Proposta di risoluzione comune - RC-B7-0444/2013Proposta di risoluzione comune
RC-B7-0444/2013

PROPOSTA DI RISOLUZIONE COMUNE sugli scontri in Sudan e successiva censura dei media

9.10.2013 - (2013/2873(RSP))

presentata a norma dell'articolo 122, paragrafo 5, e dell'articolo 110, paragrafo 4, del regolamento
in sostituzione delle proposte di risoluzione presentate dai gruppi:
ECR (B7‑0444/2013)
Verts/ALE (B7‑0445/2013)
S&D (B7‑0448/2013)
PPE (B7‑0455/2013)
GUE/NGL (B7‑0456/2013)
ALDE (B7‑0457/2013)

Mariya Gabriel, Gay Mitchell, Cristian Dan Preda, Bernd Posselt, Tunne Kelam, Eduard Kukan, Roberta Angelilli, Laima Liucija Andrikienė, Jarosław Leszek Wałęsa, Andrzej Grzyb, Lena Kolarska-Bobińska, Petri Sarvamaa, Monica Luisa Macovei, Eija-Riitta Korhola, Philippe Boulland, Jean Roatta, Sergio Paolo Francesco Silvestris, Giovanni La Via, Sari Essayah, Zuzana Roithová, Krzysztof Lisek, Anne Delvaux, Michèle Striffler, Tadeusz Zwiefka, Martin Kastler, Bogusław Sonik a nome del gruppo PPE
Véronique De Keyser, Ana Gomes, Richard Howitt, Joanna Senyszyn, Liisa Jaakonsaari, Lidia Joanna Geringer de Oedenberg, Mitro Repo, Marc Tarabella, Pino Arlacchi, Antigoni Papadopoulou, María Muñiz De Urquiza a nome del gruppo S&D
Marietje Schaake, Alexander Graf Lambsdorff, Louis Michel, Kristiina Ojuland, Johannes Cornelis van Baalen, Robert Rochefort, Graham Watson, Angelika Werthmann, Izaskun Bilbao Barandica, Marielle de Sarnez, Ramon Tremosa i Balcells a nome del gruppo ALDE
Judith Sargentini, Nicole Kiil-Nielsen, Barbara Lochbihler, Raül Romeva i Rueda a nome del gruppo Verts/ALE
Charles Tannock, Adam Bielan a nome del gruppo ECR
Marie-Christine Vergiat a nome del gruppo GUE/NGL
Jaroslav Paška

Procedura : 2013/2873(RSP)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo del documento :  
RC-B7-0444/2013
Testi presentati :
RC-B7-0444/2013
Testi approvati :

Risoluzione del Parlamento europeo sugli scontri in Sudan e successiva censura dei media

(2013/2873(RSP))

Il Parlamento europeo,

–   viste le sue precedenti risoluzioni sul Sudan e il Sud Sudan,

–   vista la dichiarazione rilasciata in data 30 settembre 2013 dal portavoce del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza sulla violenza durante le attuali proteste in Sudan,

–   vista la dichiarazione rilasciata il 27 settembre 2013 dal portavoce dell'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani in cui si invita alla moderazione in ragione del crescente bilancio delle vittime durante le proteste in Sudan concernenti il carburante,

–   vista la relazione del 18 settembre 2013, a cura dell'esperto indipendente del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, sulla situazione dei diritti umani in Sudan,

–   vista la dichiarazione rilasciata il 6 settembre 2013 dal portavoce del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e concernente il vertice tra i presidenti del Sudan e del Sud Sudan tenutosi a Khartoum, Sudan,

–   viste le conclusioni comuni della riunione del meccanismo di coordinamento tripartito tra il governo del Sudan, l'Unione africana e le Nazioni Unite in merito all'UNAMID, tenutasi il 28 settembre 2013,

–   vista la tabella di marcia per il Sudan e il Sud Sudan, che gode del pieno sostegno dell'UE, illustrata nel comunicato emesso il 24 aprile 2012 dal Consiglio per la pace e la sicurezza dell'Unione africana,

