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Resoconto integrale delle discussioni
Martedì 10 maggio 2011 - Strasburgo Edizione GU

18. Tempo delle interrogazioni (interrogazioni alla Commissione)
Video degli interventi
Processo verbale
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca il tempo delle interrogazioni (B7-0303/2011). Onorevoli colleghi, vi prego di notare che iniziamo con 40 minuti di ritardo.

Saranno prese in esame le interrogazioni alla Commissione.

 
  
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  Gay Mitchell (PPE). - (EN) Signor Presidente, so che sfondo una porta aperta con lei dicendo questo, ma vorrei ribadire che non è accettabile che il tempo delle interrogazioni venga portato avanti così.

Non c’è parlamento al mondo in cui il tempo delle interrogazioni non sia sacrosanto. La pregherei di sollevare nuovamente la questione con l’Ufficio di Presidenza.

 
  
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  Presidente. − Onorevole Mitchell, la questione non è di competenza dell’Ufficio di Presidenza, bensì della Conferenza dei presidenti, ma sicuramente le riforme dell’onorevole Swoboda presenteranno proposte su come gestire la questione. Sono d’accordo con lei: la situazione è assolutamente insoddisfacente, ma personalmente ho assunto la Presidenza solo alle 19.40 e non sono davvero responsabile di questo ritardo.

 
  
  

Annuncio l’interrogazione n. 16 presentata dall’onorevole Papanikolaou (H-000154/11)

Oggetto: Previsioni nel nuovo progetto di bilancio in tema di lotta contro la disoccupazione giovanile

Nell’iniziativa faro “Un’agenda per nuove competenze e nuovi posti di lavoro” si sottolinea che a causa della crisi il tasso di occupazione è sceso al di sotto del 69%, mentre quello di disoccupazione è aumentato al 10%. Se si ipotizza che il mercato del lavoro si stabilizzerà nel 2010-2011, il conseguimento di un tasso d’occupazione pari al 75% entro il 2020 richiederà l’immediato incremento dell’occupazione con percentuali che dovranno superare leggermente l’1% l’anno. Al contempo, la disoccupazione dei giovani di età fino a 25 anni sfiora il 20%, mentre il persistere della crisi economica comporta una riduzione dei tassi di occupazione al posto dell’obiettivo annuale di un suo aumento dell’1%.

Può la Commissione far sapere:

in che modo e in base a quali previsioni intende, in sede di elaborazione del bilancio, sostenere lo sforzo volto a raggiungere l’obiettivo di far aumentare l’occupazione nell’UE fino all’1% in media già dal prossimo anno,

se ritiene che le richieste di tagli delle risorse nel bilancio del prossimo esercizio avranno ripercussioni negative sugli stanziamenti messi a disposizione dell’istruzione, della formazione e del sostegno all’occupazione nell’UE in generale?

 
  
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  László Andor, membro della Commissione. (EN) Come tutti voi sapete, gli obiettivi principali della strategia Europa 2020 prevedono un innalzamento al 75 per cento del tasso di occupazione, la sottrazione di almeno 20 milioni di persone alla povertà e all’emarginazione, la riduzione dell’abbandono scolastico a meno del 10 per cento e la garanzia che almeno il 40 per cento dei giovani abbia un’istruzione universitaria entro il 2020.

La Commissione aiuta gli Stati membri a raggiungere questi obiettivi attraverso il sostegno finanziario (in particolare il Fondo sociale europeo), il coordinamento e l’orientamento delle politiche a livello comunitario nell’ambito del semestre europeo. La relazione comune sull’occupazione del 2011, che si basa sulla valutazione della Commissione dei progetti di programmi nazionali di riforma degli Stati membri, invita questi ultimi a migliorare il funzionamento del mercato del lavoro introducendo sistemi fiscali più favorevoli all’occupazione e facendo sì che il costo del lavoro e le retribuzioni riflettano gli sviluppi della produttività, introducendo regimi di lavoro flessibile che favoriscano una maggiore integrazione delle donne nel mercato del lavoro, garantendo che le riforme pensionistiche stabiliscano un nesso più diretto tra il fatto di andare in pensione più tardi e il fatto di maturare maggiori diritti pensionistici, eliminando gli incentivi a pensionamenti anticipati e legando i sussidi di disoccupazione al ciclo economico.

Ciò significa che, nei momenti di maggiore necessità, come abbiamo visto negli ultimi anni, bisogna rafforzare le reti di sicurezza, mentre nei periodi favorevoli bisogna risparmiare denaro. Quando esattamente inizino le fasi positive, dipende da una valutazione per paese. Auspicabilmente, in un paio d’anni, ci troveremo tutti in questa situazione, ma nelle attuali, difficili circostanze è importante che i servizi pubblici di collocamento forniscano maggiore assistenza nella ricerca di un lavoro. Dobbiamo ridurre la segmentazione del mercato del lavoro. I fatti dimostrano che determinati gruppi, in particolare quelli interessati da contratti a tempo determinato o i precari, hanno risentito maggiormente della crisi. È per questa ragione che la Commissione ha invitato gli Stati membri a introdurre contratti a tempo indeterminato con un graduale aumento dei diritti di protezione.

Seppur in misura minore rispetto ai bilanci pubblici nazionali, il Fondo sociale europeo ha aiutato gli Stati membri a superare la recente crisi economica. Nel rispetto della comunicazione della Commissione sulla revisione del bilancio e delle conclusioni della quinta relazione sulla coesione sociale, la strategia Europa 2020 definisce un chiaro elenco di priorità comuni, nonché il quadro per l’individuazione delle priorità di finanziamento dopo il 2013, in linea con gli obiettivi di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, compreso lo sviluppo delle risorse umane. La Commissione presenterà le proprie proposte per il prossimo quadro finanziario pluriennale alla fine di giugno.

Per quanto concerne il bilancio 2012, vorrei sottolineare che il progetto di bilancio adottato dalla Commissione il 20 aprile è in linea con le conclusioni del Consiglio europeo del 24 e 25 marzo, nelle quali si stabilisce che gli sforzi per il risanamento dei bilanci devono essere accompagnati da riforme strutturali che incentivino la crescita. A tal fine, gli Stati membri attueranno misure volte a investire nell’istruzione e nella formazione. La Commissione ha applicato una politica restrittiva relativamente alle spese amministrative, con il congelamento delle proprie spese di gestione. La Commissione ha inoltre proposto di aumentare i propri stanziamenti d’impegno e di pagamento del 3,7 e del 4,9 per cento rispettivamente, prestando particolare attenzione alle spese legate alla strategia Europa 2020, tra cui il Fondo sociale europeo, il programma di apprendimento permanente, il programma “Gioventù in azione”, il Settimo programma quadro e i programmi di competitività e innovazione.

 
  
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  Georgios Papanikolaou (PPE).(EL) La ringrazio della risposta, signor Commissario. Le ricordo che al momento la disoccupazione, in particolare giovanile, sfiora il 20,5 per cento e, in alcuni casi, è fuori controllo. In base ai dati a mia disposizione, il tasso è del 43,5 per cento in Spagna ed è prossimo, sempre in riferimento alla disoccupazione giovanile, al 36 per cento in Grecia. La situazione critica è un avvenimento unico che non era possibile prevedere due o tre anni; possiamo ora aspettarci un nuovo intervento da parte della Commissione in questa situazione specifica, oltre a quanto ci ha riferito?

 
  
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  Gay Mitchell (PPE). - (EN) Signor Commissario, potrebbe valutare una risposta per segmenti per i problemi di disoccupazione giovanile? Scoprirà, infatti, che i tassi di disoccupazione più alti interessano le persone con i livelli di istruzione più bassi e che magari vivono in case popolari e incontrano difficoltà nell’accedere all’istruzione e alla previdenza sociale.

Alcuni modelli di sviluppo locale hanno iniziato ad affrontare la questione per segmenti di popolazione. La Commissione può valutare una collaborazione con gli Stati membri per affrontare il problema dei segmenti sociali con i tassi di disoccupazione più elevati?

 
  
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  Nikolaos Chountis (GUE/NGL).(EL) Signor Presidente, come abbiamo già sentito, vi è una massiccia disoccupazione fra i giovani greci ed europei. Allo stesso tempo, giovani, donne ed immigrati rappresentano le fasce sociali più vulnerabili alle azioni arbitrarie dei datori di lavoro, e mi riferisco ad azioni che violano il diritto al lavoro e non rispettano i contratti collettivi. Vorrei pertanto chiederle, signor Commissario, quali misure intende adottare per tutelare i giovani lavoratori da contratti precari e dall’azione arbitraria dei datori di lavoro.

