– viste le sue precedenti risoluzioni e, in particolare, quella del 15 novembre 2007 su gravi episodi che mettono a repentaglio l'esistenza delle comunità cristiane e di altre comunità religiose,
– visto l'articolo 18 della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici del 1966,
– vista la Dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di intolleranza e di discriminazione fondata sulla religione e sul credo, del 1981,
– visto l'articolo 122, paragrafo 5, del suo regolamento,
A. considerando che la promozione del rispetto della democrazia, dei diritti umani e delle libertà civili sono principi e obiettivi fondamentali dell'Unione europea e costituiscono una base comune per le sue relazioni con i paesi terzi,
B. considerando che, conformemente alla legislazione internazionale in materia di diritti umani e, in particolare, all'articolo 18 della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; che tale diritto include la libertà di cambiare la propria religione o credo, e la libertà, individualmente o in comune con altri e in pubblico o in privato, di manifestare la propria religione o il proprio credo nel culto, nell'osservanza dei riti, nelle pratiche e nell'insegnamento,
C. considerando che l'Europa, come altre parti del mondo, non è esente da casi di violazione di detta libertà e conosce crimini individuali commessi contro membri di minoranze in base al loro credo,
D. considerando che l'Unione europea ha espresso a più riprese il proprio impegno per la libertà di pensiero, coscienza e religione e sottolineato che il governo ha il dovere di garantire tali libertà in tutto il mondo,
E. considerando che il 6 gennaio 2010 è stato commesso l'assassinio, sparando da un'auto in corsa, di sette individui – sei cristiani copti e un poliziotto – e il ferimento di altre persone nel momento in cui i fedeli uscivano da una chiesa dopo la messa di mezzanotte per la vigilia di Natale copta nella città di Nagaa Hammadi nell'Alto Egitto; e che, nelle ultime settimane, sono scoppiati altri scontri che hanno coinvolto cristiani copti e musulmani, definiti incidenti individuali dal governo egiziano,
F. considerando che l'8 gennaio 2010 le autorità egiziane hanno annunciato l'arresto e la detenzione di tre persone in riferimento all'attacco a Nagaa Hammadi del 6 gennaio; considerando che il procuratore generale egiziano ha deciso che i tre accusati fossero tradotti dinanzi alla Corte di emergenza di sicurezza dello Stato per omicidio premeditato,
G. considerando che i cristiani copti rappresentano circa il 10% della popolazione egiziana; che, negli ultimi anni, in Egitto hanno avuto luogo atti ricorrenti di violenza contro cristiani copti,
H. considerando che la Costituzione egiziana garantisce la libertà di credo e di pratica di riti religiosi,
I. considerando che accorda grande importanza alle relazioni con l'Egitto e che sottolinea l'importanza dell'Egitto e delle relazioni UE-Egitto per la stabilità e lo sviluppo della zona euromediterranea,
J. considerando che la Chiesa cattolica malese ha citato in giudizio il governo malese nel 2007 dopo che quest'ultimo aveva minacciato di proibire la pubblicazione del giornale "The Herald" per motivi di sicurezza nazionale qualora non avesse cessato di utilizzare la parola "Allah" che la comunità di lingua Bahasa-Malaysia, di fede cristiana, utilizza abitualmente come traduzione di "Dio",
K. considerando che il 31 dicembre 2009 l'Alta Corte di giustizia malese ha dichiarato che i cristiani in Malaysia hanno il diritto costituzionale di utilizzare la parola "Allah" per riferirsi a Dio e che la parola "Allah" non è esclusiva dell'Islam,
L. considerando che, a seguito della sentenza, si è assistito ad almeno nove attacchi contro chiese cristiane in Malaysia,
M. considerando che il governo ha confiscato più di 15 000 copie della Bibbia in lingua malaya in cui si utilizzava la parola "Allah" per riferirsi a Dio, e che ad oggi non ha restituito le suddette copie,
N. considerando che il governo malese accetta l'uso della parola "Allah" da parte della comunità cristiane negli stati di Sahah e Sarawak mentre lo pone in questione in altre regioni del paese, il che crea una discriminazione supplementare in tutta la comunità cristiana in Malaysia,
O. considerando che il dialogo intercomunitario è essenziale per promuovere la pace e la comprensione reciproca tra i popoli,
1. sottolinea che il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione è un diritto umano fondamentale garantito dagli strumenti giuridici internazionali e condanna vivamente tutte le forme di violenza, discriminazione e intolleranza, basate sulla religione e sul credo, contro le persone religiose, gli apostati e i non credenti;
2. manifesta preoccupazione per i recenti attacchi contro cristiani copti in Egitto e solidarietà nei confronti delle famiglie delle vittime; chiede al governo egiziano di garantire la sicurezza personale e l'integrità fisica dei cristiani copti e dei membri di altre minoranze religiose del paese;
3. plaude agli sforzi esplicati dalle autorità egiziane per individuare gli autori e gli esecutori dell'attacco del 6 gennaio 2010; chiede al governo egiziano di garantire che tutte le persone responsabili di tale attacco, come pure di altri atti di violenza contro cristiani copti o altre minoranze religiose o di altro tipo, siano tradotte dinanzi alla giustizia e sottoposte a un doveroso processo;
