President. – We have the Prime Minister of Italy, Mario Draghi, with us today.
Prime Minister, let me start by thanking you for accepting our invitation to address the European Parliament as part of our ‘This is Europe’ debates where, together with European leaders, we discuss our common agenda for Europe’s future.
We know, dear colleagues, that Prime Minister Draghi is a committed European who, as President of the European Central Bank, has already steered the eurozone out of a crisis that could have seriously undermined our monetary union. Prime Minister, it is largely thanks to your vision, your commitment and your steady hand that we got through. You gave confidence to our people and to our banks, and I have no doubt that we can rely on your expertise as Europe again faces challenges of a different kind, but that are just as existential in nature.
After the Russian army’s illegal and unjustifiable invasion of Ukraine, Europe faces another ‘whatever it takes’ moment. We have seen unprecedented European coordination, solidarity and unity against this war, and this must remain the blueprint for us going forward, be it on further sanctions, on sending aid to Ukraine, on disentangling ourselves from energy dependence on the Kremlin, helping the millions forced to flee, or building a new Security and Defence Union.
Prime Minister, you guided your country through the worst of times, coming out from the pandemic stronger. We know that we must take stock of the lessons learned and ensure that we have the flexibility that we need to care for our populations. We must build our future in a sustainable manner that protects the next generation. We can do this, and I know that we will look to you for a way forward.
Prime Minister, let me also thank Italy and the Italian people for your leadership on migration in the Mediterranean. You have borne the responsibility thrust upon you in a humane and value—based approach, and it is now on us to ensure a way forward where Italy and other states do not feel alone.
Next week, on Europe Day, we will receive the conclusions from the Conference on the Future of Europe. The onus will be on us to listen and to act. In terms of responding to people’s demands on policy changes in health, climate, security and more, no suggestion for change should be off—limits because, if not now, then when?
Mario Draghi,Presidente del Consiglio dei Ministri italiano. – Presidente Metsola, deputate e deputati, care cittadine e cari cittadini, sono davvero felice di essere qui, nel cuore della culla della democrazia europea.
Voglio prima di tutto rendere omaggio alla memoria di David Sassoli, che ha presieduto il Parlamento europeo in anni difficilissimi. Durante la pandemia, il Parlamento ha continuato a riunirsi, discutere, decidere, a testimonianza della sua vitalità istituzionale e della guida di Sassoli. Sassoli non ha mai smesso di lavorare a quello che definì nel suo ultimo discorso al Consiglio europeo, un "nuovo progetto di speranza" per "un'Europa che innova, che protegge, che illumina". Questa visione di Europa è oggi più necessaria che mai. Ringrazio la Presidente Metsola e voi tutti per il vostro contributo a portare avanti questa idea ogni giorno.
La guerra in Ucraina pone l'Unione europea davanti a una delle più gravi crisi della sua storia. Una crisi che è insieme umanitaria, securitaria, energetica, economica e che avviene mentre i nostri paesi sono ancora alle prese con le conseguenze della maggiore emergenza sanitaria degli ultimi cento anni.
La risposta europea alla pandemia è stata unitaria, coraggiosa, efficace. La ricerca scientifica ci ha consegnato, con una rapidità senza precedenti, vaccini capaci di frenare il contagio, di abbattere in modo drastico la severità della malattia. Abbiamo organizzato la più imponente campagna di vaccinazione della storia recente, che ci ha permesso di salvare vite, riportare i ragazzi e le ragazze a scuola, far ripartire l'economia.
Abbiamo approvato Next Generation EU, il primo grande progetto di ricostruzione europea, finanziato con il contributo di tutti, per venire incontro alle esigenze di ciascuno. La stessa prontezza e determinazione, lo stesso spirito di solidarietà ci devono ora guidare nelle sfide che abbiamo davanti.
Le istituzioni che i nostri predecessori hanno costruito negli scorsi decenni hanno servito bene i cittadini europei, ma sono inadeguate per la realtà che ci si manifesta oggi. La pandemia e la guerra hanno chiamato le istituzioni europee a responsabilità mai assunte fino ad ora. Il quadro geopolitico è in rapida e profonda trasformazione. Dobbiamo muoverci con la massima celerità. E dobbiamo assicurarci che la gestione delle crisi che viviamo non ci porti al punto di partenza, ma permetta una transizione verso un modello economico e sociale più giusto e più sostenibile.
Abbiamo bisogno di un federalismo pragmatico, che abbracci tutti gli ambiti colpiti dalle trasformazioni in corso – dall'economia, all'energia, alla sicurezza.
Ho parlato di un federalismo pragmatico, ma devo aggiungere che mai come ora, i nostri valori europei di pace, di solidarietà, di umanità hanno bisogno di essere difesi. E mai come ora questa difesa è per i singoli Stati difficile e diventerà sempre più difficile. Abbiamo bisogno non solo di un federalismo pragmatico, ma di un federalismo ideale.
Se ciò richiede l'inizio di un percorso che porterà alla revisione dei trattati, lo si abbracci con coraggio e con fiducia. Se dagli eventi tragici di questi anni sapremo trarre la forza di fare un passo avanti, se sapremo immaginare un funzionamento più efficiente delle istituzioni europee che permetta di trovare soluzioni tempestive ai problemi dei cittadini, allora potremo consegnare loro un'Europa in cui potranno riconoscersi con orgoglio.
L'aggressione dell'Ucraina da parte della Russia ha rimesso in discussione la più grande conquista dell'Unione europea: la pace nel nostro continente. Una pace basata sul rispetto dei confini territoriali, dello stato di diritto, della sovranità democratica; una pace basata sull'utilizzo della diplomazia come mezzo di risoluzione delle crisi tra Stati; una pace basata sul rispetto dei diritti umani, oltraggiati a Mariupol, a Bucha, e in tutti i luoghi in cui si è scatenata la violenza dell'esercito russo nei confronti di civili inermi.
Dobbiamo sostenere l'Ucraina, il suo governo e il suo popolo, come il Presidente Zelensky ha chiesto e continua a chiedere di fare. In una guerra di aggressione non può esistere alcuna equivalenza tra chi invade e chi resiste. Vogliamo che l'Ucraina resti un paese libero, democratico, sovrano. Proteggere l'Ucraina vuol dire proteggere noi stessi, vuol dire proteggere il progetto di sicurezza e democrazia che abbiamo costruito insieme negli ultimi settant'anni. Aiutare l'Ucraina vuol dire soprattutto lavorare per la pace.
La nostra priorità è raggiungere quanto prima un cessate il fuoco, per salvare vite e consentire quegli interventi umanitari a favore dei civili che oggi restano molto difficili. Una tregua darebbe anche nuovo slancio ai negoziati, che finora non hanno raggiunto i risultati sperati.
L'Europa può e deve avere un ruolo centrale nel favorire il dialogo. Dobbiamo farlo per via della nostra geografia, che ci colloca accanto a questa guerra, e dunque in prima linea nell'affrontare tutte le sue possibili conseguenze. Dobbiamo farlo per via della nostra storia, che ci ha mostrato capaci di costruire una pace stabile e duratura, anche dopo conflitti sanguinosi.
L'Italia, come paese fondante dell'Unione europea, come paese che crede profondamente nella pace, è pronta a impegnarsi in prima linea per raggiungere una soluzione diplomatica.
Già oggi la guerra sta avendo un impatto profondo sui nostri paesi. Dall'inizio del conflitto, circa 5,3 milioni di persone hanno lasciato l'Ucraina verso l'Unione europea – soprattutto donne e bambini. È più del doppio del numero di rifugiati presenti nell'Unione alla fine del 2020 – circa 2,5 milioni. L'Italia crede nei valori europei dell'accoglienza e della solidarietà.
Abbiamo accolto oltre 105 000 rifugiati ucraini, grazie alla generosità delle famiglie, dei volontari, delle organizzazioni non governative – a cui va il mio più profondo ringraziamento. Altri paesi – tra cui la Polonia, la Romania, la Germania e la Slovacchia – hanno fatto sforzi ancora maggiori. Molti rifugiati vogliono ritornare presto a casa e alcuni hanno già iniziato a farlo. Tuttavia, non sappiamo in che modo evolverà il conflitto, né quanto durerà. Dobbiamo essere pronti a dare continuità al nostro slancio iniziale perché i rifugiati ucraini si integrino al meglio nelle nostre società.
Dal punto di vista economico, il conflitto ha causato instabilità nel funzionamento delle catene di approvvigionamento globali e volatilità nel prezzo delle materie prime e dell'energia. Le forniture alimentari ucraine sono crollate a causa delle devastazioni della guerra e dei blocchi alle esportazioni imposti dalla Russia nei porti del Mar Nero e del Mar d'Azov.
L'Ucraina è il quarto maggiore fornitore estero di cibo nell'Unione europea – ci invia circa metà delle nostre importazioni di granoturco, e un quarto dei nostri oli vegetali. Russia e Ucraina contano per oltre un quarto delle esportazioni globali di grano. Quasi 50 paesi del mondo dipendono da loro per più del 30 per cento delle loro importazioni. A marzo, i prezzi dei cereali e delle principali derrate alimentari hanno toccato i massimi storici.
C'è un forte rischio che l'aumento dei prezzi, insieme alla minore disponibilità di fertilizzanti, produca crisi alimentari. Secondo la FAO, 13 milioni di persone in più potrebbero soffrire la fame tra il 2022 e il 2026 a causa della guerra in Ucraina.
Molti paesi, soprattutto dell'Africa e del Medio Oriente, sono più vulnerabili a questi rischi e potrebbero vivere periodi di instabilità politica e sociale. Non possiamo permettere che questo accada. Il nostro impegno, attraverso le banche di sviluppo e le istituzioni finanziare multilaterali e il nostro impegno su base bilaterale deve essere massimo.
