Salvatore Iacolino (PPE). – Signora Presidente, non v'è dubbio che questa relazione costituisce un passo avanti nella creazione di nuove opportunità formative nei confronti dei giovani. Più ricerca, più innovazione, più strategia 2020 in un contesto di crescente attualità. Più istruzione scolastica, più formazione, ma anche più università, per fare in modo che vi sia realmente una cooperazione a livello giovanile in grado di determinare un valore aggiunto nella promozione della cultura.
Costruire il successo formativo è un punto focale di questa relazione ed è anche la ragione per la quale abbiamo votato a favore. Più mobilità per i giovani, maggiore capacità di sviluppare opportunità di lavoro e un mercato del lavoro che non deve guardare soltanto ai giovani che operano in un determinato contesto, ma anche a tutti quei settori nei quali i giovani hanno opportunità di crescita.
Sergej Kozlík (ALDE) . – (SK) Signora Presidente, ho votato a favore dell’iniziativa europea Gioventù in movimento, che si propone di ridurre entro il 2020 la quota di abbandoni scolastici dal 15 per cento al 10 per cento e aumentare la quota di persone con istruzione postsecondaria dal 31 per cento al 40 per cento. A fini comparativi, negli Stati Uniti il 40 per cento della popolazione è in possesso di un’istruzione universitaria, mentre la stessa percentuale in Giappone è pari al 50 per cento.
Attualmente il 14,4 per cento dei giovani dell’Unione europea tra i 18 e i 24 anni ha abbandonato la scuola prima di aver conseguito un titolo di istruzione secondaria, e circa il 21 per cento dei giovani è disoccupato. Apprezzo inoltre che l’iniziativa Gioventù in movimento intenda garantire un’istruzione in linea con le esigenze del mercato del lavoro. Si stima che entro il 2020 il 35 per cento di tutti i posti di lavoro richiederà qualifiche di alto livello (rispetto al 29 per cento di oggi).
Jarosław Kalinowski (PPE) . – (PL) Signora Presidente, i programmi europei a favore dei giovani meritano il nostro sostegno incondizionato. Non è forse vero che proprio le persone che saranno il futuro del nostro continente sono le più indifese? Spetta a noi quindi garantire che esse ricevano un’istruzione adeguata, che possano accedere ai vantaggi della cultura e, soprattutto, che abbiano l’opportunità di imparare lingue straniere e scegliere liberamente il luogo in cui frequentare la scuola. Non tutti però hanno le risorse finanziarie e l’opportunità di organizzarsi autonomamente. I buoni risultati ottenuti da molti programmi diretti ai giovani, come Erasmus e Leonardo da Vinci, dimostrano che si tratta di un investimento redditizio. Sono soprattutto i giovani che vivono nelle aree rurali ad aver bisogno di aiuto, quelli che spesso non dispongono dei mezzi finanziari necessari a intraprendere un corso di istruzione superiore né dell’opportunità di trovare lavoro nella zona in cui vivono in settori diversi dall’agricoltura.
Hannu Takkula (ALDE) . – (FI) Signora Presidente, vorrei commentare l’eccellente iniziativa promossa dall’onorevole Zver: Gioventù in movimento, una delle storie di successo della politica dell’Unione europea. Perfino gli euroscettici o coloro che criticano questa iniziativa devono ammettere che tutti hanno tratto un certo valore aggiunto dai programmi di mobilità giovanile; come esempi basterà ricordare il Processo di Bologna, il processo di Copenaghen e altre iniziative simili.
La relazione dell’onorevole Zver si inserisce appunto in questo filone, che è già stato percepito come un elemento positivo e crea opportunità e prerequisiti nuovi per i giovani europei che studiano in diversi paesi d’Europa. In questo modo riusciremo veramente a realizzare uno scambio di migliori prassi. Nel lungo periodo, credo, ciò rappresenterà una solida base per la crescita economica in Europa, ma è ancora più importante della crescita economica ricordare che attraverso questo processo i giovani potranno crescere come persone e come europei.
Daniel Hannan (ECR) . – (EN) Signora Presidente, in tutta Europa stiamo condannando generazioni di giovani all’emigrazione e alla povertà. Stiamo condannando al debito intere generazioni di esseri umani non ancora nati e neppure concepiti, e tutto per sostenere con testardaggine il feticcio dell’Unione monetaria.
In Irlanda, il PIL ha registrato un calo del 20 per cento rispetto al livello di picco – una cifra quasi incredibile. In Grecia ci sono state manifestazioni di protesta contro il pacchetto di austerità che peraltro, lo sappiamo, è destinato a non funzionare.
Quando un anno fa è stato concordato il piano di salvataggio, si pensava che sarebbe stata una soluzione temporanea, una misura di breve periodo, e che presto la Grecia avrebbe ottenuto nuovamente credito con un tasso d’interesse conveniente perché la crisi sarebbe passata. Come possiamo constatare ci sbagliavamo. Eppure portiamo avanti la stessa politica in Portogallo, e di nuovo in Grecia, piuttosto che ammettere il nostro errore.
Per colpa del nostro cieco orgoglio, gli elettori si troveranno a pagare un prezzo veramente alto!
Radvilė Morkūnaitė-Mikulėnienė (PPE) . – (LT) Signora Presidente, oggi abbiamo approvato la proposta di risoluzione dal titolo Gioventù in movimento: un quadro per migliorare i sistemi europei di istruzione e di formazione, che fornisce raccomandazioni e orientamenti chiari che i paesi dell’Unione europea possono e devono seguire per migliorare i sistemi di istruzione e formazione. Vorrei sottolineare alcuni aspetti: in primo luogo, l’iniziativa Gioventù in movimento intende raggiungere il principale obiettivo fissato nella strategia Europa 2020, ossia ridurre la quota di abbandoni scolastici dal 15 per cento al 10 per cento; essa non contiene però le misure né le raccomandazioni necessarie per innalzare le competenze, le qualifiche o il prestigio professionale degli insegnanti. Dev’essere chiaro che quella dell’insegnante è la professione che crea il maggiore valore aggiunto per la società, e dobbiamo quindi impegnarci affinché gli insegnanti dei paesi europei siano i migliori. Concordo con l’invito, contenuto nel documento, a realizzare una strategia organica da presentare alla Commissione, per promuovere l’istruzione non formale, e chiedo di associare direttamente le principali raccomandazioni di questo documento al quadro finanziario pluriennale.
Bernd Posselt (PPE) . – (DE) Signora Presidente, abbiamo oggi tra i nostri ospiti l’Esecutivo nazionale dell’Associazione dei tedeschi dei Sudeti, che comprende anche la Gioventù tedesca dei Sudeti e persegue una decisa politica di collaborazione transfrontaliera con la Gioventù ceca. Da questo punto di vista la relazione in esame è davvero preziosissima, poiché tratta tre questioni: in primo luogo le reti tra università, soprattutto nelle euroregioni e nelle regioni di frontiera; in secondo luogo la formazione professionale, poiché non abbiamo bisogno solo di istruzione accademica; in terzo luogo, e soprattutto, la questione delle competenze linguistiche.
Dichiaro esplicitamente il mio amore per la lingua di Shakespeare, ma mi sembra anche un peccato che i nostri giovani possano conversare in un’unica lingua. In tale contesto, dovremmo promuovere in particolare proprio l’apprendimento della lingua dei nostri vicini e delle lingue minori. La realtà è che si arriva veramente a conoscere la cultura dei propri vicini quando si comincia a immergersi nella vita quotidiana usando la loro lingua. In questo senso c’è un lungo lavoro da compiere, ma si tratta di una prospettiva che offre vastissime opportunità.
Sidonia Elżbieta Jędrzejewska (PPE) . – (PL) Signora Presidente, sono veramente lieta che l’iniziativa Gioventù in movimento costituisca parte integrante della strategia Europa 2020. Noto anche con soddisfazione che la relazione da noi votata oggi sottolinea l’importanza dell’educazione non formale, intesa come educazione fornita da organizzazioni giovanili e non governative e da volontariato. L’educazione non formale, ne sono convinta, aiuta i giovani a diventare cittadini attivi, insegna a lavorare in squadra, contribuisce a sviluppare gli interessi individuali e aumenta la possibilità di trovare lavoro – aspetto evidentemente importantissimo.
Jarosław Kalinowski (PPE) . – (PL) Signora Presidente, i bambini sono il nostro futuro; in avvenire essi faranno parte di una consapevole società europea, per cui è importantissimo educarli fin dalla più tenera età. Fin dai primi anni, dobbiamo instillare in loro valori positivi e norme morali corrette; l’educazione deve fondarsi su basi di solida giustizia e va impartita da personale insegnante dotato di istruzione e formazione adeguate.
Dobbiamo batterci per garantire pari opportunità a tutti, affinché tutti i bambini – provenienti da zone urbane o rurali, da famiglie ricche o povere – possano accedere all’apprendimento nella prima infanzia. Nel processo di eliminazione delle disuguaglianze dobbiamo prestare attenzione particolare alle comunità rurali, ove per i bambini è assai più arduo accedere a strutture educative e culturali.
Hannu Takkula (ALDE) . – (FI) Signora Presidente, è importantissimo concentrare il nostro impegno sugli anni della prima infanzia e sulla cura e l’educazione della prima infanzia (CEPI). Per tale motivo ho accolto con estremo favore la relazione dell’onorevole Honeyball, per la quale ho svolto io stesso il ruolo di relatore ombra.
Per quanto riguarda quest’eccellente relazione, vorrei osservare che, auspicabilmente, quando si ha a che fare con bambini in tenera età, occorre sottolineare l’aspetto dell’educazione piuttosto che quello dell’istruzione. Infatti, gli elementi essenziali della personalità si formano nei primissimi anni di vita, ed è quindi probabile che i bambini che fruiscono di una salda educazione di base e di un ambiente di vita sicuro abbiano in seguito migliori opportunità di giungere al successo.
Occorre quindi sottolineare l’importanza prevalente dell’educazione rispetto all’istruzione; il momento dell’istruzione viene in seguito ma, come già si è osservato, questa relazione passa in rassegna diversi modelli esistenti in Europa, partendo dalla premessa di fondo che – a partire dalla prima infanzia – si deve impedire l’esclusione anche di un solo giovane: ognuno deve avere l’opportunità di realizzarsi in una vita soddisfacente.
Daniel Hannan (ECR) . – (EN) Signora Presidente, durante la scorsa estate ho avuto il piacere di visitare il suo collegio elettorale, e ho portato le mie bambine sulla spiaggia; sono rimasto a guardarle mentre costruivano un castello di sabbia, ignare della marea che saliva mentre affascinate ornavano il loro lavoro di conchiglie e rametti.
Non ho avuto cuore di far notare loro che l’alta marea si avvicinava, e oggi, scorrendo la nostra lista di voto, ho provato la stessa sensazione. Si registrano eventi di portata storica – la crisi economica alle nostre frontiere, il crollo della nostra quota di PIL mondiale – eppure noi passiamo il nostro tempo a discutere di apprendimento durante la prima infanzia, delle nostre responsabilità nei confronti dell’Organizzazione internazionale del lavoro e dell’opportunità di designare Sarajevo capitale europea della cultura.
Consentitemi di rammentarvi alcuni dati statistici nudi e sinistri: nel 1974 le nazioni dell’Europa occidentale producevano il 36 per cento del PIL mondiale; oggi siamo passati al 26 per cento; nel 2020 saremo scesi al 15 per cento. Mentre noi ci preoccupiamo dell’apprendimento durante la prima infanzia, cerchiamo di riunire l’Europa con grande clamore propagandistico pubblicando La guerra dei gelati al mirtillo e incoraggiamo i nostri figli a leggere le avventure, involontariamente umoristiche, di Capitan Euro, la nostra regione del mondo viene superata da altri paesi più virili che hanno compreso i vantaggi del decentramento e della diffusione del potere.
Sta forse per giungere il momento in cui lo splendore della nostra storia scomparirà nel passato, insieme ai fasti di Ninive e Tiro?
Radvilė Morkūnaitė-Mikulėnienė (PPE) . – (LT) Signora Presidente, vorrei rettificare le informazioni non veritiere che l’onorevole Tomaševski ha fornito nel dibattito di questa mattina. Egli ha affermato che i bambini appartenenti alla minoranza polacca in Lituania non possono compiere gli studi in polacco. Vi comunico che in Lituania, dove vivono circa 200 000 cittadini lituani di origine polacca, funzionano 62 scuole in cui l’insegnamento viene impartito esclusivamente in polacco, mentre in altre 34 scuole vi sono classi polacche. In Germania, invece, dove vivono due milioni di persone di origine polacca, non vi è alcuna scuola statale destinata esclusivamente ai polacchi. Bisogna ancora notare che la Lituania è l’unico paese in cui i cittadini di origine polacca possono compiere tutti i loro studi in polacco, dalla scuola materna all’università; è una circostanza unica al mondo. La Lituania ospita una succursale dell’università di Białystok: è l’unico dipartimento di un’università polacca ad aver sede fuori dalla Polonia. In un sondaggio il 42 per cento degli esponenti delle minoranze etniche in Lituania ha indicato nell’insufficiente conoscenza del lituano uno svantaggio nella ricerca di occupazione. È singolare sentire criticare la legge sull’istruzione vigente in Lituania, che è analoga a quella polacca, per cui vorrei porre una domanda retorica: l’onorevole Tomaševski ritiene forse che anche in Polonia le minoranze etniche subiscano discriminazioni?
Anna Záborská (PPE) . – (SK) Signora Presidente, sono già intervenuta nel dibattito e ho elogiato l’onorevole Honeyball per il suo tentativo di raggiungere un compromesso esteso all’arco di tutti gli schieramenti politici.
Ciononostante nel voto finale mi sono astenuta, poiché a mio avviso la relazione interferisce, per molti aspetti, negli affari interni degli Stati nazionali. Questa considerazione è avvalorata dal fatto che la relazione esprime apprezzamento per gli obiettivi di Barcellona, benché questi ultimi si siano risolti in un fallimento proprio perché erano semplici numeri, dettati a livello centrale dall’Unione europea ai singoli Stati membri.
A mio avviso dobbiamo lasciare agli Stati la decisione sul numero di strutture prescolastiche di cui hanno bisogno, poiché non si tratta soltanto di una questione di numeri, ma anche della qualità e della cultura di un determinato paese. Mi rammarico vivamente di non aver potuto votare a favore della relazione, ma essa metteva sostanzialmente in discussione un principio che mi è molto caro.
Miroslav Mikolášik (PPE) . – (SK) Signora Presidente, l’infanzia ha indubbiamente un peso fondamentale nello sviluppo fisico, mentale e sociale dei bambini. Dobbiamo quindi comprendere che il ritorno sugli investimenti nell’educazione prescolare è la garanzia della crescita futura. Oltre a questo, molti studi hanno già dimostrato che i finanziamenti utilizzati in questo modo recano considerevoli vantaggi economici e sociali nel medio e lungo periodo.
Il metodo migliore e più naturale per garantire un sostegno in questo senso è quello di proteggere la famiglia come unità fondamentale della società. I genitori sono i primi e più importanti educatori dei propri figli, e di conseguenza il quadro giuridico non deve contenere disposizioni che penalizzino i genitori che si prendono cura dei propri figli, soprattutto nei primi anni. Quest’aspetto è di competenza esclusiva degli Stati membri. È auspicabile comunque che l’Unione, grazie al suo ruolo di coordinamento, contribuisca a migliorare la situazione dei singoli Stati membri.
Daniel Hannan (ECR) . – (EN) Signora Presidente, i sostenitori della politica comune della pesca fanno spesso notare che i pesci non riconoscono le frontiere nazionali. Essi amano presentare questo concetto come se fosse una scoperta sensazionale: ma guarda, i pesci se ne vanno in giro a nuotare, chi l’avrebbe mai detto!
In realtà, però, la giurisdizione territoriale e i diritti di proprietà sono l’unica base sicura per la conservazione. Se guardiamo ai paesi che hanno attuato con successo politiche di conservazione nel settore della pesca – Isole Falkland, Islanda, Norvegia, Nuova Zelanda – notiamo che essi hanno raggiunto tale successo conferendo ai pescatori un senso di proprietà, che stimola a trattare l’attività della pesca come una risorsa rinnovabile. La fondamentale saggezza di Aristotele ci ricorda che nessuno si cura di ciò che non appartiene a nessuno.
Purtroppo la politica comune della pesca definisce gli stock ittici come una risorsa comune cui tutte le nazioni hanno uguale accesso: da qui deriva la catastrofe ecologica che si è abbattuta sugli stock del Mare del Nord.
Un fatto che capita al momento opportuno è la migrazione di sgombri, cui abbiamo assistito di recente, dalle acque in cui vige la politica comune della pesca alle acque territoriali islandesi; in tal modo, temo, gli sgombri diventano di proprietà degli islandesi. Non serve lamentarsene: è una sfortuna per noi e una fortuna per loro. Forse tra qualche anno gli sgombri rifaranno il viaggio in senso inverso, e allora sarà una fortuna per noi. Nel frattempo, il modo migliore e più sicuro per trattare il pesce come una risorsa non destinata a esaurirsi è quello di riconoscere i diritti di proprietà dei popoli che possiedono le acque interessate, in base al diritto marittimo.
Peter Jahr (PPE). – (DE) Signora Presidente, l’aumento del prezzo del petrolio sui mercati mondiali non è l’unica causa della crisi che ha colpito il settore della pesca, poiché il carburante è generalmente esentasse e l’aumento dei prezzi interessa tutti i pescatori del mondo, sia nell’Unione, sia al di fuori; in secondo luogo, l’incremento del massimale degli aiuti de minimis dovrebbe essere visto come un’opportunità per incentivare i pescatori a lavorare (e pescare) in modo ecocompatibile e sostenibile; in terzo luogo, una mera riduzione dei prezzi del carburante non consentirà di raggiungere l’obiettivo. Mi aspetto, dunque, che anche gli Stati membri elaborino soluzioni innovative e brillanti in merito.
Izaskun Bilbao Barandica (ALDE). – (ES) Signora Presidente, in primo luogo desidero esprimere il mio sostegno a tutti gli abitanti di Lorca, nella provincia di Murcia, in Spagna, alle famiglie delle otto persone che hanno perso la vita e ai 250 cittadini rimasti feriti durante il terremoto di ieri.
Ho votato a favore della presente proposta di risoluzione comune, in disaccordo con il mio gruppo, per via del difficile periodo che il settore della pesca sta attraversando, ulteriormente aggravato dall’aumento del prezzo del petrolio.
L’incremento del massimale degli aiuti de minimis da 30 000 a 60 000 euro su un periodo di soli tre anni può aiutare le aziende in questa situazione delicata. Questo aumento, inoltre, non implica un aumento del bilancio dell’Unione europea e la sua attuazione deve garantire una sostenibilità ambientale e sociale senza distorcere la concorrenza tra gli Stati membri.
Il Fondo europeo per la pesca deve continuare a sostenere il settore, al fine di ridurre la dipendenza dei pescatori dai combustibili fossili, per renderlo più efficiente e per fornire proposte innovative che aprano nuove opportunità al settore marittimo.
Seán Kelly (PPE). – (GA) Signora Presidente, ho accolto con favore le presenti raccomandazioni.
(EN) La pesca come l’agricoltura costituisce un’attività precaria: è soggetta alle condizioni metereologiche, alle quote stabilite e, naturalmente, alle risorse e all’approvvigionamento ittici. In questo periodo si registra inoltre un improvviso aumento del prezzo del petrolio.
La soluzione deve arrivare dall’interno dell’Unione europea, che dovrà divenire più autosufficiente in termini di approvvigionamento energetico in generale, energie rinnovabili incluse. Dobbiamo esplorare i settori che l’Europa ha sinora ignorato in quanto non sostenibili economicamente. La situazione sta cambiando: se aumentassimo l’approvvigionamento energetico europeo, saremmo in grado di ridurre i prezzi a livello mondiale e potremmo dipendere meno dai regimi non democratici.
Miroslav Mikolášik (PPE). – (SK) Signora Presidente, sono a favore della valutazione dell’impatto delle fatture energetiche sulle piccole e medie imprese (PMI) a livello nazionale ed europeo, perché queste aziende costituiscono la spina dorsale dell’economia europea e, come tali, generano oltre 100 milioni di posti di lavoro.
Le prassi attuali mostrano che, a livello regionale e locale, l’accesso al sostegno finanziario per le fasi iniziali di innovazione, per le imprese innovative di piccole dimensioni che si trovano in fase di avvio è ancora inadeguato e poco uniforme nell’Unione europea.
Questa eterogeneità è stata confermata anche dai 21 miliardi di euro per il sostegno finanziario, dei quali il 75 per cento è stato reso interamente disponibile tramite banche intermediarie ed è stato utilizzato solo da 50 000 aziende, a fronte dei 23 milioni di PMI esistenti.
Gay Mitchell (PPE). – (EN) Signora Presidente, gli altri tre membri del partito Fine Gael appartenenti al PPE mi hanno chiesto di intervenire a loro nome su questo tema.
Sosteniamo fermamente qualsiasi disposizione (come questa) a sostegno delle piccole e medie imprese. Siamo consapevoli dell’importanza che le PMI rivestono per l’economia irlandese ed europea e non riteniamo necessario includere il riferimento alla CCCTB nella presente relazione. Sembra quasi che ci lasciamo trasportare dalle tendenze della giornata. Attualmente, per esempio, la Germania sta ripensando alla CCCTB.
Dobbiamo offrire il nostro sostegno alle PMI senza però inserire una propaganda specifica in disposizioni come questa. La CCCTB presenta pro e contro. Non dobbiamo sostituire l’ideologia all’assistenza, ma fornire invece ogni tipo di aiuto alle PMI, senza per forza ricorrere sempre a questi termini.
Abbiamo votato contro la CCCTB ma non contro l’intera relazione, perché non è nostra intenzione ostacolare il sostegno offerto alle PMI; sono lieto di poterlo dichiarare pubblicamente.
Presidente. – Onorevole Mitchell, desidero porle una domanda: potrebbe spiegarci il significato dell’acronimo?
Gay Mitchell (PPE). – (EN) Signora Presidente, grazie per la domanda. Pensavo mi avrebbe chiesto se stavo parlando in lituano! CCCTB sta per base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società.
Presidente. – Sono certa che i visitatori gradiscono sapere di cosa stiamo parlando.
(Applausi)
Reinhard Bütikofer (Verts/ALE). – (EN) Signora Presidente, vorrei chiedere se si può definire qualcosa come ideologia solo perché non è vista di buon occhio in Irlanda.
Gay Mitchell (PPE). – (EN) Signora Presidente, non si tratta di cosa l’Irlanda approva o meno: siamo membri del Parlamento europeo e sosteniamo le nostre idee. Non accettiamo che i rappresentanti di altri Stati membri ci dicano come comportarci; non siamo obbligati a fare nel nostro paese quello che vogliono altri Stati membri. Lo Stato invia i propri parlamentari qui affinché facciano valere le proprie idee e siamo convinti che la CCCTB, ora denigrata a Berlino, sia una propaganda uscita senza pensare dalla testa di qualcuno. Le argomentazioni a favore non sono ancora state dimostrate. Ci sono vantaggi e svantaggi e non dobbiamo sentirci costretti ad accettarla solo per seguire la correttezza politica del giorno.
Presidente. – Questo punto concerne le dichiarazioni di voto.
Hannu Takkula (ALDE). – (FI) Signora Presidente, l’imposta comune sulle società rappresenta un progetto piuttosto ambizioso per l’Unione europea, perché i 27 Stati membri sono molto differenti. Le loro strutture economiche sono diverse e, operando su un mercato unico, è importante garantire che le piccole e medie imprese, spina dorsale dell’economia europea, possano competere sullo stesso livello.
Attualmente la situazione non è questa ed è quindi fondamentale condurre una revisione delle PMI. Io sono finlandese: mi rendo conto, per esempio, che le aziende del mio paese sono molto distanti dal cuore del mercato unico e che, per questo motivo, i costi logistici (spese di trasporto) aumentano notevolmente il prezzo dei prodotti. Sono necessari sistemi di compensazione differenti attraverso la tassazione anche all’interno dell’Unione europea, ma anche con altri strumenti, affinché il livello competitivo sia più equo per tutti.
La redazione di un testo simile è molto importante e dobbiamo tenere in considerazione le imprese nelle aree remote del nord, affinché possano competere sullo stesso piano delle altre aziende europee.
Seán Kelly (PPE). – (GA) Signora Presidente, concordo con quanto affermato sulla CCCTB dal leader del mio partito, onorevole Mitchell, e ho votato di conseguenza. Desidero però soffermarmi su un altro punto.
(EN) È stato necessario un emendamento orale per sollevare la questione della contraffazione in merito a questa proposta individuale. È un peccato, sebbene i beni contraffatti stiano danneggiando enormemente le imprese in Europa, questo aspetto non è stato sottolineato né affrontato a sufficienza.
Molti di questi beni provengono da paesi terzi e il loro ingresso è agevolato dai governi dei paesi che offrono un porto sicuro alla merce che arriva in Europa. Dobbiamo denunciare, condannare e prendere provvedimenti contro questi Stati, perché hanno ripercussioni molto gravi sulle aziende legittime in Europa. È tempo di dire basta!
Adam Bielan (ECR). – (PL) Signora Presidente, uno sviluppo più rapido, l’efficienza, anche rispetto ai costi, e una maggiore competitività sono gli strumenti migliori per affrontare i problemi economici. Per raggiungere questi obiettivi dobbiamo collaborare a favore dell’innovazione. È importante mettere in risalto la creatività dei cittadini, per esempio, collaborando con i lavoratori nell'indicare come migliorare i processi lavorativi. Un altro motore dell’innovazione sono i consumi: le applicazioni per l’iPhone sviluppate dai consumatori europei rappresentano come la creatività dei cittadini possa essere combinata all’utilizzo delle tecnologie moderne.
Il rafforzamento della base di conoscenza (mediante l’interazione tra aziende, istituti di ricerca e cittadini) costituisce un fattore importante per il raggiungimento degli obiettivi di Unione dell’innovazione. Sarà fondamentale ottenere l’impegno totale da parte delle autorità pubbliche e locali. Scopo dell'attenzione all'innovazione è quello di mantenere un elevato livello di prosperità in Europa; spero che quest’unione di forze contribuisca al processo di innovazione e consenta di raggiungere una stabilità economica. Ho quindi votato a favore della relazione.
Peter Jahr (PPE). – (DE) Signora Presidente, purtroppo non ho avuto modo di intervenire nella discussione di ieri, nonostante fossi presente. Desidero esprimere il mio sostegno agli onorevoli colleghi che hanno ribadito che l’importanza della promozione dell’innovazione e della ricerca anche nel settore agricolo. L’agricoltura non è una “vecchia economia”; è moderna e ricca di attività, ricerche e innovazioni.
L’agricoltura europea fa fronte ad almeno tre grandi sfide: soddisfare le necessità alimentari di cittadini, sostenere l’ambiente e produrre energia. Questi obiettivi, talvolta notevolmente divergenti, richiedono una permeazione scientifica sistematica, tanto oggi quanto in futuro.
Zbigniew Ziobro (ECR). – (PL) Signora Presidente, ho approvato la relazione sull’Unione dell’innovazione. L’innovazione è fondamentale per lo sviluppo dell’Europa, ma, dal mio punto di vista, è assolutamente necessario sostenere l’innovazione nel settore delle PMI, soprattutto nei nuovi Stati membri, che registrano un certo ritardo. Come emerge da numerose analisi, sarà il progresso in questo settore a decidere se l’economia europea del futuro sarà competitiva rispetto ad altre economie più forti a livello mondiale.
Dobbiamo ricordare (come dimostrato dalla ricerca condotta dalla Ernst & Young, azienda di consulenza finanziaria) che le banche purtroppo respingono tre quarti delle richieste presentate da piccole imprese europee per sussidi di ricerca e per l’acquisto di nuove tecnologie. Reperire i fondi è un problema serio e dovremmo persuadere i singoli Stati membri a sostenere le PMI in questo settore. Senza questo sostegno non riusciranno a far fronte alla crescente concorrenza nell’economia mondiale.
Jacek Olgierd Kurski (ECR). – (PL) Signora Presidente, ho approvato l’ampia e interessante relazione sulla trasformazione dell’Europa per un mondo post-crisi nella speranza che i provvedimenti proposti riducano le crescenti disparità nello sviluppo dei vari Stati membri e rallentino la fuga di cervelli, che nel testo viene definita mobilità intellettuale (in modo a mio parere troppo corretto). Per garantire lo sviluppo sostenibile dell’Europa è necessario stanziare maggiori fondi per l’innovazione e per i progetti di ricerca nei paesi dell’Unione europea.
Dobbiamo incoraggiare i governi ad aumentare gli strumenti finanziari destinati ogni anno alla ricerca e a stabilire una soglia minima (in percentuale) del bilancio nazionale per i progetti di ricerca e sviluppo. Gli investimenti in questi due settori non devono però in alcun modo ridurre i futuri piani di bilancio a favore delle priorità attuali dell’UE, come la Politica agricola comune o la Politica di coesione, poiché sono molto utili.
Lena Ek (ALDE). – (SV) Signora Presidente, sebbene l'innovazione sia essenziale per lo sviluppo economico e sociale in Europa, fino ad ora l’UE non ha definito alcuna regolamento collettivo in materia. È significativo che la Commissione e il Commissario Geoghegan-Quinn abbiano presentato tale proposta.
Nel momento in cui definiamo le norme da applicare, dobbiamo cercare di semplificare e rimuovere la burocrazia inutile, sia in questo documento, sia nell’Unione dell’innovazione. La semplificazione delle norme è essenziale: i ricercatori, le industrie e le piccole imprese le considerano il più grande ostacolo per l’accesso ai fondi europei e per un lavoro congiunto e mirato volto a migliorare l’innovazione in Europa.
Dobbiamo garantire una gestione più efficiente e concentrarci su progetti realmente ambiziosi, anziché distribuire fondi in molteplici settori, come avviene in tutti gli altri ambiti. L’Unione dell’innovazione può essere uno strumento molto valido anche per risolvere le questioni climatiche. Grazie.
Mitro Repo (S&D). – (FI) Signora Presidente, la vita quotidiana dei lavoratori domestici è spesso incerta, sottovalutata e irregolare; sono trattati in modo iniquo, ingiusto e misero.
In Europa, i lavoratori domestici sono generalmente migranti, spesso clandestini; non risultano in alcun registro, sono a rischio di sfruttamento e alla mercé dei propri datori di lavoro. La convenzione OIL sui lavoratori domestici e le norme comuni da applicare sono strumenti primari per garantire che i diritti umani dei lavoratori domestici siano rispettati, monitorati e ampliati, così come i loro diritti occupazionali e sociali.
Sarebbe ingenuo negare la presenza dei lavoratori domestici in Europa; è un tipo di schiavitù moderna. Queste persone, spesso donne, sono le più vulnerabili: non osano lamentarsi se sono trattati in modo inadeguato o se subiscono violenze o abusi sessuali, ma lo sfruttamento non riguarda solo i lavoratori extracomunitari: stiamo sfruttando anche i nostri cittadini. Una situazione migliore per i lavoratori domestici deve essere prioritaria per la strategia Europa 2020.
Peter Jahr (PPE). – (DE) Signora Presidente, desidero esporre il mio punto di vista sul lavoro domestico. Innanzi tutto, concordo con chi rivendica il diritto a una retribuzione giusta e a servizi sociali equi per i lavoratori domestici (per la maggior parte donne, naturalmente). Sono d’accordo anche sul fatto che in questo settore si verifichino episodi e ingiustizie inaccettabili.
Chiedo di prestare attenzione alla burocrazia quando si applicano richieste giustificate. In Germania, per esempio, chi assume lavoratori domestici, ed è quindi interessato da questa legislazione, deve ricorrere all’assistenza di un consulente fiscale a causa dell’eccessiva burocrazia e delle complicate disposizioni statutarie. Questo costa pazienza, tempo e denaro e chi aggira la burocrazia paga i lavoratori in contanti, contribuendo così (talvolta involontariamente) all’occupazione illegale. Per questo motivo desidero sollevare l’attenzione sull’eccessiva a burocrazia.
Peter Jahr (PPE). – (DE) Signora Presidente, in qualità di agricoltore esperto, desidero avanzare alcune osservazioni sulle presenti questioni. In primo luogo, è giusto voler ridurre l’utilizzo di antibiotici nell’allevamento di bestiame: dovremmo seguire il principio del “meno possibile”. In secondo luogo, dobbiamo analizzare lo status quo, ovvero i dati relativi a quanto sta realmente accadendo nei paesi dell’Unione europea; naturalmente, tutti gli Stati membri devono partecipare a tale analisi. In terzo luogo, servono altri studi scientifici per analizzare e affrontare i pericoli in modo efficace. Infine, gli spauracchi ideologici non servono, l’ideologia non può sostituire la scienza.
Mitro Repo (S&D). – (FI) Signora Presidente, la presente relazione merita il nostro sostegno. L’Europa è considerata un gigante economico a ragione e potrebbe essere allo stesso modo un gigante culturale.
Nella sua diversità culturale, l’Unione europea rappresenta una comunità varia e coerente di valori. Nella politica internazionale la cultura è di prioritaria importanza, fa parte dei diritti umani e ogni cittadino o nazione ha il diritto di goderne, oltre ad essere collegata al benessere dell’uomo e alla vita in generale.
La politica culturale permette all’Unione europea di creare un legame con i paesi per i quali non sono previste altre forme di partenariato. Il sostegno alla dimensione culturale nei paesi del Nord Africa, che ora stanno costruendo una società nuova e più democratica, è particolarmente significativo. Gli accordi bilaterali per lo sviluppo e il commercio dovrebbero sempre richiedere elementi culturali, oltre alla responsabilità. Il servizio europeo per l’azione esterna dovrebbe ricorrere anche a esperti culturali, affinché la cultura possa far parte della politica esterna europea in modo più coerente e sistematico.
Adam Bielan (ECR). – (PL) Signora Presidente, il patrimonio culturale dei paesi europei ha un valore intrinseco. Nonostante le differenze culturali, gli Stati membri godono di un buon nome nel mondo, che spinge i cittadini di altri paesi a voler attingere a queste risorse culturali. La posizione politica ed economica dell’Unione può essere rafforzata promuovendo l’identità e i valori culturali europei.
Le nuove tecnologie svolgono un ruolo importante nel settore della cultura, perché aiutano i cittadini a esercitare i diritti umani fondamentali. Nei paesi che impongono la censura, le attività dei cittadini e l’accesso alle informazioni vengono garantiti attraverso Internet. L’Unione deve dunque sostenere la libertà di questo strumento in tutto il mondo e contribuire a sviluppare la cultura e a sensibilizzare i cittadini delle società più chiuse. Le nuove generazioni hanno bisogno di una strategia coerente sulla mobilità per promuovere lo sviluppo in ambito scientifico e culturale. Accolgo con favore le disposizioni relative alla diplomazia culturale, che può trovare sostegno anche nel lavoro delle delegazioni parlamentari. Per questo motivo ho approvato la relazione.
Zbigniew Ziobro (ECR). – (PL) Signora Presidente, le dichiarazioni e le osservazioni contenute nella relazione sono appropriate e di grande valore. Desidero sottolineare le affermazioni sull'importanza dell’azione dell’Unione europea in tutto il mondo a favore della libertà di espressione, della libertà di stampa e del libero accesso ai media audiovisivi. Trovo appropriato l’appello della Commissione europea a promuovere la libertà di Internet a livello mondiale, a fronte delle minacce alla libertà di cui sempre più spesso leggiamo o sentiamo.
Se da un lato mi fa piacere promuovere valori fondamentali per noi europei, dall’altro lato devo ammettere che ho approvato la presente relazione con una certa tristezza: chiediamo che questi valori vengano difesi in altre aree del mondo, ma qualche volta dimentichiamo che sono violati anche in alcuni Stati membri dell’Unione, ad esempio in Polonia, dove i giornalisti che criticano il governo vengono allontanati in massa dai media pubblici; dove i rappresentanti del governo stanno cercando di chiudere il quotidiano indipendente e privato Rzeczpospolita, il secondo quotidiano di qualità in Polonia che, casualmente, critica le posizioni del governo. Quando affrontiamo le questioni sollevate nella relazione, dovremmo opporci anche a questi episodi.
Hannu Takkula (ALDE). – (FI) Signora Presidente, è importante includere anche la dimensione culturale nella discussione sulla politica estera.
Siamo giunti a questa conclusione perché, in seguito ai disordini in Medio Oriente, abbiamo capito che la dimensione culturale è rimasta nel dimenticatoio per decenni, ad esempio nelle relazioni dell’Unione europea con la Siria. Dal 1963 in Siria è in vigore una legislazione di emergenza che consente l’esecuzione di cittadini senza processo; poche delegazioni europee però, come la delegazione dell’UE, hanno sollevato la questione. Il commercio e la finanza hanno preso il sopravvento sui diritti umani.
Come ha appena affermato l’onorevole Repo, quando si parla di Unione europea i diritti umani costituiscono parte integrante della dimensione culturale; è importante ricordarlo. I diritti umani, la democrazia, questo è il punto centrale, sono questi gli aspetti che dobbiamo promuovere con vigore nella politica esterna europea, anziché mantenere una visione meramente economica.
Jacek Olgierd Kurski (ECR). – (PL) Signora Presidente, ho approvato questa interessante relazione sulla dimensione culturale delle azioni esterne dell’Unione europea. Come si può essere contrari alle misure che l’UE sta adottando a livello mondiale per promuovere il rispetto della libertà di espressione, di stampa e di accesso ai media audiovisivi?
Ho l’impressione, però, che ci preoccupiamo troppo della situazione al di fuori dell’Unione e troppo poco degli standard al suo interno, per esempio in Polonia, dove l’attuale coalizione di governo ha acquisito il controllo sui media pubblici, licenziando moltissimi giornalisti e chiudendo programmi legati da un minimo comune denominatore: la critica della situazione attuale. Persone come Jacek Sobala, Anita Gargas, Jacek Karnowski e Wojciech Leszczyński hanno perso il posto di lavoro; giornalisti come Joanna Lichocka, Tomasz Sakiewicz, Rafał Ziemkiewicz, Jan Pospieszalski, Grzegorz Górny, Tomasz Terlikowski, Bronisław Wildstein e Wojciech Cejrowski sono stati allontanati dal proprio programma: questi sono solo alcuni esempi. Il bavaglio alla libertà di parola in Polonia rappresenta un dramma per tutta l’Unione.
Hannu Takkula (ALDE). – (FI) Signora Presidente, in merito alla relazione Sanchez-Schmid, desidero ribadire l’importanza che l’Unione europea riconosca l’impatto dell’industria creativa e della cultura sulla crescita economica europea. I dati sono significativi: il 2,6 per cento del PIL dell’Unione deriva dalle industrie creative, che impiegano il 3,1 per cento dei lavoratori europei. Negli ultimi anni, persino decenni, questa industria è cresciuta notevolmente e continuerà a farlo anche in futuro.
È importante ricordare che la dimensione culturale diverge dalla semplice crescita economica: è una crescita dell’umanità; non dobbiamo dimenticarlo quando parliamo di cultura. L’impatto della cultura non deve essere misurato in termini di crescita del PIL: dobbiamo apprezzare il fatto che una persona non contribuisce alla crescita del PIL solo prendendo parte a una competitività sfrenata, ma anche vivendo una vita unica, fatta di valori umani, e dobbiamo creare le giuste condizioni a tale scopo. Noi, in qualità di membri dell’Unione europea, dovremmo ricordarlo, perché troppo spesso l’Unione presenta un’immagine limitata di sé (poco più di un sistema di organi di cooperazione economica), perdendo di vista la visione d’insieme.
Mi auguro che il progetto di Sarajevo come capitale della cultura per il 2014 vada in porto. La commissione per la cultura e l’istruzione ha sostenuto all’unanimità questa idea, poiché nel 2014 ricorrerà il centesimo anniversario dallo scoppio della Prima guerra mondiale, a seguito di un incidente proprio in quella città. Sarebbe un modo simbolico per sottolineare i progressi avvenuti in Europa. Vogliamo dimostrare che il 2014 segnerà l’inizio di un lungo periodo di pace o sarà il prosieguo di un lungo periodo di pace già iniziato. I paesi baltici dovrebbero contribuire più attivamente alla pace e alla stabilità; sarebbe significativo per l’Europa allargata.
Hannu Takkula (ALDE). – (FI) Mi auguro che il progetto di Sarajevo come capitale della cultura per il 2014 vada in porto. La commissione per la cultura e l’istruzione ha sostenuto all’unanimità questa idea, poiché nel 2014 ricorrerà il centesimo anniversario dallo scoppio della Prima guerra mondiale, a seguito di un incidente proprio in quella città. Sarebbe un modo simbolico per sottolineare i progressi avvenuti in Europa. Vogliamo dimostrare che il 2014 segnerà l’inizio di un lungo periodo di pace o sarà il prosieguo di un lungo periodo di pace già iniziato. I paesi baltici dovrebbero contribuire più attivamente alla pace e alla stabilità; sarebbe significativo per l’Europa allargata.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della proposta in quanto l’iniziativa intende raggiungere i principali obiettivi della strategia Europa 2020 di ridurre la quota degli abbandoni scolastici dal 15 al 10 per cento e aumentare la quota di persone con istruzione postsecondaria dal 31 al 40 per cento entro il 2020. L’iniziativa “Gioventù in movimento” si concentra sulla mobilità per l’apprendimento, ma è anche essenziale per garantire che l’istruzione che ricevono sia in linea con le esigenze del mercato del lavoro per attrezzarli con le competenze e le conoscenze di cui avranno bisogno. La mobilità è importante per conoscere altre culture, ma anche per comprendere meglio la propria. Meno di un terzo della popolazione dell’Unione europea ha un titolo d’istruzione superiore, a fronte di oltre il 40 per cento negli Stati Uniti e oltre il 50 per cento in Giappone, così l’Europa deve aumentare questi dati per essere in grado di farsi più competitiva in una economia sempre più globale.
Roberta Angelilli (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, l'Unione europea punta sempre di più negli ultimi anni a creare una società basata sulla conoscenza e capace di competere con tutte le altre economie a livello globale. La Strategia Europa 2020 con la sua iniziativa Youth on the Move ha attribuito un ruolo chiave alla gioventù con lo scopo di conseguire entro il 2020 i cinque obiettivi principali: occupazione, ricerca e innovazione, clima ed energia, istruzione e lotta alla povertà. Obiettivi ambiziosi vista la precaria situazione attuale, che fa vivere i giovani in una condizione di continua incertezza, lontana da una visione positiva di un solido futuro lavorativo e del proprio inserimento nella società. Non può avvenire un consolidamento del sentimento di cittadinanza europea ed un effettivo sfruttamento del potenziale rappresentato dai giovani, se gli strumenti che vengono messi a disposizione non sono dotati delle risorse necessarie per il buon funzionamento.
Gli Stati membri dovrebbero astenersi dall'adottare misure di austerità che comportano tagli al sistema educativo e occupazionale, e puntare piuttosto sull'instaurazione di piattaforme che coinvolgano le parti sociali, le università, le imprese e gli enti locali e regionali al fine di offrire opportunità nel settore dell'istruzione e della formazione professionale, della mobilità e del riconoscimento delle qualifiche ottenute.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della presente relazione. I giovani hanno subito le conseguenze della crisi in modo particolarmente grave, che i tassi di disoccupazione giovanile nell'UE superano il 20 per cento, ovvero il doppio della media degli adulti, e che in alcuni Stati membri tale tasso supera il 40 per cento. A causa della crisi economica gli Stati membri stanno riducendo gli investimenti in istruzione e formazione, con effetti diretti sulle prospettive future dei giovani e dell’Unione europea. Investire nell'istruzione è senza dubbio essenziale per la crescita e lo sviluppo sostenibili e, anche in tempi di crisi economica, finanziare l'istruzione e i programmi per i giovani non va considerato un costo da sostenere oggi, bensì un investimento per il futuro dell'Europa. Credo che l'iniziativa "Gioventù in movimento" prevista dalla strategia Europa 2020 contribuirà al rafforzamento degli attuali programmi di istruzione, mobilità e occupazione per i giovani e incoraggerà gli Stati membri a raggiungere gli obiettivi della strategia UE 2020.
Elena Băsescu (PPE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione Zver. Attualmente, troppi giovani non riescono a impiegare al meglio il proprio potenziale in termini di istruzione e formazione professionale. Questi problemi richiedono un’azione armonizzata a livello europeo per permettere ai giovani di essere meglio preparati per il mercato del lavoro. Dobbiamo prevedere politiche che riguardino i passaggi che i giovani devono seguire nel passaggio dalla scuola al mondo del lavoro. È indispensabile coinvolgere i giovani e le organizzazioni giovanili nel processo decisionale per rafforzare il loro senso di appartenenza e per ascoltare i loro contributi a una strategia per i giovani. L’obiettivo chiave dell’iniziativa “Gioventù in movimento” deve essere il rafforzamento dalla coesione europea. L’UE deve impiegare i propri strumenti finanziari per aiutare i giovani, attraverso l’uso più efficiente della Banca europea per gli investimenti e del Fondo europeo per gli investimenti.
Regina Bastos (PPE), per iscritto. – (PT) L’iniziativa “Gioventù in movimento” fa parte della strategia Europa 2020 e si compone di 28 misure volte ad armonizzare i sistemi di istruzione e di formazione alle esigenze dei giovani, incoraggiandoli a utilizzare gli aiuti europei allo studio o a partecipare a corsi di formazione all’estero. Questa mira ad aumentare la mobilità dei giovani, puntando a far sì che tutti i giovani dell’UE abbiano l’opportunità di studiare all’estero entro il 2020.
Ho votato a favore della relazione, che enfatizza una serie di situazioni che meritano particolare attenzione. Per evitare che questa nuova strategia esista semplicemente come concetto, è essenziale che gli Stati membri si impegnino sia in termini di sostegno finanziario che di attuazione a livello nazionale nei rispettivi paesi, e che a questo scopo si destini una dotazione di bilancio UE.
È indispensabile superare gli ostacoli pratici e le barriere alla mobilità e si dovrebbero porre in essere meccanismi supplementari per assicurare che le persone disabili dispongano delle stesse opportunità di chiunque altro. Anche il valore aggiunto della mobilità per gli studenti dell’istruzione secondaria va sottolineato e programmi come Comenius dovrebbero essere meglio raccomandati presso gli SM, ai giovani e ai loro genitori.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR) Sebbene i dati della discossupazione giovanile in Europa siano allarmanti (nel gennaio 2011, il tasso di disoccupazione dei giovani al di sotto dei 25 anni ha raggiunto il 20,6 per cento), la relazione sull’iniziativa faro della strategia Europa 2020 “Gioventù in movimento” invita gli Stati Membri ad effettuare maggiori investimenti nei sistemi di istruzione, formazione e mobilità. Le politiche che riguardano i giovani, siano esse relative all’istruzione primaria, secondaria o alla formazione professionale o continua, devono essere viste come un investimento e non come un costo. Porre l’accento sul capitale umano è fondamentale per il futuro delle società europee e vi sono una serie di ottime idee che dobbiamo sostenere ora a livello nazionale, quali sottolineare le sinergie esistenti tra i diversi attori coinvolti, sviluppare l’indipendenza dei giovani, intervenire per fermare l’abbandono scolastico precoce, riaffermare il valore della formazione professionale e degli apprendistati, adottare un quadro europeo di qualità vincolante per i programmi di formazione. Il successo della strategia Europa 2020 dipenderà dall’iniziativa e dalla volontà politica degli Stati responsabili della sua attuazione. Dato che queste politiche rimarranno principalmente di competenza nazionale.
Sergio Berlato (PPE), per iscritto. − Gioventù in movimento (YoM) è una delle iniziative faro previste dalla strategia Europa 2020 per la promozione della crescita economica intelligente, sostenibile e inclusiva. YoM si compone di azioni chiave per incrementare l’istruzione e la formazione dei giovani attraverso la mobilità e facilitare, in tal modo, l'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro. Secondo dati recenti, il 14,4% dei giovani europei tra i 18 e i 24 anni ha abbandonato la scuola prima di aver conseguito un titolo di istruzione secondaria e meno di un terzo della popolazione dell’Unione europea ha un titolo d’istruzione superiore, a fronte di circa il 40% negli Stati Uniti e del 50% in Giappone. È fondamentale che i giovani siano in grado di sviluppare le capacità e le competenze che gli permettano di entrare nel mercato del lavoro e di contribuire attivamente alla crescita dell’Unione.
