– visti la Carta delle Nazioni Unite, la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, le convenzioni internazionali sui diritti umani, il Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) e il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (ICESCR),
– viste la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani e le attività del relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei difensori dei diritti umani,
– visti il trattato di Lisbona, in particolare gli articoli 3 e 21, e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
– visti gli orientamenti dell'Unione europea sui diritti dell'uomo, e in particolare gli orientamenti dell'Unione europea sui difensori dei diritti umani, adottati nel giugno 2004 e rivisti nel 2008; visti gli orientamenti dell'Unione europea per i dialoghi sui diritti dell'uomo, adottati nel dicembre 2001 e rivisti nel 2009,
– vista la propria risoluzione del 6 settembre 2007 sul funzionamento dei dialoghi e delle consultazioni con i paesi terzi in materia di diritti dell'uomo(1),
– viste le clausole sui diritti umani negli accordi esterni dell'UE,
– visto il regolamento (CE) n. 1889/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, che istituisce uno strumento finanziario per la promozione della democrazia e dei diritti umani nel mondo(2),
– vista la propria risoluzione del 25 aprile 2002 sulla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sul ruolo dell'Unione europea nella promozione dei diritti umani e della democratizzazione nei paesi terzi(3),
– visti i propri orientamenti specifici per l'azione dei membri del PE a favore dei diritti dell'uomo e della democrazia nell'ambito delle visite nei paesi terzi,
– visto lo statuto del premio Sacharov per la libertà di pensiero, approvato dalla Conferenza dei presidenti del Parlamento europeo il 15 maggio 2003 e modificato il 14 giugno 2006,
– viste le proprie precedenti risoluzioni sulla situazione dei diritti dell'uomo nel mondo e in particolare i loro allegati su casi individuali,
– viste le discussioni che si tengono regolarmente su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto e le relative risoluzioni d'urgenza,
– vista la Dichiarazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa sull'azione del Consiglio d'Europa relativa al miglioramento della protezione dei difensori dei diritti umani e alla promozione delle loro attività, adottata il 6 febbraio 2008,
– vista la risoluzione sulla situazione dei difensori dei diritti umani negli Stati membri del Consiglio d'Europa(4), approvata dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa il 24 febbraio 2009,
– vista la Raccomandazione sullo status giuridico delle organizzazioni non governative in Europa(5), adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa il 10 ottobre 2007,
– visti gli strumenti regionali in materia di diritti umani, in particolare la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli e le risoluzioni sui difensori dei diritti umani adottate dalla Commissione africana sui diritti dell'uomo e dei popoli (ACHPR), la Convenzione americana sui diritti umani e la Carta araba dei diritti umani,
– visto il regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti)(6),
– visti i programmi di protezione e accoglienza dei difensori dei diritti umani in pericolo che sono in corso di attuazione in alcuni Stati membri dell'UE,
– visto l'articolo 48 del proprio regolamento,
– vista la relazione della commissione per gli affari esteri (A7–0157/2010),
A. considerando che, conformemente alla Carta delle Nazioni Unite, ogni Stato membro ha la responsabilità di promuovere il rispetto universale e l'osservanza dei diritti umani e delle libertà fondamentali,
B. considerando che, secondo la Dichiarazione delle Nazioni Unite adottata nel 1998, per «difensore dei diritti umani» s'intende una persona che, da sola o con altri, agisce per promuovere o proteggere i diritti umani con mezzi pacifici,
C. considerando che i difensori dei diritti umani in tutto il mondo sono attori cruciali nella protezione e promozione dei diritti umani fondamentali, spesso a rischio della loro stessa vita, e che essi inoltre svolgono un ruolo chiave nel consolidamento dei principi democratici nei loro paesi, mantengono imparzialità e trasparenza nel proprio operato e rafforzano la credibilità con una comunicazione precisa delle informazioni, costituendo così l'anello di congiunzione umano tra la democrazia e il rispetto dei diritti umani,
D. considerando che il sostegno ai difensori dei diritti umani è da tempo un elemento consolidato della politica dell'Unione europea in materia di diritti umani nelle relazioni esterne; che tuttavia il sostegno dell'UE varia a seconda dei paesi interessati,
E. considerando in particolare che l'Unione europea è espressamente interessata a rafforzare la protezione dei diritti umani, come previsto dal trattato di Lisbona, tramite la propria adesione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU),
F. considerando che il Parlamento europeo svolge un ruolo importante nella promozione dei diritti umani e della democrazia, ivi inclusa la protezione dei loro difensori, attraverso delegazioni nei paesi terzi, audizioni, risoluzioni, lettere e, non meno importante, con il premio Sacharov, nonché con le sue relazioni sui diritti umani nel mondo,
G. considerando che l'Unione europea coordina sempre di più le sue azioni con altri meccanismi regionali e internazionali aventi sede in Africa, in Europa e nelle Americhe, per monitorare da vicino la situazione dei difensori dei diritti umani, sollecitando gli Stati ad assicurare un ambiente favorevole al loro lavoro, in ottemperanza agli obblighi internazionali e regionali in materia di diritti umani,
H. considerando che la credibilità dell'Unione europea quale protettrice dei difensori dei diritti umani nel mondo è strettamente legata al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali al suo interno,
I. considerando che i difensori dei diritti umani subiscono essi stessi violazioni di tali diritti nel corso del loro lavoro e che tali violazioni includono omicidi, minacce di morte, sequestri di persona e rapimenti, arresti e detenzioni arbitrari e altri atti vessatori e intimidatori, per esempio tramite campagne diffamatorie, e considerando che tutte queste violazioni possono essere commesse anche a danno degli stretti familiari dei difensori dei diritti umani (tra cui i loro figli) e degli altri loro parenti, con l'obiettivo di impedire loro di proseguire le loro attività; considerando che in molte regioni le campagne a favore dei diritti umani sono penalizzate da restrizioni delle attività e dalla persecuzione dei difensori dei diritti umani,
J. considerando che la protezione dei singoli difensori dei diritti umani richiede che si facciano rispettare in generale le politiche dell'Unione europea in materia di diritti umani,
K. considerando che le donne difensori dei diritti umani sono una categoria particolarmente a rischio, e che altri gruppi e categorie di difensori particolarmente esposti ad aggressioni e a violazioni dei diritti umani in virtù del lavoro che svolgono sono quelli che si adoperano per promuovere i diritti civili e politici – in particolare la libertà di espressione e la libertà di pensiero, coscienza e religione, ivi compresi i diritti delle minoranze religiose – nonché i diritti economici, sociali e culturali, in particolare diritti collettivi come il diritto all'alimentazione e all'accesso alle risorse naturali, e tra questi i sindacalisti, e ancora quelli che operano per i diritti delle minoranze e delle comunità, dei bambini, dei popoli indigeni e degli LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali), e le persone che lottano contro la corruzione,
L. considerando che sono sempre più sofisticati i mezzi utilizzati per perseguitare i difensori dei diritti umani, servendosi non solo delle nuove tecnologie ma anche di normative sulle ONG restrittive e di ostacoli amministrativi che limitano gravemente lo spazio e le possibilità d'azione di una società civile indipendente; sottolineando, a tale proposito, che alcuni governi ostacolano o impediscono la registrazione ufficiale delle organizzazioni da parte dei difensori dei diritti umani, per poi procedere legalmente contro di loro accusandoli di aver esercitato illecitamente il loro diritto alla libertà di associazione,
M. considerando che queste azioni costituiscono una chiara violazione del diritto internazionale in materia di diritti umani e di una serie di libertà fondamentali universalmente riconosciute,
N. considerando che i difensori dei diritti umani subiscono restrizioni, e sono talvolta direttamente presi di mira, anche attraverso politiche, normative e procedure definite come misure di «sicurezza», spesso combinate alla stigmatizzazione e all'accusa di terrorismo,
O. considerando che le difficoltà specifiche affrontate da associazioni e assemblee di difensori dei diritti umani rimangono la confisca degli arredi, la chiusura dei locali, l'imposizione di ingenti multe e il controllo minuzioso e soggettivo dei conti bancari,
P. considerando che gli accordi commerciali che includono una clausola relativa ai diritti umani possono conferire all'UE il potere necessario per esigere il rispetto dei diritti umani quale condizione per gli scambi commerciali,
1. rende omaggio all'inestimabile contributo che i difensori dei diritti umani danno alla protezione e alla promozione dei diritti umani, dello Stato di diritto e della democrazia e alla prevenzione dei conflitti, a rischio della loro sicurezza personale e di quella delle loro famiglie e dei loro parenti; valuta positivamente il fatto che la dichiarazione delle Nazioni Unite del 1998 non fornisca una definizione rigida di «difensori dei diritti umani» e invita in questo senso il Consiglio e la Commissione a sostenere con forza tale approccio;
2. esorta l'UE ad dare priorità a un'applicazione più efficace degli strumenti e meccanismi esistenti per una protezione coerente e sistematica dei difensori dei diritti umani all'interno dell'Unione europea; raccomanda all'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza di elaborare idonee misure e una metodologia più efficace e orientata ai risultati, che comprenda valutazioni delle politiche e dei dialoghi in corso nel campo dei diritti umani;
3. esorta l'Unione europea e i suoi Stati membri a esprimere la loro volontà politica di sostenere l'azione dei difensori dei diritti umani, e di conseguenza a fare miglior uso di tutti gli strumenti esistenti e a sviluppare nuovi meccanismi complementari per sostenere e promuovere il loro lavoro attraverso una strategia autenticamente partecipativa, contribuendo così a creare un ambiente in cui i difensori dei diritti umani possano svolgere i loro compiti e godere di protezione; sottolinea che tali azioni devono andare di pari passo con una politica di prevenzione e protezione dei difensori dei diritti umani da aggressioni e minacce, sia attraverso misure urgenti sia mediante azioni a lungo termine;
Rafforzamento istituzionale e innovazioni in base al trattato di Lisbona
4. ricorda che il trattato di Lisbona, come enunciato nei suoi articoli 3 e 21, pone la promozione e la tutela dei diritti umani al centro dell'azione esterna dell'Unione; sottolinea che è necessario dare priorità alle azioni volte a garantire che la promozione dei diritti umani, in quanto valore fondamentale e obiettivo della politica esterna dell'Unione, sia debitamente riflessa nella creazione e nella struttura del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE), anche attraverso l'assegnazione ad esso di sufficienti risorse umane; chiede pertanto che in seno al SEAE sia istituito un servizio centralizzato («punto focale» centrale) con una competenza specifica in materia di difensori dei diritti umani;
5. ricorda che l'attuazione da parte delle missioni dell'UE degli orientamenti sui difensori dei diritti umani è stata finora insoddisfacente, ed esorta la Commissione a intraprendere un'analisi approfondita per garantire che tale questione verrà affrontata; rileva al riguardo che, in seguito all'adozione del trattato di Lisbona, le delegazioni della Commissione nei paesi terzi sono ora tenute ad avvalersi pienamente delle nuove opportunità ma, diventando delegazioni dell'Unione, sono anche investite di maggiori responsabilità ai fini di una maggiore efficacia dell'azione in questo campo, con un ruolo sempre più importante sotto il profilo della rappresentanza dell'UE e dell'attuazione della politica dei diritti umani; ribadisce pertanto la sua richiesta di nominare sistematicamente per ciascun paese un funzionario politico altamente qualificato con una responsabilità specifica in materia di diritti umani e democrazia, e di integrare gli orientamenti e definire le migliori pratiche per i diritti umani e per la loro attuazione nei programmi di formazione, nelle descrizioni delle mansioni e nelle procedure di valutazione del personale delle missioni dell'UE;
6. pone in risalto l'importanza delle clausole sui diritti umani nelle politiche commerciali, nei partenariati e negli accordi commerciali tra l'UE e i paesi terzi; propone una «valutazione dei diritti umani» per i paesi terzi che intrattengono relazioni commerciali con l'UE;
7. auspica che la nomina dell'Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, che è al contempo Vicepresidente della Commissione, nonché la creazione di un servizio comune per l'azione esterna, possano migliorare notevolmente la coerenza e l'efficacia dell'UE in tale settore, e raccomanda vivamente che l'elaborazione di strategie locali, in stretta cooperazione con la società civile locale indipendente, e la loro regolare valutazione siano istituzionalizzate dall'Alto rappresentante/Vicepresidente, così da garantire una reale attuazione delle misure di protezione previste negli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani;
8. considera necessario migliorare i contatti con la società civile indipendente e dare ad essi un seguito sistematico, nonché migliorare l'accesso dei difensori dei diritti umani alle delegazioni e alle missioni in loco dell'UE; si compiace al riguardo della richiesta della Presidenza spagnola di designare un funzionario di collegamento locale per i difensori dei diritti umani comune tra le missioni dell'UE, incaricato di coordinare le attività dell'Unione europea promuovendo un maggiore accesso alle informazioni sulle violazioni dei diritti umani e rafforzando la cooperazione con la società civile, il che al tempo stesso garantirà la trasparenza dell'esercizio delle loro competenze e la possibilità di una reazione rapida e flessibile in caso di emergenza; chiede che il Parlamento europeo sia informato in merito a tali nomine;
Verso un approccio più coerente e sistematico della politica dell'UE in materia di diritti umani
9. esprime preoccupazione per la mancata attuazione degli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani; insiste affinché essi siano debitamente e pienamente attuati da tutte le delegazioni dell'Unione europea e affinché siano profusi maggiori sforzi per assicurare che tutte le delegazioni abbiano messo a punto strategie di attuazione locale entro la fine del 2010 o, nel caso in cui tali strategie esistano già, per assicurare che siano riviste entro lo stesso termine; chiede che l'elenco di tali strategie locali sia messo a disposizione del Parlamento europeo e pubblicato nella relazione annuale dell'UE sui diritti dell'uomo;
10. esorta il Consiglio, la Commissione e le delegazioni dell'UE a coinvolgere attivamente i difensori dei diritti umani e le loro organizzazioni nei processi di elaborazione, monitoraggio e revisione delle strategie locali, poiché ciò inciderà sull'effettivo valore di tali strategie;
11. ritiene che riunioni almeno annuali tra difensori dei diritti umani e diplomatici, come previsto negli orientamenti dell'UE, possano indubbiamente contribuire all'instaurazione di tali processi e incoraggia lo svolgimento di riunioni più regolari e sistematiche in futuro; chiede di adoperarsi per assicurare la partecipazione a tali riunioni dei diversi profili di difensori dei diritti umani attivi nel paese e la partecipazione dei difensori provenienti dalle regioni;
12. invita pertanto l'Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza a prendere in considerazione la possibilità di organizzare una riunione internazionale dei difensori dei diritti umani, con la partecipazione degli organi interessati delle Nazioni Unite, dei segretariati delle convenzioni regionali dei diritti umani e delle ONG internazionali e regionali, onde migliorare la protezione dei difensori dei diritti umani e promuovere i diritti umani nel mondo;
13. sottolinea la necessità di una prospettiva di genere nell'attuazione degli orientamenti, con azioni mirate a favore delle donne difensori dei diritti umani e di altri gruppi particolarmente vulnerabili, come i giornalisti e i difensori attivi nella promozione dei diritti economici, sociali e culturali e dei diritti dei bambini, ed anche di coloro che si occupano dei diritti delle minoranze – in particolare dei diritti delle minoranze religiose e linguistiche –, dei diritti dei popoli indigeni e di quelli degli LGBT;
14. sottolinea l'importanza della libertà di parola e il ruolo dei media, sia on-line che off-line, come strumento utile per rendere possibile l'attività dei difensori dei diritti umani;
