Indice 
Testi approvati
Giovedì 4 settembre 2008 - Bruxelles
Codice di comportamento in materia di sistemi telematici di prenotazione ***I
 Ammissibilità dei paesi dell'Asia centrale di cui alla decisione 2006/1016/CE del Consiglio *
 Detenuti palestinesi nelle carceri israeliane
 Valutazione delle sanzioni UE in quanto parte delle azioni e delle politiche dell'UE in materia di diritti dell'uomo
 Millennio per lo sviluppo - Obiettivo 5: miglioramento della salute materna
 Commercio dei servizi
 Politica europea dei porti
 Trasporto di merci in Europa
 Valutazione intermedia del piano d'azione europeo per l'ambiente e la salute 2004-2010
 Colpo di Stato in Mauritania
 Impiccagioni in Iran
 Uccisioni di albini in Tanzania

Codice di comportamento in materia di sistemi telematici di prenotazione ***I
PDF 186kWORD 33k
Risoluzione
Testo
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 4 settembre 2008 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ad un codice di comportamento in materia di sistemi telematici di prenotazione (COM(2007)0709 – C6-0418/2007 – 2007/0243(COD))
P6_TA(2008)0402A6-0248/2008

(Procedura di codecisione: prima letttura)

Il Parlamento europeo,

–   vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2007)0709),

–   visti l'articolo 251, paragrafo 2, e gli articoli 71 e 80, paragrafo 2, del trattato CE, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C6-0418/2007),

–   visto l'articolo 51 del suo regolamento,

–   visti la relazione della commissione per i trasporti e il turismo e i pareri della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni e della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori (A6-0248/2008),

1.   approva la proposta della Commissione quale emendata;

2.   chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;

3.   incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.

Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 4 settembre 2008 in vista dell'adozione del regolamento (CE) n. .../2008 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ad un codice di comportamento in materia di sistemi telematici di prenotazione e che abroga il regolamento (CEE) n. 2299/89 del Consiglio

P6_TC1-COD(2007)0243


(Dato l'accordo tra il Parlamento e il Consiglio, la posizione del Parlamento in prima lettura corrisponde all'atto legislativo finale, il regolamento (CE) n. 80/2009)


Ammissibilità dei paesi dell'Asia centrale di cui alla decisione 2006/1016/CE del Consiglio *
PDF 302kWORD 60k
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 4 settembre 2008 sulla proposta di decisione del Consiglio sull'ammissibilità dei paesi dell'Asia centrale di cui alla decisione 2006/1016/CE del Consiglio che accorda alla Banca europea per gli investimenti una garanzia della Comunità in caso di perdite dovute a prestiti e garanzie sui prestiti a favore di progetti realizzati al di fuori della Comunità (COM(2008)0172 – C6-0182/2008 – 2008/0067(CNS))
P6_TA(2008)0403A6-0317/2008

(Procedura di consultazione)

Il Parlamento europeo,

–   vista la proposta della Commissione al Consiglio (COM(2008)0172),

–   visto l'articolo 181A del trattato CE, a norma del quale è stato consultato dal Consiglio (C6-0182/2008),

–   vista la sua risoluzione del 20 febbraio 2008 su una strategia dell'Unione europea per l'Asia centrale(1),

–   vista la strategia dell'Unione europea per un nuovo partenariato con l'Asia centrale, adottata dal Consiglio europeo il 21 e 22 giugno 2007,

–   vista la causa C-155/07, Parlamento europeo contro Consiglio dell'Unione europea, pendente dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee,

–   visto l'articolo 51 del suo regolamento,

–   visti la relazione della commissione per i bilanci e il parere della commissione per il commercio internazionale (A6-0317/2008),

1.   approva la proposta della Commissione quale emendata;

2.   invita la Commissione a modificare di conseguenza la sua proposta, in conformità dell'articolo 250, paragrafo 2, del trattato CE;

3.   invita il Consiglio ad informarlo qualora intenda discostarsi dal testo approvato dal Parlamento;

4.   chiede al Consiglio di consultarlo nuovamente qualora intenda modificare sostanzialmente la proposta della Commissione;

5.   invita la Commissione a ritirare la sua proposta qualora venisse annullata la decisione 2006/1016/CE, attualmente all'esame della Corte di giustizia delle Comunità europee;

6.   incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.

Testo della Commissione   Emendamento
Emendamento 1
Proposta di decisione
Considerando 3 bis (nuovo)
(3 bis)  Si riconosce la necessità che i prestiti concessi dalla BEI in Asia centrale si incentrino su progetti di approvvigionamento energetico e di trasporto dell'energia che vadano anche a vantaggio degli interessi energetici dell'UE.
Emendamento 2
Proposta di decisione
Considerando 3 ter (nuovo)
(3 ter)  Per quanto riguarda l'approvvigionamento di energia e i progetti nel campo dei trasporti, le operazioni di finanziamento della BEI in Asia centrale dovrebbero essere coerenti con gli obiettivi politici dell'UE di diversificazione delle fonti energetiche e con gli obblighi di Kyoto e dovrebbero sostenere tali obiettivi e obblighi, rafforzando nel contempo la protezione ambientale.
Emendamento 3
Proposta di decisione
Considerando 3 quater (nuovo)
(3 quater)  Tutte le operazioni di finanziamento della BEI in Asia centrale dovrebbero essere coerenti con le politiche esterne dell'UE, compresi gli obiettivi regionali specifici, e sostenerle, e dovrebbero contribuire all'obiettivo generale di sviluppo e consolidamento della democrazia e dello Stato di diritto, all'obiettivo del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, nonché all'osservanza degli accordi internazionali in materia di ambiente di cui la Comunità europea o i suoi Stati membri sono parti.
Emendamento 4
Proposta di decisione
Considerando 3 quinquies (nuovo)
(3 quinquies)  La BEI dovrebbe garantire che i singoli progetti siano sottoposti a una valutazione dell'impatto sulla sostenibilità, effettuata in modo indipendente rispetto ai promotori dei progetti e alla stessa BEI.
Emendamento 5
Proposta di decisione
Considerando 4
(4)  Le condizioni macroeconomiche che caratterizzano i paesi dell'Asia centrale, e in particolare la situazione dei conti con l'estero e la sostenibilità del debito, sono migliorate negli ultimi anni a seguito della forte crescita economica e di politiche macroeconomiche prudenti e tali paesi dovrebbero pertanto avere accesso al finanziamento della BEI.
(4)  Le condizioni macroeconomiche che caratterizzano i paesi dell'Asia centrale, e in particolare la situazione dei conti con l'estero e la sostenibilità del debito, sono migliorate negli ultimi anni a seguito della forte crescita economica e di politiche macroeconomiche prudenti e tali paesi dovrebbero pertanto avere accesso al finanziamento della BEI; dovrebbero tuttavia essere previste precondizioni per la loro ammissibilità a prestiti BEI: tali paesi devono dimostrare di aver compiuto evidenti progressi nell'attuazione dello Stato di diritto, della libertà di parola e dei media e della libertà delle ONG nonché nella realizzazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio, come previsto negli accordi di partenariato e cooperazione dell'UE; non dovrebbero essere soggetti a sanzioni dell'UE per violazioni dei diritti umani e dovrebbero aver compiuto effettivi progressi quanto alla situazione di tali diritti, come richiesto dalla risoluzione del Parlamento europeo del 20 febbraio 2008 sulla strategia dell'UE per l'Asia centrale1.
_____________________
1 Testi approvati, P6_TA(2008)0059.
Emendamento 6
Proposta di decisione
Considerando 5 bis (nuovo)
(5 bis)  Le attività di prestito dovrebbero sostenere l'obiettivo politico dell'UE di promuovere la stabilità nella regione.
Emendamento 10
Proposta di decisione
Articolo 1
Il Kazakistan, il Kirghizistan, il Tagikistan, il Turkmenistan e l'Uzbekistan sono ammissibili al finanziamento della BEI con garanzia della Comunità in conformità della decisione 2006/1016/CE del Consiglio.
Il Kazakistan, il Kirghizistan, il Tagikistan, il Turkmenistan sono ammissibili al finanziamento della BEI con garanzia della Comunità in conformità della decisione 2006/1016/CE del Consiglio. L'Uzbekistan sarà ammissibile non appena saranno state tolte le sanzioni UE contro il paese.
Emendamento 7
Proposta di decisione
Articolo 1 bis (nuovo)
Articolo 1 bis
L'accordo di garanzia tra la Commissione e la BEI, come previsto all'articolo 8 della decisione 2006/1016/CE del Consiglio, stabilisce in dettaglio le disposizioni e le procedure relative alla garanzia della Comunità e contiene le condizioni con chiari parametri di riferimento relativamente al rispetto dei diritti umani.
Emendamento 8
Proposta di decisione
Articolo 1 ter (nuovo)
Articolo 1 ter
Fondandosi sulle informazioni ricevute dalla BEI, la Commissione presenta una valutazione e una relazione, su base annuale, al Parlamento europeo e al Consiglio, sulle operazioni di finanziamento della BEI effettuate a titolo della presente decisione. La relazione dovrebbe includere una valutazione del contributo delle operazioni di finanziamento della BEI alla realizzazione degli obiettivi di politica estera dell'UE e, in particolare, del contributo all'obiettivo generale dello sviluppo e del consolidamento della democrazia e dello Stato di diritto, all'obiettivo del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali e all'osservanza degli accordi internazionali in materia ambientale di cui sono firmatari la Comunità europea o i suoi Stati membri.
Emendamento 9
Proposta di decisione
Articolo 1 quater (nuovo)
Articolo 1 quater
La BEI garantisce che gli accordi quadro tra la Banca e i paesi interessati siano messi a disposizione del pubblico e che siano messe a disposizione informazioni oggettive adeguate e tempestive per consentire loro di svolgere pienamente il proprio ruolo nel processo decisionale.

(1) Testi approvati, P6_TA(2008)0059.


Detenuti palestinesi nelle carceri israeliane
PDF 116kWORD 37k
Risoluzione del Parlamento europeo del 4 settembre 2008 sulla situazione dei detenuti palestinesi nelle carceri israeliane
P6_TA(2008)0404RC-B6-0343/2008

Il Parlamento europeo,

–   viste le sue precedenti risoluzioni sul Medio Oriente,

–   vista la dichiarazione resa al Parlamento europeo dal Commissario Benita Ferrero Waldner il 9 luglio 2008 sulle condizioni dei detenuti palestinesi nelle carceri israeliane,

–   visti l'accordo di associazione UE-Israele e i risultati dell'ottava riunione del Consiglio di associazione UE-Israele, tenutasi il 16 giugno 2008,

–   viste la relazione elaborata dalla sua delegazione ad hoc in visita in Israele e nei Territori palestinesi (30 maggio-2 giugno 2008) e le relative conclusioni,

–   viste le Convenzioni di Ginevra, in particolare la Convenzione IV relativa alla protezione delle persone civili in tempo di guerra, del 12 agosto 1949, e segnatamente i suoi articoli da 1 a 12, 27, da 29 a 34, 47, 49, 51, 52, 53, 59, da 61 a 77 e 143,

–   vista la Convenzione internazionale delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici del 1966,

–   vista la relazione annuale 2007 del Comitato internazionale della Croce Rossa, e più in particolare la sezione relativa ai Territori palestinesi occupati,

–   viste le relazioni pubblicate nel 2006, 2007 e 2008 dalla commissione pubblica contro la tortura in Israele, con il contributo finanziario della Commissione europea e di vari Stati membri,

–   viste le pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite sul conflitto in Medio Oriente,

–   visto l'articolo 108, paragrafo 5, del suo regolamento,

A.   considerando che negli ultimi anni Israele si sta trovando di fronte a molti attacchi terroristici mortali contro la propria popolazione civile e considerando che le autorità israeliane hanno adottato una serie di misure per prevenire tali azioni terroristiche, compreso l'arresto di sospetti militanti palestinesi, ma considerando altresì che la lotta contro il terrorismo non giustifica le violazioni del diritto umanitario,

B.   considerando che attualmente più di 11 000 palestinesi, tra cui centinaia di donne e bambini, sono rinchiusi nelle carceri e nei centri di detenzione israeliani e che la maggior parte di tali detenuti sono stati arrestati nei Territori palestinesi occupati,

C.   considerando che, secondo la Convenzione sui diritti del fanciullo, di cui Israele è parte firmataria, per minori si intendono gli esseri umani di età inferiore ai 18 anni; considerando tuttavia che i minori palestinesi, in base ai regolamenti militari israeliani applicati nei Territori palestinesi, sono considerati adulti a partire dall'età di 16 anni e sono spesso detenuti in condizioni inadeguate,

D.   considerando che 198 palestinesi sono stati liberati dal governo israeliano il 25 agosto 2008 quale gesto di buona volontà e al fine di consolidare la fiducia reciproca e considerando che fra le due parti sono in corso ulteriori trattative per conseguire un accordo più completo sul rilascio di altri prigionieri,

E.   considerando i recenti passi concreti compiuti dal governo di Israele e da quello del Libano per lo scambio di prigionieri con le salme di soldati israeliani,

F.   considerando che circa 1 000 prigionieri sono detenuti in Israele in base a "ordini di detenzione amministrativa", con la possibilità di fare ricorso, ma senza capi d'accusa, senza processo e senza godere del diritto alla difesa e considerando altresì che tali "ordini di detenzione amministrativa" possono essere prolungati per anni, e in taluni casi lo sono,

G.   considerando che le relazioni sui diritti umani indicano che i prigionieri palestinesi sono vittime di abusi e torture,

H.   considerando che per la stragrande maggioranza dei prigionieri palestinesi detenuti in carceri situate nel territorio israeliano, è spesso impossibile o molto difficile esercitare il diritto di ricevere visite da parte delle loro famiglie, nonostante le richieste in tal senso rivolte a Israele dal Comitato internazionale della Croce Rossa,

I.   considerando che la questione dei detenuti ha importanti implicazioni politiche, sociali e umanitarie e che l'arresto di 48 membri eletti del Consiglio legislativo palestinese e di altri consiglieri locali ha gravi conseguenze sull'evoluzione politica nel territorio palestinese occupato, considerando che il "Documento del detenuto", adottato nel maggio 2006 da leader politici palestinesi detenuti di varie fazioni è servito da base per la riconciliazione nazionale ed ha aperto la strada alla costituzione di un governo di unità nazionale,

J.   considerando che le relazioni tra le Comunità europee e Israele, ai sensi dell'articolo 2 dell'Accordo di associazione UE-Israele, sono basate sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici, che costituiscono un elemento essenziale di detto accordo; considerando che il piano d'azione UE-Israele sottolinea il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario fra i valori condivisi dalle due parti,

1.   plaude alla recente decisione del governo israeliano di liberare alcuni prigionieri palestinesi, poiché si tratta di un gesto positivo per rafforzare l'Autorità palestinese e per instaurare un clima di fiducia reciproca;

2.   chiede che Hamas e Israele si attivino ai fini dell'immediata liberazione del caporale israeliano Gilad Shalit;

3.   sottolinea che la questione dei detenuti politici palestinesi ha un notevole impatto tanto sulla società palestinese quanto sul conflitto israelo-palestinese e ritiene che, in tale contesto, il rilascio di un numero considerevole di prigionieri palestinesi nonché il rilascio immediato dei membri del Consiglio legislativo palestinese detenuti tra cui Marwan Barghouti potrebbe rappresentare un passo concreto verso la creazione di un clima di fiducia reciproca al fine di conseguire progressi sostanziali nel quadro dei negoziati di pace;

4.   sostiene le legittime preoccupazioni di Israele in materia di sicurezza; reputa che tutti i prigionieri debbano essere trattati nel pieno rispetto dello Stato di diritto, il quale rappresenta un aspetto cruciale per un paese democratico;

5.   invita Israele a garantire il rispetto degli standard minimi in materia di detenzione, a istituire dei processi per tutti i detenuti, a porre fine al ricorso alla "detenzione amministrativa" e ad adottare misure adeguate per i minori e per le visite in carcere ai detenuti, in conformità delle norme internazionali, inclusa la Convenzione sui diritti dell'infanzia e la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti;

6.   esprime preoccupazione per la situazione delle prigioniere palestinesi e dei detenuti vulnerabili che, secondo quanto riportato, sono vittime di maltrattamenti e non hanno accesso alle cure sanitarie;

7.   invita l'Autorità palestinese a fare tutto il possibile per evitare atti violenti o terroristici, specialmente ad opera di ex detenuti e, in particolare, ad opera di bambini;

8.   è convinto che il rafforzamento delle relazioni UE-Israele debba essere coerente e collegato al rispetto, da parte israeliana, degli obblighi internazionali di tale paese ai sensi del diritto internazionale;

9.   plaude alla decisione adottata in occasione dell'ottava riunione del Consiglio di associazione UE-Israele di istituire una sottocommissione per i diritti dell'uomo a pieno titolo, in sostituzione dell'attuale gruppo di lavoro sui diritti dell'uomo; chiede di consultare ampiamente e coinvolgere pienamente le organizzazioni per i diritti dell'uomo e le Organizzazioni non governative in Israele e nei Territori palestinesi occupati per quanto attiene al monitoraggio dei progressi compiuti da Israele ai fini del rispetto dei suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale;

10.   incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al governo israeliano, alla Knesset, al Presidente dell'Autorità palestinese, al Consiglio legislativo palestinese, all'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Segretario generale delle Nazioni Unite, all'inviato del Quartetto per il Medio Oriente, al Presidente dell'Assemblea parlamentare euro-mediterranea, all'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo e al Comitato internazionale della Croce Rossa.


Valutazione delle sanzioni UE in quanto parte delle azioni e delle politiche dell'UE in materia di diritti dell'uomo
PDF 262kWORD 102k
Risoluzione del Parlamento europeo del 4 settembre 2008 sulla valutazione delle sanzioni UE in quanto parte delle azioni e delle politiche della UE in materia di diritti dell'uomo (2008/2031(INI))
P6_TA(2008)0405A6-0309/2008

Il Parlamento europeo,

–   vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo,

–   viste tutte le convenzioni delle Nazioni Unite in materia di diritti dell'uomo e i relativi protocolli opzionali,

–   vista la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici e i suoi due protocolli facoltativi,

–   vista la Carta delle Nazioni Unite e, in particolare, gli articoli 1 e 25, e gli articoli 39 e 41 del capitolo VII,

–   vista la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (convenzione europea dei diritti dell'uomo) e i suoi protocolli,

–   vista la Carta di Parigi per una nuova Europa (la "Carta di Parigi"),

–   visto l'atto finale della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa del 1975 (l' "Atto finale di Helsinki"),

–   visti gli articoli 3, 6, 11, 13, 19, 21, 29 e 39 del trattato sull'Unione europea (TUE) e gli articoli 60, 133, 296, 297, 301 e 308 del trattato che istituisce la Comunità europea (TCE),

–   vista la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,

–   viste le sue precedenti risoluzioni sulla situazione dei diritti dell'uomo nel mondo,

–   viste le sue precedenti discussioni e risoluzioni d'urgenza sui casi di violazione dei diritti dell'uomo, della democrazia e dello Stato di diritto,

–   vista la sua risoluzione del 20 settembre 1996 sulla comunicazione della Commissione sul richiamo al rispetto dei principi democratici e dei diritti dell'uomo negli accordi tra la Comunità e i paesi terzi(1),

–   visti gli obblighi internazionali della Comunità europea e dei suoi Stati membri, inclusi quelli contenuti negli accordi dell'OMC,

–   visti l'accordo di partenariato fra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000 (l''accordo di Cotonou")(2), in particolare gli articoli 8, 9, 33, 96 e 98, e la revisione di detto accordo(3),

–   visto il documento del Consiglio dal titolo "Costituzione di una formazione 'Sanzioni' del Gruppo dei consiglieri per le relazioni estere (RELEX/Sanzioni)"del 22 gennaio 2004 (5603/04),

–   visto il documento del Consiglio dal titolo "Principi di base sul ricorso a misure restrittive (sanzioni)" dell'Unione europea, del 7 giugno 2004 (10198/1/04),

–   visti il documento del Consiglio dal titolo "Orientamenti sull'attuazione e la valutazione delle misure restrittive (sanzioni) nel contesto della politica estera e di sicurezza comune dell'UE", rivisti da ultimo il 2 dicembre 2005 (15114/05),

–   visto il documento del Consiglio dal titolo "Le migliori pratiche dell'UE per l'attuazione effettiva di misure restrittive", del 9 luglio 2007 (11679/07),

–   vista la posizione comune 96/697/PESC su Cuba(4), adottata il 2 dicembre 1996,

–   visti le posizioni comuni del Consiglio 2001/930/PESC relativa alla lotta al terrorismo(5) e 2001/931/PESC relativa all'applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo(6), entrambe del 27 dicembre 2001, nonché il regolamento del Consiglio (CE) n. 2580/2001, del 27 dicembre 2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo(7),

–   visti la posizione comune del Consiglio 2002/402/PESC concernente misure restrittive nei confronti di Osama bin Laden, dei membri dell'organizzazione Al-Qaida e dei Talebani e di altri individui, gruppi, imprese ed entità ad essi associati(8), e il regolamento del Consiglio (CE) n. 881/2002 che impone specifiche misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al-Qaida e ai Talebani(9), entrambi del 27 maggio 2002,

–   visto l'elenco comune delle attrezzature militari dell'Unione europea(10),

–   vista la sua risoluzione del 25 aprile 2002 sulla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo - Il ruolo dell'Unione europea nella promozione dei diritti umani e della democratizzazione nei paesi terzi(11),

–   vista la sua risoluzione del 14 febbraio 2006 sulla clausola relativa ai diritti dell'uomo e alla democrazia negli accordi dell'Unione europea(12),

–   visti tutti gli accordi conclusi tra l'Unione europea e i paesi terzi e le clausole relative ai diritti dell'uomo in essi contenute,

–   vista la sua risoluzione dell'11 ottobre 1982 sull' importanza delle sanzioni economiche, in particolare dell'embargo commerciale e del boicottaggio, e le loro incidenze sulle relazioni esterne della CEE(13),

–   vista la sua risoluzione sull'impatto delle sanzioni e, in particolare, degli embarghi sulle popolazioni dei paesi nei confronti dei quali tali misure sono imposte(14), adottata dall'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE il 1° novembre 2001 a Bruxelles (Belgio),

–   vista la sua risoluzione del 6 settembre 2007 sul funzionamento dei dialoghi e delle consultazioni con i paesi terzi in materia di diritti dell'uomo(15),

–   vista la risoluzione n. 1597 (2008) e la raccomandazione n. 1824 (2008) sulle liste nere del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e dell'Unione europea, adottate dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa il 23 gennaio 2008,

–   visto il trattato di Lisbona che modifica il trattato sull'Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea, firmato a Lisbona, il 13 dicembre 2007, la cui entrata in vigore è prevista per il 1° gennaio 2009,

–   visto l'articolo 45 del suo regolamento,

–   visti la relazione della commissione per gli affari esteri e i pareri della commissione per lo sviluppo e della commissione per il commercio internazionale (A6-0309/2008),

A.   considerando che l'articolo 11, paragrafo 1, TUE riconosce il rispetto dei diritti dell'uomo come uno degli obiettivi della politica estera e di sicurezza comune (PESC) e che il nuovo articolo 21 TUE, quale introdotto dall'articolo 1, punto 24), del trattato di Lisbona, sancisce che l'azione dell'Unione sulla scena internazionale si fonda sui principi che ne hanno informato la creazione, lo sviluppo e l'allargamento e che essa si prefigge di promuovere nel resto del mondo: democrazia, Stato di diritto, universalità e indivisibilità dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, rispetto della dignità umana, principi di uguaglianza e di solidarietà e rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale,

B.   considerando che è prevista l'applicazione di sanzioni nel perseguimento degli obiettivi specifici della PESC, di cui all'articolo 11 TUE, che enumera tra gli altri, la promozione del rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, della democrazia, dello Stato di diritto e del buon governo,

C.   considerando che i summenzionati "Principi di base sul ricorso a misure restrittive (sanzioni)" costituiscono il primo documento pragmatico che definisce il quadro entro cui l'Unione europea impone sanzioni, sebbene la pratica di quest'ultima in materia esista fin dall'inizio degli anni '80 e segnatamente a seguito dell'entrata in vigore del TUE nel 1993; considerando che tale documento stabilisce ufficialmente che le sanzioni costituiscono uno strumento della PESC e rappresenta, di conseguenza, il punto di partenza di una politica dell'Unione europea in materia di sanzioni,

D.   considerando che tale politica di sanzioni si basa principalmente sui seguenti cinque obiettivi della PESC: salvaguardare i valori comuni, gli interessi fondamentali, l'indipendenza e l'integrità dell'Unione europea conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite; rafforzare la sicurezza dell'Unione europea, conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite; rafforzare la sicurezza dell'Unione in tutti i modi possibili; preservare la pace e rafforzare la sicurezza internazionale, in linea con i principi della Carta delle Nazioni Unite e l'Atto finale di Helsinki, e con gli obiettivi della Carta di Parigi, compresi quelli sulle frontiere esterne; promuovere la cooperazione internazionale; sviluppare e consolidare la democrazia e lo Stato di diritto, nonché il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali,

