Risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2010 sui diritti umani e le norme sociali e ambientali negli accordi commerciali internazionali (2009/2219(INI))
Il Parlamento europeo,
– visti gli articoli 2, 3, 6 e 21 del trattato sull'Unione europea,
– visti gli articoli 153, 191, 207 e 218 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visti gli articoli 12, 21, 28, 29, 31 e 32 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
– visti la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (1948) e altri strumenti dell'ONU in materia di diritti dell'uomo, in particolare i patti sui diritti civili e politici (1966) e sui diritti economici, sociali e culturali (1966), la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (1965), la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (1979) e la Convenzione sui diritti del fanciullo (1989), la dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni (2007) nonché il documento finale del Vertice del Millennio delle Nazioni Unite che ha avuto luogo il 20-22 settembre 2010 a New York,
– visti l'accordo di Marrakech che istituisce l'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e la dichiarazione adottata alla Quarta conferenza ministeriale di Doha, nel novembre 2001, e in particolare il suo paragrafo 31,
– viste le sue risoluzioni del 20 settembre 1996 sulla comunicazione della Commissione sul richiamo al rispetto dei principi democratici e dei diritti umani negli accordi fra la Comunità e i paesi terzi (COM(1995)0216)(1) e del 14 febbraio 2006 sulla clausola concernente i diritti umani e la democrazia negli accordi dell'Unione europea(2),
– viste la sua risoluzione del 25 ottobre 2001 sulla trasparenza e la democrazia nel commercio internazionale(3), che esige il rispetto delle norme sociali fondamentali dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), da parte dell'OMC, e l'accettazione, da parte dell'Unione europea, delle decisioni dell'OIL, compresi i possibili ricorsi per sanzioni relative a gravi violazioni di norme sociali fondamentali,
– vista la sua risoluzione del 25 aprile 2002 sulla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sul ruolo dell'Unione europea nella promozione dei diritti umani e della democratizzazione nei paesi terzi (COM(2001)0252)(4),
– vista la comunicazione della Commissione dal titolo «La dimensione sociale della globalizzazione - Il contributo della politica dell'UE perché tutti possano beneficiare dei vantaggi» (COM(2004)0383),
– vista la sua risoluzione del 15 novembre 2005 sulla dimensione sociale della globalizzazione(5),
– vista la sua risoluzione del 5 luglio 2005 sullo sfruttamento dei bambini nei paesi in via di sviluppo, con particolare enfasi sul lavoro minorile(6),
– viste le conclusioni del Consiglio del 14 giugno 2010 sul lavoro minorile(7),
– vista la sua risoluzione del 6 luglio 2006 su commercio equo e sviluppo(8),
– vista la sua risoluzione del 22 maggio 2007 sull'Europa globale: aspetti esterni della competitività(9) in risposta alla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo dal titolo «Europa globale: competere nel mondo. Un contributo alla strategia per la crescita e l'occupazione dell'UE» (COM(2006)0567),
– vista la comunicazione della Commissione dal titolo «Promuovere la possibilità di un lavoro dignitoso per tutti – Contributo dell'Unione alla realizzazione dell'agenda per il lavoro dignitoso nel mondo» (COM(2006)0249),
– considerando che nella Dichiarazione ministeriale del 2006 del Consiglio economico e sociale dell'ONU su piena occupazione e lavoro dignitoso le parti hanno riconosciuto l'occupazione piena e produttiva e il lavoro dignitoso per tutti quale elemento chiave dello sviluppo sostenibile,
– vista la sua risoluzione del 23 maggio 2007 sul tema «Promuovere la possibilità di un lavoro dignitoso per tutti»(10), che chiede l'inclusione di norme sociali, ai fini di promuovere il lavoro dignitoso, negli accordi commerciali dell'Unione europea, in particolare negli accordi bilaterali,
– vista l'agenda dell'OIL per un lavoro dignitoso e il patto globale per l'occupazione dell'OIL approvati per consenso globale il 19 giugno 2009 alla Conferenza internazionale del lavoro, nonché la dichiarazione dell'OIL del 2008 sulla giustizia sociale per una globalizzazione equa,
– vista la Convenzione di Bruxelles del 1968, quale consolidata nel regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale(11),