15. ritiene che occorra valutare lo sviluppo delle nuove tecnologie e il loro impatto sui difensori dei diritti umani, integrando i risultati ottenuti negli attuali programmi dell'UE relativi ai diritti umani e ai loro difensori;
16. ritiene che i documenti strategici per paese e i programmi indicativi nazionali, i piani d'azione PEV, i programmi d'azione annuali dell'EIDHR e lo strumento per la stabilità debbano riflettere gli aspetti principali delle strategie locali per l'attuazione degli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani;
17. ribadisce che in virtù del trattato di Lisbona la promozione, la protezione e la sicurezza dei difensori dei diritti umani vanno poste come questione prioritaria nelle relazioni dell'UE con i paesi terzi e devono essere integrate a tutti i livelli e in tutti gli aspetti e gli strumenti della politica estera dell'UE, così da migliorare la coerenza, l'efficacia e la credibilità del sostegno dell'UE ai difensori dei diritti umani; ritiene che la definizione, l'attuazione efficace e la regolare verifica di specifiche strategie nazionali sui diritti umani e la democrazia possano contribuire in maniera sostanziale a tale approccio mirato;
18. ritiene che sarà possibile migliorare la protezione dei difensori dei diritti umani nei paesi terzi rendendo più efficaci i dialoghi dell'UE sui diritti umani; sottolinea la necessità di sollevare sistematicamente, in tutti i dialoghi politici e sui diritti umani e nei negoziati commerciali con i paesi terzi, la questione della situazione dei difensori dei diritti umani e più in generale della situazione e del rafforzamento del diritto alla libertà di associazione, nelle legislazioni, nei regolamenti e nelle prassi nazionali, ricordando ai partner la responsabilità degli Stati di garantire che gli ordinamenti nazionali riconoscano tutti gli obblighi e i diritti sanciti dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani, ivi inclusi il diritto alla libertà di associazione, la libertà di riunione e il diritto di ricevere finanziamenti nazionali ed esteri in piena trasparenza e nel rispetto della loro autonomia decisionale, nonché la libertà di espressione, diritto essenziale per il lavoro dei difensori dei diritti umani; sottolinea che agli Stati partner vanno altresì ricordati l'obbligo e la responsabilità di tutelare e promuovere il rispetto dei difensori dei diritti umani e del loro lavoro, creando condizioni che consentano pienamente l'esercizio delle attività di sostegno, monitoraggio e informazione sui diritti umani;
19. ritiene che, per quanto riguarda il ricevimento di finanziamenti nazionali ed esteri, occorra adottare criteri specifici, bilanciati da un'adeguata trasparenza e dalla necessaria riservatezza; chiede misure per assicurare che si tenga conto di ogni altro criterio che possa essere invocato dai difensori dei diritti umani se ritenuto essenziale per lo svolgimento della loro attività;
20. ribadisce che le delegazioni del Parlamento europeo, come organi responsabili delle relazioni del PE con i paesi terzi, potrebbero svolgere un ruolo ancora più sostanziale nello sforzo di sostegno ai difensori dei diritti umani, conformemente agli orientamenti specifici per l'azione dei membri del PE a favore dei diritti dell'uomo e della democrazia nell'ambito delle visite nei paesi terzi;
21. esorta a porre in maggior rilievo il ruolo del Parlamento europeo nei dialoghi sui diritti umani dell'UE con i paesi terzi;
22. incoraggia il coinvolgimento della comunità imprenditoriale nei dialoghi sui diritti umani;
23. ritiene che riguardo alla protezione dei difensori dei diritti umani occorra un approccio coerente e coordinato dell'Unione europea e debba esservi anche un margine per ruoli complementari degli Stati membri;
24. condanna il clima d'impunità per le violazioni commesse contro i difensori dei diritti umani che domina in molti paesi del mondo; esorta il Consiglio e la Commissione a sollevare tale questione nei loro contatti bilaterali, sollecitando tutti gli Stati ad assicurare alla giustizia i responsabili di tali violazioni, a prescindere dalla posizione o dal ruolo che ricoprono, attraverso procedure disciplinari e penali efficaci e indipendenti, tenendo sempre presente la possibilità di rivolgersi da ultimo, una volta esaurite le istanze giudiziarie nazionali di uno Stato, alla Corte europea dei diritti dell'uomo;
25. sottolinea la necessità di garantire che non s'invochi arbitrariamente contro i difensori dei diritti umani l'argomento della sicurezza nazionale e pubblica, compreso l'antiterrorismo;
26. rileva che anche i parlamentari svolgono un ruolo cruciale nel garantire che la legislazione nazionale suscettibile di incidere sui difensori dei diritti umani e sulle loro attività sia resa conforme alle norme sui diritti umani internazionalmente riconosciute; sottolinea pertanto che è importante che i deputati al Parlamento europeo sollevino sistematicamente tali questioni in occasione degli incontri bilaterali e multilaterali con altri parlamentari nonché con esperti sul terreno, in linea con gli orientamenti specifici per l'azione dei membri del PE a favore dei diritti dell'uomo e della democrazia nell'ambito delle visite nei paesi terzi;
27. sottolinea l'importanza di coinvolgere pienamente la società civile indipendente nella preparazione di tutti i dialoghi sui diritti umani, sia attraverso seminari della società civile sia con altri mezzi; ritiene che il collegamento tra seminari della società civile e dialogo formale debba essere rafforzato con la pubblicazione delle raccomandazioni formulate e con un migliore seguito e un miglior feed-back alla società civile dopo lo svolgimento di un dialogo; sottolinea l'importanza di continuare a sollevare i singoli casi nell'ambito dei dialoghi e ritiene che rendere pubblico l'elenco dei nomi potenzierebbe l'impatto delle azioni dell'UE e farebbe aumentare l'attenzione dell'opinione pubblica per tali casi, a condizione che la divulgazione non metta in pericolo i difensori dei diritti umani; sottolinea l'importanza di cooperare, nella valutazione di tale rischio, con altri difensori dei diritti umani e con la società civile;
28. ritiene che lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR), che si è già dimostrato capace di sostenere e promuovere il rispetto dei diritti umani e il rafforzamento dello stato di diritto, dovrebbe continuare a incrementare il sostegno diretto ai difensori dei diritti umani, così da far fronte alle loro necessità a breve e lungo termine, assicurandosi che tale sostegno raggiunga anche gruppi particolarmente vulnerabili e i difensori che vivono in zone remote e in zone oggetto di minore attenzione;
29. esorta il Consiglio e l'Alto rappresentante a denunciare sistematicamente, esprimendo la propria riprovazione, le imprese internazionali che forniscono a regimi oppressivi tecnologie di sorveglianza, facilitando così le persecuzioni e gli arresti di difensori dei diritti umani;
Maggiore trasparenza e visibilità come misura di protezione
30. invita il Consiglio e la Commissione a far conoscere meglio, tra i difensori dei diritti umani, in seno al SEAE e nelle ambasciate e nei ministeri degli Esteri dell'UE, mediante azioni mirate, l'esistenza degli orientamenti, al fine di garantire la loro piena approvazione e applicazione; ritiene che le riunioni annuali previste negli orientamenti offrirebbero un sostegno considerevole ai difensori dei diritti umani e accrescerebbero la credibilità e la visibilità dell'azione dell'UE, mostrando chiaramente in tal modo quanta importanza rivesta per l'UE la protezione dei diritti umani;
31. sottolinea che dando pubblico riconoscimento e visibilità ai difensori dei diritti umani e al loro lavoro si può contribuire anche alla loro protezione in circostanze difficili, dal momento che coloro che compiono abusi potrebbero astenersene se sanno che gli abusi non passeranno inosservati; esorta gli Stati membri e le delegazioni dell'UE a rendere pubblici, ove possibile, i passi diplomatici e le altre attività riguardanti un caso specifico, sempre in consultazione con il difensore dei diritti umani e la sua famiglia; chiede alle missioni dell'UE di fornire ai difensori dei diritti umani e/o alle loro famiglie, nonché alle ONG che abbiano allertato l'UE in merito a un determinato caso, un feed-back sistematico su qualunque tipo di azione intrapresa a loro favore, come specificato negli orientamenti;
32. esorta l'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza e tutti i Commissari con responsabilità nel campo delle relazioni esterne a incontrarsi sistematicamente con i difensori dei diritti umani in occasione dei loro viaggi ufficiali in paesi terzi, e sottolinea che il sostegno ai difensori dei diritti umani dovrebbe anche essere tassativamente incluso nel mandato dei rappresentanti speciali dell'UE; sottolinea che sia l'Alto rappresentante sia i rappresentanti speciali dovranno rispondere al Parlamento europeo delle azioni intraprese al riguardo;
33. sottolinea la necessità di sostenere e sviluppare attivamente proposte su come utilizzare la rete del premio Sacharov, lanciata nel dicembre 2008 in occasione del 20° anniversario del premio, nel quadro di un sostegno continuo ai difensori dei diritti umani, nonché di trarre maggior profitto dal possibile contributo dei vincitori a varie iniziative del Parlamento europeo finalizzate all'adempimento del suo mandato; ribadisce la propria preoccupazione per le violazioni dei diritti umani di alcuni vincitori del premio Sacharov;
Verso un'azione a favore dei difensori dei diritti umani più coordinata e maggiormente orientata ai risultati
34. ritiene che l'UE debba mettere a punto un approccio globale nei confronti dei difensori dei diritti umani, così da aumentare la credibilità e l'efficacia della sua politica sia fra gli Stati membri che in relazione ai paesi terzi, prevedendo al contempo misure di sostegno a garanzia delle loro attività e misure preventive e di tutela, tenendo conto delle necessità a breve e lungo termine dei difensori dei diritti umani; sottolinea che la strategia rivista per l'EIDHR e gli orientamenti dell'Unione europea sui difensori dei diritti umani dovrebbero riflettere tale approccio;
35. ritiene che l'UE dovrebbe indicare con chiarezza le sanzioni appropriate che si potrebbero applicare ai paesi terzi che commettono gravi violazioni dei diritti umani, e dovrebbe applicarle; rinnova ancora una volta la sua richiesta alla Commissione e al Consiglio, e in particolare al Vicepresidente/Alto rappresentante, di rendere efficace la clausola sui diritti umani inserita in accordi internazionali e di istituire un vero meccanismo per la sua effettiva applicazione, nello spirito degli articoli 8, 9 e 96 dell'accordo di Cotonou;
36. ritiene, nell'ottica di sviluppare un'azione maggiormente orientata ai risultati, che l'Alto rappresentante dell'UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza dovrebbe valutare regolarmente l'attuazione degli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani da parte di ciascuna delegazione dell'UE nei paesi terzi, dando priorità a tale lavoro e seguendolo da vicino, e rivolgere raccomandazioni per un rafforzamento dell'azione alle missioni in cui tale attuazione dovesse risultare palesemente insufficiente;
37. esorta il Consiglio a rendere l'Europa più accessibile ai difensori dei diritti umani che non possono restare nei loro paesi d'origine; sollecita il Consiglio e la Commissione a elaborare ed attuare misure specifiche volte a facilitare il loro accesso all'Europa;
38. rammenta la necessità di ovviare alla mancanza di una strategia coerente di protezione e di asilo attuando in modo sistematico misure d'emergenza e iniziative a breve e lungo termine; invita l'Alto rappresentante a riferire al Parlamento europeo entro la fine del 2010 in merito alle misure adottate a tal fine;
39. rinnova la richiesta rivolta agli Stati membri di definire in via prioritaria una politica coordinata sul rilascio di visti d'emergenza ai difensori dei diritti umani e ai loro familiari, ispirandosi ai regimi speciali applicati in Spagna e in Irlanda; è fermamente convinto che conferire alle nuove delegazioni dell'Unione europea il potere di formulare raccomandazioni agli Stati membri in merito al rilascio dei visti d'emergenza rappresenterebbe un grande passo in avanti per la politica dell'Unione europea in materia di diritti umani; ritiene che un chiaro riferimento a tale possibilità nel progetto di manuale per il trattamento delle domande di visto e la modifica dei visti già rilasciati (Draft handbook for the processing of visa applications and the modification of issued visas) sarebbe di grande aiuto per raggiungere tale impostazione comune, conformemente alla posizione già espressa dal Parlamento europeo durante il processo di controllo giuridico della succitata misura;
40. esorta i 27 Stati membri ad attenersi alla stessa linea in merito al rilascio di visti ai difensori dei diritti umani;
41. sottolinea la necessità di prevedere, accanto a tali visti d'emergenza, misure di protezione e rifugio temporaneo in Europa per i difensori dei diritti umani, fornendo eventualmente risorse finanziarie e alloggi per dare rifugio a difensori dei diritti umani, nonché programmi di accompagnamento (attività nel settore dei diritti umani, conferenze in università europee, corsi di lingua ecc.); accoglie con favore l'iniziativa delle città-rifugio promossa dalla Presidenza ceca e il programma di protezione e accoglienza attuato dal governo spagnolo dal 2008, e invita l'Alto rappresentante/Vicepresidente a ultimare entro il 2010, nella cornice del SEAE, un programma europeo di protezione e rifugio da attuare nel 2011, senza tuttavia sottrarre responsabilità alle altre città; invita pertanto l'Alto rappresentante a presentare al Parlamento europeo un manuale sulla creazione di una città-rifugio nonché una proposta quadro che sostenga la creazione di una rete tra tali città; chiede ulteriore sostegno ad altre iniziative in corso a tale riguardo;
42. sottolinea altresì che, nelle situazioni in cui potrebbe essere in pericolo la vita o la salute fisica e mentale di un difensore dei diritti umani, gli Stati membri e le delegazioni dell'UE dovrebbero sostenere e sviluppare anche altri strumenti di protezione e meccanismi per una risposta d'urgenza; ritiene che ciò andrebbe fatto in stretta collaborazione con i locali difensori dei diritti umani e con la società civile locale;
43. si compiace della cooperazione in corso tra i diversi meccanismi di protezione esistenti a livello europeo e internazionale, che potrebbe essere ulteriormente rafforzata attraverso un sistematico scambio di informazioni e strategie, così da assicurare una migliore complementarità tra tutti questi meccanismi sia in termini di condivisione delle informazioni per i casi d'emergenza che di coordinamento per le azioni di sostegno a lungo termine, per esempio attraverso l'uso di una piattaforma on-line sicura accessibile a tutte le parti interessate ufficiali; al riguardo valuta positivamente le riunioni annuali organizzate dal Consiglio d'Europa nonché le riunioni annuali «inter-meccanismi» organizzate dall'Osservatorio per la protezione dei difensori dei diritti umani, un programma congiunto della Federazione internazionale dei diritti umani (FIDH) e dell'Organizzazione mondiale contro la tortura (OMCT), iniziative finalizzate a rafforzare l'interazione tra i meccanismi e le istituzioni internazionali e regionali per la protezione dei difensori dei diritti umani; invita le task-force sui difensori dei diritti umani esistenti in Europa, nel quadro del gruppo di lavoro del Consiglio «Diritti umani» e del Consiglio d'Europa – un'iniziativa, quest'ultima, del Commissario per i diritti dell'uomo del Consiglio d'Europa –, a studiare le modalità di una più stretta collaborazione;
44. chiede che, nel contesto dell'attuazione del trattato di Lisbona, le istituzioni dell'UE creino un meccanismo di cooperazione interistituzionale sui difensori dei diritti umani; è del parere che la creazione di tale meccanismo potrebbe essere agevolata mediante l'istituzione di «punti focali» per i difensori dei diritti umani in tutte le istituzioni e gli organi dell'Unione europea, che operino in stretta collaborazione con i responsabili dei diritti umani e della democrazia in seno alle missioni e delegazioni dell'UE;
45. invita il Consiglio e la Commissione a esplorare la possibilità di istituire un meccanismo per un sistema di allerta precoce, da utilizzare in comune fra le istituzioni dell'UE e tutti gli altri meccanismi di protezione;
46. ritiene che la condivisione delle informazioni potrebbe anche essere agevolata dalla creazione di apposite banche dati, o «giornali di bordo», così da registrare le attività intraprese, soprattutto riguardo a singole persone, garantendo nel contempo il pieno rispetto della riservatezza;
47. esorta la Commissione a seguire e controllare con regolarità l'attuazione a breve e a lungo termine degli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani, e a riferire alla sottocommissione per i diritti dell'uomo del Parlamento europeo;
o o o
48. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione e agli Stati membri dell'Unione europea.
