– visti gli articoli 2, 3, paragrafo 2, e 141, paragrafo 4, del trattato CE,
– visto il regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio del 21 giugno 1999 recante disposizioni generali sui Fondi strutturali(1),
– visto il regolamento (CE) n. 1784/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 luglio 1999 relativo al Fondo sociale europeo(2),
– visto il regolamento (CE) n. 1783/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 luglio 1999 relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale(3),
– visto il regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio del 17 maggio 1999 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) e che modifica ed abroga taluni regolamenti(4),
– vista la risoluzione del Consiglio del 2 dicembre 1996 sull'integrazione della parità di opportunità per le donne e gli uomini nei Fondi strutturali europei(5),
– visto il documento tecnico n. 3 della Commissione del marzo 2000 intitolato "Integrazione della politica di parità di opportunità per le donne e gli uomini nei programmi e i progetti dei Fondi strutturali",
– vista la decisione 2001/51/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2000, relativa al programma concernente la strategia comunitaria in materia di parità tra donne e uomini (2001-2005)(6),
– viste le conclusioni del Consiglio europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000,
– viste le conclusioni del Consiglio europeo di Stoccolma del 23 e 24 marzo 2001,
– viste le conclusioni del Consiglio europeo di Barcellona del 15 e 16 marzo 2002,
– vista la sua risoluzione del 25 aprile 2002 sulla relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni: Relazione annuale sulle pari opportunità per le donne e gli uomini nell'Unione europea 2000(7),
– vista la sua risoluzione del 13 giugno 2002 a) sulla dodicesima relazione annuale della Commissione sui Fondi strutturali (2000), b) sulla relazione annuale della Commissione sul Fondo di coesione 2000 e c) sulla relazione annuale della Commissione sullo strumento per le politiche strutturali di preadesione (ISPA) 2000(8),
– visto il terzo seminario europeo dal titolo "La parità di opportunità tra donne e uomini nell'ambito dei Fondi strutturali" tenutosi a Santander (Spagna) il 14 e 15 giugno 2002,
– vista la comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni dal titolo "Attuazione del mainstreaming della dimensione di genere nei documenti di programmazione dei Fondi strutturali 2000-2006" (COM(2002) 748),
– visto l'articolo 163 del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per i diritti della donna e le pari opportunità (A5&nbhy;0059/2003),
A. considerando che, in occasione della riforma dei Fondi strutturali, gli obblighi stabiliti nel trattato CE in materia di parità di opportunità di donne e uomini che prevedono, da un lato, l'integrazione della dimensione della parità di opportunità in tutte le azioni e in tutti i programmi comunitari, secondo un'impostazione orizzontale, e, dall'altro, l'adozione di azioni specifiche a favore delle donne sono stati trasposti nei nuovi regolamenti sui Fondi strutturali per il periodo 2000-2006,
B. considerando che il precitato regolamento (CE) n. 1260/1999 che si applica ai programmi di tutti i Fondi fa della parità di opportunità un obiettivo chiave dell'azione dei Fondi, nel senso dell'integrazione della dimensione della parità di opportunità di uomini e donne (gender mainstreaming) nelle operazioni cofinanziate dai Fondi,
C. considerando che l'integrazione della parità di opportunità nei Fondi strutturali implica che si tenga sistematicamente conto delle differenze di situazione tra le donne e gli uomini nelle varie fasi della programmazione, dell'attuazione, del monitoraggio e della valutazione di tutte le misure e di tutti gli interventi cofinanziati dai Fondi nonché dell'impatto di questi ultimi sulla rispettiva situazione delle donne e degli uomini,
D. considerando che, nonostante un relativo miglioramento in materia di programmazione per il periodo 2000-2006 rispetto al periodo precedente (1994-1999), l'applicazione della parità di opportunità nelle operazioni cofinanziate dai Fondi strutturali è lungi dall'essere soddisfacente; che il duplice approccio in virtù del quale l'integrazione orizzontale della parità di opportunità può essere combinata con azioni specifiche a favore delle donne è previsto, nella maggior parte dei casi, nei documenti di programmazione relativi all'FSE,
1. constata che, come nel precedente periodo di programmazione, l'FSE continua a svolgere il ruolo principale nella realizzazione dell'obiettivo della parità di opportunità rispetto agli altri Fondi, nel senso che la maggior parte dei programmi riguarda il settore dell'occupazione e delle risorse umane; deplora il fatto che i programmi praticamente non trattino dal punto di vista della parità di opportunità altri importanti settori, quali le infrastrutture, i trasporti, l'ambiente, lo sviluppo locale e urbano, lo sviluppo rurale, la pesca, la politica delle imprese, la società dell'informazione, la ricerca e lo sviluppo tecnologico, nonché l'istruzione e la formazione professionale, ecc.; invita pertanto la Commissione a elaborare, per tutti questi settori, orientamenti specifici in materia di "parità di opportunità" entro la fine del 2003;
2. constata che gli interventi dell'FSE, in particolare, sono incentrati, segnatamente, sul miglioramento della partecipazione delle donne al mercato del lavoro, all'istruzione e alla formazione professionale e che scarsa attenzione è accordata alla riduzione della segregazione orizzontale e verticale sul mercato del lavoro e alla riduzione delle ineguaglianze di retribuzione, nonché alla promozione delle donne nei settori delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, dell'imprenditorialità, delle nuove possibilità occupazionali e del processo decisionale; invita pertanto la Commissione ad adottare misure più specifiche per porre rimedio a queste carenze;
3. prende atto dell'impegno assunto dagli Stati membri in vista dell'inclusione dell'obiettivo dell'integrazione orizzontale della parità di opportunità nei quadri comunitari di sostegno (QCS) e nei documenti unici di programmazione (DOCUP), ma deplora l'insufficiente adempimento di tale impegno, a livello di misure concrete, nei complementi di programmazione; invita pertanto la Commissione ad adottare i provvedimenti appropriati per migliorare la situazione per quanto riguarda le procedure di approvazione dei QCS e dei DOCUP;
4. deplora pertanto il fatto che, nella maggior parte dei programmi dei tre obiettivi, manchino un'analisi delle ineguaglianze socioeconomiche tra le donne e gli uomini e una stima dell'impatto previsto degli interventi sugli uomini e sulle donne; sottolinea che, anche nel caso in cui esista una tale analisi, la strategia da seguire e le misure da attuare, seguendo obiettivi precisi o quantificati, per ridurre le ineguaglianze non sono sempre conformi all'analisi e che questa situazione dimostra una reale insufficienza di impegno politico degli Stati membri nei confronti dell'obiettivo della promozione della parità di opportunità nei Fondi strutturali;
5. prende atto dei progressi compiuti in materia di sviluppo delle statistiche ripartite per sesso, ma sottolinea che occorre prodigare maggiori sforzi in materia, nella misura in cui le statistiche sono gli strumenti necessari per l'elaborazione di indicatori di controllo; richiama l'attenzione delle autorità responsabili della programmazione sulla necessità di elaborare statistiche, a livello sia nazionale che locale e regionale, per illustrare meglio la rispettiva situazione e di garantire che le statistiche riguardino tutti gli aspetti della parità di opportunità in ciascun programma e che siano messe a disposizione dei responsabili della gestione dei programmi a tutti i livelli; sottolinea che le statistiche costituiscono altresì un elemento essenziale per determinare la proporzione di donne e di uomini esistente in ciascuna categoria socioeconomica;
6. prende atto con preoccupazione del fatto che l'elaborazione di indicatori di controllo non ha registrato progressi rispetto al precedente periodo di programmazione; sottolinea che la creazione e l'utilizzo sistematico di indicatori qualitativi e quantitativi ripartiti per sesso sono determinanti per il monitoraggio e la valutazione dei programmi, dal punto di vista della valutazione dell'efficacia degli interventi dei Fondi strutturali rispetto alla realizzazione dell'obiettivo della parità di opportunità e, segnatamente, in vista della valutazione intermedia che dovrà essere effettuata nel 2003 e, se del caso, della revisione degli interventi nonché della concessione della riserva di efficacia e di efficienza;
7. invita gli Stati membri a sforzarsi di garantire:
–
l'applicazione sistematica dell'integrazione della parità di opportunità in tutte le fasi della programmazione e dell'attuazione degli interventi e la presentazione periodica alla Commissione di una relazione sui risultati ottenuti; il rafforzamento delle azioni specifiche a favore delle donne, in particolare quelle che incontrano maggiori problemi sul mercato del lavoro come le donne disabili, migranti e a capo di una famiglia monoparentale;
–
la partecipazione degli organi competenti a livello locale, regionale e nazionale in materia di promozione della parità di opportunità, comprese le ONG, e degli interlocutori economici e sociali ai lavori delle autorità di gestione e dei comitati di controllo;
–
la partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini agli organismi responsabili del processo decisionale, della selezione e del controllo, a livello locale, regionale e nazionale;
–
la formazione sistematica, in materia di integrazione della parità di opportunità, dei membri delle autorità di gestione, dei comitati di controllo, dei valutatori e dei membri delle autorità di pagamento;
–
l'offerta di informazioni ai richiedenti (responsabili dei progetti) e ai collaboratori nella gestione dei progetti sulla maniera di integrare efficacemente la parità di opportunità nelle misure progettate;
8. invita gli Stati membri a trarre pienamente profitto dalle possibilità esistenti in materia di programmazione nell'ambito delle diverse forme di intervento dei Fondi strutturali per promuovere l'impostazione integrata della parità di opportunità e per sostenere politiche o azioni specifiche in materia di uguaglianza; chiede che le autorità competenti della gestione dei programmi si sforzino di garantire che le risorse finanziarie siano adeguate a questo fine; chiede alla Commissione di sostenere azioni di assistenza tecnica per tutti gli aspetti che riguardano lo sviluppo dell'integrazione della dimensione della parità di opportunità durante la preparazione della programmazione e la sua attuazione; chiede altresì alla Commissione di adottare iniziative destinate a divulgare e valorizzare le buone pratiche che costituiscono un elemento molto utile per migliorare, segnatamente, il controllo e la valutazione;
9. invita gli Stati membri a inserire nei progetti e nei programmi dei Fondi strutturali un piano di finanziamento in cui figurino le risorse finanziarie disponibili per le singole misure e azioni volte a migliorare la parità di opportunità, in modo da consentire una valutazione dell'efficacia delle singole azioni;
10. invita gli Stati membri a promuovere l'utilizzo rafforzato dei Fondi strutturali per migliorare le possibilità di conciliare vita professionale e vita familiare, segnatamente sviluppando infrastrutture sociali per la custodia di bambini e di altre persone dipendenti, come le persone anziane, malate o disabili, e promuovendo l'organizzazione dell'orario di lavoro e il reinserimento professionale dopo un'assenza prolungata; sottolinea che i Fondi dovrebbero intervenire e finanziare la sensibilizzazione all'equa ripartizione dei compiti tra donne e uomini nella famiglia; sottolinea la necessità di sviluppare azioni mirate ai datori di lavoro in materia di organizzazione dell'orario di lavoro anche per gli uomini;
11. desiderando garantire che le azioni cofinanziate dai Fondi strutturali contribuiscano all'obiettivo della parità di opportunità, richiama l'attenzione delle autorità di gestione sull'importanza che riveste la definizione di criteri pertinenti di selezione dei progetti per quanto riguarda la parità di opportunità; chiede a tali autorità di fare in modo che siano comminate sanzioni in caso di non conformità dei progetti alle esigenze dell'integrazione della parità di opportunità rifiutando le proposte di progetti o restituendole al richiedente perché siano riviste prima che ne sia preso in considerazione il finanziamento;
12. invita la Commissione e gli Stati membri a far sì che la valutazione intermedia che sarà effettuata nel 2003 determini, da un lato, in quale misura è stato tenuto conto dell'obiettivo dell'integrazione della parità di opportunità nelle azioni dei Fondi e, dall'altro, il grado di realizzazione di tale obiettivo, quali stanziamenti sono stati assegnati ad azioni specifiche per la parità di opportunità nonché la pertinenza dell'utilizzo degli stanziamenti e a decidere di apportare, sulla base di tale valutazione, e ad attuare le modifiche necessarie alla programmazione delle azioni, per quanto riguarda la realizzazione dell'obiettivo dell'integrazione della parità di opportunità, per il resto del periodo di programmazione;
13. invita gli Stati membri ad adottare tutte le misure necessarie per informare la popolazione interessata e le autorità competenti per la parità di opportunità in merito alla regolamentazione dei Fondi strutturali e alle possibilità di finanziamento di iniziative in materia e a incoraggiarle a presentare proposte di progetti;
14. sottolinea il ruolo particolarmente importante che i Fondi strutturali possono svolgere per combattere gli effetti negativi che la ristrutturazione economica e sociale ha per le donne in numerosi paesi candidati dal punto di vista, segnatamente, dell'aumento della disoccupazione e della diminuzione delle infrastrutture di accoglienza dei bambini che devono consentire di conciliare vita professionale e vita familiare; chiede ai governi dei paesi candidati e alla Commissione di assicurare un adeguato sostegno finanziario alle ONG incaricate della parità di opportunità nonché la loro partecipazione ai diversi stadi della programmazione e della sua attuazione; chiede che nei paesi candidati all'adesione siano adottate misure specifiche a favore delle donne che incontrano problemi specifici per mantenere il posto di lavoro o tornare sul mercato del lavoro, avendo effettuato gran parte o tutta l'istruzione e la formazione professionale nel "vecchio" sistema economico/politico;
15. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi degli Stati membri e dei paesi candidati all'adesione.
Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea *
193k
28k
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo sulla raccomandazione della BCE per una decisione del Consiglio concernente una modifica dell'articolo 10.2 dello statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea (6163/2003 – C5&nbhy;0038/2003 – 2003/0803(CNS))
– vista la raccomandazione della BCE al Consiglio (6163/2003)(1),
– visto l'articolo 10.6 dello statuto della BCE, a norma del quale è stato consultato dal Consiglio (C5&nbhy;0038/2003),
– visto il parere della Commissione del 19 febbraio 2003 (COM(2003) 81)(2),
– visto l'articolo 67 del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per i problemi economici e monetari (A5&nbhy;0063/2003),
A. pienamente consapevole della necessità di riformare le procedure di voto in sede di Consiglio direttivo della BCE in vista di un possibile allargamento dell'UEM,
B. osservando che il sistema di rotazione proposto è stato ampiamente criticato per la sua eccessiva complessità, pur tenendo conto della difficoltà di adempiere al compito entro i limiti posti dall'articolo 10.6 dello statuto della BCE,
C. sottolineando che le misure di riforma devono assicurare tanto la piena partecipazione di tutti i membri del Consiglio direttivo della BCE al processo decisionale quanto l'adeguata rappresentanza dell'economia della zona euro,
D. considerando che a più lungo termine l'aumento del numero dei membri richiederà strutture decisionali più efficienti,
1. respinge la raccomandazione della BCE;
2. conferma l'attuale regolamentazione, in base alla quale tutti i governatori delle banche centrali degli Stati membri della zona euro hanno un diritto di voto pieno e illimitato e il Consiglio direttivo della BCE vota a maggioranza semplice dei suoi membri;
3. chiede che la Convenzione europea presenti una proposta da adottare nel corso della prossima Conferenza intergovernativa, previa consultazione del Parlamento europeo, che introduca una distinzione fra decisioni operative, di competenza di un comitato esecutivo allargato composto di nove membri e che rappresenti in modo adeguato l'economia della zona euro, e decisioni strategiche e di politica monetaria generale, di competenza del Consiglio direttivo che delibera sulla base di una doppia maggioranza, fondata sulla popolazione degli Stati membri, sulle dimensioni assolute delle rispettive economie e, all'interno di queste, sulle dimensioni relative del settore dei servizi finanziari;
4. invita la Commissione e gli Stati membri eventualmente interessati, a presentare alla Convenzione europea nuove proposte che riflettano un migliore equilibrio tra equità ed efficienza secondo le linee tracciate nella presente risoluzione;
5. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio, alla Commissione, alla BCE, alla Convenzione europea e ai parlamenti degli Stati membri.
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo sulla proposta di regolamento del Consiglio recante modifica, per quanto riguarda le esenzioni dal congelamento dei capitali e delle risorse economiche e per la decima volta, del regolamento (CE) n. 881/2002 che impone specifiche misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al-Qaeda e ai Talibani (COM(2003) 41 – C5&nbhy;0048/2003 – 2003/0015(CNS))
– vista la proposta della Commissione al Consiglio (COM(2003) 41)(1),
– visto l'articolo 308 del trattato CE, a norma del quale è stato consultato dal Consiglio (C5&nbhy;0048/2003),
– visto l'articolo 67 del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per le libertà e i diritti dei cittadini, la giustizia e gli affari interni (A5&nbhy;0036/2003),
1. approva la proposta della Commissione quale emendata;
2. invita la Commissione a modificare di conseguenza la sua proposta, in conformità dell'articolo 250, paragrafo 2, del trattato CE;
3. invita il Consiglio ad informarlo qualora intenda discostarsi dal testo approvato dal Parlamento;
4. chiede l'apertura della procedura di concertazione prevista dalla dichiarazione comune del 4 marzo 1975 qualora il Consiglio intenda discostarsi dal testo approvato dal Parlamento;
5. chiede al Consiglio di consultarlo nuovamente qualora intenda modificare sostanzialmente la proposta della Commissione;
6. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.
Testo della Commissione
Emendamenti del Parlamento
Emendamento 1 CONSIDERANDO 4 BIS (nuovo)
(4 bis) inoltre, il regolamento (CE) n. 881/2002 dovrebbe introdurre una procedura, basata sulle attuali procedure delle Nazioni Unite1 e sul rispetto dello spirito dell'articolo 19 del trattato sull'Unione europea, per la cancellazione di persone, gruppi e entità dall'elenco di cui all'allegato I.
___________ 1 Comunicato stampa dell'ONU del 16.8.2002 (SC/7487, AFG/203).
Emendamento 7 ARTICOLO 1, PUNTO 1 BIS (nuovo) Articolo 5, punto 1 bis (nuovo) (regolamento (CE) n. 881/2002)
1 bis. All'articolo 5 è aggiunto il seguente paragrafo 1 bis:
"1 bis. Le autorità competenti degli Stati membri di cui all'allegato II devono specificare le ragioni di qualsiasi misura di congelamento dei beni a norma del presente regolamento."
Emendamento 2 ARTICOLO 1, PUNTO 1 TER (nuovo) Articolo 5, punto 1 ter (nuovo) (regolamento (CE) n. 881/2002)
1 ter) All'articolo 5 è aggiunto il seguente paragrafo 1 ter:
"1 ter) Inoltre, le persone fisiche e giuridiche, le entità e gli organismi possono presentare una petizione per chiedere alle autorità competenti degli Stati membri, di cui all'allegato II, in cui risiedono o sono situati o di cui sono cittadini, e alla Commissione, direttamente o attraverso dette autorità, la cancellazione di persone, gruppi o entità dall'elenco di cui all'allegato I ("cancellazione dall'elenco").
Tale petizione deve includere una motivazione della richiesta, tutte le informazioni afferenti e una richiesta di assistenza per la cancellazione dall'elenco."
Emendamento 3 ARTICOLO 1, PUNTO 1 QUATER (nuovo) Articolo 8 bis (nuovo) (regolamento (CE) n. 881/2002)
1 quater) E' inserito il seguente articolo 8 bis:
"Articolo 8 bis
Ciascuno Stato membro che ha ricevuto la petizione di cui all'articolo 5, paragrafo 1 bis, con l'assistenza della Presidenza e della Commissione, mantiene contatti con il governo che ha proposto la designazione e può comunicare al Comitato delle sanzioni qualsiasi richiesta per la cancellazione di persone, gruppi e entità dall'elenco di cui all'allegato I."
Emendamento 4 ARTICOLO 1, PUNTO 1 QUINQUIES (nuovo) Articolo 10 bis (nuovo) (regolamento (CE) n. 881/2002)
1 quinquies) E' inserito il seguente articolo 10 bis:
"Articolo 10 bis
Il Parlamento europeo è regolarmente informato dalla Presidenza e dalla Commissione in merito all'applicazione del presente regolamento."