– visto il sistema di preferenze generalizzate (SPG), in vigore dal 1° gennaio 2006, che assicura l'accesso a dazio zero o con una riduzione tariffaria per un numero crescente di prodotti e comprende inoltre un nuovo incentivo per i paesi vulnerabili con esigenze specifiche a livello commerciale, finanziario o di sviluppo,
– visti tutti gli accordi tra l'UE e i paesi terzi,
– visti l'accordo di partenariato tra i membri del gruppo di Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (paesi ACP) e l'Unione europea, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000, e le sue modifiche del 2005 e 2010,
– viste le sue risoluzioni sugli accordi di partenariato economico con le regioni e Stati ACP e in particolare quelle del 26 settembre 2002(12), del 23 maggio 2007(13) e del 12 dicembre 2007(14),
– viste le convenzioni internazionali sull'ambiente come il protocollo di Montreal sulle sostanze che impoveriscono lo strato d'ozono (1987), la convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti oltre frontiera di rifiuti pericolosi (1999), il protocollo di Cartagena sulla biosicurezza (2000) e il protocollo di Kyoto (1997),
– visto il capitolo 13 dell'accordo di libero scambio firmato nell'ottobre 2009 tra l'Unione europea e la Corea del Sud,
– vista la conclusione dei negoziati tra l'UE e la Colombia e il Perù sulla firma di un accordo commerciale multilaterale,
– vista l'audizione «Applicazione delle norme sociali e ambientali nei negoziati commerciali», organizzata il 14 gennaio 2010 dal Parlamento europeo,
– visto l'articolo 48 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per il commercio internazionale e i pareri della commissione per gli affari esteri, della commissione per lo sviluppo, della commissione per l'occupazione e gli affari sociali e della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (A7-0312/2010),
A. considerando che il legame fra commercio, diritti umani e norme sociali e ambientali è diventato un elemento chiave delle relazioni economiche e commerciali e parte integrante dei negoziati nel quadro degli accordi sul libero scambio,
B. considerando che le distorsioni della concorrenza e i rischi di dumping ambientale e sociale sono sempre più frequenti, segnatamente a danno delle imprese e dei lavoratori localizzati all'interno dell'Unione europea, i quali sono tenuti al rispetto di norme sociali, ambientali e fiscali più rigorose,
C. considerando che l'UE deve adottare una strategia differenziata a seconda del livello di sviluppo dei suoi partner commerciali, per quanto riguarda sia i suoi requisiti in campo sociale e ambientale, sia la liberalizzazione degli scambi, onde creare le condizioni per una concorrenza internazionale equa e leale,
D. considerando che i forum bilaterali sono divenuti il luogo principale per perseguire tali obiettivi politici, dal momento che le prospettive di mettere a punto norme multilaterali che disciplinino il rapporto fra commercio, lavoro o ambiente nel contesto dell'OMC, non sono molto promettenti,
E. considerando che è tuttavia indispensabile agire a favore di un giusto equilibrio fra diritto commerciale e diritti fondamentali e per rafforzare il dialogo fra le principali organizzazioni internazionali, in particolare fra l'OIL e l'OMC, per una maggiore coerenza delle politiche internazionali e una migliore governance mondiale,
F. considerando che i motivi per includere disposizioni in materia di diritti umani e le norme sociali e ambientali negli accordi commerciali internazionali sono numerosi e vanno dal desiderio di creare un commercio giusto ed equo e di assicurare una certa lealtà degli scambi («level playing field») a quello, più normativo, di difendere i valori universali sostenuti dall'Unione europea e di portare avanti politiche europee coerenti,
G. ricorda che la dichiarazione delle Nazioni Unite sul diritto allo sviluppo del 1986 stabilisce che «il diritto allo sviluppo è un diritto inalienabile dell'uomo in virtù del quale ogni persona umana e tutti i popoli hanno il diritto di partecipare e di contribuire ad uno sviluppo economico, sociale e culturale [...] e beneficiare di tale sviluppo»; reputa pertanto che l'Unione europea abbia l'obbligo di non indebolire tale diritto e che anzi, debba integrarlo negli accordi internazionali e considerarlo un orientamento per le politiche europee,
H. considerando che il trattato di Lisbona ribadisce che l'azione esterna dell'Unione europea, di cui il commercio è parte integrante, deve essere guidata dagli stessi principi che hanno ispirato la sua creazione; che il modello sociale europeo, che coniuga una crescita economica sostenibile e condizioni di lavoro e di vita migliori, può servire da modello anche agli altri partner; che gli accordi commerciali devono inoltre essere compatibili con altri obblighi e convenzioni internazionali che gli Stati contraenti si sono impegnati a rispettare, conformemente al loro diritto nazionale,