 
  
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  László Andor, membro della Commissione. − (EN) La situazione, in seno all’Unione europea, è lungi dall’essere uniforme. Le statistiche generali, le medie, indicano un quadro molto negativo e allarmante, ma in realtà alcuni paesi hanno avuto risultati relativamente buoni, lottando con successo contro la disoccupazione giovanile, anche durante la recessione. È questo il caso in particolare dei Paesi Bassi, dell’Austria e, in una certa misura, anche della Germania, paesi che hanno ottenuto risultati meno soddisfacenti possono trarre insegnamento da queste esperienze.

Il modello di successo è composto da diverse componenti e sono altrettanto numerose le cause di fallimento nei paesi in cui la disoccupazione giovanile interessa oramai un terzo della del gruppo d’età; diversi paesi (più di una mezza dozzina) rientrano nel secondo gruppo, al momento. Il legame tra istruzione e mercato del lavoro è fondamentale per migliorare i risultati del sistema di istruzione (in particolare la formazione professionale e maggiori opportunità formative)e sosteniamo quindi riforme che puntino in questa direzione.

Anche migliori contratti di lavoro rivestono un ruolo fondamentale ed è per questo che, nell’iniziativa faro “Un’agenda per nuove competenze e per l’occupazione” e nei successivi documenti abbiamo evidenziato il problema della segmentazione e sostenuto il ricorso a contratti a tempo indeterminato, che possono avere una ricaduta più ampia, ma che aiuterebbero in particolare le nuove generazioni.

Abbiamo sostenuto altresì forme di garanzia per i giovani, attuate con successo in alcuni Stati membri; un più ampio ricorso a simili garanzie è molto promettente. Vorrei parlare anche dei programmi del Fondo sociale europeo destinati ai giovani. Ne ho visti diversi e ritengo siano molto importanti, soprattutto laddove il rischio di emarginazione e di esclusione dalle opportunità di lavoro rappresenta un grave problema sociale. Credo che il Fondo sociale europeo possa essere utilizzato in modo innovativo: ne esistono numerosi, ottimi esempi.

Siamo disposti ad avviare ottimi progetti in grado di creare occupazione ed opportunità di apprendimento nei paesi di origine dei giovani, ma esistono anche numerose opportunità per lavorare all’estero. Soprattutto in questo momento, dobbiamo spostare l’attenzione dei giovani verso la necessità di mobilità e di cogliere opportunità che esistono all’estero. Dobbiamo diffondere le informazioni (la rete EURES è molto utile in questo caso e per queste la Commissione fornisce sostegno diretto) e incentivare le competenze e la mobilità, perché le opportunità di lavoro e i posti vacanti sono spesso disponibili in altre regioni o altri paesi. Quando si è giovani, questo non dovrebbe essere visto come un ostacolo.

 
  
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  Presidente. −

Annuncio l’interrogazione n. 17 presentata dall’onorevole Kelly (H-000158/11)

Oggetto: PAC e quadro finanziario pluriennale al di là del 2013

La necessità di una PAC adeguatamente finanziata che fornisca un bene pubblico quale un approvvigionamento alimentare sicuro e sostenibile per l’UE, garantisca un regime di prezzi stabili degli alimenti sia a livello di aziende che al dettaglio, che sostenga una vibrante economia rurale, è ora più che mai importante, visti soprattutto il recente aumento dei prezzi energetici e la stabilità in alcune regioni del globo.

Può la Commissione confermare che una PAC adeguatamente finanziata, che mantenga l’attuale quota sul bilancio UE, formerà parte essenziale di qualsiasi riforma del quadro finanziario pluriennale, alla luce del ruolo centrale che la politica agricola comune svolge nell’assicurare la fornitura di questo bene pubblico?

Interrogazione n. 18 presentata dall’onorevole Crowley (H-000192/11)

Oggetto: Finanziamento della PAC dopo il 2013

Può la Commissione confermare il proprio sostegno, nell’ambito del prossimo quadro finanziario pluriennale, a favore di una politica agricola comune solida e dotata di risorse finanziarie adeguate?

 
  
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  Dacian Cioloş, membro della Commissione.(FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la futura Politica agricola comune (PAC) deve rispondere alle sfide che l’agricoltura deve affrontare, quali la sicurezza alimentare, la stabilizzazione dei redditi agricoli, la produzione di beni di alta qualità e di elevata sicurezza alimentare. Al contempo, la Politica agricola comune deve rispondere alle sfide e agli obiettivi ambientali e territoriali della strategia Europa 2020, sostenendo la competitività e la sostenibilità dei settori agricoli e delle zone rurali.

La Commissione intende proporre una riforma profonda e ambiziosa della Politica agricola comune, che chiederà agli agricoltori di apportare un contributo significativo al raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020. L’impatto combinato di pagamenti diretti più “verdi” e di misure per lo sviluppo rurale più mirate permetterà alla PAC di fornire una risposta più forte e più ampia in termini di fornitura di beni pubblici ambientali.

Una Politica agricola comune forte e ambiziosa richiede altresì un bilancio comunitario adeguato. In tal senso, la Commissione dovrà presentare le proprie proposte legislative sul prossimo quadro finanziario pluriennale entro la fine di giugno 2011. In seguito, la Commissione presenterà le proprie proposte sulla riforma della PAC nella seconda metà dell’anno, per permettere il coordinamento delle proposte a livello di bilancio, tenendo conto al contempo delle nostre ambizioni per la futura Politica agricola comune.

 
  
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  Seán Kelly (PPE). - (EN) Solo un rapido commento. Nella comunicazione “La Politica agricola comune verso il 2020” si dice che sarà possibile realizzare tutti gli obiettivi della futura PAC “soltanto continuando a fornire un sostegno pubblico al settore agricolo e alle zone rurali”. Lo ha riferito lei stesso, signor Commissario. Come propone di garantire che tale sostegno alla Politica agricola comune venga mantenuto anche nel nuovo quadro finanziario pluriennale dell’Unione europea?

 
  
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  Liam Aylward (ALDE). - (EN) Signor Commissario, come lei sa, la fornitura di beni pubblici e la sicurezza dell’approvvigionamento alimentare hanno un costo molto elevato. Gli agricoltori devono sapere che riceveranno una giusta ricompensa per il loro lavoro e devono essere in grado di pianificarlo.

A tale proposito e per portare avanti le negoziazioni sulla PAC, quando prevede la Commissione di rivelare le proposte dettagliate del prossimo quadro finanziario pluriannuale e del bilancio allocato alla Politica agricola comune? È necessario conoscere questi dettagli il prima possibile perché, come eurodeputati, stiamo lavorando al buio, senza sapere quali risorse finanziarie avremo a disposizione.

 
  
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  Janusz Władysław Zemke (S&D).(PL) Signor Commissario, dalle sue parole sembra che la Politica agricola comune subirà sostanziali cambiamenti. La mia domanda al proposito è la seguente: si tratterà di cambiamenti puramente qualitativi o, ad esempio, si prevede di apportare modifiche anche alle modalità di allocazione dei fondi per ciascun paese? Al momento, i fondi destinati all’agricoltura sono suddivisi in modo molto diverso tra i vari paesi.

 
  
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  Rareş-Lucian Niculescu (PPE).(RO) Ringrazio sentitamente il Commissario per la sua risposta. In un indice globale che illustra la vulnerabilità all’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, quattro dei 40 paesi che occupano le prime posizioni sono Stati membri dell’Unione europea. Non metto in discussione le buone intenzioni del Commissario in materia di bilancio, ma in quale misura il futuro bilancio saprà rispondere alla richiesta alimentare e alle nuove ambizioni ambientali?

 
  
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  Dacian Cioloş, membro della Commissione. (FR) Signor Presidente, è stato chiesto come il bilancio potrà rispondere contemporaneamente alla sfida alimentare e agli obiettivi previsti dai trattati dell’Unione europea relativi alla Politica agricola comune e alla strategia Europea 2020. La risposta è la seguente: grazie a varie misure che prevediamo di adottare nel quadro di questa riforma, anzitutto per meglio indirizzare le risorse di bilancio che avremo a disposizione, per garantire un migliore riequilibrio dei pagamenti tra le varie categorie di aziende agricole e tra i vari Stati membri, nonché per utilizzare il bilancio come forma di incentivo per stimolare gli agricoltori a produrre, oltre ai beni alimentari, anche beni negoziabili per mezzo di pratiche agricole appropriate.