Accolgo con favore e incoraggio, pertanto, l’iniziativa volta a ridurre la quota di abbandoni scolastici al 10% e ad aumentare la percentuale di persone con istruzione post secondaria dal 31% al 40% entro il 2020. Da ultimo, ritengo che un’istruzione e una formazione professionale di alta qualità sia imprescindibile per soddisfare le nuove esigenze del mercato del lavoro.
Izaskun Bilbao Barandica (ALDE), per iscritto. – (ES) Ho votato a favore della relazione perché è necessario promuovere un quadro per il miglioramento dei sistemi di istruzione e formazione europei. L’iniziativa “Gioventù in movimento” è un’iniziativa politica intesa a promuovere gli attuali programmi di istruzione, mobilità e occupazione per i giovani e un incoraggiamento per gli Stati membri a raggiungere gli obiettivi della strategia UE 2020.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Accolgo con favore la visione del relatore in merito agli investimenti necessari in futuro per i giovani europei. La mobilità ai fini dell’apprendimento e migliori opportunità per gli studenti europei di trovare un primo impiego sono elementi che contribuiscono a rafforzare il sentimento di identità e di cittadinanza europea, aumentando di conseguenza la partecipazione giovanile nei processi democratici dell’Unione. Sostengo quindi l’impegno per garantire una mobilità di alta qualità che sia accessibile a tutti e vorrei sottolineare l’enfasi posta dal relatore sull’importanza di incoraggiare più Stati membri a firmare la Carta di qualità per la mobilità della Commissione.
Nessa Childers (S&D), per iscritto. – (EN) “Gioventù in movimento” è un’iniziativa fantastica e appoggio pienamente il mio gruppo nell’esprimere anche il mio sostegno.
Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La relazione fa riferimento al programma “Gioventù in movimento”, che consente una maggiore partecipazione attiva dei giovani e delle organizzazioni giovanili a livello europeo (attraverso seminari, incontri, escursioni) e nei dibattiti sulle politiche relative ai giovani, attraverso assistenza finanziaria europea. La relazione, e questo è un aspetto positivo, fa spesso riferimento all’importanza dell’accesso all’istruzione, della lotta ai tagli nelle spese per l’istruzione e la formazione e invita e maggiori finanziamenti in questi settori in modo tale che, senza inficiare altri ambiti, tutti possano prendere parte a questo programma. Questa possibilità viene offerta anche ai giovani dei paesi confinanti e si sottolinea la necessità di eliminare le discriminazioni sul posto di lavoro. Viene attribuito grande valore a un sistema concreto di tirocini che permetta a chiunque di ottenere uno stipendio e decente e l’accesso all’assistenza sociale e non dover in questo modo sostituire posti di lavoro. Alcuni punti della relazione sono comuni alla politica di Bologna sull’educazione, che personalmente non condivido, in quanto fa riferimento alla necessità di strutturare programmi in linea con le “esigenze del mercato”. Ritenendo che questo potrebbe rendere disomogenea la natura del programma, mi sono astenuto dal voto.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) I giovani sono uno dei gruppi sociali più duramente colpiti dalla crisi economica e finanziaria globale. L’Unione europea e gli Stati membri hanno il dovere di sostenere misure specifiche ed efficaci per agevolare il passaggio al mondo del lavoro, attraverso migliori istruzione, formazione e mobilità. L’iniziativa “Giovani in movimento” risponde proprio a queste aspirazioni e offre risposte alle sfide che i giovani devono affrontare, aiutandoli a raggiungere il successo nell’economia della conoscenza.
Di fronte a tassi di disoccupazione giovanile inaccettabili, ritengo che la qualità dell’istruzione e della formazione, un0adeguata integrazione nel mercato del lavoro e un deciso impegno verso la mobilità giovanile siano elementi chiave per sfruttare al massimo il potenziale dei giovani e raggiungere gli obiettivi della strategia Europa 2020.
Sebbene questa iniziativa veda l’occupazione come risultato finale, non ignora comunque le questioni legate all’istruzione, alla mobilità, all’apprendimento di lingue straniere e a una serie di competenze oggi fondamentali nel settore dell’istruzione non formale.
Ho votato a favore della relazione presentata e invito a destinare ingenti finanziamenti all’iniziativa, indispensabile per la crescita sostenibile.
Giovanni Collino (PPE), per iscritto. − Il programma "Youth on the move" rappresenta un punto di riferimento importante per i giovani cittadini europei. Prima di tutto dal punto di vista finanziario, dal momento che intensifica ancora di più gli interventi dell'Unione Europea a favore della mobilità dei giovani studenti, migliora il funzionamento delle scuole europee, stimolando ricerche e dibattiti sul significato di un'Europa unita e mostrando che cosa possa offrire. Non meno importante però è il contributo di "Youth on move" al dibattito sulla definizione di un modello culturale europeo. La collaborazione fra i vari istituti e l'apprendimento delle varie discipline che vengono insegnate in maniera diversa nei vari paesi, anche a seconda della sensibilità politica delle classi dirigenti, rappresenta un contributo fondamentale alla definizione dell'identità europea. Facciamo in modo che questa identità, attraverso i nostri giovani, sia veramente europea e non lasciamo che l'unico modello che i nostri giovani avranno in futuro a livello d'istruzione sia quello americano, che pure ha rappresentato, giustamente, un punto di riferimento importante fino ad oggi. L'Unione europea ha tutti i mezzi a disposizione per offrire al mondo i propri valori e la propria idea di come vuole e vorrà crescere i propri figli.
Mário David (PPE), per iscritto. – (PT) I giovani si contraddistinguono, in gran parte, per il loro dinamismo, l’immensa generosità e una grande capacità di apprendimento e assimilazione. Un’Europa lungimirante e che vuole essere sempre più competitiva e dinamica ha bisogno di questo indispensabile capitale. Il programma “Gioventù in movimento” incluso nella strategia Europa 2020 è quindi un’importante raccolta di programmi a sostegno dei più giovani, con obiettivi ambizioni e molto chiari, nella quale mi rispecchio personalmente e alla quale mi auguro che i diretti interessati parteciperanno in modo significativo. Questa iniziativa sostiene l’idea di offrire ai più giovani un migliore accesso al mercato del lavoro, obiettivo molto importante visto il livello che la disoccupazione giovanile sta raggiungendo in numerosi Stati membri. Tengo inoltre a sottolineare l’attenzione dedicata all’importanza della mobilità dei giovani europei, nel corso della loro vita sia scolastica sia lavorativa. L’istruzione in diverse culture e luoghi è più completa e più ricca e contribuisce a creare un vero senso di “appartenenza europea”, che consolida il concetto di cittadinanza europea espresso nei trattati. Per sostenere e rafforzare queste misure, ho votato a favore della relazione.
Marielle De Sarnez (ALDE), per iscritto. – (FR) Le richieste di adesione a programmi di mobilità studentesca, quali Erasmus, Erasmus Mundus e Comenius, sono sempre più numerose, ma vi sono ancora alcuni ostacoli pratici alla mobilità, soprattutto per l’ottenimento di visti e certificati medici in diverse lingue, per il trasferimento di sussidi all’estero e per il riconoscimento di qualifiche acquisite in un altro Stato membro. Nel 2004 venne avviato il programma di scambio Erasmus Mundus con il consenso di un’ampia maggioranza di quest’Aula; allora ho portato la Commissione europea ad accettare di intraprendere le misure necessarie per garantire la qualità del programma. È stato quindi creata una carta di qualità per la mobilità, ma solo sette anni dopo, si ripresentano i medesimi ostacoli. Per questo motivo il Parlamento ha deciso di ribadire la necessità di maggiori investimenti nei settori di istruzione e formazione. L’apertura dei programmi europei per la mobilità a tutti I giovani, indipendentemente dal loro corso di studi o dallo status sociale, è fondamentale se vogliamo offrire loro un migliore accesso al mercato del lavoro. È giunto il momento che gli Stati membri si impegnino davvero per assicurare una formazione di alta qualità per tutti i giovani europei.
Christine De Veyrac (PPE), per iscritto. – (FR) I giovani sono il futuro dell’Europa e sarebbe da irresponsabili non dare loro la priorità quando si registrano tassi di disoccupazione giovanile di circa il 20 per cento. Ho quindi caldamente sostenuto la relazione Zver su un quadro per migliorare i sistemi europei di istruzione e formazione in Europa. Per molti studenti che incontrano datori di lavoro sempre più esigenti, entrare nel mercato del lavoro diventa spesso una vera e propria sfida. Per questo il Parlamento europeo ha accolto con favore le proposte avanzate nella relazione su “Gioventù in movimento”: maggiori investimenti nell’istruzione superiore, lo sviluppo di programmi di mobilità internazionale, il riconoscimento delle competenze acquisite in modo informale, la lotta all’abbandono scolastico precoce e il sostegno ai giovani nel loro ingresso nel mondo del lavoro.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) L’impegno nei settori dell’istruzione e della formazione al fine di migliorare le qualifiche dei giovani europei è un obiettivo chiave della strategia Europa 2020, nonché uno strumento essenziale per combattere la disoccupazione e incoraggiare l’imprenditorialità. Accolgo quindi con favore l’iniziativa “Gioventù in movimento” e in particolare il sostegno e la spinta che offre alla mobilità degli studenti e al riconoscimento delle qualifiche; condivido inoltre il valore assegnato all’istruzione informale o non formale, spesso altrettanto o più importanti dell’apprendimento formale.
Se l’Europa intende conseguire gli ambiziosi obiettivi della strategia Europa 2020, che enfatizza in particolare l’innovazione, la ricerca e la formazione, dovrà allora investire in giovani più qualificati e scegliere forme di istruzione più rivolte verso un futuro ingresso nel mondo del mercato, prestando particolare attenzione a quelle conoscenze che realmente preparano i giovani alle esperienze future.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Questa relazione si incentra sull’iniziativa “Gioventù in movimento” che, mi auguro, fornirà un quadro per migliorare i sistemi europei di istruzione e formazione. È una delle sette iniziative faro contenute all’interno della strategia Europa 2020 per la promozione della crescita economica intelligente, sostenibile e inclusiva. Questa iniziativa si compone di 28 azioni chiave e misure concrete per incrementare l’istruzione e la formazione dei giovani attraverso la mobilità e l’occupabilità. L’iniziativa intende raggiungere gli obiettivi del 2020 di ridurre la quota di abbandoni scolastici a meno del 10 per cento, aumentare la quota di persone con istruzione postsecondaria dal 31 al 40 per cento entro il 2020 e ridurre la disoccupazione, in particolare quella giovanile, attualmente intorno a 21 per cento. In quanto sono sostenitore del progetto pilota per la formazione “Il tuo primo posto di lavoro EURES”, non posso che essere d’accordo con le proposte presentate nella relazione, a favore della quale ho votato, consapevole che l’Unione europea deve portare avanti e rafforzare tutte le misure a sostegno dei giovani. Solo in questo modo potremo avere un’Europa più forte e più basata sulla solidarietà e sull’inclusione sociale.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La questione centrale della relazione e il suo ambito portano inevitabilmente alla discussione di temi molto importanti, in alcuni casi giustamente, in altri in modo errato o superficiale. Il testo è in alcuni punti contraddittorio.
Nella relazione si fa riferimento, in particolare nei considerando, ad argomenti fondamentali quali la progressiva riduzione degli investimenti pubblici nell’istruzione superiore, l’aumento delle tasse d'iscrizione e il conseguente aggravarsi delle disparità sociali; questi temi però non vengono adeguatamente affrontati nel corpo della risoluzione. Si fa anche riferimento ai problemi che i giovani incontrano nel partecipare ai programmi di mobilità per motivi finanziari, alla questione degli alti tassi di abbandono scolastico, alla disoccupazione e ai lavori atipici e precari tra i giovani.
Questo rende ancora più palesi la contraddittorietà del testo: sostenendo gli obiettivi della strategia Europa 2020, il testo finisce per seguire il percorso che porta ai problemi che esso stesso identifica: lavori precari e atipici e disoccupazione giovanile. Da un lato, sostiene la fine delle discriminazioni dei giovani sul posto di lavoro, mentre dall’altro afferma che l’esperienza lavorativa apre implicitamente le porte a un diverso status ed è sbagliato, soprattutto in termini di “tutele per il lavoro atipico e precario”.
Per questi motivi, ci siamo astenuti dalla votazione.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Non è sufficiente presentare una serie di interessanti principi, se non si considera la situazione reale. Un’istruzione di qualità sin dai primi anni di vita è necessarie per garantire lo sviluppo degli esseri umani e delle società. I finanziamenti per un’istruzione pubblica di qualità sono però sempre meno e gli studenti devono affrontare la mancanza di sovvenzioni, la disoccupazione in famiglia e l’abbandono del loro corso di studi, come sta accadendo in Portogallo a seguito delle politiche di restrizione applicate.
La realtà in questi settori è, quindi, una dura disillusione. In nome della crisi, gli Stati battono in ritirata, mettendo a rischio il loro ruolo sociale e esacerbando le disparità nell’accesso all’istruzione, alla conoscenza e alla cultura. Ne consegue il moltiplicarsi e l’aggravarsi delle disparità sociali.
In Stati membri quali il Portogallo, si è arrivati alla chiusura di migliaia di scuole, a un aumento della disoccupazione giovanile e a una minore certezza dell’impiego per migliaia di insegnati, nonché al cronico sottofinanziamento del sistema pubblico di istruzione superiore e a maggiori costi di iscrizione. La realtà è che il budget destinato alla cultura ha raggiunto i livelli minimi.
L’aspetto più grave è che la situazione andrà peggiorando con l’attuazione dell’aggressivo programma di intervento preparato dal Fondo monetario internazionale (FMI), dalla Banca centrale europea (BCI) e dalla Commissione europea.
Pat the Cope Gallagher (ALDE), per iscritto. – (GA) Il programma “Gioventù in movimento” è un’iniziativa centrale nella strategia Europa 2020. Lo scopo di YoM è di incoraggiare l’istruzione superiore nell’Unione europea, migliorare la qualità dell’istruzione e della formazione e promuovere la mobilità degli studenti rendendo più efficienti i programmi europei già attivi.
Elisabetta Gardini (PPE), per iscritto. − Cari colleghi, con questa relazione si aggiunge un importante tassello per una politica europea che deve avere l'obiettivo di dare ai giovani europei gli strumenti per essere più competitivi nel mercato del lavoro ormai sempre più globalizzato. Puntare sulla mobilità degli studenti deve essere il primo passo per dare maggiori possibilità lavorative ai nostri ragazzi. Purtroppo i dati sulla disoccupazione giovanile in molti Stati membri ci devono preoccupare e fare riflettere. Sostenere i giovani incentivando il dialogo tra le Istituzioni europee e le organizzazioni giovanili è un buon inizio, ma non deve essere considerato il punto di arrivo. Dovremo saperli ascoltare e dar loro credibilità e fiducia. Solo così potremo creare un'Europa che sia vista come opportunità e non come un peso per le nuove generazioni.
Louis Grech (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione Zver. Affinché l’iniziativa faro “Gioventù in movimento” (YoM) abbia successo, le istituzioni europee devono predisporre una politica concreta, completa e di ampio respiro che incontri il sostegno di tutti gli Stati membri e con l’obiettivo di creare legami tra i settori dell’istruzione specialistica, delle qualifiche professionali, dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita e dell’apprendistato e il mercato del lavoro. In questo modo ogni Stato membro sarà realmente parte del sistema d’istruzione europeo. YoM mira a facilitare la transizione dei giovani dall’istruzione al mercato del lavoro. Uno degli obiettivi di questa iniziativa politica è di ridurre la quota di abbandoni scolastici e aumentare la quota di persone con istruzione postsecondaria, anche in ragione del fatto che l’abbandono scolastico gioca a sfavore delle dinamiche e delle necessità del mercato del lavoro, oltre ad essere in netto contrasto con la sostenibilità economica e sociale dell’Europa. Tutti gli attori del mercato del lavoro, compresi i settori professionali, le imprese, i sindacati, i ministeri e i servizi di collocamento, devono avviare un dialogo strutturato sulle modalità per garantire l’integrazione professionale dei giovani, promuovere la formazione formale e informare e sviluppare un sistema di istruzione nell’Unione europea che sia in grado di offrire ai giovani una carriera sicura.
Mathieu Grosch (PPE), per iscritto. – (DE) La relazione dimostra ancora una volta l’importanza dalla promozione della mobilità dei giovani in tutti i settori al fine dello sviluppo europeo. Allineare i programmi di studi e il riconoscimento reciproco delle qualifiche sono traguardi da raggiungere in tutti i campi dell’istruzione e della formazione, in particolare nelle professioni manuali che richiedono molta pratica.
Le autorità competenti devono effettuare maggiori controlli nei paesi coinvolti per verificare la necessità di rimuovere ulteriori barriere create a livello amministrativo o sindacale.
Anche la mobilità degli apprendisti determina il migliore riconoscimento delle professioni e previene il dumping sociale in quanto vi sarà una scala progressiva ad indicare che, ad un determinato livello di competenze, corrisponde una determinata paga.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) Un saggio detto popolare dice che “viaggiare apre la mente”. Proprio da questa prospettiva sostengo l’idea, presentata anche dal relatore, che finanziare l’istruzione e la mobilità dei giovani significa investire nel futuro dell’Europa e non è un ulteriore onere per il bilancio, nonostante la difficile situazione economica attuale. Inoltre, la formazione di un individuo non deve in alcun modo limitare le sue opportunità di viaggiare. Allo stesso modo, non vi devono essere ostacoli di sorta per le persone disabili e proprio per questo motivo ulteriori fondi devono essere accantonati per i giovani con disabilità. Dobbiamo infine stabilire un quadro europeo giuridicamente vincolante onde evitare i lavori occasionali e lo sfruttamento di giovani tirocinanti.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione perché riconosce l’importanza di superare gli ostacoli pratici e le barriere alla mobilità, promuovendo il riconoscimento del tempo passato all’estero e delle qualifiche acquisite in Stati membri diversi. Il testo ammette che per le persone disabili la mobilità presenta maggiori problemi rispetto alle persone normali e dobbiamo quindi predisporre meccanismi aggiuntivi per garantire che vengano offerte a tutti le medesime opportunità. Gli studenti con una famiglia, ad esempio con figli, devono avere diritto a un sostegno supplementare per superare le specifiche sfide che devono affrontare per prendere parte alla mobilità professionale. Una mobilità di qualità è fondamentale per raggiungere l’apprendimento interculturale, lo sviluppo personale e il multilinguismo per i giovani. YoM si concentra sull’occupazione come risultato finale e in effetti l’occupazione è un problema di istruzione, ma anche di partecipazione dei giovani e di cittadinanza attiva. I programmi esistenti dovrebbero continuare a concentrarsi sulla cittadinanza attiva e lo sviluppo di competenze chiave, l’educazione non formale e la promozione della società civile europea. Per evitare che questa nuova strategia esista semplicemente come concetto, è essenziale che gli Stati membri (SM) si impegnino sia in termini di sostegno finanziario che di attuazione a livello nazionale nei rispettivi paesi, e che a questo scopo si destini una dotazione di bilancio UE. Gli Stati membri dovrebbero considerarlo come un investimento a lungo termine, non solo per l’istruzione dei giovani, ma per la prosperità futura dei loro singoli paesi e dell’Unione europea nel suo complesso.
Cătălin Sorin Ivan (S&D), per iscritto. – (RO) Il mio sostegno al programma Gioventù in movimento non ha bisogno di spiegazioni, è una questione di principio. Abbiamo però suggerito alcune integrazioni che ritenevamo necessarie alla proposta della Commissione.
Nella relazione adottata senza problemi in seno alla commissione per la cultura e l’istruzione e nel corso della seduta plenaria del Parlamento europeo, abbiamo sottolineato l’importanza del coinvolgimento degli Stati membri nel processo di attuazione e del relativo controllo da parte della Commissione.
Abbiamo anche invitato ad aumentare gli investimenti nei programmi di successo, quali l’Apprendimento permanente, in vista del nuovo quadro finanziario pluriennale, e richiesto un miglior coordinamento dei vari programmi.
Dobbiamo prestare la debita attenzione ai giovani, che sono il centro di questo programma generale, e dobbiamo creare opportunità di lavoro e di affermazione personale, perché i giovani sono gli europei da cui dipenderemo in futuro.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, in un'Europa che guarda al futuro pensare ai giovani è prioritario. Consentire loro di seguire il percorso educativo più adeguato, di apprendere facilmente lingue diverse da quella materna, avvicinarsi al mondo del lavoro in maniera adeguata e competente, o magari di reinserirsi in contesti educativi e lavorativi differenti, significa costruire un futuro per tutti i paesi dell'Unione europea attraverso le energie di studenti, universitari e giovani lavoratori che si confrontano insieme in un bacino culturale ed economico comune. Oggi più che mai sostengo la convinzione di un'Europa - fucìna di idee e di progetti - per la quale ho pertanto votato a favore della relazione del collega Zver. Creare un circuito di conoscenze e di opportunità, non solo per i giovani ma anche per gli insegnanti e per quanti operano nei contesti educativi e formativi, equivale nell'Europa della Strategia 2020, a dare ossigeno a quelle energie che dobbiamo liberare attraverso la mobilità dei nostri giovani che dovranno apprendere a vivere nell'Europa del futuro.
Constance Le Grip (PPE) , per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione Zver su Youth on the Move: un quadro per migliorare i sistemi europei di istruzione e di formazione. Nella relazione emerge l’importanza di sostenere I diversi programmi introdotti a livello europeo per agevolare la mobilità giovanile, che sono positivi sia per l’acquisizione di nuove competenze e conoscenze, sia per il consolidamento del sentimento di cittadinanza europea. A livello europeo è fondamentale aumentare dopo il 2013 i fondi allocati a programmi di mobilità, quali Erasmus e Leonardo da Vinci, e renderli permanenti in modo che sempre più giovani (non solo studenti, ma anche tirocinanti, giovani professionisti o agricoltori) ne possano trarre vantaggio. Ritengo inoltre necessario ricercare un maggiore riconoscimento delle qualifiche derivanti dai diversi tipi di apprendistato, informali e non formali, alla luce delle competenze che si possono acquisire in questo modo. Vorrei infine sottolineare che la lotta alla disoccupazione giovanile passa anche attraverso il continuo adeguamento dei sistemi di istruzione e di formazione professionale ai costanti mutamenti delle esigenze del mercato del lavoro.
Elżbieta Katarzyna Łukacijewska (PPE), per iscritto. – (PL) Il problema dei sistemi di istruzione e formazione sta acquisendo ora un nuovo significato, completamente differente da, ad esempio, dieci o più anni fa. In diverse parti d’Europa, abbiamo livelli di istruzione diversi e quindi il bisogno di migliorare la situazione in questo settore è fuor di dubbio. È importante che i giovani abbiamo la possibilità di svolgere un ruolo attivo nel mondo del lavoro e nella società civile, nel senso più ampio del termine. Anche io sono personalmente coinvolta e sostengo il lavoro relativo a Gioventù in azione e al Servizio volontario europeo, una delle cinque azioni operative di Gioventù in azione. È quindi indispensabile che il Parlamento continui a sostenere simili iniziative.
Al momento, non dobbiamo dimenticarci dei giovani, che devono avere la possibilità di svilupparsi e devono ricevere sostegno al fine di acquisire nuove competenze in un’economia sempre più internazionale. Gioventù in movimento non solo offre ai giovani l’opportunità di essere attivi ed entrare nel mondo del lavoro, ma soprattutto rappresenta un modo per superare i propri limiti e le proprie debolezze nonché una possibilità di sviluppo. Per questi motivi ho votato a favore della relazione Zver. Grazie..
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione. Youth on the Move (YoM) è una delle sette iniziative faro contenute all’interno della strategia Europa 2020 della Commissione europea per la promozione della crescita economica intelligente, sostenibile e inclusiva. YoM si compone di 28 azioni chiave e misure concrete per incrementare l’istruzione e la formazione dei giovani attraverso la mobilità e facilitare la transizione dei giovani dall’istruzione al mercato del lavoro. Ciò è particolarmente importante oggi, che i giovani, uno dei gruppi sociali più colpiti dalla crisi finanziaria globale pur avendo avuto il ruolo minore nel causarla, vanno sostenuti per entrare nel mercato del lavoro per assicurarne il futuro, rafforzando anche l’economia. I giovani sono quelli che prenderanno le decisioni domani, ed è fondamentale che siano in grado di sviluppare oggi le capacità, le competenze e le conoscenze che permetteranno loro di contribuire attivamente alla crescita e al futuro sostenibile dell’Unione europea negli anni a venire e di raggiungere gli obiettivi delineati nella strategia di crescita dell’UE.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Nel contesto della strategia Europa 2020, le conoscenze e le competenze dei giovani sono essenziali se si vogliono raggiungere gli obiettivi di crescita intelligente, inclusiva e sostenibile. La gioventù ha quindi un ruolo chiave da svolgere per conseguire i cinque obiettivi principali dell'UE per il 2020: occupazione, ricerca e innovazione, clima ed energia, istruzione e lotta alla povertà. L’iniziativa faro Gioventù in movimento (YoM), della strategia Europa 2020, mira a migliorare l'attrattiva dell'istruzione superiore in Europa, la qualità generale di tutti i livelli di istruzione e formazione e la mobilità di studenti e lavoratori attraverso un uso più efficace dei programmi europei esistenti. È quindi fondamentale votare a favore di questa iniziativa affinché, in futuro, avremo giovani sempre più qualificati e preparati a realizzare gli obiettivi della strategia Europa 2020.
Louis Michel (ALDE), per iscritto. – (FR) L’iniziativa Gioventù in movimento (YoM) si concentra sulla mobilità per l’apprendimento, ma è anche essenziale per garantire che l’istruzione che ricevono sia in linea con le esigenze del mercato del lavoro per attrezzarli con le competenze e le conoscenze di cui avranno bisogno.
I giovani sono purtroppo uno dei gruppi sociali più colpiti dalla crisi finanziaria globale e vanno sostenuti per entrare nel mercato del lavoro per assicurarne il futuro, rafforzando anche l’economia. L’istruzione e la formazione sono elementi chiave per una maggiore prosperità e coesione sociale in Europa. La mobilità degli studenti è ovviamente una delle componenti centrali della strategia Europa 2020, in quanto offre infinite opportunità per l’emancipazione intellettuale degli studenti, per combattere l’abbandono scolastico precoce, la disoccupazione e la povertà, nonché per sviluppare la cooperazione internazionale nel campo dell’istruzione superiore e della formazione professionale.
La mobilità degli studenti è anche una delle maggiori sfide per l’integrazione europea e può concretizzarsi con il sostegno delle risorse finanziarie che alimentano queste ambizioni e con l’eliminazione di tutti gli ostacoli pratici.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Gli effetti della crisi economica globale sono stati devastanti per i giovani, in tutto il mondo e nell’Unione europea. La disoccupazione giovanile ha raggiunto un tasso del 25 per cento, associato al fatto che il 15 per cento di questi giovani ha abbandonato la scuola e non ha quindi alcuna qualifica per entrare nel mondo del lavoro. L’Unione europea si è posta l’obiettivo di portare questo dato al 10 per cento entro il 2020 e di aumentare la percentuale di titolari di una laura o di un diploma professionale dal 31 al 40 per cento. Per raggiungere questi obiettivi, è necessario il riconoscimento a livello europeo delle qualifiche e dei corsi di formazione e istruzione. Questo è l’unico mondo per avere maggiore mobilità per gli studenti, al fine anche di metterli in contatto con nuove culture e civiltà, lontano dal loro paese d’origine, dove poter avere successo negli anni a venire. Per questo motivo, dobbiamo rimuovere le barriere ancora esistenti, semplificare le procedure e ampliare e promuovere i programmi in corso.
Mi sono astenuto dalla votazione in quanto ritengo che non si sia discusso delle modalità per realizzare il riconoscimento reciproco delle qualifiche acquisite attraverso diversi metodi di istruzione e formazione. Questo è particolarmente vero quando si tratta di abilità professionali, per le quali non vi sono standard di riferimento uniformi in Europa.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. – (DE) I giovani hanno subito le conseguenze della crisi in modo particolarmente grave, segnatamente un enorme aumento dei tassi di disoccupazione giovanile e di abbandono scolastico. Spesso i giovani non hanno alcuna prospettiva per il futuro e proprio in questo contesto è importante migliorare la loro mobilità nell’Unione europea affinché abbiano maggiori possibilità di trovare occupazione, se necessario anche in un altro mercato del lavoro. Alla base di tutto c’è il riconoscimento reciproco delle qualifiche e dei corsi di formazione e istruzione. Mi sono astenuto dalla votazione su questa relazione in quanto non propone alcuna soluzione concreta al problema del riconoscimento reciproco in un contesto che presenta, com’è ovvio, una serie di metodi di istruzione e formazione molto diversi e in molti settori.
Justas Vincas Paleckis (S&D), per iscritto. – (LT) Gli Stati membri stanno registrando elevati tassi di disoccupazione giovanile, che in alcuni paesi raggiunge addirittura il 21 per cento, ovvero il doppio del tasso medio per gli adulti. Ho votato a favore della relazione in quanto fornisce le linee guida per migliorare l’istruzione dei giovani e per ridurre il tasso di disoccupazione giovanile. Concordo con l’importanza, sottolineata nella relazione, di concentrarci sulla creazione di nuovi programmi che permetterebbero ai giovani di conciliare studio e lavoro; questo aspetto è fondamentale per quanti vogliono avere in’istruzione, ma al contempo hanno la necessità di mantenersi economicamente. Uno degli obiettivi chiave del programma è la riduzione radicale dell’abbandono scolastico, fattore che aumenta il rischio di una futura esclusione dal mondo del lavoro e dalla società. Dobbiamo sostenere in misura maggiore le persone disabili e i giovani con figli affinché possano anche loro accedere ai programmi di mobilità e sfruttare queste opportunità per trovare un equilibrio tra studio, lavoro e vita personale. L’accesso ai programmi di mobilità deve essere libero non solo per gli studenti universitari, ma anche ai giovani con scarse qualifiche e agli studenti delle scuole primarie. È fondamentale infine che i giovani acquisiscano maggiori competenze pratiche ed esperienza attraverso tirocini obbligatori di alta qualità.
Georgios Papanikolaou (PPE), per iscritto. – (EL) L’encomiabile iniziativa Gioventù in movimento è una delle sette iniziative incluse nella strategia Europa 2020 della Commissione per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Il punto centrale di YoM è la mobilità degli studenti, ma il suo valore aggiunto è dato dalle raccomandazioni per un’istruzione che risponda alle esigenze del mercato del lavoro e fornisca le conoscenze e le competenze necessarie. Questa iniziativa deve comunque essere affiancata alla relazione “Una strategia dell’Unione europea per investire nei giovani e conferire loro maggiori responsabilità”, adottata dal Parlamento nel 2010 e che cerca di istituire una nuova e forte strategia europea per i prossimi dieci anni affinché, in materia di giovani, l’Europa sia in grado di sviluppare un unico quadro politico. Inoltre, al fine di garantire che tutto questo non rimanga solo sulla carta, la responsabilità spetta agli Stati membri; mi rammarico che i recenti programmi di riforma nazionali non abbiano tenuto conto degli obiettivi fissati nella strategia Europa 2020, nonostante tutti abbiano riconosciuto l’importanza di investire nella ricerca e nell’istruzione quale investimento a lungo termine per la prosperità futura di cittadini europei.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) La relazione riguarda l’istituzione di un quadro per migliorare i sistemi di istruzione e formazione europei. Questa è una delle azioni chiave che compongono l’iniziativa Gioventù in movimento, che fa parte della strategia Europa 2020 della Commissione europea per la promozione della crescita economica intelligente, sostenibile e inclusiva. L’iniziativa si propone di promuovere, con misure concrete, l’istruzione e la formazione dei giovani attraverso la mobilità e agevolando la transizione dei giovani dall’istruzione al mercato del lavoro. Si tratta di un obiettivo molto importante considerando che i giovani, uno dei gruppi sociali più colpiti dalla crisi finanziaria globale pur avendo avuto il ruolo minore nel causarla, vanno sostenuti per entrare nel mercato del lavoro per assicurarne il futuro, rafforzando anche l’economia. La mobilità gioca può quindi fungere da motore per il passaggio dalla scuola al lavoro e considero quindi che garantire un’istruzione di alta qualità, rendendola al contempo accessibile a tutti i giovani, sia l’aspetto più vitale della mobilità nel settore dell’istruzione. Per questi motivi ho votato a favore della relazione.
Phil Prendergast (S&D), per iscritto. – (EN) Il programma Gioventù in movimento (YoM) rappresenta un’opportunità per dare libero sfogo al potenziale dei giovani, permettendo loro di contribuire alla crescita intelligente, sostenibile e inclusiva in Europa. YoM sostiene l’apprendimento permanente e l’iniziativa della Commissione "Nuove competenze per nuovi posti di lavoro", mirando al contempo a migliorare l’istruzione postsecondaria e la mobilità di lavoratori e studenti attraverso i programmi europei già esistenti. La strategia Europa 2020 dichiara che “entro il 2020 tutti i giovani in Europa dovranno avere la possibilità di compiere una parte del loro percorso formativo in altri Stati membri”. I giovani hanno subito le conseguenze della crisi in modo particolarmente grave e i tassi di disoccupazione giovanile sono il doppio dei dati medi relativi agli adulti; si tratta di una delle più difficili sfide che l’Europa di trova ad affrontare ed è fondamentale che gli Stati membri non rispondano con tagli agli investimenti destinati all’istruzione. Dobbiamo garantire ai giovani la possibilità di imparare e di spostarsi all’estero per proseguire il loro percorso formativo, qualora lo desiderino; investire nell’istruzione oggi preparerà l’Unione europea ad affrontare meglio le sfide di domani.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) In un momento in cui i giovani stanno risentendo in modo particolarmente grave delle conseguenze della crisi finanziaria mondiale, dobbiamo fare il possibile per assicurarci che possano acquisire le capacità, le qualifiche e le conoscenze che permetteranno loro di contribuire attivamente alla crescita e al futuro sostenibile dell’Unione europea. L’iniziativa Gioventù in movimento è una delle sette iniziative faro contenute all’interno della strategia Europa 2020 della Commissione europea per la promozione della crescita economica intelligente, sostenibile e inclusiva. YoM si compone di 28 azioni chiave e misure concrete per incrementare l’istruzione e la formazione dei giovani attraverso la mobilità e facilitare la transizione dei giovani dall’istruzione al mercato del lavoro. È quindi fondamentale creare le condizioni per garantirne un’efficace attuazione e raggiungere gli obiettivi che si prefigge.
Robert Rochefort (ALDE), per iscritto. – (FR) La recessione è stata un duro colpo per i giovani europei: una persona su cinque è senza lavoro e il 40 per cento dei giovani occupati ha un contratto part-time. In questo contesto, sostengo la relazione Zver che propone una serie di raccomandazioni finalizzare al miglioramento dei sistemi di istruzione e di formazione professionale per i giovani. Dobbiamo intervenire per incoraggiare il maggior numero di giovani a proseguire il percorso educativo e lottare attivamente contro l’abbandono scolastico (solamente il 31 per cento degli europei possiede una laurea, rispetto al 40 per cento negli Stati Uniti e il 50 per cento in Giappone); abbiamo però anche il dovere di garantire un lavoro ai nostri laureati. Questa relazione contiene numerose proposte per raggiungere questo obiettivo: migliorare la comunicazione tra imprese e università, rendere le strutture e i corsi universitari più rispondenti alle esigenze specifiche del mercato del lavoro, introdurre un periodo di tirocinio di alta qualità equamente remunerato in tutti i programmi di studio e rispettare i diritti sociali dei giovani.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Dobbiamo aumentare gli investimenti in programmi quali l'Apprendimento permanente (Erasmus, Leonardo da Vinci, Comenius, Grundtvig), Marie Curie, Erasmus Mundus e Gioventù in azione. La commissione sostiene la creazione di reti di cooperazione internazionale tra università che sfrutti la mobilità virtuale. I programmi di mobilità devono essere accessibili a specializzandi, insegnanti e giovani lavoratori. Invitiamo al riconoscimento a livello europeo delle qualifiche scolastiche, professionali e universitarie e insistiamo sull’importanza di imparare due lingue straniere nella fase della prima infanzia, incluse quelle dei paesi limitrofi. Infine richiediamo un sostegno supplementare per i giovani disabili, i giovani con figli e quanti desiderino riprendere il percorso formativo.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. − Ho votato a favore di questa relazione perché evidenzia l'importanza per i giovani europei di avere un'educazione multidisciplinare nell'ambito degli obiettivi della "Strategia Europa 2020". In questo quadro diviene necessario incoraggiare i giovani verso studi di livello universitario. L'ingresso precoce nel mondo del lavoro infatti, crea il rischio di una futura disoccupazione e del relativo abbassamento della qualità della vita.
Questo potrebbe quindi causare alti costi economici e sociali, nonché influire negativamente sulla crescita economica sostenibile dell'Unione e su un futuro miglioramento della sua competitività a livello mondiale. Per le stesse ragioni, ritengo che un'educazione multiculturale, multi linguistica e pratica sia fondamentale per formare i cittadini di domani, soprattutto se conseguita tramite progetti di mobilità come "Gioventù in Movimento".
Oreste Rossi (EFD), per iscritto. − Attualmente troppi giovani abbandonano prematuramente la scuola e troppo pochi partecipano all'istruzione superiore, il che pregiudica la base di qualifiche di cui l'Europa avrà bisogno in futuro. Youth on the Move intende ampliare le opportunità di mobilità dell'apprendimento per tutti i giovani europei entro il 2020, facilitando il passaggio dall'istruzione al mondo del lavoro, grazie ad un istruzione che sia in linea con le esigenze del mercato. Per queste ragioni é opportuno sensibilizzare il mondo della scuola e delle imprese a fare rete incrementando le conoscenze pratiche grazie ai tirocini. Questa iniziativa pone al centro i giovani, ma non bisogna dimenticare i giovani con disabilità ai quali vanno garantite le stesse opportunità di studio e lavoro.
Joanna Senyszyn (S&D), per iscritto. – (PL) Ho votato a favore della relazione per migliorare i sistemi europei di istruzione e di formazione e sono favorevole all’ampliamento delle attività di tutti i programmi formativi rivolti ai giovani. Oltre a Gioventù in movimento, dobbiamo fornire sostegno politico e finanziario anche a programmi quali Erasmus, Leonardo da Vinci, Comenius, Grundtvig, Gioventù in azione e Marie Curie, che hanno avuto grande successo in Europa. Questi programmi hanno visto la partecipazione di moltissimi giovani di diversa formazione (gli studenti polacchi che sono andati all’estero con una borsa Erasmus tra il 1998 e il 2010 sono 93 807) e hanno contribuito allo sviluppo del potenziale dei giovani e alla creazione di una società civile europea forte. Sono iniziative molto efficienti con costi per il partecipante molto bassi, ma con ampia possibilità di accedere ai fondi. Promuovere la mobilità dei giovani richiede anche il superamento delle barriere pratiche.
Circa un terzo degli studenti che hanno partecipato al programma Erasmus hanno incontrato difficoltà legate all’incertezza dei sistemi di istruzione negli altri paesi e alla mancanza di corrispondenza e continuità tra le materie del programma di studi nel paese di origine e all’estero. Dobbiamo promuovere il riconoscimento da parte degli Stati membri dei periodi passati all’estero e delle qualifiche acquisite. Devono inoltre essere risolte le difficoltà con i visti, i documenti sanitari in diverse lingue, i problemi di portabilità (trasferibilità) di borse di studio quando si va all’estero. Gli impedimenti alla mobilità delle persone disabili sono ancora maggiori e dobbiamo attuare meccanismi supplementari per garantire loro le medesime opportunità di tutti.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) Gioventù in movimento (YoM) è una delle sette iniziative faro contenute all’interno della strategia Europa 2020. Si compone di 28 azioni chiave e misure concrete per incrementare l’istruzione e la formazione dei giovani attraverso la mobilità e facilitare il loro accesso al mercato del lavoro.
L’importanza di questa relazione in questo periodo di austerità per l’Europa è dimostrata dal numero sempre crescente della disoccupazione giovanile negli Stati membri, che porta i giovani ad essere uno dei gruppi più duramente colpiti dalla crisi finanziaria globale. Per questo, ritengo essenziale l’applicazione di misure volte alla riduzione dei tassi di abbandono scolastico, per aumentare il numero di persone con istruzione postsecondaria e aumentare l’attrattiva dell’istruzione e della formazione professionale. L’impegno per l’istruzione non deve essere visto come un costo, ma piuttosto come un investimento nel futuro.
Ritengo dunque importante investire nei programmi di mobilità e di istruzione/formazione già esistenti e di stabilire condizioni minime europee per le esperienze lavorative, che non devono essere considerate come un impiego, ma come un percorso per l’acquisizione di nuove competenze pratiche.
Infine, tengo a sottolineare la necessità di coordinarci con le autorità nazionali, regionali e locali, attraverso partenariati, al fine di trasformare l’iniziativa Gioventù in movimento in un successo.
Niki Tzavela (EFD), per iscritto. – (EL) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Zver sull’iniziativa della Commissione Gioventù in movimento, il cui obiettivo è di garantire che vengano intraprese misure per combattere il problema dell’abbandono scolastico e incentivare l’aumento degli europei con un’istruzione postsecondaria. Si fa inoltre riferimento all’enorme importanza di garantire che l’istruzione fornita risponda ai bisogni specifici del mercato del lavoro e fornisca ai giovani europei le competenze e conoscenza necessarie.
Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto. – (LT) Creare un futuro sicuro per i giovani è un tema che mi sta molto a cuore. Purtroppo al giorno d’oggi le prospettive per i giovani lituani sono piuttosto grigie. In Lituania, il tasso di disoccupazione è del 34 per cento, circa il 14 per cento superiore alla media europea; secondo le statistiche, solamente due Stati membri hanno un tasso di disoccupazione superiore al nostro e, anche quando i giovani in Lituania trovano un posto di lavoro, sono spesso obbligati ad accettare contratti del tutto sfavorevoli. Dobbiamo impegnarci al massimo per attuare le tre priorità chiave: promuovere l’imprenditorialità, migliorare l’occupabilità dei giovani adattando l’istruzione ai bisogni del mercato del lavoro e offrire ai giovani la possibilità di giocare un ruolo più attivo nella società. L’iniziativa Gioventù in movimento è una delle piattaforme che potrebbero aiutare nella promozione dell’occupazione giovanile; lavorare e studiare all’estero sarebbe molto vantaggioso per i giovani lituani e per il nostro paese. Ancora più vitale, però, offrire ai giovani un futuro europeo creando legami tra i giovani e le piccole e medie imprese (PMI); in questo modo si incentiverà il bisogno di persone giovani all’interno delle PMI, incoraggiando di contro i giovani a lavorarvi.
Derek Vaughan (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della risoluzione perché, al fine di incrementare la competitività europea, è essenziale garantire ai giovani la possibilità di viaggiare e lavorare in tutta Europa. Possiamo raggiungere gli obiettivi della strategia Europa 2020 investendo nei programmi che forniscono ai giovani un’ampia gamma di opportunità e che promuovono la mobilità nel mercato del lavoro. Maggiori finanziamenti per i progetti che sostengono la mobilità giovanile e maggiore attenzione alla cooperazione tra imprese e istruzione offriranno ai giovani europei migliori opportunità di successo. È fondamentale sostenere i giovani che non seguono più i corsi di studio formali incoraggiando l’istruzione non formale e informale.
Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Mi sono astenuta dalla votazione sulla relazione in oggetto, nonostante il suo sguardo critico alle politiche europee per i giovani, in particolare quelle a livello di Stati membri.
La relazione contiene una serie di proposte positive, in particolare per quanto riguarda la partecipazione dei giovani nel processo di preparazione delle politiche europee a loro rivolte, il rafforzamento dell’istruzione informale e non formale e delle condizioni dei tirocinanti.
Nonostante il desiderio di incoraggiare gli Stati membri a incrementare gli investimenti nel settore dell’istruzione indipendentemente dalla crisi finanziaria, però, la relazione segue lo spirito delle politiche che mirano alla liberalizzazione dell’educazione superiore e a subordinarla solamente agli interessi contingenti del mercato e quindi delle aziende.
Alcune disposizioni, quali l’introduzione di un sistema europeo di prestiti agli studenti in particolare attraverso la BEI, sono molto preoccupanti alla luce dell’obiettivo prefissato di ottenere il maggiore accesso possibile all’università.
Dominique Vlasto (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione su Youth on the Move: – un quadro per migliorare i sistemi europei di istruzione e di formazione perché desidero sostenere un piano d’azione ambizioso a favore dei giovani europei. Il trattato di Lisbona ha ampliato le competenze dell’Unione europea per quanto riguarda i giovani e il Parlamento ha dunque il dovere di confermare il proprio sostegno a questa politica. L’identità europea assume significato solamente se può godere dell’appoggio dei cittadini più giovani e l’Europa deve assumersi le proprie responsabilità proponendo una strategia comune nei settori della formazione e dell’occupazione. Accolgo con favore le ambizioni della relazione, che stabilisce di destinare all'istruzione superiore un investimento pari al 2 per cento del PIL. Nel frattempo, mentre il mercato del lavoro europeo soffre le conseguenze della crisi economica, la formazione deve diventare una nostra priorità al fine di offrire ai giovani prospettive per il futuro e agevolare il loro accesso al mondo del lavoro. Anche rafforzare gli scambi europei (Erasmus, Leonardo da Vinci) sarà d’aiuto ai nostri giovani, in quanto questi programmi offrono un reale valore aggiunto a livello professionale e personale: tutti devono avere la possibilità di imparare una nuova lingua e scoprire una cultura differente.
Angelika Werthmann (NI), per iscritto. – (DE) promuovere la crescita intelligente, sostenibile e inclusiva implica necessariamente offrire le migliori opportunità nei settori dell’istruzione e della formazione. La mobilità durante gli studi, agevolata dai programmi europei quali Erasmus, Leonardo da Vinci e Comenius, promuove non solo l’aspetto formale dell’educazione, ma anche lo sviluppo personale e sociale. Per questi motivi ho votato a favore della relazione.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della proposta, in quanto l’istruzione presso la scuola materna e prescolare segue tradizioni differenti nel continente europeo, rendendo difficoltosa la realizzazione di un sistema unico europeo di istruzione prescolare. Per questo è più semplice definire e perseguire obiettivi comuni per armonizzare le prassi in modo coerente.
Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. – (RO) L’apprendimento iniziale dei bambini durante la prima infanzia pone le basi per il proficuo apprendimento nell’arco della vita. Nella prima infanzia i bambini sono particolarmente curiosi, inclini all'apprendimento e ricettivi e proprio in questa età si sviluppano importanti competenze come le capacità linguistiche ed espressive. In quest’età sono poste le basi per la futura evoluzione scolastica e professionale del bambino, nonché per la capacità di interazione sociale. I primi anni dell’infanzia sono fondamentali per lo sviluppo cognitivo, sensoriale e motorio, per lo sviluppo affettivo e personale e per l'acquisizione del linguaggio e si pongono le basi per il futuro apprendimento permanente. Tengo a sottolineare che lo sviluppo precoce di stili di vita sani, per esempio abitudini alimentari corrette accompagnate da un esercizio fisico idoneo ed equilibrato può esercitare una profonda influenza sullo sviluppo psicofisico.
L'Unione europea si compone di un insieme ricco e variato di tradizioni pedagogiche e nel continente l'istruzione precoce è erogata con modalità diverse. Ho votato a favore della relazione, sebbene riconosca la difficile realizzazione di un approccio ai servizi di educazione per la prima infanzia e incoraggi lo sviluppo di un quadro europeo comprensivo di obiettivi e valori condivisi che comprendano diritti e strutture comuni.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione. L’apprendimento iniziale dei bambini durante la prima infanzia pone le basi per il proficuo apprendimento nell’arco della vita, che è un elemento centrale per il raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020, che mira a creare una società inclusiva, a un aumento dell’occupazione, a un minore tasso di abbandono scolastico e a una riduzione della povertà. Sarà possibile raggiungere questi obiettivi solo se a tutti i bambini sarà offerto un adeguato punto di partenza nella vita. Gli Stati membri devono aumentare gli investimenti, garantendo un’istruzione nei primi anni di vita accessibile e di qualità, in grado di contribuire a ridurre l’abbandono scolastico precoce, a lottare contro gli svantaggi educativi dei bambini provenienti da gruppi culturali e sociali svantaggiati e a ridimensionare le disparità sociali che ne derivano.
