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It-Tnejn, 11 ta' Frar 2019 - Strasburgu

3. Dikjarazzjonijiet mill-Presidenza
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  Presidente. – Oggi pomeriggio abbiamo intitolato lo studio radiofonico del Parlamento europeo a Strasburgo ad Antonio Megalizzi e a Bartosz Piotr Orent-Niedzielski, i due giovani giornalisti...

(Applausi)

... che hanno perso la vita nell'attentato dell'11 dicembre scorso a Strasburgo. Saluto a nome di tutti quanti voi le loro famiglie che sono oggi con noi.

(Applausi)

Sono passati sessanta giorni da quel vile attacco ai nostri valori e al nostro modo di vivere. La cerimonia di oggi è un segnale forte del fatto che non vogliamo dimenticare le vittime del terrorismo e che difendiamo sempre il diritto dei giornalisti, in tutto il mondo, di poter raccontare ciò che accade e di scoprire la verità.

 
  
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   También el Parlamento Europeo sigue de muy cerca lo que pasa en Venezuela. Quisiera recordar la situación de los periodistas venezolanos y extranjeros encarcelados en ese país solo por ejercer su trabajo, y pedimos que sean liberados.

 
  
 

Sono stato altresì informato del fatto che la nostra ex collega Feleknas Uca si trova in gravi difficoltà in Turchia a causa della sua attività in favore della ricerca di una soluzione pacifica del problema curdo. Voglio assicurare a tutti voi che prenderò immediatamente contatto con le autorità turche al fine di comprendere la situazione e valutare il da farsi.

(Applausi)

Domenica, ieri, ho partecipato alla commemorazione della Giornata del ricordo delle vittime delle foibe, deponendo una corona sul ciglio della foiba di Basovizza a Trieste. Si tratta di una celebrazione solenne istituita da una legge dello Stato italiano del 2004. Mi riconosco nelle parole del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, che ricalcano quelle del Presidente emerito Giorgio Napolitano, pronunciate qualche anno fa: celebrare la Giornata del ricordo significa rivivere un capitolo buio della storia nazionale ed internazionale. Non si trattò – dice Mattarella – di una ritorsione contro i torti del fascismo, perché tra le vittime italiane di un odio, comunque intollerabile, che era insieme ideologico, etnico e sociale, vi furono molte persone che nulla avevano a che fare con i fascisti e le loro persecuzioni.

Con la mia presenza ho voluto ricordare le migliaia di vittime, principalmente italiane, ma anche croate e slovene, di quella che va considerata una tra le tragedie più efferate del nostro secolo. L'orrore di migliaia di persone gettate, spesso ancora vive, nelle profondità delle cavità carsiche è un fatto storico acclarato. La Giornata del ricordo mira a ristabilire questa verità. Nel corso del mio intervento ho voluto sottolineare il percorso di pace e di riconciliazione tra i popoli italiano, croato e sloveno, e il loro contributo al progetto europeo.

Il mio riferimento all'Istria e alla Dalmazia italiana non era in alcun modo una rivendicazione territoriale. Mi riferivo agli esuli istriani e dalmati di lingua italiana, ai loro figli e nipoti, molti dei quali presenti alla cerimonia. Proprio ristabilendo la verità storica è stato possibile dare un punto di svolta alle relazioni tra Italia, Croazia e Slovenia, oggi paesi legati da una salda amicizia. La pace duratura tra i nemici di un tempo è il migliore esempio di come l'Unione europea sia una storia di successo.

Mi spiace se il senso delle mie parole è stato male interpretato. Non era mia intenzione offendere nessuno, volevo solo inviare un messaggio di pace fra i popoli, affinché ciò che è accaduto allora non si ripeta mai più.

 
  
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  Ivan Jakovčić (ALDE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, io vorrei porre la seguente domanda in italiano per evitare ogni equivoco. Quello che ha detto adesso mi sta bene: l'odio che c'era non c'è più. Per questo è importante dire le parole giuste. Dire l'Istria italiana, la Dalmazia italiana, può avere anche altri significati. Io Le chiedo di chiarire questo, perché non è stata presa bene questa Sua dichiarazione. Potrebbe essere pericoloso. Io Le do la possibilità, signor Presidente, e La invito a chiarire queste dichiarazioni, perché è molto importante per la gente che oggi vive in Istria, per gli esuli. Io ho fatto la scuola bilingue in Istria assieme ai miei amici e voglio vivere in pace. Aiutateci, grazie.

 
  
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  Franc Bogovič (PPE). – Spoštovani predsednik, zahvaljujem se vam za pojasnitev včerajšnje izjave, kajti to, kar je bilo včeraj razumljeno tako v Sloveniji kot na Hrvaškem, kot je dejal kolega Jakovčič, je bilo povsem drugače.

