Proposta di risoluzione comune - RC-B7-0043/2014Proposta di risoluzione comune
RC-B7-0043/2014

PROPOSTA DI RISOLUZIONE COMUNE Recenti tentativi di configurare come reato l'appartenenza alla categoria lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali (LGBTI)

15.1.2014 - (2014/2517(RSP))

presentata a norma dell'articolo 122, paragrafo 5, e dell'articolo 110, paragrafo 4, del regolamento
in sostituzione delle proposte di risoluzione presentate dai gruppi:
Verts/ALE (B7‑0043/2014)
ECR (B7‑0045/2014)
ALDE (B7‑0047/2014)
S&D (B7‑0048/2014)
GUE/NGL (B7‑0050/2014)

Véronique De Keyser, Michael Cashman, Marc Tarabella, Ricardo Cortés Lastra, Ana Gomes, Tanja Fajon, Pino Arlacchi, Liisa Jaakonsaari, Joanna Senyszyn, Lidia Joanna Geringer de Oedenberg, Mitro Repo, María Muñiz De Urquiza, Richard Howitt a nome del gruppo S&D
Marietje Schaake, Sarah Ludford, Alexander Graf Lambsdorff, Graham Watson, Leonidas Donskis, Jelko Kacin, Kristiina Ojuland, Phil Bennion, Izaskun Bilbao Barandica, Louis Michel, Ramon Tremosa i Balcells, Johannes Cornelis van Baalen, Alexandra Thein a nome del gruppo ALDE
Ulrike Lunacek, Raül Romeva i Rueda, Jean Lambert, Barbara Lochbihler, Marije Cornelissen, Tarja Cronberg, Judith Sargentini, Iñaki Irazabalbeitia Fernández, Nicole Kiil-Nielsen, Rui Tavares a nome del gruppo Verts/ALE
Charles Tannock a nome del gruppo ECR
Cornelis de Jong, Martina Anderson, Willy Meyer, Alda Sousa, Matthias Groote, Helmut Scholz, Marie-Christine Vergiat, Mikael Gustafsson a nome del gruppo GUE/NGL


Procedura : 2014/2517(RSP)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo del documento :  
RC-B7-0043/2014
Testi presentati :
RC-B7-0043/2014
Testi approvati :

Risoluzione del Parlamento europeo sui recenti tentativi di criminalizzare le persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali (LGBTI)

(2014/2517(RSP))

Il Parlamento europeo,

–   visti la Dichiarazione universale dei diritti umani, il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli e la Costituzione dell'India,

–   vista la risoluzione A/HRC/17/19 del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, del 17 giugno 2011, sui diritti umani, l'orientamento sessuale e l'identità di genere,

–   vista la seconda revisione dell'accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e l'Unione europea e i suoi Stati membri, dall'altro (l'accordo di Cotonou) e le sue disposizioni in materia di diritti umani, in particolare l'articolo 8, paragrafo 4, e l'articolo 9,

–   visti l'articolo 2, l'articolo 3, paragrafo 5, e l'articolo 21 del trattato sull'Unione europea e l'articolo 10 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che sanciscono l'impegno dell'Unione europea e degli Stati membri a favore della difesa e della promozione dei diritti umani universali nonché della tutela dei singoli individui nell'ambito delle loro relazioni con il resto del mondo,

–   visti gli orientamenti per la promozione e la tutela dell'esercizio di tutti i diritti umani da parte di lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali (LGBTI), adottati dal Consiglio il 24 giugno 2013,

–   vista la dichiarazione del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza , del 20 dicembre 2013, sull'adozione del disegno di legge contro l'omosessualità in Uganda,

–   vista la dichiarazione del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, sull'adozione del disegno di legge contro l'omosessualità in Uganda e la sua richiesta al presidente Yoweri Museveni di non promulgare tale legge,

–   viste la sua risoluzione del 5 luglio 2012 sulla violenza contro le lesbiche e sui diritti degli LGBT in Africa[1], la sua risoluzione legislativa del 13 giugno 2013 sul progetto di decisione del Consiglio relativo alla conclusione dell'accordo che modifica per la seconda volta l'accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000, modificato per la prima volta a Lussemburgo il 25 giugno 2005[2], e la sua risoluzione dell'11 dicembre 2013 sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2012 e la politica dell'Unione europea in materia[3],

–   viste le sue precedenti risoluzioni del 17 dicembre 2009 sulla proposta di legge contro l'omosessualità in Uganda[4], del 16 dicembre 2010 sulla cosiddetta "legge Bahati" e la discriminazione nei confronti di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali (LGBT) in Uganda[5] e del 17 febbraio 2011 sull'uccisione di David Kato in Uganda[6],

