Risoluzione del Parlamento europeo del 15 novembre 2007 sulla risposta della UE a situazioni di fragilità nei paesi in via di sviluppo
Il Parlamento europeo,
– visti la comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni del 25 ottobre 2007 dal titolo "Verso una risposta dell'Unione alle situazioni di fragilità: l'intervento in circostanze difficili per lo sviluppo sostenibile, la stabilità e la pace" (COM(2007)0643) e il documento di lavoro della Commissione ad essa allegato (SEC(2007)1417),
– vista la dichiarazione comune del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione sulla politica di sviluppo dell'Unione europea: "Il consenso europeo", firmata il 20 dicembre 2005(1),
– visto lo Strumento di cooperazione allo sviluppo del regolamento (CE) n. 1905/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo(2),
– visto l'accordo di partenariato tra i membri del Gruppo di Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000(3) e modificato dall'accordo che modifica l'accordo di partenariato, firmato a Lussemburgo il 25 giugno 2005(4) ("accordo di Cotonou"),
– vista la politica dell'Unione africana (UA) sulla ricostruzione e lo sviluppo post conflitto approvata dagli Stati membri dell'UA al Vertice di Banjul del 25 giugno - 2 luglio 2006,
– visti i "Dieci principi per l'impegno internazionale a favore degli Stati fragili e nelle situazioni di fragilità" del gruppo degli Stati fragili del Comitato per l'aiuto allo sviluppo dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico in europa (OCSE/CAS), sottoscritti nella riunione di Alto livello dell'OCSE/CAS il 3 e 4 aprile 2007,
– vista la risoluzione dell'Assemblea generale ONU 60/1 del 24 ottobre 2005 sulla responsabilità di proteggere,
– visto l'articolo 103, paragrafo 2, del suo regolamento,
A. considerando che, dagli anni '90, gli Stati che non hanno la capacità di adempiere alle proprie funzioni "tradizionali" e di promuovere lo sviluppo e dotati di istituzioni deboli sono stati denominati "Stati fragili" dalla Banca mondiale e dalla comunità internazionale per lo sviluppo,
B. considerando che la fragilità degli Stati costituisce più un concetto empirico che un concetto normativo e rappresenta una variabile dipendente e non una condizione originale; considerando che una situazione di fragilità può verificarsi sia prima sia dopo una crisi; considerando che la responsabilità di decidere che gli Stati non sono più fragili dovrebbe essere dei rispettivi cittadini,
C. considerando che, nonostante il fatto che non esiste una definizione di lavoro univoca di questo concetto, è possibile identificare gli Stati nei quali esiste una situazione di fragilità e che il numero di quelli che la Banca mondiale ritiene "fragili" è quasi raddoppiato, passando da 14 a 26 tra il 2000 e il 2006, e che 14 di questi si trovano nell'Africa sub-sahariana,
D. considerando che è essenziale capire i fattori esterni e interni che contribuiscono alla fragilità per poter aiutare e consolidare questi Stati per il vantaggio diretto dei loro cittadini e per la pace e la prosperità regionale e globale,
E. considerando che tipi diversi di fragilità (ad esempio: facilità ad entrare in conflitto, la cosiddetta "maledizione delle risorse", una cattiva governance, territorio senza sbocchi sul mare) rendono necessari tipi diversi di interventi; considerando che un dato paese può accusare tipi diversi di fragilità, rendendo quindi difficile farlo rientrare in una categoria specifica e prendere azioni specifiche,
F. considerando che risolvere situazioni di fragilità costituisce un processo di lungo termine e rende necessario un impegno sostenuto e di lungo termine da parte sia dei paesi interessati sia della comunità internazionale,
G. considerando che l'UA ammette che la ricostruzione rappresenta un problema principalmente politico piuttosto che tecnico, sottolineando pertanto la necessità di un'autorità statale legittima, di una governance che si basi sul consenso, di un'azione positiva a favore dei gruppi vulnerabili e di una capacità locale nel quadro di una distribuzione equa del potere e della responsabilità reciproca, come sottolineato nella summenzionata politica della UA sulla ricostruzione e lo sviluppo post-conflitto,