4. chiede al governo egiziano di garantire che i cristiani copti e i membri di altre comunità religiose e minoranze, godano di tutti i diritti umani e libertà fondamentali – compreso il diritto di scegliere liberamente la propria religione e di cambiarla – e di evitare qualsiasi discriminazione contro gli stessi;
5. deplora le violenze a sfondo religioso in territorio europeo, compreso l'omicidio di Marwa al-Sherbini, e manifesta solidarietà alle famiglie delle vittime;
6. esprime preoccupazione per i recenti attacchi contro chiese e luoghi di culto in Malaysia e solidarietà alle vittime; chiede alle autorità malesi di garantire la sicurezza personale e l'integrità fisica delle persone che praticano la propria religione e di adottare le misure necessarie per proteggere le chiese ed altri luoghi di culto;
7. chiede alle autorità malesi di indagare a fondo e con rapidità sui casi segnalati di attacchi contro luoghi di culto e di tradurre i responsabili dinanzi alla giustizia;
8. ritiene che la condotta del Ministro dell'Interno malese costituisca una violazione della libertà di religione; è particolarmente preoccupato per il fatto che il governo malese abbia agito in modo illecito e che con la sua ingerenza abbia contribuito all'acuirsi delle tensioni tra i gruppi religiosi nel paese;
9. plaude alla sentenza dell'Alta Corte della Malaysia ed esorta le autorità malesi a rispettare tale decisione; chiede al governo malese di non tentare di ripristinare il divieto sull'uso della parola "Allah" bensì di tentare di allentare le tensioni risultanti e di astenersi dall'intraprendere nuove azioni che potrebbero turbare la coesistenza pacifica tra la religione dominante e quelle minoritarie, conformemente a quanto stabilito nella Costituzione malese;
10. chiede al Consiglio, alla Commissione e all'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, nel quadro delle relazioni e della cooperazione dell'Unione europea con i paesi interessati, di prestare particolare attenzione alla situazione delle minoranze religiose, comprese le comunità cristiane;
11. appoggia tutte le iniziative volte a promuovere il dialogo e il rispetto reciproco tra comunità; invita tutte le autorità religiose a promuovere la tolleranza e ad adottare iniziative contro l'odio e contro la radicalizzazione violenta ed estremista;
12. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, all'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al governo e al parlamento dell'Egitto nonché al governo e al parlamento della Malaysia.
Violazioni dei diritti umani in Cina, in particolare il caso di Liu Xiaobo
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Risoluzione del Parlamento europeo del 21 gennaio 2010 sulle violazioni dei diritti umani in Cina, e in particolare sul caso di Liu Xiaobo
– viste le sue precedenti risoluzioni sulla Cina, in particolare quelle del 13 dicembre 2007 sul dialogo per i diritti umani e sulle relazioni UE-Cina e del 26 novembre 2009 sui diritti delle minoranze e l'applicazione della pena di morte,
– vista la sua risoluzione del 6 settembre 2007 sul funzionamento dei dialoghi e delle consultazioni con i paesi terzi in materia di diritti dell'uomo,
– vista la dichiarazione della Presidenza a nome dell'Unione europea del 19 dicembre 2008 riguardo alla Carta 08 e all'arresto di attivisti per i diritti umani,
– visto lo svolgimento del Vertice UE-Cina tenutosi a Praga nel maggio 2009,
– viste le dichiarazioni della Presidenza a nome dell'Unione europea del 26 giugno 2009 e del 14 dicembre 2009 sul procedimento penale a carico di Liu Xiaobo,
– visto lo svolgimento del seminario UE-Cina del 18-19 novembre 2009 e del dialogo sui diritti umani UE-Cina del 20 novembre 2009,
– vista la dichiarazione della Presidenza a nome dell'Unione europea del 29 dicembre 2009 sull'esecuzione di Akmal Shaikh,
– visto l'articolo 122, paragrafo 5, del proprio regolamento,
A. considerando che l'8 dicembre 2008 Liu Xiaobo, eminente studioso e attivista dei diritti umani, nonché coautore della "Carta 08", è stato sottoposto a "vigilanza domiciliare" - una forma di detenzione in attesa di giudizio che può essere applicata senza che siano formulate imputazioni e può durare fino a sei mesi - ad un indirizzo di Pechino che non è stato rivelato,
B. considerando che il 23 giugno 2009 Liu Xiaobo è stato arrestato e il giorno successivo è stato imputato di "istigazione alla sovversione dei poteri dello Stato", reato previsto dall'articolo 105 del codice penale,
C. considerando che Liu Xiaobo è uno dei 303 firmatari della Carta 08, una petizione che sollecita una riforma costituzionale, la democratizzazione e la tutela dei diritti umani e che successivamente è stata firmata da oltre 10.000 cittadini cinesi,
D. considerando che il 25 dicembre 2009 il Tribunale intermedio del Popolo n. 1 della municipalità di Pechino ha ritenuto Liu Xiaobo colpevole di "istigazione alla sovversione dei poteri dello Stato" e lo ha condannato a 11 anni di detenzione, e che il governo ha motivato la condanna con il ruolo di Liu nella redazione e nell'organizzazione della firma della Carta 08 e con sei saggi pubblicati tra il 2005 e il 2007 in cui si criticava il governo cinese,
