Risoluzione del Parlamento europeo del 18 novembre 2008 recante raccomandazioni alla Commissione sull'applicazione del principio della parità retributiva tra donne e uomini (2008/2012(INI))
Il Parlamento europeo,
– visto l'articolo 192, paragrafo 2, del trattato CE,
– visti l'articolo 2 e l'articolo 141, paragrafo 3, del trattato CE,
– vista la comunicazione della Commissione dal titolo "Combattere il divario di retribuzione tra donne e uomini", del 18 luglio 2007 (COM(2007)0424),
– vista la relazione della rete di esperti giuridici della Commissione in materia di occupazione, affari sociali e parità tra donne e uomini, del febbraio 2007, dal titolo "Aspetti giuridici del divario retributivo tra i sessi",
– visto il patto europeo per la parità di genere, adottato dal Consiglio europeo di Bruxelles del 23 e 24 marzo 2006,
– vista la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee basata sull'articolo 141 del trattato CE,
– viste le disposizioni della Convenzione sul lavoro a tempo parziale dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) del 1994, che fa obbligo agli Stati di inserire nei loro contratti di appalti pubblici una clausola relativa al lavoro che includa la parità retributiva,
– visto l'articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne, approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1979 con la risoluzione 34/180,
– visto il quadro d'azione sulla parità di genere, adottato il 1° marzo 2005 dalle parti sociali europee, e le relative relazioni di controllo,
– viste le sue risoluzioni del 13 marzo 2007 su una tabella di marcia per la parità tra donne e uomini (2006-2010)(1) e del 3 settembre 2008 sulla parità tra le donne e gli uomini – 2008(2),
– visti gli articoli 39 e 45 del regolamento,
– visti la relazione della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere e il parere della commissione per l'occupazione e gli affari sociali (A6-0389/2008),
A. considerando che nell'Unione europea le donne guadagnano in media il 15% in meno degli uomini e fino al 25% in meno nel settore privato; considerando che negli Stati membri il divario di retribuzione tra donne e uomini varia tra il 4% e più del 25% e che questo divario non tende a ridursi in modo significativo,
B. considerando che una donna deve lavorare fino al 22 febbraio (ossia 418 giorni di calendario) per guadagnare quanto un uomo guadagna in un anno,
C. considerando che l'applicazione del principio di parità retributiva per lo stesso lavoro e per un lavoro di pari valore è essenziale per conseguire la parità di genere,
D. considerando il perdurare del divario di retribuzione tra donne e uomini dimostrato dai dati esistenti, che indicano progressi assai lenti (con una riduzione dal 17% nel 1995 al 15% nel 2005), nonostante il ragguardevole corpus legislativo in vigore da più di trent'anni, i provvedimenti adottati e le risorse impiegate per cercare di ridurlo; considerando che è necessario analizzare le cause di tale divario e presentare linee d'azione finalizzate al superamento di esso e della segregazione del mercato del lavoro femminile a cui esso si accompagna,
E. considerando che in tutti gli Stati membri le donne presentano tassi di successo scolastico superiori a quelli degli uomini e rappresentano la maggioranza dei laureati, senza tuttavia beneficiare di una riduzione comparabile del divario di retribuzione,
F. considerando che il divario di retribuzione è dovuto alla discriminazione diretta e indiretta, nonché a fattori sociali ed economici, alla segregazione del mercato del lavoro e alla struttura salariale nel suo complesso, e che è anche legato a un certo numero di elementi d'ordine sia giuridico, sia sociale o economico, che vanno ben oltre la sola questione della parità di retribuzione per uno stesso lavoro,
G. considerando che il divario di retribuzione non è semplicemente basato sui differenziali retributivi orari lordi, che dovrebbe tener conto anche di elementi quali le integrazioni retributive individuali, l'inquadramento professionale, l'organizzazione del lavoro, l'esperienza professionale e la produttività, da valutarsi in termini non solo quantitativi (ore di presenza fisica sul luogo di lavoro) ma anche qualitativi, nonché in termini di impatto sugli automatismi retributivi delle riduzioni dell'orario di lavoro, dei congedi e delle assenze per motivi di salute,
H. considerando che la riduzione del divario di retribuzione era uno degli obiettivi della strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione, che tuttavia la maggior parte degli Stati membri non ha affrontato adeguatamente,
