PROPOSTA DI RISOLUZIONE COMUNE sull'Eritrea, in particolare i casi di Abune Antonios e Dawit Isaak
5.7.2017 - (2017/2755(RSP))
in sostituzione delle proposte di risoluzione presentate dai gruppi:
Verts/ALE (B8-0464/2017)
S&D (B8-0466/2017)
ALDE (B8-0467/2017)
ECR (B8-0470/2017)
GUE/NGL (B8-0472/2017)
PPE (B8-0473/2017)
Cristian Dan Preda, Lars Adaktusson, Sandra Kalniete, David McAllister, Mairead McGuinness, José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra, Elmar Brok, Patricija Šulin, Luděk Niedermayer, Ivan Štefanec, Tomáš Zdechovský, Jaromír Štětina, Pavel Svoboda, Agnieszka Kozłowska-Rajewicz, Michaela Šojdrová, Milan Zver, Dubravka Šuica, Sven Schulze, Krzysztof Hetman, Elisabetta Gardini, Claude Rolin, Brian Hayes, Joachim Zeller, Maurice Ponga, Eduard Kukan, Lefteris Christoforou, Adam Szejnfeld, Bogdan Brunon Wenta, Romana Tomc, Roberta Metsola, Jiří Pospíšil, Csaba Sógor, Marijana Petir, Tunne Kelam, Seán Kelly, Stanislav Polčák, Željana Zovko, Ivana Maletić, Andrey Kovatchev, Laima Liucija Andrikienė, László Tőkés, Anna Záborská, Elżbieta Katarzyna Łukacijewska, Inese Vaidere a nome del gruppo PPE
Elena Valenciano, Victor Boştinaru, Soraya Post a nome del gruppo S&D
Charles Tannock, Karol Karski, Ryszard Czarnecki, Ryszard Antoni Legutko, Notis Marias, Ruža Tomašić, Branislav Škripek a nome del gruppo ECR
Catherine Bearder, Nedzhmi Ali, Petras Auštrevičius, Beatriz Becerra Basterrechea, Izaskun Bilbao Barandica, Dita Charanzová, Gérard Deprez, Martina Dlabajová, Fredrick Federley, Nathalie Griesbeck, Marian Harkin, Ivan Jakovčić, Petr Ježek, Ilhan Kyuchyuk, Louis Michel, Urmas Paet, Maite Pagazaurtundúa Ruiz, Jozo Radoš, Marietje Schaake, Hannu Takkula, Pavel Telička, Ramon Tremosa i Balcells, Ivo Vajgl, Johannes Cornelis van Baalen, Hilde Vautmans, Cecilia Wikström, Filiz Hyusmenova, Valentinas Mazuronis a nome del gruppo ALDE
Marie-Christine Vergiat, Patrick Le Hyaric, Merja Kyllönen, Barbara Spinelli, Dimitrios Papadimoulis, Kostas Chrysogonos, Stelios Kouloglou a nome del gruppo GUE/NGL
Bodil Valero, Maria Heubuch, Heidi Hautala, Judith Sargentini, Jordi Solé, Bart Staes, Igor Šoltes, Florent Marcellesi, Ernest Urtasun, Barbara Lochbihler a nome del gruppo Verts/ALE
Ignazio Corrao, Fabio Massimo Castaldo, Isabella Adinolfi, Laura Ferrara a nome del gruppo EFDD
Barbara Kappel
Risoluzione del Parlamento europeo sull'Eritrea, in particolare i casi di Abune Antonios e Dawit Isaak
Il Parlamento europeo,
– viste le sue precedenti risoluzioni sull'Eritrea, in particolare quella del 15 settembre 2011 sull'Eritrea: il caso di Dawit Isaak[1], e del 10 marzo 2016 sulla situazione in Eritrea[2],
– vista la relazione del 23 giugno 2017 del relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Eritrea,
– vista la dichiarazione del 14 giugno 2017 rilasciata dal relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Eritrea in occasione della 35a sessione del Consiglio dei diritti umani,
– vista la relazione della commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite sui diritti umani in Eritrea, pubblicata l'8 giugno 2016,
– viste le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 751 (1992), 1882 (2009), 1907 (2009), 2023 (2011), 2244 (2015) e 2317 (2016), che hanno esteso l'embargo sulle armi contro l'Eritrea fino al 15 novembre 2017,
– vista la comunicazione congiunta al Parlamento europeo e al Consiglio, del 4 maggio 2017, su un nuovo impulso al partenariato Africa-UE,
– visto l'accordo di partenariato ACP-UE (accordo di Cotonou), quale riveduto nel 2005 e nel 2010, di cui l'Eritrea è firmataria,
– vista la decisione 2010/127/PESC del Consiglio, del 1° marzo 2010, relativa a misure restrittive nei confronti dell'Eritrea[3], modificata dalla decisione del Consiglio 2010/414/PESC del 26 luglio 2010[4] e nuovamente modificata dalla decisione del Consiglio 2012/632/PESC del 15 ottobre 2012[5],
