9. Relazione Zver – Gioventù in movimento: - un quadro per migliorare i sistemi di istruzione e formazione europei – Relazione: Honeyball – Apprendimento nella prima infanzia – Relazione: Schaake – Dimensioni culturali delle azioni esterne dell’UE – Relazione Sanchez-Schmid – Industrie culturali e creative, un potenziale da sfruttare – Sarajevo capitale europea della cultura nel 2014 (discussione)
Presidente . – L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta:
- la relazione (A7-0169/2011), presentata dall’onorevole Zver a nome della commissione per la cultura e l’istruzione, su Gioventù in movimento: un quadro per migliorare i sistemi di istruzione e formazione europei [2010/2307(INI)],
- la relazione (A7-0099/2011), presentata dall’onorevole Honeyball a nome della commissione per la cultura e l’istruzione, sull’apprendimento nella prima infanzia nell’Unione europea [2010/2159(INI)],
- la relazione (A7-0112/2011), presentata dall’onorevole Schaake a nome della commissione per la cultura e l’istruzione, sulle dimensioni culturali delle azioni esterne dell’UE [2010/2161(INI)],
- la relazione (A7-0143/2011), presentata dall’onorevole Sanchez-Schmid a nome della commissione per la cultura e l’istruzione, sulle industrie culturali e creative, un potenziale da sfruttare [2010/2156(INI)] e
- la discussione sull’interrogazione orale (O-000061/2011 - B7-0215/2011) alla Commissione, dell’onorevole Pack a nome della commissione per la cultura e l’istruzione, su Sarajevo capitale europea della cultura nel 2014.
Milan Zver, relatore. – (SL) Signor Presidente, in primo luogo vorrei segnalare che, nel corso della seduta di stamane, potremo constatare concretamente il lavoro svolto dalla commissione per la cultura, l’istruzione e la gioventù. La mia relazione tratta un tema importantissimo – l’iniziativa Gioventù in movimento – sulla base di una comunicazione della Commissione europea. Desidero ringraziare i colleghi che mi hanno offerto l’opportunità di redigere questa relazione e ringrazio pure la Commissione europea, che ha predisposto la relazione e ha inserito i problemi dei giovani tra le priorità fondamentali del piano di sviluppo decennale dell’Unione europea.
Nella stesura della relazione ho collaborato con numerosi soggetti interessati, soprattutto rappresentanti dei giovani, sia degli Stati membri che del resto d’Europa: per esempio, il Forum europeo della gioventù. Abbiamo tenuto un buon numero di riunioni e conferenze. Ho collaborato anche con il Comitato delle regioni e il Comitato economico e sociale, e dunque la relazione rappresenta il prodotto di intensi scambi di opinioni avvenuti nel periodo di preparazione. Aggiungo che, quando la relazione stessa era in via di adozione, i colleghi degli altri gruppi politici hanno dato prova di un atteggiamento estremamente costruttivo. Ringrazio in particolare, a tal proposito, i relatori ombra, che hanno compiuto un ottimo lavoro da cui è scaturita la relazione nella sua forma attuale.
Vorrei mettere in rilievo che, secondo vari studi, i giovani che si valgono dell’opportunità di studiare o lavorare all’estero ottengono risultati scolastici migliori, riscuotono successi maggiori e si dimostrano più competitivi nella ricerca di un lavoro, oltre che per quanto riguarda l’integrazione nella società. La politica da sola non basta a garantire ai giovani un’adeguata qualità delle scuole, dell’istruzione o del lavoro; possiamo però creare condizioni favorevoli, che aiutino i giovani a raggiungere tali obiettivi. Tali considerazioni sono sicuramente connesse alla modernizzazione dei sistemi di istruzione scolastica; l’Europa, e in particolare i suoi Stati membri, devono per esempio affrontare l’ardua sfida di perfezionare, nel corso di questo decennio, l’istruzione e formazione professionale, rendendole più attraenti e migliorandone la qualità. Nel prossimo decennio, l’economia europea avrà estremo bisogno di qualifiche professionali; già nel 2020, secondo le mie stime, almeno il 50 per cento dei posti di lavoro richiederà formazione e istruzione di questo tipo. L’istruzione e la formazione professionale rimane perciò una delle priorità della nostra politica, oltre che delle politiche degli Stati membri.
Continuare la riforma del processo di Bologna è però ancor più importante. Le università europee devono mantenere contatti ancor più saldi con l’economia e la società nel suo complesso; per diventare più competitive le nostre università devono seguire ancor più attentamente le esigenze del mercato e dell’economia, e reperire anche fonti di finanziamento supplementari. È un dato di fatto che in Europa i finanziamenti per l’istruzione superiore sono insufficienti: i paesi europei, gli Stati membri dell’Unione europea, investono troppo poco negli studenti, e ciò costituisce un grave problema.
Nell’ambito di questa priorità l’Unione europea ha ovviamente fissato altri obiettivi che sarà necessario raggiungere: la riduzione al 10 per cento del tasso di abbandono scolastico, che attualmente si colloca a un inaccettabile 16 per cento. Analogamente, nel corso di questo decennio l’Europa dovrà dotarsi di una forza lavoro più istruita, se vorrà conservare il proprio margine competitivo su altre regioni del mondo.
Dal momento che ho esaurito il tempo a mia disposizione, interverrò per due minuti più tardi, dopo il dibattito, per fornire ulteriori informazioni.
Mary Honeyball, relatore. – (EN) Signor Presidente, sono felice di avere la possibilità di presentare la mia relazione sull’apprendimento durante la prima infanzia nell’Unione europea: un importantissimo aspetto dell’istruzione cui finora abbiamo dedicato un’attenzione limitata.
Ringrazio in particolare il Commissario, signora Vassiliou, e i suoi collaboratori, con cui abbiamo instaurato su questo tema una stretta collaborazione, nonché la Presidenza ungherese, che ha posto l’apprendimento durante la prima infanzia tra le sue priorità. Si è trattato di un partenariato proficuo sotto tutti gli aspetti, che ci ha consentito di compiere il lavoro di cui la presente relazione è il frutto.
Ringrazio inoltre tutti i relatori ombra degli altri gruppi politici. Come ha già notato l’onorevole Zver, il nostro lavoro su questa relazione è stato estremamente armonioso: la relazione sull’apprendimento durante la prima infanzia è stata approvata all’unanimità in sede di commissione parlamentare, a dimostrazione del sostegno che si è creato su questo tema in tutto l’arco delle forze politiche.
I motivi di tale unanimità sono chiari: uno dei principali è l’importanza estrema della prima infanzia. Un intervento in questa fase può comportare una differenza cruciale per le opportunità esistenziali dei bambini, non solo nel loro tragitto attraverso il sistema educativo, ma anche nelle fasi successive della vita. Le ricerche compiute finora – in gran parte, temo, al di fuori dell’Unione europea – dimostrano che il sostegno fornito ai bambini per soddisfare le proprie esigenze nei primi anni si dimostra prezioso successivamente: contribuisce a far diminuire la criminalità, a migliorare la salute e a ridurre la disoccupazione, con un vantaggio sociale generale.
In tal modo i bambini avranno risultati scolastici migliori, con voti più alti; più elevati livelli di occupazione con posti di lavoro di migliore qualità; ne trarranno beneficio anche le relazioni familiari e la loro salute. Gli interventi che possiamo attuare sono quindi molteplici, e tutti vantaggiosi.
Nell’Unione europea si registra un ampio ventaglio di disposizioni diverse riguardanti la prima infanzia; nella mia relazione si afferma la volontà di rispettare e mantenere tale situazione. Ogni Stato membro agisce con criteri diversi, poiché la concezione stessa di prima infanzia si è sviluppata all’interno dei rispettivi sistemi. La situazione è resa più complessa dal fatto che l’età d’inizio dell’istruzione obbligatoria varia anch’essa da uno Stato membro all’altro. Non abbiamo cercato quindi di individuare una soluzione valida per ogni contesto, ma abbiamo tentato invece di indicare agli Stati membri valori, principi e orientamenti che servissero a elaborare un quadro europeo di obiettivi, valori e diritti condivisi.
Ecco dunque il senso della relazione: si è trattato di fissare un quadro generale. In tale prospettiva siamo naturalmente partiti dal bambino. Abbiamo propugnato un approccio alla cura e all’educazione della prima infanzia incentrato decisamente sul bambino, al cui centro porre gli interessi più autentici del bambino stesso. Ci siamo basati su ricerche compiute in tutto il mondo, e la mia relazione esamina i seguenti temi: il coinvolgimento dei genitori, elemento importantissimo negli anni della prima infanzia; il personale, la qualità dei servizi e le qualifiche professionali necessarie; e l’integrazione dei servizi per la prima infanzia nel resto dei sistemi d’istruzione degli Stati membri. Abbiamo quindi esaminato questi settori essenziali, che sono poi gli stessi su cui dovremo concentrarci in futuro.
Le qualifiche professionali del personale sono un fattore essenziale, e in questo settore sono gravemente carenti. Sembra diffusa l’opinione che chiunque possa prendersi cura dei bambini in tenera età, mentre non è affatto così. Dobbiamo dedicare una profonda riflessione al tema delle qualifiche, e alle qualifiche che è possibile trasferire e riconoscere nell’ambito dell’Unione europea. Dobbiamo poi considerare la questione dell’accesso, in modo che tutti coloro che hanno bisogno di servizi di educazione per la prima infanzia possano effettivamente usufruirne.
Ho esaurito i quattro minuti a mia disposizione e desidero conservare un po’ di tempo per intervenire alla fine del dibattito; concludo perciò osservando che, in tempi di austerità e difficoltà economiche come questi, dobbiamo batterci per mantenere la prima infanzia all’ordine del giorno e per compiere gli interventi necessari in un settore così essenziale.
Marietje Schaake, relatore. – (EN) Signor Presidente, prima di soffermarmi su alcuni aspetti di questa complessa relazione sulla dimensione culturale delle azioni esterne dell’Unione europea, desidero rivolgere una sincera parola di ringraziamento ai colleghi della commissione per la cultura e l’istruzione, che hanno offerto una collaborazione costruttiva e hanno adottato all’unanimità, in occasione del voto in commissione, il nostro lavoro comune. Naturalmente, anche la società civile e altri soggetti interessati hanno fornito contributi preziosi.
Nelle nostre democrazie liberali la cultura ha un valore intrinseco: essa infatti arricchisce la vita delle persone. L’Unione europea è nota per la diversità culturale, e allo stesso tempo costituisce una comunità di valori che si applicano in ugual misura ad ogni cittadino. Tali valori europei, come il rispetto per i diritti umani, la democrazia e le libertà fondamentali, si concretizzano anche nei nostri prodotti culturali. L’identità culturale, i valori e la posizione dell’Unione europea sulla scena mondiale sono elementi strettamente correlati. Si servono gli interessi europei quando gli aspetti culturali si attivano in modo strategico attraverso la cooperazione e il partenariato, sia tramite programmi culturali sia quando gli aspetti culturali sono parte integrante delle politiche economiche, estere, di sicurezza e per lo sviluppo. La condivisione del patrimonio letterario, cinematografico, musicale e artistico apre le porte della comprensione e getta ponti tra le persone.
Inoltre, l’Unione europea ha esperienze importanti da condividere quando si tratta di superare i conflitti e costruire la stabilità attraverso gli interessi condivisi e la comprensione reciproca. Nello sviluppo del Servizio europeo per l’azione esterna è importante integrare e rendere più flessibile il ruolo che la cultura ha e deve avere nelle azioni esterne dell’Unione europea. La cultura dovrebbe essere un elemento vitale e trasversalmente integrato nell’ampio spettro delle politiche esterne che compongono la politica estera dell’Unione europea, dalle relazioni commerciali dell’Unione alla sua politica di allargamento e vicinato, fino alla politica di cooperazione allo sviluppo e alla politica estera e di sicurezza comune.
La cultura ha anche un valore economico: le industrie culturali presenti in Europa contribuiscono all’imprenditorialità, all’innovazione e alle attività economiche europee e la varietà paesaggistica e di culture dell’Unione ne fa la destinazione turistica più attraente al mondo. Le conoscenze e le qualifiche internazionali sono fondamentali per l’istruzione e l’occupazione, come si afferma nella strategia UE 2020, ma la cultura si può considerare anche un fattore che genera democratizzazione, libertà di espressione, inclusione, sviluppo, istruzione, riconciliazione e molti altri effetti positivi.
Quest’ampia varietà di aspetti delle relazioni culturali con i paesi terzi ha portato alla frammentazione delle politiche che deve trasformarsi in una strategia europea più coordinata e coerente. Abbiamo deciso di porre l’accento sui quadri organizzativi e strategici necessari per il coordinamento ottimale della cultura nelle azioni esterne dell’Unione; riteniamo che riempirli di contenuti non debba dipendere eccessivamente da decisioni e regole imposte dall’alto.
I cittadini europei sarebbero i primi a beneficiare del ruolo di attore globale dell’Unione sulla scena mondiale. Ciò richiede un uso più efficiente dei fondi e ci obbliga a prendere atto della posizione competitiva dell’Europa, che comporta una lotta per attrarre turisti, talenti, artisti, attività economiche e studenti. Dobbiamo parlare con una voce sola, e tener conto della concorrenza dei programmi culturali di Cina e Stati Uniti, per ricordare solo due paesi. Tuttavia, non c’è bisogno di scoprire un’altra volta l’acqua calda: l’Unione europea può contare su una serie di buone prassi offerte dagli Stati membri, oltre che da istituzioni culturali come l’Alliance française e il British Council.
Un altro aspetto assai notevole nel ventunesimo secolo è il ruolo sempre più rilevante delle nuove tecnologie, sia nella cultura sia nelle relazioni internazionali. Le persone dipendono sempre più da Internet per accedere alle informazioni e possono esprimersi liberamente solo quando tali informazioni e le proprie comunicazioni non sono censurate. Il diritto allo sviluppo culturale e altri diritti fondamentali sono sempre più facilitati dalle nuove tecnologie. Anche l’accesso ai contenuti culturali avviene attraverso i nuovi mezzi di comunicazione. Le opportunità di una connettività globale attorno ai prodotti e ai contenuti culturali europei vanno apprezzate e agevolate, ad esempio attraverso Europeana, o siti Internet di musei e festival. È importante che l’Unione elabori una strategia per la libertà di Internet. Nell’ultima parte del mio intervento tornerò su alcune raccomandazioni concrete contenute nella relazione.
Doris Pack, autore. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, sulla scia dell’onorevole Schaake, vorrei esordire con alcune osservazioni sull’importante relazione da lei presentata. Sarebbe difficile sopravvalutare la dimensione culturale della politica esterna dell’Unione europea; ci occorre quindi – come la collega ha appena notato – una coerente strategia europea per la cultura nel quadro della politica esterna dell’Unione europea.
La diplomazia culturale è un valido strumento per allacciare relazioni positive con i paesi terzi, e in molti paesi esiste una rete di istituti nazionali di cultura (EUNIC) di cui possiamo avvalerci. Moltissime persone si sono collegate alla rete e sono pronte a dare il loro contributo.
Sono lieta ora di soffermarmi sul secondo tema in discussione quest’oggi (ossia Gioventù in movimento, già trattato dall’onorevole Zver) che è naturalmente un’iniziativa faro della strategia Europa 2020. Tale iniziativa faro mira a incoraggiare gli attori, operanti nel campo della formazione e dell’istruzione, a dedicarsi con maggiore attenzione a questi settori politici. Ci occorrono persone dotate di qualifiche migliori; ci occorrono persone che abbiano maturato un’esperienza europea grazie a più ampie occasioni di mobilità; dobbiamo sfruttare il potenziale dei giovani grazie al successo dei nostri programmi. Tutti questi fattori svolgono un ruolo di primo piano nello stimolare la competitività di una società basata sulla conoscenza.
Per quanto riguarda l’apprendimento permanente, i programmi già esistenti (Comenius, Erasmus, Leonardo e Grundtvig) hanno offerto a molte persone preziose opportunità di scoprire l’Europa nella sua variegata diversità, accumulare esperienze personali e perfezionare le proprie competenze linguistiche. In tale contesto non va poi sottovalutata l’importanza del programma Gioventù in azione e del Servizio volontario europeo.
Con il dibattito odierno dobbiamo anche segnalare alla Commissione la necessità di portare avanti, nella prossima generazione di programmi dedicati all’istruzione e alla gioventù, questo ventaglio di opportunità e programmi accolti con tanto favore dall’opinione pubblica, e di finanziarli in misura adeguata al loro significato. Ogni euro che spendiamo in questo settore si ripaga, a favore dell’intera società, nel giro di pochi anni.
Passo ora a un altro argomento, ossia a Sarajevo, città che occupa un posto speciale nella storia e nella cultura d’Europa. Designando Sarajevo capitale europea della cultura per il 2014, invieremmo un segnale importante riguardo alla natura multietnica di quella città e dell’intero Stato di Bosnia-Erzegovina, e ciò potrebbe indurre la classe politica di quel paese a rimeditare le proprie idee. Più ancora, Sarajevo offre un chiaro esempio di un tragico fallimento dell’Europa e dell’importanza di un’azione unitaria. Una tale misura rivestirebbe notevole significato simbolico, poiché Sarajevo è stata teatro dell’assassinio che scatenò la Prima guerra mondiale nel 1914. Ecco la ragione per cui è stato scelto il 2014: da quello storico evento è trascorso un secolo.
Dal 1992 al 1996, durante la guerra in Bosnia, Sarajevo ha subito l’assedio più lungo cui una capitale sia stata sottoposta nella moderna storia bellica. Consentitemi di rievocare ciò che avvenne a Sarajevo il 28 maggio 1992: il violoncellista Vedran Smajovic, vestito di nero, eseguì l’Adagio di Tomaso Albinoni. Il suo palcoscenico furono le rovine della devastata biblioteca nazionale di Sarajevo; il suo pubblico un piccolo gruppo di persone rimaste in città nonostante l’assedio, ad ascoltare la sua musica. Per 22 giorni egli suonò in vari luoghi tra le rovine di Sarajevo; fu un requiem per le vittime uccise in quei giorni oscuri. Ne fui commossa e concepii una profonda ammirazione per il coraggioso e incoraggiante comportamento del violoncellista e del suo pubblico; ciò che essi riuscirono a esprimere con il loro atteggiamento, di fronte all’orrore e alla morte, mi ha legato per sempre alla città di Sarajevo.
La vita culturale della città non si è mai fermata; il festival invernale ha continuato a svolgersi anche nelle circostanze più avverse, e ogni anno una folla composta da un mosaico di nazionalità diverse si dirige a Sarajevo. Ogni anno si tengono un festival invernale, un festival per i ragazzi e un festival cinematografico. Dalla Corea e dall’Australia, dalla Bulgaria e dalla Svezia i cineasti accorrono a Sarajevo, e si organizzano coproduzioni. La città ha mantenuto un carattere interculturale che costituisce la sua tendenza di fondo, anche se il circostante ambiente politico si irrigidisce sempre più in trincee etniche. Solo per questo, Sarajevo merita l’occasione di dimostrare il suo immenso potenziale multiculturale.
Sarajevo intende candidarsi a questa nomina in via eccezionale, e ha già avviato preparativi di vasto respiro. Sappiamo bene che, adottando oggi questa proposta, chiederemo una deroga alla decisione del Parlamento europeo e del Consiglio. Se però la nostra Assemblea decidesse oggi di appoggiare la candidatura di Sarajevo, mi sentirei di confidare nella lungimirante sagacia del Consiglio, dal momento che le nostre argomentazioni sono veramente inconfutabili. Soprattutto in questo momento, è necessario inviare alla Bosnia-Erzegovina e alla città di Sarajevo il segnale che non tutto è perduto e che anche l’Europa sostiene i loro sforzi.
(Applausi)
Marie-Thérèse Sanchez-Schmid, relatore. – (FR) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, il dibattito odierno non riguarda solamente un modello economico o un sistema giuridico; oggi discutiamo di cultura e civiltà.
Quale posto intende l’Europa riservare alla cultura? Quale influenza desideriamo per le nostre opere e la nostra creazione? La rivoluzione digitale, legata alla globalizzazione e all’intensificarsi degli scambi, ci obbliga a ripensare il nostro modello culturale ed economico. Nel contesto di Internet e dei media digitali, quale meta vogliamo additare all’Europa? La politica è l’arte di anticipare, di predisporre gli obiettivi che desideriamo per non trovarci a fare i conti con esiti sgraditi.
Il regista cinematografico americano James Cameron ha speso per il film Avatar una somma pari al bilancio del programma “Cultura” dell’Unione europea per il periodo 2007-2013. Diventeremo i consumatori di prodotti culturali che non ci appartengono più, asserviti a oligopoli multinazionali come Google, iTunes, Amazon o Hollywood, incapaci di difendere i nostri beni più preziosi?
Oggi riflettiamo sulle sfide che la cultura deve raccogliere nel mondo globalizzato del ventunesimo secolo. La Commissione europea, con il Libro verde pubblicato l’anno scorso, ha finalmente preso atto del potenziale delle nostre industrie culturali e creative. L’Unione europea dispone di un patrimonio culturale e di beni culturali da sfruttare, nonché di un’industria cinematografica assai dinamica e vivace. Il programma MEDIA celebra i vent’anni di vita al Festival di Cannes di quest’anno, ove sostiene 20 dei film in concorso, oltre a patrocinare festival, spettacoli dal vivo e grandi mostre che si svolgono in tutto l’arco dell’anno in ogni parte d’Europa.
Inoltre, nonostante la recessione, nel decennio scorso il settore delle industrie culturali e creative ha fatto registrare notevoli progressi. Le cifre parlano da sole: nel 2003 questo settore aveva fatto registrare un fatturato di 654 miliardi di euro, generando quindi il 2,6 per cento del PIL e il 3,1 per cento di tutti i posti di lavoro dell’Unione (cioè 5,8 milioni di persone). Nel 2008 siamo giunti a 860 miliardi di euro, 14 milioni di posti di lavoro e quasi il 7 per cento del PIL: più del settore automobilistico e di quello agroalimentare messi insieme.
Per la loro duplice natura economica e culturale, queste industrie rappresentano importanti fattori di crescita intelligente, sostenibile e inclusiva in Europa: corrispondono cioè agli obiettivi della strategia Europa 2020. Esse non rappresentano solo un punto di forza economico, ma irrobustiscono e arricchiscono anche la diversità culturale; contribuiscono alla coesione sociale, incrementano l’attrattiva territoriale e rafforzano l’influenza dell’Europa nel mondo. È giunto il momento di imprimere, a livello comunitario, un impulso concreto che consenta di sfruttarne il potenziale e stimolarne lo sviluppo.