–   vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948,

–   visto il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966,

–   visti i principi di base delle Nazioni Unite sull'uso della forza e delle armi da fuoco da parte dei responsabili dell'applicazione della legge,

–   visti i principi di Johannesburg per la sicurezza nazionale, la libertà di espressione e l'accesso all'informazione, documento delle Nazioni Unite E/CN.4/1996/39 (1996),

–   visto l'accordo globale di pace (CPA) in Sudan del 2005,

–   vista la Carta africana per i diritti dell'uomo e dei popoli,

–   visto l'accordo di partenariato 2000/483/CE tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, firmato a Cotonou (Benin) il 23 giugno 2000 e successivamente rivisto nel 2005 e nel 2010,

–   vista la sua risoluzione dell'11 dicembre 2012 su una strategia di libertà digitale nella politica estera dell'UE[1],

–   vista la sua risoluzione del 13 giugno 2013 sulla libertà della stampa e dei media nel mondo[2],

–   visti l'articolo 122, paragrafo 5, e l'articolo 110, paragrafo 4, del suo regolamento,

A. considerando che il Sudan è teatro di un'ondata di crescenti proteste popolari e che la situazione politica del paese è delicata;

B.  considerando che il 23 settembre 2013 sono scoppiate proteste e manifestazioni in tutto il Sudan a seguito dell'annuncio da parte del presidente Omar Al-Bashir di tagliare i sussidi sul carburante nel tentativo di riformare l'economia, il che ha comportato un brusco aumento del 75% del prezzo della benzina e del gas;

C. considerando che migliaia di manifestanti hanno marciato in segno di protesta per le strade delle città di tutto il paese, tra cui Wad Madani, Khartoum, Omdurman, Port Sudan, Atbara, Gedarif, Nyala, Kosti e Sinnar, in quanto le misure di austerità introdotte dal governo, unitamente al fatto che i prezzi del carburante sono quasi raddoppiati, hanno colpito più duramente le fasce più povere;

D. considerando che la situazione economica del Sudan resta estremamente difficile, in quanto segnata da un aumento dell'inflazione, una valuta indebolita e una grave penuria di dollari necessari a pagare le importazioni da quando, due anni fa, il Sud Sudan ha ottenuto l'indipendenza, assicurandosi circa il 75% della produzione di greggio del paese un tempo unito;

E.  considerando che l'assenza di un accordo in merito alle disposizioni economiche transitorie tra il Sudan e il Sud Sudan, compreso l'uso del petrolio, è stata utilizzata come strumento d'intimidazione da entrambe le parti, il che ha contribuito in maniera significativa alla crisi attuale; che la diffidenza tra i due paesi vicini per quanto concerne la spartizione del debito nazionale e l'importo che il paese meridionale, privo di uno sbocco sul mare, dovrebbe pagare per il trasporto del proprio greggio attraverso il Sudan rappresenta una delle questioni irrisolte;

F.  considerando che, secondo quanto riportato, almeno 800 attivisti, tra cui membri dei partiti dell'opposizione e giornalisti, sono stati arrestati durante le manifestazioni in corso, dove sarebbero state uccise fino a 100 persone per mano delle forze di sicurezza, un bilancio che ha spinto l'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) a invitare i responsabili dell'applicazione della legge alla "massima moderazione"; che, stando a quel che viene riferito, la maggior parte delle persone uccise aveva un'età compresa tra i 15 e i 25 anni, ma che anche bambini tra i 10 e 12 anni sarebbero stati colpiti con armi da fuoco dalle forze di sicurezza;

G. considerando che il ministero dell'Istruzione ha reso noto che le scuole rimarranno chiuse fino al 20 ottobre 2013;

H. considerando che durante la violenta repressione per mano del governo sudanese è stato fatto ricorso a munizioni vere contro i manifestanti pacifici nonché a fermi su larga scala; che diversi attivisti, membri del partito dell'opposizione e leader della società civile, tra cui insegnanti e studenti, sono stati arrestati presso il loro domicilio o tenuti in segregazione, e che le loro abitazioni sono state perquisite dagli agenti dei servizi nazionali di intelligence e di sicurezza (NISS); che si sono tenuti processi sommari, come ad esempio quello a seguito dell'arresto di Majdi Saleem, noto difensore dei diritti umani, e che dalla fine di settembre è in atto un oscuramento delle informazioni attraverso una severa censura dei mezzi stampa e un blocco di Internet;

