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Procedura : 2010/2958(RSP)
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Testi presentati :

B7-0198/2011

Discussioni :

PV 06/04/2011 - 20
CRE 06/04/2011 - 20

Votazioni :

PV 07/04/2011 - 6.8
Dichiarazioni di voto
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P7_TA(2011)0153

Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 6 aprile 2011 - Strasburgo Edizione GU

20. Revisione della politica europea di vicinato - dimensione orientale - Revisione della politica europea di vicinato - dimensione meridionale
Video degli interventi
Processo verbale
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta, le dichiarazioni della Commissione circa:

– Revisione della politica europea di vicinato – dimensione orientale [2010/2958(RSP)]

– Revisione della politica europea di vicinato – dimensione meridionale [2011/2642(RSP)].

 
  
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  Štefan Füle, membro della Commissione.(EN) Signora Presidente, sono lieto di avere la possibilità di tenere uno scambio di vedute con il Parlamento in merito alla politica europea di vicinato.

In considerazione di quanto sta accadendo nel Mediterraneo meridionale, è essenziale ridefinire questa politica. La Commissione ne ha effettivamente operato una revisione nel corso degli ultimi nove mesi. Vorrei cogliere questa opportunità per ringraziare gli onorevoli deputati per il contributo apportato durante la fase di consultazione, che ci ha permesso di raccogliere risposte provenienti da paesi partner, Stati membri, nonché esponenti del mondo accademico e di gruppi della società civile.

Ho letto sia la relazione David sulla dimensione meridionale che quella Siwiec sulla dimensione orientale e le trovo entrambe rilevanti e utili. Sono inoltre lieto di constatare che condividiamo lo stesso approccio.

Avrete notato che i risultati delle precedenti discussioni in merito alla politica di vicinato si ritrovano già nella comunicazione dell’8 marzo su un partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa. Ci prepariamo adesso per una comunicazione più ampia sui risultati della revisione, la cui pubblicazione è prevista in maggio. Uno degli aspetti centrali, emerso dalla revisione, è l’importanza di una differenziazione della politica di vicinato sulla base delle esigenze e dei desideri di ogni singolo paese partner. Continueremo ad offrire il nostro sostegno a tutti i partner, ma va riconosciuto che ogni paese vicino è diverso e nutre diverse ambizioni. Alcuni paesi partner desiderano progredire quanto più possibile verso l’Unione europea – di fatto fino all’adesione – mentre altri preferiscono usufruire appieno di altri vantaggi offerti dalla politica di vicinato. Adottando un approccio specifico e differenziato e garantendo al contempo una più solida gestione politica delle relazioni con i nostri partner riusciremo ad offrire di più e a ottenere maggiori risultati.

Cionondimeno, come raccomandato dagli onorevoli David e Siwiec nelle relative relazioni, i valori condivisi quali la democrazia, lo stato di diritto e il rispetto dei diritti umani saranno al cuore della politica di vicinato rivista per tutti i paesi partner. Tali valori dovrebbero concretizzarsi in impegni congiunti più significativi a vantaggio delle componenti indispensabili della democratizzazione. Mi riferisco, in particolar modo, a elezioni libere ed eque, alla libertà d’espressione e di associazione, all’indipendenza del sistema giudiziario, alla lotta alla corruzione e a una riforma nel settore della sicurezza.

Come evidenziato in entrambe le relazioni, la politica di vicinato rivista riconoscerà inoltre l’importanza della società civile. Le organizzazioni non governative godono dell’esperienza e della competenza necessarie per definire riforme democratiche e orientate al mercato, che partano dal basso e si basino su valori condivisi. Una società civile fiorente coinvolge i cittadini e contribuisce a far sì che i governi rendano conto del proprio operato, pertanto l’Unione europea integrerà le proprie relazioni con i governi tramite un maggior impegno con la società civile. Tale aspetto assume particolare rilevanza a livello regionale e subregionale dove, ad esempio, si sono registrati ottimi progressi per merito del Forum della società civile del partenariato orientale.

La prossima comunicazione offrirà maggiori dettagli sull’approccio nei confronti delle due subregioni del nostro vicinato, indicando le nostre aspettative circa gli ulteriori sviluppi del partenariato orientale a seguito del vertice sotto Presidenza polacca. Per quanto riguarda la dimensione meridionale, l’Unione per il Mediterraneo potrebbe svolgere un ruolo decisivo, sebbene, onestamente, non lo abbia ancora fatto, e dovrà pertanto essere rivitalizzata. Il suo potenziale risiede nello sviluppo di progetti economici concreti, che puntino sull’occupazione, l’innovazione e la crescita. Il segretariato dell’Unione per il Mediterraneo è nella posizione migliore per agire da catalizzatore e far convogliare su questi progetti economici l’operato dei diversi Stati, delle istituzioni finanziarie e delle aziende private.

Desidero menzionare brevemente altri tre elementi, emersi in sede di revisione, che saranno al cuore della politica di vicinato rivista: innanzi tutto il ruolo del commercio e dell’integrazione economica per far aumentare la stabilità e la prosperità nei paesi partner. Lo strumento più efficace per raggiungere questo obiettivo è una zona di libero scambio globale e approfondita, ovvero una DCFTA di successo che possa avere il potere di trasformare la situazione. Tramite il commercio vengono poi incoraggiate riforme normative in seno agli Stati partner.

Un ulteriore elemento è la necessità di maggiore mobilità tra i paesi partner e l’Unione europea, dal momento che non vi è modo migliore per promuovere i valori europei che tramite la condivisione delle esperienze individuali. La politica di vicinato tenterà di migliorare dunque la mobilità, senza perdere di vista la sicurezza.

Infine, molto paesi partner durante la consultazione hanno espresso il desiderio di un maggioe coinvolgimento politico con l’Unione europea. Un dialogo politico più stretto e intenso in tutti gli ambiti che caratterizzano le nostre relazioni ci permetterà di risolvere le questioni più spinose in un clima di fiducia reciproca.

Vi ringrazio molto per la vostra attenzione e attendo con estremo interesse il dibattito che ci attende. Terrò in considerazione le vostre posizioni.

 
  
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  Mário David, a nome del gruppo PPE.(PT) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli deputati, il difficile momento storico che stiamo attraversando richiede un intervento deciso e determinato. Al pari di molti di voi, abbiamo assistito agli eventi che si sono susseguiti nella regione del Mediterraneo con sentimenti di speranza, apprensione e aspettativa. Sono comunque lieto dell’atteggiamento proattivo che il Parlamento si prepara ad assumere circa la revisione della la dimensione meridionale della politica europea di vicinato (PEV), che mi auguro potenzierà la presenza dell’UE in questa regione, non solo in veste di consumatore, ma anche nel ruolo di partner impegnato. È necessario evidenziare fin dal principio l’assoluta necessità di promuovere i nostri valori fondamentali nelle relazioni con i nostri paesi vicini. Dobbiamo essere intransigenti nella difesa della democrazia, dei diritti umani e, specialmente, della giustizia sociale. Non possiamo continuare a concentrarci su una stabilità a breve termine che finisce con l’andare a discapito dei migliori interessi dei nostri cittadini, di una loro costante difesa e delle loro libertà individuali e collettive, con una particolare attenzione sui diritti delle donne.

È essenziale che, in futuro, l’Unione promuova, nell’ambito della politica di vicinato, un approccio che parta dal basso. Solo un maggiore coinvolgimento delle comunità locali e della società civile potrà garantirne un’attuazione estremamente efficace. Tuttavia, non posso esimermi dall’esprimervi la mia frustrazione: lamento l’incapacità del Parlamento e della Commissione di sfruttare appieno questa opportunità per apportare una differenziazione definitiva tra la dimensione orientale della PEV – con paesi che, in futuro, potrebbero diventare membri dell’Unione – e la dimensione meridionale della PEV.

Esorto inoltre la Commissione a dimostrare, in occasione del processo di revisione del 20 aprile, l’ambizione richiesta dalle circostanze, ovvero, una politica di vicinato su misura per ogni Stato, con parametri chiari e una valutazione accurata che possa determinare la nascita di un’area economica nel Mediterraneo che coinvolga le nuove democrazie del Sud.

Infine, signor Commissario, sono fiducioso che l’atmosfera positiva e la cooperazione che hanno caratterizzato il lavoro svolto su questo fascicolo possano determinare un coinvolgimento permanente del Parlamento nelle attività di pianificazione e valutazione della presente politica.

 
  
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  Marek Siwiec, a nome del gruppo S&D.(PL) Signora Presidente, signor Commissario, siamo giunti alle battute finali dei lavori relativi alla revisione della politica orientale dell’Unione europea. Si potrebbe dire che inizialmente la politica di vicinato era stata pensata come “premio di consolazione” per i paesi che non sarebbero diventati membri dell’Unione europea. Qual è la situazione odierna? Quali sono i paesi a cui si rivolge questa politica oggi?

Possiamo affermare che questa politica ha tagliato numerosi traguardi – di natura diversa – dal momento che non è possibile riassumere con una sola parola quanto è riuscita a fare la Moldova rispetto all’Ucraina e, ad esempio, la drammatica situazione in Bielorussia. Va comunque rilevato che, in questi paesi, cominciano ad emergere i valori europei, si legifera di più e meglio, aumenta l’attenzione destinata ai cittadini e le economie registrano livelli di efficienza molto più elevati – ed è in parte merito nostro. Questi sono i risultati della dimensione orientale della politica di vicinato, che oggi prende il nome di partenariato orientale.

Se oggi discutiamo della nostra intenzione di rivedere questa politica, allora è essenziale affermare che vogliamo che questi paesi, in modi e a ritmi diversi, si avvicinino ai nostri valori, a quanto ha da offrire l’Unione europea. Se vogliamo una politica à la carte, allora lasciamo che questi paesi dimostrino spirito d’iniziativa e noi, a nostra volta, dobbiamo reagire positivamente alle iniziative proposte. Come scritto nella relazione, desideriamo che la politica di vicinato sia sempre più vicina ai cittadini, alle élite, ai giornalisti e ai giovani. Vogliamo che, nel lungo termine, sia più facile viaggiare verso l’Unione europea e quindi semplificare il sistema dei visti.