Per quanto riguarda l'energia, il prezzo del greggio, che tra dicembre e gennaio oscillava tra i 70 e i 90 dollari al barile, si aggira oggi intorno ai 105 dollari, dopo un picco di 130 dollari a marzo. Il prezzo del gas sul mercato europeo è intorno ai 100 euro per megawatt/ora – circa cinque volte quello di un anno fa.
Questi aumenti – che seguono i rincari che si osservavano già prima dell'inizio del conflitto – hanno spinto il tasso d'inflazione su livelli che non si vedevano da decenni. Nell'eurozona, l'indice dei prezzi è cresciuto del 7,5 per cento ad aprile rispetto a un anno fa, e sta avendo un impatto significativo sul potere d'acquisto delle famiglie e sui livelli di produzione delle imprese. L'economia europea è in una fase di rallentamento: nei primi tre mesi del 2022, il prodotto interno lordo nella zona euro è cresciuto dello 0,2 per cento rispetto all'ultimo quadrimestre del 2021. Il Fondo monetario internazionale prevede che l'Unione europea crescerà quest'anno del 2,9 per cento, rispetto al 4 per cento stimato fino a poco tempo fa.
Ciascuna di queste crisi richiederebbe una reazione forte da parte dell'Unione europea. La loro somma ci impone un'accelerazione decisa nel processo di integrazione. Nei prossimi mesi dobbiamo mostrare ai cittadini europei che siamo in grado di guidare un'Europa all'altezza dei suoi valori, della sua storia, del suo ruolo nel mondo. Un'Europa più forte, coesa, sovrana, capace di prendere il futuro nelle proprie mani, come disse qualche tempo fa, la Cancelliera Merkel.
Negli ultimi 75 anni, l'integrazione europea è stata spesso la migliore risposta – pratica e ideale – alle sfide comuni. I padri fondatori dell'Unione europea intuirono che lo sviluppo economico e il progresso sociale erano difficili da realizzare soltanto tramite le risorse dei singoli Stati nazionali.
Individuarono nel modello sovranazionale l'unico capace di unire gli interessi dei popoli europei e di esercitare influenza su eventi che altrimenti sarebbero stati fuori dalla loro portata. L'integrazione ha seguito un processo graduale, fatto di crisi e rilanci, di successi ottenuti malgrado divisioni interne e, talvolta, di fronte a resistenze estreme. Un risultato costruito "pezzo per pezzo, settore per settore", per citare Robert Schuman, poiché l'Unione europea non poteva nascere "di getto, come una città ideale".
Ai traumi della Seconda guerra mondiale, l'Europa ha risposto con la creazione delle prime istituzioni per la cooperazione economica. Penso all'Unione europea dei pagamenti, che favorì il ritorno alla stabilità delle monete e la ripresa degli scambi commerciali, o alla Comunità economica del carbone e dell'acciaio, che abolì le barriere doganali e altri impedimenti alla libera circolazione delle merci in settori cruciali dell'economia.
Le tensioni geopolitiche nate con la crisi di Suez nel '56 contribuirono ad accelerare il percorso verso i trattati di Roma. Di fronte al crollo del sistema di Bretton Woods nel '71, i paesi europei reagirono con l'istituzione del serpente monetario e poi del Sistema monetario europeo.
Al crescente euroscetticismo degli anni '80, risposero con i programmi di interventi mirati proposti dalla Commissione Delors e con l'Atto unico del 1986.
Alla fine dell'Unione Sovietica e alla riunificazione della Germania, l'Europa fece seguire la firma del trattato di Maastricht, la creazione dell'Unione monetaria e, infine, l'allargamento a Est dell'Unione europea. La crisi dell'eurozona nei primi anni dello scorso decennio ha portato a un rafforzamento e a una modernizzazione delle istituzioni economiche, a partire dalla Banca centrale europea.
La pandemia, come ho ricordato in precedenza, ci ha uniti e ha portato alla creazione del Next Generation EU. Vedete, questo lungo cammino di integrazione ha cambiato le nostre vite per il meglio, perché ci ha dato pace, prosperità e un modello sociale di cui essere fieri.
Il mercato unico non ha soltanto rilanciato l'economia europea in un momento di difficoltà, ma ha assicurato tutele per consumatori, per lavoratori, e forme di previdenza sociale uniche al mondo. Abbiamo costruito istituzioni democratiche comuni, come questo Parlamento, in cui raggiungere decisioni condivise e con cui far valere il rispetto dei diritti fondamentali. Abbiamo reso l'Unione europea uno spazio non solo economico, ma di difesa dei diritti e della dignità dell'uomo. È un'eredità che non dobbiamo dissipare, di fronte alla quale non possiamo arretrare. Ora è il momento di portare avanti questo percorso.
Il 9 maggio si conclude la Conferenza sul futuro dell'Europa e la dichiarazione finale ci chiede di essere molto ambiziosi. Vogliamo essere in prima linea per disegnare questa nuova Europa.
In un quadro geopolitico divenuto improvvisamente molto più pericoloso e incerto, dobbiamo affrontare l'emergenza economica e sociale e garantire la sicurezza dei nostri cittadini. Gli investimenti nella difesa devono essere fatti nell'ottica di un miglioramento delle nostre capacità collettive – come Unione europea e come NATO.
L'ultimo Consiglio europeo ha preso una decisione importante con l'approvazione della "Bussola strategica", che dobbiamo attuare con rapidità. Occorre però andare velocemente oltre questi primi passi e costruire un coordinamento efficace fra i sistemi della difesa. La nostra spesa in sicurezza è circa tre volte quella della Russia, ma si divide in 146 sistemi di difesa. Gli Stati Uniti ne hanno solo 34.
È una distribuzione di risorse profondamente inefficiente, che ostacola la costruzione di una vera difesa europea. L'autonomia strategica nella difesa passa prima di tutto attraverso una maggiore efficienza della spesa militare in Europa. È opportuno convocare una conferenza per razionalizzare e ottimizzare i nostri investimenti in spesa militare.
Inoltre, la costruzione di una difesa comune deve accompagnarsi a una politica estera unitaria e a meccanismi decisionali efficaci. Dobbiamo superare il principio dell'unanimità, da cui origina una logica intergovernativa fatta di veti incrociati, e muoverci verso decisioni prese a maggioranza qualificata.
Un'Europa capace di decidere in modo tempestivo è un'Europa più credibile di fronte ai suoi cittadini e di fronte al mondo. Una prima accelerazione deve riguardare il processo di allargamento. La piena integrazione dei paesi che manifestano aspirazioni europee non rappresenta una minaccia per la tenuta del progetto europeo. È parte della sua realizzazione.
L'Italia sostiene l'apertura immediata dei negoziati di adesione con l'Albania e con la Macedonia del Nord, in linea con la decisione assunta dal Consiglio europeo nel marzo 2020. Vogliamo dare nuovo slancio ai negoziati con Serbia e Montenegro, e assicurare la massima attenzione alle legittime aspettative di Bosnia Erzegovina e Kosovo. Siamo favorevoli all'ingresso di tutti questi paesi e vogliamo l'Ucraina nell'Unione europea. Dobbiamo seguire il percorso d'ingresso che abbiamo disegnato, ma dobbiamo anche procedere il più speditamente possibile.
La solidarietà mostrata verso i rifugiati ucraini deve poi spingerci verso una gestione davvero europea anche dei migranti che arrivano da altri contesti di guerra e sfruttamento. Più in generale, è necessario definire un meccanismo europeo efficace di gestione dei flussi migratori, che superi la logica del trattato di Dublino.
Dobbiamo rafforzare e rendere davvero efficaci gli accordi di rimpatrio, ma dobbiamo anche rafforzare i canali legali di ingresso nell'Unione europea. In particolare, dobbiamo prestare maggiore attenzione al Mediterraneo, vista la sua collocazione strategica come ponte verso l'Africa e il Medio Oriente. Non possiamo guardare al Mediterraneo soltanto come un'area di confine, su cui ergere barriere. Sul Mediterraneo si affacciano molti paesi giovani, pronti a infondere il proprio entusiasmo nel rapporto con l'Europa. Con essi, l'Unione europea deve costruire un reale partenariato non solo economico, ma anche politico e sociale. Il Mediterraneo deve essere un polo di pace, di prosperità e di progresso.
La politica energetica è un'area in cui i paesi del Mediterraneo devono e possono giocare un ruolo fondamentale per il futuro dell'Europa. L'Europa ha davanti un profondo riorientamento geopolitico destinato a spostare sempre di più il suo asse strategico verso il Sud.
La guerra in Ucraina ha mostrato la profonda vulnerabilità di molti dei nostri paesi nei confronti di Mosca. L'Italia è uno degli Stati membri più esposti: circa il 40 per cento del gas naturale che importiamo proviene infatti dalla Russia. Non abbiamo carbone, non abbiamo energia nucleare e quasi non abbiamo petrolio. Una simile dipendenza energetica è imprudente dal punto di vista economico e pericolosa dal punto di vista geopolitico. L'Italia intende prendere tutte le decisioni necessarie a difendere la propria sicurezza e quella dell'Europa. Abbiamo appoggiato le sanzioni che l'Unione europea ha deciso di imporre nei confronti della Russia, anche quelle nel settore energetico. Continueremo a farlo con la stessa convinzione in futuro.
Nelle scorse settimane ci siamo mossi con la massima celerità e determinazione per diversificare le nostre forniture di gas. E abbiamo preso importanti provvedimenti di semplificazione per accelerare la produzione di energia rinnovabile, essenziale per rendere la nostra crescita più sostenibile. La riduzione delle importazioni di combustibili fossili dalla Russia rende inevitabile che l'Europa guardi verso il Mediterraneo per soddisfare le sue esigenze.
