PROPOSTA DI RISOLUZIONE COMUNE sulla situazione in Turchia, segnatamente la revoca di sindaci eletti
18.9.2019 - (2019/2821(RSP))
in sostituzione delle proposte di risoluzione seguenti:
B9-0049/2019 (Verts/ALE)
B9-0083/2019 (S&D)
B9-0084/2019 (Renew)
B9-0085/2019 (GUE/NGL)
B9-0088/2019 (PPE)
Michael Gahler, Michaela Šojdrová, Antonio López-Istúriz White, Vladimír Bilčík, David McAllister, Željana Zovko, Loránt Vincze, Arba Kokalari, Lefteris Christoforou, Loucas Fourlas, Romana Tomc, Karoline Edtstadler, Tomáš Zdechovský, Ivan Štefanec, Vangelis Meimarakis, Milan Zver, Manolis Kefalogiannis, David Lega, Isabel Wiseler-Lima, Tomasz Frankowski, Sandra Kalniete, Esther de Lange, Stanislav Polčák, Stelios Kympouropoulos, Paulo Rangel, Rosa Estaràs Ferragut, Inese Vaidere, Andrey Kovatchev, Ioan-Rareş Bogdan
a nome del gruppo PPE
Kati Piri, Nacho Sánchez Amor
a nome del gruppo S&D
Abir Al Sahlani, Andrus Ansip, Petras Auštrevičius, Phil Bennion, Izaskun Bilbao Barandica, Sylvie Brunet, Olivier Chastel, Katalin Cseh, Chris Davies, Anna Júlia Donáth, Laurence Farreng, Fredrick Federley, Valter Flego, Klemen Grošelj, Christophe Grudler, Irena Joveva, Nathalie Loiseau, Karen Melchior, Javier Nart, Lucy Nethsingha, Bill Newton Dunn, Urmas Paet, Dragoş Pîslaru, Frédérique Ries, María Soraya Rodríguez Ramos, Michal Šimečka, Susana Solís Pérez, Nicolae Ştefănuță, Ramona Strugariu, Hilde Vautmans, Marie Pierre Vedrenne, Chrysoula Zacharopoulou
a nome del gruppo Renew
Sergey Lagodinsky, Heidi Hautala, Hannah Neumann, Ernest Urtasun, Klaus Buchner, Saskia Bricmont, Katrin Langensiepen, Bronis Ropė, Ville Niinistö, Catherine Rowett, Reinhard Bütikofer, Erik Marquardt, Anna Cavazzini, Viola Von Cramon Taubadel, Kim Van Sparrentak, Tineke Strik, Ellie Chowns
a nome del gruppo Verts/ALE
Özlem Demirel, Miguel Urbán Crespo, Konstantinos Arvanitis, Marisa Matias, José Gusmão, Idoia Villanueva Ruiz, Eugenia Rodríguez Palop, Sira Rego, Kateřina Konečná, Younous Omarjee, Stelios Kouloglou, Dimitrios Papadimoulis, Manu Pineda, Ellie Chowns
a nome del gruppo GUE/NGL
Fabio Massimo Castaldo
Risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione in Turchia, segnatamente la revoca di sindaci eletti
Il Parlamento europeo,
– viste le sue precedenti risoluzioni sulla Turchia, in particolare quelle del 24 novembre 2016 sulle relazioni UE-Turchia[1], del 27 ottobre 2016 sulla situazione dei giornalisti in Turchia[2], dell'8 febbraio 2018 sulla situazione attuale dei diritti umani in Turchia[3] , e del 13 marzo 2019 sulla relazione 2018 della Commissione concernente la Turchia[4],
– viste la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, del 29 maggio 2019, sulla politica di allargamento dell'UE (COM(2019)0260) e la relazione 2019 sulla Turchia (SWD(2019)0220), e il documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la relazione 2019 concernente la Turchia (SWD(2019)0220),
– viste le conclusioni del Consiglio del 18 giugno 2018 e le precedenti conclusioni in materia del Consiglio e del Consiglio europeo,
– viste le conclusioni preliminari della missione di osservazione elettorale del Congresso delle autorità locali e regionali del Consiglio d'Europa,
– viste le raccomandazioni della commissione di Venezia e l'impegno della Turchia a favore della Carta europea dell'autonomia locale,
– vista la risoluzione 2260 dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (APCE) del 24 gennaio 2019 dal titolo ‘The worsening situation of opposition politicians in Turkey: what can be done to protect their fundamental rights in a Council of Europe member State?” (Il peggioramento della situazione degli oppositori politici in Turchia: cosa si può fare per tutelare i loro diritti fondamentali in uno Stato membro del Consiglio d'Europa?”,
– viste le dichiarazioni rilasciate dal portavoce del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) il 19 agosto 2019 sulle sospensioni di sindaci eletti e sulla detenzione di centinaia di persone nel sud-est della Turchia,
– vista la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo nella causa Selahattin Demirtaş/Turchia,
– vista la risoluzione 2156 (2017) dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa sul funzionamento delle istituzioni democratiche in Turchia,