Dobbiamo affermare inoltre, come si legge nella relazione, che effettivamente questa politica ha bisogno di fondi. È pur vero però che il denaro che l’Unione europea assegna a questa politica dovrebbe essere speso meglio, dovrebbe raggiungere i giusti beneficiari e, a volte, aggirare gli Stati e qualunque amministrazione statale che potrebbe sperperare i fondi in questione. Infine, parliamo del conflitto. Perché in seno a quest’Aula si sta consumando un conflitto sul fatto che non siamo in grado o non vogliamo dire chiaramente quale sia la formulazione …

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Ivo Vajgl, a nome del gruppo ALDE.(SL) Signora Presidente, sempre sorridente, signor Commissario, sin dall’inizio di questa legislatura del Parlamento europeo, se non prima, abbiamo tenuto un dibattito molto intenso e vivace sulla necessità di riformare le dimensioni orientale e meridionale della politica europea di vicinato. L’esigenza di tale riforma, che dovrebbe portare ad una maggiore integrazione delle regioni coinvolte, è effettivamente sempre più pressante ed evidente, specialmente in seguito ai cambiamenti e ai processi drastici che hanno colpito la regione.

La risoluzione, preparata dal mio collega nonché eccellente relatore, in collaborazione, nel corso del tempo, con numerosi relatori ombra e colleghi deputati, è oggi un documento completo che pone l’accento sulla nostra responsabilità di sviluppare relazioni con i paesi della regione sulla base di valori moderni, libertà democratiche e diritti umani.

Al riguardo, non è un caso che, specialmente il gruppo dell’Alleanza dei Liberali e Democratici per l’Europa, abbia posto l’accento, più che in passato, su temi quali le pari opportunità, il riconoscimento delle diversità e la tutela di tutte le minoranze. Questi aspetti dovrebbero diventare, in futuro, parte integrante della politica che l’Unione europea promuove nei paesi vicini, anche per mezzo dei propri servizi diplomatici. Dobbiamo essere più efficaci nel sostenere quanti lottano per le stesse cause in diversi paesi: per la libertà, per il diritto di partecipazione al processo decisionale e per uno sfruttamento equo delle risorse naturali.

La risoluzione richiama l’attenzione sul bisogno pressante di maggiori strumenti finanziari che permettano di sostenere lo sviluppo economico, la modernizzazione delle infrastrutture e degli investimenti in ambiti in cui si possano ottenere dei risultati … dove i benefici potrebbero forse essere meno visibili, ma che verrebbero avvertiti nel lungo termine, come ad esempio nel caso dell’istruzione, dell’integrazione di ricerca e istituzioni accademiche e dell’introduzione di nuove tecnologie.

Infine, non è un caso che la risoluzione richiami l’attenzione sull’esigenza di rivitalizzare l’Unione per il Mediterraneo, specialmente sul fronte dello sviluppo, del dialogo e della risoluzione di problemi che continuano ad affliggere la regione. Onorevoli deputati, è giunto il momento di guardare in faccia le questioni irrisolte e i conflitti congelati, per far sì che l’ondata di democratizzazione possa rimuovere eventuali ostacoli politici presenti sul cammino verso la pace, la riconciliazione e un nuovo quadro di sviluppo nella regione.

(L'oratore accetta di rispondere a un'interrogazione presentata con la procedura del cartellino blu ai sensi dell'articolo 149, paragrafo 8)

 
  
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  William (The Earl of) Dartmouth (EFD).(EN) Signora Presidente, mi domando se l’onorevole Vajgl abbia considerato quanto costerebbero ai contribuenti europei le iniziative extraterritoriali proposte nella relazione che egli stesso appoggia.

 
  
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  Ivo Vajgl (ALDE).(SL) Onorevole Dartmouth, se si riferisce all’iniziativa nel suo complesso, come indicata nella relazione, allora ritengo che i nostri investimenti saranno comunque estremamente vantaggiosi se confrontati con quanto accadrebbe laddove non ci impegnassimo maggiormente su questo fronte. È particolarmente evidente nel caso dell’Unione per il Mediterraneo, che necessita di strumenti più sofisticati per permettere all’Unione europea di definire una politica che sia in qualche modo efficace.

 
  
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  Werner Schulz, a nome del gruppo Verts/ALE.(DE) Signora Presidente, il partenariato orientale può essere considerato ancora una novità e, pertanto, è importante valutare, come avviene nel caso di questa relazione, se i nostri vicini dell’Europa orientale si siano effettivamente avvicinati agli obiettivi di riforma democratica. È evidente che sono stati compiuti dei progressi in questo ambito, ma si sono registrate anche delle battute d’arresto. Nel caso della Bielorussia e dell’Ucraina, il sistema autocratico russo, caratterizzato da un approccio flessibile alla politica estera e dal pugno duro nelle questioni di politica interna, dall’oppressione e dalla repressione, è indubbiamente più allettante e fornisce una guida più chiara di quella offerta dall’UE. Cionondimeno, le esperienze e gli errori compiuti nell’ambito dell’Unione per il Mediterraneo, che mirava a raggiungere una condizione di sicurezza sostenendo regimi autocratici, dimostra che non dobbiamo far leva sui governi corrotti.

L’obiettivo di una società civile attiva che si fondi sulla libertà e sui valori fondamentali dell’UE può essere raggiunto solo tramite un approccio che parta dal basso, promuovendo e sostenendo l’organizzazione autonoma della società civile. Il Forum della società civile, costituito nell’ambito del partenariato orientale, costituisce un buon inizio, nonché l’unico organo, al momento, in cui sia coinvolta l’opposizione bielorussa. Sfortunatamente, i seggi ad Euronest rimarranno vuoti fintantoché il parlamento bielorusso non verrà eletto liberamente e democraticamente.

Il Forum della società civile ha bisogno del nostro sostegno, come indicato nel paragrafo 20 della relazione. Tuttavia rimarrà una semplice dichiarazione d’intenti a meno che non la si accompagni con delle misure efficaci. Pertanto, mi rivolgo a voi affinché domani sosteniate l’emendamento 5 che dispone un sostengo finanziario continuo e l’istituzione di un segretariato per l’organizzazione. Vi esorto a sostenere domani l’emendamento 5, in modo da sviluppare ulteriormente la società civile. Si tratta di un approccio eccellente. Ho sperimentato io stesso a Berlino come sia possibile raggiungere obiettivi di questo tipo cominciando a lavorare dalle radici.

 
  
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  Charles Tannock, a nome del gruppo ECR.(EN) Signora Presidente, i paesi del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale hanno palesemente bisogno di un sostengo politico e – laddove opportuno – finanziario sul lungo termine da parte dell’UE. In paesi quali l’Egitto, la Tunisia e la Libia, è opportuno concentrarsi sul rafforzamento dei neonati movimenti democratici al fine di trasformarli in una solida tradizione di governo stabile, secolare e illuminato.

In Siria dovremmo sostenere maggiormente l’opposizione democratica al Presidente al-Assad, che non è certamente un amico dell’Occidente, come dimostrato dal tentativo di sviluppare un’arma nucleare insieme alla Corea del Nord e dal suo sostegno all’Iran e al terrorismo.

Gli attuali disordini richiedono, inevitabilmente, una ridefinizione delle priorità della dimensione meridionale della PEV, il che non può comunque aver luogo a discapito dei nostri partner della dimensione orientale. Alcuni di questi paesi hanno avviato anch’essi dei processi a lungo termine di transizione democratica, apertura e riforme. Sarebbe crudele ricompensarli per i progressi compiuti negando loro le risorse e il sostegno necessari per mantenere una traiettoria filoeuropea, semplicemente perché, in questo momento, la dimensione meridionale ha maggior bisogno delle attenzioni dell’UE.

Per quanto riguarda la Libia sono fermamente in favore di una zona di interdizione al volo e dell’imminente rovesciamento del regime. Sostengo il riconoscimento del Consiglio nazionale di transizione, nonché dello sblocco dei beni congelati di Gheddafi al fine di devolvere suddetti fondi alle forze filodemocratiche di Bengasi per l’acquisto di scorte e, perché no, anche di armi. Ritengo che la risoluzione 1970 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite bandisca esclusivamente la vendita di armi alla Giamahiria e, pertanto, non ai ribelli di Bengasi, sebbene sembri che, sfortunatamente, la legislazione UE abbia recepito la risoluzione 1970 scorrettamente, con un embargo generale sulle armi.

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Helmut Scholz, a nome del gruppo GUE/NGL. (DE) Signora Presidente, Commissario Füle, onorevole Siwiec, vi ringrazio per avere affrontato questo tema. Il parere quasi unanime del Parlamento è che la politica di vicinato non abbia prodotto i risultati sperati e io sono dello stesso avviso. Non condivido invece l’analisi delle cause. I risultati non soddisfano le nostre aspettative poiché non ci siamo concentrati sugli interessi in comune con i nostri vicini e abbiamo piuttosto posto l’accento sui nostri interessi e le nostre idee circa il futuro sviluppo dei nostri paesi vicini.

L’approccio necessario è chiaramente diverso. Abbiamo bisogno di una politica che ponga al centro la cooperazione tra le due parti e che rispetti il diritto sovrano dei cittadini dei paesi partner di plasmare il proprio futuro senza alcuna interferenza esterna. La politica deve fondarsi sulle sfide europee comuni, trasformando il partenariato in uno strumento permanente per discutere di cooperazione in modo sano e per identificare possibili soluzioni a problemi condivisi.

Non realizzeremo alcun progresso nella nostra politica di vicinato a meno che vi siano un diverso atteggiamento e un nuovo approccio politico.

 
  
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  Bastiaan Belder, a nome del gruppo EFD. – (NL) Signora Presidente, per prepararmi al dibattito odierno ho riletto la lettera aperta indirizzata da Svetlana Alexeyivich, sicuramente la più importante voce intellettuale in Bielorussia, al Presidente Alexander Lukashenko. Scrive e cito: “Anche i nostri cittadini temono una rivoluzione. Eppure nessuno vuole continuare a vivere in questo modo. Prima delle elezioni, il dialogo politico in seno alla nostra società era appena cominciato, ma voi avete apertamente reciso il bocciolo. Il nostro paese si è trovato nuovamente paralizzato dalla paura”. Fine della citazione.

Alexeyivich ha esortato il Presidente Lukashenko a recuperare il dialogo con i cittadini. È stata forse una richiesta ingenua? Alla fine, in un’intervista rilasciata al quotidiano Neue Zürcher Zeitung il 31 gennaio 2011, la scrittrice ha dichiarato che Lukashenko tiene in ostaggio l’intera nazione bielorussa, descrivendolo come un dittatore affetto da sindrome napoleonica, sul quale solo il Cremlino potrebbe esercitare una qualche influenza.