I.   considerando che il Sudan occupa uno dei posti peggiori nella classifica concernente il rispetto della libertà di informazione; che il 25 settembre 2013 i NISS hanno dato un giro di vite senza precedenti alla libertà di informazione, vietando ai direttori dei principali giornali di pubblicare qualsiasi informazione sulle proteste che non provenisse da fonti governative;

J.   considerando che sono state commesse numerose violazioni della libertà di stampa, tra cui il blocco di Internet, il sequestro di giornali, l'intimidazione di giornalisti e la censura di siti web di informazione; che gli uffici delle stazioni televisive Al-Arabiya e Sky News Arabic Service sono stati chiusi; che il 19 settembre 2013 è stata vietata la pubblicazione di diversi quotidiani, tra cui Al-Sudani, Al‑Meghar, Al Gareeda, Almash'had Alaan, Al-Siyasi e il quotidiano filogovernativo Al‑Intibaha, e che le copie di tre giornali, incluso Al‑Intibaha, sono state confiscate non appena stampate;

K. considerando che un accesso privo di censure a Internet, cellulari e TIC ha un impatto positivo sui diritti umani e sulle libertà fondamentali, in quanto estende la portata della libertà di espressione, dell'accesso alle informazioni e della libertà di riunione in tutto il mondo; che la raccolta e la divulgazione digitali di prove relative alle violazioni dei diritti umani possono contribuire alla lotta globale contro l'impunità;

L.  considerando che l'accesso a Internet è un diritto fondamentale riconosciuto dal Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani (UNHRC) che si colloca sullo stesso piano di altri diritti umani fondamentali, e che in quanto tale dovrebbe essere difeso e salvaguardato;

M. considerando che le autorità di regolamentazione del paese hanno istituito un'unità speciale incaricata di monitorare e attuare il filtraggio delle informazioni, e che le autorità sudanesi riconoscono apertamente di filtrare i contenuti che possono trasgredire la moralità pubblica e l'etica o minacciare l'ordine;

N. considerando che imprese internazionali e aventi sede nell'UE sono responsabili dello sviluppo, dell'esportazione e della gestione di sistemi e tecnologie per la sorveglianza di massa;

O. considerando che il 25 settembre 2013 le autorità hanno bloccato l'accesso a Internet in tutto il paese per oltre 24 ore, creando il più grande blackout dal tempo delle rivolte del 2011 in Egitto; che Internet era stato drasticamente rallentato nel giugno 2012 durante una serie di proteste;

P.  considerando che, secondo la relazione di Freedom House dal titolo "Libertà in rete 2013", pubblicata il 3 ottobre 2013, il Sudan è considerato un paese "non libero" e si colloca al 63° posto su 100 paesi; che il Sudan occupa il 170° posto su 179 paesi nella classifica della libertà di stampa relativa al 2013 redatta da Reporter senza frontiere; che Reporter senza frontiere ha condannato le misure adottate dal governo;

Q. considerando che la maggior parte degli attivisti ricorre a Internet per comunicare, divulgare le informazioni al di fuori del paese ed esprimere le proprie opinioni e preoccupazioni; che i cittadini hanno segnalato che persino il servizio di SMS è stato interrotto durante il blackout;

R.  considerando che Omar al-Bashir è stato rieletto presidente del Sudan nelle elezioni politiche dell'aprile 2010, che sono state le prime elezioni pluraliste organizzate in Sudan dal 1986; che la missione di osservazione elettorale dell'Unione europea ha individuato numerose irregolarità e lacune nel processo elettorale e ha dichiarato che le elezioni non erano conformi alle norme internazionali;