I. considerando che un miglioramento del quadro giuridico comunitario dovrebbe consentire agli Stati membri e alle parti sociali di identificare meglio le cause alla base del perdurare del divario di retribuzione tra donne e uomini,
J. considerando che le professioni e le funzioni in prevalenza femminili tendono a essere meno valorizzate rispetto a quelle in prevalenza maschili, senza che questo sia necessariamente giustificato da criteri oggettivi,
K. considerando che esiste un divario digitale di genere che ha evidenti ripercussioni a livello retributivo,
L. considerando che il regime salariale che prevede il computo degli anni di servizio nella retribuzione penalizza le donne che devono interrompere (più volte) la loro carriera a causa di fattori esterni, come le interruzioni delle attività professionali per i figli, le scelte professionali diverse o il lavoro a tempo parziale, e le colloca in una posizione di svantaggio permanente e strutturale,
M. considerando che le qualifiche e l'esperienza acquisite dalle donne sono meno remunerate di quelle degli uomini; considerando che assieme all'applicazione del concetto di "parità retributiva per lavoro di pari valore", che non deve essere influenzato da un approccio di genere stereotipato, occorre conseguire anche un superamento dei ruoli nella società che finora hanno influenzato in modo determinante le scelte a livello formativo e professionale; considerando inoltre che il congedo di maternità e il congedo parentale non devono comportare discriminazioni nei confronti delle donne nel mercato del lavoro,
N. considerando che il divario di retribuzione ha un grave impatto sullo status della donna nella vita economica e sociale per tutto il corso della sua vita lavorativa e oltre; considerando altresì che le donne danno un contributo alla società in modo anche diverso da quello occupazionale, per esempio prendendosi cura dei bambini e degli anziani, e pertanto spesso sono maggiormente a rischio di povertà e sono meno indipendenti sotto l'aspetto economico,
O. considerando che il divario di retribuzione è ulteriormente aggravato tra le donne immigrate, le donne disabili, le donne appartenenti a minoranze e le donne non qualificate,
P. considerando che è fondamentale disporre di dati disaggregati per genere e di un nuovo quadro giuridico che includa la prospettiva di genere, in modo tale da poter affrontare le cause delle discriminazioni retributive,
Q. considerando che l'istruzione può e deve contribuire a eliminare gli stereotipi sociali di genere,
R. considerando che la Commissione è stata ripetutamente invitata dal Parlamento a prendere iniziative, inclusa una revisione della legislazione in vigore, per contribuire a contrastare il divario di retribuzione, a eliminare il rischio di povertà tra i pensionati e a garantire loro un tenore di vita dignitoso,
S. considerando che la direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (rifusione)(3) afferma che il principio della parità delle retribuzioni per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore costituisce una parte essenziale e imprescindibile dell'acquis comunitario, ivi inclusa la giurisprudenza della Corte di giustizia, in materia di discriminazioni sessuali, e che è dunque opportuno adottare ulteriori provvedimenti per assicurarne l'attuazione,
T. considerando che l'attuazione da parte degli Stati membri, delle parti sociali e degli organismi per la parità di misure quali quelle individuate dal summenzionato quadro d'azione sulla parità di genere, del 1° marzo 2005, porterebbe a un effettivo superamento del divario di retribuzione attraverso un'efficace attuazione del dialogo sociale,
U. considerando che, se si vuole individuare una strategia per superare il divario di retribuzione, la segregazione orizzontale e verticale, nonché gli stereotipi sulle mansioni e sui settori tipicamente femminili, è necessario prevedere un quadro di azioni – legislative e non – ai diversi livelli, distinguendo tra discriminazioni retributive e differenziali retributivi basati su fattori diversi dalla discriminazione diretta e indiretta, poiché sulle prime incide direttamente la normativa mentre i secondi devono essere affrontati con politiche mirate e misure specifiche,