I. considerando l'importanza di preservare il livello delle normative sociali e ambientali vigenti all'interno dell'Unione europea e del loro rispetto da parte delle imprese straniere operanti nel mercato unico europeo,
J. considerando che l'inclusione dei diritti umani e delle norme sociali e ambientali negli accordi commerciali può apportare valore aggiunto a tali accordi, consentendo una maggiore interazione della società civile, un maggiore sostegno alla stabilità politica e sociale e creando così un clima più favorevole agli scambi,
K. considerando che il settore commerciale e la salvaguardia delle norme in materia di diritti umani e in campo sociale e ambientale sono elementi importanti per assicurare la pace e il benessere del mondo, ma non possono rappresentare una soluzione per tutti i problemi che si presentano tra gli Stati; osserva tuttavia che situazioni politiche di stallo possono essere superate rafforzando le relazioni commerciali e assicurando in tal modo la definizione di interessi comuni, specie nel campo della tutela dell'ambiente, quale strumento per risolvere i conflitti,
L. considerando che altri paesi hanno dato esempi positivi di inclusione di norme sociali negli accordi commerciali,
M. considerando che l'SPG presuppone il rispetto dei principi delle convenzioni internazionali sui diritti umani e delle norme fondamentali del lavoro da parte dei paesi beneficiari, e prevede un regime speciale di preferenze tariffarie supplementari per promuovere la ratifica e l'effettiva attuazione delle principali convenzioni internazionali sui diritti umani e del lavoro, la tutela ambientale e la buona governance; e che il mancato rispetto di tali condizioni può comportare la sospensione del regime commerciale,
1. chiede pertanto che in seno alla futura strategia commerciale dell'Unione europea il commercio sia considerato non un fine in sé, ma uno strumento che permette di promuovere i valori e gli interessi commerciali europei nonché uno scambio equo, capace di generalizzare l'inclusione e l'attuazione effettiva di norme sociali e ambientali con tutti i partner commerciali dell'UE; reputa che un approccio positivo e nel contempo giuridicamente vincolante dovrebbe guidare l'Unione europea nei negoziati; sottolinea che tutte le parti trarranno vantaggio dall'inclusione di disposizioni in materia di sviluppo sostenibile, in particolare negli accordi bilaterali;
2. rammenta che la politica commerciale è uno strumento al servizio degli obiettivi globali dell'Unione europea e che a norma dell'articolo 207 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea la politica commerciale dell'Unione europea è attuata «nel quadro dei principi e obiettivi dell'azione esterna dell'Unione» e che a titolo dell'articolo 3 del trattato sull'Unione europea essa deve in particolare contribuire «allo sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo, all'eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti del minore, nonché alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite»;
Diritti umani e norme sociali e ambientali nelle relazioni commerciali multilaterali
3. invita a una maggiore cooperazione a livello multilaterale fra l'OMC e le principali istituzioni delle Nazioni Unite nel campo dei diritti umani; reputa che legami più stretti con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani e con le procedure speciali sarebbero particolarmente utili per assicurare un quadro commerciale multilaterale che contribuisca al rispetto dei diritti umani; considera altresì che sarebbe opportuno prendere in considerazione le competenze dell'Alto Commissariato in seno ai gruppi di lavoro dell'OMC e dell'organo di appello quando si constatano gravi casi di violazioni dei diritti umani;
4. ritiene che la revisione periodica universale, in seno al Consiglio Diritti umani, dovrebbe costituire uno strumento utile per monitorare il rispetto delle disposizioni legate ai diritti umani negli accordi commerciali internazionali;
5. sottolinea che una cooperazione rafforzata con l'OIL, organo competente per elaborare e negoziare le norme internazionali del lavoro e per controllarne l'applicazione nel diritto e nella pratica, nonché la piena partecipazione dell'OIL ai lavori dell'OMC, sono essenziali;
a)
chiede a tal fine che all'OIL sia accordato lo status di osservatore ufficiale presso l'OMC e il diritto di prendere la parola durante le conferenze ministeriali dell'OMC;
