Proposta di risoluzione comune - RC-B8-0910/2016Proposta di risoluzione comune
RC-B8-0910/2016

PROPOSTA DI RISOLUZIONE COMUNE sul Myanmar/Birmania, in particolare la situazione dei rohingya

6.7.2016 - (2016/2809(RSP))

presentata a norma dell'articolo 135, paragrafo 5, e dell'articolo 123, paragrafo 4, del regolamento
in sostituzione delle proposte di risoluzione presentate dai gruppi:
ECR (B8-0910/2016)
Verts/ALE (B8-0912/2016)
EFDD (B8-0913/2016)
PPE (B8-0914/2016)
S&D (B8-0915/2016)
ALDE (B8-0916/2016)
GUE/NGL (B8-0917/2016)

Cristian Dan Preda, Tunne Kelam, Davor Ivo Stier, Tomáš Zdechovský, Andrey Kovatchev, Luděk Niedermayer, Lefteris Christoforou, Patricija Šulin, Pavel Svoboda, Michaela Šojdrová, Claude Rolin, Marijana Petir, Jarosław Wałęsa, Bogdan Brunon Wenta, Milan Zver, Ivana Maletić, Ildikó Gáll-Pelcz, Agnieszka Kozłowska-Rajewicz, Roberta Metsola, David McAllister, Sven Schulze, Therese Comodini Cachia, Csaba Sógor, József Nagy, Dubravka Šuica, Jiří Pospíšil, Francesc Gambús, Adam Szejnfeld, Giovanni La Via, Eva Paunova, Ivan Štefanec, Eduard Kukan, Brian Hayes, Deirdre Clune a nome del gruppo PPE
Pier Antonio Panzeri, Victor Boştinaru, Knut Fleckenstein, Richard Howitt, Josef Weidenholzer, Clara Eugenia Aguilera García, Eric Andrieu, Nikos Androulakis, Francisco Assis, Hugues Bayet, Brando Benifei, José Blanco López, Vilija Blinkevičiūtė, Simona Bonafè, Nicola Caputo, Andi Cristea, Miriam Dalli, Viorica Dăncilă, Nicola Danti, Isabella De Monte, Doru-Claudian Frunzulică, Enrico Gasbarra, Lidia Joanna Geringer de Oedenberg, Sylvie Guillaume, Cătălin Sorin Ivan, Liisa Jaakonsaari, Eva Kaili, Afzal Khan, Jude Kirton-Darling, Miapetra Kumpula-Natri, Cécile Kashetu Kyenge, Krystyna Łybacka, David Martin, Marlene Mizzi, Sorin Moisă, Alessia Maria Mosca, Victor Negrescu, Emilian Pavel, Daciana Octavia Sârbu, Tibor Szanyi, Marc Tarabella, Elena Valenciano, Flavio Zanonato, Damiano Zoffoli, Claudia Țapardel a nome del gruppo S&D
Charles Tannock, Mark Demesmaeker, Raffaele Fitto, Ruža Tomašić, Branislav Škripek, Ryszard Antoni Legutko, Tomasz Piotr Poręba, Karol Karski, Ryszard Czarnecki, Angel Dzhambazki, Arne Gericke, Notis Marias a nome del gruppo ECR
Urmas Paet, Marietje Schaake, Beatriz Becerra Basterrechea, Izaskun Bilbao Barandica, Ilhan Kyuchyuk, Filiz Hyusmenova, Javier Nart, Valentinas Mazuronis, Nedzhmi Ali, Petras Auštrevičius, Marielle de Sarnez, Gérard Deprez, Martina Dlabajová, José Inácio Faria, María Teresa Giménez Barbat, Nathalie Griesbeck, Antanas Guoga, Marian Harkin, Ivan Jakovčić, Petr Ježek, Louis Michel, Maite Pagazaurtundúa Ruiz, Carolina Punset, Robert Rochefort, Jasenko Selimovic, Hannu Takkula, Pavel Telička, Ramon Tremosa i Balcells, Johannes Cornelis van Baalen, Hilde Vautmans, Paavo Väyrynen, Ivo Vajgl, Dita Charanzová a nome del gruppo ALDE
Marie-Christine Vergiat, Patrick Le Hyaric, Barbara Spinelli, Lola Sánchez Caldentey, Estefanía Torres Martínez, Miguel Urbán Crespo, Tania González Peñas, Xabier Benito Ziluaga, Sofia Sakorafa, Younous Omarjee, Kostas Chrysogonos, Stelios Kouloglou, Josu Juaristi Abaunz a nome del gruppo GUE/NGL
Barbara Lochbihler, Jean Lambert, Heidi Hautala, Bodil Valero, Ernest Urtasun, Bronis Ropė, Davor Škrlec, Igor Šoltes, Maria Heubuch a nome del gruppo Verts/ALE
Ignazio Corrao, Fabio Massimo Castaldo, Isabella Adinolfi a nome del gruppo EFDD