Penso che, in questo modo, la futura Politica agricola comune, una politica settoriale, potrà dare offrire multisettoriali e il bilancio allocato alla PAC potrà quindi dimostrare e apportare un vero valore aggiunto europeo. Possiamo così giustificare un bilancio per la PAC consistente, in linea con gli obiettivi stabiliti per tale politica. È chiaro che quanto la Politica agricola comune e gli agricoltori europei creeranno, in termini di produzione di beni negoziabili, sarà proporzionale alle risorse che potremo allocare.

Quando si parla di bilancio, bisogna tener conto anche del quadro e del contesto economico generale in cui il bilancio viene discusso; per questo è, per il momento, è difficile paralare di cifre. Gli Stati membri si stanno impegnando per ridurre le spese e quindi, anche a livello europeo, bisogna incanalare le risorse finanziarie a disposizione verso priorità concrete e un valore aggiunto europeo. Onorevole Kelly, possiamo, in questo modo, giustificare un bilancio consistente per la PAC grazie ai contributi positivi di tale politica a favore della società europea, non solo in termini di produzione agricola negoziabile, ma anche di produzione non commerciale, ovvero non remunerata dai mercati. È possibile raggiungere tali obiettivi sia nella componente dei pagamenti agli agricoltori sia in relazione al secondo pilastro, attraverso finanziamenti o con il sostegno alla produzione di beni locali.

Le proposte sul quadro finanziario pluriannuale, come ho detto nel mio intervento introduttivo, verranno presentate a giugno e solo in seguito, in autunno, la Commissione presenterà le proposte legislative. Le misure adottate a livello di Commissione sono assolutamente coerenti, perché gli orientamenti di massima di questa politica sono già stati presentati nella comunicazione che la Commissione ha pubblicato lo scorso anno, a novembre. A fine giugno la Commissione presenterà le proposte per il quadro finanziario pluriannuale e, in autunno, sulla base di queste ultime e della comunicazione contenente gli orientamenti di massima della riforma, la Commissione presenterà il pacchetto legislativo. A quel punto non ci si muoveremo più al buio, perché il quadro finanziario pluriannuale sarà già stato presentato.

I cambiamenti alla Politica agricola comune non saranno quindi solo qualitativi, per meglio centrare i nostri obiettivi, ma mireranno anche alla distribuzione dei pagamenti tra gli Stati membri, sia in seno agli Stati stessi sia tra le varie categorie di aziende, per meglio sfruttare le risorse disponibili, in funzione degli obiettivi stabiliti. Questo riequilibrio dei pagamenti serve non solo a garantire una maggiore equità, ma anche a mobilitare al meglio le varie strutture di produzione agricola per rispondere ai nuovi obiettivi prefissati. I riferimenti storici ai pagamenti basati su allocazioni ricevute in precedenza non sarebbero infatti più giustificabili nel contesto di obiettivi chiari per la futura Politica agricola comune.

Onorevole Niculescu, come sarà possibile garantire un buon rapporto tra la produzione dei beni negoziabili, alimentari e ambientali? Di certo non cercando di gravare ulteriormente sugli agricoltori, ma utilizzando una parte del bilancio quale incentivo alla produzione per mezzo di pratiche agricole rispettose dell’ambiente, che però non comportino un aumento eccessivo dei costi di produzione. Grazie a tali incentivi e senza compromettere troppo il livello della produzione agricola, gli agricoltori europei potranno produrre anche beni per il mercato. La produzione di questi beni sarà direttamente proporzionale al bilancio che saremo in grado di garantire a copertura dei costi di simili pratiche agricole. In questo modo, la Politica agricola comune riuscirà ad integrare, negli obiettivi prefissati con questa riforma, una serie di aspetti: economici, ambientali, aspetti legati al cambiamento climatico e all’armonizzazione dei territori nelle zone rurali.

 
  
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  Presidente. − Annuncio l’’interrogazione n. 19 presentata dall’onorevole Danellis (H-000185/11)

Oggetto: Innovazione e lotta contro il cambiamento climatico

Per poter realizzare i suoi ambiziosi obiettivi in materia di clima, l’UE ha bisogno di nuove tecnologie innovative. L’adattamento al cambiamento climatico può trasformarsi in un fattore di crescita e creare centinaia di migliaia di posti di lavoro ed esportazioni di alta tecnologia. Ciononostante, i finanziamenti privati destinati a nuove imprese, piccole e medie (PMI), ad alto rischio rimangono bassi e le sorti dell’innovazione “verde” in Europa dipenderanno in ampia misura dal sostegno pubblico. Secondo l’OCSE, è estremamente importante il coordinamento intergovernativo a livello dell’Unione, dove si mantengono 27 politiche nazionali in materia di innovazione e una moltitudine di programmi UE (ad esempio, Piano europeo di ripresa economica, Piano SET, NER 300, Europa INNOVA, Fondo di coesione).

Non ritiene la Commissione che sarebbe opportuno assegnare a un organismo orizzontale specializzato la semplificazione, la definizione di obiettivi e di criteri di selezione comuni e l’aggiornamento dei soggetti interessati riguardo ai programmi UE di sostegno all’innovazione “verde”?

Inoltre, intende la Commissione prendere in esame l’introduzione di nuovi incentivi, ad esempio l’istituzione di un premio “Innovazione climatica dell’anno”?

 
  
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  Dacian Cioloş, membro della Commissione. (FR) Signor Presidente, la lotta contro il cambiamento climatico è una grande sfida per l’Europa e dovremo impegnarci maggiormente nell’ambito della ricerca e dell’innovazione per sviluppare una società a basse emissioni di carbonio, in grado di sostenere il cambiamento climatico.

Al momento non esiste un organo unico specializzato in tali settori, né esistono incentivi specifici, come il Premio annuale per l’innovazione nel settore climatico già menzionato. Ci siamo comunque impegnati a fondo per raggiungere un approccio coordinato tra le varie politiche e programmi dell’Unione.

La strategia Europa 2020 e l’iniziativa faro correlata “Unione dell’innovazione” sono state adottate per far uscire l’economia europea dalla crisi e far fronte alle sfide sociali. L’investimento nella ricerca e nell’innovazione, incluse le nuove tecnologie, come l’innovazione ecologica, è al cuore di questa strategia e si prevedono nuovi strumenti finanziari per ottenere un sensibile aumento dei finanziamenti privati e stabilire una crescita sostenibile e a lungo termine. Nell’ambito dell’Unione dell’innovazione, è stato proposto un partenariato europeo per l’innovazione per coprire l’intera filiera dell’innovazione, a partire dalla ricerca e sviluppo, in modo da garantire che vi siano le condizioni adatte perché i risultati di ricerca e sviluppo raggiungano con successo il mercato. Potrebbero seguire altre proposte di partenariato per l’innovazione.

In secondo luogo, il Libro verde della Commissione intitolato “Trasformare le sfide in opportunità: verso un quadro strategico comune per il finanziamento della ricerca e dell’innovazione dell’Unione europea” propone importanti miglioramenti del programma di ricerca e innovazione, che rientreranno nel prossimo quadro finanziario pluriennale dell’Unione.

L’idea fondamentale è di associare la ricerca all’innovazione, riunendo tutti gli strumenti pertinenti dell’Unione europea in un quadro strategico comune che permetta di realizzare strategie realmente trasversali, che coprano la totalità dei sistemi innovativi, dalla ricerca allo sviluppo tecnologico, alla dimostrazione, fino al mercato.

Si propone inoltre di collegare i finanziamenti dell’Unione alle principali sfide della società, come il cambiamento climatico. Lo scopo è di utilizzare i finanziamenti dell’Unione europea come leva per ottenere maggiori finanziamenti privati, fra l’altro nel settore dell’innovazione delle tecnologie verdi.

Per concludere, il Libro verde chiede di sapere come verranno utilizzati i finanziamenti dell’Unione europea per sostenere anche le piccole e medie imprese. La Commissione ha invitato le parti coinvolte a contribuire sull’argomento entro il 20 maggio 2011. Più avanti, verso la fine dell’anno, la Commissione presenterà le proprie proposte legislative sui futuri finanziamenti dell’Unione europea per la ricerca e l’innovazione.

