, si dovrebbe anche aggiungere che non ci può essere una vera democrazia europea senza partiti politici a livello europeo. Da un lato ritengo si debba assolutamente proibire il finanziamento dei partiti nazionali da parte di attività commerciali e relativi gruppi di pressione, quando vi sono fondi pubblici stanziati dallo Stato;