PROPOSTA DI RISOLUZIONE COMUNE sulla situazione in Burundi
5.7.2017 - (2017/2756(RSP))
in sostituzione delle proposte di risoluzione presentate dai gruppi:
Verts/ALE (B8-0465//2017)
ECR (B8-0468/2017)
S&D (B8-0469/2017)
ALDE (B8-0471/2017)
EFDD (B8-0474/2017)
GUE/NGL (B8-0475/2017)
PPE (B8-0476/2017)
Cristian Dan Preda, Joachim Zeller, Sandra Kalniete, Mairead McGuinness, David McAllister, José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra, Elmar Brok, Patricija Šulin, Jarosław Wałęsa, Ivan Štefanec, Tomáš Zdechovský, Jaromír Štětina, Pavel Svoboda, Agnieszka Kozłowska-Rajewicz, Michaela Šojdrová, Milan Zver, Dubravka Šuica, Sven Schulze, Krzysztof Hetman, Elisabetta Gardini, Claude Rolin, Brian Hayes, Maurice Ponga, Eduard Kukan, Lefteris Christoforou, Adam Szejnfeld, Bogdan Brunon Wenta, Romana Tomc, Roberta Metsola, Jiří Pospíšil, Csaba Sógor, Marijana Petir, Tunne Kelam, Seán Kelly, Stanislav Polčák, Željana Zovko, Ivana Maletić, Andrey Kovatchev, Laima Liucija Andrikienė, László Tőkés, Anna Záborská, Lars Adaktusson, Elżbieta Katarzyna Łukacijewska, Inese Vaidere a nome del gruppo PPE
Elena Valenciano, Victor Boştinaru a nome del gruppo S&D
Charles Tannock, Karol Karski, Ryszard Czarnecki, Ryszard Antoni Legutko, Anna Elżbieta Fotyga, Notis Marias, Ruža Tomašić, Branislav Škripek a nome del gruppo ECR
Louis Michel, Nedzhmi Ali, Petras Auštrevičius, Beatriz Becerra Basterrechea, Izaskun Bilbao Barandica, Dita Charanzová, Gérard Deprez, Martina Dlabajová, Nathalie Griesbeck, Marian Harkin, Ivan Jakovčić, Petr Ježek, Ilhan Kyuchyuk, Patricia Lalonde, Urmas Paet, Maite Pagazaurtundúa Ruiz, Jozo Radoš, Marietje Schaake, Hannu Takkula, Pavel Telička, Ramon Tremosa i Balcells, Ivo Vajgl, Johannes Cornelis van Baalen, Hilde Vautmans, Cecilia Wikström, Valentinas Mazuronis, Filiz Hyusmenova a nome del gruppo ALDE
Marie-Christine Vergiat, Lola Sánchez Caldentey, Xabier Benito Ziluaga, Estefanía Torres Martínez, Tania González Peñas, Miguel Urbán Crespo, Dimitrios Papadimoulis, Stelios Kouloglou, Kostas Chrysogonos, Barbara Spinelli a nome del gruppo GUE/NGL
Judith Sargentini, Maria Heubuch, Heidi Hautala, Florent Marcellesi, Michèle Rivasi, Bodil Valero, Barbara Lochbihler, Bart Staes, Ernest Urtasun, Igor Šoltes, Davor Škrlec, Bronis Ropė, Jordi Solé a nome del gruppo Verts/ALE
Fabio Massimo Castaldo, Ignazio Corrao, Isabella Adinolfi, Rolandas Paksas, Laura Ferrara a nome del gruppo EFDD
Barbara Kappel
Risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione in Burundi
Il Parlamento europeo,
– visto l'accordo di Cotonou riveduto, in particolare l'articolo 96,
– vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo,
– visto il Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966,
– vista la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli,
– vista la Carta africana sulla democrazia, le elezioni e il buon governo,
– viste le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 2248 (2015), del 12 novembre 2015, e 2303 (2016), del 29 luglio 2016, sulla situazione in Burundi,
– vista la relazione della commissione d'inchiesta internazionale presentata il 15 giugno 2017 al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite,
– visto il primo rapporto del Segretario generale delle Nazioni Unite sul Burundi, pubblicato il 23 febbraio 2017,
– vista la dichiarazione resa alla stampa il 9 marzo 2017 dal Consiglio di sicurezza in merito alla situazione in Burundi,
– vista la relazione dell'indagine indipendente delle Nazioni Unite sul Burundi, pubblicata il 20 settembre 2016,
– vista la risoluzione adottata dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite il 30 settembre 2016 sulla situazione dei diritti umani in Burundi,
– visto l'accordo di pace e riconciliazione di Arusha per il Burundi del 28 agosto 2000,
– vista la dichiarazione sul Burundi del vertice dell'Unione africana del 13 giugno 2015,
– vista la decisione sulle attività del Consiglio per la pace e la sicurezza e sullo stato della pace e della sicurezza in Africa (Assembly/AU/Dec.598(XXVI)), adottata in occasione della 26ª sessione ordinaria dell'assemblea dei capi di Stato e di governo dell'Unione africana, tenutasi il 30 e 31 gennaio 2016 ad Addis Abeba (Etiopia),