E. considerando che la moglie di Liu Xiaobo e il personale di una dozzina di ambasciate a Pechino hanno chiesto di assistere la processo, ma è stato loro negato l'accesso all'aula del tribunale,
F. considerando che tale sentenza ha sollevato vaste critiche nei blog cinesi e da parte di gruppi della società civile internazionale e di governi stranieri, e che Liu Xiaobo ha interposto appello contro la sentenza del tribunale,
G. considerando che all'ex presidente ceco Vaclav Havel, che voleva presentare un appello per il rilascio di Liu Xiaobo, è stato negato l'accesso all'ambasciata della Repubblica popolare cinese a Praga,
H. considerando che le autorità cinesi non hanno prestato ascolto ai ripetuti inviti dell'Unione europea e di uno dei suoi Stati membri a commutare la condanna a morte inflitta a Akmal Shaikh,
I. considerando che, alcuni giorni fa, per la prima volta un funzionario cinese ha riconosciuto la scomparsa di Gao Zhiseng, attivista cristiano dei diritti umani e candidato al Premio Nobel per la pace,
J. considerando che nel dicembre 2009 si sono verificati altri casi di violazione dei diritti umani in Cina, come le molestie inflitte a membri del Forum per i diritti umani della provincia del Guizhou al fine di impedire loro di svolgere le attività in programma per celebrare la Giornata dei diritti dell'uomo, e le percosse e i maltrattamenti ricevuti durante la detenzione da Qi Choghuai, cronista ed ex capo dell'ufficio della provincia dello Shandong del Fazhi Morning Post,
K. considerando che, in vista del 60° anniversario del paese che si celebrava il 1° ottobre, le autorità cinesi hanno aumentato la sorveglianza, le molestie e gli arresti di attivisti per impedire loro di sollevare la questione dei diritti umani, e che secondo Amnesty International in tale occasione varie centinaia di attivisti e dissidenti sono stati sottoposti a vari tipi di vigilanza o agli arresti domiciliari,
L. considerando che nell'aprile 2009 la Repubblica popolare cinese ha presentato alle Nazioni Unite un documento a sostegno della propria candidatura a far parte del Consiglio per i diritti dell'uomo, in cui affermava che la Repubblica popolare cinese è "impegnata nella promozione e nella tutela di diritti umani e delle libertà fondamentali del popolo cinese",
M. considerando che il 13 gennaio 2010 Google ha annunciato l'intenzione di cessare la propria cooperazione con la censura cinese di Internet, legando tale decisione a sofisticati cyber-attacchi (che si sospettano partiti dalla Cina) ai propri sistemi informatici, rivolti in parte contro gli account di utenti Gmail attivisti di diritti umani,
N. considerando che l'Unione europea è il maggiore partner commerciale della Cina e il maggior investitore in Cina, mentre la Cina è il secondo partner commerciale dell'Unione europea, e che le relazioni commerciali ed economiche hanno fatto passare in secondo piano la questione delle riforme democratiche, del rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto,
O. considerando che il dialogo UE-Cina sui diritti umani, istituito nel 2000, ha finora ottenuto scarsi risultati e che tale mancanza di risultati è anche conseguenza di una politica estera comune dell'UE riguardo alla Cina mal coordinata e inefficace,
1. chiede il rilascio immediato ed incondizionato di Liu Xiaobo ed esprime la propria solidarietà alle sue azioni e iniziative pacifiche a favore delle riforme democratiche e della tutela dei diritti umani; condanna fermamente la persecuzione giudiziaria di cui egli è stato vittima;
2. esprime nel contempo il proprio appoggio ai cinesi che hanno manifestato apertamente il loro malcontento per la condanna di Liu Xiaobo;
3. invita le autorità della Repubblica popolare cinese (RPC) a onorare gli impegni assunti dinanzi al Consiglio per i diritti dell'uomo e a conformarsi alle disposizioni della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 9 dicembre 1998;
4. sollecita la RPC a garantire il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali e chiede la ratifica del Patto internazionale sui diritti civili e politici;
5. deplora il fatto che la Cina, nel quadro del suo processo di "revisione periodica universale" del 2009, ha respinto tutte le raccomandazioni formulate dagli Stati membri delle Nazioni Unite in relazione alla libertà di espressione, alla libertà di associazione, all'indipendenza della magistratura, alle garanzie per la professione legale, alla protezione dei difensori dei diritti umani, ai diritti delle minoranze etniche, all'abolizione della pena di morte, all'abolizione della "rieducazione attraverso il lavoro", al divieto della tortura, alla libertà dei media e a rimedi efficaci contro le discriminazioni;
6. condanna nel modo più fermo l'esecuzione di Akmal Shaikh e riafferma la propria opposizione, assoluta e di vecchia data, all'uso della pena di morte in qualsiasi circostanza; è convinto del fatto che l'abolizione della pena di morte sia parte integrante del rispetto dei diritti dell'uomo e della tutela della dignità umana, in tutti i paesi;
7. plaude all'intenzione di Google di cessare la cooperazione con le autorità cinesi per il filtraggio e la censura di Internet, e sollecita tutte le altre società che operano in questo campo ad assumere iniziative analoghe; invita la RPC a rispettare pienamente la libertà di parola su Internet; esprime solidarietà agli utenti cinesi di Internet, che saranno i più colpiti dal prospettato ritiro di Google;