V. considerando che la Commissione, come annunciato nella summenzionata comunicazione del 18 luglio 2007, sta effettuando nel corso del 2008 un'analisi del quadro giuridico comunitario sulla parità retributiva che deve coinvolgere tutte le parti interessate, e considerando che all'esito di detta analisi dovrà essere data sufficiente visibilità,
W. considerando che tra gli obiettivi figura anche la parità tra il trattamento pensionistico degli uomini e delle donne, tra l'altro per quanto riguarda l'età del pensionamento,
X. considerando che l'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere può svolgere un ruolo fondamentale per il monitoraggio dell'evoluzione del divario retributivo tra donne e uomini e l'analisi delle sue cause, nonché per valutare l'impatto della legislazione,
1. chiede alla Commissione di presentargli, entro il 31 dicembre 2009 e sulla base dell'articolo 141 del trattato CE, una proposta legislativa sulla revisione della normativa esistente relativa all'attuazione del principio di parità retributiva tra donne e uomini(4), in linea con le raccomandazioni allegate;
2. conferma che le raccomandazioni rispettano il principio di sussidiarietà e i diritti fondamentali dei cittadini;
3. ritiene che la proposta richiesta non avrà implicazioni finanziarie;
4. è convinto della necessità di una migliore e più tempestiva attuazione delle disposizioni della direttiva 2006/54/CE, in relazione agli organismi per la parità e al dialogo sociale, per un effettivo superamento dei divari di retribuzione da raggiungere attraverso l'attuazione da parte degli Stati membri, delle parti sociali e degli organismi per la parità di misure quali quelle individuate dal summenzionato quadro d'azione sulla parità di genere, del 1° marzo 2005, prevedendo la diffusione di informazioni e di guide sugli strumenti pratici (in particolare per le piccole e medie imprese) su come superare il divario anche rispetto ai contratti collettivi nazionali o di settore;
5. sottolinea l'importanza del negoziato e della contrattazione collettiva nella lotta alla discriminazione nei confronti delle donne, segnatamente in materia di accesso al lavoro, di retribuzione, di condizioni di lavoro, di progressione della carriera e di formazione professionale;
6. invita le Istituzioni europee a organizzare una Giornata europea della parità retributiva – giornata durante la quale le donne europee riceveranno (in media) la retribuzione percepita (in media) dagli uomini nel corso di un anno – al fine di contribuire a sensibilizzare alle disparità retributive esistenti e a stimolare tutte le parti interessate ad assumere le iniziative atte a eliminare tali disparità;
7. invita le parti sociali a elaborare di comune accordo strumenti oggettivi di valutazione del lavoro al fine di ridurre il divario di retribuzione tra donne e uomini;
8. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione e le allegate raccomandazioni particolareggiate in allegato alla Commissione, al Consiglio nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.
La direttiva 75/117/CEE del Consiglio, del 10 febbraio 1975, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'applicazione del principio di parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile (GU L 45, del 19.2.1975, pag. 19) è stata inserita nella direttiva 2006/54/CE. In base alle disposizioni della direttiva 2006/54/CE, la direttiva 75/117/CEE è abrogata dal 15 agosto 2009, data che è anche la scadenza stabilita per l'applicazione della presente direttiva.
ALLEGATO
RACCOMANDAZIONI PARTICOLAREGGIATE SUL CONTENUTO DELLA PROPOSTA RICHIESTA
Raccomandazione 1: DEFINIZIONI
La direttiva 2006/54/CE contiene una definizione di parità retributiva che riprende le disposizioni della direttiva 75/117/CEE. Per disporre di categorie più precise di cui avvalersi per affrontare il problema del divario di retribuzione tra donne e uomini è importante definire più esattamente i diversi concetti, ovvero:
–
il divario di retribuzione tra donne e uomini, tenendo conto che la definizione non dovrà limitarsi ai differenziali retributivi orari lordi;
–
la discriminazione retributiva diretta;
–
la discriminazione retributiva indiretta;
–
la retribuzione, la cui definizione dovrebbe coprire la retribuzione netta e i diritti pecuniari connessi ad una attività lavorativa, nonché le prestazioni in natura;
–
il divario di pensione – in diversi pilastri dei sistemi pensionistici, come ad esempio i regimi basati sul principio della ripartizione e le pensioni professionali (divario che rappresenta una prosecuzione di quello retributivo dopo il pensionamento).
