PROPOSTA DI RISOLUZIONE COMUNE sulla Siria: situazione di determinate comunità vulnerabili
16.4.2014 - (2014/2695(RSP))
in sostituzione delle proposte di risoluzione presentate dai gruppi:
ECR (B7‑0387/2014)
EFD (B7‑0392/2014)
PPE (B7‑0400/2014)
S&D (B7‑0402/2014)
ALDE (B7‑0404/2014)
Verts/ALE (B7‑0407/2014)
José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra, Ria Oomen-Ruijten, Cristian Dan Preda, Bernd Posselt, Filip Kaczmarek, Mariya Gabriel, Tunne Kelam, Elena Băsescu, Monica Luisa Macovei, Eduard Kukan, Philippe Boulland, Jean Roatta, Roberta Angelilli, Petri Sarvamaa, Eija-Riitta Korhola, Sergio Paolo Francesco Silvestris, Sari Essayah, Laima Liucija Andrikienė, Dubravka Šuica, Peter Šťastný, Anne Delvaux, Salvador Sedó i Alabart, Jarosław Leszek Wałęsa, Seán Kelly, Bogusław Sonik a nome del gruppo PPE
Véronique De Keyser, Ana Gomes, Joanna Senyszyn, Lidia Joanna Geringer de Oedenberg, Mitro Repo, María Muñiz De Urquiza, Liisa Jaakonsaari a nome del gruppo S&D
Marietje Schaake, Annemie Neyts-Uyttebroeck, Alexander Graf Lambsdorff, Sarah Ludford, Louis Michel, Phil Bennion, Izaskun Bilbao Barandica, Jelko Kacin, Graham Watson, Kristiina Ojuland, Hannu Takkula, Ramon Tremosa i Balcells, Johannes Cornelis van Baalen, Robert Rochefort, Marielle de Sarnez a nome del gruppo ALDE
Hélène Flautre, Judith Sargentini, Tarja Cronberg, Iñaki Irazabalbeitia Fernández, Barbara Lochbihler, Nicole Kiil-Nielsen, Raül Romeva i Rueda a nome del gruppo Verts/ALE
Charles Tannock, Adam Bielan, Sajjad Karim, Konrad Szymański, Ryszard Czarnecki, Paweł Robert Kowal, Ryszard Antoni Legutko a nome del gruppo ECR
Bastiaan Belder, Zbigniew Ziobro, Rolandas Paksas, Juozas Imbrasas a nome del gruppo EFD
Risoluzione del Parlamento europeo sulla Siria: situazione di determinate comunità vulnerabili
Il Parlamento europeo,
– viste le sue precedenti risoluzioni sulla Siria, in particolare quella del 6 febbraio 2014 sulla situazione in Siria[1],
– viste le conclusioni del Consiglio del 14 aprile 2014 e del 20 gennaio 2014 relative alla Siria,
– viste le dichiarazioni del vicepresidente/alto rappresentante Catherine Ashton del 15 marzo 2014 sul terzo anniversario della rivolta in Siria e dell'8 aprile 2014 sull'uccisione di padre Van der Lugt, sacerdote gesuita, a Homs, in Siria,
– vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948,
– visti le convenzioni di Ginevra del 1949 e i relativi protocolli aggiuntivi,
– visto il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966,
– vista la dichiarazione delle Nazioni Unite del 1981 sull'eliminazione di tutte le forme di intolleranza e discriminazione fondate sulla religione o il credo,
– vista la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 2139 del 22 febbraio 2014,
– vista la relazione della commissione internazionale indipendente d'inchiesta sulla Repubblica araba siriana, pubblicata il 12 febbraio 2014,
– vista la dichiarazione sulla Siria rilasciata il 7 aprile 2014 dal portavoce del Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon,
– vista la dichiarazione sulla Siria rilasciata il 28 marzo 2014 dal Sottosegretario generale per gli affari umanitari e coordinatore degli aiuti d'emergenza delle Nazioni Unite, Valerie Amos,
– viste la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo del 1950 e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 2000,
– visto lo statuto di Roma della Corte penale internazionale,
– visti l'articolo 122, paragrafo 5, e l'articolo 110, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che la violenta crisi tuttora in corso in Siria ha dato luogo a una catastrofe umanitaria senza precedenti nella storia recente, nell'ambito della quale sono state uccise oltre 150 000 persone, per la maggior parte civili, mentre le persone sfollate all'interno del paese sono più di 6,5 milioni e i rifugiati siriani, fuggiti prevalentemente in Libano, Turchia, Giordania, Iraq ed Egitto, ammontano a oltre 2,6 milioni; che le minoranze etniche e religiose si trovano in una situazione di particolare vulnerabilità nel contesto della crisi;
B. considerando che la popolazione siriana è tradizionalmente composta da una notevole diversità di comunità etniche, tra cui arabi, aramei, armeni, assiri, circassi, curdi e turkmeni, e di comunità religiose, tra cui musulmani, cristiani e drusi, nonché da altri gruppi; che nessuna comunità etnica o religiosa della Siria è stata risparmiata dal conflitto che infuria ormai da tre anni, assumendo una dimensione sempre più settaria;