Ho cercato perciò di esplorare un ampio ventaglio di linee d’azione a sostegno della crescita di queste industrie. Tali misure compongono un quadro articolato. In primo luogo, dobbiamo porre, quale elemento centrale della nostra strategia, l’istruzione e la formazione. Da un lato l’Europa deve incoraggiare i talenti creativi fin dalla giovanissima età, sensibilizzare i giovani nei confronti della cultura e sviluppare partenariati fra università e imprese. Dall’altro deve offrire agli operatori del settore culturale l’opportunità di una formazione che comprenda le nuove tecnologie e l’imprenditorialità, oltre a stimolare lo scambio di migliori prassi e la trasmissione del know-how. In secondo luogo è essenziale adattare i diritti d’autore all’era digitale; in effetti la procedura attuale per l’acquisizione dei diritti d’autore è troppo frammentata e complessa.
Il terzo elemento vitale della nostra strategia dev’essere la protezione della creatività. La proprietà intellettuale è un bene prezioso, e una creatività minacciata è una creatività condannata a scomparire; occorre perciò incoraggiare la mobilità dei creatori. L’Unione europea deve elaborare uno statuto europeo che offra ai creatori condizioni di lavoro eque e un’adeguata protezione sociale; deve agevolare l’acquisto, la distribuzione e la circolazione delle opere modificando per esempio la fiscalità con l’introduzione di un’aliquota IVA ridotta per i beni culturali; e infine deve contribuire con finanziamenti. Troppo spesso gli investitori privati sono riluttanti a finanziare le piccole e medie imprese; d’altra parte non si sfruttano fino in fondo le opportunità offerte dal finanziamento pubblico, e in particolare dai Fondi strutturali. La creatività e la cultura vanno considerate aspetti cruciali della nostra politica, e da questo punto di vista l’Europa ha verso se stessa il dovere di promuoverle.
Androulla Vassiliou, membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, lei comprenderà che per commentare le cinque relazioni avrò bisogno di un po’ più di cinque minuti.
Ringrazio l’onorevole Zver per la sua relazione su Gioventù in movimento. Apprezziamo sinceramente il lavoro che lui e i correlatori hanno compiuto su un tema così importante. Come emerge chiaramente dalla relazione, l’obiettivo principale di Gioventù in movimento è di aiutare i giovani europei ad acquisire le competenze e l’esperienza indispensabili per giungere al successo nell’odierna economia basata sulla conoscenza, la cui dimensione è sempre più internazionale.
Ci proponiamo di creare un ambiente in cui ogni giovane sia in grado di realizzare il proprio potenziale. Per tale motivo la Commissione ha varato azioni di sostegno agli Stati membri, miranti a migliorare la qualità e il peso dell’istruzione e della formazione dalla prima infanzia all’istruzione superiore. A questo scopo abbiamo predisposto misure per rafforzare ulteriormente le occasioni di mobilità a disposizione dei giovani; e sempre in questa prospettiva il mio collega, Commissario Andor, e io insistiamo con tanta decisione sul miglioramento delle condizioni per l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.
Per realizzare questi obiettivi, come lucidamente indica la relazione dell’onorevole Zver, sono indispensabili cospicui e costanti investimenti a tutti i livelli nel campo dell’istruzione e della formazione; l’Europa, naturalmente, deve fare la sua parte. Ecco perché mi batto con tanto impegno per incrementare le risorse destinate alla nuova generazione di programmi per l’istruzione, la formazione e la gioventù relativi al periodo successivo al 2013.
Colgo l’occasione per rispondere direttamente a due osservazioni della relazione. In primo luogo, desidero rassicurarvi in merito al nostro approccio al miglioramento della trasparenza dei sistemi di istruzione superiore. Come si afferma nella relazione, il nostro obiettivo di fondo è il miglioramento delle informazioni a disposizione degli studenti e di altri cittadini sui vari aspetti delle attività e delle prestazioni delle istituzioni. Vogliamo allestire uno strumento che superi le carenze degli attuali sistemi di classificazione universitari, includendo una gamma di fattori più vasta; non intendiamo pubblicare graduatorie di università.
In secondo luogo, dal momento che la relazione invoca misure per eliminare le barriere che ostacolano la mobilità, ricordo che il Consiglio si accinge ad adottare, nel giro di alcuni giorni, una raccomandazione che incoraggerà gli Stati membri ad agire appunto in questo senso. Si tratta di un altro passo in avanti per realizzare la nostra ambizione di ampliare le occasioni di mobilità.
Per concludere il discorso su Gioventù in movimento, ringrazio ancora una volta il relatore e gli onorevoli deputati per il loro sostegno.
Per quanto riguarda l’apprendimento durante la prima infanzia, ringrazio l’onorevole Honeyball per la sua relazione e per l’approccio costruttivo con cui ha affrontato il problema della cura e dell’educazione per la prima infanzia. Un sistema di educazione e cura per i bambini più piccoli che sia largamente accessibile, inclusivo e di alta qualità è anzitutto prezioso per conciliare vita familiare e vita professionale. In secondo luogo i servizi di questo settore costituiscono la base dell’apprendimento permanente, dell’integrazione sociale, dello sviluppo personale e dell’occupabilità nelle successive fasi della vita; un investimento precoce è assai più efficace di un intervento tardivo.
La Commissione apprezza perciò vivamente l’approccio adottato dal Parlamento, che si concentra sui vantaggi di lungo periodo degli investimenti a favore dell’apprendimento durante la prima infanzia. La Commissione condivide l’opinione del Parlamento: è indispensabile un approccio maggiormente incentrato sul bambino. Oltre che del numero di posti disponibili, dobbiamo occuparci anche della qualità a livello sia nazionale che europeo. Penso, per esempio, al personale e alla qualità del personale, all’integrazione di educazione e cura e al coinvolgimento attivo dei genitori, che sono i primi educatori dei propri figli. La Commissione accoglie volentieri l’invito a intensificare le ricerche in questo campo e a utilizzare in maniera più efficiente gli attuali strumenti finanziari, come i Fondi strutturali e i programmi di apprendimento permanente. Apprezziamo pure la decisione con cui è stata ribadita l’esigenza di individuare e scambiare buone prassi a livello europeo.
Passando alla relazione dell’onorevole Schaake sulla dimensione culturale delle azioni esterne dell’Unione europea, mi congratulo con l’autrice per questo eccellente testo d’iniziativa. Il documento sottolinea correttamente il ruolo della cultura non solo come ponte fra i popoli ma anche come elemento fondamentale per la promozione dei nostri valori nel mondo; contemporaneamente, esso invoca un approccio più strategico alla cooperazione culturale tra l’Unione europea e i paesi terzi. La relazione avanza pure suggerimenti interessanti sulle modalità con cui il Servizio europeo per l’azione esterna potrebbe raccogliere la sfida di sviluppare una diplomazia culturale autenticamente europea.
A questo proposito, onorevole Schaake, vorrei soffermarmi su due punti specifici della sua relazione. Sottolineo in primo luogo l’importanza del suo invito a elaborare una strategia coerente e sistematica in materia di diplomazia culturale a livello di istituzioni dell’Unione europea; mi consenta poi di riprendere l’idea di dotare il Servizio europeo per l’azione esterna di una concreta dimensione di diplomazia culturale. Uno degli aspetti dello sforzo da effettuare in tal senso potrebbe essere la nomina di addetti culturali nelle più importanti capitali del mondo. L’istituzione di tali incarichi consentirebbe di migliorare il coordinamento tra gli odierni addetti culturali delle ambasciate degli Stati membri e tra gli istituti nazionali di cultura presenti in loco, particolarmente grazie alla rete europea degli istituti nazionali di cultura (EUNIC). Di recente ho avuto il piacere di incontrare i rappresentanti di EUNIC in Cina e in Brasile, che mi hanno illustrato la pressante esigenza di intensificare la cooperazione e il coordinamento per promuovere la nostra cultura nei paesi in cui operano.
Per quanto riguarda i nostri partner strategici emergenti in tutto il mondo, abbiamo constatato di recente che la cultura può divenire parte integrante delle nostre relazioni esterne. Intendo impegnarmi in maniera sempre più decisa per sviluppare quest’importantissima dimensione della nostra agenda europea per la cultura.
Eccoci ora alla relazione Sanchez-Schmid sul tema “Le industrie culturali e creative, un potenziale da sfruttare”. Ringrazio il Parlamento e, in particolare, l’onorevole Sanchez-Schmid per l’ottima relazione. Noto con soddisfazione la sostanziale convergenza di opinioni che si registra fra la vostra relazione e la nostra analisi. Concordiamo sul fatto che le industrie culturali e creative costituiscono un potente motore non solo per l’occupazione, la crescita e gli introiti delle esportazioni, ma anche per l’inclusione sociale e la diversità culturale e linguistica, oltre che per il dialogo interculturale dentro e fuori i confini dell’Unione europea. Come giustamente si afferma nella relazione, queste industrie possono recare un contributo essenziale alla strategia Europa 2020 e per il prossimo futuro meritano una collocazione di maggior rilievo nel contesto dell’Unione europea.
Concordiamo pure sul fatto che il potenziale di queste industrie non è completamente sviluppato. Se desideriamo giungere a uno sviluppo completo, dobbiamo compiere progressi su vari fronti: adeguamento delle competenze, formazione delle capacità, accesso ai finanziamenti, miglioramento dell’ambiente economico, sostegno alla circolazione transfrontaliera e ai nuovi modelli di distribuzione, massimizzazione del potenziale di sviluppo regionale e locale di queste industrie, promozione dell’effetto a cascata che possono garantire in termini di innovazione e infine promozione di un’Europa creativa sulla scena mondiale. Tale conclusione emerge anche dalla consultazione varata dal nostro Libro verde, che ha raccolto 350 risposte da autorità pubbliche, opinione pubblica, organismi della società civile e imprese operanti in campo culturale in tutta Europa.
Sono lieta di notare che il nostro Libro verde ha innescato, in Europa e nelle istituzioni europee, un intenso dibattito sul tipo di ambiente che occorrerà predisporre per soddisfare le esigenze specifiche connesse alla formazione di imprenditorialità, allo scopo di cogliere le nuove opportunità offerte dalla globalizzazione, dai cambiamenti digitali e dalla diversità culturale. Nutro la ferma convinzione che il nostro sforzo unitario contribuirà alla creazione di un ambiente migliore, in cui queste industrie vitali potranno svolgere un ruolo importante nelle discussioni sui meccanismi di finanziamento dell’Unione europea dopo il 2013 e sull’attuazione della strategia Europa 2020.
Sono poi felice di constatare l’entusiasmo con cui il Parlamento – e in particolare la mia cara amica Doris Pack – segue l’iniziativa delle capitali europee della cultura e l’aspirazione di Sarajevo a tale titolo. La Commissione condivide naturalmente la vostra opinione sull’importanza storica e culturale di Sarajevo. Quella città è il simbolo di alcuni degli episodi più terribili della recente storia europea, ma su si essa si fondano anche le nostre speranze in un futuro migliore. Nonostante i ripetuti conflitti, Sarajevo ha conservato il suo spirito multiculturale.
Consentitemi alcune osservazioni sulle norme che regolano l’assegnazione del titolo di capitale europea della cultura. Nel 2006 il Parlamento e il Consiglio hanno adottato la decisione su cui si fonda quest’iniziativa. Il testo giuridico in questione fissa tutte le norme relative alla selezione delle città, e voi sapete meglio di me che una decisione di questo tipo si può modificare solo per mezzo di una nuova iniziativa che segua la procedura legislativa ordinaria. Ai sensi della decisione, l’iniziativa è aperta esclusivamente ai 27 Stati membri dell’Unione europea. Nella decisione è inserito, come parte integrante, un elenco cronologico che indica, per ogni anno fino al 2019, i due Stati membri cui spetta il titolo. Due città sono già state scelte per il 2014, e il Consiglio si accinge a confermare le due città cui andrà la nomina per il 2015.
La decisione stabilisce la procedura per l’assegnazione del titolo di capitale europea della cultura, e le norme in oggetto non consentono in alcun modo alla Commissione di designare una città al di fuori della procedura stessa. La Commissione è responsabile, completamente e unicamente, dell’attuazione delle decisioni adottate da Parlamento e Consiglio; una deroga dalla decisione sulle capitali europee della cultura su un punto fondamentale come la sua estensione geografica costituirebbe una vera e propria violazione delle norme che ci è stato indicato di seguire.
A mio avviso sarebbe assai difficile giustificare un’eccezione a così breve distanza di tempo dall’approvazione, da parte di tutti, delle norme dell’iniziativa. Il Parlamento e il Consiglio hanno adottato la decisione attuale meno di cinque anni fa. Era quello, naturalmente, il momento per proporre la partecipazione di Stati non aderenti all’Unione, oppure per prevedere casi eccezionali. Allora però si decise che la partecipazione di Stati esterni all’Unione sarebbe cessata dopo il 2010.
Per quanto riguarda il futuro delle capitali europee della cultura, la Commissione si sta attualmente occupando del rinnovo dell’iniziativa dopo il 2019. Abbiamo varato una consultazione pubblica e stiamo svolgendo una valutazione del piano oggi vigente; prepareremo poi una proposta, che prevediamo di adottare all’inizio del 2012. Nel quadro del lavoro preparatorio, la Commissione sta esaminando l’idea che i paesi candidati possano aderire all’iniziativa dopo il 2019; vi comunico anche che numerose città di altri paesi terzi hanno già manifestato il proprio interesse.
Per concludere, consentitemi di rendere omaggio, ancora una volta, al ruolo di Sarajevo nella storia europea e all’importanza culturale di quella città. Se da un lato non sarà possibile utilizzare l’iniziativa delle capitali della cultura, dall’altro l’Unione europea può offrire altri tipi di sostegno a Sarajevo, nel 2014 e in seguito, nell’ambito del nostro programma culturale.
William (The Earl of) Dartmouth, relatore per parere della commissione per il commercio internazionale. – (EN) Signor Presidente, abbandono il testo che avevo preparato perché mi sento costretto a commentare la proposta di nominare addetti culturali dell’Unione europea. Non credevo alle mie orecchie: devo ammettere che questa proposta della Commissione è una delle più bizzarre e ridicole mai partorite da un organismo celebre per il carattere ridicolo e bizzarro delle sue proposte.
Nominare addetti culturali dell’Unione europea servirà solamente a garantire a uno stuolo di privilegiati burocrati comunitari altri posti di lavoro finti ma strapagati, a spese dei paesi contribuenti. Aggiungo che è segno di grossolana insensibilità, da parte della Commissione, avanzare la ridicola e costosissima proposta di nominare inutili addetti culturali in un momento di universali difficoltà economiche. Dimenticate per una volta i vostri favolosi stipendi e le vostre favolose pensioni e pensate al costo reale di queste iniziative.
Jutta Steinruck, relatore per parere della commissione per l’occupazione e gli affari sociali. – (DE) Signor Presidente, ritorniamo in tema. In qualità di relatrice per parere della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, ringrazio tutti coloro che hanno posto mano a questa relazione. In seno alla nostra commissione, tutti i gruppi hanno perseguito l’unanime obiettivo di rendere disponibili a tutti i giovani europei l’istruzione e la formazione, sostenendo altresì il loro ingresso nel mondo del lavoro; nessun giovane deve rimanere emarginato.
Il parere che ho redatto per la mia commissione parlamentare non si basa sulla relazione della Commissione europea, a mio avviso troppo generica; mi è sembrato importante che la relazione indicasse alcuni obiettivi molto specifici. In alcuni casi non mi è stato possibile approvare le posizioni sostenute nella relazione.
A giudizio della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, un aspetto importante è il passaggio dalla scuola al mondo del lavoro: è un’interfaccia essenziale. Tale passaggio deve avvenire senza sprecare tempo in inutili attese; ancora, abbiamo stimato importante che l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro non debba associarsi al fenomeno del dumping sociale e non avvenga in condizioni di dumping. Stimiamo essenziale anche il ruolo del tirocinio, istituzione importante e necessaria di cui però si deve evitare e vietare l’abuso. Auspichiamo un’iniziativa per l’attuazione di un quadro europeo delle qualifiche, che fissi gli standard minimi dei tirocini.
Concludo invitando il Parlamento e la Commissione a scongiurare l’eventualità che il programma Gioventù in azione subisca tagli finanziari o venga addirittura abolito a favore del programma Gioventù in movimento. L’opera delle associazioni giovanili è importante in termini di coinvolgimento e impegno sociale e stimola i giovani a progredire, sia dal punto di vista sostanziale che da quello personale; ciò costituisce un considerevole vantaggio anche nella successiva vita professionale.
Karima Delli, relatore per parere della commissione per l’occupazione e gli affari sociali. – (FR) Signor Presidente, mi occuperò in primo luogo delle industrie culturali e creative. In qualità di relatrice della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, desidero mettere in rilievo l’importante ruolo che la cultura e la creatività svolgono nell’economia europea – anche pensando alla realizzazione degli obiettivi della strategia Europa 2020 – per una società basata sulla conoscenza e l’innovazione, senza dimenticare il potenziale di nuovi posti di lavoro che esse rappresentano.
La relazione dedica un’attenzione particolare alle condizioni di lavoro del settore: ricordo l’irregolarità del reddito e l’insicurezza delle relazioni di lavoro, che esigono un dibattito approfondito su aspetti specifici come la lotta contro la discriminazione retributiva e un miglior adeguamento tra il lavoro svolto e il livello di qualifica.
Vogliamo agevolare l’accesso dei giovani e dei soggetti più vulnerabili alla cultura e ai contenuti creativi; desideriamo altresì incoraggiare la mobilità e promuovere la diversità culturale nonché l’uso e la diffusione di software liberi e di standard aperti.
Vogliamo infine sottolineare il ruolo svolto dall’apprendimento permanente in questo settore, che registra trasformazioni rapidissime. Passo ora al programma Gioventù in movimento. La situazione dei giovani europei è tutt’altro che rosea: per accedere all’occupazione, all’istruzione, all’alloggio o ai servizi sociali, essi devono affrontare un vero e proprio rito di iniziazione sociale. Dobbiamo proporre risposte adeguate e ambiziose, per restituire loro la fiducia nel futuro.
Mi rallegro che il testo in esame non consideri il problema dell’inclusione dei giovani solo in termini di occupazione, ma anche di istruzione e formazione. Da questo punto di vista, ricordo la richiesta, cui mi associo, rivolta all’Unione europea per l’elaborazione di un Libro verde sulla partecipazione giovanile.
La nostra relazione insiste anche sull’idea della mobilità, che dovrebbe essere accessibile a tutti: un’idea che apprezzo molto. Oggi la mobilità riguarda essenzialmente gli studenti, ma andrebbe incoraggiata per tutti, giovani lavoratori e giovani che stiano seguendo corsi di formazione professionale. Sarebbe deplorevole dividere i giovani europei in due gruppi: da una parte un’élite istruita, poliglotta e piena di fiducia nell’avvenire, e dall’altra i giovani emarginati che non hanno un dottorato o sono costretti a esercitare un lavoro manuale.
Mi sembra particolarmente importante e positivo che il testo chieda di eliminare le discriminazioni fondate sull’età per quanto concerne l’accesso ai regimi previdenziali e assistenziali. Mi associo alla richiesta in questa sede, e naturalmente ritengo che anche un piano di reddito minimo costituisca un elemento essenziale per assicurare autonomia ai giovani.
La nostra relazione sottolinea in particolare le aspirazioni più sentite dai giovani: autonomia, accesso all’assistenza sanitaria in particolare e alloggi decorosi a prezzi ragionevoli. Sappiamo tutti che un giovane costretto a lavorare e a studiare contemporaneamente si avvia al fallimento scolastico.
Constato con soddisfazione, infine, come il nostro Parlamento abbia riconosciuto che i tirocini lavorativi non devono più essere lavori a pieno titolo camuffati: questi tirocini devono comportare una retribuzione adeguata e un sistema di protezione sociale.
(Applausi)
Ivo Belet, relatore per parere della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia. – (NL) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, tutti noi, credo, siamo consapevoli della tempestosa congiuntura economica in cui è immersa l’Europa, sia dal punto di vista economico che da quello politico. La solidarietà che ci unisce è minacciata dall’ascesa di movimenti nazionalisti e populisti, come testimoniano le parole pronunciate poco fa dal collega britannico, che per di più è un membro dell’aristocrazia.
Onorevoli colleghi, le tendenze attuali minacciano il futuro dell’Unione europea, oltre che la prosperità e il benessere dei cittadini europei. Noi siamo stati eletti proprio per dare una risposta a questo problema, e in caso di necessità, signora Commissario, tale risposta può e deve venire anche dal settore culturale. È assolutamente necessario un forte incremento degli investimenti destinati alla formazione di un comune spazio pubblico europeo; l’istruzione – come già è stato osservato nel corso di questo dibattito – può recare in questo senso un contributo importantissimo, se non addirittura cruciale. Siamo convinti che sia possibile valorizzare in maniera assai più proficua la cooperazione tra gli imprenditori del settore culturale da un lato, e il settore accademico – sia le università e gli altri istituti di istruzione superiore, sia l’istruzione secondaria – dall’altro; è una prospettiva che offre opportunità assai più vaste di quelle che stiamo attualmente utilizzando.
Signora Commissario, lei stessa lo ha appena notato: si tratta di un settore dotato di un ricchissimo potenziale in termini di economia e occupazione. Dobbiamo quindi adottare specifiche misure di stimolo, come per esempio la riduzione delle imposte sui progetti online; l’attuale sistema – soprattutto per quanto riguarda le aliquote IVA – non è adeguato ai tempi e non è affatto equo. Inoltre è necessario agevolare l’accesso degli imprenditori e dei dirigenti delle piccole e medie imprese del settore creativo alle opportunità di finanziamento; attualmente infatti scarseggia il know-how e l’accesso ai finanziamenti bancari è troppo esiguo.
A questo proposito, signora Commissario, la relazione avanza proposte estremamente specifiche e da parte nostra confidiamo che la Commissione europea e le competenti autorità nazionali e regionali raccolgano la sfida e inizino ad attuare la proposta.
Oldřich Vlasák, relatore per parere della commissione per lo sviluppo regionale. – (CS) Signor Presidente, la collocazione delle industrie culturali e creative rientra nella strategia europea per l’innovazione e nella strategia Europa 2020; inoltre, è strettamente connessa alle misure tese a valorizzare monumenti, musei e collezioni artistiche o unità urbane e rurali in campo turistico o nelle attività collegate. La digitalizzazione dei contenuti storici e culturali rappresenta in tale prospettiva l’opportunità più rilevante. La digitalizzazione consentirebbe a tutti i cittadini di accedere più agevolmente a materiali indispensabili a fini di studio, conoscenza e istruzione, oltre che di rafforzamento dell’identità culturale.