Eppure non vi è alcuna prova che Lukashenko sia lieto di puntare tutte le sue carte su Mosca. Pertanto, le istituzioni europee potrebbero offrire un’apertura strategica, nonostante la difficile situazione. Auguro al Commissario Füle di poter contare sulla propria saggezza e perseveranza, nonché sul pieno sostegno del nostro Parlamento per stabilire con la Bielorussia dei contatti responsabili da sfruttare nel modo migliore.

 
  
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  Marietta Giannakou (PPE).(EL) Signora Presidente, desidero ringraziare il signor Commissario per i suoi commenti. Effettivamente la politica europea di vicinato e la dimensione orientale sono state decisive per approfondire le relazioni con i nostri vicini ad Est.

Cionondimeno oggi si avverte l’esigenza pressante di rilanciare questo processo. La crisi scoppiata nei paesi dell’Africa settentrionale, inclusi nella dimensione meridionale della politica europea di vicinato, sta monopolizzando l’attenzione del mondo intero, ma la dimensione orientale ha affrontato e fronteggia ancora oggi sfide analoghe. Quanto accaduto in Bielorussia rappresenta un chiaro segnale e un campanello d’allarme per l’Unione europea rispetto alle responsabilità di cui è investita in situazioni analoghe. Abbiamo bisogno di un piano strategico a lungo termine per la crescita e la stabilità nella regione. Pertanto la revisione della politica europea di vicinato – e della dimensione orientale – deve corrispondere ad un’assunzione di maggiori obblighi politici da parte dei nostri partner.

Deve risultare chiaro fin dal principio che la promozione e il rispetto delle procedure democratiche, dello stato di diritto, dei diritti umani fondamentali e della tutela delle minoranze sono punti essenziali per la valutazione dei progressi compiuti dai nostri partner. Abbiamo quindi bisogno in anticipo di priorità chiare e obiettivi quantificabili. Valutazioni di questo tipo non dovrebbero sicuramente essere orizzontali, bensì richiedono una differenziazione delle relazioni con i diversi partner. Ogni paese dovrà pertanto essere giudicato separatamente circa i progressi compiuti, sulla base di parametri ben definiti.

La democrazia e i diritti umani non tollerano ambiguità; l’Unione europea è stata fondata sulla base di questi principi e, pertanto, ha il dovere morale di mantenerli anche in futuro. In questo contesto, la revisione della politica europea di vicinato deve conferire nuovo slancio ai tentativi volti a promuovere un quadro politico solido per la cooperazione con i nostri paesi orientali.

 
  
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  Hannes Swoboda (S&D).(DE) Signora Presidente, desidero replicare brevemente alle obiezioni sollevate da un collega deputato circa i costi, sebbene si sia nuovamente allontanato. I due relatori, che hanno prodotto delle ottime relazioni e che desidero ringraziare caldamente, indicano con una certa chiarezza quali costi dovremmo sopportare se non ci fosse una politica di vicinato. Sarebbero molto più elevati in termini di costi umani, se si considera la crisi dei rifugiati al Sud, ma anche ovviamente in termini sociali ed economici, se si analizza la situazione dei paesi vicini a Sud e a Est.

Vorrei parlare brevemente del partenariato orientale, mentre altri onorevoli deputati parleranno della dimensione meridionale. La situazione in Bielorussia è indubbiamente negativa, ma dobbiamo tentare in ogni modo di contattare gli enti non ufficiali, i singoli cittadini, i giovani e gli studenti al fine di incoraggiare uno sviluppo democratico e genuinamente positivo che parta dall’interno.

Desidero spiegare all’onorevole Schulz, che ha dichiarato che la Bielorussia e l’Ucraina verserebbero nella stessa situazione, che esistono invece grandi differenze tra questi due paesi. In Ucraina non dovremmo limitarci ai problemi, bensì constatare anche gli sviluppi e i cambiamenti positivi.

Desidero menzionare anche il Caucaso meridionale, un’area anch’essa molto importante per noi. Preoccupano gli sviluppi in Azerbaigian, dove vengono imprigionati blogger e dimostranti. È deplorevole per il paese e per il suo Presidente che avvengano episodi di questo tipo. Temiamo inoltre un possibile nuovo conflitto tra l’Azerbaigian e l’Armenia.

Desidero chiedere al Commissario Füle di prestare particolare attenzione a questa regione, aiutandola ad emergere dallo stato di confusione e dalla situazione conflittuale in cui versa.

 
  
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  Kristiina Ojuland (ALDE).(EN) Signora Presidente, desidero richiamare la vostra attenzione ai conflitti congelati nella regione Nagorno-Karabakh, porzione inseparabile della Repubblica dell’Azerbaigian. Ogni qual volta si discuta della politica di vicinato o di altre politiche relative alla regione del Caucaso meridionale, è opportuno tener presente l’integrità territoriale dell’Azerbaigian e della Georgia.

Il Parlamento deve rispettare il fatto che la regione Nagorno-Karabakh è internazionalmente considerata parte dell’Azerbaigian, sebbene sia occupata dalle forze militari americane e, come ben sappiamo, sia sostenuta politicamente dalle autorità del Cremlino. Suddetto riconoscimento dovrebbe sempre trovare spazio nei documenti e nelle dichiarazioni del Parlamento, del Consiglio e della Commissione. Tutte le iniziative da parte dell’UE volte ad adombrare questo aspetto devono essere scoraggiate al fine di procedere verso una risoluzione pacifica e legittima del conflitto congelato a Nagorno-Karabakh e nell’intera regione.

 
  
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  Hélène Flautre (Verts/ALE).(FR) Signora Presidente, signor Commissario, i movimenti popolari sulle sponde meridionali del Mediterraneo hanno chiaramente messo in risalto le debolezze della politica europea di vicinato.

Dal mio punto di vista, il problema non è tanto legato agli obiettivi della politica di vicinato, sanciti dagli articoli 8 e 21 del trattato di Lisbona sulla promozione e il rispetto dei diritti umani e della democrazia – che sono anche obiettivi sociali – quanto nella scorretta attuazione degli stessi. Dobbiamo pertanto trarre degli insegnamenti per il futuro, come si prefigge di fare il lavoro di revisione della politica in questione. Il primo punto, come indicato dall’onorevole Schulz, riguarda la nostra capacità di fornire un sostegno reale ed efficace alla società civile in tutti i paesi vicini, indipendentemente dalla loro rilevanza commerciale e strategica e dalla situazione politica.

È utile e necessario che i paesi vicini attraversino una fase di transizione, il che comporta inoltre una semplificazione rispetto al lavoro condotto sotto il giogo di un regime autoritario, come nel caso della Siria. Si tratta però al contempo di una sfida, una questione che è necessario imparare a gestire in modo efficace. Ritengo che dovremo inoltre essere in grado di discutere di questi temi con i nostri partner, non solo nell’ambito di forum dedicati ai diritti umani, come nel caso dei sottocomitati, ma anche ai più alti livelli politici. Eppure, al contempo, dobbiamo assicurarci che l’ordine del giorno dei sottocomitati non si distacchi dalla situazione reale, come già accaduto in passato, o che non finisca con l’essere trascurato da altri organismi, come nel caso del Consiglio “Giustizia e affari interni” (GAI).

Appoggio la comunicazione su un partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa con i partner del Mediterraneo meridionali. Ritengo che dovremmo inoltre aggiungere un obiettivo separato per la giustizia sociale e la lotta alle disparità. Chiaramente abbiamo anche bisogno di ridefinire il nostro concetto di mobilità nella regione del Mediterraneo. Credo che il partenariato per la mobilità sia un elemento positivo, ma dovremo anche capire come promuovere i benefici della mobilità per i singoli individui che viaggiano tra la sponda settentrionale e quella meridionale del Mediterraneo e per le nazioni ospitanti e i paesi di origine. La mobilità deve divenire inoltre un diritto fondamentale per quanti attraversano il Mediterraneo e si trasferiscono in Europa.

 
  
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  Paweł Robert Kowal (ECR).(PL) Signora Presidente, l’attuale discussione si svolge parallelamente all’adozione di un nuovo approccio alla politica di vicinato. Vorremmo porre definitivamente fine ad un’epoca in cui il concetto di stabilità veniva utilizzato al pari di una merce di scambio per ottenere concessioni in materia di diritti umani e principi democratici. Pertanto, desidero cogliere questa opportunità per richiamare alla vostra attenzione l’approccio olistico alla politica di vicinato. Non limitiamoci a considerare solo gli ultimi mesi, ma richiamiamo piuttosto alla nostra memoria anche gli eventi precedenti, come nel caso della Bielorussia. Oggi poniamo l’accento sull’esigenza di ribadire l’accordo tra gentiluomini relativo all’assegnazione di un terzo dei fondi disponibili nel quadro della dimensione orientale della politica di vicinato. Non si tratta di condividere il benessere quanto di condividere la sicurezza. È una questione che determinerà la sicurezza nonché il futuro della cooperazione tra gli Stati membri dell’UE e i paesi che potrebbero entrare a farvi parte.

 
  
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  Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL).(FR) Signora Presidente, le rivoluzioni arabe sono state motivo di grande speranza nei paesi coinvolti e altrove, dimostrando che la democrazia e i diritti umani possono essere valori universali.

Ciononostante, i cittadini di questi paesi mantengono un atteggiamento alquanto scettico nei confronti dell’Unione europea. Comprendo come questo possa dipendere dalle esperienze passate e dal sostegno garantito ai dittatori e lo capisco ancor di più alla luce della nostra incapacità di discutere di assistenza democratica senza legarla automaticamente ad un approccio economico noncurante delle scelte compiute da questi paesi, o ancor peggio quando apprendo che alcuni governi, incluso il mio governo nazionale, continuano a richiedere che gli aiuti europei siano subordinati agli accordi sulla riammissione. È uno strano modo di intendere la mobilità

Signor Commissario, mi chiedo se non sia possibile lanciare un forte segnale alla Tunisia, invocando una moratoria sul debito del paese fino a che non si insedierà un governo eletto democraticamente, come previsto per luglio. Proporrei inoltre di aiutarli a operare una revisione del debito e a cancellare il debito illegittimo di cui hanno beneficiato i familiari di Ben Ali-Trabelsi a danno dei cittadini tunisini. Desidererei una risposta dettagliata alla mia domanda, signor Commissario.