– viste le decisioni e dichiarazioni dell'assemblea dell'Unione africana (Assembly/AU/Dec.605-620 (XXVII)), adottate in occasione della 27ª sessione ordinaria dell'assemblea dei capi di Stato e di governo dell'Unione africana, tenutasi il 17 e 18 luglio 2016 a Kigali (Ruanda),
– vista la risoluzione della Commissione africana sui diritti dell'uomo e dei popoli, del 4 novembre 2016, sulla situazione dei diritti umani nella Repubblica del Burundi,
– vista la dichiarazione sul Burundi del vertice della Comunità dell'Africa orientale del 31 maggio 2015,
– viste le risoluzioni del Parlamento europeo sul Burundi, in particolare quelle del 9 luglio 2016, del 17 dicembre 2016 e del 18 gennaio 2017,
– vista la decisione (UE) 2016/394 del Consiglio, del 14 marzo 2016, relativa alla conclusione della procedura di consultazione con la Repubblica del Burundi a norma dell'articolo 96 dell'accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro,
– visti il regolamento (UE) 2015/1755 del Consiglio, del 1° ottobre 2015, nonché le decisioni (PESC) 2015/1763 e 2016/1745 del Consiglio, concernenti misure restrittive in considerazione della situazione in Burundi,
– viste le conclusioni del Consiglio del 16 marzo, 18 maggio, 22 giugno, 16 novembre 2015 e 15 febbraio 2016, sul Burundi,
– viste le dichiarazioni del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR) in data 28 maggio 2015, 19 dicembre 2015 e 21 ottobre 2016,
– vista la dichiarazione del portavoce del VP/AR, del 6 gennaio 2017, sulla messa al bando della Ligue Iteka in Burundi,
– vista la Costituzione del Burundi, in particolare l'articolo 96,
– visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che il Burundi è sprofondato in una grave crisi politica e in disordini civili dopo che, nell'aprile 2015, il presidente Pierre Nkurunziza ha annunciato di volersi candidare per un terzo mandato, in violazione della Costituzione del paese, che limita il numero di mandati presidenziali a due, nonché dell'accordo di Arusha; che la forte opposizione contro la sua rielezione è stata repressa dal governo in modo molto severo, il che ha comportato un allarmante deterioramento della situazione dei diritti umani nel paese;
B. considerando che, stando agli osservatori internazionali, a partire da luglio 2015 il governo ha represso l'opposizione insorta contro la rielezione del presidente in maniera alquanto severa; che, secondo l'ONU, 500 persone hanno perso la vita da quando sono scoppiate le violenze; che, secondo le organizzazioni per la difesa dei diritti umani, più di 1 200 persone sarebbero state uccise, 400-900 persone sarebbero state vittime di sparizioni forzate, diverse centinaia o migliaia di persone sarebbero state torturate e oltre 10 000 sarebbero ancora detenute arbitrariamente;
C. considerando che il presidente Pierre Nkurunziza non esclude la possibilità di modificare la Costituzione per candidarsi per un quarto mandato dopo il 2020, e che è in corso un processo interno finalizzato a sopprimere i limiti dei mandati; che ciò sarebbe in contrasto con le precedenti dichiarazioni del presidente Pierre Nkurunziza e comprometterebbe gli sforzi collettivi per trovare una soluzione sostenibile a lungo termine alla crisi;
D. considerando che la relazione dell'inchiesta indipendente delle Nazioni Unite sul Burundi fa riferimento a numerose prove di gravi violazioni dei diritti umani e gravi abusi nel paese, perpetrati soprattutto dalle forze di sicurezza e delle autorità; che dal mese di aprile si registra un aumento dei casi di istigazione alla violenza e all'odio, in particolare in occasione dei raduni degli Imbonerakure, la milizia giovanile del partito al potere CNDD-FDD; che le vittime principali di tali atti sono personalità dell'opposizione e attori della società civile, tra cui difensori dei diritti umani, giornalisti e avvocati; che la relazione finale della commissione d'inchiesta istituita dal Consiglio dei diritti umani è attesa nel mese di settembre;
E. considerando che tra le violenze denunciate figurano omicidi, rapimenti, sparizioni forzate, torture, stupri e detenzioni e arresti arbitrari; che la corruzione e la mancanza di interventi da parte dei poteri pubblici perpetuano una cultura di impunità che impedisce di assicurare alla giustizia numerosi responsabili di atti di violenza omicida, tra cui membri delle forze di polizia e dei servizi di intelligence;