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 17 giugno 2010 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica delle direttive 2003/71/CE relativa al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e 2004/109/CE sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato (COM(2009)0491 – C7-0170/2009 – 2009/0132(COD))
– vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2009)0491),
– visti l'articolo 251, paragrafo 2, e gli articoli 44 e 95 del trattato CE, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C7-0170/2009),
– vista la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio dal titolo «Ripercussioni dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona sulle procedure decisionali interistituzionali in corso» (COM(2009)0665),
– visti l'articolo 294, paragrafo 3, e gli articoli 50 e 114 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto il parere della Banca centrale europea(1),
– visto il parere del Comitato economico e sociale europeo del 18 febbraio 2010(2),
– visto l'articolo 55 del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per i problemi economici e monetari (A7–0102/2010),
1. adotta la posizione in prima lettura figurante in appresso;
2. chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;
3. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio, alla Commissione e ai parlamenti nazionali.
Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 17 giugno 2010 in vista dell'adozione della direttiva 2010/.../UE del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica delle direttive 2003/71/CE relativa al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e 2004/109/CE sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 17 giugno 2010 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma di documentazione delle catture di tonno rosso (Thunnus thynnus) e modifica il regolamento (CE) n. 1984/2003 (COM(2009)0406 – C7-0124/2009 – 2009/0116(COD))
– vista la proposta della Commissione al Consiglio (COM(2009)0406),
– visto l'articolo 37 del trattato CE, a norma del quale è stato consultato dal Consiglio (C7-0124/2009),
– vista la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio dal titolo «Ripercussioni dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona sulle procedure decisionali interistituzionali in corso» (COM(2009)0665),
– visti l'articolo 294, paragrafo 3, e l'articolo 43, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto il parere del Comitato economico e sociale europeo del 17 marzo 2010(1),
– visto l'articolo 55 del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per la pesca (A7–0119/2010),
1. adotta la posizione in prima lettura figurante in appresso;
2. chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;
3. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento, al Consiglio e alla Commissione nonché ai parlamenti nazionali.
Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 17 giugno 2010 in vista dell'adozione del regolamento (UE) n. .../2010 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma di documentazione delle catture di tonno rosso (Thunnus thynnus) e modifica il regolamento (CE) n. 1984/2003 del Consiglio
(Dato l'accordo tra il Parlamento e il Consiglio, la posizione del Parlamento corrisponde all'atto legislativo finale, il regolamento (UE) n. 640/2010)
Applicazione delle disposizioni dell'acquis di Schengen relative al Sistema d'Informazione Schengen nella Repubblica di Bulgaria e in Romania *
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Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 17 giugno 2010 sul progetto di decisione del Consiglio sull'applicazione delle disposizioni dell'acquis di Schengen relative al Sistema d'Informazione Schengen nella Repubblica di Bulgaria e in Romania (06714/2010 – C7-0067/2010 – 2010/0814(NLE))
– visto il progetto di decisione del Consiglio (06714/2010),
– visto l'articolo 4, paragrafo 2, dell'atto di adesione del 25 aprile 2005, a norma del quale è stato consultato dal Consiglio (C7-0067/2010),
– visto l'articolo 55 del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (A7–0199/2010),
1. approva il progetto di decisione del Consiglio quale emendato;
2. invita il Consiglio ad informarlo qualora intenda discostarsi dal testo approvato dal Parlamento;
3. chiede al Consiglio di consultarlo nuovamente qualora intenda modificare sostanzialmente il testo oggetto della consultazione;
4. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.
Testo del Consiglio
Emendamento
Emendamento 1 Progetto di decisione Considerando 3
(3) Il XXXX 2010 il Consiglio ha concluso che la Repubblica di Bulgaria e la Romania soddisfacevano le condizioni in tale settore. È pertanto possibile fissare una data per l'applicazione dell'acquis di Schengen relativo al Sistema d'informazione Schengen (SIS) in detti Stati membri.
(3) Il XXXX 2010 il Consiglio ha concluso che la Repubblica di Bulgaria e la Romania soddisfacevano le condizioni in tale settore. È pertanto possibile fissare una data per l'applicazione dell'acquis di Schengen relativo al Sistema d'informazione Schengen (SIS) in detti Stati membri. Ogni Stato membro interessato dovrebbe informare per iscritto il Parlamento europeo e il Consiglio, nel corso del periodo di sei mesi che ha inizio con la data di entrata in vigore della presente decisione, del seguito che intende dare alle raccomandazioni contenute nelle relazioni di valutazione e menzionate nel follow-up e che devono ancora essere attuate.
Qualità dei dati statistici nell'Unione e rafforzamento dei poteri di di controllo della Commissione (Eurostat)
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Risoluzione del Parlamento europeo del 17 giugno 2010 sulla qualità dei dati statistici nell'Unione e il rafforzamento dei poteri di verifica contabile da parte della Commissione (Eurostat)
– visto il parere della Banca centrale europea del 31 marzo 2010 (CON/2010/28),
– vista la relazione della Commissione sulle statistiche relative al debito e al deficit della Grecia (COM(2010)0001),
– vista la relazione della commissione per i problemi economici e monetari (A7–0227/2009),
– vista l'interrogazione con richiesta di risposta orale del 4 giugno 2010 alla Commissione sulla qualità dei dati statistici nell'Unione e il rafforzamento dei poteri di verifica contabile da parte della Commissione (Eurostat) (O-0080/2010 – B7-0314/2010),
– visti l'articolo 115, paragrafo 5, e l'articolo 110, paragrafo 2, del suo regolamento,
A. considerando che finora la Commissione (Eurostat) non ha potuto disporre dei poteri d'indagine necessari per migliorare la qualità delle statistiche europee,
B. considerando che i recenti avvenimenti hanno dimostrato che un sistema statistico ben funzionante è una condizione preliminare per ottenere dati affidabili; e che è mancata la volontà politica di rispettare regole comuni e compiere progressi reali verso una governance più rigorosa in questo campo,
C. considerando che il caso della Grecia è un chiaro esempio della mancanza di statistiche di bilancio di qualità nell'Unione, e che dimostra che i progressi compiuti dal 2005 non sono stati sufficienti per portare la qualità dei dati di bilancio greci al livello raggiunto da altri Stati membri,
D. considerando che la proposta del 2005 della Commissione già chiedeva maggiori competenze, analoghe a quelle in materia di audit, per la Commissione (Eurostat) e norme minime convenute di comune accordo per i dati statistici,
E. considerando che nel 2005 numerosi importanti Stati membri si sono opposti a un rafforzamento dei poteri di Eurostat, nonostante vi fossero chiare prove che le regole e la loro attuazione erano insufficienti,
F. considerando che è opinione comune che la situazione attuale deve essere migliorata e che la Commissione (Eurostat) deve poter disporre di maggiori poteri di indagine; e che sembra esservi una mancanza di volontà politica, in particolare in seno al Consiglio, di adottare le misure necessarie per rafforzare le competenze della Commissione (Eurostat),
G. considerando che le risorse umane necessarie per fornire un quadro completo e dettagliato delle statistiche nazionali sono chiaramente carenti, e che tale problema deve essere affrontato a livello sia europeo che nazionale,
H. considerando che è stato dimostrato che è fondamentale disporre di dati affidabili sui fondi di previdenza sociale, gli arretrati degli ospedali e le transazioni tra governi e imprese pubbliche,
1. invita il Consiglio a garantire che gli impegni politici nel settore delle statistiche siano onorati e ad accettare integralmente la proposta della Commissione (COM(2010)0053) e i relativi emendamenti presentati dalla BCE e dal Parlamento;
2. invita il Consiglio a rafforzare il ruolo e l'indipendenza della Commissione (Eurostat);
3. invita il Consiglio e gli Stati membri ad accettare che la Commissione (Eurostat) sia incaricata di effettuare ispezioni senza preavviso negli Stati membri per la verifica dei dati statistici;
4. considera che, alla luce del caso della Grecia, la proposta della Commissione rappresenti il minimo necessario, e sottolinea che gli obblighi di dichiarazione devono essere applicati in tutti gli Stati membri e che tale dichiarazione deve contenere informazioni su eventuali precedenti attività fuori bilancio;
5. invita gli Stati membri a porre termine all'utilizzo di strutture di debito fuori bilancio di qualsiasi genere; invita la Commissione a proporre misure giuridiche vincolanti per obbligare gli Stati membri a porre fine alla pratica di ricorrere a strutture di debito fuori bilancio di qualsiasi tipo;
6. invita la Commissione a indicare le esigenze, in termini di competenze e di personale, necessarie per procedere ad un monitoraggio efficace ed effettivo delle statistiche nazionali a medio e lungo termine;
7. richiama l'attenzione sulla tendenza tra gli Stati membri di mantenere alcune passività fuori dal bilancio, in particolare per quanto riguarda i pagamenti futuri per le pensioni del settore pubblico e i contratti a lungo termine con il settore privato per la locazione o la fornitura di strutture pubbliche; chiede una soluzione che garantisca la dichiarazione coerente e aperta di tali passività nelle statistiche nazionali;
8. invita la BCE a cooperare strettamente con la Commissione (Eurostat) per garantire la coerenza delle statistiche degli Stati membri;
9. invita la Commissione (Eurostat) ad adoperarsi con ogni mezzo per evitare il riemergere, in qualsiasi Stato membro, di carenze metodologiche e deplorevoli problemi amministrativi, come nel caso della Grecia;
10. invita il Consiglio e gli Stati membri a fornire alla Commissione (Eurostat) dati relativi alle finanze pubbliche in base a un metodo contabile normalizzato e riconosciuto a livello internazionale;
11. invita gli Stati membri a fornire alla Commissione (Eurostat) e agli istituti nazionali di statistica l'accesso e le risorse necessarie a rendere possibili controlli reali dei dati sottostanti;
12. invita gli Stati membri che hanno già aderito o che stanno presentando domanda di adesione alla zona euro a consentire alla BCE di partecipare a ispezioni senza preavviso e ad autorizzare il personale di quest'ultima ad accedere a tutte le loro statistiche;
13. invita gli Stati membri a stabilire responsabilità chiare per quanto riguarda la produzione e l'elaborazione di dati statistici; ritiene che precise responsabilità nazionali, comprese le responsabilità personali, siano un requisito necessario del lavoro per la Commissione (Eurostat);
14. invita la Commissione a rendere più rigorosa l'attuazione del codice europeo della prassi statistica, che rafforza l'indipendenza, l'integrità e la responsabilità degli istituti statistici nazionali e della Commissione (Eurostat), con l'obiettivo di promuovere l'applicazione dei principi, delle prassi e dei metodi statistici internazionali migliori da parte di tutti i produttori di statistiche europee al fine di ottimizzarne la qualità;
15. invita il Consiglio e gli Stati membri ad accettare senza riserve la necessità di un dialogo e di ispezioni approfondite su base regolare da parte della Commissione (Eurostat), in modo da migliorare il monitoraggio dei dati trasmessi e fornire una garanzia permanente riguardo alla qualità dei dati;
16. invita il Consiglio a sostenere maggiormente l'attività dell'OLAF, che il Parlamento considera indispensabile per la tutela degli interessi finanziari dell'Unione europea e quindi dei suoi cittadini, nonché rilevante per proteggere la reputazione delle istituzioni europee; ritiene, di conseguenza, necessario che sia elaborata una strategia delle risorse umane che assegni un personale più numeroso e che ne mantenga l'alto livello qualitativo;
17. invita la Commissione e il Consiglio a coinvolgere più da vicino il Comitato consultivo europeo per la governance statistica in qualità di consulente indipendente; ritiene che il comitato consultivo possa assistere la Commissione (Eurostat) durante le sue visite negli Stati membri;
18. sottolinea che statistiche accurate e una migliore verifica dell'affidabilità dei dati aggregati forniti da Eurostat sono requisiti essenziali ai fini dell'efficacia di una sorveglianza migliorata;
19. sottolinea la necessità di potenziare le competenze di Eurostat;
20. ritiene che un'informazione statistica aperta e trasparente dovrebbe costituire un prerequisito per l'ottenimento di un sostegno a titolo dei fondi strutturali;
21. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al Consiglio europeo nonché al Presidente dell'Eurogruppo e alla Banca centrale europea.