–   viste le sue precedenti risoluzioni del 15 marzo 2012[7] e del 4 luglio 2013[8] sulla situazione in Nigeria,

–   vista la sua risoluzione dell'11 maggio 2011 sullo stato di avanzamento dei negoziati dell'Accordo di libero scambio UE-India[9],

–   visti l'articolo 122, paragrafo 5, e l'articolo 110, paragrafo 4, del suo regolamento,

A. considerando che tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali per dignità e diritti; che tutti gli Stati hanno l'obbligo di prevenire le violenze, l'incitamento all'odio e le stigmatizzazioni basate su caratteristiche individuali, inclusi l'orientamento sessuale, l'identità di genere e l'espressione di genere;

B.  considerando che ben 78 paesi continuano a considerare gli atti consensuali tra adulti dello stesso sesso come reato e che 7 paesi prevedono la pena capitale per tali "reati" (Iran, Mauritania, alcune regioni della Nigeria, Arabia Saudita, alcune regioni della Somalia, Sudan e Yemen); che tali restrizioni giuridiche sono obsolete alla luce della generalizzazione dei diritti delle persone LGBTI negli ultimi decenni e che le evoluzioni positive registrate in numerosi paesi dovrebbero fungere da esempio per conseguire un miglioramento globale nelle questioni legate alle persone LGBTI;

C. considerando che gli atti consensuali tra persone dello stesso sesso erano già puniti con 14 anni di reclusione in Uganda e con 7 anni di reclusione in Nigeria (o con la pena capitale nei 12 paesi in cui vige la Sharia) ed erano stati depenalizzati in India con una sentenza del 2009 emessa dall'Alta corte di Delhi;

D. considerando che il 20 dicembre 2013 il parlamento ugandese ha approvato il disegno di legge contro l'omosessualità che punisce la difesa dei diritti delle persone LGBTI con la reclusione fino a 7 anni, la mancata denuncia delle persone LGBTI con la reclusione fino a 3 anni e i trasgressori "recidivi" o sieropositivi con l'ergastolo; che gli atti consensuali tra persone dello stesso sesso sono considerati reato a norma della sezione 145 del codice penale ugandese;

E.  considerando che il 17 dicembre 2013 il Senato nigeriano ha approvato il disegno di legge riguardante il (divieto di) matrimonio tra persone dello stesso sesso, che punisce le persone che hanno una relazione omosessuale con la reclusione fino a 14 anni e i testimoni di matrimoni tra persone dello stesso sesso o coloro che gestiscono bar, organizzazioni o riunioni per le persone LGBTI con la reclusione fino a 10 anni; che tale legge è stata promulgata dal presidente Goodluck Jonathan nel gennaio 2014;

F.  considerando che l'11 dicembre 2013 la Corte suprema Indiana ha rovesciato una sentenza con cui, nel 2009, l'Alta corte di Delhi aveva dichiarato contraria al principio di uguaglianza sancito dalla costituzione indiana la sezione 377 del codice penale dell'India, una legge di epoca coloniale che metteva al bando l'omosessualità, riconfigurando pertanto l'omosessualità come reato punibile anche con l'ergastolo;

G. considerando che, nel giugno 2013, la Duma di Stato russa ha approvato una legge che vieta la cosiddetta "propaganda omossessuale", imponendo gravi limitazioni alla libertà di espressione e di riunione delle organizzazioni LGBTI, e che tale legge è stata promulgata dal presidente Vladimir Putin;

H. considerando che i media e l'opinione pubblica nonché i leader politici e religiosi dei citati paesi sempre più spesso tentano di intimidire le persone LGBTI, limitarne i diritti e legittimare la violenza nei loro confronti;

I.   considerando che numerosi capi di Stato e di governo, leader delle Nazioni Unite nonché rappresentanti di governi e parlamenti, al pari dell'Unione europea (attraverso il Consiglio, il Parlamento, la Commissione e l'alto rappresentante) e di diverse personalità a livello mondiale, hanno condannato duramente le leggi volte a configurare come reato l'appartenenza alla categoria LGBTI;

1.  condanna in maniera decisa le citate gravi minacce ai diritti universali alla vita, alla libertà da torture e trattamenti crudeli, inumani e degradanti, alla privacy, alla libertà di espressione e di riunione, nonché qualunque discriminazione e restrizione giuridica nei confronti delle persone LGBTI e di chiunque difenda i loro diritti umani; sottolinea che l'uguaglianza delle persone LGBTI rientra innegabilmente tra i diritti umani fondamentali;

