Decisione del Giappone di riprendere la caccia alla balena durante la stagione 2015-2016
4.4.2016
Interrogazione con richiesta di risposta orale O-000058/2016
al Consiglio
Articolo 128 del regolamento
Renate Sommer, Renata Briano, Julie Girling, Frédérique Ries, Stefan Eck, Linnéa Engström, Marco Affronte, a nome della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare
Nel novembre 2015 l'agenzia giapponese per la pesca ha comunicato alla Commissione baleniera internazionale che riprenderà la caccia alla balena nel quadro di un piano rivisto. Il piano, sviluppato su un periodo di 12 anni, porterebbe all'uccisione di 333 esemplari di balenottera rostrata durante la stagione 2015-2016 e di un totale di circa 4 000 balene nell'arco dei 12 anni. Riprendendo la caccia alla balena il Giappone ignora chiaramente la sentenza della Corte internazionale di giustizia (CIG) che, nella sua decisione del 31 marzo 2014, imponeva al Giappone di interrompere la sua strage annuale di balene nell'Oceano Antartico. La CIG ha concluso che la caccia alla balena non è condotta, come sostiene il Giappone, ai fini della ricerca scientifica.
La caccia alla balena costituisce dunque una violazione del diritto internazionale e minaccia la tutela della biodiversità e degli ecosistemi marini. Inoltre, la ricerca scientifica non richiede più di sterminare le balene. In tale contesto, accoglieremmo con favore una risposta del Consiglio ai seguenti interrogativi:
– A parte la "démarche" che cofirmerà la delegazione dell'UE a Tokyo, intende condannare più rigorosamente la decisione del Giappone di riprendere la caccia alla balena e di cacciare e uccidere 333 esemplari di balenottera rostrata durante la stagione 2015-2016?
– Sta valutando altri strumenti per esercitare pressione sul Giappone attraverso canali bilaterali o multilaterali?
– Qualora la "démarche" non dovesse produrre i risultati auspicati, intende intraprendere azioni legali volte a garantire il rispetto della sentenza della CIG da parte del Giappone, oppure la reazione dell'UE si limiterà alla "démarche"?