Aspetti di genere della recessione economica e della crisi finanziaria
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Risoluzione del Parlamento europeo del 17 giugno 2010 sugli aspetti di genere della recessione economica e della crisi finanziaria (2009/2204(INI))
– vista la comunicazione della Commissione del 3 ottobre 2008 intitolata «Un miglior equilibrio tra lavoro e vita privata: sostenere maggiormente gli sforzi tesi a conciliare la vita professionale, privata e familiare» (COM(2008)0635),
– vista la comunicazione della Commissione del 26 novembre 2008 intitolata «Un piano europeo di ripresa economica» (COM(2008)0800),
– vista la comunicazione della Commissione per il Consiglio europeo di primavera del 4 marzo 2009 intitolata «Guidare la ripresa in Europa» (COM(2009)0114),
– visto il documento di lavoro della Commissione del 24 novembre 2009 intitolato «Consultazione sulla futura strategia »UE 2020«» (COM(2009)0647),
– vista la relazione della Commissione del 3 ottobre 2008 intitolata «Realizzazione degli obiettivi di Barcellona riguardanti le strutture di custodia per i bambini in età prescolastica» (COM(2008)0638),
– vista la relazione della Commissione del 27 febbraio 2009 sulla parità tra donne e uomini – 2009 (COM(2009)0077),
– vista la relazione della Commissione del 18 dicembre 2009 sulla parità tra donne e uomini – 2010 (COM(2009)0694),
– vista la direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (rifusione)(1),
– vista la proposta di direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sull'applicazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un'attività autonoma, che abroga la direttiva 86/613/CEE (COM(2008)0636), presentata dalla Commissione il 3 ottobre 2008,
– vista la proposta di direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 92/85/CEE del Consiglio concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (COM(2008)0637), presentata dalla Commissione il 3 ottobre 2008,
– visto lo stato delle ratifiche della convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani (STCE n. 197),
– visto il quadro d'azione sulla parità di genere adottato dalle parti sociali europee il 22 marzo 2005,
– vista la proposta di raccomandazione del Consiglio d'Europa sull'impatto della crisi economica e finanziaria sulle donne, doc. 11891, del 4 maggio 2009,
– visto il Patto europeo per le pari opportunità adottato dal Consiglio europeo il 23 e 24 marzo 2006,
– visto il comitato consultivo per le pari opportunità per le donne e gli uomini e il suo parere sul divario retributivo fra uomini e donne adottato il 22 marzo 2007,
– vista la sua risoluzione del 24 ottobre 2006 sull'immigrazione delle donne: il ruolo e la condizione delle donne immigrate nell'Unione europea(2),
– vista la sua risoluzione del 13 marzo 2007 su una tabella di marcia per la parità tra donne e uomini (2006–2010)(3),
– vista la sua risoluzione del 3 settembre 2008 sulla parità tra le donne e gli uomini (2008)(4),
– vista la sua risoluzione del 18 novembre 2008 recante raccomandazioni alla Commissione sull'applicazione del principio della parità retributiva tra uomini e donne(5),
– vista la sua risoluzione del 6 maggio 2009 sul coinvolgimento attivo delle persone escluse dal mercato del lavoro(6),
– vista la sua risoluzione dell'8 ottobre 2009 sulle conseguenze della crisi economica e finanziaria mondiale per i paesi in via di sviluppo e per la cooperazione allo sviluppo(7),
– vista la pubblicazione «Statistics in focus» 53/2009 di Eurostat, «Sharp increase in unemployment in the EU» (Forte aumento della disoccupazione nell'UE),
– vista la pubblicazione «Statistics in focus» 97/2009 di Eurostat, «Recession in the EU–27: length and depth of the downturn varies across activities and countries» (Recessione nell'UE–27: la durata e l'intensità della recessione variano in funzione delle attività e dei paesi),
– visto l'articolo 48 del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere (A7–0155/2010),
A. considerando che l'economia mondiale sta affrontando la più grave recessione dai tempi della Grande depressione le cui conseguenze sociali si ripercuotono in tutta l'UE e al di là delle sue frontiere; considerando che la crisi economica e finanziaria in Europa sta avendo effetti particolarmente negativi sulle donne (più soggette al lavoro precario, più esposte al rischio di licenziamento e meno tutelate dai sistemi di sicurezza sociale), situazione questa a cui finora non è stata prestata la necessaria attenzione da parte del Consiglio, della Commissione e degli Stati membri,
B. considerando che la prima ondata della crisi ha colpito principalmente il settore finanziario dominato dagli uomini, il settore dell'edilizia e automobilistico, destando in tal modo maggiore attenzione, mentre la seconda ondata della crisi ha invece colpito, in modo ugualmente negativo, i settori del commercio al dettaglio, dei servizi generali e del turismo, in cui dominano prevalentemente le donne; considerando che è pertanto necessario affrontare nei piani di ripresa nazionali ed europei l'aspetto di genere dell'impatto della crisi economica e sociale e delle relative soluzioni,
C. considerando che economisti tradizionali hanno sottolineato come la crisi dei crediti, che ha dato vita alla recessione, sia stata un disastro causato letteralmente dagli uomini; considerando che le risposte a livello nazionale e internazionale (che non hanno tenuto sufficientemente conto della dimensione di genere) sono state prese principalmente da uomini; considerando che è essenziale che le donne, che in genere possiedono più titoli di studio degli uomini, siano pienamente integrate nel processo decisionale nella sfera politica, economica e finanziaria, così come negli accordi tra parti sociali,
D. considerando che recenti studi dimostrano che solo il 5% dei soggetti coinvolti nel processo decisionale delle istituzioni finanziarie dell'UE è costituito da donne, che tutti i governatori delle banche centrali dei 27 Stati membri sono uomini e che gli studi di genere hanno mostrato che le donne adottano un approccio direttivo differente evitando i rischi e concentrandosi maggiormente su una prospettiva di lungo termine,
E. considerando che la partecipazione delle donne al processo decisionale è un indicatore determinante in materia di parità di genere; che la presenza di donne manager presso le imprese e le università continua a essere scarsa e che il numero di donne impegnate in politica e nella ricerca sta aumentando, ma a un ritmo assai lento,
F. considerando che nel 2006 il 59% dei laureati di primo livello nelle università era composto da donne; che la percentuale di donne in possesso di un dottorato di ricerca scende al 43%, che rispetto ai professori di ruolo essa scende ulteriormente e che solamente il 15% dei professori ordinari sono donne,
G. considerando che le donne sono più numerose degli uomini nelle facoltà di economia, amministrazione e giurisprudenza, ma che sono in minoranza nei posti di responsabilità nelle imprese e nella politica; considerando che poche donne sono in possesso di una laurea in tecnologie dell'informazione, ingegneria o fisica e che, di conseguenza, le donne sono sottorappresentate nel settore privato, che è essenziale per la ripresa economica,
H. considerando che il rallentamento dell'economia potrà avere effetti più gravi sulle donne che sugli uomini; considerando che sussiste il rischio che l'attuale recessione rallenti i progressi, o addirittura li cancelli, con conseguenze a lungo termine per i sistemi di protezione sociale, per l'inclusione sociale e la demografia,
I. considerando che sono stati annullati o rinviati interventi a favore della parità di genere e che possibili futuri tagli di bilancio potranno esercitare effetti negativi sull'occupazione femminile e sulla promozione della parità; considerando che l'attuazione adeguata della summenzionata direttiva 2006/54/CE acquisisce sempre maggiore importanza,
J. considerando che la parità di genere ha un effetto positivo di rilievo sulla produttività e la crescita economica e che la partecipazione delle donne al mercato del lavoro implica molteplici benefici sociali ed economici,
K. considerando che il divario retributivo tra uomini e donne nei 27 Stati membri dell'UE è rimasto molto elevato nei 35 anni successivi all'entrata in vigore della direttiva 75/117/CEE(8), salendo in media fino al 18% nel 2010 nell'UE con percentuali del 30% in alcuni Stati membri; considerando che il divario è maggiore nel settore privato rispetto a quello pubblico, il che rispecchia il perdurare delle disuguaglianze nel mercato del lavoro, che in pratica colpiscono principalmente le donne,
L. considerando che la recessione economica non deve essere pretesto per rallentare i progressi nelle politiche di riconciliazione e per tagliare i fondi assegnati ai servizi di assistenza e ai congedi, il che colpisce in particolare l'accesso delle donne al mercato del lavoro; considerando che occorre prestare particolare attenzione all'esigenza di conciliare obblighi familiari e professionali nelle famiglie monoparentali e nelle famiglie numerose,
M. considerando che, secondo la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, una donna destina il triplo del tempo rispetto a un uomo alla cura dei figli, alle faccende domestiche o all'assistenza ai familiari non autosufficienti; che la condivisione delle responsabilità familiari e domestiche tra uomini e donne, in particolare mediante la valorizzazione del ricorso al congedo parentale e di paternità, è una condizione indispensabile per la promozione e per il conseguimento della parità di genere e che la mancata inclusione dei congedi di maternità e parentali nel calcolo del tempo di lavoro complessivo è discriminatoria e comporta uno svantaggio per le donne nel mercato del lavoro,
N. considerando che le conclusioni del Consiglio del 30 novembre 2009(9) sotto la Presidenza svedese hanno invitato gli Stati membri e la Commissione a rafforzare la dimensione di genere nella strategia UE 2020; considerando che il documento di consultazione della Commissione sull'UE 2020 non ne ha tenuto conto, non menzionando nemmeno una volta l'integrazione delle questioni di genere; considerando che tuttavia è essenziale integrare una prospettiva di genere in un'architettura e una politica finanziarie ed economiche nuove e che è fondamentale garantire che i piani di ripresa e i programmi di adeguamento strutturale siano sottoposti a una valutazione d'impatto relativa al genere e che integrino una prospettiva di genere,
O. considerando che è necessario intensificare gli sforzi in materia di integrazione della prospettiva di genere nelle politiche pubbliche,
P. considerando che specialmente in tempi di recessione economica proprio le persone che si trovano già a rischio di povertà, per la maggior parte donne, diventano ancor più vulnerabili, specialmente le lavoratrici migranti e le donne che appartengono alle minoranze; considerando che l'impegno e soluzioni complessive miranti a sconfiggere la povertà, concordati dal Consiglio europeo di Lisbona già nel lontano 2000, sono diventati una questione urgente; considerando che è necessario prestare particolare attenzione alla tutela dei gruppi che si trovano ad affrontare molteplici svantaggi, specialmente i Rom, e garantirne l'inclusione nella società,
Q. considerando che l'occupazione a tempo pieno di qualità e con diritti costituisce una tutela contro la povertà e l'esclusione sociale oltre che uno sprone all'indipendenza finanziaria e psicologica; considerando che affrontando l'accesso universale a servizi pubblici di qualità è essenziale ideare e attuare politiche che rispondano alle esigenze delle donne e degli uomini, rispettivamente, compreso l'accesso a servizi di assistenza all'infanzia, agli anziani e alle altre persone a carico che siano disponibili, di qualità ed economicamente accessibili,
R. considerando che, oltre a garantire il rispetto delle differenze e della diversità culturale, l'elaborazione di politiche che agevolino l'accesso delle donne appartenenti a gruppi culturali o minoritari specifici al mercato del lavoro riduce l'esclusione sociale a vantaggio della coesione sociale che, a sua volta, rappresenta una leva della crescita economica,
S. considerando che la violenza domestica, di cui sono vittime soprattutto le donne, è un fenomeno diffuso in tutti i paesi e in tutti i ceti sociali; considerando che taluni studi hanno evidenziato come la violenza contro le donne si intensifichi nei momenti in cui gli uomini sperimentano forme di sradicamento e spossesso causati dalla crisi economica; considerando che lo stress economico spesso porta ad abusi più frequenti, più violenti e più pericolosi; considerando inoltre che la violenza domestica costa all'UE circa 16 miliardi di euro l'anno,
T. considerando che l'occupazione è un fattore chiave per l'inclusione sociale; considerando la necessità di un impegno mirato e diffuso per sradicare la povertà nel contesto dell'aumento della crescente diseguaglianza dei redditi, della povertà e della crisi economica e finanziaria,
1. osserva che la parità di trattamento tra donne e uomini è uno degli obiettivi dell'UE e pertanto uno dei principi cardine in qualunque risposta programmatica alla crisi economica e finanziaria e nella transizione verso il periodo successivo alla crisi;
2. sottolinea le conclusioni della Commissione secondo cui l'attuale crisi ha suscitato la preoccupazione che siano messi a rischio i risultati ottenuti nella parità di genere e che gli effetti della recessione possano colpire soprattutto le donne;
3. ritiene che sia necessario impedire che l'attuale crisi finanziaria ed economica e le future proposte economiche mettano a repentaglio i progressi raggiunti sul fronte dell'uguaglianza di genere e che la recessione venga sfruttata, come sta accadendo in alcuni Stati membri, come argomento per ridurre gradualmente le misure in materia di uguaglianza di genere;
4. insiste affinché le politiche in materia di parità siano considerate come parte della soluzione per uscire dalla crisi, per utilizzare e mettere a frutto il talento e le capacità di tutta la popolazione e per la creazione di un'economia in futuro più competitiva;
5. sottolinea che l'integrazione delle donne nel luogo di lavoro negli ultimi decenni non comporta unicamente un maggior effetto diretto della crisi sulle donne stesse ma anche sulle famiglie, le quali subiranno notevolmente la contrazione di reddito dovuta alla perdita del lavoro da parte delle donne; invita le istituzioni dell'Unione europea e gli Stati membri a tener conto dei costi nascosti della crisi, comprese le diverse conseguenze in materia di genere spesso non considerate;
6. osserva che le precedenti esperienze di crisi dimostrano che l'occupazione degli uomini, in generale, viene recuperata più rapidamente rispetto a quella delle donne;
7. evidenza come le politiche macroeconomiche siano in modo predominante associate a un aumento della segregazione di genere nel lavoro, alla destabilizzazione dell'occupazione femminile per mezzo del subappalto, all'ampliamento del divario retributivo tra uomini e donne, alla riduzione dell'accesso per le donne all'assistenza sanitaria e all'istruzione, all'ampliamento della disparità nell'accesso al credito, alla terra e ai beni, e al peggioramento della femminilizzazione della povertà;
8. rammenta che il divario retributivo di genere è ancora presente e rischia di ampliarsi con la crisi economica e finanziaria; invita le istituzioni europee e gli Stati membri a stabilire obiettivi chiari e a proporre misure vincolanti per lottare contro tale disparità di trattamento;
9. esorta la Commissione a presentare una proposta legislativa di revisione della normativa esistente in materia di applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile (direttiva 75/117/CEE summenzionata) come già chiesto dal Parlamento nel 2008; accoglie con favore la recente iniziativa della Commissione volta a migliorare le disposizioni relative alle sanzioni previste in caso di violazione del diritto alla stessa retribuzione, affinché queste siano dissuasive e proporzionate (per esempio, sanzioni più pesanti in caso di recidiva);
10. sottolinea che la spesa pubblica nel settore della salute è di responsabilità dei singoli Stati membri e dei loro parlamenti nazionali e/o delle autorità locali;
11. si rammarica che numerose donne abbiano già perso o stiano per perdere il lavoro, in particolare le donne che lavorano nei settori del commercio al dettaglio, dei servizi e del turismo e le donne con lavori a tempo parziale o precario; sottolinea il fatto che, allo stesso tempo, una contrazione nell'offerta di microcredito prevedibilmente comporterà una riduzione dei redditi delle donne che esercitano una professione autonoma, specialmente nel settore agricolo e rurale; sottolinea che si prevede un aumento sproporzionato della disoccupazione femminile a seguito dell'annuncio di tagli nella spesa pubblica, essendo le donne sproporzionatamente impiegate nel settore dell'istruzione, della sanità e dei servizi sociali;
12. insiste sull'effetto positivo della parità di genere sulla crescita economica; osserva a tale riguardo che, secondo alcuni studi, se i tassi di occupazione, occupazione a tempo parziale e produttività delle donne fossero analoghi a quelli degli uomini, il PIL aumenterebbe del 30%;
13. riconosce che negli ultimi tempi la perdita del lavoro ha spinto molte donne ad avviare una propria attività; invita la Commissione a proporre leggi dirette specificamente alle PMI al fine di raggiungere l'obiettivo di ridurre del 25% gli oneri amministrativi che gravano sulle imprese entro il 2012 per contribuire a incoraggiare questo spirito imprenditoriale;
