Proposta di risoluzione comune - RC-B8-1348/2015Proposta di risoluzione comune
RC-B8-1348/2015

PROPOSTA DI RISOLUZIONE COMUNE sulla situazione in Burundi

15.12.2015 - (2015/2973(RSP))

presentata a norma dell'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del regolamento
in sostituzione delle proposte di risoluzione presentate dai gruppi:
ECR (B8-1348/2015)
Verts/ALE (B8-1352/2015)
PPE (B8-1353/2015)
S&D (B8-1354/2015)
ALDE (B8-1355/2015)
GUE/NGL (B8-1356/2015)
EFDD (B8-1357/2015)

Mariya Gabriel, Davor Ivo Stier, Cristian Dan Preda, Michael Gahler, Joachim Zeller, Maurice Ponga, Bogdan Brunon Wenta, Anna Záborská, Agustín Díaz de Mera García Consuegra, Kinga Gál, Roberta Metsola, Teresa Jiménez-Becerril Barrio, József Nagy, Anna Maria Corazza Bildt a nome del gruppo PPE
Victor Boştinaru, Maria Arena, Norbert Neuser, David Martin, Kashetu Kyenge, Elena Valenciano, Marlene Mizzi, Eric Andrieu, Nikos Androulakis, Zigmantas Balčytis, Hugues Bayet, Brando Benifei, Goffredo Maria Bettini, José Blanco López, Vilija Blinkevičiūtė, Simona Bonafè, Nicola Caputo, Nessa Childers, Andrea Cozzolino, Andi Cristea, Miriam Dalli, Viorica Dăncilă, Isabella De Monte, Monika Flašíková Beňová, Doru-Claudian Frunzulică, Eider Gardiazabal Rubial, Enrico Gasbarra, Lidia Joanna Geringer de Oedenberg, Neena Gill, Theresa Griffin, Sylvie Guillaume, Sergio Gutiérrez Prieto, Cătălin Sorin Ivan, Liisa Jaakonsaari, Afzal Khan, Juan Fernando López Aguilar, Javi López, Andrejs Mamikins, Louis-Joseph Manscour, Costas Mavrides, Sorin Moisă, Csaba Molnár, Victor Negrescu, Momchil Nekov, Demetris Papadakis, Gilles Pargneaux, Emilian Pavel, Vincent Peillon, Tonino Picula, Kati Piri, Miroslav Poche, Liliana Rodrigues, Inmaculada Rodríguez-Piñero Fernández, Daciana Octavia Sârbu, Olga Sehnalová, Siôn Simon, Renato Soru, Tibor Szanyi, Marc Tarabella, Julie Ward a nome del gruppo S&D
Mark Demesmaeker, Charles Tannock, Notis Marias a nome del gruppo ECR
Hilde Vautmans, Louis Michel, Nedzhmi Ali, Petras Auštrevičius, Beatriz Becerra Basterrechea, Izaskun Bilbao Barandica, Dita Charanzová, Marielle de Sarnez, Gérard Deprez, José Inácio Faria, Juan Carlos Girauta Vidal, Filiz Hyusmenova, Ivan Jakovčić, Petr Ježek, Valentinas Mazuronis, Javier Nart, Urmas Paet, Maite Pagazaurtundúa Ruiz, Jozo Radoš, Frédérique Ries, Marietje Schaake, Jasenko Selimovic, Pavel Telička, Ramon Tremosa i Balcells, Ivo Vajgl, Johannes Cornelis van Baalen a nome del gruppo ALDE
Lola Sánchez Caldentey, Marie-Christine Vergiat, Stelios Kouloglou a nome del gruppo GUE/NGL
Maria Heubuch, Michèle Rivasi, Jordi Sebastià, Judith Sargentini, José Bové, Heidi Hautala a nome del gruppo Verts/ALE
Fabio Massimo Castaldo, Ignazio Corrao, Piernicola Pedicini a nome del gruppo EFDD


Procedura : 2015/2973(RSP)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo del documento :  
RC-B8-1348/2015
Testi presentati :
RC-B8-1348/2015
Discussioni :
Testi approvati :

Risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione in Burundi

(2015/2973(RSP))

Il Parlamento europeo,

–  visto l'Accordo di Cotonou riveduto,

–  visto l'Accordo di pace e riconciliazione di Arusha per il Burundi, del 28 agosto 2000,