F. considerando che nell'ottobre 2016 le autorità del Burundi hanno bandito cinque organizzazioni per la difesa dei diritti umani e che nel gennaio 2017 la prima organizzazione di questo tipo nel paese, la Lega Iteka, è stata anch'essa messa al bando; che nel dicembre 2016 il parlamento ha adottato una legge che prevede un rigoroso controllo delle ONG internazionali;
G. considerando che le restrizioni nei confronti dei mezzi di informazione e dei giornali indipendenti sono aumentate; che i mezzi di informazione indipendenti continuano ad essere censurati, sospesi, bloccati e/o chiusi; che alcuni giornalisti sono stati vittime di sparizioni, minacce, aggressioni fisiche e vessazioni giudiziarie; che tutte le stazioni radio indipendenti sono state sospese; che, nella classifica mondiale sulla libertà di stampa redatta dall'organizzazione Reporters sans Frontières, il Burundi occupa il 160° posto su 180 paesi;
H. considerando che alcuni funzionari delle Nazioni Unite segnalano la tendenza tra gli agenti dello Stato a fomentare la discordia, accentuando così una spirale di violenza e una possibile "etnicizzazione" della crisi; che è stato denunciato il ricorso alla violenza e all'intimidazione da parte del partito CNDD-FDD (Consiglio nazionale per la difesa della democrazia - Forze per la difesa della democrazia) e della sua sezione giovanile, la milizia Imbonerakure;
I. considerando che nell'ottobre 2016 il Burundi ha avviato una procedura per il ritiro dello statuto di Roma, esprimendo altresì l'intenzione di uscire dalla Corte penale internazionale (CPI), in seguito alla decisione di quest'ultima di avviare un'indagine preliminare sulle violenze e le violazioni dei diritti umani nel paese;
J. considerando che nell'agosto 2016 il governo del Burundi ha negato l'invio nel paese di forze di polizia delle Nazioni Unite per monitorare la situazione; che il governo burundese ha deciso di sospendere la cooperazione con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo e ha rifiutato di collaborare con la commissione d'inchiesta istituita dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite;
K. considerando che il 21 dicembre 2015 il parlamento burundese ha respinto la proposta di dispiegare una forza per il mantenimento della pace dell'Unione africana, sostenendo che qualsiasi intervento militare di truppe dell'Unione africana rappresenterebbe un'invasione da parte di una forza di occupazione;
L. considerando che l'8 dicembre 2015 l'Unione europea ha avviato un processo di consultazione con il governo del Burundi, a norma dell'articolo 96 dell'accordo di Cotonou, in presenza dei rappresentanti del gruppo degli Stati ACP, dell'Unione africana, della Comunità dell'Africa orientale e delle Nazioni Unite; che nel marzo 2016 l'Unione ha concluso le consultazioni, giungendo alla conclusione che gli impegni proposti dal governo del Burundi in materia di diritti umani, principi democratici e Stato di diritto sono insufficienti;
M. considerando che, in esito a tale procedura, l'Unione europea ha definito una serie di misure specifiche che il governo del Burundi deve adottare per consentire la ripresa di una piena collaborazione;
N. considerando che l'Unione ha sospeso il sostegno finanziario diretto a favore dell'amministrazione burundese, incluso il sostegno al bilancio; che l'UE si è impegnata a mantenere il sostegno finanziario destinato alla popolazione e agli aiuti umanitari, inclusi i progetti volti a garantire l'accesso ai servizi di base;
O. considerando che l'Unione europea ha adottato sanzioni mirate nei confronti di persone, entità od organismi che compromettono la democrazia oppure ostacolano la ricerca di una soluzione politica in Burundi; che attualmente anche l'Unione africana prevede di adottare sanzioni;
P. considerando che, secondo il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il dialogo interburundese intrapreso sotto l'egida della Comunità dell'Africa orientale, con il supporto dell'Unione africana e dell'Unione europea, rappresenta l'unico processo possibile per trovare una soluzione politica duratura alla situazione in Burundi; che tale dialogo deve essere aperto a tutti, compresi i partiti dell'opposizione, la società civile e i membri della diaspora;