E.   considerando che cresce il consenso internazionale quanto al fatto che qualsiasi danno grave e volontario all'ambiente nuoce alla pace e alla sicurezza internazionali e costituisce una violazione dei diritti dell'uomo,

F.   considerando che l'Unione europea si impegna ad applicare sistematicamente le sanzioni decise dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ai sensi del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite e nel contempo impone autonomamente sanzioni in assenza di un mandato del Consiglio di Sicurezza dell'ONU e nei casi in cui quest'ultimo non sia legittimato ad agire o non possa farlo a causa di una mancanza di consenso tra i suoi membri; sottolineando a tal proposito l'obbligo, sia per le Nazioni Unite che per la Unione europea, di imporre sanzioni conformemente al diritto internazionale,

G.   considerando che la politica di sanzioni dell'Unione europea include quindi le sanzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ma che il suo campo d'applicazione e i suoi obiettivi sono più ampi di quelli della politica del Consiglio di Sicurezza (pace e sicurezza internazionali),

H.   considerando che le sanzioni costituiscono uno degli strumenti utilizzabili dalla Unione europea per attuare la propria politica in materia di diritti dell'uomo; ricordando che l'uso delle sanzioni deve essere coerente con la strategia complessiva dell'Unione europea nell'area in questione e rappresentare il tentativo ultimo in ordine di priorità nel fine di perseguire i suoi obiettivi specifici della PESC; considerando che l'efficacia delle sanzioni dipende dalla loro simultanea applicazione da parte di tutti gli Stati membri,

I.   considerando che non esiste una definizione ufficiale di sanzione, né nel diritto internazionale della UE/CE; considerando tuttavia che nel quadro della PESC le sanzioni o le misure restrittive sono, considerate misure che interrompono o riducono, parzialmente o totalmente, le relazioni diplomatiche o economiche, con uno o più paesi terzi, al fine di modificare talune attività o politiche, quali le violazioni del diritto internazionale o dei diritti dell'uomo, oppure le politiche dei governi di paesi terzi, di entità non statali o di persone fisiche e giuridiche,

J.   considerando che le misure restrittive includono una serie di provvedimenti quali l'embargo sulle ami, le sanzioni commerciali, le sanzioni finanziarie/economiche, il congelamento dei beni, il divieto di volo, le restrizioni all'ammissione, le sanzioni diplomatiche, il boicottaggio di manifestazioni sportive e culturali e la sospensione della cooperazione con un paese terzo,

K.   considerando che, in linea con la prassi vigente nell'Unione europea, la presente risoluzione utilizza in maniera indifferenziata i termini "sanzioni" e "misure restrittive"; considerando che la presente risoluzione fa propria la definizione delle misure appropriate di cui all'articolo 96 dell'accordo di Cotonou(16),

L.   considerando che le stesse sanzioni dell'Unione europea si fondano su diverse basi giuridiche, a seconda della precisa natura delle misure restrittive e della natura giuridica delle relazioni con il paese terzo coinvolto nonché dei settori e degli obiettivi in questione; considerando che tali fattori determinano sia la procedura per l'adozione delle sanzioni – che spesso, ma non sempre, richiede una posizione comune PESC e, quindi, l'unanimità in seno al Consiglio – sia la procedura legislativa da seguirsi per rendere le sanzioni giuridicamente vincolanti e applicabili, secondo la procedura usuale di cui all'articolo 301 TCE,

M.   considerando che i divieti di rilascio di visti e gli embarghi sulle armi sono divenuti le sanzioni PESC più frequenti e costituiscono una delle fasi iniziali dell'iter sanzionatorio dell'Unione europea; considerando che queste due misure sono le uniche direttamente applicate dagli Stati membri poiché non richiedono una specifica legislazione in materia di sanzioni ai sensi del trattato CE; considerando, d'altro canto, che le sanzioni finanziarie (congelamento dei beni) e le sanzioni commerciali richiedono l'adozione di una legislazione specifica in materia di sanzioni,

N.   considerando che, conformemente ai suddetti "Principi di base sul ricorso a misure restrittive (sanzioni)" e ai relativi Orientamenti, le sanzioni mirate possono essere più efficaci delle sanzioni più generali e sono pertanto preferibili, in primo luogo perché evitano possibili conseguenze negative su un numero più elevato di persone e, in secondo luogo, perché colpiscono i responsabili o i titolari di cariche e possono quindi risultare più efficaci nell'indurre cambiamenti politici,

O.   riconoscendo l'esistenza di misure che, pur essendo adottate dal Consiglio nelle conclusioni della Presidenza, non sono definite "sanzioni" e differiscono altresì dalle altre misure restrittive elencate tra gli strumenti della PESC,

P.   considerando che le relazioni economiche tra l'Unione europea e i paesi terzi sono spesso disciplinate da accordi settoriali bilaterali o multilaterali che l'Unione europea è tenuta a rispettare quando applica le sanzioni; considerando che l'Unione europea, ove necessario, dovrebbe quindi sospendere o denunciare il relativo accordo prima di comminare sanzioni economiche non compatibili con i diritti concessi al paese terzo coinvolto in virtù di un accordo vigente,

Q.   considerando che le relazioni tra l'Unione europea e i paesi terzi sono spesso disciplinate da accordi bilaterali o multilaterali che consentono a una delle parti di adottare misure appropriate nel caso in cui la controparte violi un elemento essenziale dell'accordo, segnatamente il rispetto dei diritti dell'uomo, del diritto internazionale, dei principi democratici e dello Stato di diritto (la clausola relativa ai diritti dell'uomo), di cui l'Accordo di Cotonou è uno degli esempi più significativi,

R.   considerando che l'introduzione e l'applicazione di misure restrittive deve essere in linea con i diritti umani e il diritto umanitario internazionale, tra cui il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, nonché la proporzionalità, e deve prevedere opportune deroghe per tenere conto delle esigenze umane fondamentali delle persone sanzionate, come l'accesso all'istruzione elementare, all'acqua potabile e a cure sanitarie di base, compresi i farmaci di base; considerando che una politica di sanzioni deve tenere pienamente conto delle norme sancite nella Convenzione di Ginevra, nella Convenzione sui diritti del fanciullo e nella Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, nonché delle risoluzioni delle Nazioni Unite per quanto riguarda la protezione dei civili e dei minori nei conflitti armati,

S.   considerando che la credibilità dell'Unione europea e dei suoi singoli Stati membri è compromessa quando le sanzioni dell'Unione europea sembrano essere ignorate e considerando che Robert Mugabe era stato invitato a partecipare al Vertice UE-Africa, che si è tenuto a Lisbona l'8 e il 9 dicembre 2007, nonostante fosse stato formalmente bandito da tutti i territori degli Stati membri dell'Unione europea ai sensi della posizione comune 2004/161/PESC del Consiglio, del 19 febbraio 2004, che proroga le misure restrittive nei confronti dello Zimbabwe(17), ultimamente prorogate dalla posizione comune 2008/135/PESC del Consiglio, del 18 febbraio 2008(18),

Considerazioni generali in vista di un'efficace politica dell'Unione europea in materia di sanzioni

1.   deplora che a tutt'oggi non sia stato condotto alcun esercizio di valutazione, né studio di impatto della politica UE in materia di sanzioni e che sia pertanto molto difficile misurarne gli effetti e l'efficacia sul campo, e quindi trarre le conclusioni del caso; invita il Consiglio e la Commissione a intraprendere tale attività di valutazione; considera nondimeno che la politica di sanzioni applicata al Sudafrica si è rivelata efficace contribuendo a mettere fine all'apartheid;

2.   ritiene che la disparità delle basi giuridiche per l'attuazione della politica di sanzioni dell'Unione europea, che implica diversi livelli decisionali, in termini di attuazione e il controllo, ostacola la trasparenza e la coerenza della politica dell'Unione europea in materia di sanzioni e, di conseguenza, la sua credibilità;

3.   reputa che l'efficacia delle sanzioni sia tale da presupporre che la loro imposizione sia percepita come legittima dall'opinione pubblica, sia europea, sia internazionale, nonché del paese nel quale si auspicano i cambiamenti; sottolinea che la consultazione del Parlamento nel processo decisionale rafforza tale legittimità;

4.   osserva altresì che le sanzioni possono avere una funzione simbolica, poiché esprimono la condanna morale da parte dell'Unione europea e contribuiscono quindi a rafforzare la visibilità e la credibilità della politica estera dell'Unione europea; consiglia, tuttavia, di non porre troppa enfasi sull'idea di sanzioni come misure simboliche, poiché ciò potrebbe determinarne la totale delegittimazione;

5.   ritiene che il ricorso alle sanzioni debba essere previsto in caso di comportamenti da parte delle autorità, di entità non statali o di persone fisiche e giuridiche, che pregiudicano gravemente la sicurezza e i diritti delle persone, o in caso di assodata interruzione o stallo di tutte le relazioni contrattuali e/o diplomatiche per cause imputabili a terzi;

6.   è del parere che qualsiasi danno volontario e irreversibile all'ambiente costituisca una minaccia per la sicurezza, nonché una violazione grave dei diritti dell'uomo; chiede al Consiglio e alla Commissione, a tal proposito, di includere qualsiasi danno volontario e irreversibile all'ambiente tra le ragioni che possono dar luogo all'adozione di sanzioni;

7.   riconosce che, nel complesso, gli strumenti sanzionatori dell'Unione europea vengono impiegati generalmente in modo flessibile, sulla base di una valutazione caso per caso delle esigenze; deplora, tuttavia, il fatto che l'Unione europea abbia spesso applicato la sua politica sanzionatoria in modo incoerente, riservando un trattamento differenziato a paesi terzi che in realtà hanno una situazione simile in materia di diritti umani e di democrazia, e si sia quindi esposta alla critica di adottare "due pesi e due misure";

8.   ritiene a tal riguardo che l'applicazione e la valutazione delle sanzioni da parte dell'Unione europea per violazioni di diritti dell'uomo debba in linea di principio prevalere su eventuali pregiudizi derivanti dalla loro applicazione agli interessi commerciali dell'Unione europea e dei suoi cittadini;

9.   si rammarica dell'esistenza di disaccordi all'interno dell'Unione europea sulle politiche nei confronti di un determinato paese, come Cuba, o del fatto che la riluttanza di alcuni Stati membri ad opporsi a importanti partner come la Russia abbia indotto l'Unione europea ad adottare soltanto "sanzioni informali" nelle conclusioni della Presidenza, determinando un'applicazione disequilibrata o incoerente delle sanzioni dell'Unione europea; riconosce, tuttavia, che alcune misure inserite nelle conclusioni del Consiglio, per esempio il rinvio della firma degli accordi con paesi come la Serbia, potrebbero costituire un valido strumento per esercitare pressioni sui paesi terzi affinché cooperino pienamente con i meccanismi internazionali;

10.   ricorda che, nel caso di Cuba, la summenzionata posizione comune adottata nel 1996 e rinnovata periodicamente, implica una roadmap a favore di una transizione pacifica alla democrazia, è pienamente in vigore e non è oggetto di controversie a livello delle istituzioni europee; deplora che non si sia finora verificato nessun miglioramento significativo in materia di diritti umani; prende atto della decisione del Consiglio, del 20 giugno 2008, di abolire le sanzioni informali imposte a Cuba, chiedendo al contempo la liberazione immediata e incondizionata di tutti i prigionieri politici, di facilitare l'accesso ai penitenziari e di ratificare e applicare il patto internazionale relativo ai diritti civili e politici; constata che, fra un anno, il Consiglio deciderà se continuare il dialogo politico con Cuba, in funzione dell'esistenza o meno di miglioramenti significativi in materia di diritti umani; rammenta che la posizione del Consiglio è vincolante anche nei confronti delle istituzioni dell'Unione europea, per il dialogo con le autorità cubane e con i rappresentanti della società civile; ribadisce la propria posizione nei confronti dei vincitori del premio Sakharov, Oswaldo Payá Sardiñas e il gruppo "Damas de Blanco";

11.   ritiene che l'argomentazione della "inefficacia" delle sanzioni non possa essere addotta a sostegno di una loro revoca e che debba piuttosto essere utilizzata per riorientare e rivalutare le sanzioni stesse; è del parere inoltre che il mantenimento o meno delle sanzioni debba dipendere dal raggiungimento dei loro obiettivi, la cui natura può essere comunque rafforzata o modificata sulla base della loro valutazione; considera che, a tal fine, le sanzioni debbano sempre essere accompagnate da chiari parametri di riferimento;

12.   ritiene che l'efficacia delle sanzioni debba essere analizzata a diversi livelli, in termini sia di efficacia intrinseca delle misure, ossia la loro capacità di esercitare un impatto sulle attività private o professionali delle persone coinvolte in quanto membri di un regime sanzionato o sul funzionamento di quest'ultimo, sia di efficacia politica, ovvero la capacità delle sanzioni di indurre l'abbandono o di modificare le attività o le politiche che ne hanno motivato l'adozione;

13.   considera che per essere efficaci le sanzioni presuppongono la capacità dell'Unione europea di mantenerle nel tempo e deplora, a tale riguardo, l'utilizzo di clausole di revoca automatica del tipo "sunset clauses";

14.   si esprime contro l'applicazione, in qualsiasi caso, di sanzioni generalizzate ed indiscriminate nei confronti di qualsiasi Paese, poiché tale approccio comporta l'isolamento totale della popolazione; reputa che sanzioni economiche applicate senza coordinamento con altri strumenti politici riescano difficilmente a facilitare le riforme politiche in seno ai regimi sanzionati; insiste, dunque, affinché qualsiasi sanzione adottata contro le autorità statali sia sistematicamente accompagnata da un sostegno alla società civile del paese coinvolto;

Le sanzioni come elemento di una strategia globale in materia di diritti dell'uomo

15.   osserva che la maggior parte delle sanzioni dell'Unione europea vengono imposte per ragioni di sicurezza; sottolinea, tuttavia, che le violazioni dei diritti dell'uomo dovrebbero costituire una base sufficiente per l'applicazione di sanzioni, poiché esse rappresentano parimenti una minaccia alla sicurezza e alla stabilità;

16.   rileva che la principale finalità delle sanzioni è quella di indurre un cambiamento di politica o attività, in linea con gli obiettivi della posizione comune PESC o le conclusioni adottate dal Consiglio, o ancora la decisione internazionale sulla quale si basano le sanzioni;

17.   insiste sul fatto che il Consiglio, adottando i summenzionati "Principi di base sul ricorso a misure restrittive (sanzioni)", si è impegnato ad avvalersi delle sanzioni come elemento di un'impostazione politica integrata e globale; sottolinea, a tal proposito, che tale approccio include parallelamente dialogo politico, incentivi e condizionalità, e che potrebbe altresì comportare, come ultima istanza, il ricorso a misure coercitive, così come previsto dai Principi di base; ritiene che la clausola relativa ai diritti dell'uomo e alla democrazia, il sistema di preferenze generalizzate e gli aiuti allo sviluppo dovrebbero essere utilizzati come strumenti di tale impostazione politica integrata e globale;

18.   sottolinea che l'applicazione della clausola relativa ai diritti dell'uomo non può essere considerata una sanzione totalmente autonoma o unilaterale dell'Unione europea, poiché essa deriva direttamente dall'accordo bilaterale o multilaterale che stabilisce il reciproco impegno al rispetto dei diritti umani; reputa che le misure appropriate prese conformemente a detta clausola riguardino esclusivamente l'esecuzione dell'accordo in questione fornendo alle controparti la base giuridica per la sospensione o l'annullamento dello stesso; considera, di conseguenza, che l'applicazione delle clausole relative ai diritti dell'uomo e le sanzioni autonome o unilaterali siano necessariamente complementari;

19.   si compiace pertanto dell'inserimento sistematico delle clausole relative ai diritti dell'uomo e insiste sull'inclusione di uno specifico meccanismo di esecuzione in tutti i nuovi accordi bilaterali, inclusi gli accordi settoriali, firmati con i paesi terzi; ricorda, a tal proposito, l'importanza delle raccomandazioni formulate per un'attuazione più efficace e sistematica della clausola: elaborazione di obiettivi e di parametri di riferimento e valutazione periodica; ribadisce la richiesta che la clausola attinente ai diritti umani venga applicata attraverso una procedura di consultazione più trasparente tra le parti, compresi il Parlamento europeo e la società civile, che specifichi in dettaglio i meccanismi politici e giuridici da utilizzare qualora una richiesta di cooperazione bilaterale venga sospesa a causa di violazioni ripetute o sistematiche dei diritti umani in spregio del diritto internazionale; appoggia il modello procedurale concordato nell'ambito dell'accordo di Cotonou in reazione a gravi violazioni dei diritti umani, dei principi di democrazia e dello stato di diritto; è dell'avviso che il sistema del dialogo politico intensivo (articolo 8 dell'Accordo di Cotonou) e delle consultazioni (articolo 96 dell'Accordo di Cotonou), prima e dopo l'approvazione di misure adeguate, abbia offerto in numerosi casi uno strumento efficace per migliorare la situazione in loco;

20.   esorta la Commissione e gli Stati membri a non proporre accordi commerciali di libero scambio e/o accordi di associazione - anche se provvisti di clausole sui diritti dell'uomo - ai governi dei paesi in cui, secondo le relazioni dell'Ufficio dell'Alto commissario per i diritti dell'uomo delle Nazioni Unite, vengono commesse massicce violazioni degli stessi;

21.   considera che una persistente violazione dei diritti dell'uomo che non dia luogo ad alcuna misura appropriata né restrittiva pregiudica gravemente la strategia dell'Unione in materia di diritti umani, la sua politica di sanzioni e la sua credibilità;

22.   ritiene che una politica delle sanzioni sia molto più efficace quando si inserisce in una strategia coerente in materia di diritti dell'uomo; ribadisce la sua richiesta al Consiglio e alla Commissione di includere in ciascun documento di strategia per paese e negli altri documenti della stessa natura una strategia specifica per quanto concerne i diritti dell'uomo e la situazione in materia di democrazia;

23.   reputa che, nel caso di imposizione di sanzioni, i dialoghi e le consultazioni in materia di diritti dell'uomo debbano necessariamente e sistematicamente includere le discussioni sui progressi compiuti nel raggiungimento degli obiettivi e dei parametri di riferimento fissati al momento dell'adozione delle misure restrittive; ritiene, nel contempo, che gli obiettivi raggiunti in occasione dei dialoghi e delle consultazioni in materia di diritti dell'uomo non possano in alcun caso sostituirsi al raggiungimento degli obiettivi che sottendono alle sanzioni;

Azione coordinata della comunità internazionale

24.   è del parere che l'azione coordinata della comunità internazionale abbia un impatto più forte delle azioni disparate e disequilibrate degli Stati o delle entità regionali; apprezza pertanto che la politica sanzionatoria dell'Unione europea debba continuare a basarsi sul principio della preferenza del regime delle Nazioni Unite;

25.   invita il Consiglio, in mancanza di sanzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, a cooperare con Stati sanzionatori non appartenenti all'Unione europea, a condividere le informazioni e a coordinare il lavoro a livello internazionale per prevenire l'elusione delle sanzioni e massimizzare l'efficacia e l'applicazione delle sanzioni UE e di altre sanzioni in conformità con il diritto internazionale;

26.   ritiene che l'Unione europea dovrebbe mirare alla cooperazione con altre organizzazioni regionali come l'Unione Africana e l'Associazione delle Nazioni dell'Asia sud-orientale (ASEAN), al fine di promuovere i diritti umani ed assicurare il coordinamento delle azioni in materia di sanzioni;

27.   esorta l'Unione europea a intraprendere un dialogo sistematico con gli Stati non sanzionatori, al fine di raggiungere una posizione comune sulle misure restrittive, soprattutto a livello regionale; fa notare che, come dimostrato nel caso della Birmania/Myanmar, le sanzioni non determinano spesso il cambiamento di politica o di attività auspicato se la comunità internazionale è divisa e i principali attori non sono coinvolti nella loro applicazione;

28.   chiede al Consiglio e alla Commissione di inserire sistematicamente nell'ordine del giorno dei dialoghi politici con gli Stati non sanzionatori la questione del loro ruolo e della loro influenza presso il regime o gli attori non statali sanzionati, siano essi individui, organizzazioni o imprese;

29.   ritiene che la prospettiva della firma di un accordo di libero scambio con la regione di un paese sanzionato debba essere utilizzata come "carota" e mezzo di pressione e che, in ogni caso, il paese soggetto a un regime sanzionatorio debba essere escluso da un siffatto accordo;

Definizione di chiari processi decisionali, obiettivi, parametri di riferimento e meccanismi di revisione

30.   sottolinea la necessità di un'analisi approfondita di ciascuna situazione specifica prima dell'adozione di sanzioni, al fine di valutare il potenziale impatto delle diverse sanzioni e di individuare le più efficaci alla luce di tutti gli altri fattori pertinenti e di esperienze comparabili; reputa che una siffatta analisi preliminare sia tanto più giustificata, vista la difficoltà di fare marcia indietro dopo aver avviato il processo sanzionatorio senza minare la credibilità dell'Unione europea o il sostegno che l'Unione europea deve apportare alla popolazione del paese terzo sanzionato, tenuto conto altresì della possibilità che le autorità di tale paese strumentalizzino la decisione dell'Unione europea ; prende atto al riguardo della prassi corrente secondo cui l'adeguatezza, la natura e l'efficacia delle sanzioni proposte vengono discusse in sede di Consiglio sulla base di una valutazione dei capi missione dell'Unione europea nel periodo interessato, e chiede l'inclusione di una relazione di esperti indipendenti in tale valutazione;

31.   sottolinea, tuttavia, che tale analisi non andrebbe utilizzata per posticipare l'adozione di sanzioni; rileva al riguardo che la procedura in due fasi per l'imposizione di sanzioni nel quadro della PESC offre la possibilità di una reazione politica urgente, inizialmente attraverso l'adozione di una posizione comune da definire dopo un'analisi più approfondita del regolamento che illustri nel dettaglio la natura esatta e l'ambito di applicazione delle sanzioni;

32.   chiede di includere sistematicamente parametri di riferimento chiari e specifici negli strumenti giuridici quali condizioni per la revoca delle sanzioni; insiste in particolare affinché i parametri di riferimento siano definiti sulla base di una valutazione indipendente e non vengano modificati nel tempo in funzione dei cambiamenti politici avvenuti in seno al Consiglio;

33.   invita il Consiglio e la Commissione a istituire un processo esemplare di revisione delle sanzioni, che preveda in particolare l'inserimento sistematico di una clausola di revisione che comporti il riesame del regime sanzionatorio sulla base dei parametri di riferimento definiti e la valutazione del raggiungimento o meno degli obiettivi; insiste sul fatto che le dichiarazioni d'intento o la volontà di instaurare procedure in grado di produrre risultati positivi devono essere accolte in modo favorevole; sottolinea cionondimeno che, in sede di valutazione delle sanzioni, esse non possono in alcun caso sostituirsi al compimento di progressi tangibili e reali in vista del raggiungimento dei parametri di riferimento;

34.   ritiene che l'embargo sulle armi imposto alla Cina dimostri la coerenza e la costanza dell'intervento dell'Unione europea, poiché tale embargo è stato originariamente deciso a seguito del massacro di piazza Tiananmen nel 1989, massacro per il quale l'Unione europea non ha ricevuto alcuna spiegazione, e che non vi sia pertanto alcun motivo di revocarlo;

35.   esorta la formazione "Sanzioni" del Gruppo dei Consiglieri per le relazioni estere (Relazioni estere/Sanzioni) a svolgere appieno il suo mandato; insiste, in particolare, sulla necessità di condurre ricerche prima dell'adozione di sanzioni e, una volta adottato il provvedimento, di fornire periodicamente informazioni aggiornate sugli sviluppi e definire le migliori prassi sull'attuazione e l'esecuzione delle misure restrittive;

36.   riconosce che gli Stati, come anche le organizzazioni internazionali e regionali, devono rendere conto degli atti illeciti a livello internazionale nell'applicazione di sanzioni e sottolinea pertanto la necessità di un meccanismo giudiziale onde garantire il rispetto del diritto internazionale e del diritto umanitario;

37.   chiede che il Parlamento sia coinvolto in tutte le fasi del processo sanzionatorio: il processo decisionale che dà luogo alle sanzioni, la scelta delle sanzioni più adatte alla situazione, nonché la definizione dei parametri di riferimento, la valutazione della loro applicazione nel quadro del meccanismo di revisione e la revoca della sanzione;

Le sanzioni mirate: uno strumento più efficace?