– vista la causa 428/12 (2012) depositata presso la Commissione africana sui diritti dell'uomo e dei popoli, a nome di Dawit Isaak e altri prigionieri politici,
– vista la dichiarazione finale della 60ª sessione della Commissione africana sui diritti dell'uomo e dei popoli, del 22 maggio 2017,
– vista la relazione del 2015 a cura del Servizio europeo per l'azione esterna sul partenariato Eritrea-Unione europea,
– visto il programma indicativo nazionale per l'Eritrea a titolo dell'11° Fondo europeo di sviluppo, del 3 febbraio 2016,
– vista la convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti,
– vista la Costituzione dell'Eritrea, adottata nel 1997, che garantisce le libertà civili, compresa la libertà di religione,
– vista la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli del 1981,
– visto il Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966,
– vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948,
– visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che l'Eritrea registra i peggiori risultati al mondo per quanto concerne i diritti umani, a causa delle violazioni in tal senso che sono oramai all'ordine del giorno e dell'assenza di progressi negli ultimi anni; che il governo dell'Eritrea ha avviato un'ampia campagna intesa a mantenere il controllo sulla popolazione e a limitare le libertà fondamentali, con il pretesto della difesa dell'integrità dello Stato;
B. considerando che la commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite sui diritti umani in Eritrea ha concluso che le violazioni comprendenti le esecuzioni extragiudiziali, la tortura (inclusa la tortura sessuale e la schiavitù sessuale), il servizio nazionale come forma di schiavitù, il lavoro forzato e la politica dello "sparare per uccidere" alla frontiera possono costituire crimini contro l'umanità;
C. considerando che nel settembre 2001 le autorità dell'Eritrea hanno arrestato decine di cittadini che avevano approvato una lettera aperta chiedendo riforme democratiche; che le persone detenute non erano accusate di un reato o rinviate a giudizio, e che la maggior parte di loro è ancora in prigione; che, nonostante i diffusi appelli da parte dei gruppi per la difesa dei diritti umani e degli osservatori internazionali, molte di queste persone avrebbero perso la vita in carcere; che il 20 giugno 2016, tuttavia, il ministro degli Esteri eritreo, Osman Saleh, si è riferito ai detenuti come prigionieri politici, dichiarando che "sono tutti vivi" e che saranno processati "quando il governo lo deciderà";
D. considerando che Dawit Isaak, un cittadino con doppia cittadinanza eritrea e svedese, è stato arrestato il 23 settembre 2001, dopo che il governo eritreo aveva dichiarato illegale la proprietà privata dei mezzi d'informazione; che le sue ultime notizie risalgono al 2005; che l'incarcerazione di Dawit Isaak è diventata un simbolo internazionale della lotta per la libertà di stampa in Eritrea, il che è stato recentemente riconosciuto da una giuria internazionale indipendente di professionisti del settore dei media che gli ha conferito il Premio mondiale per la libertà di stampa UNESCO/Guillermo Cano 2017 in riconoscimento del suo coraggio, della resistenza e dell'impegno per la libertà di espressione;
E. considerando che la famiglia di Dawit Isaak ha dovuto far fronte a difficoltà e incertezze sin dalla sua sparizione, la quale dispone di scarse conoscenze sul suo stato di salute, sul luogo in cui si trova o sulle prospettive future;
F. considerando che nella repressione del settembre 2001, 11 politici – tutti ex membri del Consiglio centrale del partito al potere del Fronte popolare per la democrazia e la giustizia (PFDJ), tra cui l'ex ministro degli Esteri Petros Solomon – sono stati arrestati dopo aver pubblicato una lettera aperta indirizzata al governo e al Presidente Isaias Afwerki chiedendo riforme e un "dialogo democratico"; che 10 giornalisti, tra cui Isaak, sono stati arrestati nel corso della settimana successiva;