8. sottolinea che il governo cinese ha pubblicato nell'aprile 2009 il suo primo Piano d'azione nazionale per i diritti umani (2009-2010), che intende migliorare la protezione dei diritti dei cittadini e salvaguardarli dagli arresti arbitrari, vietare il ricorso alla tortura per estorcere confessioni e garantire processi equi e aperti;
9. sottolinea che la situazione dei diritti umani in Cina continua a provocare gravi preoccupazioni e invita il Consiglio e la Commissione a sollevare il caso di Liu Xiaobo durante il prossimo vertice UE-Cina; prende atto dei precedenti dialoghi sui diritti umani con la Cina e del dialogo UE-Cina sui diritti umani del 20 novembre 2009; insiste sulla necessità di verifiche rigorose fra un dialogo e l'altro per garantire l'attuazione delle raccomandazioni;
10. mette in risalto la necessità di avviare un'ampia valutazione e un rafforzamento del dialogo UE-Cina sui diritti umani; chiede che durante tali dialoghi vengano sistematicamente sollevati i casi dei difensori dei diritti umani e richiama l'attenzione sull'arresto del vincitore del premio Sacharov 2008 Hu Jia e sulle molestie di cui è stata vittima sua moglie Zeng Jinyan;
11. ritiene che lo sviluppo delle relazioni economiche con la Cina debba essere accompagnato da un efficace dialogo politico ed esige che il rispetto dei diritti umani costituisca parte integrante del nuovo accordo quadro che è in corso di negoziazione con la Cina;
12. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione all'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Presidente del Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione, nonché al Presidente, al Primo Ministro e all'Assemblea nazionale del popolo della Repubblica popolare cinese.
Filippine
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Risoluzione del Parlamento europeo del 21 gennaio 2010 sulle Filippine
– vista la dichiarazione del 25 novembre 2009 della Presidenza dell'Unione europea sulle uccisioni nella provincia di Maguindanao nelle Filippine e la dichiarazione del 2 dicembre 2009 di Philip Alston, relatore speciale delle Nazioni Unite, sulle esecuzioni extragiudiziarie,
– visti il Patto internazionale dell'ONU relativo ai diritti civili e politici e il relativo protocollo aggiuntivo, firmati dalle Filippine,
– visto il documento di strategia nazionale sulle Filippine adottato dalla Commissione per il periodo 2007-2013,
– visto l'accordo di finanziamento per il programma di sostegno alla giustizia UE-Filippine, firmato nell'ottobre 2009 e destinato ad accelerare i procedimenti giudiziari contro i perpetratori di esecuzioni extragiudiziali,
– viste le elezioni presidenziali, parlamentari e locali che si terranno nelle Filippine lunedì 10 maggio 2010,
– viste le sue precedenti risoluzioni sulle Filippine,
– visto l'articolo 122, paragrafo 5, del suo regolamento,
A. considerando che gli omicidi di natura politica e le sparizioni, soprattutto di membri di organizzazioni dell'opposizione, di giornalisti, di attivisti dei diritti umani e di leader religiosi continuano ad essere frequenti nelle Filippine e che le organizzazioni attive nel campo dei diritti umani parlano di oltre un migliaio di omicidi e di sparizioni a sfondo politico nell'ultimo decennio,
B. considerando che la virtuale impunità dei responsabili e l'incapacità del governo di rispondere in modo efficace alle violenze a sfondo politico nel paese rende molto difficile consegnare i responsabili alla giustizia, malgrado gli impegni assunti dal governo nel quadro del suo esame periodico universale nel 2008,
C. considerando che centinaia di migliaia di persone sono tuttora sfollate a causa del conflitto che contrappone il governo, il Fronte di liberazione islamica Moro e il Nuovo esercito popolare, che permane attivo in tutto il paese, e delle operazioni militari nei confronti di gruppi criminali quali il gruppo Abu Sayyaf nelle province insulari di Sulu, Basilan e Mindanao occidentale,
D. considerando che il 23 novembre 2009 cento miliziani armati guidati dalla famiglia Ampatuan, tra i quali alcuni funzionari della polizia locale, hanno torturato e brutalmente ucciso cinquantasette membri di un convoglio, tra cui si trovavano parenti del sig. Esmail Mangudadatu, alcune delle quali sono state violentate, avvocati e trenta giornalisti, che si recavano a presentare la candidatura del sig. Mangudadatu al posto di governatore della provincia di Maguindanao a Mindanao,
E. considerando che questo massacro, che ha registrato il più alto numero di giornalisti vittime di un unico evento in tutto il mondo, ha rivelato in modo sconvolgente la misura in cui i signori della guerra locali, la corruzione delle forze di sicurezza e l'impunità per i crimini più spietati si sono impadroniti delle Filippine,
F. considerando che il 24 novembre 2009 il governo delle Filippine ha dichiarato lo stato di emergenza nelle due province in questione, rendendo così i militari responsabili del rispetto della legge e dell'ordine, ha invitato esperti internazionali di medicina legale per coadiuvare le indagini e, il 4 dicembre 2009, ha promulgato la legge marziale a Maguindanao per una settimana, la prima volta che una decisione di questo tipo veniva presa dal 1972,