–  vista la Costituzione del Burundi, in particolare l'articolo 96,

–  vista la Carta africana sulla democrazia, le elezioni e il buon governo,

–  vista la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli,

–  vista la dichiarazione comune sul deterioramento della situazione in Burundi rilasciata il 13 dicembre 2015 dal vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, e dal commissario per la Cooperazione internazionale e lo sviluppo, Neven Mimica,

–  viste le conclusioni adottate dal Consiglio l'8 dicembre 2015 sulle consultazioni UE-Burundi ai sensi dell'articolo 96 dell'Accordo di Cotonou,

–  vista la risoluzione 2248 (2015) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, del 12 novembre 2015, sulla situazione in Burundi,

–  vista la dichiarazione comune sul Burundi rilasciata il 12 novembre 2015 dal vicesegretario generale delle Nazioni Unite, Jan Eliasson, dal Presidente dell'Unione africana, Nkosazana Dlamini-Zuma, e dal vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini,

–  viste le decisioni del Consiglio per la pace e la sicurezza dell'Unione africana (UA) del 13 giugno, 17 ottobre e 13 novembre 2015 sulla situazione in Burundi,

–  viste le dichiarazioni rilasciate dalla Comunità dell'Africa orientale il 31 maggio e il 6 luglio 2015 sulla situazione in Burundi,

–  vista la risoluzione dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE del 9 dicembre 2015 sulla situazione in Burundi,

–  visto il regolamento (UE) 2015/1755 del Consiglio, del 1° ottobre 2015, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Burundi,

–  viste le conclusioni del Consiglio del 16 marzo, 18 maggio, 22 giugno e 16 novembre 2015 sul Burundi,

–  vista la sua risoluzione del 9 luglio 2015 sulla situazione in Burundi[1],

–  vista la lettera approvata dal Consiglio il 26 ottobre 2015, con la quale si sollecita l'avvio di consultazioni con le autorità burundesi, in conformità dell'articolo 96 dell'Accordo di Cotonou,

–  vista la dichiarazione rilasciata dal procuratore della Corte penale internazionale, Fatou Bensouda, il 6 novembre 2015,

–  visto l'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,

A.  considerando che negli ultimi giorni la situazione della sicurezza si è gravemente deteriorata in Burundi, dopo gli attacchi contro tre basi militari a Bujumbura; che tra l'11 e il 12 dicembre 2015 le forze di sicurezza burundesi hanno ucciso almeno 87 persone; che in molti casi sembra si sia trattato di esecuzioni casuali;

B.  considerando che l'articolo 96 della Costituzione del Burundi e l'articolo 7, paragrafo 3, del protocollo II dell'Accordo di pace e riconciliazione di Arusha stabiliscono che il presidente non può restare in carica per più di due mandati; che il presidente Pierre Nkurunziza è in carica dal 2005, essendo stato rieletto nel 2010;

C.  considerando che il 29 giugno 2015 si sono svolte in Burundi le elezioni legislative e locali, seguite il 21 luglio dalle elezioni presidenziali; che la comunità internazionale ha ritenuto che entrambi i processi elettorali non fossero trasparenti, inclusivi, liberi e credibili; che per questo motivo l'Unione africana si è rifiutata di inviare osservatori a monitorare le elezioni, l'UE ha sospeso la propria missione elettorale in Burundi e una parte considerevole dell'opposizione burundese ha deciso di boicottare le elezioni;

D.  considerando che la candidatura del presidente Nkurunziza per un terzo mandato e la sua successiva rielezione in seguito alle elezioni del 21 luglio 2015 hanno fatto sprofondare il paese nella più grave crisi politica dalla fine della guerra civile;

E.  considerando che il governo del Burundi ha ignorato le decisioni e le raccomandazioni dell'Unione africana e della Comunità dell'Africa orientale, adottate rispettivamente il 13 giugno 2015 e il 6 luglio 2015, la cui piena attuazione avrebbe creato le condizioni per lo svolgimento di elezioni credibili e inclusive;

F.  considerando che, secondo l'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) e altre organizzazioni per la difesa dei diritti umani, nel paese sono stati compiuti violazioni a sfondo politico dei diritti umani, abusi dei diritti umani e atti di violenza, sia nel periodo pre-elettorale che in quello post-elettorale, in particolare ai danni di attivisti dell'opposizione, di difensori dei diritti umani e di giornalisti, tra cui Pierre Claver Mbonimpa – il cui figlio è stato ritrovato morto dopo essere stato arrestato dalla polizia –, Marguerite Barankitse, Antoine Kaburahe e Bob Rugurika; che è diffusa l'impressione che tali violenze siano principalmente, ma non esclusivamente, riconducibili a istituzioni statali; che spetta al governo burundese la responsabilità primaria di garantire la sicurezza in Burundi e di proteggere la popolazione, nel rispetto dello Stato di diritto, dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario;