Elena Băsescu (PPE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione Honeyball. L'Europa si compone di un insieme ricco e variato di tradizioni pedagogiche, che comporta la necessità di sviluppare un quadro europeo comprensivo di obiettivi, finanziamenti e valori condivisi. La strategia Europa 2020 deve concentrarsi sulla creazione di una società inclusiva grazie a un aumento dell’occupazione; la riduzione dei tassi di abbandono scolastico e della povertà sono obiettivi che possono essere raggiunto offrendo a tutti i bambini un futuro che apra loro le porta per una vita migliore. Desidero ricordarvi l’importanza delle attività nei primi anni di vita, soprattutto delle lingue straniere; le attività culturali sono una fonte di arricchimento per i bambini e favoriscono il dialogo tra le diverse culture. Infine, occorre tenere conto della varietà delle diverse condizioni di vita delle famiglie e della conseguente necessità di una gamma flessibile e innovativa di programmi di educazione per la prima infanzia.
Izaskun Bilbao Barandica (ALDE), per iscritto. – (ES) L’istruzione nella prima infanzia è fondamentale. Sostengo pienamente gli obiettivi prefissati di offrire, entro il 2012, assistenza all'infanzia per almeno il 90 per cento dei bambini di età compresa fra i 3 anni e l'età dell'obbligo scolastico e per almeno il 33 per cento dei bambini con meno di tre anni.
Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. – (RO) L'Europa si compone di un insieme ricco e variato di tradizioni pedagogiche e nel continente l'istruzione precoce è erogata con modalità diverse. Esistono significative differenze tra gli Stati membri in termini di qualità ed offerte, tassi d'iscrizione, approccio e gestione dei servizi, eccetera. Per questo motivo, la presente relazione riconosce l'inadeguatezza e la difficile realizzazione di un approccio ai servizi di custodia e di educazione per la prima infanzia (CEPI) nell'UE che preveda una soluzione valida per ogni contesto. Piuttosto, è decisamente più consono sviluppare un quadro europeo comprensivo di obiettivi e valori condivisi che comprendano diritti e strutture comuni. Il periodo che va dalla nascita ai tre anni è fondamentale per lo sviluppo cerebrale, fisico e cognitivo del bambino nonché per lo sviluppo del linguaggio. Questi primi anni gettano inoltre le basi per l'apprendimento del bambino in tutte le fasi della vita. È meno probabile che, rispetto ad altri gruppi, le famiglie povere utilizzino i servizi CEPI, soprattutto nei mercati privatizzati. Il dato è preoccupante, poiché è dimostrato che i bambini svantaggiati traggono maggiori benefici dall'accesso ai servizi CEPI.
Nessa Childers (S&D), per iscritto. – (EN) Si tratta di un argomento molto opportuno e per questo sostengo fermamente la linea seguita dal gruppo per concentrare l’attenzione sull’apprendimento durante la prima infanzia.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) Costruire solide basi in termini di custodia e di educazione nella prima infanzia quale complemento al ruolo centrale della famiglia rappresenta la base per il successo in termini di apprendimento nel corso della vita, integrazione sociale sviluppo personale e future possibilità di occupazione. Le prime esperienze dei bambini sono le fondamenta per l’apprendimento successivo, ne influenzano lo sviluppo e sono di aiuto nel rovesciare potenziali situazioni svantaggiose e di trasmissione della povertà di generazione in generazione. Offrendo ai bambini le capacità per sviluppare il proprio potenziale, l’istruzione e strutture di custodia di qualità posso contribuire al raggiungimento di due dei principali obiettivi della strategia Europa 2020: ridurre i tassi di abbandono scolastico al di sotto del 10 per cento e salvare 20 milioni di persone dalla povertà e dall’esclusione sociale.
Sostengo quindi lo sviluppo di una struttura europea comprensiva di obiettivi e valori condivisi, che contribuirà all’istituzione di adeguati servizi di custodia e di educazione per la prima infanzia, che dovranno contare su finanziamenti efficaci ed equi.
Vasilica Viorica Dăncilă (S&D), per iscritto. – (RO) è risaputo che nella prima infanzia i bambini sono particolarmente curiosi, inclini all'apprendimento e ricettivi, e che proprio in questa età si sviluppano importanti competenze come le capacità linguistiche ed espressive nonché la capacità di interazione sociale. Questi primi anni gettano inoltre le basi per l'apprendimento del bambino in tutte le fasi della vita, elemento fondamentale per il conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020, strategia che mira a creare una società inclusiva grazie a un aumento dell’occupazione, a un minore tasso di abbandono scolastico e a una riduzione della povertà; ritengo che questi obiettivi possono essere raggiunti con successo solo se a tutti i bambini sarà offerto un adeguato punto di partenza nella vita.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione sull’apprendimento durante la prima infanzia in quanto ritengo che il congedo parentale sia un elemento fondamentale nel corso dei primi anni di vita di un bambino. Rispondere in modo adeguato alle esigenze dei bambini richiede la difesa di migliori condizioni del congedo parentale, di maternità e di paternità, mettendo entrambi i genitori al centro dell’istruzione dei propri figli.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Come ho già detto in merito all’iniziativa Gioventù in movimento, l’istruzione è uno strumento essenziale per garantire la realizzazione degli ambiziosi obiettivi della strategia Europa 2020 e questo non vale solamente per l’istruzione secondaria e postsecondaria, ma anche per le prime nozioni che si apprendono sin dall’inizio nel corso della prima infanzia.
È essenziale che i bambini europei abbiano accesso a un’istruzione di qualità che fornisca loro le competenze basilari in materia di conoscenza della propria lingua madre, della matematica e di una o più lingue straniere. Questa preparazione deve permettere loro di acquisire il metodo di lavoro necessario per portare a termine con successo il percorso di studi e diventare produttivi, proprio come noi chiediamo di essere ai giovani europei.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Questa relazione è incentrata sull’apprendimento durante la prima infanzia nell’Unione europea. Sappiamo tutti che una casa si costruisce sulle fondamenta: se queste sono scadenti, si corre il rischio che l’edificio non sia sano e quindi crolli. Lo stesso vale per l’istruzione: un’istruzione con fondamenta solide e di qualità garantisce un futuro migliore per gli europei. Gli interventi nel corso dei primi anni di vita di un bambino sono fondamentali per il suo futuro, per la sua salute, per le relazioni in famiglia e gli permetteranno di trovare un’occupazione migliore in futuro. L’apprendimento nel corso della prima infanzia è una questione molto importante cui i legislatori non hanno prestato la debita attenzione. La preparazione delle risorse umane riveste un valore molto maggiore della qualità dell’edificio. La qualità dei servizi professionali di quanti sono impiegati nel settore deve essere migliorata. Concordo sull’istituzione di valori e criteri condivisi da tutti gli Stati membri e per questo ho votato a favore della relazione.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione è incentrata sulla questione fondamentale dell’apprendimento durante la prima infanzia ed ha un impatto positivo in termini di sviluppo cognitivo, motorio, comportamentale, affettivo ed emotivo, elementi cruciali per una crescita psicofisica sana ed equilibrata dei bambini.
La relazione riconosce alcune questioni chiave nella sua prefazione, quali la relazione tra situazioni di povertà e svantaggiate e gli scarsi risultati scolastici, o le difficoltà che numerose casalinghe incontrate nel conciliare gli obblighi famigliari con orari di lavoro non regolamentati e lavori precari. Purtroppo questi temi non vengono poi affrontati nel testo, che non avanza le proposte necessarie per porre rimedio a queste situazioni.
L’apprendimento nel corso della prima infanzia, in quanto elemento fondamentale per lo sviluppo sociale e la lotta alla povertà, dovrebbe basarsi sulla garanzia di una rete di asili pubblici, gratuiti, di alta qualità e accessibili a tutti. L’istruzione non può essere in balia delle leggi del mercato. Per offrire la prospettiva di una vita e un futuro migliori, dobbiamo istituire una rete pubblica di asili, che copra un’area geografica più ampia, con modelli di insegnamento più aperti che incoraggino lo sviluppo del bambino e della società, contribuendo in questo modo alla lotta contro la segregazione e la discriminazione.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione è incentrata sulla questione fondamentale dell’apprendimento durante la prima infanzia ed ha un impatto positivo in termini di sviluppo cognitivo, motorio, comportamentale, affettivo ed emotivo, elementi cruciali per una crescita psicofisica sana ed equilibrata dei bambini.
La relazione riconosce alcune questioni chiave nella sua prefazione, quali la relazione tra situazioni di povertà e svantaggiate e gli scarsi risultati scolastici, o le difficoltà che numerose casalinghe incontrano nel conciliare gli obblighi famigliari con orari di lavoro non regolamentati e lavori precari. Purtroppo questi temi non vengono poi affrontati nel testo, che non avanza le proposte necessarie per porre rimedio a queste situazioni.
L’apprendimento nel corso della prima infanzia, in quanto elemento fondamentale per lo sviluppo sociale e la lotta alla povertà, dovrebbe basarsi sulla garanzia di una rete di asili pubblici, gratuiti, di alta qualità e accessibili a tutti. L’istruzione non può essere in balia delle leggi del mercato. Per offrire la prospettiva di una vita e un futuro migliori, dobbiamo istituire una rete pubblica di asili, che copra un’area geografica più ampia, con modelli di insegnamento più aperti che incoraggino lo sviluppo del bambino e della società, contribuendo in questo modo alla lotta contro la segregazione e la discriminazione.
Monika Flašíková Beňová (S&D), per iscritto. – (SK) Sia le relazioni presentate sia la discussione odierna considerano la cultura e l’istruzione da diversi punti di vista. A mio parere, lo sviluppo della creatività sin dalla nascita è un aspetto molto importante. La relazione dell’onorevole Honeyball precisa che è meglio, sotto molti punti di vista, iniziare l’apprendimento sin dalla prima infanzia. Secondo i documenti sui diritti umani attualmente in vigore in Europa, i bambini sono cittadini attivi a pieno titolo che godono di diritti ben definiti. Hanno un potenziale creativo immenso e il periodo dalla nascita fino ai tre anni influenza in modo fondamentale lo sviluppo del pensiero, nonché lo sviluppo fisico e cognitivo. Questi primi anni gettano inoltre le basi per l'apprendimento del bambino in tutte le fasi della vita, elemento fondamentale per il conseguimento degli obiettivi di Lisbona. Le famiglie povere, spesso rom, hanno di solito un accesso estremamente basso ai servizi di istruzione e di assistenza per la prima infanzia. Il dato è ancora più preoccupante se si considera che i bambini di famiglie svantaggiate traggono i maggiori benefici dalla possibilità di usufruire di questi servizi.
Dobbiamo garantire che l’istruzione e l’assistenza siano disponibili per tutte le famiglie e tutti i bambini, indipendentemente dalla loro origine o situazione finanziaria. Disprezzo il ricorso a questioni di carattere pragmatico e finanziario quando si tratta di diritti umani o di casi che dovrebbero essere scontate e il più indipendenti possibile dalla situazione economica. È giusto notare, comunque, che la scelta di non investire implica costi che possono non essere immediatamente identificati.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Ogni volta quest’Aula presenta relazioni dai titoli che non lasciano alcun dubbio sull’insensatezza dei contenuti! La relazione Honeyball è una di queste. Tralasciando il classico paragrafo sul destino degli immigrati, sul multiculturalismo e sulla promozione di qualsiasi cosa per le minoranze, la chicca della relazione è al paragrafo 14: "i genitori, sia la madre che il padre, sono partner alla pari in ambito CEPI”. C’è scritto davvero “partner”? Non è forse il loro primo dovere quello di educare i loro figli? È però vero che al paragrafo 16 la relatrice invita a investire nei programmi per l’educazione parentale. Sin dall’inizio i genitori vengono quindi considerati incapaci, irresponsabili e infantili; questa è l’impressione, confermata anche al paragrafo 27 che sottolinea che, senza adeguati servizi per la prima infanzia, i nostri figli rischiano di diventare criminali o di avere comportamenti antisociali. La vostra fiducia nel genere umano è stupefacente e viene da chiedersi come siamo riusciti a sopravvivere sinora senza di voi. No, davvero, il più grande favore che potete fare ai nostri amati bambini è di lasciarli in pace!
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione in quanto gli anni della prima infanzia (età prescolare) sono fondamentali per lo sviluppo cognitivo, sensoriale e motorio e per l’acquisizione del linguaggio e in questi anni si gettano le basi per l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita. Si raccomanda quindi agli Stati membri di prendere in considerazione l’introduzione di un anno di frequenza obbligatoria della scuola materna prima di accedere alla scolarizzazione vera e propria. Vengono incoraggiate l'applicazione e la promozione di modelli pedagogici innovativi per l'insegnamento delle lingue, segnatamente asili e scuole materne plurilingui, in linea con l'obiettivo fissato a Barcellona nel 2002, che include l'apprendimento delle lingue regionali, minoritarie e dei paesi vicini. In un clima economico instabile non dobbiamo tralasciare di investire considerevolmente nei servizi di custodia e di educazione per la prima infanzia, cui gli stati membri devono destinare adeguate risorse. La qualità dell’istruzione nei primi anni di vita può contribuire a ridurre l’abbandono scolastico precoce, a lottare contro gli svantaggi educativi dei bambini provenienti da gruppi culturali e sociali svantaggiati e a ridimensionare le disparità sociali che ne derivano, tutti aspetti che toccano la società nel suo complesso. Sono particolarmente a rischio i giovani provenienti da gruppi sociali vulnerabili. Dobbiamo avere a cuore le generazioni future e la qualità della loro istruzione.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, consapevoli dell'inadeguatezza e della difficile realizzazione di un approccio ai servizi di custodia e di educazione per la prima infanzia, l'attenzione va posta sulla possibile implementazione di cosa è necessario e dei livelli a cui bisogna agire. Intendiamo per infanzia il periodo dei primi sei anni di vita di un bambino. Una fase delicata questa per lo sviluppo sia cerebrale, fisico e cognitivo del bambino ma anche di quello relativo al linguaggio. In questi anni, il bambino va ad apprendere, a conoscere gli strumenti con i quali da grande elaborerà meccanismi cognitivi differenti ma necessari allo studio e al lavoro che andrà a compiere. Ho votato, pertanto, a favore di questa relazione perché qui si parla di tutelare l'infanzia, il diritto di migliaia di bambini ad andare a scuola o di essere messi nelle condizioni di apprendere nella maniera più ottimale. Sono in gioco il futuro e lo sviluppo dell'UE quando parliamo di ciò ed è per tale ragione che bisogna agire nella direzione illustrata dalla collega Honeyball, con la quale mi congratulo per il lavoro svolto.
Petru Constantin Luhan (PPE), per iscritto. – (RO) è di vitale importanza sostenere una politica e un approccio comune a tutti gli Stati membri in materia di apprendimento durante la prima infanzia. L’accesso a questo tipo di istruzione apporta enormi benefici di carattere economico, sociale e culturale. Oltre a una politica comune a livello europeo, è altresì fondamentale garantire una collaborazione e un coordinamento migliori a livello locale fra le varie istituzioni e ministeri che si occupano di politiche e programmi interenti alla prima infanzia. Questi programmi sono molto importanti perché, proprio durante i primi anni di vita, i bambini hanno una particolare capacità di apprendimento e si possono già definire i loro percorsi educativi e professionali.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione. Nel 2002 il Consiglio europeo di Barcellona ha invitato gli Stati membri a offrire, entro il 2012, assistenza all'infanzia per almeno il 90 per cento dei bambini di età compresa fra i 3 anni e l'età dell'obbligo scolastico e per almeno il 33 per cento dei bambini con meno di tre anni. Questi obiettivi indicavano un approccio di mercato del lavoro ai servizi CEPI, basato sulla necessità individuata in quel momento di aumentare il numero delle donne che lavorano. Sebbene sia fondamentale prestare la debita attenzione al legame tra i servizi CEPI e le pari opportunità tra uomini e donne, tali obiettivi sono chiaramente problematici e superati, poiché non tengono conto dei numerosi aspetti qualitativi fondamentali di una rigorosa politica dell'istruzione precoce. I centri CEPI non sono semplicemente luoghi dove "parcheggiare" i bambini per consentire alle donne di lavorare, bensì strutture della massima importanza per contribuire al benessere dei bambini e migliorarne le opportunità future.
Jiří Maštálka (GUE/NGL), per iscritto. – (CS) Dobbiamo prestare particolare attenzione e un approccio attento in termini di ambiente esterno agli anni della prima infanzia. Non va dimenticato che si tratta di un periodo unico e irripetibile per lo sviluppo, che forma parte della personalità di una persona. È necessario prestarvi maggiore attenzione e non deve mai essere sottovalutato o ignorato, neanche per brevi periodi. Gli adulti devono fare da esempio, ad esempio aiutando i bambini ad acquisire diverse abilità e competenze. Si tratta del periodo in cui si sviluppa la personalità, quando il processo di apprendimento è per così dire spontaneo e naturale e il mondo esterno viene osservato, accettato e assimilato nella massima misura possibile. Sebbene lo sviluppo di un bambino comprenda una serie di fattori, sia genetici sia dall’ambiente esterno, la personalità si forma principalmente dall’influenza dei genitori e dalla cerchi più vicina di persone.
Vorrei infine ricordare e sottolineare l’importanza in questo contesto di un’attività fisica adeguata e completa, dedicata soprattutto a questa età, per aiutarli nello sviluppo dell’individualità e contribuire a un maggiore benessere futuro.
Iosif Matula (PPE), per iscritto. – (RO) L’apprendimento nella prima infanzia si riflette in larga misura sullo sviluppo futuro dei bambini e sulle loro possibilità di successo. Gli investimenti a favore della prima infanzia riducono i costi successivi in relazione a assistenza sanitaria, tasso di criminalità e comportamenti antisociali. La cura e l’educazione della prima infanzia sono tuttavia fornite in modo eterogeneo nell’Unione europea e sarebbe comunque difficile applicare un approccio valido in ogni contesto; sarebbe piuttosto più consono definire un quadro europeo comune con obiettivi e valori chiari e ben definiti. Secondo l’obiettivo fissato nel 2002, gli Stati membri devono offrire assistenza all'infanzia per almeno il 90 per cento dei bambini di età compresa fra i 3 anni e l'età dell'obbligo scolastico: non vi è alcuna logica razionale alla base di questa disposizione, considerando il continuo aumento delle donne lavoratrici. È fondamentale coinvolgere le minoranze nei programmi di apprendimento durante la prima infanzia, soprattutto i ro, spasso in situazioni svantaggiate. Dobbiamo inoltre garantire un numero sufficiente di posti per la custodia dei bambini, evitando in questo modo lunghe attese per iscrivere i propri figli in questi istituti; non vanno peraltro trascurate le qualifiche professionali del personale che lavora con i bambini, che si riflettono sulla qualità dell’istruzione fornita.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Garantire che tutti i bambini ricevano pari assistenza e istruzione, indipendentemente dalla loro età e condizione sociale, è il minimo che possiamo fare. La relazione Honeyball, nonostante sia piuttosto buona, non osa chiedere neanche questo. È deplorevole. Il testo però non avrà alcuna conseguenza giuridica e può essere approvato nonostante le sue gravi lacune.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) è l’apprendimento durante la prima infanzia pone le basi per il proficuo apprendimento nell’arco della vita. Nella prima infanzia i bambini sono particolarmente curiosi, inclini all'apprendimento e ricettivi e, proprio in questa età, si sviluppano importanti competenze come le capacità linguistiche ed espressive nonché la capacità di interazione sociale. Sempre in questa età sono poste le basi per la futura evoluzione scolastica e professionale del bambino. Dobbiamo quindi impegnarci appieno affinché i bambini abbiano accesso alle medesime condizioni di apprendimento, senza alcuna discriminazione.
Louis Michel (ALDE), per iscritto. – (FR) L’apprendimento iniziale dei bambini durante la prima infanzia pone le basi per il proficuo apprendimento nell’arco della vita. In questo modo si affina l’intelligenza del bambino, stimolando la sua naturale curiosità e sviluppando delle capacità motorie, oltre ad aumentare l’interesse nel lavoro manuale e aiutare la salute mentale. Sviluppa inoltre le capacità sociali, la propria madrelingua e abitua il bambino alle sonorità di una lingua straniera, oltre a fornire i rudimenti della lettura e della matematica.
Ciononostante, la cura e l’educazione della prima infanzia sono fornite in modi diversi a seconda dei paesi dell’Unione europea, sulla base della loro interpretazione di ”infanzia”. Questo tipo di istruzione riceve generalmente meno attenzione e investimenti rispetto agli altri livelli; tutti i genitori e i bambini devono avere accesso ai servizi di cura ed educazione indipendentemente dal loro background o dalla loro situazione finanziaria, e i genitori devono essere parte attiva di questi servizi.
L'età prescolare è la fase più importante per lo sviluppo emotivo e sociale del bambino e pertanto le persone che lavorano con bambini in tenera età devono possedere adeguate qualifiche professionali. La preoccupazione primaria deve sempre essere rivolta alle necessità e agli interessi del bambino.
Miroslav Mikolášik (PPE), per iscritto. – (SK) La prima infanzia è senza dubbio fondamentale per lo sviluppo fisico, mentale e sociale dei bambini e per questo dobbiamo comprendere che gli investimenti nell’istruzione prescolare serviranno a garantire la crescita futura. Oltre a questo, molti studi hanno dimostrato che i finanziamenti in questo settore portano a considerevoli vantaggi economici e sociali nel medio e lungo periodo.
Il modo migliore e più naturale per garantire sostegno a questo tipo di istruzione è di proteggere le famiglie quali unità alla base della società. I genitori sono i primi insegnanti per i loro figli e il quadro giuridico non deve includere disposizioni che penalizzino le famiglie che si prendono direttamente cura dei propri figli, soprattutto nella prima infanzia. Sebbene questo tema sia di competenza esclusiva degli Stati membri, è caldamente auspicabile che l’Unione europea, grazie al suo ruolo di coordinamento, contribuisca al miglioramento della situazione a livello nazionale. Per questi motivi, ho sostenuto la posizione della relatrice.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) La proposta di risoluzione presentata dall’eurodeputata socialista britannica, onorevole Honeyball, cerca di ridurre il ruolo dei genitori di un bambino a semplici partner del sistema d’istruzione nazionale. Cito testualmente dal resoconto (paragrafo 14): “[Il Parlamento europeo] sottolinea che i genitori, sia la madre che il padre, sono partner alla pari in ambito CEPI [custodia e di educazione per la prima infanzia]; (…)”. Questa formulazione esprime una profonda sfiducia nella famiglia e nel diritto universalmente riconosciuto dei genitori di prendersi cura e crescere i propri figli. Questo è in netto contrasto con le leggi della Repubblica federale di Germania, che prevedono che “la cura e la crescita dei bambini sono un diritto naturale dei genitori e un loro dovere primario” (articolo 6, paragrafo 2). La relazione è un esempio dell’approccio contro la famiglia dell’Unione europea e cerca di immischiarsi nelle competenze sociali degli Stati membri.
Franz Obermayr (NI), per iscritto. – (DE) i primi tre anni di vita di un bambino sono estremamente importanti per lo sviluppo cerebrale e per l'acquisizione del linguaggio, alla base del pensiero logico e della comprensione dell’ambiente circostante. Senza un certo livello di conoscenze linguistiche, l’apprendimento successivo è molto difficile e diventa sempre più arduo risolvere i difetti di linguaggio con l’avanzare dell’età. La relazione fa notare che gran parte dei bambini immigrati nell’Unione europea ricevono un’istruzione senza però un’adeguata conoscenza linguistica. Al contempo, sostiene che le famiglie immigrate, e le minoranze come i rom, utilizzano meno delle altre famiglie i servizi di educazione per la prima infanzia. Non possiamo permettere che il livello delle nostre scuole continui a diminuire solo perché molti studenti non riescono a comprendere gli insegnati. Tutti i bambini, migranti o meno, al momento di iscriversi a scuola, devono conoscere la lingua ufficiale del paese ad un livello che permetta loro di seguire le lezioni previste. La relazione non include alcun tentativo concreto per risolvere il problema, ma anzi muove verso il pieno “accudimento” dei genitori e verso il totale controllo statale sulla crescita dei bambini. Per questo ho votato contro la relazione.
Georgios Papanikolaou (PPE), per iscritto. – (EL) Le differenze nelle tradizioni pedagogiche europee e, quindi, nell’educazione prescolare sono accettabile e, anzi, ben accette in quanto riflettono gli aspetti culturali, storici e sociali di un paese. Vi è comunque ancora spazio per sviluppare un quadro europeo con elementi, obiettivi e valori condivisi e con diritti e strutture comuni. Se vogliamo raggiungere gli obiettivi di Barcellona che prevedono per gli Stati membri di offrire assistenza all'infanzia per almeno il 90 per cento dei bambini di età compresa fra i 3 anni e l'età dell'obbligo scolastico e per almeno il 33 per cento dei bambini con meno di tre anni, dobbiamo allora raggiungere un accordo tra Stati membri e, ove possibile, scambiare informazioni e buone prassi, soprattutto da parte dei paesi UE con strutture avanzate per l’istruzione prescolare a partner con minore esperienza nel settore.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) La cura e l’educazione della prima infanzia è fornita in modi diversi a seconda dei paesi dell’Unione europea, con varie definizioni di “qualità” che dipendono fortemente dai valori culturali degli Stati e delle regioni, nonché dalla loro interpretazione di ”infanzia”. L’apprendimento iniziale dei bambini durante la prima infanzia pone le basi per il proficuo apprendimento nell’arco della vita, che è un elemento centrale per il raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020. Per questo ho votato a favore della relazione sull’apprendimento durante la prima infanzia che definisce obiettivi comuni europei per il raggiungimento dei traguardi fissati dal Consiglio europeo di Barcellona e segnatamente: fornire entro il 2010 un’assistenza all’infanzia per almeno il 90 per cento dei bambini di età compresa fra i 3 anni e l'età della scuola dell'obbligo e per almeno il 33 per cento dei bambini di età inferiore ai 3 anni. Come la relatrice, invito a obiettivi più ambiziosi. Si tratta di un approccio incentrato sui bambini che riconosce che i primi anni dell’infanzia sono fondamentali per lo sviluppo cognitivo, sensoriale e motorio, per lo sviluppo affettivo e personale e per l’acquisizione del linguaggio, alla base dell’apprendimento nell’arco della vita.
Phil Prendergast (S&D), per iscritto. – (EN) L’accesso all’apprendimento durante la prima infanzia è di fondamentale importanza per i bambini, che sono in questo periodo particolarmente ricettivi e inclini all’apprendimento; in questi si sviluppano abilità cruciali quali la capacità di linguaggio e di socializzare. Esiste inoltre un chiaro nesso fra situazioni svantaggiate e povere e scarsi risultati scolastici. Dobbiamo quindi riuscire a raggiungere gli obiettivi fissati dal Consiglio europeo di Barcellona di fornire entro il 2010 un’assistenza all’infanzia per almeno il 90 per cento dei bambini di età compresa fra i 3 anni e l'età della scuola dell'obbligo e per almeno il 33 per cento dei bambini di età inferiore ai 3 anni. Affrontare lo svantaggio educativo fornendo un’istruzione di elevata qualità nella prima infanzia e un sostegno mirato, nonché promuovendo un’istruzione inclusiva è fondamentale per creare una società realmente inclusiva.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) La prima infanzia è un periodo cruciale per lo sviluppo del bambino di una serie di capacità cognitive e sociali, quali ad esempio il multilinguismo, che influenzeranno tutta la loro vita. Lo studio di questa fase dell’apprendimento è stato ancora poco approfondito e, nel contesto generale dell’istruzione, vi viene attribuita scarsa importanza. Questa situazione ha un impatto negativo, ad esempio, sui bambini cresciuti in famiglie meno benestanti, nelle quali il loro sviluppo cognitivo viene spesso scarsamente stimolato. È quindi urgente e necessario migliorare la cura e l’educazione nella prima infanzia (CEPI). Per questo ho votato a favore della risoluzione.
Robert Rochefort (ALDE), per iscritto. – (FR) I primi anni dell’infanzia sono fondamentali per lo sviluppo cognitivo, sensoriale e motorio, per lo sviluppo affettivo e personale e per l'acquisizione del linguaggio e si pongono le basi per l’apprendimento permanente. Sono pienamente a favore dell’attuazione di un approccio europeo comune per l’apprendimento durante la prima infanzia (sempre rispettando le diversità negli approcci nazionali) e sostengo la relazione dell’onorevole Honeyball, che raccomanda l’elaborazione di un quadro europeo per i servizi CEPI, mettendo in evidenza obiettivi e valori condivisi. Considerando il ruolo chiave dei genitori quali “primi educatori”, la relazione cerca di migliorare il congedo parentale, che deve essere sufficientemente lungo da permettere ai genitori di svolgere il loro ruolo chiave nell’educazione dei figli nei primi anni di vita; incoraggia gli Stati membri a investire nei programmi per l’educazione parentale e a fornire altre forme di assistenza per i genitori che hanno bisogno di ulteriore assistenza. Naturalmente questo richiede investimenti aggiuntivi da parte dei 27 Stati membri, ai quali chiedo di stanziare adeguate risorse ai servizi CEPI. L’educazione deve essere una priorità politica.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) L’istruzione precoce segue traduzioni lunghe e differenziate nei diversi Stati membri. È importante definire un quadro di valori e obiettivi comuni con un unico traguardo condiviso d tutti gli Stati membri, pur mantenendo lo scambio di buone prassi come la chiave per fornire servizi di qualità e conservando le esigenze dei bambini e l’assistenza al centro dei nostri sforzi. Le raccomandazioni della relazione sono incentrate sull’equilibrio tra il ruolo degli Stati membri e della Commissione; sulla necessità di ampliare il servizio scolastico per la prima infanzia sulla scia delle buone prassi di quegli stati membri dove gli asili nido e le scuole materne sono un diritto dei genitori; sull’inclusione di tutti i bambini, indipendentemente dall’estrazione sociale (concetto di servizio pubblico); sull’assistenza ai bambini immigrati e sulla loro integrazione nella scuola; sull’utilizzo dell’arte e di tutti gli strumenti atti a aumentare la creatività dei bambini; sulla formazione degli educatori per ottenere migliori abilità interculturali; sulla parità di genere nel personale delle strutture per la prima infanzia; e sulla creazione di nuovi posti di lavoro di qualità.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. − Ho votato a favore di questo testo perché ritengo che nell'Unione europea l'istruzione precoce venga erogata con modalità ancora molto diverse fra i singoli Stati membri. È necessario sviluppare un quadro europeo comune comprensivo di obiettivi e valori che siano condivisi e che comprendano diritti e strutture comuni. I bambini devono essere considerati dei veri e propri cittadini attivi, in grado di formulare ed esprimere opinioni proprie, che godono di diritti e che possiedono un potenziale di creatività proprio. In questo quadro, ancora una volta, i genitori devono essere considerati il fulcro fondamentale della loro educazione.
La famiglia naturale è il luogo ideale per un bambino per crescere e svilupparsi, e ancora una volta la concessione di un adeguato periodo di congedo parentale può aiutare a ridurre la richiesta di posti nelle strutture per l'infanzia. Bisognerà quindi agire concretamente in quanto pochissimi Stati membri offrono oggi periodi di congedo remunerato sufficientemente lunghi rispetto alle esigenze delle famiglie.
Nikolaos Salavrakos (EFD), per iscritto. – (EL) L’istruzione di un bambino durante la prima infanzia è estremamente importante per il suo corretto sviluppo ed è la chiave per creare una società stabile ed economicamente dinamica. Investire nell’istruzione prescolare apporterà benefici sul lungo periodo nel futuro dei nostri figli. Gli sforzi della relatrice di esaminare la questione a livello europeo e nazionale sono significativi. Accolgo con favore l’invito a incrementare la ricerca europea nel settore, la necessità di identificare e scambiare buone prassi a livello europeo e l’impiego adeguato dei Fondi strutturali e dei programmi dedicati.
Marie-Thérèse Sanchez-Schmid (PPE), per iscritto. – (FR) Nel 2002 il Consiglio europeo di Barcellona ha fissato l’obiettivo di introdurre entro il 2010 un’assistenza all’infanzia per almeno il 90 per cento dei bambini di età compresa fra i 3 anni e l'età della scuola dell'obbligo e per almeno il 33 per cento dei bambini di età inferiore ai 3 anni. Purtroppo siamo ancora molto lontani da questi traguardi; ciononostante il numero e la qualità dei centri di assistenza all’infanzia sono fondamentali per l’Europa. Sin dalla prima infanzia, infatti, l’assistenza, l’istruzione e la graduale consapevolezza dell’ambiente si dimostrano per i bambini elementi cruciali per le fasi educative successive. I genitori non devono abbandonare le proprie aspirazioni professionali a causa della mancanza di centri di assistenza all’infanzia. La relazione ricorda comunque, giustamente, che ogni paese ha una concezione differente di assistenza e diversi modelli d’educativi, che dobbiamo rispettare. Con questa relazione il Parlamento europeo sta dimostrando che l’Unione europea non vuole sacrificare l’assistenza all’infanzia in nome della libera concorrenza dei servizi e lascia gli Stati liberi di decidere in merito al proprio programma educativo.
Daciana Octavia Sârbu (S&D), per iscritto. – (EN) L’istruzione precoce può esercitare una profonda influenza sulle possibilità di vita di ogni individuo. In particolare, lo sviluppo precoce di stili di vita sani, per esempio abitudini alimentari corrette e un esercizio fisico equilibrato, è essenziale per la salite psicofisica. Come tutte le politiche incentrate sul principio “prevenire è meglio che curare”, anche l’istruzione precoce è relativamente economica considerando i risultati. Mi congratulo con la relatrice per il testo completo che sottolinea alcuni punti cruciali per le future discussioni e azioni.
Joanna Senyszyn (S&D), per iscritto. – (PL) Ho votato a favore della relazione sull’apprendimento durante la prima infanzia nell’Unione europea. Vorrei attirare l’attenzione in particolare su tre questioni. In primo luogo, i primi anni dell’infanzia sono fondamentali per lo sviluppo cognitivo, sensoriale e motorio. Per questo, nella redazione di politiche e programmi interenti alla prima infanzia gli stati membri devono prendere in considerazione una serie di aspetti che interessano lo sviluppo durante l’infanzia, quali la migrazione, la parità di genere e l’occupazione. In secondo luogo, i centri di assistenza a livello locale devono sviluppare programmi d’azione che tengano conto delle diverse situazioni ed esigenze nell’ambito della cura e dell’educazione nella prima infanzia. Devono anche godere di un’autonomia sufficiente, cosicché possano mantenere la loro unicità e creatività nell’attuazione dei programmi per i bambini. In terzo luogo, è necessario migliorare i servizi di cura ed educazione della prima infanzia, attraverso lo sviluppo di meccanismi intesi a verificare gli interventi attuati e a garantire che siano rispettati gli standard di qualità.
La mia ultima osservazione riguarda la necessità di un accesso universale ai centri di assistenza all’infanzia. I dati forniti dal ministero dell’Istruzione polacco dimostrano che nel mio paese vi sono 8 400 asili pubblici e 1 600 asili privati, per circa 1,6 milioni di bambini al di sotto dei sei anni. Questo significa che vi è posto negli asili per circa il 40 per cento dei bambini, mentre in Polonia vi sono 352 asili nido, frequentati da solamente il 2 per cento dei bambini al di sotto dei tre anni. Questa situazione problematica è una delle cause dell’alto tasso di disoccupazione femminile.
Catherine Stihler (S&D), per iscritto. – (EN) Sostengo la relazione in quanto è fondamentale riconoscere il valido contributo dell’apprendimento durante la prima infanzia e l’importanza di raggiungere gli obiettivi della strategia Europa 2020.
Niki Tzavela (EFD), per iscritto. – (EL) è un dato di fatto che i sistemi educativi degli Stati membri divergano e che, di conseguenza, la ricerca e lo scambio di buone prassi (che la relazione appoggia) porteranno a importanti risultati per i bambini europei in termini di miglioramento dell’apprendimento durante la prima infanzia. In realtà, l’approccio rivolto ai bambini per servizi universali e non mirati, il coinvolgimento dei genitori e una migliore integrazione dei servizi mi hanno portato a votare a favore della relazione Honeyball sull’apprendimento durante la prima infanzia nell’Unione europea.
Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione che raccomanda politiche pubbliche a favore dell’assistenza all’infanzia quali passi nella giusta direzione.
La relazione prende in considerazione la diversità dei sistemi e delle tradizioni in Europa nell’ambito dell’istruzione e dell’assistenza all’infanzia, suggerendo un approccio incentrato sulle esigenze del bambino e sull’impatto che questa forma di istruzione precoce avrà sulla scolarizzazione e sullo sviluppo personale del bambino.
Il testo presenta in modo chiaro le questioni legate all’assistenza e a un accesso equo all’istruzione per tutti e, in particolare, per i bambini di famiglie immigrate (indipendentemente dalla loro situazione); sottolinea in modo particolare questi punti nel contesto della lotta alla povertà e all’esclusione sociale.
La relazione sottolinea infine la necessità di fornire un’occupazione stabile, una formazione di qualità e un’equa tutela sociale al personale che lavora in questo settore.
Angelika Werthmann (NI), per iscritto. – (DE) Ho votato a favore della relazione. La relatrice ha giustamente posto le esigenze dei bambini al cuore della relazione. Non sorprende che il testo concluda che un’unica soluzione europea non è possibile. Al contempo, però, abbiamo bisogno di un “quadro” europeo in grado di coordinare l’istruzione precoce con gli altri programmi europei, quali l’apprendimento permanente.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della proposta del gruppo S&D. L'accordo di partenariato nel settore della pesca, infatti, avrebbe verosimilmente contribuito allo sfruttamento eccessivo di alcuni stock, in particolare le piovre, riducendo al contempo le opportunità di pesca per i pescatori mauritani e conferendo un vantaggio competitivo al comparto europeo a fronte delle commissioni di accesso sovvenzionate per le imbarcazioni UE. Esprimo apprezzamento per la proposta della Commissione europea che è volta ad aprire i negoziati sul rinnovo del protocollo dell'accordo di partenariato tra l'Unione europea e la Repubblica islamica di Mauritania. Accolgo con favore anche la proposta dell'Esecutivo di introdurre una clausola sui diritti umani nell'accordo e chiedo alla Commissione di istituire un dialogo con la Mauritania affinché il paese persegua una politica responsabile in materia di pesca in grado sia di soddisfare le esigenze di conservazione che di centrare l'obiettivo dello sviluppo economico delle risorse ittiche. Chiedo, inoltre, alla Commissione di assumere provvedimenti urgenti per ridurre le catture accessorie dei pescherecci UE che pescano in acque mauritane.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della risoluzione. Il protocollo dell'accordo di partenariato nel settore della pesca con la Repubblica islamica di Mauritania scade il 31 luglio 2010. Il settore della pesca in Mauritania riveste una grandissima importanza per l'economia nazionale, in quanto rappresenta il 10 per cento del PIL ed il 35-50 per cento delle esportazioni. In questo ambito la Commissione intende avviare dei negoziati in merito al rinnovo di tale accordo. Apprezzo l'iniziativa, ma devono essere affrontate diverse questioni importanti. Stando alle valutazioni compiute, è già stato raggiunto il livello di sfruttamento, arrivando anche allo sfruttamento eccessivo, per la maggior parte degli stock in Mauritania. Di conseguenza, la Commissione deve discutere con questo interlocutore in merito allo sviluppo di piani a lungo termine per la gestione della pesca, in cui le autorità maritane fissino delle quote per la pesca sia per la flotta nazionale che per le flotte di paesi terzi in modo da garantire lo sfruttamento sostenibile delle risorse ittiche.
Izaskun Bilbao Barandica (ALDE), per iscritto. – (ES) Ho votato a favore della risoluzione, in quanto bisogna avviare i negoziati per il rinnovo del protocollo dell'accordo di partenariato nel settore della pesca tra l'Unione europea e la Repubblica islamica di Mauritania. Siffatti negoziati consentiranno alle imbarcazioni che battono bandiera UE di pescare in acque mauritane in base al principio delle risorse eccedenti, come prevede la convezione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. La Mauritania, inoltre, deve ratificare gli strumenti internazionali applicabili in materia di pesca.
Slavi Binev (NI), per iscritto. – (BG) Sostengo la risoluzione sul rinnovo del protocollo dell'accordo di partenariato nel settore della pesca tra l'Unione europea e la Mauritania, in quanto l'accordo si basa sul principio dell'eccedenza, che è compatibile con la strategia UE sulla pesca sostenibile. La Mauritania, oltretutto, è anche uno dei paesi più poveri del mondo, classificandosi come paese povero fortemente indebitato. Per questo motivo l'accordo riveste una grandissima importanza per il paese. Infatti l'Unione europea versa un corrispettivo di accesso, garantendo quindi un reddito supplementare distinto dagli aiuti finanziari.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Esprimo apprezzamento per la proposta della Commissione relativa all'avvio dei negoziati sul rinnovo del protocollo tra UE e Repubblica islamica di Mauritania. Questo paese sta perdendo valore aggiunto a causa della mancanza di possibilità di sfruttare le proprie risorse ittiche. È quindi necessario studiare tutte le implicazioni economiche che ne discendono, in particolare sul piano economico e sociale. È essenziale tenere presente che il settore della pesca riveste una grandissima importanza per l'economia della Mauritania, che è uno dei paesi più poveri dell'Africa e che dipende finanziariamente dagli aiuti esteri oltre ad essere soggetto ad una grave instabilità politica. Ho votato a favore della proposta di risoluzione presentata dal gruppo PPE, poiché nel testo legislativo bisogna prestare una particolare attenzione a tutti questi fattori.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della proposta di risoluzione sull'accordo di partenariato nel settore della pesca tra UE e Mauritania, poiché reputo opportuno rinnovare l'accordo, in cui deve essere inserita anche una clausola sui diritti umani. Bisogna continuare ad aiutare il paese affinché sviluppi una politica responsabile in materia di pesca in linea con i parametri sulla conservazione delle risorse ittiche.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Visto che il protocollo dell'accordo di partenariato nel settore della pesca presto giungerà a termine, è logico che la Commissione voglia aprire i negoziati sul rinnovo. La Mauritania è un paese povero che dipende pesantemente da questo settore, quindi il rinnovo dell'accordo potrebbe essere positivo per entrambe le parti. Come la relatrice, credo che sia necessario compiere una valutazione rigorosa sullo stato attuale degli stock e dei vari tipi di pesci nelle acque mauritane.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) La proposta di risoluzione congiunta del Parlamento europeo verte sul rinnovo dell'accordo di partenariato nel settore della pesca tra l'Unione europea e la Repubblica islamica di Mauritania, che scade il 31 luglio 2012. La Commissione, consapevole dell'importanza del rinnovo di tale partenariato ed entro i termini del mandato del Consiglio, ha avviato il processo volto a rinnovare il protocollo, nel pieno rispetto dell'articolo 218 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea. L'accordo vigente con la Mauritania favorisce lo sviluppo economico del paese, in cui il settore della pesca costituisce una delle colonne portanti dell'economia, in quanto rappresenta il 10 per cento del PIL, il 29 per cento del reddito nazionale e quasi il 50 per cento delle esportazioni. Ad ogni modo, tale accordo è altresì essenziale per l'Unione europea, segnatamente per le sue flotte di pesca. Condivido la proposta per cui ho votato a favore, ma il controllo sulle catture accessorie deve essere monitorato scientificamente e devono essere rimosse le imbarcazioni naufragate. Va inoltre rafforzata la vigilanza e deve scattare il sequestro per le imbarcazioni illegali.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La risoluzione solleva una serie di questioni importanti, come abbiamo fatto presente più volte mettendo in luce i problemi, esprimendo critiche e avanzando suggerimenti in merito agli accordi di partenariato nel settore della pesca. In particolare, siffatti accordi non sono assolutamente idonei a centrare gli obiettivi della cooperazione allo sviluppo.
Sono lieto che una serie di punti della nostra risoluzione siano stati inclusi nella proposta di risoluzione comune. Tra gli aspetti principali sottolineiamo la necessità di una valutazione esaustiva ed approfondita dei motivi per cui non sono stati adeguatamente conseguiti gli obiettivi della cooperazione allo sviluppo e delle varie linee di supporto affinché siano costruite al più presto strutture appropriate per lo sbarco del pescato sul litorale centrale e meridionale del paese, anche a Nouakchott, in modo che il pesce pescato in acque mauritane possa essere sbarcato nei porti nazionali invece che all'estero, come spesso accade adesso. Inoltre gli accordi nel settore della pesca tra UE e paesi terzi deve essere preceduto da un ampio dibattito nei paesi interessati, coinvolgendo l'opinione pubblica, le organizzazioni della società civile ed il parlamento nazionale in modo da promuovere una maggiore democrazia e una maggiore trasparenza.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Nutriamo diverse preoccupazioni sugli accordi di partenariato nel settore della pesca per quanto concerne l'attuazione e l'applicazione da parte dell'Unione europea. In particolare, il grado di conseguimento degli obiettivi della cooperazione allo sviluppo è palesemente inadeguato.
Invochiamo il principio sancito nella convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, secondo cui l'accesso garantito all'UE debba essere commisurato alle quantità che la flotta mauritana non è in grado di pescare.
Oltre a ciò, la risoluzione comprende molti aspetti positivi, tra cui:
- gli accordi di pesca tra l'UE e i paesi terzi devono essere preceduti da un ampio dibattito nei paesi interessati che consenta di coinvolgere la cittadinanza, le organizzazioni della società civile e i parlamenti nazionali, promuovendo quindi un incremento della democraticità e della trasparenza;
- il sostegno finanziario al programma pluriennale per la pesca mauritano deve essere in linea con le esigenze del paese in materia di sviluppo sostenibile della pesca;
- bisogna valutare in modo approfondito ed esaustivo le cause della carente realizzazione degli obiettivi in materia di cooperazione allo sviluppo e di diverse linee di sostegno al settore della pesca in Mauritania.
Per tali ragioni, abbiamo votato a favore del testo.
Estelle Grelier (S&D), per iscritto. – (FR) La risoluzione è stata adottata a seguito della proposta presentata dalla Commissione in merito all'avvio dei negoziati sul rinnovo dell'accordo di partenariato nel settore della pesca tra l'Unione europea e la Mauritania. Purtroppo il Parlamento può solamente votare a favore della risoluzione per poter avere un ruolo nei negoziati sull'APP. Per adesso l'Assemblea può esprimersi solamente dopo la conclusione dei negoziati, pertanto non ha altra possibilità se non quella di approvare siffatti accordi o bocciarne la ratifica e quindi ha pochissimo margine di manovra. Ora i trattati prevedono che il Parlamento sia informato subito e pienamente in tutte le fasi della procedura. Pertanto è essenziale e legittimo chiedere che l'Assemblea sia coinvolta insieme alla Commissione e al Consiglio nel corso dei negoziati. Il problema non è nuovo e porta invariabilmente i membri della commissione per la pesca ad interrogare l'Esecutivo. È deprecabile che il Parlamento non possa rendere un'opinione vincolante in merito alle priorità degli stanziamenti finanziari ai vari paesi, benché abbia il potere di esercitare un controllo finanziario.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore del documento, poiché la Mauritania è uno dei paesi più poveri dell'Africa, qualificandosi come un paese povero fortemente indebitato. Esso dipende dagli aiuti esteri e si caratterizza per una considerevole instabilità politica. L'attuale protocollo dell'accordo di partenariato nel settore della pesca (APP) con la Repubblica islamica di Mauritania scade il 31 luglio 2012 e la Commissione intende aprire i negoziati per il suo rinnovo sulla base del mandato normativo conferitole dal Consiglio. Il Parlamento europeo esprime apprezzamento per la proposta della Commissione sull'avvio dei negoziati tra UE e Repubblica islamica di Mauritania, sottolineando al contempo che il rinnovo deve essere effettuato solo se è positivo per entrambe le parti, se viene modificato in maniera adeguata e se viene attuato debitamente. Il Parlamento europeo inoltre accoglie con favore la proposta della Commissione di introdurre anche una clausola sui diritti umani.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione ed esorto quindi la Commissione a garantire che le attività di pesca oggetto dell'accordo di partenariato ottemperino agli stessi criteri di sostenibilità che si applicano nelle acque UE. La relazione, inoltre, chiede alle autorità mauritane e all'Esecutivo di garantire il rispetto di norme rigorose in materia di sostenibilità da parte di tutti i pescherecci che esercitano attività di pesca in acque mauritane (sia dell'UE che mauritani o di paesi terzi).