Gli investimenti in questi settori garantiscono un ritorno pressoché sicuro, non solo per quanto riguarda il turismo – che rappresenta certo una componente significativa di molte economie regionali – ma anche nel campo della politica estera. È remunerativo sviluppare la consapevolezza delle profonde radici culturali dei paesi europei, e contemporaneamente promuovere singoli villaggi, città, regioni, Stati membri e la stessa Unione europea in un contesto globale.
Nel nuovo periodo di programmazione successivo al 2013 dobbiamo perciò continuare a finanziare i progetti culturali ricorrendo ai Fondi strutturali europei, rafforzare il programma di gemellaggio per la cooperazione tra le autorità locali e mantenere l’indipendenza del programma comunitario per i progetti in questo settore con il titolo di “Cultura”.
Cecilia Wikström, relatore per parere della commissione giuridica. – (SV) Signor Presidente, desidero ringraziare la relatrice, onorevole Sanchez-Schmid, per l’eccellente lavoro che ha compiuto su questa relazione. Sono lieta e orgogliosa che la commissione giuridica abbia potuto presentare un parere su cui era stato raggiunto un accordo unanime, e noto con soddisfazione che i nostri suggerimenti sono stati in gran parte accolti nella sua relazione. Ci attendiamo quindi un ampio sostegno da parte dell’Assemblea.
Ci troviamo in un momento in cui la tecnologia digitale e Internet stanno proponendo immense opportunità e insieme sfide durissime ai settori culturali e creativi europei. Dobbiamo mantenere saldo il principio base della tutela della proprietà intellettuale, e contemporaneamente adottare le misure necessarie per sfruttare il potenziale e la creatività della tecnologia moderna. In Europa gli operatori culturali, gli innovatori tecnici e soprattutto i cittadini meritano un mercato interno funzionante, in cui i contenuti culturali possano fluire liberamente e copiosamente oltre le frontiere e gli operatori culturali possano avere la sicurezza che il loro lavoro sarà remunerato.
Ringrazio infine i relatori per aver accolto la proposta, avanzata dalla commissione giuridica, di migliorare l’accesso ai libri per i non vedenti e ipovedenti. Mi auguro che ciò aiuti ancor più decisamente queste persone a fruire del piacere e della forza che la letteratura può offrire. La libertà di parola deve essere accessibile a tutti. Vi ringrazio.
Presidente . – Con questo si concludono gli interventi dei colleghi che hanno parlato a nome delle commissioni parlamentari interessate, e non posso resistere alla tentazione di formulare un rilievo.
In interventi di questo genere, pronunciati a nome delle singole commissioni, l’oratore dovrebbe, a mio avviso, sforzarsi di rappresentare la commissione a nome della quale sta parlando.
In questo dibattito abbiamo udito interventi che sarebbero stati perfettamente legittimi se avessero inteso riflettere un’opinione individuale, ma sono invece del tutto inopportuni se pronunciati a nome di una commissione che, ne sono assolutamente convinto, non si è sentita rappresentata dalle parole che abbiamo udito.
Si tratta, mi sembra, di una questione che almeno l’Ufficio di Presidenza dovrebbe prendere in considerazione; non possiamo infatti permettere che alcune delle affermazioni che abbiamo udito oggi vengano pronunciate a nome di commissioni che rappresentano tanti deputati al Parlamento.
(Applausi)
Marco Scurria, a nome del gruppo PPE. – Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, desidero anzitutto ringraziare, a nome del PPE, tutti i relatori dei dossier di questa mattina, perché ritengo che, attraverso queste relazioni, stiamo gettando le basi dell'Europa del futuro. Questa mattina stiamo lavorando sulle prossime generazioni, dai bambini fino ai giovani da accompagnare nel mondo del lavoro attraverso l'importante iniziativa faro denominata Youth on the move. Stiamo pensando stamani a un allargamento dell'Unione verso i Balcani, proprio grazie alla cultura, e stiamo anche valorizzando le industrie culturali e creative.
In un momento di grande crisi economica, è giusto sottolineare che l'unico settore a non essere in perdita ma che, anzi, accresce il suo fatturato, è quello della cultura – cultura che vorremmo svolgesse un ruolo nelle azioni esterne dell'Unione europea non solo – cari colleghi Dartmouth e Kuhn – attraverso funzionari ben pagati, ma costruendo magari un migliore percorso di pace, stabilità e confronto fra culture diverse.
Ma oggi dobbiamo anche puntare a rafforzare i nostri programmi sulla cultura, sull'istruzione e sui giovani. Programmi come Erasmus, Life Long Learning, Comenius, Leonardo, Youth in action e tanti altri sono per milioni di europei non solo delle etichette ma il simbolo dell'esistenza dell'Unione europea. Essi rappresentano il primo momento in cui molte persone si sono sentite europee ed entrano in contatto con coetanei e colleghi, contribuendo al vero rafforzamento dell'Unione, e ulteriormente con le nuove competenze sullo sport che l'Unione ha assunto dopo il trattato di Lisbona. Abbiamo bisogno di investire su tutti questi programmi ma soprattutto abbiamo bisogno di crederci. Sono importanti le quote latte, gli investimenti per l'industria e la tutela dell'ambiente: ma è con la cultura che costruiremo l'Europa e lo dovremo fare non a parole, ma con programmi e azioni che sapremo e vorremo mettere in campo.
Signora Commissario, quel violino che suonava a Sarajevo – come raccontato dalla collega Pack – suona molto di più le corde della nostra Europa piuttosto che tanti regolamenti. L'Europa si costruisce così, talvolta con qualche forzatura in più anche sui regolamenti stessi.
Katarína Neveďalová, a nome del gruppo S&D. – (SK) Signor Presidente, sono lieta che il Parlamento europeo abbia finalmente dedicato un’intera mattinata della sua seduta plenaria alla cultura e all’istruzione. In periodi di crisi l’istruzione diviene un tema cruciale, e non dobbiamo dimenticare che i giovani istruiti costituiscono il nostro futuro.
Apprezzo l’iniziativa Gioventù in movimento della Commissione europea, che non ha dimenticato i giovani. Investire nell’istruzione è la soluzione per gli eterni problemi dell’Unione europea, anche in tempi in cui è necessario fare economie. Mi congratulo con l’onorevole Zver, relatore del Parlamento europeo per Gioventù in movimento; la sua relazione mi sembra estremamente valida, soprattutto in quanto rappresenta il lavoro di un’intera commissione, tesa al comune obiettivo di operare a vantaggio dei giovani.
La mobilità dei giovani nell’Unione europea, e soprattutto il tentativo di agevolare tale mobilità, sono importanti per le attività collegate all’identità europea e alla cittadinanza europea. Come tutti sapete, però, io ho assunto una posizione duramente critica sull’originaria iniziativa della Commissione, e ora quindi desidero sottolineare una serie di punti che siamo riusciti a inserire nella relazione.
Per noi è certo importante non interrompere gli investimenti a favore dei programmi destinati alla mobilità e alla gioventù, come gli attuali programmi Erasmus e Leonardo, nonché le attività di Gioventù in azione. Si tratta sicuramente di uno dei metodi per raggiungere gli obiettivi fissati nella nostra strategia Europa 2020.
Considero altrettanto importante sostenere l’apprendimento permanente e le attività non esclusivamente mirate ai giovani. Voglio sottolineare con forza il tema delle pari opportunità per tutti, non solo in termini di uguaglianza di genere, ma anche per quanto riguarda i disabili o altre persone svantaggiate. È pure essenziale riconoscere l’istruzione informale come strumento indispensabile per migliorare le competenze che i giovani potranno utilizzare nelle fasi successive della vita.
Il dialogo tra gli Stati membri e tra le regioni è anch’esso cruciale, e noto con soddisfazione che siamo riusciti a inserire una serie di osservazioni formulate dal Comitato delle regioni nonché da altre organizzazioni come il Forum europeo della gioventù.
L’elenco è così lungo che potrei continuare a parlare non per due ma per dieci minuti; concludo però con un’osservazione. Sarei felice di sostenere – essendo una degli autori originali – l’iniziativa su Sarajevo, poiché è importantissimo da parte nostra, dimostrare ai popoli di quella regione che l’Unione europea è al loro fianco.
Hannu Takkula, a nome del gruppo ALDE. – (FI) Signor Presidente, mi rallegro che la seduta plenaria di stamane sia dedicata a questioni culturali: è importante discuterne, non solo nell’arco di una mattina ma con respiro più vasto. È comunque positivo da parte nostra affrontare tali problemi, ed è una vera e propria sfida riunire tutte queste relazioni e valutarle; formulerò comunque alcune osservazioni.
Per quanto riguarda la relazione dell’onorevole Zver sull’iniziativa Gioventù in movimento, è vero, probabilmente, che questo programma di mobilità ha avuto un lusinghiero esito positivo; la relazione approfondisce ulteriormente il problema in maniera encomiabile. Essa potrebbe sfociare nella documentazione di numerose vicende di successo nella storia europea e sul tema della gioventù in futuro. È importante disporre di programmi educativi dal raggio d’azione europeo cui i giovani possano partecipare, e che producano l’effetto di rafforzare il multiculturalismo.
È altrettanto importante riflettere sulle considerazioni esposte dall’onorevole Honeyball nella sua relazione sulla cura e l’educazione nella prima infanzia (CEPI). Preferirei parlare di cura e istruzione precoci anziché di apprendimento durante la prima infanzia, per sottolineare l’importanza del processo di crescita della persona. Le persone devono avere la possibilità di crescere, e l’istruzione è solo una parte di tale processo. Far crescere i bambini e i giovani per formare esseri umani maturi e civili ed equilibrati membri della società è una sfida estremamente ardua. Naturalmente, da questo punto di vista la famiglia svolge una funzione cruciale ma – come la relazione fa acutamente notare – è altrettanto indispensabile affidare una funzione anche agli operatori del settore CEPI e garantire un processo di mediazione, esigenza oggi particolarmente sentita dai bambini e dai giovani.
Passando alla relazione dell’onorevole Schaake sulle azioni esterne dell’Unione europea, a mio avviso l’elaborazione della politica estera richiede da parte nostra una migliore comprensione della dimensione culturale. Si tratta di un aspetto assai importante: si ricordano molti infelici esempi di situazioni in cui l’ignoranza del contesto e del retroterra culturale ha provocato fallimenti in politica estera, e proprio per questo è essenziale che la cultura diventi parte integrante del Servizio europeo per l’azione esterna.
Concludo esprimendo la mia opinione sull’iniziativa concernente Sarajevo, che l’onorevole Pack ha presentato quest’oggi: è verissimo che le decisioni sulle capitali della cultura sono state adottate cinque anni fa, ma come avviene nella scienza anche in questo caso i paradigmi si devono sempre rimettere in discussione. Ora forse è giunto il momento di intervenire su questo particolare problema, almeno in qualche misura, e cercare una soluzione che consenta di introdurre una modifica a favore di Sarajevo. Ne scaturirebbe, mi sembra, un valore aggiunto per il programma sulle capitali europee della cultura e per l’intera Unione europea.
In sintesi, per quanto riguarda la politica culturale dobbiamo considerare il contesto complessivo e cercare di comprenderne l’importanza per l’intera Unione europea. Il mercato interno e la politica estera e di sicurezza non si manterranno vitali senza il sostegno di una robusta base culturale. La cultura è la base di tutto, la base del futuro dell’intera Unione europea, e proprio per questo essa merita un riconoscimento, non solo alla luce del PIL ma come valore in sé, per i cittadini, per le società e in ultima analisi per tutta l’Unione europea.
Emma McClarkin, a nome del gruppo ECR. – (EN) Signor Presidente, negli ultimi anni l’interesse degli ambienti accademici e politici per la cultura e l’istruzione si è enormemente intensificato; le analisi hanno costantemente indicato in questi settori uno snodo cruciale non solo per incoraggiare la crescita economica e la coesione sociale, ma anche per agevolare la mobilità dei giovani in tutta Europa. Purtroppo, nell’attuale clima economico, che vede molti Stati membri adottare misure di austerità e tagli di bilancio indispensabili per ridurre i deficit, questi settori rischiano spesso l’emarginazione, anche se mi sembrerebbe auspicabile il contrario.
Gli investimenti nell’istruzione e nella cultura aiutano gli Stati membri a competere sul piano globale, fornendo ai nostri giovani gli strumenti per affrontare le sfide di domani e incoraggiando la creatività, l’innovazione e la comprensione reciproca. In realtà, si tratta proprio dei settori in cui possono intervenire gli Stati membri – piuttosto che l’Unione europea nel suo complesso – poiché essi conoscono i metodi migliori per rispondere alle sfide educative che si profilano sul loro cammino. Mi preoccupano alcuni aspetti delle relazioni che abbiamo discusso stamani, soprattutto per l’intrusione nella sussidiarietà degli Stati membri in termini di obiettivi formativi e politica sociale. L’imposizione di riforme dell’istruzione agli Stati membri esorbita dalle competenze dell’Unione, e dobbiamo vigilare affinché questo limite sia rispettato.
Dal punto di vista culturale l’Unione europea può aiutare gli Stati membri a sfruttare fino in fondo le proprie priorità politiche, propiziando gli scambi di migliori prassi e mettendo in rilievo i settori cruciali, come l’apprendimento durante la prima infanzia, la riduzione dell’abbandono scolastico precoce e la promozione della formazione professionale. Un altro strumento prezioso per aiutare i giovani a cogliere le opportunità disponibili è la flessibilità dei mercati del lavoro, che consente l’apprendimento sul posto di lavoro. Il varo arbitrario di nuovi progetti e organizzazioni miranti ad agevolare la realizzazione di questi obiettivi contrasta però con le realtà di bilancio che si palesano evidenti in tutta l’Unione.
Dobbiamo tener presente quest’amara realtà e cercare di ottenere i risultati che sono alla nostra portata nel mondo concreto in cui ci troviamo immersi. Sono però profondamente convinta che la cultura abbia il potere di promuovere la comprensione reciproca e stimolare l’innovazione e la crescita economica. In Europa abbiamo un tesoro di cultura e creatività che occorre promuovere e sviluppare. Le industrie creative recano un notevole contributo all’economia dell’Unione e alle nostre esperienze culturali; dobbiamo quindi dotarle degli strumenti che consentano loro di continuare a svilupparsi e di cogliere i successi che meritano. È superfluo dire che, quanto maggiore sarà l’istruzione che forniremo ai giovani di tutta Europa, tanto più roseo sarà il loro futuro in un ambiente globale estremamente competitivo.
Oriol Junqueras Vies, a nome del gruppo Verts/ALE. – (ES) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, in qualità di relatore ombra per la relazione su Gioventù in movimento e anche alla luce dei numerosi emendamenti proposti alle relazioni sulle industrie culturali e creative e sull’apprendimento durante la prima infanzia, vorrei condividere con voi le seguenti riflessioni.
La crisi economica colpisce i giovani con particolare durezza; in molte regioni dell’Unione europea la disoccupazione giovanile supera il 40 per cento. In tali condizioni, diventa particolarmente necessaria un’approfondita revisione delle politiche tese a favorire l’occupazione giovanile, come la relazione su Gioventù in movimento.
Mi soffermerò su quattro aspetti della relazione che a mio avviso rivestono particolare importanza.
In primo luogo, giudico assolutamente essenziale promuovere la mobilità. Essa rappresenta un preziosissimo strumento di apprendimento informale che favorisce gli scambi culturali e fornisce ai giovani gli strumenti necessari per svilupparsi in un ambiente professionale globale.
In secondo luogo – ed è un elemento strettamente collegato alla mobilità, è cruciale che i giovani imparino altre lingue europee, a due fini: interagire senza difficoltà nell’ambiente europeo e integrarsi pienamente nelle comunità in cui vivono e lavorano (in altre parole, a fini di coesione sociale).
In terzo luogo, sottolineo l’importanza delle politiche tese a stimolare l’imprenditorialità. In effetti è essenziale promuovere programmi di imprenditorialità per gli studenti universitari; ciò significa anche incoraggiare l’organizzazione di forum in cui attori finanziari e studenti portatori di idee innovative possano interagire.
Giudico infine essenziale promuovere le pari opportunità nell’accesso agli studi universitari, affinché nessun segmento dei talenti europei vada sprecato. Occorre che i giovani partecipino attivamente all’economia; occorre che essi sviluppino fino in fondo il proprio potenziale perché anch’essi svolgono un ruolo essenziale nel cammino che deve farci uscire dalla crisi.
Rui Tavares, a nome del gruppo GUE/NGL. – (PT) Signor Presidente, avendo a disposizione solo due minuti per intervenire su cinque relazioni e un’interrogazione orale, mi limiterò a commentare due relazioni: quella dell’onorevole Sanchez-Schmid sulle industrie creative e quella dell’onorevole Schaake sulla dimensione culturale delle azioni esterne dell’Unione europea. Mi soffermo su questi due temi perché, insieme, essi ci offrono una microvisione e una macrovisione degli elementi di cui l’Europa ha bisogno per superare la crisi grazie al talento e all’immaginazione degli europei.
Nel caso delle industrie creative, mi sembra evidente che l’Europa può vantare probabilmente la massima concentrazione di potenziale per questo tipo di imprese. Ciò vale in primo luogo per le nostre aree urbane, le nostre città, che dispongono da un lato di un’ottima connettività, e dall’altro di notevoli personalità culturali di vario tipo, che garantiscono una variegata diversità.
Alcune delle nostre macroregioni urbane possono poi offrire i fattori di cui le industrie creative hanno bisogno per diventare autonomamente sostenibili: intensità di capitale, concentrazione di talenti e conoscenze e un folto numero di imprese già avviate. È il caso, per esempio, della regione compresa tra Londra, Parigi e Anversa.
Questo discorso non vale tuttavia per l’Europa intera: in altre parole, alcune regioni periferiche d’Europa hanno il talento, hanno la storia e hanno città che potrebbero recare un contributo preziosissimo al rilancio dell’economia europea, ma non possono ottenere tali risultati senza aiuti, erogati a livello di Unione europea oppure di Stato membro.
Non dobbiamo quindi illuderci: fino a quando l’Unione non farà ordine in casa propria dal punto di vista economico – per esempio con l’emissione di obbligazioni – non si potranno registrare progressi. Noi siamo qui in Parlamento pieni di idee brillantissime, e contemporaneamente i governi fanno a pezzi l’euro e rendono impossibile la ripresa.
Per quanto riguarda la politica di azione esterna, dal momento che ho già quasi esaurito il tempo a mia disposizione mi limito a osservare che all’Europa si offre ora un’occasione unica per sviluppare una politica estera di tipo completamente diverso da quella degli Stati membri. Dal punto di vista culturale, inoltre, un simile progetto non ha nulla a che vedere con la creazione di un’identità europea potenziale ma illusoria da esportare e vendere poi all’estero. L’Europa potrebbe invece collocarsi in un’ottima posizione per utilizzare la cultura nelle azioni esterne come una strada a doppio senso: uno strumento per insegnare ma anche per imparare, con cui potremmo mantenere un dialogo proficuo con altri grandi blocchi regionali come il Mercosur o l’Associazione delle nazioni del Sud-est asiatico (ASEAN).
È il metodo che può offrire i vantaggi maggiori al resto del mondo – grazie all’esempio della democrazia europea – ma anche alla stessa Unione europea, poiché in tal modo potremo imparare dagli altri.
Giancarlo Scottà, a nome del gruppo EFD. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero apportare il mio contributo, affermando la necessità di un nuovo approccio metodologico, in particolare nel settore patrimoniale e del patrimonio culturale, legato all'uso intelligente delle nuove tecnologie. Essere consapevoli delle enormi potenzialità, in termini di efficacia e di efficienza, che le nuove tecnologie possono offrire significa anche dimenticare i processi di lavoro del passato. Nuove tecnologie presuppongono nuovi metodi operativi.
Ho verificato personalmente che con l'uso intelligente delle tecnologie, nel settore del patrimonio monumentale si possono ottenere risultati importanti sia per i lavori di progettazione e restauro sia perché, contemporaneamente e senza costi aggiuntivi, si possono ottenere database geometrici di alta precisione utili per l'eventuale monitoraggio del bene e la gestione in caso di calamità naturali, prodotti per la divulgazione scientifica e la promozione del bene monumentale anche a livello globale, soddisfacendo aspetti di diffusione e interscambi culturali.
Quello che mi sta a cuore è quindi contribuire a un'azione finalizzata al raggiungimento di una nuova consapevolezza nelle tecnologie, affinché vengano create nuove opportunità economiche per l'Europa. Soprattutto credo alla necessità della formazione delle nuove e a figure professionali giovanili altamente qualificate che siano in grado di vincere le sfide del nuovo mercato globale.
Dimitar Stoyanov (NI) . – (BG) Signor Presidente, limiterò il mio intervento alla relazione sull’iniziativa Gioventù in movimento.
Mi congratulo con il relatore perché la relazione riesce a trattare adeguatamente tutti gli aspetti della questione e di questa politica europea; mi soffermerò in maniera specifica su tre aspetti.
In primo luogo, riguardo ai paragrafi 24 e 25 della relazione, dedicati alla permanenza dei bambini a scuola e al miglioramento della frequenza scolastica, vorrei porre la seguente domanda. Noto per inciso che di recente ho presentato alla Commissione un’interrogazione con richiesta di risposta scritta; attendo ancora una risposta, ma colgo l’occasione per ricordare questo problema, che vado sollevando da molto tempo. Molti paesi dell’Europa orientale, entrati nell’Unione europea con gli ultimi allargamenti, devono affrontare il problema di alcuni gruppi minoritari che seguono l’usanza – già quasi cristallizzata in tradizione – di togliere i bambini da scuola, per farli invece sfruttare dai genitori; le misure che si prendono per contrastare questa tendenza vengono di solito etichettate come discriminatorie. Chiedo quindi: chi sarebbero di preciso le vittime di queste discriminazioni? Forse i genitori che sfruttano i loro bambini, o non piuttosto i bambini stessi, che in mancanza di istruzione perdono qualsiasi possibilità di integrarsi, anche se – come sapete – l’integrazione economica tramite il lavoro e le risorse fornisce la base di qualsiasi altra integrazione?
Anche il paragrafo 27 della relazione fa preciso riferimento a un problema reale. Un eminente professore universitario, conversando con me, ha recentemente espresso il parere che le università bulgare ignorino l’esistenza di un programma Erasmus per i docenti. In questo settore occorre adottare ulteriori misure.