Mi riferisco ai giacimenti di gas, come combustibile di transizione, ma soprattutto alle enormi opportunità offerte dalle rinnovabili in Africa e in Medio Oriente. I paesi del Sud Europa, e l'Italia in particolare, sono collocati in modo strategico per raccogliere questa produzione energetica e fare da ponte verso i paesi del nord.
La nostra centralità di domani passa dagli investimenti che sapremo fare oggi. Allo stesso tempo, dobbiamo trovare subito soluzioni per proteggere le famiglie e le imprese dai rincari del costo dell'energia. Moderare le bollette e il prezzo dei carburanti è anche un modo per rendere eventuali sanzioni più sostenibili nel tempo.
Sin dall'inizio della crisi, l'Italia ha chiesto di mettere un tetto europeo ai prezzi del gas importato dalla Russia. La Russia vende all'Unione europea quasi due terzi delle sue esportazioni di gas naturale – in larga parte tramite gasdotti che non possono essere riorientati verso altri acquirenti.
La nostra proposta consentirebbe di utilizzare il nostro potere negoziale per ridurre i costi esorbitanti che oggi gravano sulle nostre economie. Allo stesso tempo, questa misura consentirebbe di diminuire le somme che ogni giorno inviamo al Presidente Putin, e che inevitabilmente finanziano la sua campagna militare.
Vogliamo poi rivedere in modo strutturale il meccanismo di formazione del prezzo dell'elettricità, che dipende dal costo di produzione della fonte di energia più costosa, che di solito è il gas.
Anche in tempi normali, la generazione di energia da fonti fossili ha infatti costi di produzione maggiori di quella da fonti rinnovabili. Si tratta di un problema destinato a peggiorare nel tempo. Con l'aumento progressivo della quota di energia rinnovabile nel nostro mix energetico, avremo prezzi sempre meno rappresentativi del costo di generazione dell'intero mercato se continuiamo ad avere questo sistema.
In questo periodo di fortissima volatilità sul mercato del gas, la differenza di prezzo è spropositata. I rincari sul mercato del gas si sono riversati su quello dell'energia elettrica, sebbene il costo di produzione delle rinnovabili, da cui ormai otteniamo una parte consistente di energia, sia rimasto molto basso.
In Italia, nei primi quattro mesi di quest'anno, il prezzo dell'elettricità è quadruplicato rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, con un impatto durissimo sull'economia. E il governo italiano, ma anche gli altri governi hanno reagito con forza per tutelare imprese e famiglie, soprattutto quelle più deboli. L'Italia, da sola, ha speso circa 30 miliardi di euro solo quest'anno.
La gestione emergenziale di questi rincari ha molti limiti, primo fra tutti la sostenibilità per il bilancio pubblico. Il problema è sistemico e va risolto con soluzioni strutturali, che spezzino il legame tra il prezzo del gas e quello dell'elettricità. Il problema del costo dell'energia sarà al centro del prossimo Consiglio europeo. C'è bisogno di decisioni forti e immediate, a vantaggio di tutti i cittadini europei.
Le diverse crisi che derivano dal conflitto in Ucraina arrivano in un momento in cui l'Europa aveva già davanti a sé esigenze di spesa enormi. La transizione ecologica e quella digitale ci impongono investimenti indifferibili. A questi vanno aggiunti i costi della guerra, che dobbiamo affrontare subito, per evitare che il nostro continente sprofondi in una recessione. In entrambi i casi si tratta di costi asimmetrici, che colpiscono fasce della popolazione e settori produttivi in modo diverso e che dunque richiedono diverse misure di compensazione. Nessun bilancio nazionale è in grado di sostenere questi sforzi da solo. Nessun paese può essere lasciato indietro.
Ne va della pace sociale nel nostro continente, della nostra capacità di sostenere le sanzioni, soprattutto in quei paesi che per ragioni storiche sono maggiormente dipendenti dalla Russia. L'Unione europea ha già ideato alcuni strumenti utili per governare queste sfide. Si tratta delle risposte che abbiamo messo in campo durante la pandemia e che hanno assicurato all'Unione europea una ripresa economica rapida e diffusa. Dobbiamo partire da questo successo, e adattare questi stessi strumenti alle circostanze che abbiamo davanti.
Lo SURE – lo strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in un'emergenza – ha concesso prestiti agli Stati membri per sostenere il mercato del lavoro. L'Unione europea dovrebbe ampliarne la portata, per fornire ai paesi che ne fanno richiesta nuovi finanziamenti per attenuare l'impatto dei rincari energetici.
Mi riferisco a interventi di riduzione delle bollette, ma anche al sostegno temporaneo ai salari più bassi, per esempio come abbiamo fatto ieri, con misure di decontribuzione per i salari più bassi. Queste hanno il vantaggio di difendere il potere di acquisto delle famiglie, soprattutto le più fragili. Il ricorso a un meccanismo di prestiti come SURE consentirebbe di evitare l'utilizzo di sovvenzioni a fondo perduto per pagare misure nazionali di spesa corrente. Allo stesso tempo, in una fase di rialzo dei tassi d'interesse, fornirebbe agli Stati membri con le finanze pubbliche più fragili un'alternativa meno cara rispetto all'indebitamento sul mercato. Potremmo così ampliare la portata degli interventi di sostegno e allo stesso tempo limitare il rischio di instabilità finanziaria.
Si tratta di una misura che dovrebbe essere messa in campo in tempi ormai molto rapidi, perché sono 8-9-10 mesi che siamo in questa situazione, per permettere ai governi di intervenire subito a sostegno dell'economia. Per quanto riguarda gli investimenti di lungo periodo in aree come la difesa, l'energia, la sicurezza alimentare e industriale, il modello è quello del Next Generation EU.
Il sistema di pagamenti scadenzati, legati a verifiche puntuali nel raggiungimento degli obiettivi, offre un meccanismo virtuoso di controllo della qualità della spesa. Spendere bene le risorse che ci vengono assegnate è fondamentale per la nostra credibilità davanti ai cittadini e ai partner europei che, come ho detto tante volte, hanno accettato di tassare i loro cittadini per poter aiutare l'Italia e altri paesi che hanno utilizzato questi grant.
Il buon governo non è limitarsi a rispondere alle crisi del momento. È muoversi subito per anticipare quelle che verranno. I padri dell'Europa ci hanno mostrato come rendere efficace la democrazia nel nostro continente nelle sue progressive trasformazioni. L'integrazione europea è l'alleato migliore che abbiamo per affrontare le sfide che la storia ci pone davanti.
Oggi, come in tutti gli snodi decisivi dal dopoguerra in poi, servono determinazione, visione, ma soprattutto unità. Sono sicuro che sapremo trovarle ancora una volta, insieme.
(Applausi)
Manfred Weber, on behalf of the PPE Group. – Madam President, first of all, my congratulations. Who else than the Italian Prime Minister should start the new dialogue between the European Parliament and the Member States with this new framing of ‘This is Europe’? Italy was always a driver for European integration. I want to mention also Alcide de Gasperi and I also want to mention David Sassoli. A lot of European leaders have come from Italy and Italy needs a strong Europe, but also Europe needs a strong Italy.
Thank you, dear Prime Minister Draghi, not only for being here today, but also for your brilliant work as an ECB president in the last decade. I want to thank you, first of all, for your leadership in the last period of time as Prime Minister of Italy. Italy was the first target of the pandemic, and finally Italy reacted in a very well organised way. It became a kind of role model in managing the pandemic on the European level.
It was the RRF, you mentioned it. My party, the European People’s Party, with Angela Merkel, with Ursula von der Leyen, also I want to mention Antonio Tajani and other friends – we showed that we are ready to invest in solidarity on the European Union level after the pandemic, to restart our economy, to give a good idea about the future of our economy and our European solidarity approach.
Italy is the country which gets the biggest share of this RRF and you are showing that this money is well spent. You combined this with the reform agenda in Italy and that is great because, for the long run, a good implementation of the Recovery and Resilience Fund gives us on European level arguments for the continuation of the European solidarity approach.
And also for Ukraine, Italy had a clear position in this conflict. So your clear leadership is good for Italy, but also good for Europe in crisis.
We need more than ever before this kind of leadership and towards, to quote Alcide de Gasperi, he said once, ‘a politician looks to the next election; a statesman looks to the next generation’, and Europe needs more statesmen and less tactics in Europe.
When we describe now the challenges of today – you mentioned a few of them – I could sum up my contribution today and say, ‘well great, let’s do it now’, because we have a lot of these speeches and we see ambitious approaches from our leaders on the Council side. When I would frame, let me say, the general consideration from my party’s point of view, then I want to underline that Europe must avoid another lost generation. We need a Europe for the youth. We have to shape a Europe of hope and not of fear, and we have to shape a Europe of opportunities and not of limitations – and that’s why you mentioned it.
The outcome of the Conference on the Future of Europe is, for us, a motivating starting signal to now go further. And that’s why let me really underline, let me be clear, that I am really happy that you today, as one of the first leaders on the Council side, you are outspoken but clear that after this Conference you are ready for a convention, indeed a new power architecture for the European Union. Thank you so much for this leadership.
When we speak about the concrete points, then for sure foreign affairs and defence is a main pillar. We experience clear momentum in the European Union. Citizens are together showing solidarity with Ukraine friends and we have to speed up now our efforts to build up a European defence union, integrated for sure into NATO.
You spoke about a pragmatic federalisation of the European Union, federal system of Europe. I want to give you an example. On this defence, the long-term idea is a European army, no doubt about this, but in the short term we should focus on European added value. For example, on cyber defence, it’s obvious that we are much stronger if we do it together. Or on a missile defence system, it’s obvious that we can protect our airspace together much more effectively than if we do it at national level.