38.   deplora che, in mancanza di una valutazione, sia impossibile giudicare l'efficacia delle misure mirate; riconosce, tuttavia, che la forte preoccupazione umanitaria ha indotto l'Unione europea ad abbandonare le sanzioni di portata economica generale, applicate in passato nel caso dell'Iraq e ad imporre sanzioni più mirate e "intelligenti", volte a esercitare il massimo impatto sul comportamento dei soggetti a cui sono rivolte, riducendo al minimo gli effetti umanitari negativi o le conseguenze per le persone che non sono oggetto della sanzione o i paesi vicini;

39.   ritiene che le sanzioni economiche avulse da altri strumenti politici difficilmente riescano a costringere il regime sanzionato ad apportare importanti cambiamenti politici; sottolinea inoltre che restrizioni economiche di ampia portata possono comportare costi economici e umanitari eccessivamente elevati, ribadisce quindi la sua richiesta di sanzioni economiche più mirate e concepite più attentamente, affinché esercitino il loro impatto soprattutto sui principali leader dei regimi sanzionati e sui responsabili delle violazioni dei diritti umani;

40.   rileva che qualsiasi sanzione economica deve in primo luogo e soprattutto mirare ai settori che non presentano un'elevata intensità di occupazione e sono di rilevanza limitata per le piccole e medie imprese, in quanto queste ultime sono importanti sia per lo sviluppo economico che per la redistribuzione dei redditi;

41.   sottolinea la necessità che le sanzioni in questione siano accompagnate da opportune misure nei confronti degli operatori economici dell'Unione europea che collaborano con tali persone; sottolinea che le sanzioni sulle materie prime, che colpiscono una fonte di reddito specifica o principale di un regime, presentano il rischio di effetti più ampi e indiscriminati sulla popolazione e possono favorire lo sviluppo di un'economia sommersa;

42.   ritiene che sanzioni di natura economica e finanziaria, anche quando mirate, debbano essere applicate da tutte le persone fisiche e giuridiche che svolgono un'attività commerciale nell'Unione europea, inclusi i cittadini di paesi terzi, e i cittadini dell'Unione europea o persone giuridiche registrate o costituite secondo la legislazione di uno Stato membro dell'Unione europea che svolgano attività commerciali al di fuori dell'Unione europea;

43.   invita a limitare l'applicazione delle "deroghe straordinarie" al congelamento dei beni; chiede che si definisca una procedura specifica per le obiezioni nel caso in cui uno Stato membro desideri concedere una deroga specifica al congelamento dei beni: l'efficacia della misura restrittiva, infatti, è compromessa dalla mancanza di una siffatta procedura, dal momento che gli Stati membri sono tenuti solamente a informare la Commissione prima di concedere la deroga;

44.   invita ad adottare un'azione per migliorare l'applicazione delle sanzioni finanziarie mirate dell'Unione europea, al fine di garantire che, nella pratica, le misure impediscano ai soggetti e alle entità sanzionati l'accesso globale a tutti i servizi finanziari all'interno della giurisdizione dell'Unione europea, incluso il passaggio attraverso le banche di compensazione dell'Unione europea o l'uso di servizi finanziari nella giurisdizione dell'Unione europea; sottolinea la necessità di una maggiore flessibilità nella distribuzione delle liste di sanzioni, in seno all'Unione europea e in seno agli Stati membri, alle persone su cui incombono gli obblighi di cui nella terza direttiva sul riciclaggio di denaro(19); propone che ciascuno Stato membro designi un'istituzione incaricata di diffondere tali informazioni;

45.   chiede una maggiore cooperazione da parte del Consiglio e della Commissione con gli amministratori e gli azionisti SWIFT in Europa, al fine di ottenere migliori risultati nel congelamento dei conti inclusi nella lista nera e l'eliminazione dei trasferimenti di denaro da e verso tali conti;

46.   invita il Consiglio e la Commissione a vagliare le possibilità e i modi di utilizzo in modo costruttivo dei redditi congelati delle autorità sanzionate, per esempio assegnando le risorse alle vittime di violazioni dei diritti umani o utilizzandole a favore dello sviluppo nel quadro del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unites;

47.   osserva che gli embarghi sulle armi sono un tipo di sanzione elaborato per arrestare il trasferimento di armi e attrezzature militari alle zone di guerra o ai regimi che verosimilmente li utilizzano a scopo di repressione interna o di aggressione nei confronti di un paese straniero, così come sancito nel Codice di condotta sulle esportazioni di armi;

48.   chiede una cooperazione coordinata tra gli Stati membri e la Commissione in merito all'esecuzione degli embarghi dell'Unione europea sulle armi applicati da ciascuno Stato membro;

49.   invita gli Stati membri ad adottare la posizione comune sulle esportazioni di armi che renderà l'attuale Codice di condotta sulle esportazioni di armi giuridicamente vincolante;

50.   esorta vivamente il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri a continuare a lavorare per migliorare le capacità di monitoraggio e di esecuzione delle Nazioni Unite e sostiene l'idea di istituire un gruppo permanente presso le Nazioni Unite per valutare il commercio di materie prime nei conflitti e il valore delle relative sanzioni aventi per oggetto tali beni;

51.   ricorda che le restrizioni all'ammissione (divieti di viaggio e divieti di rilascio di visti) costituiscono una delle fasi iniziali dell'iter sanzionatorio dell'Unione europea e comportano il divieto per le persone o le entità non statali presenti sulla lista nera di partecipare alle riunioni ufficiali dell'Unione europea e di recarsi nell'Unione europea per ragioni personali;

52.   constata con preoccupazione che l'osservanza del divieto di rilascio dei visti non è stata ottimale da parte degli Stati membri; invita pertanto gli Stati membri ad adottare un approccio concertato all'applicazione delle restrizioni di viaggio e delle relative clausole di esonero;

Rispetto dei diritti dell'uomo nell'applicazione delle sanzioni mirate nel quadro della lotta contro il terrorismo

53.   tiene conto del fatto che sia le sanzioni antiterrorismo adottate autonomamente dell'Unione europea, sia l'esecuzione da parte di quest'ultima delle sanzioni antiterrorismo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sono oggetto di diverse cause all'esame della Corte di giustizia delle Comunità europee del Tribunale di primo grado;

54.   ricorda l'obbligo per gli Stati membri di emettere sanzioni conformemente all'articolo 6, paragrafo 2, del trattato sull'Unione europea, che impone all'Unione il rispetto dei diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e derivanti dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri; sottolinea che le attuali procedure di redazione delle liste nere, a livello sia dell'Unione europea sia delle Nazioni Unite, sono lacunose sotto il profilo della sicurezza del diritto e dei ricorsi giudiziari; invita il Consiglio a trarre tutte le dovute conseguenze e ad eseguire appieno le sentenze del Tribunale di primo grado per quanto concerne sanzioni autonome dell'Unione europea in materia;

55.   invita il Consiglio e la Commissione a riesaminare l'attuale procedura di inserimento o eliminazione dalle liste nere, al fine di rispettare i diritti umani procedurali e sostanziali delle persone e delle entità incluse negli elenchi e, in particolare, le norme internazionali relative al diritto a un ricorso efficace dinanzi a un organo indipendente e imparziale e a un giusto processo, incluso il diritto a ricevere comunicazione e adeguate informazioni sulle accuse mosse contro la persona o l'entità in questione e le decisioni prese, e il diritto a un indennizzo per qualsiasi violazione dei diritti umani; chiede a tale proposito agli Stati membri dell'Unione europea di promuovere una siffatta revisione nell'ambito dei meccanismi delle Nazioni Unite al fine di garantire il rispetto dei diritti fondamentali in sede di applicazione di sanzioni mirate nel quadro della lotta contro il terrorismo;

56.   ritiene che l'articolo 75 TFUE costituisca un'opportunità che il Parlamento europeo dovrebbe cogliere per rimediare alle lacune della pratica attuale in materia d'iscrizione in una lista nera e sostiene tutti i lavori parlamentari in corso finalizzati all'inserimento nell'ordine del giorno del programma legislativo 2009;

57.   si rammarica che nessuno degli organi giudiziari possa valutare l'opportunità delle liste nere, poiché le prove a supporto di tali elenchi si basano innanzitutto su informazioni in possesso dei servizi segreti che agiscono ipso facto in segretezza; ritiene tuttavia che la fondamentale discrezione non debba trasformarsi in impunità nel caso del non rispetto delle leggi internazionali; chiede a tale proposito agli Stati membri di assicurare un efficace controllo parlamentare sul lavoro dei servizi segreti; ritiene a tale riguardo necessario associare il Parlamento europeo ai lavori della Conferenza delle commissioni parlamentari responsabili del controllo sui servizi di informazione e sicurezza degli Stati membri, già operante;

58.   ribadisce ciononostante che il sistema delle liste antiterrorismo, sempre che rispetti l'ultima giurisprudenza della Corte di giustizia, è uno strumento pertinente della politica dell'Unione europea in materia di lotta al terrorismo;

59.   sottolinea che il terrorismo rappresenta una minaccia per la sicurezza e la libertà e sollecita quindi il Consiglio a rivedere e ad aggiornare la lista delle organizzazioni terroristiche tenendo conto delle attività di queste ultime in tutti i continenti;

Per una politica sanzionatoria mista

60.   osserva che l'Unione europea ha sempre promosso un approccio positivo all'uso delle sanzioni, al fine di incoraggiare il cambiamento; sottolinea a tal fine che è importante privilegiare un'azione globale integrata mediante una strategia graduata di pressioni e incentivi;

61.   considera che la strategia di apertura e la politica di sanzioni non si escludano a vicenda; ritiene di conseguenza che la politica dell'Unione europea in materia di sanzioni possa contribuire a migliorare il rispetto dei diritti dell'uomo nello Stato sanzionato se è esplicitamente rivista a favore di una politica di misure positive; osserva, a tal proposito, la serie di sanzioni imposta nei confronti dell'Uzbekistan dal novembre 2007 all'aprile 2008: pur mantenendo per un anno le sanzioni imposte per l'inosservanza dei criteri iniziali relativi alle indagini sul massacro di Andijan e al rispetto dei diritti dell'uomo, il Consiglio ha deciso di sospendere l'applicazione del divieto di rilascio dei visti, lasciando al regime uzbeko sei mesi di tempo per adempiere una serie di criteri relativi ai diritti umani sotto l'incombente minaccia della reintroduzione automatica del divieto di rilascio di visti; osserva che l'assunzione d'impegno e le sanzioni hanno prodotto, insieme, alcuni positivi sviluppi, grazie alla possibile reintroduzione automatica delle sanzioni e alla definizione di precise condizioni; evidenzia che tali condizioni devono essere soddisfatte entro un periodo di tempo limitato ed essere pertinenti al regime sanzionatorio generale;

62.   chiede fin d'ora che le sanzioni siano sistematicamente accompagnate, nel quadro di una strategia multiforme, da misure positive rafforzate, volte a sostenere la società civile, i difensori dei diritti umani e tutti i tipi di progetti che promuovono i diritti umani e la democrazia; chiede che i programmi e gli strumenti tematici (IEDDH(20), attori non statali, iniziativa volta a investire nelle persone), contribuiscano pienamente alla realizzazione di tale obiettivo;

63.   invita il Consiglio e la Commissione a cogliere l'opportunità fornita dalla ratifica del trattato di Lisbona e dalla conseguente creazione del servizio europeo per l'azione esterna, al fine di garantire un'ottimizzazione della coerenza dei diversi strumenti d'azione esterna dell'Unione europea quale elemento chiave per una maggiore efficacia della politica di sanzioni dell'Unione europea;

Raccomandazioni alle istituzioni dell'Unione europe e agli Stati membri

64.   invita il Consiglio e la Commissione a intraprendere una valutazione globale e approfondita della politica di sanzioni dell'Unione europea, per determinarne l'incidenza e individuare le eventuali misure da adottare per rafforzarla; esorta il Consiglio e la Commissione a presentare un programma di siffatte misure; invita la Commissione e il Consiglio a valutare l'impatto delle sanzioni sulla politica di sviluppo dei paesi in questione e sulla politica commerciale dell'Unione europea;

65.   chiede alla Commissione di assicurare che le strategie di assistenza allo sviluppo nell'ambito dello Strumento di cooperazione allo sviluppo e del Fondo europeo per lo sviluppo siano coerenti con il regime di sanzioni esistenti e i dialoghi sui diritti umani; chiede alla Commissione di far sì che le condizioni degli aiuti a titolo del bilancio generale, compresi quelli a favore dei cosiddetti "contratti per gli Obiettivi di sviluppo del Millennio", siano esplicitamente collegate a criteri relativi ai diritti umani e alla democrazia;

66.   chiede al Consiglio e alla Commissione di approfittare dell'opportunità concessa dalla ratifica del trattato di Lisbona, della nomina di un Alto rappresentante dell'Unione per la politica estera e di sicurezza comune – che rivestirà contemporaneamente la carica di vicepresidente della Commissione e presidente del Consiglio "Affari esteri'– e della successiva creazione del Servizio europeo per l'azione esterna, al fine di rendere l'azione esterna dell'Unione europea più coerente e costante, migliorare le competenze dei competenti servizi dell'Unione europea che operano nel settore delle sanzioni e migliorare la cooperazione tra i diversi servizi;

67.   chiede nel contempo una maggiore cooperazione tra le autorità competenti degli Stati membri e della Commissione, al fine di garantire un'applicazione più coerente ed efficace delle misure restrittive;

68.   chiede altresì agli Stati membri che siedono nel Consiglio di Sicurezza dell'ONU di cercare sistematicamente di internazionalizzare le sanzioni emanate dall'Unione europea, conformemente all'articolo 19 del trattato UE;

69.   invita gli Stati membri, ogniqualvolta operino in seno al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, a non violare gli obblighi che essi hanno contratto in materia di rispetto dei diritti dell'uomo, in particolare la Convenzione europea dei diritti dell'uomo;

70.   incarica i suoi organi parlamentari, in particolare le sue delegazioni permanenti e ad hoc, di avvalersi dei loro contatti con i parlamenti nei paesi che non applicano sanzioni per migliorare la comprensione dei regimi di sanzioni dell'Unione europea in vigore in una determinata regione, e di esaminare le possibilità per attuare un'azione di coordinamento destinata a promuovere i diritti umani;

71.   invita la Commissione a istituire una rete di esperti indipendenti incaricata di proporre al Consiglio, in funzione della situazione, le misure restrittive più pertinenti e di redigere relazioni periodiche sull'evoluzione della situazione sulla base dei criteri di riferimento e degli obiettivi stabiliti, nonché, all'occorrenza, di proporre miglioramenti da apportare all'applicazione delle sanzioni; reputa che la costituzione di tale rete migliorerebbe la trasparenza e la discussione sulle sanzioni in generale, oltre a rafforzare anche l'esecuzione e il continuo monitoraggio delle sanzioni in casi specifici; ritiene nel contempo che la Commissione dovrebbe svolgere un ruolo più proattivo nella definizione di una chiara politica comunitaria in materia di sanzioni;

72.   ritiene che la legittimità della politica di sanzioni dell'Unione europea, che costituisce un elemento chiave e sensibile della PESC, debba essere rafforzata mediante il coinvolgimento del Parlamento in ogni fase della procedura, e ciò conformemente all'articolo 21 TUE, in particolare nell'elaborazione e applicazione delle sanzioni, sotto forma di consultazione sistematica con il Consiglio e la Commissione e di relazioni provenienti da tali istituzioni; è altresì del parere che il Parlamento debba essere coinvolto nella supervisione del raggiungimento dei parametri di riferimento da parte dei soggetti sanzionati; incarica la sua sottocommissione per i diritti dell'uomo di rendere sistematici e di supervisionare i lavori in tale ambito per tutte le sanzioni i cui obiettivi e criteri di riferimento riguardino i diritti dell'uomo;

o
o   o

73.   incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione, nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e ai Segretari generali delle Nazioni unite e del Consiglio d'Europa.

(1) GU C 320 del 28.10.1996, pag. 261.
(2) GU L 317 del 15.12.2000, pag. 3.
(3) GU L 209 del 11.8.2005, pag. 27.
(4) GU L 322 del 12.12.1996, pag. 1.
(5) GU L 344 del 28.12.2001, pag. 90.
(6) GU L 344 del 28.12.2001, pag. 93.
(7) GU L 344 del 28.12.2001, pag. 70.
(8) GU L 139 del 29.5.2002, pag. 4.
(9) GU L 139 del 29.5.2002, pag. 9.
(10) GU C 98 del 18.4.2008, pag. 1
(11) GU C 131 E del 5.6.2003, pag. 147.
(12) GU C 290 E del 29.11.2006, pag. 107.
(13) GU C 292 del 8.11.1982, pag. 13.
(14) GU C 78 del 2.4.2002, pag. 32.
(15) GU C 187 E del 24.7.2008, pag. 214.
(16) Il testo dell'Articolo 96 dell'accordo di Cotonou del 23 giugno 2000 recita quanto segue:"Articolo 96Elementi essenziali - Procedura di consultazione e misure appropriate relative ai diritti dell'uomo, ai principi democratici e allo Stato di diritto1. Ai fini del presente articolo, s'intende per "parte" la Comunità e gli Stati membri dell'Unione europea, da un lato, e ciascuno Stato ACP, dall'altro.2. a) Se, nonostante il dialogo politico che le parti intrattengono regolarmente, una parte reputa che l'altra non abbia soddisfatto un obbligo derivante dal rispetto dei diritti dell'uomo, dei principi democratici o dello Stato di diritto di cui all'articolo 9, paragrafo 2, essa fornisce all'altra parte e al Consiglio dei ministri, eccetto in casi particolarmente urgenti, le informazioni utili necessarie ad un esame approfondito della situazione, al fine di trovare una soluzione accettabile per entrambe le parti. A tal fine, essa invita l'altra parte a tenere consultazioni vertenti principalmente sulle misure adottate o da adottare dalla parte interessata per porre rimedio alla situazione.Le consultazioni sono condotte al livello e nella forma considerati più appropriati al raggiungimento di una soluzione. Le consultazioni iniziano entro 15 giorni dall'invito e continuano per un periodo stabilito di comune accordo in funzione del carattere e della gravità della violazione. In ogni caso, esse non superano i 60 giorni.Se le consultazioni non portano ad una soluzione accettabile per entrambe le parti, se la consultazione è rifiutata o vi è un'urgenza particolare, possono essere adottate misure appropriate. Tali misure sono revocate non appena vengono meno le ragioni che hanno condotto alla loro adozione.b) Con l'espressione "urgenza particolare" s'intendono casi eccezionali di violazioni particolarmente serie e flagranti di uno degli elementi essenziali di cui all'articolo 9, paragrafo 2, che richiedono una reazione immediata.La parte che ricorre alla procedura d'urgenza particolare ne informa separatamente l'altra parte e il Consiglio dei ministri, a meno che non le manchi il tempo di farlo.c) Con l'espressione "misure appropriate" utilizzata nel presente articolo s'intendono le misure adottate in conformità del diritto internazionale e proporzionate alla violazione. Nella scelta di tali misure si privilegiano quelle che pregiudicano meno l'applicazione del presente accordo. Resta inteso che la sospensione costituisce l'ultima risorsa.Se in casi di urgenza particolare vengono adottate misure, esse sono notificate immediatamente all'altra parte e al Consiglio dei ministri. Su richiesta della parte interessata, possono allora essere avviate consultazioni per esaminare in profondità la situazione e, se possibile, trovare una soluzione. Tali consultazioni si svolgono secondo le modalità indicate alla precedente lettera a), secondo e terzo comma.".
(17) GU L 50 del 20.2.2004, pag. 66.
(18) GU L 43 del 19.2.2008, pag. 39.
(19) Direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo (GU L 309 del 25.11.2005, pag. 15).
(20) Regolamento (CE) n. 1889/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, che istituisce uno strumento finanziario per la promozione della democrazia e dei diritti umani nel mondo (GU L 386 del 29.12.2006, pag. 1).


Millennio per lo sviluppo - Obiettivo 5: miglioramento della salute materna
PDF 138kWORD 55k
Risoluzione del Parlamento europeo del 4 settembre 2008 sulla mortalità materna in vista dell'evento di alto livello sugli Obiettivi di sviluppo del Millennio, che si terrà il 25 settembre 2008
P6_TA(2008)0406RC-B6-0377/2008

Il Parlamento europeo,

–   visti gli obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM), adottati al Vertice del Millennio delle Nazioni Unite nel settembre 2000,

–   visto il calendario di azioni per gli OSM del Consiglio europeo di giugno 2008 e le sue tappe per il 2010,

–   in vista dell'evento di alto livello sugli OSM in programma presso la sede delle Nazioni Unite a New York il 25 settembre 2008,

–   vista la "Relazione della UE sugli obiettivi di sviluppo del Millennio 2000-2004 della Commissione (SEC(2005)456),

–   viste le conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Bruxelles del 16 e del 17 dicembre 2004, in cui veniva confermato il pieno impegno dell'Unione europea con riguardo agli OSM e alla coerenza delle politiche,

–   viste la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo adottata il 20 novembre 1959, in base alla quale "devono essere assicurate, al bambino e alla madre, cure speciali e una protezione particolare, comprese cure adeguate nel periodo precedente e seguente la nascita", e la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia del 20 novembre 1989, con la quale gli Stati firmatari si impegnano a "garantire alle madri adeguate cure prenatali e postnatali",

–   vista la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio dal titolo "Parità tra donne e uomini ed emancipazione femminile nella cooperazione allo sviluppo" (COM(2007)0100),

–   vista la strategia comune Africa-UE, approvata la vertice Unione europea-Africa tenutosi a Lisbona nel 2007,

–   vista la sua risoluzione del 13 marzo 2008 sulla parità di genere e l'emancipazione femminile nella cooperazione allo sviluppo(1),

–   viste le sue risoluzioni del 12 aprile 2005 sul ruolo dell'Unione europea nel conseguimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM)(2) e del 20 giugno 2007 sugli obiettivi di sviluppo del Millennio – bilancio intermedio(3),

–   viste le sue risoluzioni del 17 novembre 2005 su una strategia di sviluppo per l'Africa(4) e del 25 ottobre 2007 sulla situazione delle relazioni UE-Africa(5),

–   visti la Quarta conferenza mondiale sulle donne, svoltasi a Pechino nel settembre 1995, la dichiarazione e la piattaforma di azione approvate a Pechino, nonché i successivi documenti finali approvati nel corso delle sessioni speciali delle Nazioni Unite Pechino+5 e Pechino+10 sulle ulteriori azioni e iniziative per attuare la dichiarazione e la piattaforma di azione di Pechino, approvati rispettivamente il 10 giugno 2000 e l'11 marzo 2005,

–   visti le dichiarazioni comuni del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione sulla politica di sviluppo dell'Unione europea: "Il consenso europeo" (Consenso europeo in materia di sviluppo)(6), e il Consenso europeo sull'aiuto umanitario(7),

–   viste le relazioni sullo stato della popolazione mondiale del Fondo demografico delle Nazioni Unite (UNFPA), intitolate rispettivamente "The Promise of Equality: Gender Equity, Reproductive Health and the Millennium Development Goals" (ovvero Promessa di uguaglianza: parità di genere, salute riproduttiva e obiettivi di sviluppo del Millennio) del 2005 e "A Passage to Hope: Women and International Migration" (ovvero Passaggio alla speranza: donne e migrazione internazionale) del 2006,

–   visto il regolamento (CE) n. 1905/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo(8),

–   visti il protocollo della Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli sui diritti delle donne in Africa, noto anche come "Protocollo di Maputo", entrato in vigore il 25 novembre 2005, e il Piano d'azione di Maputo per la messa in atto del quadro strategico continentale per la salute e i diritti in materia sessuale e riproduttiva 2007-2010, approvato nel corso della sessione speciale della Conferenza dei ministri dalla salute dell'Unione africana tenutasi nel settembre 2006,

–   visti la Conferenza internazionale sulla popolazione e lo sviluppo (ICPD) delle Nazioni Unite, svoltasi nel settembre 1994 al Cairo, il programma finale d'azione adottato al Cairo nonché i successivi documenti finali approvati nel 1999 nel corso della sessione speciale delle Nazioni Unite sulle ulteriori azioni per attuare il Programma d'azione della ICPD approvati,

–   visti il quadro d'azione e le raccomandazioni di Bruxelles sulla salute per lo sviluppo sostenibile, adottati in occasione della prima riunione dai ministri della sanità dei paesi del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) a Bruxelles nell'ottobre 2007,

–   visto il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali delle Nazioni Unite (ICESCR), entrato in vigore il 3 gennaio 1976, in particolare l'articolo 12,

–   vista l'Osservazione generale n. 14 della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti economici, sociali e culturali sull'articolo 12 dell'ICESCR (dal titolo: The Right to the Highest Attainable Standard of Health (ovvero il diritto al miglior stato di salute possibile)),

–   vista la Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW), entrata in vigore il 3 settembre 1981,

–   visto l'articolo 103, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.   considerando che fra tutti gli OSM quello della salute materna (OSM 5) è il settore in cui si registrano meno progressi, e che pertanto l'OSM 5 è fra gli obiettivi che hanno meno probabilità di essere realizzati entro il 2015, in particolare nell'Africa subsahariana e nell'Asia meridionale,

B.   considerando che ogni anno oltre mezzo milione di donne muoiono durante la gravidanza o il parto e che il 99% di questi decessi si registrano nei paesi in via di sviluppo; considerando che in 20 anni l'incidenza di questi decessi nell'Africa subsahariana è rimasta praticamente immutata, con un tasso di riduzione annua soltanto dello 0,1%, e che in tale regione per una donna il rischio di morire durante la gravidanza o il parto è di uno su sedici nell'arco della vita; considerando che la mortalità materna è l'indicatore più drammatico delle disuguaglianze sanitarie globali,