Anche la disoccupazione giovanile – ricordata nei consideranda F e G della relazione – costituisce un grave problema. Lo scoglio principale sta nel fatto che i giovani in cerca di lavoro devono aver già svolto un tirocinio; ma chi ha appena lasciato la scuola o l’università non può aver già maturato tale esperienza di lavoro. Si tratta di un requisito ridicolo e discriminatorio che va esaminato con attenzione; questa procedura vale sia nel settore pubblico che in quello privato. In tale ambito, nel settore pubblico in particolare si potrebbero adottare norme rigide che impongano di lasciare il lavoro a chi ha raggiunto l’età della pensione, in modo da liberare posti di lavoro a favore dei giovani.
Alajos Mészáros (PPE) . – (HU) Signor Presidente, signora Commissario, dobbiamo ringraziare l’onorevole Sanchez-Schmid per la sua relazione. Le istituzioni dell’Unione europea si sono poste l’obiettivo di sfruttare con maggiore efficacia le opportunità offerte dalle industrie culturali e creative. È un compito impegnativo, poiché migliori condizioni di queste industrie consentirebbero all’Unione europea di porsi come leader del mercato globale in questo settore.
La cultura contribuisce alla lotta contro la povertà e l’emarginazione, e svolge una funzione significativa nel rafforzamento e nella conservazione dello spirito e del patrimonio comune europeo. Preparando un percorso sicuro al pensiero creativo e alle idee che ne scaturiscono, tutti possiamo ottenere vantaggi intellettuali ed economici. Le industrie culturali e creative svolgono già un ruolo importante poiché stimolano e influenzano l’economia, anche se la loro situazione non è sempre favorevole. Mentre non è possibile soffocare la creatività, è sicuramente possibile incidere negativamente sull’entusiasmo creativo dei singoli. Un ambiente imprenditoriale incerto e un quadro legislativo sfavorevole possono raffreddare lo spirito creativo dei cittadini. Possiamo legittimamente attenderci che una strategia europea incoraggi i gruppi creativi, finora imbrigliati e limitati, a esprimersi a livello europeo. Allo stesso tempo, tale strategia può promuovere un certo equilibrio di opportunità fra gli Stati membri, facendoci sentire la presenza di un’industria forte di cinque milioni di lavoratori, nonché la crescita della sua entità numerica in ogni Stato membro. In questo settore intendiamo riservare un ruolo importante anche alle piccole e medie imprese. L’Europa centrale può contare su un folto numero di cittadini brillanti e ansiosi di creare; si tratta di sapere se oggi possiamo fornire a ognuno di essi il contesto adeguato. Purtroppo la risposta è negativa, ma per migliorare la situazione è stata preparata una serie sempre più vasta di programmi mirati, come per esempio la strategia per la regione del Danubio.
La discussione di stamani riguarda pure la gioventù. È essenziale che le generazioni future ricevano dall’Europa un sostegno senza riserve nei settori dell’apprendimento culturale, dell’istruzione superiore e della creazione artistica. Dobbiamo individuare soluzioni che rendano attraente la creazione artistica nell’Unione europea e contemporaneamente garantiscano condizioni competitive sulla scena della concorrenza internazionale.
In sintesi, è assolutamente indispensabile dedicare la nostra attenzione alle industrie creative e culturali; di conseguenza dobbiamo predisporre al più presto, per gli artisti e i creativi, condizioni adeguate che tengano conto di situazioni uniche nel loro genere, in materia di mobilità, diritti di proprietà intellettuale e protezione sociale.
Knut Fleckenstein (S&D) . – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, con la relazione sulla dimensione culturale delle azioni esterne dell’Unione europea il Parlamento proclama esplicitamente l’ambizione di imprimere il proprio marchio su questo settore politico in via di sviluppo. Il fatto stesso di non vedere tra noi un rappresentante del Servizio per l’azione esterna – mi esprimo con prudenza – dimostra la necessità di questa relazione.
La relazione invita giustamente a concedere, in futuro, un ruolo più rilevante agli aspetti culturali nella politica esterna, nel cui ambito tali aspetti vanno sistematicamente integrati. Il mio gruppo ha giudicato importante insistere per il varo di una strategia coerente che coordini in modo più efficace gli attuali programmi di politica esterna dell’Unione europea con le componenti culturali, tenendo conto della diversità culturale che si registra nell’Unione. L’onorevole Pack ha già toccato questo punto, rilevando l’esigenza di integrare in tali politiche le strutture già operanti all’interno degli Stati membri e tra i vari Stati membri, come la rete EUNIC degli istituti nazionali di cultura, nonché l’opportunità di considerare la società civile un elemento della politica culturale esterna europea. Il motto dell’Unione “Uniti nella diversità” deve riflettersi anche nell’immagine che l’Europa proietta verso il mondo esterno. Occorre inoltre sfruttare in maniera ancor più efficace i nuovi media come piattaforma di comunicazione a questo fine.
Operando in tal senso dobbiamo però evitare che arte e cultura divengano semplici mezzi per raggiungere fini di politica esterna. Sono proprio i nostri valori culturali che caratterizzano la Comunità europea; di conseguenza è giusto e importante che questa diversità e identità culturale venga diffusa dalle politiche dell’Unione oltre i confini comunitari. Sono convinto che con questo metodo otterremo risultati assai migliori che non facendo risuonare in quest’Aula discorsi minacciosi, spesso privi di qualsiasi sostegno concreto.
Morten Løkkegaard (ALDE) . – (DA) Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci troviamo nel bel mezzo di una battaglia che ha improntato di sé anche il dibattito odierno: una battaglia tra le forze che in Europa vogliono indebolire il progetto europeo e quelli di noi che invece – nonostante la crisi in cui siamo tutti invischiati – vogliono spiegare le vele e irrobustire quel medesimo progetto. Si fa oggi un gran parlare di economia, integrazione e politica estera; anche questi aspetti sono certamente importanti. A mio avviso, però, non ci sono dubbi: se vogliamo portare avanti il progetto europeo, e in particolare se vogliamo che esso conquisti il sostegno dei popoli d’Europa (che attualmente nutrono in merito un certo scetticismo), dobbiamo investire nella cultura e nei giovani. Ovviamente, quindi, accolgo con grande soddisfazione il dibattito odierno e le cinque relazioni in esame.
Nella mia qualità di relatore ombra per la relazione su Gioventù in movimento ringrazio il relatore, onorevole Zver, per la preziosa e impeccabile cooperazione. Poiché il tempo non mi consente di approfondire troppo i dettagli, mi concentrerò su due soli aspetti. Il primo è la possibilità, per i giovani, di spostarsi oltre le frontiere; in questo periodo di crisi, a mio parere, è necessario da parte nostra concentrarci – in termini sia politici che finanziari – sul compito di attuare e sostenere concretamente questa mobilità dei giovani. Sono estremamente lieto, quindi, che uno dei temi su cui lavoriamo sia il rafforzamento di quello che usiamo definire il quadro europeo delle qualifiche: in altre parole, il piano che consente ai giovani di utilizzare i titoli ottenuti oltre frontiera. Si tratta di un dettaglio modesto ma concreto, che sarà importante tradurre in realtà in modo che i giovani non debbano incontrare difficoltà a questo riguardo.
In secondo luogo, vorrei soffermarmi sulla cosiddetta “tabella della mobilità”, nella quale indichiamo le barriere alla mobilità che si registrano negli Stati membri: un’idea a mio avviso ottima, cui sono incondizionatamente favorevole. Ho ricordato due esempi precisi, che dimostrano i progressi che stiamo compiendo e da cui emerge come il diavolo si nasconda nei dettagli. In termini specifici, si tratta dei punti su cui dobbiamo lavorare per rafforzare le opportunità offerte ai giovani e in tal modo investire nei giovani. Concludo ringraziando il relatore per la cooperazione di cui è stato prodigo e augurando buona fortuna alla signora Commissario che – lo so bene – dovrà affrontare l’ingrato compito di far comprendere ai suoi colleghi della Commissione l’importanza della cultura e dei giovani.
Marek Henryk Migalski (ECR) . – (PL) Signor Presidente, dedicherò il mio intervento alla dimensione culturale delle azioni esterne e alla relazione presentata dall’onorevole Schaake. Noto subito che, per molti aspetti, la relazione merita sostegno ed elogio: il paragrafo 17 condanna il ricorso alla censura da parte dei regimi totalitari; il paragrafo 50 si oppone all’uso di argomenti culturali per giustificare le violazioni dei diritti umani, nel momento in cui sorgono problemi precisamente a causa del ricorso a questa presunta diversità, per esempio nei contatti con la Cina; il paragrafo 39 incoraggia il coinvolgimento della società civile, e si sottolinea infine l’importanza delle libertà democratiche e dei diritti umani fondamentali.
Sotto tutti questi aspetti la relazione merita sostegno ed elogio. Inoltre, nel corso dei lavori in seno alla commissione per la cultura e l’istruzione, siamo riusciti a eliminare dalla relazione la proposta di nominare uno speciale ambasciatore dell’Unione europea, responsabile solo per gli affari culturali; questi sono i punti positivi. Purtroppo vi sono altri aspetti che definirei problematici: malauguratamente, nel corso delle riunioni della commissione per la cultura e l’istruzione, è stata introdotta una modifica al provvedimento in cui si affermava che si trattava di nominare una persona responsabile solo per le questioni culturali e per nessun altro problema. Mi sembra opportuno richiamare l’attenzione su questo particolare. In secondo luogo, la relazione chiede che il personale del Servizio europeo per l’azione esterna fruisca di opportuni corsi di formazione e di aggiornamento sugli aspetti culturali e digitali della politica esterna. In seno alla commissione per la cultura e l’istruzione noi avremmo voluto evitare che questa disposizione aumentasse i costi del settore, ma purtroppo l’emendamento in tal senso è stato bocciato. Per tali motivi il mio giudizio sulla relazione è ambivalente.
Malika Benarab-Attou (Verts/ALE) . – (FR) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, le due relazioni delle onorevoli Schaake e Sanchez-Schmid ci ricordano che la cultura non è solo un ornamento, ma piuttosto il frutto di una complessa rete di interdipendenze, e ci dimostrano che per affrontare le questioni culturali occorre un approccio trasversale; tali questioni vanno poi integrate in tutte le politiche europee, interne ed esterne, sociali ed economiche.
La incoraggio quindi, signora Commissario, a continuare in questa direzione e a sviluppare la cooperazione con le altre commissioni parlamentari, con gli altri servizi della Commissione europea e con il Servizio europeo per l’azione esterna presieduto dalla baronessa Ashton.
Vorrei però tornare su un aspetto che queste relazioni non hanno sviluppato, relativo alla mobilità degli artisti e dei professionisti del settore culturale. Si tratta di un elemento di capitale importanza per la formazione di uno spazio culturale europeo. In tale prospettiva giudico essenziali due aspetti: in primo luogo la diffusione, da parte dell’Unione europea e degli Stati membri, di informazioni chiare e comprensibili sulle norme e le procedure attualmente vigenti.
In secondo luogo l’eliminazione – cui già si è accennato – delle barriere normative e amministrative che intralciano la libertà di circolazione, entro l’area di Schengen, degli operatori del settore culturale e in particolare dei cittadini di paesi terzi; occorrerebbe per esempio introdurre, nell’ambito dell’Unione europea, procedure accelerate comuni per l’emissione di visti a breve e lungo termine, oltre che di una procedura unica per il rilascio di permessi di lavoro nell’Unione. Esorto vivamente la Commissione a continuare a lavorare in questi settori.
Infine, nel contesto dell’ascesa di una produzione media prevalentemente americana nel campo della cultura d’intrattenimento, è urgente rammentare all’Unione europea e agli Stati membri quanto sia importante dotarsi di strumenti per difendere e promuovere la diversità delle culture europee e dei paesi terzi. L’Europa deve quindi trovare una nuova collocazione e non abbandonare la battaglia per il soft power, poiché oggi la posta in gioco è quella del rispetto della diversità culturale come strumento di dialogo e garanzia di pace e stabilità nel mondo.
Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL) . – (FR) Signor Presidente, vorrei formulare alcune osservazioni di carattere generale su tutti i dibattiti che ci sono stati proposti questa mattina.
Purtroppo, i temi dell’istruzione e della cultura non ricevono in quest’Aula un risalto adeguato; eppure sono nodi vitali del nostro futuro, del futuro d’Europa, del futuro dei nostri giovani. Il 20 per cento della popolazione europea ha meno di trent’anni, ma tra i giovani al di sotto dei ventiquattro anni la disoccupazione raggiunge quasi il 21 per cento, mentre poco meno del 15 per cento dei ragazzi tra i diciotto e i ventiquattro anni di età lascia la scuola prima della fine del ciclo secondario e non segue altri corsi di studio e di formazione. Dato ancor più allarmante, quasi il 25 per cento dei giovani al di sotto dei quindici anni lamenta difficoltà di lettura. Sono dati intollerabili, che fra l’altro, a causa della recessione, vanno peggiorando in una serie di Stati membri.
La relazione su Gioventù in movimento che ci è stata presentata rappresenta un passo nella direzione giusta su alcuni punti, e invia una serie di messaggi alla Commissione e agli Stati membri. Il Parlamento europeo riafferma la volontà di non sacrificare i giovani sull’altare delle politiche di austerità attuate in tutta Europa: che queste non rimangano parole vuote!
La relazione contiene però anche una serie di elementi preoccupanti, soprattutto allorché manifesta l’intenzione di riformare i programmi dell’istruzione superiore sulla base delle esigenze del mercato, senza curarsi di riaffermare la funzione più generale dell’istruzione superiore per la formazione complessiva dei cittadini di domani.
Come sappiamo, quanto più vasta è la formazione dei giovani, tanto più efficacemente essi riescono ad affrontare le incertezze della vita, e soprattutto le incertezze relative al lavoro. Presto avremo la possibilità di lavorare sulle questioni relative al processo di Bologna: un occasione di cui sono particolarmente lieta. Mi limito a dire che il nostro compito è quello di ascoltare le crescenti preoccupazioni – per usare un eufemismo – che le riforme avviate nel quadro del processo di Bologna stanno suscitando in molti Stati. Non possiamo sacrificare la nostra gioventù; a questo proposito le parole non sono sufficienti.
Aggiungo poche parole di ringraziamento all’onorevole Honeyball per la sua relazione e per il lavoro che siamo riusciti a compiere in materia di cura dell’infanzia; sostengo senza riserve l’orientamento di questa relazione. Non posso invece approvare l’orientamento della relazione dell’onorevole Sanchez-Schmid sulle industrie culturali, dal momento che tale orientamento vincolerebbe i beni culturali a una logica commerciale dipendente dalle forze del mercato.
Esprimo infine un convinto sostegno alla proposta dell’onorevole Pack di designare Sarajevo capitale europea della cultura.
Juozas Imbrasas (EFD) . – (LT) Signor Presidente, mi consenta una breve riflessione sull’iniziativa Gioventù in movimento. L’obiettivo dell’iniziativa è encomiabile: migliorare l’istruzione e la formazione dei giovani grazie alla mobilità e agevolare il passaggio dei giovani dall’istruzione al mercato del lavoro. Si tratta di aspetti oggi essenziali, dal momento che i giovani sono uno dei gruppi sociali colpiti più duramente dalla crisi finanziaria globale. Occorre aiutare i giovani a entrare nel mercato del lavoro per garantire il proprio futuro, oltre che per contribuire alla prosperità e alla crescita economica. È vitale che i giovani siano messi in grado di sviluppare competenze e conoscenze che consentano loro di contribuire alla crescita e allo sviluppo sostenibile dell’Unione europea nei prossimi anni. Ritengo indispensabile far sì che l’istruzione loro impartita soddisfi le esigenze del mercato del lavoro; è pure importante garantire che ai giovani europei non venga negata l’opportunità di svilupparsi e di contribuire alla prosperità dell’Unione. La mobilità provoca però alcuni problemi: i giovani che hanno studiato in un altro Stato membro molto spesso rimangono in quello stesso Stato a lavorare. Quindi un paese come la Lituania, che deve far fronte a una situazione economica difficilissima, rischia di perdere per qualche tempo quei cittadini istruiti che sono la base della crescita di un paese, e non solo in senso economico; certo, si tratta di un nostro problema interno e lo risolveremo da soli. In una prospettiva più generale, è assai positivo il fatto che oggi stiamo cercando di risolvere un problema cruciale per i giovani.
Róża Gräfin von Thun und Hohenstein (PPE) . – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, cari ospiti della Turingia presenti nella tribuna del pubblico,
(EN) Signor Presidente, al collega che teme che i giovani istruiti si spostino in un altro Stato, vorrei rispondere che la civiltà cresce e si sviluppa proprio con la circolazione delle persone: quindi è un fenomeno che non dobbiamo temere. Ciò avviene dovunque cittadini di diversi paesi si incontrino e mettano in comune le loro esperienze: gli esempi in questo senso in Europa sono numerosissimi ed è positivo il fatto che la mobilità possa alimentare discussioni tanto articolate. Proprio questa mobilità garantirà all’Europa salute e prosperità costanti.
La relazione dell’onorevole Zver richiama l’attenzione su numerose barriere che scoraggiano la mobilità in Europa; vorrei analizzarne alcune. Per riprendere lo spunto offertoci dall’onorevole Løkkegaard, è davvero inaccettabile che i giovani che studiano, lavorano o compiono la loro formazione all’estero incontrino difficoltà, quando si spostano, per svolgere operazioni basilari come accedere ai servizi bancari o affittare un appartamento. Per di più, i giovani sono penalizzati dalle tariffe di roaming quando tentano di telefonare a casa o di accedere a Internet per effettuare ricerche online su indispensabili informazioni di base. La trasmissione di dati in roaming è costosissima.
La Commissione ha proposto di introdurre una tabella della mobilità nel quadro dell’iniziativa Gioventù in movimento. Ciò consentirà di monitorare sistematicamente i progressi compiuti dagli Stati membri nell’eliminazione delle barriere. La tabella dovrebbe essere esauriente, semplice e chiara, per fungere da catalizzatore nella rimozione degli ostacoli da parte degli Stati membri: ne trarrebbero vantaggio giovani e anziani, studenti e lavoratori. Invito la Commissione a presentare – il più presto possibile, mi auguro – una proposta dettagliata sul funzionamento di tale tabella della mobilità.
Per concludere, la mobilità è un tema orizzontale, ed esorto quindi i colleghi della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori e di altre commissioni, a non perdere di vista la dimensione della mobilità nel loro lavoro in tutti i settori.
Silvia Costa (S&D). – Signor Presidente, in un'Europa che invecchia e ha difficoltà a dare risposte di futuro alle sfide globali, l'Unione europea e gli Stati membri devono cogliere questo forte stimolo del Parlamento a mostrarsi più coraggiosi, investendo nelle nuove generazioni, nell'educazione e nella cultura. Con queste quattro relazioni e la proposta per Sarajevo, il Parlamento chiede che questi temi siano posti al centro della strategia Europa 2020.
In particolare, i vantaggi economici, occupazionali e innovativi sono messi in evidenza dalla relazione sulle industrie culturali e creative, che già oggi rappresentano in Europa quasi il 3 percento del prodotto loro e occupano 5 milioni di persone, arrivando al 7 percento con l'indotto. Come relatore ombra di queste provvedimento per il gruppo S&D, esprimo soddisfazione per l'accoglienza positiva data dalla relatrice ai nostri emendamenti.
Cosa abbiamo proposto? Anzitutto che, agli otto settori previsti, fossero aggiunti il turismo culturale e la moda. Auspichiamo altresì che la Commissione – e sono certa che la Commissaria si attiverà in tal senso – presenti al più presto un Libro bianco sulle industrie culturali e creative, per rafforzare questa strategia orizzontale a livello europeo e degli Stati membri. In momenti di crisi, tagliare i fondi alla cultura e all'istruzione – come fa anche il mio paese, proclamando che con la cultura non si mangia – significa non investire nel futuro e nella crescita intelligente e inclusiva; significa non capire che senza cultura non si vive.
La relazione prevede il riconoscimento effettivo dello status europeo dell'artista e del creativo e, per le industrie culturali, il riconoscimento a pieno titolo dello status di piccole e medie imprese per l'accesso al credito e il sostegno alle start-up, specie per i giovani fino a 35 anni, le tutele lavorative, una formazione specifica e l'introduzione di strumenti finanziari innovativi, sapendo che il capitale dei creativi è costituito spesso da valori intangibili ma determinanti per l'innovazione in tutti i comparti.
Il settore culturale trasversale deve essere tenuto in considerazione nella normativa sul commercio internazionale, nella dimensione europea certamente e nella diplomazia culturale, nel mercato interno, nella mobilità...
(Il Presidente interrompe l'oratore)
Liam Aylward (ALDE) . – (EN) Signor Presidente, se desideriamo che strategie come Gioventù in movimento siano efficaci e producano risultati tangibili, occorre intensificare la cooperazione tra imprese e settore dell’istruzione. Anche se concordo con il relatore sul fatto che l’istruzione non deve solo garantire l’occupabilità ma anche incoraggiare la creatività, è necessario muovere verso obiettivi di integrazione fra istruzione e imprese. I programmi universitari devono avvicinarsi alle esigenze del mercato del lavoro; ai giovani si deve offrire l’opportunità di acquisire, senza barriere, esperienza, competenze, conoscenze e know-how indispensabili per affrontare i futuri percorsi nel lavoro e nell’imprenditorialità. È necessario in particolare migliorare le opportunità per i giovani in materia di istruzione e formazione professionale, così da agevolarne la mobilità nell’Unione europea e permettere di effettuare tirocini all’estero e ampliare competenze e occupabilità.
I programmi di mobilità e i vantaggi di un’esperienza di studio e lavoro all’estero devono essere a disposizione di tutti i giovani, indipendentemente dal tipo di istruzione scelto. Gioventù in movimento ha il potenziale per giungere al successo, ma deve anche tradursi in misure concrete che offrano vantaggi ai giovani.
Kay Swinburne (ECR) . – (EN) Signor Presidente, il mio collegio elettorale può vantare una lunga storia che unisce la promozione della lingua gallese nei confronti delle giovani generazioni a una folta schiera di talenti artistici e tecnici che hanno prodotto programmi animati come Sally Mally, Super Ted e Sam Tân. Quest’illustre tradizione è oggi rinvigorita da nuove produzioni quali Dr Who e Torchwood; il Galles sta quindi rapidamente acquistando fama di centro di eccellenza culturale per la produzione di film e programmi, e inoltre ospita nuove industrie creative come il settore dei giochi elettronici, che garantisce profitti notevolissimi.
Per mantenere questa felice condizione, occorre innanzi tutto fornire alle nostre industrie creative il sostegno loro necessario per continuare a crescere. Dobbiamo impegnarci a sfrondare gli ostacoli amministrativi che tutte le piccole imprese devono superare, e vagliare i metodi che consentirebbero di trarre un concreto valore aggiunto dal mercato unico tramite la cooperazione in materia di diritti di proprietà intellettuale, il brevetto europeo e il completo sfruttamento del potenziale dell’agenda digitale; infine, naturalmente, occorre eliminare le incoerenze dell’attuale legislazione dell’Unione europea, tra cui quelle che si registrano nel campo dell’IVA.