14. accoglie con favore le statistiche di Eurostat disaggregate per genere; ritiene tuttavia che vada posta maggior attenzione sulla disoccupazione a tempo parziale (un'area spesso esclusa dalle statistiche sulla disoccupazione); sottolinea che la disoccupazione di lunga durata, le minori retribuzioni e il minor numero medio di ore lavorate potranno avere profonde conseguenze in particolare sui redditi delle donne, sui contributi sociali e nel lungo periodo sulle loro pensioni;
15. esorta la Commissione a elaborare uno studio a livello di Unione europea sul rapporto tra il numero di donne nei consigli di amministrazione (CdA) e il risultato finanziario delle imprese, tenendo conto dello studio elaborato da Catalyst Inc nel 2007, secondo il quale le imprese con tre o più donne nel CdA registrano un rendimento per azione superiore dell'83% e un rendimento delle vendite superiore del 73%;
16. insiste nell'affermare che la crisi colpirà maggiormente i gruppi di donne vulnerabili: disabili, immigrate, donne appartenenti a minoranze etniche, donne scarsamente qualificate, disoccupate di lunga durata, donne sole senza risorse, donne con persone a carico ecc.;
17. sottolinea che anche le lavoratrici migranti sono colpite dalla crisi, così come le rispettive famiglie nei paesi d'origine; fa riferimento al fatto che la portata della migrazione femminile è spesso sottostimata e con essa le conseguenze sulle famiglie che dipendono dalle loro retribuzioni per il sostentamento, il che può portare le donne a trovarsi in una posizione ancora più vulnerabile al loro ritorno a casa, respinte dalle comunità e dalle famiglie;
18. sottolinea e accoglie con favore il fatto che gli interventi e le soluzioni richiedono una comprensione contestuale della crisi e il riconoscimento che non vi è una risposta che possa andare bene per tutti; sottolinea che al contempo la recessione può essere sfruttata come opportunità unica per dar vita a politiche economiche e sociali che integrino maggiormente le questioni di genere e per progredire nella creazione di una società con maggiore parità di genere;
19. insiste sulla necessità di lottare contro gli stereotipi in tutte le sfere e in tutte le fasi della vita, poiché essi sono una delle cause più persistenti della disparità di genere in quanto incidono sulla scelta dell'istruzione, sulla formazione e sull'occupazione, sulla divisione delle responsabilità domestiche e familiari, sulla partecipazione alla vita pubblica e sulla partecipazione e sulla rappresentanza ai posti di presa di decisioni nonché sulle scelte professionali;
20. rileva con rammarico il fatto che le risposte programmatiche alla crisi, compresi i pacchetti di ripresa, non abbiano riconosciuto, analizzato e corretto l'impatto di genere della crisi; deplora il fatto che l'integrazione delle questioni di genere nella strategia post-Lisbona sia praticamente inesistente; invita il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri a integrare l'uguaglianza di genere corredato di obiettivi specifici negli orientamenti occupazionali e macroeconomici e nella strategia UE 2020 e a introdurre le questioni di genere nell'elaborazione del bilancio in tutte le politiche;
21. ritiene che, anche se l'occupazione femminile nell'UE si è avvicinata all'obiettivo del 60% nel 2010, è necessario porsi una sfida più ambiziosa per arrivare al 75% nel 2020; ritiene altresì necessario ridurre il divario salariale;
22. invita la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri ad adottare le misure necessarie per applicare l'integrazione della prospettiva di genere in tutte le politiche dell'UE e a rivedere la normativa esistente per pervenire a una corretta applicazione della parità di genere e rendere possibile l'adozione di misure di discriminazione positiva ove necessario;
23. invita il Consiglio, la Commissione, gli Stati membri e in particolare la commissione speciale sulla crisi finanziaria, economica e sociale (CRIS) a garantire che i piani di ripresa e i programmi di adeguamento strutturale siano sottoposti a una valutazione d'impatto relativa al genere (una valutazione ex post quando non sia stata effettuata ex ante) e a integrare una prospettiva di genere che comprenda dati e statistiche disaggregati per genere;
24. esorta il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri a garantire che la recessione e i tagli finanziari non abbiano effetti sulle politiche e sul funzionamento delle strutture finalizzate a raggiungere la parità di genere tra donne e uomini a tutti i livelli nel settore governativo e non governativo; si rammarica che in alcuni paesi tagli finanziari di questo genere abbiano già avuto luogo;
25. invita il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri ad analizzare e contrastare gli effetti negativi delle riduzioni della spesa pubblica e dei benefici sociali, in particolare nell'ambito dei tagli alla spesa pubblica a livello locale, al fine di garantire che alle donne non sia imposto un carico assistenziale sproporzionato (figli, anziani e persone a carico);
26. sottolinea che la mancanza di politiche e infrastrutture assistenziali ha portato a una maggiore compensazione di tali lacune da parte delle lavoratrici domestiche migranti nelle case private, senza accesso alla protezione e ai benefici sociali e lavorativi; invita gli Stati membri a intervenire urgentemente per combattere il lavoro illegale e integrare le lavoratrici migranti regolari nei programmi di sicurezza sociale e assistenza sanitaria;
27. invita gli Stati membri a sviluppare servizi di assistenza accessibili e di qualità per i figli e le altre persone a carico, in linea con gli obiettivi europei, garantendo che la disponibilità di detti servizi sia compatibile con gli orari di lavoro a tempo pieno per donne e uomini; esorta la Commissione e gli Stati membri a mettere a frutto il più possibile il potenziale dei Fondi strutturali e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e a facilitare l'accesso al finanziamento di servizi di qualità; esorta la Commissione a proporre una direttiva sulla paternità, sulle adozioni e sul congedo filiale;
28. sottolinea che la violenza contro le donne e gli uomini aumenta nei momenti di conflitto economico; esorta pertanto gli Stati membri a utilizzare la legislazione nazionale per far fronte a ogni forma di violenza di genere e accoglie con favore l'iniziativa della Presidenza spagnola volta a costituire un Osservatorio sulla violenza contro le donne; accoglie similmente con favore l'iniziativa di un gruppo di Stati membri concernente uno strumento globale per la protezione delle vittime (Ordine europeo di protezione);
29. invita gli Stati membri a incoraggiare, specialmente mediante campagne di sensibilizzazione dell'opinione pubblica, una presa di coscienza collettiva del fenomeno della violenza contro le donne; ribadisce che l'educazione e la sensibilizzazione dei giovani sono fondamentali per combattere questo fenomeno;
30. chiede alle istituzioni europee, agli Stati membri e alle autorità locali e regionali di adottare misure efficaci, in particolare mediante leggi, volte a incoraggiare l'equilibrio di genere nelle posizioni di responsabilità nelle imprese e nella politica, anche nei consigli di amministrazione delle imprese, nonché nelle istituzioni ed enti pubblici locali, regionali, nazionali ed europei, che dovrebbero dare un esempio; invita pertanto a fissare obiettivi vincolanti finalizzati a garantire l'equa rappresentanza delle donne e degli uomini;
31. sottolinea che le donne sono sottorappresentate nel processo decisionale finanziario, risultando in effetti uno dei gruppi colpiti dal rischio finanziario attualmente esclusi dal processo decisionale finanziario; invita il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri a migliorare la partecipazione delle donne a tutti i livelli del processo decisionale, in particolare nei settori della pianificazione del bilancio e della governance per i sistemi finanziari europei, compresa la Banca centrale europea; in questo contesto, sottolinea la necessità di promuovere l'alfabetizzazione finanziaria delle donne;
32. accoglie con favore la decisione del governo norvegese di innalzare la quota di donne nei consigli di amministrazione delle società per azioni ad almeno il 40%, il che ha permesso di aumentare il numero di donne coinvolte nella gestione delle imprese fino all'attuale 41%; invita la Commissione e gli Stati membri a considerare l'iniziativa norvegese come esempio positivo e a muoversi nella medesima direzione per le imprese quotate in borsa;
33. concorda con la necessità di aumentare il numero di donne nei consigli di amministrazione delle società per azioni, ma sottolinea che i governi nazionali devono adottare provvedimenti appropriati alle rispettive esigenze;
34. sottolinea che gli investimenti nelle infrastrutture sociali costituiscono un'opportunità per modernizzare l'Europa e promuovere la parità, potendo essere considerati una strategia parallela agli investimenti in tecnologie ecologiche per la modernizzazione delle infrastrutture fisiche; ritiene che sia necessario che la parità di genere costituisca pertanto una priorità programmatica e uno strumento fondamentale;
35. rileva che, alla luce della strategia UE 2020, l'«economia ecologica» riveste una posizione cruciale; sottolinea il fatto che i «posti di lavoro ecologici» possono potenzialmente diventare un settore chiave per la crescita futura del mercato del lavoro europeo, che già oggi oltre 20 milioni di posti di lavoro nell'Unione europea possono essere considerati «ecologici» e che dati recenti mostrano che l'occupazione nel solo settore delle energie rinnovabili può potenzialmente raddoppiare entro il 2020, arrivando a 2,8 milioni di posti di lavoro;
36. sottolinea che la conversione ecologica dell'economia e la transizione a un'economia a basse emissioni di carbonio creeranno un'enorme domanda di lavoratori qualificati; fa riferimento al fatto che le donne lavoratrici sono fortemente sottorappresentate nel settore delle energie rinnovabili e in particolare nei lavori ad alto contenuto scientifico e tecnologico; chiede al Consiglio, alla Commissione e agli Stati membri di garantire che le lavoratrici partecipino maggiormente ai progetti e ai programmi di formazione sulla trasformazione ecologica, ossia nei posti di lavoro del settore delle energie rinnovabili e nei posti di lavoro ad alto contenuto scientifico e tecnologico; invita gli Stati membri a incoraggiare le iniziative imprenditoriali locali delle donne in questi settori, facilitando il loro accesso ai Fondi strutturali europei disponibili, attraverso la diffusione di informazioni e seminari di formazione;
37. incoraggia i datori di lavoro negli Stati membri a creare più opportunità per le donne nel ramo delle nuove tecnologie, onde rafforzare il settore hi-tech conformemente agli obiettivi UE 2020;
38. invita il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri a promuovere la piena attuazione a livello nazionale dei Fondi strutturali europei volti a contrastare gli effetti della recessione per mezzo di iniziative di conversione professionale e di miglioramento delle competenze in base all'articolo 16 del regolamento generale(10) e all'articolo 6 del regolamento sul Fondo sociale europeo(11) e sul Fondo europeo di sviluppo regionale(12);
39. invita a modificare il regolamento FEASR affinché sia possibile realizzare azioni positive a favore delle donne nel futuro periodo di programmazione 2014–2020, il che è stato possibile nei periodi precedenti ma non in quello attuale, misura che implicherà effetti assai positivi sull'occupazione femminile nel contesto rurale;
40. invita gli Stati membri a sviluppare meccanismi per una governance dell'uguaglianza finalizzata a integrare le competenze di genere negli uffici governativi e nelle altre agenzie che attuano gli interventi nell'ambito dei Fondi strutturali e dei Fondi di coesione e che promuovono le organizzazioni e le reti femminili;
41. incoraggia l'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere a intraprendere un'analisi di genere dell'impatto della crisi economica e finanziaria; ritiene che tale analisi debba essere condotta utilizzando indicatori precisi che tengano conto del contesto specifico della crisi; invita le altre istituzioni europee, quali la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, a proporre soluzioni alle questioni di genere nelle proprie attività in corso;
42. sottolinea la necessità di elaborare programmi e incentivi finanziari per incoraggiare e promuovere la partecipazione delle donne nelle piccole e medie imprese;
43. invita il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri a riconoscere e a prestare sostegno al contributo che la società civile può apportare nell'affrontare la crisi economica e finanziaria, in particolare alla luce dell'Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale;
44. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi degli Stati membri, alle parti sociali e alle ONG interessate.
Direttiva del Consiglio 75/117/CEE, del 10 febbraio 1975, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile (GU L 45 del 19.2.1975, pag. 19).
Conclusioni del Consiglio sull'uguaglianza di genere: rafforzare i fattori di crescita e di occupazione nella strategia di Lisbona dopo il 2010, riunione del Consiglio su occupazione, politica sociale, salute e consumatori, Bruxelles, 30 novembre 2009.
Regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell'11 luglio 2006, recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione (GU L 210 del 31.7.2006, pag. 25).
Regolamento (CE) n. 1081/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, relativo al Fondo sociale europeo (GU L 210 del 31.07.2006, pag. 12).
Regolamento (CE) n. 1080/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale (GU L 210 del 31.07.2006, pag. 1).
Valutazione dei risultati della tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010 e raccomandazioni future
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Risoluzione del Parlamento europeo del 17 giugno 2010 sulla valutazione dei risultati della tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010 e raccomandazioni per il futuro (2009/2242(INI))
– visti l'articolo 2 e l'articolo 3, paragrafo 3, comma due, del trattato sull'Unione europea (TUE) e l'articolo 157 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE),
– visto l'articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
– vista la comunicazione della Commissione dal titolo «Una tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006–2010» (COM(2006)0092),
– vista la comunicazione della Commissione del 26 novembre 2008 dal titolo :«Relazione intermedia sullo stato d'avanzamento della tabella di marcia per la parità tra donne e uomini (2006–2010)» (COM(2008)0760),
– vista la relazione della Commissione del 18 dicembre 2009 dal titolo «Parità tra donne e uomini – 2010» (COM(2009)0694),
– visti gli strumenti giuridici delle Nazioni Unite nel campo dei diritti umani e segnatamente dei diritti delle donne, in particolare la convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne, nonché gli altri strumenti delle Nazioni Unite in materia di violenza contro le donne, come la dichiarazione e il programma d'azione di Vienna, approvati alla conferenza mondiale sui diritti umani, le risoluzioni dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite 48/104 del 20 dicembre 1993 sull'eliminazione della violenza nei confronti delle donne, 58/147 del 19 febbraio 2004 sull'eliminazione della violenza familiare nei confronti delle donne, 57/179 del 30 gennaio 2003 sulle misure da adottare per eliminare i delitti d'onore commessi contro le donne, 52/86 del 2 febbraio 1998 sulle misure in materia di prevenzione del crimine e di giustizia penale per eliminare la violenza contro le donne,
– visto il programma d'azione adottato nel corso della quarta conferenza mondiale sulle donne organizzata a Pechino dal 4 al 15 settembre 1995 nonché le sue risoluzioni del 18 maggio 2000 sul seguito del programma d'azione di Pechino(1) e del 10 marzo 2005 sul seguito del programma d'azione della quarta conferenza mondiale sulle donne (Pechino+10)(2),
– vista la relazione del Segretario generale delle Nazioni Unite del 9 ottobre 2006 su «tutte le forme di violenza nei confronti delle donne»,
– vista la relazione finale del marzo 2005 della 49a sessione della commissione sullo status delle donne dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite,
– visto il protocollo relativo ai diritti delle donne in Africa, noto anche come «protocollo di Maputo», entrato in vigore il 26 ottobre 2005, il quale fa riferimento esplicito al divieto di ogni forma di mutilazione genitale,
– vista la risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 31 ottobre 2000 su «le donne, la pace e la sicurezza», in cui si prevede una più ampia partecipazione delle donne alla prevenzione dei conflitti armati e alla costruzione della pace,
– visti i lavori del Consiglio d'Europa in questo settore, in particolare la Carta sociale europea rivista,
– vista la risoluzione del Consiglio d'Europa relativa alla conferenza dei ministri per le pari opportunità sul tema «Colmare il divario fra l'uguaglianza de jure e quella de facto al fine di conseguire un» effettiva uguaglianza di genere«(2010),
– visti il documento del Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa «Identità di genere e diritti umani» (2009), la raccomandazione CM/Rec(2010)5 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa agli Stati membri su misure per combattere la discriminazione basata sull'orientamento sessuale o l'identità di genere nonché la risoluzione 1728 (2010) e la raccomandazione 1915 (2010) dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa sulla discriminazione basata sull'orientamento sessuale e l'identità di genere,
– vista la direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (rifusione)(3),