So let’s focus on the concrete things. We need these kind of flagship projects now to make things possible. Unvestments would be much easier, much cheaper in the future – you mentioned this, and also for our military, it would be much more effective.
I want to underline a second point, which is important for us, and that is we can only have a good future for our European Union if we create growth again. Economic strength is the real power base for today’s strengthened European Union. And as a central banker, you know that a good future needs a union of growth, but not a union of further debt. And as a family father, you also know that the most important thing for the future of the next generation is opportunities and not additional burden. So that’s why when we speak about the economic model for the future, we face fundamental changes.
We haven’t spoken so much in the last weeks about China, about what is happening on the global market, but we know things are fundamentally changing. We speak about independence in today’s European Union, but this means also to have a little bit less globalisation, which was the foundation for our economic success in the last decades. So that’s why we have to rechange and reorganise the economic model, including on a global level. And that’s why we are strongly fighting for a single market for the free world on the global stage. We have to bring together Australia, India, Japan, all those who believe in our values on the economic base that can create a precondition for the growth for tomorrow.
And finally, on migration, let me underline that there are no Italian, Greek or Spanish migrants. There are only European migrants. It’s a common European challenge, and that’s why the European Parliament is ready for a solution. You know that we are waiting for the Council to solve the legislative blockade on the Council side. Let’s go now after the Ukraine experience for solving this problem.
Ladies and gentlemen, we hear today a leader who was ambitious for the future of Europe. Now it’s a moment to implement things. Now it’s a moment to do it, to make it real. That is what brings us the trust and the support from our citizens. Let’s use this debate, thanks to Roberta Metsola’s initiative, for creating exactly the precondition for the delivery process.
Iratxe García Pérez, en nombre del Grupo S&D. – Señora presidenta, señor primer ministro, bienvenido a esta Casa, que es la Casa de la democracia europea. Muchas gracias por sus palabras sobre nuestro querido presidente Sassoli que, como usted bien ha dicho, representaba lo mejor del espíritu europeo y, por lo tanto, vamos a trabajar continuando con su legado, muy conscientes de lo importante que fue esa labor.
Como bien ha descrito usted en su intervención, nos enfrentamos a una serie de crisis que llevamos varios años encadenando y que se ven ahora exacerbadas con la guerra de Ucrania. No son retos fáciles, pero nuestra mejor arma en este momento es la unidad y la determinación.
Ya lo vimos en la respuesta a la pandemia, tanto en su dimensión sanitaria como en sus efectos económicos y sociales. Con unidad y solidaridad pudimos sacar adelante el NextGenerationEU y ahora la clave para afrontar las consecuencias de la guerra de Rusia contra Ucrania vuelve a ser nuevamente la unidad y la determinación.
Hace casi diez años, cuando usted presidía el Banco Central Europeo, en plena crisis de la deuda soberana, y cuando algunos predecían el colapso del euro, usted pronunció tres palabras que han hecho historia: «whatever it takes» (lo que haga falta). Y ese mismo espíritu es el que debemos demostrar ahora ante la amenaza de Putin a nuestros valores.
Igual que hace diez años, la respuesta para superar esta crisis tiene que ser más integración, porque compartiendo nuestra soberanía es como somos más fuertes y más dueños también de nuestro propio destino.
Pero para seguir construyendo esta Casa necesitamos poner más ladrillos. Necesitamos urgentemente una Unión energética, una Unión fiscal, una Unión sanitaria, una Unión de la defensa. Y debemos avanzar y trabajar para ello, porque este proyecto de paz y de libertad, que ha ido creciendo durante las últimas décadas y ha establecido una amistad y una solidaridad entre nuestros países y entre nuestros ciudadanos, todavía no es suficiente.
Desde aquella declaración de Schuman, el objetivo de la Unión ha sido también contribuir a la paz y al desarrollo de nuestros valores y a unas relaciones internacionales basadas en el Derecho, en la dignidad humana y en el multilateralismo. Desgraciadamente, el deseo de los ucranianos y de las ucranianas de formar parte de este proyecto les ha costado muy caro.
A diferencia de la Unión Soviética, la Unión Europea no se impone. La Unión Europea no obliga, la Unión Europea no domina, sino que atrae por su promesa de futuro, por sus valores de libertad y de dignidad humana, como clamaban los manifestantes del Maidán en 2013. Por ello, no podemos cerrarle las puertas a ningún país europeo.
Apoyar la autodefensa y las legítimas aspiraciones de Ucrania nos obliga a repensar nuestras políticas internas en la Unión, nuestro objetivo de avanzar en una transición hacia un desarrollo económico más sostenible desde el punto de vista ecológico y humano. A este objetivo no podemos renunciar.
Es urgente acordar una política energética que nos libere de las importaciones de combustibles fósiles y que apueste por las energías renovables diversificando las fuentes, lo que debe ir acompañado de medidas que garanticen también unos precios asequibles para las empresas y para las familias.
No olvidemos que necesitamos también pensar en el futuro de los jóvenes, que necesitan trabajos dignos y acceso a la vivienda, que necesitan pensar que su futuro puede ser mejor que el de sus padres y que el de generaciones anteriores. Necesitamos dar un mensaje de optimismo a estas generaciones de jóvenes que están esperando más y mejor Europa.
La ciudadanía nos lo ha dicho muy alto y muy claro durante el proceso de la Conferencia sobre el Futuro de Europa: quieren más políticas sociales y quieren reducir la pobreza. Y para ello es fundamental ampliar en el tiempo la suspensión de las normas fiscales, porque sin inversiones públicas no seremos capaces de cumplir con nuestras propuestas, ni con nuestro apoyo a Ucrania, ni con el apoyo a los refugiados, ni con las sanciones que hemos acordado, ni podremos cumplir nuestra hoja de ruta para una transición justa y eliminar progresivamente los combustibles fósiles.
Señor Draghi, contamos con usted en el Consejo para defender unas políticas fiscales realistas con el momento en el que vivimos. Y también necesitamos abordar una cuestión que es totalmente inaceptable en este momento: que haya quienes se están haciendo ricos a costa del sufrimiento de las familias. Hay empresas que con la elevación del precio de la energía están teniendo unos beneficios desorbitados a costa, insisto, de que muchas familias caigan en la pobreza y no puedan pagar ni siquiera las facturas de la luz y, por lo tanto, algo hay que hacer con esos beneficios caídos del cielo para no permitir esta injusticia.
Podemos y debemos seguir adelante con nuestro proyecto, pero siempre con la dignidad y el bienestar en el centro de nuestras políticas. Porque nuestra Unión no es contra nadie, nunca lo ha sido. Lo diremos una y otra vez para que lo oiga Putin, pero, sobre todo, para que lo oiga el pueblo ruso.
Digámoslo todos alto y claro: haremos todo lo que haga falta para garantizar el futuro de nuestra Unión Europea.
Stéphane Séjourné, au nom du groupe Renew. – Madame la Présidente, Monsieur le Premier ministre, chers collègues, permettez-moi tout d’abord de saluer votre discours, de saluer l’engagement européen de votre gouvernement et votre contribution au débat européen.
Votre action est venue en quelque sorte clore une période bien trop longue où certains responsables politiques européens ont, à tort, regardé l’Italie avec une pointe de condescendance, d’indifférence certaines fois. Ce fut d’ailleurs peut-être une des raisons du retard de l’action européenne d’aide à l’Italie au moment de la pandémie. Heureusement, cette Assemblée et tant d’autres ont réagi à temps, avec force, pour que l’Europe se montre à la hauteur des attentes du peuple italien. Le vaccin et le plan de relance, dont l’Italie est le premier bénéficiaire, en sont en quelque sorte la concrétisation, Monsieur le Premier ministre.
J’ai eu l’occasion de le dire à Rome il n’y a pas longtemps: oui, l’Italie a besoin de l’Europe, toujours, mais l’Europe a toujours besoin de l’Italie, de ses idées et de ses talents. L’Italie n’est pas d’ailleurs étrangère à la constitution du nouveau consensus européen qui est en train de se créer parmi les chefs d’État et de gouvernement et nos institutions, auquel le Parlement européen souscrit pleinement.
Oui, nous ne sommes pas tous d’accord sur tout, notamment sur les outils, mais nous le sommes en tout cas sur les objectifs, comme la neutralité carbone, l’autonomie stratégique et la lutte contre les inégalités. Dans ce nouveau consensus, mon groupe politique souhaiterait avoir votre vision.
Tout le monde s’accorde sur le besoin de rénover notre cadre budgétaire et de convergence économique. Nous le savons, il faut investir plus — plus pour la planification écologique, plus pour l’innovation, plus pour l’autonomie stratégique de notre continent. Quelle est, selon vous, la meilleure méthode pour parvenir à cette solution européenne sur les réformes du pacte de stabilité? Vous avez évoqué un certain nombre de pistes, mais la méthode sera essentielle dans les prochains mois et dans les prochaines semaines.
Un nouveau consensus est aussi né sur la solidarité européenne. Depuis la guerre en Ukraine, l’intérêt supérieur de l’Europe et de la paix est au cœur de l’action de la plupart de nos gouvernements européens. Nous réalisons, Monsieur le Premier ministre, le courage politique qu’il a fallu à votre gouvernement pour interroger des positions nationales vieilles de plusieurs décennies. Sur ces questions-là, vous avez fait non seulement des déclarations, mais vous avez aussi posé des actes, et en dépit des tentatives de manipulation dans les médias italiens de la part de la Russie, vous avez tenu et de la part de mon groupe, en tout cas, vous avez toutes nos félicitations.