Emendamento 9 ARTICOLO 1, PUNTO 1 SEXIES (nuovo) Articolo 13 bis (nuovo) (regolamento (CE) n. 881/2002)
1 sexies. È aggiunto il seguente articolo 13 bis:
"Articolo 13 bis
Entro due anni dall'entrata in vigore del presente regolamento, gli Stati membri procedono a una valutazione della sua legalità ed efficacia."
Emendamento 5 ARTICOLO 1, PUNTO 1 SEPTIES (nuovo) Articolo 13 ter (regolamento (CE) n. 881/2002)
1 septies) E' inserito il seguente articolo 13 ter:
"Articolo 13 ter
Il presente regolamento scade alla stessa data in cui sono revocate o annullate le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1267(1999), 1390(2002) e 1452(2002)."
Missione militare dell'Unione nell'ex Repubblica iugoslava di Macedonia
200k
31k
Risoluzione del Parlamento europeo sull'operazione attuata nell'ambito della politica europea di sicurezza e di difesa (PESD) nell'ex Repubblica iugoslava di Macedonia
– vista l'azione comune 2003/92/PESC del Consiglio del 27 gennaio 2003 relativa all'operazione militare dell'Unione europea nell'ex Repubblica iugoslava di Macedonia(1),
– visto l'articolo 21 del trattato sull'Unione europea,
– visto l'articolo 37, paragrafo 2 del suo regolamento,
A. rilevando che l'Unione condurrà la sua prima operazione militare nell'ex Repubblica iugoslava di Macedonia su richiesta del governo di tale Repubblica,
B. prendendo atto che l'operazione sarà attuata avvalendosi delle risorse e delle capacità NATO e diretta dal vicecomandante supremo delle forze alleate in Europa (D-SACEUR) e che la sede del comando operativo dell'Unione europea sarà fissata presso il Quartier generale supremo delle potenze alleate in Europa (SHAPE),
C. sottolineando che l'articolo 9 dell'azione comune predispone un meccanismo di finanziamento operativo il cui obiettivo è di consentire il finanziamento, su una base comune, del subentro europeo alle forze della NATO nell'ex Repubblica iugoslava di Macedonia,
D. convinto che l'avvio di qualsiasi operazione militare a nome dell'Unione europea richieda piena legittimità democratica e sostegno pubblico,
E. deplorando il fatto che il trattato sull'Unione europea preveda per il momento scarse disposizioni per la consultazione parlamentare su questioni connesse alla politica europea di sicurezza e di difesa (PESD) e che il diritto del Parlamento ad essere pienamente informato sulle questioni della PESD sia ancora limitato,
F. considerando quindi che ogni operazione di gestione di crisi attuata nel quadro delle missioni aggiornate di Petersberg dovrebbe essere avviata soltanto previa consultazione del Parlamento europeo, in quanto unica istituzione democratica eletta direttamente a livello europeo,
G. riconoscendo la competenza dei parlamenti nazionali in materia di spese militari, forniture militari e dispiegamento di forze armate nazionali, ma ritenendo che, sulla base delle future modifiche ai trattati, il Parlamento europeo dovrebbe essere responsabile per l'approvazione del mandato e degli obiettivi di qualsiasi operazione UE di gestione di crisi finanziata su base comune e che, in tale contesto, condividendo l'autorità di bilancio con il Consiglio, dovrebbe essere regolarmente informato sugli stanziamenti per le spese comuni di siffatte azioni comuni dell'UE,
H. rilevando che quest'anno gli Stati membri dell'UE metteranno a disposizione complessivamente circa 4,7 milioni di euro per i costi comuni di tale missione,
1. accoglie con favore la decisione del Consiglio di sostituire la NATO nell'operazione "Allied Harmony" nell'ex Repubblica iugoslava di Macedonia, prima missione militare dell'UE;
2. rileva che tale operazione deve essere considerata un importante banco di prova per il funzionamento concreto della PESD e della cooperazione UE-NATO;
3. deplora tuttavia che il Parlamento non sia stato preventivamente informato del mandato, delle capacità richieste e delle implicazioni finanziarie ai sensi dell'articolo 21 del trattato sull'Unione europea; plaude al fatto che, nel contesto delle consultazioni sul bilancio 2004, la Presidenza greca abbia accettato di fornire tutte le informazioni in conformità dell'accordo interistituzionale del 6 maggio 1999(2) e della dichiarazione comune del 25 novembre 2002(3) approvata nel corso della procedura di bilancio del 2003;
4. sottolinea l'esigenza di garantire che tale missione sia integrata nel contesto della politica globale UE di stabilizzazione e di altre politiche di prevenzione dei conflitti nella regione e sottolinea il contributo fornito dall'UE per migliorare la sicurezza ai confini dell'ex Repubblica iugoslava di Macedonia;
5. ribadisce la necessità di definire chiaramente il rapporto fra le strutture di comando militare e le responsabilità politiche dell'Alto rappresentante per la PESC;
6. chiede, soprattutto in considerazione della prevista sostituzione del comando SFOR in Bosnia ed Erzegovina, che il Consiglio informi in tempo utile e con la massima trasparenza la competente commissione del Parlamento in merito:
–
al mandato e agli obiettivi delle future missioni PESD,
–
alla situazione della sicurezza delle truppe dislocate nel paese,
–
all'entità delle forze dislocate, alla loro composizione e al loro equipaggiamento,
–
al rapporto tra le forze sotto il controllo dell'UE e quelle controllate dalla NATO nell'area,
–
al funzionamento delle strutture di comando, a partire da quelle in loco fino allo SHAPE e al Comitato politico e di sicurezza dell'UE,
–
alla cooperazione civile-militare nell'ambito della missione e al modo in cui l'operazione si inserisce nel contesto del processo di stabilizzazione e associazione e delle altre politiche di prevenzione dei conflitti,
–
al finanziamento dei costi condivisi dell'operazione UE;
–
alla cooperazione con l'OSCE e le agenzie delle Nazioni unite nella regione;
7. invita il Consiglio ad estendere il meccanismo di finanziamento operativo creato per l'operazione dell'Unione europea nell'ex Repubblica iugoslava di Macedonia a tutte le future operazioni militari dell'Unione europea;
8. invita la Conferenza dei presidenti ad autorizzare la sua commissione competente ad inviare una delegazione nell'ex Repubblica iugoslava di Macedonia, due mesi dopo l'avvio delle operazioni, per una missione di informazione intesa ad elaborare una relazione sui progressi realizzati, in modo da valutare l'efficienza dell'operazione alla luce delle questioni sopra menzionate;
9. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai parlamenti degli Stati membri, al presidente della Convenzione europea nonchè all'OSCE.
Cfr Allegato I della risoluzione del Parlamento europeo del 19 dicembre 2002, sul progetto di bilancio generale dell'Unione europea per l'esercizio 2003 (P5_TA(2002)0624).
Trasmissione dei dati personali da parte delle compagnie aeree in occasione di voli transatlantici
123k
38k
Risoluzione del Parlamento europeo sulla trasmissione dei dati personali da parte delle compagnie aeree in occasione di voli transatlantici
– visti la direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 ottobre 1995 relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali nonchè alla libera circolazione di tali dati(1) e il regolamento del Consiglio CEE n. 2299/89 del 24 luglio 1989 su un codice di condotta per i sistemi telematici di prenotazione(2),
A. inconsapevole del fatto che dopo l'11 settembre 2001 gli Stati Uniti hanno riformato profondamente la legislazione al fine di garantire la propria sicurezza interna anche nel settore dei trasporti e che, il 19 novembre 2001, hanno adottato "l'Aviation and Transportation Security Act (ATSA)"(3), e il 5 maggio 2002 "l'Enhanced Border Security and Visa Entry Reform Act of 2002 (EBSV)"(4) nonché altre misure connesse che riguardano, per i soli voli transatlantici, circa 10/11 milioni di passeggeri l'anno,
B. considerando che inizialmente l'amministrazione degli Stati Uniti si era limitata a richiedere alle compagnie aeree la trasmissione dei dati relativi ai passeggeri e ai membri dell'equipaggio ("Passenger Manifest Information") (nota finale(5)) attraverso "l'Advance Passenger Information System (APIS)", che in seguito tuttavia ha interpretato l'accordo interinale in modo da imporre, pena gravi sanzioni, l'accesso diretto ai sistemi di prenotazione elettronica e, in particolare, al "Passenger Name Record (PNR)" (registro dei nomi dei passeggeri) cui può essere collegata, oltre ai dati di identificazione, qualsiasi altra informazione(6), comprese informazioni delicate a norma dell'articolo 8 della direttiva 95/46/CE,
C. condividendo i dubbi e le preoccupazioni manifestate dalle autorità nazionali(7) quanto alla legittimità di una tale richiesta, anche dal punto di vista della legislazione degli Stati Uniti, e condividendo in particolare i dubbi circa la sua conformità con la normativa UE sulla protezione dei dati, visto il rischio che le basi dati dei sistemi di prenotazione possano di fatto divenire terreno di "data mining" per l'amministrazione statunitense,
D. esprimendo dubbi sul fatto che tali dati siano protetti (nota finale(8)), e lo siano in modo "adeguato", una volta trasferiti in basi di dati statunitensi; rammaricandosi che la Commissione non abbia avviato in tempo utile la procedura di valutazione della compatibilità della legislazione statunitense con il diritto comunitario(9),
E. prendendo atto che la nuova legislazione proposta dai servizi dell'immigrazione degli Stati Uniti(10) consentirebbe di sormontare le limitazioni del sistema di trasmissione attuale denominato US EDIFACT attraverso un formato più esaustivo UN EDIFACT (quest'ultimo permetterebbe l'inclusione dell'indirizzo negli Stati Uniti, il numero, la data e il luogo di rilascio del visto come richiesto dalla sezione 402 dell'EBSV) nonché di definire meglio la portata effettiva del PNR limitandola ad informazioni predeterminate,
1. deplora i ritardi in cui è incorsa la Commissione nel presentare al Parlamento europeo e al Consiglio una problematica d'attualità da oltre quindici mesi che riguarda la tutela dei dati e nel contempo ha un'enorme incidenza sulle altre politiche della comunità (trasporti, immigrazione) e dell'Unione (cooperazione di polizia e giudiziaria o lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata);
2. esprime disappunto per il fatto che la Commissione, in qualità di custode dei trattati e del diritto comunitario, non si sia assunta le proprie responsabilità con la dovuta solerzia, in quanto:
–
non ha verificato se l'accesso ai dati dei sistemi di prenotazione abbia un fondamento reale nella legislazione degli Stati Uniti o non sia un'interpretazione estensiva da parte di questa amministrazione(11); invita inoltre la Commissione ad approfittare delle discussioni in corso negli Stati Uniti sulla nuova legislazione sull'APIS e il PNR in modo da ottenere dalle autorità USA che questa nuova legislazione tenga conto delle esigenze di tutela dei dati che derivano dalla legislazione comunitaria;
–
ha ritardato la verifica della legislazione USA prevista all'articolo 25 della direttiva 95/46/CE; un eventuale ritardo crea evidenti difficoltà alle compagnie aeree prese tra l'incudine delle sanzioni USA (se rispettano il diritto comunitario) e il martello delle autorità per la protezione dei dati (se danno seguito alle richieste delle autorità USA) e mette anche in difficoltà le autorità nazionali per la protezione dei dati che devono far rispettare le disposizioni comunitarie;
–
non ha informato i cittadini che dovrebbero essere i primi a sapere qual è l'uso delle informazioni che li riguardano;
3. si rammarica della dichiarazione congiunta dei funzionari UE e USA del 19 febbraio 2003 che è priva di qualsiasi base giuridica e potrebbe venire interpretata come un invito indiretto alle autorità nazionali a non rispettare il diritto comunitario; incarica il suo Presidente di avviare la procedura prevista dall'articolo 91 del suo regolamento per verificare la possibilità di un ricorso davanti alla Corte di giustizia;
4. ritiene che, se vanno avviati negoziati, questi devono basarsi sulle competenze comunitarie in materia di trasporti aerei che, a livello di relazioni transatlantiche, riguardano 10/11 milioni di passeggeri l'anno e per i quali la Commissione si appresta a negoziare un accordo "open skies" nonché sulle competenze in materia di politica migratoria; è altresì perplesso in quanto tali questioni non sono state affrontate a livello di accordi in materia di cooperazione giudiziaria e di polizia, ormai in una fase molto avanzata;
5. chiede alla Commissione di ottenere la sospensione degli effetti delle misure prese dalle autorità statunitensi finché non sarà stata adottata la decisione sulla compatibilità di tali misure con il diritto comunitario;
6. invita la Commissione ad affrontare i problemi trattati nella presente risoluzione e si riserva di esaminare il seguito dato prima del prossimo vertice UE-USA;
7. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione, al Consiglio, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri nonché alla rappresentanza permanente degli Stati Uniti presso l'Unione europea e al Congresso degli Stati Uniti.
"Aviation and Transportation Security Act" del 19 novembre 2001 (107-71), norme provvisorie del Dipartimento del tesoro (dogane) - dati relativi a passeggeri e equipaggi richiesti per i voli passeggeri nel trasporto aereo dall'estero verso gli Stati Uniti (registro federale, 31 dicembre 2001) e trasmissione del registro dei nomi dei passeggeri richiesta per i passeggeri di voli internazionali da o verso gli Stati Uniti (registro federale, 25 giugno 2002).
1 La sezione 44909 è modificata aggiungendo alla fine quanto segue: (c) VOLI NEL TRASPORTO AEREO INTERNAZIONALE VERSO GLI STATI UNITI (1) IN GENERALE. Non più di 60 giorni dopo la data di applicazione dell' "Aviation and Transportation Security Act", ogni vettore aereo e vettore aereo straniero che opera un volo passeggeri nel trasporto internazionale verso gli Stati Uniti deve fornire al Direttore generale delle dogane mediante trasmissione elettronica i dati relativi a passeggeri e personale di bordo contenenti le informazioni specificate al paragrafo 2. I vettori possono utilizzare l' "Advanced Passenger Information System (APIS)" di cui alla sezione 431 del "Tariff Act" del 1930 (19 U.S.C. 1431) per fornire le informazioni richieste di cui sopra. (2) INFORMAZIONI. I dati relativi a passeggeri e equipaggio di un volo di cui al paragrafo 1 contengono le seguenti informazioni: (A) il nome completo di ciascun passeggero e membro dell'equipaggio . (B) La data di nascita e la cittadinanza di ciascun passeggero e membro dell'equipaggio. (C) Il sesso di ciascun passeggero e membro dell'equipaggio. (D) Il numero di passaporto e il paese di rilascio per ciascun passeggero e membro dell'equipaggio, qualora richiesto per il viaggio. (E) Il numero di visto degli Stati Uniti o il numero del permesso di soggiorno di ciascun passeggero e membro dell'equipaggio ove d'applicazione. (F) Altre informazioni che il Sottosegretario, di concerto con il Direttore generale delle dogane, ritenga ragionevolmente necessarie per garantire la sicurezza aerea. (3) ELENCHI DEI NOMI DEI PASSEGGERI. - Il vettore mette a disposizione l'elenco dei nomi dei passeggeri al Servizio dogane competente, su richiesta. (4) TRASMISSIONE DEI DATI - A norma del paragrafo 5, i dati relativi a passeggeri e a membri dell'equipaggio richiesti per un volo di cui al paragrafo 1 devono essere trasmessi al Servizio dogane prima dell'atterraggio dell'aereo negli Stati Uniti secondo le modalità, le scadenze e la forma prevista dal Servizio dogane.(5) TRASMISSIONE DI DATI AD ALTRE AGENZIE FEDERALI - Su richiesta, l'informazione fornita al Sottosegretario del Servizio dogane di cui in questa sottosezione, può essere condivisa con altre agenzie federali ai fini di proteggere la sicurezza nazionale.
Numero PNR, data prenotazione, agenzia di viaggio, informazioni figuranti sul biglietto, dati finanziari (numero di carta di credito, data di scadenza, indirizzo della fatturazione, ecc.), itinerario, cronistoria del PNR. Quest'ultima può contenere i viaggi effettuati in passato ma anche dati di tipo religioso o etnico (scelta del pasto ...), l'affiliazione a un gruppo particolare, dati relativi alla residenza e ai mezzi per contattare un individuo (indirizzo e-mail, coordinate di un amico, luogo di lavoro ...), dati medici (assistenza medica necessaria, ossigeno, problemi di vista, udito o mobilità o qualsiasi altro problema la cui conoscenza è necessaria per il buon svolgimento del volo) nonché altri dati connessi per esempio ai programmi fedeltà.
Si tratta del parere d'iniziativa 6/2002 espresso dal Gruppo previsto all'articolo 29 della direttiva 95/46/CE. http://www.europa.eu.int/comm/internal_market/fr/dataprot/wpdocs/wpdocs-2002.htm
2 (EBSV pagina 6) Sul sistema "Chimera": " ...Il piano previsto in questa sottosezione stabilisce le condizioni per l'uso delle informazioni di cui alla sottosezione (b) ricevute dal Dipartimento di Stato e dal Servizio d'immigrazione e naturalizzazione (A) per limitare la ridiffusione di tali informazioni; (B) per garantire che tali informazioni vengano usate esclusivamente al fine di determinare l'opportunità di rilasciare un visto ad uno straniero o di determinare l'ammissibilità o il respingimento di uno straniero da parte degli Stati Uniti, a meno che non sia previsto diversamente dalla legge federale; (C) per garantire l'accuratezza, la sicurezza e la riservatezza di tali informazioni; (D) per proteggere i diritti alla privacy degli individui soggetti a tali informazioni; (E) per fornire dati integri attraverso la tempestiva rimozione e distruzione di nomi e di informazioni obsoleti o erronei; ed (F) in un modo che protegga le fonti e i metodi usati per acquisire informazioni del tipo richiesto alla sezione 103(c)(6) del "National Security Act" del 1947 (50 U.S.C. 403-3(c)f(6)).