Procedura : 2016/2809(RSP)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo del documento :  
RC-B8-0910/2016
Testi presentati :
RC-B8-0910/2016
Testi approvati :

Risoluzione del Parlamento europeo sul Myanmar/Birmania, in particolare la situazione dei rohingya

(2016/2809(RSP))

Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sul Myanmar/Birmania e i rohingya, in particolare quelle del 20 aprile 2012[1], del 13 settembre 2012[2], del 22 novembre 2012[3], del 13 giugno 2013[4] e del 21 maggio 2015[5], nonché la sua risoluzione del 23 maggio 2013 sul ripristino dell'accesso alle preferenze tariffarie generalizzate per il Myanmar/Birmania[6],

–  vista la relazione dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani sulla situazione dei diritti umani dei musulmani rohingya e di altre minoranze in Myanmar/Birmania, del 20 giugno 2016,

–  viste le risoluzioni del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani del 24 marzo 2016 sulla situazione dei diritti umani in Myanmar/Birmania, e del 3 luglio 2015 sulla situazione dei diritti umani dei musulmani rohingya e di altre minoranze in Myanmar/Birmania,

–  vista la comunicazione congiunta della Commissione e dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, del 1° giugno 2016, dal titolo: "Elementi per una strategia dell'UE nei confronti del Myanmar/Birmania: un partenariato speciale per la democrazia, la pace e la prosperità" (JOIN/2016/0024),

–  viste le conclusioni del Consiglio, del 20 giugno 2016, su una strategia dell'UE nei confronti del Myanmar/Birmania,

–  visti gli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani,

–  visti gli orientamenti dell'UE in materia di diritti umani per la libertà di espressione online e offline,

–  vista la comunicazione congiunta della Commissione e dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, del 18 maggio 2015, dal titolo: "UE e ASEAN: un partenariato con obiettivi strategici" (JOIN/2015/0022),

–  vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 10 dicembre 1948,

–  visto il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966,

–  visto il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali del 1966,

–  visti la Convenzione delle Nazioni Unite del 1951 sullo status dei rifugiati e il relativo Protocollo del 1967,

–  viste la legge del Myanmar/Birmania, del 2012, sul diritto a riunirsi e manifestare pacificamente e le relative modifiche del 2014, nonché la nuova legge, del 31 maggio 2016, sulla riunione e la manifestazione pacifiche,

–  vista la relazione dei Parlamentari per i diritti umani dell'Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN), dell'aprile 2015, dal titolo "The Rohingya Crisis and the Risk of Atrocities in Myanmar: An ASEAN Challenge and Call to Action" (La crisi dei rohingya e il rischio di atrocità in Myanmar/Birmania: una sfida per l'ASEAN e un appello ad agire),

–  visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.  considerando che il Myanmar/Birmania ha adottato misure significative per riformare la propria economia e il proprio sistema politico e che nel 2011 sono state avviate riforme di ampia portata;