Enfin, nous aimerions savoir si, dans le cadre du sixième paquet de sanctions, vous soutiendrez l’embargo sur l’ensemble des hydrocarbures russes et si vous pensez qu’un accord est possible dans les prochains jours ou dans les prochaines semaines au Conseil.
Un dernier mot peut-être sur la conférence sur l’avenir de l’Europe, Monsieur le Président, qui nous tient beaucoup à cœur dans cette plénière, qui est consacrée notamment à des discussions institutionnelles importantes et qui matriceront l’ensemble de notre construction européenne dans les prochaines années. J’ai entendu dans votre discours et j’ai bien compris que nous pouvons compter sur l’Italie pour défendre les réformes institutionnelles attendues par les citoyens. Je pense notamment à la fin de l’unanimité en matière de politique étrangère, et vous avez été très clair sur ce sujet - il faudrait qu’un certain nombre de vos collègues le soient aussi. Mais allez peut-être plus loin dans un certain nombre de propositions, je pense notamment au droit d’initiative du Parlement sur les listes transnationales, ce seront aussi, Monsieur le Premier Ministre, des éléments importants pour notre hémicycle et notre institution.
Enfin, Monsieur le Président, les élections en France et en Slovénie la semaine dernière ont encore montré que nous sommes dans un moment européen. Les populistes n’osent même plus dire qu’ils assument de quitter l’Union européenne, ce qui est une bonne chose, c’est une victoire, y compris idéologique, dans la période. Les europhobes sont disqualifiés en ce moment à trouver des solutions, mais leurs idées simplistes continuent et vont peut-être continuer, en tout cas, à prospérer sur le désespoir économique et social. Nous avons donc besoin de réformes, de solutions concrètes et que s’ouvre une nouvelle ère européenne verte, plus prospère, sociale, démocratique, et nous espérons pouvoir compter sur vous et sur l’Italie pour accompagner cet élan. Vous aurez en tout cas le groupe Renew à vos côtés dans ces objectifs.
Philippe Lamberts, a nome del gruppo Verts/ALE. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, Presidente Draghi, benvenuto al Parlamento europeo.
Avec vous à la tête de son gouvernement et Paolo Gentiloni à la Commission européenne, on peut dire que l’Italie renoue avec un engagement européen résolu à la hauteur de ses responsabilités de membre fondateur et de troisième puissance économique de l’Union. S’il est un domaine, Monsieur le Président où l’Italie n’a pas seulement assumé sa part de responsabilité, mais bien plus que sa part de responsabilité en Europe, c’est l’accueil des migrants.
Pendant de nombreuses années, l’Italie, pays de première ligne face à la Méditerranée, a pris plus que sa part du devoir moral d’accueil de l’Union européenne, sans pouvoir bénéficier de la nécessaire solidarité de ses alliés européens. Et je me réjouis de pouvoir dire que ce Parlement, déjà lors de la législature précédente, était prêt à une très large majorité à faire ce que vous demandez: dépasser la règle de Dublin. Il va vraiment falloir que nous dépassions cette doctrine de l’unanimité au Conseil pour que nous décidions, comme vous le disiez d’ailleurs, à la majorité qualifiée, y compris en matière de migration, où c’est déjà le cas en réalité.
«Whatever it takes»: par ces trois mots, alors à la tête de la Banque centrale européenne, vous aviez pris la mesure de l’enjeu. Face aux attaques des marchés financiers, il fallait sauver l’euro «quoi qu’il en coûte».
Avec la pandémie, le «quoi qu’il en coûte» est devenu l’alpha et l’omega de la politique économique au sein de l’Union. Sauver des vies, tout en soutenant les travailleurs et les entreprises face aux répercussions de la crise, quel qu’en soit le prix. Telle était l’ambition.
Aujourd’hui, vous l’avez dit, c’est l’invasion de Poutine en Ukraine qui teste notre détermination. À nouveau, l’Union européenne doit se montrer prête à faire «tout ce qui est nécessaire» pour à la fois venir en aide aux Ukrainiens et assurer notre indispensable autonomie énergétique.
L’Italie est d’ailleurs exemplaire puisqu’elle agit dans un esprit d’unité aux côtés de ses alliés européens, et ce malgré, vous l’avez dit, sa dépendance massive et exagérée à l’égard de la Russie. Contrairement à d’autres, elle a bien compris que cette guerre est le moment où l’Union européenne doit prouver qu’elle peut devenir une puissance géopolitique.
Dans l’immédiat, les efforts de l’Italie pour diversifier ses sources d’approvisionnement en énergies fossiles sont compréhensibles. Mais, vous l’avez dit vous-même, ce n’est pas une solution de long terme. Seule la transition vers les énergies renouvelables et la sobriété énergétique peuvent à la fois assurer durablement notre indépendance énergétique, tout en nous permettant de relever notre part du défi climatique. Et là-dessus, je vous ai bien écouté, j’ai l’impression que nous partageons la conviction, mais quand j’entends votre ministre de l’environnement plaider, comme une monomanie, pour l’arrivée du nucléaire en Italie, alors que cette énergie a été rejetée massivement par le peuple italien il y a à peine dix ans, je ne comprends plus. Et j’entends dire, peut-être que vous pourrez infirmer cela, que votre gouvernement remettrait en cause le principal programme de rénovation du bâtiment, le SuperEcoBonus 110 %, alors même que la Commission européenne le prend en exemple de bonne pratique.
Je me rappelle que, dans nos nombreux échanges, le Mario Draghi banquier central refusait d’intégrer la contrainte climatique dans sa politique monétaire, au motif que cela relevait de la compétence du politique.
Je vous ai bien écouté et je suis heureux d’entendre que Mario Draghi, devenu chef du gouvernement italien, a entendu le message: il appartient aux responsables politiques de faire preuve de leadership, et la transition énergétique est un impératif non seulement climatique, mais aussi géopolitique.
Pour financer cette transition, nous avons besoin de moyens colossaux. Vous avez à juste titre plaidé pour une réforme des règles budgétaires, mais il faut aller plus loin et passer à la vitesse supérieure en réalisant, enfin, une véritable union budgétaire. Qui doute encore que ce n’est qu’ensemble que les États membres parviendront à faire de l’Union européenne le leader mondial de la transition écologique et solidaire et une puissance géopolitique respectée. Il nous faut donc des emprunts communs, remboursés par des impôts communs pour financer des projets communs. Le plan de relance NextGenerationEU, dont votre pays est le premier bénéficiaire, est le prototype d’une telle Union budgétaire. J’ai envie de dire que le plus grand service que l’Italie peut aujourd’hui rendre au projet européen, c’est de faire de ce plan un succès pour en assurer la pérennité.
Aussi, au nom du groupe des Verts, je me réjouis de vous entendre plaider avec nous et vous engager avec nous et les citoyens présents au cœur de la conférence sur l’avenir de l’Europe, pour une réforme des traités européens.
Monsieur le Président, this is what it takes, voilà ce qui est indispensable à ce fédéralisme à la fois pragmatique et idéaliste que vous appelez de vos vœux. Président Draghi, votre capital politique dans votre pays et au sein de l’Union est incontestablement grand. Je vous encourage à continuer à mobiliser sans compter pour que l’Union européenne soit une actrice clé de ce XXIè siècle. Je vous le dis: anvanti!
Marco Zanni, a nome del gruppo ID. – Signora Presidente Metsola, Commissario Gentiloni, Presidente Draghi, bentornato al Parlamento europeo.
Come Lei ha ricordato, stiamo affrontando uno dei momenti più critici della storia europea, con una guerra a pochi chilometri da noi, che oggi ci chiama a dare una risposta forte, ponderata, ma soprattutto credibile al periodo buio che stiamo affrontando.
Purtroppo in queste settimane abbiamo dovuto constatare che l'iniziale convinzione di essere forti e uniti Stati membri, istituzioni e leader europei si è dissolta per effetto, a nostro avviso, di errori strategici passati e presenti, di costruzione del nostro sistema europeo che continuano a renderci deboli, inefficienti e soprattutto ricattabili. È necessario elaborare questi errori prima di guardare al futuro.
Oggi occorre soprattutto riflettere sulle scelte fatte in passato. Dobbiamo trovare soluzioni nuove a vecchi problemi e soprattutto farlo in fretta. La dipendenza da paesi come la Russia è stata una decisione politica degli scorsi decenni. Abbiamo reso la nostra prosperità dipendente da materie prime ed energia a basso costo, non avendo quindi più garantito alcun controllo sui livelli di produzione, rischiando la paralisi di interi settori economici, ma l'autonomia strategica che oggi tutti invochiamo non esisterà finché non cambieremo profondamente il nostro modello di sviluppo industriale e il nostro modello socioeconomico.
A pochi giorni dal 1° maggio vorrei richiamare l'attenzione sul tema del lavoro e ricordare che su salari e potere d'acquisto la sicurezza strategica dell'Unione richiede che alcune produzioni fondamentali non siano più fatte in un unico paese fuori dai nostri confini, ma sul suolo europeo. E sappiamo che ci sarà un prezzo da pagare per questo, cioè un inevitabile aumento dei costi. Per cui – e questo Lei lo sa bene da economista – l'equilibrio economico richiederà che sia possibile pagarli di più e che questi beni siano fruibili anche dagli stessi lavoratori che dovranno essere pagati meglio.
Purtroppo il livellamento verso il basso, che abbiamo visto durante il periodo di una globalizzazione incontrollata, deve essere invertito anzitutto per motivi di sicurezza nazionale. Prima, però, credo che occorra fare chiarezza su un punto: perché questa inversione sia sostenibile dovremmo tutti insieme ragionare in termini di corsa verso l'alto, esigere la qualità, sostenerne il costo e ovviamente pretenderne la remunerazione.