G. considerando che moltissimi eritrei vengono arrestati per una serie di motivi ingiustificabili, ad esempio per aver espresso opinioni indipendenti, oppure senza alcuna giustificazione manifesta, per un periodo di tempo imprecisato; che i prigionieri, compresi i bambini, sono detenuti in condizioni estremamente dure che, in alcuni casi, si configurano come tortura o negazione di cure mediche; che alle organizzazioni internazionali non è stato permesso di accedere alle strutture penitenziarie, con l'eccezione di una prigione in superficie ad Asmara;
H. considerando che sono autorizzate solo quattro fedi religiose: la chiesa ortodossa eritrea, la chiesa cattolica, la chiesa luterana e l'Islam; che tutte le altre fedi religiose sono vietate e che i membri di tali fedi e i loro familiari vengono arrestati e imprigionati; che dal 2016 si osserva un inasprimento delle molestie e delle violenze contro coloro che professano fedi religiose; che secondo le stime di Christian Solidarity Worldwide (CSW) nel solo mese di maggio 2017 sono stati imprigionati 160 cristiani in Eritrea;
I. considerando che Abune Antonios, il patriarca della chiesa ortodossa eritrea, la più grande comunità religiosa del paese, è detenuto dal 2007, essendosi rifiutato di scomunicare 3 000 fedeli contrari al governo; che da allora è detenuto in un luogo sconosciuto dove gli viene negata l'assistenza medica;
J. considerando che in Eritrea non esiste una magistratura indipendente né un'assemblea nazionale; che la mancanza di istituzioni democratiche nel paese si è tradotta in un vuoto in termini di buona governance e Stato di diritto, il che ha creato un contesto di impunità per i crimini contro l'umanità;
K. considerando che vi è un solo partito politico legale, il Fronte popolare per la democrazia e la giustizia (PFDJ); che gli altri partiti politici sono vietati; che, secondo Freedom House, il PFDJ e l'esercito sono in pratica le uniche istituzioni di rilevanza politica in Eritrea e che entrambe sono strettamente subordinate al Presidente;
L. considerando che in Eritrea non vi è alcuna libertà di stampa, in quanto i mezzi di informazione indipendenti sono proibiti, e che l'indice sulla libertà di stampa nel mondo dell'organizzazione Reporter senza frontiere ha collocato per otto anni consecutivi l'Eritrea all'ultimo posto nella classifica dei 170-180 paesi valutati;
M. considerando che le elezioni presidenziali e generali previste per il 1997 non hanno mai avuto luogo e che la Costituzione ratificata quello stesso anno non è mai stata applicata; che il paese non organizza elezioni nazionali da 24 anni e che, di fatto, mancano una magistratura indipendente, un'assemblea nazionale operativa e una società civile;
N. considerando che, secondo la relazione 2016 sullo sviluppo umano del programma di sviluppo delle Nazioni Unite, l'Eritrea occupa il 179° posto su 188 paesi nell'indice di sviluppo umano per il 2016;
O. considerando che nel 2016 gli eritrei fuggiti dal loro paese rappresentavano il quarto gruppo più numeroso a rischiare la vita nel pericoloso viaggio verso l'Europa (dopo i siriani, gli iracheni e gli afghani), affrontando le angherie di trafficanti senza scrupoli per intraprendere l'insidiosa traversata del Mediterraneo; che, pertanto, la situazione in Eritrea ha conseguenze dirette sull'Europa, dal momento che, se nel paese venissero rispettati e tutelati i diritti umani e le persone potessero vivere libere dalla paura, gli eritrei potrebbero tornare in patria;
P. considerando che, secondo l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), oltre 400 000 eritrei, pari al 9 % della popolazione totale, hanno lasciato il paese; che l'UNHCR calcola che ogni mese circa 5 000 eritrei abbandonano il paese, il che è imputabile in larga misura alla persistenza di gravi violazioni dei diritti umani; che nel 2015 gli eritrei richiedenti asilo hanno ottenuto lo status di rifugiato nell'UE nel 69 % dei casi, mentre un ulteriore 27 % dei richiedenti ha ricevuto protezione sussidiaria, il che illustra la gravità delle persecuzioni in Eritrea;