 
  
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  Spyros Danellis (S&D) . – (EL) La ringrazio della risposta, signor Commissario. Per quanto concerne il suo ambito di competenza, ovvero l’agricoltura, come pensa che l’innovazione, applicata alla catena di produzione di beni agroalimentari, possa contribuire non solo a combattere contro il cambiamento climatico, ma anche a fronteggiare e prevenire l’impatto negativo che, come tutti sappiamo, avremo sulla vita rurale?

 
  
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  Dacian Cioloş, membro della Commissione. (FR) Signor Presidente, sul piano pratico, è possibile garantire questo risultato incentivando gli agricoltori ad adottare pratiche agricole che non solo rispettino l’ambiente, la qualità del suolo e dell’acqua e la biodiversità, ma che permettano loro di ridurre le emissioni di carbonio e di trattenere meglio il carbonio nel terreno.

Il nostro piano prevede, in particolare nel secondo pilastro della Politica agricola comune e per mezzo di misure relative agli investimenti che permettano agli agricoltori di ammodernarsi, di incentivare questi ultimi a orientare gli investimenti verso la riduzione delle emissioni di carbonio. Il livello di cofinanziamento pubblico, ad esempio, non sarà lo stesso per un trattore a emissioni di carbonio elevate o normali e per un veicolo a emissioni ridotte. Il finanziamento pubblico, pertanto, verrà utilizzato per incentivare gli agricoltori a prendere in considerazione anche questo aspetto.

In secondo luogo, si prevede di istituire uno strumento che contribuisca a un’agricoltura basata sulla conoscenza, che permetta di utilizzare i risultati di ricerca, sviluppo e innovazione (anche della ricerca prodotta nell’ambito della strategia comune per la ricerca) e di metterli in pratica. Verrà creata una rete di buone pratiche e di innovazione a livello europeo, con la partecipazione di ricercatori, consulenti, formatori, agricoltori e l’industria agroalimentare in modo da accorciare la filiera di produzione e di impiego delle conoscenze. In questo modo, grazie alle tecnologie e alle tecniche agricole che gli agricoltori applicheranno, sarà possibile non solo garantire un’economia competitiva, ma anche ridurre l’impatto dell’attività agricola sul cambiamento climatico.

 
  
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  Presidente. − Annuncio l’interrogazione n. 20 presentata dall’onorevole Chountis (H-000170/11)

Oggetto: Necessari cambiamenti del bilancio dell’Unione europea

Con lo scoppio della crisi del 2008 i disavanzi e i debiti degli Stati membri dell’UE sono esplosi a livelli storici con il conseguente aumento del costo del prestito e l’emergere di gravi difficoltà nel servizio del debito. Quasi tutti i governi dell’UE hanno adottato rigorose misure di austerità che riducono sia le spese statali sia i programmi di investimenti pubblici, il che ha come risultato diretto il repentino degrado dei dati sociali e l’acuirsi della recessione economica.

Stante che il bilancio dell’Unione europea costituisce un importante, potenziale strumento di sviluppo e visto che esso non è mai stato ristrutturato in modo tale da corrispondere alle nuove condizioni di una crisi economica generalizzata e di un aggravarsi del debito, può la Commissione dire se ha allo studio una revisione della struttura complessiva del bilancio dell’Unione, delle sue linee guida e della sua entità, al fine di aiutare gli Stati rispondendo così alle conseguenze sociali della crisi e sostenerne gli sforzi di sviluppo?

 
  
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  Janusz Lewandowski, membro della Commissione. (EN) L’interrogazione alla Commissione implica l’analisi dello stato reale dell’economia europea e la relativa prescrizione; condivido in parte entrambi gli aspetti. Certamente ci troviamo in un’Europa dell’austerità, che comporta risparmi socialmente dolorosi, costosi dal punto di vista politico ed economicamente necessari, ma è una situazione che in certa misura rappresenta anche una sfida per la fragilissima ripresa dell’economia europea.

La Commissione europea è una ferma sostenitrice del consolidamento fiscale quale prerequisito per una crescita sostenibile, ma siamo più che mai consapevoli della sensibilità della discussione economica in merito a quanto viene attualmente definito come il problema del “rilancio o austerità?”, questione che è stata affrontata anche quest’oggi in seno al Collegio. Quando si adotta una visione di più ampio respiro e si guarda alla strategia per il 2020, questo aspetto appare chiaro, come nel caso del rilancio della strategia per un mercato unico; questa volta però si tratta di sbloccare il potenziale dell’economia europea. Il bilancio dell’Unione deve fornire una risposta immediata, come immediata è la necessità di crescita e di posti di lavoro.

La ragione risiede nella natura specifica del bilancio europeo e nell’attenzione prestata agli investimenti. I bilanci nazionali si occupano principalmente di trasferire fondi per scopi sociali, mentre il bilancio europeo tratta anzitutto di investimenti e può quindi avere molteplici ricadute sulla creazione di posti di lavoro e sulla crescita; quando guardiamo alla proposta di bilancio per il 2012, assieme alla competitività, aumenta la coesione, ovvero il finanziamento strutturale, la ricerca e lo sviluppo. L’altra voce di spesa in aumento riguarda la migrazione. Questo tipo di spese portano alla crescita e alla creazione di posti di lavoro e, sul lungo periodo, lo stesso deve valere per le proposte che presenteremo alla fine di giugno relativamente alla prossima prospettiva finanziaria, con diverse integrazioni rispetto a quanto ho accennato in merito all’energia e all’infrastruttura trans europea. In linea di massima anche questo dovrebbe portare a crescita e occupazione.

Posso pertanto dire che il bilancio europeo, per sua stessa natura, può rappresentare lo strumento di distribuzione delle risorse in un periodo di austerità, per compensare il taglio agli investimenti che generalmente si verifica a livello nazionale. Dovremmo quindi sfruttare al massimo il potenziale del bilancio europeo.

 
  
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  Nikolaos Chountis (GUE/NGL).(EL) La ringrazio per la risposta, signor Commissario. Non so se la Commissione in questo periodo stia discutendo delle recenti dichiarazioni della stampa circa il disavanzo della Grecia, dove si parla si riunioni segrete, ristrutturazione del debito, nuovi prestiti e una possibile uscita della Grecia dalla zona euro. La Grecia sta vivendo nel frattempo i drastici effetti del memorandum: senza una crescita sostenibile, il debito pubblico non verrà sanato e l’economia non migliorerà. La mia domanda, perciò, è: quali misure di bilancio proponente, in questo momento, per aiutare i paesi che sono stati colpiti dalla crisi, come la Grecia?

 
  
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  Janusz Lewandowski, membro della Commissione. (EN) Certo, la fuga di notizie dalla riunione della scorsa settimana è questione talmente importante ed urgente che è stata naturalmente discussa dal Collegio.

Il caso sta alimentando molte speculazioni. Un simile episodio ha un costo e il clima sempre peggiore che circonda la situazione della Grecia non aiuta di certo il paese. Questo genera preoccupazioni per le prossime riunioni a causa delle condizioni relative al programma di ristrutturazione greco e dell’operazione di salvataggio condizionato. Non sono comunque qui, per discutere di quali accordi dovrebbero raggiungere i membri competenti della Commissione e il Fondo monetario internazionale, con la partecipazione delle autorità elleniche.

Possiamo solo augurare il massimo successo per gli sforzi profusi e le misure adottate a livello nazionale, che sono probabilmente molto dolorosi dal punto di vista politico e gravosi per il governo. Ammetto che la fuga di notizie sta alimentando le speculazioni e provocando un peggioramento delle condizioni per una possibile ripresa della Grecia.

 
  
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  Presidente. − Annuncio l’interrogazione n. 21 presentata all’onorevole Harkin (H-000161/11)

Oggetto: Corpo volontario europeo di aiuto umanitario

In questo Anno europeo del volontariato 2011, può la Commissione fornire informazioni aggiornate al Parlamento sulla situazione presente in merito al processo legislativo per l’istituzione del Corpo volontario europeo di aiuto umanitario (CVEAU)?

In particolare, quali misure verranno probabilmente adottate in base ai risultati della consultazione pubblica e, in secondo luogo, può la Commissione indicare quali progetti pilota specifici sono stati selezionati al momento?