B.  considerando che il 9 novembre 2015 la Lega nazionale per la democrazia (NLD), guidata dal premio Nobel per la pace e vincitrice del premio Sacharov Aung San Suu Kyi, ha vinto con una stragrande maggioranza le elezioni e che Htin Kyaw è diventato il primo presidente civile in 50 anni; che, nonostante la sua popolarità personale, Aung San Suu Kyi è stata esclusa dalla presidenza in virtù della Costituzione del 2008 redatta dalle forze militari, ma è di fatto a capo dello Stato in qualità di consigliere di Stato;

C.  considerando che i rohingya sono una minoranza etnico-religiosa di fede musulmana che, da decenni, è vittima di oppressioni brutali, persecuzioni sistematiche, segregazione, esclusione, discriminazione e altre gravi violazioni dei diritti umani;

D.  considerando che i rohingya sono la comunità musulmana più grande in Myanmar/Birmania e che la maggioranza vive nello Stato di Rakhine;

E.  considerando i rohingya, che sono circa un milione, sono una delle minoranze più perseguitate al mondo e sono ufficialmente apolidi in virtù della legge del 1982 sulla cittadinanza birmana; che i rohingya non sono graditi dalle autorità del Myanmar/Birmania e dai paesi limitrofi, sebbene alcuni di questi ultimi ospitino un gran numero di rifugiati; che gli scontri in corso nello Stato di Rakhine determinano il protrarsi delle sofferenze umane e minano la fiducia nel processo di pace;

F.  considerando che l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Zeid Ra'ad Al Hussein, nella relazione del 20 giugno 2016, descrive le incessanti e gravi violazioni dei diritti umani ai danni dei rohingya, tra cui la privazione arbitraria della nazionalità (circostanza che li rende apolidi), gravi restrizioni alla libertà di circolazione, minacce alla vita e alla sicurezza, la negazione dei diritti alla salute e all'istruzione, il lavoro forzato, le violenze sessuali e le limitazioni ai loro diritti politici, che possono costituire crimini contro l'umanità; che Zeid Ra'ad Al Hussein ha indicato che i rohingya sono esclusi da numerose professioni e, affinché abbiano accesso agli ospedali, è necessario l'espletamento di specifiche pratiche amministrative, il che ha come conseguenza ritardi e la morte di bambini e di donne durante il parto;

G.  considerando che, secondo i Parlamentari per i diritti umani dell'ASEAN, circa 120 000 rohingya si trovano in più di 80 campi di sfollati interni nello Stato di Rakhine, con accesso limitato agli aiuti umanitari, mentre oltre 100 000 sono fuggiti negli ultimi anni via mare o via terra in altri paesi, cadendo spesso vittime dei trafficanti di esseri umani; che diverse migliaia di persone rischiano la vita ogni anno nel tentativo di fuggire via terra o via mare e che molti hanno perso la vita durante la fuga;

H.  considerando che il nuovo governo ha ereditato una situazione in cui sono in vigore leggi e politiche intese a negare i diritti fondamentali alle minoranze e in cui l'impunità per gravi violazioni nei confronti dei rohingya ha incoraggiato ulteriori atti di violenza nei loro confronti;

I.  considerando che Aung San Suu Kyi ha annunciato, in un incontro con il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Myanmar/Birmania, Yanghee Lee, che il governo non intende usare la parola "rohingya" (in continuità con la politica attuata durante la dittatura militare), in quanto termine ritenuto incendiario, al pari di "bengalese", mentre propone il nuovo termine "comunità musulmana dello Stato di Rakhine"; che il partito nazionale Arakan (ANP), che rappresenta gli intransigenti buddisti di Rakhine, ha respinto il nuovo termine, accusando il governo di accettare indirettamente che i rohingya siano originari dello Stato di Rakhine, circostanza respinta dall'ANP; che negli ultimi giorni migliaia di persone sono scese in strada per protestare contro il governo; che Aung San Suu Kyi ha assunto l'incarico di consigliere di Stato, ministro degli Affari esteri e ministro del gabinetto del Presidente in un governo civile;