Il bilancio dell’Unione va utilizzato in maniera produttiva per trasformare l’immenso tesoro di energia creativa che ci circonda in imprese capaci di creare autentica ricchezza, produrre occupazione sostenibile e garantire un futuro di ricchezza e prosperità alle popolazioni del Galles e di altri paesi.
Helga Trüpel (Verts/ALE) . – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, il dibattito in cui siamo impegnati questa mattina verte in realtà sul significato della cultura nei vari settori della politica – politica estera e politica economica, politica dell’istruzione e politica sociale – e tutti sappiamo bene che un impegno più serio nei confronti della cultura va a vantaggio di tutti. L’esplosione della democrazia nei paesi arabi non sarebbe possibile senza questo desiderio culturalmente radicato di apertura, di diversità culturale, di democrazia e di libertà di stampa.
Le industrie creative sono una parte importante della politica economica. Nel mio paese – la Germania – il settore creativo conta più posti di lavoro di quello automobilistico: un aspetto da non dimenticare. Di conseguenza, questo settore rappresenta una parte importante della strategia Europa 2020. Il punto che mi sta maggiormente a cuore è però il seguente: se desideriamo irrobustire le industrie creative dobbiamo lavorare soprattutto sullo sviluppo digitale. Come sappiamo, i produttori di contenuti creativi sono precisamente la base della catena del valore nel settore culturale. Da un lato, quindi, abbiamo un forte interesse a incoraggiare la diversità culturale e i talenti creativi e ad agevolare l’accesso online ai contenuti creativi. Allo stesso tempo, tuttavia, desideriamo che gli artisti ricevano una remunerazione adeguata, cosa che non sempre avviene nell’odierno mondo digitale. Occorre quindi modificare il diritto contrattuale per rafforzare il potere negoziale degli artisti; e bisogna anche sviluppare nuovi modelli sociali che garantiscano un equilibro corretto tra agevole accesso degli utenti e adeguata remunerazione dei creatori di nuovi contenuti.
Un’ultima osservazione: se Sarajevo diventasse capitale europea della cultura per il 2014, ciò costituirebbe un successo storico per l’Europa e avrebbe grande valore simbolico.
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Paul Murphy (GUE/NGL) . – (EN) Signor Presidente, la relazione su Gioventù in movimento contiene alcuni spunti validi, come la richiesta che la crisi non venga tolta a pretesto per tagliare le spese destinate all’istruzione. La relazione accetta però il processo di Bologna, che ha stretto la morsa delle grandi imprese e inasprito il processo di mercificazione dell’istruzione.
Il relatore osserva che le università ricevono fondi insufficienti, e le invita perciò a cercare di attrarre finanziamenti supplementari da fonti private. La risposta all’insufficienza di fondi non può essere però il coinvolgimento del settore privato, con tutti gli effetti di distorsione che ciò provoca sull’istruzione, o l’imposizione di rette che impedirebbero l’accesso di centinaia di migliaia di studenti in tutta Europa; occorrono invece investimenti statali che forniscano a tutti i livelli un’istruzione dotata di fondi adeguati. Inoltre, a causa della brutale austerità oggi vigente, in molti paesi per i giovani è praticamente impossibile ottenere un lavoro decoroso dopo aver lasciato gli studi. In Irlanda un quarto dei giovani è oggi disoccupato e ogni settimana emigrano mille persone; per molte famiglie irlandesi, quindi, il concetto stesso di Gioventù in movimento ha un significato ben diverso. L’attuale crisi di disoccupazione si può risolvere solo con massicci investimenti statali miranti a creare posti di lavoro decorosi.
Derek Roland Clark (EFD) . – (EN) Signor Presidente, nel momento in cui governi e cittadini responsabili vigilano sull’impiego dell’ultimo penny, la Commissione propone spese ulteriori – la carta Gioventù in movimento, il passaporto europeo delle competenze, l’osservatorio europeo dei posti vacanti – tramite Europa 2020, a fini di diplomazia culturale e per convincere i giovani a viaggiare; cosa che peraltro fanno già, girando il mondo con lo zaino in spalla di propria iniziativa. A che servono costose promozioni?
Quanto alla diffusione della cultura europea cercate di fare del vostro meglio, perché grazie alle follie dell’Unione europea di questa cultura presto non resterà nulla se non un insensato slogan ripetuto all’infinito: “Uniti nella diversità”. Ma non capite che l’Europa non è un unico Stato, bensì un vasto e splendido arazzo di motivi affascinanti, distinti ma armoniosi, e che amalgamarli significa ridurli a una massa grigia e indistinta, e distruggere alla fine proprio ciò che dite di ammirare?
Non propagandate una cultura dell’Unione europea; mettete la cultura italiana, quella tedesca, francese, olandese, britannica e tutte le altre a disposizione di coloro che vogliono provarle, e il resto verrà da sé.
Marielle Gallo (PPE) . – (FR) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, con la digitalizzazione dei beni culturali e artistici si pone, mi sembra, la domanda seguente: l’Europa è destinata a diventare una terra di consumo per gli Stati Uniti, e presto anche per i paesi emergenti, oppure intende finalmente svegliarsi e destinare risorse allo sviluppo del proprio potenziale informatico, culturale ma anche economico?
Sono assolutamente convinta, è ovvio, che la cultura europea risplenda per ricchezza e diversità, ma oggi parlo dal punto di vista della competitività per condannare una tesi insensata e assurda. L’assurdità è quella del carattere gratuito dei servizi, la chimera sognata da alcuni per cui tutto dovrebbe essere disponibile gratuitamente; se proseguissimo su tale strada, in questo settore non vi sarebbero più investimenti. Creatori e inventori non potrebbero ricevere una remunerazione equa e gradualmente sparirebbero. Di conseguenza, i modelli economici che cerchiamo di impiegare per la circolazione online del nostro patrimonio culturale escludono i servizi gratuiti.
L’assurdità sta nell’imposta applicata ai beni culturali smaterializzati sotto due aspetti. In primo luogo c’è una distorsione IVA derivante dai paesi in cui ha sede l’attività; per esempio, le piattaforme americane godono di una moratoria fin dal 1998, e questo ne ha innescato lo straordinario sviluppo. In secondo luogo, si osserva una discriminazione nelle aliquote IVA che penalizza i beni digitali rispetto a quelli materiali. A mio avviso dobbiamo affrontare questi due problemi sul piano legislativo.
Maria Badia i Cutchet (S&D) . – (ES) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, anch’io apprezzo l’opportunità offertaci da questo dibattito con l’esame di quattro relazioni che andremo a votare alla fine della seduta di questa mattina. Si tratta di relazioni che affrontano nodi cruciali per una possibile soluzione dei più gravi problemi dell’Unione europea: l’abbandono scolastico, la disoccupazione giovanile, la crisi economica e i movimenti migratori.
A questo proposito, parto da un breve commento sull’istruzione durante la prima infanzia. Come ha osservato l’onorevole Honeyball si tratta di un problema che finora non ha ricevuto l’attenzione che merita. Sappiamo – e ogni giorno nuovi studi lo confermano – che proprio durante la prima infanzia le nostre capacità cognitive ed emotive conoscono lo sviluppo più intenso; proprio per questo, tutti gli studi affermano unanimi che gli interventi nei primi anni di vita producono risultati assai migliori di quelli successivi. È giunto quindi il momento di concentrarci – oltre che sugli studi universitari o sulla formazione professionale, come abbiamo fatto sinora – sull’apprendimento durante la prima infanzia.
Un’altra relazione a mio avviso importantissima è quella su Gioventù in movimento, che ha tra gli obiettivi principali quello di lottare contro l’abbandono scolastico. Si tratta secondo me di un problema strettamente collegato a quello della disoccupazione giovanile, all’elevatissima percentuale di disoccupazione che registriamo nell’Unione. Dobbiamo offrire risposte per il futuro di questi giovani, che rappresentano il futuro dell’Unione europea.
Concludo con un cenno alla relazione sulla dimensione culturale delle azioni esterne dell’Unione europea, sottolineando l’importanza della cultura nel quadro delle nostre politiche di cooperazione. È importante instaurare una miglior comprensione reciproca con i paesi terzi; soprattutto in questo periodo di forte turbolenza ai nostri confini meridionali, sarebbe a mio avviso saggio e importante dare una risposta a questi problemi.
Marietje Schaake (ALDE) . – (EN) Signor Presidente, “se vuoi sapere dov’è l’inferno chiedilo a un artista; se non riesci a trovare un artista, allora saprai di essere all’inferno”. Questa citazione di un anonimo di Sarajevo, a mio avviso, esprime sinteticamente l’importanza delle arti e della cultura non solo per le società aperte, ma anche per quel che riguarda i nostri rapporti con il resto del mondo. La Bosnia-Erzegovina e la sua capitale Sarajevo rappresentano uno dei buchi neri della carta geografica d’Europa; le ragioni stanno nella nostra storia, ma ora è giunto il momento di guardare al futuro.
La popolazione di Sarajevo è veramente giunta sull’orlo dell’inferno, soprattutto durante l’assedio subito dalla città, e le arti e la cultura hanno aiutato gli abitanti a sopravvivere. Mentre la città veniva bombardata l’orchestra continuava a provare, e il festival d’inverno proseguiva, con la sua ricchezza d’arte e di cultura. Sarajevo merita una primavera europea; la generazione seguente soffre ancora per le ferite inflitte dalla storia e noi, in quanto europei, abbiamo l’importante responsabilità di guardare al futuro insieme a quella popolazione e di inserirla nell’orizzonte europeo.
Sostengo senza riserve l’iniziativa dell’onorevole Pack, e chiedo al Parlamento di fare altrettanto e di compiere ogni sforzo per inserire Sarajevo tra le capitali europee della cultura. Se tutti lo vogliamo veramente, penso, dovrebbe essere certamente possibile; sarebbe infatti una delusione cocente se le nostre idee e il buon senso venissero sconfitti dalla burocrazia.
Paweł Robert Kowal (ECR) . – (PL) Signor Presidente, nella relazione Schaake mi sembrano particolarmente importanti le parti in cui si parla della necessità di accrescere la mobilità dei giovani dei paesi europei vicini. Da un lato ritengo che, per quanto riguarda l’attività culturale degli Stati membri, non sia necessario un eccessivo coinvolgimento dell’Unione europea, dall’altro, in considerazione degli eventi odierni che interessano la Tunisia, e di quelli verificatisi due mesi fa in Bielorussia, è importante che l’Unione europea, con il suo richiamo alla cultura, alla democrazia e allo Stato di diritto, si rivolga alla giovane élite dei paesi vicini, e reperisca i fondi necessari per scambi di giovani, corsi di studio comuni, viaggi, fondazione di università e sostegno ai programmi di insegnamento. Questi programmi esistono negli Stati membri, per esempio in Polonia, presso il Centro per gli studi est-europei dell’università di Varsavia. Questo dev’essere un esempio, e mi sembra positivo che l’onorevole Schaake ci indichi oggi questa direzione. Altrimenti, non riusciremo nel nostro intento.
Heinz K. Becker (PPE) . – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, cari ospiti presenti nella tribuna del pubblico, è per me – non più giovanissimo ma nuovo deputato di quest’Assemblea – un grande onore pronunciare il mio primo discorso in Aula.
Ritengo che l’iniziativa faro Gioventù in movimento, che fa parte del programma Europa 2020, rappresenti un obiettivo molto importante giacché favorisce l’accesso dei giovani al mercato del lavoro, rivolgendo particolare attenzione a due elementi. Oltre all’apprendimento nella prima infanzia, essa è rivolta in primo luogo a ridurre il tasso dell’abbandono scolastico e, in secondo luogo, ad accrescere il numero dei laureati. In seguito alle battute d’arresto provocate, in misura non trascurabile, dalla crisi economica, ma anche e soprattutto a causa delle carenze strutturali che in altri campi si riscontrano in molti – o piuttosto in quasi tutti – gli Stati membri, i paesi dell’Unione europea partono da precondizioni completamente diverse.
Consentitemi di portare l’esempio del mio paese: in Austria il tasso di abbandono scolastico è pari ad appena l’8,7 per cento, rispetto a una media UE che si aggira sul 14 per cento, e sarebbe certamente opportuno esaminare il duplice sistema di formazione professionale, che gode del sostegno delle parti sociali. Anche la Germania ha registrato successi importanti in questo settore. Prendiamo tale valore come parametro. La stessa Austria deve fissare un parametro da raggiungere, dato il numero troppo basso di laureati altamente qualificati che si registra nel nostro paese. In altri Stati membri il numero di laureati qualificati è considerevolmente più alto, e dobbiamo quindi studiarne i relativi sistemi. In questi settori, possiamo imparare molto l’uno dall’altro.
Gli insuccessi dimostrano chiaramente la necessità di agire: dobbiamo colmare rapidamente il divario tra il sistema educativo e il mercato del lavoro, e dobbiamo farlo in maniera efficiente.
Per concludere, vorrei porgere i miei più sinceri ringraziamenti all’onorevole Pack; sostengo senza riserve la sua iniziativa e affermo a mia volta che la designazione di Sarajevo quale capitale europea della cultura non è una deroga ma un dovere!
Presidente . – Onorevole Becker, non volevo interrompere il suo intervento dal momento che è la prima volta che lei parla in quest’Aula; le do il benvenuto e mi auguro che in futuro i tempi assegnati vengano rispettati. Le auguro inoltre il miglior successo nella sua attività di deputato del nostro Parlamento.
Cătălin Sorin Ivan (S&D) . – (RO) Signor Presidente, in alcuni paesi dell’Unione europea il tasso nazionale di disoccupazione è pari al 20 per cento, mentre il tasso di disoccupazione giovanile è del 40 per cento. E questo non vale soltanto per un paese, ma per moltissimi paesi, che registrano un tasso di disoccupazione giovanile doppio rispetto al livello nazionale medio.
Se parliamo di integrazione europea o del futuro di questi programmi e dei progetti che abbiamo elaborato, tutti questi giovani devono sentirsi europei, e poter avere un futuro entro i confini dell’Unione europea. Per questo motivo, quando menzioniamo il programma Gioventù in movimento, dobbiamo discutere del modo in cui garantire ai giovani l’accesso al lavoro e del futuro che i giovani avranno nell’Unione europea.
A mio avviso, le soluzioni che abbiamo trovato finora per questi problemi non sono sufficienti; dobbiamo quindi rivolgere maggiore attenzione al modo in cui gli Stati membri attuano i progetti e i programmi da noi elaborati. Ritengo che il ruolo della Commissione europea sia di incoraggiare un maggior numero di Stati membri a realizzare adeguatamente questi programmi, e a soddisfare le esigenze dei giovani.
Ivo Vajgl (ALDE) . – (SL) Signor Presidente, mentre le differenze culturali tra le nazioni spingono i burocrati a chiudere le frontiere – come abbiamo visto di recente in Danimarca – e a erigere muri, si preferisce risolvere i conflitti con le armi invece che con la comprensione e l’empatia. Mentre le opere d’arte diventano prodotti usa e getta, fonte importante di profitti, e mentre si creano monopoli globali e potenti, che dettano tendenze e valori, la relazione sulla dimensione culturale delle azioni esterne dell’Unione europea, nonché sulla dimensione culturale dell’intera Unione, giunge certamente più che opportuna.
La relazione illustra i diversi modi in cui la nostra immagine culturale comune e le opere d’arte delle piccole nazioni e degli Stati membri dell’Unione europea in contatto con le culture delle altre nazioni possono elevare lo standard del nostro dibattito pubblico e perfino favorire l’azione dei diplomatici e degli strateghi tesa a risolvere i numerosi punti di crisi, in patria e nel mondo. Nel corso di questo processo, rifiutandosi di rispettare i confini, i nuovi media e le nuove tecnologie stanno aprendo opportunità immense. Sarebbe stato opportuno che la relazione dedicasse qualche parola ai libri, per esempio all’idea che i libri non debbano essere assoggettati all’imposizione fiscale. Potremmo parlare di gestione culturale o riprendere l’idea di una capitale europea della cultura, proposta originariamente da Melina Mercouri. Onorevoli colleghi, signora Commissario, diamo una possibilità a Sarajevo!
Valdemar Tomaševski (ECR) . – (PL) Signor Presidente, l’educazione nella prima infanzia è uno dei doveri principali sia per i genitori che per lo Stato. In tale contesto, è opportuno, e anzi essenziale, che la risoluzione sottolinei la rilevanza delle lingue regionali e minoritarie. È particolarmente importante che l’insegnamento si svolga nella lingua madre degli allievi, giacché è noto che la lingua in cui il bambino pensa è anche quella in cui egli assimila meglio le informazioni. È perciò inaccettabile che nelle scuole per le minoranze nazionali autoctone, l’istruzione in una lingua diversa dalla lingua madre debba essere introdotta fin dal primo e secondo anno, come è stato recentemente deciso dal parlamento lituano. I polacchi, stanziati in Lituania da più di sette secoli, considerano l’introduzione obbligatoria dell’istruzione bilingue una discriminazione a cui è necessario porre fine.
Anna Záborská (PPE) . – (FR) Signor Presidente, sono desolata per le conseguenze del terremoto che si è abbattuto sul suo paese.
(SK) Mi congratulo con l’onorevole Honeyball per la sua relazione sull’apprendimento durante la prima infanzia. Dal testo risulta evidente l’impegno di superare i pregiudizi ideologici e trovare un compromesso tra i diversi gruppi politici, come è giusto e opportuno, dal momento che sono in gioco il benessere dei bambini e la famiglia. I genitori sono i principali responsabili dell’allevamento e dell’istruzione dei figli, come emerge dai riferimenti della relatrice alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia. La responsabilità dei genitori viene menzionata anche nella Dichiarazione generale dei diritti dell’uomo, secondo la quale i genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai figli.
Anch’io credo che gli investimenti nell’istruzione e nell’apprendimento durante la prima infanzia ci assicureranno un futuro di prosperità. È stato dimostrato che i bambini sviluppano le basi della responsabilità, della comprensione e del comportamento sociale già nei primissimi anni di vita. La relazione inoltre ribadisce che il modo migliore per prevenire la criminalità minorile è un’opera di assistenza a favore dei giovani; affronto dettagliatamente questi temi nella relazione sulla lotta alla criminalità minorile mediante le politiche sull’uguaglianza di genere e la responsabilità genitoriale.
Proprio come la relatrice, anch’io sono contraria ad aumentare artificiosamente e a qualunque prezzo il numero delle donne nel mercato del lavoro. Molte madri preferirebbero occuparsi dei figli, piuttosto che avere un impiego formale. Purtroppo non sono libere di scegliere, dal momento che la società attribuisce un valore assai scarso o nullo al lavoro che le donne svolgono in casa e con i figli. La relazione presentata non contiene alcuna proposta per quanto riguarda il valore finanziario che gli Stati dovrebbero attribuire al lavoro delle madri nell’allevamento e nell’educazione dei figli, almeno in proporzione al contributo degli Stati alla gestione dei servizi prescolari. Nell’insieme la relazione compie un passo nella direzione giusta, e i futuri sviluppi sociali ci obbligheranno a prestare maggiore attenzione a questo tema.
Chrysoula Paliadeli (S&D) . – (EL) Signor Presidente, l’iniziativa Gioventù in movimento intende favorire la mobilità dei giovani, soprattutto a fini occupazionali. Ma in tempi di crisi economica e di valori, la mobilità dei giovani non può servire esclusivamente a scongiurare la disoccupazione. Mentre i conservatori minacciano l’unità dell’Unione europea, come abbiamo sentito questa mattina, la mobilità dei giovani può costituire uno strumento importante per rafforzare la coesione europea. Le esigenze del mercato devono essere considerate un fattore secondario.
Le università tuttavia devono mantenere indipendenza e carattere pubblico, e i corsi devono mantenere un orientamento accademico basato sulla ricerca. L’istruzione superiore nell’Unione europea non deve limitarsi a riprodurre modelli che hanno generato la crisi e la perdita di fiducia, ma tendere alla creazione di nuovi standard di coesione sociale e collettività che le scienze umane e un sistema di classificazione universitario fondato su queste ultime possono sviluppare nella direzione giusta.
Sabine Verheyen (PPE) . – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, cari ospiti presenti nella tribuna del pubblico, la diversità culturale in Europa rappresenta un bene importante che dobbiamo preservare e sviluppare in futuro. Perché questo avvenga, dobbiamo raccogliere le sfide dell’era digitale, non solo nella società dell’informazione e della conoscenza, ma anche e soprattutto nel settore culturale e creativo.
La diversità culturale non è soltanto un ideale, ma anche un importante fattore economico. Circa cinque milioni di persone nell’Unione europea sono occupate nel settore culturale, il che corrisponde al 2,5 per cento circa della popolazione totale. Il settore culturale è un settore in crescita, che si sta sviluppando assai più velocemente di molti altri settori economici. Lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione è alimentato anche dal contenuto offerto dal settore culturale, giacché la natura e la qualità di tale contenuto sono mutate e si sono sviluppate grazie alla tecnologia. Abbiamo quindi bisogno di un contesto in cui il settore culturale e creativo possa svilupparsi in maniera sostenibile di fronte alle sfide dell’era digitale. È necessario un sistema moderno, accessibile e giuridicamente sicuro nel quale ognuno possa svilupparsi in condizioni paritarie.
Il settore culturale e creativo è un motore per l’Europa. Dobbiamo quindi concentrare la nostra attenzione su questo settore, anche per quanto riguarda l’istruzione e la formazione. Dobbiamo offrire ai giovani competenze culturali e creative, anche nell’ambito dell’apprendimento permanente. È ugualmente necessario migliorare le competenze economiche dei nostri artisti creativi, e dare loro una solida base nelle nuove tecnologie per quanto riguarda l’uso dei media.
Dobbiamo creare un contesto che permetta la sopravvivenza di coloro che sono impegnati nel settore culturale. È perciò necessario lavorare intensamente in materia di diritti d’autore, previdenza sociale e proprietà intellettuale, ma anche in relazione all’accesso all’informazione e ai contenuti, per garantire il continuo sviluppo del settore culturale e creativo del futuro in un ambiente digitale e mantenere la diversità culturale e il patrimonio culturale dell’Europa quale caratteristica distintiva dell’Unione europea.