 
  
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  Kristalina Georgieva, membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, farò del mio meglio per dare una risposta più breve possibile.

Il trattato di Lisbona prevede l’istituzione di un corpo volontario europeo di aiuto umanitario al fine di stabilire un quadro per i contributi congiunti dei giovani europei alle operazioni di aiuto umanitario dell’Unione. Lo scorso anno abbiamo esaminato la situazione relativa al volontariato, per mezzo di incontri bilaterali, inchieste e una conferenza dedicata, svoltasi nel mese di settembre 2010. Il 23 settembre abbiamo poi adottato una comunicazione che istituisce un approccio graduale per questo corpo.

La prima fase, in cui si è fatto il punto della situazione, ci ha permesso di identificare le attuali carenze, necessità e condizioni del corpo volontario per dare un contributo positivo all’assistenza umanitaria dell’Unione europea. Quest’anno, l’attività principale prevede l’ulteriore sviluppo dell’approccio da adottare, inclusa una consultazione dei portatori di interesse, i cui risultati saranno resi noti alla fine del mese di maggio. In secondo luogo, il 2011 prevede un’azione preparatoria che permette alla Commissione di finanziare progetti pilota volti a selezionare, formare e dispiegare un numero ristretto di volontari, in vista dell’adozione di una proposta legislativa. In terzo luogo, condurremo una valutazione globale d’impatto, che ci informerà circa il potenziale impatto sociale ed economico del corpo volontario. I risultati di tale attività confluiranno in una proposta di regolamento, prevista per il 2012.

I risultati della consultazione pubblica dei portatori di interesse e i progetti pilota selezionati verranno presentati nel corso della conferenza dedicata, prevista per giugno 2011 a Budapest, sotto l’egida della Presidenza ungherese.

 
  
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  Marian Harkin (ALDE). - (EN) Signor Presidente, visto che abbiamo limiti di tempo e che il Commissario ha risposto con grande precisione alla mia interrogazione, non ho altro da aggiungere.

 
  
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  Presidente. − Annuncio l'interrogazione n. 22 presentata dall’onorevole Posselt (H-000169/11)

Oggetto: Aiuti umanitari per la Libia

Qual è la situazione degli aiuti umanitari della Commissione per i ribelli e i civili innocenti in Libia e in altre aree di crisi nell’Africa settentrionale? Quale bilancio trae la Commissione dalle attività svolte in questo ambito negli ultimi mesi?

e l’interrogazione n. 25 presentata dall’onorevole Ludford (H-000193/11)

Oggetto: Capacità di intervento civile e militare in caso di catastrofi

Il conflitto in Libia ha mostrato l’importanza della capacità dell’Europa di mobilitare tutta una serie di risorse di pronto intervento.

Come valuta la Commissione i progressi compiuti dall’Unione europea in relazione alla capacità di attingere alle sue risorse militari e umanitarie in maniera coordinata?

Il suggerimento relativo a un organo permanente per coordinare la capacità dell’Unione europea e degli Stati membri di intervento civile e militare in caso di catastrofi ha compiuto qualche progresso?

 
  
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  Kristalina Georgieva, membro della Commissione. (EN) Fin dall’inizio della crisi libica, l’Unione europea si è fatta carico delle proprie responsabilità per alleviare le sofferenze della popolazione civile, fornendo un’assistenza umanitaria puntuale e significativa.

Ad oggi, la Commissione ha allocato 50 milioni di euro (40 milioni dal nostro bilancio per gli aiuti umanitari e 10 dalla voce di bilancio relativa alla protezione civile), mentre i 27 Stati membri hanno contribuito, complessivamente, con 52 milioni di euro, portando così l’assistenza umanitaria complessiva dell’Unione europea a 102 milioni. I nostri aiuti sono di gran lunga i principali nel rispondere alle necessità della popolazione in Libia.

I nostri finanziamenti umanitari sostengono attività attuate da partner, agenzie delle Nazioni Unite, Croce Rossa, Mezzaluna Rossa e organizzazioni non governative. Le nostre attività rispondono sia alle pressanti necessità in seno alla Libia, sia ai bisogni dei cittadini libici che hanno abbandonato il paese. Sinora, 740 000 lavoratori migranti musulmani hanno abbandonato il paese in cerca di salvezza.

In Libia, le nostre attività comprendono l’evacuazione via mare di circa 2 000 civili provenienti da Misurata, la fornitura di cibo, acqua e attrezzature mediche e sanitarie nella regione di Misurata e in altre zone del paese, nonché materiali provvisori per l’alimentazione, in quando ci aspettiamo un peggioramento della situazione nelle prossime 4-6 settimane.

In zone di confine esterne al paese, la Commissione sta sostenendo l’allestimento di scorte di emergenza e stiamo appoggiando operazioni anche in Tunisia, Egitto e Algeria per quanti hanno abbandonato la Libia.

Il meccanismo di protezione civile dell’Unione europea è stato attivato due volte: la prima per sostenere le operazioni consolari degli Stati membri per l’evacuazione dei nostri cittadini (sono stati evacuati 5 800 cittadini europei) e la seconda per favorire il rimpatrio di lavoratori migranti bloccati in Tunisia e in Egitto. Con il sostegno della Commissione, abbiamo messo a disposizione 157 voli dagli Stati membri e abbiamo finanziato il rimpatrio di cittadini di paesi terzi per mezzo dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni. In totale abbiamo riportato a casa sane e salve più di 56 000 persone, riducendo in questo modo il rischio di ondate di emigranti verso l’Europa.

Nonostante il conflitto in corso e la sua diffusione in varie zone della Libia, le organizzazioni umanitarie stanno svolgendo un notevole lavoro nella prevenzione di un disastro umanitario di gravi proporzioni. A questo punto, la nostra principale preoccupazione rimane il limitato accesso agli operatori umanitari in vaste aree del paese sotto il controllo di Gheddafi.

Voglio assicurarvi che la Commissione manterrà inalterati il proprio impegno per aiutare la popolazione interessata dal conflitto.

 
  
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  Bernd Posselt (PPE).(DE) Signor Presidente, signora Commissario, desidero ringraziarla sentitamente per l’attenzione dimostrata alla questione. Vorrei sottolinearlo in termini più forti possibile e chiedere solo una cosa: ieri o oggi, le Nazioni Unite hanno chiesto il cessate il fuoco per permettere di occuparsi dei bisogni umanitari. Gli aiuti umanitari stanno effettivamente raggiungendo la maggior parte della popolazione libica e quali percentuali del paese o della popolazione si stima siano inaccessibili agli organismi responsabili degli aiuti?

 
  
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  Sarah Ludford (ALDE). - (EN) Signora Commissario, alla luce delle risoluzioni del Parlamento e delle conclusioni del Consiglio dello scorso dicembre, potrebbe darci una sua valutazione dei progressi realizzati dalla relazione Barnier, del 2006, nell’istituzione di un meccanismo di reazione rapida o di reazione alle catastrofi davvero coerente, che riunisca le risorse umanitarie, di protezione civile e militari e precise risorse comuni dagli Stati membri, invece di un approccio ad hoc? Stiamo giungendo a una soluzione? Può rassicurarci in questo senso?

 
  
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  Kristalina Georgieva, membro della Commissione. (EN) In risposta alla prima domanda, l’accesso alle aree della Libia oggetto di operazioni militari è limitato, ma, grazie al coraggio degli operatori del settore, siamo riusciti a raggiungere due popolazioni colpite, a Misurata e nelle città contese della zona costiera. Non siamo riusciti a raggiungere le popolazioni colpite nella regione occidentale del paese sotto il controllo di Gheddafi.

Siamo estremamente preoccupati dall’aumento del numero di libici in fuga dal paese cui stiamo assistendo. Delle 740 000 persone che ho citato prima, circa 50 000 sono libiche e il dato è in continuo aumento, il che pone un’ulteriore sfida nell’aiutare queste persone, molte delle quali si stanno trasferendo per andare a vivere in comunità di accoglienza in Tunisia e in Egitto. Dobbiamo trovare un modo per sostenere tali comunità.

Per quanto attiene al cessate il fuoco, ne abbiamo chiesto uno per permettere l’accesso sicuro all’assistenza umanitaria e, naturalmente, sosteniamo pienamente le Nazioni Unite a tale proposito. Vi posso assicurare che siamo costantemente in contatto con l’ONU e con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati in modo da far giungere sul luogo l’assistenza non appena si dovesse aprire un’opportunità, come già accaduto in varie occasioni, ad esempio nel caso di Misurata.