C. considerando che dette comunità sono sempre state parte della società siriana e hanno contribuito al suo sviluppo e alla sua evoluzione, tra l'altro mediante la loro partecipazione ai settori dell'istruzione, della sanità e della cultura; che esse sono pertanto chiamate a svolgere un ruolo importante nella democratizzazione della Siria e devono essere rappresentate in tutte le consultazioni relative al futuro del paese e in ogni processo di riconciliazione;
D. considerando che, sino a poco tempo fa, la maggior parte di queste comunità ha cercato di evitare di schierarsi nel conflitto in quanto, pur riconoscendo la necessità di un cambiamento del regime in Siria, molte di esse temono che in caso di rovesciamento del governo sarebbero prese di mira dai ribelli jihadisti sunniti, che caldeggiano la creazione di uno Stato islamico, o da altri gruppi;
E. considerando che il regime di Assad ha deliberatamente innescato una dinamica di polarizzazione settaria quale strategia di sopravvivenza, fomentando così le tensioni latenti e fino ad allora largamente represse tra le comunità; che la presenza e l'infiltrazione sempre maggiori di estremisti e jihadisti islamici in tutte le parti del conflitto hanno suscitato legittime preoccupazioni tra le comunità minoritarie del paese; che la crescente opposizione tra sunniti e sciiti in Siria si ripercuote altresì sui rapporti tra comunità nei paesi vicini;
F. considerando che il 7 aprile 2014 padre Frans van der Lugt, gesuita neerlandese residente in Siria da vari decenni e noto per aver rifiutato di lasciare la città assediata di Homs, è stato picchiato e ucciso a colpi d'arma da fuoco da uomini armati; che il Segretario generale delle Nazioni Unite ha condannato questo disumano atto di violenza perpetrato contro un uomo rimasto al fianco del popolo siriano nonostante gli assedi e le sempre maggiori difficoltà; che nel monastero in cui è stato ucciso padre van der Lugt vi sono tuttora altri cristiani; che la comunità internazionale è preoccupata per la loro sicurezza come pure per la sicurezza dei numerosi civili ancora intrappolati nella città di Homs, che continua a essere assediata;
G. considerando che da luglio 2013 non si hanno notizie di padre Paolo Dall'Oglio e che nell'aprile 2013 i vescovi Boulos Yazigi della Chiesa greco-ortodossa e John Ibrahim della Chiesa siro-ortodossa sono stati prelevati dalla loro automobile e rapiti da uomini armati nei pressi della città settentrionale di Aleppo; che non si hanno tuttora notizie sulla loro sorte;
H. considerando che gli scontri tra le forze del regime e i ribelli, tra cui sono presenti elementi legati ad al‑Quaeda, alla fine di marzo 2014 hanno portato all'evacuazione della stragrande maggioranza della popolazione di Kassab, una città armena sul confine turco‑siriano; che le informazioni circa il numero delle persone rimaste uccise in questi eventi sono contraddittorie;
I. considerando che, secondo le più recenti notizie provenienti dalla Siria, i ribelli del Fronte al‑Nusra, avente legami con al-Qaeda, avrebbero occupato alcuni villaggi cristiani e curdi sul confine turco, tra cui il paese curdo di Ayn-Al-Arab/Kobane;
J. considerando che i rifugiati palestinesi rappresentano un gruppo particolarmente vulnerabile nell'ambito della crisi siriana; che molti di essi vivono in aree assediate, in particolare nel campo Yarmouk, che continua a essere oggetto di violenti attacchi da parte delle forze del regime e di vari gruppi armati, che infliggono sofferenze disumane ai 18 000 palestinesi presenti in quest'area; che la quasi totalità dei 540 000 rifugiati palestinesi in Siria necessita attualmente di assistenza e oltre la metà di essi sono stati sfollati all'interno del paese e devono far fronte a seri ostacoli o a crescenti restrizioni qualora cerchino di fuggire in Egitto, Giordania o Libano;
K. considerando che, nel contesto dell'incessante crisi siriana, le donne e i bambini continuano a essere vittime di aggressioni, violenze sessuali e di genere e abusi nonché a dover far fronte alla mancanza di beni e servizi di base; che tra i rifugiati siriani si registra un numero sproporzionatamente elevato di donne e bambini; che dal 2011 quasi 3 milioni di bambini hanno lasciato la scuola in Siria e che almeno 500 000 bambini registrati come rifugiati non sono iscritti nelle scuole nei paesi vicini;
L. considerando che difensori dei diritti umani, intellettuali, religiosi, giornalisti e attivisti della società civile continuano a essere vittime della violenta crisi in Siria; che la vincitrice del premio Sakharov 2011, Razan Zaitouneh, rapita oltre quattro mesi addietro assieme al marito e ad altri due attivisti per i diritti umani a Douma, resta detenuta in un luogo sconosciuto;