S.  considerando che la Corte penale internazionale (CPI) ha emesso due mandati di arresto a carico del presidente al-Bashir nel 2009 e nel 2010, accusandolo di crimini di guerra, crimini contro l'umanità e atti di genocidio, e che, sebbene il Sudan non abbia sottoscritto lo Statuto di Roma, esso è tenuto a cooperare con la CPI in forza della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1593 (2005), e deve pertanto dare esecuzione ai suddetti mandati di arresto;

T.  considerando che, secondo le stime delle Nazioni Unite, il 50% della popolazione del Sudan (che conta 34 milioni di persone) ha meno di 15 anni e il 46% circa vive al di sotto della soglia di povertà;

U. considerando che il conflitto che interessa le zone di transito del Sudan ha colpito più di 900 000 persone, oltre 220 000 delle quali si sono rifugiate in Etiopia e Sud Sudan, e che dall'inizio del 2013 circa 300 000 persone sono state nuovamente sfollate a causa degli scontri tra tribù in corso in Darfur;

V. considerando che tra il 2012 e il 2013 l'UE ha stanziato oltre 76 milioni di euro a favore degli aiuti umanitari in Sudan (dato aggiornato al 20 agosto 2013); che il Sudan non ha ratificato l'accordo di Cotonou riveduto del 2005 e non può dunque beneficiare di sostegno finanziario a titolo del 10° Fondo europeo di sviluppo;

1.  esprime profonda preoccupazione per il deteriorarsi della situazione politica, economica e sociale in Sudan, segnata dalle violenze e dalle perdite di vite umane registrate nel contesto delle recenti proteste scoppiate in tutto il paese;

2.  condanna le uccisioni, le violenze perpetrate contro i manifestanti, la censura dei media, le intimidazioni politiche nonché le vessazioni e gli arresti arbitrari a danno di difensori dei diritti umani, attivisti politici e giornalisti;

3.  invita il governo del Sudan a porre fine alle vessazioni e a rilasciare immediatamente tutti i manifestanti pacifici, gli attivisti politici, i membri dell'opposizione, i difensori dei diritti umani, il personale sanitario, i blogger e i giornalisti arrestati per aver esercitato il proprio diritto alla libertà di parola e riunione; sottolinea che tutti i detenuti devono avere accesso a un processo equo basato su indagini credibili nonché beneficiare del diritto all'assistenza legale e al rispetto della presunzione di innocenza, e che il governo deve consentire ai detenuti di incontrare le famiglie e di avere accesso alle cure mediche;

4.  deplora l'utilizzo di munizioni vere contro i manifestanti, sfociato in uccisioni illegali, così come l'uso sproporzionato della forza e le uccisioni presumibilmente intenzionali di manifestanti a opera delle forze di sicurezza; esorta il governo sudanese a fermare immediatamente le repressioni e a porre fine all'impunità di cui godono i membri dei NISS; chiede l'abolizione della draconiana legge sulla sicurezza nazionale del 2010;

5.  invita le forze di sicurezza sudanesi a rispettare i "Principi di base delle Nazioni Unite sull'uso della forza e delle armi da fuoco da parte dei funzionari incaricati dell'applicazione della legge", che stabiliscono le circostanze in cui è possibile ricorrere legittimamente alla forza senza violare i diritti umani, incluso il diritto alla vita;

6.  invita le autorità sudanesi a ripristinare e rispettare i diritti umani e le libertà fondamentali sanciti dal diritto internazionale, ivi compresi la libertà di espressione, sia online che offline, la libertà di riunione, la libertà di religione, i diritti delle donne e l'uguaglianza di genere, nonché a rimuovere immediatamente tutte le restrizioni nell'accesso alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione;

 

7.  esorta il governo sudanese a porre termine a tutte le forme di repressione contro coloro che esercitano il proprio diritto alla libertà di espressione, sia online che offline, e a proteggere i giornalisti; pone in evidenza il ruolo svolto dai media che, oltre a fornire informazioni ai cittadini, offrono loro una piattaforma dove dar voce alle proprie legittime preoccupazioni; condanna pertanto con fermezza il blackout mediatico del 22 settembre 2013 e l'operazione di intimidazione orchestrata dai NISS;