– visto il fatto che i valori fondanti dell'Unione si basano sullo Stato di diritto e il rispetto dei diritti e dei valori umani, che si applicano anche a tutti i paesi candidati all'adesione all'UE;
– visti la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU) e il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (ICCPR), di cui la Turchia è parte,
– vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo,
– visti l'articolo 144, paragrafo 5, e l'articolo 132, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che la Turchia è un partner importante dell'UE e, in qualità di paese candidato, è tenuta a rispettare gli standard di democrazia più elevati, compreso il rispetto dei diritti umani, lo Stato di diritto, elezioni credibili, le libertà fondamentali e il diritto universale a un processo equo;
B. considerando che, il 31 marzo 2019, si sono tenute, in Turchia, le elezioni locali e che queste si sono svolte in modo ordinato, secondo le conclusioni preliminari della delegazione di osservazione elettorale del Congresso delle autorità locali e regionali del Consiglio d'Europa; che si è assistito a un'impressionante affluenza alle elezioni a livello locale; che le elezioni sono state ampiamente criticate dagli osservatori a causa di una eccessiva mancanza di obiettività da parte dei media a favore dell'Alleanza popolare al potere;
C. considerando che, nelle elezioni locali del 31 marzo 2019, Adnan Selçuk Mızraklı, sindaco di Diyarbakır, ha ottenuto una maggioranza del 63%, Ahmet Türk, sindaco di Mardin, una maggioranza del 56%, e Bedia Özgökçe, sindaca di Van, una maggioranza del 54% dei voti, il che significa pertanto che tutti e tre i sindaci hanno ottenuto un chiaro mandato popolare per svolgere le funzioni inerenti alla loro carica di sindaco;
D. considerando che tutti e tre i sindaci hanno ricevuto l'approvazione del Consiglio elettorale supremo della Repubblica di Turchia (YSK) per candidarsi alle elezioni;
E. considerando che i sindaci democraticamente eletti di Diyarbakır, Van e Mardin nel sud-est della Turchia sono stati sostituiti da governatori/amministratori provinciali nominati dal governo in quanto oggetto di indagini giudiziarie per presunti legami con il terrorismo;
F. considerando che la sostituzione di Adnan Selçuk Mızraklı, Ahmet Türk, e di Bedia Özgökçe Eran da parte di governatori statali è motivo di grave preoccupazione poiché mette in discussione il rispetto dei risultati democratici delle elezioni del 31 marzo 2019; che altri 418 civili, principalmente consiglieri e dipendenti comunali di 29 diverse province della Turchia, sono stati arrestati il 18 agosto 2019 con accuse simili e non comprovate;
G. considerando che, nel settembre 2016, la legge turca sui comuni è stata modificata nel quadro di un decreto di stato di emergenza per facilitare la revoca amministrativa dei sindaci accusati di avere legami con il terrorismo e sostituirli con governatori provinciali; che la commissione di Venezia ha invitato le autorità turche ad abrogare le disposizioni introdotte dal decreto legislativo turco n. 674 del 1º settembre 2016, che non sono strettamente richieste dallo stato di emergenza, in particolare quelle relative alle norme che consentono la copertura dei posti vacanti per le posizioni di sindaco, vicesindaco e consigliere comunale mediante nomine;
H. considerando che il 9 aprile 2019, il YSK ha dichiarato che altri quattro sindaci e consiglieri comunali eletti nel sud-est della Turchia non erano idonei ad assumere l'incarico sebbene ne avesse convalidato le candidature prima delle elezioni del 31 marzo 2019, sostenendo che tali candidati erano stati in precedenza funzionari pubblici ed erano stati licenziati con decreto governativo; che, in seguito a tale decisione, il YSK ha attribuito tali posizioni ai candidati del Partito per la giustizia e lo sviluppo (AKP); che la repressione dell'opposizione politica turca si inserisce in un contesto di riduzione dello spazio per le voci democratiche e in un contesto di continue misure da parte delle autorità turche volte a soffocare le voci dissenzienti, comprese quelle dei giornalisti, dei difensori dei diritti umani, del mondo accademico, dei giudici e degli avvocati;