 
  
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  Nikolaos Salavrakos (EFD).(EL) Signora Presidente, ritengo che il Commissario Füle stia gestendo correttamente la supervisione della politica europea di vicinato, che abbraccia 16 Stati, dall’Africa alla Russia.

Cionondimeno, la politica europea di vicinato è stata messa alla prova dai recenti avvenimenti che hanno agitato il mondo arabo, evidenziando il malcontento dei cittadini nei confronti dei regimi autocratici e, al contempo, il fallimento delle riforme economiche e sociali all’interno di questi paesi, sostenute dall’Unione. I regimi autocratici in Libia, Tunisia, Egitto e altri paesi erano al potere da anni e noi cooperavamo con loro. Adesso, d’improvviso, ci rivolgiamo contro di loro. È pertanto necessario rivedere la strategia della politica europea di vicinato promuovendo la democrazia e i diritti umani e controllando i finanziamenti pianificati. Il fattore principale, che richiede una revisione corretta, è il maggior livello di istruzione dei giovani di questi paesi che, però, sono disoccupati. Sfortunatamente 7 400 000 cittadini europei si ritrovano esattamente nelle stesse condizioni.

 
  
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  Kristian Vigenin (S&D).(EN) Signora Presidente,

gli sviluppi nel vicinato meridionale sono stati fonte di numerose critiche circa il modo in cui è stata condotta finora la politica di vicinato UE. Indubbiamente è giusto essere critici, ma bisognerebbe anche essere equi.

La politica di vicinato ha contribuito molto allo sviluppo delle relazioni con i paesi in questione – e non solo con i paesi ma anche con le società, questione centrale che verrà adesso aggiunta alla revisione della politica di vicinato. Suddetti sviluppi sono, in una certa misura, conseguenza dell’impegno dell’Unione europea con questi paesi. Pertanto, da questo punto di vista, è necessario rivedere questa politica e apportarvi delle modifiche, ma senza limitarsi ad avanzare delle critiche rispetto a quanto è stato fatto finora. Al proposito le relazioni del Parlamento europeo rappresentano un importante contributo alla revisione della PEV e mi auguro che verranno prese in considerazione dalla Commissione.

Desidero mettere nuovamente in guardia dai tentativi di contrapporre Est e Sud, non solo in merito a uno spostamento dell’attenzione ma anche, possibilmente, rispetto ad una diversa assegnazione di fondi e risorse. Dobbiamo prestare molta attenzione a questo aspetto e prendere in considerazione il fatto che da una parte esiste chiaramente la sfida di favorire il processo di democratizzazione in Egitto e in Tunisia e sostenere la democratizzazione al Sud, mantenendo però dall’altra la pace nel Caucaso meridionale, ad esempio, contribuendo ad una soluzione pacifica dei conflitti congelati e consolidando le democrazie.

 
  
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  Riikka Manner (ALDE).(FI) Signora Presidente, è estremamente importante che, oltre alla dimensione meridionale della politica di vicinato, si discuta anche di quella orientale, alla quale sono associati numerosi problemi amministrativi interni; sarebbe opportuno trasferire almeno l’amministrazione dei programmi russi alla Direzione generale per la politica regionale e questo poiché le autorità che gestiscono i programmi potrebbero rivederli al fine di considerare caratteristiche e condizioni regionali particolari, garantendone inoltre la continuità.

È necessario ricordare che tale cambiamento, di per sé, non richiederebbe particolari emendamenti alla base giuridica dei programmi o del bilancio UE. Si tratterebbe piuttosto di una decisione presa dalla Commissione in merito alla sua organizzazione interna. Allo stato attuale, suddetti programmi presentano numerosi problemi e dovremmo apportare dei cambiamenti strutturali. In questo modo lanceremmo un messaggio chiaro e confido che la Commissione farà del suo meglio per sostenere questa decisione.

 
  
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  Jacek Olgierd Kurski (ECR).(PL) Signora Presidente, la politica europea di vicinato e il partenariato orientale, che ne costituisce una parte, rappresentano per l’UE un elemento centrale e al contempo una sfida. Si tratta di un importante quadro politico che mira al potenziamento delle relazioni con i paesi partner – paesi per i quali dovremmo mirare ad un’integrazione economica e politica. Nel caso dell’Ucraina, il processo dovrebbe concludersi con la prospettiva di una piena adesione all’Unione europea, ovviamente previa ottemperanza ai criteri di Copenaghen. A questo scopo è essenziale che vi sia un notevole impegno politico da parte delle autorità di Kiev.

Non dimentichiamoci degli europei in Bielorussia, un paese che condivide una tradizione simile alla nostra ma che resta chiusa per volontà del regime di Lukashenko. Impegniamoci per far sì che i bielorussi comprendano che l’Europa si ricorda di loro e sostiene i loro tentativi di conquistare la democrazia. Possiamo dare corpo ai nostri tentativi tagliando i costi necessari per ottenere i visti Schengen, favorendo i contatti interpersonali tra i cittadini bielorussi e il resto d’Europa e sostenendo le iniziative civili e comunitarie all’interno del paese. Promuovendo i viaggi e i contatti tra l’Unione e la Bielorussia possiamo indebolire il regime di Lukashenko molto più che tramite decine di dichiarazioni e risoluzioni. Infine, desidero evidenziare come in molti paesi, anche all’interno della politica di vicinato, vi siano ancora gravi problemi in termini di libertà di espressione, specialmente nei mezzi di comunicazione, libertà di riunione e di associazione. Nel nostro ruolo di Parlamento di un’Europa libera, dobbiamo…

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Jiří Maštálka (GUE/NGL). (CS) Signora Presidente, spero non che non vi sia nessuno del partenariato orientale qui tra noi oggi, dal momento che potrebbero giungere alla conclusione, sulla base del numero dei presenti, che si tratti di un tema per noi irrilevante. s. Anche io desidero sottolineare l’importanza e la necessità di un dibattito sul partenariato orientale.

È importante dal momento che la regione ad Est dei confini dell’UE offre possibilità commerciali insostituibili per l’Unione se desidera rimanere competitiva nei prossimi decenni. Essa rappresenta poi una fonte di cultura che svolge un ruolo nella nascita delle tradizioni europee e senza la quale non sarebbe possibile comprendere l’identità europea. È importante discutere del partenariato orientale anche perché non sembra che tutti attribuiscano la stessa importanza a questo progetto. Tutte le iniziative multilaterali collegate al partenariato orientale – democrazia, stabilità, integrazione economica, sicurezza energetica e contatti interpersonali – sono indubbiamente utili, sia per l’UE che per i sei Stati vicini. Le dichiarazioni di alcuni politici, che parlano di una sinergia del Mar Nero o di una striscia cuscinetto democratica hanno determinato una certa confusione. A questo punto, il partenariato orientale smette di essere uno strumento …

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Jaroslav Paška (EFD). (SK) Signora Presidente, la credibilità dell’Unione europea come attore politico internazionale dipende anche dalla sua capacità e dalla sua volontà di promuovere lo sviluppo e le riforme volte alla stabilizzazione dei paesi vicini. La cooperazione dell’UE con i paesi del partenariato orientale fornisce a questi ultimi la possibilità di progredire dal punto di vista politico verso i valori della libertà e della democrazia. In considerazione dei diversi sviluppi politici dei singoli paesi, tuttavia, l’UE deve applicare un approccio flessibile e fornire maggiore assistenza e maggiori risorse UE a quei paesi orientali che si dimostrano pronti a rispettare i propri obblighi in modo più completo e rapido.

Potremmo fare di più per incoraggiare l’Ucraina e la Moldova, nello specifico, a portare avanti i negoziati, nel tentativo di raggiungere un accordo su una zona di libero scambio ampia e di vasta portata. A mio avviso dovremmo anche proseguire i negoziati con l’Armenia, l’Azerbaigian e la Georgia. La Bielorussia dovrà trovare una forma di comunicazione adeguata alla situazione politica. Gli abitanti del paese non devono, tuttavia, divenire ostaggio dei loro rappresentanti politici, he hanno deciso di perseguire una versione del tutto personale di democrazia.

 
  
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  Lambert van Nistelrooij (PPE).(NL) Signora Presidente, oggi stiamo ponendo delle basi importanti per lo sviluppo dello strumento europeo di vicinato e partenariato (ENPI). Desidero rivolgermi al Commissario concentrandomi su un singolo punto specifico, relativo ai programmi per i confini esterni, i programmi transfrontalieri.

I programmi sono 15 e possono contare su un bilancio di 1,1 miliardi di euro. Ciononostante, tutti ritengono che non stiano funzionando al meglio e gli sviluppi sono stati lenti. Vi è una flessibilità molto limitata e, da quanto ho sentito qui oggi, sembra che la Presidenza polacca intenda porvi rimedio. La Polonia è seriamente determinata a procedere su questo fronte e valutare se sia necessario apportare dei cambiamenti per riportare coesione tra questi programmi, riportandoli all’Obiettivo 3, l’approccio INTERREG, che adottiamo da anni.

Vorrei sapere dal Commissario come intende procedere al riguardo. Il regolamento ENPI, in realtà, prevedeva che venisse condotta una valutazione già lo scorso anno ma non ho visto alcun documento al riguardo. Come intende integrare questo elemento con le pubblicazioni previste per maggio? Intende organizzare un’audizione, insieme a questo Parlamento, alla quale invitare le persone direttamente coinvolte chiedendo loro di illustrarci la loro esperienza? Ho l’impressione che alcune cose dovranno cambiare.

 
  
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  Pier Antonio Panzeri (S&D). – Signora Presidente, onorevoli colleghi, con la revisione delle politiche di vicinato inizia un percorso che non si esaurirà nel breve periodo. Gli eventi nel Mediterraneo descrivono un processo di profonde trasformazioni e avranno conseguenze durature, non soltanto per i paesi della regione ma anche per l'Europa.

Bisogna essere consapevoli che il passaggio ad una piena democrazia non sarà facile e che queste transizioni si accompagnano a rischi e a tante incertezze. Per questo le cose che dovremo fare sono molte e non di breve durata. La risposta dell'Europa deve caratterizzarsi attraverso una strategia basata su azioni immediate e su quelle di lungo respiro.