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Il protocollo vigente dell'accordo di partenariato nel settore della pesca con la Mauritania scade il 31 luglio 2012 e deve essere rinegoziato affinché i pescherecci battenti bandiera UE possano continuare a pescare in acque mauritane. Pertanto si profila per noi la possibilità di migliorare un accordo già in atto. Devono essere promossi gli aspetti migliorativi, come la costruzione di strutture adeguate per lo sbarco del pescato lungo il litorale centrale e meridionale della Mauritania, in modo da consentire alla flotta UE di operare in maniera più efficiente, favorendo il flusso di investimenti ed incrementando l'impatto dell'accordo sull'economia locale. Per quanto concerne il pescato attuale, esso deve essere limitato all'eccedenza e agli stock che non possono essere pescati dalla flotta di pescherecci nazionali per poter mantenere un equilibrio ambientale e per garantire un'attività sostenibile nel corso degli anni.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Gli accordi con i paesi terzi nel settore della pesca dovrebbero assicurare un equilibrio appropriato tra interessi economici e la promozione di una pesca sostenibile. Pertanto è importante che l'Unione europea usi siffatti accordi affinché siano seguite le migliori prassi negli altri paesi nel pieno rispetto dei principi fondamentali della politica comune sulla pesca (PCP).
Gli obiettivi primari da perseguire nell'accordo con la Mauritania devono essere: la lotta conto la pesca illegale, la creazione di posti di lavoro, la riduzione dei livelli di povertà nei paesi terzi e la fornitura di prodotti di qualità ai consumatori nel mercato dell'UE.
Dobbiamo altresì intervenire urgentemente affinché la Mauritania imponga ai paesi terzi con cui sottoscrive altri accordi di rispettare le stesse norme che si applicano alle imbarcazioni che battono bandiera UE al fine di prevenire disparità competitive tali da mettere la flotta UE in una posizione di svantaggio.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Con questo testo il Parlamento europeo innanzi tutto esprime apprezzamento per la proposta della Commissione sull'avvio dei negoziati per il rinnovo del protocollo tra Unione europea e Repubblica islamica di Mauritania, sottolineando al contempo che l'accordo va mantenuto solamente se è positivo per entrambe le parti, se viene modificato in maniera adeguata e se viene attuato correttamente. In secondo luogo viene accolta con favore la proposta della Commissione di introdurre una clausola sui diritti umani. In terzo luogo, viene evidenziato che l'accesso negoziato per i pescherecci che battono bandiera UE in acque mauritane deve basarsi sul principio degli stock eccedenti, come prevede la convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. In particolare, il testo enfatizza che deve essere compiuta una valutazione rigorosa di tutti gli stock per cui è previsto l'accesso o che possono essere pescati dalla flotta UE, come le catture accessorie. L'accesso concesso all'UE deve riferirsi alle risorse che non possono essere pescate dalla flotta mauritana. Qualora dovesse emergere la necessità di un ridimensionamento delle opportunità di pesca, le flotte dei paesi terzi (UE e altri) che provocano i danni ambientali più ingenti devono essere le prime ad effettuare delle riduzioni.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. − L'accordo di partenariato nella pesca tra la Repubblica Islamica di Mauritania e l'Unione europea deve considerarsi un documento d'intesa strategico di grande importanza nel quadro delle relazioni UE-Africa. Per questo motivo è necessario attuare oggi un nuovo protocollo che sia coerente con l´impegno assunto nel 2002 dai Paesi europei, in grado di garantire una pratica sostenibile della pesca che contribuisca anche allo sviluppo stesso dei Paesi interessati. La priorità ora è riprendere le negoziazioni già avviate partendo da nuovi presupposti, coinvolgendo gli Stati che fino ad ora sono stati esclusi dalle negoziazioni. Inoltre devono essere riviste alcune richieste risalenti ai negoziati dell'accordo originario, in cui la Mauritania, ad esempio, all'ultimo minuto aveva richiesto ulteriori fermi biologici della pesca a maggio e a giugno, in aggiunta a quelli già previsti per i mesi di settembre e ottobre.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della proposta, poiché la reputo vantaggiosa per l'UE. Infatti un mercato degli appalti pubblici che funziona a dovere riveste un'importanza fondamentale per favorire il mercato unico, per stimolare l'innovazione e per innalzare il livello di protezione dell'ambiente e del clima oltre all'inclusione sociale in tutta l'Unione europea. Gli appalti pubblici svolgono un ruolo di primo piano, in quanto fungono da catalizzatore per rivitalizzare l'economia UE e quindi l'occupazione ed il benessere. Tale funzione è particolarmente opportuna visto che dobbiamo superare la crisi economica e finanziaria e proteggerci da crisi future. Anch'io ritengo che un processo solido e ben concepito per ottimizzare il quadro giuridico sugli appalti pubblici sia estremamente importante per il benessere dei cittadini, per i consumatori e per le imprese nell'UE oltre che per le autorità pubbliche nazionali, regionali e locali e quindi per favorire l'accettazione dell'UE nel suo insieme.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della risoluzione. Un mercato degli appalti ben funzionante riveste un'importanza fondamentale per stimolare il mercato unico, favorire l'innovazione, promuovere un livello più elevato di protezione dell'ambiente e del clima nonché l'integrazione sociale in tutta l'Unione europea e per conseguire un valore ottimale per le autorità pubbliche, i cittadini ed i contribuenti. Tale mercato è una parte particolarmente importante dell'economia europea ed ha un potenziale enorme, ma le norme ed i principi in materia di appalti sono diversi nei vari Stati membri, impedendo alle imprese, sopratutto a quelle piccole, di accedere agli appalti transnazionali. Restrizioni analoghe sussistono anche per l'accesso agli appalti dei paesi terzi. Benché l'UE abbia aperto i propri mercati, le nostre aziende si scontrano con grandissimi problemi, se vogliono accedere al mercato del settore pubblico nei paesi terzi. Deve quindi essere assegnata un'attenzione significativa a livello politico alla questione in via del tutto urgente. La Commissione deve compiere un'analisi dettagliata dei problemi che attengono alle restrizioni di accesso delle aziende UE verso i mercati di altri paesi ed intervenire adeguatamente contro i partner commerciali che usufruiscono dell'apertura del mercato UE senza aprire i propri mercati alle imprese dell'Unione.
Regina Bastos (PPE), per iscritto. – (PT) Gli appalti pubblici rappresentano importanti opportunità economiche per le aziende e sono molto importanti per promuovere il mercato unico, stimolare l'innovazione, favorire un livello più elevato di protezione dell'ambiente e del clima nonché dell'integrazione sociale. La politica sugli appalti pubblici deve garantire un uso quanto più efficiente possibile del denaro pubblico, mantenere aperti i mercati sugli appalti pubblici e contribuire quindi al rilancio dell'economia UE e alla creazione di occupazione e del benessere. Gli appalti pubblici, inoltre, rivestono un ruolo fondamentale nella strategia Europa 2020 e sono tra gli strumenti che devono essere usati per realizzare gli obiettivi prefissati.
Questa proposta di risoluzione chiede alla Commissione di affrontare la questione dell'accesso equilibrato ai mercati del settore pubblico e di avviare una riforma degli appalti pubblici, comprese le concessioni, in modo da consentire il coinvolgimento del Parlamento europeo, degli Stati membri, dei cittadini e delle imprese.
Nel testo si chiede inoltre alla Commissione di assegnare priorità alla modernizzazione delle norme sugli appalti pubblici. Allo stesso modo si chiede all'Esecutivo di procedere alla valutazione dei problemi connessi alle offerte eccessivamente basse, proponendo soluzioni adeguate.
Per tutte queste ragioni, ho votato a favore della proposta di risoluzione.
Françoise Castex (S&D), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione, non per erigere barriere di tipo protezionistico, ma perché non è più possibile che l'Unione europea sia l'unica a rispettare le regole del gioco. Non possiamo più ignorare il dumping economico e sociale nei paesi emergenti, Cina in testa, che si aggiudicano i contratti a prezzi bassissimi nei paesi dell'Unione senza alcuna considerazione per i diritti sociali e per la legislazione sugli aiuti di Stato, mentre i loro mercati rimangono inaccessibili per le aziende europee. Non possiamo più continuare ad essere ingenui: è in gioco la sopravvivenza delle nostre imprese e dei nostri posti di lavoro. Infine sono lieta che siano stati ampiamente adottati gli emendamenti proposti dal gruppo S&D concernenti il rispetto del diritto del lavoro e delle norme sociali e ambientali vigenti negli Stati membri nel contesto degli appalti pubblici. Ciò testimonia una consapevolezza autentica e segna un cambiamento positivo e necessario. Ora spetta alla Commissione valutare pienamente la richiesta.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Visto che gli appalti pubblici hanno un valore annuo di milioni di euro, l'importanza economica che rivestono è indiscussa. Proprio per questa ragione, nonostante la lunga tradizione giuridica a livello UE in materia, è sempre bene chiedere norme migliori e più efficaci a garanzia di una trasparenza totale delle procedure. In questo modo si prevengono tutte le forme di corruzione o di manipolazione delle proposte a vantaggio di un unico candidato. Si mette inoltre un tetto in termini di numero e di valore dei contratti assegnati senza invito a presentare proposte o senza negoziato. Si garantisce inoltre una concorrenza adeguata sul mercato interno tra aziende candidate a prescindere dal paese d'origine.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Questa proposta di risoluzione del Parlamento europeo verte sulla parità di accesso ai mercati del settore pubblico nell'UE e nei paesi terzi e sulla revisione del quadro giuridico degli appalti pubblici comprese le concessioni. L'Unione europea ha adottato una serie di documenti in materia: le direttive 2004/18/CE, 2004/17/CE, 93/13/CE e 2007/66/CE, diverse risoluzioni (risoluzione del parlamento europeo del 18 maggio 2010, relazioni (relazione Monti, "Una nuova strategia per il mercato unico – Al servizio dell'economia e della società europea"), la comunicazione della Commissione europea intitolata "Verso un atto per il mercato unico- Per un'economia sociale di mercato altamente competitiva" ed il libro verde della Commissione sulla "Modernizzazione della politica dell'UE in materia di appalti pubblici – Per una maggiore efficienza del mercato europeo degli appalti".
Al fine di superare l'attuale crisi economica e finanziaria, un mercato degli appalti ben funzionante riveste un'importanza fondamentale per rivitalizzare l'economia e garantire un trattamento equo. Ho quindi votato a favore della risoluzione, poiché è in linea con il principio del miglioramento della legislazione ed assegna al contempo priorità alla modernizzazione delle norme sugli appalti pubblici e sulle concessioni, segnando un miglioramento significativo nel diritto UE.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Siano dinanzi all'ennesimo tentativo di far passare la liberalizzazione degli appalti pubblici. È una direzione che l'Unione europea persegue ciecamente sia al suo interno che nei paesi terzi nell'ambito degli accordi di libero scambio.
Ad ogni modo l'intenzione è la stessa: si vuole impedire ai paesi di proteggere le proprie imprese nell'ambito degli appalti pubblici affinché sia più facile per le grandi imprese delle principali potenze usare anche la concorrenza – vista come l'inizio e la fine di tutto – per dominare l'aggiudicazione degli appalti pubblici.
Non condividiamo questo approccio. Riconosciamo, però, che devono essere apportati cambiamenti importanti in questo ambito.
Di conseguenza, alcuni aspetti della risoluzione meritano il nostro sostegno, nello specifico la critica per la mancanza di la mancanza di trasparenza sulla composizione e sui lavori della commissione consultiva interna della Commissione sugli appalti pubblici (ACPP) e sul ruolo e le competenze del comitato consultivo sull'apertura degli appalti pubblici (CCO). Sosteniamo inoltre la richiesta rivolta alla Commissione affinché assuma dei provvedimenti per garantire che la composizione sia di questa commissione che del previsto nuovo comitato consultivo sui partenariati tra pubblico e privato sia calibrato, comprendendo anche sindacalisti e rappresentanti della comunità delle imprese, in particolare delle PMI, in modo che possano operare in maniera trasparente.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Con questa risoluzione la maggioranza del Parlamento chiede la liberalizzazione degli appalti pubblici, usando come pretesto l'allentamento e la semplificazione delle norme e la difesa della piccole e medie imprese (PMI). Benché in alcuni casi ciò sia giustificato, generalmente non è questo il vero obiettivo.
Si vuole infatti impedire ai vari paesi di proteggere le proprie imprese nell'ambito degli appalti pubblici proprio per favorire le grandi imprese delle principali potenze che vogliono dominare anche l'aggiudicazione degli appalti pubblici. Per tale motivo abbiamo votato contro il testo.
Ad ogni modo, c'è un aspetto della risoluzione che condividiamo, nella fattispecie, la critica espressa per la mancanza di trasparenza sulla composizione e sui lavori della commissione consultiva interna della Commissione sugli appalti pubblici (ACPP) e sul ruolo e le competenze del comitato consultivo sull'apertura degli appalti pubblici (CCO). Sosteniamo inoltre la richiesta rivolta alla Commissione affinché assuma dei provvedimenti per garantire che la composizione sia di questa commissione che del previsto nuovo comitato consultivo sui partenariati tra pubblico e privato sia calibrato, comprendendo anche sindacalisti e rappresentanti della comunità delle imprese, in particolare delle PMI, in modo che possano operare in maniera trasparente.
Va inoltre sottolineata l'importanza di rafforzare i meccanismi anti-corruzione nel contesto degli impegni che l'Unione europea si è assunta nel campo degli appalti pubblici internazionali. Va assegnata enfasi anche alla necessità di concentrare gli interventi per garantire la trasparenza e la correttezza nell'uso dei fondi pubblici. Chiediamo poi che il Parlamento europeo sia tenuto debitamente informato e riceva informazioni attendibili ad ogni fase e alla fine del processo.
Małgorzata Handzlik (PPE), per iscritto. – (PL) Nonostante l'apertura del mercato UE degli appalti pubblici, l'accesso ai corrispondenti mercati dei paesi terzi permane largamente limitato. In tale situazione le imprese europee non godono di pari opportunità concorrenziali negli appalti pubblici degli altri paesi del mondo. Ad esempio, nel 2009, le autorità cinesi hanno adottato un sistema di accreditamento per i prodotti locali innovativi, che ha ristretto ancor di più l'accesso delle imprese internazionali al mercato cinese. Ad ogni modo, il problema non è solo il mercato cinese, in quanto anche le economie altamente sviluppate come gli Stati Uniti, il Giappone e il Canada perseguono politiche protezionistiche.
Per tale ragione anch'io reputo debba essere applicato il principio di reciprocità nell'accesso ai mercati degli appalti pubblici, come prevede la risoluzione che è stata approvata oggi che riprende il parere della commissione per il commercio internazionale, di cui sono l'autrice. Tuttavia, vorrei che la futura proposta della Commissione europea sul principio di reciprocità contribuisca, in particolare, a favorire l'apertura dei mercati degli appalti pubblici dei paesi terzi, non limitandosi solamente a ridurre l'accesso alle imprese di paesi terzi ai mercati degli appalti pubblici nell'Unione europea, cosa che potrebbe ripercuotersi negativamente sulla competitività nel mercato dell'Unione.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della risoluzione, poiché un mercato degli appalti pubblici ben funzionante è particolarmente importante per favorire il mercato unico e stimolare l'innovazione. Gli appalti pubblici rivestono un'importanza cruciale, sopratutto al fine di superare la crisi economica e finanziaria e per predisporre una protezione contro crisi future, in quanto fungono da catalizzatore per rivitalizzare l'economia dell'UE e quindi l'occupazione ed il benessere. Alla questione specifica della salvaguardia della parità di trattamento e della concorrenza leale nei mercati degli appalti pubblici nell'UE e nei paesi terzi bisogna urgentemente rivolgere una maggiore attenzione politica, sopratutto visti i problemi attuali in merito all'accesso ai mercati del settore pubblico nei paesi terzi. A mio giudizio, la Commissione deve assegnare priorità alla modernizzazione delle norme sugli appalti pubblici e deve affrontare le concessioni sui servizi in modo tale da evitare un'ulteriore frammentazione delle norme UE sugli appalti pubblici in linea con il principio di una migliore regolamentazione.
Constance Le Grip (PPE) , per iscritto. – (FR) Sono lieta che oggi il Parlamento europeo abbia approvato la risoluzione congiunta sulla parità di accesso ai mercati del settore pubblico nell'UE e nei paesi terzi e sulla revisione del quadro giuridico degli appalti pubblici, comprese le concessioni, una risoluzione di cui sono co-firmataria. Il buon funzionamento del mercato degli appalti pubblici è essenziale per stimolare il mercato unico. È quindi importante precisare e migliorare il quadro giuridico che disciplina l'assegnazione degli appalti pubblici, visto il ruolo che essi svolgono in quanto catalizzatori del rilancio dell'economia dell'Unione. Per quanto concerne l'accesso ai mercati UE degli appalti pubblici da parte di imprese di paesi terzi, l'Unione europea ha il dovere di agire in maniera realistica e pragmatica e, soprattutto, senza ingenuità. Non ci stiamo scagliando contro l'apertura dei nostri mercati, ma ci accingiamo ad assumere una posizione assai legittima per sostenere l'accesso reciproco in questo ambito, non chiudendo i nostri mercati degli appalti pubblici, ma garantendo che i nostri partner al di fuori dell'Unione europea aprano i loro mercati in maniera equivalente e, se necessario, sviluppando meccanismi appropriati atti a consentire di centrare l'obiettivo di reciprocità e di equilibrio.
Petru Constantin Luhan (PPE), per iscritto. – (RO) La parità di accesso ai mercati del settore pubblico nell'UE e la revisione del quadro giuridico sugli appalti pubblici sono assolutamente essenziali per stimolare il mercato unico nell'Unione e negli Stati membri, conseguendo quindi un'integrazione economica e sociale a livello UE. Guardando alla situazione dalla prospettiva della crisi economica e finanziaria, la strategia proposta nella risoluzione è una necessità, in particolare, il punto sulla realizzazione di una maggiore coerenza per la politica europea comune sul commercio esterno. Mi preme enfatizzare quanto sia importante la revisione legislativa per rivitalizzare e per stabilizzare l'economia europea.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione, in quanto credo che sia urgentemente necessario rivolgere una maggiore attenzione politica alla questione specifica della salvaguardia del pari trattamento e della concorrenza leale nei mercati degli appalti pubblici nell'UE e nei paesi terzi.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) La messa in discussione dei partenariati pubblico/privato, l'allentamento delle norme da parte delle autorità pubbliche (che sono i garanti dell'interesse generale, in caso dovessi ricordarvelo), le scelte delle stesse autorità pubbliche che puntano ad una maggiore concorrenza… questi sono solo alcuni esempi dei meravigliosi “progressi” promessi nel libro verde della Commissione europea sugli appalti pubblici. Non pago di avvalorare queste sciocchezze, il testo si impernia sulla lotta contro le misure protezionistiche. Sono tante le politiche cui obietto. Voterò contro.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Un mercato degli appalti ben funzionante riveste un'importanza fondamentale per stimolare il mercato unico, favorire l'innovazione, promuovere un livello più elevato di protezione dell'ambiente e del clima nonché l'integrazione sociale in tutta l'Unione europea e per conseguire un valore ottimale per le autorità pubbliche, i cittadini ed i contribuenti. Nell'ottica del superamento della crisi economica e finanziaria e della prevenzione di qualsiasi crisi futura, gli appalti pubblici hanno una rilevanza fondamentale, fungendo da catalizzatori per il rilancio dell'economia europea e dunque per l'occupazione e il benessere in Europa. Un sano e ben ponderato processo di miglioramento del quadro giuridico per gli appalti pubblici riveste un'importanza fondamentale per il benessere dei cittadini, dei consumatori e delle imprese dell'Unione europea, per le autorità pubbliche nazionali, regionali e locali.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Un mercato degli appalti ben funzionante riveste un'importanza fondamentale per stimolare il mercato unico, favorire l'innovazione, promuovere un livello più elevato di protezione dell'ambiente e del clima nonché l'integrazione sociale in tutta l'Unione europea e per conseguire un valore ottimale per le autorità pubbliche, i cittadini ed i contribuenti. Per questi motivi ho votato a favore della risoluzione del Parlamento europeo sulla parità di accesso ai mercati del settore pubblico nell'UE e nei paesi terzi e sulla revisione del quadro giuridico sugli appalti pubblici, comprese le concessioni. In questo senso mi unisco agli autori della risoluzione, chiedendo alla Commissione di assegnare priorità alla modernizzazione delle norme sugli appalti pubblici e di affrontare il tema delle concessioni sui servizi per evitare un'ulteriore frammentazione del diritto UE sugli appalti pubblici, secondo i principi di una “migliore regolamentazione”.
Robert Rochefort (ALDE), per iscritto. – (FR) Gli appalti pubblici svolgono un ruolo fondamentale per stimolare il mercato unico, favorire l'innovazione, rafforzare la crescita e sostenere l'occupazione e la competitività nell'UE. Tuttavia, per centrare tali obiettivi, tutte queste componenti devono funzionare in maniera efficace. A tal fine, come rileva il testo della risoluzione – che sostengo – è importante che la questione della semplificazione e del chiarimento delle norme sull'assegnazione degli appalti pubblici trovi presto una risposta. Reputo altresì essenziale che l'accesso agli appalti pubblici da parte delle PMI – che rappresentano il 99 per cento di tutte le imprese europee e cui corrispondono oltre 100 milioni di posti di lavoro – sia migliorato quanto prima possibile. Inoltre, per sostenerne l'attività economica, invito la Commissione europea a mettere in atto il principio di reciprocità ed a identificare nuove modalità per migliorare l'accesso delle aziende europee agli appalti pubblici al di fuori dell'Unione allo scopo di garantire pari condizioni alle società europee e straniere che competono per l'aggiudicazione di appalti pubblici.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Alla fine ci siamo astenuti, poiché sono stati adottati diversi emendamenti presentati dai gruppi EPP e ECR che per noi sono inammissibili.
Oreste Rossi (EFD), per iscritto. − Nell'ottica di un superamento della crisi economica e finanziaria, gli appalti pubblici si presentano come catalizzatore per il rilancio dell'economia europea, delle imprese, dell'occupazione e del benessere dei consumatori in Europa. In ragione di una progressiva liberalizzazione dei settori speciali (acqua, energia elettrica e gas), occorre per tutelare le imprese che operano in queste aree un sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti volte ad assicurare una efficace selezione delle imprese concorrenti. Sono favorevole alla proposta di risoluzione in quanto è necessario, in un regime di trasparenza, limitare la frammentazione della normativa UE in materia di appalti pubblici conseguendo l'obiettivo della massima competitività ed efficienza.
Daciana Octavia Sârbu (S&D), per iscritto. – (EN) Gli appalti pubblici costituiscono un'opportunità unica per canalizzare gli investimenti in progetti a vantaggio comune dei cittadini, realizzando al contempo degli obiettivi più ampi di politica pubblica. Tengo a sottolineare l'importanza degli appalti pubblici nella promozione delle norme di carattere ambientale nell'edilizia e nei trasporti ed il potenziale che ne deriva per migliorare l'efficienza energetica e quindi per ridurre le emissioni di carbonio, i costi operativi e l'inquinamento atmosferico. Esorto gli Stati membri ad usare gli appalti pubblici per perseguire siffatti obiettivi, che sono destinati a produrre benefici di ampio respiro e a lungo termine sul piano sociale, economico e ambientale.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) Un mercato degli appalti ben funzionante riveste un'importanza fondamentale per favorire il mercato unico e stimolare l'innovazione e gli investimenti. Nell'ottica del superamento della crisi economica gli appalti pubblici hanno una rilevanza fondamentale, fungendo da catalizzatori per il rilancio dell'economia europea e dunque per l'occupazione in Europa. L'Unione europea respinge la possibilità di attuare misure protezionistiche e mira a realizzare la parità di accesso ai mercati del settore pubblico nell'UE e nei paesi terzi. Pertanto, l'UE crede fermamente nel principio della reciprocità, nel vantaggio reciproco e nella proporzionalità in questo ambito.
A tal fine invoco una migliore coerenza tra la politica comune in materia di scambi e le prassi invalse negli Stati membri in cui vengono accettate offerte eccezionalmente basse da aziende i cui paesi non sono firmatari dell'accordo sugli appalti pubblici a discapito delle aziende degli Stati membri dell'Unione europea.
Reitero pertanto la richiesta formulata dall'Assemblea affinché sia assegnata priorità alla modernizzazione delle norme sugli appalti pubblici in modo tale da evitarne la frammentazione e per incoraggiare le aziende ad avvalersi di questa possibilità.
Bernadette Vergnaud (S&D), per iscritto. – (FR) Questo voto è importante, perché la Commissione deve assumere i provvedimenti necessari per prevenire una concorrenza sleale e la mancanza di reciprocità nell'accesso agli appalti pubblici dei paesi terzi. Non si tratta di erigere barriere protezionistiche, ma l'Unione non può più essere l'unica a rispettare le regole. Infatti non possiamo più ignorare il dumping economico e sociale praticato dalle aziende dei paesi emergenti che si aggiudicano contratti nell'Unione in barba ai diritti sociali e alla legislazione sui sussidi di Stato, mentre i mercati di questi paesi sono preclusi alle imprese europee. Inoltre, non dobbiamo dimenticare che nemmeno i grandi paesi industrializzati rispettano le regole, pur avendo sottoscritto accordi internazionali!
Dopo anni di inerzia la Commissione pare intenzionata ad intervenire e lo deve assolutamente fare: ne va della sopravvivenza delle nostre aziende e dei nostri posti di lavoro. Infine, esprimo apprezzamento per l'approvazione degli emendamenti presentati dal gruppo S&D in relazione al rispetto, nell'ambito degli appalti pubblici, delle norme sul lavoro e in ambito sociale e ambientale che vigono negli Stati membri. Ora spetta alla Commissione raccogliere questo invito.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore di questa proposta di risoluzione comune. Mi preme mettere in luce i provvedimenti che reputo necessari. Bisogna utilizzare appieno tutte le possibilità e i margini finanziari disponibili nell'ambito del bilancio UE per la pesca per finanziare misure di emergenza di sostegno all'industria, consentendo in tal modo a quest'ultima di superare le difficoltà provocate dall'aumento del prezzo del carburante. il Fondo europeo per la pesca (FEP) deve continuare a concedere aiuti per migliorare la selettività degli attrezzi da pesca e sostituire i motori in base alla sicurezza, alla protezione ambientale e/o ai risparmi di carburante, in particolare per le imprese di pesca costiere e tradizionali di piccole dimensioni. Si invita la Commissione a redigere un piano a medio e lungo termine inteso a migliorare l'efficienza del consumo di carburante nel settore della pesca e dell'acquacoltura. Si invita inoltre la Commissione a presentare un piano d'azione per le regioni costiere e le isole con un settore della pesca attivo e ad innalzare l'efficienza energetica nel settore della pesca e dell'acquacoltura.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della risoluzione. Il recente aumento del prezzo del petrolio ha avuto dei riflessi sulla fattibilità economica del settore della pesca ed i pescatori europei si trovano in una situazione difficile. Inoltre, in ragione dell'elevata dipendenza dell'Unione dalle importazioni da paesi terzi (60 per cento), i produttori hanno un'influenza limitata, se non nulla, sulla determinazione del prezzo dei prodotti ittici. È inoltre opportuno aumentare il massimale degli aiuti de minimis da 30 000 a 60 000 euro per azienda per un periodo transitorio di tre anni, garantendo al contempo che non sia pregiudicata la sostenibilità ambientale e sociale e che non intervengano distorsioni alla concorrenza tra Stati membri.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Desidero esprimere tutta la mia solidarietà ai pescatori europei, in quanto l'aumento del prezzo del petrolio ha investito direttamente i loro salari, esacerbando gravemente la fragilità economica connessa alla natura irregolare dell'attività in questo settore. Reputo essenziale introdurre meccanismi volti a promuovere l'innalzamento dei prezzi pagati a livello di produzione, mantenendo quanto più possibile bassi i prezzi finali al consumo. Pertanto ho votato a favore della proposta di risoluzione presentata dal gruppo PPE, che enfatizza giustamente i punti che ho delineato.
Nessa Childers (S&D), per iscritto. – (EN) Benché non sia opportuno sovvenzionare il comparto dei combustibili fossili, i pescatori nell'UE sono stati colpiti dalla crisi economica e, diversamente dalle altre modalità di trasporto, essi non hanno alcuna alternativa fattibile ai carburanti fossili.
Vasilica Viorica Dăncilă (S&D), per iscritto. – (RO) L'energia rappresenta una parte ragguardevole dei costi operativi del comparto della pesca e la recente impennata dei prezzi del carburante ha deteriorato la situazione in cui versa il settore della pesca. A fronte di tali fattori la Commissione europea deve predisporre mezzi idonei per definire e adottare misure adeguate in modo da alleviare la difficile situazione economica in cui versano molti pescatori europei, tenendo altresì presente le difficoltà finanziarie che attualmente devono fronteggiare diversi paesi che dispongono di grandi flotte di pesca.
Marielle De Sarnez (ALDE), per iscritto. – (FR) La Commissione deve urgentemente assumere delle misure per porre rimedio alla difficile situazione economica in cui versano molti pescatori europei a seguito dell'aumento dei prezzi del petrolio. In particolare deve essere innalzato il massimale degli aiuti pubblici de minimis da 30 000 a 60 000 euro per periodo triennale e per azienda beneficiaria. Oltre a questa compensazione, dobbiamo allestire una strategia di più ampio respiro affinché i pescatori, ma anche gli operatori di altri settori, come gli agricoltori ed i trasportatori su strada, riducano la dipendenza dai carburanti fossili. A tal fine la Commissione deve prevedere incentivi, sia a livello europeo che a livello nazionale, per stimolare gli investimenti nelle nuove tecnologie in modo da incrementare l'efficienza energetica nel trasporto marittimo, terrestre e aereo.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della proposta di risoluzione sulla crisi del settore europeo della pesca, provocata dall'aumento dei prezzi del petrolio, in quanto è stata investita la sostenibilità economica del comparto e ne sono discese conseguenze dirette sul reddito dei pescatori. Sono necessarie misure temporanee d'emergenza affinché i pescatori europei possano superare la difficile situazione economica in cui versano, ma la Commissione deve altresì redigere un piano a medio e a lungo termine volto ad incrementare l'efficienza energetica nel comparto della pesca, compresa l'acquacoltura.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La pesca è un'attività economica essenziale per i paesi europei, in particolare per i paesi marittimi, come il mio. Pertanto il Parlamento deve essere particolarmente attento alle condizioni in cui operano i pescatori professionisti.
Il continuo aumento del prezzo del petrolio – un costo ineludibile per gli addetti alla pesca – ha scatenato ripercussioni enormi sul reddito dei pescatori. In un momento di feroce crisi economica e finanziaria, in cui sono pochi gli aiuti disponibili per sostenere le aziende e l'occupazione, accolgo con favore la proposta contenuta nella risoluzione che ha presentato il collega del gruppo PPE a sostegno dei pescatori UE, volta ad aumentare il massimale degli aiuti de minimis da 30 000 a 60 000 euro per azienda in un periodo di tre anni. In questo modo l'industria della pesca potrà far fronte al continuo aumento dei costi operativi dovuto all'aumento del prezzo del petrolio.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Questa proposta di risoluzione comune del Parlamento europeo verte sulla crisi del settore europeo della pesca provocata dal continuo aumento dei prezzi del carburante, che si sta ripercuotendo pesantemente sui costi operativi del comparto. Siffatto aumento viene avvertito soprattutto dalle piccole e medie imprese (PMI) – spesso aziende a conduzione familiare – in cui si profila un pericolo per l'occupazione nel settore. Pertanto esprimo apprezzamento per l'adozione della relazione. Spero che gli Stati membri saranno presto in grado di incrementare gli aiuti prestati ai pescatori e che l'Unione europea, mediante il Fondo europeo per la pesca (FEP), aumenti il sovvenzionamento volto a migliorare e ad ammodernare i pescherecci e le attrezzature, istituendo altresì un fondo cui potranno rivolgersi le PMI che si trovano in difficoltà. Il sostegno alla pesca su piccola scala riveste una grandissima importanza.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) È positivo che il Parlamento abbia adottato questa risoluzione. Il significativo aumento dei prezzi del petrolio ha gravemente esacerbato la crisi nel settore della pesca e la sua sostenibilità economica ed ha provocato una ragguardevole contrazione del già esiguo reddito dei lavoratori del comparto.
L'attuale dinamica delle vendite non consente alle fluttuazioni nei costi di produzione, in cui è compreso il costo del petrolio, di ripercuotersi sui prezzi del pesce e l'attuale politica in materia di importazioni contribuisce, insieme ad altri fattori, a rafforzare questa tendenza.
In molti casi i prezzi medi di prima vendita sono stagnanti o sono addirittura in calo da diversi anni, ma non si è innescata una diminuzione dei prezzi del pesce fresco per i consumatori finali.
L'attuale organizzazione comune del mercato (OCM) per i prodotti ittici non è riuscita a contribuire in misura sufficiente a migliorare i prezzi di prima vendita o a migliorare la distribuzione del valore aggiunto nella catena di valore del comparto.
La situazione economica di tantissime aziende si è deteriorata negli ultimi anni, spingendo persino molte a chiudere. Sussiste il rischio reale che migliaia di imprese chiudano e che vadano persi migliaia di posti di lavoro a causa dell'aumento dei prezzi del petrolio.
I settori della pesca costiera su piccola scala sono particolarmente vulnerabili.
Pertanto siffatte misure vanno applicate.
Pat the Cope Gallagher (ALDE), per iscritto. – (GA) Il settore della pesca è uno dei più colpiti dagli aumenti del prezzo del petrolio, in quanto il carburante rappresenta una parte significativa del costo operativo dei pescatori, attestandosi al 30-50 per cento delle spese complessive. Sostengo pienamente tutte le misure che potrebbero essere messe in atto per assistere i pescatori in questo senso, soprattutto quelli che lavorano nella pesca costiera e insulare su piccola scala.
Estelle Grelier (S&D), per iscritto. – (FR) L'adozione della risoluzione del Parlamento sulla crisi del settore europeo della pesca dovuta all'aumento dei prezzi del petrolio mi offre la possibilità di ricordare quanto sia urgente che l'Assemblea vada in aiuto dei pescatori. In un contesto in cui diventa sempre più difficile assumere e in cui le prassi che i pescatori devono adottare continuano a diventare sempre più restrittive, l'aumento dei prezzi del carburante rendono le condizioni ancora più difficili in questo comparto colpito dalla crisi. Il significativo aumento dei prezzi del petrolio sta producendo un forte impatto sui costi operativi dei pescatori e ha provocato una diminuzione del reddito tra il 2008 e il 2010. In qualità di rappresentante eletto di una città portuale, mi sento ancora più in dovere di chiedere alla Commissione di autorizzare un aumento del massimale per gli aiuti de minimis. Questa misura allenterebbe le pressioni sui pescatori, consentendo loro di avere un sostentamento dignitoso dal loro lavoro senza mettere a repentaglio il rinnovo degli stock. L'imminente riforma della politica comune della pesca dovrà guadagnarsi il sostegno dei pescatori. Sarebbe un buon inizio dimostrare loro adesso che l'Unione europea è attenta alle loro necessità.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore di questo documento, in quanto il recente aumento del prezzo del petrolio ha inciso sull'autosufficienza economica del settore della pesca e ha suscitato preoccupazione tra i pescatori che si domandano come compensare questi costi aggiuntivi, in quanto l'aumento del prezzo del petrolio incide direttamente sui loro redditi. Dobbiamo utilizzare appieno tutte le possibilità e i margini finanziari disponibili nell'ambito del bilancio UE per la pesca ai fini del finanziamento di misure di emergenza di sostegno all'industria, consentendo in tal modo a quest'ultima di superare le difficoltà provocate dall'aumento del prezzo del carburante fino a quando non saranno attuate misure di altro tipo. Il Fondo europeo per la pesca (FEP) dovrebbe continuare a concedere aiuti per migliorare la selettività degli attrezzi da pesca e sostituire i motori in base alla sicurezza, alla protezione ambientale e/o ai risparmi di carburante, in particolare per le imprese di pesca costiere e tradizionali di piccole dimensioni. La Commissione deve proporre senza indugio degli investimenti, sia a livello europeo che nazionale, nelle nuove tecnologie per aumentare l'efficienza energetica dei pescherecci e ridurre in tal modo la dipendenza dei pescatori dai combustibili fossili.
Bogusław Liberadzki (S&D), per iscritto. – (PL) La risoluzione è espressione delle preoccupazioni del Parlamento per lo stato in cui versa il settore della pesca, per le condizioni finanziarie delle imprese della pesca e per il prezzo di mercato del pesce. Si tratta di un settore importante ed il pesce rappresenta una parte importante della dieta. Reputo fondamentale l'articolo 3 della risoluzione comune, in cui si chiede di incrementare gli aiuti ai pescatori. È una risoluzione che offre più vantaggi che nuove garanzie al comparto. Spero che la Commissione ed il Consiglio prendano seriamente in considerazione il testo.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato contro la risoluzione, poiché non credo che l'UE debba aumentare i sussidi per il settore europeo della pesca o per altri settori a fronte dell'aumento dei prezzi del petrolio.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Il recente aumento dei prezzi del petrolio ha inciso sull'autosufficienza economica del settore della pesca e ha suscitato preoccupazione tra i pescatori che si domandano come compensare questi costi aggiuntivi. L'aumento del prezzo del petrolio incide direttamente sui redditi dei pescatori. I redditi e i salari dei lavoratori impiegati nell'industria della pesca sono insicuri a causa di vari fattori, quali la natura irregolare della pesca, le modalità di commercializzazione adottate nonché quelle di formazione dei prezzi di prima vendita, il che implica la necessità di mantenere determinati aiuti pubblici a livello nazionale e di UE. Inoltre la crisi economica e finanziaria si ripercuote sui settori industriali e, in particolare, sulle piccole e medie imprese (PMI), e mette a rischio le attività e i posti di lavoro nel settore primario e secondario. Come in passato, ora dobbiamo varare misure temporanee di emergenza per superare le difficoltà nel settore della pesca in un contesto caratterizzato dall'aumento dei prezzi del carburante.
Rareş-Lucian Niculescu (PPE), per iscritto. – (RO) ho votato a favore della risoluzione e contro tutti gli emendamenti che erano stati presentati. Devono essere messe in atto nuove misure di sostegno nel comparto della pesca, tenendo conto della combinazione di due fattori: da un lato, i prezzi elevati del petrolio e, dall'altro, il prezzo basso di prima vendita del pesce. La pesca è un settore economico importante per l'Unione europea e deve ricevere supporto in un periodo in cui il prezzo medio del petrolio al barile si attesta sugli 80-100 dollari.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) L'ormai assodata crisi economica globale, esacerbata dalla crisi politica nel Maghreb e nel Medio oriente, ha portato ad ulteriori aumenti del prezzo del petrolio, che ha superato i 100 dollari al barile. A fronte dell'instabilità politica che sta scuotendo il mondo arabo, i prezzi potrebbero schizzare ancora più in alto.
I costi per l'energia rappresentano il principale costo operativo per il settore della pesca e, diversamente dalle altre attività, il comparto non può compensare l'aumento incrementando la produzione a causa dei limiti fissati sul pescato consentito totale (TAC) e delle quote.
Nonostante la diversità di opinioni sulle modalità per gestire il settore, su un punto siamo tutti d'accordo e vale la pena sottolinearlo: la pesca è estremamente importante per l'approvvigionamento alimentare della popolazione europea ed è una fonte di occupazione per la maggior parte delle comunità costiere in cui non vi sono altre possibilità occupazionali.
Per garantire continuità alla pesca ed evitare crolli nella domanda e un aumento della disoccupazione nel comparto, l'Unione europea deve alzare il massimale fissato nelle norme de minimis, arrivando a 60 000 euro, e deve altresì varare altri provvedimenti per compensare il recente aumento del prezzo del petrolio.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) I costi della pesca dipendono molto dal prezzo del petrolio. Di conseguenza, e anche visto che il recente aumento dei prezzi del petrolio ha inciso sull'autosufficienza economica del settore, è importante varare misure di emergenza affinché i pescatori europei possano superare la difficile situazione economica in cui versano.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (ES) Attualmente il vero problema della pesca è che il 70 per cento degli stock in Europa vengono sfruttati in maniera eccessiva, se ne evince quindi le dimensioni della nostra flotta sono chiaramente eccessive. È un errore irresponsabile spendere fondi pubblici per mantenerla. Nel quadro della riforma della politica comune della pesca, ora più che mai è necessario ristrutturare la flotta europea di pesca per eliminare le imbarcazioni che hanno consumi elevati di carburante e che producono livelli elevati di emissioni di anidride carbonica e per sostituire i motori e le pratiche che chiaramente distruggono l'ambiente in modo da poter compiere dei progressi verso un modello meno dipendente dall'energia, meno distruttivo e più sostenibile sul piano ambientale oltre che sul piano economico e sociale.
Stanziare più soldi al settore per compensare l'aumento dei prezzi del petrolio può solamente costituire un maggiore incentivo ai pescatori affinché usino imbarcazioni con consumi elevati, soprattutto visto che l'aumento dei prezzi del petrolio non è transitorio, ma è chiaramente strutturale.
Oreste Rossi (EFD), per iscritto. − A seguito della profonda crisi economica e finanziaria che sta colpendo l'industria e le PMI, il prezzo del barile di petrolio é aumentato, e la sua quotazione ancora oggi é incerta a causa del rischio di instabilità politica nel mondo arabo. Questa crisi ha colpito profondamente anche i pescatori marittimi europei, visto che importiamo per il 60% pesci dai paesi terzi. Sono favorevole alla risoluzione in quanto ritengo sia importante rafforzare la sicurezza dell'approvvigionamento energetico, informando i mercati e dando maggiori garanzie al consumatore sullo stato delle riserve petrolifere. Ritengo inoltre necessario attuare un piano di azione congiunto a sostegno delle regioni costiere attive nel settore della pesca.
Dominique Vlasto (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato volentieri a favore della risoluzione, che chiede alla Commissione di varare misure incisive a sostegno del comparto della pesca. L'aumento del prezzo del petrolio sta causando una vera e propria crisi nel settore, che era cominciata come crisi ciclica, ma che ora è diventata strutturale e minaccia l'autosufficienza economica dell'industria. I costi operativi sono saliti alle stelle ed incidono pesantemente sul reddito dei pescatori tanto da investire l'intera produzione e tutte le regioni costiere. Di conseguenza, accolgo con favore la richiesta avanzata dal Parlamento di introdurre una maggiore flessibilità nel regime degli aiuti de minimis. Nonostante il difficile contesto di bilancio, i pescatori non capirebbero, se l'Unione non dovesse affrontare le loro preoccupazioni. Inoltre, la risoluzione chiede che sia assegnata un'attenzione speciale alla pesca costiera su piccola scala e alle regioni interessate da questa attività. A mio avviso, è indispensabile. Infatti, benché il problema investa l'intero comparto, l'aumento dei costi operativi è destinato ad avere un maggiore impatto sulla pesca tradizionale più che su quella industriale. Situazioni eccezionali richiedono misure eccezionali. Pertanto rimango in attesa delle proposte che la Commissione avanzerà per rassicurare e sostenere i nostri pescatori.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore di questa proposta di risoluzione del Parlamento europeo, in quanto esprime insoddisfazione all'Esecutivo, Infatti, alla fine del 2009, solo il 75 per cento del totale dei 21 miliardi di euro di sostegno finanziario era stato reso pienamente disponibile ad appena 50 000 piccole e medie imprese (PMI). Deve essere rimossa la burocrazia eccessiva, che costituisce un ostacolo per la maggior parte delle PMI. È una necessità, non solo ai fini della semplificazione, ma anche per migliorare il sistema che consente alle aziende di accedere a questo genere di finanziamenti.
Roberta Angelilli (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, da parte della Commissione c´e´ una grande attenzione alle PMI. 23 milioni di PMI che costituiscono il tessuto economico comunitario e che sono fonte di innovazione e creatività e che permettono all'Europa di continuare a contraddistinguersi sui mercati mondiali. A poco a poco gli ostacoli burocratici e legislativi, che fino a poco tempo fa soffocavano sul nascere la realizzazione di piccole realtà innovatrici, vengono meno, ed anche i giovani vedono aprirsi uno spiraglio di futuro stabile e speriamo, anche ricco di opportunità. Imprenditorialità, formazione, flessibilità, Regolamentazione intelligente e accesso al credito, sono le parole chiave contenute nello Small Business Act, un quadro che definisce la politica dell'Unione per le PMI attraverso aiuti mirati e attività di formazione per i giovani.
Adesso che molteplici iniziative sono state definite, è compito degli Stati membri e dell'Unione europea nel suo insieme, darne la dovuta attuazione, garantendo alle PMI una maggiore libertà nelle loro azioni, permettendo queste di partecipare a gare di appalti pubblici, adottando in futuro il brevetto unico europeo e dando rapida attuazione alla direttiva sui ritardi nei pagamenti. Non dimentichiamo, che per non vanificare gli sforzi fatti sino ad ora, sono necessari gli investimenti, perché solo questi agiscono sulle basi del buon funzionamento del meccanismo e sulla stessa competitività europea.
Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. – (RO) Lo Small Business Act si basa su una serie di assunti, come l'accesso al finanziamento e l'accesso al mercato unico, ai mercati internazionali e agli appalti pubblici. I progressi compiuti all'interno degli Stati membri sulla messa in atto di provvedimenti concreti per migliorare le condizioni per l'attività delle piccole e medie imprese sono variabili e talvolta trascurabili, nonostante l'impegno politico dichiarato che viene indicato nel testo. Nell'UE ci sono 23 milioni di piccole e medie imprese (PMI), che corrispondono a circa il 99 per cento di tutte le imprese e da cui dipendono oltre 100 milioni di posti di lavoro. Queste aziende rendono un contributo fondamentale alla crescita economica, alla coesione sociale e alla creazione di posti di lavoro. Tuttavia, le PMI continuano a incontrare gravi problemi quando si tratta di espandere la loro attività, rafforzare la propria capacità di innovazione e accedere ai mercati.
Pertanto esorto gli Stati membri ad adottare senza indugi la proposta sullo statuto della società privata europea, che darebbe alle PMI la possibilità di operare in tutta l'Unione a costi minori, incoraggiando la crescita in questo settore, riducendo gli oneri amministrativi del 25 per cento, così come indicato nell'SBA, contribuendo all'efficacia del Single Market Act e stimolando l'attività economica.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della risoluzione. Nell'UE vi sono 23 milioni di piccole e medie imprese (PMI), che corrispondono a circa il 99 per cento di tutte le imprese e da cui dipendono oltre 100 milioni di posti di lavoro. Esse rendono un contributo fondamentale alla crescita economica, alla coesione sociale e alla creazione di posti di lavoro, sono un'importante fonte d'innovazione, svolgono un ruolo essenziale per il mantenimento e la crescita dell'occupazione e contribuiscono al conseguimento dei principali obiettivi delle "iniziative faro" UE 2020. Lo Small Business Act, approvato nel 2008, ha segnato un importante passo politico volto a migliorare il contesto economico delle PMI, garantendo una regolamentazione migliore e più semplice e semplificando l'accesso al mercato. Le PMI continuano a incontrare gravi problemi quando si tratta di espandere la loro attività, rafforzare la propria capacità di innovazione e accedere ai mercati, problemi che derivano soprattutto dalla difficoltà di ottenere credito e dagli oneri burocratici che tuttora gravano su di esse e che andrebbero ulteriormente ridotti. Gli Stati membri devono urgentemente attuare tutte le disposizioni dello Small Business Act in modo da istituire un contesto economico chiaro e coerente.