C.   considerando che, oltre alla disuguaglianza geografica, l'esperienza e le ricerche in materia rivelano disparità significative nei tassi di mortalità materna in relazione a situazione economica, razza e origine etnica, residenza urbana o rurale, livello d'istruzione e persino divisioni linguistiche o religiose nell'ambito dello stesso paese, anche nei paesi industrializzati, e che la disparità nella mortalità materna è la maggiore tra quelle rilevate da tutte le statistiche sanitarie pubbliche,

D.   considerando che il G8 ha approvato un pacchetto sanitario che contribuirà a formare ed assumere 1,5 milioni di operatori sanitari in Africa e garantirà che l'80% delle gestanti sia accompagnato durante il parto da un operatore sanitario addestrato; considerando che tale pacchetto include l'impegno a raggiungere l'obiettivo di 2,3 operatori sanitari per 1.000 abitanti in 36 paesi africani in cui si registra una carenza critica; che, tuttavia, non si parla di stanziare i 10 miliardi di dollari che gli attivisti della società civile sostengono sarebbero necessari per salvare la vita di sei milioni di madri e bambini ogni anno,

E.   considerando che la mortalità e la morbilità materna costituiscono un'emergenza sanitaria globale: si stima che ogni anno circa 536 000 donne muoiano durante il parto, mentre una donna su venti subisce gravi complicazioni che vanno dalle infezioni croniche a lesioni invalidanti come la fistola ostetrica o all'invalidità per tutta la vita,

F.   considerando che le ragioni per cui le donne muoiono durante la gravidanza e il parto non sono un mistero - le cause della mortalità materna sono chiare e ben conosciute, così come lo sono i mezzi per evitarla,

G.   considerando che le cause della mortalità materna potrebbero essere prevenute assicurando l'assistenza alla maternità in condizioni di sicurezza, l'accesso ad una contraccezione efficace e la possibilità di aborto legale e sicuro,

H.   considerando che la mortalità materna potrebbe essere prevenuta aumentando l'accesso e il ricorso a metodi di pianificazione familiare, assicurando l'accessibilità e la prestazione di un'assistenza alla maternità sicura e di qualità, in particolare durante la gravidanza, al momento del parto, in caso di cure ostetriche d'urgenza e nel periodo post-parto, e migliorando la salute e lo stato nutrizionale delle donne e la loro posizione nella società,

I.   considerando che questa impostazione preventiva comprende la formazione delle donne e degli operatori sanitari in modo che riconoscano le complicazioni della gravidanza e del parto e ricorrano a cure appropriate, una rete di infrastrutture sanitarie adeguate che possano essere raggiunte in tempi ragionevoli con le infrastrutture e i trasporti disponibili, e la prestazione di cure adeguate in queste infrastrutture sanitarie vicine da parte di personale formato e in presenza di una gestione efficace e della disponibilità di elettricità, acqua e materiali medici, anche nelle zone rurali,

J.   considerando che i decessi per maternità evitabili costituiscono una violazione del diritto alla vita delle donne e delle adolescenti, quale stabilito in vari documenti internazionali sui diritti dell'uomo, tra cui la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite, e che le cause della mortalità e della morbilità materna possono comportare violazioni anche di altri diritti dell'uomo, come il diritto al migliore stato possibile di salute fisica e mentale e il diritto alla non discriminazione nell'accesso alle cure sanitarie di base,

K.   considerando che il diritto all'autodeterminazione sessuale e riproduttiva comprende il diritto a sposarsi, ad avere una famiglia e ad avere rapporti sessuali volontari, nonché il diritto a non subire violenza e coercizione sessuali,

L.   considerando che è responsabilità dei governi fornire, direttamente o tramite terzi, servizi sanitari come diritto dei cittadini, e considerando che anche per i governi che dispongono di risorse limitate è possibile adottare misure immediate che hanno un impatto sulla salute materna,

M.   considerando che, in ultima analisi, le cause alla base della mortalità materna e delle lesioni da parto sono meno verosimilmente di ordine pratico o strutturale ma sono piuttosto sintomatici dello scarso valore e della bassa condizione riconosciuti alle donne, che sono generalmente svantaggiate nella società, e riconoscendo che, in paesi con livelli analoghi di sviluppo economico, quanto più alto è lo status delle donne tanto più basso è il tasso di mortalità materna,

N.   considerando che le donne sono particolarmente vulnerabili durante la gravidanza o il parto a causa di varie forme di discriminazione, come le disparità tra uomini e donne in famiglia, pratiche tradizionali che sono dannose per le donne, le violenze contro le donne, la mancanza di controllo della donna sulla propria salute riproduttiva e i propri diritti riproduttivi, la non accettazione delle neonate femmine e gli stereotipi secondo i quali le donne sono prima di tutto madri e assistenti delle persone anziane o malate; considerando che la CEDAW è stata ratificata da tutti gli Stati membri dell'Unione europea,

O.   considerando che l'Assemblea generale dell'ONU ha incluso nell'elenco degli OSM "l'accesso universale alla salute riproduttiva entro il 2015" come sotto-obiettivo nell'ambito dell'OSM 5 - mortalità materna,

P.   considerando che la comunità internazionale, in occasione della ICPD, ha promesso nuove risorse, individuando la "salute riproduttiva" (comprendente la pianificazione familiare e i servizi sanitari per la maternità) come priorità essenziale degli sforzi internazionali in materia di sviluppo,

Q.   considerando che non solo il sostegno non è aumentato, ma i finanziamenti complessivi dei donatori per la pianificazione familiare sono oggi molto più bassi rispetto al 1994, essendo passati da 723 milioni USD nel 1995 a 442 milioni USD nel 2004 in cifra assoluta,

R.   considerando che l'Unione europea si è assunta regolarmente e costantemente l'impegno di raggiungere l'obiettivo OSM 5, l'ultima volta nel summenzionato "calendario di azioni per gli OSM" dell'Unione europea del giugno 2008,

S.   considerando che, nonostante la gravità del problema e la violazione di diritti umani, i servizi per la salute materna sono rimasti agli ultimi posti dell'agenda internazionale, relegati in secondo piano dagli interventi per malattie specifiche, e ciò ha portato all'emarginazione della mortalità materna, mentre l'alta incidenza di HIV ha contribuito alla stasi o al deterioramento dei progressi verso la riduzione della mortalità e della morbilità materna,

1.   esprime forte preoccupazione per il fatto che la riduzione della mortalità materna (nell'ambito dell'OSM 5) è l'unico OSM per cui non solo non sono stati compiuti progressi dal 2000, in particolare nell'Africa subsahariana e nell'Asia meridionale, ma si registrano oggi dati uguali a quelli di 20 anni fa;

2.   osserva che oltre all'istruzione, anche l'emancipazione delle donne contribuisce significativamente al miglioramento della salute materna (OSM 5);

3.   invita il Consiglio e la Commissione, in vista dell'evento ad alto livello delle Nazioni Unite sugli OSM, a dare priorità alle azioni volte a realizzare l'OSM 5 (miglioramento della salute materna);

4.   invita il Consiglio e la Commissione a ridurre la disparità fra i tassi di mortalità materna dei paesi industrializzati e quelli dei paesi in via di sviluppo, attraverso maggiori investimenti e azioni per il miglioramento delle risorse umane destinate alla salute, nonché attraverso maggiori risorse e maggiore impegno per rafforzare i sistemi sanitari e le infrastrutture sanitarie di base, ivi comprese dotazioni per il monitoraggio, la supervisione, le funzioni sanitarie pubbliche di base, l'azione comunitaria e altre necessarie funzioni di supporto;

5.   invita il Consiglio e la Commissione a intensificare gli sforzi per eliminare le mortalità e la morbilità materna evitabili sviluppando, attuando e valutando regolarmente delle "road map" e dei piani d'azione per la riduzione dell'incidenza globale di tale mortalità e morbilità, basati su un'impostazione equa, sistematica e permanente, incentrata sui diritti umani, e adeguatamente sostenuti e agevolati da forti meccanismi istituzionali e finanziamenti;

6.   invita il Consiglio e la Commissione ad ampliare la fornitura di servizi sanitari per la maternità nel contesto dell'assistenza sanitaria primaria, sulla base del concetto della scelta informata, dell'educazione alla maternità sicura, di un'assistenza prenatale focalizzata ed efficace, di programmi nutrizionali per la madre, di un'adeguata assistenza al parto che eviti un eccessivo ricorso al parto cesareo e assicuri le emergenze ostetriche, di servizi di invio a centri idonei per le complicazioni della gravidanza, del parto e dell'aborto, e dell'assistenza sanitaria e pianificazione familiare post-natali;

7.   invita il Consiglio e la Commissione a promuovere l'accesso di tutte le donne a informazioni e servizi esaurienti in materia di salute sessuale e riproduttiva;

8.   invita il Consiglio e la Commissione ad adottare e sviluppare gli indicatori e i parametri già collaudati per la riduzione della mortalità materna (compresi gli stanziamenti di aiuti pubblici allo sviluppo) e a stabilire meccanismi di monitoraggio e di trasparenza che possano portare ad un miglioramento costante delle politiche e dei programmi esistenti;

9.   invita il Consiglio e la Commissione a garantire che i servizi di assistenza per la salute riproduttiva siano forniti a prezzi modici e siano disponibili, accessibili e di buona qualità, e a dedicare il massimo delle risorse disponibili alle politiche e ai programmi in materia di mortalità materna;

10.   invita la Commissione e il Consiglio ad assicurare la raccolta di dati affidabili e tempestivi per orientare l'attuazione delle misure di lotta alla mortalità e morbilità materna;

11.   invita il Consiglio e la Commissione a rendere possibili la formazione, la creazione di capacità e la disponibilità di infrastrutture per una quantità adeguata di personale ostetrico qualificato, e a garantire che tutte le donne e le ragazze incinte abbiano accesso a tale personale e che le "road map" e i piani d'azione nazionali riflettano questo obiettivo;

12.   invita a potenziare gradualmente i programmi sanitari nazionali di test per l'HIV prima e nel corso della gravidanza, di terapia antiretrovirale per le donne incinte HIV-positive e di misure preventive contro l'HIV quali campagne d'informazione e azioni d'educazione;

13.   sollecita l'Unione europea a restare all'avanguardia degli sforzi per sostenere i diritti alla salute sessuale e riproduttiva mantenendo i livelli di finanziamento per l'attuazione del Programma d'azione dell'ICPD, e lamenta il fatto che l'Africa subsahariana, avendo i livelli più elevati di mortalità materna, abbia anche il tasso più basso del mondo dell'uso di contraccettivi (19%), mentre il 30% dei decessi da maternità nella regione sono provocati da aborti eseguiti in modo non sicuro;

14.   ritiene che per raggiungere gli obiettivi OSM sull'accesso universale alla salute riproduttiva entro il 2015 occorra aumentare il livello di finanziamento dell'Unione europea, altrimenti le donne continueranno a morire per la gravidanza e per cause connesse;

15.   invita il Consiglio e la Commissione a sviluppare programmi e politiche che intervengano sui fattori di base - determinanti ai fini sanitari - che sono essenziali per prevenire la mortalità materna, come la partecipazione ai processi decisionali riguardanti la salute, l'informazione sulla salute sessuale e riproduttiva, l'alfabetizzazione, la nutrizione, la non discriminazione e le norme sociali alla base della parità di genere;

16.   invita il Consiglio e la Commissione a seguire i progressi compiuti nella riduzione della mortalità materna, a partecipare attivamente alle iniziative globali come il "Conto alla rovescia per il 2015", a condividere le migliori pratiche sui programmi e le politiche in questo campo e a incoraggiare un continuo sforzo di miglioramento;

17.   sollecita gli Stati membri dell'Unione europea a non fare marcia indietro sugli impegni di finanziamento per la realizzazione degli OSM, in particolare l'OSM 5, e invita la Presidenza del Consiglio ad assumere la guida e a dare il buon esempio assicurando che siano disponibili finanziamenti adeguati e preventivabili e che si intensifichino gli sforzi al fine di salvare vite umane;

18.   ricorda l'impegno degli Stati membri a raggiungere entro il 2015 un livello di aiuto pubblico allo sviluppo pari allo 0,7% del reddito nazionale lordo, e invita gli Stati membri che non sono attualmente sulla strada giusta ad intensificare i loro sforzi;

19.   invita i paesi che non hanno ancora introdotto un divieto delle pratiche e tradizioni nocive quali la mutilazione genitale femminile ad assumere iniziative e a sostenere campagne d'informazione al riguardo;

20.   invita la Commissione ad assicurare che i contratti OSM siano prevalentemente concentrati sui settori della salute e dell'istruzione;

21.   deplora il divieto, sostenuto dalle chiese, di usare contraccettivi, dal momento che l'uso del preservativo e fondamentale per la prevenzione di malattie e gravidanze indesiderate;

22.   condanna la norma USA "Global Gag" che impedisce alle ONG straniere che beneficiano di finanziamenti USAID (Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale) per la pianificazione familiare di utilizzare i propri fondi non statunitensi per fornire servizi abortivi legali, consulenza medica o aborti su richiesta medica.

23.   incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Segretario generale delle Nazioni Unite, all'Unione interparlamentare e al Comitato per l'assistenza allo sviluppo dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).

(1) Testi approvati, P6_TA(2008)0103.
(2) GU C 33 E del 9.2.2006, pag. 311.
(3) GU C 146 E del 12.6.2008, pag. 232.
(4) GU C 280 E del 18.11.2006, pag. 475.
(5) Testi approvati, P6_TA(2007)0483.
(6) GU C 46 del 24.2.2006, pag. 1.
(7) GU C 25 del 30.1.2008, pag. 1.
(8) GU L 378 del 27.12.2006, pag. 41.


Commercio dei servizi
PDF 150kWORD 66k
Risoluzione del Parlamento europeo del 4 settembre 2008 sul commercio dei servizi (2008/2004(INI))
P6_TA(2008)0407A6-0283/2008

Il Parlamento europeo,

–   visto l'Accordo generale sugli scambi di servizi (GATS) entrato in vigore nel gennaio 1995,

–   vista la comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni "Europa globale: competere nel mondo. Un contributo alla strategia per la crescita e l'occupazione dell'UE" (COM(2006)0567),

–   vista la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni "Europa globale: un partenariato rafforzato per assicurare l'accesso ai mercati per gli esportatori europei" (COM(2007)0183),

–   vista la proposta di decisione del Consiglio relativa alla firma e all'applicazione provvisoria dell'Accordo di partenariato economico tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e gli Stati del CARIFORUM, dall'altra (COM(2008)0155),

–   vista la proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'Accordo di partenariato economico tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e gli Stati del CARIFORUM, dall'altra (COM(2008)0156),

–   vista la sua risoluzione del 22 maggio 2007 sull'Europa globale - aspetti esterni della competitività(1),

–   vista la sua risoluzione del 19 febbraio 2008 sulla strategia dell'Unione europea per assicurare alle imprese europee l'accesso ai mercati(2),

–   vista la sua risoluzione del 13 dicembre 2007 sulle relazioni economiche e commerciali con la Corea(3),

–   vista la sua risoluzione dell'8 maggio 2008 sulle relazioni economiche e commerciali con l'Associazione dei paesi del sud-est asiatico (ASEAN)(4),

–   vista la sua risoluzione del 4 aprile 2006 sulla valutazione del round di Doha a seguito della Conferenza ministeriale dell'OMC a Hong Kong(5),

–   vista la sua risoluzione del 12 ottobre 2006 sulle relazioni economiche e commerciali tra l'Unione europea e il Mercosur in vista della conclusione di un accordo di associazione interregionale(6),

–   vista la sua risoluzione del 1° giugno 2006 sulle relazioni economiche transatlantiche UE-USA (7),

–   vista la sua risoluzione del 13 ottobre 2005 sulle prospettive delle relazioni commerciali tra l'Unione europea e la Cina(8),

–   vista la sua risoluzione del 28 settembre 2006 sulle relazioni economiche e commerciali dell'Unione europea con l'India(9),

–   visto l'articolo 45 del suo regolamento,

–   visti la relazione della commissione per il commercio internazionale e i pareri della commissione per i problemi economici e monetari e della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori (A6-0283/2008),

A.   considerando che l'Unione europea è l'attore più competitivo nel commercio dei servizi; che è il maggiore esportatore del mondo e il maggior fornitore di servizi, con oltre il 28% delle esportazioni mondiali complessive, e che ha pertanto un forte interesse a garantire l'apertura di nuovi mercati di beni, servizi e investimenti,

B.   considerando che nel 2007 la percentuale totale del PIL dell'Unione europea a 25 rappresentata dal settore dei servizi era pari al 75%; considerando che nel 2007 la quota del PIL rappresentata dai servizi era pari a circa il 78% in America settentrionale, al 52% in Africa e al 60% in Asia,

C.   considerando che il commercio dei servizi corrisponde attualmente al 25% del commercio mondiale, che il settore ha tuttavia un enorme potenziale e al suo interno vengono creati più posti di lavoro che in qualsiasi altro comparto economico,

D.   considerando che lo sviluppo di un'occupazione di qualità va di pari passo con l'aumento quantitativo dei posti di lavoro; rileva che è nel settore dei servizi che si creano il maggior numero di lavori a tempo parziale e che è necessario che lo sviluppo di tale settore economico rispetti le raccomandazioni dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL),

E.   considerando che il sistema commerciale multilaterale, regolamentato dall'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), rimane lo strumento più efficace per conseguire un commercio equo dei beni e dei servizi a livello mondiale, mediante la messa a punto di norme adeguate e la garanzia della loro osservanza; considerando che il ruolo dell'OMC nell'ambito dell'Accordo generale sugli scambi di servizi (GATS) deve prendere in considerazione la diversa natura del settore dei servizi, che non si presta a calcoli quantitativi del proprio grado di liberalizzazione o delle rimanenti barriere commerciali,

F.   considerando che il GATS è e deve rimanere il quadro multilaterale per la regolamentazione del commercio dei servizi; che ciò non preclude agli Stati e soprattutto all'Unione europea la possibilità di negoziare accordi bilaterali con elenchi di impegni specifici di più ampio respiro; considerando, tuttavia, che gli accordi bilaterali possono avere conseguenze negative sul progresso e sull'importanza del quadro multilaterale,

G.   considerando che un'infrastruttura efficiente dei servizi è un prerequisito per il successo economico; che l'accesso ai servizi di livello mondiale aiuta gli esportatori e i produttori di beni e servizi dei paesi in via di sviluppo a sfruttare appieno la loro forza competitiva; che molti di questi paesi, grazie agli investimenti e alle competenze provenienti dall'estero, sono riusciti a progredire anche sui mercati internazionali dei servizi; considerando che la liberalizzazione dei servizi è diventata oggi un elemento chiave di molte strategie di sviluppo,

H.   considerando che gli ostacoli al commercio e le barriere "dopo le frontiere" non solo limitano il commercio dei beni ma influiscono molto negativamente anche sui servizi e sugli appalti pubblici,

I.   considerando che l'apertura del mercato dei servizi prevede una netta distinzione tra i paesi industrializzati e i paesi in via di sviluppo nonché tra i singoli paesi in via di sviluppo, al fine di tenere in considerazione i diversi livelli di sviluppo,

J.   considerando che alcuni paesi in via di sviluppo, e in particolare quelli meno sviluppati, dovrebbero potenziare la loro governance e creare strutture e infrastrutture efficienti finalizzate a incrementare gli scambi e a espandere i mercati dei servizi,

K.   considerando che per il Parlamento è importante avere accesso in tempo utile ai testi dei vari mandati di negoziato conferiti alla Commissione,

Osservazioni generali

1.   ricorda che un commercio internazionale al servizio dello sviluppo e della riduzione della povertà deve altresì contribuire al progresso sociale e al lavoro dignitoso; che le regole del commercio devono rispettare le norme sociali definite dall'OIL; che la lotta contro tutte le forme di sfruttamento sul posto di lavoro (divieto del lavoro forzato e in particolare del lavoro minorile), nonché il rispetto delle libertà sindacali sono essenziali per mettere a punto scambi equilibrati nell'interesse di tutti; ribadisce la necessità di esaminare l'interazione tra il commercio e le questioni sociali;

2.   richiama l'attenzione sull'elevato livello della competitività esterna dei fornitori dell'Unione europea di servizi; invita la Commissione a perseguire, in tutti i negoziati commerciali, un'apertura progressiva e reciproca dell'accesso al mercato dei servizi nonché una politica volta ad aumentare la trasparenza e la prevedibilità delle norme in materia e accompagnata da regole e sanzioni severe per contrastare la corruzione e i monopoli, affinché i cittadini e gli imprenditori di entrambe le parti che aderiscono ad un accordo possano avere accesso a una gamma più ampia di servizi;

3.   riconosce appieno la distinzione esistente tra la diversa natura dei servizi, in particolare la necessità di fare una distinzione tra servizi commerciali e servizi non commerciali; sottolinea la necessità di un approccio differenziato all'apertura dei mercati dei servizi di interesse generale;

4.   ricorda che la Commissione deve tener conto degli interessi dei diversi Stati membri e dei paesi in via di sviluppo, nonché delle ineguaglianze economiche tra categorie di cittadini, nel negoziare gli elenchi di impegni;

5.   ritiene che un mercato interno efficiente nel settore dei servizi sia importante per la competitività globale delle imprese dell'Unione europea; sottolinea che, in tale prospettiva, è importante applicare e recepire in modo tempestivo e corretto la legislazione comunitaria, compresa la direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno(10);

6.   sottolinea che il settore dei servizi può fornire numerose soluzioni ai problemi ambientali e ritiene che i servizi costituiscano uno dei principali elementi di valore aggiunto nell'esportazione del know-how dell'Unione europea; ribadisce che è necessario tener conto dell'importanza del settore dei servizi nel mettere a punto una politica per lo sviluppo sostenibile;

7.   si compiace dell'enfasi posta dalla Commissione sulla necessità di fare in modo che i consumatori possano beneficiare degli effetti positivi della globalizzazione; sottolinea come una concorrenza leale, abbinata ad un elevato livello di protezione dei consumatori, sia di fondamentale importanza per far sì che i consumatori possano godere dei vantaggi dei mercati liberalizzati dell'Unione;

8.   è convinto che i servizi svolgano un ruolo chiave in qualsiasi economia e ritiene che una più ampia apertura di accesso al mercato dei servizi che tenga conto delle diverse realtà economiche sia pertanto importante non solo per i paesi sviluppati ma anche per i paesi in via di sviluppo;

9.   sottolinea che l'Unione europea deve tenere in considerazione i diversi gradi di sviluppo quando richiede la deregolamentazione e la liberalizzazione dei servizi, e sottolinea pertanto che l'Unione europea non dovrebbe imporre un modello universale agli altri paesi;

10.   ritiene che, per raggiungere risultati positivi, la liberalizzazione di un nuovo settore dei servizi, in particolare nei paesi in via di sviluppo, debba necessariamente essere accompagnata da nuove regolamentazioni e da meccanismi di supervisione e di attuazione che consentano di limitare gli effetti negativi sulla popolazione e sull'ambiente nonché gli abusi di posizione dominante o di concentrazione,

11.   è consapevole del fatto che le nuove regole proposte in materia di regolamentazione interna verranno aggiunte al GATS sotto forma di allegato e richiederanno una modifica dell'accordo; invita la Commissione a tenere informato il Parlamento circa le attività del gruppo di lavoro del GATS sulla regolamentazione interna e a sottoporre al Parlamento qualsiasi decisione in merito a una modifica dell'accordo GATS in virtù della procedura di codecisione;

12.   riconosce la sovranità degli Stati e il loro conseguente diritto a elaborare norme in tutti gli ambiti relativi ai servizi, in particolare quello dei servizi pubblici, indipendentemente dagli impegni assunti nel quadro del GATS, a condizione che tali accordi siano conformi all'articolo VI del GATS sulla regolamentazione interna; ritiene che il mercato dei servizi necessiti di norme chiare e giuridicamente inequivocabili per operare con efficienza;

13.   fa notare che, in termini di efficienza, il vantaggio che si otterrebbe con l'apertura del mercato dei servizi alla concorrenza, accompagnata da misure normative interne, consentirebbe ai paesi meno sviluppati di offrire una gamma più ampia di servizi ai loro cittadini; ribadisce l'importanza di garantire servizi pubblici universali, accessibili e sostenibili ad un prezzo contenuto e caratterizzati da standard qualitativi elevati;

14.   sottolinea che occorrono norme e standard per disciplinare la liberalizzazione; incoraggia a conformarsi agli standard ambientali e qualitativi in modo ragionevole e obiettivo, senza creare inutili barriere al commercio;

15.   si compiace del fatto che la Commissione abbia reso noto il pacchetto di offerte della Comunità nell'ambito dei negoziati GATS in corso; ritiene tuttavia che la Commissione dovrebbe consultarsi più specificamente con il Parlamento europeo e le sue commissioni interessate in merito agli attuali sviluppi;

16.   sottolinea che lo scambio di servizi è in larga misura un trasferimento di conoscenze tra i paesi e che, pertanto, la libertà di tali scambi è fondamentale per qualsiasi strategia di sviluppo in quanto consente di trasferire il know-how in modo approfondito, rapido ed efficace;