J.  considerando che il Myanmar/Birmania sta attraversando una fase di transizione politica ma, in pratica, è tuttora una roccaforte delle forze militari, in quanto alcuni incarichi ministeriali, cariche di giudice e seggi parlamentari sono riservati a militari designati; che il livello di corruzione percepito presso le autorità è tuttora molto elevato;

K.  considerando che la legislazione del Myanmar/Birmania presenta ancora gravi problemi, dal momento che numerose leggi chiave violano le convenzioni internazionali in materia di diritti umani, tra cui il codice penale del Myanmar/Birmania, la legge sulla riunione e la manifestazione pacifiche, la legge sulle telecomunicazioni, la legge sugli organi di informazione e le quattro leggi sulla protezione della razza e della religione;

L.  considerando che, in un recente episodio di violenza contro la comunità musulmana del Myanmar/Birmania, due moschee sono state incendiate in meno di una settimana;

M.  considerando che la popolazione rohingya (sia all'interno che fuori dallo Stato di Rakhine) è bersaglio di violenze, propaganda e azioni discriminatorie e aggressive ad opera di alcuni gruppi buddisti radicali del Myanmar/Birmania;

N.  considerando che negli ultimi anni sono stati rilasciati numerosi prigionieri politici, ma sono stati arrestati molti difensori dei diritti umani, giornalisti, critici del governo e dell'esercito e altre persone, sulla base di disposizioni generali e formulate in modo vago, mentre esercitavano pacificamente i loro diritti democratici;

O.  considerando che il Myanmar/Birmania ha compiuto evidenti sforzi per portare avanti il processo di pace, in aggiunta ai preparativi per una conferenza nazionale di pace (la Conferenza di Panglong del 21° secolo); che è fondamentale mantenere il cessate il fuoco nel paese e coinvolgere tutti i gruppi etnici armati al fine di garantire la pace, la prosperità e l'unità a livello nazionale;

1.  accoglie con favore le elezioni credibili e competitive del novembre 2015 e valuta positivamente il trasferimento pacifico dei poteri al primo presidente non militare del paese dal 1962;

2.  plaude alle conclusioni del Consiglio, del 20 giugno 2016, su una strategia dell'UE nei confronti del Myanmar/Birmania; sottolinea che l'UE ha un interesse strategico a rafforzare le sue relazioni con il Myanmar/Birmania; ritiene che il nuovo governo abbia un'opportunità storica per consolidare la democrazia e conseguire la pace, la riconciliazione nazionale e la prosperità;

3.  accoglie con favore le decisioni del governo del Myanmar/Birmania di rendere prioritarie la pace e la riconciliazione nazionale; sottolinea che i combattimenti devono cessare immediatamente e che è necessario risolvere le controversie mediante la negoziazione;

4.  è consapevole del fatto che le riforme richiedono tempo, ma sottolinea che la gravità della persecuzione continua di talune minoranze, come documentato nella recente relazione del relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani dei musulmani rohingya e di altre minoranze in Myanmar/Birmania, necessitano di un intervento immediato e invita il governo a dare seguito alle raccomandazioni ivi formulate, comprese l'abolizione degli "ordini locali" discriminatori presenti nello Stato di Rakhine, l'eliminazione delle misure restrittive alle cure mediche urgenti nonché la rimozione delle restrizioni alla libertà di circolazione;

5.  ribadisce la sua profonda preoccupazione per la difficile situazione dei profughi rohingya nel sud-est asiatico e chiede una mobilitazione regionale e internazionale affinché sia fornita loro l'assistenza urgente necessaria alla luce della situazione estremamente vulnerabile in cui versano; esprime il suo cordoglio alle famiglie delle vittime della tratta di esseri umani, della violenza e della mancanza di protezione da parte delle autorità ufficiali nei paesi di destinazione;