Regina Bastos (PPE), per iscritto. – (PT) Lo Small Business Act (SBA) è il quadro strategico atto a consentire di sfruttare meglio il potenziale di crescita e di innovazione delle piccole e medie imprese dell'UE (PMI). Nell'UE ci sono 23 milioni di piccole e medie imprese (PMI), che corrispondono a circa il 99 per cento di tutte le imprese e da cui dipendono oltre 100 milioni di posti di lavoro. Queste aziende rendono un contributo fondamentale alla crescita economica, alla coesione sociale e alla creazione di posti di lavoro.
La risoluzione, per cui ho votato a favore, riconosce che sono state avviate diverse iniziative previste dallo Small Business Act. Tuttavia, si può fare molto di più per aiutare le PMI europee. Infatti gli Stati membri devono mettere rapidamente in atto la direttiva sui ritardi di pagamento. La Commissione deve migliorare i meccanismi atti ad incoraggiare gli Stati membri ad applicare i principi dello Small Business Act. Gli Stati membri devono adottare, senza indugi, l'ultima proposta sullo statuto della società privata europea. La Commissione e gli Stati membri devono sistematicamente applicare il test PMI nell'ambito delle valutazioni dell'impatto. Deve essere urgentemente ridotto il carico burocratico e amministrativo che grava sulle PMI. Infine il programma “Erasmus per i giovani imprenditori” deve essere allestito in maniera permanente, dotandolo di un bilancio adeguato.
Jan Březina (PPE), per iscritto. – (CS) Ho votato a favore della proposta di risoluzione, poiché sono a favore dell'iniziativa dello Small Business Act, in particolare delle misure legislative che consento alle piccole e medie imprese (PMI) di sfruttare tutti i vantaggi del mercato unico, come le norme europee sui fondi di capitali a rischio, le normative riviste in materia di IVA e la semplificazione delle direttive in materia contabile. Al contempo è necessario rafforzare il dialogo tra le PMI e gli organismi preposti agli appalti pubblici per semplificare il coinvolgimento delle PMI nelle procedure per l'aggiudicazione degli appalti pubblici. In siffatte circostanze dobbiamo analizzare le opzioni disponibili per aiutare le PMI a creare partenariati e consorzi e a partecipare insieme alle procedure sugli appalti pubblici. La Commissione deve compiere una valutazione sull'impatto e considerare la possibilità di aumentare le soglie per gli appalti pubblici UE, consentendo quindi alle PMI di prendere parte ai contratti che altrimenti sarebbero soggetti a norme speciali che escluderebbero queste aziende.
Chiedo inoltre alla Commissione di pensare a come si potrebbe migliorare la pubblicazione in Europa di tutti gli avvisi sugli appalti pubblici e a come potrebbe essere eliminato il carico amministrativo che impedisce alle imprese europee di prendere parte alla procedure di aggiudicazione transnazionali. Gli Stati membri poi devono applicare sistematicamente il codice di buone prassi denominato “Codice europeo delle buone pratiche per facilitare l’accesso delle PMI agli appalti pubblici”.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Esprimo apprezzamento per l'istituzione e lo sviluppo dello Small Business Act, che, a mio parere, fornisce soluzioni puntuali dinanzi ai principali ostacoli con cui si scontrano le piccole e medie imprese nell'espansione delle proprie attività e nella propria affermazione. Molti di questi ostacoli sono dovuti all'eccessiva burocratizzazione e alle difficoltà nell'ottenere finanziamenti. Lo Small Business Act chiede agli Stati membri di migliorare il contesto economico delle PMI, quindi i principi che esso racchiude devono essere debitamente attuati ed adottati.
Nessa Childers (S&D), per iscritto. – (EN) Lo Small Business Act è stato uno degli atti più proattivi degli ultimi tre anni ed è importante che l'Unione europea continui a concentrarsi sulle PMI.
George Sabin Cutaş (S&D), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della risoluzione del Parlamento europeo sul riesame dello Small Business Act, in quanto devono essere ancora compiuti molti passi in avanti affinché le PMI possano operare agevolmente nell'UE.
In termini economici le PMI costituiscono la colonna portante dell'Unione europea. Infatti il 99 per cento delle imprese in Europa sono PMI, da cui dipendono oltre 100 milioni di posti di lavoro. L'Unione europea ne incoraggia lo sviluppo. Tuttavia, a livello interno, le PMI si scontrano costantemente con delle difficoltà nell'ottenimento di finanziamenti o nel far fronte a funzioni amministrative che spesso trascendono gli obblighi sanciti dalle direttive UE. Per tale ragione ho votato a favore, affinché gli Stati membri intensifichino i propri sforzi, attuando debitamente i principi racchiusi nello Small Business Act.
Marielle De Sarnez (ALDE), per iscritto. – (FR) Le PMI sono essenziali per assicurare dinamismo all'economia europea. Vi sono 23 milioni di PMI nell'UE. Singolarmente hanno meno di 250 dipendenti e il fatturato non supera i 50 milioni di euro. Esse rappresentano il 99 per cento delle imprese europee e danno lavoro a quasi il 70 per cento della forza lavoro nel settore privato. In un contesto di ripresa difficile e di inasprimento della concorrenza economica internazionale, sarebbe opportuno istituire una strategia europea. Lo Small Business Act è volto ad incrementare l'imprenditoria in Europa, aiutando le imprese a crescere. Pertanto è del tutto imperativo ridurre le formalità burocratiche ed istituire un'amministrazione moderna in linea con le esigenze delle PMI. Per tale ragione la Commissione deve istituire un sistema unificato per la creazione delle imprese. Sarebbe inoltre opportuno introdurre un “test PMI” per valutare l'impatto di tutta la futura legislazione sul comparto, controllando che le nuove norme non soffochino il potenziale di crescita di queste aziende.
Christine De Veyrac (PPE), per iscritto. – (FR) Esprimo apprezzamento per l'adozione della risoluzione sul riesame dello Small Business Act, che adatta le misure di sostegno europee per le piccole e medie imprese al nuovo contesto che si è profilato a partire dalla crisi economica del 2008, garantendo che esse siano in grado di raggiungere gli obiettivi della strategia Europa 2020. Le PMI sono state le prime ad avvertire la crisi finanziaria e bancaria che imperversa negli ultimi anni, a seguito della quale si è ridotto l'accesso al finanziamento e ai mercati. Questa nuova versione dello Small Business Act deve quindi assegnare un maggiore sostegno all'innovazione delle PMI, diversificando gli strumenti di finanziamento e riducendo quanto più possibile il fardello amministrativo che grava su di esse.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Le PMI rappresentano circa il 99 per cento di tutte le imprese da cui dipendono oltre 100 milioni di posti di lavoro. Pertanto esse rendono un contributo fondamentale alla crescita economica, alla coesione sociale e alla creazione di posti di lavoro.
Lo Small Business Act si basa su importanti principi come l'accesso al credito, l'accesso ai mercati e una migliore qualità della regolamentazione. Le PMI continuano innegabilmente a incontrare gravi problemi quando si tratta di espandere la loro attività, rafforzare la propria capacità di innovazione e accedere ai mercati, o hanno innumerevoli difficoltà ad ottenere credito.
Pertanto esprimo apprezzamento per le conclusioni del riesame della Commissione e sono molto lieto per le nuove proposte volte a migliorare l'accesso ai finanziamenti e ai mercati e a compiere dei progressi nel processo di riduzione della burocrazia.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) La proposta di risoluzione del Parlamento europeo verte sul riesame dello Small Business Act (SBA). L'SBA racchiude una serie di principi politici volti a sostenere le piccole e medie imprese (PMI) nell'accesso ai finanziamenti e ai mercati oltre che a migliorare la regolamentazione. Il ruolo sociale, economico e finanziario che rivestono le PMI è indiscutibile. Nell'UE ci sono 23 milioni di piccole e medie imprese (PMI), che corrispondono a circa il 99 per cento di tutte le imprese e da cui dipendono oltre 100 milioni di posti di lavoro. La crisi finanziaria in atto ha avuto un impatto negativo su queste aziende. Per tale motivo bisogna riformare la legislazione vigente in modo da facilitare l'accesso ai finanziamenti, ridurre i costi amministrativi e tutta la burocrazia, incoraggiare il risparmio energetico, visto che solo il 24 per cento delle imprese attualmente ne riconosce l'importanza, migliorare la tecnologia delle imprese mediante un'innovazione di tipo ambientalista, promuovere un innalzamento dei livelli di qualifica, istruzione e formazione professionale e promuovere l'internazionalizzazione e la buona governance. Pertanto esprimo apprezzamento per l'adozione della risoluzione e spero che le PMI beneficeranno di queste misure e prospereranno, in quanto tutti gli europei ne trarranno dei vantaggi.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Siano dinnanzi ad un'altra risoluzione zeppa di contraddizioni. Da un lato, accogliamo con favore la nomina del rappresentante per le PMI da parte della Commissione con il compito di monitorare i progressi compiuti dagli Stati membri nell'attuazione dello Small Business Act (SBA) e promuovere gli interessi delle PMI attraverso la Commissione, garantendo, in particolare che il principio della “corsia preferenziale per la piccola impresa” sia applicato in maniera fattiva. Il testo contiene una raccomandazione positiva, in quanto chiede agli Stati membri di nominare rappresentanti nazionali per le PMI al fine di coordinare le politiche sulle PMI e controllare l'attuazione dell'SBA in tutte le varie amministrazioni.
Reputiamo inoltre positivo il fatto che la risoluzioni sottolinei che il carico amministrativo in proporzione diventa maggiore più l'impresa è piccola e quindi si chiede che sia operata una distinzione tra micro-imprese e PMI.
D'altro canto, però, la risoluzione non affronta – o non affronta adeguatamente – una serie di limiti, diretti e indiretti, con cui si scontrano le PMI, molti dei quali sono il frutto delle politiche che imperano a livello UE.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Accogliamo con favore la nomina del rappresentante per le PMI da parte della Commissione con il compito di monitorare i progressi compiuti dagli Stati membri nell'attuazione dello Small Business Act (SBA) e promuovere gli interessi delle PMI attraverso la Commissione, garantendo, in particolare che il principio della “corsia preferenziale per la piccola impresa” sia applicato in maniera fattiva. Il testo contiene una raccomandazione positiva, in quanto chiede agli Stati membri di nominare rappresentanti nazionali per le PMI al fine di coordinare le politiche sulle PMI e controllare l'attuazione dell'SBA in tutte le varie amministrazioni.
D'altro canto, però, la risoluzione non critica o non propone alternative alle politiche neoliberiste e restrittive del patto di stabilità e di crescita, che stanno provocando così tanti problemi alle PMI e alla gente comune.
Ad ogni modo, è positivo che la risoluzione sottolinei che il carico amministrativo in proporzione diventa maggiore più l'impresa è piccola e quindi si chiede che sia operata una distinzione tra micro-imprese e PMI. Il testo sottolinea inoltre che le microimprese – che hanno meno di 10 dipendenti – che costituiscono il 91,8 per cento delle imprese nell'UE – meritano un'attenzione maggiore e un approccio adeguato su misura.
Controlleremo i risultati pratici dell'attuazione.
Pat the Cope Gallagher (ALDE), per iscritto. – (GA) Nell'UE ci sono 23 milioni di piccole e medie imprese (PMI), da cui dipendono oltre 100 milioni di posti di lavoro. Lo Small Business Act è una politica importante ed è volta a semplificare l'accesso ai finanziamenti e al mercato oltre che a migliorare la regolamentazione. Una parte molto importante dell'SBA verte sulla riduzione della burocrazia che grava sulle PMI in Irlanda e nell'UE.
Françoise Grossetête (PPE), per iscritto. – (FR) Oggi il Parlamento europeo ha mostrato sostegno per le 23 milioni di piccole e medie imprese (PMI) da cui dipendono oltre 100 milioni di posti di lavoro e che rendono un contributo essenziale alla crescita economica, alla coesione sociale e alla creazione di posti di lavoro.
L'obiettivo era quello di valutare i progressi compiuti e programmare nuovi interventi volti ad affrontare le sfide connesse alla crisi economica.
Rileviamo un marcato miglioramento nella situazione delle PMI, ma devono essere compiuti ancora dei progressi. Le PMI continuano a scontrarsi con problemi considerevoli quando si tratta di espandere la loro attività e talvolta anche quando è in gioco la loro sopravvivenza. È pertanto necessario ridurre la burocrazia, rafforzando il controllo e mettendo in atto una regolamentazione intelligente.
Deve quindi essere assunta una decisione rapidamente sullo statuto della società privata europea e analogamente dobbiamo muoverci con urgenza verso l'adozione del brevetto unico europeo. Al contempo dobbiamo garantire che sia applicato adeguatamente il test PMI su tutte le proposte legislative, soprattutto a livello nazionale.
Infine, le PMI svolgono un ruolo essenziale nell'innovazione europea. Dobbiamo continuare a semplificare il finanziamento della ricerca e dello sviluppo per incrementarne la capacità di innovazione in tutto il ciclo innovativo.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) Le PMI rappresentano il 99 per cento delle imprese nell'Unione europea. Ho quindi votato a favore del riesame dello Small Business Act, il quale riconosce il ruolo cruciale che rivestono le PMI nell'economia europea. Sono a favore del quadro strategico che va oltre l'aiuto fornito alle PMI in periodi di recessione in molti ambiti. Esprimo infatti apprezzamento per la regolamentazione intelligente che allevia il carico amministrativo che grava su questi operatori economici fondamentali e che ne agevola l'accesso al finanziamento e ai nuovi mercati affinché essi possano investire e crescere. Infine è importante rilevare che la ricerca, l'innovazione e la formazione devono essere supportate affinché le PMI possano godere appieno dei vantaggi del mercato unico.
Małgorzata Handzlik (PPE), per iscritto. – (PL) In qualità di rappresentante del gruppo PPE, ho preso parte ai lavori e ai negoziati sulla direttiva concernente i ritardi di pagamento, che è una delle proposte legislative principali annunciate nella versione originale dello Small Business Act. Spero che gli Stati membri si adoperino per attuarne le disposizioni in maniera quanto più rapida e corretta possibile. L'SBA è una proposta valida per le piccole e medie imprese. Ad ogni modo, nutro dei dubbi sulla valutazione qualitativa del lavoro che è stato compiuto. Basti pensare, ad esempio, all'allegato del riesame redatto dalla Commissione europea. L'allegato contiene casi di buone prassi e tra di essi, nella parte concernente il mercato unico, è indicato che 22 Stati membri hanno istituito dei punti operativi di contatto unico. Ricordo a tutti, però, che questi punti sono stati istituiti ai sensi della direttiva sui servizi.
Appena tre mesi fa l'Assemblea ha approvato una relazione sull'attuazione della direttiva sui servizi, in cui abbiamo attirato l'attenzione principalmente sul fatto che i punti unici di contatto non sono pienamente operativi e che, nella maggior parte dei casi, non consentono l'espletamento delle formalità mediante mezzi elettronici e che essi non funzionano come si aspettano le imprese. Spero che l'aver messo in luce i casi di singoli punti di contatto che costituiscono esempi positivi possa incentivare il funzionamento degli altri in modo che essi possano veramente soddisfare le esigenze delle piccole e medie imprese.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore di questo documento, in quanto esso esprime apprezzamento per il riesame compiuto dalla Commissione dello Small Business Act (SBA) ed esprime sostegno per le nuove proposte volte a migliorare ulteriormente l'accesso ai finanziamenti e a ridurre il carico amministrativo rafforzando la governance ed i controlli attraverso una regolamentazione intelligente. Gli Stati membri devono adottare senza indugi l'ultima proposta – quella sullo statuto della società privata europea – che darebbe alle PMI la possibilità di operare in tutta l'Unione a costi minori, incoraggiando la crescita in questo settore. Dobbiamo altresì promuovere una riduzione degli oneri amministrativi del 25 per cento così come indicato nell'SBA, contribuendo all'efficacia del Single Market Act, contrastando eventuali politiche economiche protezionistiche degli Stati membri e stimolando l'attività economica. Gli Stati membri devono dare una rapida attuazione alla direttiva sui ritardi di pagamento onde combattere efficacemente tale fenomeno e le sue ripercussioni negative, soprattutto sulle PMI. Gli Stati membri dovrebbero evitare il "gold-plating", ossia la prassi di regolamentare oltre i requisiti imposti dalla legislazione UE in sede di trasposizione nel diritto nazionale. Quanto minori sono le dimensioni dell'impresa tanto più elevato è l'onere amministrativo che grava su di essa – un elemento sproporzionato e scorretto che frena la nascita delle PMI. Deve essere operata una distinzione fra micro-, piccole e medie imprese. L'assistenza alle piccole imprese deve accrescere la loro capacità di competere sui mercati internazionali e che per far ciò occorre rafforzare la loro capacità di esportare, garantire l'informazione su programmi e iniziative che agevolino l'accesso e la penetrazione dei beni e servizi delle PMI sui mercati internazionali e rappresentare adeguatamente gli interessi delle piccole imprese nei negoziati commerciali bilaterali e multilaterali.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore il riesame da parte della Commissione dell'SBA ed esprimo sostegno per le nuove proposte volte a migliorare ulteriormente l'accesso ai finanziamenti, rafforzare l'accesso al mercato e perseguire il processo volto a ridurre la burocrazia rafforzando la governance ed il monitoraggio e mediante la regolamentazione intelligente e misure come la revisione delle prestazioni delle PMI.
Iosif Matula (PPE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore del riesame dello Small Business Act, poiché ritengo che l'Unione europea debba perseguire il processo volto a rafforzare i meccanismi di supporto in modo da rimuovere gli ostacoli che bloccano lo sviluppo sostenibile delle piccole e medie imprese, liberandone pienamente il potenziale. Tenendo presente il ruolo cruciale che svolgono le PMI nell'economia europea ed il contributo che esse rendono per stimolare la crescita economica, l'occupazione e la coesione sociale, devono essere messi in atto dei provvedimenti tesi a creare un quadro ideale per lo sviluppo delle PMI. In questo contesto tengo a sottolineare che gli Stati membri devono intensificare l'azione di sostegno verso le politiche che favoriscono l'imprenditoria e creano condizioni operative favorevoli per le PMI. Deve inoltre essere tenuto in considerazione il ruolo chiave cui adempie lo scambio di buone prassi all'interno di siffatte politiche. Migliorare l'accesso delle PMI al finanziamento e al mercato unico, tagliare la burocrazia e garantire un'attuazione migliore dello SBA negli Stati membri devono essere priorità a livello nazionale e UE.
Mario Mauro (PPE), per iscritto. − La revisione dello "Small Business Act" e le nuove proposte in essa contenute sono strumenti necessari a rafforzare e rilanciare le 23 milioni di PMI europee, che si sono dimostrate il vero baluardo contro la crisi economica. Nel panorama dell'economia europea le PMI rappresentano il 99% di tutte le imprese e danno lavoro a quasi cento milioni di europei. Dobbiamo continuare nell'azione di rafforzamento e sostegno delle piccole e medie imprese per rinvigorire la crescita, puntando contemporaneamente su una maggiore competitività e sull'innovazione. E queste proposte rispecchiano esattamente queste esigenze. Di particolare importanza il rilancio dello SBA in linea con gli obiettivi della Strategia Europa 2020 e tutte quelle azioni volte a facilitare la crescita delle PMI attraverso la semplificazione ed il sostegno, non solo agli investimenti, ma anche alle sfide che la globalizzazione ed il cambiamento climatico portano oggi.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Siamo di fronte all'ennesimo testo che mira ad allentare le norme delle autorità pubbliche a beneficio degli imprenditori. Lo Small Business Act europeo ed il relativo riesame non vertono né sull'interesse generale né sui lavoratori delle PMI. L'unica virtù della risoluzione, che è sostenuta da tutti i gruppi politici, ad eccezione del mio, risiede nel fatto che essa deplora lo stato di cose attuale e mette in primo piano l'efficienza energetica per poi pregiudicarla promuovendo esportazioni sfrenate. Il testo è ipocrita e malevolo. Mi sono quindi astenuto per incoraggiarne le intenzioni e denunciarne l'ipocrisia.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Non possiamo dimenticare che i 23 milioni di piccole e medie imprese (PMI), che nell'UE che corrispondono a circa il 99 per cento di tutte le imprese da cui dipendono oltre 100 milioni di posti di lavoro, danno un contributo fondamentale alla crescita economica, alla coesione sociale e alla creazione di posti di lavoro, sono un'importante fonte d'innovazione, svolgono un ruolo essenziale per il mantenimento e la crescita dell'occupazione e contribuiscono al conseguimento dei principali obiettivi delle "iniziative faro" UE 2020. Lo Small Business Act (SBA) si basa su una serie di importanti pilastri politici, come l'accesso ai finanziamenti, l'accesso ai mercati – il mercato unico, i mercati internazionali e gli appalti pubblici – e la migliore regolamentazione. Dobbiamo incoraggiare gli Stati membri ad adottare le linee guida in modo da aiutare le PMI nel periodo attuale di crisi.
Claudio Morganti (EFD), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, valuto molto positivamente questa risoluzione in merito alla revisione del "Small Business Act", poiché al suo interno sono indicate le giuste misure che andrebbero intraprese per facilitare l'operato di oltre 23 milioni di piccole e medie imprese europee. Tra i punti principali segnalati vi è sicuramente l'applicazione di una nuova serie di misure che permettano un più facile accesso al credito attraverso un sostegno pubblico ai sistemi di garanzia ed un forte impegno a favorire il cofinanziamento del microcredito. Le nostre PMI non hanno bisogno di incentivi vari e sovvenzioni fini a se stesse, ma piuttosto di una maggiore e più semplice libertà di azione, quindi meno burocrazia, ed anche di determinate garanzie: su quest'ultimo punto è doveroso il richiamo agli Stati membri affinché risolvano il problema del ritardo dei pagamenti, che ha creato e continua ancora a creare gravissimi problemi e difficoltà. Vorrei sottolineare infine come l'internazionalizzazione rappresenti forse la nuova frontiera per il rilancio delle PMI, e quindi ben vengano tutti gli strumenti idonei a permettere un'espansione oltre i propri confini: una sfida difficile, soprattutto per le realtà più piccole, e che per questo necessita di maggior attenzione e sostegno da parte dell'Unione europea.
Radvilė Morkūnaitė-Mikulėnienė (PPE), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore del documento, poiché gli incentivi per le piccole imprese previsti nello Small Business Act possono incrementare la competitività dell'Unione europea. In particolare, mi preme attirare l'attenzione su due aspetti della risoluzione che abbiamo adottato. In primo luogo l'istruzione e la formazione professionale. Infatti i giovani saranno i fautori ed i protagonisti del futuro dell'UE. È quindi particolarmente importante per loro essere intraprendenti e pronti a creare un'economia UE competitiva e vibrante. L'uso efficiente delle risorse è un altro aspetto che si ricollega altresì alla futura qualità della vita nell'UE. Ne parliamo sempre, ma finora, all'atto pratico, purtroppo ci siamo attivati poco a livello concreto per mettere in atto le nostre belle parole. D'altro canto, l'uso efficiente delle risorse di per sé non è sufficiente – in generale bisogna avere un atteggiamento sostenibile verso l'ambiente ad ogni fase dello sviluppo economico. Chiedo pertanto sia alla Commissione europea che agli Stati membri di prestare la massima attenzione allo sviluppo di una maggiore imprenditoria giovanile e alla promozione dell'uso efficiente delle risorse e di altre iniziative centrate sul risparmio energetico.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) La risoluzione è volta a conferire il contributo del Parlamento europeo all'analisi dello Small Business Act della Commissione. Pertanto l'Assemblea si avvale di questo testo per esprimere sostegno per le nuove proposte volte a promuovere l'accesso ai finanziamenti e ai mercati per le piccole e medie imprese (PMI), per le misure tese a perseguire il processo di riduzione della burocrazia mediante il rafforzamento della governance e del monitoraggio, per la regolamentazione intelligente e per le misure come l'analisi della performance delle PMI.
Come ho già affermato in passato, il rafforzamento delle PMI è fondamentale per promuovere la crescita economica. In proposito, nell'ambito della ricerca e dello sviluppo – il Parlamento propone specificatamente di semplificare il finanziamento per la ricerca, lo sviluppo e l'innovazione e promuovere una gestione appropriata dei programmi, soprattutto per le PMI, ed è questo un elemento importante. Fondamentale è anche il rafforzamento delle capacità di innovazione nell'arco dell'intero ciclo, compresa l'innovazione non tecnologica all'interno del futuro quadro per la ricerca e lo sviluppo. Sostengo inoltre gli investimenti tesi a supportare le PMI locali mediante, ad esempio, il coinvolgimento di centri per l'innovazione, delle camere di commercio, delle associazioni economiche e degli agglomerati per l'innovazione nel mercato unico.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Le piccole e medie imprese (PMI) rappresentano all'incirca il 99 per cento delle imprese dell'UE e rendono un contributo fondamentale alla crescita economica: oltre ad essere una fonte di occupazione e di ricchezza, esse sono dei veicoli particolarmente adatti per l'innovazione. Pertanto è essenziale continuare a garantire loro le condizioni per potersi sviluppare ed acquisire sicurezza nel mercato, garantendogli accesso ai finanziamenti e ai potenziali benefici del mercato unico. È quindi d'uopo porgere le congratulazioni alla Commissione per il riesame dello Small Business Act e sostenere le nuove proposte presentate al fine di perseguire gli obiettivi volti a sostenere le PMI.
Robert Rochefort (ALDE), per iscritto. – (FR) Il 99 per cento delle imprese europee sono piccole e medie imprese. I due terzi dei posti di lavoro nel settore privato dipendono da queste imprese. Oltre la metà del valore aggiunto europeo viene prodotto dalle PMI. Non ci può essere alcuna ripresa economica vera e propria o nessuna crescita a lungo termine senza un intervento sostanziale da parte delle autorità pubbliche a livello locale, nazionale o europeo a favore delle piccole e medie imprese. Adottando lo Small Business Act nel 2008, la Commissione europea ha compiuto i primi decisivi passi verso le piccole e medie imprese grazie all'introduzione del principio della “corsia preferenziale per la piccola impresa” in tutti i settori della legislazione. Nonostante le molte proposte che sono state finalizzate negli ultimi tre anni – penso alla direttiva sui ritardi di pagamento, in particolare – devono essere ancora compiuti molti progressi per favorire le piccole e medie imprese, non solo riguardo al carico amministrativo che grava su di esse, ma anche il relazione alle difficoltà con cui esse si scontrano nell'accesso ai finanziamenti. La Commissione europea deve continuare a perseguire la strada che ha tracciato con l'SBA nel 2008. Ed è questo il senso della risoluzione per cui ho votato a favore.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) La risoluzione verte, in particolare, sui seguenti punti: (1) le condizioni normative, con una migliore applicazione del test PMI – soprattutto negli Stati membri – e la riduzione della burocrazia e degli oneri amministrativi; (2) un migliore accesso delle PMI ai finanziamenti, aumentando i fondi e gli strumenti all'interno della BEI (come il finanziamento RSFF e capitale di rischio) mediante un CIP ampliato (e indipendente); (3) miglioramenti per garantire la partecipazione delle PMI agli appalti pubblici; (4) semplificazione e migliore focalizzazione dei programmi R&D&I per promuovere la capacità di gestione dell'innovazione delle PMI, l'accesso ai servizi R&S&I e ai servizi per le imprese centrati sulla conoscenza, mediante, ad esempio, i centri per il trasferimento della tecnologia e le università; (5) la necessità di assegnare un'attenzione maggiore alle qualifiche necessarie e alle altre tematiche legate al mercato del lavoro in relazione all'imprenditoria e alla capacità delle PMI di liberare pienamente il proprio potenziale di occupazione, in particolare, le qualifiche gestionali, digitali e di sostenibilità; (6) deve essere messa in atto un'azione per migliorare l'efficienza delle risorse: devono essere attuati progetti settoriali per le PMI per identificare l'innovazione in termini di efficienza energetica nella catena di valore e in quella di approvvigionamento, deve essere adottato un piano d'azione ambizioso e devono essere stanziati più fondi mediante il CIP; devono essere implementate maggiori misure centrate sul rapporto costo-efficacia per aiutare le PMI a ridurre i costi per l'energia.
Oreste Rossi (EFD), per iscritto. − Sono favorevole alla relazione di riesame dello Small Business Act in quanto mira al miglioramento dell'accesso al credito e al mercato delle PMI. In questo momento di crisi per le imprese europee é necessario dare assistenza alle PMI, permettendo loro di accrescere in capacità e know-how, invitandole a sostenere programmi di gestione atti ad implementare ricerca, sviluppo e innovazione. Il testo riconosce il ruolo chiave delle PMI nella transizione a un'economia caratterizzata da efficienza di risorse, é inoltre indispensabile riconoscere il ruolo dei giovani imprenditori. Per questi ultimi l'UE dovrebbe impegnarsi ad istituzionalizzare il programma ERASMUS, dando loro un'opportunità di crescita.
Marc Tarabella (S&D), per iscritto. – (FR) Accolgo con favore l'adozione della risoluzione sul riesame dello Small Business Act a grandissima maggioranza nel Parlamento europeo. Le PMI, che rappresentano il 99 per cento delle imprese europee, garantiscono i due terzi dei posti di lavoro nel settore privato e generano oltre la metà del valore aggiunto creato, in totale, dalle imprese che operano nell'UE. Le PMI adempiono ad un ruolo fondamentale nell'innovazione, nella ricerca e nello sviluppo. Adottando lo Small Business Act nel 2008, la commissione ha compiuto il primo passo decisivo per le PMI grazie all'introduzione del principio della “corsia preferenziale per la piccola impresa” in tutti i settori della legislazione.
In questi tre anni sono state finalizzate molte proposte, come la direttiva sui ritardi di pagamento. Però, resta ancora molto da fare per semplificare la vita alle PMI per quanto concerne la burocrazia che le obera e l'accesso al finanziamento che spesso è molto difficile. La risoluzione si appella alla Commissione europea affinché continui a focalizzarsi sui propulsori della prosperità e della crescita, ovverosia sulle PMI.
Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto. – (LT) Come ha puntualmente osservato il relatore, le piccole e medie imprese (PMI) sono la colonna portante della società europea ed il motore dell'economia. Questo assunto vale anche per la Lituania, in cui il 99,4 per cento delle imprese nazionali hanno meno di 250 dipendenti. Stando alle statistiche del governo, nel gennaio 2011, erano oltre 66 500 le PMI attive in Lituania. I lituani hanno disperatamente bisogno di una regolamentazione più intelligente, di meno burocrazia e di minori oneri amministrativi. Ottenere un permesso edilizio, ad esempio, rappresenta uno degli ostacoli principali per gli investitori in Lituania. Secondo una relazione della Banca mondiale, devono essere espletate 17 procedure per poter ottenere un permesso e servono 162 giorni. In questo ambito, secondo la classificazione della Banca mondiale, la Lituania è al 59° posto nel mondo. La protezione degli investitori in Lituania costituisce un problema ancora più grave. Su questa scala il paese è al 93° posto. Non è una bella realtà. Una strategia positiva per promuovere PMI innovative non deve reggersi solamente sui sussidi, ma sulla creazione di un ambiente economico, in cui le PMI devono avere una maggiore libertà e un migliore accesso alle varie fonti di finanziamento. Credo inoltre che le PMI debbano rivolgere un'attenzione maggiore alle questioni sociali e alle questioni connesse al mercato del lavoro, che si ripercuotono sull'imprenditoria e sulle possibilità che hanno di impiegare lavoratori con le qualifiche giuste.
Derek Vaughan (S&D), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore la risoluzione, che lancia un monito contro l'eccesso di burocrazia e le procedure pesanti per le PMI. Le 23 milioni di PMI nell'UE assicurano 100 milioni di posti di lavoro e rendono un contributo enorme alla crescita economica, alla coesione sociale e alla creazione di posti di lavoro. Dobbiamo garantire che queste imprese vitali non siano ostacolate dalla burocrazia e dalle lungaggini burocratiche. Infatti l'UE deve rinnovare gli sforzi per ridurre il fardello amministrativo. Sono lieto che quasi tutte le proposte previste dallo Small Business Act siano state adottate, ma sollecito gli Stati membri ad attuare senza indugi la direttiva sui ritardi di pagamento.
La risoluzione sottolinea, inoltre, il potenziale di risparmio energetico delle PMI – attualmente solo il 24 per cento delle PMI sono impegnate in interventi di riduzione dell'impatto nell'ambito dell'efficienza energetica. Se le PMI applicassero misure efficaci e dai costi contenuti per innalzare l'efficacia energetica, potrebbero ridurre i costi per l'energia, incrementando il re-investimento.
Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Ho votato contro la risoluzione sul riesame dello Small Business Act, messo in atto dalla Commissione nel febbraio 2011. Questo riesame – in particolare, la riduzione dei costi e dei fardelli amministrativi e burocratici – è in linea con la normativa nella sua versione attuale. La proposta di armonizzare i sistemi fiscali non deve sfociare in un'ennesima riduzione delle tasse per le imprese – teoricamente delle piccole imprese – mentre i salari permangono al centro dei piani di austerità. È vero che il riesame punta a migliorare l'accesso delle PMI ai finanziamenti, ma non fa menzione delle problematiche sociali ed ambientali e non contiene nemmeno un riferimento al piano della Commissione sull'iniziativa per le imprese sociali, annunciata per la fine dell'anno. È vero che il riesame dello Small Business Act, nel presentare questa proposta, si orienta leggermente verso l'economia sociale, ma è debole rispetto alle altre sfide connesse a queste altre forme di intervento. Come per la direttiva sui servizi mediatici audiovisivi, il riesame dello Small Business Act non tiene conto degli insegnamenti che discendono dalla relazione Monti al fine di ripristinare la fiducia dei cittadini nell'Unione europea. Pertanto il testo si conforma alla stessa logica ultra-liberista dell'integrazione europea che condanniamo da anni, una logica che è, prima di tutto, centrata sul mercato e sulle sue esigenze.
Dominique Vlasto (PPE), per iscritto. – (FR) Le piccole e medie imprese europee sono il polmone dell'attività economica. Dobbiamo mettere il loro sviluppo, la loro modernizzazione e la loro competitività al cuore della nostra strategia economica. Pertanto ho votato a favore della risoluzione sul riesame dello Small Business Act, che punta a liberare il potenziale di crescita delle PMI. C'è ancora molto da fare per semplificare le condizioni normative e le procedure amministrative che pesano eccessivamente sull'attività e sul dinamismo di queste imprese. Esprimo apprezzamento per le azioni proposte nella relazione, come la creazione dello statuto sulla società privata europea. In questo modo si aiuteranno le PMI a godere pienamente dei benefici del mercato unico, consentendo loro di svolgere un'attività transnazionale senza costringerle ad ottemperare ad obblighi spesso troppo onerosi e scoraggianti. Chiedo quindi al Consiglio di rendere al più presto il proprio parere su questa iniziativa. Infine dobbiamo andare in aiuto delle PMI innovative, facilitandone l'accesso a diverse forme di finanziamento. Questo obiettivo può essere centrato, in particolare, semplificando in maniera significativa l'uso dei crediti europei, in cui manca ancora flessibilità. Questi crediti esistono e dovrebbero essere utilizzati al fine di erogare un sostegno più fattivo per lo sviluppo dell'economia reale, per l'innovazione e per l'occupazione.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della proposta, in quanto, come ha indicato la relatrice, l'unione fa la forza. Unendo le forze per innovare e per risolvere problemi comuni in Europa, si possono realizzare degli sviluppi più rapidamente, innalzare l'efficienza (in termini di costi) e aumentare la creatività. L'Unione dell'innovazione deve inoltre intensificare la competitività dell'Europa, contribuire a trovare una via d'uscita alla crisi economica. Visto che l'Europa dipende molto dalle importazioni, gli Stati membri sono uniti sulla necessità di usare in maniera intelligente e sostenibile le materie prime ed i beni di prima necessità che servono per generare energia e che vengono usati dall'industria o dalla produzione alimentare. L'invecchiamento della popolazione costituisce un'altra sfida per quasi tutti i paesi dell'UE. Al fine di garantire più anni di vita sana, con le cure ed i farmaci adeguati, ma al contempo, controllando i costi, un approccio congiunto può portare a dei risultati in tempi più brevi. Le economie europee sono diventate così interconnesse ormai e non è solo la stabilità dell'euro che richiede un approccio comune. Siffatto approccio è infatti necessario per incrementare la competitività degli Stati membri. Serve una strada comune verso un'economia equa e stabile.
Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. – (RO) L'Europa è stata, è e rimarrà la culla della civiltà mondiale, dell'istruzione, della ricerca e della cultura. Certamente, come indica anche la comunicazione della Commissione, all'Europa non mancano le potenzialità umane, tecniche, commerciali e finanziarie. La mia domanda è la seguente: che cosa sta facendo l'Europa per utilizzare primariamente il proprio potenziale in termini di risorse umane? Come intende l'Europa mantenere le proprie risorse umane che sono così essenziali per l'innovazione nelle scuole, nelle università e presso i centri di ricerca? Prima di pensare a come attirare gli esperti dall'esterno dell'Unione europea, la nostra priorità deve essere quella di fermare l'esodo dei ricercatori dall'Europa verso altri centri importanti nel mondo. Istituendo un sistema d'istruzione moderno in tutta Europa, mettendo un forte accento sui risultati sostanziali della ricerca e, ovviamente, semplificando l'accesso ai programmi di ricerca transnazionali in Europa, si può innalzare il livello di innovazione nell'UE. Tuttavia, per garantire che le risorse umane rimangano nel nostro continente, l'Europa deve concentrarsi su un aspetto: assicurare offerte allettanti ai ricercatori, proposte che non si possono rifiutare. In realtà, bisogna persuaderli che, comunque, è sempre meglio rimanere a casa.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho dato il mio sostegno alla relazione. L'iniziativa faro sull'Unione dell'innovazione è il tentativo più significativo e più mirato compiuto sinora dall'Unione per introdurre una politica europea strategica, integrata e orientata alle imprese in materia di innovazione, in cui l'innovazione viene direzionata e vengono monitorati i progressi ai massimi livelli politici. Le innovazioni sono particolarmente importanti per affrontare le sfide globali come il cambiamento climatico, l'energia, la sicurezza alimentare, eccetera, in cui bisogna innovarsi e rafforzare la base scientifica e tecnologica esistente. È altresì necessario modernizzare i sistemi d'istruzione e metterli al passo con i tempi. Gli Stati membri devono intervenire per migliorare l'imprenditoria e le competenze dei cittadini europei giovani e degli imprenditori europei, incorporando l'imprenditoria e l'innovazione in tutti i settori dell'istruzione e migliorando il capitale umano. Siffatto intervento consentirà loro di svolgere un ruolo attivo nell'innovazione.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR) L'iniziativa “Unione dell'innovazione” rimane l'iniziativa più importante dell'Unione per lo sviluppo di una strategia europea integrata in materia di ricerca e di sviluppo. Incrementare il ritmo della ricerca e dell'innovazione è fondamentale per introdurre un modello economico equo e competitivo, per garantire l'occupazione per il futuro e per dirigerci verso una gestione sostenibile delle risorse, affrontando le sfide dell'energia e stimolando una società basata sulla conoscenza. In termini di posti di lavoro, ambiente e sviluppo, l'innovazione è una delle principali sfide che l'Unione europea deve raccogliere ed è destinata ad avere delle ripercussioni concrete sui cittadini. D'ora in poi i cittadini europei, sia come fonte di stimolo che come beneficiari dell'innovazione, devono essere in grado di partecipare pienamente a questa “Unione dell'innovazione” affinché abbia successo, come abbiamo enfatizzato nella relazione. Infine, per tale ragione, vogliamo mettere in evidenza quanto sia essenziale la politica sull'innovazione e il valore aggiunto dell'approccio coordinato a livello europeo. Per poter affrontare le grandi sfide comuni di natura sociale ed economica che incombono sulla società europea, servono iniziative ambiziose. Ora pertanto attendiamo la fase legislativa delle azioni della Commissione sulla ricerca e lo sviluppo.
Sergio Berlato (PPE), per iscritto. − Il concetto di innovazione ha carattere multidimensionale: comprende non solo la ricerca scientifica e lo sviluppo sperimentale e tecnologico, ma anche lo sviluppo di nuovi processi, metodologie e modelli organizzativi e comportamentali. Pur accogliendo con favore la comunicazione della Commissione europea sull'Unione dell'innovazione quale iniziativa faro della strategia UE 2020 per la crescita e l'occupazione, ritengo che vi siano ancora dei settori prioritari in cui sarebbe necessario un maggiore impegno per lo sviluppo delle capacità in materia di scienza, tecnologia e innovazione: l'uso efficiente delle risorse, il recupero e il riciclaggio dei rifiuti, la qualità e la sicurezza degli alimenti, le nuove epidemie. Secondo le conclusioni del panel europeo sull'innovazione del 2009, la recente crisi economica e finanziaria ha avuto conseguenze sproporzionate tra i diversi paesi.
Esprimo preoccupazione per gli attuali vincoli di bilancio imposti agli Stati membri che rischiano di portare a maggiori restrizioni negli investimenti in ricerca e innovazione, con palesi effetti negativi sulla crescita e sulla competizione dell'Europa. Sollecito, pertanto, l'attenzione della Commissione sull'opportunità di attivare le risorse del quadro strategico comune per il finanziamento dei settori, in particolare, della ricerca e dell'innovazione dell'Unione europea.
Izaskun Bilbao Barandica (ALDE), per iscritto. – (ES) Abbiamo votato a favore dell'iniziativa “Unione dell'innovazione”, in quanto essa rappresenta l'unica possibilità per superare la crisi in un mondo globalizzato. L'innovazione comporta la creazione di posti di lavoro, conoscenza, tecnologia, attenzione per l'ambiente, ampliamento della coesione sociale e del benessere pubblico. Tutti gli Stati membri devono assumersi un forte impegno verso l'innovazione e devono stimolarla lavorando insieme, condividendo le buone prassi e migliorando la diffusione delle esperienze positive.
C'è un futuro purché vi sia innovazione. Alla luce di tale presupposto ho votato a favore dell'emendamento n. 1, in quanto sono completamente contrario all'uso dei fondi della PAC per finanziare questi programmi. Il comparto agricolo, che è stato anch'esso investito pesantemente dalla crisi, merita questi fondi per sostenere la propria innovazione. Un'Europa innovativa può portare l'innovazione nell'agricoltura in modo da potersi costruire un futuro proprio come in tutti gli altri settori strategici.
Slavi Binev (NI), per iscritto. – (BG) Tutti sanno che la crescita economica è strettamente connessa al progresso tecnologico, che, a sua volta, viene generato dall'aspirazione all'innovazione della gente. Ad ogni modo, questa aspirazione e questo potenziali vengono limitati da ostacoli finanziari, burocratici e di altro genere. Sostengo appieno la relazione sull'Unione dell'innovazione, in quanto ci consentirà di abbattere le barriere che si frappongono al pensiero innovativo nell'Unione europea. Tuttavia, bisogna soprattutto evitare che si sviluppi un'Europa a due velocità, il che può essere scongiurato, in particolare, incorporando l'economia dell'Unione nell'aspirazione comune per l'innovazione.
Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. − La richiesta di introduzione del brevetto unico europeo avanzata dalla Relazione, nonché il compiacimento espresso dalla medesima sull´adozione della cooperazione forzata relativamente all´introduzione del brevetto stesso, mi impedisce di dichiarare un voto favorevole. L´introduzione di un brevetto europeo anglo-franco-tedesco risulta inaccettabile per almeno due ragioni. In primo luogo, il trilinguismo avrebbe un impatto negativo sulla competitivitá delle aziende degli Stati membri non rappresentati nel sistema. Tali aziende, tra cui quelle italiane, dovrebbero attendere il completamento dei processi di traduzione prima di poter disporre dei documenti, a scapito della tempestivitá che invece è di primaria importanza nel settore commerciale. Esse dovrebbero inoltre sostenere dei costi aggiuntivi di traduzione. Al contrario, le aziende anglo-franco-tedesche non andrebbero incontro ad alcuno dei suddetti ostacoli, il che darebbe luogo ad una discriminazione su base linguistica. Inoltre, l´introduzione del sistema trilingue non sembra rispondere ad esigenze amministrative, e non sembra nemmero voler rispecchiare il peso demografico degli Stati membri, perché allora anche l´Italia dovrebbe essere rappresentata. Esso appare piuttosto come un tentativo di imporre il prestigio della Germania a scapito dei principi di paritá ed uguaglianza tra gli Stati membri su cui si fonda la UE. Decido perció di non appoggiare la relazione.
Jan Březina (PPE), per iscritto. – (CS) Ho votato a favore della risoluzione sull'Unione dell'innovazione, in quanto, tra le altre cose, dobbiamo adottare dei provvedimenti sia a livello europeo che a livello nazionale per migliorare le competenze imprenditoriali e la formazione professionale degli europei, incorporando gli studi di economia, la creatività e l'innovazione in tutti i settori dell'istruzione. È necessario avvalersi maggiormente dei programmi della Commissione, come “Erasmus per i giovani imprenditori” e, al contempo, proteggere gli scambi di competenze in quanto fonte di innovazione. A mio giudizio, la Commissione deve cooperare di più con gli Stati membri per definire delle prospettive a medio e a lungo termine in relazione alle qualifiche richieste nel mercato del lavoro e a sostegno dei partenariati tra università ed il comparto economico al fine di favorire l'accesso al mercato del lavoro per i giovani e favorire la creazione di imprese innovative basate sulla conoscenza, sullo sviluppo della ricerca applicata e su migliori prospettive per i laureati nell'ambito del mercato del lavoro.
In questo contesto sostengo la proposta del comitato delle regioni di creare una “rete virtuale di creatività” aperta a tutti (imprese, organismi locali e regionali, settore privato e cittadini) con il compito di fornire consulenza, sostegno e accesso al capitale di rischio e ai servizi tecnici. Mi preme inoltre di attirare l'attenzione sull'attuale carenza di interazioni migliori e proattive tra università e imprese e chiedo alla Commissione di varare un nuovo programma europeo per la formazione professionale e per l'istruzione del personale di alto livello presso le università e dei funzionari in relazione alla tecnologia.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Esprimo apprezzamento per l'attenzione particolare che la relazione dedica alla ricerca e all'innovazione come mezzi per superare la crisi economica e sociale che l'Europa sta attraversando. In realtà, diventa sempre più impellente trovare modalità nuove e sostenibili per usare in maniera più intelligente e più efficiente le risorse e le materie prime. Dobbiamo pertanto creare uno spazio per le nuove idee e, soprattutto, dobbiamo creare i meccanismi necessari per attuarle. Per tale motivo sostengo la relazione presentata sull'Unione dell'innovazione e ne sottolineo l'importanza in relazione alla situazione attuale e al successo dell'Europa nel futuro prossimo.
Giovanni Collino (PPE), per iscritto. − L'innovazione rappresenta, sotto molti aspetti, la chiave della crescita economica. Già nella seconda metà del novecento i più autorevoli economisti della crescita avevano capito che l'innovazione è una delle principali variabili per fare leva sui rendimenti marginali decrescenti. In questo modo si è passati dai modelli di crescita degli anni '50, secondo i quali l'economia, prima o poi, è destinata a stabilizzarsi e a perdere il suo impulso propulsivo, ai modelli di crescita endogena degli anni '80 dove, grazie alla tecnologia e alla concezione di prodotti sempre diversi e innovativi, l'economia riesce a mantenere un tasso di crescita positivo nel lungo periodo. Per azionare queste leve, che da oggi al 2020 si declineranno negli obbiettivi della ricerca, dell'efficienza energetica, nei processi di internazionalizzazione, soprattutto delle piccole e medie imprese, c'è bisogno di una forte volontà politica, che metta in moto meccanismi di incentivo e di orientamento che ad oggi sono in mano agli Stati membri, per i quali gli strumenti di finanziamento europeo rappresentano un valido supporto. Le risorse sono limitate per via della crisi e le direttive contenute in Europa 2020 dovranno essere accompagnate da politiche fiscali e industriali forti dei governi europei.