8.  esorta il governo sudanese a consentire alla sua popolazione di accedere liberamente a Internet in qualsiasi momento; sottolinea che l'accesso a Internet costituisce un diritto fondamentale, riconosciuto dall'UNHCR, che va mantenuto e difeso alla stregua di tutti gli altri diritti umani;

9.  invita il governo sudanese a proseguire le riforme politiche necessarie per apportare una soluzione ai problemi della cronica cattiva gestione economica, della povertà, dei crescenti livelli di corruzione e dell'insicurezza nelle aree occidentali e meridionali del paese, e raccomanda alle autorità sudanesi e a tutti i partner regionali e internazionali di realizzare programmi a favore dei giovani volti a promuovere l'istruzione, la formazione e l'occupazione;

10. invita le autorità sudanesi ad avviare a livello nazionale un effettivo processo di dialogo globale con l'opposizione, in particolare in Darfur; sollecita con vigore i governi del Sudan e del Sud Sudan a raggiungere un accordo in merito alle disposizioni economiche transitorie ancora irrisolte tra i due paesi, tra l'altro per quanto concerne lo sfruttamento del petrolio, che ha contribuito al verificarsi degli attuali disordini in Sudan;

11. rammenta le conclusioni del Consiglio Affari generali e relazioni esterne del giugno 2008, che denunciano il continuo rifiuto da parte del governo del Sudan di cooperare con la Corte penale internazionale (CPI) e sottolineano l'obbligo, e la capacità, del governo sudanese di impegnarsi in tale cooperazione, segnalando altresì la necessità di rispettare tutti i mandati d'arresto emessi dalla CPI; esorta Omar al-Bashir a rispettare il diritto internazionale e a comparire dinanzi alla CPI per crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio;

12. invita il governo sudanese a rivedere la propria legge sulla sicurezza nazionale, che consente la detenzione degli indagati per un periodo fino a quattro mesi e mezzo senza alcuna forma di riesame giudiziario, nonché a riformare il proprio ordinamento giuridico conformemente alle norme internazionali in materia di diritti umani;

13. esorta il governo sudanese ad abolire la pena di morte, ancora in vigore, e a commutare le sentenze capitali in pene alternative adeguate;

14. accoglie con favore la decisione delle autorità di istituire una commissione d'indagine per consegnare alla giustizia i responsabili delle uccisioni, ed esorta le stesse autorità a procedere a indagini complete e indipendenti su tutte le uccisioni denunciate;

15. invita l'Unione africana, in stretto coordinamento con le procedure speciali del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, a inviare con urgenza una commissione d'inchiesta per indagare sulle accuse di un uso eccessivo, intenzionale e letale della forza da parte delle autorità sudanesi, nonché sulle circostanze che hanno portato alla morte dei manifestanti, inclusi i difensori dei diritti umani;

16. invita la Commissione ad adottare con la massima sollecitudine disposizioni giuridiche volte a limitare l'esportazione di tecnologie per la sorveglianza di massa dall'Unione europea verso i paesi dove esse saranno probabilmente utilizzate per violare le libertà digitali e altri diritti umani;

17. si rammarica, visti i gravi disordini politici in Sudan e i conflitti armati in cui le forze sudanesi e le milizie sostenute dal governo continuano a perpetrare impunemente crimini di guerra, della decisione dell'alto rappresentante dell'UE di porre fine al mandato del rappresentante speciale dell'Unione europea per il Sudan/Sud Sudan; ritiene che, senza un rappresentante speciale dell'Unione europea per il Sudan/Sud Sudan in carica, l'UE sarà lasciata ai margini dei negoziati e degli sforzi internazionali, specialmente in considerazione del fatto che Stati Uniti, Russia e Cina dispongono tutti di inviati speciali per il Sudan; invita pertanto l'alto rappresentante a rivedere la sua decisione e a prorogare il mandato del rappresentante speciale dell'Unione europea per il Sudan/Sud Sudan;

18. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al governo del Sudan, all'Unione africana, al Segretario generale delle Nazioni Unite, ai copresidenti dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE e al parlamento panafricano.