– vista la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'applicazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un'attività autonoma, che abroga la direttiva 86/613/CEE (COM(2008)0636), presentata dalla Commissione il 3 ottobre 2008,
– vista la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 92/85/CEE del Consiglio concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (COM(2008)0637), presentata dalla Commissione il 3 ottobre 2008,
– vista la relazione della Commissione del 3 ottobre 2008 dal titolo «Realizzazione degli obiettivi di Barcellona riguardanti le strutture di custodia per i bambini in età prescolastica» (COM(2008)0638),
– vista la relazione del maggio 2003 del comitato consultivo sulle pari opportunità tra donne e uomini della Commissione in merito all'inserimento della dimensione della parità uomini-donne nei bilanci nazionali,
– visto il comitato consultivo delle pari opportunità tra donne e uomini e il suo parere sui divari retributivi tra le donne e gli uomini, approvato il 22 marzo 2007,
– vista la sua risoluzione del 17 gennaio 2006 sulle strategie di prevenzione della tratta di donne e bambini, vulnerabili allo sfruttamento sessuale(4),
– vista la sua risoluzione del 24 ottobre 2006 sull'immigrazione femminile: ruolo e condizione delle donne immigrate nell'Unione europea(5),
– visto il patto europeo per la parità tra gli uomini e le donne adottato dal Consiglio europeo del 23 e 24 marzo 2006,
– vista la sua risoluzione del 13 marzo 2007 su una tabella di marcia per la parità tra donne e uomini (2006–2010)(6),
– vista la sua risoluzione del 17 gennaio 2008 sul ruolo delle donne nell'industria(7),
– vista la sua risoluzione del 13 marzo 2008 sulla parità di genere e l'emancipazione femminile nella cooperazione allo sviluppo(8),
– vista la sua risoluzione del 3 settembre 2008 sulla parità tra le donne e gli uomini – 2008(9),
– vista la sua risoluzione del 18 novembre 2008 recante raccomandazioni alla Commissione sull'applicazione del principio della parità retributiva tra donne e uomini(10),
– viste le sue risoluzioni del 24 febbraio 1994(11) e del 13 ottobre 2005(12) su donne e povertà in Europa e la sua risoluzione del 3 febbraio 2009 sulla non discriminazione in base al sesso e solidarietà tra generazioni(13),
– vista la sua risoluzione del 19 febbraio 2009 sull'economia sociale(14),
– vista la sua risoluzione del 26 novembre 2009 sull'eliminazione della violenza contro le donne(15),
– vista la sua risoluzione del 10 febbraio 2010 sulla prevenzione della tratta di esseri umani(16),
– vista la sua risoluzione del 10 febbraio 2010 sulla parità tra donne e uomini nell'Unione europea – 2009(17),
– visto l'articolo 48 del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere (A7–0156/2010),
A. considerando che, sebbene la parità tra le donne e gli uomini rappresenti un requisito necessario per il pieno godimento dei nostri diritti umani universali e un principio fondamentale dell'Unione europea, riconosciuto da tempo nei trattati, sussistono ancora disparità notevoli nella realtà politica e nella vita delle donne,
B. considerando che le politiche basate su un approccio integrato della parità di genere costituiscono uno strumento di sviluppo economico e coesione sociale,
C. considerando che la parità di genere deve essere un elemento caratterizzante dell'identità culturale e politica europea,
D. considerando che la violenza contro le donne costituisce un grave ostacolo alla parità di genere, rappresenta una delle più diffuse violazioni dei diritti umani e non conosce limiti geografici, economici o sociali; considerando che il numero delle donne vittime di violenze è allarmante,
E. considerando che non possiamo continuare ad essere ancorati a modelli economici desueti, ecologicamente insostenibili e basati su una ripartizione del lavoro in base al genere che è obsoleta e superata dall'ingresso della donna nel mercato del lavoro; considerando che abbiamo bisogno di un modello nuovo e socialmente sostenibile basato sulla conoscenza e sull'innovazione, che inglobi la gamma completa delle competenze femminili nell'economia, ripristini l'equilibrio delle responsabilità tra uomini e donne nella sfera pubblica e privata e concili la vita personale con quella professionale,
F. considerando che sebbene la tabella di marcia per la parità 2006–2010 abbia evidenziato lacune nella realizzazione della piena parità di genere ed abbia, in taluni casi, trainato il programma relativo a tale questione, i progressi generali sono stati insufficienti,
G. considerando che devono essere intensificati gli sforzi volti ad integrare la prospettiva di genere nelle politiche pubbliche,
H. considerando che mentre è ancora difficile valutare appieno l'impatto della crisi finanziaria, è chiaro che l'attuale crisi economica e sociale comporta conseguenze particolarmente gravi per le donne e il futuro a lungo termine del progresso delle politiche intese a conseguire la parità tra donne e uomini, aggravando le disparità e le discriminazioni,
I. considerando che la parità di genere ha un impatto positivo sulla produttività e la crescita economica e che la partecipazione delle donne al mercato del lavoro comporta una serie di benefici sociali ed economici,
J. considerando che nella nostra società che invecchia, le donne saranno indispensabili nel mercato del lavoro, e che, al contempo, la domanda di assistenza agli anziani aumenterà, determinando probabilmente il rischio di un doppio onere per le donne,
K. considerando che la maggioranza degli oltre 85 milioni di persone in stato di povertà nell'Unione europea è costituita da donne, a causa di fattori come la disoccupazione, il lavoro precario, le retribuzioni basse, le pensioni a un livello inferiore al reddito minimo di sussistenza e le difficoltà di accesso a servizi pubblici di qualità nei più diversi settori; considerando inoltre che, negli ultimi dieci anni, il numero di donne in stato di povertà è aumentato in modo sproporzionato rispetto al numero di uomini,
L. considerando che il divario tra i livelli retributivi medi delle donne e degli uomini supera il 17%, e che esso dà luogo a un divario tra le pensioni e alla femminilizzazione della povertà in età avanzata, e considerando che forme indirette di discriminazione tendono a intensificarsi con l'aumento della disoccupazione, colpendo donne e ragazze,
M. considerando il persistere del divario di genere in termini di assistenza che vede le donne fornire dal doppio a più del triplo del numero di ore di assistenza gratuita ai bambini e ad altre persone dipendenti rispetto agli uomini,
N. considerando che le donne sono spesso esposte a discriminazioni multiple a causa del loro sesso, della loro età (specie nel caso delle donne più anziane), della disabilità, dell'origine etnica/razziale, della religione, dell'origine nazionale, dello status di immigrate, dello status socio-economico, ivi comprese le donne dei nuclei familiari monoparentali, dell'orientamento sessuale e/o dell'identità di genere, e considerando che la discriminazione composta crea molteplici ostacoli all'emancipazione e alla promozione sociale delle donne,
O. considerando che è fondamentale garantire la parità di accesso alle risorse, ai diritti e al potere, il che implica cambiamenti sociali e culturali, l'eliminazione degli stereotipi e la promozione della parità,
P. considerando che gli stereotipi che ancora esistono per quanto riguarda le possibilità formative e professionali a disposizione delle donne contribuiscono a perpetuare le disuguaglianze,
Q. considerando che la segregazione settoriale e professionale basata sul genere non sta diminuendo, ma in realtà aumentando in alcuni paesi,
R. considerando che il diritto di famiglia (segnatamente in materia di matrimonio e divorzio) pone spesso le donne in una posizione giuridica e finanziaria più debole e che, talvolta, i tribunali contribuiscono ad accrescere le disuguaglianze tra uomini e donne applicando il diritto di famiglia sulla base di modelli tradizionali, piuttosto che di pari diritti,
S. considerando che il diritto all'obiezione di coscienza viene spesso sfruttato da gruppi (religiosi) per limitare i diritti delle donne in settori come l'assistenza sanitaria e il diritto di famiglia,
T. considerando che la partecipazione delle donne al processo decisionale costituisce un indicatore determinante in materia di parità di genere, che la presenza di donne nei posti dirigenziali delle imprese e delle università continua ad essere scarsa e che il numero di donne in politica o nella ricerca aumenta ad un ritmo molto lento,
U. considerando che le sfide in atto e l'esperienza acquisita hanno dimostrato che la mancanza di coerenza politica tra i vari settori ha impedito di realizzare l'uguaglianza tra donne e uomini nel passato e che devono essere destinate risorse adeguate alla necessità reale di maggior coordinamento, diffusione e promozione dei diritti delle donne, alla luce delle diverse realtà,
V. considerando che le azioni positive a favore delle donne si sono rivelate essenziali per la loro piena integrazione nel mercato del lavoro e nella società in generale,
W. considerando le risoluzioni adottate nel contesto delle commemorazioni dei 15 anni della piattaforma di Pechino e il cammino che resta da percorrere per la sua realizzazione,
X. considerando che i dati disaggregati per genere costituiscono uno strumento essenziale per realizzare un reale progresso e valutare efficacemente i risultati,
Y. considerando che il 2010 è l'Anno europeo della lotta contro la povertà e l'esclusione sociale, e che ciò deve tradursi in politiche e azioni concertate che contribuiscano realmente a migliorare la situazione attuale,
Z. considerando le commemorazioni per il centesimo anniversario della proclamazione dell'8 marzo come giornata internazionale della donna e l'importanza di coinvolgere le donne e le loro organizzazioni nella promozione della parità e nella lotta contro le discriminazioni e le disparità,
AA. considerando che il modo di conciliare la loro vita professionale, familiare e privata resta una questione irrisolta sia per le donne che gli uomini,
AB. considerando che l'accesso ai servizi di assistenza all'infanzia e agli anziani, nonché ad altre persone non autonome è essenziale per conseguire una partecipazione equivalente delle donne e degli uomini al mercato del lavoro, all'istruzione e alla formazione,
AC. considerando che, nella maggior parte degli Stati membri, i regimi di sicurezza sociale non tengono sufficientemente conto delle circostanze specifiche delle donne che vivono in condizioni di povertà; considerando che il pericolo di ritrovarsi nella miseria è molto maggiore per le donne; considerando che la condivisione delle responsabilità familiari e domestiche tra uomini e donne, in particolare attraverso un ricorso paritario al congedo parentale da parte di entrambi i genitori, congiuntamente al congedo di paternità, è un presupposto indispensabile per promuovere e realizzare l'uguaglianza di genere; e considerando che il mancato calcolo dei congedi di maternità e dei congedi parentali nel tempo di lavoro globale è discriminatorio e sfavorevole per le donne sul mercato del lavoro,
Valutazione della tabella di marcia 2006–2010
1. nota che nel settore della pari indipendenza economica per donne e uomini, il tasso di occupazione tra le donne ha quasi raggiunto il 60% come stabilito dagli obiettivi di Lisbona sull'occupazione; si rammarica tuttavia dell'assenza di misure vincolanti per affrontare i divari retributivi persistenti tra donne e uomini e insiste sulla necessità di adottare misure urgenti per migliorare la situazione delle donne che lavorano in condizioni precarie, in particolar modo le donne migranti o appartenenti a minoranze etniche, categorie sempre più vulnerabili nel contesto della crisi sociale ed economica; chiede inoltre la riduzione delle disparità di genere nei sistemi pubblici sanitari e la garanzia di un pari accesso ad essi;
2. accoglie con favore le proposte legislative della Commissione che mirano ad una migliore conciliazione tra vita professionale, personale e familiare; rileva tuttavia che la questione dei congedi di paternità, adozione e congedo filiale non è stata affrontata e si rammarica di notare che solo una minoranza di Stati membri ha raggiunto gli obiettivi di Barcellona per garantire strutture di custodia per i bambini, accessibili e di qualità; invita quindi gli Stati membri a rinnovare i loro impegni nel raggiungimento di tale obiettivo;
3. si rammarica che le donne continuino a non essere rappresentate adeguatamente nelle posizioni relative ai processi decisionali economici e politici nella maggior parte degli Stati membri; invita la Commissione a continuare a portare avanti ulteriori misure concrete per la promozione di una partecipazione equa delle donne e degli uomini nei processi decisionali;
4. prende atto delle azioni sviluppate dal programma Daphne III per la prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne; ribadisce tuttavia la necessità di adottare misure legislative a livello europeo per eliminare definitivamente la violenza di genere;
5. accoglie con favore l'integrazione dell'uguaglianza di genere come priorità nei programmi comunitari sull'istruzione e formazione con l'obiettivo di ridurre gli stereotipi presenti nella società; si rammarica, tuttavia, che gli stereotipi sul genere tuttora persistenti fungano ancora da base per molte disparità; invita quindi la Commissione e gli Stati membri ad avviare campagne di sensibilizzazione per infrangere gli stereotipi e i ruoli tradizionali legati ai generi, in particolar modo campagne rivolte agli uomini per sottolineare la necessità di condividere le responsabilità familiari;
6. accoglie positivamente l'impegno della Commissione in favore dei principi della dichiarazione di sviluppo del Millennio e della piattaforma d'azione di Pechino nell'ambito della promozione dell'uguaglianza di genere al di fuori dell'Unione europea; invita a proseguire e consolidare la dimensione della parità di genere nelle politiche di sviluppo, esterna e del commercio estero dell'UE;
A livello istituzionale
7. propone che la nuova strategia per la parità tra donne e uomini nell'Unione europea costituisca un programma d'azione e un impegno politico basato sulla piattaforma d'azione di Pechino e i suoi progressi, considerando che i diritti umani delle donne e delle ragazze rappresentano una parte inalienabile, integrale e indivisibile dei diritti umani universali;
8. sottolinea come sia essenziale continuare a perseguire i sei settori di azione prioritari della tabella di marcia attuale, e invita la Commissione ad introdurre ulteriori misure concrete per assicurare che i punti di forza dell'attuale tabella di marcia possano essere ulteriormente sviluppati e quindi influenzare visibilmente gli strumenti a livello nazionale e regionale, realizzando la parità e l'emancipazione delle donne;
9. propone che alla nuova strategia per la parità tra donne e uomini siano concessi fondi europei al fine di agevolare la sua esecuzione a livello europeo;
10. segnala l'importanza che il Consiglio adotti la nuova proposta della Commissione sulla strategia per la parità, previo parere del Parlamento europeo, onde conferirle maggiore peso politico e imprimere un nuovo impulso alla politica per la parità;
11. deplora che, nella strategia UE 2020 presentata dalla Commissione, la prospettiva di genere non sia stata inserita in modo soddisfacente, e chiede pertanto al Consiglio e alla Commissione di provvedere a che la dimensione della parità di genere figuri sistematicamente nella strategia UE 2020, la quale dovrebbe comprendere un capitolo specifico sul genere, meccanismi relativi all'integrazione della dimensione di genere in tutte le politiche e obiettivi per l'occupazione femminile associati a indicatori di indipendenza economica, tenendo conto sia degli effetti dell'attuale crisi economica e sociale sulle donne sia del ruolo delle donne in una società che invecchia;
12. propone la convocazione ogni anno di una riunione tripartita tra Consiglio, Commissione e Parlamento europeo sui progressi della strategia per la parità di genere nell'Unione europea;
13. sottolinea l'importanza di realizzare una conferenza annuale sulla parità di genere, con la partecipazione di organizzazioni di donne, di organizzazioni che operano a favore dell'eguaglianza di genere come le associazioni LGBT, di organizzazioni sindacali di diversi Stati membri, di membri del Parlamento europeo, della Commissione e del Consiglio, nonché di deputati nazionali, dedicando in ogni edizione annuale un'attenzione particolare e una tematica definita previamente;
14. insiste sulla necessità di un dialogo strutturato con la società civile al fine di garantire il principio della parità tra donne e uomini;
15. suggerisce di non limitare la cooperazione istituzionale in questo settore alle sole associazioni femminili, ma di cercare attivamente la collaborazione con le associazioni che rappresentano gli uomini e le donne e che si adoperano a favore dell'uguaglianza di genere;
16. chiede l'avvio immediato e con prerogative piene delle attività dell'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere e l'elaborazione di tutti gli indicatori di genere necessari per monitorare le problematiche legate alla parità in tutti i settori; insiste su un aggiornamento regolare di tali indicatori per consentire un allineamento degli obiettivi stabiliti e dei risultati effettivamente ottenuti;
17. ritiene che, qualora le proposte politiche della Commissione e del Consiglio diano luogo a una valutazione dell'impatto sociale, essa deve comprendere una valutazione della parità tra donne e uomini;
18. insiste sul fatto che la Commissione dovrebbe iniziare a praticare il metodo «gender mainstreaming» nella preparazione di tutte le sue proposte;