In izraz italijanska Istra, italijanska Dalmacija nas je nehote vrnil ne samo v čase po drugi svetovni vojne in za dogodke, ki jih Slovenci, Hrvati, Italijani, vsi obžalujemo, ampak tudi v čase po prvi svetovni vojni, ko je italijanski fašizem zadal veliko gorja temu delu Slovenije, Hrvaške, Evrope.

Zahvaljujem se še enkrat za to pojasnilo in želim, da v tem duhu tudi zaključimo to temo, kajti sicer gre stvar v zelo napačne vode in ni v duhu 21. stoletja in vem, da si vi ne prizadevate za sovraštvo, ampak za prijateljstvo. Zato se vam še enkrat zahvaljujem za opravičilo in vas prosim za jasno pojasnilo ljudem ob meji, ki to pričakujejo.

 
  
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  Presidente. – Credo di averlo sempre dimostrato recandomi, anche durante il mio mandato, al confine tra Italia e Slovenia, quindi andando da una parte all'altra, e c'erano anche parlamentari europei con me. Io volevo soltanto ricordare le vittime di una violenza che era frutto dell'odio di quel tempo, che non esiste più.

Ho ricordato, anche in un articolo che ho scritto su un importante quotidiano italiano, che i popoli oggi vivono in pace fra di loro. Sono stato più volte in Croazia, sono stato più volte in Slovenia, come sono stato in Montenegro e in Serbia. Da parte mia non c'è assolutamente alcuna intenzione revanscista, c'era soltanto il sentimento di ricordare qualcuno che aveva perso la vita in quegli anni orribili.

 
  
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  Ruža Tomašić (ECR). – Poštovani predsjedavajući, mislim da se ipak trebate više ograditi jer cijela Hrvatska, cijela Slovenija bruje o tome. Vi jako dobro znate da su Dalmacija i Istra hrvatske regije i to one koje su teško patile pod talijanskom okupacijom i osjetile sve strahote fašističkog osvajačkog režima. Bez ikakve namjere da umanjim važnost sjećanja na žrtve komunističkih zločina jer je i moja obitelj patila pod komunističkom čizmom, smatram sramotnim da predsjednik Parlamenta zastupa imperijalističke težnje i otvoreno svojata tuđi teritorij. Vaš govor u Trstu, bar onako kako je protumačen kroz medije, gospodine predsjedniče, među Hrvatima Istre i Dalmacije probudio je mučne uspomene na fašizam, okupaciju, progon, ubojstva, zlostavljanje i sustavno nametanje talijanskog jezika i kulture hrvatskom narodu. Molim Vas da doista pojasnite jer, kao što sam rekla, cijela Hrvatska o tome bruji.

 
  
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  Presidente. – Non ho mai voluto imporre l'uso della lingua italiana a chicchessia. Ho detto soltanto che c'erano degli italiani che sono morti, e ci sono ancora tanti italiani che sono esuli di quelle terre. Però, appunto, non c'era nessuna rivendicazione territoriale, e mi riferivo a un vicenda specifica, che era quella delle foibe, non a quello che era successo in passato. Mi pare che sia molto chiara la mia posizione, tant'è che io nel mio intervento ho denunciato gli orrori di entrambi i materialismi, di entrambe le dittature del secolo passato.

 
  
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  Ramón Jáuregui Atondo (S&D). – Señor presidente, hace quince días, una delegación de este Parlamento visitó Nicaragua. Visitamos las cárceles donde prisioneros políticos están sufriendo un maltrato horrible. Hay una quiebra horrible de las libertades democráticas en ese país. Y aunque el presidente Ortega prometió a la delegación del Parlamento Europeo que haría algo para suavizar la situación de la quiebra de la democracia y de los derechos humanos en ese país, nada está ocurriendo. Al contrario, todo va a peor.

Señor presidente, voy a dirigirle, en nombre de la delegación del Parlamento Europeo que visitó Nicaragua, una carta para que usted se dirija al presidente de ese país para exigirle respeto a las libertades y respeto a la dignidad humana en las cárceles.

 
  
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  El presidente. – Así lo haré.

 
  
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  Steven Woolfe (NI). – Mr President, I didn’t want to get involved in the previous debate. You have always been a strong defender of the right of journalists to be protected, as you’ve shown in debates on the attacks on journalists in Turkey and also in Venezuela. You’ve also defended the human rights of those demonstrating for freedom in their countries.

Can we therefore have your assurance that this House will seek to have a debate and a motion about the 12 weeks of attacks by Mr Macron on people, including journalists, in France, and in particular Paris, who are seeking to exercise their demonstrating rights, and about the numbers of journalists who have suffered personal injury and damage as a result of attacks by the stormtroopers set on them by Mr Macron’s police?

 
  
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  Gabriel Mato (PPE). – Señor presidente, había pedido la palabra, aunque mi colega Jáuregui ya lo ha dicho.