George Sabin Cutaş (S&D), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione sull'Unione dell'innovazione, in quanto il testo mette in luce l'importanza dell'innovazione come fondamento di un modello economico sostenibile e competitivo e la creazione di nuovi posti di lavoro nell'Unione europea.
Al contempo ho presentato un emendamento insieme ad altri colleghi, in quando non crediamo assolutamente che la politica per l'innovazione debba essere finanziata stornando i fondi della politica agricola comune.
Ioan Enciu (S&D), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione, poiché delinea soluzioni fattibili per migliorare la ricerca e l'innovazione nell'Unione europea e, per estensione, assicura condizioni appropriate per ripristinare la crescita e la creazione di nuovi posti di lavoro.
Stimolando gli investimenti per la ricerca, facilitando l'accesso alle PMI a diverse fonti di finanziamento e migliorando la cooperazione tra università, centri di ricerca e governo, si genera creatività e innovazione a medio e a lungo termine. Deve essere assegnata un'attenzione particolare affinché l'innovazione tra i vari Stati membri e le varie regioni sia bilanciata, poiché al momento sussiste una grande disparità che si ripercuote sull'intera Unione.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione, la quale introduce una serie di misure volte ad affrontare positivamente una serie di sfide sociali, in particolare il cambiamento climatico, l'energia e la scarsità delle risorse, l'invecchiamento della popolazione ed i problemi derivanti dall'accesso ai servizi pubblici e all'assistenza sanitaria di qualità. L'Unione deve impegnarsi a fondo per realizzare gli obiettivi che sono stati proposti. Si stima che potranno essere creati 3,7 milioni di posti di lavoro entro il 2020 e che il prodotto interno lordo (PIL) possa aumentare di circa 800 miliardi entro il 2015.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Questa relazione d'iniziativa si innesta sulla scia della comunicazione della Commissione sull'Unione dell'innovazione ed è una delle iniziative della strategia Europa 2020, che punta ad incoraggiare l'innovazione e la competitività creando politiche robuste e stimolando lo scambio di idee e di soluzioni a svariati problemi che investono tutti gli Stati membri.
In sintesi l'iniziativa è volta ad incoraggiare e a promuovere attività efficienti e competitive, sia durante che dopo la crisi, consentendo a tutta l'Unione di superare le debolezze che sono state evidenziate in diversi settori, segnatamente in quelli industriali.
Senza dubbio si tratta di una relazione ambiziosa, visto le tematiche che affronta: dai diritti di proprietà intellettuale sino all'intensificazione della cooperazione tra Stati membri e la Commissione. Pertanto porgo le mie congratulazioni alla relatrice per l'impegno di cui ha dato prova e spero che, con un numero maggiore di contributi analoghi, potremo realizzare tutti gli obiettivi proposti nella strategia Europa 2020.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) La relazione stilata dall'onorevole Merkies propone l'Unione dell'innovazione come mezzo per preparare l'Europa per il mondo all'indomani dell'attuale crisi economica e finanziaria. La crisi mondiale senza precedenti, che cocciutamente permane e che potrebbe minacciare il progetto europeo, impone a tutti e all'Unione europea in particolare, di assumere una posizione ferma, atta a motivare l'opinione pubblica. Pertanto, oltre a votare a favore della relazione, mi congratulo con la relatrice per il lavoro che ha svolto e che ci propone una visione ottimista del futuro, mettendo in luce la capacità d'innovazione che possediamo tutti. È importante mettere in atto le proposte invocate nel testo, tra cui si annoverano un migliore accesso al credito e al sostegno finanziario, maggiori investimenti nella ricerca e nello sviluppo, una normativa più chiara, meno burocrazia, un punto di contatto unico, una migliore cooperazione inter-regionale e un brevetto europeo semplice e dai costi contenuti.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione verte sull'importanza dell'innovazione in tutte le sue forme per lo sviluppo della società. Il testo delinea siffatta posizione, rendendo al contempo dei contributi significativi in una serie di aree ed avanzando delle proposte – ad esempio sull'aumento della diffusione e dell'assorbimento dell'innovazione in diversi settori – cosa che reputiamo opportuna.
Nel parere della commissione per l'ambiente, la salute pubblica e la sicurezza alimentare, di cui sono l'autore, ho cercato di sintetizzare i punti principali delle nostre opinioni e delle nostre preoccupazioni in questo ambito. Sulla base della proposta di parere si può sicuramente affermare che vi siano chiari punti di disaccordo rispetto alla comunicazione dell'Esecutivo. In particolare, si tratta di aspetti che sono stati indicati anche nella relazione, laddove si riscontrano delle contraddizioni: l'idea di innovazione come un'opportunità essenzialmente economica, l'enfasi assegnata al mercato, alla concorrenza e allo stimolo per l'innovazione a fini economici, il sostegno per il mercato unico e per i brevetti UE. Sono questi i punti su cui non siamo d'accordo.
Come abbiamo affermato nel corso del dibattito, un'altra questione che non è stata affrontata sufficientemente verte sul rischio – come è emerso molto chiaramente dai risultati del pannello europeo per l'innovazione del 2009 – di uno “spartiacque dell'innovazione” tra paesi e regioni maggiormente innovative e tutto il resto.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione mette sufficientemente in luce l'innovazione, che costituisce un mezzo necessario per poter rispondere ai molti problemi e alle sfide che l'umanità è chiamata ad affrontare. L'innovazione eve essere un elemento chiave della politica pubblica in settori quali l'ambiente, l'acqua, l'energia, i trasporti, le telecomunicazioni, la sanità e l'istruzione, e deve contribuire a risolvere problemi quali la scarsità e l'uso efficiente delle risorse, il riciclaggio e il trattamento dei rifiuti, la qualità e la sicurezza degli alimenti, i cambiamenti demografici, le nuove epidemie e la conservazione della natura e della biodiversità.
La relazione, però, contiene una serie di contraddizioni, poiché si fonda su idee neoliberiste, che difendono il mercato interno e sostengono i brevetti UE, ossia su punti su cui dissentiamo.
I limiti attualmente imposti agli Stati membri potrebbero portare a maggiori restrizioni sugli investimenti nella scienza, nella tecnologia e nell'innovazione (STI), in particolare nei paesi più vulnerabili. Invece dell'annunciata “Unione dell'innovazione”, il risultato potrebbe essere un vero e proprio “spartiacque dell'innovazione” tra paesi e regioni che innovano e tutto il resto.
Laddove dovrebbe prevalere l'interesse pubblico, lo sviluppo, la coesione, il progresso e lo Stato sociale, in definitiva dominano le cosiddette opportunità economiche, il mercato, la competitività, la concorrenza e lo stimolo all'innovazione a fini economici.
Pat the Cope Gallagher (ALDE), per iscritto. – (GA) Dobbiamo incoraggiare le istituzioni del terzo livello, le organizzazioni di ricerca e le imprese nel settore privato a cogliere le possibilità che discendono dal settimo programma quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico (FP7) dell'Unione europea.
Questo programma è il programma di ricerca più ampio al mondo sovvenzionato con fondi pubblici e dobbiamo continuare a metterne in luce i benefici che ne derivano per le PMI. Dal punto di vista irlandese, questo programma favorisce lo sviluppo della ricerca, che a sua volta crea occupazione, assicurando la disponibilità di prodotti e di servizi che sono necessari e per cui esiste una domanda. Gli enti irlandesi si sono già avvalsi di 270 milioni di euro grazie a questo programma nei settori dell'agricoltura, dei prodotti alimentari, della pesca, della salute, dell'energia, dei trasporti e delle tecnologie di informazione e di telecomunicazione.
Si tratta quindi di un fattore di fondamentale importanza sia per l'Irlanda che per l'Europa, soprattutto a fronte delle attuali difficoltà economiche.
Louis Grech (S&D), per iscritto. – (EN) Condivido la relazione Merkies, poiché credo fermamente che l'innovazione e la creatività siano le chiavi per la ripresa economica dell'Unione e che sia assolutamente fondamentale convertire le scoperte scientifiche e tecnologiche dell'Unione in fattori positivi e in servizi. Inoltre sono convinto che in un'Europa post-crisi qualsiasi strategia sul mercato unico debba essere formulata in modo tale da mantenere ed intensificare la coesione sociale, garantire l'integrità del mercato e la sostenibilità economica e favorire l'innovazione. Per tale ragione sostengo l'iniziativa della Commissione sul progetto pilota concernente l'innovazione sociale europea volto ad assicurare che le idee innovative sulla creazione di prodotti, servizi e modelli economici siano connessi alle esigenze sociali dei cittadini e dei consumatori europei e che, soprattutto siano idonee da soddisfarle.
Françoise Grossetête (PPE), per iscritto. – (FR) Dinanzi ad un'economia mondiale in crisi, il Parlamento europeo ha sottolineato l'importanza di rendere l'Europa più innovativa ed efficiente, adattandola alle nuove sfide del XXI secolo.
È essenziale incoraggiare il massimo coinvolgimento di tutti gli attori interessati, comprese le piccole e medie imprese (PMI), l'industria, le università ed i governi. Tutti hanno un ruolo da svolgere. Di conseguenza, dobbiamo, ad esempio, modernizzare i nostri sistemi d'istruzione e colmare le lacune di conoscenza nella scienza e nell'ingegneria.
Riusciremo ad uscire dalla crisi solo se sosteniamo l'innovazione. L'Unione europea deve consentire la creazione di nuovi strumenti finanziari atti a promuovere la spesa per la ricerca e gli investimenti privati. Inoltre la collaborazione tra il settore pubblico e quello privato, mediante la messa in atto di partenariati, rappresenta una modalità importante per favorire un'economia più innovativa.
È essenziale adottare un brevetto europeo unico per promuovere gli scambi commerciali al di fuori dell'Unione. Infatti i brevetti attualmente comportano costi eccessivamente elevati e dobbiamo assolutamente ridurre le spese.
Infine, dinanzi al fenomeno della fuga dei cervelli, è importante cercare di trattenere i ricercatori in Europa. Senza di loro, i finanziamenti e tutti gli altri meccanismi non servono a nulla.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) L'Europa sinora ha riportato dei risultati assai deludenti sul fronte dell'innovazione. Però, l'innovazione dovrebbe aiutarci ad affrontare le principali sfide che si profilano per la società, come l'invecchiamento della popolazione, la necessità di gestire le risorse in maniera sostenibile e la ripresa economica. Per tale ragione ho votato a favore della relazione d'iniziativa, che sottolinea, in particolare, il concetto dell'innovazione sociale ed enfatizza il ruolo attivo che le regioni e le autorità locali possono svolgere nell'innovazione. Infine dobbiamo promuovere un sistema atto a proteggere i diritti di proprietà intellettuale, che sia calibrato e che rispetti i diritti degli inventori, offrendo, al contempo, ai cittadini il più ampio accesso possibile alla conoscenza: sono queste le sfide che dovremo affrontare in futuro anche grazie all'innovazione.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore del documento, poiché, ai sensi dell'articolo 179, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFEU), l'Unione: "incoraggia nell'insieme dell'Unione le imprese, comprese le piccole e le medie imprese, i centri di ricerca e le università nei loro sforzi di ricerca e di sviluppo tecnologico di alta qualità; essa sostiene i loro sforzi di cooperazione, mirando soprattutto a permettere ai ricercatori di cooperare liberamente oltre le frontiere e alle imprese di sfruttare appieno le potenzialità del mercato interno grazie, in particolare, all'apertura degli appalti pubblici nazionali, alla definizione di norme comuni ed all'eliminazione degli ostacoli giuridici e fiscali a detta cooperazione." Sono fermamente convinto che l'UE debba assumere una posizione proattiva e porsi all'avanguardia in termini di competitività e quindi dobbiamo investire affinché sia stimolata l'innovazione. La Commissione europea deve tradurre il documento strategico intitolato "Unione dell'innovazione" in un piano d'azione con obiettivi specifici, misurabili passo dopo passo sul piano temporale. La Commissione deve sistematicamente monitorarne i progressi, valutando gli ostacoli e proponendo un meccanismo volto a migliorare la presentazione periodica di relazioni al Parlamento europeo e al Consiglio.
Juan Fernando López Aguilar (S&D), per iscritto. – (ES) La delegazione dei socialisti spagnoli ha votato a favore della relazione Merkies "sull'Unione dell'innovazione: trasformare l'Europa per un mondo post-crisi", poiché condividiamo e sosteniamo i principi fondamentali che vengono delineati nella relazione e che identificano le fondamenta della transizione verso un'economia europea intelligente, sostenibile ed equa.
Ad ogni modo, tengo ad evidenziare che, votando a favore del testo nel suo insieme, non significa che sosteniamo l'accordo raggiunto dalla maggioranza del Consiglio sulla cooperazione rafforzata, che esclude la lingua spagnola dal brevetto europeo. Abbiamo votato contro il paragrafo che introduce la cooperazione rafforzata, esprimendo il nostro totale disaccordo su questa eventualità. Lo strumento della cooperazione rafforzata è destinato a ripercuotersi direttamente sul mercato interno, sulla coesione territoriale e sul diritto dei cittadini degli Stati membri ad avere un brevetto europeo disciplinato da norme linguistiche atte a garantire un livello sufficiente di certezza giuridica.
Inoltre la proposta di creare un tribunale sui brevetti europei e UE è "incompatibile con il diritto dell'Unione europea", come ha indicato la Corte di giustizia delle Comunità europee.
Petru Constantin Luhan (PPE), per iscritto. – (RO) Grazie all'innovazione si potrà sviluppare e reinventare l'Unione europea una volta finita la crisi. Ad ogni modo, dobbiamo essere assolutamente realistici e proporre strumenti di lavoro specifici, atti a collegare le azioni sull'innovazione messe in atto a livello europeo, nazionale e regionale. La politica europea per l'innovazione deve focalizzarsi principalmente sull'identificazione e la realizzazione specifica degli obiettivi che attengono alle sfide principali che l'Unione deve affrontare. È necessario compiere una nuova valutazione sulla complessità delle funzioni e delle responsabilità delle autorità locali e regionali. In futuro dobbiamo fornire assistenza tecnica di qualità e sostegno finanziario affinché sia garantita una sufficiente capacità amministrativa laddove è necessario.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione. Unire le forze per innovare in modo da risolvere i problemi comuni in Europa significa garantire una maggiore attenzione, uno sviluppo più rapido, una maggiore efficienza, compresa l'efficienza in relazione ai costi e una maggiore creatività. L'Unione dell'innovazione, oltre a voler dare una risposta ai problemi comuni delle nostre società, è tesa altresì ad incrementare la competitività dell'Europa e ad identificare delle modalità per uscire dalla crisi economica.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) L'innovazione consente di risolvere i problemi comuni in Europa, in quanto comporta una maggiore attenzione, uno sviluppo più rapido, efficienza (anche dei costi) e maggiore creatività. L'Unione dell'innovazione, oltre a dare una risposta ai problemi comuni, deve altresì incrementare la competitività ed indicare una via d'uscita dalla crisi. Visto che l'Europa dipende molto dalle importazioni, gli Stati membri avvertono tutti l'esigenza di usare in maniera intelligente e sostenibile le materie prime ed i beni di prima necessità che sono necessari per generare energia o per la produzione alimentare. Le economie europee sono inoltre diventate interdipendenti, quindi non è solo per garantire stabilità all'euro che ci vuole un approccio comune. Sono altresì necessari degli interventi per incrementare la competitività degli Stati membri. Serve un percorso comune verso un'economia equa e stabile. Solo un'Europa unita, infatti, sarà in grado di realizzare gli obiettivi della strategia Europa 2020.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) In passato si parlava di innovazione primariamente nel campo della ricerca. Non dobbiamo, però, dimenticare che l'innovazione può venire da qualsiasi cittadino europeo. I concetti – che spesso cominciano semplicemente come idee – devono ricevere un sostegno dall'Unione europea mediante un accesso più agevole ai finanziamenti, procedure di autorizzazione semplificate e brevetti meno costosi e più diretti, tra le altre cose. In questo modo, gli stessi cittadini europei potranno esercitare un'influenza e contribuire a plasmare una società sostenibile.
Inoltre, le innovazioni di questo genere, in cui l'attenzione principale deve assolutamente rimanere puntata sulla ricerca, contribuirebbero a mantenere un tenore di vita elevato in Europa. Ho votato a favore della relazione, in quanto consentire ai singoli cittadini di svolgere un ruolo nel forgiare la società costituisce un passo positivo. Inoltre i segni dell'era elettronica puntano sempre più verso l'innovazione personale, cui non è attribuito alcun valore.
Georgios Papanikolaou (PPE), per iscritto. – (EL) La relazione chiarisce un concetto ovvio, ossia che è impossibile sostenere l'innovazione senza sostenere la ricerca e l'innovazione. Contando non si possano fare previsioni certe la fine della crisi, gli obiettivi fissati dagli Stati membri per il 2010 nel comparto della ricerca non saranno centrati nelle condizioni attuali, proprio come è accaduto per gli obiettivi fissati nella strategia europea precedente, la strategia di Lisbona. I dati disponibili sinora indicano che – approssimativamente – solo il 2,7 per cento del PIL europeo confluirà nella ricerca alla fine del decennio, benché gli Stati membri si siano impegnati a spendere almeno il 3 per cento a tale scopo. Al contempo gli Stati membri adducono la crisi come motivo per i tagli apportati all'istruzione. In altre parole i due pilastri fondamentali dell'innovazione vengono compromessi, invece di venire rafforzati, cosa che dovrebbe essere fonte di preoccupazione per i governi nazionali.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) La relazione dal titolo. "Trasformare l'Europa per un mondo post-crisi" prevede una serie di misure a fronte di sfide sociali sostanziali. La relatrice introduce l'idea portante di creare un'unione tra tutti gli europei per l'innovazione. Infatti, come viene illustrato, trovare soluzioni per problemi comuni in Europa rappresenta una sfida. Si contribuisce così a migliorare lo sviluppo, l'efficienza, compresa l'efficacia rispetto ai costi, e la forza creativa. L'Unione dell'innovazione inoltre è tesa a stimolare la competitività dell'intera Europa per uscire dalla crisi. Vista la diffusa dipendenza dalle esportazioni, gli Stati membri condividono l'esigenza di utilizzare in modo intelligente e sostenibile le materie prime e i prodotti necessari a generare energia o da utilizzare nella produzione industriale o alimentare. L'invecchiamento della popolazione è un'altra sfida condivisa da quasi tutti i paesi dell'UE. Affinché i cittadini possano avere una vita sana più lunga e una migliore assistenza sanitaria e farmacologica, tenendo sotto controllo al contempo i costi, un approccio congiunto può produrre risultati in tempi più rapidi. Questi sono solo gli esempi più macroscopici delle norme comuni tra i 27 Stati membri, come viene indicato nell'iniziativa, e sono il motivo per cui ho votato a favore della relazione.
Phil Prendergast (S&D), per iscritto. – (EN) È essenziale incrementare gli investimenti nella ricerca e nell'innovazione in modo da garantire un futuro sostenibile e competitivo per le nostre economie. In percentuale del PIL, l'UE investe meno degli Stati Uniti e del Giappone nella ricerca e nello sviluppo e manca anche il capitale di rischio. Dobbiamo dotarci dei mezzi per trattenere i nostri migliori ricercatori ed i migliori fautori dell'innovazione. Se centreremo l'obiettivo di investire il 3 per cento del PIL nella ricerca e nello sviluppo entro il 2020, avremo un ritorno di 3,7 milioni di posti di lavoro e di quasi 800 miliardi di euro. A fronte dell'importanza di migliorare la qualità della vita e il benessere, sia il settore pubblico che quello privato devono avere un ruolo nell'innovazione.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) L'innovazione è essenziale ovunque e in ogni comunità. In realtà, la capacità di ricreare qualcosa che ci viene offerto e, su tale base, dare inizio a qualcosa di nuovo è fondamentale per lo sviluppo dell'economia e, soprattutto per realizzare il benessere sociale. Pertanto l'Unione dell'innovazione è una delle iniziative faro della strategia Europa 2020. L'UE deve necessariamente imboccare questa strada per affermarsi sulla scena internazionale, soddisfacendo le esigenze degli europei. Per queste ragioni ho votato a favore.
Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) L'innovazione sta alla politica europea come l'istruzione sta ai giovani. È il passaporto per il futuro, un'assicurazione virtuale omnicomprensiva per una società che progredisce e preserva al contempo la coesione sociale. Questo assunto assume il suo significato più pieno in questo periodo di post-recessione globale in cui stiamo assistendo ad una ripresa più rapida negli Stati Uniti, mentre perdura la clamorosa crescita nelle potenze emergenti note come il gruppo BRIC. Una cosa è chiara: l'Unione europea arranca ed il mercato del lavoro fatica a riprendersi. Ironicamente, la Svizzera, che non fa parte dell'UE, rimane al primo posto in Europa per l'innovazione. Per tale ragione è importante che oggi il Parlamento europeo (relazione Merkies) abbia chiesto un "cambiamento di mentalità", in quanto l'innovazione non si gioca solamente sulle invenzioni tecnologiche o sul numero dei brevetti depositati per numero di abitanti. Ma l'innovazione dipende prima di tutto dalla costruzione di una base di PMI, che sono i propulsori principali di ricchezza in Europa, mediante il capitale di rischio, mediante gli strumenti di garanzia, l'assistenza al credito e la semplificazione dell'ambiente legislativo. Ottemperando a siffatte condizioni, riusciremo a realizzare l'aspirazione di assegnare il 3 per cento del PIL alla ricerca e allo sviluppo?
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Sosteniamo ampiamente la proposta di relazione e abbiamo presentato una serie di emendamenti che per la maggior parte sono stati accettati. Ad esempio, abbiamo posto l'accento sugli obiettivi prioritari ambientali: l'energia e il cambiamento climatico, l'efficienza delle risorse, la rigenerazione delle risorse biologiche e la promozione della coesione sociale, abbiamo voluto affrontare l'innovazione ambientale in tutte le sue fasi, compresa la progettazione, mediante l'adozione di un piano d'azione ambizioso e debitamente finanziato per l'innovazione ambientale e abbiamo adottato una strategia per la promozione di sistemi di prodotti/servizi e di modelli economici funzionali, abbiamo voluto promuovere l'uso di standard aperti per incentivare l'innovazione e l'accesso aperto alla ricerca finanziata con fondi pubblici e ci siamo focalizzati sul finanziamento di settori sociali preziosi in cui si crea conoscenza in termini di bene pubblico, come i prezzi incentivanti nel settore sanitario (abbiamo anche cercato, conseguendo risultati variabili, di proporre una formulazione migliore per le tematiche che afferiscono ai diritti di proprietà intellettuale), siamo riusciti a mantenere la formulazione in cui si esprime apprezzamento per gli sforzi profusi dalla Commissione affinché i diritti di proprietà intellettuale non costituiscano una barriera alla concorrenza e all'innovazione.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. − L'Europa, che proprio in questi mesi sta uscendo da una crisi senza precedenti, deve fare i conti con una fortissima concorrenza a livello mondiale. In questo contesto l'innovazione è un'esigenza ma soprattutto una priorità. Se non riusciamo a trasformare l'Europa in un'Unione dell'innovazione, infatti, le economie dei 27 Stati Membri saranno destinate al declino, con la conseguente perdita di talenti e idee. L'innovazione è la chiave per conseguire una crescita sostenibile e contribuire alla creazione di una società più giusta ed ecologica.
L'innovazione è essenziale per creare un'economia moderna ed è il principale strumento per creare nuovi posti di lavoro. È necessario l'impegno comune per un cambiamento profondo nella capacità d'innovazione dell'Europa. Solo così saremo in grado di creare occupazione stabile e lavori ben retribuiti, che potranno resistere alla pressione e alla concorrenza della globalizzazione. L'Unione fa l'innovazione. Non è un semplice gioco di parole ma un vero e proprio auspicio che dovrà concretizzarsi.
Catherine Stihler (S&D), per iscritto. – (EN) Sostengo la relazione, in quanto è fondamentale per la ripresa post-crisi e per affrontare le sfide principali della società.
Marc Tarabella (S&D), per iscritto. – (FR) Nel corso del voto sulla relazione parlamentare in merito all'Unione dell'innovazione, ho voluto sostenere l'emendamento in cui si boccia l'idea di controllare l'innovazione incanalando verso attività innovative le risorse dei Fondi strutturali e di certe sezioni dei fondi per la politica agricola comune.
Ovviamente l'innovazione deve essere incoraggiata, ma in tal modo non si devono pregiudicare altre politiche fondamentali per il futuro dell'Unione europea, come la PAC. La politica agricola comune deve essere riformata, concentrandola su pochi obiettivi essenziali, ma non bisogna saccheggiare l'unica politica integrata dell'UE.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) Nella valutazione dell'Unione della ricerca e dell'innovazione viene indicato che il Giappone e gli Stati Uniti in percentuale del PIL investono di più nell'innovazione rispetto all'UE. Oltretutto il divario si è ampliato negli ultimi quattro anni. Rispetto ai paesi del gruppo BRIC, l'Unione europea investe di più, con un differenziale che però si è assottigliato rispetto al Brasile e alla Cina, mentre è aumentato rispetto all'India e alla Russia.
Reputo pertanto essenziale che l'Unione europea adotti un'autentica strategia per l'innovazione, tenendo conto della strategia Europa 2020 basata sulla specializzazione intelligente al fine di rafforzare il sostegno alla ricerca, allo sviluppo e all'innovazione (RDS) come elemento chiave del futuro dell'Unione, estendendolo in tutte le aree, nei settori di attività e negli agenti sociali di cui si compone.
Una politica per l'innovazione coerente e integrata con una visione a lungo termine ci consentirà di far leva sui punti di forza e superare le debolezze identificate a livello regionale. È fondamentale adattare e semplificare la politica di sviluppo, ad esempio, il Fondo sociale europeo (FSE) ed il Fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR). La nuova agenda strategica ci permetterà di costruire un'Europa sempre più moderna e competitiva, in grado di assolvere ad un ruolo di primo piano nel mondo. Visto che l'innovazione è un obiettivo fondamentale della politica regionale, in futuro, l'Europa deve adottare un approccio fondato sulla gestione strategica, istituendo strumenti politici appropriati atti a consentire il monitoraggio dell'evoluzione ed i necessari aggiustamenti che dovranno essere apportati.
Derek Vaughan (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione, poiché ritengo che l'Unione dell'innovazione possa contribuire ad affrontare le sfide sociali attuali. Tale iniziativa è altresì essenziale per intensificare la competitività e per aiutare l'UE a superare la crisi economica.
Condivido la relazione, in quanto gli Stati membri dovrebbero avvalersi dei Fondi strutturali per sostenere gli obiettivi della ricerca, lo sviluppo e l'innovazione (R&D&I) che attengono alle sfide sociali al fine di incrementare la prosperità in Europa. È altresì imperativo intensificare la cooperazione transnazionale, in quanto, così facendo, si incoraggiano i cittadini a creare nuove imprese innovative. Tale obiettivo può essere centrato riducendo la burocrazia e istituendo un sistema semplice e coerente focalizzato sulle sfide sociali.
Dominique Vlasto (PPE), per iscritto. – (FR) L'Unione non è stata in grado di ovviare ai propri difetti sul fronte dell'innovazione nonostante la strategia di Lisbona. In un contesto di restrizioni di bilancio – che escludono il denaro pubblico come soluzione – e di una concorrenza globale più intensa, l'Europa deve reagire per rimettersi in gioco nella corsa per l'innovazione. È essenziale concentrarci sulle riforme strutturali atte ad eliminare gli ostacoli che bloccano il considerevole potenziale di innovazione in Europa. Pertanto sostengo la relazione, che segnatamente punta il dito contro i costi elevati connessi al deposito dei brevetti in tutti gli Stati membri e chiede che sia rapidamente raggiunto un accordo sul brevetto europeo. Constato con piacere che sono state accettate le proposte del mio schieramento politico – in particolare la creazione di un fondo europeo per l'innovazione, che è destinato a semplificare l'accesso ai crediti europei per le piccole e medie imprese (PMI). Per liberare la capacità d'innovazione in Europa, bisogna fissare una soglia minima di velocità nell'ambito della ricerca e dello sviluppo in tutti gli Stati membri. In questo modo, si garantisce una condivisione equa degli sforzi e si impedisce lo sviluppo di un'Europa a due velocità che turberebbe la coesione e la governance dell'UE. È essenziale, se l'Europa vuole rimanere al massimo livello nell'economia globale.
Iva Zanicchi (PPE), per iscritto. − Ho espresso un voto favorevole alla relazione della collega Merkies poiché il testo nella sua versione definitiva assicura un maggior equilibrio rispetto alla versione iniziale, troppo incentrata sul ruolo catalizzatore del "cittadino" anziché delle imprese. Sono infatti le imprese a "meritare" un ruolo principale tra gli attori della ricerca e dell'innovazione; anche perché è bene sottolineare come proprio attraverso la promozione di politiche volte a rafforzare la collaborazione tra industrie, sistemi di istruzione ed enti di ricerca, le politiche dell'Unione europea in materia siano cresciute e si siano sviluppate. Ritengo dunque che il documento votato rappresenti un utile contributo al dibattito in corso su un futuro programma strategico comune a sostegno della ricerca e dell'innovazione nell'UE.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della proposta, poiché la crisi ha cancellato milioni di posti di lavoro e ha aggravato il problema della precarietà del lavoro e della povertà, il 17 per cento dei residenti dell'UE sono a rischio povertà e 23 milioni di essi sono disoccupati. In alcuni paesi la maggior parte del lavoro domestico si svolge nell'ambito dell'economia informale, in condizioni di lavoro precarie e/o irregolari e che, oltretutto, nei paesi industrializzati il lavoro domestico rappresenta una percentuale tra il 5 e il 9 per cento dell'occupazione, la maggior parte delle persone impiegate nel settore sono donne. Tale lavoro è spesso sottovalutato, sottopagato e informale, mentre la vulnerabilità dei lavoratori domestici li rende spesso oggetto di discriminazione e facilmente vittime di ingiustizie e trattamenti iniqui o abusanti. Esprimo apprezzamento e sostegno per l'iniziativa dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) di adottare una convenzione completata da una raccomandazione sui lavoratori domestici. Chiedo agli Stati membri dell'UE che fanno parte dell'OIL di adottare questi strumenti in occasione della conferenza dell'ILO prevista per il giugno 2011.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della risoluzione. La crisi ha cancellato milioni di posti di lavoro e ha aggravato il problema della precarietà del lavoro e della povertà, il 17 per cento dei residenti dell'UE sono a rischio. In alcuni paesi la maggior parte del lavoro domestico si svolge nell'ambito dell'economia informale, in condizioni di lavoro precarie e/o irregolari. La maggior parte delle persone impiegate nel settore sono donne. Tale lavoro è sottovalutato, sottopagato e informale, mentre la vulnerabilità dei lavoratori domestici li rende spesso oggetto di discriminazione e facilmente vittime di ingiustizie e trattamenti iniqui o abusanti. Esprimo apprezzamento e sostegno per l'iniziativa dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) di adottare una convenzione completata da una raccomandazione sui lavoratori domestici, poiché, attuandola, si affronteranno le necessità di una delle categorie più vulnerabili di lavoratori e si affronterà il problema del lavoro nero.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR) Visto che la maggior parte dei lavoratori domestici sono precari, che sono spesso oggetto di discriminazioni e talvolta di sfruttamento, la commissione per l'occupazione e gli affari sociali ha deciso di insistere affinché sia adottata una risoluzione, chiedendo alla Commissione europea di rendere conto in merito alle azioni che ha condotto per questa categoria di lavoratori. In giugno l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) si riunirà per la sua conferenza annuale e prevede di adottare una convenzione sui lavoratori domestici atta a garantire loro un trattamento paritario rispetto agli altri lavoratori, invocando al contempo il rispetto di condizioni di lavoro dignitose. Mediante la risoluzione, esprimiamo sostegno per l'ambizione mostrata dall'OIL. Va osservato, però, che questo è solo il primo passo: ora dobbiamo garantire che gli Stati membri ratifichino la convenzione quando sarà approvata.
Izaskun Bilbao Barandica (ALDE), per iscritto. – (ES) Sostengo appieno l'iniziativa dell'OIL di adottare una convenzione completata da una raccomandazione sui lavoratori domestici. Molti di questi lavoratori sono immigrati clandestini, quindi più facilmente vengono maltrattati, pagati irregolarmente o subiscono violenza. Inoltre i lavoratori irregolari non osano contattare le autorità per cercare protezione, per affermare i propri diritti o per accedere ai servizi sanitari, poiché temono di essere rispediti nei propri paesi e/o di essere puniti dal proprio datore di lavoro. Tutti i lavoratori domestici, a prescindere dall'origine, devono avere un accesso dignitoso al lavoro.
Alain Cadec (PPE), per iscritto. – (FR) L'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) è attualmente impegnata nella stesura di una convenzione sui lavoratori domestici. L'adozione di tale convenzione dell'OIL costituisce un elemento essenziale per garantire il rispetto dei diritti umani, sociali e del lavoro dei lavoratori domestici. Questa categoria rappresenta tra il 5 e il 9 per cento del totale della forza lavoro attiva. Tale genere di lavoro è spesso precario, sottovalutato e irregolare.
Françoise Castex (S&D), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore del testo affinché possa essere apportata una trasformazione ad una relazione che troppo spesso è soggetta a sfruttamento e che implica questioni giuridiche, interessando una percentuale tra il 5 e il per cento del totale dei posti di lavoro nell'Unione europea. Tutti coloro che lavorano con i nostri anziani devono godere della libertà di associazione e del diritto al riposo e non devono essere soggetti a molestie e a pratiche arbitrarie. Per tale ragione abbiamo voluto inviare un messaggio forte a sostegno dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) e ai sindacati prima dei negoziati sull'adozione di questi nuovi strumenti che prenderanno effetto a giugno nel corso della 100° conferenza internazionale sul lavoro. Deprechiamo, però, il fatto che la destra si accontenti di esprimere preoccupazione per i lavoratori domestici irregolari, rifiutando di riconoscere che troppo spesso siffatte situazioni riguardano lavoratori senza documenti che sono le vittime principali della precarietà e delle pratiche abusanti.
Proinsias De Rossa (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della risoluzione convenzione dell'OIL completata da una raccomandazione sui lavoratori domestici. Lo strumento mira a dare un riconoscimento giuridico al lavoro domestico in quanto lavoro, ad estendere i diritti di tutti i lavoratori domestici oltre a prevenire le violazioni e gli abusi. La risoluzione del Parlamento europeo, inoltre chiede ai paesi dell'UE che sono membri dell'OIL di adottare la convenzione nel corso della conferenza dell'OIL indetta a giugno e chiede loro di ratificare e di attuare rapidamente la convenzione e la raccomandazione. In alcuni paesi la maggior parte del lavoro domestico si svolge nell'ambito dell'economia informale, in condizioni di lavoro precarie e/o irregolari. Nei paesi industrializzati il lavoro domestico rappresenta una percentuale tra il 5 e il 9 per cento dell'occupazione, la maggior parte delle persone impiegate nel settore sono donne. Infatti la tendenza all'aumento dei contratti non-standard o atipici ha una forte dimensione di genere e generazionale. Adottando, ratificando e attuando la convenzione dell'OIL, si può contribuire a ridurre il numero dei lavoratori poveri e migliorare la posizione dei molte donne nel mercato del lavoro.
Karima Delli (Verts/ALE), per iscritto. – (FR) In Europa quasi due donne immigrate su tre hanno lavori poco qualificati, spesso nel settore dell'assistenza sanitaria o del lavoro domestico. Queste donne rendono un contributo all'economia, eppure devono sottostare a condizioni di lavoro pessime e a violazioni dei loro diritti più elementari.
La conferenza dell'OIL, che si svolgerà a giugno di quest'anno, offre la possibilità ai membri dell'Organizzazione internazionale del lavoro di adottare una convenzione completata da una raccomandazione sui lavoratori domestici. Questo strumento segna un passo nella giusta direzione per i diritti dei lavoratori nel mondo, in quanto estende le norme giuridiche sul lavoro ai lavoratori domestici, una categoria che finora ne è stata esclusa. Ora tocca agli Stati membri, in quanto essi devono impegnarsi a ratificare la convenzione.
A livello europeo dobbiamo inoltre smetterla di considerare invariabilmente in maniera distinta l'immigrazione e le politiche del lavoro. Non è giusto che i lavoratori domestici siano costretti a lavorare in nero, senza riguardo per i loro diritti, perché la normativa sull'immigrazione è eccessivamente severa e inadatta.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Si sa che il lavoro domestico è spesso precario ed irregolare, e questa precarietà ed irregolarità mettono seriamente a repentaglio i diritti di coloro che erogano questi tipi di servizi, benché essi contribuiscano ad alimentare l'attività economica nei propri paesi e debbano essere considerati lavoratori come tutti gli altri.
Il livello di fiducia tra datore di lavoro e lavoratore che è insita in questa attività impone di non sovraccaricare la relazione di lavoro con un'eccessiva formalità, ma al contempo, il lavoratore deve essere in grado di esercitare la propria professione con dignità. La convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) completata da una raccomandazione sui lavoratori domestici potrebbe essere un altro passo nella giusta direzione.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Questa risoluzione del Parlamento europeo verte sulla proposta di convenzione completata da una raccomandazione sui lavoratori domestici dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL). A giugno si svolgerà a Ginevra la conferenza dell'OIL in cui sarà affrontato il problema del lavoro domestico. Benché l'UE formalmente non possa parteciparvi, perché sono gli Stati membri ad esserne membri, essa è consapevole delle sue responsabilità di collaborare con l'OIL e pertanto non ha voluto far mancare il proprio contributo in un ambito che si potrebbe collocare tra i diritti fondamentali. L'importanza del lavoro domestico è indiscutibile. È un lavoro svolto in casa – ambiti in cui vengono assistiti bambini e anziani – che è inserito nella strategia Europa 2020 e che interessa il 5-9 per cento del lavoro svolto nell'UE, con una tendenza al rialzo. Ad ogni modo, i lavoratori domestici – che sono per la maggior parte donne e immigrati – spesso sono soggetti a sfruttamento da parte dei loro capi, i quali non garantiscono loro i diritti sociali. Per tale ragione ho votato a favore della risoluzione.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) L'adozione della convenzione completata da una raccomandazione sui lavoratori domestici dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) segna un significativo passo in avanti e lo salutiamo con favore. Nei vari Stati membri, come è emerso nel corso del dibattito, la maggioranza di questi lavoratori sono donne ed una percentuale crescente sono immigrati clandestini. Questi due gruppi sono i più vulnerabili e i più suscettibili alla violenza o all'abuso sessuale. È importante assumere dei provvedimenti in questo ambito nel corso della prossima conferenza dell'OIL. Sono ben note le condizioni altamente sfruttanti e discriminatorie in cui tali lavoratori sono costretti ad operare. Molti di questi lavoratori domestici sono in condizioni professionali insoddisfacenti, sono soggetti a intenso sfruttamento e non hanno alcuna garanzia in termini di diritti, come il diritto alla previdenza sociale, alla protezione della salute e alla sicurezza, alla tutela per la maternità, ai limiti all'orario di lavoro, al riposo e alla libertà di associazione e di rappresentanza.
È quindi un'esigenza palese quella di disciplinare il lavoro domestico. Infatti devono essere assunte in via urgente misure effettive per contrastare la precarietà del lavoro, le fatture false, il lavoro nero e illegale.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Reputiamo importante dirigerci verso l'adozione della convenzione completata da una raccomandazione sui lavoratori domestici dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL). La maggioranza di questi lavoratori sono donne ed una percentuale crescente sono immigrati clandestini. Questi due gruppi sono i più vulnerabili e i più suscettibili alla violenza o all'abuso sessuale. Pertanto sarebbe molto positivo se si compisse un passo decisivo in questo ambito in occasione della prossima conferenza dell'OIL.
Sono ben note le condizioni altamente sfruttanti e discriminatorie in cui tali lavoratori sono costretti ad operare. Molti di questi lavoratori domestici sono in condizioni professionali insoddisfacenti, sono soggetti a intenso sfruttamento e non hanno alcuna garanzia in termini di diritti, come il diritto alla previdenza sociale, alla protezione della salute e alla sicurezza, alla tutela per la maternità, ai limiti all'orario di lavoro, al riposo e alla libertà di associazione e di rappresentanza.
È quindi un'esigenza palese quella di disciplinare il lavoro domestico. Infatti devono essere assunte in via urgente misure effettive per contrastare la precarietà del lavoro, le fatture false, il lavoro nero e illegale. È quindi essenziale trasformare tutti i lavori precari in lavori stabili con diritti ed una retribuzione dignitosa.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) Sostengo pienamente l'adozione, la ratifica e l'attuazione della convenzione sui lavoratori domestici dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL). La maggior parte dei lavoratori domestici lavorano in condizioni di precarietà, spesso si trovano in condizioni giuridicamente dubbie, che rendono la loro situazione meno stabile, e spesso sono vittima di ingiustizie e trattamenti iniqui o abusanti. Tuttavia, questi servizi sono essenziali per la società, dall'infanzia fino all'aiuto agli anziani. Dobbiamo conseguire un quadro giuridico atto a consentirci di migliorare i diritti di questi lavoratori e promuovere condizioni di lavoro dignitose.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore del documento, poiché la crisi ha cancellato milioni di posti di lavoro e ha aggravato il problema della precarietà del lavoro e della povertà, il 17 per cento dei residenti dell'UE sono a rischio povertà e 23 milioni di essi sono disoccupati. In alcuni paesi la maggior parte del lavoro domestico si svolge nell'ambito dell'economia informale, in condizioni di lavoro precarie e/o irregolari. La maggior parte delle persone impiegate nel settore sono donne. Tale lavoro è sottovalutato, sottopagato e informale. La vulnerabilità dei lavoratori domestici li rende spesso oggetto di discriminazione e facilmente vittime di ingiustizie e trattamenti iniqui o abusanti. Il lavoro domestico dovrebbe essere legalmente riconosciuto come lavoro, dobbiamo dare a tutti i lavoratori domestici più diritti ed impedire le violazioni e gli abusi per istituire un quadro giuridico per tutti i lavoratori domestici, garantendo che il loro lavoro non si svolga al di fuori del quadro normativo. Attraverso l'adozione, la ratifica e la messa in atto della convenzione dell'OIL, oltre a migliorare la situazione di molte donne nel settore dei lavori domestici, garantendo loro condizioni di lavoro dignitose, potrà aumentare anche il livello di inclusione sociale. Potrebbe rendersi necessario adattare la legislazione per creare accordi contrattuali flessibili e certi a garanzia della parità di trattamento.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della risoluzione in cui si afferma che bisogna "affrontare il problema del lavoro irregolare; afferma che il settore del lavoro domestico è caratterizzato da un elevato livello di informalità e lavoro non dichiarato, che molti lavoratori migranti sono impiegati in questo settore e che spesso i loro diritti sono violati; ritiene inoltre fondamentale combattere il fenomeno del lavoro precario in generale, tenendo presente che il problema colpisce soprattutto i lavoratori migranti, aggravando una posizione già di per sé vulnerabile". <BRK>
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) La trasformazione del lavoro stabile in lavoro precario di uomini e donne è al cuore della logica di dominazione oligarchica in Europa e in ogni altro luogo. Tra le varie forme di insicurezza organizzata se ne annida una che è la più difficile da sradicare: quella dei lavoratori domestici. La relazione sostiene la stesura di una convenzione dell'OIL per proteggere i diritti di questi lavoratori e soprattutto di queste lavoratrici nascoste. Il testo condanna inoltre il crescente numero di contratti atipici, segno che il lavoro sta diventando sempre più precario. Ho votato a favore dell'iniziativa, ma al contempo deploro il fatto che essa non sia destinata ad avere alcun impatto.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Visto che il lavoro domestico rappresenta una percentuale tra il 5 e il 9 per cento dell'occupazione, che la maggior parte delle persone impiegate nel settore sono donne, che tale lavoro è sottovalutato, sottopagato e informale e che la vulnerabilità dei lavoratori domestici li rende spesso oggetto di discriminazione e facilmente vittime di ingiustizie e trattamenti iniqui o abusanti, devono essere individuate delle soluzioni per sradicare siffatta situazione. Pertanto esprimo apprezzamento per la convenzione completata da una raccomandazione sui lavoratori domestici dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) che lancia un monito sui problemi che attengono al lavoro domestico.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Con questa risoluzione il Parlamento europeo intende esprimere il proprio sostegno per l'iniziativa dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) volta ad adottare una convenzione completata da una raccomandazione sui lavoratori domestici. In realtà, i lavoratori immigrati accettano lavori temporanei poco qualificati ai margini del mercato del lavoro o lavorano come domestici e sono esposti a forme multiple di discriminazione. Questi lavoratori sono più facilmente esposti alla povertà ed a condizioni irregolari e sono più facilmente esposti a maltrattamenti, pagamenti irregolari o a violenze o abusi sessuali e non osano rivolgersi alle autorità per chiedere protezione, far valere i propri diritti o poter accedere ai servizi sanitari, temendo di essere rimpatriati e/o puniti dal proprio datore di lavoro. A fronte di questa situazione ho votato a favore della risoluzione. Sostengo l'obiettivo della convenzione che punta ad una riconoscimento giuridico del lavoro domestico come attività professionale, estendendo i diritti di tutti i lavoratori domestici per prevenire le violazioni e gli abusi e per istituire un quadro giuridico volto a garantire che il lavoro non possa svolgersi al di fuori di un ambito regolamentato.
Phil Prendergast (S&D), per iscritto. – (EN) Sostengo la risoluzione sulla proposta di convenzione dell'OIL sui lavoratori domestici. Una parte significativa del lavoro domestico si svolge nell'ambito dell'economia informale, in condizioni di lavoro precarie e/o irregolari e la maggior parte delle persone impiegate nel settore sono donne soggette ad abusi, soprattutto quando lavorano all'estero. L'adozione di questa convenzione dell'ILO può contribuire a ridurre il numero dei lavoratori poveri, migliorare le condizioni di lavoro e facilitare l'inclusione sociale di parte dei lavoratori più vulnerabili. Dobbiamo applicare le norme di base del lavoro al lavoro domestico e garantire che gli addetti abbiano diritto alla previdenza sociale e alla protezione contro le pratiche abusanti.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) I lavoratori domestici sono spesso penalizzati a causa della natura informale del lavoro. Pertanto, visto che si trovano al di fuori delle strutture formali dell'attività economica, i loro diritti di lavoratori sono spesso limitati. Questo problema deve essere contrastato con determinazione.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Con questo testo il Parlamento (1) valuta positivamente e sostiene l'iniziativa dell'OIL che mira ad adottare una convenzione completata da una raccomandazione sul lavoro dignitoso per i lavoratori domestici; invita i paesi dell'Unione europea membri dell'OIL ad approvare tali strumenti in occasione della conferenza dell'Organizzazione che si svolgerà nel giugno 2011; invita gli Stati membri dell'UE a ratificare e attuare rapidamente la convenzione e la raccomandazione; (2) ritiene che l'adozione, la ratifica e l'attuazione di una convenzione dell'OIL sul lavoro dignitoso per i lavoratori domestici possa ridurre il numero di lavoratori che vivono in condizioni di povertà; (3) ritiene che l'adozione, la ratifica e l'attuazione di tale convenzione possa rispondere alle esigenze di una delle categorie più vulnerabili di lavoratori. <BRK>
Alf Svensson (PPE), per iscritto. – (SV) Ieri, giovedì 12 maggio, il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione sulla proposta di convenzione dell'ILO completata da una raccomandazione sui lavoratori domestici. In tutto il mondo, in particolare nei paesi poveri, i servizi domestici sono tra i lavori meno pagati. Spesso i contratti non sono regolari e non sono previste prestazioni sociali. È quindi giusto e opportuno evidenziare questo settore dei servizi separatamente in una raccomandazione allegata alla convezione dell'ILO. La ragione per cui ho votato contro la risoluzione del Parlamento europeo è che la formulazione del paragrafo 13, in cui gli Stati membri dell'UE sono chiamati a ratificare la convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, che nessuno Stato membro ha ancora ratificato. A mio parere, le sei convezioni principali dell'ONU, che sono universali e che riguardano tutti, non devono essere integrate da altri strumenti. Si profilerebbe infatti il grande rischio che la legittimità delle convenzioni già adottate possa essere compromessa, ed io non voglio in alcun modo contribuirvi. Sarei invece disposto a lavorare per incrementare il rispetto delle principali convenzioni sui diritti umani, il cui contenuto chiaramente si applica anche ai lavoratori domestici. Si tratta questo di un fattore che troppi paesi firmatari sembrano ignorare oggi.