G. considerando che questo passo ha condotto all'arresto dei principali membri della famiglia Ampatuan, alla loro accusa di omicidio plurimo e alla scoperta di un impressionante arsenale di armi e di migliaia di carte di identificazione elettorali nascoste, facendo presupporre l'intenzione di massicci brogli elettorali a favore del partito della Presidente Arroyo Lakas -Kampi-CMD,
H. considerando che in passato le elezioni nelle Filippine sono state segnate da frequenti esecuzioni extragiudiziali di oppositori politici perpetrate da eserciti e milizie private, molti dei quali dotati di armi di provenienza governativa e alle dipendenze di famiglie politicamente influenti,
I. considerando che nella campagna elettorale 2007 circa sessanta candidati sono stati assassinati e, nella campagna del 2004, le vittime sono state quarantuno, vi è da temere che gli assassinii di attivisti politici vadano aumentando nel periodo fino alle elezioni del maggio 2010,
J. considerando che la brutale strage di Maguindanao rappresenta un notevole passo indietro per la pace e la democrazia nelle Filippine e complicherà i negoziati di pace tra il governo delle Filippine e il Fronte di liberazione islamica Moro, ripresi l'8 dicembre 2009 a Kuala Lumpur sotto gli auspici del governo malese,
1. condanna fermamente il massacro di Maguindanao del 23 novembre 2009 ed esprime la sua solidarietà alle famiglie delle vittime;
2. accoglie positivamente la reazione del governo delle Filippine al massacro, pur deplorando i ritardi iniziali, e sottolinea che le indagini di polizia devono essere esaustive e indipendenti ed essere seguite da un'efficace prosecuzione penale, anche dei membri delle forze di sicurezza sospettati di coinvolgimento;
3. esprime profonda preoccupazione per il fatto che i legami personali che i membri dell'amministrazione mantengono con la famiglia Ampatuan potrebbero ostacolare anziché favorire un'indagine imparziale sulle uccisioni e chiede che la famiglia Ampatuan sia interrogata dall'Ufficio investigativo nazionale;
4. chiede misure urgenti di protezione per tutti i testimoni, giudici, avvocati e pubblici ministeri implicati nelle indagini e nei processi;
5. invita i paesi donatori a offrire assistenza medico-legale, investigativa e giuridica e al Dipartimento della giustizia delle Filippine;
6. invita il governo delle Filippine a prendere misure decisive per porre fine alle esecuzioni extragiudiziali e alle sparizioni e a fare luce su tutti gli altri casi irrisolti, compreso quello di Jonas Burgos, scomparso nell'aprile 2007; esorta il governo delle Filippine a ratificare la Convenzione delle Nazioni Unite per la protezione delle persone dalle sparizioni forzate;
7. invita il governo delle Filippine a prendere azioni decisive per bloccare immediatamente tutti i finanziamenti privati e locali alla polizia e ai gruppi militari ausiliari e a sciogliere le forze paramilitari e le milizie locali; accoglie con favore la dichiarazione in proposito della Presidente Arroyo del 9 dicembre 2009 e invita la signora Arroyo a revocare l'ordine esecutivo n. 546;
8. approva in tale contesto il divieto di porto d'armi recentemente promulgato dalla commissione elettorale in vista delle elezioni del 10 maggio 2010;
9. accoglie positivamente la firma, nell'ottobre 2009, della convenzione per il finanziamento del programma di sostegno alla giustizia UE-Filippine (EPJUST), che assegna 3,9 milioni di euro per il sostegno, l'assistenza e la formazione per rafforzare il sistema di giustizia penale e sostenere il lavoro della Commissione per i diritti umani e dei gruppi della società civile; attende la relazione sui lavori del sistema di monitoraggio che sarà introdotto nell'ambito di EPJUST e che sarà responsabile di seguire i progressi della nazione nella lotta contro le esecuzioni extragiudiziali e gli abusi connessi;
10. teme che la dichiarazione dello stato di emergenza da parte della Presidente, in combinazione con il conferimento di maggiori poteri alle forze armate, che in passato sono state implicate in numerose esecuzioni extragiudiziali, non impedirà o limiterà le violenze connesse al processo elettorale nella provincia di Mindanao;
11. invita il governo delle Filippine a intensificare gli sforzi per eliminare i casi di violenza politica, al fine di salvaguardare il futuro della democrazia nelle Filippine; in particolare, chiede alle autorità di istituire una task force ad alto livello, con un ampio sostegno politico, per attuare misure urgenti volte a impedire atti di violenza connessi alle elezioni nei prossimi mesi in vista delle elezioni di maggio e a prendere iniziative per proteggere i media e la libertà di espressione in generale;
12. accoglie con favore la decisione della Corte Suprema di consentire la partecipazione di Ang Ladlad alle elezioni di maggio, una decisione che ribalta il rifiuto iniziale motivato dalla commissione elettorale (COMLEC) con "ragioni di ordine morale";
13. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, alla Presidente e al governo della Repubblica delle Filippine, all'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo, nonché ai governi dei paesi membri dell'ASEAN.