Q. considerando che l'Eritrea sostiene il processo di Khartoum (un'iniziativa UE-Unione africana avviata il 28 novembre 2014 allo scopo di affrontare il problema della migrazione e della tratta di esseri umani), che comprende l'attuazione di progetti concreti, tra cui la creazione di capacità per il sistema giudiziario e la sensibilizzazione;
R. considerando che molti giovani hanno abbandonato il paese per fuggire dall'azione repressiva del governo e dal servizio di leva obbligatorio, che spesso va iniziato in giovanissima età e, per la maggior parte degli eritrei, ha durata indeterminata; che la maggior parte degli occupati nel servizio nazionale versa in una condizione di schiavitù nella quale ogni impiego, ogni domanda di lavoro e la possibilità di avere una famiglia sono controllati; che, secondo le stime, 400 000 persone sono attualmente in servizio nazionale forzato illimitato e molte di esse sono soggette al lavoro forzato, con una retribuzione scarsa o assente; che le reclute donne sono costrette a sopportare la servitù domestica e gli abusi sessuali;
S. considerando che la discriminazione e la violenza contro le donne sono presenti in tutti gli ambiti della società eritrea; che le donne non solo sono a rischio estremo di violenza sessuale all'interno dell'esercito e nei campi di addestramento militare, ma anche nella società in generale; che si stima che l'89 % delle ragazze eritree abbia subito mutilazioni genitali femminili (MGF); che, tuttavia, nel marzo 2007 il governo ha emesso un proclama in virtù del quale le MGF venivano considerate un reato, se ne vietava la pratica e si sponsorizzavano programmi educativi intesi a scoraggiare tale pratica nel corso dello stesso anno;
T considerando che il regime estende la propria presa totalitaria alla comunità di diaspora residente all'estero, mediante un'imposta del 2 % sui relativi redditi nonché spiandola e prendendo di mira i membri delle famiglie rimasti nel paese;
U. considerando che dal 2011 il regime eritreo nega che il paese è a rischio di carestia; che quest'anno una siccità particolarmente grave si è abbattuta su tutta l'Africa orientale e che le preoccupazioni per la situazione in Eritrea sono in aumento; che, secondo l'UNICEF, nel gennaio 2017 1,5 milioni di eritrei sono stati vittime di insicurezza alimentare, compresi 15 000 bambini che soffrono di malnutrizione;
V. considerando che l'UE è un donatore importante per l'Eritrea in termini di assistenza allo sviluppo; che nel gennaio 2016, nonostante le gravi preoccupazioni e l'opposizione del Parlamento, l'UE e l'Eritrea hanno firmato un nuovo programma indicativo nazionale (PIN) a titolo dell'11º Fondo europeo di sviluppo (FES), con una dotazione di 200 milioni di EUR; che le azioni dovrebbero essere incentrate sulle energie rinnovabili, la governance e la gestione delle finanze pubbliche, in particolare nel settore dell'energia;
1. condanna con la massima fermezza le violazioni sistematiche, diffuse e gravi dei diritti umani da parte dell'Eritrea; invita il governo eritreo a porre fine alla detenzione dell'opposizione, dei giornalisti, dei capi religiosi e dei civili innocenti; chiede il rilascio immediato e senza condizioni di tutti i prigionieri di coscienza in Eritrea, in particolare di Dawit Isaak e degli altri giornalisti detenuti dal settembre 2001 nonché di Abune Antonios; chiede che il governo eritreo fornisca informazioni dettagliate sul luogo in cui si trovano le persone private della libertà personale e sulla loro sorte;