Q. considerando che lo stallo politico in Burundi e il deterioramento della situazione economica hanno gravi conseguenze per la popolazione; che, secondo le stime dell'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, più di 420 000 persone sono fuggite dal Burundi per cercare rifugio nei paesi vicini; che, secondo il Sottosegretario generale delle Nazioni Unite, si contano attualmente 209 000 gli sfollati interni; che 3 milioni di persone necessitano di assistenza umanitaria e 2,6 milioni sono esposte a un'insicurezza alimentare acuta; che 700 000 persone dipendono dagli aiuti alimentari di emergenza, sebbene il governo abbia eliminato alcune restrizioni; che tale situazione mette gravemente in pericolo la stabilità della regione;
1. esprime profonda preoccupazione per la situazione politica e di sicurezza del Burundi; condanna fermamente gli atti di violenza, gli omicidi e le altre violazioni dei diritti umani che hanno avuto luogo in Burundi dal 2015; chiede un'azione efficace e proporzionata per impedire nuovi episodi di violenza;
2. manifesta preoccupazione per l'impunità generalizzata, in particolare per quanto riguarda gli atti di violenza e le violazioni dei diritti umani nonché gli autori di tali atti; ricorda che le autorità del Burundi hanno l'obbligo, in virtù della legislazione internazionale e regionale in materia di diritti umani, di garantire, proteggere e promuovere i diritti fondamentali, compresi i diritti civili e politici dei cittadini; chiede, in questo contesto, che sia svolta un'indagine approfondita e indipendente in merito alle uccisioni e agli abusi verificatisi in Burundi negli ultimi anni e invita ad assicurare che i responsabili rispondano dei loro atti;
3. deplora vivamente il fatto che il governo del Burundi abbia avviato una procedura per recedere dallo statuto di Roma che istituisce la CPI; chiede al governo del Burundi di rivedere la procedura di recesso e di garantire che il paese continui a partecipare pienamente alla CPI;
4. esorta il governo burundese a rispettare pienamente la risoluzione 2303 (2016) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e a consentire il dispiegamento di un'unità di polizia delle Nazioni Unite al fine di assicurare il controllo della situazione in materia di sicurezza nel paese;
5. accoglie con favore l'istituzione, nel novembre 2016, della commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite sui diritti umani nel Burundi allo scopo di indagare sulle violazioni dei diritti umani avvenute nel paese dall'aprile 2015; invita le autorità del Burundi a cooperare pienamente con i membri della commissione d'inchiesta;
6. accoglie con favore la recente nomina di un inviato speciale in Burundi, Michel Kafando, da parte del Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterrez, allo scopo di agevolare la comprensione del processo politico in corso;
7. ribadisce il suo impegno a favore della libertà di espressione ed evidenzia nuovamente il ruolo essenziale svolto dalla società civile, dagli avvocati, dalle organizzazioni di difesa dei diritti umani e dai media in una società democratica; chiede alle autorità burundesi, in tale contesto, di revocare i divieti e le restrizioni imposte a tali soggetti, a riesaminare la nuova legislazione sulle ONG straniere e a garantire che i giornalisti e i difensori dei diritti umani possano esercitare le loro attività nel paese in piena libertà e sicurezza;
8. esprime preoccupazione per il rischio elevato che la situazione attuale generi divisioni più profonde tra le diverse etnie; denuncia l'"etnicizzazione" della crisi tramite il ricorso a una propaganda basata su un'ideologia etnica; esorta tutte le parti in Burundi ad astenersi da qualsiasi comportamento o dichiarazione che potrebbe intensificare la violenza, aggravare la crisi o avere effetti negativi sulla stabilità regionale a lungo termine, nonché a rispettare pienamente l'accordo di Arusha;
9. condanna gli atti di istigazione alla violenza e all'odio dei dirigenti della milizia giovanile Imbonerakure nei confronti dei rifugiati e degli oppositori, in particolare gli inviti pubblici allo stupro delle mogli degli oppositori, e chiede il disarmo immediato di tali milizie; manifesta profonda preoccupazione per l'adozione di una nuova legge relativa alla creazione di un corpo nazionale di volontari, che potrebbe servire a legittimare le attività di tale milizia;