Strategia europea per la regione del Danubio
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Risoluzione del Parlamento europeo del 21 gennaio 2010 su una strategia dell'UE per la regione danubiana
– visti l'articolo 192 e l'articolo 265, paragrafo 5, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– vista l'interrogazione del 3 dicembre 2009 alla Commissione su una strategia dell'UE per la regione danubiana (O-0150/09 – B7-0240/2009),
– viste le conclusioni del Consiglio europeo del 18 e 19 giugno 2009, che ha invitato la Commissione a elaborare, entro il 2010, una strategia dell'UE per la regione danubiana,
– vista la strategia dell'UE per la regione del Mar Baltico,
– visto il programma del Consiglio, preparato dalle Presidenze spagnola, belga e ungherese,
– visti il Forum sul Danubio istituito in seno al Parlamento europeo e il suo lavoro,
– vista la sua risoluzione del 24 marzo 2009 sul Libro verde sulla coesione territoriale e lo stato della discussione sulla futura riforma della politica di coesione,
– visto il parere del Comitato delle regioni, dell'ottobre 2009, intitolato "Una strategia UE per la regione del Danubio",
– viste le Convenzioni di Espoo, Aarhus e Berna sulla protezione dell'ambiente,
– viste la direttiva quadro sulle acque e la Convenzione di Helsinki,
– vista la Convenzione di Belgrado che disciplina la navigazione sul Danubio,
– vista la dichiarazione congiunta sullo sviluppo della navigazione interna e la protezione dell'ambiente nel bacino fluviale del Danubio adottata dalla Commissione del Danubio, dalla Commissione internazionale per la protezione del Danubio (ICPDR) e dalla Commissione internazionale per il bacino della Sava (ISRBC),
– vista la Conferenza di Stoccolma su una strategia macroregionale, organizzata dalla Presidenza svedese,
– visto l'articolo 115, paragrafo 5, del suo regolamento,
A. considerando che il trattato di Lisbona riconosce la coesione territoriale fra gli obiettivi dell'Unione europea (articolo 3 TUE),
B. considerando che le strategie relative alle macroregioni sono volte a permettere di fare un miglior uso delle risorse disponibili per affrontare le questioni attinenti allo sviluppo territoriale e trovare risposte comuni a problemi comuni,
C. considerando che la strategia per il Mar Baltico fornisce già un modello per coordinare le politiche e i finanziamenti dell'Unione europea in unità territoriali geopolitiche, le macroregioni, definite sulla base di criteri specifici, e che la strategia dell'Unione europea per la regione danubiana, sulla base del modello della strategia per il Mar Baltico, può promuovere la cooperazione regionale e transfrontaliera per un'ulteriore crescita economica e individuare risposte comuni a problemi collettivi,
D. considerando che il Danubio collega dieci paesi europei (Germania, Austria, Slovacchia, Ungheria, Croazia, Serbia, Romania, Bulgaria, Moldova e Ucraina), di cui sei sono Stati membri dell'Unione europea, e che, se si considera un contesto territoriale più ampio, la regione comprende anche la Repubblica ceca, la Slovenia, la Bosnia-Erzegovina e il Montenegro,
E. considerando che la regione del Danubio è un importante punto di convergenza tra i programmi dell'Unione europea relativi alla politica di coesione e i programmi destinati ai paesi coperti dalla politica europea di vicinato e ai potenziali paesi candidati, e rappresenta dunque un'area in cui è possibile sviluppare sinergie rafforzate tra varie politiche dell'Unione europea, segnatamente in materia di coesione, trasporti, turismo, agricoltura, pesca, sviluppo economico e sociale, energia, ambiente, allargamento e politica di vicinato,
F. considerando che occorre sviluppare una strategia dell'Unione europea per la regione del Danubio nei seguenti ambiti di cooperazione: sviluppo e protezione sociale, sviluppo economico sostenibile, infrastrutture di trasporto e dell'energia, protezione dell'ambiente, cultura e istruzione,
G. considerando che la strategia dell'Unione europea per la regione danubiana potrebbe contribuire in modo significativo a conseguire un miglior coordinamento tra le autorità regionali e locali e le organizzazioni che operano nella regione e assicurerebbe a quest'ultima ricchezza, sviluppo sostenibile, creazione di posti di lavoro e sicurezza,
H. considerando che esiste una lunga storia di cooperazione nella regione danubiana, in quanto la Commissione europea per il Danubio, fondata il 30 marzo 1856 con sede originariamente a Galați (Romania) e ora a Budapest (Ungheria), è stata una delle primissime istituzioni su scala europea,
I. considerando che il Danubio è praticamente divenuto una via di navigazione interna dell'Unione europea dopo l'allargamento del 2007 e che la regione danubiana può apportare un contributo essenziale alla promozione dei cambiamenti sopravvenuti dopo l'allargamento,
J. considerando che il Danubio rappresenta di fatto una via navigabile che va oltre gli Stati membri e che, insieme al canale del Meno e al fiume Reno, collega il Mare del Nord con il Mar Nero e offre la possibilità di rafforzare la posizione geostrategica della regione del Mar Nero,