b)
propone l'istituzione, in seno all'OMC, di un comitato commercio e lavoro dignitoso, analogo al comitato commercio e ambiente; insiste sul fatto che ad entrambi i comitati sia dato un mandato chiaramente definito, e che abbiano un'influenza tangibile;
c)
propone inoltre che, nei casi pertinenti in cui, in seno a una controversia commerciale, possa verificarsi una violazione delle convenzioni internazionali del lavoro, sia possibile ricorrere all'OIL, come del resto anche all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo;
d)
propone infine che, quando uno Stato membro dell'OMC ritiene che una decisione della commissione per la composizione delle controversie rimetta in questione decisioni dell'OIL sul rispetto delle convenzioni del lavoro, sia possibile presentare ricorso presso l'OIL;
6. ribadisce che gli obiettivi di mantenere e salvaguardare un sistema commerciale multilaterale aperto e non discriminatorio, da un lato, e di agire per proteggere l'ambiente e promuovere lo sviluppo sostenibile, dall'altro, devono rafforzarsi reciprocamente; sottolinea che, a i sensi del'articolo 20 del GATT, gli Stati membri possono adottare misure commerciali volte a proteggere l'ambiente, a condizione che tali misure non siano applicate in modo tale da costituire uno strumento di discriminazione arbitraria e ingiustificabile;
7. plaude all'esistenza del comitato commercio e ambiente dell'OMC, che dovrebbe essere una sede fondamentale per l'ulteriore integrazione e approfondimento del rapporto fra ambiente e commercio; esprime l'auspicio che il ruolo del comitato e il suo lavoro si svilupperanno al fine di affrontare in modo positivo le più importanti sfide ambientali cui si trova di fronte la comunità internazionale;
8. sottolinea l'importanza di migliorare l'accesso ai beni e alle tecnologie verdi per raggiungere gli obiettivi di uno sviluppo sostenibile e invita tutte le parti coinvolte nei negoziati a moltiplicare gli sforzi per giungere a una rapida conclusione dei negoziati sulla riduzione o l'eliminazione delle barriere tariffarie e non tariffarie per i beni e i servizi ambientali, onde promuovere nuove forme di politiche dell'occupazione e la creazione di posti di lavoro che rispondano alle norme OIL sul lavoro dignitoso nonché le opportunità di crescita per le industrie europee e le PMI;
9. ribadisce la necessità di progredire nei negoziati sugli altri punti dell'articolo 31 della dichiarazione di Doha sul rapporto fra le attuali norme dell'OMC e gli obblighi commerciali specifici enunciati negli accordi ambientali multilaterali, e di promuovere una cooperazione più intensa fra i segretariati di tali accordi e i comitati dell'OMC, elemento essenziale per garantire che i regimi commerciali ed ambientali si sviluppino in modo coerente;
10. ritiene che un accordo multilaterale sul clima costituirebbe lo strumento migliore per assicurare l'internalizzazione delle esternalità ambientali negative correlate al CO2, ma che tale accordo rischia di non essere raggiunto nel prossimo futuro; reputa pertanto che l'Unione europea dovrebbe continuare ad esplorare le opportunità di mettere a punto per i settori industriali esposti al rischio accertato di emissioni di carbonio strumenti ambientali adeguati complementari alla vendita all'asta delle quote C02 dell'EU ETS, segnatamente un «meccanismo d'inclusione del carbonio», nel rispetto delle norme dell'OMC, in quanto un siffatto meccanismo permetterebbe di lottare contro i rischi di rilocalizzazione delle emissioni di CO2 verso paesi terzi;
11. propone, una volta che l'accordo internazionale sul clima sarà stato negoziato e firmato, la creazione di una vera e propria organizzazione mondiale dell'ambiente, per far applicare gli impegni assunti e rispettare le norme ambientali; a tale futura organizzazione si dovrebbe ad esempio far ricorso nei casi di dumping ambientale;
Diritti umani e norme sociali e ambientali negli accordi commerciali bilaterali
12. sostiene fermamente la prassi di inserire clausole giuridicamente vincolanti sui diritti umani negli accordi internazionali dell'Unione europea, ma rammenta che le grandi sfide relativamente al seguito e all'applicazione di tali clausole permangono; ribadisce il fatto che le clausole devono essere altresì incluse in tutti gli accordi commerciali e settoriali, con un meccanismo di consultazione chiaro e preciso, sul modello dell'articolo 96 dell'accordo di Cotonou; a tale riguardo, plaude al fatto che una clausola analoga sia stata inserita negli accordi di libero scambio di nuova generazione;