M. considerando che i leader politici e religiosi hanno il dovere di combattere a tutti i livelli l'estremismo e il terrorismo nonché di promuovere il rispetto reciproco tra le persone e i gruppi religiosi ed etnici;
N. considerando che il diritto umanitario internazionale e la normativa internazionale sui diritti umani vietano gli attacchi alle persone o ai gruppi sulla base dell'identità religiosa o etnica, così come gli attacchi a danno dei civili che non partecipano alle ostilità; che tali azioni possono costituire crimini di guerra e crimini contro l'umanità; che la risoluzione n. 2139 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha posto l'accento sull'esigenza di porre fine all'impunità in relazione alle violazioni del diritto umanitario internazionale e alle violazioni e agli abusi dei diritti umani, ribadendo nel contempo la necessità di assicurare alla giustizia coloro che hanno commesso ovvero sono altrimenti responsabili di tali violazioni e abusi in Siria;
1. esprime profondo sgomento per il livello senza precedenti di sofferenza e perdita di vite umane ed esprime la propria solidarietà alle famiglie di tutte le vittime innocenti del conflitto siriano; condanna fermamente le violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale da parte del regime di Assad e delle milizie filo-governative; condanna qualsiasi abuso dei diritti umani e violazione del diritto umanitario internazionale commessi dai gruppi armati che si oppongono al regime; condanna fermamente il crescente numero di attacchi terroristici effettuati da organizzazioni estremiste e singoli individui nel paese;
2. è convinto che si possa ottenere una soluzione durevole all'attuale crisi in Siria soltanto attraverso un processo politico inclusivo guidato dalla Siria con il sostegno della comunità internazionale; deplora che i colloqui di pace non stiano portando a risultati in ragione dell'ostruzionismo del regime ai colloqui, e chiede con urgenza che tutte le parti interessate e la comunità internazionale si adoperino al massimo per avviare nuovi colloqui che pongano fine a questo massacro; sottolinea l'importanza che tutte le componenti della società siriana, comprese le minoranze etniche e religiose, partecipino e contribuiscano a questo processo, ed evidenzia il ruolo cruciale che svolgono le minoranze nel preservare il patrimonio culturale unico e la tradizione di una coesistenza interculturale, interetnica e interreligiosa in Siria, allo scopo di creare una società vivace per le future generazioni di siriani;
3. ribadisce che i diritti delle minoranze sono indissolubilmente legati al rispetto di altri diritti umani e libertà fondamentali, come il diritto alla libertà, la sicurezza, l'uguaglianza e la libertà di espressione;
4. condanna fermamente i recenti attacchi contro talune comunità etniche e religiose in Siria, in particolare contro cristiani, armeni e curdi, e invita tutte le parti interessate a porre fine a ogni azione volta a istigare al conflitto interetnico e interconfessionale; sottolinea che tutti gli attori coinvolti nel conflitto hanno il dovere di proteggere tutte le diverse minoranze presenti nel paese; riconosce, tuttavia, che gli attacchi a danno di alcune comunità vulnerabili rappresentano solo un aspetto della guerra civile siriana;
5. condanna con la massima fermezza l'uccisione di padre Frans Van der Lugt, da considerarsi un atto di violenza disumana nei confronti di un uomo che è stato al fianco del popolo siriano in un momento segnato da assedi e difficoltà crescenti; rende omaggio al suo operato, che andava oltre la città assediata di Homs e continua ad aiutare centinaia di civili nella loro lotta quotidiana per la sopravvivenza;
6. esorta tutte le parti del conflitto a rispettare rigorosamente il diritto umanitario internazionale e la normativa internazionale sui diritti umani, e chiede la protezione di tutte le comunità vulnerabili, permettendo, tra l'altro, l'accesso umanitario e togliendo tutti gli assedi delle aree popolate, compresa la città vecchia di Homs; ribadisce il suo appello per l'istituzione di rifugi sicuri lungo il confine turco-siriano, ed eventualmente all'interno della Siria, nonché la creazione di corridoi umanitari da parte della comunità internazionale;