19. invita la Commissione a migliorare e ad aggiornare regolarmente la sua pagina web sulla parità di genere e il Gruppo sulle pari opportunità a dedicare, ogni anno, almeno un'intera riunione alla parità di genere e a creare un servizio informazioni per le donne;
20. sottolinea la necessità che le direzioni generali della Commissione introducano nel loro funzionamento interno un meccanismo di coordinamento per realizzare un monitoraggio continuo delle politiche di parità di diritti e opportunità tra uomini e donne nei più diversi settori; chiede che la relazione annuale sulla parità comprenda un capitolo elaborato da ciascuna Direzione generale, in cui viene illustrata la situazione in materia nel proprio ambito di competenza;
21. invita l'Alto rappresentante a garantire l'equilibrio di genere nella creazione del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) e ad elaborare un piano d'azione per perseguire l'equilibrio di genere nelle delegazioni dell'UE, anche al più alto livello; invita il Consiglio e la Commissione a istituire il posto di rappresentante europeo delle donne, come richiesto dal Parlamento europeo nel marzo 2008, al fine di riservare un'attenzione specifica alla posizione delle donne nell'ambito delle politiche esterne dell'UE e a inserire organicamente l'integrazione della dimensione di genere nel SEAE; invita la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri a promuovere e sostenere attivamente l'emancipazione femminile con la partecipazione delle donne nelle loro relazioni bilaterali e multilaterali con Stati e organizzazioni al di fuori dell'Unione;
22. invita l'Alto rappresentante a garantire che una prospettiva di genere venga integrata in tutte le politiche, i programmi e i progetti di cooperazione allo sviluppo e sottolinea l'importanza dell'attuazione della risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite (UNSCR) nell'ambito dell'azione esterna dell'UE;
23. sottolinea l'importanza di politiche basate su un approccio integrato della parità di genere nei diversi settori, segnatamente in campo economico, finanziario, commerciale e sociale, nell'analisi di bilancio in termini di genere e di parità tra donne e uomini; invita la Commissione e gli Stati membri a promuovere la divulgazione e lo scambio di buone prassi affinché se ne tenga conto nello sviluppo delle politiche;
24. ritiene necessario che la Commissione e gli Stati membri sviluppino strumenti di formazione ed attuazione affinché tutte le parti interessate possano tenere debitamente conto, nei rispettivi ambiti di competenza, della prospettiva basata sulle pari opportunità tra uomini e donne, compresa la valutazione dell'impatto specifico delle politiche sulle donne e sugli uomini;
25. ritiene importante, nell'ambito delle strategie e dei piani relativi alla ripresa economica, l'adozione di misure esemplari di filiera che sostengano percorsi di istruzione e di formazione specifici con inserimenti mirati nel mercato del lavoro per le ragazze e per le donne, nei settori strategici dello sviluppo e in ruoli e qualifiche ad alto livello tecnologico e scientifico;
26. sottolinea l'importanza della definizione di indicatori quantitativi e qualitativi e di statistiche basate sul genere, che siano affidabili, comparabili e disponibili quando necessario, da utilizzare nel monitoraggio dell'applicazione della dimensione di genere in tutte le politiche;
27. invita Eurostat a sviluppare indicatori per misurare la partecipazione delle donne e degli uomini in attività di volontariato al fine di evidenziare in che misura gli uomini e le donne contribuiscono alla coesione sociale;
28. sottolinea che è necessario migliorare il coordinamento ai fini dello sviluppo degli obiettivi delle politiche di parità in tutte le istituzioni sia dell'UE che degli Stati membri e che sono necessari metodi concreti e omogenei di integrazione, come ad esempio i bilanci di genere o l'integrazione dell'analisi di genere nella progettazione, pianificazione, attuazione e monitoraggio delle politiche pubbliche;
29. insiste presso la Commissione e gli Stati membri sulla necessità di ricorrere ad una duplice strategia, applicando un approccio integrato alla parità di genere e proseguendo con azioni specifiche, comprese quelle legislative, a livello di linee e stanziamenti di bilancio e di monitoraggio e controllo, puntando alla realizzazione effettiva; sottolinea che un programma d'azione dovrebbe comprendere obiettivi qualitativi e quantitativi a breve e a lungo termine, a livello sia europeo che nazionale;
30. chiede alla Commissione, al Consiglio e agli Stati membri di adottare le misure necessarie per applicare l'integrazione della prospettiva di genere in tutte le politiche dell'Unione e di riesaminare la legislazione vigente onde assicurare la corretta applicazione della parità di genere e rendere possibile l'adozione delle misure di discriminazione positiva eventualmente necessarie;
31. accoglie positivamente l'impegno della Commissione in favore dei principi della piattaforma d'azione di Pechino per quanto riguarda la promozione di bilanci attenti alle questioni di genere; chiede all'UE e agli Stati membri di impegnarsi al fine di riesaminare in modo sistematico le modalità con cui le donne beneficiano delle spese del settore pubblico, e di adeguare i bilanci per garantire la parità di accesso alle spese del settore pubblico, sia per migliorare la capacità produttiva che per soddisfare le esigenze sociali; chiede inoltre l'assegnazione di risorse sufficienti, tra cui le risorse per effettuare analisi dell'impatto di genere;
32. chiede alla Commissione di accertare se gli Stati membri applicano le direttive sulla non discriminazione e le misure in materia di genere e di adottare misure attive, comprese procedure di infrazione in caso di inosservanza;
33. chiede che sia modificato quanto prima il regolamento relativo al Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), in modo analogo a quello per il Fondo sociale europeo (FSE), onde consentire la realizzazione di misure positive a favore delle donne nel prossimo periodo di programmazione 2014–2020, possibili nei precedenti periodi ma non in quello attuale, le quali avranno un impatto decisamente positivo sull'occupazione femminile nel mondo rurale;
34. segnala la necessità di attribuire una rilevanza particolare alle questioni della parità, anche al Parlamento europeo, nelle diverse commissioni e delegazioni parlamentari, nonché di far sì che le donne siano adeguatamente rappresentate in funzioni di responsabilità all'interno di dette commissioni e delegazioni e segnala altresì il notevole lavoro realizzato dal gruppo di alto livello sulla parità nel Parlamento europeo;
35. accoglie con favore in detto contesto le attuali attività dei deputati al Parlamento europeo responsabili per l'integrazione della prospettiva di genere, impegnati per assicurare che la prospettiva di genere sia considerata nell'elaborazione e nello sviluppo di tutte la politiche in seno alle rispettive commissioni;
36. invita l'Ufficio di presidenza del Parlamento europeo e la Commissione a intensificare gli sforzi per incrementare il numero di donne con incarichi dirigenziali nell'organico; invita la Commissione a studiare un meccanismo volto ad assicurare la parità in seno al Collegio dei Commissari nella prossima legislatura;
37. sottolinea che occorre evitare che l'attuale crisi finanziaria ed economica e le future problematiche economiche possano mettere in causa i progressi finora ottenuti a livello della parità di genere e che la recessione sia sfruttata, come già succede in alcuni Stati membri, come un argomento per ridimensionare le misure attinenti alla parità di genere, il che impedirebbe a lungo termine l'incremento del tasso di occupazione, la crescita economica dell'UE, l'aumento del gettito fiscale, l'incremento dei tassi di natalità e la promozione della parità di genere;
38. chiede alla Commissione, in collaborazione con gli Stati membri e le parti sociali, di avviare la revisione della politiche in materia di conciliazione tra vita familiare e vita professionale, onde garantire che i costi della maternità e della paternità siano non più a carico dell'impresa, bensì della collettività, onde porre fine a comportamenti discriminatori all'interno dell'impresa e sostenere il futuro demografico;
39. rammenta alla Commissione e agli Stati membri la necessità di adottare misure positive a favore delle donne e degli uomini, segnatamente per facilitare il loro ritorno all'occupazione dopo un periodo dedicato alla famiglia (educazione dei figli e/o cure prestate a un parente malato o invalido), promuovendo politiche di (re)inserimento nel mercato del lavoro onde consentire loro di riacquistare un'indipendenza finanziaria;
40. chiede alla Commissione di proseguire le iniziative intese a far emergere il settore dell'economia informale e quantificare il valore del fattore «economia della vita» secondo approcci specifici al genere, in conformità del progetto «oltre il PIL» lanciato dalla Commissione«;
41. invita gli Stati membri a garantire adeguata copertura sociale alle donne e agli uomini che si occupano di parenti malati, anziani o invalidi nonché alle donne anziane che percepiscono una pensione particolarmente esigua;
Settori tematici – obiettivi
42. sottolinea l'importanza di basarsi sull'analisi della piattaforma di Pechino (Pechino+15) effettuata dalla Presidenza svedese, non solo per elaborare indicatori adeguati, ma anche per fissare obiettivi e adottare le politiche necessarie nei dodici settori previsti;
43. invita la Commissione a pubblicare un'analisi dell'impatto delle conseguenze, segnatamente di bilancio, indotte dall'applicazione del processo di «integrazione della prospettiva di genere», onde consentire di valutarne la pertinenza, l'efficacia, la continuità e l'utilità in termini di rapporto costi/valore aggiunto, come di prassi per ogni altra politica europea;
44. segnala la necessità di perfezionare i canali con cui le organizzazioni femminili e la società civile in generale collaborano e partecipano ai processi di integrazione della prospettiva di genere;
45. ritiene che una delle priorità dovrebbe consistere nella lotta contro la povertà, rivedendo le politiche di tipo macroeconomico, monetario, sociale e del lavoro che sono alla sua origine, con l'obiettivo di garantire la giustizia economica e sociale per le donne, rettificando i criteri utilizzati per determinare il tasso di povertà, e sviluppando strategie intese a promuovere una suddivisione equa del reddito, a garantire redditi minimi, retribuzioni e pensioni dignitose, a creare maggiore occupazione femminile di qualità con diritti, ad assicurare l'accesso a servizi pubblici di qualità per tutte le donne e le giovani, a migliorare la protezione sociale e i rispettivi servizi di prossimità, segnatamente asili nido, giardini d'infanzia, scuole materne, centri diurni, centri comunitari per il tempo libero e la prestazione di servizi di sostegno alle famiglie e «centri intergenerazionali, rendendoli accessibili a tutte le donne, gli uomini, i bambini e gli anziani, con un'attenzione particolare all'assistenza alle donne anziane sole;
46. sottolinea che le donne più povere devono essere gli interlocutori principali in fase di elaborazione, attuazione e valutazione delle politiche di pari opportunità; invita pertanto l'Unione a riservare una particolare attenzione alla programmazione e all'attuazione dell'Anno europeo contro la povertà, l'Anno europeo del volontariato e in generale alla strategia UE 2020 sotto tale profilo;
47. evidenzia l'effetto positivo della parità di genere sulla crescita economica; segnala al riguardo che secondo le previsioni di alcuni studi, il PIL aumenterebbe fino al 30% se i tassi di occupazione, di occupazione a orario ridotto e di produttività delle donne fossero simili a quelli degli uomini;
48. invita gli Stati membri ad analizzare gli effetti delle misure anticrisi e delle future strategie di uscita dal punto di vista della parità di genere;
49. invita la Commissione a eliminare i divari nei settori coperti onde assicurare contro le discriminazioni basate sul genere lo stesso livello di tutela giuridica praticato contro le discriminazioni per motivi razziali nonché a potenziare la tutela giuridica e l'accesso alle vie legali per le vittime di discriminazioni multiple;
50. insiste sulla necessità di interventi urgenti di lotta alle discriminazioni retributive, sia tramite la revisione della direttiva vigente, sia con l'elaborazione di piani settoriali articolati in tappe, con traguardi precisi − per esempio formulando l'obiettivo di ridurre il divario retributivo di genere allo 0-5% entro il 2020 − onde eliminare le discriminazioni dirette e indirette, o incentivando la contrattazione collettiva e la formazione di consulenti per la parità e impegnandosi sulla questione della suddivisione iniqua del lavoro non retribuito tra donne e uomini e l'elaborazione di piani per la parità nelle imprese e negli altri posti di lavoro; è del parere che una struttura retributiva trasparente dovrebbe diventare una prassi abituale, nell'ottica del rafforzamento della posizione negoziale delle lavoratrici;
51. accoglie con favore il fatto che l'occupazione femminile nell'UE si avvicini all'obiettivo del 60% entro il 2010, ma è fermamente convinto che occorra ora fissare un obiettivo più ambizioso del 75% entro il 2020;
52. esorta il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri dell'UE ad adottare misure specifiche per migliorare la situazione dei gruppi particolarmente vulnerabili, per esempio uno statuto distinto per le donne migranti esposte alla violenza domestica, un diritto individuale alla pensione e alle altre prestazioni previdenziali per le donne con nessuna o scarsa partecipazione al mercato del lavoro nonché una campagna di sensibilizzazione sulle discriminazioni delle persone transessuali e di miglioramento del loro accesso agli strumenti legali;
53. sottolinea l'importanza della negoziazione e della contrattazione collettiva nella lotta contro le discriminazioni a danno delle donne, segnatamente in materia di accesso all'occupazione, retribuzioni, condizioni di lavoro, avanzamento nella carriera e formazione professionale;
54. invita gli enti pubblici e privati a introdurre nei propri regolamenti interni detti piani per la parità, integrandoli con obiettivi precisi a breve, medio e lungo termine, nonché a procedere su base annuale a valutazioni della realizzazione effettiva degli obiettivi previsti;
55. deplora la bassa rappresentanza delle donne a livello decisionale sia nel mondo imprenditoriale che negli organi decisionali democratici e insiste sulla necessità di misure più ambiziose per promuovere la partecipazione femminile nei consigli di amministrazione delle imprese e negli organi pubblici locali, regionali, nazionali ed europei;
56. chiede maggiori interventi, azioni di sensibilizzazione e controlli nei posti di lavoro al fine di garantire migliori condizioni di lavoro per le donne, riservando attenzione al carico di orario, al rispetto dei diritti alla maternità e alla paternità, alla conciliazione tra vita professionale e familiare, sollecitando una più ampia diffusione del congedo di maternità, l'introduzione di un congedo parentale e di un congedo retribuito di paternità, l'introduzione di un congedo familiare retribuito destinato, tra l'altro, all'assistenza di parenti in stato di dipendenza, misure per combattere gli stereotipi sessisti nella divisione del lavoro e dei compiti di assistenza, e la lotta contro le decisioni che mettono in questione tali diritti;
57. sottolinea, a tale scopo, l'importanza di misurare, certificare e premiare la cosiddetta «responsabilità sociale dell'impresa» in cui sia considerata a pieno titolo, tra gli elementi richiesti, la parità di genere; ritiene che quest'ultima vada realizzata mediante l'adozione di modelli organizzativi flessibili, basati sul lavoro per obiettivi non legato alla presenza, in cui per tutti i lavoratori, indipendentemente dal sesso, sia possibile sviluppare il proprio percorso professionale, retributivo, di carriera, secondo capacità e competenze, tenendo conto delle necessità sociali derivanti dalla cura dei figli e della famiglia, anche con servizi e organizzazione del lavoro «calibrata alla famiglia»;
58. insiste sulla necessità di conciliare la vita personale, familiare e professionale attuando misure destinate in via paritaria a uomini e donne, intese a promuovere la pari divisione dei compiti e tenendo conto del fatto che finora gli uomini si sono dimostrati meno propensi a utilizzare i congedi o gli incentivi parentali;
59. insiste sulla necessità di promuovere iniziative mirate a contribuire allo sviluppo e all'applicazione nelle imprese di azioni positive e politiche di risorse umane intese a promuovere la parità di genere, anche perfezionando metodi di sensibilizzazione e formazione più idonei a favorire la promozione, la divulgazione e l'implementazione delle prassi migliori nelle organizzazioni e nelle imprese;
60. ritiene importante approfondire la questione dell'elaborazione di una metodologia per analizzare le funzioni atta a garantire i diritti in materia di pari retribuzione tra uomini e donne, valorizzare le persone e i profili professionali e nel contempo assegnare al lavoro maggiore dignità in quanto elemento basilare, al fine di aumentare la produttività, la competitività e la qualità delle imprese nonché migliorare la vita dei lavoratori e delle lavoratrici;
61. insiste sulla necessità di migliorare la disponibilità, la qualità e l'accessibilità ai servizi di assistenza all'infanzia e alle persone in stato di dipendenza, provvedendo a che detti servizi siano disponibili e compatibili con gli orari di lavoro a tempo pieno degli uomini e delle donne;