17.   riconosce che alcuni dei problemi relativi all'equità e alla trasparenza della fornitura dei servizi in taluni paesi in via di sviluppo insorgono spesso con la complicità di imprese dei paesi sviluppati;

18.   invita la Commissione ad elaborare una visione d'insieme dettagliata di specifici settori dei servizi quali, ad esempio, il settore del software, degli audiovisivi, della logistica e dei servizi finanziari, che svolgono un ruolo chiave in alcuni paesi in via di sviluppo e che vengono erogati e distribuiti su scala mondiale; chiede inoltre alla Commissione un'analisi dettagliata di come questo abbia effetti sul mercato europeodei servizi;

19.   invita la Commissione ad effettuare un'analisi dettagliata dei principali servizi di estrazione di dati ("data mining") che operano su scala globale; chiede inoltre alla Commissione informazioni dettagliate circa l'ubicazione, gli operatori, la portata e la qualità del servizio in tale settore;

Il round di Doha per lo sviluppo e il GATS

20.   si richiama all'articolo XIX del GATS secondo cui i membri partecipano a cicli successivi di negoziati, che cominciano al più tardi cinque anni dopo la data di entrata in vigore dell'accordo OMC e si tengono in seguito periodicamente nell'intento di giungere progressivamente ad un grado sempre più elevato di liberalizzazione; ricorda che i negoziati si inseriscono nel quadro del principio dell'impegno unico e devono quindi essere bilanciati rispetto agli interessi invocati in altri settori negoziali;

21.   ricorda che i principi del GATS non vietano né la privatizzazione né la deregolamentazione; sottolinea che di conseguenza ogni Stato ha la facoltà di liberalizzare qualsiasi settore dei servizi; evidenzia che gli elenchi del GATS riportano gli impegni vincolanti di ciascun membro dell'OMC in relazione al commercio dei servizi e che ogni membro è libero di aprire il proprio mercato oltre gli impegni assunti nel GATS a condizione che rispetti il principio della nazione più favorita sancito nell'articolo II o l'articolo V del GATS sull'integrazione economica;

22.   ricorda che il round di Doha per lo sviluppo deve concentrarsi sullo sviluppo e, quindi, che i negoziati sul commercio dei servizi devono assecondare gli interessi dell'Unione europea e al tempo stesso la crescita economica dei paesi più poveri;

23.   sottolinea la necessità di lasciare ai paesi in via di sviluppo un margine politico nella scelta del grado di reciprocità nell'apertura degli scambi, al fine di proteggere i più vulnerabili consentendo loro di decidere da soli la portata e il ritmo della propria liberalizzazione;

24.   prende atto della richiesta avanzata dai paesi in via di sviluppo nei confronti dell'Unione europea e degli USA in particolare affinché migliorino le offerte nella Modalità 4; ritiene necessario che si individui il giusto equilibrio per soddisfare entrambe le parti; esorta la Commissione a comunicare al Parlamento eventuali modifiche rispetto alle richieste originali;

Accordi bilaterali e regionali

25.   esorta alla chiarezza e all'ambizione negli impegni relativi agli accordi commerciali bilaterali e regionali futuri e in quelli attualmente in corso di negoziato; sottolinea l'importanza di inserire in tali accordi commerciali clausole in materia di diritti dell'uomo e norme sociali;

26.   prende atto dei risultati conseguiti nell'Accordo di partenariato economico con il Forum degli Stati ACP dei Caraibi (CARIFORUM); ritiene che il commercio dei servizi rappresenti uno strumento di sviluppo a condizione che esistano regole interne per disciplinare i servizi solide e trasparenti; chiede che siano garantiti per tutti servizi pubblici universali, accessibili, sostenibili e ad un prezzo ragionevole, nonché standard qualitativi elevati;

27.   rileva che il capitolo relativo agli investimenti dell'accordo di partenariato economico con il CARIFORUM garantisce agli investitori esteri i vantaggi previsti, per effetto degli impegni sottoscritti nel quadro di tale accordo;

28.   sostiene nello specifico l'intesa sulla Modalità 4 dell'accordo UE-CARIFORUM; ritiene che questo sia un mezzo per evitare la fuga dei cervelli;

29.   ritiene, in relazione ai negoziati dell'accordo di libero scambio UE-ASEAN, che gli aspetti dell'accordo relativi agli appalti, agli investimenti e ai servizi pubblici dovrebbero riconoscere il diverso livello di sviluppo dei membri dell'ASEAN e rispettare il diritto di tutti i partecipanti a regolamentare i servizi pubblici, soprattutto quelli relativi alle esigenze di base; ciò, tuttavia, non deve impedire alle imprese private di equilibrare le carenze laddove lo Stato non sia in grado di fornire i servizi richiesti dai cittadini;

30.   è consapevole, in relazione ai negoziati dell'accordo di libero scambio UE-Corea, delle difficoltà con cui si scontrano le imprese estere nell'accesso al mercato coreano dei servizi, compresi quelli bancari, assicurativi, delle telecomunicazioni, delle agenzie di stampa e della consulenza legale; esorta inoltre la Commissione, nel momento in cui affronterà la questione nei negoziati sul relativo accordo, a tener conto di crescenti timori espressi all'interno dell'UE riguardo alle conseguenze di una liberalizzazione del settore bancario e assicurativo non accompagnata da una sana e trasparente regolamentazione interna, conseguenze che potrebbero innescare una crisi;

31.   sottolinea, in relazione ai negoziati dell'accordo di libero scambio UE-India, l'importanza del partenariato con l'India e la necessità di ottenere un accordo ambizioso che preveda impegni concreti e ampi, con il minor numero possibile di restrizioni sull'accesso al mercato indiano attraverso tutte le modalità di fornitura; rileva che la liberalizzazione degli scambi nei servizi dovrebbe essere pari almeno al 90% in termini sia di copertura di settore sia di volume degli scambi, in linea con i requisiti di copertura sostanziale di cui all'articolo V del GATS; fa presente che le restrizioni sono particolarmente forti nei servizi finanziari, dei valori mobiliari, di contabilità, delle telecomunicazioni, della distribuzione, postali, di corriere e legali;

32.   è preoccupato, in relazione al negoziato di un accordo di libero scambio UE-Consiglio di cooperazione del Golfo per il livello di trasparenza e di responsabilità nell'ambito dei servizi finanziari e, in particolare, degli investimenti realizzati dai fondi sovrani ("sovereign wealth funds");

Questioni settoriali specifiche

33.   rileva che nessun membro dell'OMC ha finora assunto impegni nel settore della distribuzione dell'acqua; sottolinea che l'eventuale assunzione di un impegno in tal senso non preclude allo Stato la possibilità di fissare livelli di qualità, sicurezza, prezzo o altri obiettivi politici ritenuti adatti, e che i fornitori esteri e locali dovrebbero rispettare le stesse regole;

34.   sottolinea l'importanza dei servizi culturali, quali il settore audiovisivo, musicale ed editoriale, sia per le industrie dell'Unione che per i nostri partner commerciali; esorta la Commissione a garantire che gli scambi nell'ambito dei servizi culturali siano meglio equilibrati, nel rispetto dei diritti di proprietà intellettuale;

35.   sottolinea che in particolare il settore del turismo contribuisce notevolmente all'economia di numerosi paesi in via di sviluppo; ritiene essenziale pertanto che l'Unione fornisca un sostegno attraverso la cooperazione allo sviluppo e l'assistenza tecnica;

36.   ritiene che, sulla base di prestabilite norme interne solide e trasparenti, un'apertura prudente e graduale del mercato dei servizi finanziari nei paesi in via di sviluppo può offrire ai cittadini e agli imprenditori l'accesso ai fondi per creare posti di lavoro a livello locale e alleviare la povertà, poiché non sarebbero più costretti a dipendere da monopoli o istituzioni statali;

37.   ritiene che, al fine di aumentare la sua competitività esterna, l'Unione europea debba adottare misure nell'ambito della politica commerciale per rafforzare la sicurezza delle transazioni elettroniche e del commercio e migliorare la protezione dei dati;

38.   rileva che i servizi, in particolare i servizi finanziari, interessano vari settori di competenza e sottolinea che la presente risoluzione pone l'accento sullo scambio di servizi, vale a dire sul conseguimento dell'accesso ai mercati attraverso la loro spontanea apertura mediante il metodo di contrattazione basato sulla domanda e sull'offerta; suggerisce di trattare nella sede opportuna temi come la vigilanza finanziaria, la regolamentazione e altre questioni legate ai vari aspetti dei servizi finanziari;

39.   sostiene vivamente la convinzione della Commissione secondo cui l'accesso al mercato e il libero scambio di servizi costituiscono una componente fondamentale dell'agenda di Lisbona per la crescita e l'occupazione; sottolinea che l'apertura dei mercati, unitamente ad uno scambio di servizi libero, equilibrato e regolamentato, presenta vantaggi per tutti i paesi e le regioni partecipanti;

40.   rileva che le imprese dell'Unione europea sono sempre più attive a livello internazionale, che la crescita economica globale è trainata in larga misura da paesi terzi e che un migliore accesso al mercato contribuirebbe quindi al rafforzamento della competitività;

41.   ritiene che lo scambio di servizi sia un necessario complemento allo scambio di beni ma che essi non dovrebbero essere considerati distinti l'uno dall'altro;

42.   ritiene che l'economia dei servizi sia diventata il settore economico quantitativamente più importante nelle economie dell'OCSE e che un aumento degli scambi e della disponibilità dei servizi rafforzerà la crescita economica e agevolerà la crescita e lo sviluppo delle imprese, migliorando i risultati di altri comparti, in quanto i servizi forniscono fattori produttivi intermedi fondamentali, soprattutto in un mondo globalizzato sempre più interconnesso;

43.   riconosce che l'accesso al mercato nel settore dei servizi rappresenta un processo difficile nell'ambito dei negoziati attualmente in corso in seno all'OMC sull'Agenda di Doha per lo sviluppo; invita la Commissione a perseguire l'elaborazione di un pacchetto equilibrato che preveda un'offerta ambiziosa nel settore dei servizi, soprattutto in quello dei servizi finanziari, in cui l'industria dell'Unione presenta un bagaglio competitivo di conoscenze e un notevole potenziale di crescita; rileva che il rispetto di regole e norme è necessario per evitare la creazione di barriere non tariffarie, che possono risultare sensibili nel settore dei servizi;

44.   invita la Commissione a tenere pienamente conto, nei negoziati commerciali, dell'esistenza dei servizi d'interesse generale e del potenziale impatto dell'apertura dei mercati sulla loro organizzazione;

45.   rileva che, per quanto riguarda i servizi finanziari, il mercato dell'Unione europea è uno dei più aperti a livello mondiale, ma sottolinea che l'Unione deve prefiggersi un approccio più aggressivo ed equilibrato nei negoziati sugli scambi di servizi e sostenere i principi di apertura, sviluppo e reciprocità;

46.   sottolinea quanto sia importante che le autorità competenti nel settore dei servizi finanziari stiano al passo con tutti gli sviluppi dei mercati dei servizi finanziari europei e globali; invita la Commissione e gli Stati membri a migliorare il quadro regolamentare europeo nonché a intensificare il dialogo normativo tra l'Unione europea e i suoi partner commerciali allo scopo di ridurre le barriere commerciali;

47.   invita la Commissione a controllare le pratiche "offshore" dei paesi terzi che pregiudicano un'apertura reciprocamente benefica dei mercati;

48.   invita gli Stati membri a collaborare con la Commissione ad una politica commerciale più integrata e coerente, in particolare nel campo degli investimenti; sottolinea come gli Stati membri non debbano enfatizzare i rischi legati agli investimenti esteri, ma perseguire un'effettiva apertura delle loro economie e un approccio comune nell'ambito dei fondi sovrani; prende atto della necessità di valutare questioni come la sicurezza degli approvvigionamenti, soprattutto per quanto riguarda gli investimenti esteri effettuati da enti statali nel settore energetico, e rammenta che tale valutazione non può essere utilizzata come una misura protezionistica;

49.   richiama l'attenzione della Commissione sui rischi potenziali, in materia di rispetto delle norme sulla concorrenza in seno all'Unione europea, connessi alla mancanza di reciprocità nell'accordo OMC sugli appalti pubblici;

50.   chiede alla Commissione di rafforzare la lotta alla contraffazione soprattutto via Internet, anche favorendo una migliore cooperazione fra le amministrazioni nazionali e rafforzando gli strumenti per l'osservazione e la valutazione della contraffazione; chiede inoltre alla Commissione di presentare al Parlamento e al Consiglio una proposta intesa a fornire alla Comunità e ai suoi Stati membri dati qualitativi e statistici a livello europeo sulla contraffazione soprattutto via Internet;

51.   condivide il forte sostegno della Commissione ai negoziati multilaterali sul commercio, ma rileva che nell'ambito degli scambi di servizi, soprattutto per quanto concerne i servizi finanziari, gli accordi di libero scambio potrebbero essere adeguati meglio ai fini dell'accesso al mercato; ritiene che al momento di adottare in via definitiva accordi completi di partenariato economico con i paesi ACP, essi potrebbero riguardare non soltanto i beni ma anche i servizi e gli investimenti, tuttavia solo se tali paesi lo desiderano;

52.   sottolinea che un efficace accesso al mercato dei servizi finanziari crea migliori opportunità di concorrenza, trasparenza e diversificazione; rileva che, soprattutto nelle economie emergenti, un efficace accesso al mercato potrebbe comportare un più forte sviluppo dei mercati finanziari locali, a vantaggio delle imprese che intendono stabilirvisi, nonché offrire ai consumatori una più vasta scelta e prodotti migliori;

53.   invita la Commissione, alla luce della scarsa capacità finanziaria, amministrativa e istituzionale dei paesi ACP, a garantire il rispetto delle norme stabilite a livello internazionale in materia di regolamentazione e vigilanza nel settore dei servizi finanziari al momento dei negoziati e dell'applicazione degli accordi commerciali con i paesi che sono ritenuti dei paradisi fiscali;

54.   ritiene che, in particolare, l'accesso ai servizi finanziari (microcredito, accesso a conti bancari e servizi bancari di base, credito ipotecario, leasing e factoring, assicurazioni, pensioni nonché bonifici nazionali e internazionali) sia necessario ai fini di un impegno dei singoli cittadini in attività economiche di base nei paesi in via di sviluppo e invita pertanto la Commissione a promuovere un migliore accesso al mercato dei servizi finanziari in tali paesi e a incoraggiare una sana regolamentazione prudenziale, lo sviluppo di mercati competitivi e l'istruzione in materia di servizi finanziari;

o
o   o

55.   incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, nonché all'Organizzazione mondiale del commercio e ai relativi Stati membri.

(1) GU C 102 E del 24.4.2008, pag. 128.
(2) Testi approvati, P6_TA(2008)0053.
(3) Testi approvati, P6_TA(2007)0629.
(4) Testi approvati, P6_TA(2008)0195.
(5) GU C 293 E del 2.12.2006, pag. 155.
(6) GU C 308 E del 16.12.2006, pag. 182.
(7) GU C 298 E dell"8.12.2006, pag. 235.
(8) GU C 233 E del 28.9.2006, pag. 103.
(9) GU C 306 E del 15.12.2006, pag. 400.
(10) GU L 376 del 29.12.2006, pag. 36.


Politica europea dei porti
PDF 137kWORD 59k
Risoluzione del Parlamento europeo del 4 settembre 2008 su una politica europea dei porti (2008/2007(INI))
P6_TA(2008)0408A6-0308/2008

Il Parlamento europeo,

–   vista la comunicazione della Commissione dal titolo "Comunicazione su una politica europea dei porti" (COM(2007)0616),

–   vista la comunicazione della Commissione dal titolo "Verso una politica marittima dell'Unione: una visione europea degli oceani e dei mari" (COM(2006)0275),

–   vista la sua risoluzione del 12 luglio 2007 su "Verso una politica marittima dell'Unione: una visione europea degli oceani e dei mari"(1),

–   vista la sua risoluzione dell'11 marzo 2008 sulla politica europea del trasporto sostenibile tenendo conto delle politiche europee dell'energia e dell'ambiente(2),

–   vista la direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici(3),

–   vista la direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche(4),

–   vista la direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti(5),

–   vista la direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque(6),

–   visto l'articolo 299, paragrafo 2, del trattato CE,

–   visto l'articolo 45 del suo regolamento,

–   visti la relazione della commissione per i trasporti e il turismo e il parere della commissione per lo sviluppo regionale (A6-0308/2008),

A.   considerando che il tema dell'accesso al mercato dei servizi portuali è stato oggetto di dibattito in seno al Parlamento e che, in seguito, la Commissione ha avviato un'ampia consultazione delle parti interessate,

B.   considerando che la succitata comunicazione della Commissione su una politica europea dei porti non propone misure nuove sull'accesso al mercato dei servizi portuali,

C.   considerando che la dimensione internazionale di questo settore implica una politica europea dei porti a livello comunitario che sfrutti i vantaggi comparativi geopolitici di questi ultimi,

D.   considerando l'importanza che i porti rivestono non solo per il trasporto marittimo, fluviale e intermodale in Europa, ma anche in quanto assi economici e mezzi d'integrazione della popolazione,

E.   considerando che, alla luce dei suoi obiettivi di accrescere la competitività del trasporto marittimo e fornire servizi moderni di elevata qualità, la politica europea dei porti dovrebbe promuovere i quattro principi seguenti: sicurezza, tempestività dei servizi, basso costo, rispetto per l'ambiente,

F.   considerando le diverse sfide che i porti europei dovranno affrontare in futuro, in particolare per quanto concerne l'ambiente, la globalizzazione, lo sviluppo sostenibile, l'occupazione e le condizioni sociali, segnatamente in materia di sicurezza e apprendimento permanente, il finanziamento, l'accesso al mercato e l'amministrazione, nonché le misure anticoncorrenziali e discriminatorie intraprese dai paesi non appartenenti all'Unione europea nei mercati geografici di rilievo,

G.   considerando che la scarsità di territori adatti allo sviluppo di porti in Europa e la rarità e fragilità degli habitat naturali evidenziano l'importanza per il legislatore di assicurare un equilibrio e una chiarezza giuridica in relazione ai suoi obblighi ambientali, economici e sociali,

H.   considerando le notevoli differenze esistenti nel settore portuale europeo e la forte crescita attesa nei prossimi anni,

I.   considerando che l'allargamento del canale di Panama avrà un impatto che finirà probabilmente per accentuare l'attuale tendenza alla crescita delle dimensioni delle navi,

J.   considerando l'importanza che infrastrutture moderne e collegamenti efficaci con l'entroterra e le isole rivestono per i porti,

1.   accoglie con favore la suddetta comunicazione della Commissione su una politica europea dei porti;

2.   si compiace dell'approccio che la Commissione ha seguito nell'elaborare tale comunicazione, in particolare per quanto riguarda l'ampio processo di consultazione avviato durante la sua preparazione;

3.   accoglie con favore l'interesse che la Commissione ha riservato a strumenti giuridici non vincolanti quali la pubblicazione di orientamenti e la rimozione degli ostacoli amministrativi;

4.   ricorda l'importanza fondamentale del settore portuale nell'Unione europea sotto i profili economico, commerciale, sociale, ambientale e strategico;

5.   ritiene che il ruolo della Commissione sia importante al fine di garantire che tutti i porti europei siano in grado di sviluppare appieno il proprio potenziale;

6.   approva l'intenzione della Commissione di pubblicare orientamenti sull'applicazione della normativa ambientale comunitaria nel caso dello sviluppo dei porti e delle loro infrastrutture, dato che l'obiettivo principale è proteggere l'ambiente marino e le aree circostanti ai porti; esorta la Commissione a pubblicare tali orientamenti prima della fine del 2008;

7.   ritiene che i porti e la natura possano coesistere in modo sostenibile, dal momento che la distruzione della natura comporta spesso danni economici per altri settori quali il turismo, l'agricoltura e la pesca, e invita pertanto il Commissario per i trasporti a lavorare in stretto collegamento con il Commissario per l'ambiente per elaborare e applicare la normativa comunitaria e gli orientamenti sui porti e le questioni ambientali;

8.   ritiene che l'obiettivo di detti orientamenti debba essere quello di far fronte al problema dell'insicurezza giuridica risultante da talune direttive nel settore dell'ambiente e in questo modo di attuare efficacemente la politica ambientale, tenendo conto della specificità dei porti nell'Unione;

9.   sottolinea la necessità di coinvolgere le autorità portuali e locali nella redazione dei piani di gestione dei bacini fluviali nonché dei porti marittimi per quanto riguarda la qualità delle acque, conformemente alla direttiva 2000/60/CE;

10.   richiama l'attenzione sulla necessità che gli enti territoriali sostengano gli sforzi compiuti per ridurre le emissioni di CO2 provocate dalle navi e dai trasporti terrestri e aerei, attuando piani di gestione della qualità dell'aria e conformandosi alla Convenzione Marpol e alla direttiva 96/62/CE del Consiglio, del 27 settembre 1996, in materia di valutazione e di gestione della qualità dell'aria ambiente(7);

11.   sottolinea la necessità di sviluppare una politica europea integrata che rafforzi la competitività regionale e la coesione territoriale tenendo conto di aspetti sociali, ambientali, economici e di sicurezza sull'insieme del territorio, attraverso la creazione di partenariati interistituzionali, intersettoriali e multiterritoriali;

12.   rileva che la Commissione è preoccupata per la distribuzione dei flussi di traffico in Europa e richiama l'attenzione sulla diversità esistente nel settore portuale e sulla crescita dei porti di piccole e medie dimensioni in Europa; ritiene inoltre che la Commissione dovrebbe tener conto dei grandi cambiamenti che si verificheranno nel traffico marittimo internazionale in seguito allo sviluppo tecnologico ed economico, all'allargamento del canale di Panama e all'aumento della grandezza e della capacità delle navi, che avranno senza dubbio un impatto rilevante sul settore;

13.   richiama l'attenzione sulla dimensione territoriale dello sviluppo dei porti europei, in particolare sulla necessità di una cooperazione e coordinamento transfrontalieri tra le regioni portuali limitrofe; sottolinea l'importanza della politica europea di vicinato e della strategia regionale per il Mediterraneo, il Mar Baltico e il Mar Nero; si compiace della proposta della Commissione di compilare un inventario dei problemi riscontrati fra i porti dell'Unione europea e quelli degli Stati limitrofi;

14.   invita la Commissione a monitorare sistematicamente lo sviluppo di nuove tecnologie e metodologie di gestione impiegate a livello internazionale nei porti e nei servizi portuali, nei terminal per il trasporto di merci, di passeggeri e per il trasporto terrestre, al fine di promuovere politiche e iniziative per sviluppare i porti comunitari e migliorarne l'efficienza e la produttività, a beneficio degli stessi e degli utenti;

15.   è dell'avviso che i cambiamenti tecnologici necessari per consentire ai porti intermedi di far fronte alle sfide di un maggior volume di traffico avranno importanti conseguenze finanziarie per le regioni interessate; ritiene che tali regioni dovrebbero poter utilizzare a tal fine i fondi strutturali, specialmente per finanziare l'acquisizione di impianti tecnologici avanzati, creare posti di lavoro in settori innovativi e riabilitare le zone urbane liberate dal trasferimento delle attività portuali all'esterno delle città;

16.   è del parere che la certezza giuridica del quadro normativo comunitario nel campo marittimo, derivante dal quadro normativo internazionale, dipenda da una rapida approvazione del pacchetto marittimo Erika III;

17.   invita la Commissione e gli Stati membri a promuovere la cooperazione fra i porti europei; sottolinea in tale contesto il ruolo che i porti svolgono sul piano dell'economia regionale del loro entroterra; a questo proposito rileva che lo sviluppo armonioso dei porti è un elemento chiave della politica marittima integrata dell'Unione;

18.   sottolinea il ruolo sociale e culturale dei porti per la popolazione dell'entroterra e ritiene essenziale sensibilizzare il pubblico sull'importanza dei porti come mezzi di sviluppo;

19.   è dell'avviso che il trasporto marittimo e fluviale non possano essere considerati separatamente dal trasporto terrestre e aereo e che il legame con l'entroterra rivesta enorme importanza per il successo commerciale di un porto e che sia pertanto necessario stabilire l'interconnessione fra i porti, le piattaforme logistiche interne e gli "interporti"; in questo senso ritiene altresì che sarebbe auspicabile una partecipazione co-modale dei porti per quanto riguarda la rete transeuropea dei trasporti (RTE-T) e i futuri corridoi verdi comunitari per assicurare un migliore utilizzo delle capacità di trasporto nei settori del cabotaggio e del trasporto fluviale, nonché il loro collegamento con modi di trasporto terrestre e aereo, in modo da assicurare una politica dei trasporti coerente ed efficace;

20.   sostiene pertanto l'intenzione della Commissione di valutare lo stato dei collegamenti dei porti con l'entroterra, le necessità in materia e le loro incidenze sull'equilibrio dei flussi di traffico, in occasione del riesame intermedio della RTE-T nel 2010(8);

21.   ritiene che uno degli obiettivi del riesame intermedio della RTE-T nel 2010 debba essere quello di integrare il trasporto marittimo e fluviale al trasporto terrestre attraverso i porti europei;