G.  considerando che più di 200 000 persone risultano sfollate all'interno del paese o hanno cercato rifugio nei paesi vicini in conseguenza del peggioramento della situazione politica in Burundi; che nel luglio 2015 l'UE ha intensificato la propria assistenza umanitaria, mobilitando un importo supplementare di 4,5 milioni di EUR di aiuti per la popolazione sfollata;

H.  considerando che il Burundi è uno dei paesi meno sviluppati del mondo; che quasi la metà (45%) dei suoi 10,6 milioni di abitanti ha un'età pari o inferiore a 15 anni (i bambini con meno di 5 anni costituiscono il 19,9% della popolazione); che il Burundi figura al primo posto nell'indice globale della fame, con tre bambini su cinque che soffrono di ritardi nella crescita; che tra il 2013 e il 2014 il paese ha perso due posti nell'indice di sviluppo umano dell'UNDP, scendendo dal 178esimo al 180esimo posto, che in Burundi quattro persone su cinque vivono con meno di 1,25 USD al giorno e che il 66,9% della popolazione si trova al di sotto della soglia di povertà;

I.  considerando che il 26 ottobre 2015 l'Unione europea ha chiesto l'avvio di consultazioni ai sensi dell'articolo 96 dell'Accordo di Cotonou, al fine di indagare sul mancato rispetto di elementi essenziali dell'Accordo, in particolare i diritti umani, i principi democratici e lo Stato di diritto; che tali consultazioni hanno avuto inizio l'8 dicembre 2015;

J.  considerando che l'8 dicembre 2015 l'Unione europea ha ritenuto che le posizioni espresse dal Burundi nel corso delle consultazioni ai sensi dell'articolo 96 dell'Accordo di Cotonou non consentono di porre rimedio al mancato rispetto da parte del Burundi di elementi essenziali del suo partenariato con l'UE; che l'Unione europea ha altresì ritenuto che le posizioni espresse dal Burundi non consentono di rispondere in modo soddisfacente alle decisioni del Consiglio per la pace e la sicurezza dell'Unione africana, del 17 ottobre e del 13 novembre 2015, in particolare per quanto riguarda la necessità di avviare rapidamente un dialogo sincero e inclusivo basato sull'Accordo di Arusha;

K.  considerando che lo stallo politico in Burundi, caratterizzato da una mancanza di dialogo tra le parti interessate del paese e dal conseguente deterioramento della situazione economica e della sicurezza, hanno pesanti ripercussioni sulla popolazione e rappresentano un grave rischio per la stabilità della regione, dove nei prossimi due anni sono in programma varie consultazioni elettorali (Uganda, Repubblica democratica del Congo, Ruanda);

L.  considerando che la comunità internazionale svolge un ruolo importante nella regione in quanto garante degli Accordi di Arusha; che finora tutti gli sforzi profusi a livello regionale e subregionale al fine di fronteggiare la crisi e di ristabilire il dialogo tra tutte le forze politiche non hanno prodotto risultati positivi;

M.  considerando che il 1° agosto 2015 l'opposizione politica e la società civile si sono riunite ad Addis Abeba per dar vita al Consiglio nazionale per il ripristino degli Accordi di Arusha e dello Stato di diritto;

N.  considerando che il 23 settembre 2015 il Presidente ha firmato un decreto che istituisce una commissione nazionale per il dialogo interburundese che condurrà negoziati per un periodo di sei mesi; che la società civile ha mostrato grande scetticismo a proposito dei risultati che tale commissione potrà raggiungere, dal momento che la maggior parte dei membri dell'opposizione o della società civile che si oppongono al terzo mandato del Presidente Nkurunziza sono indagati con l'accusa di insurrezione e complicità nel tentato colpo di Stato del 13 maggio 2015; che il presidente della nuova Assemblea nazionale, Pascal Nyabenda, ha affermato che le persone coinvolte nell'organizzazione e realizzazione del colpo di Stato non saranno incluse nel dialogo;

O.  considerando che l'Unione africana, l'Unione europea e gli Stati Uniti hanno imposto il congelamento dei beni e il divieto di viaggiare nei confronti di esponenti del governo e dell'opposizione le cui azioni e dichiarazioni contribuiscono al perpetuarsi della violenza e ostacolano la ricerca di una soluzione politica alla crisi in Burundi;