13. sottolinea che, negli accordi bilaterali, il medesimo approccio di inclusione sistematica dovrebbe essere applicato anche ai capitoli sullo sviluppo sostenibile;
14. osserva che i futuri accordi commerciali potrebbero essere negoziati sullo sfondo dell'attuale crisi finanziaria; ritiene che non per questo le norme sociali e ambientali debbano essere trascurate, in particolare per quanto riguarda le emissioni di gas serra e la gestione dei rifiuti pericolosi, per conseguire altri obiettivi;
15. chiede alla Commissione, tenendo in conto gli obiettivi sopra esposti, di inserire sistematicamente in tutti gli accordi di libero scambio da essa negoziati con Stati terzi, una serie di norme sociali e ambientali che includano:
a)
un elenco di standard minimi che tutti i partner commerciali dell'UE devono rispettare; in campo sociale detti standard devono corrispondere alle otto convenzioni fondamentali dell'OIL (norme fondamentali del lavoro) quali enumerate nella dichiarazione dell'OIL relativa ai principi e ai diritti fondamentali al lavoro (1998); a dette otto convenzioni si aggiungono, per i paesi industrializzati, le quattro convenzioni prioritarie dell'OIL; in materia ambientale e di rispetto dei diritti umani lo standard minimo deve essere conforme all'elenco delle convenzioni relative all'ambiente e ai principi del buongoverno, come previsto dal regolamento sul sistema di preferenze tariffarie generalizzate;
b)
un elenco di convenzioni addizionali da applicare, in modo graduale e flessibile, tenendo conto dell'evoluzione della situazione economica, sociale e ambientale del partner interessato; in campo sociale l'obiettivo finale deve essere l'applicazione piena e integrale dell'agenda dell'OIL per un lavoro dignitoso;
16. sottolinea che il rispetto di detti standard va inteso nel senso che comporta contestualmente la loro ratifica, il loro recepimento nella legislazione nazionale e la loro applicazione effettiva nell'intero territorio nazionale;
17. chiede che tutti i futuri accordi commerciali prevedano il divieto dello sfruttamento del lavoro minorile, in particolare per l'estrazione e la lavorazione delle pietre naturali e includano un sistema di certificazione europeo uniforme che garantisca che le pietre naturali e i prodotti a base di pietre naturali importati siano stati prodotti in modo dimostrabile lungo tutta la catena lavorativa senza sfruttare il lavoro minorile ai sensi della Convenzione 182 dell'OIL;
18. sottolinea che, nel quadro degli accordi di libero scambio, potrebbero essere previste liberalizzazioni condizionali comprendenti l'accorciamento del calendario di smantellamento o l'accesso a un mercato addizionale, in caso di rispetto delle norme ambientali e sociali;
19. sottolinea l'importanza di un monitoraggio continuo dell'attuazione dell'accordo, con un approccio aperto e inclusivo in tutte le fasi:
a)
prende atto dell'utilizzo di studi d'impatto sullo sviluppo sostenibile, ma ritiene che questi dovrebbero essere eseguiti anche prima, durante e dopo i negoziati, per assicurare una valutazione continua; ritiene altresì che i negoziatori dovrebbero tenere maggiormente conto delle priorità e delle preoccupazioni che derivano da detti studi d'impatto;
b)
invita la Commissione a elaborare studi d'impatto sui diritti umani, a completamento di quelli in materia di sviluppo sostenibile, con indicatori di mercato intelligibili, basati sui diritti umani e sulle norme ambientali e sociali;
c)
invita entrambe le parti a presentare relazioni periodiche sui progressi generali dell'attuazione di tutti gli impegni previsti dall'accordo;
d)
chiede alla Commissione di fare in modo che i parlamenti dei paesi partner siano coinvolti nei negoziati commerciali, allo scopo di potenziare la governance e il controllo democratico nei paesi in via di sviluppo;
e)
sottolinea l'importanza di coinvolgere i cittadini in tutte le fasi dei negoziati e del monitoraggio dell'accordo e, a tale riguardo, chiede la creazione di forum dello sviluppo sostenibile o di gruppi consultivi che prevedano la consultazione delle parti sociali e dei rappresentanti della società civile indipendente;
20. chiede che gli accordi commerciali dell'UE siano effettivamente in grado di imporre i più elevati livelli di trasparenza, severe norme in materia di appalti pubblici e un rendiconto paese per paese da parte delle imprese, sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo, al fine di combattere la fuga illecita di capitali;