I. considerando che molte delle misure adottate sono sproporzionate, violano la legislazione nazionale turca e gli impegni di un paese membro del Consiglio d'Europa e sono in contrasto con il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici; che oltre 150 000 persone sono state poste in custodia cautelare nel corso della repressione successiva al colpo di Stato e 78 000 sono state arrestate sulla base di accuse di terrorismo, mentre oltre 50 000 persone continuano a essere in carcere, nella maggior parte dei casi in assenza di prove definitive; che, a dicembre 2018, il numero totale di detenuti in carcere senza capi d'accusa o in attesa di giudizio era di circa 57 000; che oltre il 20 % della popolazione carceraria è detenuto per accuse legate al terrorismo, tra cui giornalisti, attivisti politici, avvocati e difensori dei diritti umani, il che ha portato a maggiori preoccupazioni circa l'indipendenza della magistratura;
J. considerando che le decisioni del YSK di ripetere le elezioni per il sindaco di Istanbul e di accordare la carica di sindaco di singoli comuni del sud-est della Turchia a candidati che avevano riportato il secondo posto generano grandi preoccupazioni, in particolare per quanto riguarda il rispetto della legalità e dell'integrità del processo elettorale e l'indipendenza dell'istituzione da interferenze politiche;
K. considerando che il 3 settembre 2019 il ministro degli Interni turco ha annunciato che sarebbero stati pronunciati ulteriori ordini di destituzione di funzionari eletti, minacciando in particolare di sostituire il sindaco di Istanbul, Ekrem İmamioğlu;
L. considerando che il 6 settembre 2019 la presidente provinciale del Partito repubblicano del popolo (CHP), Canan Kaftancıoğlu, è stata condannata a 9 anni e 8 mesi di carcere con l'accusa di aver insultato il Presidente, di aver insultato funzionari pubblici, di aver umiliato lo Stato, di aver incitato il popolo all'ostilità e all'odio e di aver utilizzato i suoi social media per diffondere propaganda a favore di un'organizzazione terroristica tra il 2012 e il 2017;
M. considerando che diverse manifestazioni pubbliche organizzate contro la revoca dei sindaci sono state vietate per motivi di sicurezza e che le manifestazioni che hanno avuto luogo sono state disperse con la forza dalla polizia, spesso con detenzioni di massa e azioni giudiziarie nei confronti dei partecipanti; che ciò è il risultato della legislazione introdotta immediatamente dopo la revoca dello stato di emergenza;
N. considerando che la Turchia ha subito un certo numero di attacchi e un tentativo di colpo di Stato del 2016, in cui 248 persone sono state uccise;
1. condanna la decisione adottata dalle autorità turche di revocare l’incarico di sindaci democraticamente eletti sulla base di prove opinabili; sottolinea che tali azioni continuano a compromettere la capacità dell'opposizione politica di esercitare i propri diritti e di svolgere i propri ruoli democratici; invita le autorità turche a rilasciare immediatamente e senza condizioni i membri dell'opposizione arrestati nel quadro della repressione di tutte le voci di dissenso nel paese e a ritirare tutte le accuse nei loro confronti;
2. critica con forza l'arbitraria sostituzione dei rappresentanti eletti a livello locale con amministratori non eletti che sta ulteriormente compromettendo la struttura democratica del paese; invita le autorità turche a reintegrare tutti i sindaci e gli altri funzionari eletti che hanno vinto le elezioni locali il 31 marzo 2019 e a cui non è stato reso possibile assumere l'incarico o che sono stati licenziati o sostituiti con amministratori non eletti sulla base di accuse non suffragate;
3. condanna fermamente la sentenza politicamente motivata nei confronti di Canan Kaftancıoğlu, che viene chiaramente punita per aver svolto un ruolo chiave nel successo della campagna elettorale del sindaco di Istanbul, e ne chiede l'immediata revoca;
4. condanna le minacce delle autorità turche di revocare altri funzionari eletti e invita la Turchia ad astenersi da ulteriori atti di intimidazione;
5. ribadisce l'importanza di buone relazioni con la Turchia che siano basate su valori condivisi, rispetto dei diritti umani, Stato di diritto, elezioni libere e democratiche, compresa la difesa dei risultati elettorali, libertà fondamentali e diritto universale a un processo equo; invita il governo turco a garantire i diritti umani di tutti coloro che vivono e lavorano in Turchia, compresi quanti necessitano di protezione internazionale;