P.  considerando che gli Stati Uniti e vari altri paesi hanno invitato i propri cittadini ad abbandonare immediatamente il Burundi, dato il deterioramento della situazione della sicurezza;

Q.  considerando che il 17 ottobre 2015 il Consiglio di pace e di sicurezza dell'Unione africana ha chiesto che si definisca un piano di emergenza per il dispiegamento, in caso di necessità, di una missione a guida africana in Burundi, allo scopo di impedire episodi di violenza nel paese, e ha concordato l'avvio di un'indagine approfondita sulle violazioni dei diritti umani e altri abusi nei confronti della popolazione civile del Burundi;

R.  considerando che il 30 novembre 2015 il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, ha presentato tre proposte al Consiglio di sicurezza in cui raccomanda una revisione del mandato della presenza ONU in Burundi, in funzione dell'evoluzione della situazione, il che spiana la strada, quale ultima opzione, a una missione di mantenimento della pace qualora la crisi dovesse aggravarsi;

S.  considerando che sarà dispiegata un'équipe di sostegno delle Nazioni Unite al fine di favorire il dialogo interburundese, fornire consulenza al governo sul rafforzamento delle istituzioni dello Stato di diritto e le questioni connesse al disarmo, assicurare il coordinamento con gli attori regionali, monitorare la situazione sul terreno e riferire in proposito e agevolare la pianificazione di una maggiore presenza delle Nazioni Unite in Burundi;

T.  considerando che l'Unione africana e altri attori internazionali hanno ripetutamente sollecitato un dialogo autentico e inclusivo che coinvolga tutte le parti interessate e che sia fondato sul rispetto dell'Accordo di Arusha e della Costituzione del Burundi, al fine di pervenire a una soluzione consensuale al conflitto nel paese; che l'UE e le Nazioni Unite appoggiano detta posizione;

U.  considerando che gli sforzi di mediazione continuano, con il pieno sostegno dell'Unione Africana, dell'Unione europea e delle Nazioni Unite, al fine di promuovere il dialogo interburundese per giungere a una soluzione consensuale e pacifica della crisi in Burundi;

V.  considerando che l'UE contribuisce in modo significativo al bilancio annuale del Burundi, circa la metà del quale proviene da aiuti internazionali, e ha recentemente stanziato a favore del paese 432 milioni di EUR a titolo del Fondo europeo di sviluppo 2014-2020;

W.  considerando che le autorità burundesi, mediante il decreto 530/1597, hanno sospeso le attività di dieci organizzazioni per la difesa dei diritti umani (ACAT-Burundi, APRODH, AMINA, FOCODE, FORSC, Fontaine-ISOKO, Maison Shalom, PARCEM, RCP e SPPDF) e ne hanno bloccato i conti bancari;

1.  esprime profonda preoccupazione per la grave situazione politica e di sicurezza in Burundi, come pure per il rapido peggioramento della situazione umanitaria e per le conseguenze che ne potrebbero derivare per la sicurezza e la stabilità dell'intera sottoregione;

2.  condanna fermamente i recenti violenti attacchi e l'aumento del numero di casi di violazioni e abusi dei diritti umani, tra cui omicidi, esecuzioni extragiudiziali, violazioni dell'integrità fisica delle persone, atti di tortura e altre forme di trattamento crudele, inumano e/o degradante, arresti arbitrari e detenzioni illegali, comprese le detenzioni di bambini e l'occupazione delle scuole da parte dei militari e della polizia, nonché le violazioni della libertà di stampa e di espressione e la prevalente impunità; chiede che sia condotta un'indagine approfondita e indipendente sulle uccisioni e gli abusi e che i responsabili di tali atti siano assicurati alla giustizia;

3.  chiede che si ponga immediatamente fine alla violenza, alle violazioni dei diritti umani e all'intimidazione politica degli oppositori e sollecita il disarmo immediato di tutti i gruppi armati alleati ai partiti politici, in stretta conformità del diritto internazionale e dei diritti umani;

4.  esorta tutte le parti a porre in essere le condizioni necessarie per ricostituire la fiducia e promuovere l'unità nazionale e chiede la ripresa immediata di un dialogo nazionale inclusivo e trasparente cui partecipino il governo, i partiti di opposizione e i rappresentanti della società civile;