K. considerando che la regione danubiana è un'area interconnessa con capacità economiche diseguali e che il fatto di considerarla un'unica macroregione contribuirebbe a permettere di superare le differenze di produttività economica al suo interno e a promuovere uno sviluppo integrato,
L. considerando che il delta del Danubio figura dal 1991 nella lista del patrimonio mondiale dell'umanità dell'UNESCO, che nella regione del Danubio esistono varie zone di protezione speciale e zone speciali di conservazione della rete Natura 2000 e che il Danubio e il suo delta hanno un ecosistema unico e fragile, che ospita specie vegetali rare, la cui sopravvivenza è a rischio a causa dell'inquinamento,
1. invita la Commissione ad avviare quanto prima ampie consultazioni con tutti i paesi bagnati dal Danubio, al fine di coprire i vari aspetti della cooperazione regionale e di presentare la strategia dell'Unione europea per la regione danubiana al più tardi entro la fine del 2010;
2. ritiene che una strategia europea per la regione danubiana rappresenti uno strumento adeguato per promuovere lo sviluppo territoriale attraverso una cooperazione più intensa in ambiti politici chiaramente definiti, rispetto ai quali tutti i partner governativi abbiano identificato un vero valore aggiunto europeo, e chiede che tale strategia sia messa a punto nel quadro dell'obiettivo della cooperazione territoriale europea;
3. sottolinea la necessità che qualsiasi strategia macroregionale sia integrata nella politica regionale dell'Unione europea, quale politica coordinata per l'intero territorio dell'Unione; richiama altresì l'attenzione sulla necessità di esaminare il valore aggiunto di tale strategia ai fini della realizzazione dell'obiettivo della coesione territoriale all'interno dell'Unione europea;
4. sottolinea la necessità di coinvolgere nel processo preparatorio gli attori regionali e locali pertinenti della regione danubiana, al fine di accertare chiaramente quali sono le esigenze, in termini di sviluppo territoriale equilibrato e sostenibile e di creazione di capacità, per trovare soluzioni ai problemi comuni, attuare in modo efficace progetti concreti e assicurare un valido meccanismo di governance, ed esorta i governi a sostenere e promuovere misure intese a informare e consultare le ONG, le associazioni di categoria e la società civile nell'elaborazione della strategia e nella sua futura attuazione;
5. invita la Commissione a definire chiaramente la "struttura di governo" della futura politica per la regione danubiana; è dell'avviso che l'attuazione di detta strategia non debba interferire con le responsabilità dei governi regionali e locali;
6. sostiene lo sviluppo economico e sociale della regione del Danubio come area prioritaria dell'Unione europea e la promozione di una maggiore integrazione regionale nel bacino del Danubio quale componente dinamica di un'area economica e politica europea più ampia;
7. sollecita il miglioramento dello stato ecologico del Danubio, che attualmente è un fiume inquinato, e l'adozione di misure intese a ridurre l'inquinamento e a prevenire ulteriori dispersioni di petrolio e di altre sostanze tossiche e nocive;
8. osserva che dell'inquinamento della regione sono responsabili tanto gli Stati membri quanto gli altri Stati rivieraschi attraversati dal Danubio; sottolinea che la protezione dell'ambiente nel bacino del Danubio costituisce un importante aspetto che influisce sullo sviluppo agricolo e rurale della regione ed esorta gli Stati rivieraschi ad accordare la massima priorità alla creazione di impianti idrologici e di analisi della qualità dell'acqua comuni;
9. incoraggia la Commissione e gli Stati membri, nel quadro della lotta contro il cambiamento climatico, a riservare un'attenzione particolare alla protezione degli ecosistemi locali e a cooperare al riguardo ed esorta la Commissione a sostenere le attività di ricerca e sviluppo incentrate su nuove tecnologie volte a migliorare le capacità di previsione e di reazione per quanto attiene a inondazioni, siccità estrema e inquinamento accidentale;
10. sottolinea la necessità di proteggere e rafforzare gli stock ittici nel Danubio; invita la Commissione a predisporre un piano globale per la conservazione e il ripristino degli stock naturali di storione nel Danubio;
11. invita la Commissione ad avvalersi dell'esperienza operativa acquisita con la strategia per il Mar Baltico; chiede pertanto che il documento sia completato da un piano d'azione; ritiene che detto piano d'azione dovrebbe comprendere i punti seguenti: utilizzazione ecocompatibile del Danubio nella navigazione interna, intermodalità con altri modi di trasporto lungo il Danubio attraverso il miglioramento di tutte le infrastrutture (dando la priorità a una migliore utilizzazione di quelle esistenti) e la creazione di un sistema di trasporto multimodale lungo l'intero corso del fiume, sfruttamento ecologicamente sostenibile dell'energia idroelettrica lungo il Danubio, salvaguardia e miglioramento della qualità dell'acqua del Danubio in conformità della direttiva quadro sulle acque, applicazione di requisiti di sicurezza estremamente rigorosi per le navi, sviluppo di un turismo rispettoso dell'ambiente e miglioramenti nel campo dell'istruzione, della ricerca e della coesione sociale;