C’è stata un’altra domanda relativa alla questione della risposta coordinata. Posso continuare rispondendo a questa domanda? Abbiamo compiuto progressi significativi nel portare avanti i lavori che hanno fatto seguito alla comunicazione “Potenziare la reazione europea alle catastrofi”, sostenuta all’unanimità dal Consiglio al termine dello scorso anno. La nostra intenzione è di accelerare i lavori per l’attuazione della comunicazione e, in particolare, per la creazione di un centro europeo di pronto intervento, con la capacità materiale per essere operativo 24 ore al giorno, 7 giorni su sette, entro la fine di quest’anno. Tale centro sarà strutturato sulle linee dell’attuale MIC (centro di informazione e monitoraggio) e delle squadre di pronto intervento per l’assistenza umanitaria, che esistevano in seno alla direzione generale per gli Aiuti umanitari.

Nel corso dell’ultimo anno, soprattutto nell’ambito della risposta alla catastrofe di Haiti, alle inondazioni in Pakistan e ora in risposta alla situazione libica, abbiamo costruito rapporti operativi davvero forti ed efficaci con i militari del servizio europeo per l’azione esterna, al punto che ora i militari dell’Unione nominano ufficiali di collegamento per la nostra operazione umanitaria, per poter pianificare e intervenire in modo congiunto.

Per rispondere direttamente alla domanda che mi è stata rivolta: sì. Stiamo compiendo progressi. Purtroppo, a causa degli eventi del 2010 (e anche di quest’anno), abbiamo dovuto affrontare circostanze eccezionalmente difficili, che hanno dato una fortissima spinta ai lavori.

 
  
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  Presidente. − Annuncio l'interrogazione n. 24 presentata dall’onorevole Gallagher (H-000190/11)

Oggetto: Prodotti ittici in conserva destinati all’aiuto alimentare

Ha incluso la Commissione i prodotti ittici in conserva fra gli aiuti alimentari inviati dall’Unione europea ai paesi colpiti da una crisi umanitaria? Conviene la Commissione che i prodotti ittici in conserva sono particolarmente idonei all’aiuto alimentare in considerazione del loro elevato tenore proteico e del fatto che possono essere conservati a lungo ed essere forniti in tempi brevi?

 
  
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  Kristalina Georgieva, membro della Commissione. (EN) L’Unione europea è uno dei principali fornitori di assistenza alimentare. La Commissione si è impegnata a svolgere il ruolo di guida nel garantire che le persone più vulnerabili in una crisi abbiano accesso a un’alimentazione sicura, adeguata e nutriente. La Commissione non esegue direttamente le operazioni di soccorso, ma finanzia organizzazioni partner (le agenzie delle Nazioni Unite, le organizzazioni non governative internazionali, la Croce rossa) o altri partner con vasta esperienza nello svolgimento di operazioni di soccorso presso le popolazioni più vulnerabili.

I nostri partner hanno l’autorità di stabilire quali siano le necessità più appropriate di assistenza alimentare in qualunque circostanza. Li incoraggiamo ad acquistare il più possibile il cibo in loco, fornendo in questo modo assistenza anche agli imprenditori locali ed evitando il rischio di nutrire le persone da un lato e dall’altro annientare i mezzi di sussistenza dei produttori locali introducendo alimenti stranieri. La Commissione deve sempre autorizzare tali scelte e si assicura che vengano presi in considerazione elementi quali la disponibilità e la qualità nutritiva degli alimenti, le abitudini alimentari delle popolazioni locali, la disponibilità di servizi per la cottura dei cibi e ne valuta il costo, incluso il trasporto.

L’esatta composizione della nostra assistenza alimentare sarà determinata su queste basi. Certamente il cibo in scatola presenta numerosi vantaggi, incluso il pesce in scatola, perché si conserva per lunghi periodi ed è quindi adatto alla creazione di scorte; vi sono però anche alcuni svantaggi, legati ai costi o alle abitudini alimentari delle popolazioni locali. Dobbiamo quindi essere sempre certi che il nostro operato aiuti le persone nel modo più efficace possibile.

 
  
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  Pat the Cope Gallagher (ALDE). - (EN) La ringrazio per la risposta degna di fiducia, signora Commissario. Nei suoi discorsi ha parlato più volte di nutrizione e, di fatto, i prodotti ittici in scatola rispondono perfettamente a tutti i criteri considerati: sono economici, hanno elevato contenuto proteico, non necessitano di essere trasportati o immagazzinati in celle frigorifere e, naturalmente, hanno lunghi periodi di conservazione. Per quanto riguarda la cucina, poi, si tratta di alimenti già cotti (mi riferisco in particolare allo sgombro e alle aringhe).

Ciò che voglio dire è: potreste utilizzare i vostri uffici almeno per suggerire l’utilizzo dei prodotti ittici in scatola? Noi finanziamo queste operazioni e vorrei avere la possibilità di incontrare qualcuno della vostra direzione generale per discutere della questione, perché provengo da una regione in cui vi è abbondanza di pesce e assenza di altri lavori. Dovremmo cercare di aiutare i nostri cittadini e, al contempo, anche altri.

 
  
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  Kristalina Georgieva, membro della Commissione. (EN) Le sue argomentazioni sono estremamente valide. Dobbiamo mirare a valori nutrizionali elevati e a semplicità di utilizzo. Vorrei però mettere in guardia dall’estendere l’intervento della Commissione alle decisioni in merito a quale debba essere esattamente la composizione dell’assistenza alimentare in una qualunque circostanza.

L’Unione europea ha assunto la leadership nell’assistenza alimentare, svincolandola da qualunque condizione o, in altre parole, non imponendo che l’assistenza alimentare europea includa cibo prodotto in Europa. Talvolta l’eccedenza agricola europea viene effettivamente utilizzata nell’assistenza alimentare.

Pretendiamo che il cibo fornito alle persone in qualunque circostanza sia il più adatto, perché, nel momento in cui svincoliamo la nostra assistenza umanitaria, permettiamo alle organizzazioni partner di acquistare cibo in loco e incentivare le imprese locali. Non dobbiamo introdurre in questi paesi cibo dall’Europa, uccidendo i mezzi di sussistenza dei produttori locali per poi fornire loro aiuti allo sviluppo e portare ancora più cibo perché siamo stati poco saggi nel nostro approccio all’assistenza alimentare.

Le assicuro che, nel complesso, ciò che l’Europa ha fatto in materia è visto come la cosa giusta da fare. Le popolazioni dei paesi in via di sviluppo e i nostri partner per lo sviluppo plaudono all’approccio che abbiamo adottato nell’assistenza alimentare. Sosteniamo inoltre la creazione di scorte alimentari, dove i prodotti ittici in scatola risultano molto adatti. Le assicuro che lottiamo per fare la cosa giusta e incoraggiamo naturalmente gli interventi più giusti.

È il benvenuto a venire presso i nostri servizi, siamo sempre molto lieti di interagire con il Parlamento europeo.

 
  
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  Presidente. − Onorevole Ludford, ha avuto la sua risposta. Intende esercitare pressioni per averne un’altra? È questo ciò che vuole? Ha ottenuto la risposta alla sua interrogazione.

 
  
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  Sarah Ludford (ALDE). - (EN) Esatto! Le conclusioni del Consiglio di dicembre scorso parlavano di diverse proposte che la Commissione avrebbe presentato nel corso del 2011. Non posso affermare di essere una specialista del settore, ma di certo non hanno fatto notizia e mi chiedevo se ne hanno presentata qualcuna. La questione si rifà a proposte per l’organizzazione di una procedura rapida in seno all’Unione, presentate in passato anche da colleghi del mio gruppo. Il Parlamento ha chiesto un servizio di protezione civile comunitario, nell’intento di avere una sorta di corpo permanente per non continuare a dipendere da questo foraggiamento; dovremmo istituire questo meccanismo affinché entri in azione in tempi rapidi. So che ha detto che abbiamo compiuto progressi, ma stiamo raggiungendo una situazione davvero ideale?

 
  
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  Kristalina Georgieva, membro della Commissione. (EN) Le conclusioni del Consiglio ci hanno dato mandato di istituire un servizio europeo di protezione civile affidabile e pronto a intervenire immediatamente, costituito da moduli ad hoc degli Stati membri che noi possiamo mobilitare e trasportare laddove ve ne sia immediata necessità quando si verifica una catastrofe.