Presidente . – Onorevole Verheyen, nel corso del suo intervento gli interpreti mi hanno fatto segno di non riuscire a seguirla. Non l’ho interrotta perché mi sembrava difficile farlo, e mi scuso con gli interpreti. Vorrei informarvi, onorevoli colleghi, che il sistema sta cambiando, e quindi il segnale di avvertimento non arriverà più al Presidente, ma a ognuno di voi mentre parlate. In questo modo potrete vedere direttamente se gli interpreti hanno difficoltà a seguirvi.
Barbara Matera (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, "Bella la vita, amore mio. Ti affacci al mondo ed è già tuo." Le prime righe di una semplice poesia rivelano la grandezza della vita e ci responsabilizzano rispetto al mondo che costruiamo per i nostri figli. Nella relazione presentata, la collega Mary Honeyball ricorda con puntualità che il futuro dei nostri bambini si caratterizza sin dai primissimi anni di vita, anni in cui le istituzioni devono assumere un ruolo fondamentale per una corretta crescita.
Condivido tutti i passaggi della relazione: dall'importanza di recuperare non solo una responsabilità degli Stati e dell'Unione negli interventi a favore dell'apprendimento iniziale dei bambini, ma anche la rivendicazione di un ruolo che non può essere solo delegato ai genitori e agli operatori del settore. Come sostegno sempre in sede di commissione FEMM, alla povertà di genitori segue la povertà dei figli. E i bambini hanno diritto a ricevere assistenza e servizi dallo Stato membro e dall'Unione. Per vincere la povertà, l'esclusione sociale e l'analfabetismo è necessario seguire i bambini sin dai primi passi.
Per questo occorre investire nella cura e nell'educazione della prima infanzia e monitorare i servizi erogati e la professionalità degli operatori. Occorre che tutti i bambini possano accedere all'istruzione senza distinzioni di ceto, garantendo altresì questa opportunità ai figli dei richiedenti asilo, dei profughi e di tutti coloro ai quali è permesso risiedere, anche temporaneamente, all'interno dell'Unione.
La collega punta sulla ricerca e sullo scambio delle best practices, sul corretto utilizzo dei Fondi strutturali e dei programmi come Comenius e, infine, sulla necessità che gli Stati recuperino il loro ruolo centrale nei primi anni di apprendimento dei bambini, così da garantire obiettivi di crescita intelligente, inclusiva e sostenibile.
Olga Sehnalová (S&D) . – (CS) Signor Presidente, la relazione sull’apprendimento durante la prima infanzia non è né può essere un tentativo di accordo unitario su una questione estremamente individuale. La considero tuttavia un importante contributo al dibattito su obiettivi e valori europei comuni nell’istruzione prescolastica. La ricerca in questo settore sottolinea il ruolo significativo che i servizi prescolastici svolgono per un sano sviluppo dei bambini e la loro integrazione nella società. Sembra infatti che l’istruzione prescolare abbia un effetto positivo anche sulla successiva istruzione del bambino, e che gli investimenti nell’apprendimento della prima infanzia nel senso più ampio del termine siano più efficaci di qualsiasi altro intervento successivo. È perciò nel nostro stesso interesse sostenere questo tipo di istruzione, anche al fine di raggiungere, tra l’altro, gli obiettivi della strategia UE 2020 e di aumentare il numero di cittadini provvisti di un alto livello di istruzione universitaria, riducendo al contempo il numero di coloro che non hanno completato gli studi. Un’istruzione prescolastica di elevata qualità può avvicinarci sensibilmente a questi obiettivi, forse anche più di quanto siamo disposti ad ammettere oggi.
Roberta Angelilli (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero anzitutto ringraziare la collega Honeyball per il lavoro svolto. La garanzia per tutti i bambini di servizi di educazione e di assistenza alla prima infanzia deve diventare un diritto sia per i genitori, in particolare per le mamme, ma soprattutto proprio per i bambini, perché significa porre solide fondamenta per la loro formazione e favorire l'integrazione sociale, lo sviluppo personale e la possibilità di trovare un lavoro una volta raggiunta l'età adulta.
Più in generale – com'è stato ribadito da altri colleghi – la comunicazione della Commissione europea sul programma dell'Unione europea per i diritti dei minori dichiara che, nel 2009, hanno abbandonato il sistema scolastico formativo oltre 6 milioni di giovani, dopo aver completato a malapena il ciclo secondario inferiore, e di questi il 17,4 percento si è fermato alle scuole primarie. Questi dati sono sconfortanti e ci inducono a pensare che il sistema scolastico ed educativo viene spesso trascurato e privato di adeguati investimenti.
Investire sulla qualità dell'istruzione già a partire dai primi anni di vita rappresenta non solo un essenziale punto di partenza per lo sviluppo cognitivo, sensoriale e anche motorio del bambino, ma altresì il presupposto per la creazione di una società inclusiva e ricca di opportunità per le future generazioni.
Inoltre, l'aumento qualitativo e quantitativo di asili nido e di strutture per la prima infanzia – così come previsto negli obiettivi fissati nelle conclusioni del Consiglio europeo di Barcellona – consente ai genitori lavoratori di poter conciliare vita familiare e vita professionale. Purtroppo però dalle statistiche risulta che gran parte degli Stati membri sono ancora molto lontani dal raggiungimento di questi obiettivi.
Nessa Childers (S&D) . – (EN) Signor Presidente, Gioventù in movimento contiene molte iniziative incoraggianti, che comprendono, in particolare, i piani per le agevolazioni creditizie agli studenti europei, la Garanzia europea per la gioventù, che si propone di garantire formazione od occupazione ai giovani entro quattro mesi dal momento in cui lasciano la scuola, e il piano Youth at Work, annunciato di recente, concepito per realizzare contatti tra giovani e imprese.
Mi sento obbligata tuttavia a esprimere una certa cautela. Nel 2010, gli Stati membri dell’Unione europea hanno raggiunto soltanto uno dei cinque parametri fissati per l’istruzione, e questo non fa ben sperare per Europa 2020. Se si vuole che Gioventù in movimento abbia successo, la sua attuazione e i suoi progressi dovranno essere oggetto di un rigoroso monitoraggio sul campo e da parte dei deputati di quest’Assemblea nei rispettivi collegi elettorali.
Piotr Borys (PPE) . – (PL) Signor Presidente, la discussione odierna è una delle più importanti e significative tenute in seno al Parlamento europeo, giacché riguarda l’intero settore della cultura e dell’istruzione e quindi le fondamenta della nostra grande casa europea. Dobbiamo ricordarcene, e attribuire quindi una grande importanza alla discussione, tenendo presente che le risorse di cui disponiamo non sono inesauribili. Dobbiamo essere consapevoli del fatto che per essere forte la grande casa europea ha bisogno di solide fondamenta, ed essere capace di resistere alle altre potenziali crisi e forse ai grandi cambiamenti che non possiamo escludere e che potrebbero attenderci in futuro.
Ringrazio perciò tutti i relatori per le ottime relazioni che sono state presentate, in particolare gli onorevoli Zver e Honeyball, perché per la prima volta adottiamo un approccio globale all’istruzione. Vogliamo dare ai nostri bambini competenze a tutto campo, dalla prima infanzia fino all’istruzione universitaria. Se oggi vogliamo una società europea mobile e giovani aperti, sensibili e competenti, dobbiamo assumere un approccio responsabile nei confronti dell’intero settore dell’istruzione; in effetti gli indicatori attualmente disponibili sono estremamente bassi, e quindi fonte di preoccupazione. Un terzo dei cittadini europei non dispone di alcuna qualifica professionale.
Per quanto riguarda la dimensione culturale, ringrazio la signora Commissario per averci informato che il servizio europeo per l’azione esterna avrà ambasciatori e addetti culturali in tutti i paesi del mondo. Ringrazio altresì l’onorevole Sanchez-Schmid, perché sostenere la cultura significa sostenere le aziende connesse alla cultura, ma soprattutto sostenere l’aspetto più interiore della cultura stessa. Per questo motivo le imprese culturali hanno bisogno di sostegno amministrativo, di uno snellimento burocratico dei sistemi amministrativi e infine di sostegno nella raccolta di capitali, che potrebbero anche giungere dai fondi dell’Unione. Questa è la nostra missione comune, ed è il motivo per cui, nel chiudere il mio intervento, chiedo alla signora Commissario di riferire questa importante e seria discussione al Consiglio, che oggi non era presente in Aula, affinché anche in seno al Consiglio si possa discutere di questi importanti compiti che si pongono all’Europa.
Monika Smolková (S&D) . – (SK) Signor Presidente, in qualità di relatrice ombra della commissione per lo sviluppo regionale per la relazione su “Le industrie culturali e creative, un potenziale da sfruttare”, mi sembra importante che sia stato riconosciuto il ruolo di strumento di sviluppo locale e regionale svolto dalle industrie culturali e creative. Molte regioni segnano ancora il passo – per parecchi motivi, tra cui la crisi finanziaria – e i progetti culturali e creativi contribuiranno certamente a creare posti di lavoro e a rendere competitive queste regioni.
È importante che Stati membri, regioni e autorità locali sfruttino al meglio i programmi dell’Unione europea per sostenere la cultura e la creatività, la coesione politica, la politica strutturale e altre iniziative. La definizione delle opzioni di finanziamento è importante per le industrie culturali e creative. Per molte aziende, il finanziamento rappresenta l’ostacolo principale alla crescita; di conseguenza è ugualmente importante apportare capitali privati e partenariati pubblico-privato nella cultura e nelle industrie creative, come chiede la relatrice, e sottolineare l’importanza della sponsorizzazione. Sostengo la proposta di risoluzione.
Seán Kelly (PPE) . – (GA) Signor Presidente, mi sembra molto positivo che questa mattina sia in discussione un tema di così grande rilevanza, a dimostrazione del gran conto in cui teniamo la cultura e l’istruzione.
(EN) Cultura e istruzione sono intrinsecamente preziose. Entrambe hanno un ruolo molto importante da svolgere nella creazione di un’Europa unita e nello sviluppo futuro delle nostre economie, elementi che saranno favoriti dalle iniziative di cui stiamo discutendo questa mattina.
Gioventù in movimento è un’ottima iniziativa. Molti ne hanno già beneficiato e continueranno a beneficiarne in futuro, ma la cosa essenziale è il reciproco riconoscimento delle qualifiche e dei diplomi, che oltre a favorire una maggiore mobilità, innalzerà gli standard di tutte le istituzioni.
Devo quindi pronunciare un solenne mea culpa, e riconoscere che soltanto di recente mi sono convinto dell’importanza dell’apprendimento durante la prima infanzia. Come molti, anch’io pensavo che si trattasse essenzialmente di un servizio di baby-sitter, ma adesso ho capito che è il migliore investimento possibile, quello che garantisce i profitti più alti rispetto a quelli effettuati agli altri livelli di istruzione. Certamente riflette il detto irlandese “chi ben comincia, è a metà dell’opera”, ed è realizzabile nel corso della prima infanzia.
Vorrei inoltre ricordare l’importanza dei diritti di proprietà intellettuale (DPI), in particolare per gli attori. Molti di loro vivono sulla soglia di povertà e meritano di beneficiare del proprio genio, e questo è certamente possibile tutelando i DPI nell’ambiente in linea e fuori linea.
Indosso quindi la mia veste di sportivo, per dire che lo sport costituisce una parte importante della cultura e dell’istruzione. Ho proposto di istituire un festival dello sport europeo; se riusciremo a organizzarlo, offriremo un considerevole contributo allo sport come parte della nostra cultura.
Per concludere ricorderò che l’anno scorso sono stato a Mannheim e ho scoperto una scuola di musica che comprendeva attività di produzione, spettacolo, educazione musicale, fabbricazione di strumenti e altro ancora, tutto in un’unica sede. Credo che sia un esempio da emulare anche altrove.
Enrique Guerrero Salom (S&D) . – (ES) Signor Presidente, mi consenta di unirmi alla solidarietà rivolta agli abitanti di Lorca, in Spagna, che sono stati colpiti da una calamità naturale. La popolazione di quelle terre ha dimostrato spesso la propria solidarietà e saprà quindi apprezzare quella espressa quest’oggi dal Parlamento europeo.
Signora Commissario, nel 1989 l’allora Presidente della Commissione, Jacques Delors, dichiarò che istruzione e cultura dovevano essere l’animo dell’Europa. Adesso sappiamo che esse non sono soltanto l’animo, ma anche il cuore e i muscoli dell’Europa. Senza le pari opportunità, che migliorano le opportunità di tutti i bambini e di tutti i giovani europei, senza la coesione sociale, che offre istruzione, senza la capacità di competere, che contribuisce a diffondere la conoscenza tra tutti i cittadini, l’Unione europea sarà debole. Con tutti questi fattori e con la cultura, occuperà il posto che merita nel mondo.
Emine Bozkurt (S&D) . – (EN) Signor Presidente, nel 2014 ricorrerà il centenario dell’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando, che scatenò la Prima guerra mondiale. Negli anni Novanta del ventesimo secolo, ancora una volta, la Bosnia-Erzegovina è stata teatro di una guerra sanguinosa in Europa. È importante ricordare questi eventi tragici, che hanno provocato morti e sofferenze, divisioni e orrori, ma ancora più importante è oggi ricordare e celebrare l’unità e la pace europea.
Sarajevo è una città che, nonostante il suo tragico passato, ha mantenuto il proprio spirito multiculturale e la propria forza. Se vogliamo riconoscerlo, dobbiamo fare un forte gesto simbolico: designare Sarajevo quale capitale europea della cultura 2014, per riaffermare il messaggio europeo di pace e stabilità. Sarebbe un peccato perdere quest’occasione storica per un pignolo omaggio alle norme. Soltanto guardando al passato, riconoscendo e affrontando la storia, potremo guardare al futuro con onestà; quindi vi prego, diamo questa possibilità a Sarajevo!
Kinga Göncz (S&D) . – (HU) Signor Presidente, in un’Europa che invecchia è essenziale che tutti i giovani sfruttino al meglio il proprio talento per poi avere successo nel mercato del lavoro. A tal fine si richiede un tipo di istruzione che, già nella prima infanzia, tenda a riequilibrare le opportunità e attribuisca particolare importanza all’istruzione, alla formazione professionale e ai vantaggi occupazionali per tutti i giovani, indipendentemente dalla situazione finanziaria, dalle origini sociali ed etniche, dalla disabilità o da altri problemi sanitari.
La strategia 2020 si propone di aumentare il livello di istruzione universitaria al 40 per cento e di ridurre il tasso di abbandono scolastico al 10 per cento. Per realizzare quest’obiettivo, ogni Stato membro deve muoversi in questa direzione. Vi sono luoghi in cui, oggigiorno, si osservano tendenze esattamente contrarie: l’abbassamento del limite di età per l’istruzione obbligatoria e la riduzione del numero di istituti di istruzione superiore finanziati dallo Stato.
In futuro la crescita sostenibile e la capacità innovativa dell’Europa si potranno garantire soltanto con l’ impegno di tutti, e se tutti i paesi seguiranno la stessa strada.
Francisco José Millán Mon (PPE) . – (ES) Signor Presidente, anch’io naturalmente desidero esprimere la mia solidarietà agli abitanti di Lorca.
In questa discussione sull’istruzione, vorrei ribadire un punto importante: la necessità di includere nei programmi della scuola secondaria una materia specifica che riguardi il contesto storico, gli scopi e le attività dell’Unione europea.
Sono già intervenuto in materia nel corso dell’ultima tornata, durante un’Assemblea plenaria, dopo il fallimento dei referendum sul trattato costituzionale. Fortunatamente l’anno scorso in quest’Aula la relazione Løkkegaard sul giornalismo e i nuovi media, approvata a settembre, ha sostenuto l’introduzione di questa materia nel paragrafo 13. Io stesso ho presentato un emendamento in proposito.
Recentemente in Spagna, il governo regionale di Valencia ha deciso di includere questa materia nel prossimo anno accademico, un’iniziativa che altri regioni e paesi dovrebbero seguire. A quanto mi risulta, la Commissione ovviamente sostiene e approva iniziative di questo tipo.
Onorevoli colleghi, noi valutiamo ed apprezziamo esclusivamente …
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Wojciech Michał Olejniczak (S&D) . – (PL) Signor Presidente, Gioventù in movimento è una delle iniziative più importanti della strategia Europa 2020. Dobbiamo promuovere una crescita economica basata sulle tecnologie moderne, che potrà essere opera solo di persone istruite. Dobbiamo offrire il sostegno necessario ai bambini e ai giovani: corsi di lingue straniere, attività sportive e culturali, attività di volontariato e scambi di giovani – si tratta di programmi che devono essere accessibili ai bambini e ai giovani di tutte le regioni dell’Unione europea.
Dobbiamo migliorare gli standard educativi e ridurre le disparità – a tutti i livelli dell’istruzione, dalla scuola materna all’università – in ogni regione dell’Unione europea. Secondo il professor Jacek Kochanowicz, la scarsa capacità di collaborazione è uno dei principali problemi per lo sviluppo della Polonia e dell’Unione europea, e anche questo deve cambiare. Il capitale umano è legato all’istruzione, e il capitale sociale è legato alla fiducia tra i cittadini. Investire nei programmi educativi e culturali ...
(Il Presidente interrompe l’oratore)
João Ferreira (GUE/NGL) . – (PT) Signor Presidente, innanzi tutto dobbiamo considerare il contesto nel quale si tiene questo dibattito. Dobbiamo confrontare con la realtà le belle parole pronunciate in questa sede sull’importanza della cultura e dell’istruzione. La realtà inconfutabile è quella di accentuati disinvestimenti in questi settori; l’arretramento dello Stato minaccia il suo ruolo sociale, ed esaspera le disuguaglianze che si riscontrano nell’accesso all’istruzione, alla conoscenza e alla cultura; di conseguenza aumentano e si approfondiscono le disparità sociali.
In Stati membri come il Portogallo, la realtà vede la chiusura di migliaia di scuole; migliaia di insegnanti senza lavoro o senza un lavoro sicuro e il cronico sottofinanziamento del sistema statale di istruzione superiore, con il conseguente incremento dei costi per gli studenti. La realtà è che i bilanci della cultura vengono ridotti all’osso.
Gli investimenti sono urgentemente necessari: questa è la realtà che non possiamo ignorare, tanto più se verrà attuato il piano d’intervento, vergognoso e oscurantista, preparato dal Fondo monetario internazionale (FMI), dalla Banca centrale europea (BCE) e dalla Commissione europea.
Nikolaos Salavrakos (EFD) . – (EL) Signor Presidente, vorrei esprimere tutta la mia solidarietà ai suoi connazionali; guardiamo alla Spagna con sentimenti di amicizia, e quindi in tragici eventi come questo esprimiamo un solidale cordoglio. La relazione su “Gioventù in movimento” è una delle iniziative più importanti della strategia UE 2020 per promuovere e offrire maggiori opportunità di istruzione e formazione ai giovani, e aiutarli nel passaggio dalla scuola al mercato del lavoro. L’istruzione, l’apprendimento permanente, l’innovazione e la cultura sono certamente fonte di progresso. Un proverbio greco dice che sono le teste a fare il capitale e non il contrario. Per questo dobbiamo individuare, evidenziare e sviluppare le competenze e le capacità dei nostri giovani; a questo scopo è necessario garantire loro un lavoro adeguato alle qualifiche e competenze di cui dispongono.
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Andrew Henry William Brons (NI) . – (EN) Signor Presidente, a mio avviso queste relazioni sono dense di paradossi nell’ipotesi migliore, e fitte di ipocrisia nell’ipotesi peggiore.
Si esprimono a favore della diversità, ma al contempo sostengono la necessità di sradicare ogni elemento di diversità tra le nazioni. La diversità che esse favoriscono negli Stati membri comporta la promozione della cultura degli immigrati arrivati di recente, che niente hanno a che fare con l’Europa. I cambiamenti che investono le popolazioni hanno effetti anche sulla cultura; le culture autoctone rischiano la disgregazione e la scomparsa. Le relazioni parlano di libertà di espressione, ma sono convincenti soltanto nella loro intolleranza verso coloro con cui non sono d’accordo.
Vogliono promuovere soltanto i valori culturali che approvano, quelli coerenti con i cosiddetti valori “europei”. Nella sfera politica, martedì abbiamo potuto constatare l’atteggiamento di questo Parlamento nei confronti della libertà d’espressione, quando ha votato per concedere alla Francia il diritto di allestire un processo farsa contro un deputato di questa Assemblea accusato di reato di pensiero, senza neanche dargli l’opportunità di difendersi.
Damien Abad (PPE) . – (FR) Signor Presidente, com’è noto oggi la situazione dei giovani in Europa è molto preoccupante, dal momento che si contano cinque milioni di giovani disoccupati.
Oggi mi congratulo con la Commissione europea che intende democratizzare l’accesso dei giovani in Europa. Ritengo necessario però andare al di là del programma Gioventù in movimento e soprattutto evitare di cadere nel tranello per cui tutti dovrebbero andare all’università. Dobbiamo rivolgerci a tutti i gruppi di giovani, anche a quelli più lontani dall’Unione europea, e in particolare, ovviamente, agli apprendisti. È in questo senso, credo, che dovremo realizzare un vero programma di mobilità per questi gruppi, oltre al programma Leonardo. A mio avviso il nome di Erasmus, il marchio Erasmus, si dovrebbero utilizzare per tutti i programmi, anche in forme diverse, soprattutto per gli apprendisti, in modo che la nostra ambizione corrisponda ai fini che ci proponiamo.
Passo adesso alla seconda questione, quella del finanziamento. Dobbiamo reperire le risorse necessarie affinché, come molti di voi hanno ricordato, la gioventù e l’istruzione siano la principale priorità per il futuro dell’Unione.
Luís Paulo Alves (S&D) . – (PT) Signor Presidente, oggi abbiamo l’occasione di assumere un impegno straordinario a favore della mobilità sociale dei giovani, un impegno decisivo per formare una generazione che abbia una visione aperta del mondo; una generazione dotata di competenze che, per mentalità e visione globale, sia capace di contribuire allo sviluppo delle regioni e al progresso europeo. Infatti, se tutti i giovani europei potranno vantare un’esperienza di studio, tirocinio o lavoro in un altro paese, non avranno soltanto acquisito indipendenza, visione e competenze migliori, ma avranno tratto un enorme valore aggiunto dai contatti con altri giovani europei e dal relativo scambio di esperienze.
Oggi più che mai, per portare avanti il progetto, l’Europa ha bisogno di una generazione di europei i cui rapporti reciproci siano fondati sulla conoscenza e la fiducia, che conosca l’Europa e abbia fiducia nell’Europa. Dobbiamo perciò consentire a tutti di partecipare, a partire da Fajã Grande nelle Azzorre, il punto più occidentale d’Europa. Nessuno deve rimanere escluso per motivi finanziari.