2.  condanna fermamente l'adozione di leggi sempre più repressive nei confronti delle persone LGBTI; ribadisce che l'orientamento sessuale e l'identità di genere rientrano nella sfera privata dei singoli, come riconosciuto dal diritto internazionale e dalle costituzioni nazionali; invita i 78 paesi di cui sopra a depenalizzare gli atti consensuali tra adulti dello stesso sesso;

3.  invita il presidente ugandese ad astenersi dal promulgare la legge contro l'omosessualità e ad abrogare la sezione 145 del Codice penale dell'Uganda; ricorda al governo ugandese gli obblighi a esso incombenti in virtù del diritto internazionale e dell'accordo di Cotonou, che invita al rispetto dei diritti umani universali;

4.  condanna in maniera decisa l'adozione e la promulgazione della legge sul (divieto di) matrimonio omosessuale in Nigeria; invita il presidente della Nigeria ad abrogare tale legge nonché le sezioni 214 e 217 del Codice penale nigeriano;

5.  sottolinea che gli atti consensuali tra adulti dello stesso sesso sono ammessi in Burkina Faso, Benin, Ciad, Repubblica centrafricana, Congo, Repubblica democratica del Congo, Guinea equatoriale, Gabon, Guinea-Bissau, Costa d'Avorio, Madagascar, Mali, Niger, Ruanda e Sud Africa, e che le discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale sono vietate per legge nella costituzione di quest'ultimo paese, a dimostrazione dell'eterogeneità degli approcci alla materia all'interno del continente africano;

6.  chiede alla Commissione, al Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) e agli Stati membri di opporsi in maniera quanto più possibile decisa alle tre leggi in questione e di chiarire che le stesse avranno significative implicazioni per le relazioni bilaterali tra i paesi interessati, l'Unione europea e i suoi Stati membri;

7.  accoglie favorevolmente l'iniziativa del governo indiano di chiedere alla Corte suprema di rivedere la sentenza che ha emesso in quanto violazione del principio costituzionale dell'uguaglianza; chiede al parlamento indiano di abolire la sezione 377 del Codice penale dell'India in caso di mancata revisione della citata sentenza da parte della Corte suprema;

8.  esprime profonda preoccupazione per le conseguenze negative della legge che vieta la propaganda delle "relazioni sessuali non convenzionali" in Russia e che sta portando a un aumento del livello di discriminazione e violenza nei confronti delle persone LGBTI; invita le autorità russe ad abrogare la legge e chiede alla comunità internazionale di continuare a seguire attentamente la questione;

9.  ricorda che le leggi volte a configurare come reato gli atti consensuali tra adulti dello stesso sesso e la difesa dei diritti umani delle persone LGBTI rappresentano un ostacolo rilevante nella lotta all'HIV/AIDS e, oltre a incrementare sistematicamente il contagio di HIV e malattie sessualmente trasmissibili (dal momento che i gruppi a rischio temono le interazioni con il personale medico), contribuiscono a un clima di omofobia e discriminazione portate all'estremo; osserva che le leggi in questione renderanno tra l'altro ancora più difficile la prevenzione dell'HIV/AIDS in paesi già caratterizzati da elevati tassi di prevalenza;

10. sottolinea che, in un contesto in cui gli atti consensuali tra adulti dello stesso sesso continuano a essere considerati reato, risulterà ancora più difficile conseguire sia gli Obiettivi di sviluppo del millennio, soprattutto per quanto concerne l'uguaglianza di genere e la lotta alle malattie, sia qualunque tipo di progresso in relazione al quadro per lo sviluppo post-2015;

11. invita la Commissione, il SEAE e gli Stati membri a sfruttare tutti i canali esistenti, ivi inclusi i forum bilaterali e multilaterali nonché i negoziati in corso per un Accordo di libero scambio con l'India, per esprimere in termini quanto più possibile decisi la loro opposizione alla perseguibilità penale dell'appartenenza alla categoria LGBTI;

12. chiede alla Commissione, al SEAE e agli Stati membri di prestare tutta l'assistenza possibile alle ONG e ai difensori dei diritti umani avvalendosi degli orientamenti del Consiglio per le persone LGBTI, dello Strumento europeo per la democrazia e i diritti umani nonché di altri programmi;

13. invita la Commissione e il Consiglio a inserire un esplicito riferimento alla non discriminazione fondata sull'orientamento sessuale nell'ambito della prossima revisione dell'accordo di Cotonou, così come richiesto in più occasioni dal Parlamento;

14. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al Servizio europeo per l'azione esterna, agli Stati membri, ai governi e ai parlamenti nazionali di Uganda, Nigeria e India nonché ai presidenti di Uganda e Nigeria.