Marc Tarabella (S&D), per iscritto. – (FR) Il lavoro domestico, spesso precario, sottovalutato e irregolare, rappresenta dal 5 al 9 per cento del totale dell'occupazione nei paesi industrializzati. La maggior parte dei lavoratori domestici sono donne e immigrati, che più facilmente vengono sfruttati e sottopagati. Adottare questa convezione dell'OIL sui lavoratori domestici costituirà un elemento essenziale per garantire il rispetto dei diritti umani e sociali, conferendo al lavoro domestico lo stesso status di ogni altro lavoro e stabilendo un quadro giuridico per questa categoria di lavoratori.
La risoluzione parlamentare che è stata adottata oggi invia un segnale forte a tutti gli Stati membri affinché sottoscrivano la convenzione, la quale ha il potere – lo spero vivamente – di rafforzare l'inclusione sociale dei lavoratori, concedendo loro l'accesso ai diritti sociali standard a cui tutti i lavoratori hanno diritto.
Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della risoluzione del Parlamento europeo che invita gli Stati membri ad impegnarsi in relazione alla proposta di convenzione dell'OIL sui lavoratori domestici. Questo strumento ci consentirà di batterci più efficacemente contro le condizioni lavorative inaccettabili cui devono sottostare troppi lavoratori in questo settore, che per la stragrande maggioranza sono donne e molti sono immigrati, in particolare immigrati senza documenti. La convenzione fungerà da corollario ad altre convenzioni dell'OIL o di altre organizzazioni internazionali. Il Parlamento europeo ha altresì invocato la ratifica da parte dell'UE e dei suoi Stati membri della convenzione internazionale sulla protezione di tutti i lavoratori migranti. Ad ogni modo mi dispiace che il gruppo PPE sia riuscito a far passare, in particolare a causa dell'astensione di una serie di deputati socialisti, un emendamento che rifiuta di mettere i lavoratori immigrati, soprattutto quelli senza documenti, su un piano di parità con gli altri lavoratori. Questo emendamento è in linea con la percezione più negativa degli immigrati che alimenta la xenofobia. Pertanto non resta che mettere effettivamente in atto le disposizioni di questa convenzione, cosa che non sarà facile, ma dobbiamo comunque considerare positivamente siffatto approccio.
Angelika Werthmann (NI), per iscritto. – (DE) L'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) è un'agenzia specializzata delle Nazioni Unite preposta alla difesa della giustizia sociale, dei diritti umani e dei diritti dei lavoratori. La principale funzione di questo organismo consiste nell'istituire norme sul lavoro e in ambito sociale. Per l'OIL il 2010 è stato l'anno dei lavoratori domestici. Ora sono quindi state fissate norme minime, in quanto tale categoria è il settore meno regolamentato al mondo.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della proposta, visto che la resistenza antimicrobica (AMR) è un problema di salute degli animali che il settore dell'allevamento in Europa si trova ad affrontare, specialmente in caso di fallimento delle cure. Diversi Stati membri hanno già emanato degli orientamenti sull'uso prudente degli agenti antimicrobici, il che ha comportato una riduzione nell'uso di tali prodotti. Il settore dell'allevamento (prodotti lattiero-caseari, carni bovine, suine e di pollame, uova, latte ovino e caprino e produzione di carne) svolge un ruolo fondamentale nell'economia agricola europea. L'obiettivo primario degli agricoltori è di mantenere i loro animali sani e produttivi grazie a buone pratiche agricole (igiene, alimentazione corretta, tecniche di allevamento adeguate, gestione responsabile della salute degli animali). Chiedo pertanto alla Commissione di sviluppare un piano d'azione ampio e pluriennale contro l'AMR nel quadro della strategia per la salute animale dell'UE (2011-2015).
Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. – (RO) La resistenza antimicrobica (AMR) è un problema di salute degli animali che il settore dell'allevamento in Europa si trova ad affrontare, specialmente in caso di fallimento delle cure. Diversi Stati membri hanno già emanato degli orientamenti sull'uso prudente degli agenti antimicrobici, il che ha comportato una riduzione nell'uso di tali prodotti. Gli antimicrobici, se utilizzati correttamente, costituiscono uno strumento utile che aiuta gli agricoltori a mantenere sani e produttivi i loro animali e a garantirne il benessere. Benché siffatte sostanze vengano prescritte ad uso veterinario, esse riguardano sia gli esseri umani che gli animali. La risoluzione, in definitiva, mira a preservare gli antimicrobici come strumento efficace contro le malattie, sia negli animali che negli esseri umani, restringendone al contempo l'uso nei casi in cui sia strettamente necessario. Ho votato a favore di questo testo.
Liam Aylward (ALDE), per iscritto. – (GA) L'obiettivo primario degli agricoltori è di mantenere i loro animali sani e produttivi mediante buone pratiche agricole.
Ho votato a favore della risoluzione, in quanto invoca maggiori ricerche sugli antimicrobici e su altre opzioni terapeutiche, aiutando quindi gli agricoltori a conseguire il suddetto obiettivo. Deve essere quindi istituito un programma per condividere la ricerca, la conoscenza e le migliori prassi. Condivido la richiesta di svolgere maggiori ricerche sul benessere animale e sulle pratiche agricole, ad esempio per migliorare la gestione degli allevamenti, la prevenzione precoce delle malattie e l'allevamento di varietà robuste di animali.
Bisogna, però, garantire che il fardello finanziario e amministrativo che grava sugli agricoltori non aumenti ulteriormente a causa dell'intensificazione della vigilanza e del monitoraggio sulla resistenza antimicrobica (AMR) nella produzione alimentare e sugli animali da compagnia.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della risoluzione. la resistenza antimicrobica (AMR) è un problema fondamentale di salute degli animali che il settore dell'allevamento in Europa si trova ad affrontare. Vista l'enorme importanza che il settore dell'allevamento riveste per l'economia agricola europea, è essenziale affrontare la questione in maniera adeguata. Anch'io ritengo che gli Stati membri debbano attuare un monitoraggio e una sorveglianza regolari e sistematici della resistenza antimicrobica sia negli animali destinati alla produzione alimentare che in quelli da compagnia, senza creare ulteriori oneri finanziari o amministrativi a carico degli agricoltori, di altri proprietari di animali o dei veterinari. L'Ufficio alimentare e veterinario e l'Autorità europea per la sicurezza alimentare devono effettuare ulteriori ispezioni e analisi in questo ambito e presentare delle raccomandazioni. La Commissione deve tenere dei colloqui a livello internazionale per vietare l'uso di antimicrobici come promotori della crescita nei mangimi animali ed affrontare la questione nei negoziati bilaterali con i paesi terzi.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) È positivo che sia stata riscontrata una diminuzione nell'uso degli antibiotici e che la pubblicazioni di orientamenti sull'uso prudente degli agenti antimicrobici in vari Stati membri vi abbia contribuito.
Ogni decisione sulla somministrazione di antimicrobici, sia agli esseri umani che agli animali, deve essere considerata attentamente e deve essere tenuta in conto la minaccia della resistenza antimicrobica (AMR). In realtà, la resistenza riguarda sia gli esseri umani che gli animali e può essere trasmessa dagli esseri umani agli animali e viceversa. L'AMR negli umani spesso è provocata da dosi inadeguate di medicinali antibiotici e di terapie scorrette, ma può avvenire anche attraverso la trasmissione, via animali, di batteri patogeni portatori di geni AMR, innescando conseguenze gravi per la salute pubblica e animale.
Siamo quindi di fronte ad una questione davvero trasversale che richiede un approccio coordinato a livello UE volto a garantire che gli antimicrobici possano rimanere uno strumento efficace per combattere le malattie, sia nelle persone che negli animali, ad incoraggiarne un uso cauto e responsabile e a limitare ogni ricorso a questi prodotti laddove è strettamente necessario.
Vasilica Viorica Dăncilă (S&D), per iscritto. – (RO) La resistenza antimicrobica (AMR) è un problema di salute degli animali che il settore dell'allevamento in Europa si trova ad affrontare, specialmente visto che diversi Stati membri hanno già emanato degli orientamenti sull'uso prudente degli agenti antimicrobici, il che ha comportato una riduzione nell'uso di tali prodotti. L'obiettivo primario degli agricoltori è di mantenere i loro animali sani e produttivi grazie a buone pratiche agricole (igiene, alimentazione corretta, tecniche di allevamento adeguate, gestione responsabile della salute degli animali). Devono essere effettuate ulteriori ricerche sui nuovi antimicrobici come pure sulle alternative esistenti (vaccinazioni, biosicurezza, miglioramento genetico per aumentare la resistenza) e sulle strategie comprovate per prevenire e controllare le malattie infettive negli animali. Va sottolineata l'importanza che hanno al riguardo i programmi quadro di ricerca dell'UE.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della proposta di risoluzione sulla resistenza agli antibiotici, poiché la Commissione e gli Stati membri devono varare dei provvedimenti per affrontare il crescente problema della resistenza antimicrobica (AMR) negli animali. Infatti anche l'uso degli antibiotici nei mangimi animali aggrava il problema della resistenza antibiotica negli esseri umani.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La resistenza agli antibiotici costituisce un grave problema per l'allevamento, quindi condivido le preoccupazioni della commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale e ne condivido le proposte, non solo per ridurre la resistenza degli animali alla terapia antibiotica, ma anche per favorire l'uso di altri mezzi per combattere le malattie animali che non comportano necessariamente il ricorso agli antibiotici.
Per quanto concerne l'uso degli antimicrobici come promotori della crescita nei mangimi animali, attiro l'attenzione sul fatto che, in questo modo, si mette a rischio la salute, non solo degli animali, che sviluppano una resistenza agli antibiotici, ma anche degli esseri umani, in quanto i prodotti di origine animale entrano nella catena alimentare, generando quindi delle ripercussioni per gli esseri umani.
È quindi urgentemente necessario svolgere uno studio sulla possibilità di vietare gli antimicrobici nei mangimi animali e devono essere promosse delle misure per ridurre la resistenza agli antibiotici, garantendo quindi una migliore salute animale ed intensificando la sicurezza alimentare.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Questa risoluzione del Parlamento europeo verte sul problema della resistenza animale agli antibiotici, un fenomeno che ha conseguenze deleterie. Il problema ha implicazioni sulla salute umana, soprattutto per coloro che lavorano con questi animali, ma anche per l'economia, in quanto è in gioco il futuro competitivo dell'allevamento nell'UE. Il Parlamento ne ha già discusso più di una volta e ha adottato una serie di iniziative, come la banca dati, che deve essere sistematicamente aggiornata. Ad ogni modo, è tempo di passare dalle parole alle azioni affinché la legislazione in vigore non sia più lettera morta. Pertanto è essenziale tener conto del problema nell'ambito della politica agricola comune (PAC), incoraggiando buone prassi di allevamento. A fronte di tali presupposti ho votato a favore della proposta di risoluzione congiunta, approvata con ampia maggioranza nella commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale, in quanto è un testo molto calibrato le cui proposte, oltre a proteggere la salute umana e a difendere il benessere animale, garantiscono altresì la fattibilità economica delle imprese.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La resistenza antimicrobica (AMR) è un problema che attiene alla salute animale e riguarda il settore europeo dell'allevamento, in particolare la produzione di prodotti lattiero-caseari, carne bovina, suina e di pollame, uova, latte e carne caprina e ovina. Gli antimicrobici, laddove vengono usati correttamente, sono uno strumento utile che aiuta gli allevatori a mantenere sano e produttivo il bestiame.
L'AMR negli esseri umani spesso è provocata da dosi inadeguate di medicinali antibiotici. La trasmissione di batteri patogeni costituisce una particolare minaccia per gli allevatori e per i lavoratori agricoli che sono quotidianamente a contatto con gli animali.
La relazione contribuisce ad orientare le attività congiunte di raccolta dei dati in questo ambito, analizzando i risultati e proponendo soluzioni. Essa mira a tracciare un quadro completo circa i tempi, i luoghi, le modalità e i tipi di animali cui vengono somministrati antimicrobici, senza gravare ulteriormente gli agricoltori o gli altri proprietari di animali sul piano finanziario o amministrativo, tenendo conto del fatto che la pratica agricola e la sua intensità variano a seconda dello Stato membro.
Sottolineiamo quanto sia importante sviluppare sistemi per l'allevamento tesi a ridurre la necessità di usare antimicrobici come pure la ricerca su nuovi antimicrobici. Reputiamo positivo il contenuto della risoluzione, in quanto si orienta verso un uso prudente e responsabile di questi prodotti.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La resistenza antimicrobica (AMR) è un problema che attiene alla salute animale e riguarda il settore europeo dell'allevamento, in particolare la produzione di prodotti lattiero-caseari, carne bovina, suina e di pollame, uova, latte e carne caprina e ovina. Gli antimicrobici, laddove vengono usati correttamente, sono uno strumento utile che aiuta gli allevatori a mantenere sano e produttivo il bestiame.
L'AMR negli esseri umani spesso è provocata da dosi inadeguate di medicinali antibiotici. La trasmissione di batteri patogeni costituisce una particolare minaccia per gli allevatori e per i lavoratori agricoli che sono quotidianamente a contatto con gli animali.
La relazione contribuisce ad orientare le attività congiunte di raccolta dei dati in questo ambito, analizzando i risultati e proponendo soluzioni. Essa mira a tracciare un quadro completo circa i tempi, i luoghi, le modalità e i tipi di animali cui vengono somministrati antimicrobici, senza gravare ulteriormente gli agricoltori o gli altri proprietari di animali sul piano finanziario o amministrativo, tenendo conto del fatto che la pratica agricola e la sua intensità variano a seconda dello Stato membro.
È altresì importante intraprendere delle ricerche su nuovi antimicrobici e su altre alternative, e sottolineiamo l'importanza di sviluppare sistemi efficaci per l'allevamento animale tesi a ridurre la necessità di prescrivere antimicrobici.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore del documento, poiché l'obiettivo finale è quello di assicurare che gli antimicrobici rimangano uno strumento efficace per combattere le malattie, sia negli animali che nell'uomo, mantenendone nel contempo l'uso nei limiti dello stretto necessario. Dobbiamo instaurare buone pratiche di zootecnia che riducano al minimo il rischio di AMR. Tali pratiche devono riguardare soprattutto animali giovani raggruppati in provenienza da allevatori diversi, laddove è maggiore il rischio di malattie trasmissibili. La Commissione deve adoperarsi per varare un divieto internazionale sull'impiego degli antimicrobici come fattore di crescita negli alimenti per animali e deve sollevare tale questione nei negoziati bilaterali con paesi terzi come gli Stati Uniti. Dobbiamo porre l'accento sul collegamento logico tra salute animale e uso di antimicrobici e sul collegamento tra salute animale e salute umana. Oggi dobbiamo soprattutto garantire la sicurezza alimentare al massimo grado.
Elisabeth Köstinger (PPE), per iscritto. – (DE) Per lungo tempo gli antibiotici sono stati considerati come una medicina miracolosa in grado di curare tutte le malattie infettive. Nella maggior parte dei paesi europei gli antibiotici sono la classe farmacologica più usata dopo gli analgesici. Circa il 50 per cento degli antibiotici prescritti in Europa sono ad uso veterinario. Se non venissero usati, le malattie animali ed epizootiche si diffonderebbero rapidamente assumendo le proporzioni di epidemie e provocando danni enormi. Purtroppo l'uso incontrollato degli antibiotici ad uso umano e ad uso veterinario ha un prezzo molto alto. L'uso eccessivo di antibiotici provoca resistenza e adattamento tra gli agenti patogeni. Molti degli antibiotici più noti sono ormai diventati inefficaci o inaffidabili. Pertanto sostengo con fermezza la risoluzione del Parlamento che chiede espressamente alla Commissione e agli Stati membri di affrontare il crescente problema della resistenza antibiotica tra gli animali in maniera responsabile.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) La risoluzione riconosce che gli antimicrobici, quando sono usati correttamente, sono uno strumento utile e aiutano gli agricoltori a mantenere sano e produttivo il bestiame e a garantire il benessere degli animali. Tuttavia, il testo riconosce anche la necessità di esercitare un controllo ed un monitoraggio più stretti e pertanto ho votato a favore.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) La resistenza antimicrobica (AMR) è un problema di salute degli animali che il settore dell'allevamento in Europa si trova ad affrontare, specialmente in caso di fallimento delle cure. Diversi Stati membri hanno già emanato orientamenti sull'uso prudente degli agenti antimicrobici, il che ha comportato una riduzione nell'uso di tali prodotti. Nonostante i risultati positivi resta ancora molto da fare in relazione a questo problema. Per tale ragione sono necessarie delle politiche comuni europee volte a sradicare il fenomeno.
Radvilė Morkūnaitė-Mikulėnienė (PPE), per iscritto. – (LT) Oggi il Parlamento ha adottato un'importante decisione sulla resistenza agli antibiotici. A mio parere, è molto importante raccogliere e analizzare le informazioni sull'uso dei prodotti per la salute animale, compresi i prodotti antibiotici. È altresì necessario garantire che questi prodotti siano usati in maniera efficace e con moderazione senza mettere a repentaglio l'efficacia delle misure tese a combattere le malattie umane quando vengono scelti gli antibiotici come terapia medica. Benché, nel periodo 2005-2009, nell'UE, i test sul monitoraggio dei residui degli agenti antibatterici negli animali e negli alimenti di origine animale abbiano mostrato risultati positivi, non si è ancora instaurata una tendenza controllata verso la riduzione, ma solo fluttuazioni frammentarie. Particolarmente preoccupante è il fatto che, stando ai dati del 2009, la maggioranza delle discrepanze sugli agenti antibiotici sono state rinvenute in campioni di miele, di carne di coniglio e di pesce, ossia in prodotti che spesso sono considerati preziosi e che sovente vengono usati nella dieta quotidiana degli europei. Pertanto l'obiettivo di somministrare con prudenza il trattamento antibiotico e attuare un monitoraggio completo per meglio coordinare le fonti della ricerca sull'uso umano e veterinario è molto importante per garantire la salute umana ed il benessere animale.
Rareş-Lucian Niculescu (PPE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della risoluzione. Ogni anno muoiono 25 000 persone in Europa per cause associate o connesse alla resistenza antimicrobica. Gli animali e gli alimenti di origine animale potrebbero avere un ruolo nel trasferimento della resistenza antimicrobica agli esseri umani. Per tale ragione gli antibiotici devono essere usati con cautela nell'allevamento. Le misure proposte nella risoluzione sulla maggiore informazione ai veterinari e agli agricoltori devono essere attuate quanto più rigorosamente possibile.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) La risoluzione sulla resistenza antimicrobica (AMR) giunge in un momento in cui l'AMR rappresenta un problema nell'ambito della salute animale per il settore europeo dell'allevamento, il quale deve poter contare su terapie antimicrobiche sicure ed efficaci nel prossimo futuro.
Nel somministrare antimicrobici agli animali, bisogna tener conto della potenziale minaccia dell'AMR per gli esseri umani, spesso causata da dosi inadeguate di medicinali antibiotici, da terapie inappropriate e dalla costante esposizione dei patogeni ad agenti antimicrobici nei nosocomi.
Ho votato a favore della relazione, poiché la trasmissione di batteri patogeni portatori di geni AMR costituisce una particolare minaccia per gli esseri umani che entrano in contatto con questi batteri e/o che hanno un contatto quotidiano con gli animali. L'impegno verso la ricerca è essenziale, in quanto contribuisce allo sviluppo di antimicrobici in quanto strumento efficace nella lotta contro malattie che colpiscono sia gli esseri umani che gli animali. Ad ogni modo, l'uso di antimicrobici deve limitarsi ai casi di assoluta necessità.
Phil Prendergast (S&D), per iscritto. – (EN) La resistenza agli antibiotici è un grave problema di salute pubblica. La somministrazione di antimicrobici sia agli esseri umani che agli animali comporta il rischio di resistenza, quando tali farmaci vengono usati in maniera scorretta e a dosi inappropriate. La resistenza antimicrobica può essere trasmessa dagli esseri umani agli animali e viceversa. I degenti presso i nosocomi e gli agricoltori sono particolarmente a rischio di esposizione a batteri resistenti. Bisogna coordinare meglio la ricerca sull'uso umano e veterinario in relazione alla resistenza ed è necessario compiere maggiori ricerche su nuovi antibiotici, su terapie alternative e sulla prevenzione delle malattie animali e sulle pratiche di controllo.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) L'allevamento animale assolve ad un ruolo chiave nell'economia europea. Gli antibiotici vengono usati con frequenza per garantire la salute animale. Il problema che può insorgere è che sia gli esseri umani che gli animali possano sviluppare una resistenza antimicrobica (AMR), che può avere un grave impatto sulla salute umana. È quindi necessario adottare strategie appropriate come precauzione contro siffatto rischio.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) In questo testo il Parlamento europeo: 1. accoglie con favore gli sforzi compiuti dalla Commissione e dalle sue agenzie in vista di una raccolta congiunta di dati in questo settore e, in particolare, l'iniziativa del 2009 di istituire l'ESVAC (Sorveglianza europea del consumo di antimicrobici quali medicinali veterinari); si rammarica del fatto che non tutti gli Stati membri abbiano sinora aderito alla rete ESVAC e auspica che un maggior numero di paesi proceda in tal senso; chiede alla Commissione di mettere a disposizione di tale rete i fondi necessari all'assolvimento dei suoi compiti; chiede alla Commissione di elaborare senza indugi un adeguato quadro giuridico che conferisca agli Stati membri l'autorità per realizzare un'efficace raccolta di dati; 2: chiede alla Commissione di mirare ad una raccolta di dati armonizzata e comparabile, anche con attività intraprese in paesi terzi come gli Stati Uniti.
Angelika Werthmann (NI), per iscritto. – (DE) Gli antibiotici sono prodotti metabolici che si creano naturalmente da funghi o batteri e che vengono usati per contrastare le infezioni batteriche. Essi inoltre vengono somministrati agli animali a fini di prevenzione. La resistenza implica la perdita della capacità dell'antibiotico di uccidere i batteri o di inibirne la crescita. Per scongiurare siffatta possibilità, bisogna attenersi alle istruzioni mediche. I germi animali resistenti possono essere passati agli esseri umani, però, e rappresentano un grande rischio per la salute – possono persino provocare la resistenza agli antibiotici negli esseri umani. Pertanto era solamente opportuno votare a favore della relazione per promuovere finalmente una produzione animale senza dover usare antibiotici.
Anna Záborská (PPE), per iscritto. – (SK) È noto che, proprio come gli esseri umani, anche agli animali cui vengono somministrati antibiotici a volte diventano resistenti a questi prodotti. La resistenza può passare dagli animali agli esseri umani e quindi pone un rischio per la salute o complica il trattamento di alcune malattie. È quindi importante monitorare in dettaglio l'uso degli antibiotici nell'allevamento e negli animali da compagnia. La questione attiene alla protezione dei consumatori e alla sicurezza della produzione alimentare, che deve essere garantita ad un grado elevato in tutti gli Stati membri dell'UE. Il Parlamento europeo, essendo composto da rappresentanti eletti del popolo, deve chiedere alla Commissione di intervenire. Possiamo reagire con rapidità ed efficacia solo se abbiamo un quadro veritiero della situazione. Ho quindi votato a favore della relazione e mi aspetto che la Commissione nel prossimo futuro presenti una proposta sul monitoraggio dell'uso degli antibiotici nel settore dell'allevamento.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore di questa relazione, poiché la cultura può essere un elemento chiave nelle relazioni internazionali; essa infatti contribuisce allo sviluppo, all'inclusione, alla democrazia e alla prevenzione dei conflitti. Pertanto deve essere inclusa nello sviluppo del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE).
Roberta Angelilli (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, in questa nuova economia digitale, le industrie culturali e creative rappresentano una grande potenzialità, capace di favorire l'espressione della diversità culturale europea e la diffusione del progresso economico e sociale. Inoltre, cultura e creatività sono fattori fondamentali a salvaguardia e valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico e utili all'innalzamento del livello culturale dei cittadini. Non è da sottovalutare il fatto che queste industrie rappresentino uno dei settori più dinamici d'Europa e che contribuiscono al 2.6% del PIL dell'UE offrendo impieghi di qualità a circa 5 milioni di cittadini europei.
Con il Libro verde pubblicato dalla Commissione un anno fa, le ICC hanno avuto il giusto riconoscimento conquistando un ruolo cruciale all'interno di una visione europea della cultura basata su una società dell'informazione, dell'innovazione e della imprenditorialità Purtroppo la mancanza di investimenti, l'insufficiente capitalizzazione delle imprese, la mancanza di un quadro regolamentare che elimini gli ostacoli alla mobilità degli artisti e dei creatori e la sempre maggiore diffusione della pirateria, continuano a costituire alcuni tra i fattori che indeboliscono l'instaurazione di uno spazio culturale europeo. Non dimentichiamo che alla base del successo mondiale delle industrie europee c'è la grande professionalità e creatività dei nostri artisti che andrebbero tutelati ed incentivati, con strumenti concreti, a continuare nel loro lavoro.
Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. – (RO) L'aspetto fondamentale della cultura europea è che non è concepita per essere promossa nelle relazioni esterne in maniera semplificata, ma come un elemento vibrante e vivo grazie alle sue particolari caratteristiche. Parlando di valori europei, diritti e libertà, dobbiamo parlare anche delle culture europee, della loro diversità, della pluralità creativa e del ruolo di ambasciatrice europea cui ogni elemento creativo della cultura nazionale può assolvere per promuovere l'Europa nel suo insieme. Prima di cominciare a promuovere queste culture fuori dall'Europa, noi stessi dobbiamo familiarizzare con tutti questi elementi culturali che sono tipici dell'Europa. In tale ambito ogni cittadino dell'Unione europea è il miglior ambasciatore delle culture europee. L'unica condizioni è che bisogna garantire a priori la possibilità più semplice di scoprire la ricchezza culturale nell'area in cui si vive.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione. l'Unione europea è una comunità di valori culturalmente plurima in cui i successivi allargamenti, la mobilità dei cittadini nello spazio comune europeo, i flussi migratori vecchi e nuovi e gli scambi di ogni genere con il resto del mondo contribuiscono a promuovere tale diversità culturale. La cultura svolge un ruolo negli accordi bilaterali in materia di sviluppo e scambi commerciali, tramite misure quali gli strumenti europei per la cooperazione allo sviluppo, la stabilità, la democrazia e i diritti umani, gli strumenti di preadesione, la politica europea di vicinato (PEV), il Partenariato orientale, l'Unione per il Mediterraneo e lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR), che hanno tutti risorse destinate a programmi culturali. Bisogna rafforzare la società civile, favorire la democratizzazione e la buona governance, promuovere i diritti umani e le libertà fondamentali e gettare le fondamenta per una cooperazione duratura.
Dominique Baudis (PPE), per iscritto. – (FR) La relazione invia un messaggio chiaro: l'Unione europea deve incorporare una strategia culturale coordinata e coerente in politica estera. I legami che uniscono più specificatamente l'Europa ed i paesi del sud del Mediterraneo stanno attraversano profondi cambiamenti. Un vento di libertà sta soffiando sul mondo arabo. La cultura è un bene significativo. Contribuisce a mantenere viva e duratura la democrazia. Gli scambi culturali ed educativi incoraggiano l'avvento di una società civile organizzata. La cooperazione culturale è altresì uno degli elementi chiave del successo dell'Unione per il Mediterraneo. Essa porta le nazioni a condividere e ad interagire le une con le altre, a rispettarsi e a comprendersi meglio giorno dopo giorno.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR) è stato importante che il Parlamento abbia ricordato con forza quanto dobbiamo promuovere la diversità, il patrimonio e gli scambi culturali in tutte le azioni esterne dell'UE. Come artefice di integrazione, tolleranza e comprensione reciproca, la cultura è una componente essenziale delle nostre società e dobbiamo promuoverla nelle nostre attività diplomatiche a favore dei diritti umani e della democrazia. La relazione enfatizza, però, che la dimensione culturale delle azioni esterne non è ancora sufficientemente sviluppata e coordinata e che è necessario adottare una strategia comune e coerente in questo ambito. Dobbiamo inoltre rinnovare il nostro sostegno per la libertà di Internet, condannando la censura sulla rete e le minacce che essa pone per i diritti umani nonché per l'accesso e la condivisione del patrimonio culturale mondiale. Visto che i cittadini europei condividono una serie di valori culturali comuni, saremo nella posizione migliore per affermare gli interessi europei se parleremo con una sola voce.
Sergio Berlato (PPE), per iscritto. − L'Unione europea è nota per la sua pluralità di forme culturali. A mio avviso, i valori europei quali il rispetto dei diritti umani, la democrazia e le libertà fondamentali, sono trasmessi anche dai nostri prodotti culturali. Le conoscenze e le qualifiche internazionali, come evidenziato dalla strategia UE 2020, sono fondamentali per i sistemi di istruzione. Il multilinguismo, le competenze informatiche e culturali consentono di cogliere le numerose opportunità offerte da un mercato del lavoro globale come quello attuale. La cultura dovrebbe, pertanto, essere un elemento trasversalmente integrato nell'ampio spettro delle azioni che compongono la politica estera dell'Unione europea. Attualmente nelle politiche esterne dell'Unione non esiste una strategia coerente e coordinata per la cultura. Si riscontrano, inoltre, frammentazioni e dispersioni non solo tra gli Stati membri ma anche tra i vari servizi e le istituzioni dell'Unione europea.
Tale frammentazione, priva di una strategia comune, impedisce l'uso efficiente delle risorse e delle dotazioni di bilancio per il settore della cultura. Sollecito, pertanto, l'attenzione della Commissione sull'opportunità di considerare l'integrazione e la semplificazione della cultura sia nelle azioni esterne dell'Unione europea sia all'interno delle Istituzioni europee.
Izaskun Bilbao Barandica (ALDE), per iscritto. – (ES) Sostengo la relazione stilata dalla collega del mio gruppo, poiché essa sottolinea la natura trasversale e l'importanza della cultura in tutti gli aspetti della vita, affermando che la cultura deve essere presa in considerazione in tutte le politiche esterne dell'Unione europea.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Reputo importante l'aspetto culturale delle politiche europee che punta ad incrementare la coesione europea. Pertanto esprimo apprezzamento per tutti i programmi culturali tesi a creare un'identità comune sulla base dei valori comuni e della comprensione reciproca. Di conseguenza, credo nel potere che possono avere certe iniziative sulle relazioni all'interno dell'Unione e sulle relazioni diplomatiche con i paesi terzi. Gli elementi culturali dei vari paesi possono essere usati come punti di partenza verso una cooperazione pacifica al fine di assicurare una stabilità.
Nessa Childers (S&D), per iscritto. – (EN) Le dimensioni culturali delle azioni esterne dell'UE non potranno mai essere sottolineate abbastanza, poiché è importante che la signora Commissario Ashton continui ad integrarle nel suo lavoro nell'ambito del SEAE.
Mário David (PPE), per iscritto. – (PT) Con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona è stato istituito il servizio europeo per l'azione esterna (SEAE), le cui attività devono includere una strategia diplomatica culturale coordinata e coerente. La relazione, che in linea generale sostengo, verte su questa importante questione. In realtà, molte delle proposte delineate nel testo, come la promozione degli scambi per i giovani ed il rafforzamento dei legami con le organizzazioni della società civile nei paesi terzi sono proposte che avevo avanzato nella mia relazione sulla revisione della politica europea di vicinato – dimensione meridionale, che è stata adottata dall'Assemblea. Nel presente testo sottolineo altresì il rispetto per la preservazione/promozione della ricchezza linguistica/culturale come mezzo per promuovere i diritti fondamentali, la democrazia e la buona governance. Infine è importante che vi sia un "attaché" incaricato della cultura in ogni rappresentanza UE all'estero.
Marielle De Sarnez (ALDE), per iscritto. – (FR) Molti si chiedono se esiste la cosiddetta cultura europea, spesso facendo un raffronto tra l'Europa delle culture ed il processo di "europeizzazione" delle culture. Per chi crede, come me, che l'Europa abbia un'identità e dei valori, la risposta è ovvia: esiste effettivamente un'identità culturale europea. È questa dimensione culturale che l'UE deve tenere maggiormente in considerazione nelle attività diplomatiche, soprattutto per promuovere i diritti umani, la democrazia e lo sviluppo nei paesi terzi. A tal fine l'Alto rappresentante deve istituire una direzione generale per la "diplomazia culturale" all'interno del servizio europeo per l'azione esterna, incaricando un responsabile per le relazioni culturali e promuovendo la cultura europea in ogni rappresentanza UE nei paesi terzi. Al contempo, dobbiamo pensare all'introduzione di visti culturali per gli artisti e per tutti coloro che lavorano nel settore culturale.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Oltre ad essere una potenza economica, l'Unione europea è anche una potenza culturale la cui influenza trascende i propri confini. Il fatto che diversi paesi abbiano legami storici tradizionali con gli Stati membri dell'UE rafforza la capacità dell'Europa di permeare le altre culture e di farsi comprendere in altre parti del mondo. L'importanza del fattore linguistico come veicolo per mantenere ed approfondire questi contatti non potrà mai essere sottolineato abbastanza.
Mi dispiace che, nonostante tutte le dichiarazioni d'intenti, l'Unione europea continui a non comprendere quando deve promuovere l'insegnamento delle lingue europee che sono particolarmente adatte per la comunicazione all'interno delle sue istituzioni. Invece l'UE ha scelto una politica linguistica rivolta verso l'interno, ma vorrei che questa tendenza venisse sovvertita.
Una politica estera come quella che l'Unione propone di sviluppare non può trascurare la dimensione culturale, ma deve tenerla presente come elemento positivo. È un valore che non è sempre tangibile, ma è particolarmente importante in un mondo sempre più suscettibile al potere sottile degli Stati e delle organizzazioni internazionali. Il servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) sarà chiamato a svolgere un ruolo importante in questo ambito. Spero che sia all'altezza della sfida.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) Questa relazione, stilata dall'onorevole Schaake, verte sulle dimensioni culturali delle azioni esterne dell'UE. Benché possa sembrare strano parlare di cultura, che è un bene non essenziale, quando molti europei si scontrano quotidianamente con il problema di doversi procurare dei prodotti essenziali per la sopravvivenza, non possiamo trascurare questo aspetto: dobbiamo invece pensare che, oltre ad essere fondamentale per la qualità della vita, la cultura può e deve essere un'opportunità per lo sviluppo economico e per la creazione di occupazione per i giovani, oltre ad essere, ovviamente, un fattore di unità e di coesione tra popoli. L'Unione europea deve essere una comunità di valori culturali in cui la diversità sia un elemento positivo e un fattore di unità e di coesione o, come ha indicato la relatrice, "strumenti di pace e di stabilità a livello mondiale". Pertanto dobbiamo urgentemente ovviare alla mancanza di una politica estera in tema di cultura. Ho votato a favore della relazione, poiché ne condivido le proposte e spero che la cultura possa contribuire a trovare soluzioni per emergere dalla crisi e che sia un valore per il benessere dei cittadini europei.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione conferma il concetto di corrente culturale nell'Unione europea: una visione opportunistica della cultura che viene considerata al servizio della politica esterna mediante il concetto di diplomazia culturale. In altre parole, la cultura è vista come una sorta di avamposto per promuovere e divulgare gli interessi dell'Unione europea e degli Stati membri nel mondo (punto 22) e per controllarne la direzione: la promozione degli scambi internazionali (punto 23). Quante volte tutto ciò non è sinonimo di politiche e di pratiche volte ad annientare e calpestare l'identità e la cultura dei singoli paesi?
La relazione ha anche una falla che continua a far capolino nel discorso UE sulla cultura: esisterebbe un'identità unica europea e una cultura europea unica e si baserebbe addirittura su valori quali la libertà, la democrazia, la tolleranza e la solidarietà.
La cultura, come tutti i fenomeni storici, non poggia su un'identità omogenea e condivisa, anzi, è espressione di antagonismi, conflitti e situazioni di dominio culturale. La cultura europea, com'è noto, si è arricchita grazie a molte culture di diverse parti del mondo, ad esempio quelle dei popoli soggiogati dal colonialismo.
Questa relazione mistifica il concetto di cultura e lo sfrutta.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione conferma il concetto di corrente culturale nell'Unione europea: una visione opportunistica della cultura che viene considerata al servizio della politica esterna mediante il concetto di diplomazia culturale. In altre parole, la cultura è vista come una sorta di avamposto per promuovere e divulgare gli interessi dell'Unione europea e degli Stati membri nel mondo (punto 22) e per controllarne la direzione: la promozione degli scambi internazionali (punto 23). Quante volte tutto ciò non è sinonimo di politiche e di pratiche volte ad annientare e calpestare l'identità e la cultura dei singoli paesi?
La relazione ha anche una falla che continua a far capolino nel discorso UE sulla cultura: esisterebbe un'identità unica europea e una cultura europea unica e si baserebbe addirittura su valori quali la libertà, la democrazia, la tolleranza e la solidarietà.
La cultura, come tutti i fenomeni storici, non poggia su un'identità omogenea e condivisa, anzi, è espressione di antagonismi, conflitti e situazioni di dominio culturale. La cultura europea, com'è noto, si è arricchita grazie a molte culture di diverse parti del mondo, ad esempio quelle dei popoli soggiogati dal colonialismo.
L'Unione europea non può mettere a rischio la diversità culturale o mistificare il concetto di cultura, sfruttandolo.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della risoluzione, poiché la diplomazia culturale rappresenta un pilastro per creare fiducia e relazioni durature con i cittadini dei paesi terzi. La cultura deve essere un elemento vitale integrato orizzontalmente tra l'ampio spettro delle politiche esterne che formano la politica estera dell'UE: dalle relazioni commerciali dell'Unione fino alla politica di allargamento e di vicinato, alla cooperazione allo sviluppo e alla politica estera e di sicurezza comune. La cultura ha parimenti un valore economico: le industrie culturali d'Europa alimentano l'imprenditoria europea, l'innovazione, l'attività economica ed il paesaggio culturale diversificato dell'UE, ponendola al primo posto tra le destinazioni turistiche mondiali. Un clima culturale vibrante innalza l'attrattiva per le imprese e per la gente. Una strategia UE coerente e coordinata in tema di cultura nelle azioni esterne attualmente non esiste e deve quindi essere sviluppata. Non si tratta di un lusso, bensì di una necessità per sostenere e favorire l'attrattiva dell'Europa in un ambiente connesso e competitivo sul piano mondiale. La frammentazione e la diffusione del problema si vede non solo tra gli Stati membri, ma anche tra diversi dipartimenti e istituzioni all'interno dell'UE. Tale frammentazione senza una strategia comune ostacola un uso pieno ed efficiente delle risorse e del bilancio culturale. Ne discende che la strategia è assolutamente essenziale per l'Unione europea.
Jarosław Kalinowski (PPE), per iscritto. – (PL) L'Europa è la culla di una cultura eccezionalmente ricca e varia. L'Unione europea deve avvalersi di questo retaggio nella promozione dell'integrazione e della cooperazione nei paesi terzi. Non va dimenticato che l'Unione europea si compone di 27 Stati membri molto diversi tra loro. È importante coltivare e preservare questa multiculturalità. Anch'io ritengo che una politica europea comune richieda lo sviluppo di una strategia coerente per le azioni culturali esterne. È importante che l'Europa sfrutti il proprio potenziale nel processo di autopromozione nel mondo.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, "Unita nella diversità" è il motto che accomuna noi tutti cittadini europei e che connota il senso di appartenenza alla grande comunità europea. Un crocevia di popoli, culture e costumi che si riconoscono uniti nonostante le diversità siano esse economiche, religiose, ecc. Il mio supporto alla relazione della collega Schaake è stato dettato proprio dallo stimolo che bisogna dare verso il rafforzamento di tale consapevolezza comune. La cultura deve avere un ruolo di coesione nel percorso interno ma anche esterno ed è per tale motivo che nei rapporti del SEAE la cultura europea potrebbe essere il vessillo dei valori europei che attraverso il dialogo con culture extraeuropee dovrebbero contribuire alla pacifica cooperazione e alla comprensione costruttiva tra i popoli.
Bogusław Liberadzki (S&D), per iscritto. – (PL) Tengo ad esprimere la mia approvazione, in quanto le questioni culturali saranno incluse nelle azioni della diplomazia dell'Unione europea. È importante che il mondo assapori la cultura degli Stati membri dell'UE nella diversità dei suoi contenuti e delle sue forme. Personalmente spero che tutti gli Stati membri siano presenti nella giusta proporzione. A tale scopo la Commissione deve avanzare una proposta su siffatte azioni, destinata a divenire un documento ufficiale.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione. L'Europa è una comunità di libertà, responsabilità e valori democratici. La cultura, l'identità, i valori e la posizione dell'UE sulla scena mondiale sono elementi che si intrecciano. Gli interessi europei si affermano quando gli aspetti culturali vengono strategicamente delineati mediante la cooperazione ed il partenariato: sia attraverso programmi culturali che quando gli aspetti culturali sono parte integrante delle politiche economiche, estere, di sicurezza e di sviluppo.
Condividendo la letteratura, i film, la musica ed il patrimonio culturale, le porte della mente si aprono e si formano ponti tra le persone. L'identità europea in tutta la sua diversità come pure i valori europei si manifestano attraverso queste espressioni culturali. Inoltre l'UE ha esperienze importanti da condividere quando si devono superare conflitti e si deve costruire la stabilità sulla base di un interesse condiviso e di una comprensione reciproca.
Jiří Maštálka (GUE/NGL), per iscritto. – (CS) La relazione, che punta a liberare il potenziale delle industrie culturali e creative, è strettamente connessa, per molti aspetti, alla relazione sull'Unione dell'innovazione. In particolare, mi preme attirare l'attenzione sul significato che viene assegnato all'educazione dei cittadini, che comporta, tra l'altro, una migliore comprensione ed il rispetto per la protezione delle opere che comportano diritti di proprietà intellettuale. Dobbiamo fortemente sostenere e sviluppare quest'area ampiamente trascurata, non solo nell'ambito dell'istruzione, ma anche della formazione, sia a livello UE che a livello di Stati membri. Nutro delle riserve sull'attuale denominazione delle opere culturali come beni e servizi. È fuorviante e può essere visto come una manifestazione di neoliberismo economico nella sfera culturale. Ad esempio, un'opera letteraria o un'opera d'arte o un pezzo musicale sono prima di tutto una manifestazione essenziale del talento dell'artista ed una risposta sociale. Oltre ad essere grossolano è altresì aberrante considerarle meramente come merci o servizi.
Iosif Matula (PPE), per iscritto. – (RO) Purtroppo ad ora non esiste una strategia coerente e coordinata sul ruolo della cultura nelle azioni esterne dell'Unione europea. Notoriamente i nostri interessi possono essere meglio affermati quando parliamo con una sola voce. La nostra politica estera comune deve basarsi sulla diplomazia culturale, in quanto la posizione dell'Europa nel mondo potrà essere rafforzata attraverso la cultura nella misura in cui essa sarà parte integrante delle politiche economiche, di sviluppo e di sicurezza. Riusciremo a rappresentare meglio il nostro continente divulgando film, musica e letteratura. Inoltre il paesaggio culturale vario dell'UE ci distingue come prima destinazione turistica al mondo. Esprimo apprezzamento per i suggerimenti concreti presentati nella relazione sul coinvolgimento della società civile, degli artisti, degli educatori, degli studenti e degli imprenditori al fine di plasmare il gigantesco potenziale offerto dalle nuove tecnologie, che sono sia una fonte di informazione che un canale atto ad agevolare la libertà d'espressione. Sarebbe opportuno che il Parlamento europeo includesse la cultura nell'agenda delle discussioni con altri parlamenti nel mondo in modo da istituire una prassi generale per l'azione esterna europea.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) L'Europa è una comunità di libertà, responsabilità e valori democratici. La cultura, l'identità, i valori e la posizione dell'UE sulla scena mondiale sono elementi che si intrecciano. Gli interessi europei si affermano quando gli aspetti culturali vengono strategicamente delineati mediante la cooperazione ed il partenariato: sia attraverso programmi culturali che quando gli aspetti culturali sono parte integrante delle politiche economiche, estere, di sicurezza e di sviluppo. Condividendo la letteratura, i film, la musica ed il retaggio culturale, le porte della mente si aprono e si formano ponti tra le persone. L'identità europea in tutta la sua diversità, come pure i valori europei, si manifestano attraverso queste espressioni culturali. Sviluppando il servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) è importante esplorare e fissare il ruolo che ha cultura ha e che deve avere nelle azioni esterne dell'UE. Inserendo orizzontalmente la cultura, si favorisce la comprensione reciproca, la cooperazione pacifica e la stabilità oltre che i benefici economici.
Louis Michel (ALDE), per iscritto. – (FR) Se la globalizzazione ha incontestabilmente favorito la proliferazione degli scambi, dobbiamo contrastare il pericolo che le culture possano uniformarsi. La cultura è il volano dell'apertura ed il motore delle democrazie, essa si contrappone alle reazioni nazionalistiche, alle tentazioni razziste e alle esclusioni che sono alimentate da crisi economiche, finanziarie climatiche e alimentari. Le culture sono connaturate in modo da arricchirsi l'un l'altra in uno spirito di rispetto reciproco. Sono fonte di un'energia rinnovabile inesauribile. Nella maggior parte dei casi la creazione culturale descrive o esprime una visione, un impegno, una posizione che può essere pertinente o impertinente. La cultura rappresenta l'esercizio di un diritto, compreso il diritto di denunciare. Abbiamo una grande necessità di artisti, della loro visione critica del mondo, del loro ruolo come educatori delle nostre società. Essi anticipano il futuro e prevedono l'evoluzione della società, perché vedono prima e più lontano dei politici. Dobbiamo lavorare per creare un mondo pluralista che mantenga intatta la sua attitudine creativa e che sia in grado di generare il nuovo e la diversità. Dobbiamo ripensare il sistema della governance globale. Dobbiamo creare un nuovo spazio politico di dimensioni globali, tenendo conto della dimensione politica della diversità culturale.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) La ricchezza culturale dell'Europa rappresenta un bene prezioso che è importante preservare. Ci viene costantemente ripetuto che deve essere promossa la diversità culturale. Finora ci siamo concentrati anche troppo sulla promozione della diversità culturale in relazione agli immigrati mussulmani senza garantire che la nostra cultura, a sua volta, venisse riconosciuta nei paesi islamici. Se davvero vogliamo includere gli aspetti culturali europei in maniera più incisiva, come viene proposto, come parte integrante della politica economica, estera, di sicurezza e di sviluppo, sarà decisiva la forma esplicita che sarà conferita loro.
Certamente non c'è motivo di opporsi allo scambio di letteratura, film, musica o altro, ma le aspettative in relazione al mondo islamico non devono essere esagerate – basti pensare al divieto sulla musica che proviene dal Corano. È soprattutto importante tenere presenti le radici cristiane e dare priorità ad una politica estera e ad una politica di sviluppo atte a proteggere i cristiani negli altri paesi, in quanto, in fin dei conti, sono la minoranza più perseguitata del mondo.