Oggi ci si accorge che sugli approvvigionamenti dobbiamo renderci più autonomi, ma invito tutti a non ripetere gli stessi errori del passato. Passare dalla dipendenza russa a quella cinese, ad esempio, non può essere considerata una strategia vincente. Le più alte cariche dell'Unione devono riconsiderare le decisioni del passato e riflettere sulle risposte agli enormi interrogativi che il drammatico conflitto in Ucraina ci ha posto. È ancora questa la direzione giusta da seguire? È stato saggio affidarsi alla leadership di un singolo paese per delineare il percorso politico e strategico di un intero continente? È davvero irrinunciabile insistere nel proporre ricette ideologiche a problemi reali?
Quello che serve adesso è più pragmatismo e meno ideologia, più azioni concrete e meno annunci sui temi che Lei ha toccato – lavoro, energia, ambiente e difesa – per trovare una soluzione l'UE può fare riferimento proprio alla questione energetica. Come stiamo vedendo, i mix energetici variano di paese in paese, necessità e stili di vita sono diversi a seconda della capitale in cui ci troviamo. Ecco, mi auguro che questo stato delle cose, che è insieme realtà e metafora, possa finalmente spingere questa istituzione europea ad abbandonare la retorica del "one size fits all" che in molti casi ha reso il compimento dello stesso progetto europeo un ostacolo e non una risorsa come dovrebbe essere. Non è un crimine ammettere gli errori e cambiare rotta, ma va fatto in tempo.
Concludo, Presidente Draghi, perché la difficoltà del momento porta con sé un'opportunità, quella di cambiare le cose. Lei ne ha parlato parlando dei trattati europei che sono il punto finale, ma ci sono tante piccole cose che possiamo fare insieme prima. Mi auguro che l'Unione, come il nostro paese, possa seguire il buon senso di questo rinnovato approccio alla gestione dei problemi che affliggono i nostri paesi e l'Europa intera. Noi su questo ci saremo sempre.
Raffaele Fitto, a nome del gruppo ECR. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, Commissario Gentiloni, Presidente Draghi, anch'io Le voglio augurare, a nome del nostro gruppo, il benvenuto in questo Parlamento.
In un momento molto complesso e difficile, è certamente necessario il richiamo all'unità che è stato fatto da tutti, da Lei in modo particolare, che rappresenta, anche nell'ambito della condanna forte e netta di quello che sta accadendo, un punto di forza delle istituzioni occidentali.
Da una parte c'è una tragedia umana, un disastro, insieme ad un attacco forte a quelli che sono i valori della libertà, della democrazia, della pace, che non possono meritare alcun tipo di dubbio e di perplessità, per questo non abbiamo mai avuto alcun dubbio, come gruppo dei conservatori e al tempo stesso come partito dei conservatori, a sostenere con forza questa linea e questa azione.
Lo voglio dire, perché da qui parte una riflessione che si sviluppa anche a livello nazionale, dove le esitazioni magari non sono mancate, Presidente, me lo consenta, non certamente da parte nostra, laddove con un'azione seria e responsabile abbiamo dato il supporto pieno a un sostegno in questa direzione.
Però, è anche l'occasione per poter mettere in campo una riflessione un po' critica. L'idea di essere uniti e di guardare al futuro senza ragionare su ciò che è accaduto nel passato non può passare, è sbagliata perché rischieremmo di ripercorrere gli stessi errori e quindi è necessario, seguendo proprio il Suo schema, il Suo discorso, ragionare su alcuni punti essenziali.
Noi non siamo certamente – uso un eufemismo – entusiasti del lavoro della Conferenza sul futuro dell'Europa, che rischia di essere una semplice autocelebrazione. Così come siamo anche dell'idea che i richiami che sono stati fatti su temi come la necessità di una centralità nel Mediterraneo e nell'Africa si scontrano con quella che è la realtà con la quale abbiamo verificato nei giorni scorsi, nei mesi scorsi, negli anni scorsi, una sempre crescente maggiore presenza della Russia, della Cina e della Turchia, grazie ad imbarazzi ed errori che sono stati compiuti in Europa.
Così come è altrettanto importante fare un ragionamento sugli errori che hanno portato ad una mancanza di indipendenza sui temi strategici, che hanno visto una politica industriale delocalizzare sempre di più in assenza di una capacità di autonomia dal punto di vista energetico, agricolo, alimentare. Dati di fatto oggettivi dai quali non si può prescindere se vogliamo guardare al futuro in modo serio e credibile e lo dobbiamo fare anche perché ritengo che sia fondamentale mettere in campo una strategia concreta che chiarisca anche un altro equivoco: il tema dell'immigrazione.
Ebbene, la narrazione fatta in questi anni è caduta, perché noi in questi giorni vediamo che quei paesi indicati come i responsabili del mancato accordo sono i principali paesi che hanno aperto le frontiere, le braccia e il cuore alla vera immigrazione fatta di profughi, di donne e bambini che scappano dalla guerra.
Queste considerazioni dobbiamo farle se vogliamo avere un'analisi reale della prospettiva e dobbiamo farle anche con due proposte, perché non ci appartiene la critica fine a se stessa. Siamo capaci e abituati a fare delle proposte. Lei in questo consesso è molto autorevole e credibile. Noi Le chiediamo con forza, glielo chiedo da parlamentare europeo, presidente di un gruppo, ma glielo chiedo anche da italiano, Le facciamo due proposte concrete.
La prima è quella di mettere in campo un'azione strategica forte, concreta, così come ha detto, per affrontare il tema delle sanzioni che vanno sostenute con un fondo di compensazione adeguato che legga le esigenze e i bisogni dei singoli paesi dal punto di vista energetico, ma anche e soprattutto dal punto di vista dell'export, che è uno degli aspetti fondamentali che rischia di mettere in ginocchio un paese come il nostro.
E in secondo luogo, nei giorni scorsi e parte del dibattito politico nazionale, Giorgia Meloni Le ha proposto la modifica del piano nazionale di ripresa e resilienza, uno strumento che, purtroppo, anche se appena partito, è già vecchio. L'articolo 21 dell'RRF prevede che in casi straordinari si possa intervenire per modificare l'organizzazione e le scelte che sono state inserite in questo contesto. Ebbene è uno strumento previsto per la pandemia, per la ripresa economica, la guerra, cosa c'è di più straordinario per cercare di individuare le soluzioni e modificare strutturalmente, adeguando alle vere esigenze questo strumento?
Non è un fatto nazionale. Lei ha ricordato, come in tanti, che qui in Europa l'Italia è il principale beneficiario di queste risorse ed è in questa direzione che abbiamo bisogno di una risposta forte, perché il successo o il fallimento del PNRR italiano sarà il successo o il fallimento di una strategia in questo senso. E siccome noi – e chiudo – non siamo abituati al tanto peggio, tanto meglio, Le chiediamo con forza di valutare questa proposta nell'interesse non solamente dell'Italia, ma anche della prospettiva futura dei giovani, dei cittadini e delle imprese europee.
Martin Schirdewan, im Namen der Fraktion The Left. – Frau Präsidentin, Herr Premierminister Draghi! Die italienische Regierung geht entschlossen gegen russische Oligarchen vor und friert deren Besitztümer und Vermögen ein. Damit Sie aber nicht auf den Wartungskosten für die eingefrorenen Besitztümer sitzen bleiben, müssen die Güter beschlagnahmt, enteignet und anderer Verwendung zugeführt werden. Ich will, dass die Oligarchenvillen ukrainischen geflüchteten Kindern zur Verfügung gestellt werden, deren Jachten für die Naherholung bereitgestellt werden und die Protzautos für den öffentlichen Nahverkehr.
Sie erheben eine Krisengewinnsteuer für Energiekonzerne – Bravo! Krisengewinner müssen zur Kasse gebeten werden. Wenn ich jedoch Ihr Finanzminister wäre, wäre mein Rat an Sie, dass auch Pandemiegewinner wie BigTech und große Pharmakonzerne ihre Übergewinne an den Staat abzuführen haben. Und das gilt auch für die Kriegsgewinner, also die Rüstungsindustrie.
Sie fordern eine Reform der europäischen Schuldenbremse, also des Stabilitäts- und Wachstumspaktes – auch hier Bravo! Doch hier steht insbesondere die deutsche Bundesregierung auf der Bremse, ebenso wie diese Bundesregierung nur zögerlich gegen russische Oligarchen vorgeht und vor der Besteuerung von Krisengewinnern zurückschreckt.
Doch, Herr Premierminister Draghi, diese Debatte nennt sich „This is Europe“. Lassen Sie uns auch gemeinsam in die politische Geschichte der jüngsten Finanz- und Wirtschaftskrise blicken, eine Geschichte, in der Sie eine herausragende Hauptrolle gespielt haben. Manche nannten Sie damals Super Mario, andere nannten Sie einen Superschurken. Sie waren EZB-Präsident, als die EZB in Griechenland der Regierung von Alexis Tsipras den Geldhahn abgedreht hat, weil diese sich gegen die Spar- und Kürzungspolitik gewehrt hat. Bezahlt für die Bankenkrise haben damals die Arbeitnehmer und Arbeitnehmerinnen, die Rentner und Rentnerinnen, die Patienten und Patientinnen, die Empfänger und Empfängerinnen von Sozialleistungen. Alles und überall wurde brutal gekürzt. Und als die Troika ihre verheerende Tätigkeit in Griechenland aufnahm, lag die griechische Staatsverschuldung bei circa 150 % des Bruttoinlandsprodukts.