5.  sottolinea che tale dialogo, finalizzato a conseguire una pace, una sicurezza e una stabilità durature e a ripristinare la democrazia e lo Stato di diritto nell'interesse dei cittadini burundesi, dovrebbe essere basato sull'Accordo di Arusha e sulla Costituzione del Burundi, che prescrive il rispetto del diritto e dei trattati internazionali;

6.  sottolinea, in particolare, la presenza di un elevato numero di giovani, compresi bambini e ragazzi di età inferiore a 18 anni, all'interno dei gruppi armati che operano in Burundi e invita la comunità internazionale a prestare un'attenzione specifica al loro reinserimento e alla promozione della loro partecipazione a un processo politico pacifico;

7.  chiede che, in Burundi, tutte le parti si astengano da azioni suscettibili di compromettere la pace e la sicurezza nel paese; condanna con fermezza tutte le dichiarazioni pubbliche che incitano alla violenza o all'odio nei confronti di vari gruppi della società burundese, poiché ciò può aggravare le attuali tensioni, e invita tutte le parti ad astenersi dal rilasciare tali dichiarazioni;

8.  ricorda alle autorità del Burundi che sono tenute a garantire la sicurezza nel loro territorio, come pure i diritti umani, i diritti civili e politici e le libertà fondamentali, come sancito dalla Costituzione del Burundi, dalla Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli e da altri strumenti internazionali e regionali in materia di diritti umani;

9.  ricorda, in questo contesto, che il partenariato tra l'Unione europea e il Burundi è disciplinato dall'Accordo di Cotonou e che tutte le parti sono tenute al rispetto e all'applicazione dei termini di detto accordo, in particolare al rispetto dei diritti umani; ricorda, nello specifico, che l'articolo 96 dell'Accordo di Cotonou contempla la possibilità di avviare consultazioni in caso di mancato rispetto dei diritti umani, dei principi democratici e dello Stato di diritto e accoglie con favore, in proposito, la decisione dell'Unione di chiedere l'avvio di consultazioni, come previsto in detto articolo;

10.  condanna risolutamente il fatto che il Presidente Nkurunziza abbia violato l'Accordo di Arusha con l'assunzione del terzo mandato presidenziale;

11.  esorta le autorità del Burundi a incoraggiare l'accertamento della verità sui crimini di massa perpetrati tra il 1962 e il 2008, ricorrendo a misure giudiziali ed extragiudiziali, come l'istituzione di una commissione per la verità e la riconciliazione e di tribunali speciali, volte a promuovere la riconciliazione nazionale;

12.  plaude agli sforzi di mediazione profusi dalla Comunità dell'Africa orientale, con il supporto dell'Unione africana e delle Nazioni Unite, per facilitare il dialogo tra le diverse parti in causa in Burundi; invita il vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza a sostenere parimenti tali sforzi di mediazione; esorta il governo del Burundi e le altre parti in causa a cooperare pienamente con il mediatore;

13.  esprime la sua profonda preoccupazione per il numero di vittime e di casi di gravi violazioni dei diritti umani segnalati dall'inizio della crisi; esorta le autorità competenti ad avviare indagini rigorose e tempestive sulle circostanze e i motivi alla base di tali reati e a garantire che i responsabili siano assicurati alla giustizia; ribadisce che non vi può essere impunità per gli autori di violazioni o abusi gravi dei diritti umani; chiede alle autorità di garantire che le scuole continuino a essere un luogo di apprendimento sicuro; invita il procuratore della Corte penale internazionale a tenere sotto stretta sorveglianza la situazione in Burundi e ne appoggia la dichiarazione del 6 novembre 2015;

14.  chiede l'abrogazione del decreto 530/1597, che prevede la sospensione temporanea delle attività di varie organizzazioni per la difesa dei diritti umani, e la revoca immediata del congelamento dei loro conti bancari, di modo che possano operare liberamente;

15. sollecita il ritorno in condizioni di sicurezza dei giornalisti e dei difensori dei diritti umani in esilio, la riapertura dei mezzi d'informazione chiusi dopo il fallito colpo di Stato del 14 maggio 2015 e il ritiro delle imputazioni a carico dei giornalisti accusati di aver preso parte, direttamente o indirettamente, al tentativo di golpe;

16.  esprime profonda preoccupazione per il drammatico livello di discriminazione e criminalizzazione delle persone LGBTI in Burundi; ribadisce ancora una volta che l'orientamento sessuale rientra nella sfera della libertà di espressione e del diritto individuale alla vita privata, come sancito dal diritto internazionale in materia di diritti umani, secondo cui i principi di uguaglianza e di non discriminazione devono essere tutelati e la libertà di espressione garantita; chiede pertanto all'Assemblea nazionale e al governo del Burundi di abrogare gli articoli del codice penale che discriminano le persone LGBTI;