H. considerando che le situazioni di fragilità, che spesso affondano le loro radici nella povertà e nelle cattive condizioni di vita, nei casi più estremi portano al collasso dello Stato e a un'insicurezza permanente, e considerando che la mancanza di protezione e di diritti dei cittadini dei paesi interessati rende necessaria l'azione dell'UE e della comunità internazionale, di cui deve essere il punto focale,
I. considerando che non esiste ancora una condivisione sufficiente delle esperienze atte a ricostruire uno Stato né fra i donatori né fra i paesi stessi, impedendo così il processo di apprendimento,
J. considerando che è necessario un duplice meccanismo di responsabilità: tra i donatori e i paesi beneficiari e tra questi ultimi e le rispettive popolazioni,
K. considerando che l'esistenza di una molteplicità di strumenti di finanziamento può portare il rischio di una duplicazione o di una mancata distribuzione delle risorse e rendere più difficile la responsabilità e la partecipazione di società già indebolite,
1. ritiene che la fragilità rappresenti una sfida complessa allo sviluppo e sottolinea l'esigenza di un'agenda della fragilità ben definita e coerente, basata sul principio di non fare danni, cioè che sia adeguata alla situazione e che tenga conto di considerazioni di lungo termine, e che coordini le impostazioni e gli obiettivi molteplici delle varie parti interessate alla luce dell'obiettivo principale e primordiale di ridurre la povertà e di raggiungere gli Obiettivi di sviluppo del Millennio;
2. si compiace della preparazione di una risposta UE alla fragilità e sottolinea la necessità di coinvolgere i parlamenti in tutte le fasi della strategia in parola;
3. afferma che un sistema politico democratico stabile, che renda possibile lo sviluppo, lo Stato di diritto, la protezione dei diritti umani, la buona governance e una prevenzione pacifica dei conflitti sia il modo migliore per porre termine a situazioni di fragilità e riuscire a creare istituzioni aperte e funzionanti e una classe politica decisionale efficiente ed equa;
4. sottolinea che la programmazione e le iniziative in situazioni di fragilità devono essere esaurienti e coerenti e focalizzarsi sullo sviluppo sostenibile dei paesi interessati nonché sulle popolazioni di tali paesi; ritiene che un approccio sensibile alla fragilità debba essere integrato negli strumenti e nei meccanismi esistenti e concorda pienamente che il potenziale dei documenti strategici per paese e dei programmi tematici, preparati in partenariato al fine di prevenire la fragilità, deve essere rafforzato;
5. sottolinea che le principali componenti dell'agenda sulla fragilità devono avere un triplice obiettivo, con enfasi sulla povertà, la prevenzione e l'azione a favore della povertà: promuovere la sicurezza umana, migliorare lo sviluppo e garantire la pace; sottolinea inoltre la necessità di dare un'attuazione coerente in loco a tali componenti;
6. ritiene che la pianificazione strategica di lungo termine deve essere coordinata con l'attuazione dei programmi in loco che devono rimanere flessibili e adattabili e che devono reagire alla situazione del paese in questione; invita pertanto la Commissione a promuovere lo sviluppo di lungo termine, ma anche a fornire servizi di base, quali le cure sanitarie e l'istruzione nel breve termine;
7. sottolinea che i programmi di sviluppo in situazioni di fragilità devono conformarsi agli stessi principi di fondo di quelli della programmazione allo sviluppo in qualsiasi altra situazione, vale a dire titolarità, partenariato, responsabilità e sostenibilità reciproca;
8. invita la Commissione a sostenere un dialogo politico e di pace e processi di riconciliazione onnicomprensivi e a promuovere la partecipazione delle comunità e della società civile in tutti gli aspetti del ciclo di ripresa e delle strategie di sviluppo;