Jaroslav Paška (EFD) . – (SK) Signor Presidente, la relazione sull’apprendimento nella prima infanzia menziona, per i bambini delle famiglie più povere, l’approccio all’istruzione basato sull’esperienza di lavoro. La relatrice ricorda in modo particolare i bambini delle famiglie rom, il cui accesso ai servizi per la prima infanzia è estremamente limitato: essi appartengono infatti al gruppo maggiormente a rischio.
È perciò molto importante che gli Stati membri creino le condizioni necessarie per garantire l’apprendimento durante la prima infanzia ai bambini le cui famiglie, per varie ragioni, non offrono il tipo di sostegno materiale e familiare che consentirebbe loro di inserirsi nel sistema di istruzione standard senza particolari difficoltà. Ovviamente è necessario assicurare cure particolari e maggiore sensibilità ai bambini dei gruppi a più alto rischio, evitando di stigmatizzare questi bambini o le loro famiglie, perché altrimenti aumenterebbe il rischio di esclusione sociale.
Dobbiamo adeguare e perfezionare sistematicamente i meccanismi particolari di cura per questi bambini, per integrare con successo nella società il maggior numero possibile di bambini dei gruppi a rischio.
Franz Obermayr (NI) . – (DE) Signor Presidente, i primi tre anni di vita di un bambino sono cruciali per lo sviluppo cerebrale e per l’apprendimento del linguaggio. Senza un certo livello di acquisizione linguistica, il successivo apprendimento ben raramente è possibile, giacché con il passare degli anni i deficit di linguaggio si possono superare soltanto con gravi difficoltà.
La relazione osserva che il processo di istruzione di gran parte dei bambini immigrati nell’Unione europea avviene in assenza di adeguate competenze linguistiche. Allo stesso tempo, si afferma che, rispetto ad altre famiglie, le famiglie degli immigrati e delle minoranze come i rom utilizzano assai più raramente i servizi di educazione per la prima infanzia. Non possiamo permettere che il livello delle nostre scuole continui a scendere perché un gran numero di bambini non è in grado di comprendere l’insegnante. In altre parole, ogni bambino, immigrato o no, deve avere piena padronanza della lingua nazionale prima di cominciare la scuola, in modo da poter seguire il percorso di apprendimento.
Joanna Katarzyna Skrzydlewska (PPE) . – (PL) Signor Presidente, il lavoro compito per realizzare un quadro europeo per l’apprendimento nella prima infanzia, basato su valori e obiettivi comuni, ci indica la direzione giusta per armonizzare i nostri sistemi educativi. Nell’attuazione della strategia 2020 è essenziale sottolineare l’importanza dei primi anni di vita per il successivo sviluppo della persona, e mettere in evidenza il potenziale della prima infanzia. A mio avviso, il tema in discussione è di particolare rilevanza per la situazione attuale. Nel mio paese, il mese scorso è entrata in vigore una nuova legge sui vari servizi per bambini fino ai tre anni di età. La nuova legge amplia la gamma dei servizi per bambini e ne introduce di nuovi: associazioni per bambini, servizi di custodia diurna, assistenti all’infanzia e asili nel luogo di lavoro. Questi cambiamenti intendono creare le condizioni necessarie per favorire lo sviluppo del bambino. Le varie opportunità educative consentono di sostenere e stimolare tale sviluppo in tutti i settori, sfruttando al contempo il potenziale naturale del bambino. L’apertura di asili nei luoghi di lavoro favorirà il rientro dei genitori nel mercato del lavoro dopo una pausa di una certa lunghezza.
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Evelyn Regner (S&D) . – (EN) Signor Presidente, quando si accenna a Gioventù in movimento si parla di denaro, ma innanzi tutto si parla del futuro. Innovazione, creatività, occupabilità: sono temi veramente importanti per tutti noi cittadini dell’Unione europea. È positivo che la Commissione abbia rivolto la propria attenzione soprattutto al cruciale momento dell’accesso al mercato del lavoro, e anch’io vorrei fare altrettanto. Oggi i giovani devono far fronte a una ben triste realtà: le condizioni di lavoro del tirocinio sono pessime, per non parlare dello sfruttamento cui essi sono soggetti. E naturalmente, al momento di accedere al mercato del lavoro in presenza di tassi di disoccupazione così alti, un giovane spesso deve chiedersi con un senso di vergogna: “sono davvero necessario?”
Questo è l’ampio tema che mi proponevo di trattare; chiedo alla Commissione di non disperdersi, e di concentrarsi anche sul futuro, per creare qualche forma di statuto per i tirocinanti che impedisca lo sfruttamento...
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Androulla Vassiliou, membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, inizierò il mio intervento esprimendo la simpatia e la solidarietà della Commissione per gli abitanti di Lorca e del suo circondario. Quand’ero bambina la mia città natale fu investita da un fortissimo terremoto e quindi ho vissuto in prima persona la stessa terribile esperienza.
Noi europei non possiamo certo essere soddisfatti del nostro sistema scolastico; non possiamo accettare che un giovane su sette lasci la scuola senza le competenze e le qualifiche di cui avrà bisogno per trovare un lavoro e avere una vita ricca di soddisfazioni. Né posso accettare che un bambino su cinque non sia in grado di leggere correttamente.
Dobbiamo veramente impegnarci a favore dei nostri sistemi scolastici. Dobbiamo consolidarli migliorando i nostri programmi di mobilità, perché grazie alla mobilità giovani allievi, studenti, lavoratori e volontari possono acquisire quelle competenze trasversali che non ricevono dall’istruzione formale. I tagli ai bilanci dell’istruzione, a mio avviso, fanno parte di una politica estremamente miope. Ancora una volta chiedo agli Stati membri e ai governi di rinunciare ai tagli, soprattutto in periodi di crisi, perché avrebbero gravi ripercussioni sul futuro. Dobbiamo lavorare insieme affinché, nel prossimo quadro finanziario pluriennale, le risorse a favore dell’istruzione e della mobilità siano maggiori di quelle attuale, perché di questo abbiamo bisogno per uscire dalla crisi e dare fiducia ai cittadini.
Nel corso della discussione un deputato ha fatto riferimento alla sussidiarietà: vi posso assicurare che tutte le nostre politiche e tutte le nostre raccomandazioni sull’istruzione e la cultura riconoscono appieno le norme sulla sussidiarietà e le rispettano. Non intendiamo dettare alcuna imposizione agli Stati membri; ci limitiamo a formulare raccomandazioni. Offriamo loro una piattaforma per collaborare nello scambio di buone prassi, affinché ognuno possa imparare dalle esperienze altrui.
Le industrie culturali e creative sono importanti – molti di voi lo hanno ricordato – come motore della crescita economica e della creazione di posti di lavoro. Dobbiamo tuttavia ricordare che tali industrie hanno un valore intrinseco; creatività e cultura sono valori dell’Unione europea che abbiamo consolidato e dobbiamo mantenere. Dopo aver analizzato le informazioni che abbiamo ricevuto su questo tema da tutte le parti in causa, e dopo le consultazioni pubbliche con queste ultime, stiamo per presentare alcune raccomandazioni sul modo di rafforzare e sostenere le industrie culturali e creative affinché possano svilupparsi e produrre i risultati che ci aspettiamo da loro.
Per quanto riguarda la dimensione esterna della cultura – la cultura nelle relazioni esterne – credo che rientri tra le nostre responsabilità. Non dimentichiamo che abbiamo firmato e adottato la Convenzione dell’UNESCO sulla diversità culturale. Dobbiamo quindi collaborare con tutti i paesi che hanno adottato la Convenzione e garantirne l’attuazione. Vorrei sottolineare che gli scambi culturali con il mondo esterno sarebbero vantaggiosi non solo per questi paesi, ma anche per noi, poiché arricchiremmo la nostra cultura, le nostre conoscenze e i nostri valori a livello globale.
Infine, ho preso nota del forte sostegno da voi espresso a favore della designazione di Sarajevo quale capitale della cultura 2014.
Milan Zver, relatore. – (SL) Signor Presidente, la ringrazio per aver condotto la discussione con democrazia e generosità, consentendo così la partecipazione di molti colleghi. La qualità del dibattito è stata molto alta, e gli interventi si sono incentrati su un punto: vogliamo mantenere e rafforzare gli attuali programmi di mobilità che fanno parte dei programmi di apprendimento permanente e di Gioventù in movimento. Il nostro messaggio agli Stati membri è quindi il seguente: essi devono rivolgere maggiore attenzione alle politiche giovanili, che coprono settori diversi, e investire fondi più cospicui in tali politiche. Vogliamo anche che questa discussione generi un ulteriore beneficio; vogliamo che gli Stati membri continuino a riformare i propri sistemi scolastici e le proprie politiche sociali, come pure i mercati et similia.
Rispondo a un’obiezione che è stata sollevata durante la discussione. Il dossier Gioventù in movimento non annette grande importanza al mercato; in realtà volevamo evitare del tutto la questione, ma in varie occasioni abbiamo ricordato che i sistemi scolastici devono adattarsi alle esigenze della società e dell’economia, che è necessario ridurre questo ampio divario, per quanto possibile, e che i giovani devono poter accedere facilmente al mercato del lavoro. È interessante notare che, durante la preparazione della relazione, le organizzazioni giovanili hanno insistito proprio su questo punto.
Per concludere, vorrei formulare un appello: sfruttiamo tutta l’energia positiva del Parlamento europeo – tempio della democrazia europea – e della Commissione europea, e facciamo il possibile affinché questa relazione non rimanga lettera morta.
Mary Honeyball, relatore. – (EN) Signor Presidente, ringrazio tutti per la collaborazione e lo spirito costruttivo con cui è stato condotto il dibattito quest’oggi. La stragrande maggioranza di voi, con una o due eccezioni significative, si è detta favorevole alla mia relazione sull’apprendimento durante la prima infanzia e alle altre relazioni di cui abbiamo discusso oggi. A mio avviso siamo riusciti ad affermare con chiarezza e decisione che l’istruzione è fondamentale per il futuro, non solo per i bambini, per i bambini molto piccoli di cui ho parlato né soltanto per i giovani di cui ha parlato il collega, ma anche per il futuro dell’Europa. Sono quindi d’accordo con la signora Commissario: gli Stati membri devono continuare a investire nell’istruzione e non devono prendere a pretesto la situazione economica per giustificare i tagli, perché tagliare nel settore dell’istruzione sarebbe la soluzione peggiore.
Quando parliamo di istruzione, parliamo del nostro futuro: parliamo di un processo che formerà adulti occupabili, in buone condizioni fisiche, sani, che non rappresenteranno un onere per i nostri servizi sociali. Mi sembra un concetto ormai assimilato, un messaggio che dobbiamo inviare ai nostri Stati membri affinché possano esercitare la sussidiarietà, verificando che l’oggetto della nostra discussione trovi veramente un’attuazione pratica.
Marietje Schaake, relatore. – (EN) Signor Presidente, vorrei esaminare con voi alcune misure concrete che dovranno far seguito alla relazione sulla dimensione culturale delle azioni esterne dell’Unione europea, di cui abbiamo discusso questa mattina. Comincerò citando un diplomatico ungherese di stanza negli Stati Uniti, Simonyi, secondo il quale “il rock and roll, in termini culturali, era stato un elemento decisivo per mitigare il cupo clima delle società comuniste avvicinandole al mondo libero”. Se oggi guardiamo alle rivolte dei giovani in Nord Africa e in Medio Oriente, capiremo che la trasparenza di Internet rappresenta un elemento decisivo per accedere al mondo libero. Abbiamo bisogno di una strategia che favorisca la libertà di Internet, per sostenere la libertà d’espressione, la libertà di stampa, l’accesso all’informazione e l’accesso ai contenuti culturali ed educativi.
Questa è una priorità, ma ci sono molti altri suggerimenti concreti nella relazione, le cui basi sono già state gettate con il trattato di Lisbona e con la ratifica delle convenzioni dell’UNESCO. Adesso dobbiamo passare all’attuazione pratica.
Il servizio europeo per l’azione esterna deve coordinare il lavoro delle varie direzioni generali e istituire una direzione generale per la diplomazia culturale e digitale. Il personale del SEAE deve partecipare ad attività formative, e ogni rappresentanza dell’Unione europea ha bisogno di un addetto culturale. C’è bisogno di coordinamento, flessibilità e integrazione attraverso una task-force interistituzionale che riferisca al Parlamento europeo.
Chiediamo alla Commissione di adottare nel 2011un Libro verde, seguito da una comunicazione su una strategia di cooperazione culturale nelle azioni esterne dell’Unione europea. Chiediamo inoltre lo sviluppo delle capacità mediante il finanziamento di iniziative indipendenti dai governi, e vogliamo promuovere le attività culturali dell’Unione europea nel resto del mondo anche online.
Le componenti culturali dei programmi vigenti, come la politica europea di vicinato e lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani, vanno coordinate e dispiegate in maniera strategica. Dobbiamo inoltre proteggere e promuovere il patrimonio culturale, per esempio mediante il programma Blue Shield, e dobbiamo promuovere il dialogo con i paesi terzi in materia di politica culturale.
Bisogna garantire il rispetto dei diritti umani, senza che le argomentazioni culturali vengano prese a pretesto per giustificare le violazioni di tali diritti. Raccomando ai colleghi di leggere la relazione. Credo che il dibattito odierno dimostri la necessità di discutere ancora a lungo il tema della cultura nell’Unione europea.
Marie-Thérèse Sanchez-Schmid, relatore. – (FR) Signor Presidente, signora Commissario, dopo tutti questi interventi vorrei ringraziare i colleghi, i relatori ombra e i relatori per parere che hanno suggerito numerosi miglioramenti al testo su cui votiamo oggi.
Adesso vorrei guardare al futuro insieme a voi. Quale seguito vogliamo dare a questa relazione? Chiediamo alla Commissione europea di elaborare un Libro bianco, che faccia seguito al Libro verde, per fare il bilancio della situazione ed elaborare una vera strategia per le industrie creative e culturali. Attendiamo inoltre con impazienza la presentazione di proposte legislative sulla fiscalità dei beni culturali, sulla governance delle società di gestione collettiva e sugli stanziamenti di bilancio per i programmi relativi alla cultura, all’istruzione e ai media.
Dobbiamo tradurre le nostre ambizioni in misure concrete. Perché non introduciamo rapidamente la riduzione dell’IVA per tutti i prodotti culturali, indipendentemente dal fatto che utilizzino un supporto fisico o che siano online? Le disparità tra i sistemi impositivi generano distorsioni che invariabilmente danneggiano la competitività delle imprese europee. Gli americani godono da tempo di un vantaggio competitivo grazie a una moratoria fiscale su tali servizi. L’Europa reagirà? Perché non prevedere anche un prezzo unico per i libri digitali in tutta Europa? L’uomo politico francese Edouard Herriot ebbe a dichiarare: “La cultura è quello che rimane nell’uomo quando ha dimenticato tutto”. Ma la cultura può essere rapidamente dimenticata se rimane priva di protezione, vittima dell’incuria e del disinteresse.
Mi auguro che l’Europa sappia darsi i mezzi per promuovere la propria cultura, affinché il modello e il patrimonio culturale europeo possa esercitare una vera influenza e l’Europa possa difendere la propria identità e sviluppare la propria economia.
Presidente . – Comunico di aver ricevuto una proposta di risoluzione(1) ai sensi dell’articolo 115, paragrafo 5, del regolamento.
La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà oggi alle 12.00.
Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)
Elena Oana Antonescu (PPE) , per iscritto. – (RO) Il futuro dell’Unione europea passa per i giovani, il loro potenziale e la loro capacità di accogliere l’attuale progetto dell’Unione e trasferirlo in una nuova dimensione che preveda l’inclusione e la cooperazione tra gli Stati membri. Per garantire ai giovani di oggi la possibilità di diventare i cittadini europei di domani è necessario innanzi tutto che si conoscano reciprocamente; ciò significa consentire loro di entrare in contatto con il maggior numero di culture possibili a livello europeo, circolare liberamente e studiare in diversi Stati membri. Alla luce di tutto ciò, nei prossimi anni i programmi di apprendimento permanente, come Erasmus o Leonardo da Vinci, avranno bisogno di un più cospicuo sostegno finanziario da parte delle autorità. Nell’interesse dell’Europa, un crescente numero dei suoi allievi e studenti dovrà entrare in contatto con un nuovo modello educativo e culturale. A mio parere i programmi di mobilità rivolti ai giovani riusciranno a produrre un reale cambiamento nell’atteggiamento dei giovani europei e a creare una visione condivisa su ciò che rappresenta l’Europa, nei settori che vanno dall’istruzione alla scienza, dalla ricerca alla cultura, e in relazione ai nostri valori comuni.
Dominique Baudis (PPE), per iscritto. – (FR) Il messaggio di questa relazione è chiaro: l’Unione europea deve integrare una strategia culturale coerente e coordinata nella sua politica estera. I legami che uniscono in particolare l’Europa ai paesi del Mediterraneo meridionale sono in una fase di profondi mutamenti. Un vento di libertà soffia sul mondo arabo. La cultura è un valore importante, che gioca a favore di una democrazia vitale e duratura. Gli scambi culturali ed educativi incoraggiano la nascita di una società civile organizzata. Anche la cooperazione culturale è una delle chiavi del successo dell’Unione per il Mediterraneo, che intende promuovere la condivisione, l’interazione, il dialogo, il rispetto e la comprensione tra i popoli.
Sergio Berlato (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, nell'Unione europea, a partire dagli anni '90, si é registrata una crescita esponenziale delle industrie culturali e creative (ICC) in termini di creazione di occupazione e di contributo al PIL. Esse sono caratterizzate da una duplice natura: dal punto di vista economico contribuiscono a generare occupazione e crescita e, dal punto di vista culturale, forniscono un contributo all'integrazione sociale del cittadino. Il Libro Verde della Commissione europea riconosce ufficialmente l'importanza economica e sociale di tale comparto dell'economia. Tuttavia, mentre alcuni dei nostri partner internazionali già si avvalgono in grande misura delle molteplici risorse delle ICC, l'Unione europea non ha ancora sviluppato una strategia che ponga a suo fondamento le attività culturali. A mio avviso, le sfide della globalizzazione offrono a queste industrie importanti occasioni di sviluppo che sono suscettibili di aumentare il potenziale di crescita economica e occupazionale. Concretamente, al fine di consentire alle ICC di dare impulso alla coesione sociale e territoriale, sono necessari investimenti strategici, la collaborazione con gli attori locali, la trasmissione del know-how e lo scambio di buone pratiche. Inoltre, ritengo che una più incisiva tutela dei diritti di proprietà intellettuale rappresenti una condizione imprescindibile per salvaguardare le diversità culturali in Europa.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) La comunicazione della Commissione europea dal titolo “Cura ed educazione della prima infanzia” (CEPI) è certamente un’iniziativa apprezzabile, poiché esamina i problemi connessi all’educazione dei bambini e si propone di realizzare gli strumenti necessari per preparare i bambini al mondo di domani. A mio avviso tuttavia nel documento della Commissione mancano sia un’analisi di ricerca, sia i dati sull’educazione, la cura e la protezione sociale dei bambini, che considerino le informazioni relative a tutti i 27 Stati membri dell’Unione europea. Inoltre vorrei sottolineare lo stretto legame che esiste tra lo svantaggio socioeconomico e le opportunità di svolgere attività educative e scolastiche con bambini fin dalla prima infanzia, poiché è meno probabile che le famiglie a basso reddito utilizzino i servizi CEPI. Il risultato è che alcuni dei giovani appartenenti a questa fascia sociale non avranno un lavoro, non frequenteranno alcuna istituzione scolastica né alcun centro di formazione. Comprendo gli sforzi della Commissione, tesi a promuovere, tra gli Stati membri, lo scambio di buone prassi e politiche ricorrendo al metodo del coordinamento aperto, ma sarebbe assai più utile ed efficace definire e adottare criteri qualitativi comuni. In tal modo si favorirebbe la raccolta di dati e la valutazione comparativa in tutti gli Stati membri dell’Unione europea, perché la raccolta dei dati è particolarmente importante per osservare i progressi e misurare i risultati. Vorrei sottolineare la considerevole carenza di informazioni che riguarda i bambini delle famiglie con problemi sociali, i bambini con esigenze speciali e i bambini svantaggiati.
Zuzana Brzobohatá (S&D), per iscritto. – (CS) Questa relazione di iniziativa riguarda la mobilità dei giovani per l’apprendimento, sulla base della strategia 2020. È certamente giusto accrescere la competitività dei giovani creando le condizioni necessarie, nell’ambito dell’istruzione universitaria, affinché possano trascorrere almeno un anno in un altro Stato membro. La mobilità, un sistema che consenta il riconoscimento dei crediti e altre misure limiteranno l’aumento della disoccupazione tra i giovani, che oggi in Europa si aggira in media sul 21 per cento: una cifra veramente allarmante. Personalmente condivido l’appello alla Commissione e agli Stati membri concernente il sostegno al volontariato, e la necessità di introdurre nella legislazione quelle misure che consentirebbero di riconoscere a un disoccupato l’attività di volontariato come attività lavorativa. Soprattutto per i giovani una simile misura consentirebbe di consolidare l’abitudine al lavoro, favorendo una maggiore competitività e motivazione nella ricerca di lavoro. A mio avviso, è altrettanto importante istituire un rapporto permanente tra le esigenze del mercato del lavoro e l’istruzione professionale, un rapporto che da questo punto di vista deve essere estremamente flessibile, affinché i futuri laureati possano avere la migliore collocazione possibile sul mercato del lavoro, riducendo così il numero dei giovani disoccupati.
Ioan Enciu (S&D), per iscritto. – (RO) Intendo esprimere il mio più convinto sostegno a Gioventù in movimento, che si prefigge di migliorare i sistemi dell’istruzione e della formazione professionale in Europa. Mi sembra un obiettivo di fondamentale importanza, nell’intento di sviluppare politiche specifiche a sostegno della mobilità giovanile e di favorire un sicuro passaggio per i giovani dal mondo della scuola a quello del lavoro. Un fattore importante di cui si deve tener conto è che i giovani costituiscono uno dei gruppi sociali più duramente colpiti dalla crisi economica globale. Abbiamo il dovere di sostenere i giovani che accedono al mercato del lavoro, sia nel loro interesse che nell’interesse dell’economia europea. I giovani di oggi saranno i leader di domani; per questo è essenziale che essi abbiano l’opportunità di sviluppare ora competenze, abilità e conoscenze per contribuire attivamente, nel prossimo futuro, alla crescita e allo sviluppo dell’Unione europea. Dobbiamo gettare le basi delle politiche concrete che sosterranno i giovani e offriranno loro maggiore mobilità e l’opportunità di studiare all’estero. Il ruolo di questa mobilità non è soltanto quello di sostenere l’economia ma al contempo di fornire un importante contributo alla coesione culturale a livello europeo.