7. condanna l'attacco a danno della città armena di Kassab; appoggia tutti gli sforzi profusi a livello locale al fine di evitare e combattere la violenza settaria nelle aree sotto il controllo dei ribelli e in quelle a maggioranza curda; esorta le autorità siriane, attuali e future, a fornire alle comunità vulnerabili del paese protezione affidabile ed efficiente, a garantire loro un ritorno in sicurezza alle loro case, oltre a provvedere a che i responsabili degli attacchi a loro danno siano consegnati alla giustizia e sottoposti a un giusto processo;
8. chiede nuovamente che si presti una particolare attenzione alla delicata situazione in cui versano i profughi palestinesi in Siria, e in particolare alle condizioni di vita disumane in cui vivono i palestinesi che soggiornano nel campo di Yarmouk; ribadisce l'invito a tutte le parti coinvolte nel conflitto a consentire all'Agenzia delle Nazioni Unite di soccorso e lavori per i profughi della Palestina nel Vicino Oriente (UNRWA) e ad altre organizzazioni di assistenza internazionali libero accesso al campo, così come a tutte le altre aree assediate del paese, al fine di alleviare l'estrema sofferenza della popolazione locale; elogia l'operato dell'UNRWA in Siria e chiede un maggiore sostegno internazionale a favore delle sue attività;
9. invita la comunità internazionale e l'Unione europea a prestare particolare attenzione alle sofferenze e alle necessità di donne e bambini colpiti dalla crisi siriana; invoca tolleranza zero per quanto concerne, in particolare, l'uccisione, il rapimento e l'arruolamento di bambini e chiede un rafforzamento delle capacità di fornire aiuti umanitari destinati al sostegno delle vittime traumatizzate;
10. ricorda l'urgente necessità di liberare tutti i detenuti politici, attivisti della società civile, operatori umanitari, personalità religiose (tra cui padre Paolo Dall'Oglio, il vescovo greco-ortodosso Boulos Yazigi e il vescovo siro-ortodosso John Ibrahim), giornalisti e fotografi detenuti dal regime o da combattenti ribelli, e di concedere agli osservatori indipendenti accesso a tutti i luoghi di detenzione; esorta nuovamente l'UE e i suoi Stati membri a compiere tutti gli sforzi possibili per ottenere la liberazione della vincitrice del Premio Sakharov 2011, Razan Zaitouneh, e di tutti gli altri attivisti per i diritti umani in Siria, ivi compreso l'attivista su Internet Bassel Safadi Khartabil;
11. resta convinto che nel paese non ci potrà essere una pace sostenibile se i responsabili dei crimini commessi durante il conflitto non risponderanno delle loro azioni, anche di quelle commesse per motivi religiosi o etnici; ribadisce la sua richiesta affinché la situazione in Siria venga deferita alla Corte penale internazionale e sostiene ogni iniziativa che vada in questa direzione; elogia il lavoro svolto dalla commissione internazionale indipendente d'inchiesta sulla Repubblica araba siriana e da altri attori internazionali, che hanno raccolto e conservato una grande quantità di testimonianze su gravi crimini commessi dal regime e da alcuni gruppi di ribelli in Siria; invita pertanto a intervenire al fine di assicurare i responsabili alla giustizia;
12. esprime grande preoccupazione per le profonde conseguenze della frammentazione della Siria per quanto concerne la stabilità e la sicurezza della regione, in particolare in Libano e in Iraq; è profondamente preoccupato per l'elevato numero di rifugiati siriani nei paesi vicini, in particolare in Libano, dove, secondo l'UNHCR, il loro numero ha superato il milione, senza contare le decine di migliaia di persone che non si sono registrate presso l'agenzia, mentre 12 000 persone fuggono ogni settimana dalla Siria alla volta del Libano; è inoltre profondamente preoccupato per il continuo flusso di rifugiati verso la Giordania, la Turchia, l'Iraq e l'Egitto; incoraggia l'Unione europea e i suoi Stati membri a continuare a fornire una significativa assistenza umanitaria alle popolazioni colpite dal conflitto siriano;
13. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al vicepresidente/alto rappresentante, al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Segretario generale delle Nazioni Unite, all'inviato speciale per la Siria delle Nazioni Unite e della Lega araba, al parlamento e al governo dell'Egitto, al parlamento e al governo dell'Iraq, al parlamento e al governo della Giordania, al parlamento e al governo del Libano, al parlamento e al governo della Turchia, al Segretario generale del Consiglio di cooperazione per gli Stati arabi del Golfo nonché a tutte le parti coinvolte nel conflitto siriano.
- [1] Testi approvati, P7_TA(2014)0099.