È necessario facilitare l'accesso ai mercati europei e garantire una maggiore mobilità, bisognerebbe organizzare una conferenza per verificare la possibilità di cancellare o rinegoziare il debito di questi paesi che hanno iniziato il percorso della democrazia, bisogna mettere a disposizione adeguate risorse finanziarie e, infine, fornire un'assistenza ai processi democratici rafforzando le istituzioni parlamentari e i partiti, assicurando la piena partecipazione di tutti i cittadini. Tutto questo deve avvenire in un quadro di rilancio del dialogo euromediterraneo.

Qui si gioca molto del futuro politico strategico dell'Europa. Io credo che l'Europa debba comprendere che occorre lavorare ad Est e a Sud, ma che oggi c'è una priorità che riguarda il Sud. È necessario cambiare in profondità queste politiche, aprendo finalmente un nuovo capitolo.

 
  
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  Zbigniew Ziobro (ECR).(PL) Signora Presidente, la dimensione orientale è uno degli elementi più importanti per lo sviluppo dell’Unione europea nell’ambito della politica europea di vicinato e include paesi come l’Ucraina, la Bielorussia, la Moldova, la Georgia, l’Azerbaigian e l’Armenia. Va ricordato che l’Unione nutre grandi interessi in questi paesi dal punto di vista economico e finanziario, ma è necessario porre l’accento soprattutto sulle questioni di natura energetica. Sarà infatti possibile creare dei percorsi energetici alternativi ai gasdotti russi proprio passando attraverso alcuni di questi paesi, come nel caso dei gasdotti Nabucco e Samatya. Al fine di approfondire la cooperazione tra l’UE e i paesi cui ho fatto riferimento, sarebbe opportuno liberalizzare l’area commerciale dell’UE, permettendo così di incrementare le attività commerciali e avvicinando i paesi in questione all’Unione stessa che, dopo tutto, è già oggi il loro principale partner economico. In ultima battuta, dovremmo chiaramente ipotizzare una zona di libero scambio che ci permetterebbe di avvicinarci loro in modo particolare. Infine, non dobbiamo dimenticare la necessità di semplificare gli obblighi relativi ai visti, potenziare i programmi interpersonali e garantire assistenza finanziaria agli scambi tra giovani provenienti da paesi inclusi nel partenariato orientale e giovani dell’UE.

 
  
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  Krzysztof Lisek (PPE).(PL) Signora Presidente, signor Commissario, noi tutti vorremmo che la politica dell’Unione europea fosse efficace ma, a questo scopo, deve essere pienamente coerente per entrambe le dimensioni, orientale e meridionale, della politica di vicinato. Per quanto riguarda la dimensione orientale, desidero richiamare la vostra attenzione sui cosiddetti conflitti congelati, sulla situazione in Moldova e, in particolar modo, sulla situazione in Transnistria e a Nagorno-Karabakh. Vorrei inoltre parlare brevemente della situazione in Abcasia e nell’Ossezia del Sud, specialmente in considerazione del mio ruolo di relatore permanente del Parlamento europeo.

L’Unione europea deve dotarsi di una politica che affronti questi aspetti in maniera coerente, il che implica che sia una politica condivisa oltre che coerente e che venga seguita esattamente nello stesso modo dalle istituzioni europee, incluso nello specifico l’Alto rappresentante e altri membri della Commissione europea, e dagli Stati membri. Oggi dobbiamo parlare con un’unica voce ai leader russi e far loro presente che non stanno rispettando gli impegni presi nel 2008 e, ad esempio, che la missione di osservazione dell’Unione europea dovrebbe ottenere l’accesso all’Abcasia e all’Ossezia del Sud quanto prima.

 
  
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  Ana Gomes (S&D).(PT) Signora Presidente, le rivolte popolari nell’Africa del Nord rivelano gli errori di un’azione politica e diplomatica europea ispirata ad una presunta realpolitik, che ha sostenuto dittatori e svilito le aspirazioni alla libertà, alla giustizia e alla creazione di opportunità per tutti gli individui.

Ne consegue che l’UE ha ridefinito le proprie priorità per la dimensione meridionale della politica europea di vicinato (PEV). Approvo i nuovi orientamenti, noti con il nome delle “tre M”: money, market access and mobility (denaro, accesso al mercato e mobilità). È necessario tuttavia porre la condizione che il sostegno offerto ai nostri vicini sia subordinato alla dimostrazione di volontà politica e di progressi concreti nei processi di democratizzazione. Non può esistere alcuna democrazia senza partiti politici. Una delle priorità deve pertanto essere l’assistenza in termini finanziari e organizzativi per la formazione di forze politiche democratiche, poiché in tal modo sarà possibile rendere indipendenti i giovani e le donne che con tanto coraggio hanno dato origine alla primavera araba.

In società ancora dominate dalla commistione tra Stato e religione e gestite in modo patriarcale, le leve per un cambiamento realmente democratico saranno la partecipazione delle donne e il rispetto dei diritti umani. Deve essere questa la linea guida del sostegno politico dell’UE al Mediterraneo meridionale.

Infine, l’UE dovrebbe anche favorire il coinvolgimento nel dialogo politico di tutti i giocatori emergenti, inclusi quanti perseguono progetti di stampo religioso, come nel caso degli affiliati ai Fratelli musulmani, che non devono essere isolati, quanto piuttosto invitati a partecipare a questa partita giocata sul campo della democrazia.

 
  
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  Marek Henryk Migalski (ECR).(PL) Signora Presidente, affinché la politica di cui stiamo discutendo possa portare i risultati sperati saranno necessari dei fondi. Dovremmo quindi attenerci all’accordo tra gentiluomini circa la divisione da uno a due terzi dei fondi disponibili. È necessario al fine di poter perseguire la politica in modo efficace. In secondo luogo, dobbiamo effettuare una chiara diagnosi della situazione. Pertanto non è opportuno operare dei confronti tra la Bielorussia, che è controllata da quello che potrebbe cinicamente essere descritto come un esempio clinico, chiaro e trasparente di regime, e l’Ucraina, che si sta confrontando con i problemi della democratizzazione. In terzo luogo, una politica di questo genere offre la prospettiva dell’adesione a paesi che vi aspirano. La chiara prospettiva di poter divenire membri dell’UE contribuisce a creare una profezia che si realizza per forza propria e, se le società e quanti governano questi paesi hanno la sensazione che si tratti di un obiettivo raggiungibile, allora aumentano le probabilità che effettivamente ci riescano.

 
  
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  Francisco José Millán Mon (PPE).(ES) Signora Presidente, signor Commissario, mi rammarico per l’assenza del Consiglio in occasione del dibattito odierno. Per quanto riguarda il partenariato meridionale, desidero concentrarmi su tre punti. Innanzi tutto, l’Unione europea deve sostenere e agevolare i processi di cambiamento democratico. In passato, le autorità dei paesi vicini hanno giustificato la loro inattività adducendo come spiegazione il timore dell’instabilità.

In secondo luogo, auguro ai nostri vicini meridionali la prosperità economica, il che richiede numerose riforme, investimenti e sostegno finanziario ed economico, oltre che scambi commerciali non solo con il Nord, ma anche all’interno del Sud stesso, dove sono oggi totalmente assenti.

Sono preoccupato della linea adottata dalla Commissione e dall’Alto rappresentante, la baronessa Ashton: in un articolo pubblicato sul New York Times il 18 marzo 2011, sembra che proponga a questi paesi di specializzarsi nelle esportazioni agricole verso i mercati europei. Non sono d’accordo. Il Commissario Füle sa benissimo che è così, benché adesso stia scuotendo la testa. Questi paesi hanno bisogno di economie e di agricolture diversificate. Lo ripeto: diversificate. È inoltre necessario che soddisfino il proprio fabbisogno interno, senza limitarsi a pochi prodotti di esportazione che, oltretutto, sono motivo di preoccupazione per gli agricoltori europei. Dobbiamo pertanto esercitare cautela e dare prova di buon senso.

In terzo luogo, è necessario rivitalizzare l’Unione per il Mediterraneo (UpM) e i relativi progetti, che possono contribuire alla modernizzazione economica dei paesi del Mediterraneo. Sfortunatamente, l’UpM attraversa una fase di stallo, manca un Segretario generale e non può rimanere paralizzata a causa della mancanza di progressi tra Israele e Palestina.

Onorevoli deputati, si tratta di una sfida notevole.

 
  
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  Evgeni Kirilov (S&D).(EN) Signora Presidente, la dimensione orientale della politica di vicinato UE potrebbe essere il più importante banco di prova della politica estera UE. L’Unione deve rispettare il quadro giuridico di cui si è dotata, specialmente per quanto riguarda la strategia per la sicurezza, che sottolinea l’esigenza di un patrimonio di paesi ben governati lungo i propri confini. Dovrebbe inoltre fare altrettanto per quanto riguarda la sua stessa strategia di ampia portata al fine di determinare cambiamenti positivi.

Ciononostante, il principale ostacolo alla formalizzazione della PEV ad Est rimangono i conflitti irrisolti nella Transnistria e nel Caucaso meridionale, che sono alla base dell’instabilità della regione e dei problemi economici e politici. Basti ricordare l’esplosione odierna in Transnistria, che ha gravemente danneggiato il gasdotto.

È assolutamente necessario che l’UE si adoperi per una risoluzione dei conflitti, anche fungendo direttamente da mediatore e tramite misure miranti a rafforzare la fiducia e l’assistenza umanitaria ai milioni di sfollati interni e rifugiati. L’UE dovrebbe pertanto assicurarsi che le ingenti somme accordate alla regione sotto forma di sostegno finanziario e tecnico siano accompagnate da una presenza politica rafforzata e una condizionalità ben definita.

 
  
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  Jacek Protasiewicz, (PPE).(PL) Signora Presidente, signor Commissario, desidero innanzi tutto congratularmi con gli autori di entrambe le relazioni e, in particolare, con l’onorevole Siwiec, che si è occupato della dimensione orientale della politica di vicinato. Non è un semplice gesto di cortesia, poiché sono fermamente convinto che finalmente disponiamo di due relazioni che indicano che la politica europea di vicinato dovrebbe essere maggiormente basata su valori che, per noi, sono fondamentali: il rispetto per i diritti umani, la libertà dei mezzi di comunicazione e governi democratici.