– visto il trattato CE, in particolare gli articoli 2, 3, paragrafo 2, 13 e 141, paragrafo 4, dello stesso, nonché la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee,
– visto l'articolo 23, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea(1),
– vista la Convenzione ONU del 1979 sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW),
– vista la piattaforma d'azione adottata dalla quarta Conferenza mondiale dell'ONU sulle donne, a Pechino, il 15 settembre 1995,
– vista la sua risoluzione del 18 maggio 2000 sul seguito dato alla piattaforma d'azione di Pechino(2),
– vista la sua risoluzione dell'11 febbraio 1994(3), il suo parere del 24 maggio 1996(4) e la sua risoluzione del 2 marzo 2000 sulle donne nel processo decisionale(5),
– vista la risoluzione del Consiglio del 27 marzo 1995(6) e la raccomandazione 96/694/CE del Consiglio del 2 dicembre 1996 riguardante la partecipazione delle donne e degli uomini al processo decisionale(7),
– vista la sua risoluzione del 15 novembre 1996 sull'attuazione delle pari opportunità per gli uomini e le donne nella funzione pubblica(8),
– viste le sue risoluzioni del 16 settembre 1997 sulla comunicazione della Commissione "Integrare le pari opportunità per le donne e per gli uomini in tutte le politiche e le attività comunitarie(9)" e del 9 marzo 1999(10) sulla relazione di valutazione della Commissione sul seguito dato a tale comunicazione,
– vista la risoluzione del Consiglio e dei ministri dell'occupazione e della politica sociale, riuniti in sede di Consiglio, del 29 giugno 2000, concernente la partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini all'attività professionale e alla vita familiare(11),
– viste la sua decisione del 15 novembre 2000 sulla proposta di decisione del Consiglio concernente il programma relativo alla strategia quadro comunitaria in materia di parità tra uomini e donne (2001-2005)(12) e la sua risoluzione del 3 luglio 2001 sulla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo: Strategia quadro sulla parità tra uomini e donne: programma di lavoro per il 2001(13),
– vista la sua risoluzione del 18 gennaio 2001 sulla relazione della Commissione sull'attuazione della raccomandazione 96/694/CE del Consiglio, del 2 dicembre 1996, sulla partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini al processo decisionale(14),
– vista la sua risoluzione del 25 settembre 2002 sulla rappresentanza delle donne nelle parti sociali dell'Unione europea(15),
– vista la direttiva 2002/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, che modifica la direttiva del Consiglio 76/207/CEE sull'applicazione del principio della parità di trattamento per gli uomini e per le donne per quanto riguarda l'accesso all'occupazione, alla formazione e alla promozione professionale, e le condizioni di lavoro(16),
– visto lo statuto dei funzionari e degli altri agenti delle Comunità europee, in particolare gli articoli 1 a), 27, secondo comma, 28, 29 e 45, paragrafo 1,
– vista la relazione del Segretario generale intitolata "Verso una nuova politica del personale", adottata dall'Ufficio di presidenza nell'ottobre 1997 e la relazione di valutazione del 22 marzo 2001,
– viste le relazioni sulle pari opportunità nel Segretariato del Parlamento europeo, adottate dall'Ufficio di presidenza nel 1998 (relazione della on. Hoff), nel 2000 (relazione della on. Lienemann) e nel 2002 (relazione della on. Lalumière)(17),
– visto il terzo programma d'azione 2001-2005 del COPEC,
– vista la sua decisione del 10 aprile 2002 sulla concessione del discarico per l'esecuzione del bilancio generale dell'Unione europea per l'esercizio 2000(18) e in particolare i paragrafi 17-22,
– vista l'audizione sul mainstreaming al Parlamento europeo, organizzata dalla commissione per i diritti della donna e le pari opportunità il 17 giugno 2002, a Bruxelles,
– visto l'articolo 163 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per i diritti della donna e le pari opportunità e il parere della commissione giuridica e per il mercato interno (A5&nbhy;0060/2003),
A. considerando che la parità tra uomini e donne è un principio fondamentale della normativa comunitaria e che, ai sensi dell'articolo 2 del Trattato, esso rientra fra gli obiettivi della Comunità,
B. considerando che l'articolo 3, paragrafo 2, del Trattato sancisce il principio dell'integrazione della dimensione di genere ("mainstreaming") affermando che in tutte le sue attività la Comunità mira ad eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità tra uomini e donne,
C. considerando che la piattaforma d'azione di Pechino ha adottato il "mainstreaming" quale strategia operativa per promuovere l'uguaglianza di genere e ha stabilito che i governi e gli altri attori "devono impegnarsi attivamente e visibilmente per promuovere il mainstreaming nell'insieme delle politiche e dei programmi, affinché l'adozione delle decisioni sia preceduta da un'analisi delle loro conseguenze per le donne e per gli uomini",
D. considerando che il "mainstreaming" vuol dire "(ri)organizzare, migliorare, sviluppare e valutare i processi politici al fine di incorporare la prospettiva delle pari opportunità per donne e uomini in tutte le politiche, a tutti i livelli e a tutte le fasi, ad opera degli attori generalmente implicati nell'attuazione delle politiche"(19),
E. considerando che il "mainstreaming" conduce a una società più equa e più democratica, a cui partecipano sia le donne che gli uomini, e che tenendo conto delle diversità di genere si fa pieno uso delle risorse umane,
F. considerando che, in quanto parte di un doppio approccio per conseguire l'obiettivo dell'uguaglianza, la politica di "mainstreaming" integra, ma non sostituisce, le politiche specifiche e le azioni positive,
G. considerando che le azioni positive sono sancite dall'articolo 141, paragrafo 4, del trattato (nel settore dell'occupazione e dell'attività professionale), dall'articolo 4 della CEDAW, dall'articolo 23, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nonché dalla raccomandazione del Consiglio, del 13 dicembre 1982, sulla promozione di azioni positive a favore delle donne,
H. considerando che fin dal 1996 la Commissione ha adottato una politica di "mainstreaming" e di integrazione delle pari opportunità per le donne e per gli uomini nell'insieme delle attività e delle politiche comunitarie,
I. considerando che, a prova del proprio impegno ad alto livello, la Commissione ha creato un gruppo di Commissari responsabili delle pari opportunità e, inoltre, una struttura organizzativa in ogni DG e in ogni divisione ed ha messo a punto strumenti per il "mainstreaming" nelle politiche e per monitorare il processo di integrazione,
J. considerando che la Presidenza danese del Consiglio ha presentato un ambizioso progetto per applicare il "mainstreaming" nelle attività di tale Istituzione,
K. considerando che una partecipazione equilibrata di donne e uomini al processo decisionale è un importante prerequisito per far sì che l'elaborazione delle politiche tenga conto del "mainstreaming" ed è perciò parte integrante di un approccio a tal fine,
L. considerando che, nonostante al Parlamento europeo la percentuale di donne sia aumentata costantemente e dal 17,5% nelle elezioni del 1979 sia passata al 31% in quelle del 1999, le donne sono ancora ampiamente sottorappresentate nel caso di posti di responsabilità negli organi preposti ad adottare le decisioni politiche dell'Istituzione (in particolare nell'Ufficio di presidenza, dove soltanto due vicepresidenti sono donne, e nella Conferenza dei Presidenti, dove l'unica donna è copresidente),
M. ricordando che in vari paesi candidati la partecipazione delle donne all'attività politica è inferiore rispetto alla partecipazione media nell'Unione europea e che l'odierna percentuale di donne al Parlamento europeo potrebbe diminuire se non saranno adottate azioni per far sì che in questi paesi le donne siano in grado di candidarsi alle elezioni,
N. considerando che le donne sono largamente sottorappresentate nelle sfere più elevate dell'amministrazione del Parlamento europeo e sottolineando che dalla pubblicazione delle relazioni 1998 e 2000 dell'Ufficio di presidenza la situazione non è migliorata; considerando inoltre che la relazione approvata dall'Ufficio di presidenza il 3 settembre 2002 si concentra sull'accesso delle donne a posti di responsabilità al Parlamento (assunzioni e nomine, prospettive di carriera) e stabilisce obiettivi a tal fine,
O. considerando che nella sua precitata risoluzione del 18 gennaio 2001 questo Parlamento ha invitato a far sì che entrambi i sessi siano equamente rappresentati in tutti i settori politici e in tutte le commissioni, a livello comunitario, regionale, nazionale e internazionale, in modo che la rappresentanza di entrambi non sia inferiore al 40%,
P. considerando che il Consiglio europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000 ha riconosciuto l'importanza di promuovere tutti gli aspetti delle pari opportunità nell'occupazione e fissato l'obiettivo di aumentare al 60% il tasso di occupazione delle donne entro il 2010,
Q. considerando che, stando alla succitata risoluzione del Consiglio del 29 giugno 2000, gli obiettivi di una partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini alla vita familiare e lavorativa e al processo decisionale sono condizioni estremamente importanti ai fini della parità di genere,
R. ricordando che nella medesima risoluzione il Consiglio invita le istituzioni e gli organi della Comunità europea ad applicare, in qualità di datori di lavoro, misure che promuovano l'equilibrio di genere nel quadro delle assunzioni e delle prospettive di carriera, onde evitare una segregazione orizzontale e verticale nel mercato del lavoro,
1. si impegna ad approvare e ad applicare un piano d'azione per il mainstreaming; l'obiettivo generale di tale politica è di promuovere la parità di donne e uomini integrando in modo reale ed effettivo la dimensione di genere nelle politiche e nelle attività, nonché nelle strutture decisionali e nell'amministrazione, affinché il diverso impatto delle misure sulle donne e sugli uomini venga valutato prima dell'adozione delle decisioni; in tale contesto si deve tener conto anche della garanzia della qualità, sia per quanto riguarda i processi e le strutture sia i contenuti, che deve essere sviluppata nell'ambito di un progetto di gestione improntato al mainstreaming;
2. reputa che il piano d'azione debba poggiare sulle seguenti priorità:
a)
mostrare volontà e impegno politico al massimo livello creando un gruppo ad alto livello sulla parità di genere; tale gruppo potrebbe essere composto dal Presidente del Parlamento europeo e da membri dell'Ufficio di presidenza, dai presidenti delle commissioni interessate e dal Segretario generale;
b)
integrazione della dimensione di genere nelle attività del Parlamento europeo, da un lato tramite l'efficace lavoro della commissione competente e dall'altro tramite l'integrazione della specificità di genere nel lavoro delle altre commissioni e delegazioni;
c)
equilibrio fra uomini e donne nei processi decisionali, aumentando la presenza delle donne negli organi direttivi del Parlamento europeo, negli uffici di presidenza delle commissioni e delle delegazioni e in altri posti di responsabilità, nonché nella composizione delle delegazioni e in altre missioni come l'osservazione delle elezioni;
d)
integrazione di un'analisi degli aspetti relativi alle pari opportunità in tutte le fasi della procedura di bilancio quale strumento per favorire la trasparenza e la parità, per garantire che le necessità e le priorità di donne e uomini siano tenute in pari considerazione, e per valutare l'impatto dell'utilizzo delle risorse comunitarie su donne e uomini;
e)
un'efficace politica della stampa e dell'informazione che tenga sistematicamente conto dell'uguaglianza di genere ed eviti gli stereotipi, prendendo altresì in considerazione le necessità e le prospettive delle donne, e non si limiti a fornire informazioni sul "mainstreaming" ma provveda anche a promuovere tale politica;
3. sottolinea la necessità di risorse finanziarie e umane adeguate, affinché gli organi del Parlamento europeo dispongano dei necessari strumenti, compresi strumenti di analisi e valutazione in base al genere, di appropriate competenze in materia di genere (ricerca e documentazione, personale qualificato, esperti) e di dati statistici disaggregati per genere;
4. chiede alle Conferenze dei presidenti di commissione e di delegazione di rivolgere raccomandazioni alla Conferenza dei presidenti per quanto concerne un'applicazione concreta del "mainstreaming" nei lavori delle commissioni e delle delegazioni, sulla base di proposte della commissione competente;
5. propone le seguenti linee guida per l'attuazione del "mainstreaming" nell'attività delle commissioni e delle delegazioni:
–
nominare uno dei suoi membri (il presidente o il vicepresidente) responsabile del "mainstreaming" nell'attività della commissione o delegazione;
–
attribuire la priorità a settori o a temi in cui il "mainstreaming" possa essere importante; elaborare un progetto o un'iniziativa in tale ambito;
–
elaborare una valutazione annuale delle attività e dei risultati raggiunti nel campo del "mainstreaming";
–
nell'esecuzione di tali compiti le commissioni e le delegazioni devono ricorrere all'assistenza dei membri del segretariato che hanno ricevuto una formazione adeguata e che fanno parte di una rete di esperti del "mainstreaming";
6. ritiene necessario potenziare il segretariato della commissione competente al fine di massimizzarne il funzionamento e metterlo in condizione di fornire assistenza adeguata ai suoi membri coordinando l'attuazione e l'ulteriore sviluppo del "mainstreaming" in tutte le politiche;
7. ritiene che il monitoraggio e la valutazione siano parte essenziale della strategia di "mainstreaming" e propone, a tal fine, che la commissione competente elabori una relazione annuale sul mainstreaming nell'attività delle commissioni e delegazioni del Parlamento europeo, includendo l'individuazione e la valutazione di carenze nell'integrazione della dimensione di genere; tale relazione verrebbe presentata in plenaria; la relazione annuale sul "mainstreaming" nell'attività del Parlamento europeo, unitamente alla relazione dell'Ufficio di presidenza sulle pari opportunità nel segretariato dell'Istituzione, offrirebbe un quadro della situazione relativa alla parità di genere nel Parlamento europeo nel suo complesso;
8. sottolinea l'importante ruolo dei partiti politici nell'applicare il "mainstreaming" e modificare, tramite i loro programmi e attività, gli stereotipi dei ruoli femminili e maschili e per favorire la presenza delle donne in politica;
9. invita la Conferenza dei Presidenti a discutere le modalità per applicare il "mainstreaming", eventualmente modificando il regolamento del Parlamento europeo, nelle attività dei gruppi politici, nonché a proporre misure concrete a tal fine soprattutto per garantire l'equilibrio tra le donne e gli uomini in seno all'Ufficio di Presidenza del Parlamento europeo, nonché in seno agli uffici di presidenza delle commissioni e delle delegazioni;
10. ricorda l'invito rivolto alla Commissione a incoraggiare, come esso stesso si è impegnato a fare, i paesi candidati a mettere a punto programmi e campagne destinati alle donne attive in politica e alle candidate, in modo che siano in grado di lavorare nelle istituzioni comunitarie e di partecipare alle elezioni europee del 2004, per far sì che la percentuale delle deputate al Parlamento europeo aumenti;
11. esorta a elaborare linee guida per l'utilizzo di un linguaggio neutro dal punto di vista del genere nei testi del Parlamento europeo, nonché a rivedere la terminologia e il linguaggio nei documenti dell'Istituzione; ritiene che ciò richieda una formazione destinata a tutti i funzionari addetti alla redazione e alla traduzione dei testi;
12. invita le commissioni specializzate a garantire che tutti i programmi e le attività finanziate dal bilancio comunitario nei rispettivi settori di responsabilità promuovano il "mainstreaming", e a riferire annualmente sulle attività di commissione per quanto riguarda il "mainstreaming" e la sua inclusione nel bilancio;
Mainstreaming al Segretariato del Parlamento europeo
13. chiede che sia applicata una struttura coerente ed esaustiva per il "mainstreaming" nell'amministrazione del Parlamento europeo, in stretta collaborazione con la Direzione generale del personale, il COPEC e i rappresentanti del personale; ritiene che tale piano d'azione debba coordinare tutte le iniziative in via di attuazione, indicare obiettivi e priorità, nonché i mezzi per raggiungerli, ed essere integrato da dati statistici disaggregati per genere, da indicatori, da obiettivi chiari e da valutazioni comparative;
14. accoglie con favore il rafforzamento dell'unità per le pari opportunità alla Direzione generale del personale e la nomina, nel marzo 2001, di responsabili delle pari opportunità in ciascuna Direzione generale; ritiene necessario definire chiaramente il ruolo e i compiti dei responsabili;
15. ricorda la possibilità di adottare misure positive a favore del genere sottorappresentato a livello di assunzione, sviluppo di carriera e altra attività professionale offerta dall'articolo 141, paragrafo 4, del trattato e dalle pertinenti disposizioni della direttiva 2002/73/CE;
16. ritiene che la sensibilizzazione, l'informazione e la formazione professionale siano essenziali per favorire i cambiamenti di atteggiamento e di comportamento; chiede l'introduzione di moduli sul "mainstreaming" nei programmi di formazione di ogni DG destinati al personale di tutti i livelli, a partire da quelli dirigenziali, e che sia stabilito un programma di conferenze e di seminari;
17. raccomanda che il "mainstreaming" sia applicato a tutti i documenti e regolamenti relativi alla politica del personale; segnala la necessità di rivedere, nella prospettiva di genere, le norme e le linee guida politiche esistenti e di adeguarle di conseguenza;
18. raccomanda che ogni DG indichi le aree prioritarie in cui ritiene opportuno avviare il "mainstreaming"; segnala che i risultati delle loro azioni o iniziative in tale ambito potrebbero essere diffusi in cooperazione con il COPEC, l'unità pari opportunità e la rete di responsabili delle pari opportunità in ogni DG e che le iniziative e i progetti validi e di particolare interesse potrebbero essere presentati come buona pratica in occasione della Giornata internazionale della donna (8 marzo);
19. chiede al comitato del personale di partecipare attivamente all'applicazione del "mainstreaming" al Segretariato del Parlamento europeo, sforzandosi di raggiungere un equilibrio di genere nella nomina dei suoi rappresentanti in tutti gli organi e comitati, nonché nella ripartizione di mansioni di responsabilità fra i propri membri; sottolinea l'importanza di sensibilizzare alle questioni relative al genere e di una formazione specifica destinata ai membri del comitato del personale;
20. ribadisce l'importanza di raggiungere un equilibrio fra i generi nel quadro del processo decisionale, in quanto si tratta di un prerequisito importante per una politica che tenga conto della prospettiva di genere; a tal fine:
a)
sostiene pienamente le raccomandazioni formulate nella relazione 2002 dalla on. Lalumière, approvate dall'Ufficio di presidenza il 3 settembre 2002 e relative all'accesso delle donne a posti di responsabilità, nonché alle misure proposte in materia di concorsi, assunzioni e prospettive di carriera;
b)
chiede che, oltre alle raccomandazioni dell'Ufficio di presidenza e alle misure del piano d'azione 2001-2005 del COPEC, siano introdotti sistemi di consulenza, come parte dell'orientamento professionale, basati sul principio delle pari opportunità e che sia effettuato uno studio comparativo sull'evoluzione delle carriere del personale femminile e maschile di tutti gradi, nonché del personale che lavora a tempo parziale rispetto a quello che lavora a tempo pieno;
c)
richiama l'attenzione sul fatto che le donne costituiscono il 70,4% del personale di categoria C, e considera necessario accelerare l'attuazione di misure volte a facilitare il passaggio ad una categoria superiore, data in particolare la proporzione decrescente delle donne nella categoria B a partire dal 1998 (cfr. la relazione dell'on. Lalumière all'Ufficio di presidenza); ritiene che tali misure contribuirebbero a ridurre il divario fra donne e uomini in fatto di prospettive di carriera;
d)
ricorda che, come segnalato dal Segretario generale nella relazione 1997 destinata all'Ufficio di presidenza, è necessario adeguare le condizioni di lavoro affinché i funzionari che lavorano a tempo parziale, perlopiù donne, o che hanno scelto il telelavoro, non subiscano discriminazioni per quanto riguarda le opportunità di formazione, promozione o mobilità;
e)
si compiace dei progressi effettuati per quanto riguarda l'equilibrio di presenza femminile e maschile nei comitati di assunzione, di selezione e nelle commissioni esaminatrici dei concorsi; raccomanda che siano stabiliti obiettivi per raggiungere la pari rappresentanza di genere nell'amministrazione e nel comitato del personale, in seno agli organi statutari e ai comitati consultivi;
21. 21 reputa che l'organizzazione del lavoro e le misure che permettono a donne e uomini di articolare vita lavorativa e vita familiare siano un'area prioritaria per integrare la dimensione di genere; pone l'accento sulla necessità di:
–
adottare le necessarie misure, in particolare sostituendo sistematicamente i funzionari che lavorano a tempo parziale, per assicurare che tutte le Direzioni generali concedano tale possibilità a chi ne fa richiesta (cfr. paragrafo 21 della sua precitata decisione del 10 aprile 2002) e sia considerata una valida scelta per entrambi i sessi;
–
introdurre orari di lavoro flessibili, più adatti all'organizzazione del lavoro specifica del Parlamento europeo, che consentano inoltre al personale di conciliare vita professionale e vita familiare;
–
prevedere una copertura sufficiente e funzionale quanto alle infrastrutture di custodia dei bambini (asili nido, scuole materne, doposcuola, assistenza sanitaria, orari flessibili ecc.) per agevolare il compito dei genitori, uomini e donne, che lavorano al Parlamento europeo, al fine di soddisfare le crescenti necessità conseguenti all'allargamento;
–
assicurare che, alla ripresa delle funzioni dopo un congedo per motivi familiari e/o parentale non retribuito, sia possibile rientrare al posto occupato in precedenza o a un posto equivalente;
–
esaminare le possibilità di estendere il telelavoro, su base volontaria e temporanea, ad altri servizi oltre a quelli della traduzione;
–
esaminare le questioni di organizzazione generale del lavoro, in particolare gli orari prolungati, le riunioni a tarda ora e le missioni;
22. considera essenziale garantire il rispetto della dignità umana, della sfera privata e dell'integrità e combattere le molestie sul posto di lavoro; ricorda che secondo alcune ricerche le donne sono vittime di molestie con maggior frequenza degli uomini(20); si attende che il Comitato consultivo sulle molestie morali (mobbing), costituito nel 2000, svolga un ruolo sempre più efficace nel prevenire e combattere le molestie;
23. appoggia la disposizione antidiscriminazione, in linea con l'articolo 13 del trattato, e l'inversione dell'onere della prova nei casi in cui si può presumere una discriminazione diretta o indiretta, come previsto dalla Commissione nella sua proposta di regolamento del Consiglio che modifica lo statuto dei funzionari e degli altri agenti delle Comunità europee (COM(2002) 213);
o o o
24. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al COPEC e ai governi dei paesi candidati.