Il punto cui siamo giunti è davvero notevole, perché disponiamo già di 104 moduli registrati presso di noi dagli Stati membri e che possiamo mobilitare per fornire assistenza in modo pianificato, a patto che non necessitino di tali moduli per far fronte alle stesse calamità sul proprio territorio.

Dobbiamo darci ancora da fare per identificare lacune e possibili soluzioni. Per questo adotteremo ci muoveremo con cautela e solo in seguito ci rivolgeremo a Consiglio e Parlamento, per ottenere la vostra approvazione sull’approccio che proporremo per colmare le lacune.

La creazione di un centro europeo di pronto intervento sta invece procedendo molto più rapidamente di quanto si potesse prevedere lo scorso anno. Vi posso assicurare che il centro farà davvero la differenza, perché ci permetterà di accelerare i lavori relativi alla pianificazione dei possibili scenari (ovvero quali calamità dobbiamo essere pronti ad affrontare) e alla normalizzazione dei beni messi a disposizione dagli Stati membri .

L’espressione chiave è stata “impegno volontario degli Stati membri”; tuttavia, una volta che gli Stati si sono assunti determinati impegni, i beni in questione appartengono alla Comunità e noi ne possiamo disporre.

 
  
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  Presidente. − Annuncio l’interrogazione n. 26 presentata dall’onorevole Higgins (H-000157/11)

Oggetto: Cambiamento climatico e ruolo degli agricoltori

Qual è l’opinione della Commissione sull’importanza del ruolo degli agricoltori in termini di pozzi di assorbimento del carbonio, foreste e altre iniziative nella lotta contro una delle maggiori sfide ambientali dei nostri giorni?

Come intende la Commissione sostenere gli agricoltori nella loro lotta contro il cambiamento climatico?

 
  
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  Connie Hedegaard, membro della Commissione. (EN) L’agricoltura e la silvicoltura possono, naturalmente, svolgere un ruolo importante nel raggiungimento degli obiettivi climatici dell’Unione europea e, di fatto, l’emissione di gas a effetto serra diversi dall’anidride carbonica nelle attività agricole rientrano nel meccanismo europeo di condivisione dello sforzo, ma le emissioni e l’eliminazione di CO2 legate all’uso del suolo, ai cambiamenti di uso del suolo e alla silvicoltura (al cosiddetto Lulucf) non rientrano negli attuali impegni di riduzione adottati nel 2008 nell’ambito del pacchetto integrato sull’energia e i cambiamenti climatici.

Nel pacchetto, Consiglio europeo e Parlamento avevano chiesto alla Commissione di valutare le modalità di inclusione di tali emissioni negli impegni di riduzione che l’Unione europea avrebbe assunto a metà del 2011 e di presentare, se del caso, una proposta legislativa. La Commissione, pertanto, prevede di pubblicare la comunicazione sull’argomento durante l’estate, ovvero a breve.

L’inclusione di tali emissioni dovrebbe rafforzare l’integrità ambientale dei nostri impegni relativi al clima, garantendo che vengano prese in considerazione tutte le emissioni ed eliminazioni, aumentando la visibilità dell’impegno di agricoltori e silvicoltori di aumentare i pozzi per mezzo di una gestione sostenibile del territorio.

L’attuale Politica agricola comune comprende strumenti che interessano il cambiamento climatico, principalmente attraverso i molteplici benefici comuni a politiche agro-ambientali ed all’azione per il clima. Il primo pilastro fornisce sussidi al reddito degli agricoltori che devono rispettare la condizionalità ambientale, un concetto che comprende obblighi di base, alcuni dei quali relativi all’azione per il clima. La politica di sviluppo rurale del secondo pilastro rende le misure a disposizione degli Stati membri più mirate al cambiamento climatico.

La valutazione del 2008 dello stato di salute della PAC ha confermato che il cambiamento climatico rappresenta una delle principali sfide e alcune misure relative alla silvicoltura, come il rimboschimento, possono trovare sostegno nell’ambito della politica per lo sviluppo rurale.

Una Politica agricola comune riformata, con un primo pilastro più ecologico, che introduca azioni ambientali annuali e non contrattuali che vanno oltre la condizionalità ambientale, e un secondo pilastro più incentrato sull’azione per il clima, con il sostegno di un servizio professionale di consulenza agricola, potrebbe essere in grado di aiutare gli agricoltori a gestire i sistemi di utilizzo del territorio in modo da contribuire all’azione per il clima (mitigazione) e diventare meno vulnerabili al cambiamento climatico (adattamento). Questo è esattamente l’obiettivo che intendiamo raggiungere con la prossima PAC.

 
  
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  Jim Higgins (PPE).(GA) Grazie, signora Commissario, è chiaro che la sua politica sta andando nella giusta direzione. Per quanto concerne lo stato dell’agricoltura nell’economia del mio paese, è un aspetto davvero molto importante. Nel 2010, ad esempio, si è stimato che i trasferimenti netti dell’Unione europea verso il bilancio agricolo irlandese erano pari a 978,3 milioni di euro. È evidente che gli agricoltori sono disposti a collaborare con la Commissione per quanto attiene al cambiamento climatico e altre questioni simili, ma devono ricevere compensazioni e denaro, se vogliamo ottenere tale cooperazione. Sono disposti a dare una mano, ma, al contempo, non sono in grado di farlo senza compensazioni, senza un’economia, senza denaro.

 
  
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  Connie Hedegaard, membro della Commissione. (EN) In linea di massima, concordo con le sue parole. Lei usa il termine “compensazioni”, ma personalmente preferisco dire che la Politica agricola comune dovrebbe mirare maggiormente a una situazione in cui ci saranno aiuti a disposizione di quanti producono qualcosa per il bene comune. In questo modo, per gli agricoltori, iniziare a impegnarsi per il clima, per la qualità dell’acqua o qualunque altra cosa, diventerà un’opzione molto più tangibile e concreta e noi trarremo maggior valore dai sussidi versati all’agricoltura. Questo, almeno, è la convinzione della Commissione.

 
  
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  Presidente. − Annuncio l’interrogazione n. 27 presentata dall’onorevole Paleckis (H-000162/11)

Oggetto: Pari opportunità in materia di lotta contro il cambiamento climatico

L’indice globale di rischio climatico per il 2011 segnala che tra i 35 paesi del mondo con maggiori rischi figurano ancora sei Stati membri dell’UE. Le persone più vulnerabili dal punto di vista del cambiamento climatico, sono le donne in quanto costituiscono la maggior parte delle popolazioni più povere. Anche se la parità tra i sessi è riconosciuta come una condizione necessaria alla realizzazione dello sviluppo sostenibile e degli obiettivi del Millennio per lo sviluppo, la politica sul cambiamento climatico, a detta degli esperti, non annette sufficiente attenzione a tale principio. Con ogni evidenza non esiste un processo volto a inserire le donne nella lotta contro il cambiamento climatico.

Quali misure la Commissione europea intende prendere per far sì che la dimensione della pari opportunità sia inclusa nella politica europea di lotta contro il cambiamento climatico?

 
  
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  Connie Hedegaard, membro della Commissione. (EN) L’Unione europea è da tempo promotrice della parità di genere. A sostegno di questo aspetto, la Commissione ha stabilito da tempo la pratica di un’ampia consultazione sia interna che esterna. La consultazione di tutti i servizi della Commissione permette di considerare gli aspetti relativi alla parità di genere in tutte le proposte legislative e nelle altre iniziative, incluse quelle relative al cambiamento climatico.

La Commissione riconosce il profondo impatto sociale del cambiamento climatico sulle donne, nonché l’importante ruolo che queste possono svolgere nella lotta a questo fenomeno. A ottobre 2009, la Commissione ha invitato alla creazione di una piattaforma che permettesse alle donne di far sentire la propria voce, in qualità di agenti nella lotta contro il cambiamento climatico.

La Commissione sta inoltre lavorando in stretta cooperazione con gli Stati membri e le Presidenze dell’Unione europea per sviluppare una serie di indicatori del seguito dato a livello europeo nei 12 settori fonte di preoccupazione della cosiddetta piattaforma d’azione di Pechino.