2. rammenta la decisione della Commissione africana sui diritti dell'uomo e dei popoli del maggio 2017 e chiede che l'Eritrea fornisca immediata conferma delle buone condizioni di salute di Dawit Isaak, provveda al suo rilascio, gli consenta di incontrare i familiari e i rappresentanti legali e gli conceda un opportuno risarcimento per gli anni di reclusione; invita inoltre l'Eritrea a revocare il divieto posto ai mezzi di comunicazione indipendenti, come stabilito anche dalla Commissione africana;
3. osserva che, non rispettando la sentenza della Commissione africana, l'Eritrea continua a violare in modo flagrante le norme internazionali e i diritti fondamentali, compreso il diritto a un giusto processo, il divieto di tortura, la libertà di espressione, il diritto a una famiglia, e che ogni paese deve rispettare la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli;
4. invita il governo eritreo a rilasciare Abune Antonios e permettere che riprenda le funzioni di patriarca, come pure a porre fine all'interferenza nelle pratiche religiose pacifiche nel paese; ricorda che la libertà di religione è un diritto fondamentale e condanna fermamente ogni violenza o discriminazione fondata sulla religione;
5. chiede processi equi per gli imputati nonché l'abolizione della tortura e di altri trattamenti degradanti, quali le restrizioni su cibo, acqua e assistenza medica; ricorda al governo eritreo il suo obbligo di esercitare il dovere di diligenza nelle indagini sulle esecuzioni extragiudiziali;
6. rammenta al governo eritreo che molte delle sue attività costituiscono crimini contro l'umanità e che, sebbene l'Eritrea non abbia sottoscritto lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale, molte disposizioni contenute nel suddetto Statuto riflettono il diritto internazionale consuetudinario vincolante per l'Eritrea; sottolinea il proprio sostegno a favore della raccomandazione della commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite e di un'indagine approfondita sulle accuse di gravi violazioni dei diritti umani e di crimini contro l'umanità perpetrati dalle autorità eritree, al fine di garantire che tutti coloro che risultano responsabili siano chiamati a rispondere delle loro azioni;
7. esprime pieno sostegno al lavoro del relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Eritrea; invita l'UE, in collaborazione con le Nazioni Unite e l'Unione africana, a seguire da vicino la situazione generale in Eritrea e a segnalare tutti i casi di violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali;
8. chiede all'Eritrea di rispettare appieno e attuare immediatamente la convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, nonché di tenere pienamente fede agli obblighi che le incombono in virtù del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e della Carta africana per i diritti dell'uomo e dei popoli, entrambi i quali vietano la tortura; osserva con preoccupazione che gli attori pubblici e privati, comprese le aziende, sono fortemente limitati dal controllo del governo; riconosce che la mancanza di una gestione delle finanze pubbliche, compresa l'assenza di un bilancio nazionale, rende impossibile il controllo di bilancio;
9. invita il governo eritreo a permettere la creazione di altri partiti politici quale strumento fondamentale per promuovere la democrazia nel paese e chiede che alle organizzazioni per i diritti umani sia consentito di operare liberamente nel paese;
10. ricorda che il partenariato dell'UE con l'Eritrea è disciplinato dall'accordo di Cotonou e che tutte le parti sono tenute al rispetto e all'applicazione dei suoi termini, in particolare al rispetto dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto; invita pertanto l'UE ad accertare che l'erogazione dei suoi aiuti sia soggetta a condizioni, tra le quali che il governo dell'Eritrea ottemperi agli obblighi internazionali in materia di diritti umani e che i prigionieri politici vengano rilasciati prima di concedere ulteriori aiuti dell'UE all'Eritrea; invita inoltre l'UE ad avvalersi di tutti i mezzi e strumenti disponibili per assicurare che il governo eritreo rispetti i suoi obblighi di proteggere e garantire le libertà fondamentali, anche prendendo in considerazione l'avvio di consultazioni a norma dell'articolo 96 dell'accordo di Cotonou; chiede una valutazione dettagliata e completa dei fondi assegnati all'Eritrea finanziati dall'UE e dai suoi Stati membri;