Risoluzione del Parlamento europeo del 20 settembre 2001 sul mobbing sul posto di lavoro (GU C 77 E del 28.3.2002, pag. 138).
Interessi finanziari e lotta contro le frodi
145k
54k
Risoluzione del Parlamento europeo sulla tutela degli interessi finanziari della Comunità e la lotta contro le frodi - Relazione annuale 2001 (2002/2211(INI))
– vista la relazione annuale 2001 della Commissione sulla tutela degli interessi finanziari della Comunità e la lotta contro la frode (COM(2002) 348 - C5-0519/2002),
– vista la comunicazione della Commissione sulla tutela degli interessi finanziari della Comunità e la lotta contro la frode, piano d'azione 2001-2003 (COM(2001) 254),
– vista la relazione della Corte dei conti europea sull'esercizio 2001(1),
– visti gli articoli 276, paragrafo 3 e 280, paragrafo 5 del trattato CE,
– visto l'articolo 163, paragrafo1 del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per il controllo dei bilanci (A5&nbhy;0055/2003),
A. considerando i quattro obiettivi strategici che la Commissione definisce nel suo approccio strategico globale alla lotta contro la frode (COM(2000) 358) e che ha inserito nel piano d'azione 2001-2003 (COM(2001) 254): sviluppo di una politica antifrode globale, rafforzamento di uno spirito di cooperazione tra tutte le autorità competenti, impostazione interistituzionale per prevenire e lottare contro la frode e la corruzione nonché rafforzamento della dimensione giudiziaria penale,
B. considerando che il volume globale delle frodi e irregolarità riportate nella relazione annuale della Commissione è stato pari nel 2001 a 1,275 miliardi di euro, ripartiti come segue:
–
entrate: entrate proprie 532,5 milioni di euro (anno precedente:1143)
–
spese: fondo agricolo di garanzia 429 milioni di euro (anno precedente: 576)
azioni strutturali 249,1 milioni di euro (anno precedente: 139)
spese dirette 64,2 milioni di euro (anno precedente: 170);
C. considerando che tale dato rappresenta una considerevole riduzione rispetto all'anno 2000, per il quale era stato calcolato un volume globale di 2,028 miliardi di euro,
D. considerando che tale riduzione è in parte dovuta anche al fatto che dei casi su cui ha indagato l'Ufficio per la lotta antifrode (OLAF) sono stati considerati nella statistica solo quelli per i quali è stato possibile concludere le indagini nel 2001, ma non quelli per i quali le indagini sono state avviate ma non ancora concluse;
E. considerando che, secondo quanto indicato dalla Commissione, la riduzione del numero delle irregolarità comunicate dagli Stati membri può essere dovuta anche a problemi nella migrazione verso il formato elettronico delle comunicazioni,
F. considerando inoltre che il livello delle irregolarità accertate nel 2001, pari a 1,275 miliardi di euro, nonostante la riduzione rispetto all'anno precedente è comunque nettamente superiore alla media degli anni passati se si considera un arco di tempo più esteso,
G. considerando che nel 2000 è stato effettivamente utilizzato solo l'87,9% (83,3 miliardi dei 94,8 miliardi di euro) e nel 2001 solo l'82,3% (80 miliardi dei 97,2 miliardi di euro) delle risorse disponibili; che questa scarsa utilizzazione delle risorse relativizza la riduzione delle irregolarità,
Recupero di importi pagati in eccesso o indebitamente
1. prende atto del fatto che l'esame delle comunicazioni ricevute nel 2001 ha fatto emergere come il numero complessivo di comunicazioni trasmesse in materia di irregolarità si sia ridotto in tutti i settori rispetto al 2000; segnala in tale ambito che nel 2000 e nel 2001 oltre 26 miliardi di euro di stanziamenti non utilizzati sono tornati agli Stati membri;
2. rileva però che le ripercussioni finanziarie sul bilancio delle irregolarità si sono ridotte solo nel settore delle risorse proprie (passando da 1.143 milioni a 532,5 milioni di euro) e in quello del FEAOG- Garanzia (passando da 576 milioni a 429 milioni), mentre nel settore dei fondi strutturali sono aumentate da 139 milioni di euro a 249,1 milioni di euro;
3. ricorda alla Commissione che nella sua risoluzione del 29 novembre 2001(2), il Parlamento l'aveva invitata a presentargli entro il 15 dicembre 2001 un elenco di tutte le irregolarità registrate dall'entrata in vigore del regolamento (CE) n. 1681/94 della Commissione dell'11 luglio 1994 relativo alle irregolarità e al recupero delle somme indebitamente pagate nell'ambito del finanziamento delle politiche strutturali nonché all'organizzazione di un sistema di informazione in questo settore(3), da cui risulti caso per caso quanto elevato sia il danno finanziario nonché se e in quale misura si sia riusciti a recuperare gli importi;
4. prende atto del fatto che l'importo recuperato nel 2001 (40.342.543 euro) è inferiore di oltre il 50% rispetto a quello del 2000 (86.101.547 euro), il che corrisponde a una quota globale di recupero pari al 15,7%;
5. critica il fatto che le frodi e le irregolarità constatate dagli Stati membri, dall'Ufficio per la lotta antifrode (OLAF) e dalla Commissione hanno portato negli anni all'accumularsi di crediti pendenti per circa 3 miliardi di euro il che è senz'altro inaccettabile;
6. rileva che il recupero di importi indebitamente versati evidentemente non funziona e che per tale motivo gli interessi finanziari della Comunità subiscono gravi danni; invita pertanto la Commissione a presentargli entro il 30 giugno 2003 un'analisi dettagliata delle cause nonché proposte su come rimediare a questa situazione;
7. chiede pertanto che, sino alla definizione di un'efficace procedura di recupero, la Commissione interrompa i pagamenti non appena le valutazioni dell'OLAF confermino un motivato sospetto di frode e l'Ufficio avvii un'indagine;
8. prende atto del fatto che la Commissione - sia pur con notevole ritardo - ha presentato, il 3 dicembre 2002, una comunicazione su questo argomento in cui esprime l'intenzione di migliorare la procedura di recupero, ma nutre dei dubbi sulle possibilità di riuscita finché non sarà stata chiarita la ripartizione delle competenze fra l'OLAF da una parte e le competenti Direzioni generali della Commissione dall'altra; prende atto con stupore del fatto che il Lussemburgo non ha finora mai comunicato neppure un caso di irregolarità; fa presente che non si può approvare l'eventuale intenzione della Commissione di usare un trattamento speciale nei confronti dell'Italia riguardo agli importi arretrati comunicati, pari a quasi 1,4 miliardi di euro fino al 2002, e chiede che venga presentata senza indugio l'annunciata proposta di modifica dell'articolo 8 del regolamento (CE) n. 1258/1999 del Consiglio del 17 maggio 1999 relativo al finanziamento della politica agricola comune(4);
Lotta contro la frode nell'ambito dei Fondi strutturali
9. si rammarica del fatto che le cifre raccolte dalla Commissione nella sua relazione annuale non consentono di stabilire in che misura, per quanto riguarda i Fondi strutturali, viene realizzata in tutti gli Stati membri una protezione efficace ed equivalente degli interessi finanziari della Comunità;
10. è preoccupato a causa del fatto che per il Fondo di coesione (che nel 2001 aveva una dotazione complessiva di circa 3 miliardi di euro) solo la Grecia ha comunicato irregolarità (per un importo di circa 2,5 milioni di euro) mentre la Spagna, l'Irlanda e il Portogallo hanno comunicato alla Commissione che non vi sono irregolarità da riferire; prende atto della relazione annuale del Fondo di coesione della Commissione (COM(2002) 557), in particolare del punto 4.2 e si attende al riguardo un parere della Commissione nella prossima relazione annuale sulla lotta contro la frode, nonché chiarimenti sulle iniziative da essa intraprese nei casi in cui degli appalti finanziati del Fondo di coesione siano stati aggiudicati in violazione delle direttive sulle procedure di gara;
11. osserva che il numero dei casi sospetti comunicati nel 2001 dai Paesi Bassi è stato oltre il quadruplo del numero dei casi comunicati da Spagna o Grecia, nonché quasi il doppio del numero dei casi comunicati dalla Germania; ciò fa supporre che vi siano grosse differenze fra i singoli Stati membri quanto alla serietà dell'impegno dedicato all'individuazione e alla comunicazione delle irregolarità;
12. rivolge un rinnovato e pressante invito alla Commissione affinché in futuro non si limiti a riportare senza alcun commento le cifre comunicate dagli Stati membri, bensì proceda ad un'analisi e a una valutazione comparative di tali dati, soffermandosi in modo esplicito sulle manchevolezze riscontrate e spronando in tal modo gli Stati membri a compiere uno sforzo maggiore;
Trattamento dei casi interni di frode
13. rileva che la portata finanziaria dei casi esterni di frode è molto superiore a quella dei casi interni di frode; nota però che i casi interni di frode arrecano un grave danno all'immagine delle istituzioni europee e che la Commissione ha pertanto annunciato una politica di tolleranza zero;
Eurostat
14. critica il modo in cui l'OLAF ha fin qui indagato a tale rispetto: già alla fine degli anni '90 non si è dato seguito con la necessaria insistenza, malgrado informazioni assai precise, a critiche ben note, certi procedimenti sono stati chiusi senza alcun risultato e successivamente riaperti; chiede al comitato di vigilanza dell'OLAF di sottoporre l'attività dell'OLAF riguardante Eurostat a un attento esame e di riferirne nella sua prossima relazione d'attività;
15. rileva che in due casi (EuroCost e Eurogramme) l'OLAF ha avviato indagini facendo intervenire le autorità giudiziarie lussemburghesi;
16. invita la Commissione ad adottare misure che le consentano di informare il Parlamento europeo e l'OLAF sui progressi nelle indagini delle autorità giudiziarie lussemburghesi;
17. rileva che l'azienda Eurogramme ha reso dichiarazioni inesatte alla Commissione non solo sulla sua situazione finanziaria, ma anche sulle qualifiche del personale da essa impiegato;
18. reputa pertanto incomprensibile che la Commissione abbia concluso 70 contratti con Eurogramme nel periodo dal 1996 al 2001 (il valore dei contratti per il solo 2000 e 2001 ammonta a oltre 2 milioni di euro) e perfino altri tre nel 2002;
19. si compiace del nuovo approccio della Commissione alla relazione contrattuale con Eurogramme, come indicato nella risposta della Commissione del 28 febbraio 2003 relativa alla procedura di discarico 2001, compresa la sospensione di tutti i pagamenti a titolo degli attuali contratti e l'applicazione delle clausole di rescissione previste dai contratti, purché ciò non comporti oneri finanziari supplementari per il bilancio dell'Unione;
20. chiede altresì chiarimenti sulle dimensioni del fenomeno per cui dal 1999 dipendenti "intra-muros" di aziende private avrebbero lavorato nei locali di Eurostat, e chiede se sia vero che a tali dipendenti sarebbero stati affidati compiti che avrebbero potuto e dovuto essere svolti da funzionari;
21. prende atto del fatto che il progetto Prodcom viene frattanto eseguito direttamente da Eurostat;
22. prende altresì atto di come Eurostat e la Commissione abbiano iniziato ad attuare le raccomandazioni dell'audit interno Prodcom nonché a migliorare la gestione del progetto;
23. rileva che solo per Eurostat nel 2001 erano previsti stanziamenti d'impegno a favore di più di 100 ditte diverse e che sono stati versati circa 8 milioni di euro (risposta della Commissione all'interrogazione scritta E-1283/02); si aspetta dalla Commissione, prima del 30 aprile 2003, la conferma che essa incaricherà il suo servizio di verifica interno di esaminare, entro l'estate 2003, la legalità e regolarità di tutti i contratti stipulati da Eurostat fin dal 1999, verificando anche i contratti stipulati, su raccomandazione di Eurostat, da altri servizi della Commissione;
24. rileva che la società ASBL EuroCost, con sede a Lussemburgo, è accusata di gravi irregolarità (manipolazioni di bilancio, finanziamento doppio e triplo di progetti, furto di strutture informatiche), che, stando a informazioni della Commissione (risposta all'interrogazione scritta P-3742/02), hanno arrecato danni al bilancio comunitario per oltre un milione di euro;
25. chiede altresì che venga chiarito se tali irregolarità fossero state scoperte già all'inizio del 2000 nell'ambito di un controllo da parte di funzionari della Direzione generale Controllo finanziario della Commissione, anche se le autorità giudiziarie lussemburghesi sono state fatte intervenire solo nell'estate 2002;
26. reputa incomprensibile che la relazione specifica della Direzione generale Controllo finanziario non sia stata presentata al commissario competente per il controllo di bilancio e la lotta contro le frodi;
27. auspica che gli venga trasmessa, entro il 30 aprile 2003, copia di tutte le relazioni di verifica relative ad Eurostat elaborate fin dal 1999;
28. chiede fino a che punto un alto funzionario di Eurostat, in quanto fondatore e presidente ad interim dell'ASBL EuroCost, abbia contribuito a far sì che per oltre dieci anni EuroCost ricevesse sovvenzioni dal bilancio comunitario;
29. si stupisce del fatto che la Commissione abbia approvato l'attività dell'alto funzionario ed esige copia delle relative decisioni; prende atto con sconcerto che, secondo informazioni della Commissione, l'alto funzionario di Eurostat sia stato attivo fino a tutto il 2000 anche in altre associazioni nella sua qualità di direttore generale di Eurostat; chiede alla Commissione se ritenga ancor sempre compatibile lo svolgimento, da parte di suoi alti funzionari, di attività di questo genere all'interno di organizzazioni sovvenzionate dal bilancio comunitario;
30. chiede alla Commissione se chiamerà gli alti funzionari di Eurostat che risultassero coinvolti a riparare il danno eventualmente arrecato ai contribuenti;
31. chiede alla Commissione se alti funzionari di Eurostat siano stati anche membri di altre imprese o società che hanno ricevuto sovvenzioni dal bilancio comunitario e, in caso di risposta affermativa, di quali;
32. plaude alla decisione della Commissione di interrompere la collaborazione con Eurogramme; esorta la Commissione a perseguire con la massima insistenza la procedura di recupero crediti nei confronti della società EuroCost, attualmente in liquidazione;
Sospetti di frodi e nepotismo presso la Commissione
33. nota che i casi in cui sono coinvolti due ex Commissari, sono stati ulteriormente esaminati dall'OLAF e dalla Commissione; invita la Commissione e l'OLAF a informarlo sui risultati dei procedimenti al riguardo;
34. plaude alla decisione della Commissione di elaborare una relazione che illustrerà i fatti riguardanti le eventuali violazioni, da parte della signora Cresson, degli obblighi incombenti ai membri della Commissione quali enunciati all'articolo 213 del trattato; plaude anche alla contestuale decisione della Commissione di inviare alla signora Cresson una relazione recante l'invito a sottoporre entro due mesi alla stessa Commissione le sue eventuali osservazioni; rileva che in tal modo la Commissione ha seguito la raccomandazione del Parlamento europeo;
35. invita la Commissione a trasmettere al Parlamento europeo la relazione dell'OLAF e le raccomandazioni in essa contenute sul cosiddetto caso "auto di servizio";
36. nota che nel dicembre 2002 un tribunale belga ha condannato gli imputati principali del cosiddetto caso PerryLux rispettivamente a quattro anni e a un anno di detenzione;
37. invita il Lussemburgo ad adempiere finalmente, dopo aver esitato per anni, ai suoi obblighi a norma dell'articolo 280 del trattato CE e ad assicurarsi che le sue autorità giudiziarie intraprendano tutti i passi necessari a far luce sul caso PerryLux e sulle accuse riguardanti Eurostat, iniziando se del caso procedimenti penali al riguardo;
38. invita la Commissione ad informarlo entro il 30 giugno 2003 sulle azioni avviate dalle autorità giudiziarie lussemburghesi al riguardo e su quando si prevede la conclusione delle indagini;
Uffici delle delegazioni della Commissione a Stoccolma e Vienna
39. rileva che la Commissione non ha ancora risposto alla domanda su quando era stata informata delle prassi illegali in materia di contratti di lavoro applicate dall'ufficio della sua delegazione a Vienna;
40. nota e trova incomprensibile che le indagini avviate il 7 agosto 2001 non si sono potute concludere alla fine del 2002; invita la Commissione a informarlo nel marzo 2003 sulle misure successivamente adottate;
41. rileva che nei confronti di due agenti dell'ufficio della delegazione a Stoccolma sono state adottate misure disciplinari; un terzo caso è pendente dinanzi a tribunali svedesi; invita la Commissione a informarlo sui motivi per cui il procedimento giudiziario verrà avviato solo nel marzo 2003 e chiede altresì di informarlo sull'evoluzione dello stesso;
42. chiede informazioni sulle condizioni in cui un agente coinvolto è stato collocato in pensione;
Tutela degli interessi finanziari nell'ambito dell'allargamento
43. condivide l'opinione della Commissione secondo cui l'impiego, il controllo e la valutazione corretti degli aiuti comunitari all'adesione costituiscono un importante indicatore della capacità dei paesi candidati di recepire le disposizioni comunitarie di controllo finanziario; ricorda al riguardo che il Parlamento europeo nella sua citata risoluzione del 29 novembre 2001 ha invitato nel 2001 l'OLAF a istituire antenne nei paesi candidati;
44. precisa che le antenne non devono necessariamente essere uffici indipendenti; dovrebbe comunque essere presente in loco un rappresentante dell'OLAF;
45. ricorda altresì che nella citata risoluzione del 29 novembre 2001 ha invitato la Corte dei conti europea a presentargli entro l'inizio del 2003 un parere su ciascun paese candidato da cui si evinca se i sistemi di controllo finanziario in esso impiegati siano funzionanti in modo da consentire il passaggio, connesso all'adesione, a una gestione decentralizzata;
46. è preoccupato per il tasso d'utilizzazione dei fondi SAPARD: solo lo 0,1% ossia un milione di euro ha raggiunto i destinatari (esclusivamente in Bulgaria ed Estonia); rileva che la Commissione ha sottovalutato l'attività connessa alla costituzione di sistemi di gestione e controllo nei paesi candidati;
47. condivide comunque l'opinione della Commissione secondo cui solo la costituzione di un sistema integrato di gestione e controllo offra la garanzia di un impiego dei fondi efficace e sicuro da frodi;
48. ribadisce con queste premesse che i paesi candidati non devono essere soggetti a criteri più rigorosi di quelli applicati agli Stati membri;
49. ritiene necessario prorogare il termine per l'esecuzione degli impegni pluriennali nel caso degli aiuti all'adesione;
50. teme che l'isolamento della regione di Kaliningrad conseguente all'allargamento ad est e il rafforzamento della criminalità finanziaria con base in tale regione mettano sempre più in pericolo la tutela degli interessi finanziari della Comunità; invita la Commissione ad adottare misure al fine di evitare frodi negli scambi di merci, servizi e capitali con la regione di Kaliningrad; invita l'OLAF a cercare di instaurare rapidamente una collaborazione con la polizia tributaria russa di questa regione per poter tracciare un quadro della situazione in merito al problema "criminalità finanziaria a Kaliningrad" su cui basare raccomandazioni e azioni specifiche;
Legislazione sulla lotta contro la frode
51. chiede di portare avanti lo sviluppo di un sistema di informazione per escludere candidati nei cui confronti sono state pronunciate condanne, da gare di appalto pubbliche sulla base della proposta della Commissione del maggio 2000; ricorda inoltre che nell'ambito del miglioramento delle misure di applicazione e delle sanzioni finanziarie aspetta ancora un chiarimento per quanto attiene al principio della proporzionalità nella comminazione delle sanzioni pecuniarie: si tratta di due elementi su cui il Parlamento ha già richiamato l'attenzione nella sua citata risoluzione del 29 novembre 2001;
52. nota che nel 2001 sono stati adottati due regolamenti sul miglioramento della gestione e del controllo dei fondi strutturali(5);
53. si compiace dei regolamenti che pongono su una base giuridica la collaborazione di BCE, Europol e Commissione/OLAF e in tal modo tutelano meglio l'autenticità e la credibilità della moneta unica;
54. chiede perché lo scorso anno, nei negoziati con la Svizzera, non sia stato compiuto alcun progresso in merito ad un accordo di cooperazione giudiziaria nelle questioni connesse alla fiscalità e alle dogane;
Promozione della cooperazione tra le autorità competenti
55. prende atto dell'elenco di nuove disposizioni giuridiche nazionali sull'applicazione dell'articolo 280 del trattato, ai fini del controllo della situazione delle procedure di ratifica concernenti l'accordo sulla protezione degli interessi finanziari delle Comunità e dei relativi protocolli nonché sulla situazione in merito al coordinamento dei servizi;
56. rileva tuttavia, come aveva già fatto nella sua citata risoluzione del 29 novembre 2001, che siffatti elenchi hanno per il Parlamento solo un valore limitato finché non vengono analizzati dalla Commissione nell'intento di evidenziare eventuali carenze nella tutela degli interessi finanziari della Comunità;
57. deplora che non si sia ancora riusciti a istituire un sistema unitario per la trasmissione di dati, irregolarità e casi di frode dagli Stati membri; invita pertanto la Commissione a informarlo regolarmente sull'evoluzione dei negoziati tra gli Stati membri e la Commissione stessa ;
58. prende atto del fatto che nel 2001 l'OLAF ha avviato indagini per quanto concerne 381 casi che, secondo una prima valutazione, avrebbero natura penale (fondi propri 74 casi, agricoltura 105 casi, settore dei fondi strutturali 66 casi, spese dirette 136 casi); chiede quali settori, oltre al riconoscimento di spese non sovvenzionabili, rappresentano il maggior rischio;
Rafforzamento della dimensione giudiziaria
59. rileva che la tutela degli interessi finanziari della Comunità non può essere garantita dalle sole istituzioni, ma che esse vanno considerate come parte di un sistema più ampio;
60. 60 si compiace al riguardo del fatto che nel dicembre 2001 la Commissione abbia presentato un Libro verde sulla tutela penale degli interessi finanziari comunitari e sulla creazione di una procura europea (COM(2001) 715);
61. si aspetta che la Commissione lo informi senza indugio in merito ad eventuali difficoltà nell'esame del Libro verde con gli Stati membri;
62. invita la Commissione a inglobare nelle sue osservazioni le proposte formulate in mteria il 27 marzo 2003(6) e, in particolare, a presentare alla Convenzione il progetto di un nuovo articolo 280 bis del trattato;
63. 63 prende atto della costituzione di Eurojust(7)quale importante contributo alla cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri; rileva però in tale contesto che il Parlamento europeo in quanto istituzione che concede il discarico continua a essere il custode degli interessi finanziari della Comunità e che Eurojust gli deve pertanto rendere conto in questo settore;
64. 64 chiede spiegazioni in merito alla situazione dell'azione intentata da Commissione e Parlamento europeo contro grandi gruppi industriali del tabacco negli Stati Uniti per scongiurare nell'UE il pericolo del contrabbando di sigarette e del riciclaggio del denaro da parte della criminalità organizzata;
65. si rallegra della sentenza del Tribunale di primo grado del 15 gennaio 2003 con cui è stato respinto, in quanto inammissibile, il tentativo dei produttori di sigarette Philip Morris, Reynolds e Japan Tobacco di impedire alla Comunità di proseguire le azioni giudiziarie intentate negli Stati Uniti in merito alla partecipazione di tali gruppi industriali al contrabbando di sigarette;
66. prende atto della recente relazione del "Select Committee of Public Accounts" della Camera dei Comuni britannica, in cui il minor gettito fiscale per il Regno Unito derivante nell'anno 2000/2001 dal contrabbando di sigarette viene quantificato in 3,5 miliardi di sterline; invita il Regno Unito, alla luce di questo danno finanziario, ad associarsi all'azione intentata negli Stati Uniti dalla Commissione e dal Parlamento europeo;
Ufficio per la lotta antifrode (OLAF)
67. sottolinea che intende presentare una propria relazione sulle modalità di lavoro dell'OLAF in cui siano contenuti i risultati emersi dalla relazione annuale dell'OLAF, le conclusioni della relazione annuale del comitato di vigilanza dell'OLAF nonché le raccomandazione della relazione valutativa della Commissione;
68. deplora che la Commissione contravvenendo all'articolo 15 del regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 maggio 1999 relativo alle indagini svolte dall'Ufficio per la lotta antifrode (OLAF)(8)non abbia presentato tale relazione valutativa a tempo debito prima della scadenza del mandato del comitato di vigilanza dell'OLAF alla fine di giugno 2002; rileva che la Commissione viola le regolamentazioni vigenti; esige di sapere per iscritto, entro il 30 aprile 2003, perché la relazione non gli sia stata finora presentata;
69. ritiene del tutto inaccettabile che dal settembre 2002 la prevista nomina dei membri del comitato di vigilanza dell'OLAF abbia potuto essere ritardata in seno al Consiglio dal governo italiano; plaude al fatto che la Presidenza greca del Consiglio abbia ormai ottenuto in modo manifesto la sospensione di tale blocco;
70. rileva che, durante il suo scorso mandato, il comitato di vigilanza dell'OLAF ha fornito un contributo decisivo, in condizioni difficili, al potenziamento dell'OLAF e a garantirne l'indipendenza; è quindi decisamente favorevole alla conferma della nomina degli attuali membri;
o o o
71. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai parlamenti degli Stati membri, alla Corte dei conti europea, all'Ufficio per la lotta antifrode, nonchè ai parlamenti degli Stati membri.