Desidero ribadire quanto ho affermato in quest’Aula lunedì: quanto accaduto nell’Africa del Nord e nel Medio Oriente ci dimostra che gli individui che abitano in queste regioni, specialmente i giovani, non solo chiedono più pane, ma anche più libertà e rispetto per i diritti dei cittadini e degli individui. Lo stesso dicasi dei nostri vicini ad Est e, in particolar modo, della Bielorussia, un vicino prossimo dell’Unione europea. Desidero riferirvi circa un drammatico episodio verificatosi questo pomeriggio a Grodno, in Bielorussia, dove un giornalista, Andrzej Poczobut, accusato di aver insultato il Presidente in articoli scritti per la stampa internazionale nello svolgimento della propria professione, è appena stato arrestato dal KGB per impedirgli di rivolgersi a noi, membri del Parlamento europeo, in occasione dell’incontro di domani con la delegazione bielorussa. Si tratta di pratiche scandalose. La politica europea di vicinato dovrebbe aiutarci ad evitare che si ripropongano situazioni analoghe a quella odierna, che ha visto coinvolto Andrzej Poczobut.

 
  
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  Christofer Fjellner (PPE).(SV) Signora Presidente, sono lieto che la Commissione abbia scelto di presentare questa revisione della dimensione meridionale della politica europea di vicinato, che è indubbiamente necessaria. Va riconosciuto che l’Europa ha dimostrato tolleranza nei confronti delle dittature, invece che pretendere con decisione l’esercizio democratico del potere, pagando questo atteggiamento con una perdita di fiducia nei suoi confronti. È pertanto necessaria una nuova politica, che contribuisca a ricostruire i paesi coinvolti, dopo decenni di malgoverno. L’Europa può ottenere molto su questo fronte, soprattutto in virtù del suo ruolo di principale partner commerciale. L’approccio migliore sarebbe investire proprio in queste attività commerciali e di ricostruzione, al fine di recuperare la fiducia perduta. Sono pertanto lieto che la Commissione abbia menzionato la dimensione commerciale all’interno di questa comunicazione, dichiarando che dovremmo agevolare l’accesso al mercato dei nostri partner nordafricani, in modo che possano in tal modo migliorare le proprie condizioni.

Tuttavia, il principale ostacolo allo sviluppo al momento è rappresentato dalle barriere doganali, specialmente nel settore agricolo. Basti prendere l’esempio dei prezzi minimi dei prodotti agricoli, che comportano dazi per frutti e ortaggi tanto più elevati quanto più efficiente è la loro produzione. Si tratta dunque di un ostacolo allo sviluppo e alla prosperità. Desidero pertanto proporre alla Commissione di cominciare garantendo il libero accesso al mercato europeo a quei paesi dell’Africa del Nord che hanno già intrapreso un cammino verso la democrazia. Lo abbiamo già fatto una volta per i Balcani occidentali in seguito alla guerra in Jugoslavia e perché non apprendere da questa esperienza? Stiamo fondando il benessere europeo su libero commercio, quindi perché non aiutare i nostri vicini dell’Africa del Nord a conquistare una maggiore prosperità partendo insieme a noi proprio dal libero scambio?

 
  
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  Georgios Koumoutsakos (PPE).(EL) Signora Presidente, la politica europea di vicinato è, senza dubbio, una politica di successo. Tuttavia, è necessario renderla più dinamica ed efficace. La difficile situazione economica in cui ci troviamo al momento non dovrebbe essere trasformata in un alibi o in un pretesto per evitare di potenziarla ulteriormente. Questo vale soprattutto per la dimensione meridionale.

Questa esigenza è ancor più pressante alla luce dei recenti sviluppi drammatici, i recenti incidenti tragici nell’Africa del Nord. Queste società hanno bisogno del nostro sostegno, di un contributo che sia sostanzioso ma comunque discreto, termine su cui desidero porre l’accento per ovvi motivi storici e politici. Dobbiamo sostenere la società civile all’interno di questi paesi, le loro azioni democratiche e la loro richiesta di maggiore libertà.

Oltretutto, non dobbiamo dimenticare che il Mediterraneo si sta trasformando in una bomba ad orologeria dal punto di vista dell’immigrazione, motivo ulteriore per noi per impegnarci sul fronte del sostegno alla stabilità, alla democrazia e alla crescita all’interno di questi paesi per mezzo della politica di vicinato.

 
  
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  Jacek Saryusz-Wolski (PPE).(EN) Signora Presidente, desidero congratularmi con il Commissario per la comunicazione sui partenariati, che ha rivelato un approccio rapido e lungimirante.

Stiamo assistendo ad una ridefinizione della politica di vicinato e la Commissione è la guardiana dell’approccio olistico. Credo sia un grave errore contrapporre la dimensione meridionale e quella orientale. Stiamo compiendo un esercizio di ridefinizione e, sebbene vi siano buone notizie provenienti dal Sud, l’importanza di una ridefinizione e di un rimodellamento va al di là del Sud. Riguarda anche l’Est. Dovremmo passare da politiche legate o orientate al governo a politiche orientate alla società e da politiche volte a interessi economici miopi a politiche basate sui diritti umani e sulla democrazia. Questa politica dovrebbe renderci generosi nei confronti delle società e molto più esigenti e severi nei confronti dei governi. Inoltre non dovremmo confondere lo status quo con la stabilità e prediligere un approccio transitorio.

La definizione di questo modello per la politica di vicinato comporta l’esigenza di modificare analogamente anche la dimensione orientale. Dovremmo prestare pari attenzione alle due dimensioni, orientale e meridionale, ricorrendo ad un finanziamento intelligente e simmetrico, poiché non ha alcun senso optare per una contrapposizione tra le due. Si tratta di un caso strutturale di sottofinanziamento dal momento che, ogni anno, assegniamo ai paesi della politica di vicinato il 20 per cento della somma erogata per il resto del mondo. Comprendo quanto sia difficile oggi parlare di finanziamenti, ma è necessario ridefinire questa politica e, a questo scopo, bisognerà prevedere dei finanziamenti aggiuntivi.

 
  
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  Radvilė Morkūnaitė-Mikulėnienė (PPE).(EN) Signora Presidente, al momento è importante esercitare cautela e identificare il giusto equilibrio tra entrambe le dimensioni della politica europea di vicinato. La PEV dovrebbe divenire più flessibile e proattiva e rendere di più. Se vogliamo creare uno spazio di stabilità, valori condivisi e progressi ai confini dell’Europa, dovremmo innanzi tutto smettere di operare entro limiti predefiniti. L’assistenza finanziaria dovrebbe essere definita sulla base del coinvolgimento politico e della volontà di accostarsi a valori, libertà e standard europei. Dovrebbe mirare al raggiungimento di risultati ed essere vincolati ad obiettivi e criteri chiari relativi al livello democratizzazione e ai progressi ottenuti tramite le riforme.

In secondo luogo dobbiamo contemplare la creazione di uno strumento di reazione rapida in seno alla PEV per poter rispondere con tempismo e flessibilità ai cambiamenti politici nei paesi partner, come accaduto di recente nel vicinato meridionale.

In terzo luogo, è importante rendere appetibile l’assistenza UE. La semplificazione delle procedure di assegnazione dei fondi UE e una condivisione attiva delle competenze dei singoli Stati membri nella fase iniziale della programmazione rappresenterebbero un ulteriore incentivo.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (S&D).(RO) Signora Presidente, io provengo da Galaţi, una città rumena situata sul confine tra l’Unione europea, la Repubblica moldova e l’Ucraina, motivo per cui desidero fare riferimento in particolar modo alla dimensione orientale della politica europea di vicinato. Sento il dovere di sottolinearne l’importanza sia rispetto all’attuazione della strategia dell’Unione europea per la regione del Danubio che per la sicurezza energetica dell’UE:

Mi rivolgo alla Commissione e agli Stati membri affinché definiscano un’ampia strategia UE per il Mar Nero e forniscano risorse finanziarie e umane sufficienti per un’attuazione efficace. Accolgo favorevolmente l’adesione dell’Ucraina e della Repubblica moldova al Trattato della Comunità dell’energia, che contribuirà in modo sostanziale al raggiungimento degli obiettivi di sicurezza energetici dell’Unione nonché alla sicurezza di questi paesi.

Per quanto riguarda i progetti energetici prioritari dell’Unione, desidero sottolineare l’importanza del corridoio meridionale di trasporto del gas. Ritengo che il gasdotto Nabucco, insieme al gasdotto transadriatico, all’oleodotto paneuropeo, l’interconnettore Turchia-Grecia-Italia o il …

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Tatjana Ždanoka (Verts/ALE).(EN) Signora Presidente, sono favorevole alla politica europea di vicinato intesa come quadro politico per il rafforzamento della democrazia sia per quanto riguarda la dimensione orientale che quella meridionale, ma ho chiesto di poter intervenire poiché desidero chiedere a tutti se sia giustificato il diritto morale dell’Unione europea a indicare ai paesi terzi il cammino verso una reale democrazia.

Entrambe le proposte di risoluzione richiamano valori PEV quali la democrazia, lo stato di diritto e il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, inclusa la libertà dei mezzi di comunicazione, l’indipendenza del sistema giudiziario e la lotta alla corruzione. L’Unione europea può considerarsi essa stessa una paladina in tutti questi settori tenendo in considerazione, ad esempio, la situazione dei mezzi di comunicazione in Italia e Ungheria, l’apolidia di massa in Lettonia e Estonia e il sospetto di corruzione nel nostro Parlamento?

Mi auguro sinceramente che manterremo un…

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Seán Kelly (PPE).(EN) Signora Presidente, vicinato è la parola chiave. Anche nella sfera privata è un gran vantaggio per chiunque poter avere degli ottimi vicini. Un buon vicino è una persona amichevole, non interferisce indebitamente negli affari personali ma è disposto a prestare aiuto quando necessario.

L’Unione europea dovrebbe definire una politica di questo tipo. Se i paesi vicini sono altrettanto amichevoli, stabili e democratici allora è abbastanza semplice, mentre se non lo sono diventa più problematico.

L’invito a interagire con la società civile, specialmente in questi paesi, è particolarmente positivo. Il mio collega, l’onorevole van Nistelrooij, ha ricordato che spendiamo 1,1 miliardi di euro per attività di confine e che abbiamo bisogno di un approccio più coeso e io non posso che essere d’accordo.