Raccomandazione 2: ANALISI DELLA SITUAZIONE E TRASPARENZA DEI RISULTATI
2.1. La mancanza di informazioni e di sensibilizzazione fra i datori di lavoro e i lavoratori in merito all'esistenza o all'eventualità di divari di retribuzione in seno all'impresa pregiudica l'applicazione del principio sancito dal trattato e dalla legislazione in vigore.
2.2. Riconoscendo la mancanza di dati statistici precisi e l'esistenza di livelli retributivi inferiori per le donne, in particolare nelle professioni tradizionalmente in prevalenza femminili, gli Stati membri dovrebbero tenere pienamente conto del divario di retribuzione tra i generi nelle loro politiche sociali trattandolo come un problema grave.
2.3. È pertanto fondamentale che nelle imprese (ad esempio in quelle con almeno 20 dipendenti) siano resi obbligatori controlli regolari in materia di retribuzione e la pubblicazione dei relativi risultati. Lo stesso obbligo deve applicarsi anche all'informazione relativa alle indennità addizionali rispetto alla retribuzione.
2.4. I datori di lavoro dovrebbero fornire ai lavoratori e ai loro rappresentanti tali risultati sotto forma di statistiche sui salari disaggregate in base al genere. Questi dati devono essere compilati a livello settoriale e nazionale in ciascuno Stato membro.
2.5. Gli Stati membri e la Commissione dovrebbero perfezionare le statistiche e inserirvi dati comparabili sul divario di retribuzione tra i generi per il lavoro a tempo parziale e il divario di pensione tra i generi.
2.6. Tali statistiche dovrebbero essere coerenti, comparabili e complete al fine di abolire gli elementi discriminatori nelle retribuzioni, connessi all'organizzazione e alla classificazione del lavoro.
Raccomandazione 3: VALUTAZIONE DEL LAVORO E CLASSIFICAZIONE DELLE PROFESSIONI
3.1. Il concetto di valore del lavoro deve fondarsi sulle competenze o sulle responsabilità interpersonali, valorizzando la qualità del lavoro al fine di garantire la promozione delle pari opportunità tra donne e uomini, e non dovrebbe essere caratterizzato da un approccio stereotipato che non favorisce le donne, ponendo per esempio l'accento sulla forza fisica anziché sulle competenze o sulle responsabilità interpersonali. Per tale motivo le donne devono beneficiare di informazioni, assistenza e/o formazione in sede di negoziati salariali o per quanto riguarda la classificazione professionale e le griglie salariali. I comparti economici e le aziende devono essere invitati a valutare i loro sistemi di classificazione delle professioni, alla luce dell'obbligo di integrare la dimensione di genere, e ad apportarvi le necessarie correzioni.
3.2. L'iniziativa della Commissione dovrebbe invitare gli Stati membri ad introdurre classificazioni delle professioni conformi al principio della parità tra donne e uomini, permettendo sia ai datori di lavoro che ai lavoratori di individuare eventuali discriminazioni in materia di retribuzione basate su una definizione distorta dei livelli retributivi. Resta importante rispettare le leggi e le tradizioni nazionali riguardanti i sistemi di relazioni industriali dei diversi Stati membri. Detti elementi di valutazione e di classificazione del lavoro devono inoltre essere trasparenti e resi noti a tutte le parti interessate, agli ispettorati del lavoro e agli organismi per la parità.
3.3. Gli Stati membri dovrebbero procedere a un'analisi approfondita incentrata sulle professioni svolte in prevalenza da donne.
3.4. Una valutazione professionale non discriminatoria deve basarsi su nuovi sistemi di classificazione, inquadramento del personale e organizzazione del lavoro, sull'esperienza professionale e la produttività, valutate soprattutto in termini qualitativi, da cui ricavare dati e griglie di valutazione in base ai quali determinare le retribuzioni, tenendo debitamente conto del concetto di comparabilità.