Regolamento (CE) n. 438/2001 della Commissione, GU L 63 del 3.3.2001, pag. 21; regolamento (CE) n. 448/2001 della Commissione, GU L 64 del 6.3.2001, pag. 13.
Risoluzione del Parlamento europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni sulla strategia della politica dei consumatori 2002-2006 (COM(2002) 208 – C5&nbhy;0329/2002 – 2002/2173(COS))
– vista la comunicazione della Commissione (COM(2002) 208 – C5&nbhy;0329/2002)(1),
– vista la relazione della Commissione sul "Piano di azione in materia di politica dei consumatori 1999-2001" e sul "Quadro generale per le attività comunitarie a favore dei consumatori 1999-2003" (COM(2001) 486),
– visti gli articoli 95 e 153 del trattato CE,
– visto l'articolo 47, paragrafo 1, del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la politica dei consumatori e i pareri della commissione per i bilanci, della commissione per i problemi economici e monetari, della commissione giuridica e per il mercato interno e della commissione per i diritti della donna e le pari opportunità (A5&nbhy;0023/2003),
A. considerando la strategia proposta dalla Commissione per la politica dei consumatori come una chiara affermazione di tre grandi obiettivi strategici fondamentali, ma manifestando la propria delusione per il fatto che la sua introduzione sia stata ritardata ben oltre i tempi normalmente fatti registrare dalla Commissione nei precedenti trienni,
B. considerando favorevolmente il fatto che questa strategia non includa le questioni legate alla sicurezza alimentare le quali costituiscono la base di un'apposita strategia legislativa che si iscrive nel quadro della creazione, già approvata, di un'Autorità europea per la sicurezza alimentare avente un proprio Consiglio di gestione e un proprio direttore esecutivo, ma deplorando che la mancanza di una sede permanente abbia causato ulteriori ristrettezze di bilancio,
C. compiacendosi della gamma di azioni proposta nel programma modulato di cui all'allegato, ma rammentando alla Commissione la natura ambiziosa dei precedenti elenchi di azioni le cui scadenze non sempre sono state rispettate, e sottolineando pertanto l'importanza di un aggiornamento e di una revisione regolari delle azioni proposte dalla Commissione che dovranno essere trasmesse al Consiglio e al Parlamento europeo per quei fini di sorveglianza e di attuazione ormai riconosciuti tanto dalla Commissione che dal Consiglio,
D. plaudendo alla Commissione per aver concluso che il completamento del mercato unico è una priorità, che restano taluni ostacoli alla realizzazione del suo pieno potenziale e che gli acquisti transfrontalieri ampliano la scelta del consumatori,
E. considerando la necessità di rivolgere, nell'ambito della strategia in materia di politica dei consumatori, maggiore attenzione ai cambiamenti sociali quali la mutata piramide dell'età, l'accresciuto ruolo della donna nonché l'integrazione delle minoranze etniche,
F. considerando che la politica dei consumatori nei paesi candidati dovrebbe essere migliorata e che è data troppo scarsa attenzione alle possibilità per i consumatori di tutelare i propri interessi e di agire quali partecipanti al mercato a tutti gli effetti,
G. considerando che, fermo restando il ruolo importante delle organizzazioni di categoria in sede di definizione della politica dei consumatori, la necessità di un più equo coinvolgimento delle donne, dei giovani, degli anziani e delle minoranze culturali dovrebbe essere meglio ancorato in tale politica,
1. rileva che la strategia presentata dalla Commissione oltrepassa di quattro anni il periodo dell'attuale base giuridica, che scade alla fine del 2003 e che la Commissione presenterà successivamente una proposta per una nuova base giuridica che comprenda le disposizioni finanziarie e di bilancio oltre il 2003;
2. ritiene problematica la differenza temporale esistente fra la strategia presentata e quella della base giuridica e plaude alla dichiarazione della Commissione di migliorare questa situazione; ritiene tuttavia che non sia sufficiente coordinare meglio la strategia con la base giuridica e invita la Commissione ad uniformare la validità temporale di entrambe;
3. sottolinea che le attuali prospettive finanziarie, definendo i tetti di spesa per diversi capitoli del bilancio, sono valide fino al 2006 e quindi le azioni contenute nella strategia e nella prossima proposta di base giuridica devono conformarsi a tale contesto senza contrarre altre politiche del capitolo 3 (politiche interne) del bilancio;
4. ricorda che se le azioni contenute nella strategia, nella forma e nel momento in cui dovrebbero essere incluse nella proposta di nuova base giuridica, andassero comunque aldilà del 2006, gli importi finanziari dovranno essere confermati da un accordo su nuove prospettive finanziarie o da decisioni annue di bilancio;
Obiettivo 1 - "Un elevato livello comune di protezione dei consumatori"
5. ricorda alla Commissione che il principio dell'armonizzazione minima in materia di politica di protezione dei consumatori è iscritto all'articolo 153, paragrafo 5 del trattato CE e che le relative misure devono tuttavia promuovere e sviluppare un alto livello di protezione del consumatore (articolo 153, paragrafo 1 del trattato CE);
6. sottoscrive pienamente l'esigenza di un elevato livello comune di protezione dei consumatori nell'UE ma rileva le preoccupazioni suscitate dalla proposta uniforme di adeguare le vigenti direttive riguardanti i consumatori "in modo da passare da un'armonizzazione minima a misure di piena armonizzazione", e segnala pertanto alla Commissione che l'opportunità di adottare disposizioni di armonizzazione minima o massima deve essere adeguatamente valutata in sede di modifica della legislazione vigente o di ideazione di una nuova legislazione, e ciò adottando un approccio caso per caso;
7. esorta la Commissione a chiarire e a valutare quali sarebbero le misure nazionali già collaudate che risulterebbero penalizzate da una proposta volta ad armonizzare al massimo livello;
8. ritiene che l'armonizzazione non dovrebbe impedire alle normative degli Stati membri di andare oltre il livello comune di tutela dei consumatori, purché queste misure non interferiscano con i principi sanciti dal trattato CE; finché non sarà stato raggiunto un livello elevato di armonizzazione in materia di protezione dei consumatori, questi ultimi non dovrebbero essere privati della protezione che viene loro garantita dalle rispettive legislazioni nazionali;
9. esorta la Commissione a decidere caso per caso se la forma giuridica del regolamento debba essere adottata in via prioritaria nella legislazione relativa alla protezione dei consumatori;
10. chiede che si rifletta seriamente su qualsiasi nuovo eventuale ricorso ai principi del riconoscimento reciproco e del paese d'origine senza che sia stato prima effettivamente introdotto e applicato un alto livello comune di protezione dei consumatori su scala comunitaria;
11. ritiene che una definizione unica dei principali termini giuridici, quali "consumatore", "contratto del consumatore" ecc., potrebbe contribuire ad una normativa sui consumatori coerente;
12. ritiene che ogni atto normativo dovrebbe basarsi sulla definizione del termine "consumatore" quale figura nella giurisprudenza della Corte di giustizia;
13. ritiene che ogni proposta legislativa debba rispettare gli importanti criteri stabiliti nel pacchetto della Commissione relativo ad una migliore regolamentazione, e più in particolare:
–
il principio di sussidiarietà, necessità e proporzionalità;
–
la presentazione di prove sostanziali della necessità di un'azione comunitaria;
–
l'individuazione degli ostacoli al buon funzionamento del mercato interno;
–
la presentazione di informazioni adeguate relativamente all'impatto sull'acquis comunitario pertinente e sulle principali parti interessate (ossia le imprese e i consumatori);
–
l'adduzione di prove e garanzie sufficienti relativamente alla praticabilità ed efficacia delle misure volte al conseguimento degli obiettivi perseguiti;
14. ritiene che ogni proposta legislativa debba avere un modello di base comune e che occorra quindi attribuire un'importanza fondamentale alla preparazione dei testi giuridici. E' quindi necessario che la Commissione individui chiaramente i problemi da risolvere prima di assicurare una consulenza giuridica specializzata, un'adeguata consultazione delle parti interessate e un impatto efficace;
15. ritiene che la normativa vada emanata sulla base giuridica fornita dagli articoli 95 e 153 del trattato CE;
16. rileva che l'articolo 153 del trattato CE è stato utilizzato un'unica volta come base giuridica per legiferare in materia di protezione dei consumatori e chiede alla Commissione di riflettere sulle modalità per garantire un uso maggiore di questo strumento;
17. dà il proprio sostegno alle azioni specifiche proposte nel quadro dell'obiettivo 1 e attribuisce una speciale priorità, o singolarmente o quale esito mirato di direttive quadro, alle misure seguenti:
–
messa a punto di una legislazione sulla sicurezza dei servizi,
–
revisione della direttiva sui giocattoli,
–
verifica dell'efficacia del vigente regime del marchio CE in modo da garantire più efficacemente la conformità con i requisiti previsti dalla UE in materia di sicurezza,
–
proposta di direttiva sulla sicurezza antincendio negli alberghi quale richiesta dal PE nella sua risoluzione del 4 maggio 1994(2),
–
modifica volta a migliorare la direttiva 94/47/CE sul godimento a tempo parziale di beni immobili, e ciò al fine di proteggere i consumatori dalle nuove evoluzioni del mercato che consentono di aggirare le disposizioni vigenti, come richiesto dal Parlamento nella sua risoluzione del 4 luglio 2002(3),
–
estensione alle altre modalità di trasporto delle misure di protezione dei consumatori applicabili al settore dei trasporti aerei, come chiesto dal Parlamento europeo nella sua posizione del 24 ottobre 2002 in vista dell'adozione di un regolamento concernente gli indennizzi ai passeggeri aerei(4),
–
introduzione di disposizioni ottimali in materia di salute e sicurezza nell'attuale valutazione delle sostanze chimiche, pur garantendo al contempo il massimo uso delle procedure di sperimentazione in vitro;
–
modifica ed estensione delle direttive sui pacchetti di viaggi;
–
promozione della fiducia del consumatore nel commercio elettronico;
18. invita la Commissione a garantire un accesso universale e alla portata di tutti a prestazioni di elevata qualità dei servizi d'interesse generale;
19. sottolinea l'importanza del fatto che si sviluppi, a beneficio del consumatore, un mercato unico per i servizi finanziari al dettaglio, come le assicurazioni, gli investimenti e i servizi bancari;
20. auspica la presentazione di una proposta quadro sul commercio equo, che contribuirebbe in modo significativo a un'ulteriore armonizzazione dei diritti dei consumatori nell'UE, nonché la presentazione da parte della Commissione, nel più breve tempo possibile, di una proposta legislativa di direttiva quadro;
21. esorta la Commissione a intraprendere tutte le iniziative adeguate per un'azione comunitaria volta a promuovere modelli di produzione e di consumo sostenibili;
22. invita la Commissione ad aumentare la visibilità delle etichette ecologiche comunitarie per consentire ai consumatori scelte coscienti, nella certezza di poter consumare in tutta l'Unione europea prodotti conformi alle norme ambientali europee più elevate;
23. evidenzia la necessità di garantire un'informazione completa e attendibile al consumatore relativamente agli OGM e ai prodotti, alimenti e mangimi derivati dagli stessi affinché egli possa scegliere un prodotto essendo stato previamente informato e affinché acquisti fiducia nei prodotti e nella tecnologia degli OGM;
24. ribadisce la sua richiesta di cui alla risoluzione del 4 maggio 1999 sul "Piano di azione in materia di politica dei consumatori 1999-2001"(5), che la Commissione riveda e modifichi la vigente direttiva sul marchio europeo in modo da garantire che essa non venga applicata con ripercussioni negative sui prezzi e sulla scelta dei consumatori;
25. ribadisce la sua richiesta di cui alla risoluzione del 4 maggio 1999 citata che la Commissione promuova l'integrazione dei diritti fondamentali dei consumatori internazionalmente riconosciuti nel modus operandi dell'OMC, e ciò in modo da conciliare l'interesse dei consumatori con l'auspicio di una crescita economica basata sul libero scambio, e ricorda alla Commissione che questi diritti fondamentali sono: la sicurezza, l'informazione, la scelta, la rappresentanza, le vie di ricorso, l'istruzione, la soddisfazione e un ambiente pulito;
26. invita la Commissione a promuovere l'uso dell'etichettatura nell'ambito dell'OMC quale strumento per garantire che i consumatori siano informati sull'origine e sui metodi di produzione;
27. sottolinea l'esigenza di una politica attiva da parte della Commissione, onde garantire che i punti di vista della società civile siano presi in considerazione nello sviluppo delle posizioni adottate dall'UE nei consessi politici internazionali;
28. incoraggia la Commissione a continuare a migliorare le sue conoscenze e la sua comprensione dei comportamenti dei consumatori in tutta l'UE poiché ciò potrebbe fornire degli elementi chiave utili per l'ideazione delle future iniziative politiche;
29. sottolinea che la massima estensione della scelta del consumatore dovrebbe essere un elemento chiave nella politica dei consumatori;
30. sottolinea che è importante considerare la dimensione di genere quale parte integrante della politica dei consumatori;
31. sollecita maggiore attenzione, in sede di definizione di detta politica, per le categorie di destinatari quali le donne, i giovani, gli anziani, le minoranze etniche e, in particolare, le donne immigrate;
Obiettivo 2 - "Efficace applicazione delle norme a tutela dei consumatori"
32. si compiace della particolare attenzione prestata dalla comunicazione della Commissione ad un'applicazione efficace delle norme a tutela dei consumatori ed incoraggia la Commissione a concentrarsi sul rafforzamento di un'applicazione uniforme della legislazione vigente, prima di proporre norme supplementari che potrebbero generare un'incertezza giuridica anche maggiore se applicate in maniera diseguale;
33. osserva che differenze nell'applicazione delle norme a tutela dei consumatori tra le varie giurisdizioni nazionali potrebbero portare a notevoli distorsioni della concorrenza in taluni settori, ed invita la Commissione ad inserire un'analisi approfondita di tale aspetto nel suo programma d'azione;
34. esorta la Commissione a presentare in via prioritaria un quadro legislativo per la cooperazione tra Stati membri in materia di applicazione e controllo della normativa sulla protezione dei consumatori;
35. sollecita l'insediamento di una struttura distinta e trasparente incaricata di riferire annualmente sui progressi e l'applicazione della normativa inerente alla protezione dei consumatori;
36. si compiace della proposta di creare dei sistemi globali di raccolta dei dati e delle informazioni sul modello dei sistemi RAPEX e EHLASS al fine di fornire informazioni precise e comparabili sui servizi e i prodotti oltre che sulle loro conseguenze per i consumatori; sottolinea la necessità di vigilare affinché la gestione di tali sistemi non sia troppo complicata;
37. approva la proposta di dare maggior priorità ai Centri europei dei consumatori (CEC), chiede che essi vengano aperti in via prioritaria in ogni Stato membro e in ogni paese candidato, e auspica che sia fatta più pubblicità ai servizi che essi sono in grado di offrire ai consumatori; sottolinea la necessità di vigilare affinché tali centri dispongano di risorse finanziarie adeguate;
38. suggerisce un rafforzamento della cooperazione tra i CEC e le altre reti quali la EEJ-net e la FIN-NET;
39. si compiace del fatto che tutti i paesi candidati che dovrebbero aderire alla UE nel 2004 hanno adottato le parti dell'acquis concernenti la protezione dei consumatori e non hanno richiesto periodi transitori per la loro applicazione, ma esorta caldamente la Commissione a fare il possibile per aiutare i paesi candidati a garantire che l'acquis venga scrupolosamente e efficacemente applicato e che tutti i progressi realizzati vengano attentamente verificati;
40. rileva che nei paesi candidati all'adesione la politica dei consumatori lascia oltremodo a desiderare e che si annette scarsa importanza alle possibilità per gli stessi consumatori di svolgere a tutti gli effetti la loro parte sul mercato;
41. appoggia l'intenzione della Commissione di organizzare con i paesi candidati un seminario speciale di formazione sull'applicazione della politica dei consumatori nell'ambito della sicurezza generale dei prodotti, e invita la Commissione a portare avanti iniziative del genere anche per quanto riguarda le altre direttive relative alla protezione dei consumatori (ad esempio quelle concernenti gli interessi economici e giuridici dei consumatori);
42. plaude alle proposte della Commissione sui provvedimenti e scadenzari in materia di risoluzione alternativa delle controversie di cui all'Obiettivo 2 - efficace applicazione delle norme a tutela dei consumatori;
43. ritiene che nell'applicazione dei diritti dei consumatori si dovrebbe tenere conto dei diritti procedurali dei vari Stati membri, e in ogni caso la composizione extragiudiziale delle controversie andrebbe ulteriormente promossa grazie ad una migliore cooperazione tra organizzazioni dei consumatori e Stati membri;
44. ritiene necessario che la legislazione in materia di protezione dei consumatori accordi uno status giuridicamente riconosciuto anche ai concorrenti; ritiene che nelle cause relative a pratiche commerciali abusive vada garantito ai concorrenti il diritto di parola e di avvalersi di efficaci strumenti di ricorso;
45. chiede alla Commissione di riconoscere l'importanza della protezione dei consumatori dai pericoli del fumo passivo e la esorta a dare il buon esempio, ponendo in atto restrizioni al fumo all'interno delle istituzioni dell'UE e incoraggiando il divieto di fumo nei luoghi pubblici;
46. suggerisce che fra le valutazioni dell'impatto regolamentare della legislazione proposta figuri anche la valutazione dell'impatto sui consumatori;
47. insiste affinché i paesi che eludono le norme dell'UE per la protezione dei consumatori siano penalizzati in modo più rapido e intransigente;
48. ritiene che i meccanismi del mercato interno funzionino efficacemente quando la politica di protezione dei consumatori è basata su regole comunitarie, la cui applicazione può essere controllata attraverso metodi scientifici e analitici che non permettono la falsificazione, l'inganno del consumatore e la distorsione della concorrenza;
Obiettivo 3 - "Adeguato coinvolgimento delle organizzazioni dei consumatori nelle politiche dell'UE"
49. suggerisce, nel contesto del Libro bianco della Commissione sulla governance europea(6) che vengano introdotti orientamenti volti a distinguere tra i gruppi di consumatori in buona fede e quelli che si fanno passare per tali ma che in realtà sono finanziati dagli interessi dell'industria; occorre pertanto stabilire i requisiti di base delle organizzazioni dei consumatori, comprese le salvaguardie per la loro trasparenza e democrazia interna;
50. ritiene che occorra migliorare la cooperazione tra organizzazioni dei consumatori e interessi delle imprese mediante l'istituzione di un dialogo organizzato a livello dell'UE e degli Stati membri;