Inoltre, anche la proposta di organizzare audizioni su base regolare, specialmente con la società civile di regimi non democratici è condivisibile e fa sì che loro possano sentire cosa abbiamo da dire e noi possiamo essere aggiornati direttamente da loro.

 
  
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  Malika Benarab-Attou (Verts/ALE).(FR) Signora Presidente, signor Commissario, nella sua descrizione della politica europea di vicinato per il Mediterraneo meridionale lei ha fatto riferimento a potenziali catalizzatori. Tuttavia, ha dimenticato di menzionare un gruppo, al quale io stessa appartengo. In Europa, le persone come me – immigrati e figli di immigrati – che provengono da regioni un tempo colonizzate dall’Europa, vengono ancora marginalizzate. Eppure siamo e potremmo divenire risorse umane: mediatori autorevoli tra il Nord ed il Sud in un momento storico.

Commissario Füle, che cosa pensa di questa possibilità? La prenderà in considerazione?

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE). (LT) Signora Presidente, la revisione della politica europea di vicinato è uno dei compiti più importanti. Quanto accaduto in Egitto, Tunisia, Libia, Yemen, Bahrein e altrove sta infrangendo inesorabilmente molti stereotipi presenti nel nostro immaginario, ovvero che molti nel Medio Oriente o nell’Africa del Nord non nutrano alcun interesse nei diritti umani e che siano abituati a vivere sotto regimi dittatoriali. La rivoluzione nel mondo arabo ha dimostrato che si tratta di una falsa credenza.

Qualche settimana fa, ho visitato l’Egitto nel giorno in cui si è svolto il referendum sulla modifica della costituzione. Chiunque incontrassimo ci parlava di libertà, giustizia e democrazia. È emersa principalmente la richiesta di un tipo diverso di sostegno da parte dell’Unione europea, che sia volto a rafforzare la società civile, a costituire partiti politici e difendere i diritti umani, in modo che le prossime elezioni parlamentari e presidenziali siano democratiche, libere ed eque. I processi democratici che stanno avendo luogo in questi paesi sono molto fragili e delicati e dobbiamo sostenerli in modo tempestivo.

 
  
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  Štefan Füle, membro della Commissione.(EN) Signora Presidente, apprezzo particolarmente che noi, Commissione e Parlamento, stiamo affrontando entrambi in modo parallelo la revisione della politica di vicinato. A differenza di molte altre politiche, non ci presentiamo qui con un prodotto già completato per poi avviare una discussione, bensì abbiamo avviato il processo un po’ di tempo fa e, in virtù di una buona interazione, siamo già stati in grado di accogliere numerose buone idee provenienti dal Parlamento e di spiegare molte delle nostre ragioni. La lunga lista di oratori che si sono susseguiti, avanzando numerose proposte valide e ponendo domande interessanti, dimostra che l’approccio adottato è quello giusto.

Il trattato di Lisbona, che è stato approvato e soggetto a votazione da quest’Aula, pone obiettivi molto ambiziosi. Vogliamo fare dell’Unione europea un attore internazionale. La Baronessa Catherine Ashton, Vicepresidente della Commissione nonché Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza ed io siamo fermamente convinti che sia pressoché impossibile raggiungere suddetto obiettivo senza affrontare, innanzi tutto, le sfide nel nostro vicinato, incluso il conflitto protratto.

Questa convinzione ci ha spinti ad avviare insieme il processo di revisione nel giugno dello scorso anno. Al tempo, ci eravamo prefissati in prima battuta, di riflettere sui nuovi strumenti introdotti dal trattato di Lisbona. Sono stati introdotti cambiamenti notevoli rispetto all’azione esterna, tra cui la sostituzione della Presidenza semestrale e delle sue priorità con una politica coerente garantita da una singola persona con un duplice ruolo che dispone dello strumento della politica estera e di sicurezza comune e la creazione del Servizio per l’azione esterna. Le ambasciate sono inoltre state potenziate in modo da rappresentare non solo la Commissione ma anche l’Unione europea. Si tratta di passi importanti.

Sono consapevole che le sfide, gli interrogativi e persino le critiche sono numerose, ma sono fiducioso ch questi cambiamenti porteranno ad una politica UE sull’azione esterna più coerente. Volevamo che quest’aspirazione si ritrovasse anche nella nostra politica di vicinato. Vi era poi un’importante lacuna che desideravamo colmare. Avevamo l’impressione che mancasse il giusto senso di titolarità di questi Stati all’interno della politica di vicinato. Alcuni partner avevano affermato che la PEV era stata loro imposta, senza che fossero stati effettivamente consultati. Essi nutrivano pertanto la sensazione che le loro opinioni non fossero state prese in considerazione e che venisse applicato un unico schema per tutti senza tener conto delle diverse specificità. Poi però è scoppiata la rivoluzione araba che ci ha offerto l’opportunità – di cui credo avessimo bisogno – di porre importanti domande, come ad esempio quanto siamo pronti a sostenere le aspirazioni delle democrazie emergenti, fino a dove siamo pronti a spingerci per gestire situazioni analoghe a quella in cui si trova la Libia e fino a quando dovremmo scendere a compromessi e associare la stabilità all’autocrazia, riconoscendo che non sempre i nostri valori e i nostri interessi hanno viaggiato parallelamente.

La nostra comunicazione dell’8 marzo ha rappresentato il tentativo di rispondere ad alcune domande, in tutta franchezza, le domande più semplici, poiché in realtà abbiamo risposto solo a quelle relative alle democrazie emergenti, rimandando la risposta alle domande più complesse alla revisione strategica della PEV. Molte attendono ancora una risposta.

Nella comunicazione dell’8 marzo abbiamo definito tre principali pilastri, che ritroverete anche nella revisione strategica. Il primo sostiene le trasformazioni democratiche e la creazione di istituzioni nei nostri Stati vicini. Il secondo verte sulle relazioni con le società e il sostegno alle società civili, mentre il terzo promuove una crescita inclusiva e sostenibile tra i nostri vicini.

Molti paesi al Sud stanno cambiando e questo fenomeno non si limita ai paesi in questione, bensì influenza l’intera regione. Coinvolge anche noi e il modo in cui reagiamo alla situazione, ovvero il modo più o meno proattivo di reagire, alimentando questi nuovi fenomeni nei paesi del nostro vicinato. Vi saranno delle ripercussioni ad Est e le riflessioni che formuliamo con i nostri partner orientali si fondano su un processo che tiene conto delle esperienze passate. Queste riflessioni sulla dimensione orientale non vengono prodotte a discapito del Sud e di quanto sta accadendo a Sud e, a loro volta, il nostro attuale interesse e attenzione per la dimensione meridionale non sono a discapito della dimensione orientale. Il processo di revisione della PEV acuirà il bisogno di un approccio equilibrato nei confronti dei paesi vicini, che si tratti della dimensione orientale o di quella meridionale.

Il momento è propizio per sostituire una realpolitik, a volte privilegiata, con una politica ambiziosa e molto più proattiva che si fondi sui nostri valori. È anche il momento di essere chiari rispetto a quanto vogliamo ottenere per mezzo degli strumenti della politica di vicinato. Un paio di anni fa, abbiamo fatto riferimento ad una zona di pace, stabilità e prosperità. Si tratta di un concetto importante, che è ancora valido, ma i nostri partner chiedono di più. Alcuni dei nostri partner orientali hanno le idee molto chiare per quanto riguarda le aspirazioni europee. Quelli meridionali richiedono un quadro di integrazione economico definito maggiormente a livello istituzionale. È corretto esimerci dall’esprimere il nostro parere su queste questioni? Non credo. Ritengo dovremmo affermare con chiarezza che il partenariato orientale non è un modo per privare i vicini ad Est della possibilità di aderire all’UE, quanto un modo per permettere loro di creare più Unione europea all’interno dei loro paesi. Ritengo sia necessario formulare un’offerta ai paesi più avanzati a Sud – una sorta di quadro che permetta loro di svolgere un ruolo non tanto nel prendere le decisioni, quanto nel plasmarle.

Non vi aspettate una camicia di forza molto tecnica per le relazioni bilaterali con i nostri partner, ma solo pochi parametri, che siano chiari e rilevanti. Aspettatevi che questa revisione della PEV porti alla definizione di una struttura flessibile e fatta su misura e meccanismi di interazione efficienti che combinino la guida politica da una parte e i nostri programmi e l’assistenza tecnica e finanziaria dall’altra.

Non sarà un processo semplice. Nessun cambiamento lo è ma, rispetto ai modelli passati, si tratta di un processo in corso di svolgimento in cui le capacità di revisione o, se preferite, una capacità di feedback o un’analisi della situazione reale, saranno una parte importante della revisione della PEV.

Molti di voi hanno sollevato la questione del finanziamento. Quanto maggiori sono le nostre ambizioni, tanto maggiori saranno le risorse necessarie. È una conclusione logica. Ma si tratta solo di denaro? Assolutamente no. Si tratta anche della nostra creatività, coerenza, serietà nel considerare gli interessi dei nostri partner e ambizione nell’aprire i nostri mercati commerciali e nell’affrontare le questioni relative alla mobilità.

La rivoluzione del gelsomino si è fondata principalmente su valori quali la dignità e l’uguaglianza. Trasformiamo dunque dignità e uguaglianza nei principi su cui basare la nostra politica. Su questo fronte il Parlamento ha un importante ruolo da svolgere.

 
  
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  Presidente. – Comunico di aver ricevuto due proposte di risoluzione(1), ai sensi dell’articolo 110, paragrafo 2 del regolamento.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà giovedì, 7 aprile.

Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)

 
  
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  Tunne Kelam (PPE), per iscritto.(EN) Tutti i paesi europei che rispettano i criteri di adesione UE dovrebbero avere la prospettiva di aderire all’Unione europea. La dimensione orientale della PEV dovrebbe contemplare chiaramente questo valore soggiacente e garantire che i nostri vicini nell’Europa orientale possano concretamente nutrire una reale speranza di adesione.