Raccomandazione 4: ORGANISMI PER LA PARITÀ
Gli organismi per la promozione e il controllo della parità dovrebbero svolgere un ruolo più importante ai fini della riduzione del divario di retribuzione tra donne e uomini. Tali organismi dovrebbero avere la facoltà di monitorare, elaborare relazioni e, ove possibile, attuare con maggiore efficacia e autonomia la legislazione in materia di parità di genere. Una revisione dell'articolo 20 della direttiva 2006/54/CE è necessaria al fine di rafforzare il loro mandato mediante l'inclusione dei seguenti elementi:
–
sostegno e consulenza alle vittime di discriminazioni retributive;
–
elaborazione di studi indipendenti sul divario di retribuzione;
–
pubblicazione di relazioni indipendenti e formulazione di raccomandazioni su qualsiasi argomento relativo alla discriminazione retributiva (diretta e indiretta);
–
conferimento della competenza giuridica di adire un tribunale nei casi di discriminazioni retributive;
–
offerta di una formazione specifica destinata alle parti sociali, oltre che ad avvocati, magistrati e difensori civici, basata su un insieme di strumenti analitici e azioni mirate, utile sia al momento della contrattazione che al momento della verifica dell'attuazione delle normative e delle politiche pertinenti al divario retributivo.
Raccomandazione 5: DIALOGO SOCIALE
Sono necessari ulteriori controlli in merito ai contratti collettivi, ai livelli di retribuzione applicabili e ai sistemi di classificazione professionale, soprattutto per quanto riguarda il trattamento dei lavoratori a tempo parziale e di quelli con contratti di lavoro atipici o gli straordinari/bonus compresi i pagamenti in natura (che vengono più spesso accordati agli uomini che alle donne). Le predette misure non devono riguardare solo le condizioni di lavoro primarie bensì anche le condizioni secondarie e i regimi occupazionali di sicurezza sociale (regimi di congedo e pensionistici, veicoli di servizio, custodia dei bambini, orari di lavoro flessibili ecc.). Gli Stati membri, nel rispetto delle leggi, dei contratti collettivi o delle prassi nazionali, devono invitare le parti sociali a introdurre classificazioni professionali non discriminatorie, permettendo sia ai datori di lavoro che ai lavoratori di individuare eventuali discriminazioni in materia di retribuzione basate su una definizione distorta dei livelli retributivi.
Raccomandazione 6: PREVENZIONE DELLA DISCRIMINAZIONE
Deve essere fatto specifico riferimento all'articolo 26 della direttiva 2006/54/CE relativo alla prevenzione della discriminazione, onde garantire che gli Stati membri, con il coinvolgimento delle parti sociali e gli organismi per la parità, adottino:
–
misure specifiche in materia di formazione e classificazione delle figure professionali, rivolte al sistema scolastico e della formazione professionale, finalizzate a evitare e rimuovere le discriminazioni nella formazione, nella classificazione e nella valutazione economica delle competenze;
–
azioni specifiche per conciliare l'attività professionale e la vita familiare e personale, relative ai servizi di infanzia e di cura e alla flessibilità dell'organizzazione e dell'orario di lavoro, nonché dispositivi relativi ai congedi di maternità, paternità, parentali e familiari, prevedendo in modo specifico il congedo di paternità e la sua protezione e i congedi parentali con copertura economica per entrambi i genitori;
–
misure concrete e positive (a norma dell'articolo 141, paragrafo 4, del trattato CE), per superare il divario di retribuzione e la segregazione di genere, da mettere in atto ad opera delle parti sociali e degli organismi per la parità ai diversi livelli contrattuali e di settore, quali: la promozione di accordi salariali per combattere le discriminazioni retributive, indagini sistematiche sulla parità di trattamento salariale, fissazione di obiettivi qualitativi e quantitativi e di parametri di riferimento, scambio delle migliori prassi;
–
l'inserimento nei contratti pubblici di una clausola relativa al rispetto della parità di genere e di retribuzione.