A tal proposito, nella strategia per la parità di genere per il periodo 2010-2015, la Commissione ha segnalato lo sviluppo di indicatori in questo settore e in quello ambientale come priorità del futuro operato dell’istituto europeo per l’uguaglianza di genere. Ci risulta inoltre che nella prima metà del prossimo anno, la Presidenza danese intende sviluppare indicatori in questo settore, con particolare attenzione per il cambiamento climatico. L’istituto europeo per l’uguaglianza di genere dovrà stilare una relazione e, verso la fine del semestre di Presidenza danese, il Consiglio potrà adottare conclusioni specifiche sulla questione.

Il cambiamento climatico e la parità di genere sono questioni molto presenti nella nostra agenda.

 
  
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  Justas Vincas Paleckis (S&D). - (EN) La ringrazio per la risposta esaustiva. Un paio di anni fa la Commissione ha annunciato che la principale minaccia alla sicurezza era il cambiamento climatico e che l’umanità aveva circa 10 anni per rendere tale cambiamento reversibile. Personalmente, ritengo che la crisi economica, le rivoluzioni in Nord Africa e il recente incidente di Fukushima abbiano sottratto attenzione alla lotta contro il cambiamento climatico. Ha anche lei quest’impressione?

 
  
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  Connie Hedegaard, membro della Commissione. (EN) È evidente che abbiamo dovuto affrontare numerosissime sfide negli ultimi anni e, per quanto concerne il Nord Africa ad esempio gli avvenimenti in Tunisia sono stati scatenati, tra l’altro, da un aumento dei prezzi dei beni alimentari a livello locale.

Il mondo ha compreso che il cambiamento climatico non è il solo elemento responsabile degli aumenti nei prezzi del cibo, ma certamente moltiplica le minacce, aggravandole. Non si tratta di elementi che si escludono a vicenda. Per molti aspetti, comunque, sempre più paesi, governi, aziende e settori si stanno rendendo conto che esiste un collegamento tra come fronteggiamo il cambiamento climatico e come garantiamo la sicurezza delle nostre popolazioni.

 
  
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  Presidente. − Annuncio l’interrogazione n. 28 presentata dall’onorevole Ziobro (H-000164/11)

Oggetto: Costi della riduzione delle emissioni di CO2 nell’Unione europea

L’Unione europea intende ridurre le emissioni di CO2 del 20% entro il 2020. Un obiettivo così ambizioso non potrà non ripercuotersi sulle economie degli Stati membri. Già adesso sono numerose le imprese che trasferiscono la propria produzione al di fuori dell’Unione europea poiché non sono in grado di sostenere i costi legati alla politica europea in materia di clima.

Ha eseguito la Commissione simulazioni che permettano di valutare gli effetti della riduzione delle emissioni di CO2 sullo stato delle economie degli Stati membri?

Quali saranno gli Stati membri sui quali gravano maggiormente i costi di detta operazione e quali saranno gli effetti sul loro PIL?

A quanto ammonterebbero i costi che le economie degli Stati membri dovrebbero sostenere per una riduzione delle emissioni del 10-15% entro il 2020?

 
  
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  Connie Hedegaard, membro della Commissione. (EN) La Commissione ha già risposto a marzo e ad aprile 2010 a interrogazioni scritte simili, presentate dall’onorevole Ziobro, sui costi della riduzione dei gas a effetto serra in seno all’Unione europea entro il 2020 e sulla rilocalizzazione delle emissioni di carbonio.

L’Unione europea è riuscita a decuplicare la propria crescita economica grazie alle emissioni; il PIL dell’Unione è aumentato del 45 per cento dal 1990, mentre le emissioni sono state ridotte del 13 per cento, e stiamo parlando dei valori del 2010, ovvero dopo il superamento della crisi. Nello stesso periodo, l’industria manifatturiera dell’Unione europea è cresciuta di oltre il 30 per cento. Queste cifre dimostrano che una crescita continua può procedere di pari passo con la riduzione delle emissioni. Tra il 2005 e il 2009, ad esempio, la sola industria dell’energia rinnovabile ha creato 550 000 nuovi posti di lavoro.

Per quanto concerne le rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, la Commissione vorrebbe sottolineare che, nell’ultima modifica apportata alla direttiva sul sistema di scambio di quote di emissione, Parlamento europeo e Consiglio hanno deciso di affrontare la questione concedendo maggiori esenzioni a settori e sottosettori fortemente a rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio. L’analisi della Commissione e pubblicata a maggio dello scorso anno ha confermato che l’allocazione libera è un modo efficace di affrontare il potenziale rischio di rilocalizzazione delle emissioni.

Tali rischi sono stati ulteriormente ridotti: attualmente oltre 80 paesi, tra cui tutte le economie emergenti, stanno rispettando gli impegni assunti a Copenaghen e intraprendendo le misure necessarie a raggiungere i propri obiettivi nazionali. Alla Commissione non risulta vi siano aziende europee che stanno trasferendo le proprie attività all’estero a causa della politica climatica.

In secondo luogo, la Commissione europea ha valutato nel dettaglio costi e benefici della riduzione di emissioni di CO2 sull’economia europea nell’ambito del pacchetto integrato sull’energia e i cambiamenti climatici concordato nel 2008. Analisi più recenti, svolte nel 2010, dimostrano che i costi del raggiungimento dell’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 20 per cento sono diminuiti di circa un terzo rispetto ai dati del 2008: attualmente sono stimati intorno ai 48 miliardi di euro, ovvero lo 0,32 per cento del PIL previsto per il 2020. Bisogna anche ricordare che alcuni di questi investimenti rientreranno, ad esempio sotto forma di risparmio, nei costi per il combustibile.

Nello sviluppare il pacchetto clima-energia, la Commissione ha tenuto debitamente conto delle diverse situazioni in cui versano gli Stati membri in termini di equilibrio fra sviluppo economico, benessere ed energia. Il pacchetto contiene inoltre tre meccanismi specifici volti a equilibrare i costi generali fra gli Stati membri, in modo da condividere gli sforzi in modo equo.

 
  
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  Zbigniew Ziobro (ECR).(PL) Signor Presidente, la ringrazio sentitamente per esser stato così gentile da inserire la mia interrogazione, visto che stiamo facendo davvero tardi. Mi limiterò comunque a una sola considerazione. Trasmetterò volentieri al Commissario le informazioni sulle aziende che hanno deciso di trasferire la produzione al di fuori degli Stati membri a causa dei limiti associati alla riduzione delle emissioni di CO2. A mio avviso, quando le presenterò questi fatti concreti, anche la Commissione si persuaderà ad analizzare le conseguenze negative di questo processo sulle economie dell’Unione.

Considerato che le emissioni di CO2 non conoscono confini e che, dopo che la produzione è stata trasferita, le emissioni non cesseranno, con un inevitabile impatto negativo sull’ambiente, a perdere sarà l’economia dell’Unione europea, in quanto stiamo esportando posti di lavoro.

 
  
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  Connie Hedegaard, membro della Commissione. (EN) Naturalmente siamo tutti concordi su questo punto. Questa è anche la ragione per cui, con il sistema dei valori di riferimento, abbiamo assicurato che i settori maggiormente esposti alla rilocalizzazione delle emissioni di carbonio ottengano la quasi totalità delle proprie indennità gratuitamente.

Mi permetta, tuttavia, di correggere un unico punto che ha compreso male: ritengo che dovremmo essere estremamente cauti, nell’Unione europea, e non credere che gli altri non stiano facendo nulla. La scorsa settimana sono rientrata dalla Corea: anche lì si sta ora introducendo un sistema di scambio delle quote di emissione e ne stanno decidendo le modalità per avviare il sistema il 1° gennaio 2015. La Cina sta conducendo enormi progetti pilota sullo scambio di quote e intende creare un sistema nazionale nel prossimo futuro; sta inoltre introducendo tasse per l’ambiente e via dicendo.

Potrei citarle numerose economie concorrenti che si sono rese conto, ora, che come noi devono portare avanti politiche ambientali, energetiche e climatiche ambiziose. Si sono rese conto che, se lo faranno in modo intelligente, alla fine le loro economie ne trarranno beneficio.

 
  
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  Presidente. − Le interrogazioni che non hanno ricevuto risposta per mancanza di tempo riceveranno risposta per iscritto (cfr. Allegato).

Con questo si conclude il Tempo delle interrogazioni.

(La seduta, sospesa alle 20.20, riprende alle 21.00)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON WIELAND
Vicepresidente

 
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