6.  sottolinea che l'Unione europea ha preso positivamente atto degli sforzi compiuti dal governo del Myanmar/Birmania per avviare i lavori volti ad affrontare le sfide nello Stato di Rakhine, compresa la situazione dei rohingya;

7.  insiste sul fatto che le autorità dovrebbero assicurare senza indugio agli operatori umanitari, alle Nazioni Unite, alle organizzazioni internazionali per i diritti umani, ai giornalisti e ad altri osservatori internazionali un accesso libero e privo di ostacoli allo Stato di Rakhine;

8.  invita il governo del Myanmar/Birmania a condannare in modo inequivocabile ogni incitazione all'odio razziale o religioso, a prendere provvedimenti concreti per porvi immediatamente fine e ad attuare politiche e misure specifiche al fine di evitare la discriminazione diretta e indiretta dei rohingya in futuro;

9.  ribadisce, al pari del Consiglio europeo, la richiesta di creare istituzioni democratiche efficaci, comprese una magistratura indipendente e imparziale e una società civile solida, come pure di promuovere il buon governo, nell'ottica di rendere il Myanmar/Birmania una democrazia che rispetta pienamente lo Stato di diritto e i diritti fondamentali;

10.  chiede al governo eletto di sviluppare una democrazia aperta che preveda il rispetto dei diritti umani e la garanzia universale della libertà di espressione, della libertà di riunione e di circolazione, senza alcuna discriminazione;

11.  esorta il governo del Myanmar/Birmania ad attuare senza indugio le raccomandazioni contenute nella risoluzione sulla situazione dei diritti umani in Myanmar/Birmania, adottata durante la 31a sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani;

12.  invita il governo del Myanmar/Birmania a tutelare i rohingya da qualsiasi forma di discriminazione e a porre fine all'impunità per le violazioni contro tale popolazione; rammenta la dichiarazione, lungamente attesa, rilasciata il 18 maggio 2015 dal portavoce del partito di Aung San Suu Kyi, la Lega nazionale per la democrazia (NLD), il quale ha affermato che il governo del Myanmar/Birmania dovrebbe concedere la cittadinanza alla minoranza rohingya; invita Aung San Suu Kyi, vincitrice del premio Sacharov, a sfruttare la sua posizione chiave all'interno del governo del Myanmar/Birmania per migliorare la situazione della minoranza rohingya;

13.  chiede al governo del Myanmar/Birmania di riformare la legge sulla cittadinanza del 1982 e di ripristinare la cittadinanza per la minoranza rohingya; esorta il governo del Myanmar/Birmania e le autorità dello Stato di Rakhine ad avviare immediatamente la registrazione di tutti i bambini alla nascita; chiede altresì al governo del Myanmar/Birmania di abrogare tutte le disposizioni discriminatorie;

14.  invita l'UE a continuare a sostenere il Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani nei suoi sforzi intesi ad aiutare i profughi rohingya nel sud e sud-est dell'Asia;

15.  chiede all'Unione e agli Stati membri di favorire il piano d'azione globale 2014-2024 del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani inteso a porre fine all'apolidia;

16.  esorta il governo del Myanmar/Birmania a rilasciare senza indugio tutti i prigionieri politici e coloro che sono stati arrestati sulla base di accuse che violano le norme e il diritto internazionali in materia di diritti umani;

17.  invita il vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza ad affrontare la situazione dei rohingya al massimo livello politico possibile nei suoi contatti con il Myanmar/Birmania e con gli altri Stati membri dell'ASEAN;

18.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al governo e al parlamento del Myanmar/Birmania, al Segretario generale dell'Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN), alla Commissione intergovernativa dell'ASEAN sui diritti umani, al Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Myanmar/Birmania, all'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, al Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani nonché ai governi e ai parlamenti degli altri Stati della regione.