12. sottolinea la necessità di diversificare le fonti energetiche e invita la Commissione e tutti i paesi rivieraschi a intensificare la cooperazione in campo energetico e a promuovere e attuare progetti comuni in materia di efficacia energetica e fonti energetiche rinnovabili, alla luce del potenziale della regione in quanto fonte di bioenergia, nonché a incoraggiare l'utilizzazione dell'energia solare, eolica, idrica e della biomassa;
13. sottolinea che tutti i progetti infrastrutturali collegati ai trasporti e all'energia dovrebbero essere preceduti da corrette valutazioni strategiche e di impatto ambientale, compresa la valutazione degli effetti sugli ecosistemi fluviali nel loro complesso, onde assicurare il rispetto delle norme internazionali di tutela ambientale, previa consultazione di tutti i partner che potrebbero essere interessati dalle decisioni in questione;
14. rileva la straordinaria interdipendenza economica degli Stati della regione danubiana e sostiene la creazione di reti di sviluppo imprenditoriale e di enti non governativi di promozione commerciale che possano coordinare e promuovere future opportunità di sviluppo, in particolare per le PMI, allo scopo di garantire una crescita sostenibile ed efficace e di incentivare la crescita dell'economia verde nell'intera macroregione danubiana;
15. propone l'integrazione del sistema di trasporto dell'Unione europea con quelli dei paesi vicini nella regione del Danubio e sottolinea l'importanza di prevedere progetti di co-modalità;
16. considera il sistema delle vie navigabili interne un aspetto importante ai fini dello sviluppo dei trasporti nella regione, pur riconoscendo il calo della navigazione interna, dovuto principalmente alla forte recessione economica, e sottolinea l'importanza di eliminare le strozzature sull'asse fluviale Reno/Mosa-Meno-Danubio e di migliorare l'intero sistema di trasporto intermodale lungo il Danubio, ponendo l'accento sulla necessità di combinare il miglioramento dei porti interni e della logistica, sulla navigazione interna e sui trasporti ferroviari e tenendo conto delle possibilità supplementari offerte dal trasporto marittimo a corto raggio;
17. propone che sia potenziata la rete transeuropea al fine di migliorare l'intermodalità in tutta la regione e di incrementare i collegamenti con il Mar Nero attraverso assi stradali e ferroviari (corridoi adibiti al trasporto di merci e linee ferroviarie ad alta velocità);
18. invita la Commissione a promuovere l'impiego più generalizzato delle moderne tecnologie di comunicazione e informazione, nonché a prendere tutte le misure del caso per pervenire, in tempi il più possibile brevi, a un sistema di norme di navigazione efficace e unificato per il Danubio;
19. considera il turismo sostenibile uno strumento importante per promuovere la crescita economica della regione, rilevando ad esempio le opportunità offerte dall'ecoturismo e le potenzialità economiche delle piste ciclabili che costeggiano quasi interamente il corso del Danubio;
20. sostiene programmi tesi a migliorare il contesto multiculturale del Danubio favorendo la mobilità multinazionale, promuovendo il dialogo culturale, creando forme d'arte e di comunicazione, centri di formazione e incubatori di imprese in tali settori, nonché tutelando il patrimonio storico-culturale e stimolando nuove industrie culturali;
21. sostiene i programmi di scambio universitari nell'ambito della regione e suggerisce l'istituzione di reti tra le università della regione, in modo da favorire la creazione di centri di eccellenza capaci di competere a livello internazionale;
22. invita la Commissione e gli Stati membri a migliorare le disposizioni amministrative allo scopo di ridurre gli oneri burocratici inerenti a una messa a punto e a un'attuazione più efficaci della strategia dell'Unione europea per il Danubio;
23. invita la Commissione a lavorare in stretta collaborazione con il Parlamento europeo alla definizione delle priorità per la messa a punto della strategia dell'Unione europea per il Danubio e chiede alla Commissione di informarlo e consultarlo regolarmente sullo stato di attuazione di tale strategia;
24. sottolinea la necessità di un approccio coordinato volto a incrementare il livello di utilizzazione e l'efficacia di tutti i fondi UE disponibili negli Stati bagnati dal Danubio, onde poter realizzare gli obiettivi della strategia;
25. incoraggia il ricorso ai programmi operativi esistenti per finanziare progetti nell'ambito della strategia; sollecita tutte le parti interessate a esplorare anche altri strumenti di natura non finanziaria che potrebbero agevolare l'attuazione della strategia e avere un impatto positivo immediato sul terreno;
26. propone che, previa consultazione degli attori locali e regionali, si organizzi ogni due anni un vertice dell'Unione europea sul Danubio le cui conclusioni dovrebbero essere presentate al Consiglio europeo e al Parlamento europeo;
27. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al Comitato delle regioni e alle altre istituzioni pertinenti.