51. ritiene che la strategia della politica dei consumatori attribuisca giustamente una notevole importanza alla necessità di esplicare uno sforzo più ampio, sistematico e continuativo per sviluppare un'adeguata base di conoscenze sui consumatori quale strumento essenziale per i responsabili politici. Ciò contribuirà ad assicurare un più stretto coinvolgimento delle associazioni dei consumatori in seno al processo legislativo;
52. ribadisce con vigore la sua richiesta di cui alla risoluzione del 4 maggio 1999 citata, di un'integrazione sistematica di rappresentanti dei consumatori negli ambiti decisionali della UE;
53. invita la Commissione e gli Stati membri a garantire e migliorare la rappresentanza degli interessi dei consumatori nella normalizzazione a livello europeo, nazionale e internazionale, e suggerisce in quest'ultimo caso l'adozione di misure volte a sviluppare una partecipazione sistematica e diretta del consumatore agli organismi di normalizzazione internazionali, a integrazione della rappresentanza dei consumatori attraverso le delegazioni nazionali, che sono legate a posizioni nazionali di "consenso" spesso influenzate dall'industria;
54. invita, nel contesto della tutela dei consumatori in seno alle istituzioni internazionali e in particolare all'OMC, a intavolare un dialogo con le organizzazioni dei consumatori per rendere effettiva la partecipazione dei consumatori alla standardizzazione internazionale;
55. incoraggia la Commissione a continuare a promuovere i forum esistenti quali il Comitato dei consumatori della UE, l'Assemblea annuale delle associazioni dei consumatori e il dialogo transatlantico dei consumatori;
56. rileva con preoccupazione i risultati dell'ultimo quadro di valutazione del mercato interno secondo i quali, globalmente, solo il 52% dei consumatori dell'Unione europea conosce esattamente i propri diritti garantiti dalla legislazione sul mercato interno, ed esorta la Commissione e gli Stati membri a migliorare gli strumenti per informare i consumatori in materia e garantire loro quindi una piena cognizione di causa;
57. invita la Commissione a continuare a promuovere l'uso dei programmi di istruzione della UE in modo da sensibilizzare i consumatori sui loro diritti e sulle loro responsabilità; sottolinea a tale riguardo l'importanza di mettere rapidamente a punto strumenti educativi interattivi on-line, di facile accesso per tutti;
58. incoraggia lo sviluppo di campagne di informazione dei consumatori su tutti i mezzi di informazione che si prestano a tal fine e suggerisce di eseguire al termine di ogni campagna una adeguata valutazione in modo da garantire che i consumatori ottengano effettivamente le informazioni di cui hanno bisogno e quando ne hanno bisogno;
59. sollecita una particolare attenzione per i giovani nell'ambito di campagne informative a loro dirette, con specifico riferimento alla prevenzione del fumo, del consumo di stupefacenti nonché dell'abuso di bevande alcoliche;
60. sottolinea la necessità di azioni di formazione permanente a favore del personale delle associazioni dei consumatori attraverso le autorità competenti degli Stati membri, ad esempio nei settori della gestione generale, delle relazioni pubbliche e del diritto dei consumatori, e che vengano particolarmente presi di mira i raggruppamenti dei consumatori di quegli Stati membri e di quei paesi candidati che non hanno una tradizione consolidata in fatto di azioni dinamiche e indipendenti a difesa dei consumatori;
61. prende atto dei risultati di cui alla relazione della Commissione del 2002 sui progressi realizzati dai paesi candidati (COM(2002) 700), secondo cui vi è l'esigenza di offrire assistenza a taluni paesi per la creazione di organizzazioni dei consumatori - assistenza che comprenda un sostegno finanziario e sia parte integrante del bilancio 2004 - e suggerisce vivamente che l'integrazione delle associazioni dei consumatori dei paesi candidati nel comitato consumatori dell'Unione europea e in tutti i corsi di formazione destinati alle associazioni dei consumatori dell'UE figuri tra le azioni che la Commissione dovrebbe intraprendere al riguardo;
62. sollecita maggiore attenzione e un programma specifico finalizzato ai consumatori e all'insediamento di organismi indipendenti nei paesi candidati;
63. invita la Commissione a presentare urgentemente una proposta volta a istituire un nuovo quadro generale per le attività comunitarie a favore dei consumatori;
Nuovo: Obiettivo 4 - "Integrazione degli obiettivi della protezione dei consumatori in tutti i pertinenti ambiti politici della UE"
64. deplora la debolezza con cui questo fondamentale obiettivo orizzontale è stato presentato dalla Commissione nella sua proposta di comunicazione sulla strategia della politica dei consumatori 2002-2006 e, data l'importanza della politica dei consumatori per la vita quotidiana di tutti i cittadini dell'UE, invita la Commissione a definire quale uno dei suoi obiettivi chiave, al più alto livello politico, l'integrazione degli interessi dei consumatori in tutte le politiche dell'UE;
65. chiede che in seno alla Convenzione europea e alla successiva CIG si porti avanti il dibattito sulla necessità di rafforzare l'articolo 153 del trattato CE al fine di ottenere un'integrazione sistematica della politica dei consumatori in tutti gli ambiti politici della UE, con particolare riferimento alle esigenze dei consumatori svantaggiati e vulnerabili;
66. sottolinea il ruolo importante che la politica di protezione dei consumatori e le organizzazioni dei consumatori debbono svolgere in sede di definizione di detta politica onde far sì che sia tenuto conto di un numero maggiore di aspetti, valutazioni e principi; ritiene che sia importante rafforzare la partecipazione delle donne, in particolare delle immigrate, a queste associazioni dei consumatori, al fine di conseguire un maggiore equilibrio in sede di definizione della politica dei consumatori;
67. esorta la Commissione a pubblicare relazioni regolari sull'integrazione della politica dei consumatori nelle altre politiche della UE e la incoraggia a sviluppare il gruppo interservizi per la politica dei consumatori in uno strumento di consultazione sistematica all'interno della Commissione;
68. segnala la propria delusione per la decisione del Consiglio di ristrutturare le proprie competenze in tema di problematiche dei consumatori integrandole insieme alla politica dell'occupazione, degli affari sociali e della sanità pubblica, deplora l'assenza di qualsiasi consultazione al riguardo e prende atto con inquietudine dell'effetto che ciò avrà sull'integrazione delle preoccupazioni dei consumatori nello sviluppo del mercato interno, laddove esse avranno inevitabilmente importanza secondaria;
o o o
69. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione e ai parlamenti degli Stati membri.
Risoluzione del Parlamento europeo sulle implicazioni del Libro verde sulla tutela dei consumatori nell'Unione europea per il futuro della politica europea dei consumatori (COM(2001) 531 – C5&nbhy;0295/2002 – 2002/2151(COS))
– visto il Libro verde della Commissione (COM(2001) 531 – C5&nbhy;0295/2002),
– vista la comunicazione della Commissione sul seguito dato al Libro verde (COM(2002) 289),
– visto il parere del Comitato economico e sociale sul Libro verde (CES 344/2002), del 20 e 21 marzo 2002 (1),
– visti gli articoli 95 e 153 del trattato CE,
– vista la Convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali,
– visto l'articolo 47, paragrafo 1, del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la politica dei consumatori (A5&nbhy;0423/2002),
A. considerando che le carenze del diritto europeo dei consumatori, dovute, in particolare, alla frammentazione delle norme nazionali e comunitarie, ostacolano la realizzazione di un autentico mercato interno dei consumatori, a causa della mancanza di fiducia da parte di questi ultimi nella certezza giuridica delle transazioni commerciali transnazionali,
B. considerando che le pratiche commerciali leali servono a tutelare sia i consumatori sia i concorrenti, in particolare nell'interesse delle piccole e medie imprese;
C. considerando che è utile proseguire i lavori di inchiesta e di ricerca destinati a comprendere meglio il comportamento delle imprese e dei consumatori rispetto al commercio transfrontaliero, e a mettere meglio a fuoco gli ostacoli che si frappongono allo sviluppo del mercato interno,
D. considerando che occorre raggiungere un livello elevato di tutela dei consumatori, condizione essenziale per creare il clima di fiducia necessario al buon funzionamento del mercato interno,
E. considerando che è importante fornire ai consumatori un quadro giuridico semplice, omogeneo, attendibile ed efficace, che sia applicabile indipendentemente dalla natura della pratica commerciale prevista,
F. considerando che è necessario proteggere in modo particolare i consumatori più vulnerabili, segnatamente gli anziani, i bambini e le persone portatrici di handicap,
G. considerando che la capacità dei consumatori di esercitare i loro diritti riposa soprattutto sulla qualità, la completezza e l'attendibilità delle informazioni che sono loro fornite, e che dette informazioni devono essere dispensate in una lingua conosciuta dai consumatori,
H. considerando che i produttori dovrebbero, su richiesta, circostanziare ogni asserzione su un prodotto o un servizio,
I. considerando che è utile una concertazione tra gli operatori economici e i consumatori in vista della definizione di norme equilibrate ed adattate,
J. considerando tuttavia che sta alle autorità pubbliche fissare il livello adeguato di tutela dei consumatori e garantirne la messa in atto,
K. considerando che occorre rafforzare il ruolo delle organizzazioni dei consumatori allo scopo di garantire meglio che i loro interessi collettivi siano rappresentati, segnatamente nel settore della regolamentazione e nell'esercizio delle azioni giuridiche connesse con l'applicazione del diritto dei consumatori,
L. considerando che va agevolato il ricorso da parte dei consumatori a modi alternativi di composizione delle controversie che siano accessibili a tutti, equi, rapidi e disponibili a basso costo, senza dimenticare il loro diritto di accedere liberamente alla giustizia,
M. considerando che vi sono difficoltà legate alla mancanza di coordinamento fra le autorità nazionali incaricate di applicare il diritto dei consumatori,
N. considerando che è necessario realizzare uno studio comparativo della normativa degli Stati membri in materia di pratiche commerciali leali, onde stabilire se già esiste un patrimonio di norme comuni,
1. reputa prioritaria l'adozione di norme generali comuni che consentano di pervenire ad un livello elevato di tutela dei consumatori;
2. appoggia l'obiettivo di armonizzare la normativa sulle pratiche commerciali, che dovrebbe essere perseguito in modo coerente, definendo dapprima il quadro generale e mettendo a punto solo successivamente, se necessario, la legislazione verticale su pratiche specifiche, ad esempio sulla promozione delle vendite;
3. ricorda che l'approccio di armonizzazione non deve portare ad un abbassamento del livello di tutela dei consumatori cui sono pervenuti taluni dispositivi nazionali;
4. sottolinea che è possibile prendere in considerazione l'applicazione del principio del mutuo riconoscimento e del controllo da parte del paese d'origine solo se si perverrà a un'armonizzazione sufficientemente ampia per quanto concerne un elevato livello di protezione dei consumatori;
5. sottolinea che l'armonizzazione non dovrebbe portare ad un abbassamento del livello di tutela dalle pratiche commerciali sleali già raggiunto mediante strumenti giuridici nazionali;
6. si dichiara favorevole all'inserimento nella direttiva quadro di un principio generale di correttezza nei confronti del consumatore, e appoggia l'idea che la direttiva dovrebbe riguardare principalmente le pratiche che arrecano pregiudizio ai consumatori; ritiene che il consumatore non debba essere fuorviato per quanto riguarda il contenuto e le funzioni di un prodotto o di un servizio e che a un prodotto o a un servizio debbano pertanto essere ascritte solo qualità, effetti o origini che, su richiesta, possano essere comprovati;
7. ritiene che il principio generale di correttezza debba basarsi su criteri precisi ed obiettivi per evitare che vi siano differenze di interpretazione da una legislazione o una giurisprudenza nazionale all'altra e propone che le pratiche commerciali sleali siano definite contrarie ai requisiti in materia di "buona fede", conformemente alle disposizioni contenute nella direttiva 93/13/CEE concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori(2);
8. sottolinea la necessità di mettere i consumatori nella condizione di poter fare una scelta informata; pone dunque l'accento sull'esigenza di far figurare tra i criteri di correttezza l'obbligo di fornire sistematicamente al consumatore, in una lingua a lui nota e accessibile a tutti, comprese le persone con disabilità, un'informazione preliminare sugli aspetti fondamentali per la sua salute e la sua sicurezza economica, che verta almeno su:
–
la natura dei beni e dei servizi forniti,
–
la presenza di sostanze pericolose nei prodotti di consumo,
–
nel caso dei generi alimentari, l'esatto contenuto e l'origine,
–
il prezzo in euro e in valuta locale, al di fuori della zona euro, tasse comprese,
–
le eventuali spese di consegna,
–
le modalità di fornitura e di esecuzione,
–
le condizioni di recesso, sostituzione e rimborso,
–
l'identità e l'indirizzo del fornitore, nonché tutti i dati necessari per contattarlo,
–
informazioni esaustive circa la garanzia del prodotto e le condizioni dell'assistenza postvendita,
–
l'adesione eventuale a un codice di condotta,
–
le vie di ricorso esistenti,
–
la presentazione delle informazioni in modo chiaro e visibile;
9. reputa opportuno, affinché si possa disporre di un corpus unico di norme generali armonizzate, incorporare nella direttiva quadro talune disposizioni provenienti dalle direttive esistenti, come ad esempio le prescrizioni sulla pubblicità ingannevole;
10. considera essenziale la necessità di definire come sleale qualsiasi comportamento commerciale inteso ad approfittare della vulnerabilità fisica o mentale, occasionale o permanente, dovuta in particolare all'età, alla malattia, allo stato mentale o al basso livello di istruzione di un consumatore o di un gruppo di consumatori;
11. ritiene che debba inoltre essere ritenuto sleale, senza pregiudizio delle disposizioni specifiche applicabili ai consumatori vulnerabili, qualsiasi comportamento commerciale assimilabile ad una costrizione, fisica o morale, e, in particolare, le molestie o le intimidazioni, la minaccia o il ricorso alla forza, e ad un atteggiamento ostruzionistico, quale la prassi di ostacolare il consumatore nel passaggio ad un altro fornitore;
12. suggerisce che la direttiva quadro sia corredata di una "lista nera", non esauriente, delle prassi considerate come lesive degli interessi dei consumatori, che dovrebbe essere periodicamente aggiornata con l'aiuto delle associazioni dei consumatori ai livelli appropriati negli Stati membri;
13. propone che la direttiva quadro enunci i principi applicabili nel caso di un procedimento giudiziario, in particolare per quanto attiene alla competenza territoriale e alla legge applicabile quando la sede sociale dell'impresa cui viene contestata una pratica sleale si trova in uno Stato membro diverso da quello in cui risiede il consumatore che si presume abbia subito un danno;
14. raccomanda che la direttiva quadro contenga, oltre ad una clausola di ordine generale, fattispecie concrete di pratiche commerciali sleali;
15. si dichiara favorevole a portare avanti, con gli Stati membri e le parti interessate, una riflessione sulle nuove forme di regolamentazione e, in particolare, sulla coregolamentazione e l'autoregolamentazione; esprime una preferenza per la coregolamentazione quando si opta per queste nuove forme come complemento delle misure legislative, in quanto ciò permetterebbe al Parlamento europeo e al Consiglio di essere associati alla definizione degli obiettivi e assicurerebbe procedure aperte e trasparenti, con la consultazione dell'industria e dei consumatori;
16. insiste sulla necessità di accertarsi della rappresentatività delle parti interessate all'approccio di regolamentazione;
17. ritiene che la coregolamentazione e l'autoregolamentazione debbano conservare un carattere sussidiario rispetto alle norme comunitarie, e che il loro obiettivo debba limitarsi alla produzione di disposizioni complementari, meglio adattate agli interessi dei consumatori nei settori in questione;
18. caldeggia l'introduzione di codici di condotta su scala comunitaria;
19. ritiene che le proposte volte a regolamentare, a livello dell'Unione europea, i codici di condotta siano insufficienti;
20. afferma, allo scopo di garantire la certezza giuridica delle relazioni commerciali fra le imprese e i consumatori, che il mancato rispetto di un impegno volontario risultante dall'adesione facoltativa a un codice di condotta debitamente convalidato dalle autorità comunitarie deve essere considerato come una prassi sleale ai sensi della direttiva quadro;
21. considera, sempre tenuto conto delle esigenze di certezza giuridica, che non sia opportuno favorire la messa in atto di semplici raccomandazioni non vincolanti;
22. esorta la Commissione a valutare le esperienze maturate in materia di cooperazione volontaria, ad esempio nei paesi nordici o in ambito OCSE, e ad istituire un quadro giuridico e controlli efficaci per la cooperazione fra le autorità incaricate di applicare la regolamentazione nel settore delle pratiche commerciali; invita la Commissione ad approfondire gli elementi che dovrebbe contenere una direttiva quadro e a discuterne il contenuto con gli Stati membri, oltre che con le associazioni dei consumatori e le organizzazioni professionali interessate;
23. chiede alla Commissione di proseguire la consultazione avviata su tale punto con gli Stati membri, cui dovranno essere associate le parti interessate;
24. invita la Commissione ad elaborare una proposta per la creazione di quadri di cooperazione in materia di esecuzione entro la metà del 2004;
25. suggerisce la creazione di basi di dati destinate a favorire lo scambio di informazioni fra gli Stati membri;
26. suggerisce la creazione di una rete d'allarme armonizzata che consenta agli Stati membri di intraprendere azioni coordinate, intese a far rispettare le norme comunitarie in vigore;
27. raccomanda che la Commissione si basi sulle prassi vigenti organizzando riunioni periodiche con le autorità degli Stati membri per esaminare come funzionano nella pratica le direttive generali e particolari;
28. chiede alla Commissione di presentare in tempi rapidi un progetto di direttiva quadro, tenendo conto dei pareri degli esperti nazionali e delle parti interessate;
29. raccomanda che la Commissione organizzi riunioni periodiche intese a consentire agli Stati membri di scambiarsi le rispettive migliori prassi, garantendo una trasposizione efficace e coerente delle norme UE concernenti la tutela dei consumatori;
30. invita la Commissione a pubblicare e a distribuire una guida del consumatore di facile lettura per informare i consumatori dei loro diritti;
31. invita la Commissione ad assicurare che le iniziative volte a dar seguito al Libro verde siano quanto più possibile discusse parallelamente alla proposta di regolamento sulla promozione delle vendite;
32. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai parlamenti degli Stati membri.