9. sostiene che la pace sostenibile può essere raggiunta solo rendendo giustizia e dandone la prova visibile, in particolare per quanto riguarda i crimini di guerra e i crimini contro l'umanità; in questo contesto chiede alla Commissione di sostenere il rafforzamento dei sistemi giudiziari e giuridici degli Stati fragili, per garantire che i perpetratori di gravi crimini contro l'umanità vengano portati in giustizia, consentendo anche il progredire parallelo della giustizia e delle iniziative di riconciliazione;
10. chiede un rafforzamento dei diritti giuridici dei singoli individui, inclusi quelli dei più poveri sulle proprietà terriere; invita la Commissione a sostenere le iniziative prese nei paesi in via di sviluppo per diversificare la propria produzione agricola, consentendo loro di uscire da una situazione di economia a monoproduzione estremamente vulnerabile, evitando così situazioni di fragilità causate dal collasso economico;
11. ribadisce l'esigenza di un'iniziativa umanitaria e di sviluppo dell'UE che si affidi maggiormente a misure preventive, ai sistemi di allerta precoce e alle analisi di rischio per evitare i disastri sia naturali che causati dall'uomo che portano a situazioni di fragilità;
12. afferma che un modello esauriente sulla fragilità e lo sviluppo deve tener conto delle iniziative esistenti locali, regionali e continentali, quali la recente politica dell'UA sulla ricostruzione e lo sviluppo post conflitto, il NEPAD (New Partnership for Africa's Development), il meccanismo africano di valutazione inter pares e la Carta sulla democrazia, le elezioni e la governance in Africa; invita pertanto la Commissione a sostenere le iniziative per rafforzare la cooperazione Sud-Sud in questo settore;
13. chiede inoltre alla Commissione di garantire che non solo le parti interessate interne siano pienamente coinvolte nelle iniziative volte a superare situazioni di fragilità, ma anche che sia tenuto conto delle rispettive concezioni e definizioni di modello statale e di creazione dello Stato e che si faccia affidamento su esperti locali;
14. sottolinea il ruolo cruciale svolto dalle donne e dai gruppi vulnerabili per la promozione dello sviluppo e della pace e chiede alla Commissione di promuoverne la responsabilità, tenendo conto delle loro esigenze specifiche e della loro condizione in situazioni di fragilità;
15. si compiace del fatto che, nel quadro della strategia congiunta Africa-UE, l'UE e l'Africa svolgeranno un dialogo sul concetto di "situazioni di fragilità", volto a raggiungere una concezione comune e a decidere sulle misure da prendere, tenendo conto che questo dialogo è già previsto nel piano d'azione;
16. ricorda che ogni singolo Stato è responsabile della protezione delle sue popolazioni dal genocidio, dai crimini di guerra, dalla pulizia etnica e dai crimini contro l'umanità e che l'UE sostiene vivamente questa responsabilità di proteggere, conformemente alla risoluzione dell'Assemblea generale ONU 60/1 del 24 ottobre 2005; sottolinea che la responsabilità di proteggere include l'applicazione di minacce e di una pressione sostenuta a livello giuridico, economico e diplomatico e che gli interventi militari coercitivi non devono essere che l'ultima risorsa da mantenere sotto stretto controllo;
17. sottolinea che la soluzione di situazioni di fragilità è complessa e rende necessarie significative risorse umane e finanziarie nonché impegni di lungo termine; chiede pertanto alla Commissione e agli Stati membri di garantire che queste risorse vengano messe a disposizione in modo sufficiente, adeguato e prevedibile assicurando la coerenza tra le agenzie di donatori;
18. sottolinea che l'uso del sostegno di bilancio non è appropriato in situazioni di fragilità, nelle quali le capacità di controllo e di audit sono scarse o inesistenti; invita pertanto la Commissione a utilizzare altre forme di finanziamento in queste situazioni, a meno che essa possa fornire informazioni dettagliate sul modo in cui i fondi vengono spesi;
19. chiede alla Commissione di dare al Parlamento una mappatura dei donatori e degli attori internazionali e del tipo di attività che svolgono, per consentire il controllo dell'uso ottimale degli strumenti e delle risorse disponibili;
20. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi degli Stati membri, ai copresidenti dell'Assemblea parlamentare congiunta ACP-UE e all'Unione africana.