Die italienische Staatsverschuldung liegt heute aber bei – Sie wissen das besser als ich – knapp 160 %. Und jetzt stellen Sie sich einmal mit mir vor, nur für einen Moment, irgendjemand käme auf die absurde Idee, Italien dem gleichen brutalen Sparkurs zu unterwerfen, wie es damals mit Griechenland geschehen ist. Sie würden sich richtigerweise politisch dagegen wehren. Und dann dreht Ihnen Frau Lagarde, also die EZB, über Nacht den Geldhahn zu. Italien würde kopfstehen.
Das war Ihr großer historischer Fehler. Und damit haben Sie der europäischen Demokratie damals großen Schaden zugefügt. Ihr whatever it takes galt in den Augen der Bevölkerung nur für die Rettung der Banken und der Großinvestoren. Europa wird jedoch dann eine gute Zukunft haben, wenn es ein whatever it takes gibt, das vor explodierenden Energiepreisen, Mietpreisen, Nahrungsmittelpreisen schützt, damit die Krise und die Inflation nicht die Löhne und Renten auffressen, ein whatever it takes, um das Klima und die Demokratie vor der autoritären Rechten zu schützen. Kurz: ein whatever it takes für Mensch und Planet.
Tiziana Beghin (NI). – Signora Presidente, onorevoli colleghi, Presidente Draghi, bentornato al Parlamento europeo.
Durante la pandemia abbiamo scoperto quante cose positive può fare l'Europa per i cittadini, come Lei ha giustamente sottolineato, con il Next Generation EU abbiamo messo in salvo la nostra economia e creato le premesse per la ripartenza. Poi con SURE abbiamo stanziato miliardi per aiutare disoccupati e precari. Certo, non è stato semplice: c'erano molti leader europei scettici sulle misure da prendere, ma hanno prevalso solidarietà e unità e oggi, proprio grazie all'unità europea, Putin finora non ha ottenuto quello che voleva in Ucraina, ma attenzione, nemmeno noi abbiamo ottenuto quello che volevamo e cioè la pace.
Cari colleghi, dopo oltre due mesi dall'inizio di questo conflitto è arrivato il momento di salvare con la forza della diplomazia il popolo ucraino da ulteriore morte e sofferenza. Il diritto di difesa dell'Ucraina è sacrosanto, ma non dimentichiamoci che il nostro vero obiettivo finale deve essere la pace.
E poi allo stesso tempo facciamo tesoro di questi mesi difficili e iniziamo concretamente a lavorare per l'indipendenza energetica dal gas e dal petrolio russi. Combattiamo la pandemia energetica con gli stessi strumenti utilizzati durante quella sanitaria. Replichiamo il successo del Recovery Fund e approviamo un Energy Recovery Fund: è questa la proposta del Movimento 5 Stelle per accelerare al massimo lo sviluppo delle rinnovabili.
Il sole è il nostro gas e il vento è il nostro petrolio, ma come Lei sa bene, Presidente Draghi, non tutti gli Stati hanno la leva finanziaria per attivare gli investimenti necessari. Serve la potenza di fuoco dell'Europa e su questo Le chiediamo di insistere al prossimo Consiglio europeo perché sul caro energia è in gioco la nostra credibilità. E anch'io, come il presidente dei Verdi Lamberts, La invito a rendere europeo il successo del super bonus al 110 per cento che la Commissione europea ha apertamente elogiato, mentre è vergognoso che, mentre i colossi petroliferi accumulano profitti per miliardi di dollari, un cittadino su sette in Italia non riesce a pagare la bolletta di luce e gas perché troppo cara.
L'inflazione galoppante toglie potere di acquisto alle famiglie e tutto questo accade mentre i salari sono fermi e poi ci domandiamo perché gli europei non fanno più figli. Abbiamo un problema di equità sociale che va contrastato con il salario minimo europeo.
Presidente Draghi, siamo d'accordo con Lei quando parla di riformare il regolamento di Dublino, serve solidarietà, responsabilità sempre, così come dimostrato nell'accoglienza dei rifugiati ucraini. Con altrettanta onestà, Le ricordo che quest'Aula, grazie anche al contributo del Movimento 5 Stelle, ha votato quattro proposte legislative del pacchetto "rifiuti". Le norme europee non prevedono l'uso indiscriminato degli inceneritori. La stella polare dell'Unione europea si chiama economia circolare, applichiamola anche in Italia.
Infine, Presidente, oggi è la Giornata mondiale della libertà di stampa. Dimostriamo di essere fieri dei nostri valori. Chiediamo ufficialmente, come Europa, il rilascio e la libertà di Julian Assange. Per lui, per il popolo ucraino e per tutti i cittadini oppressi nel mondo l'Unione europea sia la terra della libertà e della pace.
Cari colleghi, dopo oltre due mesi dall'inizio di questo conflitto, è arrivato il momento di salvare con la forza della diplomazia il popolo ucraino da ulteriore morte e sofferenza. Il diritto di difesa dell'Ucraina è sacrosanto, ma non dimentichiamoci che il nostro vero obiettivo finale deve essere la pace. Poi, allo stesso tempo facciamo tesoro di questi mesi difficili e iniziamo concretamente a lavorare per l'indipendenza energetica dal gas e dal petrolio russi. Combattiamo la pandemia energetica con gli stessi strumenti utilizzati durante quella sanitaria. Replichiamo il successo del Recovery Fan di Approviamo, un Energy Recovery Fund. È questa la proposta del Movimento cinque Stelle per accelerare al massimo lo sviluppo delle rinnovabili. Il sole è il nostro gas, il vento è il nostro petrolio. Ma come lei sa bene, presidente Draghi, non tutti gli Stati hanno la leva finanziaria per attivare gli investimenti necessari. Serve la potenza di fuoco dell'Europa e su questo le chiediamo di insistere al prossimo Consiglio europeo perché sul caro energia è in gioco la nostra credibilità. E anche io, come presidente dei Verdi, la invito a rendere europeo il successo del super bonus al 110% che la Commissione europea ha apertamente elogiato. Mentre è vergognoso che mentre i colossi petroliferi accumulano profitti per miliardi di dollari, un cittadino su sette in Italia non riesce a pagare la bolletta di luce e gas perché troppo cara. L'inflazione galoppante toglie potere di acquisto alle famiglie. Tutto questo accade mentre i salari sono fermi. E poi ci domandiamo perché gli europei non fanno più figli ? Abbiamo un problema di equità sociale che va contrastato con il salario minimo europeo. Presidente Draghi, siamo d'accordo con lei quando parla di riformare il regolamento di Dublino ? Serve solidarietà e responsabilità, sempre così come dimostrate nell'accoglienza dei rifugiati ucraini. Con altrettanta onestà le ricordo che quest'Aula, grazie anche al contributo del Movimento cinque Stelle, ha votato quattro proposte legislative del pacchetto rifiuti. Le norme europee non prevedono l'uso indiscriminato degli inceneritori. La stella polare dell'Unione europea si chiama economia circolare. Applichiamo la anche in Italia. Infine presidente. Concludo. Oggi è la Giornata mondiale della libertà di stampa. Dimostriamo di essere fieri dei nostri valori. Chiediamo ufficialmente come Europa il rilascio e la libertà di Julian Assange. Per lui, per il popolo ucraino, per tutti i cittadini oppressi del mondo. l'Unione europea sia la terra della libertà e della pace. Grazie. Grazie. Onorevole Glenn close to speech, chiosa il vice presidente Giovanni Floris conclude. Ma prima di tutto vorrei ringraziare tutti i capigruppo per le parole e le espressioni di stima e di apprezzamento che avete avuto per il mio Paese. Per me sono espressioni molto importanti. Devo dire che mi hanno sorpreso e mi hanno commosso. Quindi grazie ancora. Voglio ringraziare ovviamente la presidente del Parlamento europeo per questa occasione, questa opportunità di incontro che per me è la prima da quando ho lasciato la Bce e quindi sono tre anni che non avevo occasione di.
Mario Draghi,Presidente del Consiglio dei Ministri italiano. – Signora Presidente, onorevoli deputati, prima di tutto vorrei ringraziare tutti i capigruppo per le parole e le espressioni di stima e di apprezzamento che avete avuto per il mio paese. Per me sono espressioni molto importanti. Devo dire che mi hanno sorpreso e mi hanno commosso. Quindi grazie ancora.
Voglio ringraziare ovviamente la Presidente del Parlamento europeo per questa occasione, questa opportunità di incontro che per me è la prima da quando ho lasciato la BCE, quindi sono tre anni che non avevo occasione di parlare e di scambiare opinioni e vedute con il Parlamento europeo.
Due o tre punti specifici prima di arrivare a quella che è secondo me una condivisione degli obiettivi e delle finalità della nostra visione europea. Due o tre punti specifici: l'Italia sarà a favore dell'embargo su tutte le energie fossili. Come ho detto nel discorso, abbiamo appoggiato le sanzioni che l'Unione europea ha deciso di imporre nei confronti della Russia, anche quelle nel settore energetico, e continueremo a farlo con la stessa convinzione in futuro.
Bisogna darsi da fare, però non basta appoggiare soltanto le sanzioni. Bisogna darsi da fare per diventare indipendenti dal gas russo. Noi l'abbiamo fatto e lo continueremo a fare. Ci siamo mossi con notevole rapidità per diversificare le nostre fonti di approvvigionamento e per accelerare gli investimenti nelle rinnovabili, con un ritmo che non era previsto l'anno scorso.
Anche i provvedimenti di ieri presi dal governo portano a una liberalizzazione dei processi delle autorizzazioni per l'installazione di rinnovabili, perché questo è l'unico ostacolo oggi presente in Italia, ma credo anche in molti paesi europei. Sono i processi autorizzativi per le installazioni di fonti rinnovabili.