Risoluzione del Parlamento europeo sulle prospettive della tutela giuridica dei consumatori alla luce del Libro verde sulla tutela dei consumatori nell'Unione europea (COM(2001) 531 - C5-0294/2002 - 2002/2150(COS))
– visto il Libro verde della Commissione sulla tutela dei consumatori nell'Unione europea (COM(2001) 531),
– vista la comunicazione della Commissione sul seguito del Libro verde sulla tutela dei consumatori nell'Unione europea (COM(2002) 289),
– visto il parere del Comitato economico e sociale sul Libro verde(1),
– vista la proposta di risoluzione presentata da Salvador Garriga Polledo su una Corte arbitrale europea in materia di consumo (B5-0108/2002),
– visti gli articoli 95 e 153 del trattato CE,
– visto l'articolo 47, paragrafo 1 del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione giuridica e per il mercato interno (A5&nbhy;0054/2003),
A. considerando che dopo 10 anni di funzionamento del mercato interno il dispositivo normativo non è ancora stato completato in tutti i settori,
B. considerando che il mercato interno costituisce un successo economico ma che il consumatore non ne beneficia ancora pienamente,
C. considerando che il numero delle relazioni giuridiche transfrontaliere continuerà ad aumentare anche, tra l'altro, a motivo dell'accelerazione delle comunicazioni elettroniche, della presenza di banconote e monete in euro e dell'ampliamento dell'Unione,
D. considerando che il trattato CE ha come obiettivo un elevato livello di tutela dei consumatori,
E. considerando che non esiste alcuna incompatibilità tra il completamento del mercato interno e la realizzazione di un elevato livello di tutela dei consumatori,
F. considerando che il perseguimento di questi due obiettivi può e deve avvenire in modo tale che essi si sostengano reciprocamente in modo efficace,
G. considerando che, salvo per quanto concerne le misure di sostegno, di integrazione o di controllo della politica degli Stati membri, l'azione legislativa relativa alla tutela dei consumatori a livello comunitario si fonda sulle norme del mercato interno,
H. considerando che il completamento del mercato interno consiste tra l'altro nell'eliminare gli ostacoli giuridici alla libera circolazione, sia per quanto riguarda l'attività professionale che la vita quotidiana del cittadino-consumatore,
I. considerando che un intervento dell'Unione a norma del principio di sussidiarietà è giustificato solo in caso di comprovati ostacoli rilevanti ai rapporti giuridici transfrontalieri,
J. considerando che la legislazione europea e nazionale nonché la loro coerenza devono dare al consumatore fiducia nello status giuridico e nella sicurezza giuridica delle transazioni transfrontaliere,
K. considerando che il consumatore deve poter contare su possibilità efficaci e abbordabili di composizione delle controversie in materia di transazioni transfrontaliere,
L. considerando che la tutela dei consumatori e la promozione di pratiche commerciali leali tra concorrenti rappresentano spesso le due facce di una stessa medaglia giuridica,
M. considerando che in molte piccole e medie imprese esiste una certa riluttanza ad esercitare un'attività transfrontaliera per le stesse ragioni che frenano la fiducia dei consumatori,
N. considerando che la legislazione comunitaria deve essere precisa, semplice ed efficace, deve offrire sicurezza giuridica, deve essere preferibilmente di elevata qualità legislativa e poter rispondere alle sfide di un mercato in rapida evoluzione ed essere facilmente recepibile negli ordinamenti giuridici degli Stati membri per evitare che i consumatori la avvertano quale corpo estraneo, pregiudicando l'accettazione del diritto comunitario,
O. considerando che oltre, agli ostacoli giuridici, esistono altri ostacoli che dissuadono il consumatore dal fare acquisti all'estero, tra cui le barriere linguistiche, la distanza geografica, la diversa cultura dei consumatori e la durata del viaggio; riconoscendo che sono questi i limiti naturali dell'integrazione del mercato che la normativa europea non può e non intende modificare, e che prima di intervenire in via legislativa è opportuno identificare gli ostacoli reali e quantificare il loro impatto sugli scambi transfrontalieri,
1. si compiace per l'elaborazione del Libro verde, che invita tutti gli interessati a riflettere e a consultarsi sul futuro sviluppo della tutela dei consumatori nel settore delle pratiche commerciali e, in particolare, sulle possibilità di migliorare il funzionamento del mercato interno delle imprese e dei consumatori (le cosiddette relazioni imprese-consumatori);
2. è convinto dell'opportunità di non limitare il campo di applicazione degli strumenti che la Commissione intende utilizzare e la valutazione dell'impatto delle misure previste alle cosiddette relazioni imprese-consumatori, tanto più che non è ovvia la separazione tra le relazioni imprese-consumatori e imprese-imprese e, probabilmente, ciò non è compatibile con gli obiettivi di una legislazione semplice e coerente e della certezza del diritto;
3. ritiene che l'adozione di un regime uniforme di protezione giuridica che copra l'intera gamma delle transazioni economiche effettuate sul mercato interno e il consolidamento della fiducia dei consumatori sia indispensabile per la realizzazione di e-Europe, in particolare nel contesto degli scambi transfrontalieri;
4. constata che a livello comunitario si registrano notevoli progressi in materia di tutela dei consumatori, ma che, per conquistare la fiducia del consumatore, l'arsenale legislativo applicabile al mercato interno non deve condurre ad un'armonizzazione giuridica completa ma all'adozione di norme minime;
5. ricorda che le eventuali proposte di misure legislative scaturite dalla discussione sul Libro verde devono effettivamente condurre ad una legislazione più semplice, più comprensibile, più efficace e più facilmente applicabile;
6. condivide la tesi secondo cui l'armonizzazione massima può costituire uno strumento efficace per ovviare alla frammentazione delle norme applicabili nel mercato interno in materia di pratiche commerciali e di tutela del consumatore, facilitando così il funzionamento del mercato interno in modo da accrescere la fiducia dei consumatori; ricorda alla Commissione che l'opportunità delle disposizioni relative ad un'armonizzazione massima o minima dovrà essere adeguatamente valutata in sede di modifica delle legislazione vigente o di elaborazione di nuovi atti legislativi e comunque caso per caso;
7. sottolinea che l'armonizzazione massima deve orientarsi verso un elevato livello di tutela dei consumatori, il che costituisce uno degli obiettivi del trattato e una condizione per promuovere la fiducia dei consumatori;
8. è convinto che il principio del riconoscimento reciproco e del diritto dello Stato membro di origine può essere applicato con la massima soddisfazione di tutti solo se si raggiunge un livello di armonizzazione sufficiente e un livello di tutela elevato;
9. è favorevole all'elaborazione di un quadro giuridico coerente ed esprime la sua preferenza, sulla base dei dati disponibili attualmente e alle condizioni di cui in appresso, per il cosiddetto "approccio misto", anziché per il mantenimento dell'approccio basato su una serie di direttive specifiche spesso prive di organicità;
10. ritiene che l'eventuale direttiva quadro debba essere in ogni caso integrata da direttive o regolamenti specifici, ma è necessario chiarire con assoluta esattezza la relazione tra la direttiva quadro e le direttive e i regolamenti specifici;
11. ritiene che sia necessario precisare la relazione tra la direttiva quadro e il diritto contrattuale;
12. ritiene che l'obiettivo della coerenza, della semplificazione e della comprensibilità presuppone che l'esame delle modifiche alle attuali direttive specifiche si svolga contestualmente all'esame di una proposta di direttiva quadro, di modo che il legislatore possa disporre di un quadro esaustivo ed accertarsi che il pacchetto legislativo semplifichi effettivamente il mercato interno invece di renderlo ancora più complesso;
13. non esclude che possa essere opportuno inserire nella direttiva quadro una clausola generale basata sul principio di vietare le pratiche commerciali sleali, ma sottolinea la necessità di una definizione chiara di cosa si intende per pratiche sleali avvalorata dal parere di esperti; ribadisce, tuttavia, che l'esecuzione di una tale direttiva quadro si tradurrà in uno snellimento, una semplificazione e un miglioramento della normativa garantendo, nel contempo, la certezza del diritto sia per i consumatori che per le imprese;
14. propone, al fine di facilitarne l'interpretazione, che la direttiva quadro sia accompagnata da una lista nera, non esaustiva, delle pratiche considerate lesive degli interessi dei consumatori;
15. parte dal presupposto che una direttiva quadro comprende le definizioni dei termini fondamentali del diritto dei consumatori;
16. aderisce all'idea della Commissione di creare una base legislativa uniforme in seno alla direttiva quadro in cui figurino i codici di condotta europei;
17. ritiene necessario, sotto il profilo della certezza del diritto e della legittimità democratica, che l'utilizzazione dei codici di condotta europei in materia di tutela dei consumatori avvenga nel rispetto delle seguenti condizioni:
a)
un codice di condotta può essere soltanto integrativo e non può in alcun caso sostituirsi alla legislazione;
b)
esso deve essere elaborato su base volontaria;
c)
esso è applicabile soltanto alle persone giuridiche che l'hanno sottoscritto;
d)
l'effetto vincolante di un codice di condotta deve essere garantito dall'introduzione della norma secondo cui la violazione di un codice di condotta liberamente accettato è equiparata ad una pratica sleale ed è conseguentemente sanzionata dall'autorità competente (arbitraggio o tribunale);
18. si pone degli interrogativi giuridici fondamentali e chiede pertanto un ulteriore esame approfondito del meccanismo di approvazione proposto dalla Commissione che potrebbe portare a una contestabile presunzione di legittimità dei codici di condotta, in quanto:
a)
ciò non consente una valutazione generale del diritto, per cui verrebbe dato agli attori del mercato un falso sentimento di certezza giuridica;
b)
ciò crea confusione nel consumatore, che deve poter distinguere tra i codici di condotta approvati e quelli non approvati e che deve anche poterne valutare correttamente l'importanza;
c)
ciò pregiudica la flessibilità dello strumento "codice di condotta";
19. raccomanda l'elaborazione di norme per una migliore applicazione del diritto comunitario nelle relazioni transfrontaliere e conviene che il mercato interno richiede un monitoraggio coordinato del mercato;
20. sostiene pertanto l'idea di una cooperazione intergovernativa tra le autorità nazionali competenti che possa effettivamente favorire lo scambio reciproco di informazioni e una collaborazione reciproca sui casi concreti;
21. esorta la Commissione a fornire informazioni precise in merito alla natura degli ostacoli incontrati, a quantificarne l'impatto sugli acquisti transfrontalieri e, su questa base, a continuare le consultazioni con tutte le parti interessate, sia sul piano della produzione e della distribuzione sia con i rappresentanti delle PMI e delle organizzazioni dei consumatori;
22. ribadisce la sua richiesta di un approccio coerente alla direttiva quadro sulla tutela dei consumatori e al regolamento concernente la promozione delle vendite, che devono integrarsi in modo perfettamente organico;
23. chiede alla Commissione di concretizzare l'intenzione di fare appello ad esperti per elaborare uno studio preliminare e di realizzare lo studio approfondito di impatto previsto nel suo programma di lavoro 2002-2003 prima di presentare delle proposte legislative;
24. invita la Commissione ad elaborare uno studio d'impatto particolareggiato sull'opportunità dell'approccio dell'armonizzazione massima e, finché tale studio non sarà disponibile, a indicare caso per caso per ogni proposta i motivi per la scelta di una particolare opzione;
25. invita la Commissione ad effettuare una consultazione vasta e mirata che garantisca la massima partecipazione delle parti interessate;
26. si riserva di emettere una valutazione definitiva soltanto quando saranno disponibili le necessarie informazioni complementari e proposte concrete;
27. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione nonché ai parlamenti degli Stati membri e dei paesi candidati.
– viste le sue precedenti risoluzioni sulla Cambogia,
– visto l'accordo di cooperazione CE-Cambogia entrato in vigore il 1° novembre 1999(1),
– vista la comunicazione della Commissione in materia di assistenza e monitoraggio delle elezioni da parte dell'UE (COM(2000) 191),
– visto il documento strategico CE-Cambogia 2000-2003,
– vista la dichiarazione della Presidenza, a nome dell'Unione europea, del 1° marzo 2002, sulle elezioni comuni in Cambogia,
– viste le osservazioni fatte dalla delegazione dei deputati del Parlamento europeo, dopo la loro visita in Cambogia dall'11 al 14 settembre 2002,
– vista la relazione del Rappresentante speciale del Segretario generale dell'ONU per i diritti umani in Cambogia,
A. considerando che le elezioni politiche avranno luogo il 27 luglio 2003, segnando un altro importante passo verso il processo di democratizzazione del paese,
B. allarmato dalla violenza contro gli attivisti politici, soprattutto dell'opposizione,
C. considerando che il principale partito dell'opposizione ha denunciato irregolarità nel processo di registrazione degli elettori e che sono stati espressi timori di intimidazione,
D. rilevando che le cifre della commissione elettorale nazionale, le quali evidenziano che più del 90% degli elettori cambogiani si sono iscritti per votare alle elezioni politiche, sono ampiamente contestate dall'opposizione che le ritiene molto esagerate,
E. preoccupato per la decisione del governo del gennaio 2003 di negare ai gruppi cristiani la possibilità di presentare propaganda religiosa in pubblico e rilevando la difficoltà di registrazione per i monaci buddisti,
F. considerando che il governo cambogiano ha deciso di chiudere le proprie frontiere con la Thailandia,
G. considerando che la distruzione dell'ambasciata thailandese e di negozi thailandesi a Phnom Penh, avvenuta il 29 gennaio 2003, ha evidenziato l'instabilità della situazione per quanto riguarda la sicurezza e il clima di xenofobia selettiva,
H. considerando che il governo ha cercato di usare questi fatti contro il leader dell'opposizione Sam Rainsy,
I. preoccupato dal fatto che manchi la volontà politica del governo di porre fine alla prostituzione infantile nel paese e al traffico di esseri umani verso, all'interno e dalla Cambogia, destinati al lavoro forzato, compresi la prostituzione, l'accattonaggio e l'adozione, che permangono un grosso problema,
J. profondamente preoccupato dall'impunità concessa a persone, soprattutto provenienti dall'Europa, che abusano sessualmente dei bambini,
K. considerando che le autorità cambogiane continuano a negare la protezione di base a molti appartenenti alla minoranza Montagnard degli altopiani centrali del Vietnam, che hanno cercato asilo di Cambogia, agendo in collusione con le autorità vietnamite per il loro rimpatrio in un paese in cui andranno incontro a probabile persecuzione,
L. considerando che la Cambogia ha ratificato il trattato sulla Corte penale internazionale,
M. considerando che, lo scorso anno, difensori dei diritti umani, giornalisti dell'opposizione e mezzi di informazione indipendenti sono stati oggetto in misura crescente di intimidazioni, arresti e omicidi, gli autori dei quali non sono mai stati consegnati alla giustizia,
N. considerando che i mezzi di informazione elettronici permangono sotto il controllo di persone e società affiliate al Partito del popolo cambogiano del Primo Ministro Hun Sen,
O. ricordando che la Cambogia è il maggior beneficiario di aiuti pro capite,
1. condanna gli atti di violenza e intimidazione che si verificano durante il periodo preelettorale e invita il governo cambogiano a prendere misure immediate contro l'impunità diffusa, tra l'altro assicurando che i casi credibili di violenza politica siano investigati;
2. esorta il governo della Cambogia a garantire elezioni libere ed eque, senza intimidazioni e soprusi;
3. chiede che tutti partiti siano in grado di verificare l'accuratezza degli elenchi elettorali molto prima che abbiano inizio le operazioni di voto;
4. invita il governo cambogiano a garantire che la campagna elettorale e lo scrutinio abbiano luogo in un'atmosfera pacifica;
5. invita la Commissione a inviare un messaggio chiaro, per il tramite dei suoi due rappresentanti nella regione, in cui si ribadisca che, affinché le elezioni possano essere considerate libere, eque e democratiche, devono essere salvaguardate le vite dei leader dell'opposizione, pena la cancellazione dell'accordo di cooperazione con l'UE;
6. invita il Consiglio e la Commissione a inviare una missione di osservatori dell'UE che seguano le elezioni politiche e chiede che la missione sia composta da un numero sufficiente di membri e arrivi in Cambogia per tempo, al fine di garantire che lo scrutinio si svolga secondo le regole;
7. invita il governo della Cambogia a rispettare la libertà di espressione e la libertà di religione e a ritornare sulla sua decisione di vietare ai gruppi cristiani di presentare la propaganda religiosa in pubblico;
8. chiede che i candidati di tutti i gruppi politici godano di piena libertà di espressione politica e di pari accesso ai mezzi d'informazione, in particolare a quelli di Stato;
9. condanna la decisione unilaterale e inaspettata del governo di Phnom Penh di chiudere tutti i valichi con la Thailandia ed esprime la preoccupazione che tale chiusura comprometta i mezzi di sostentamento di decine di migliaia di poveri cittadini cambogiani;
10. invita tutti i leader responsabili ad adoperarsi per l'annullamento di tale decisione e l'apertura di negoziati seri con il governo al fine di normalizzare quanto prima possibile le relazioni fra i due paesi;
11. chiede alle autorità cambogiane di prendere tutte le misure necessarie per mettere fine all'abuso di bambini e alla prostituzione infantile e di consegnare i responsabili alla giustizia;
12. chiede al governo cambogiano di cooperare pienamente con l'Alto Commissario dell'ONU per i rifugiati ai fini della protezione della minoranza dei Montagnard;
13. chiede un impegno proattivo da parte dei rappresentanti dell'UE a Phnom Pehn per quanto riguarda il miglioramento dei diritti umani e civili in Cambogia e che gli aiuti comunitari siano ad esso subordinati;
14. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi degli Stati membri dell'ASEAN nonché al governo e al parlamento della Cambogia.