11. denuncia la ripresa della fornitura di consistenti aiuti dell'UE all'Eritrea e in particolare la firma del PIN per l'Eritrea per un valore di 200 milioni di euro; invita la Commissione a riesaminare i propri accordi di controllo con il Parlamento, a prendere attentamente in considerazione le preoccupazioni e le raccomandazioni del Parlamento e a garantirne la trasmissione al comitato FES; ritiene che il comitato FES avrebbe dovuto prendere in considerazione le precedenti raccomandazioni del parlamento di non adottare il PIN e di avviare ulteriori discussioni;
12. invita la Commissione a garantire che i fondi stanziati non vadano a beneficio del governo eritreo ma siano destinati in modo rigoroso e trasparente a rispondere alle esigenze del popolo eritreo a livello di sviluppo, democrazia, diritti umani, buona governance e sicurezza, nonché libertà di espressione, di stampa e di riunione; esorta l'Unione europea a garantire la condizionalità degli aiuti convenuti di recente e a far sì che il PIN aiuti l'Eritrea a modificare profondamente la propria politica energetica, al fine di rendere l'energia accessibile a tutti, specialmente nelle zone rurali dove l'elettricità è tuttora assente; ritiene, inoltre, che la componente del PIN relativa alla governance dovrebbe essere nettamente orientata all'attuazione delle raccomandazioni della revisione periodica universale condotta dalle Nazioni Unite in materia di diritti umani;
13. chiede che la Commissione ottenga garanzie chiare dal governo eritreo sul fatto che avvierà riforme democratiche e garantirà il rispetto dei diritti umani, anche attraverso l'attuazione delle raccomandazioni formulate in occasione della 18a sessione del gruppo di lavoro sull'esame periodico universale (EPU), che esso ha accettato il 7 febbraio 2014;
14. invita il Consiglio a riconsiderare le relazioni tra l'UE e l'Eritrea nonché i suoi aiuti allo sviluppo a favore del paese in risposta al bilancio negativo di quest'ultimo nel campo dei diritti umani e a pubblicare i risultati tangibili derivanti dai programmi di aiuto nel corso degli ultimi anni; invita l'UE e gli Stati membri a ricorrere a tutte le misure disponibili, in particolare attraverso l'accordo di Cotonou, al fine di garantire che le autorità eritree rispettino i loro impegni internazionali;
15. sottolinea con fermezza che l'Eritrea deve accordare agli organismi internazionali e regionali per i diritti umani, compresi i relatori speciali, accesso senza restrizioni al paese per monitorare i progressi; chiede al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza di sostenere attivamente il rinnovo del mandato del relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Eritrea; incoraggia il governo eritreo a intraprendere urgenti riforme quali l'allentamento dello Stato monopartitico e la riconvocazione dell'assemblea nazionale e delle elezioni;
16. esorta gli Stati membri dell'UE ad adottare misure adeguate contro l'applicazione della tassa della diaspora ai cittadini eritrei che vivono sul loro territorio, conformemente alla risoluzione 2023 (2011) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite; ricorda al governo eritreo che il diritto di abbandonare il proprio paese è sancito dal diritto internazionale in materia di diritti umani; invita il governo a concedere la libertà di circolazione e a porre fine alla riscossione della tassa sulla diaspora dagli eritrei residenti all'estero; esorta il governo a porre fine al meccanismo della "colpa per associazione", che prende di mira i familiari di quanti disertano il servizio nazionale, cercano di fuggire dall'Eritrea od omettono di pagare la tassa del 2 % imposta dal governo agli espatriati eritrei;