17. sottolinea le gravi conseguenze della crisi sui bambini e invita la Commissione a continuare a impegnarsi con i partner internazionali per garantire l'offerta di servizi di assistenza sanitaria, compresi i medicinali essenziali, l'accesso sicuro all'istruzione e la protezione dei bambini da ogni forma di violenza, nonché per assicurare l'accesso agli altri servizi sociali;

18.  accoglie con favore l'invio da parte dell'Unione africana di osservatori ed esperti in materia di diritti umani per monitorare la situazione in questo ambito, e sottolinea l'importanza di cooperare con tali soggetti per agevolare l'esecuzione del loro mandato; invita inoltre la Corte penale internazionale a investigare, nell'ambito della sua giurisdizione, sulle presunte violazioni dei diritti umani commesse durante la recente crisi;

19.  valuta positivamente le sanzioni mirate varate dall'Unione europea, coerentemente con la decisione dell'Unione africana di imporre sanzioni mirate, tra cui il divieto di viaggiare e il congelamento dei beni per i burundesi le cui azioni e dichiarazioni contribuiscono al perpetuarsi della violenza e ostacolano gli sforzi volti a pervenire a una soluzione politica della crisi; invita l'Unione europea a estendere tali sanzioni a tutti coloro le cui azioni costituiscono una minaccia per la pace e la stabilità nella regione, poiché incitano all'odio e violano l'Accordo di Arusha;

20.  esorta l'UE e gli Stati membri a valutare, alla luce dell'evoluzione della consultazione pubblica condotta a norma dell'articolo 96 dell'Accordo di Cotonou, la possibilità di bloccare ogni forma di assistenza non umanitaria al governo del Burundi fino a quando non si sarà posto fine all'uso eccessivo della forza e alle violazioni dei diritti umani da parte delle forze governative, come riportato dall'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, e non si sarà giunti a una soluzione politica derivante da un vero e proprio dialogo interburundese, e li invita altresì a riorientare gli aiuti in modo da rafforzare la società civile; ritiene che gli aiuti dell'Unione dovrebbero essere mirati ad affrontare le cause profonde delle disuguaglianze, della povertà e della malnutrizione cronica, al fine di conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile di recente approvazione;

21.  esprime profonda preoccupazione per l'esodo inarrestabile di profughi burundesi verso i paesi limitrofi; ribadisce il suo sostegno a favore di tutte le organizzazioni umanitarie che operano in loco e dei paesi vicini ospitanti; fa appello alla comunità internazionale e alle agenzie umanitarie affinché continuino a fornire assistenza a tutti i profughi e agli sfollati causati dal conflitto; plaude all'impegno dell'UE di potenziare il sostegno finanziario e l'aiuto umanitario per far fronte alle pressanti necessità di queste popolazioni;

22.  invita l'Unione africana, le Nazioni Unite e l'Unione europea a tener debitamente conto della dimensione regionale e a prevenire qualsiasi ulteriore destabilizzazione della regione mediante l'aumento della loro presenza sul territorio, in particolare mantenendo un dialogo politico permanente tra i paesi della regione; esorta in proposito l'Unione africana a valutare, di concerto con il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, l'invio di una missione di mantenimento della pace a guida africana, qualora la situazione della sicurezza e dei diritti umani in Burundi dovesse deteriorarsi ulteriormente;

23.  esorta il vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, a continuare ad adoperarsi per l'immediato rilascio di Richard Spiros Hagabimana, un agente di polizia in Burundi illegalmente imprigionato e torturato perché, in quanto poliziotto, si è rifiutato di sparare sulla folla il 28 luglio 2015;

24.  ritiene che i problemi del Burundi siano collegati ai contenziosi relativi al controllo dei terreni agricoli fertili, alle disuguaglianze in termini di reddito e alla discriminazione; chiede, in proposito, che sia istituito un quadro normativo responsabile per disciplinare il modo in cui le imprese rispettano gli obblighi in materia di diritti umani e gli obblighi derivanti dalle norme sociali e ambientali;

25.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al governo e al parlamento del Burundi, al Consiglio ACP-UE, alla Commissione, al Consiglio, alla Comunità dell'Africa orientale e ai governi dei suoi paesi membri, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, alle istituzioni dell'Unione africana e al Segretario generale delle Nazioni Unite.