– viste le sue precedenti risoluzioni sulla Birmania, in particolare quella dell"11 aprile 2002(1),
– viste la posizione comune 96/635 PESC(2) relativa alla Birmania/Myanmar del 28 ottobre 1996 e la posizione comune 2002/831/PESC(3) del 21 ottobre 2002, nonché la dichiarazione UE 6474/03 del 18 febbraio 2003,
– visto il regolamento (CE) n. 552/97 del Consiglio del 24 marzo 1997 che revoca temporaneamente i benefici derivanti dalle preferenze tariffarie generalizzate all'Unione di Myanmar(4),
– visto il regolamento (CE) n. 1081/2000 del Consiglio, del 22 maggio 2000, che vieta la vendita, la fornitura e l'esportazione in Birmania/Myanmar di attrezzature che possono essere utilizzate per la repressione interna o a fini terroristici e congela i capitali di determinate persone che ricoprono importanti cariche pubbliche sul suo territorio(5),
– vista la relazione della troika UE a seguito della visita effettuata in Birmania dall"8 al 10 settembre 2002,
A. considerando che Aung San Suu Kyi, che ha avviato nell'ottobre 2000 colloqui con il Consiglio di Stato per la pace e lo sviluppo (SPDC) per risolvere i problemi politici del paese, è stata rilasciata dagli arresti domiciliari nel maggio 2002, ma è sottoposta a crescenti vessazioni e intimidazioni da parte delle autorità birmane, come lo sono quanti desiderano vederla e ascoltarla,
B. considerando che in diversi penitenziari birmani sono tuttora detenuti più di 1200 prigionieri politici, che sono sottoposti a varie forme di maltrattamenti e torture e non hanno accesso a un'alimentazione adeguata e a strutture sanitarie,
C. considerando che arresti recentemente effettuati nel paese evidenziano una chiara motivazione politica, in particolare quelli del Segretario generale della SNLD (Shan Nationalities League for Democracy) e di una serie di membri della NLD (National League for Democracy), il partito di Aung San Suu Kyi,
D. considerando che nel novembre 2002 l'assemblea generale delle Nazioni Unite ha sollecitato con urgenza lo SPDC, affinché assicuri che i contatti con Aung San Suu Kyi e altri leader della NLD assumano senza indugio la forma di un dialogo sostanziale e strutturato ai fini della democratizzazione e della riconciliazione nazionale, e ha deplorato le continue violazioni dei diritti umani, in particolare quelle ai danni degli appartenenti a minoranze etniche e religiose e delle donne in Birmania, e la negazione della libertà di religione,
E. considerando che l'OIL è stata in grado di aprire, nell'ottobre 2002, un ufficio di collegamento a Rangoon,
F. considerando che non è successo nulla da quando, nel luglio 2002, lo SPDC ha comunicato all'Inviato speciale delle Nazioni Unite Tan Sri Razali Ishmael che i colloqui con Aung San Suu Kyi sarebbero iniziati di lì a poco;
G. considerando che l'esercito birmano sta continuando a perpetrare gravi violazioni dei diritti umani ai danni delle diverse etnie della popolazione civile, quali le popolazioni Arakan, Chin, Kachin, Karen, Karenni, Shan, e Mon, compresi percosse, stupri, distruzione di riserve alimentari, trasferimenti forzati, lavoro forzato, esecuzioni sommarie e sparizioni,
H. considerando che i leader delle diverse etnie, riuniti a Copenaghen nel settembre 2002, si sono detti nuovamente disposti a decretare un cessate i fuoco a livello nazionale e a negoziare una soluzione politica pacifica con la NLD e lo SPDC mediante un dialogo tripartitico basato sui principi dell'accordo di Panglong del 1947, ossia uguaglianza, partecipazione volontaria e democrazia,
I. considerando che il 28 gennaio 2003 l'UE ha invitato il viceministro degli affari esteri Khin Maung Win, dello SPDC, a partecipare a Bruxelles alla riunione dei ministri UE-ASEAN,
J. considerando che l"11 febbraio 2003 il primo ministro thailandese Thaksin Shinawatra, dopo una visita a Rangoon, ha annunciato che il generale Than Shwe aveva accettato l'offerta della Thailandia di tentare di persuadere le etnie che lottano contro Rangoon di partecipare al tavolo negoziale,
K. considerando che il 18 febbraio 2003 la Presidenza dell'UE ha dichiarato che la repressione, gli arresti politici e la detenzione in Birmania sono aumentati malgrado la presenza dell'OIL, i tentativi dell'inviato speciale delle Nazioni Unite di promuovere un dialogo e la visita di Amnesty International,
L. considerando che la Birmania sta attraversando attualmente una crisi del settore bancario generata dalle non trasparenti pratiche bancarie e dal "capitalismo delle amicizie" e che gli investimenti europei in Birmania sono significativi, in particolare nel settore del petrolio e del gas,
M. considerando che gran parte dei nuovi investimenti stranieri in Birmania ha luogo mediante imprese appoggiate dai militari e che la Federazione internazionale dei Sindacati dei Lavoratori della Chimica, dell'Energia, delle Miniere e delle Industrie in generale ha invitato le compagnie del settore del petrolio e del gas a porre fine agli investimenti in Birmania fintanto che nel paese si continuerà a far ricorso al lavoro forzato,
N. considerando che la Confederazione Internazionale dei Sindacati Liberi (ICFTU) ha chiesto che alla Birmania vengano imposte sanzioni economiche e ha pubblicato un elenco di imprese che investono in Birmania,
O. considerando che l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, responsabile per la protezione e l'appoggio ai rifugiati in Bangladesh, ha deciso di ritirare gradualmente le sue attività dal Bangladesh a partire dal giugno 2003 in vista della chiusura del suo ufficio ivi situato,
P. ribadendo la sua condanna del mancato rispetto dei risultati delle elezioni del maggio 1990 e il mantenimento del regime militare e deplorando che alla commissione rappresentante il Parlamento popolare creata nel 1998, che rappresenta il Parlamento eletto nel 1990, non è stato ancora concesso di riunirsi,
1. sollecita lo SPDC a riprendere il processo di dialogo con Aung San Suu Kyi al fine di risolvere i molti problemi critici che la Birmania sta affrontando, tra cui la crisi bancaria;
2. invita lo SPDC a mostrare il suo impegno nei confronti del processo di dialogo politico ponendo fine alle vessazioni ai danni della Union Solidarity Development Association e alle intimidazioni ai danni di Aung San Suu Kyi, delle persone che desiderano vederla o ascoltarla e del movimento birmano per la democrazia in generale;
3. sollecita lo SPDC a dimostrare in modo convincente la sua intenzione di pervenire alla riconciliazione nazionale appoggiando pienamente gli sforzi del primo ministro thailandese Thaksin volti alla mediazione tra lo SPDC e le varie etnie;
4. sollecita il governo reale thailandese a promuovere i negoziati consentendo ai leader delle nazionalità etniche di riunirsi in Thailandia per discutere del loro futuro e ricercare una risposta all'offerta di mediazione del primo ministro thailandese;
5. sollecita in particolare lo SPDC affinché risponda all'offerta di cessate il fuoco a livello nazionale e di negoziazione di una soluzione politica da parte dei leader delle nazionalità etniche, sulla base dei principi dell'accordo di Panglong del 1947;
6. sollecita lo SPDC affinché rilasci immediatamente e incondizionatamente Sai Nyunt Lwin, il Segretario generale della SNLD, arrestato il 6 febbraio 2003, e ponga fine alle restrizioni imposte alla libertà di movimento e associazione di altri leader politici, di nazionalità birmana o di altra nazionalità etnica;
7. esorta il governo militare a liberare senza precondizioni tutti i prigionieri politici ancora in carcere, a cominciare con il rilascio immediato di coloro che hanno già scontato la pena;
8. esorta lo SPDC a migliorare le spaventose condizioni nelle prigioni e nei campi di lavoro, assicurando ai detenuti un'alimentazione sufficiente e un'adeguata assistenza sanitaria;
9. sottolinea la necessità di una rigorosa attuazione della legge dell'ottobre 2000 sul divieto del lavoro forzato e sulla cessazione definitiva di questa prassi diffusa; esorta lo SPDC a consentire all'OIL il libero accesso alle zone del paese in cui è stato segnalato il ricorso al lavoro forzato;
10. sollecita lo SPDC a porre fine al ricorso sistematico allo stupro contro le donne di minoranze etniche quale strumento di repressione; invita la Commissione a denunciare questa pratica dinanzi alle Nazioni Unite ed esige l'avvio di un'indagine internazionale indipendente;
11. invita la Commissione ad assicurare che il sostegno agli aiuti umanitari distribuiti nelle regioni più bisognose avvenga senza l'ingerenza politica dei militari e a garantire che siano coinvolte organizzazioni non governative internazionali;
12. esorta lo SPDC a porre immediatamente fine a tutte le violazioni dei diritti umani da parte dell'esercito birmano, dei servizi segreti militari, della polizia e di altre forze di sicurezza, tra cui il diffuso ricorso alla tortura, agli sfollamenti coatti, al lavoro forzato e alle esecuzioni extragiudiziali e sommarie, assicurando i responsabili alla giustizia;
13. sottolinea la necessità che il regime militare di Rangoon comprenda che l'Unione europea non considera alcuna concessione minima come un segnale di effettivo cambiamento e insiste sull'esigenza di rafforzare la posizione comune dell'UE nell'aprile 2003 affinché preveda anche un divieto degli investimenti stranieri e altri provvedimenti;
14. invita la Commissione a portare il problema del continuo ricorso al lavoro forzato in Birmania all'attenzione dell'Organizzazione mondiale del commercio, la quale, nella propria Dichiarazione ministeriale di Singapore del dicembre 1996, rinnovava il proprio impegno al rispetto delle norme internazionali in materia di lavoro e riconosceva l'Organizzazione internazionale del lavoro quale organismo competente a definire e a gestire tali norme;
15. chiede alla Commissione di garantire che sarà evitato il rimpatrio coatto in Birmania dei musulmani Rohingya ed esorta lo SPDC a porre immediatamente fine a tutte le violazioni dei diritti umani nello stato di Rakhine;
16. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai paesi membri dell'ASEAN, ai governi di India, Cina e Giappone, alla NLD e ad Aung San Suu Kyi, al SPDC, ai leader delle nazionalità etniche della Birmania, nonché al Segretario generale delle Nazioni Unite.
- vista la sua risoluzione, approvata il 5 settembre 2002(1), in cui si opponeva alla condanna a morte per lapidazione di Amina Lawal per aver avuto un figlio al di fuori dei vincoli del matrimonio, condanna pronunciata il 22 marzo 2002 dal tribunale della sharia di Bakori, nello Stato di Katsina,
A. essendo a conoscenza del fatto che contro tale condanna a morte è stato proposto appello e che la prossima udienza si svolgerà il 25 marzo 2003,
B. ribadendo quanto già sostenuto nella citata risoluzione, e cioè che la Nigeria è ormai uno dei pochi paesi in cui una persona possa essere condannata a morte per aver avuto un'attività sessuale consensuale,
C. considerando che l'eventuale esecuzione di Amina Lawal per i reati ad essa imputati violerebbe i diritti dell'uomo, così come definiti fra l'altro nella Carta dei diritti umani fondamentali dell'ONU e nella Carta africana per i diritti dell'uomo e dei popoli,
D. considerando che, se condannata, Amina Lawal avrebbe il diritto di ricorrere in appello contro tale verdetto dinanzi a un tribunale non religioso,
E. considerando che il neo-ministro federale della Giustizia, Kanu Agabi, ha annunciato l'intenzione del governo di ricorrere in appello contro il verdetto del tribunale della sharia e ha ricordato che, in conformità della Costituzione, i musulmani devono poter beneficiare degli stessi diritti e della stessa tutela degli altri nigeriani,
1. esprime la propria opposizione categorica alla condanna a morte, in qualunque circostanza avvenga, poiché essa rappresenta l'estrema violazione del diritto alla vita garantito dal diritto internazionale, ed esorta il governo nigeriano a compiere tutti i passi necessari onde sospendere tutte le esecuzioni e porre fine al ricorso alla condanna a morte;
2. invita la Corte d'appello suprema della sharia di Katsina di rispettare gli impegni firmati dalla Nigeria nel quadro degli accordi internazionali in materia di diritti dell'uomo, e chiede pertanto che vengano annullati tutti quegli elementi della sharia che violano il diritto internazionale;
3. invita la Corte suprema della Nigeria a pronunciare un giudizio atto a riportare la legislazione regionale in linea con il diritto internazionale, che la Nigeria si è impegnata a rispettare;
4. invita il governo nigeriano a garantire che i tribunali operino nel rispetto del diritto internazionale in materia di diritti dell'uomo e della Carta dei diritti prevista dalla stessa Costituzione nigeriana;
5. ribadisce che il rispetto dei diritti dell'uomo è una delle clausole fondamentali di qualunque accordo fra l'UE e i paesi terzi;
6. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, all'Unione africana, ai copresidenti dell'Assemblea paritetica ACP-UE, al Segretario generale dell'ONU, nonché al governo e al parlamento della Nigeria.
– visti la Carta dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori del 1989 e il relativo programma d'azione,
– vista la direttiva 98/59/CE del Consiglio del 20 luglio 1998 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi(1),
– vista la direttiva 94/45/CE del Consiglio, del 22 settembre 1994, riguardante l'istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l'informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie(2),
– vista la direttiva 2002/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2002, che istituisce un quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori(3),
– viste le sue precedenti risoluzioni sulle ristrutturazioni, le fusioni, i trasferimenti e le chiusure di imprese,
A. considerando che pratiche commerciali talvolta inique sono utilizzate in questo settore in paesi che non fanno parte dell'UE,
B. considerando il gran numero di azioni di protesta poste in atto dai lavoratori interessati, dalle loro organizzazioni sindacali, dalle popolazioni nonché dalle autorità locali per difendere i posti di lavoro e la sostenibilità delle imprese,
C. considerando che l'industria tradizionale del cuoio e conciaria sta subendo un processo di ristrutturazione,
D. considerando che in vari paesi europei si assiste attualmente ad una diffusa tendenza al trasferimento di stabilimenti che, nel mero intento di ottenere guadagni speculativi a breve termine, genera disoccupazione e mette in pericolo la stabilità sociale della regione interessata,
E. considerando che la delocalizzazione a fini di ristrutturazione non riguarda solo le industrie "tradizionali", ad alta intensità di manodopera, come l'industria tessile, delle calzature o dei giocattoli, ma anche le industrie a prevalenza di capitale, come quella dell'acciaio, dei macchinari, l'industria navale e aeronautica e l'industria delle attrezzature elettroniche, nonché importanti aree del settore dei servizi, come lo sviluppo di software o i servizi finanziari, d'informazione e logistici,
F. considerando che tale problema è particolarmente acuto negli Stati membri economicamente meno sviluppati, alla luce delle delocalizzazioni, recentemente poste in atto o annunciate, di diverse imprese o comparti di imprese (C&J Clarks, Gerry Weber, Bagir, Sasimacm, Schuh-Union, Scottwool, Ecco'let, Bawo, Rohde, Philips, Yasaki Saltano, Efacec, Eres, Alcoa, Delphy, Alcatel e Eftec), il che provocherà migliaia di licenziamenti e rimetterà in questione la realizzazione della coesione economica e sociale,
G. considerando, ad esempio, che C&J Clark ha chiesto finanziamenti pubblici per un importo pari a quasi 1,7 milioni di euro per il suo stabilimento di Castelo de Paiva, nella regione di Aveiro (Portogallo), e che, a seguito di una riorganizzazione, ha licenziato negli ultimi due anni 1.056 lavoratori nei suoi due impianti di Castelo de Paiva e Arouca, nella stessa regione, e ha proceduto a numerose chiusure altrove nell'UE; considerando inoltre che tale impresa aveva firmato un accordo contrattuale con le autorità locali per mantenere la produzione nello stabilimento di Castelo de Paiva almeno sino al 2007,
1. ritiene che gli aiuti derivanti dal finanziamento pubblico dovrebbero essere legati ad accordi di lungo termine firmati dalla direzione dell'impresa nei settori dell'occupazione e dello sviluppo locale;
2. sollecita di conseguenza la Commissione a rifiutare la concessione di aiuti nell'ambito di programmi comunitari alle imprese che non rispettano gli impegni sopra indicati, che utilizzano male i sussidi agli investimenti o che sovvenzionano direttamente o indirettamente delocalizzazioni all'interno dell'Unione; chiede in particolare che sia rifiutato il sostegno comunitario alle imprese che, dopo averne beneficiato in uno Stato membro, trasferiscono le loro unità produttive in un altro paese senza rispettare integralmente i contratti firmati con lo Stato membro in questione;
3. chiede alla Commissione di elaborare un codice di condotta volto ad evitare delocalizzazioni di imprese sovvenzionate che comportino il trasferimento di posti di lavoro da uno Stato membro all'altro, nonché lo spostamento di imprese dall'UE ai paesi candidati con il solo obiettivo di ottenere un sostegno finanziario da parte dell'UE e di beneficiare della forza lavoro più economica di tali paesi;
4. si aspetta che, quando concede un sostegno a titolo dei Fondi strutturali, la Commissione si assicuri che esso sia subordinato a garanzie di occupazione a lungo termine;
5. chiede alla Commissione di predisporre e di mantenere aggiornato un registro sugli atti lesivi della concorrenza e sulle inadempienze contrattuali da parte delle imprese che beneficiano direttamente o indirettamente di incentivi pubblici, in relazione ad operazioni di trasferimento di attività, all'interno o all'esterno dell'Unione, onde valutarne la conformità e decidere in merito all'eventuale imposizione di sanzioni;
6. chiede alla Commissione di invitare l'Osservatorio europeo sul cambiamento (EMCC) a prestare particolare attenzione allo studio delle delocalizzazioni, in vista della definizione di politiche atte a neutralizzare gli effetti negativi che ne risultano;
7. raccomanda alla Commissione una seria ed attenta vigilanza sugli attuali processi di chiusura e delocalizzazione di imprese, nonché di adottare con urgenza misure concrete di sostegno ai lavoratori e di ripresa economica nelle regioni interessate;
8. chiede alla Commissione nonché agli Stati membri di ritirare le sovvenzioni provenienti dai programmi di sostegno e di pretendere dalle imprese che non rispettano i loro obblighi il rimborso delle sovvenzioni versate;
9. chiede alla Commissione di verificare se le imprese C&J Clarks, Gerry Weber, Bagir, Sasimacm, Schuh-Union, Scottwool, Ecco'let, Bawo, Rohde, Philips, Yasaki Saltano, Efacec, Eres, Alcoa, Delphy, Alcatel e Eftec hanno osservato le disposizioni delle citate direttive 94/45/CE e 98/59/CE;
10. ricorda che, in altri casi in cui i licenziamenti collettivi sembravano rappresentare l'unica soluzione alla crisi di un'impresa, i negoziati con i dipendenti hanno contribuito alla definizione di piani alternativi che hanno permesso di salvare posti di lavoro;
11. raccomanda pertanto che la direzione delle imprese interessate individui, unitamente ai rappresentanti dei lavoratori e alle autorità locali, soluzioni alternative intese a salvaguardare i posti di lavoro; chiede alla Commissione di considerare, in collaborazione con le autorità locali coinvolte, un utilizzo efficace e mirato del Fondo sociale europeo ai fini della formazione professionale e della riconversione dei lavoratori interessati;
12. ritiene che, in settori minacciati dalla concorrenza globale, le imprese debbano cooperare, assistite dagli Stati membri e dalla Commissione, per sviluppare tecnologie rispondenti alle migliori prassi a livello mondiale e migliorare il valore per il consumatore;
13. sottolinea che gli investimenti nella ricerca e sviluppo, con l'impegno di stanziamenti dell'UE a titolo del Sesto programma quadro, possono essere utilizzati per sviluppare nuovi materiali, design e processi atti a riconfigurare settori industriali tradizionali;
14. esprime la propria solidarietà ai lavoratori direttamente o indirettamente colpiti dalla chiusura e, in particolare, dalla delocalizzazione di imprese;
15. chiede alle sue commissioni competenti in tale settore di valutare con attenzione il seguito che la Commissione darà alla presente risoluzione;
16. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e alle parti sociali, segnatamente a quelle legate alle imprese C&J Clark, Gerry Weber, Bawo, Bagir, Sasimac, Schuh-Union, Scottwool, Ecco'let, Bawo, Rohde, Philips, Yasaki Saltano, Efacec, Eres, Alcoa, Delphy, Alcatel e Eftec.