Kinga Gál (PPE), per iscritto. – (HU) La nostra discussione sull’istruzione e la cultura è importante, e vorrei aggiungere un elemento che finora è mancato alle numerose e rilevanti considerazioni che abbiamo ascoltato. La comprensione e il rispetto reciproci sono condizioni fondamentali affinché le comunità nazionali tradizionali, le minoranze e le maggioranze possano convivere in armonia e prosperità. L’istruzione qui svolge un ruolo essenziale. Se nelle scuole della maggioranza si insegnasse la storia e la letteratura delle comunità minoritarie, e se le istituzioni scolastiche delle minoranze cercassero di includere nei propri programmi di studio la cultura maggioritaria, la vita delle comunità che vivono l’una a fianco dell’altra sarebbe assai più armoniosa. Anche la formazione linguistica svolge un ruolo preminente nella comprensione culturale. Questo vale non soltanto per il processo di apprendimento delle varie lingue del mondo, ma anche nei rapporti tra maggioranze e minoranze che vivono fianco a fianco. Le minoranze devono studiare la lingua della maggioranza, ma è vero anche il contrario. Se fosse possibile esprimere liberamente il rispetto reciproco, la vita di ognuno di noi sarebbe più ricca. D’altro canto, il fatto di comprendere reciprocamente la lingua dell’altro, consentirebbe alle generazioni di crescere con un atteggiamento assai più positivo e di allacciare più facilmente i rapporti con i coetanei, e questo sarebbe decisivo per il futuro di queste regioni. Infine, vorrei ricordare l’importanza di una profonda comprensione del patrimonio culturale, affinché le comunità che vivono insieme possano riconoscere e rispettare i valori culturali reciproci. Credo che il compito concreto della Commissione sia quello di portare avanti tutte queste problematiche, mentre quello del Parlamento è di offrire un sostegno teorico e politico costante e coerente.
Filiz Hakaeva Hyusmenovа (ALDE), per iscritto. – (BG) I giovani rappresentano il futuro e l’elemento trainante di qualsiasi società. L’istruzione e la formazione professionale, le qualifiche e l’integrazione nel mercato del lavoro sono le basi per raggiungere gli obiettivi di Europa 2020: una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Per questo motivo sono fermamente convinta che l’Europa debba continuare a investire nello sviluppo dei giovani e che sia necessario potenziare e diffondere iniziative come Erasmus, Leonardo e Gioventù in movimento. Il miglioramento qualitativo dell’istruzione e della formazione, e delle opportunità di accedervi da parte dei giovani, rappresentano misure importanti per ridurre la disoccupazione e sviluppare l’economia europea. Purtroppo in Europa ci sono ancora regioni e gruppi sociali le cui condizioni limitano tali possibilità. Dobbiamo quindi coordinare gli sforzi per risolvere il problema. È ugualmente importante garantire una più stretta connessione tra l’istruzione e i programmi di formazione e le esigenze economiche, nonché stimolare il potenziale e la creatività dei giovani per renderli più competitivi sul mercato del lavoro. Condivido l’obiettivo di favorire la mobilità dei giovani, sia durante il percorso scolastico che in relazione alla vita professionale; mi sembra infatti che questa sia una condizione essenziale per sviluppare nuove competenze e sensibilizzarli in merito alla loro identità europea.
Filip Kaczmarek (PPE), per iscritto. – (PL) La dimensione culturale delle azioni esterne dell’Unione europea è importante ed estremamente necessaria. In tutto il mondo, la cultura europea viene considerata attraente e ricercata, mentre i valori europei vengono accolti con maggiore difficoltà. Nella mia veste di membro dell’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE, ho ripetutamente riscontrato differenze culturali e constatato le relative conseguenze.
Noi europei cerchiamo sistematicamente di promuovere valori e principi che riteniamo fondamentali e inalienabili, scontrandoci spesso con una scarsa comprensione dei nostri partner. Alcuni di loro infatti considerano il nostro atteggiamento una sorta di imperialismo culturale, e proprio per questo è così difficile convincerli del fatto che i valori sostenuti dall’Unione europea non sono un tentativo di imporre agli altri il nostro modo di pensare. Il tentativo di diffondere i nostri ideali, per esempio nel campo dei diritti umani, deriva semplicemente da un imperativo morale. Rispettiamo la differenza e la diversità, ma non possiamo rinunciare a principi che riteniamo fondamentali. Non siamo disposti ad accettare alcuna forma di discriminazione, né intendiamo rinunciare alla protezione della vita umana e della dignità umana. Su questo punto, l’Unione è unita e in piena sintonia.
Ádám Kósa (PPE), per iscritto. – (HU) Mi congratulo con l’onorevole Honeyball per la sua eccellente relazione, e per aver notato alcuni nodi cruciali che forse non avevano ricevuto la dovuta attenzione in passato. Tra questi, in particolare, la correlazione tra povertà, situazione svantaggiata e basso rendimento scolastico. Ricordo ai colleghi un’altra correlazione importante: la situazione di svantaggio è particolarmente accentuata qualora i genitori, non disponendo delle conoscenze adeguate, non siano in grado di comprendere né di accettare la disabilità del bambino. La relazione che sto preparando dedicherà particolare attenzione a questo problema. Il lavoro svolto dall’onorevole Honeyball e in particolare l’adozione di un approccio incentrato sul bambino costituirà in futuro un ottimo punto di riferimento. La proposta di relazione, che “richiama l’attenzione sull’importanza generale dello studio prima di accedere alla scolarizzazione, dando particolare rilievo all’apprendimento delle lingue, al multilinguismo e alla diversità linguistica”, riscuote il mio entusiastico e convinto sostegno. Ritengo infatti che sostenere precocemente lo sviluppo di bambini disabili e aiutarli ad acquisire competenze linguistiche adeguate sia un investimento fondamentale nelle risorse umane che rappresenta un’opportunità unica nella vita. È altresì importante, per sviluppare le competenze linguistiche dei bambini sordi, che essi apprendano innanzi tutto la propria lingua madre (il linguaggio dei segni) che consentirà loro di diventare veri poliglotti in futuro. Questo investimento ci permetterà di conseguire gli obiettivi della strategia UE2020 e di innalzare il livello occupazionale, realizzando una società più accessibile, inclusiva e sostenibile.
Paweł Robert Kowal (ECR), per iscritto. – (PL) Il sostegno alla mobilità giovanile, soprattutto per i giovani dei paesi del partenariato orientale e dell’Unione per il Mediterraneo, è particolarmente importante alla luce degli eventi che hanno recentemente investito la Bielorussia e il Nord Africa. I processi di trasformazione democratica che stanno interessando l’Egitto e la Tunisia si possono consolidare grazie agli sforzi con cui l’Unione europea cerca di educare i cittadini di questi paesi in uno spirito di democrazia e rispetto per lo Stato di diritto e i diritti umani.
Una popolazione istruita è il peggior nemico dei dittatori e dei regimi totalitari. Nell’organizzazione di questi programmi si può fare riferimento all’esperienza degli Stati membri dell’Unione europea. In Polonia, per esempio, c’è il programma di borse di studio Konstanty Kalinowski, che dipende, tra l’altro, dal Centro per gli studi est-europei dell’università di Varsavia – un centro internazionale di studi grazie al quale gli studenti dell’Est e dei Balcani possono studiare in Polonia. L’Unione inoltre deve intensificare i propri sforzi per istituire un’università del partenariato orientale sul modello dell’Università euromediterranea in Slovenia. L’Unione europea deve sostenere le iniziative dei giovani di talento per promuovere specifiche strategie politiche. Un buon esempio di tale attività è il sito web Eastbook.eu, i cui fondatori forniscono ogni giorno, a migliaia di utenti di Internet, informazioni sugli eventi dei paesi del partenariato orientale e sui progressi realizzati dal programma. L’Unione europea deve anche sostenere i giovani degli Stati membri che si recano nei paesi vicini per visite di studio, contribuendo così ad abbattere le barriere culturali. Colgo l’occasione per ricordare la lodevole iniziativa Eurobus – un viaggio in Ucraina organizzato ogni anno per i giovani degli Stati membri dell’Unione europea.
Elżbieta Katarzyna Łukacijewska (PPE), per iscritto. – (PL) L’approvazione di una nuova strategia dell’Unione europea, Europa 2020, che risale al giugno dell’anno scorso si propone di aiutarci a uscire dalla crisi economica e di contribuire all’ulteriore sviluppo dell’Unione europea. Rappresenta inoltre una misura significativa per mantenere e accrescere la mobilità giovanile.
Una delle priorità della strategia Europa 2020 è l’iniziativa Gioventù in movimento, che intende migliorare i risultati dei nostri sistemi scolastici e favorire l’accesso dei giovani al mercato del lavoro. Questo obiettivo, come dice il nome stesso dell’iniziativa, si raggiunge sviluppando il concetto di scambi di giovani e assistendo i giovani nell’acquisizione di nuove competenze. I dati statistici a nostra disposizione dimostrano che il 15 per cento dei giovani abbandona la scuola precocemente, e quindi dispone di qualifiche che non soddisfano le esigenze del mercato del lavoro. Inoltre, soltanto un terzo dei cittadini ha portato a termine l’istruzione superiore, una percentuale sensibilmente inferiore, per esempio, a quella degli Stati Uniti o del Giappone. Di conseguenza una delle questioni prioritarie dell’Unione europea è la necessità di investire tempo e risorse finanziarie in questi due problemi. La situazione però non migliorerà se la Commissione e gli Stati membri non seguiranno gli orientamenti contenuti nella strategia Europa 2020. La mobilità giovanile è uno strumento importante per l’ulteriore sviluppo europeo, e se aspiriamo allo status di economia più innovativa al mondo, non possiamo fare a meno di investire nel capitale umano, e soprattutto nei giovani.
Ramona Nicole Mănescu (ALDE), per iscritto. – (RO) Nel contesto dell’attuale crisi economica, l’Unione europea ha bisogno di una strategia globale basata sull’innovazione e la creatività, per favorire la crescita economica e la creazione di posti di lavoro. Proprio per questo dobbiamo promuovere le industrie culturali e creative. Credo perciò che l’Europa abbia bisogno di una più ampia distribuzione delle opere creative, cui si deve poter accedere liberamente online, senza dimenticare la necessità di proteggere gli artisti e le loro opere e garantire loro un’equa remunerazione. Su questa base, dobbiamo istituire un quadro legislativo capace di sostenere lo sviluppo di queste industrie e infondere fiducia nei consumatori e in quanti operano nel mercato digitale, giacché questo settore potrebbe favorire la creazione di nuovi posti di lavoro, e quindi beneficiare della diversità culturale dell’Unione europea e del suo potenziale innovativo. Allo stesso tempo, facendo leva sui benefici offerti dal mercato unico digitale, dobbiamo introdurre nuovi modelli economici a sostegno di queste industrie. Per concludere, credo che la relazione sia un primo passo verso lo sviluppo di questo settore. La Commissione e gli Stati membri devono intensificare gli sforzi per trasformare le industrie culturali e creative in un settore fondamentale per l’economia europea.
Iosif Matula (PPE), per iscritto. – (RO) Con mia grande soddisfazione, nell’ambito della strategia Europa 2020 si rivolge particolare attenzione ai giovani, in considerazione del cruciale nodo demografico che il nostro continente deve sciogliere. In tale contesto, l’iniziativa faro della Commissione europea Gioventù in movimento prevede misure concrete per innalzare il livello di istruzione e formazione professionale, anche attraverso la mobilità e un più facile accesso all’occupazione. Oltre alla riduzione dell’incidenza dell’abbandono scolastico e all’aumento della percentuale dei laureati entro il 2020, vorrei mettere in evidenza alcuni aspetti che possono offrire sostegno ai giovani. Il primo riguarda l’importanza di individuare programmi scolastici più flessibili che consentano di lavorare e studiare allo stesso tempo. Il secondo aspetto è il vantaggio di disporre di un sistema di mobilità virtuale per integrare la mobilità geografica. Un altro aspetto sta nel promuovere le borse di studio offerte agli studenti da aziende private. Il sostegno è altrettanto importante per le iniziative private per la gioventù, che possono favorire la creazione di posti di lavoro e, per estensione, l’integrazione sociale.
Alajos Mészáros (PPE), per iscritto. – (HU) La disoccupazione giovanile provocata dalla crisi economica investe con forza l’intera Unione europea, ma finora né l’Unione né gli Stati membri sono riusciti ad affrontarla nel modo più opportuno. La situazione occupazionale dei giovani dipende dalla generale politica economica; gli Stati membri quindi devono favorire gli investimenti e la creazione dei posti di lavoro. Purtroppo le misure di austerità che si fanno sentire anche in Ungheria e che colpiscono, tra l’altro, il sistema scolastico, nonché i tagli della spesa che si ripercuotono sulla creazione di posti di lavoro, non aiutano i giovani; anzi, il loro senso di isolamento dalla società e dal mercato del lavoro potrebbe costituire una minaccia di lungo periodo per l’economia. La crisi economica non deve giustificare i tagli alla spesa per l’istruzione, perché per contrastare gli effetti della crisi è necessario che i giovani ricevano un’istruzione qualitativamente migliore. Il successo e l’efficacia di Gioventù in movimento dipendono in larga misura dall’atteggiamento e dalle attività fondamentali degli Stati membri e dal sostegno finanziario che essi offrono all’attuazione di questi programmi a livello nazionale, per contribuire all’integrazione sociale dei giovani. Anche il ruolo svolto dalle istituzioni scolastiche locali, nonché dalle autorità locali e regionali nel settore dell’istruzione e della mobilità, è molto importante; per questo motivo ritengo essenziale favorire anche la mobilità degli insegnanti e degli operatori del settore della gioventù e dell’istruzione, poiché questi ultimi sono le persone in grado di motivare i giovani. Per raggiungere questi obiettivi a livello di Unione europea, sarebbe opportuno adottare un approccio di partenariato con le autorità locali e regionali.
Marie-Thérèse Sanchez-Schmid (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore di questa relazione che riafferma le nostre ambizioni per i giovani in Europa. La strategia Europa 2020 pone al centro dei suoi obiettivi l’istruzione dei giovani, e propone alcuni traguardi da raggiungere entro il 2020: ridurre la quota di abbandoni scolastici dal 15 per cento al 10 per cento e aumentare la quota di persone con istruzione postsecondaria dal 31 per cento al 40 per cento. C’è un punto che vorrei comunque ribadire: gli ostacoli alla mobilità dei giovani. Attualmente si stima che soltanto il 4 per cento degli studenti europei ottengano una borsa Erasmus nel corso della carriera scolastica. È ancora troppo poco, giacché è noto il valore che assume un curriculum con un anno trascorso all’estero in termini di apprendimento – in particolare apprendimento delle lingue straniere – di apertura e di competenze. Tre problemi possono spiegare tale percentuale: il fatto che molti studenti non siano neanche a conoscenza della possibilità di studiare all’estero, il costo di un anno di Erasmus per il bilancio di uno studente, e la complessità legata al riconoscimento delle competenze acquisite. Su tutti questi temi, l’Europa e gli Stati membri devono impegnarsi affinché il programma Erasmus, uno dei maggiori successi dell’Unione europea, divenga un successo per tutti.
Csaba Sógor (PPE), per iscritto. – (HU) L’obiettivo principale di Gioventù in movimento è di favorire la mobilità dei giovani e abbattere le barriere che ancora la ostacolano. Sono lieto che essa rivolga una particolare attenzione alla necessità di armonizzare l’istruzione e le esigenze del mercato del lavoro. Forse la principale preoccupazione dei giovani laureati di oggi è di non poter sfruttare le proprie competenze sul mercato del lavoro al compimento dei propri studi. Le allarmanti cifre della disoccupazione giovanile corroborano tale timore; gli effetti di questo fenomeno hanno un effetto domino, riducendo il desiderio di avere figli e allungando drasticamente i tempi di formazione della famiglia, con il conseguente consolidamento dei processi demografici negativi. Il problema ovviamente è noto sia a livello di Unione europea che di Stati membri. Ma la soluzione è essenzialmente nelle mani di questi ultimi, giacché solo gli Stati membri possono riorganizzare e riformare i sistemi scolastici nazionali e adattarli alle nuove realtà socioeconomiche. L’Unione europea ha il compito di istituire un quadro per tali processi e di evitare che gli Stati membri perdano di vista l’obiettivo originale; allo stesso tempo essa dovrà incoraggiarli e motivarli nell’attuazione di quelle riforme che, pur difficili da realizzare nel breve periodo, si dimostreranno certamente redditizie nel lungo periodo.
Bogusław Sonik (PPE), per iscritto. – (PL) In un momento di crisi economica, quando alcuni Stati membri stanno riducendo gli investimenti nell’istruzione e nella formazione, constato con soddisfazione che il Parlamento oggi ha adottato la relazione sull’iniziativa Gioventù in movimento.
Negli ultimi anni, gli effetti più gravi della crisi hanno colpito soprattutto i giovani. Il tasso di disoccupazione tra i giovani dell’Unione europea ha superato il 20 per cento, ossia il doppio di quello degli adulti, e in alcuni Stati membri ha raggiunto il 40 per cento. I tagli dei bilanci hanno un effetto diretto sulle prospettive e le opportunità di sviluppo dei giovani. Le conoscenze e le competenze dei giovani sono essenziali per realizzare uno sviluppo intelligente e sostenibile. Gioventù in movimento, l’iniziativa faro della strategia Europa 2020, deve proporsi di accrescere l’attrattiva dell’istruzione superiore in Europa, migliorare il livello qualitativo dell’istruzione e aumentare la mobilità di studenti e lavoratori. Questa iniziativa consentirà ai giovani di acquisire conoscenze e competenze essenziali per il lavoro e la vita – priorità e obiettivi che non si realizzeranno appieno se l’Unione non garantirà un sostegno finanziario di lungo periodo nell’ambito del proprio bilancio. È perciò di fondamentale importanza che il programma riceva sussidi cospicui, senza trascurare, al contempo, la necessità di continuare a promuoverlo e di mantenere un’adeguata politica di informazione.
Jutta Steinruck (S&D), per iscritto. – (DE) La relazione si occupa di una categoria di lavoratori troppo spesso trascurata. Che cosa sarebbe la cultura europea senza talenti creativi? Lo sviluppo delle industrie creative a livello economico non deve farci dimenticare coloro che operano in questo settore. Dal mio punto di vista di relatrice ombra per il mio gruppo in seno alla commissione per l’occupazione e gli affari sociali, la situazione sociale e le condizioni in cui vivono gli artisti creativi in Europa sono particolarmente importanti. Purtroppo, molti dei 5 milioni di persone che dipendono per la sopravvivenza dal settore creativo vivono in condizioni precarie. Il secondo e il terzo lavoro non sono infrequenti, poiché un lavoro spesso non basta per vivere. Molto frequentemente queste persone non sono coperte da alcun regime di assicurazione malattia o vecchiaia. I contratti sono perlopiù insicuri, e raramente i creativi sono in grado di pianificare la propria attività per più di due mesi. Inoltre, un equo livello di protezione sociale, con un’assicurazione adeguata in caso di disoccupazione, malattia e vecchiaia deve diventare una prassi standard anche per coloro che lavorano nel settore creativo. Constato con estremo piacere che su questo punto la relatrice ha adottato la posizione della commissione per l’occupazione e gli affari sociali e l’ha inclusa nella relazione. È giunto il momento che la Commissione e gli Stati membri pongano rimedio a questi deficit sociali e promettano ai molti talenti creativi europei che i creativi in Europa non dovranno vivere come paria.
Emil Stoyanov (PPE), per iscritto – (BG) Mi congratulo con la relatrice per l’ottimo lavoro e per la costruttiva cooperazione che ha caratterizzato questa relazione. Vorrei sottolineare ancora una volta il grande potenziale economico e culturale nonché la natura, unica nel suo genere, delle industrie creative; esse si collocano infatti in una posizione molto delicata, tra le aziende tradizionali e la creazione di prodotti culturali. È gratificante constatare che anche nelle attuali circostanze, questo settore è uno dei più dinamici e innovatori in Europa. Un altro punto che vale la pena di ricordare è che esso dispone di un considerevole potenziale di crescita, ed è un’importante fonte di occupazione, dal momento che nell’Unione europea dà lavoro a circa 5 milioni di persone. Purtroppo la proposta con cui chiedevo alla Commissione europea e agli Stati membri di discutere l’opportunità di istituire fondi speciali europei e nazionali, che avrebbero fornito le risorse per offrire prestiti agevolati a queste industrie, è stata respinta con un margine ristretto durante la votazione in seno alla commissione per la cultura e l’istruzione. Sono fermamente convinto tuttavia che questa mia idea si concretizzerà e verrà adottata nel prossimo futuro. Mi sembra estremamente importante per il sostegno e lo sviluppo delle industrie culturali e creative perché, dal momento che non sono propriamente attività commerciali, esse hanno bisogno di finanziamenti agevolati che le banche oggi non possono offrire alle normali condizioni previste per le altre industrie.
Rafał Trzaskowski (PPE), per iscritto. – (PL) Il Parlamento europeo chiede un’azione specifica, affinché la Commissione europea riconosca il settore creativo come uno dei settori più produttivi dell’economia dell’Unione e consideri il suo sviluppo una priorità assoluta. A questo scopo vogliamo in primo luogo accrescere le possibilità di finanziare il settore creativo, quale pilastro di crescita economica intelligente, dal bilancio dell’Unione. È possibile infatti creare sinergie tra i programmi dell’Unione a sostegno della cultura, come Cultura 2007-2013 per esempio, e i programmi di ricerca dell’Unione (come l’ottavo programma quadro, che sostiene lo sviluppo tecnologico dell’Unione europea), oppure ampliare le opportunità di spesa dai fondi esistenti (come per esempio il Fondo sociale europeo). Raccomandiamo inoltre di sostenere lo sviluppo di strumenti finanziari nuovi e innovativi (compilazione di garanzie bancarie, anticipi rimborsabili e finanziamenti intelligenti), grazie ai quali sarebbe più facile per i creatori o le piccole e medie imprese del settore creativo avviare un’impresa. Ovviamente il denaro non è tutto. Tra le altre cose, proponiamo di rafforzare la cooperazione tra i settori culturali e creativi e le università europee, aumentando il numero dei corsi di formazione specialistici per i giovani, e incoraggiando la mobilità di tutti i creatori e degli intellettuali. A questo scopo, intendiamo creare una piattaforma plurilingue in Internet che verrebbe utilizzata per favorire lo scambio di esperienze tra creatori e, di conseguenza, per instaurare una rete di contatti ancora più salda fra tutti coloro per cui lo sviluppo dell’industria creativa in Europa è importante.