6. ribadisce la sua profonda preoccupazione per il progressivo deterioramento delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto in Turchia e condanna il ricorso alla detenzione arbitraria, a vessazioni amministrative e giudiziarie, ai divieti di viaggio oltre ad altri mezzi intesi a perseguitare migliaia di cittadini turchi, compresi politici e funzionari eletti, difensori dei diritti umani, dipendenti pubblici, membri di organizzazioni indipendenti della società civile, esponenti del mondo accademico e innumerevoli cittadini comuni; esprime preoccupazione per le segnalazioni di continui procedimenti penali e indagini in merito a reati di terrorismo eccessivamente generici e vaghi;
7. esorta la Turchia a rendere la sua legislazione antiterrorismo conforme alle norme internazionali in materia di diritti umani; ribadisce che la legislazione antiterrorismo della Turchia, definita in termini generali, non dovrebbe essere utilizzata per punire i cittadini e i media per aver esercitato il diritto alla libertà di espressione o per rimuovere arbitrariamente i rappresentanti eletti e sostituirli con amministratori del governo;
8. invita le autorità turche a rispettare i principi internazionali, garantendo il pluralismo e le libertà di associazione e di espressione, le migliori pratiche e a garantire un ambiente favorevole a quanti sono eletti attraverso l'espressione libera ed equa della volontà del popolo turco; sottolinea che tali decisioni violano il diritto ad elezioni libere, il diritto alla partecipazione politica e il diritto alla libertà di espressione nel quadro della CEDU;
9. ribadisce la propria preoccupazione per l'uso eccessivo di procedimenti giudiziari contro i rappresentanti eletti a livello locale in Turchia e per la loro sostituzione da parte di funzionari nominati, pratica che compromette gravemente il corretto funzionamento della democrazia locale;
10. invita il governo turco a garantire che tutti gli individui abbiano il diritto a un giusto processo e a far riesaminare i propri casi da un tribunale indipendente, conformemente alle norme internazionali, che possa garantire il ricorso, compresa una compensazione per i danni materiali e morali causati loro; invita la Turchia a garantire l'indipendenza operativa, strutturale e finanziaria dell'istituzione turca per i diritti umani e le pari opportunità e dell'istituzione del difensore civico turco, al fine di garantire la loro capacità di fornire reali opportunità di riesame e ricorso e di rispettare le sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo;
11. condanna il protrarsi dell'arresto di Selahattin Demirtal, leader dell’opposizione e candidato alla carica di presidente, e ne chiede il rilascio immediato e incondizionato; prende atto della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo in merito al suo caso e in cui si chiede alle autorità turche di rilasciarlo immediatamente;
12. manifesta grave preoccupazione per il controllo delle piattaforme dei social media e la chiusura di account di social media ad opera delle autorità turche;
13. invita il SEAE e la Commissione a fornire al Parlamento un resoconto completo degli argomenti discussi durante il dialogo politico UE-Turchia del 13 settembre 2019;
14. esorta il vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, la Commissione e gli Stati membri a continuare a portare la situazione dei membri dell'opposizione, dei difensori dei diritti umani, degli attivisti politici, degli avvocati, dei giornalisti e dei rappresentati del mondo accademico arrestati che si trovano in stato di detenzione all’attenzione dei loro interlocutori turchi, e a fornire loro sostegno diplomatico e politico, compresi l'osservazione dei processi e il monitoraggio dei casi; invita la Commissione e gli Stati membri ad aumentare il ricorso alle sovvenzioni di emergenza per i difensori dei diritti umani e a garantire la piena attuazione degli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani;
15. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al presidente turco, al governo turco e al suo parlamento e chiede che la presente risoluzione sia tradotta in turco.
- [1] GU C 224 del 27.6.2018, pag. 93.
- [2] GU C 215 del 19.6.2018, pag. 199.
- [3] GU C 463 del 21.12.2018, pag. 56.
- [4] Testi approvati, P8_TA(2019)0200.