Hace quince días estuvimos en Nicaragua y en aquel momento visitamos una prisión. Visitamos «La Esperanza», una prisión de presas políticas que hablaron con nosotros y nos manifestaron la injusticia de su causa y el maltrato físico y moral que estaban recibiendo.

Exigimos que no hubiera ningún tipo de represalias contra estas presas que se habían atrevido a denunciar lo que estaba sucediendo. Se lo pedimos a las autoridades penitenciarias, al viceministro y al propio presidente Ortega. Nos garantizó que no habría ningún tipo de represalia. El viernes pasado, nos confirman que diez presas de una de las celdas en la que nosotros estuvimos habían sido maltratadas, golpeadas terriblemente y que, además, les impiden ser visitadas por sus familiares.

Yo creo que la Unión Europea no puede mirar hacia otro lado, ni el Parlamento —que no lo hace— ni la propia vicepresidenta. Y hay que actuar inmediatamente. En Nicaragua, estoy convencido de que reina el terror, no hay libertad para los periodistas, se apalea a las presas, se mata a estudiantes. Yo creo que no podemos mirar hacia otro lado.

 
  
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  El presidente. – Me complace que usted comparta la posición del señor Jáuregui, que creo que es la posición de todo el Parlamento. Por eso voy a enviar la carta al presidente de Nicaragua.

 
  
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  Jean-Marie Cavada (ALDE). – Monsieur le Président, juste un point de précision. Puisqu’il s’agit de journalisme, autant être précis, exact et conforme à la réalité: ce ne sont pas les policiers qui ont attaqué les journalistes, chers collègues, ce sont des manifestants, dont on ne sait pas trop de quel bord ils venaient d’ailleurs, ou des éléments périphériques violents, avec les manifestants, qui ont attaqué des journalistes. Et je vous remercie, quand vous prendrez la parole sur ces sujets, de bien lire la presse, qui, elle, est assez précise.

 
  
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  Peter van Dalen (ECR). – Voorzitter, het is nu veertien dagen geleden dat mevrouw Asia Bibi in Pakistan definitief is vrijgesproken van een beschuldiging die tegen haar was ingebracht vanwege godslastering. Het Pakistaanse hooggerechtshof heeft haar nu eindelijk, nadat de doodstraf negen jaren boven haar hoofd hing, vrijgesproken.

Het probleem nu is dat totaal onbekend is waar zij is. Mevrouw Bibi en haar familie zouden graag Pakistan verlaten, maar ook haar advocaat heeft nu geen contact meer met haar. En ik weet dat u af en toe goede contacten hebt met de Pakistaanse regering.

Dus mijn verzoek aan u is, meneer de voorzitter – u heeft ook de advocaat gesproken en dat heeft ook collega Weber gedaan net vóór de jaarwisseling – wilt u er bij de Pakistaanse regering op aandringen dat mevrouw Asia Bibi nu echt vrijgelaten wordt en kan gaan naar het land waar ze heen wil. Bedankt.

 
  
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  Presidente. – Onorevole van Dalen, ho parlato con il Primo ministro pakistano della questione, e ho avuto delle garanzie il giorno dopo la decisione della Corte. Se voi ritenete opportuno, potrò richiamarlo e chiedere notizie di Asia Bibi e della sua famiglia. Mi sembra però che l'intento sia quello di proteggerla e di farla uscire dal paese con ogni garanzia di sicurezza per la sua incolumità, che è l'interesse di questo Parlamento.

 
  
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  Salvatore Cicu (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, porto in quest'Aula la rabbia, la disperazione, il dramma di un intero popolo, quello dei pastori della Sardegna, che in queste ore stanno riversando tutto il loro prodotto, tutto il latte, per le strade. Lo buttano per strada, un fiume bianco che viene riversato per strada. Piuttosto che essere affamati preferiscono fare la scelta di buttare il loro prodotto. È un concetto di dignità, di forza, di orgoglio di un intero popolo, quello sardo, serio, dritto, che non può essere trattato in questi termini.

Presidente, io credo che gli industriali e le multinazionali della grande distribuzione non possano, né in Sardegna né in tutte le regioni d'Europa, realizzare la condizione di imporre i loro diktat per affamare un intero popolo che produce. Allora ci vuole un intervento immediato, e soprattutto questo intervento deve guardare anche ad una certificazione dei prodotti, abbinata sicuramente ad un altro grande aspetto, quello della concorrenza leale. Noi non possiamo trasferire prodotti che vengono da fuori per dargli un marchio e un'origine diversa.

Quindi io sto con i pastori sardi. Naturalmente so che ci deve essere una mediazione, una mediazione che significa contrattazione tra domanda e offerta, e quindi chiedo a Lei, Presidente, di poter incontrare in questi giorni una delegazione degli stessi pastori.

 
Aġġornata l-aħħar: 8 ta' Lulju 2019Avviż legali - Politika tal-privatezza