Il maggiore incentivo per delle riforme democratiche e politiche e per la creazione di una società civile è e rimarrà la prospettiva di un’adesione all’UE. Se da una parte i futuri aspiranti devono fare tutti i compiti loro assegnati, l’UE deve dimostrare, al di là di ogni possibile dubbio, che il suo impegno per l’allargamento resta valido e credibile. Al fine di aumentare la sua credibilità e fugare qualunque dubbio circa l’applicazione di diversi pesi e diverse misure, l’UE dovrebbe affermare in modo estremamente chiaro che le relazioni con i propri vicini ad Est devono fondarsi, innanzi tutto, su valori democratici, il rispetto dei diritti umani e lo stato di diritto. Dal momento che ogni paese andrebbe valutato sulla base dei propri meriti, i valori basilari devono venire rispettati in egual modo all’interno di ogni paese, indipendentemente dagli interessi economici e politici di singoli Stati membri. Gli stessi principi andrebbero applicati alle relazioni con la Russia, dove la situazione relativa allo stato di diritto e ai diritti umani è peggiore che nella maggior parte dei paesi PEV.

 
  
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  Jaromír Kohlíček (GUE/NGL), per iscritto. (CS) Devo riconoscere che sono rimasto alquanto colpito nel leggere la risoluzione proposta dalla commissione affari esteri. Non riesco a comprendere come si possano mettere sullo stesso piano le proteste in Bielorussia, dove i cosiddetti manifestanti ricevono molto sostegno dall’estero, e l’insieme di rivolte in Egitto e Tunisia, causate dalla crescita dei prezzi dei prodotti alimentari e dalla disoccupazione A mio avviso questa conclusione assurda è rappresentativa dell’assurdità dei cosiddetti politici. L’onorevole Siwiec evidentemente non si è accorto delle manifestazioni che hanno determinato decine di morti nelle monarchie del mondo arabo, o della guerra in Libia. Evidentemente deve essere così. Al punto 12 non si ritrova alcun dichiarazione circa gli sviluppi negativi in Moldova. Alcuni deputati del gruppo del Partito Popolare europeo si sono così innamorati di Yulia Tymoshenko che un governo senza di lei non sembra democratico, nonostante nell’ultimo anno il governo sia riuscito a migliorare le condizioni economiche e politiche del paese. A mio avviso, l’invito al punto 13 a sostenere, a livello multilaterale, la formazione di partiti politici ad orientamento democratico in Bielorussia rappresenta un’ingerenza diretta negli affari interni di un altro Stato. È un peccato che non si assista a impegni analoghi in favore della democrazia all’interno degli Stati UE, come nel caso dell’Ungheria. Ritengo che il punto 52 della relazione rappresenti un’ulteriore gesto di grossolana impertinenza, al pari del sostegno per diverse attività sovversive come Belsat o Radio Russia e la Radio europea per la Bielorussia. Mi ricorda molto il periodo della guerra fredda, come viene descritto nei libri di storia.

 
  
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  Elżbieta Katarzyna Łukacijewska (PPE), per iscritto.(PL) Nel corso del dibattito odierno al Parlamento europeo abbiamo discusso anche della dimensione orientale della politica di vicinato dell’Unione europea. Non dobbiamo dimenticare che dovrebbe mirare a rafforzare le relazioni tra l’Unione e i suoi vicini ad Est, specialmente l’Ucraina, promuovendo iniziative civiche, sociali ed economiche di ogni tipo. I giovani cittadini ucraini si aspettano che gli Stati membri dell’Unione europea li sostengano e, soprattutto, chiedono l’apertura dei confini per potersi muovere liberamente tra i paesi, studiare e coltivare le loro passioni e i loro interessi. Èimportante assicurare una migliore attuazione degli accordi per delle procedure per la concessione dei visti più agevoli e per una zona di libero commercio UE-Ucraina. Dovremmo inoltre ampliare il sistema di borse di studio per gli studenti provenienti dai paesi orientali della politica europea di vicinato e incoraggiarli ad impegnarsi maggiormente in attività di carattere sociale e politico.

 
  
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  Cristian Dan Preda (PPE), per iscritto.(RO) Accolgo positivamente la discussione congiunta sulle due relazioni relative alla politica europea di vicinato, dal momento che abbiamo bisogno di adottare un approccio coerente nei confronti dei nostri vicini, siano essi a Sud o a Est. Desidero sottolineare, innanzi tutto, che porre le due regioni in competizione l’una con l’altra è controproducente. Non si tratta di competere per le risorse, ma piuttosto di assegnarle in modo efficiente a quei partner che raggiungono dei progressi sulla base di criteri comuni che sono all’origine della nostra politica di vicinato. Mi riferisco, in particolar modo, al rispetto dei diritti umani, della democrazia e dello stato di diritto. Ritengo pertanto che sia necessario dimostrare abbastanza coraggio da riconoscere sì i risolutati positivi raggiunti tramite la politica di vicinato, come nel caso della Georgia e della Moldova, ma anche quelli negativi, come accaduto, sfortunatamente, nel caso della Bielorussia o dell’Ucraina. Il criterio essenziale deve essere la differenziazione, anche per la dimensione meridionale. D’altro canto, le nostre richieste circa il rispetto da parte dei partner europei dei valori comuni dell’Unione devono essere coerenti e ambiziose.

 
  
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  Fiorello Provera (EFD), per iscritto. – Nell'ambito della revisione della politica europea di vicinato è importante valutare l'impatto di questa politica sui fenomeni migratori. Nessuna politica di vicinato può essere pienamente efficace in questo ambito senza intervenire sulle cause dell'instabilità che scatenano i flussi migratori.

Questo implica una cooperazione regionale, sia con i paesi d'origine che di transito, anche attraverso accordi bilaterali. È necessario, infatti, collaborare con i paesi di transito e di origine dei flussi migratori per prevenire le ondate. Dobbiamo accompagnare i paesi di origine degli immigrati verso la democrazia e la good governance mettendo a disposizione i nostri valori e la nostra esperienza.

Nell'ambito della politica europea di vicinato è opportuno offrire un'agenda economica capace di aumentare i livelli di occupazione e accordi commerciali in grado di generare un vero sviluppo economico coerente con le leggi di mercato. Il Commissario Füle e l'Alto rappresentante Ashton hanno richiamato, con la formula "more for more", il concetto di condizionalità dell'aiuto che intende premiare i paesi più attivi sulla strada delle riforme democratiche e del rispetto dei diritti umani. Questo approccio va sostenuto, poiché coerente con i nostri valori, efficace per lo sviluppo e moralmente giusto nei confronti del contribuente europeo.

 
  
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  Debora Serracchiani (S&D), per iscritto. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, in seguito ai recenti eventi nel Sud-Est Europa, è necessario procedere a una revisione della Politica europea di vicinato in relazione ai paesi partner meridionali fornendo i mezzi e l'assistenza necessari per un'autentica transizione democratica e gettando le basi per profonde riforme politiche, sociali e istituzionali. È sì importante che la revisione della politica di vicinato attribuisca la priorità ai criteri relativi all'indipendenza della magistratura, al rispetto delle libertà fondamentali, compresa la libertà dei media, e alla lotta contro la corruzione ma è anche necessario riconsiderare ed esaminare attentamente la strategia dell'UE nei confronti del Mediterraneo affinché il dialogo politico e il sostegno a tutte le forze democratiche e sociali sia rafforzato.

 
  
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  Csaba Sándor Tabajdi (S&D), per iscritto.(HU) La crisi del mondo arabo ha dimostrato che la direzione perseguita fino ad ora all’interno della politica di vicinato ha fallito. Gli strumenti di finanziamento devono divenire più trasparenti ed è necessario adottare in approccio maggiormente orientato ai risultati al momento dell’erogazione degli aiuti. È opportuno fare altrettanto anche per quanto riguarda la dimensione orientale della politica. La politica europea di vicinato, in futuro, dovrà basarsi sulle relazioni transfrontaliere tra gli individui; questo approccio vale in particolar modo per la dimensione orientale, dal momento che i paesi coinvolti nel partenariato orientale hanno anche la prospettiva di poter ottenere lo status di paese candidato. La questione dell’esenzione reciproca dei visti tra l’Ucraina e l’UE andrebbe gestita in modo pragmatico, senza che venga sfruttata per esercitare pressioni politiche. Il governo ucraino devo ancora fare molto sul fronte dei diritti umani e della democrazia. Tuttavia, gli ultimi ad essere puntiti dovrebbero essere i cittadini ucraini. Se il Consiglio europeo sostiene i cittadini bielorussi imponendo al contempo sanzioni alla Bielorussia, non dovrebbe applicare standard diversi all’Ucraina. La concessione in tempi rapidi di esenzioni dei visti – auspicabilmente già questo anno – potrebbe essere utile per alimentare la fiducia economica necessaria a creare una zona di libero scambio. Confido che la Presidenza polacca tratterà questo tema in via prioritaria. Malauguratamente non è stato possibile organizzare il vertice del partenariato orientale nel corso della Presidenza ungherese. L’Ungheria avrebbe potuto trattare i partner dell’UE nel vicinato orientale in modo molto più obiettivo dei polacchi che, alla luce della loro esperienza storica, negli ultimi anni hanno perseguito politiche parziali nel caso di diverse relazioni.

 
  
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  Traian Ungureanu (PPE), per iscritto.(EN) La politica europea di vicinato dovrebbe rimanere europea e non divenire francese, rumena o polacca. Una distinzione tra vicini a Sud e a Est, seguita da un trasferimento di fondi da Est a Sud, potrebbe andare a vantaggio dei piani di uno Stato sponsor, ma sancirebbe la fine della politica europea di vicinato. La pressione esercitata dalla Francia per finanziare il Sud, prosciugando i programmi per l’Est potrebbe costituire un precedente scomodo. L’Europa dovrebbe trattare con tutti i propri vicini e non con alcuni più che con altri. Un trasferimento di fondi da Est a Sud invierebbe un segnale estremamente negativo ai nostri vicini orientali. Non avrebbe alcun senso sostenere la democrazia al Sud indebolendola ad Est. Le aspirazioni e i valori democratici europei dei partner orientali potrebbero risultare ulteriormente danneggiati da una politica di liberalizzazione dei visti impulsiva. In questo dominio non vi è spazio per una politica del tipo “prima la Russia”. I cittadini russi hanno il diritto di viaggiare liberamente, ma non prima degli altri partner ad Est. La concessione di un regime di liberalizzazione dei visti alla Russia trasformerebbe il passaporto russo in un documento magico, ricercato in Georgia, Moldova e Ucraina, destabilizzando questi paesi al loro interno. Esorto caldamente l’UE a riconsiderare seriamente questi problemi.

 
  

(1)Cfr. Processo verbale

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