10. esorta tutte le parti in causa a creare le condizioni adeguate per ristabilire la fiducia e favorire l'unità nazionale tramite un dialogo nazionale aperto, trasparente e inclusivo tra il governo, i partiti di opposizione e la società civile, conformemente alla Costituzione del Burundi, all'accordo di Arusha e agli impegni internazionali del paese;
11. osserva che la situazione in Burundi ha conseguenze estremamente dannose per tutta la regione; accoglie con favore, a tal proposito, gli sforzi di negoziazione effettuati sotto l'egida della Comunità dell'Africa orientale (EAC), con il sostegno dell'Unione africana, e chiede alle autorità burundesi di impegnarsi e collaborare per pervenire a una soluzione immediata, sostenibile e a lungo termine di questo conflitto, ma esprime profonda preoccupazione per la lentezza dei progressi del dialogo;
12. invita l'Unione europea a sostenere gli sforzi degli attori regionali nella risoluzione della crisi; chiede di mettere in atto la tabella di marcia elaborata dal facilitatore nominato dall'EAC, Benjamin Mkapa, ex presidente della Tanzania;
13. accoglie con favore la decisione del Consiglio per la pace e la sicurezza dell'Unione africana di autorizzare il dispiegamento della missione africana per la prevenzione e la protezione in Burundi allo scopo di favorire una soluzione politica; sollecita il governo del Burundi a rispettare pienamente l'impegno assunto di facilitare il dispiegamento rapido di osservatori ed esperti in materia di diritti umani, in particolare rilasciando immediatamente i visti ed eseguendo molto celermente le altre formalità richieste;
14. ritiene che una maggiore presenza di osservatori internazionali in Burundi potrebbe contribuire notevolmente al miglioramento della situazione relativa ai diritti umani e alla sicurezza; chiede che siano dispiegati 200 ulteriori osservatori militari e osservatori dei diritti umani dell'Unione africana, a sostegno dei 30 osservatori già presenti;
15. ritiene che sia necessario chiarire, in coordinamento con l'Unione africana, la tracciabilità dei fondi destinati ai soldati burundesi dispiegati nel quadro della missione dell'Unione africana in Somalia (AMISOM);
16. ritiene che, affinché vi sia una normalizzazione delle relazioni con l'UE e con i suoi Stati membri, è necessario che le autorità burundesi attuino tutte le disposizioni stabilite nel "prospetto degli impegni" in relazione alle consultazioni previste dall'articolo 96 dell'accordo di Cotonou;
17. prende atto della decisione dell'Unione europea, in seguito alla consultazione con le autorità burundesi a norma dell'articolo 96 dell'accordo di Cotonou, di sospendere il sostegno finanziario diretto al governo del Burundi e plaude all'introduzione di restrizioni di viaggio e misure di congelamento dei beni da parte dell'UE nei confronti dei responsabili di violazioni dei diritti umani o di coloro che cercano di compromettere gli sforzi di pace; sottolinea che l'Unione mantiene integralmente il suo sostegno finanziario al popolo burundese, compresi i rifugiati, nei settori chiave della salute, dell'alimentazione e dell'istruzione, come pure l'assistenza umanitaria fornita per vie indirette; appoggia il rinnovo delle sanzioni mirate dell'UE, come pure la decisione del Consiglio dell'UE di sospendere il sostegno al bilancio a favore del Burundi in seguito alle consultazioni a norma dell'articolo 96;
18. esprime profonda preoccupazione per l'afflusso di profughi burundesi nei paesi vicini e per l'allarmante situazione umanitaria degli sfollati in Burundi e ribadisce il proprio sostegno alle organizzazioni umanitarie presenti nella regione e ai paesi vicini che ospitano i rifugiati; esorta l'Unione europea e gli altri donatori a incrementare il loro sostegno finanziario e l'assistenza umanitaria a favore degli sfollati e dei rifugiati burundesi; ricorda agli Stati membri il loro impegno di rispettare la convenzione di Ginevra;
19. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al governo e al parlamento del Burundi, al Consiglio dei ministri ACP-UE, alla Commissione europea e al Consiglio dei ministri dell'Unione europea, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri dell'Unione europea, agli Stati membri e alle istituzioni dell'Unione africana nonché al Segretario generale delle Nazioni Unite.