22.   invita le autorità regionali interessate ad attuare una politica dei trasporti più orientata al multimodale che consenta lo sviluppo del trasporto per ferrovia e per vie navigabili, parallelamente a quello autostradale, nonché l'effettiva connessione delle zone portuali con la RTE-T e un più efficace collegamento dei porti con l'entroterra, in particolare attraverso l'utilizzo della ferrovia e delle vie marittime interne;

23.   constata che i porti europei entrano in concorrenza con quelli di paesi terzi che non sono soggetti alle stesse regole applicabili ai porti dell'Unione europea e devono inoltre far fronte a politiche economiche discriminatorie (ad esempio politiche tariffarie discriminatorie) attuate dai paesi confinanti con l'Unione;

24.   invita la Commissione a riesaminare le questioni di sicurezza portuale e a tenere presente il maggiore costo relativo alla competitività dei porti comunitari;

25.   apprezza l'intenzione della Commissione di compilare un inventario dei problemi incontrati in tale ambito dai porti europei e invita la Commissione ad esaminare la possibilità di creare un registro per affrontare in modo specifico i problemi derivanti dalla concorrenza con i porti non appartenenti all'Unione europea, nonché le misure anticoncorrenziali e discriminatorie intraprese dai paesi confinanti con l'Unione europea;

26.   sottolinea la necessità di sviluppare la cooperazione con i paesi terzi al fine di preparare e presentare programmi per lo sviluppo, il coordinamento e il trasferimento delle conoscenze fra i porti limitrofi;

27.   è dell'avviso che la Commissione dovrebbe esaminare la possibilità di istituire un programma comunitario sul rinnovo delle navi da trasporto, in particolare di quelle destinate al cabotaggio e al trasporto fluviale;

28.   ritiene che le nuove tecnologie, e specialmente l'informatica, siano elementi cruciali che consentono ai porti europei, già soggetti a pressioni dovute alla concorrenza con porti di paesi terzi ma anche, per alcuni porti, alla mancanza di spazio per svilupparsi, di accrescere la loro efficienza e redditività;

29.   esorta la Commissione e gli Stati membri ad accelerare, attraverso gli organismi idonei, l'applicazione di sistemi di pilotaggio a distanza al fine di aumentare l'efficienza e la sicurezza della gestione del traffico nei porti così come nelle aree di rada;

30.   incoraggia la Commissione a portare avanti la ricerca e l'innovazione in questi settori mediante programmi quadro dell'Unione e invita la Commissione e gli Stati membri a sostenere la ricerca nel settore della sicurezza, allo scopo di ridurre per quanto possibile il numero di incidenti, in quello della logistica, al fine di migliorare l'utilizzazione dello spazio nei porti, e nel settore dell'ambiente, in modo da ridurre le emissioni di CO2 e l'inquinamento provocato dai rifiuti;

31.   invita la Commissione e gli Stati membri ad appoggiare le proposte presentate all'Organizzazione marittima internazionale per sostituire l'attuale carburante con il diesel entro il 2020, nonché la possibilità di includere il settore marittimo nel sistema di scambio delle quote di emissioni;

32.   invita la Commissione e gli Stati membri a sostenere attivamente il continuo miglioramento della flotta del servizio di ricerca e salvataggio ("Search and Rescue"- SAR) e delle altre funzionalità SAR nei porti, ai sensi delle convenzioni SOLAS (salvaguardia della vita umana in mare) e SAR, e a rafforzare ulteriormente la cooperazione fra i centri di coordinamento del soccorso marittimo;

33.   ritiene che sia necessario sviluppare ulteriormente i programmi "nave pulita" e "porto pulito";

34.   chiede alla Commissione e al settore in questione di incoraggiare le compagnie marittime a ridurre il numero di container trasportati a vuoto e ad utilizzare appieno tale capacità e di sostenere le iniziative che perseguono tale obiettivo (ad esempio mediante programmi di ricerca), tenendo conto delle esigenze specifiche e reali dei clienti e riducendo l'impatto ambientale;

35.   si compiace dell'intenzione della Commissione di presentare una proposta legislativa sulla creazione di uno spazio europeo del trasporto marittimo senza barriere e ritiene che tale proposta debba mirare a garantire un'equa concorrenza fra il trasporto marittimo e il trasporto terrestre nell'Unione;

36.   raccomanda quindi che le merci sdoganate per la Comunità siano esentate da qualsiasi controllo doganale nel trasporto marittimo a corto raggio nella Comunità e che, per quanto possibile, vengano create zone portuali separate per il traffico intracomunitario e quello internazionale e si proceda alla semplificazione del trasporto interno, alla standardizzazione e all'identificazione di container speciali;

37.   invita la Commissione a rivedere e migliorare le politiche per lo sviluppo e il sostegno del trasporto marittimo a corto raggio;

38.   invita la Commissione ad esaminare la possibilità di prevedere un documento di trasporto unico per i container nella Comunità, in modo da semplificare le procedure amministrative;

39.   invita la Commissione ad effettuare uno studio sui fondi assegnati dai poteri pubblici ai porti mercantili europei allo scopo di individuare eventuali distorsioni della concorrenza e a precisare negli orientamenti sugli aiuti di Stato quali tipi di aiuto forniti alle autorità portuali debbano considerarsi aiuti di Stato; ritiene che gli eventuali investimenti delle autorità pubbliche nello sviluppo dei porti non dovrebbero essere considerati aiuti di Stato qualora siano direttamente destinati a miglioramenti sul piano ambientale o alla riduzione della congestione e alla diminuzione del trasporto stradale di merci, soprattutto se ritenuti essenziali per garantire la coesione sociale, economica e territoriale (p. es. per le isole), a meno che non sia un singolo utente od operatore a beneficiarne;

40.   esorta la Commissione a pubblicare orientamenti sugli aiuti di Stato a favore dei porti nel 2008 e ritiene che tali orientamenti dovrebbero trattare delle aree portuali in quanto tali, apportando una distinzione fra infrastrutture di accesso e di protezione e infrastrutture e sovrastrutture legate al progetto, senza fare distinzione fra le varie categorie di porto;

41.   approva l'estensione degli obblighi in materia di trasparenza enunciati dalla direttiva 2006/111/CE della Commissione, del 16 novembre 2006, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche e alla trasparenza finanziaria all'interno di talune imprese(9), ma invita la Commissione a prendere in considerazione una soglia minima ridotta di entrate annuali piuttosto che un obbligo assoluto;

42.   prende atto, in particolare, dell'analisi fatta dalla Commissione sulle concessioni portuali e invita la Commissione a tener conto dell'importanza che un certo grado di flessibilità in questo ambito riveste per le autorità portuali, segnatamente per quanto riguarda il rinnovo delle concessioni legate a grandi investimenti, ma è dell'avviso che tale flessibilità non debba essere usata per impedire la concorrenza all'interno dei porti;

43.   ritiene che sia estremamente importante mantenere un equilibrio fra la libera prestazione dei servizi e le richieste specifiche dei porti, pur sottolineando la necessità di cooperazione fra i settori pubblico e privato al fine del loro ammodernamento;

44.   incoraggia il ricorso ai programmi di cooperazione territoriale europea della politica di coesione e ai programmi di cooperazione della politica di prossimità e di allargamento dell'UE, come pure l'attuazione per quanto possibile da parte della Commissione, degli Stati membri e delle autorità regionali interessate di una strategia transfrontaliera di utilizzo delle capacità esistenti nel contesto del cofinanziamento delle infrastrutture portuali;

45.   sostiene fermamente il ruolo dei porti gestiti da trust a livello locale e senza fini di lucro ed esorta le autorità locali, regionali, nazionali e comunitarie a intraprendere azioni per impedirne il disfacimento, dato che i benefici che apportano alle comunità limitrofe a livello sociale, ricreativo e turistico vanno oltre la loro originaria funzione economica;

46.   desidera vivamente ricordare che, nel quadro di una riflessione esauriente sull'Europa e la sua politica marittima, l'Europa del diporto svolge un ruolo importante in termini di sviluppo economico locale, poiché i porti turistici sono non solo una vetrina verso l'entroterra e uno strumento turistico forte che va nel senso di una scoperta del porto e dei suoi dintorni, ma anche un servizio di approvvigionamento essenziale per gli esercizi commerciali di prossimità;

47.   si compiace dell'accento posto sul dialogo nel settore portuale; incoraggia la creazione di un comitato europeo del dialogo sociale e ritiene che esso dovrebbe occuparsi di argomenti legati ai porti, compresi i diritti dei lavoratori, le concessioni e la convenzione n. 152 dell'Organizzazione internazionale del lavoro del 1979 sulla sicurezza e l'igiene negli impianti portuali;

48.   sottolinea l'importanza di assicurare e mantenere il livello più alto possibile di formazione per i lavoratori portuali; sostiene la volontà della Commissione di fornire ai lavoratori portuali una qualifica di base reciprocamente riconosciuta per favorire la flessibilità nel settore; a tale proposito, quale primo passo, ritiene che dovrebbe essere effettuato un raffronto fra i diversi sistemi esistenti di qualifica professionale dei lavoratori portuali; ritiene tuttavia che tale qualifica di base non debba avere l'effetto di abbassare il livello medio di qualifica dei lavoratori portuali in uno Stato membro;

49.   propone che il futuro comitato del dialogo sociale tratti, insieme alle parti sociali, le questioni delle qualifiche professionali e della formazione permanente;

50.   incoraggia la Commissione a promuovere lo scambio di buone pratiche nel settore portuale in generale e, in particolare, per quanto concerne l'innovazione e la formazione dei lavoratori al fine di migliorare la qualità dei servizi e la competitività e richiamare maggiori investimenti;

51.   accoglie con favore l'introduzione della Giornata marittima europea, il 20 maggio, e in particolare è favorevole a indire una giornata "porte aperte", che potrebbe consentire al pubblico di comprendere meglio il lavoro e l'importanza del settore portuale;

52.   esorta la Commissione, in linea con la risoluzione del Parlamento dell'8 maggio 2008 sul Consiglio economico transatlantico(10), a proseguire gli sforzi affinché la normativa statunitense che prevede di sottoporre a scansione tutti i container destinati al loro territorio sia modificata in modo da garantire una cooperazione fondata sul riconoscimento reciproco degli "operatori economici autorizzati" e delle norme di sicurezza approvate dall'Organizzazione mondiale delle dogane (C-TPAT, quadro normativo SAFE); invita la Commissione a calcolare il costo potenziale per le imprese e l'economia comunitaria della decisione relativa alla scansione della totalità dei container marittimi diretti verso gli Stati Uniti, nonché il suo impatto potenziale sulle operazioni doganali;

53.   incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione, nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.

(1) GU C 175 E del 10.7.2008, pag. 531.
(2) Testi approvati, P6_TA(2008)0087.
(3) GU L 103 del 25.4.1979, pag. 1.
(4) GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7.
(5) GU L 182 del 16.7.1999, pag. 1.
(6) GU L 327 del 22.12.2000, pag. 1.
(7) GU L 296 del 21.11.1996, pag. 55.
(8) Cfr. articolo 19 del regolamento (CE) n. 680/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2007, che stabilisce i principi generali per la concessione di un contributo finanziario della Comunità nel settore delle reti transeuropee dei trasporti e dell'energia (GU L 162 del 22.6.2007, pag. 1).
(9) GU L 318 del 17.11.2006, pag. 17.
(10) Testi approvati, P6_TA(2008)0192.


Trasporto di merci in Europa
PDF 129kWORD 50k
Risoluzione del Parlamento europeo del 4 settembre 2008 sul trasporto di merci in Europa (2008/2008(INI))
P6_TA(2008)0409A6-0326/2008

Il Parlamento europeo,

–   viste le comunicazioni della Commissione "L'Agenda dell'UE per il trasporto merci: rafforzare l'efficienza, l'integrazione e la sostenibilità del trasporto di merci in Europa" (COM(2007)0606), "Piano di azione per la logistica del trasporto merci" (COM(2007)0607), "Verso una rete ferroviaria a priorità merci" (COM(2007)0608) e "Contratti pluriennali per la qualità delle infrastrutture ferroviarie" (COM(2008)0054),

–   vista la comunicazione della Commissione "La logistica delle merci in Europa - la chiave per una mobilità sostenibile" (COM(2006)0336),

–   vista la comunicazione della Commissione sulla realizzazione del sistema europeo di segnalamento ferroviario ERTMS/ETCS (COM(2005)0298),

–   viste le conclusioni del Consiglio del 29-30 novembre e del 3 dicembre 2007 sulla comunicazione della Commissione "Piano di azione per la logistica del trasporto merci" e del 7 aprile 2008 sulla comunicazione della Commissione "Verso una rete ferroviaria a priorità merci",

–   visto il Libro Verde della Commissione "Verso una nuova cultura della mobilità urbana" (COM(2007)0551),

–   vista la sua risoluzione del 5 settembre 2007 sulla logistica delle merci in Europa - la chiave per una mobilità sostenibile(1),

–   vista la sua risoluzione del 9 luglio 2008 sul tema "Verso una nuova cultura della mobilità urbana"(2),

–   visto l'articolo 45 del suo regolamento,

–   vista la relazione della commissione per i trasporti e il turismo (A6-0326/2008),

A.   considerando che il settore dei trasporti è responsabile di quasi il 30% delle emissioni di CO2 nell'Unione europea (nelle città la percentuale può essere anche del 40%) e che, malgrado gli sforzi compiuti in termini di miglioramento e innovazione a livello tecnico, tra il 1990 e il 2005 le emissioni di CO2 sono aumentate del 26%, mentre negli altri settori, grazie a forti investimenti (dall'ammontare di miliardi di euro), le emissioni di CO2 sono state ridotte del 10%,

B.   considerando che un sistema di trasporto merci europeo sostenibile ed efficiente svolge un ruolo fondamentale per un'economia florida e competitiva, per soddisfare le richieste dei consumatori, creare un elevato numero di posti di lavoro e offrire benessere ai cittadini europei,

C.   considerando che per il periodo 2000-2020 si prevede che il trasporto di merci aumenti di circa il 50% (in tonnellate-km), come indicato nel Libro Bianco della Commissione "La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte" (COM(2001)0370) e che, tra il 1995 e il 2005, tale trasporto è già aumentato di circa il 30% più rapidamente del prodotto interno lordo; considerando inoltre che l'aumento del trasporto complessivo di merci è in gran parte il risultato di un aumento del trasporto stradale ed aereo rispetto ad altri modi di trasporto,

D.   considerando che soluzioni finalizzate a sistemi di logistica e di trasporto merci su rotaia più sostenibili ed efficienti e all'integrazione intermodale di tutti i modi di trasporto non solo portano ad un miglioramento dell'economia e della sicurezza, ma sono anche in sintonia con gli obiettivi dell'Unione europea nel campo del mutamento climatico e del risparmio energetico da raggiungere entro il 2020,

E.   considerando che per far fronte a queste sfide, l'Unione europea e gli Stati membri, nell'attuale quadro di risorse di bilancio insufficienti, si dovrebbero prefiggere determinate priorità coordinate, concentrando le loro risorse su un limitato numero di misure volte al conseguimento della sostenibilità e dell'intermodalità del trasporto merci e tenendo conto delle regioni sensibili,

F.   considerando che la rete di corridoi europea dovrebbe essere ulteriormente sviluppata sulla base della rete esistente e delle attuali strutture e tecnologie, integrando i "corridoi verdi" per tutti i modi di trasporto merci con criteri ambientali sostenibili e ambiziosi,

G.   considerando che il suddetto piano d'azione per la logistica del trasporto merci si prefigge di agevolare le operazioni di trasporto merci in Europa e nel mondo, a vantaggio di tutte le aziende europee e della competitività europea nel suo insieme,

1.   sottolinea che i sistemi di trasporto merci europei devono far fronte a sfide urgenti, al fine di aumentare l'effettiva integrazione e sostenibilità del trasporto merci in Europa, contribuire maggiormente al miglioramento della mobilità e dell'efficienza energetica, alla riduzione del consumo di carburante, delle emissioni inquinanti e dei costi esterni, e accoglie pertanto con favore le suddette comunicazioni della Commissione e le conclusioni del Consiglio; incoraggia la Commissione, gli Stati membri e l'industria a sostenere in futuro una politica del trasporto merci più sostenibile, in termini di mobilità, per l'ambiente, il clima, l'economia, la sicurezza e gli interessi delle parti sociali, promuovendo l'applicazione di sistemi di logistica più efficienti nell'ambito della graduale integrazione dei corridoi prioritari transfrontalieri per il trasporto di merci su rotaia, dei punti nodali e delle reti convenzionali in un'Unione europea ampliata, nonché promuovendo, per tutti i modi di trasporto, il principio " chi usa e inquina paga";

2.   condivide il parere della Commissione, secondo cui co-modalità e intermodalità rimangono fattori chiave per creare un sistema di trasporto merci europeo sostenibile ed efficiente;

3.   sottolinea tuttavia che le competenze e le risorse dell'Unione europea per il miglioramento dei mercati di trasporto merci sono limitate; rileva che alcune parti fondamentali della rete sono già utilizzate a pieno regime; sollecita pertanto i ministri dei Trasporti a cui compete la responsabilità dei principali corridoi europei ad occuparsi della questione degli investimenti infrastrutturali, trovando almeno un accordo sul coordinamento dei piani nazionali d'investimento in relazione ai loro rispettivi corridoi;

4.   è convinto che la logistica del trasporto merci nello spazio urbano necessiti di un approccio specifico; auspica che il dibattito sul suddetto Libro verde sulla mobilità urbana, unitamente al piano d'azione sulla logistica del trasporto merci, possano condurre a uno scambio di buone pratiche fra le città, al fine di identificare modalità sostenibili per rifornire gli spazi urbani;

5.   propone pertanto che la Commissione, al più tardi entro la fine del 2008, proponga un programma per rafforzare la cooperazione fra gli Stati membri responsabili dei progetti in tale settore, al fine di agevolare e valutare soluzioni agli attuali blocchi, con particolare riferimento al trasporto merci, tenendo debito conto del valore aggiunto del fattore logistico;

6.   condivide l'idea che le reti dedicate al trasporto merci dovrebbero utilizzare le attuali reti destinate al traffico convenzionale, ora rese più libere grazie ai progressi conseguiti nell'ambito dei treni ad alta velocità;

7.   sottolinea che le reti di trasporto merci su rotaia devono basarsi sui corridoi per il trasporto merci più "utili al mercato", tenendo conto degli attuali corridoi ERTMS (sistema europeo di gestione del traffico ferroviario) e delle reti TEN-T (trasporto transeuropeo), (vale a dire, estese quanto basta per includere quelle particolari zone che generano grandi volumi di traffico, quali ad esempio i porti); ritiene sia opportuno nominare, laddove non sia stato ancora fatto, dei coordinatori ad alto livello dei corridoi; invita l'Agenzia ferroviaria europea, in qualità di autorità di sistema per l'ERTMS, a garantire che tali tratte divengano interoperabili;

8.   si attende che la Commissione definisca i "corridoi verdi" quali progetti esemplari di mobilità e intermodalità, finalizzati al passaggio a modi rispettosi dell'ambiente, alla riduzione della totalità degli incidenti, delle congestioni, del rumore, dell'inquinamento locale tossico e non tossico, delle emissioni di CO2 e del consumo dell'energia e del territorio, nonché all'accresciuta utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili (in particolare l'energia eolica e solare) in conformità della legislazione dell'Unione europea, dei suoi obiettivi e dei sistemi di trasporto intelligenti;

9.   auspica in tale contesto che la Commissione e gli Stati membri offrano maggiori incentivi per promuovere la sostenibilità ambientale di tutti i modi di trasporto, favorendo una loro combinazione ottimale in termini di efficienza, al fine di ridurre al minimo l'impatto sull'ambiente, soprattutto nei "corridoi verdi";

10.   propone di sostenere l'integrazione della pianificazione regionale, dei processi produttivi e delle strutture di mercato, in modo da evitare i trasporti non necessari e contribuire alla riduzione delle distanze o all'adeguamento della velocità nel trasporto merci; ritiene che il sistema "stop and go" nel trasporto merci, che comporta spreco di tempo e un forte consumo di energia, dovrebbe essere evitato mediante adeguamenti informatizzati della velocità;

11.   considera prioritario migliorare la corretta attuazione e il rafforzamento della legislazione in vigore in relazione al trasporto di merci pericolose e inquinanti;

12.   esorta la Commissione e gli Stati membri a portare avanti lo scambio di pratiche migliori nei territori transfrontalieri sensibili (zone montagnose e agglomerati) nonché nelle città, tenendo conto delle raccomandazioni contenute nella suddetta risoluzione sulla mobilità urbana e delle esperienze acquisite grazie al programma CIVITAS, concernente la promozione di trasporti urbani migliori e più puliti, attraverso la valorizzazione dell'aspetto logistico;

13.   esorta la Commissione a concentrare il cofinanziamento dell'Unione europea sull'efficienza, l'interoperabilità e il potenziamento delle infrastrutture ferroviarie e dei nodi intermodali, nonché di tutti gli altri modi di trasporto merci;

14.   invita inoltre la Commissione e gli Stati membri, in attesa della revisione del bilancio dell'Unione europea prevista per il 2009, a prendere fin d'ora in esame la posizione dei trasporti all'interno del bilancio, onde evitare di ripetere gli errori passati e garantire adeguati investimenti futuri in infrastrutture strategiche, così da raggiungere gli obiettivi che l'Unione europea si è posta riguardo allo sviluppo sostenibile e alla riduzione delle emissioni;

15.   sottolinea l'estrema importanza della tariffazione stradale interoperabile per l'efficienza del trasporto merci in Europa;

16.   ritiene che un migliore collegamento dei porti marittimi e interni con la rete ferroviaria e stradale dell'hinterland costituisca una componente importante dell'infrastruttura dei trasporti; sottolinea l'importante ruolo delle piattaforme interne e dei bacini di carenaggio;

17.   è convinto delle potenzialità delle vie navigabili interne per il trasporto merci e sollecita la Commissione a garantire la corretta attuazione del programma d'azione NAIADES sulla promozione del trasporto sulle vie navigabili interne in Europa;

18.   sottolinea che gli investimenti in terminali nell'hinterland possono essere realizzati in modo flessibile e rapido, eliminando le strozzature nella rete intermodale globale;

19.   chiede che il rispetto, ovvero l'introduzione di standard intermodali stabili per quanto concerne dimensioni e peso di veicoli, container e impianti di carico siano considerati d'importanza strategica per un trasferimento del trasporto merci alla rotaia e alle vie fluviali sostenibili che consentirebbe di ridurre i costi infrastrutturali;

20.   sottolinea che diverse tecniche orizzontali, che contribuirebbero a un più agevole trasferimento dai mezzi pesanti alla rotaia come pure su binari a scartamento diverso, spesso sono normalizzate in modo insoddisfacente; esorta pertanto le autorità internazionali ed europee a normalizzare tali tecniche, al fine di una maggiore efficienza e di una riduzione dei costi; al riguardo sottolinea quanto sia importante adottare in tempi rapidi una norma mondiale per le unità di carico intermodali;

21.   chiede alla Commissione di definire gli orientamenti per i contribuiti ambientali e per il trasporto su rotaia in modo da facilitare gli investimenti finalizzati ad un trasporto di merci su rotaia sostenibile; sottolinea in tale contesto l'importanza strategica del cofinanziamento finalizzato ad una riduzione del rumore, anche alla fonte (ammodernamento dei carri merci), come già avviene per l'installazione del sistema ERTMS nel materiale rotante;

22.   è convinto che la gestione delle infrastrutture e la fornitura di servizi debbano avvenire su base transfrontaliera, non discriminatoria e trasparente, in modo da consentire una logistica del trasporto merci efficiente, interoperabile e scorrevole; sottolinea al riguardo l'importanza di proseguire il completamento del mercato interno dei trasporti per tutti i modi di trasporto; a tale proposito accoglie con favore la proposta della Commissione intesa a istituire uno "spazio europeo per il trasporto marittimo senza barriere" e condivide l'idea di un documento di trasporto uniforme e di "un'interfaccia unica" per tutti i modi di trasporto;

23.   sottolinea che il corretto funzionamento del mercato interno del trasporto merci su strada potrebbe contribuire ad aumentare l'efficienza dei sistemi di trasporto e a ridurre il numero dei percorsi a vuoto; invita la Commissione a imporre il rigoroso rispetto della legislazione comunitaria in materia di trasporto internazionale di merci su strada e cabotaggio; riconosce che gli Stati membri sono autorizzati a limitare il cabotaggio sulla base di condizioni specifiche; chiede tuttavia alla Commissione, in qualità di custode dei trattati, di adottare provvedimenti rigorosi contro le restrizioni eccessive e le sanzioni che diversi Stati membri impongono in tale ambito ai vettori stranieri;

24.  24 incoraggia la Commissione a definire, in relazione ai contratti pluriennali per la qualità delle infrastrutture ferroviarie, condizioni quadro per norme minime di qualità a livello europeo; propone agli Stati membri di legare la disponibilità di risorse per la costruzione, l'estensione e la manutenzione delle infrastrutture ferroviarie a queste norme qualitative, considerandole pacchetti inseparabili, in modo da contribuire a una maggiore efficienza e al risparmio dei costi;

25.  invita la Commissione a controllare e promuovere l'applicazione effettiva e coerente della migliore prassi in merito ai contratti pluriennali per la qualità dell'infrastruttura; invita la Commissione, sulla base della summenzionata comunicazione (COM(2008)0054), a sviluppare un formato per individuare i servizi di infrastruttura in stretta cooperazione con i gestori delle infrastrutture, a inclusione della pubblicazione di indicatori chiave dei risultati;

26.  invita la Commissione a presentare raccomandazioni più incisive sui contratti pluriennali per la qualità e la capacità dell'infrastruttura (da basare sul controllo trasparente dell'attuazione corrente dell'articolo 6 della direttiva 2001/14/CE(3)); a tale riguardo, invita la Commissione a sollecitare gli Stati membri ad applicare questi quadri di finanziamento pluriennale in modo da garantire ai gestori dell'infrastruttura ferroviaria la stabilità finanziaria per quanto riguarda i rispettivi fabbisogni di manutenzione e rinnovo (a inclusione di un adeguato finanziamento pubblico);

27.   invita la Commissione a sostenere i progetti concernenti l'uso differenziato delle linee ad alta velocità, ad esempio per il trasporto di merci leggere;

28.   esorta la Commissione a mettere a punto un prospetto dei carri merci nell'Unione europea dotati di un sistema di navigazione satellitare, in modo da poter studiare su tale base l'interoperabilità e/o la compatibilità transfrontaliera di questi sistemi con le tecnologie già esistenti, realizzare un sistema di navigazione satellitare interoperabile per i nuovi carri merci e promuovere l'ammodernamento di quelli esistenti; auspica l'adozione delle pratiche migliori nelle tecniche di carico, che configurano la rete intermodale dall'inizio alla fine del processo di trasbordo e di scarico in modo tale da accrescere l'efficienza dell'intero settore;

29.   sottolinea la necessità dell'uniformazione e della semplificazione delle procedure amministrative delle autorità interessate al mercato del trasporto merci, nonché della semplificazione delle regole e procedure doganali alle frontiere; accoglie in particolare con favore la decisione di creare uno spazio marittimo europeo senza barriere; esorta la Commissione a chiedere alle pertinenti associazioni e organizzazioni internazionali di mettere a punto un documento intermodale unico;

30.   sottolinea la mancanza di una buona istruzione e formazione a livello universitario sulla logistica; pertanto esorta gli Stati membri ad attribuire priorità assoluta all'istruzione superiore e al perfezionamento nel settore della logistica e del trasporto merci;

31.   sollecita la Commissione a sostenere progetti, ricerche e attività tesi a normalizzare i flussi di informazioni, onde garantire a livello di dati l'integrazione e l'interoperabilità dei modi;

32.   incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione e ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.