21. chiede pressantemente che l'Unione difenda il diritto di accesso alle risorse naturali nei negoziati sugli accordi commerciali e faccia valere i diritti delle popolazioni autoctone e indigene per quanto riguarda l'accesso alle risorse naturali essenziali; invita la Commissione a inserire nei negoziati e negli accordi commerciali internazionali la problematica dell'acquisizione e della proprietà dei terreni nei paesi terzi, in particolare nei paesi meno avanzati e nei paesi in via di sviluppo;
22. riconosce che, negli accordi bilaterali attualmente negoziati, il capitolo sullo sviluppo sostenibile è vincolante, ma che esso potrebbe essere rafforzato mediante:
a)
una procedura di reclamo aperta alle parti sociali;
b)
il ricorso a un organismo indipendente per risolvere in modo rapido ed efficace le controversie legate a questioni sociali o ambientali, ad esempio un gruppo di esperti selezionati dalle due parti in base alle loro competenze in materia di diritti umani, diritto del lavoro e diritto ambientale, le cui raccomandazioni dovrebbero essere parte di un processo ben definito, con disposizioni per l'attuazione;
c)
il ricorso a un meccanismo di risoluzione delle controversie, come nelle altre parti dell'accordo, che preveda sanzioni volte a migliorare la situazione nei settori interessati o a sospendere almeno temporaneamente taluni vantaggi commerciali previsti nell'accordo in caso di violazione aggravata degli standard succitati;
23. sottolinea l'importanza di completare gli accordi con misure di accompagnamento, comprese misure di assistenza tecnica e programmi di cooperazione volti a migliorare la capacità di esecuzione, in particolare delle convenzioni che sono fondamentali nel campo dei diritti umani e delle norme sociali e ambientali;
Diritti umani e norme sociali e ambientali nelle relazioni commerciali unilaterali: SPG e SPG+
24. reputa che le 27 convenzioni la cui ratifica ed effettiva attuazione è necessaria per poter beneficiare dell'SPG+ rappresentino un insieme unico di convenzioni sui diritti umani, il diritto del lavoro, l'ambiente e norme di buona governance; sottolinea che l'SPG+ ha sinora un visibile impatto positivo per quanto riguarda la ratifica di tali convenzioni, ma che esso è minore quando si tratta della loro attuazione, ed auspica pertanto di porre maggiormente l'accento sulle misure di accompagnamento volte a migliorare la capacità di attuazione; ritiene altresì che per assicurare la credibilità dell'SPG+ la Commissione debba avviare inchieste e, se del caso, sopprimere le preferenze ove elementi concordanti indichino che taluni paesi non applicano le 27 convenzioni;
25. reputa che, negli accordi dell'Unione europea con i paesi terzi, potrebbe essere instaurato un legame più stretto fra le clausole sui diritti umani dell'SPG+, in particolare per quanto riguarda il monitoraggio;
26. invita la Commissione, nel corso del processo di revisione del regime SPG, a fare in modo che ne beneficino soprattutto i paesi più bisognosi e a introdurre una semplificazione delle norme d'origine affinché i paesi beneficiari dell'iniziativa «Tutto tranne le armi» e del regime SPG+ possano trarre il massimo vantaggio dalle preferenze loro riconosciute; chiede altresì che siano messi a punto punti di comparazione, meccanismi e criteri trasparenti per la concessione e il ritiro delle preferenze nel quadro di detto regime; chiede altresì che il Parlamento europeo sia pienamente coinvolto nel corso di tutto questo processo, segnatamente per quanto riguarda la proposta del Consiglio relativa all'elenco di paesi beneficiari, l'avvio di indagini o la sospensione temporanea dell'SPG+;
27. sollecita la Commissione a presentare rapidamente una proposta di regolamento che vieti l'importazione nell'UE di beni prodotti ricorrendo a moderne forme di schiavitù, al lavoro forzato, segnatamente quello di categorie particolarmente vulnerabili, in violazione delle norme fondamentali in materia di diritti dell'uomo;
28. invita la Commissione, conformemente all'accordo quadro sui rapporti tra il Parlamento europeo e la Commissione, a informare pienamente e costantemente il Parlamento su tutti gli aspetti rilevanti durante i negoziati per accordi commerciali internazionali;
29. invita la Commissione, considerato il rafforzamento dei poteri del Parlamento nel quadro del trattato di Lisbona, a garantire un flusso di informazioni efficace e a riconoscere sempre al Parlamento, nella persona dei suoi delegati, lo status di osservatore, garantendogli l'accesso a tutte le riunioni e i documenti pertinenti;
o o o
30. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione e ai parlamenti degli Stati membri.