Georgios Papanikolaou (PPE), per iscritto. – (EL) Senz'altro la diplomazia culturale contribuisce a costruire fiducia e a coltivare relazioni durature tra cittadini dell'UE e cittadini di paesi terzi e senz'altro il vantaggio comparativo dell'Europa nel settore della cultura è grande ed è quindi un valido strumento per la politica estera. Le nuove tecnologie racchiudono nuove opportunità per divulgare il patrimonio culturale europeo e rafforzare i legami transnazionali. Visto che Internet è il punto d'incontro globale, l'UE deve sviluppare politiche specifiche per promuovere la cultura europea. Il sito web Europeana rappresenta una mossa nella giusta direzione. Purtroppo, però, non ha ancora realizzato il suo potenziale. Non bisogna, inoltre, sottovalutare il contributo della cultura alle economie dei paesi europei. Essa rappresenterebbe il 2,6 per cento del PIL europeo al momento. Chiaramente i paesi con una grande storia, tradizioni e cultura, come la Grecia, non hanno nulla da perdere promuovendo il proprio retaggio culturale ed i propri valori.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) La relazione verte sulle dimensioni culturali delle azioni esterne dell'Unione europea. Convengo con la relatrice, in quando serve una strategia comune per la dimensione culturale. Non si tratta di dover investire di più, ma di investire meglio. Promuovere la cultura significa promuovere la democrazia. Il coordinamento che è stato proposto può contribuire a garantire un uso più efficiente delle risorse, soprattutto in un periodo di tagli al bilancio, in particolare nel settore della cultura. La rete degli Istituti nazionali per la cultura dell'Unione europea deve essere un partner speciale per il settore. I membri della rete hanno un'esperienza significativa, non solo del lavoro sul campo, ma anche nell'organizzazione di attività culturali, tenendo al contempo una distanza appropriata dai governi, cosa fondamentale per il settore. Oltre al coordinamento, c'è anche la diplomazia culturale a livello di Stato membro. Tuttavia, ci sono molti paesi terzi che cercano di rivolgersi direttamente all'Unione europea e non solamente ai singoli Stati membri. Di conseguenza, solo una strategia comune può prevenire l'attuale frammentazione, che impedisce un uso pieno ed efficiente delle risorse e dei bilanci dedicati alla cultura. Per tutte queste ragioni ho votato a favore della reazione.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) La cultura svolge un ruolo estremamente importante nell'Unione europea, un area che vuole essere "unita nella diversità". Prima di tutto dobbiamo sottolineare il suo innegabile aspetto integrazionista, che consente la coesistenza di aree condivise. Infatti persone con diverse prospettive culturali si trovano con una rappresentanza comune. Non è un caso che la motivazione della relazione inizi con un'interessante citazione: "Culturalmente parlando il rock and roll è stato un elemento decisivo nella disgregazione delle società comuniste, avvicinandole a un mondo di libertà" (Andras Simonyi). In secondo luogo, va sottolineato l'innegabile impatto economico che potrebbe discendere dall'impegno a divulgare la cultura europea. Bisogna infatti diffondere e proteggere i valori europei a livello mondiale, garantendo, al massimo livello, il rispetto degli aspetti fondamentali, come la libertà di espressione su Internet. Sono questi i motivi per cui ho votato a favore del testo.
Robert Rochefort (ALDE), per iscritto. – (FR) Votando a favore della relazione dell'onorevole Schaake, ho voluto lanciare un appello per l'istituzione di un'autentica diplomazia culturale europea al fine di promuovere i nostri valori al di fuori dell'UE. Pensando alla cultura come elemento strategico della politica estera, si consente all'Europa di colmare il deficit in relazione a certi Stati. La Cina, in particolare, investe pesantemente nella diplomazia culturale per migliorare la propria immagine e attrarre il turismo. L'Europa deve fare altrettanto, se vuole continuare a svolgere un ruolo fondamentale sulla scena mondiale. La relazione contiene diverse proposte volte a centrare questo obiettivo: la proposta di designare un responsabile per ogni rappresentanza EU nei paesi terzi, ad esempio, per coordinare le relazioni culturali e l'interazione tra l'Unione e questi paesi, o la proposta di inserire nell'organigramma del servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) dei profili preposti alle tematiche culturali e la proposta di istituire un'unità di coordinamento. Inoltre i paesi terzi devono essere maggiormente coinvolti nei programmi UE dedicati alla cultura, come la mobilità, la gioventù, l'istruzione e la formazione: deve essere favorito l'accesso a questi programmi per i giovani di questi paesi.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Il testo in un primo momento prevedeva che le relazioni esterne a livello europeo rientrassero quasi esclusivamente nelle prospettive dei nuovi media. Questo elemento è ancora presente insieme all'idea che l'UE debba esportare la propria cultura. I verdi hanno insistito, invece, sulla promozione della "cooperazione culturale". Alcune delle raccomandazioni adottate in seno alla commissione per la cultura e l'istruzione non creano veramente qualcosa di nuovo, e mi riferisco al sito web di informazioni sui programmi UE su tematiche culturali e sulle relazioni esterne, insieme al calendario degli eventi UE nel mondo nonché i contatti con la società civile. Alcuni articoli, come l'articolo 44 sul sostegno delle azioni nazionali tese a garantire la protezione e la conservazione del retaggio culturale, a prevenire il commercio illegale del patrimonio o dei prodotti culturali, non hanno molto senso rispetto al problema vero e proprio. In sintesi, la relazione manca il bersaglio e riunisce elementi tra i più svariati insieme alle possibilità effettive di inserire la cultura in agenda sia per l'UE che tra l'UE ed i paesi terzi. Deve essere aperto un nuovo capitolo al fine di usare pienamente la cultura come strumento di pace.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. − La condivisione del patrimonio culturale tra gli individui è fondamentale sia nel contesto comunitario, per il consolidamento di un'identità europea, sia nelle relazioni dell'Unione con gli Paesi terzi. Per questo sono favorevole al potenziamento dell'azione esterna in tale direzione. Le risorse per la cultura vengono spesso disperse in innumerevoli progetti. L'uso efficiente di questi finanziamenti viene ulteriormente ostacolato dalla frammentazione politica. È pertanto auspicabile fin da ora, da parte del Servizio europeo per l'azione esterna, una strategia coerente e unitaria di "diplomazia culturale", anche attraverso la designazione di un rappresentante specifico per l'UE nei Paesi terzi.
Infine ritengo che debba essere sempre più valorizzato l'utilizzo delle nuove tecnologie, in grado di moltiplicare i canali d'accesso ai contenuti culturali. È fondamentale per l'Unione europea giocare un ruolo da attore protagonista in questo contesto, sviluppando politiche concrete in grado di tutelare la rete da tutte le censure tipiche dei regimi repressivi.
Marie-Thérèse Sanchez-Schmid (PPE), per iscritto. – (FR) Nel 1990 nel suo libro Bound to Lead, l'eminente professore americano, Joseph Nye, ha introdotto il concetto di "soft power", o potere sottile. Che cosa significa? Il potere sottile è la capacità di un attore internazionale di influenzare gli altri mediante mezzi non coercitivi, come il dinamismo culturale. Perché, dopo oltre trent'anni, gli Stati Uniti rimangono la superpotenza che tutti ben conosciamo? Perché, oltre al suo arsenale militare, questo paese è riuscito ad esportare la propria cultura e le proprie idee, rendendole attraenti. L'Europa deve fare altrettanto. Deve difendere il proprio modello culturale ed i propri valori sulla scena internazionale. Grazie alla relazione, l'Unione europea ha analizzato l'influenza che può avere se riesce ad aggiungere la dimensione culturale alla propria diplomazia. Pertanto sostengo le raccomandazioni indicate nella relazione. In attesa che venga attuata un'autentica diplomazia culturale comune ed una vera e propria politica europea di difesa, il potere sottile europeo e la diplomazia culturale sono tra i pochi mezzi che abbiamo a disposizione per esercitare una certa influenza.
Joanna Senyszyn (S&D), per iscritto. – (PL) Ho votato a favore della relazione sulle dimensioni culturali delle azioni esterne dell'UE. In particolare, tengo a sottolineare la necessità di condurre una revisione dei programmi in atto che hanno una componente culturale. La Commissione deve redigere un libro verde e una comunicazione in cui siano delineate le politiche concrete che attengono al ruolo della cultura nelle azioni esterne dell'UE. Attualmente la cooperazione culturale degli Stati membri con i paesi terzi avviene su base bilaterale. Mancano principi e interventi condivisi e coordinati pertanto è impossibile usare efficacemente le risorse culturali europee ed il potenziale creativo dell'Unione. Una strategia comune può favorire lo sviluppo delle risorse culturali europee, plasmare ed approfondire le relazioni sociali e lo scambio di buone prassi, migliorando la posizione culturale dell'Europa sulla scena internazionale. Sostengo vivamente l'inclusione degli aspetti culturali nell'organigramma del servizio europeo per l'azione esterna (SEAE). È altresì importante impartire la formazione adeguata al personale del SEAE in relazione agli aspetti culturali e digitali. La cultura è anche un fattore importante nella lotta per l'affermazione dei diritti umani e nel sostegno della democrazia.
La cooperazione in questo settore contribuirà ad istituire un dialogo con le società di culture diverse. Sostengo inoltre il cosiddetto "marchio Europa"; il suo sviluppo e la sua promozione in settori quali il sostegno per i talenti, il turismo e la diffusione dei valori universali, ad esempio, devono basarsi su una collaborazione più stretta tra gli Stati membri dell'Unione europea.
Dominique Vlasto (PPE), per iscritto. – (FR) Sono lieta che sia stata approvata la relazione sulle dimensioni culturali delle azioni esterne dell'UE, in cui si afferma che la cultura deve essere al cuore della diplomazia europea. A fronte di tutte le loro diversità gli europei condividono moltissimi valori forti, come il rispetto dei diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto, che dono essere diffusi sulla scena internazionale. Il "marchio Europa" deve essere promosso da veri e propri ambasciatori. Esprimo apprezzamento anche per le nuove proposte che vertono, ad esempio, sulla creazione di una divisione culturale all'interno del servizio europeo per l'azione esterna o la nomina di un attaché culturale per ciascuno Stato membro. Sviluppando le iniziative nazionali, potrà emergere un'Europa culturale. Lo sviluppo delle nuove tecnologie informatiche sta rendendo la cultura accessibile ai più. L'Unione europea, a mio parere, deve cogliere questa opportunità per affermare la propria unicità culturale e per incoraggiare la creatività. Non ho potuto che votare a favore della relazione, in cui la cultura non viene più considerata patrimonio del passato, bensì come forza trainante della diplomazia europea del domani.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della proposta, in quanto implementare una dinamica comunitaria atta ad incentivare le industrie culturali e creative (ICC) risulta necessario nel contesto attuale, motivo per cui tali industrie debbono dotarsi di modelli economici innovativi ed avere accesso a nuove offerte legali di servizi online. È quindi tassativo costituire un vero mercato unico di contenuti e servizi online, varare azioni specifiche volte a potenziare il ruolo delle industrie culturali e creative quali catalizzatori di innovazione e cambiamento strutturale, riunire gli attori su scala regionale, nazionale ed europea e creare nuovi prodotti e servizi che generino crescita ed occupazione. In Europa, il settore culturale ha un ruolo cruciale ed è un'attrattiva per cittadini, imprese ed investimenti. Esso valorizza infatti l'Europa quale ambiente dinamico e stimolante, dove è piacevole vivere e lavorare. Chiaramente, un settore culturale vigoroso e in crescita è essenziale all'affermazione dell'Europa in un'economia creativa fondata sulla conoscenza. Il settore culturale è inoltre un'attrattiva per persone qualificate e creative. Attualmente viene riconosciuta l'importanza delle industrie culturali come propulsori di innovazione economica e sociale in moltissimi altri settori.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione. Le industrie culturali e creative devono essere al centro della nuova agenda politica europea, in linea con le esigenze economiche del settore e con le misure volte ad adattare le innovazioni all'era digitale. Per incrementare il potenziale del settore, l'iniziativa Agenda digitale deve essere attuata positivamente in modo da consentire alle ICC di beneficiare pienamente e di adattarsi con successo a tutte le opportunità create da sistemi a banda larga di vasta diffusione e ad alta velocità nonché dalle nuove tecnologie senza fili. È importante ampliare la biblioteca digitale Europeana e svilupparla come punto focale per la trasmissione del patrimonio culturale e della creatività dell'Europa oltre che per proteggere e supportare il patrimonio culturale.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR) Le industrie culturali e creative sono cruciali per i cittadini europei in ragione della loro natura economica e culturale. Infatti tali industrie, oltre a partecipare alla promozione della diversità linguistica e culturale e allo sviluppo del patrimonio culturale europeo, contribuiscono altresì allo sviluppo economico, stimolando l'occupazione, la crescita economica e la creazione di ricchezza. Mediante questo voto, ci stiamo chiaramente impegnando verso un maggiore riconoscimento del settore culturale, enfatizzando che il suo potenziale rimane grande, anche se continua a scontrarsi con ostacoli di tipo legale o economico. Per intensificare siffatto potenziale, stiamo quindi proponendo soluzioni concrete come il sistema di licenze paneuropeo ed un migliore accesso al credito e al micro finanziamento. Rileviamo, inoltre, i considerevoli progressi che Internet rappresenta per le nostre società, pur comportando anche nuove sfide, come la garanzia di accesso universale ed il modello economico del settore culturale. Pertanto, il Parlamento europeo, che è consapevole del ruolo cruciale che la cultura riveste nella società europea, ha lanciato un chiaro appello affinché sia incrementato il sostegno per i settori culturali.
Izaskun Bilbao Barandica (ALDE), per iscritto. – (ES) è importante liberare il potenziale delle industrie culturali e creative (ICC). Dobbiamo analizzare le ICC e l'impatto delle loro attività sull'economia europea, identificando, definendo e descrivendole una dopo l'altra per metterne in luce le caratteristiche, capirne meglio gli obiettivi ed i problemi e attuare provvedimenti più efficaci.
Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. − Esprimo voto favorevole alla presente relazione volta a riconoscere ed incrementare l´importanza economica e sociale delle industrie culturali e creative. Concentrare l´attenzione dell'UE verso tali industrie, strutturalizzandone il potenziale tramite una coerente strategia anche finanziaria, risponde ad almeno due delle priorità su cui la Lega Nord si è da sempre soffermata. Esse sono, in primo luogo, la valorizzazione e il rilancio dei patrimoni culturali locali, siano essi linguistici, musicali, architettonici o artistici nel senso più ampio, al fine di tutelare la diversità e peculiarità degli orizzonti intellettuali in un´epoca di generalizzazione, o forse banalizzazione e devalorizzazione, del messaggio culturale. In secondo luogo, un impegno istituzionale sul fronte delle industrie culturali e creative permetterebbe ai giovani dotati di talento di incanalare costruttivamente le proprie capacità ed ambizioni, offrendo loro piattaforme di lancio anche professionale che aprirebbero quindi nuove opportunità lavorative, proteggendoli al tempo stesso dalla dispersione del proprio talento in ambienti culturalmente stagnanti o semplicemente inadatti allo scopo. Pertanto, appoggio la relazione in questione.
Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. – (RO) In Europa il settore culturale ha un ruolo cruciale da svolgere ed è un'attrattiva per cittadini, imprese ed investimenti. Esso valorizza infatti l'Europa quale ambiente dinamico e stimolante, dove è piacevole vivere e lavorare. Chiaramente, un settore culturale vigoroso e in crescita è essenziale per l'affermazione dell'Europa in un'economia creativa fondata sulla conoscenza. Il settore culturale è inoltre un'attrattiva per persone qualificate e creative. Attualmente viene riconosciuta l'importanza delle industrie culturali come propulsori di innovazione economica e sociale in moltissimi altri settori. Allorché alcuni dei nostri partner internazionali si avvalgono già in grande misura delle molteplici risorse delle ICC, l'Unione europea deve ancora sviluppare una strategia che ponga i suoi atout culturali a fondamento della sua creatività e potenza economica come pure della sua coesione sociale. Il libro verde della Commissione europea giunge al momento opportuno per alimentare il dibattito al fine di liberare il "potenziale delle industrie culturali e creative", riconoscendo ufficialmente l'importanza del comparto. Per sfruttare pienamente il loro duplice potenziale culturale ed economico, le industrie culturali e creative debbono accrescere la loro capacità di sperimentare e innovare, avvalendosi al contempo di un'idonea combinazione di competenze e poter accedere ai finanziamenti. A partire dagli anni '90 si è avuta nell'Unione europea una crescita esponenziale delle industrie culturali e creative, in termini di creazione d'occupazione e contributo al PIL.
Alain Cadec (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione dell'onorevole Sanchez-Schmid, in cui vengono presentate delle proposte atte a favorire lo sviluppo delle industrie culturali e creative. La relazione chiede l'istituzione dello status di artista europeo, affinché gli artisti possano godere di condizioni di lavoro soddisfacenti, e di misure appropriate in relazione al sistema fiscale, al diritto al lavoro, ai diritti previdenziali e ai diritti di protezione della proprietà intellettuale al fine di migliorarne la mobilità nell'UE. Convengo inoltre con la relatrice, la quale enfatizza la necessità di preservare la natura specifica di alcuni mestieri e la trasmissione del sapere soprattutto nel settore culturale, creativo e artigianale, garantendo dei meccanismi di diffusione della conoscenza.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Esprimo apprezzamento per l'interesse mostrato per il potenziale delle industrie culturali e creative (ICC). Credo nell'impatto positivo che il loro sviluppo può avere sia in termini economici, creando occupazione e contribuendo al prodotto interno lordo (PIL), che sul piano sociale, mediante l'integrazione sociale e culturale dei cittadini. Pertanto accolgo con favore la proposta di sostenere il settore creativo, poiché questa è la via giusta da seguire verso una crescita duratura e sostenibile dell'economia europea, vista la situazione mondiale attuale. L'innovazione, la coesione strutturale e la creazione di nuovi prodotti e di nuovi servizi devono essere una priorità da prendere in considerazione quando si costruiscono nuove politiche europee.
Christine De Veyrac (PPE), per iscritto. – (FR) Accolgo con favore l'adozione della relazione dell'onorevole Sanchez-Schmid sullo sviluppo delle industrie culturali e creative. Visto che sono in gioco 14 milioni di posti di lavoro ed una crescita sostenuta anche in tempi di crisi, permane essenziale mostrare un sostegno fermo per questo comparto a fonte del grande contributo economico e culturale che esse rendono. Creare uno status europeo per gli artisti, introdurre un'aliquota IVA ridotta per i prodotti culturali e migliorare la distribuzione delle offerte digitali legali sono tutte misure fondamentali per garantire che l'Unione europea abbia un'influenza culturale sulla scena internazionale.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Negli ultimi vent'anni si è avuta nell'Unione europea una crescita esponenziale delle industrie culturali e creative (ICC) in termini di creazione d'occupazione e contributo al prodotto interno lordo (PIL) degli Stati membri. Per tale ragione e a fronte del periodo estremamente favorevole cui assistiamo in questo ambito, è importante sfruttare ed intensificare il potenziale di queste industrie. Pertanto è necessario sfruttare il potenziale dell'era digitale ed implementare una dinamica comunitaria atta ad incentivare le industrie culturali e creative, motivo per cui tali industrie debbono dotarsi di modelli economici innovativi.
Mi congratulo quindi con la relatrice e sostengo la richiesta che ha avanzato affinché la Commissione presenti un libro verde più ambizioso, teso a favorire un autentico mercato interno, a creare occupazione e a garantire una maggiore coesione sociale.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) La relazione stilata dall'onorevole Sanchez-Schmid indica come l'Unione europea può sbloccare il potenziale delle industrie culturali e creative (ICC). Il dibattito ha preso avvio con il libro verde della Commissione europea in un momento in cui l'era digitale sta invadendo la nostra vita e la globalizzazione sta diventando una sfida per le ICC. Se l'UE riuscisse a creare una dinamica in tutto il suo territorio tesa a stimolare queste imprese, sostenendo l'innovazione e la modernizzazione, riusciremo a promuovere l'occupazione e la coesione sociale e, come ha indicato la relatrice, a rendere l'Unione europea "l'economia della conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, comportando un miglioramento qualitativo e quantitativo dell'occupazione". Ho quindi votato a favore del testo, poiché credo nel potenziale di queste industrie creative e nel loro promettente futuro. Tuttavia, affinché non esse si trovino in una posizione tale da essere assorbite da partner internazionali, bisogna impegnarsi, con rapidità e fermezza, verso le nuove tecnologie – in particolare la tecnologia informatica – e verso i fattori dello sviluppo e dell'innovazione. L'UE deve inoltre supportare ed incoraggiare la creazione artistica e la mobilità dei professionisti della cultura affinché essa diventi sempre più universale e globalizzante.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore del documento, in quanto per sbloccare il potenziale delle industrie culturali e creative bisogna sviluppare, tra le altre cose, un'istruzione artistica e culturale di qualità elevata, la territorializzazione, i partenariati locali, la creazione e la creatività, la condivisione delle conoscenze tecniche, i finanziamenti, i partenariati tra pubblico e privato e lo scambio di buone prassi. Dobbiamo creare competitività tra le industrie culturali e creative (ICC), tenendo presente le caratteristiche di ciascuna area ed il fatto che esse richiedono forme diverse di sostegno. L'Unione europea deve introdurre misure atte a supportare questo settore creativo. Vorremmo che il libro verde abbia un impatto a breve e a lungo termine mediante sviluppi specifici a livello europeo in settori quali la fiscalità per i prodotti ed i servizi culturali on-line e la possibilità di sfruttare gli strumenti finanziari disponibili mediante la BEI ed il FEI. Se vogliamo massimizzare il ruolo delle industrie culturali e creative come forze trainanti, devono essere introdotte le strutture finanziarie sorrette da una solida conoscenza tecnica in merito alle caratteristiche delle industrie culturali ed un sistema fiscale idoneo. Gli Stati membri devono impegnarsi fortemente nella protezione e nel sostegno del proprio patrimonio culturale. In vista dell'importanza crescente delle ICC e dell'obiettivo di rafforzare il comparto, che riveste un'importanza strategica per il conseguimento degli obiettivi di Europa 2020, la Commissione deve redigere un libro bianco atto a liberare il potenziale culturale e creativo.
Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato in favore di questa relazione perché ritengo essenziale che la Commissione prosegua il percorso finalizzato ad una migliore definizione delle industrie creative culturali (ICC) nel quadro di un loro maggiore riconoscimento da parte della società civile. Intravedo molte potenzialità per le ICC, specialmente se si considerano i possibili e necessari rapporti di cooperazione con le Università, i centri di ricerca, le scuole d'arte, con i quali creare una rete di programmi formativi congiunti e di apprendimento permanente. E´ fondamentale e importante, cari colleghi, divulgare le prassi e il know-how e potenziare l'apprendimento attraverso programmi di formazione professionale dedicati ad hoc proprio al settore culturale e creativo. Ritengo necessario garantire un insegnamento pluridisciplinare e insistere su programmi di cooperazione e di partenariato non solo tra gli istituti di istruzione, gli studenti e i professionisti del settore culturale e creativo, ma anche tra le imprese di qualsiasi dimensione e tra il settore pubblico e il settore privato, tra gli artigiani e gli organismi finanziari.
Morten Løkkegaard (ALDE), per iscritto. – (DA) Le industrie culturali e creative rendono un contributo sia alla crescita che all'occupazione nell'UE. Sono parte del piano teso a centrare gli obiettivi di Europa 2020 ed è quindi importante creare condizioni positive per questo settore – soprattutto all'interno dell'area che mi preme mettere in luce, ovverosia i diritti di proprietà intellettuale.
Come rilevato in diverse parti del testo, dobbiamo ovviamente garantire che gli artisti ricevano una remunerazione giusta per il loro lavoro. Al contempo è assolutamente fondamentale assicurare che i consumatori abbiano accesso ad una nutrita serie di servizi on-line. Il modo migliore per raggiungere questo obiettivo consiste nel creare condizioni favorevoli su alternative operativamente fattibili e legali. Vi sono già diversi buoni esempi, che devono essere resi più visibili. Creare alternative efficaci è il modo migliore per contrastare la pirateria. Parallelamente la Commissione deve assolutamente presentare una proposta ambiziosa sui diritti di proprietà intellettuale – proposta che attendiamo con impazienza.
Uno degli elementi che evidenziamo nella relazione è che deve essere assunto un approccio pan-europeo. Non è opportuno operare con 27 sistemi diversi in questa importante area. Credo quindi che la Commissione debba adottare un approccio olistico e guardare al collegamento tra licenze, oneri privati per i diritti di proprietà intellettuale e pirateria. Spero che la relazione possa contribuire ad avviare siffatto processo e rimango in attesa della proposta ambiziosa della Commissione.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione, in quanto questo è il momento giusto per il libro verde della Commissione, in cui si riconosce ufficialmente l'importanza economica e sociale del settore e si avvia il dibattito sulle modalità per "liberare il potenziale delle industrie culturali e creative". A partire dagli anni '90, infatti, la crescita delle industrie culturali e creative nell'Unione europea è stata esponenziale sul piano occupazionale e come contributo al PIL.
Iosif Matula (PPE), per iscritto. – (RO) È proprio l'aspetto culturale del nostro patrimonio comune che differenzia l'Europa dalle altre regioni del mondo. In un momento di grandi sfide economiche, è importante pensare a come liberare il potenziale delle industrie culturali e creative, sopratutto visto che un numero significativo di cittadini europei sono impegnati in tali attività. Non dimentichiamo il contributo significativo che il settore creativo rende, non solo per lo sviluppo delle tecnologie di informazione e di comunicazione, ma anche in termini di innovazione economica e sociale. Ad ogni modo, il comprato solleva una serie di questioni che devono essere chiarite. Un aspetto importante attiene alla digitalizzazione delle produzioni culturali insieme alla necessità di creare un mercato unico adeguato per il contenuto on-line e per i servizi suscettibili di generare nuovi posti di lavoro. Nel medesimo contesto si deve altresì risolvere il problema dei diritti di proprietà intellettuale, il finanziamento delle industrie culturali e creative, la mobilità degli artisti e la diffusione delle produzioni culturali. Un esempio calzante è la cinematografia. I film europei, infatti, compresi diversi film rumeni, hanno vinto premi prestigiosi nell'ambito di festival di alto profilo.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Bisogna implementare una dinamica comunitaria atta ad incentivare le industrie culturali e creative (ICC), motivo per cui tali industrie debbono dotarsi di modelli economici innovativi ed avere accesso a nuove offerte legali di servizi online. È quindi tassativo costituire un vero mercato unico di contenuti e servizi online, varare azioni specifiche volte a potenziare il ruolo delle industrie culturali e creative quali catalizzatori di innovazione e cambiamento strutturale, riunire gli attori su scala regionale, nazionale ed europea e creare nuovi prodotti e servizi che generino crescita ed occupazione. Sviluppando le ICC, contribuiamo ad alimentare lo sviluppo economico sostenibile e la creazione di occupazione.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Non è certo, vista la molteplicità delle strade sbagliate che l'UE ha imboccato, che le tecnologie di informazione e di comunicazione siano sufficienti per creare un'identità europea. Non favorisce questa identità europea neanche il deficit democratico ed il concetto unidirezionale di democrazia delle élite di Bruxelles, le quali continuano semplicemente a far votare la gente finché non esce il risultato giusto. Parlando di democrazia diretta, l'Unione europea dovrebbe imparare dalla Svizzera, che mantiene le proprie decisioni democratiche anche quando il resto del mondo politicamente corretto la critica ferocemente. Non è affatto certo che, contrariamente a quanto viene così eloquentemente affermato nella relazione, un "settore vigoroso e in crescita" rappresenti un "importante propulsore di innovazione economica e sociale". Invece si può rilevare una tendenza per cui l'immigrazione e gli immigrati vengono sempre più collocati al cuore del sostegno per la cultura, mentre le culture e le tradizioni autoctone sono messe a margine.
Il tanto discusso argomento dell'integrazione non deve cancellare Natale, Pasqua, il giorno di San Nicolò e tradizioni analoghe affinché gli immigrati possano ambientarsi all'asilo e a scuola – in tal modo infatti si perde la nostra identità culturale. Dobbiamo assegnare attenzione affinché le nostre tradizioni, abitudini e valori morali siano affermati e rispettati dagli altri. Visto che la relazione non contribuisce a sovvertire siffatta tendenza, ho deciso di astenermi.
Georgios Papanikolaou (PPE), per iscritto. – (EL) I settori della cultura e della creatività hanno un duplice ruolo: hanno un ruolo economico, in quanto sostengono l'occupazione, la crescita e la creazione di ricchezza e, soprattutto, hanno un ruolo culturale, in quanto contribuiscono allo sviluppo sociale e culturale dei cittadini. Tuttavia, devono essere soddisfatte due condizioni elementari, affinché essi possano realizzare appieno il proprio potenziale. In primo luogo, bisogna incoraggiare la mobilità e l'attrattiva dei fattori culturali, come la mobilità degli artisti, degli addetti culturali e delle opere d'arte e, in secondo luogo, bisogna garantire che siano messi in atto dei finanziamenti specifici ed un sostegno economico nel settore culturale, come l'accesso ai fondi mediante la Banca europea per gli investimenti.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) La relazione che verte sulle modalità atte a sbloccare il potenziale delle industrie culturali e creative (ICC) e prende le mosse dal libro verde della Commissione sullo stesso tema. Ho votato a favore del testo, in quanto riconosce ufficialmente l'importanza economica e sociale del comparto. A partire dagli anni '90 si è avuta nell'Unione europea una crescita esponenziale delle industrie culturali e creative, in termini di creazione d'occupazione e contributo al prodotto interno lordo (PIL). Il coordinamento e la creazione di sinergia in questo settore in espansione possono essere cruciali per lo sviluppo economico dell'Unione europea. Le industrie culturali e creative hanno infatti un grande potenziale in quanto propulsori della crescita in Europa.
Phil Prendergast (S&D), per iscritto. – (EN) Le industrie culturali e creative, oltre ad essere una fonte di ricchezza e di occupazione, contribuiscono altresì ad alimentare il tessuto sociale e culturale dell'Europa. I mestieri artistici sono parte del nostro patrimonio e questo sapere deve essere tramandato. Dobbiamo favorire l'istruzione multidisciplinare e consentire più scambi tra istituzioni di istruzione superiore in questo ambito. La commissione deve garantire sicurezza giuridica in relazione alle tecnologie d'informazione e di comunicazione a protezione dei consumatori e dei creatori innovativi. Le autorità locali e regionali devono, inoltre, essere aiutate a sviluppare reti di cooperazione nel campo del turismo culturale. L'Irlanda, specialmente l'Irlanda meridionale, ha una ricca storia culturale e creativa. Dobbiamo contribuire a garantire che i mestieri culturali e artistici siano incoraggiati e che siano fruibili da un pubblico più vasto.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Le industrie culturali e creative (ICC) rendono una serie di contributi. In primo luogo, hanno un valore intrinseco nella ricreazione di modelli culturali e contribuiscono alla costruzione di un'identità europea comune. In secondo luogo, però, esse danno vita ad un'attività economica che favorisce l'occupazione e la diffusione dei prodotti. Altrimenti detto, sono una fonte di ricchezza anche sul piano economico. Ad ogni modo, bisogna mettere in atto degli incentivi per questo tipo di attività, ad esempio riconoscendo i diritti di sfruttare i prodotti a livello economico e al contempo proteggendo pienamente la posizione degli autori. Inoltre, assumendoci questo impegno, affermeremo – e differenzieremo – il valore aggiunto che l'UE può offrire. Pertanto ho votato a favore della relazione.
Robert Rochefort (ALDE), per iscritto. – (FR) Le industrie culturali e creative rappresentano 5 milioni di posti di lavoro e il 2,6 per cento del PIL dell'UE. Sono inoltre tra i principali propulsori della crescita economica, poiché creano nuovi posti di lavoro e stimolano l'innovazione. Comportano inoltre un valore aggiunto come fattore di coesione sociale e svolgono un ruolo di primo piano nella promozione della diversità culturale e linguistica dell'UE. È pertanto cruciale, da un punto di vista tanto economico che sociale, sostenere queste industrie. Pertanto ho votato a favore della relazione. In questo modo, desidero incoraggiare gli Stati membri e la Commissione europea a promuovere sia l'istruzione artistica e culturale tra tutte le fasce d'età, dalla scuola elementare fino all'istruzione secondaria o nella formazione professionale, e le competenze imprenditoriali dei professionisti nel settore culturale, anche nel contesto dell'istruzione lungo tutto l'arco della vita. Per consentire lo sviluppo di queste industrie, è parimenti essenziale migliorare l'accesso ai finanziamenti per i professionisti del settore: introdurre il micro-finanziamento, sviluppare il mecenatismo ed i partenariati tra pubblico e privato, pensare all'introduzione di nuovi strumenti di finanziamento innovativo e formare i professionisti nel settore bancario in relazione alle caratteristiche specifiche di queste industrie.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Il libro verde della Commissione europea apre, in un momento favorevole, un dibattito per "sfruttare il potenziale delle industrie culturali e creative", riconoscendo ufficialmente l'importanza economica e sociale di tale comparto. A partire dagli anni '90 si è avuta nell'Unione europea una crescita esponenziale delle industrie culturali e creative, in termini di creazione d'occupazione e contributo al PIL.
Le sfide della globalizzazione e l'avvento dell'era digitale, aprendo a queste industrie nuove ed importanti occasioni di sviluppo, possono incrementarne il potenziale generatore di crescita ed occupazione, ancora in larga parte inutilizzato. Di fatto sono necessari investimenti strategici miranti a far sì che le industrie culturali e creative diano impulso alla diversità culturale, alla coesione sociale e territoriale nonché alla crescita e all'occupazione. Occorre, di conseguenza, mettere in atto strumenti idonei, sostenere lo sviluppo delle industrie culturali e creative nelle rispettive realtà locali e regionali e passare ad un'economia creativa, convogliandone le ricadute su un'ampia gamma di contesti economici e sociali.
Tanto più ricca sarà infatti l'offerta digitale di contenuti audiovisivi europei tanto più i contenuti caratteristici europei saranno in grado di influire sulla diversità culturale. Il settore creativo fornisce inoltre un notevole contributo allo sviluppo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, assolvendo ad un'importante funzione a livello locale, regionale e nazionale.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. − Ho votato a favore di questa relazione perché ritengo che le industrie culturali e creative costituiscano un valore aggiunto per il territorio dell'Unione. Uno "Statuto europeo dell'artista", basato su condizioni lavorative favorevoli e regimi fiscali agevolati, valorizza infatti l'Europa quale ambiente dinamico e stimolante per vivere e lavorare, attrattiva per persone qualificate e creative. Inoltre un'economia basata sulla conoscenza permette di salvaguardare le diversità culturali europee e di procedere al tempo stesso verso la coesione sociale e l'occupazione. In tale quadro, per sfruttare al meglio tale potenziale, diviene necessario favorire non solo la trasmissione del sapere creativo alle nuove generazioni, ma anche la mobilità degli artisti su tutto il territorio europeo.
Oreste Rossi (EFD), per iscritto. − Il settore delle industrie culturali e creative si compone di imprese con un grande potenziale economico, in quanto generano occupazione, crescita e ricchezza e implementano l'integrazione sociale e culturale del cittadino. Nel rispetto del motto dell'Europa, uniti nella diversità, la presenza di queste industrie che utilizzano la cultura come input é fondamentale, in quanto promuovono il dialogo interculturale salvaguardando le diversità europee. Promuovendo queste industrie si creano nuove e importanti occasioni di sviluppo territoriale, collaborazioni con gli attori locali e possibili partnership con il settore pubblico e privato.
Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. – (PT) Il libro verde della Commissione europea intitolato "sfruttare il potenziale delle industrie culturali e creative" mira a favorire la crescita economica dell'Unione europea e la creazione di occupazione negli Stati membri.
Nella relazione adottata oggi il Parlamento europeo invoca un'autentica strategia UE nel comparto mediante la creazione di nuove aree di sperimentazione, innovazione ed imprenditoria. L'Assemblea inoltre chiede sostegno per la mobilità e la promozione dell'accesso ai finanziamenti, a nuovi strumenti finanziari oltre ad un maggiore coinvolgimento a livello regionale e locale.
La relatrice propone l'istituzione di programmi pilota nell'ambito dei programmi Erasmus ed Erasmus per i giovani imprenditori e la creazione di una piattaforma a livello europeo per promuovere lo scambio di esperienze. Le iniziative, che sono di grande interesse per il settore artigianale locale e regionale, prevedono altresì lo sviluppo di una rete per le migliori prassi per gli organismi regionali e locali e l'attuazione di servizi di consultazione sul finanziamento in modo da offrire alle piccole e medie imprese (PMI) del settore una migliore informazione sulla produzione e la distribuzione di prodotti e di servizi culturali e creativi.
Rafał Trzaskowski (PPE), per iscritto. – (PL) Oggi in Aula abbiamo votato a favore della relazione sul potenziale dell'industria creativa. È una relazione che mostra chiaramente che l'industria creativa rappresenta 5 milioni di posti di lavoro nell'UE e genera quasi il 3 per cento del PIL dell'UE. L'industria creativa, in linea di principio, influenza ogni settore dell'economia dell'UE, instillando l'innovazione ovunque sia possibile – l'innovazione senza cui sarebbe difficile parlare di miglioramento della competitività dell'Unione sulla scena internazionale, che tutti auspichiamo vivamente.
Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Ho votato contro la relazione, nella quale i prodotti culturali vengono collocati nella logica del mercato e della concorrenza.
Le "industrie culturali" e quindi i prodotti culturali che ne discendono non possono essere equiparati ad imprese comuni, partendo dal presupposto che producono ricchezza e che hanno il potenziale di creare occupazione.
Esse devono prima di tutto continuare ad essere riconosciute come mezzi di liberazione per la maggioranza della gente e strumenti per condividere la conoscenza ed il sapere.
È pertanto urgente riaffermare il principio di unicità culturale in tutti i settori, se le belle parole sulle industrie creative definite come propulsori, il riconoscimento dello status di artista o il desidero di trovare un equilibrio tra la diffusione delle opere digitali e una giusta remunerazione agli autori non devono rimanere pii desideri dinanzi al deserto culturale che ne conseguirebbe.
Dominique Vlasto (PPE), per iscritto. – (FR) L'evoluzione del nostro modello di sviluppo, che d'ora in poi viene improntato all'economia della conoscenza, rende la cultura un settore strategicamente importante. Esprimo apprezzamento per l'adozione della relazione, che propone delle modalità per usare meglio le risorse culturali europee. A mio parere, sfruttare il potenziale delle industrie creative deve comportare, in particolare, una riforma del sistema europeo per la gestione dei diritti di proprietà intellettuale allo scopo di consentire alle industrie creative di trarre un maggiore beneficio dal mercato unico. Le procedure di licenza, come enfatizza la relazione, sono eccessivamente complesse e quindi si chiede l'introduzione di un punto unico per l'affermazione dei diritti. È altresì necessario stimolare la creazione, adottando un sistema fiscale specifico per i prodotti innovativi, come il contenuto culturale digitale. Non è giusto che questi prodotti siano soggetti ad IVA ad aliquota piena, mentre altri prodotti culturali beneficiano di sgravi fiscali. Con il mio voto, mi rivolgo alla Commissione e al Consiglio esortandoli a rispondere alla richiesta del Parlamento di varare misure specifiche atte a consentirci di godere appieno del potenziale di crescita del comparto. Sono un approccio ambizioso e congiunto può preservare l'unicità della cultura europea.
Iva Zanicchi (PPE), per iscritto. − Ho espresso un voto favorevole al testo della collega Sanchez-Schmid che riguarda il potenziale, non ancora pienamente sfruttato, delle industrie culturali e creative europee: queste rappresentano un patrimonio per l'UE anche perché la loro crescita esponenziale nel corso degli ultimi venticinque anni ha creato decine di migliaia di posti di lavoro. È dunque necessario costruire una strategia europea per queste industrie, all'interno della quale esse abbiano la possibilità di esprimere il loro potenziale e farsi riconoscere nella doppia veste di portatrici di cultura e divertimento, ma anche creatrici di business e posti di lavoro.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della risoluzione e ribadisco la stessa convinzione della relatrice. Infatti designare capitale europea della cultura una città che è stata teatro di eventi così drammatici nel corso del XX secolo segnerebbe un importante passo al fine di superare le divisioni storiche nel continente ed aprire la strada ad una nuova Europa.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della risoluzione. Il progetto sulle capitali europee della cultura contribuisce a sostenere la ricchezza e la diversità delle culture europee e le loro caratteristiche comuni oltre a promuovere una maggiore comprensione tra i cittadini europei. Benché la decisione sulla capitale della cultura per gli anni dal 2007 al 2019 si applichi solo agli Stati membri dell'UE, condivido la richiesta espressa nel testo di assegnare il titolo, in via eccezionale, a Sarajevo nel 2014. Questa iniziativa rappresenterebbe un importante passo per superare le divisioni europee del passato e promuovere la nuova Europa, nominando capitale europea della cultura una città che è stata teatro di eventi tanto tragici nel corso del XX secolo.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Tutti coloro che hanno seguito con orrore gli eventi in cui hanno perso la vita molti degli abitanti della città martire di Sarajevo nel corso della guerra in Bosnia e che hanno sfigurato la città possono solo accogliere con favore la sua designazione a capitale europea della cultura per il 2014.
Senza dimenticare quanto è accaduto, spero che questo evento consenta agli europei di avere altre memorie più positive di Sarajevo, contribuendo, soprattutto, a riunire i vari gruppi etnici del paese. Spero che il programma di Sarajevo capitale della cultura sia una celebrazione della vita e della capacità umana di sopravvivere e di ricostruirsi, dimostrando a tutti quanto lo spirito umano può coltivare e trasmettere il bene ed il bello, anche dopo aver vissuto una profondissima sofferenza.
José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) La risoluzione verte sulla domanda della Bosnia-Erzegovina di designare la propria capitale, Sarajevo, quale capitale europea della cultura nel 2014. L'iniziativa è stata creata per mettere in luce la ricchezza e la diversità culturale dell'Europa, condividendola e promuovendo una comprensione reciproca tra gli europei. Nel periodo dal 1992 al 1996 Sarajevo – la città martire in cui nel 1914 ebbe inizio la prima guerra mondiale – fu bersagliata e messa sotto assedio. Le immagini di quel periodo ora sono note in tutto il mondo, come il "violoncellista di Sarajevo" che, vestito in nero e nel mezzo delle macerie della guerra, si aggira per la città cercando di alleviare le sofferenze della gente martirizzata che non riesce a sfuggire. Nonostante la diversità, la città mantiene il proprio spirito culturale. Ritengo positivo e opportuno che Sarajevo sia designata capitale europea della cultura.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore del documento, poiché l'azione comunitaria denominata "capitale europea della cultura" è stata istituita per valorizzare la ricchezza, la diversità e le caratteristiche comuni delle culture europee e per contribuire a migliorare la comprensione reciproca tra i cittadini europei. Inoltre Sarajevo occupa un posto di rilievo nella storia e nella cultura europee. Nel 2014 la città commemorerà diversi anniversari importanti e il consiglio comunale di Sarajevo e gli operatori culturali locali hanno intrapreso preparativi di ampia portata per la candidatura a tale titolo. Pertanto il Consiglio deve designare, in via eccezionale, Sarajevo quale capitale europea della cultura nel 2014. Questa iniziativa rappresenterebbe un importante passo per superare le divisioni europee del passato e promuovere la nuova Europa, nominando capitale europea della cultura una città che è stata teatro di eventi tanto tragici nel corso del XX secolo.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della risoluzione in cui si chiede al Consiglio di designare, in via eccezionale, Sarajevo quale capitale della cultura nel 2014. Questa iniziativa rappresenterebbe un importante passo per superare le divisioni europee del passato e promuovere la nuova Europa, nominando capitale europea della cultura una città che è stata teatro di eventi tanto tragici nel corso del XX secolo.
Louis Michel (ALDE), per iscritto. – (FR) Sarajevo era una città meravigliosa in cui coesistevano tre popoli, tre culture e tre religioni. L'assedio e la guerra etnica e religiosa che sono durati quattro anni (1992-1996) hanno sconvolto profondamente questa capitale, che era "islamica" in termini religiosi e "bosniaca" in termini linguistici. Ora la nostra sfida punta a ricostruire i ponti tra le comunità e la cultura può contribuirvi. Infatti, la cultura ha aiutato questi popoli a sopportare quattro anni di guerra. La cultura è un vettore di apertura ed è il propulsore della democrazia, contrastando ogni reazione nazionalista, i tentativi razzisti e l'esclusione. Adesso la cultura può aiutare questi popoli a realizzare nuovamente un multiculturalismo europeo. Questa città mosaico era e può essere ancora la metafora vivente dell'Europea. Dobbiamo adoperarci per creare un mondo pluralista in grado di mantenere intatta la sua forza creativa e di creare il nuovo e la diversità.
Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) Votando a favore, ho espresso sostegno per la richiesta che il Parlamento europeo ha avanzato al Consiglio di designare Sarajevo capitale europea della cultura per il 2014. In realtà, la risoluzione giustamente chiede che il titolo sia assegnato ad una città che è stata teatro di tragici eventi nel XX secolo e quindi segna un importante passo in avanti per superare le divisioni del passato e promuovere una nuova Europa.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Benché la decisione di istituire un'azione UE sulla capitale europea della cultura nel periodo 2007-2019 attualmente riguardi solo gli Stati membri, in verità, diverse volte è già stata data la possibilità di divenire capitale europea della cultura ad altre città di paesi terzi. Pertanto, visto il posto speciale che Sarajevo occupa nella storia e nella cultura europee, assegnargli il titolo di capitale europea della cultura nel 2004 sarebbe giustificato, anche per il suo valore simbolico.
Robert Rochefort (ALDE), per iscritto. – (FR) Sarajevo, una città multiculturale che incarna un autentico modello di tolleranza, incontestabilmente occupa un posto particolare nella storia e nella cultura europee. A Sarajevo fu perpetrato l'omicidio che diede inizio alla prima guerra mondiale nel 1914. Sempre a Sarajevo, tra il 1992 ed il 1996, nel corso del conflitto in Bosnia-Erzegovina, si è consumato l'assedio più lungo della storia contemporanea della guerra. Visto che la città, che intende chiudere con il passato e guardare entusiasticamente al suo futuro in Europa, celebrerà diversi importanti anniversari nel 2014, vorrei che fosse designata quale capitale europea della cultura per quell'anno.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Con questa risoluzione il Parlamento: (1) chiede al Consiglio di attribuire, in via eccezionale, a Sarajevo il titolo di Capitale europea della cultura per il 2014, e (2) ritiene che questa iniziativa rappresenterebbe un importante passo per superare le divisioni europee del passato e promuovere la nuova Europa, nominando capitale europea della cultura una città che è stata teatro di eventi tanto tragici nel corso del XX secolo.
Joanna Senyszyn (S&D), per iscritto. – (PL) In qualità di membro della delegazione della commissione per la cultura e l'istruzione a Sarajevo, sostengo la candidatura della città a capitale europea della cultura per il 2014. Sarajevo merita di avere la possibilità di dimostrare il suo enorme potenziale. È una città eccezionalmente multiculturale. È circondata da un'atmosfera che è sia multiculturale che europea. È l'unica città al mondo in cui in un'area di un chilometro quadrato si possono vedere edifici appartenenti a cinque religioni: ci sono moschee, una cattedrale cattolica, una chiesa ortodossa, una sinagoga e una chiesa protestante.
Inoltre i bosniaci si caratterizzano per la grande socievolezza e ospitalità. Recentemente ho letto i ricordi di una studentessa polacca che ha preso parte ad uno scambio a Sarajevo: non ha conosciuto nessuno studente in scambio cui non piacesse la città. Dalla fine della guerra nel 1995 Sarajevo, inoltre, è stata ricostruita, sopratutto grazie all'assistenza finanziaria dell'Unione europea. Ora la città guarda al suo futuro europeo con grande entusiasmo. Vuole dimostrare il suo grandissimo potenziale e promuoversi agli europei. Senza dubbio la città merita questa occasione e noi dobbiamo sostenerla.
Artur Zasada (PPE), per iscritto. – (PL) Sarajevo occupa un posto molto importante nella coscienza storica degli europei. Sono a favore della designazione, in via eccezionale, a capitale della cultura di Sarajevo per il 2014. L'iniziativa che per oltre 25 anni consente la promozione della ricchezza e della diversità delle culture europee, contribuirà altresì a ricostruire l'industria turistica della città e la sua base economica. Sarajevo ha assistito ad eventi storici importanti ed ha subito gravi danni a seguito delle ostilità degli anni '90. è stata altresì teatro dell'attentato che ha dato avvio alla prima guerra mondiale. Il 100° anniversario di quell'evento cade nello stesso anno della designazione, ovverosia nel 2014. Attribuire alla città il titolo di capitale europea della cultura in questo frangente, oltre a favorire la rigenerazione culturale della città e a migliorarne l'immagine all'estero, contribuirà inoltre a commemorare importanti aspetti della storia e dell'identità europee.
Presidente. – Questo conclude le dichiarazioni di voto.