(1) GU C 187 E del 24.7.2008, pag. 154.
(2) Testi approvati, P6_TA(2008)0356.
(3) Direttiva 2001/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2001, relativa alla ripartizione della capacità di infrastruttura ferroviaria, all'imposizione dei diritti per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria e alla certificazione di sicurezza (GU L 75 del 15.3.2001, pag. 29).


Valutazione intermedia del piano d'azione europeo per l'ambiente e la salute 2004-2010
PDF 198kWORD 61k
Risoluzione del Parlamento europeo del 4 settembre 2008 sulla "Valutazione intermedia del piano d'azione europeo per l'ambiente e la salute 2004-2010" (2007/2252(INI))
P6_TA(2008)0410A6-0260/2008

Il Parlamento europeo,

–   vista la comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo relativa alla valutazione intermedia del piano d'azione europeo per l'ambiente e la salute 2004-2010 (COM(2007)0314),

–   vista la sua risoluzione del 23 febbraio 2005 sul piano d'azione europeo per l'ambiente e la salute 2004-2010(1),

–   vista la relazione dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), del 27 luglio 2007, intitolata "Principles for evaluating health risks in children associated with exposure to chemicals" (Principi per la valutazione del rischio per la salute dei bambini derivante dall'esposizione a sostanze chimiche),

–   visti gli articoli 152 e 174 del trattato CE che perseguono un livello elevato di protezione della salute umana e dell'ambiente;

–   vista la decisione n. 1350/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, che istituisce un secondo programma d'azione comunitaria in materia di salute (2008-2013)(2),

–   visto l'articolo 45 del suo regolamento,

–   vista la relazione della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (A6-0260/2008),

A.   considerando con interesse che dal 2003 l'Unione europea fonda la sua politica di protezione della salute su una cooperazione più stretta tra i settori della salute, dell'ambiente e della ricerca, lasciando intravedere nel medio termine l'adozione di una strategia europea coerente e integrata in materia di salute ambientale,

B.   considerando che gli assi attualmente posti in essere dall'Unione europea nel quadro del suo primo piano d'azione europeo per l'ambiente e la salute (2004-2010) (COM(2004)0416), ossia preparare gli indicatori, mettere a punto il monitoraggio integrato, la raccolta e la valutazione dei dati pertinenti, come pure moltiplicare le ricerche, permetteranno di comprendere meglio le interazioni tra fonti di inquinamento ed effetti sanitari, ma restano notoriamente insufficienti per ridurre il numero crescente di malattie connesse a fattori ambientali,

C.   considerando che è quasi impossibile stendere un bilancio intermedio del suddetto piano d'azione, poiché esso non persegue alcun obiettivo chiaro e non indica alcun valore e che il bilancio globale che gli è destinato resta difficile da determinare e del tutto insufficiente per una sua efficace promozione,

D.   considerando che, mentre il programma salute (2008-2013) si prefigge in particolare l'obiettivo di agire sui determinanti tradizionali della salute quali l'alimentazione, il tabagismo, il consumo di alcolici e di droghe, il presente piano d'azione (2004-2010) dovrebbe concentrarsi su talune nuove sfide sanitarie, esaminando altresì i fattori ambientali determinanti che incidono sulla salute umana, quali la qualità dell'aria esterna e interna, le onde elettromagnetiche, le nanoparticelle e le sostanze chimiche molto preoccupanti (sostanze classificate cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione (CMR), perturbatori endocrini) oltre ai rischi per la salute derivanti dai cambiamenti climatici,

E.   considerando che le malattie respiratorie si collocano al secondo posto tra le cause di mortalità, di incidenza, di prevalenza e di spesa nell'Unione europea, che esse costituiscono la principale causa di mortalità infantile tra i bambini di meno di 5 anni e che continuano a svilupparsi a motivo, in particolare, dell'inquinamento dell'aria esterna ed interna,

F.   considerando che l'inquinamento atmosferico, legato segnatamente ai particolati fini e all'ozono a livello del suolo, rappresenta una minaccia considerevole per la salute, che si ripercuote sullo sviluppo dei bambini e determina un abbassamento della speranza di vita nell'Unione europea(3),

G.   considerando che con riferimento al problema della salute ambientale urbana e in particolare alla qualità dell'aria all'interno degli immobili, la Comunità, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, deve fare di più nella sua azione contro l'inquinamento domestico, dato che ogni cittadino europeo trascorre in media il 90% del suo tempo in locali chiusi,

H.   considerando che le conferenze ministeriali dell'OMS del 2004 e del 2007 sull'ambiente e la salute hanno sottolineato i legami fra l'influenza complessa combinata di inquinanti chimici e di un certo numero di turbe e di malattie croniche, in particolare tra i bambini; considerando che tali preoccupazioni si rinvengono anche nei documenti ufficiali del programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (PNUE) e del Forum intergovernativo sulla sicurezza chimica (FISC),

I.   considerando il continuo aumento dei dati scientifici che dimostrano che talune forme di cancro, come ad esempio il cancro della vescica, delle ossa, del polmone, della pelle, del seno e altre ancora, sono dovuti non solo agli effetti delle sostanze chimiche, dei raggi e delle particelle in sospensione nell'aria, ma anche ad altri fattori ambientali,

J.   considerando che, accanto a tali evoluzioni problematiche in materia di salute ambientale, si sono manifestate in questi ultimi anni nuove malattie o sindromi quali l'ipersensibilità chimica multipla, la sindrome degli amalgami dentari, l'ipersensibilità elettromagnetica, la sindrome degli edifici malati o turbe da mancanza di attenzione con iperattività (Attention deficit and hyperactivity syndrome) tra i bambini,

K.   considerando che il principio di precauzione è espressamente sancito dal trattato dal 1992, che la Corte di giustizia delle Comunità europee ha precisato a più riprese il contenuto e la portata di tale principio nel diritto comunitario quale uno dei fondamenti della politica di protezione perseguita dalla Comunità nel settore dell'ambiente e della salute(4),

L.   considerando il carattere estremamente vincolante, se non impraticabile, dei criteri adottati dalla Commissione nella sua comunicazione del 2 febbraio 2000 sul principio di precauzione (COM(2000)0001),

M.   considerando l'importanza del monitoraggio biologico umano quale strumento di valutazione del grado di esposizione della popolazione europea agli effetti dell'inquinamento e la volontà più volte ribadita dal Parlamento europeo al punto 3 della sua predetta risoluzione del 23 febbraio 2005 e nelle conclusioni del Consiglio "Ambiente", del 20 dicembre 2007, di affrettare l'attuazione di un programma di monitoraggio biologico su scala dell'Unione europea,

N.   considerando che è risaputo che il mutamento climatico può incidere notevolmente sull'aumento della gravità e della frequenza di talune malattie e, in particolare, che la frequenza di ondate di caldo, di inondazioni e di incendi boschivi, ossia delle catastrofi naturali più frequenti nell'Unione europea, può determinare un aumento delle malattie, cattive condizioni igieniche e mortalità e che nel contempo le misure volte a attenuare gli effetti del cambiamento climatico hanno ripercussioni positive sulla salute,

O.   considerando che il cambiamento climatico avrà un'importante influenza sulla salute umana provocando tra l'altro una recrudescenza di determinate malattie infettive e parassitarie a causa della modificazione della temperatura, dell'umidità e dei loro effetti sugli ecosistemi, gli animali, le piante, gli insetti, i parassiti, i protozoi, i microbi e i virus,

P.   considerando che la direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque(5) e le sue direttive figlie prevedono norme chiare per la salvaguardia e il risanamento dei corpi idrici,

Q.   considerando che la medicina della salute dell'ambiente è una nuova disciplina medica, che si basa su una dottrina universitaria ancora troppo frammentaria e disuguale, a seconda degli Stati membri, e che merita pertanto di essere sostenuta e promossa nell'Unione europea,

R.   considerando che il numero di persone malate a causa dei fattori ambientali aumenta e che occorre effettuare un censimento epidemiologico sì da avere un quadro completo delle malattie eziologicamente dovute, in tutto o in parte, a fattori ambientali,

1.   riconosce gli sforzi compiuti dalla Commissione successivamente al varo nel 2004 di un piano d'azione concernente in particolare il miglioramento della catena d'informazione sull'ambiente e la sanità, d'integrazione e potenziamento della ricerca europea in tale settore e la cooperazione con le organizzazioni internazionali specializzate quali l'OMS;

2.   ritiene nondimeno che un siffatto piano d'azione reca in sé i germi di un semifallimento dato che mira unicamente ad accompagnare le politiche comunitarie esistenti, non si fonda su una politica di prevenzione mirante a ridurre le malattie connesse a fattori ambientali, non persegue alcun obiettivo chiaro e non indichi i valori;

3.   richiama l'attenzione della Commissione sul fatto che un programma è già stato realizzato sotto l'egida dell'OMS, nel cui ambito gli Stati membri hanno stabilito i propri piani d'azione nazionali e locali in materia di salute ambientale; raccomanda pertanto alla Commissione di esaminare questo programma dell'OMS in quanto modello di possibile realizzazione che in avvenire potrebbe rappresentare un utile esempio per l'Unione europea;

4.   deplora profondamente che la Commissione, e più specificamente la sua Direzione generale "Ricerca", non abbia assicurato un finanziamento adeguato in materia di monitoraggio biologico umano per l'esercizio 2008 onde attuare, conformemente agli impegni da essa presi con gli Stati membri e il Parlamento, un approccio coerente del monitoraggio biologico nell'Unione europea;

5.   invita altresì la Commissione a rispondere entro il 2010 ai due obiettivi fondamentali che essa stessa si era fissata nel 2004 e a stabilire e a realizzare una strategia praticabile in materia di comunicazione per questi obiettivi, ossia la sensibilizzazione dei cittadini all'inquinamento ambientale e all'impatto sulla loro salute, da un lato, e il riesame e l'adeguamento della politica europea di riduzione dei rischi, dall'altro;

6.   raccomanda vivamente alla Commissione e agli Stati membri di rispettare i loro obblighi in materia di applicazione della legislazione comunitaria;

7.   ribadisce l'esigenza, ai fini della valutazione degli effetti dei fattori ambientali sulla salute, di adottare come base principale di calcolo i gruppi di persone sensibili, come ad esempio le donne in stato di gravidanza, i neonati, i bambini e le persone in età avanzata;

8.   chiede che sia prestata una particolare attenzione ai gruppi vulnerabili, che sono i più esposti agli agenti inquinanti, adottando misure volte a ridurre l'esposizione a contaminanti ambientali interni nei servizi sanitari e nelle scuole, adottando un codice di buona condotta in materia di gestione della qualità dell'aria interna;

9.   chiede instantemente alla Commissione, nel quadro dell'elaborazione di revisioni legislative, di non indebolire la legislazione vigente dietro pressioni delle lobby o di organizzazioni regionali o internazionali;

10.   ricorda la necessità per l'Unione europea di seguire, riguardo al piano d'azione, un approccio costante, dinamico e flessibile; ritiene pertanto fondamentale dotarsi di una perizia specifica in materia di salute ambientale fondata sul suo carattere trasparente, interdisciplinare e in contraddittorio, che permetterebbe di fornire una risposta alla diffidenza del pubblico in generale nei confronti delle agenzie e dei comitati di esperti ufficiali; sottolinea l'importanza di sostenere la formazione degli specialisti in materia di sanità attraverso e sulla base di scambi di buone prassi a livello comunitario;

11.   sottolinea che gli ultimi anni sono stati caratterizzati da progressi reali in materia di politica ambientale, ad esempio per quanto riguarda la riduzione dell'inquinamento dell'aria, il miglioramento della qualità delle acque, la politica di raccolta e di riciclaggio dei rifiuti, il controllo dei prodotti chimici e il divieto di benzina piombata; constata tuttavia che la politica europea continua a distinguersi per l'assenza di strategia globale preventiva e di ricorso al principio di precauzione;

12.   chiede pertanto alla Commissione di rivedere i criteri adottati nella sua suddetta comunicazione sul principio di precauzione alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee e affinché tale principio di azione e di sicurezza, fondato sull'adozione di misure provvisorie e proporzionate, resti al centro delle politiche comunitarie in materia di salute e ambiente;

13.   ritiene che l'inversione dell'onere della prova a carico del produttore o dell'importatore per quanto riguarda l'innocuità del prodotto permetterebbe di promuovere una politica fondata sulla prevenzione, come prevede peraltro il regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un'Agenzia europea per le sostanze chimiche(6), ed esorta a tale riguardo la Commissione ad estendere tale obbligo alla legislazione comunitaria su tutti i prodotti; ritiene che si debba evitare qualsiasi aumento delle sperimentazioni animali nel quadro del piano d'azione, prestando piena attenzione allo sviluppo e all'uso di metodi alternativi;

14.   reitera la sua domanda alla Commissione di presentare misure concrete sulla qualità dell'aria interna, che garantirebbero un elevato livello di protezione della sicurezza e della salute degli ambienti interni, in particolare in sede di revisione della direttiva 89/106/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati Membri concernenti i prodotti da costruzione (7) nonché di proporre misure volte ad accrescere l'efficacia energetica degli edifici, la sicurezza e l'innocuità delle componenti chimiche utilizzate nella produzione di attrezzature e mobili;

15.   raccomanda, allo scopo di limitare le conseguenze nocive dell'ambiente sulla salute, che la Commissione inviti gli Stati membri, mediante concessioni fiscali e/o altri incentivi economici, a interessare gli operatori di mercato a migliorare la qualità dell'aria interna e a ridurre l'esposizione alle radiazioni elettromagnetiche nei loro immobili, nelle loro filiali e nei loro uffici;

16.   raccomanda che la Commissione preveda le esigenze minime necessarie per garantire la qualità dell'aria interna degli edifici non ancora costruiti;

17.   raccomanda che, nel concedere il sostegno individuale dell'Unione europea, la Commissione presti attenzione alla qualità dell'aria interna, dell'esposizione alle radiazioni elettromagnetiche e della salute di settori particolarmente a rischio della popolazione nell'ambito dei progetti in questione, così come presta attenzione ai criteri di protezione dell'ambiente;

18.   chiede che le norme di qualità ambientale per le sostanze prioritarie nel settore dell'acqua siano elaborate tenendo conto delle conoscenze scientifiche più recenti e siano regolarmente aggiornate in funzione dell'evoluzione delle conoscenze scientifiche;

19.   sottolinea che taluni Stati membri hanno istituito con successo laboratori mobili di analisi o "ambulanze verdi" per produrre una diagnosi rapida e affidabile dell'inquinamento dell'ambiente nei luoghi pubblici e privati; ritiene che la Commissione potrebbe promuovere tale pratica fra gli Stati membri che non si sono ancora dotati di tale modello d'intervento diretto sui siti inquinati;

20.   è particolarmente preoccupato per l'assenza di specifiche disposizioni giuridiche volte a garantire la sicurezza dei prodotti di consumo contenenti nanoparticelle, nonché per l'attitudine lassista della Commissione riguardo alla necessità di rivedere il quadro regolamentare per l'uso di nanoparticelle nei prodotti di consumo, considerato il crescente numero di prodotti di questo tipo contenenti nanoparticelle che vengono immessi sul mercato;

21.   è particolarmente sollecitato dalla relazione internazionale Bio-Iniziativa(8) sui campi elettromagnetici, che sintetizza oltre 1 500 studi dedicati alla questione e rileva nelle sue conclusioni i pericoli per la salute derivanti dalle emissioni di tipo telefonia mobile quali il telefono portabile, le emissioni UMTS-Wifi-Wimax-Bluetooth, e il telefono a base fissa "DECT";

22.   constata che i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici fissati per il pubblico sono obsoleti, non essendo stati adattati successivamente alla raccomandazione 1999/519/CE del Consiglio, del 12 luglio 1999, relativa alla limitazione dell'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0Hz a 300 GHz(9), non tengono evidentemente conto dell'evoluzione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, né delle raccomandazioni formulate dall'Agenzia europea per l'ambiente o delle norme di emissioni più esigenti adottate, ad esempio, da Belgio, Italia o Austria e non affrontano la questione dei gruppi vulnerabili, come le donne incinte, i neonati e i bambini;

23.   chiede pertanto al Consiglio di modificare la sua raccomandazione 1999/519/CE onde tener conto delle migliori pratiche nazionali e di fissare in tal modo valori limite di esposizione più esigenti per tutte le attrezzature che emettono onde elettromagnetiche nelle frequenze tra 0,1 MHz e 300 GHz;

24.   prende molto seriamente le minacce sanitarie multiple generate dal riscaldamento climatico nel territorio dell'Unione europea e si appella a una cooperazione rafforzata tra l'OMS, le autorità di controllo nazionali, la Commissione e il Centro europeo di prevenzione e di controllo delle malattie al fine di rafforzare il sistema di allarme precoce e limitare in tal modo le conseguenze negative del cambiamento climatico sulla salute;

25.   sottolinea che il presente piano d'azione trarrebbe vantaggio dall'inclusione della salute umana nelle azioni relative agli effetti negativi del cambiamento climatico, mediante elaborazione di misure efficaci di adattamento necessarie a livello comunitario, come:

   - programmi sistematici di educazione del pubblico e campagne di sensibilizzazione;
   - integrazione delle misure di adeguamento al cambiamento climatico nelle strategie e nei programmi di sanità pubblica, tenendo conto delle malattie trasmissibili e non trasmissibili, della salute dei lavoratori e delle malattie degli animali pericolose per la salute umana;
   - un'adeguata sorveglianza intesa all'individuazione tempestiva dei focolai di malattie;
   - sistemi di allarme e risposta rapidi in relazione alla salute;
   - coordinamento delle attuali reti di controllo dei dati ambientali con le reti di controllo dei focolai di malattie;

26.  invita gli Stati membri e la Commissione a rispondere in modo adeguato alle nuove sfide sollevate dal cambiamento climatico - come il crescente emergere di nuovi virus e di agenti patogeni non identificati - applicando le nuove tecnologie esistenti di riduzione dei virus e di altri agenti patogeni noti o non identificati trasmessi attraverso il sangue;

27.   deplora che l'attuale valutazione dell'impatto costi-benefici della comunicazione "Due volte 20 per il 2020 - L'opportunità del cambiamento climatico per l'Europa"(COM(2008)0030) prenda in esame soltanto i benefici per la salute derivanti da una riduzione dell'inquinamento atmosferico ottenuta con la riduzione del 20% delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2020; invita la Commissione a garantire che i cobenefici (accessori) per la salute risultanti dai diversi livelli di ambizione, in linea con le raccomandazioni del gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici relative a una riduzione entro il 2020 delle emissioni di gas con effetto serra del 25%-40% e, se possibile, del 50% e più, siano analizzati con urgenza e inseriti in una valutazione d'impatto della Commissione;

28.   invita la Commissione a prestare attenzione al grave problema della salute mentale, in considerazione del numero di suicidi nell'Unione europea, e a destinare maggiori risorse allo sviluppo di adeguate strategie e terapie preventive;

29.   ribadisce che la Commissione e gli Stati membri devono sostenere il piano d'azione dell'OMS per l'ambiente e la salute dei bambini relativo all'Europa, al fine di promuoverlo attraverso una politica di sviluppo sia comunitaria che bilaterale, incoraggiando processi analoghi al di fuori della Regione Europa dell'OMS;

30.   invita la Commissione a reintrodurre nel suo secondo piano d'azione l'iniziativa SCALE (Science, Children, Awareness, Legal instrument, Evaluation), relativa alla riduzione dell'esposizione all'inquinamento contenuto nella strategia europea in materia di ambiente e salute (COM(2003)0338);

31.   esorta la Commissione ad elaborare e a fornire strumenti che promuovano lo sviluppo e l'incentivazione di soluzioni innovative, come sottolineato nel quadro dell'agenda di Lisbona, al fine di ridurre al minimo i gravi rischi per la salute provenienti dai fattori di stress;

32.   esorta il Consiglio a prendere senza indugi una decisione sulla proposta di regolamento che istituisce un Fondo di solidarietà dell'Unione europea, su cui il Parlamento si è già pronunziato il 18 maggio 2006(10); ritiene che il nuovo regolamento, che, insieme ad altre misure, ridurrà le soglie per l'applicazione del Fondo di solidarietà dell'Unione europea, consentirà di alleviare in modo più efficace, flessibile e rapido i danni provocati da catastrofi naturali o dovuti all'azione umana; sottolinea che tale strumento finanziario è di particolare importanza, soprattutto perché si prevede che in futuro le catastrofi naturali saranno sempre più frequenti, anche a causa del cambiamento climatico;

33.   raccomanda, visto che le PMI rivestono un'importanza economica decisiva in Europa, che la Commissione fornisca loro un sostegno tecnico per aiutarle a rispettare le regolamentazioni vincolanti sulla salute e l'ambiente e per incentivarle a procedere ad altre modifiche positive dal punto di vista della salute ambientale e dello sviluppo delle imprese;

34.   raccomanda alla Commissione di prevedere per il 2010 e il "secondo ciclo" del piano d'azione ambiente e salute, una rifocalizzazione delle sue iniziative sulle popolazioni vulnerabili e di elaborare nuovi metodi di valutazione dei rischi che tengano conto del punto fondamentale rappresentato dalla particolare vulnerabilità dei bambini, delle donne incinte e degli anziani;

35.   chiede pertanto instantemente alla Commissione e agli Stati membri di riconoscere i vantaggi dei principi di prevenzione e di precauzione e di elaborare ed applicare gli strumenti che permettono di anticipare e prevenire le potenziali minacce in materia di ambiente e di salute; raccomanda alla Commissione di fornire cifre in merito al "secondo ciclo" di tale piano d'azione e prevedere un finanziamento adeguato che tenga conto di un maggior numero di misure concrete miranti a ridurre l'impatto sanitario dell'ambiente e all'attuazione di misure di prevenzione e di precauzione;

36.   incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e all'OMS.

(1) GU C 304 E dell'1.12.2005, pag. 264.
(2) GU L 301 del 20.11.2007, pag. 3.
(3) Relazione intitolata "L'environnement de l'Europe", quarta valutazione, sintesi – Agenzia europea per l'ambiente (10.10.2007).
(4) Sentenza del 23 settembre 2003 nella causa C-192/01, Commissione/Danimarca, Raccolta 2003, pag. I-9693; sentenza del 7 settembre 2004 nella causa C-127/02, Landelijke Vereniging tot Behoud van de Waddenzee e Nederlandse Vereniging tot Bescherming van Vogels, Raccolta 2004, pag. I-7405.
(5) GU L del 22.12.2000, pag. 1.
(6) GU L 396 del 30.12.2006, pag. 1; versione rettificata in GU L 136 del 29.5.2007, pag. 3.
(7) GU L 40 dell'11.2.1989, pag. 12.
(8) Relazione pubblicata il 31 agosto 2007 da un gruppo di scienziati indipendenti, cfr. www.bionitiative.org.
(9) GU L 199 del 30.7.1999, pag. 59.
(10) GU C 297 E del 7.12.2006, pag. 331.