Raccomandazione 7: INTEGRAZIONE DELLA DIMENSIONE DI GENERE
L'integrazione della dimensione di genere dovrebbe essere rafforzata inserendo nell'articolo 29 della direttiva 2006/54/CE delle indicazioni precise per gli Stati membri riguardo al principio della parità di trattamento in materia di retribuzione e per il superamento dei differenziali retributivi tra uomini e donne. La Commissione dovrebbe attrezzare a fornire assistenza agli Stati membri e alle parti interessate rispetto ad azioni concrete per superare il divario di retribuzione tra donne e uomini attraverso:
–
la costruzione di schemi di rapporti finalizzati alla valutazione dei divari di retribuzione tra donne e uomini;
–
la creazione di una banca dati sulle modifiche dei sistemi di classificazione e di inquadramento dei lavoratori;
–
la raccolta e diffusione delle sperimentazioni sulle riforme dell'organizzazione del lavoro;
–
la definizione di linee guida specifiche sul monitoraggio dei differenziali retributivi all'interno della contrattazione collettiva, da rendere disponibili su un sito internet tradotto in diverse lingue ed accessibile a tutti;
–
la diffusione di informazioni e guide circa strumenti pratici (in particolare destinati alle PMI) su come superare il divario anche rispetto ai contratti collettivi nazionali o di settore.
Raccomandazione 8: SANZIONI
8.1. La normativa in questo campo è, per diverse ragioni, evidentemente meno efficace e, considerando che il problema nel complesso non si può risolvere con l'aiuto delle sole leggi, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero rafforzare la normativa in vigore con sanzioni appropriate.
8.2. È importante che gli Stati membri prendano i provvedimenti necessari per assicurare che la violazione del principio di parità retributiva per lavoro di pari valore comporti sanzioni adeguate, in conformità delle disposizioni legislative vigenti.
8.3. Si ricorda che, in base alla direttiva 2006/54/CE, gli Stati membri sono già tenuti a prevedere un indennizzo o una riparazione (articolo 18), nonché sanzioni (articolo 25) che siano "effettive, proporzionate e dissuasive". Tuttavia, queste disposizioni non sono sufficienti a evitare la violazione del principio di parità retributiva. Per questo motivo si propone di realizzare uno studio sulla fattibilità, l'efficacia e gli effetti di eventuali sanzioni quali:
–
l'indennizzo o la riparazione, che non devono essere limitati determinando un massimale a priori;
–
sanzioni, che devono includere anche il pagamento dell'indennizzo alla vittima;
–
sanzioni amministrative pecuniarie (per esempio in caso di mancata notifica o consegna obbligatoria o indisponibilità delle analisi e valutazioni di statistiche salariali disaggregate per genere (in base alla raccomandazione 2)) richieste dagli ispettorati del lavoro o dai competenti organismi per la parità;
–
l'esclusione dal beneficio di prestazioni e sovvenzioni pubbliche (anche da finanziamenti comunitari gestiti dagli Stati membri) e dalle procedure di appalti pubblici, come già previsto dalle direttive 2004/17/CE(1) e 2004/18/CE(2) riguardanti le procedure di appalto;
–
la pubblicazione dell'elenco dei trasgressori.
Raccomandazione 9: RAZIONALIZZAZIONE DELLA NORMATIVA E DELLA POLITICA DELL'UNIONE EUROPEA
9.1. Un settore di azione urgente riguarda la circostanza che il lavoro a tempo parziale è apparentemente legato a una penalizzazione retributiva. Tale situazione esige una valutazione e un'eventuale revisione della direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997, relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES – Allegato: Accordo quadro sul lavoro a tempo parziale(3), il quale prevede un trattamento uguale tra lavoratori a tempo pieno e a tempo parziale nonché misure più mirate ed efficaci nei contratti collettivi di lavoro.
9.2. Un obiettivo concreto per ridurre il divario di retribuzione va introdotto rapidamente negli orientamenti in materia di occupazione, segnatamente per quanto riguarda l'accesso alla formazione professionale e al riconoscimento delle qualifiche e delle competenze delle donne.