Credo che abbiamo fatto un passo in avanti notevole ieri per quanto riguarda l'Italia. Imprese che hanno fatto profitti e famiglie povere, non c'è alcun dubbio. Le imprese che hanno operato nel settore elettrico e nel settore dell'importazione delle energie fossili hanno fatto profitti incredibili. Pensate soltanto alla Norvegia, i cui profitti poco tempo fa erano stati stimati a 150 miliardi di dollari per un paese di 5 milioni di abitanti.
Altrettanto sta succedendo per le imprese italiane e degli altri paesi che hanno importato energie fossili. Il nostro governo ieri ha deciso di rinnovare la tassazione su questi extraprofitti delle imprese che hanno importato e prodotto energie di diverso tipo.
La tassazione complessiva ora ha raggiunto il 25 per cento di questa definizione di extraprofitti che il governo ha dato. In sostanza si tratta di un ammontare complessivo di circa 11 miliardi tra il primo provvedimento e il secondo provvedimento. E così siamo riusciti a dare un assegno flat, un assegno uguale per tutti di 200 euro a 28 milioni di persone, a coloro che tra i 28 milioni di persone, cioè pensionati e lavoratori dipendenti, guadagnano poco. Tutti coloro che sono nella fascia più bassa o nelle fasce più basse, cioè che guadagnano fino a 35 000 euro l'anno, otterranno questo assegno uguale per tutti. Quindi una misura fortemente progressiva, ovviamente, che premia molto le fasce più basse di reddito e che compensa in parte, in alcuni casi in gran parte, per la perdita di potere d'acquisto che queste famiglie hanno avuto a causa dell'inflazione.
Vedete, questo è un modo per aiutare le famiglie più povere senza necessariamente, come dire, minare la solidità del bilancio pubblico. Questo è molto importante per noi perché come sapete il nostro bilancio richiede particolare cura.
Secondo punto sul clima. Questo governo è nato, come mi ricordo in un discorso in Parlamento, come un governo ecologico. Quindi fa del clima, della transizione verde e anche della transizione digitale il pilastro portante. In questo senso devo dire che il nostro ministro dell'Ambiente è stato straordinario. Ha fatto quello che difficilmente poteva essere immaginato anche un anno e mezzo fa. Ha fatto provvedimenti straordinari.
Possiamo non essere d'accordo sul superbonus del 110 per cento e non siamo d'accordo sulla validità di questo provvedimento. Cito soltanto un esempio: il costo di efficientamento è più che triplicato grazie ai provvedimenti del 110 per cento. I prezzi degli investimenti necessari per attuare le ristrutturazioni sono più che triplicati, perché il 110 per cento di per sé toglie l'incentivo alla trattativa sul prezzo e quindi questo è il risultato. In ogni caso le cose vanno avanti in Parlamento, il governo ha fatto quello che poteva fare e il nostro ministro è molto bravo.
Terzo: modifiche al PNRR. Allora qui bisogna intendersi. Prima di tutto, il primo problema sul PNRR è assicurarsi che i cantieri dei lavori pubblici, delle opere restino aperti e si aprano quelli delle nuove gare. A questo fine, ieri il governo ha stanziato inizialmente 3 miliardi per permettere alle imprese di recuperare il 90 per cento dell'aumento dei prezzi delle materie prime.
Questo provvedimento è stato accolto con grande favore, naturalmente non solo dalle industrie che producono queste infrastrutture che partecipano ai lavori pubblici, ma in generale da tutti. Quindi questa è la strada che abbiamo scelto. Quindi prima di parlare di modifiche del PNRR, facciamolo funzionare. Non è vecchio il PNRR. Non è per niente vecchio. Abbiamo rispettato tutti gli obiettivi. Continueremo a farlo ora, a fine giugno. Lo faremo anche il 30 dicembre. Che vecchio, non è vecchio. Quindi, ci sono dei punti e se è necessario modificare certe cose in alcuni punti, in alcuni settori, investimenti specifici, però non si parli di rivoluzioni del PNRR. Ci sono degli investimenti che forse verranno modificati, per i quali bisognerà intervenire appositamente. Queste sono le tre cose specifiche che volevo dire.
Ma veniamo ora alla visione complessiva di questo scambio. Io credo che questo scambio sia caratterizzato da una profonda condivisione. Condivisione di visioni, di progetti, di ideali. Le sfide dell'Unione sono molte, abbiamo visto, la prima di tutte – condivido quello che ha detto probabilmente l'ultima capogruppo, anzi non è una capogruppo, non so – che ha detto che la sfida più importante è la pace. Questo è indubbiamente l'obiettivo principale verso cui si deve muovere l'Unione europea, verso cui si muove questo governo, il mio governo, ma ve ne sono molte altre e su tutte la risposta è: l'integrazione è la nostra migliore alleata. Su tutte.
Ho parlato di federalismo pragmatico, che significa? Significa che per tante di queste sfide l'unico modo è affrontarle insieme. Affrontarle insieme non significa soltanto finanziarle insieme. Perché voi pensate, io sono un banchiere, quindi penso sempre quello. Ma non è questo. Affrontarle insieme significa disegnarle insieme, significa sorvegliarle insieme, significa assicurarsi che i soldi siano ben spesi tutti insieme.
E di questo l'Italia è profondamente consapevole e si sente, come sapete bene, perché l'ho detto tante volte, molto responsabile della buona spesa di questi fondi che sono stati assegnati per il Next Generation. Ma altrettanto lo sarà per quello che si vorrà decidere sul fronte energetico, sul fronte degli investimenti pubblici, sul fronte della transizione verde, del digitale.
Sono delle sfide di proporzioni – voi sapete che sono stati fatti dei conti per quanto riguarda la transizione verde e la transizione digitale, per cui il bisogno da qua al 2030, il fabbisogno finanziario per l'intera Unione europea è di circa 2 trilioni di euro – quindi non sono cifre che si possono affrontare con i bilanci nazionali.
Quindi abbiamo due obiettivi: uno è l'autonomia strategica per quanto riguarda la difesa. Abbiamo detto tante volte che un'Europa forte significa anche una NATO forte. Ma per l'autonomia strategica, l'ho detto nel discorso e lo ripeto, il primo passo è quello di rendere la nostra spesa militare più efficiente. Ripeto: tre volte la spesa della Russia. Non è pensabile che si possa fare alcunché finché non si rende più efficiente, più coordinata la spesa militare. Per questo ho, come dire, richiamato la possibilità di avere una conferenza su questo obiettivo.
Condivido la necessità, e ciò è l'esperienza di questi ultimi anni, di arrivare a un'autonomia anche per certe produzioni cruciali per il nostro continente. Quindi, per esempio i microprocessori. È un tipo di cose, ma ci sono altre produzioni che sono cruciali nelle catene di produzione, che effettivamente si dimostrano essenziali e per le quali si dimostra essenziale l'autonomia strategica.
La guerra, ma anche prima, gli ultimi eventi hanno dimostrato che il mercato e le catene di produzione non funzionano fluidamente sempre e la loro interruzione può creare crisi profonde. Quindi dobbiamo anche attrezzarci per questo.
Questo è, dicevo, il federalismo programmatico, ma insisto su un'altra cosa, su quello che ho chiamato il federalismo ideale. In questo momento i nostri valori sono sottoposti a sfide che non hanno conosciuto da quando è stata costituita l'Unione europea. Di fronte a queste sfide dobbiamo essere uniti. È lì che si vede in un certo senso il federalismo ideale, la capacità di arrivare a risposte che sono unite, pur essendo noi profondamente diversi per storia, tradizioni e condizioni di partenza. Quindi è lì la difficoltà vera, in un certo senso, che dobbiamo superare e dobbiamo riuscire a superarla per aver successo come Europa.
E finalmente questo, come ho detto prima, se ciò e credo che sia necessario, che lo renderà necessario, se ciò porterà a un inizio di un percorso per la revisione dei trattati, percorriamolo con coraggio e con fiducia.
(Applausi)
President. – Thank you very much, Prime Minister Draghi.
The debate is closed.
Written statements (Rule 171)
Gunnar Beck (ID), schriftlich. – Allein im Jahr 2021 haben die Negativzinsen die deutschen Haushalte 160 Milliarden Euro gekostet. Unterdessen profitieren korrupte italienische Bankster von Prämien auf ihre TLTRO-Kredite von der EZB, und die hoch verschuldeten Mitgliedstaaten südlich der Alpen und Pyrenäen profitieren von der höchsten Inflation seit 30 Jahren. Laut offiziellen Statistiken der Europäischen Bankenaufsichtsbehörde ist die Zahl der italienischen Banker, die mehr als 1 Million Euro pro Jahr verdienen, im Jahr 2020 um 16 % gestiegen, der höchste Anstieg in der gesamten EU. Nordeuropäische Sparer und Rentner leiden und bezahlen die Rechnungen, während die mediterranen Banker Champagner trinken. All dies ist das orchestrierte Werk von Mario Draghi. Zuerst als Präsident der EZB und jetzt als Ministerpräsident von Italien. Dank der Großzügigkeit der deutschen Steuerzahler soll das italienische Dorf Cedi mit 200 Einwohnern 200 Millionen Euro an NGEU-Mitteln erhalten. Unterdessen haben die Deutschen das niedrigste Medianvermögen des gesamten Euroraums, die niedrigste Haushaltseigentumsquote und einen der höchsten Einkommenssteuersätze in der gesamten EU. Jetzt hat der deutsche Finanzminister Christian Lindner die Tür zur Errichtung einer europäischen Einlagensicherung geöffnet. Bald müssen deutsche Sparer für die Misswirtschaft südeuropäischer Banken büßen. Aus der Währungsunion ist eine Transferunion entstanden. Nur die AfD hat immer wieder vor dieser Verirrung gewarnt.