17. invita il governo eritreo a rispettare le disposizioni inerenti alla durata del servizio nazionale, ad astenersi dallo sfruttamento dei suoi cittadini come manodopera forzata, a non consentire alle imprese straniere di servirsi dei coscritti in cambio di pagamenti, ad autorizzare la possibilità di obiezione di coscienza al servizio militare e a garantire la protezione dei coscritti;
18. ricorda all'Eritrea i suoi obblighi a norma delle convenzioni dell'ILO, con particolare riferimento al diritto delle organizzazioni della società civile e delle associazioni sindacali di organizzarsi, manifestare pacificamente, partecipare agli affari pubblici e avviare campagne a sostegno dei diritti dei lavoratori; invita il governo eritreo ad abolire la politica di bandire le ONG in possesso di una somma inferiore a 2 milioni di dollari statunitensi sui propri conti bancari; è preoccupato per il diffuso legame tra affari, politica e corruzione in Eritrea; condanna le società straniere complici nello sfruttamento del lavoro forzato e invita tutti coloro che operano in Eritrea a farsi maggiormente carico dell'obbligo di rendere conto, a rafforzare la dovuta diligenza e a migliorare i sistemi di comunicazione;
19. deplora i tentativi dell'UE di collaborare con l'Eritrea nel settore della migrazione; pone in evidenza i tassi molto elevati di concessione dell'asilo o della protezione sussidiaria ai cittadini eritrei da parte degli Stati membri dell'UE ed esorta pertanto gli Stati membri a non rimpatriare gli eritrei in cerca di asilo in Europa, in conformità alla convenzione di Ginevra; chiede che gli Stati membri dell'UE rispettino il principio di non respingimento e ricorda loro che i richiedenti asilo rimpatriati verranno probabilmente detenuti arbitrariamente e torturati a causa dei loro tentativi di fuga;
20. esorta l'Eritrea a impegnarsi con la comunità internazionale nel campo dei diritti umani; chiede che il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite collabori con l'Eritrea nel rafforzamento delle capacità nel sistema giudiziario organizzando seminari e corsi di formazione per giudici e avvocati in quanto modo costruttivo per avanzare; riconosce che una delegazione dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani si recherà in visita in Eritrea nel mese di luglio e invita tale delegazione a riferire in merito a quanto vede e a cercare di ottenere l'accesso a tutte le zone del paese, in particolare alle carceri, le cui strutture possono essere oggetto di indagine e di relazione;
21. ribadisce la sua profonda preoccupazione per le attuale condizioni climatiche devastanti nel Corno d'Africa, che comprende l'Eritrea, e il grave rischio di crisi alimentare e umanitaria che esse comportano; invita l'UE, insieme ai suoi partner internazionali, a intensificare il suo sostegno alle popolazioni colpite e a garantire che siano forniti i finanziamenti e l'assistenza necessari;
22. condanna la politica del governo eritreo di revocare arbitrariamente la cittadinanza e chiede che tutti i cittadini eritrei siano trattati in modo giusto ed equo dinanzi alla legge; sottolinea che nell'affrontare la questione del deficit di giustizia in Eritrea è necessario attribuire priorità alla governance democratica e al ripristino dello Stato di diritto, ponendo fine all'autoritarismo fondato sulla paura della detenzione arbitraria e in isolamento, della tortura e di altre violazioni dei diritti umani, alcune delle quali si configurano come crimini contro l'umanità;
23. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, all'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE, al Consiglio dell'Unione africana, alla Comunità dell'Africa orientale, al Segretario generale delle Nazioni Unite, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza nonché alle autorità eritree.