Colpo di Stato in Mauritania
PDF 116kWORD 38k
Risoluzione del Parlamento europeo del 4 settembre 2008 sul colpo di Stato in Mauritania
P6_TA(2008)0411RC-B6-0386/2008

Il Parlamento europeo,

–   viste le dichiarazioni del suo Presidente, della Presidenza in carica del Consiglio, a nome dell'Unione europea, dell'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, della Commissione, del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dell'Unione africana (UA), della Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale e dell'Organizzazione internazionale della francofonia, in seguito al colpo di Stato in Mauritania,

–   vista la seconda visita in Mauritania, dopo il colpo di Stato, di Saïd Djinnit, Rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per l'Africa occidentale,

–   visto l'atto costitutivo dell'UA che condanna qualsiasi tentativo di presa del potere con la forza,

–   visto l'articolo 115, paragrafo 5, del suo regolamento,

A.   considerando che un colpo di Stato ha avuto luogo in Mauritania il 6 agosto 2008, quando il presidente mauritano Sidi Modamed Ould Cheikh Abdallahi è stato destituito del potere da un gruppo di alti generali, da lui quel giorno stesso destituiti delle loro cariche,

B.   considerando che le elezioni legislative del novembre e dicembre 2006, quelle senatoriali del gennaio 2007 e del presidente Sidi Mohamed Ould Cheikh Abdallahi del marzo 2007 sono state considerate eque e trasparenti dagli osservatori internazionali, compresi gli osservatori dell'Unione europea, in particolare le missioni di osservazione inviate dal Parlamento europeo, che si è fatto garante della legalità di tali elezioni,

C.   considerando che più di due terzi dei membri del parlamento della Mauritania hanno firmato una dichiarazione di sostegno a favore dell'istigatore del colpo di Stato Mohamed Ould Abdel Aziz e dei generali che l'hanno appoggiato; considerando che nel giugno 2008 il potere legislativo ha adottato una mozione di sfiducia esortando il presidente Abdallahi a rimaneggiare il suo governo, e che 49 membri si sono ritirati dal parlamento dopo che il presidente Abdallahi ha nominato 12 ministri tra quelli che erano stati in carica nel precedente regime molto impopolare,

D.   considerando che le decisioni sul futuro politico, economico e sociale della Mauritania spettano unicamente ai rappresentanti eletti del popolo e che la democrazia implica un equilibrio dei poteri tra l'esecutivo e il legislativo, e che entrambi beneficiano della legittimità elettorale,

E.   considerando che il colpo di Stato interviene in un contesto economico e sociale degradato e che lo sviluppo è la miglior garanzia di successo della democrazia,

F.   riconoscendo i progressi compiuti per il ritorno dei rifugiati e l'adozione della legge che criminalizza la schiavitù nel paese,

G.   considerando il sostegno dell'Unione europea alla transizione democratica e il "programma di sostegno" di 156 000 000 EUR per il periodo 2008-2013, nel quadro del 10° Fondo europeo di sviluppo, a complemento dell'assistenza già in corso e dell'aiuto di 335 000 000 EUR concesso dal 1985,

H.   considerando che la Banca mondiale ha sospeso un aiuto di 175 000 000 USD a favore della Mauritania e che la sospensione di questi versamenti riguarderà circa 17 progetti nazionali in Mauritania nonché la partecipazione di quest'ultima a progetti regionali della Banca mondiale, in particolare in materia di sviluppo rurale, sanità, istruzione, infrastrutture e costruzione di strade,

I.   considerando che la Mauritania democratica rappresenterebbe un polo di stabilità in una sottoregione particolarmente fragile con, da una parte, la presenza nel Sahara, alla frontiera nordorientale con l'Algeria e il Mali, del Gruppo salafista per la predicazione e il combattimento, divenuto AlQaïda nel grande Maghreb islamico e, dall'altra, la ribellione tuareg,

J.   considerando che "l'ordinanza costituzionale", in cui la giunta definisce i suoi poteri e che le permette di governare per decreti, non ha alcuna base giuridica,

1.   condanna il colpo di Stato militare perpetrato dai generali della Mauritania, il secondo in tre anni in questo paese, che costituisce una violazione della legalità costituzionale e dei risultati democratici delle elezioni, convalidati a livello internazionale; si rammarica per questa battuta d'arresto rispetto ai progressi considerevoli in materia di sviluppo della democrazia e dello Stato di diritto durante gli ultimi anni in Mauritania; chiede che si ponga fine alle tensioni politiche attuali in Mauritania nel quadro istituzionale risultante dalla fase di transizione verso la democrazia, e che l'ordine costituzionale e civile sia ripristinato quanto prima;

2.   chiede che il presidente Sidi Mohamed Ould Cheikh Abdallahi sia immediatamente liberato come pure il primo ministro Yahya Ould Ahmed el-Waghef e altri membri del governo che sono tuttora agli arresti domiciliari in svariati luoghi del paese;

3.   chiede il pieno rispetto della legalità costituzionale dei poteri del presidente e del parlamento mauritano, il che implica che i meccanismi di coabitazione tra il presidente e il parlamento e i meccanismi di equilibrio tra il potere esecutivo e il potere legislativo siano stabiliti nel rispetto e nel quadro della Costituzione, le cui modifiche atte ad assicurare una maggiore stabilità possono intervenire soltanto conformemente alle disposizioni della suddetta, in seguito ad un'ampia discussione che riunisca tutte le forze politiche;

4.   ritiene che una discussione franca e sincera tra le principali forze politiche debba determinare le vie e le forme costituzionali necessarie per porre fine alla crisi;

5.   accoglie favorevolmente il ritorno dei rifugiati, l'adozione di una legge che criminalizza la schiavitù e il progetto di legge sulla liberalizzazione dei media; deplora l'assenza di una soluzione democratica per quanto concerne il passivo umanitario e i soprusi commessi durante il 1990 contro la comunità nera della Mauritania, benché il presidente si fosse impegnato a istituire una commissione d'inchiesta;

6.   chiede che i rifugiati rientrati in Mauritania riacquisiscano i loro diritti e che vengano loro restituiti i beni di cui sono stati spogliati;

7.   chiede che il popolo mauritano, già particolarmente colpito dalla crisi economica e alimentare, non sia preso in ostaggio dalla crisi attuale, e chiede alla Commissione europea di mettere in atto i progetti di sostegno alla società civile nel quadro dello strumento europeo per la democrazia e i diritti umani;

8.   prende nota dell'annuncio, da parte della giunta militare, di nuove elezioni presidenziali, ma si rammarica che, contrariamente alla posizione della giunta al potere dal 2005 al 2007, non sia stato assunto alcun impegno di neutralità elettorale; chiede alle forze militari al potere di impegnarsi quanto prima su un calendario di ripristino delle istituzioni democratiche, che preveda la formazione di un governo di transizione in concertazione con l'insieme delle forze politiche;

9.   sostiene gli sforzi dell'UA a favore di una soluzione della crisi facendo uso della ragione;

10.   chiede alla Commissione di intraprendere un dialogo politico, conformemente all'articolo 8 dell'accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, firmato a Cotonu il 23 giugno 2000(1), modificato a Lussemburgo il 24 giugno 2005 (Accordo di Cotonou), al fine di ripristinare la legalità costituzionale e di informare il Parlamento sul risultato di tale dialogo; qualora quest'ultimo non avesse esito positivo, chiede la riattivazione dell'articolo 96 dell'accordo di Cotonou, il che potrebbe comportare un congelamento dell'aiuto, ad eccezione dell'aiuto alimentare e umanitario;

11.   esorta la Presidenza in carica del Consiglio a continuare a seguire attentamente la situazione politica nel paese, in stretta collaborazione con l'UA, e ad assicurare la sicurezza dei cittadini dell'Unione;

12.   chiede di inviare quanto prima una delegazione di parlamentari affinché incontrino i loro omologhi e propongano un aiuto per uscire dalla crisi;

13.   incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché alle istituzioni dell'Unione africana, alla Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale, all'Organizzazione della francofonia e al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

(1) GU L 317 del 15.12.2000, pag. 3.


Impiccagioni in Iran
PDF 119kWORD 40k
Risoluzione del Parlamento europeo del 4 settembre 2008 sulle esecuzioni capitali in Iran
P6_TA(2008)0412RC-B6-0389/2008

Il Parlamento europeo,

–   viste le sue precedenti risoluzioni sull'Iran, segnatamente quelle sui diritti umani e in particolare la risoluzione del 19 giugno 2008 sull'esecuzione di minorenni autori di reati in Iran(1),

–   vista la dichiarazione della Presidenza a nome dell'Unione europea, del 13 giugno 2008, sull'esecuzione di Mohammad Hassanzadeh,

–   vista la dichiarazione della Presidenza a nome dell'Unione europea, del 18 luglio 2008, sull'applicazione della pena di morte in Iran,

–   vista la dichiarazione della Presidenza a nome dell'Unione europea, del 29 luglio 2008, sull'esecuzione di 29 persone nel penitenziario di Evin in Iran,

–   vista la dichiarazione della Presidenza a nome dell'Unione europea, del 25 agosto 2008, sull'esecuzione mediante impiccagione di Reza Hejazi,

–   vista la dichiarazione della Presidenza del Consiglio dell'Unione europea del 19 e 28 agosto 2008 sull'imminente esecuzione rispettivamente di Behnood Shojaee e di Bahman Soleimanian,

–   viste le risoluzioni dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite e in particolare la risoluzione A/RES/62/168 del 18 dicembre 2007 sulla situazione dei diritti umani nella Repubblica islamica di Iran e la risoluzione A/RES/62/149 del 18 dicembre 2007 relativa a una moratoria sul ricorso alla pena di morte,

–   visti il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici ed il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali, la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale e la Convenzione sui diritti del fanciullo di cui la Repubblica islamica di Iran è firmataria,

–   visto l'articolo 115, paragrafo 5, del suo regolamento,

A.   considerando che, secondo Amnesty International, finora quest'anno il numero delle esecuzioni in Iran è pari ad almeno 191, mentre nel 2007 sono state eseguite in Iran più condanne a morte (317) di qualsiasi altro paese al mondo ad eccezione della Cina, sebbene la popolazione dell'Iran sia 18 volte inferiore a quella di tale paese,

B.   considerando che il 27 luglio 2008 sono state eseguite simultaneamente 29 condanne a morte nel penitenziario di Evin a Teheran,

C.   considerando che il 10 giugno 2008 Mohammad Hassanzadeh, un curdo iraniano di 16 anni, è stato giustiziato per un crimine commesso quando aveva 14 anni; che il 22 luglio 2008 Hassan Mozafari e Rahman Shahidi, imputati minorenni, sono stati giustiziati e che il 19 agosto 2008 il diciannovenne Reza Hezjazi è stato impiccato per un presunto omicidio commesso all'età di 15 anni; che il 26 agosto 2008 il diciannovenne Behmam Zare è stato giustiziato per un reato che ha commesso all'età di 15 anni, diventando il sesto imputato minorenne a essere giustiziato in Iran solo nel 2008,

D.   considerando che né i famigliari di Zare, né quelli di Hazjazi, né l'avvocato, sono stati informati dell'ora e del luogo delle previste esecuzioni, in violazione alla legge iraniana,

E.   considerando che Amir Marollahi, Behnood Shojaee, Mohammed Fadaei e Bahman Soleimanian, imputati minorenni, rischiano di essere giustiziati in tempi brevi,

F.   considerando che l'esecuzione di minorenni autori di reato è vietata a norma del diritto internazionale, come dichiarato all'articolo 6, paragrafo 5, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e dalla Convenzione sui diritti del fanciullo; che in realtà sono 130 i bambini e i minorenni autori di reato nel braccio della morte nonostante gli obblighi giuridici dell'Iran,

G.   considerando che gli attivisti per i diritti delle minoranze sono sempre più esposti alla minaccia di vedersi comminata la pena capitale, come nel caso di Yaghoub Mehrnehad, appartenente all'etnia Baluchi e amministratore delegato dell'Associazione Voce della gioventù, il quale è stato giustiziato il 4 agosto 2008 per aver interpellato pubblicamente funzionari locali chiedendo conto del loro cattivo operato,

H.   considerando che un altro attivista per i diritti delle minoranze, l'insegnante curdo Farzad Kamangar, è stato condannato a morte con l'accusa, non dimostrata, di insurrezione armata contro lo Stato,

I.   considerando che spesso sono estorte confessioni sotto tortura, senza accesso ad avvocati, e che le sentenze dei tribunali non rispettano le norme minime che garantiscono un giusto processo,

J.   considerando che il 5 agosto 2008 la magistratura iraniana ha annunciato la sospensione del ricorso alla lapidazione come mezzo di esecuzione e che di conseguenza 10 donne di cui non si conosce il nome e in attesa di esecuzione mediante lapidazione non saranno lapidate,

K.   considerando che vi è motivo di temere che i membri e gli associati dell'opposizione iraniana, che sono raggruppati e protetti a Camp Ashraf nel Nord dell'Irak da forze multinazionali guidate dagli Stati Uniti in base all'articolo 27 dalla quarta Convenzione di Ginevra, potrebbero rischiare di essere espulsi o rimpatriati in modo forzato in Iran, dove potrebbero subire gravi persecuzioni ed eventualmente essere persino condannati a morte,

1.   è profondamente rattristato nell'apprendere la recente esecuzione di molti imputati minorenni in Iran, il che fa dell'Iran l'unico paese al mondo in cui questa punizione grave e inumana è ancora applicata nel 2008;

2.   richiama in particolare l'attenzione sulla sorte di Soghra Najafpour, il quale ha trascorso quasi tutti gli ultimi 19 anni nel braccio della morte per un omicidio commesso quando aveva 13 anni;

3.   chiede al capo della magistratura, l'Ayatollah Mahmoud Hashemi Sharoudi, di commutare sistematicamente tutte le condanne a morte comminate a imputati minorenni e chiede alle autorità iraniane di bloccare in particolare l'esecuzione di Amir Marollahi, Behnood Shojaee, Mohammed Fadaei e Bahman Soleimanian;

4.   condanna fermamente il crescente numero di esecuzioni ed esorta vivamente le autorità iraniane a istituire una moratoria sul ricorso alla pena di morte al fine di abolirla conformemente alla risoluzione adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 2007;

5.   ribadisce il suo appello ai membri del Majilis di modificare con urgenza la legislazione per far sì che nessuno sia giustiziato per un crimine commesso in età minore di 18 anni e di alzare l'età della responsabilità penale conformemente alle norme internazionali;

6.   appoggia gli sforzi legislativi esplicati in Iran al fine di introdurre un sistema legislativo e giurisdizionale distinto per i minorenni autori di reato e chiede ai membri del Majilis di prevedere misure finalizzate alla formazione e al reinserimento sociale dei minorenni autori di reato; chiede alla Commissione di sostenere le autorità iraniane in qualsiasi richiesta di cooperazione internazionale in questo campo;

7.   condanna risolutamente la persecuzione e l'incarcerazione di cittadini in Iran impegnati nella difesa dei diritti umani e in campagne contro la pena di morte, i quali sono spesso accusati di svolgere "attività contro la sicurezza nazionale"; chiede in particolare il rilascio incondizionato di Emadeddin Baghi e di Mohammad Sadegh Kabovand e che la sentenza alla pena capitale ai danni di Farzad Kamangar sia commutata e che siano svolte nuove indagini sul suo caso;

8.   plaude al recente annuncio della sospensione della lapidazione come mezzo di esecuzione; teme tuttavia che nella proposta di riforma del codice penale attualmente all'esame del Majilis sia mantenuta la lapidazione per talune forme di adulterio e chiede ai membri del Majilis di impegnarsi alla completa abolizione della lapidazione;

9.   chiede alle autorità irachene e statunitensi di non rimpatriare in modo forzato verso l'Iran qualsiasi membro dell'opposizione, profugo o richiedente asilo iraniano, i quali correrebbero il grave rischio di subire persecuzioni, e di lavorare, in particolare, con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e altri soggetti al fine di trovare una soluzione duratura soddisfacente alla situazione delle persone attualmente ospitate presso il Camp Ashraf;

10.   chiede che alla prossima assemblea generale delle Nazioni Unite sia presentata una risoluzione contenente la richiesta a tutti i paesi che mantengono la pena di morte, di rendere accessibili al Segretariato generale delle Nazioni Unite e all'opinione pubblica, tutte le informazioni relative alla pena capitale e alle esecuzioni, superando il segreto di Stato in materia di pena di morte, che costituisce peraltro una causa diretta di un alto numero di esecuzioni;

11.   chiede una nuova risoluzione che preveda l'istituzione di un Inviato Speciale del Segretariato generale, con il compito di monitorare la situazione, assicurare la massima trasparenza nel sistema della pena capitale e favorire un processo interno di attuazione della risoluzione delle Nazioni Unite sulla moratoria delle esecuzioni;

12.   incarica il suo presidente di trasmettere la presente risoluzione al Governo e al Parlamento della Repubblica islamica di Iran, al Consiglio, alla Commissione all'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Segretario generale delle Nazioni Unite, al Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo, all'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati e ai governi degli Stati Uniti e dell'Iraq.

(1) Testi approvati, P6_TA(2008)0314.


Uccisioni di albini in Tanzania
PDF 115kWORD 36k
Risoluzione del Parlamento europeo del 4 settembre 2008 sulle uccisioni di albini in Tanzania
P6_TA(2008)0413RC-B6-0387/2008

Il Parlamento europeo,

–   viste le sue precedenti risoluzioni su gravi violazioni dei diritti umani,

–   vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948,

–   vista la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli, adottata il 27 giugno 1981 e entrata in vigore il 21 ottobre 1986,

–   vista la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia, adottata il 20 novembre 1989 e entrata in vigore il 2 settembre 1990, che ha forza vincolante e non prevede deroghe,

–   vista la dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone appartenenti a minoranze nazionali o etniche, religiose e linguistiche adottata il 18 dicembre 1992,

–   visto l'articolo 115, paragrafo 5, del suo regolamento,

A.   considerando che, in base alle notizie fornite dalle ONG e dai media e confermate dal governo della Tanzania, sono almeno 25, fra cui alcuni bambini, gli albini uccisi e mutilati dal marzo 2008 nella zona del lago Vittoria, in particolare a Mwanza, Shinyanga e Mara, dove esiste una forte concentrazione di albini,

B.   considerando che le tre regioni citate sono tristemente note per le uccisioni non solo di albini, ma anche di persone che si crede posseggano poteri magici, e che semplici dicerie bastano spesso a una folla inferocita per uccidere una persona sospettata di praticare arti magiche,

C.   considerando che, secondo le autorità della Tanzania, le uccisioni di albini sono opera di gruppi organizzati assoldati da stregoni tradizionali,

D.   considerando che a Dar el Salaam i mezzi d'informazione hanno riportato la notizia dell'arresto di 173 persone connesse alle uccisioni di albini in Tanzania, e che fra gli arrestati sono numerosi gli stregoni e i loro clienti,

E.   considerando che, secondo la polizia nazionale, gli stregoni vendono le parti del corpo e il sangue degli albini a minatori e pescatori, i quali credono che possano portare loro fortuna, salute e ricchezza,

F.   considerando che tali uccisioni hanno suscitato grandi apprensioni e timori fra la comunità albina, i cui membri si sentono ora estremamente insicuri ed evitano addirittura di rimanere isolati o di camminare o viaggiare da soli a causa dei potenziali rischi,

G.   considerando che il 36% della popolazione della Tanzania vive al di sotto della soglia nazionale di povertà e che l'accesso al sistema sanitario è molto limitato, il che rende prassi comune tra la gente il ricorso agli stregoni e ai guaritori tradizionali,

H.   considerando che gli albini rappresentano una minoranza, che la loro discriminazione è un problema grave in tutta l'Africa sub-sahariana, e che al mondo una persona su 20 000 è affetta da albinismo,

I.   considerando che, secondo una ricerca del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (PSNU), quasi la metà dei genitori di bambini albini ha provato un senso di umiliazione alla nascita dei figli; che le donne albine sono discriminate dalle altre donne e che anche le madri di albini vengono spesso derise e respinte e subiscono discriminazioni sul lavoro; che circa due terzi dei genitori avrebbero dichiarato che le cure mediche specifiche per i bambini albini sono onerose e che circa la metà di essi ha affermato che i propri figli hanno gravi problemi di vista, ma che l'83% ha comunque detto che le prestazioni scolastiche dei propri figli sono assolutamente paragonabile a quelle degli altri bambini,

1.   condanna fermamente le uccisioni di albini in Tanzania e il commercio di parti del loro corpo a scopo di lucro;

2.   valuta positivamente il fatto che il Presidente della Tanzania, Jakaya Mrisho Kikwete, abbia condannato le uccisioni degli albini ed abbia promesso di concentrare gli sforzi per porre fine a tali crimini; sottolinea che queste parole devono essere seguite dai fatti;

3.   si congratula con il Presidente Jakaya Mrisho Kikwete per la decisione di nominare al Parlamento della Tanzania la signora Shymaa Kway-Geer, che è il primo membro albino di tale istituzione, per la sua determinazione nella lotta contro le discriminazioni di cui lei e gli altri albini sono vittime;

4.   appoggia e valuta positivamente le misure adottate sinora dal governo della Tanzania, fra cui la realizzazione di un censimento degli albini e la creazione di una scorta di polizia per i bambini albini; fa propria la richiesta di alcuni membri del parlamento tanzaniano, che hanno invitato il governo ad adottare ulteriori provvedimenti per affrontare il problema alla radice e porre fine a ogni forma di discriminazione nei confronti degli albini;

5.   invita le autorità tanzaniane, le autorità locali e, in generale, la società civile di tale paese a collaborare per proteggere tutti gli albini; sollecita il governo della Tanzania ad avviare misure immediate volte a sensibilizzare l'opinione pubblica e a fornire informazioni sull'albinismo; ritiene che dette dovrebbero interessare soprattutto le zone rurali, dove la popolazione è tendenzialmente meno istruita e più superstiziosa;

6.   plaude all'arresto di 173 persone, il mese scorso, sospettate di essere collegate alle uccisioni di albini in Tanzania; esorta risolutamente le autorità a procedere rapidamente e a portare in giudizio i responsabili;

7.   rileva con rammarico che una giornalista investigativa, Vicky Ntetema, ha dovuto darsi alla clandestinità dopo aver ricevuto minacce di morte per aver denunciato il coinvolgimento di stregoni e poliziotti in tali uccisioni; sollecita le autorità tanzaniane ad avviare un'indagine approfondita e indipendente su tali accuse mosse da Vicky Ntetema;

8.   apprezza e sostiene il lavoro dell'Associazione albini della Tanzania, che fornisce assistenza alla comunità albina; invita la Commissione ad appoggiare attivamente l'Associazione e l'appello da essa rivolto a studiosi, esponenti religiosi e attivisti impegnati a favore dei diritti umani onde sensibilizzare l'opinione pubblica sul fatto che le uccisioni degli albini sono socialmente e moralmente inaccettabili;

9.   invita la Commissione a sostenere il PSNU, che è impegnata a promuovere la posizione degli albini in Africa e a tutelarli;

10.   ritiene che il miglior modo per tutelare i diritti degli albini tanzaniani consista nel garantire loro, nel quadro delle politiche di inclusione, parità di accesso a un'istruzione e a un'assistenza medica di qualità e nell'offrire loro una protezione sociale e giuridica adeguata;

11.   invita la Commissione e gli Stati membri a sostenere gli sforzi del governo, delle ONG e della società civile della Tanzania finalizzati alla definizione di politiche che tengano conto delle necessità e dei diritti degli albini e siano basate sulla non-discriminazione e l'inclusione sociale, nonché sulla parità di accesso all'occupazione;

12.   sollecita una migliore formazione degli operatori sanitari e seminari per insegnanti e genitori per incoraggiarli a provvedere a che i bambini albini siano protetti dal sole, dal momento che molti di essi muoiono di cancro della pelle prima dei trent'anni;

13.   insiste sulla necessità che la Commissione e gli Stati membri facciano tutto quanto in loro potere per garantire che le risorse destinate all'assistenza sanitaria raggiungano le fasce più povere in Tanzania; sottolinea la pressante necessità dell'accesso all'assistenza sanitaria nelle zone rurali e isolate;

14.   chiede alla Commissione e al Consiglio di seguire attentamente la situazione dei diritti umani degli albini in Tanzania;

15.   incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, agli Stati membri, all'Unione africana, al governo e al Parlamento della Tanzania, al Segretario generale delle Nazioni Unite, ai Co-presidenti dell'Assemblea parlamentare comune ACP-UE e al Consiglio ACP.

Note legali - Informativa sulla privacy