62. segnala che i servizi di assistenza e cura di minori e persone in stato di dipendenza rappresentano un'importante fonte di posti di lavoro per le donne più anziane, il cui tasso di occupazione è a un livello assai basso;
63. ritiene necessario assicurare servizi di assistenza di qualità a prezzi accessibili per almeno il 50% dei bambini di età inferiore a 3 anni, nonché rendere universale la scolarizzazione dei bambini tra i tre anni e l'età della scuola dell'obbligo;
64. sostiene politiche e azioni intese a eliminare la violenza contro le donne in tutti i campi, promuovendo i diritti umani delle donne, combattendo gli stereotipi di genere e tutte le discriminazioni nella società e nella famiglia, comprese quelle nell'istruzione, nella formazione, nei mezzi di informazione e nella vita politica; insiste sul fatto che vanno sviluppate politiche specifiche intese a promuovere la parità di genere, l'emancipazione delle donne e un migliore livello di istruzione individuale − anche mediante campagne di sensibilizzazione − nonché strategie di apprendimento permanente e misure destinate specificamente alle donne;
65. sostiene le conclusioni del Consiglio Occupazione e affari sociali sull'eliminazione della violenza contro le donne ed evidenzia l'importanza dell'impegno assunto dalla Commissione di perseguire una politica più attiva nella prevenzione della violenza contro le donne; chiede alla Commissione di avviare una procedura di consultazione su una direttiva per combattere la violenza contro le donne in cui figureranno, tra gli altri aspetti, gli sforzi che gli Stati membri sono tenuti a compiere per combattere la violenza contro le donne;
66. segnala la necessità di un ampio sondaggio da realizzare in tutti i paesi europei sulla base di una metodologia comune per accertare la dimensione effettiva del problema; sottolinea l'importante lavoro che sarà realizzato in questo campo dall'Osservatorio europeo della violenza di genere, il quale fornirà dati statistici di elevata qualità a sostegno delle misure politiche di lotta contro questo flagello sociale;
67. insiste sulla necessità di attribuire la necessaria attenzione alla situazione delle donne che lavorano con il coniuge nei settori dell'agricoltura, dell'artigianato, del commercio e della pesca nonché nelle piccole imprese a conduzione familiare, in cui la situazione delle donne è più vulnerabile di quella degli uomini, puntando a nuove misure intese a proteggere la maternità, eliminare la discriminazione indiretta, garantire la protezione e la sicurezza sociale nonché gli altri diritti delle donne, compresi quelli delle donne che praticano il lavoro autonomo; segnala al riguardo l'importanza di sviluppare l'istituto giuridico della proprietà condivisa al fine di assicurare che i diritti delle donne nel settore agricolo siano pienamente riconosciuti, che esse dispongano di un'adeguata protezione previdenziale e che il loro lavoro venga riconosciuto;
68. sottolinea l'importanza della lotta contro gli stereotipi in tutti gli ambiti e in tutte le fasi della vita, in quanto essi sono una delle cause più radicate della disparità tra uomini e donne poiché condizionano le scelte a livello di istruzione, formazione e occupazione, la suddivisione dei compiti domestici e familiari, la partecipazione alla vita pubblica e la partecipazione e rappresentazione nelle funzioni decisionali, nonché le scelte a livello professionale;
69. invita le istituzioni europee e gli Stati membri a concentrarsi maggiormente sulla lotta contro la discriminazione multipla, la povertà e l'esclusione sociale e le disuguaglianze sanitarie;
70. ritiene necessario rivedere i regimi fiscali e previdenziali al fine di individualizzare i diritti, garantire pari diritti alla pensione e sopprimere gli incentivi che condizionano negativamente la partecipazione professionale e sociale delle donne, come l'imposizione congiunta e le sovvenzioni per l'assistenza a persone in stato di dipendenza collegate a situazioni di inattività delle donne nel mercato del lavoro;
71. ricorda la sua risoluzione del 10 febbraio 2010 e sottolinea l'importanza di garantire a tutte le donne il controllo dei propri diritti sessuali e riproduttivi;
72. insiste sull'importanza di misure preventive onde tutelare la salute sessuale e riproduttiva delle donne;
73. sottolinea la necessità di rendere accessibili ai transessuali le procedure per cambiare la propria identità sessuale e garantirne il rimborso da parte dei regimi di assicurazione sanitaria pubblici;
74. sottolinea la necessità di riservare particolare attenzione alla situazione delle donne appartenenti a minoranze etniche, comprese le donne migranti, e di introdurre misure appropriate per fornire loro sostegno in materia di parità di genere;
75. ribadisce che la Commissione deve consultare il Parlamento, segnatamente la commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere, in merito all'elaborazione della futura Carta europea dei diritti della donna;
76. ritiene necessario riservare una particolare attenzione allo sviluppo, alla pace e alla solidarietà con le donne di tutto il mondo, soprattutto alle vittime di ingiustizie, discriminazioni, fame, miseria, tratta e ogni tipo di violenza; osserva che la costante consultazione delle organizzazioni femminili e più in generale della società civile, nonché la cooperazione con organizzazioni non governative su questioni politiche con incidenza diretta sulla parità di genere costituiscono altrettante garanzie di un più esteso consenso sociale;
77. insiste sulla necessità di integrare la prospettiva di genere e la lotta contro la violenza di genere nella politica esterna e di cooperazione allo sviluppo dell'Unione europea;
78. sottolinea che la nuova strategia dell'UE in materia di parità di genere e i meccanismi istituzionali di monitoraggio devono essere legati strettamente all'azione globale per i diritti della donna; rileva che ciò implica l'avvio di contatti con la nuova entità delle Nazioni Unite sulla parità di genere e il sostegno a detta entità, la quale dovrebbe riunire attività strategiche e operative, e invita l'UE e provvedere a che a detta nuova entità siano destinate congrue risorse umane e materiali, per consentirle di operare in loco sotto la direzione del segretario generale aggiunto delle Nazioni Unite incaricato della parità di genere;
79. aggiunge che la nuova strategia per la parità di genere nell'UE e i relativi meccanismi istituzionali devono trattare esplicitamente l'identità di genere e la lotta alla discriminazione basata sul cambiamento di genere;
80. insiste sul rispetto delle sue recenti risoluzioni del 10 febbraio 2010 sulla prevenzione della tratta di esseri umani e sulla parità tra donne e uomini nell'Unione europea;
o o o
81. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione, nonché ai governi degli Stati membri.
– vista la propria risoluzione del 29 marzo 2007 sul futuro del calcio professionistico in Europa(1),
– vista la propria risoluzione dell'8 maggio 2008 sul Libro bianco sullo sport(2) presentato dalla Commissione,
– visto il Libro bianco sullo sport (COM(2007)0391),
– visto l'articolo 165 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– vista la sentenza del 26 gennaio 2005 del Tribunale di primo grado delle Comunità europee(3),
– vista l'interrogazione del 10 marzo 2010 alla Commissione sullo sport, in particolare per quanto riguarda gli agenti dei giocatori (O-0032/2010 – B7–0308/2010),
– visti l'articolo 115, paragrafo 5, e l'articolo 110, paragrafo 2, del proprio regolamento,
1. ricorda che il Parlamento, nella sua risoluzione del 29 marzo 2007 sul futuro del calcio professionistico in Europa, invitava la Commissione ad appoggiare gli sforzi degli organi di governo del calcio volti a regolamentare i procuratori dei giocatori, se necessario presentando una proposta di direttiva sugli agenti dei calciatori;
2. valuta positivamente lo studio sugli agenti sportivi nell'Unione europea («Study on sports agents in the European Union») condotto su incarico della Commissione e di cui sono ora disponibili i risultati;
3. è particolarmente preoccupato riguardo ai risultati dello studio concernenti le attività criminali svolte in connessione con lo sport, essendo citati nello studio episodi in cui lo sport subisce l'influenza della criminalità organizzata mediante legami con le attività degli agenti dei giocatori; ritiene che ciò vada a danno dell'immagine dello sport, della sua integrità e in ultima analisi del suo ruolo nella società;
4. prende atto della conclusione cui perviene lo studio secondo la quale gli agenti sportivi hanno un ruolo centrale nei flussi finanziari, che spesso non sono trasparenti e li rendono inclini ad attività illegali; plaude alle iniziative prese da alcuni club e organi di governo per aumentare la trasparenza delle transazioni finanziarie;
5. rileva che lo studio mette in evidenza l'intrinseca opacità dei sistemi dei trasferimenti, specialmente negli sport di squadra, che favoriscono attività illegali in cui sono coinvolti gli agenti, ma anche i club e i giocatori;
6. sottolinea la specifica vulnerabilità dei giocatori più giovani e il rischio che diventino vittime della tratta di esseri umani;
7. sottolinea la specifica responsabilità degli agenti dei giocatori e dei club specialmente nei confronti dei giovani giocatori, ed invita pertanto entrambe le parti ad assumersi tale responsabilità, in particolare per quanto riguarda la formazione scolastica e professionale di questi giovani;
8. sottolinea la conclusione dello studio secondo la quale le regolamentazioni concernenti gli agenti stabilite dalle federazioni sportive sono volte fondamentalmente a controllare l'accesso alla professione e a disciplinarne l'esercizio, ma tali organismi hanno poteri limitati in materia di vigilanza e sanzioni, poiché non dispongono di alcun mezzo di controllo o di azione diretta nei confronti degli agenti sportivi che non sono registrati presso di loro, né hanno il potere di imporre sanzioni civili o penali;
9. concorda con gli organi di governo dello sport e con i soggetti interessati sulla necessità di adottare misure per affrontare i problemi dell'integrità e della credibilità dello sport e dei suoi attori;
10. ritiene che abolire il regime vigente delle licenze FIFA per gli agenti dei giocatori senza istituire un solido sistema alternativo non sarebbe il modo giusto di affrontare i problemi legati agli agenti dei giocatori nel calcio;
11. plaude all'impegno degli organismi di governo nello sport per una maggiore trasparenza e sorveglianza dei flussi finanziari;
12. chiede al Consiglio di intensificare la sua azione di coordinamento nella lotta contro le attività criminali legate alle attività degli agenti, tra cui il riciclaggio di denaro, le partite truccate e la tratta di esseri umani;
13. fa riferimento alla citata sentenza nella causa T-193/02, in cui il Tribunale ha affermato che la regolamentazione delle attività degli agenti di giocatori, la quale disciplina un'attività economica toccando libertà fondamentali, compete in linea di principio alle autorità pubbliche;
14. ricorda che nella stessa sentenza il Tribunale ha riconosciuto che federazioni come la FIFA hanno il diritto di regolamentare la professione degli agenti nella misura in cui l'obiettivo della regolamentazione è la professionalizzazione e la moralizzazione delle loro attività al fine di proteggere i giocatori, e che tale regolamentazione non è anticoncorrenziale; ricorda che non esiste un'organizzazione collettiva degli agenti a livello professionale e che a livello di Stati membri tale professione è soggetta ad una regolamentazione molto limitata;
15. è convinto che, in un contesto di attività transfrontaliere e alla luce della diversità delle regolamentazioni nazionali applicabili agli sport, solo l'impegno congiunto degli organi di governo dello sport e delle autorità pubbliche può dare risultati in materia di efficacia dei controlli e di applicazione effettiva delle sanzioni;
16. osserva che, mentre in alcune discipline le attività degli agenti sono ampiamente regolamentate a livello internazionale e nazionale dagli organi sportivi, pochissimi Stati membri hanno adottato una legislazione specifica sugli agenti sportivi;
17. ritiene che, data la confusione esistente a causa della diversità delle regolamentazioni applicabili alle attività degli agenti sportivi, un'impostazione coerente valida per tutta l'UE sia necessaria per evitare le scappatoie dovute alla scarsa chiarezza della regolamentazione e per assicurare una sorveglianza e un controllo appropriati delle attività degli agenti;
18. rinnova il suo appello per un'iniziativa dell'UE sulle attività degli agenti dei giocatori che abbia i seguenti obiettivi:
–
rigore nelle norme e nei criteri d'esame per l'autorizzazione a svolgere l'attività di agente di giocatori,
–
trasparenza nelle transazioni degli agenti,
–
divieto di remunerazione degli agenti dei giocatori in relazione al trasferimento di minorenni,
–
norme minime armonizzate per i contratti degli agenti,
–
un sistema di controllo e disciplinare efficiente,
–
introduzione di un «regime di concessione delle licenze di agente» e di un registro degli agenti validi per tutta l'UE,
–
cessazione della «doppia rappresentanza»,
–
retribuzione graduale subordinata all'adempimento del contratto;
19. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione.
– visto l'attuale accordo di partenariato e cooperazione (APC) fra le Comunità europee e i loro Stati membri, da un lato, e la Federazione russa, dall'altro(1), e i negoziati avviati nel 2008 su un nuovo accordo UE-Russia,
– visto l'obiettivo condiviso dall'UE e dalla Russia, che figura nella dichiarazione comune rilasciata a seguito dell'XI Vertice UE-Russia, tenutosi a San Pietroburgo il 31 maggio 2003, di istituire uno spazio economico comune, uno spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia, uno spazio comune di cooperazione nel settore della sicurezza esterna e uno spazio comune di ricerca e istruzione, inclusi gli aspetti culturali (i «quattro spazi comuni»),
– viste le sue precedenti relazioni e risoluzioni sulla Russia e sulle relazioni UE-Russia, in particolare la risoluzione del 12 novembre 2009(2), prima del Vertice UE-Russia svoltosi a Stoccolma il 18 novembre 2009, la risoluzione del 17 settembre 2009 sull'uccisione di attivisti per i diritti umani in Russia(3) e la risoluzione del 17 settembre 2009 sugli aspetti esterni della sicurezza energetica(4),
– viste le consultazioni UE-Russia sui diritti umani,
– visti gli accordi firmati e le dichiarazioni comuni rilasciate al Vertice UE-Russia svoltosi a Rostov sul Don il 31 maggio e il 1° giugno 2010,
– visto l'articolo 110, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che l'UE continua a essere impegnata per approfondire e sviluppare ulteriormente le sue relazioni con la Russia, fatto dimostrato dalla volontà dell'Unione di impegnarsi seriamente per negoziare un nuovo accordo quadro per l'ulteriore sviluppo delle relazioni UE-Russia,
B. considerando che l'UE e la Russia, che è membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, condividono una responsabilità nel mantenimento della stabilità mondiale, e che una cooperazione rafforzata e relazioni di buon vicinato tra l'UE e la Russia rivestono particolare importanza per la stabilità, la sicurezza e la prosperità dell'Europa,
C. considerando che la conclusione di un accordo di partenariato strategico tra l'UE e la Federazione russa continua ad essere della massima importanza ai fini di un ulteriore sviluppo e dell'intensificazione della cooperazione tra i due partner,
D. considerando che è importante che l'UE si esprima con una sola voce, dia prova di solidarietà e si mostri unita nelle sue relazioni con la Federazione russa, fondandole su interessi reciproci e valori comuni,
E. considerando che le relazioni economiche e commerciali fra l'UE e la Russia sono prova di una crescente interdipendenza reciproca, il che necessita uno sforzo e un impegno comuni a garanzia di una crescita duratura,
F. considerando che, il qualità di membro del Consiglio d'Europa e dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), la Russia si è impegnata a proteggere e a promuovere i diritti umani, le libertà fondamentali e lo Stato di diritto, come pure a rispettare la sovranità dei suoi vicini europei; che negli ultimi anni le relazioni UE-Russia sono state confrontate a una serie di gravi sfide, in particolare per quanto riguarda le preoccupazioni per la democrazia e i diritti umani in Russia,
G. considerando che l'adesione della Russia all'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) apporterebbe un contributo notevole ad un ulteriore miglioramento delle relazioni economiche tra l'UE e la Russia, subordinato a un impegno vincolante da parte di quest'ultima di rispettare e attuare pienamente gli impegni e gli obblighi dell'OMC, e spianerebbe la strada a un accordo di integrazione economica profonda e di ampia portata tra le due parti, basato su una reciprocità autentica; considerando che la Russia ha instaurato un'unione doganale con il Kazakistan e la Bielorussia il 1° gennaio 2010,
H. considerando che la firma di un nuovo trattato per la riduzione delle armi strategiche (START) tra la Federazione russa e gli USA, in data 8 aprile 2010, e il ravvicinamento sulla questione della non proliferazione e dell'Iran, sul processo di pace in Medio Oriente e su Afghanistan/Pakistan sono prova del migliore clima di dialogo con la Russia su diversi aspetti delle relazioni estere e di sicurezza,
I. considerando che esistono criteri chiari e obiettivi per introdurre un regime di esenzione in materia di visti e che i cittadini europei e russi hanno un legittimo interesse a vedersi concesso il diritto di libera circolazione tanto nei loro paesi quanto attraverso le frontiere,
1. ribadisce la propria convinzione che la Russia continua ad essere uno dei partner più importanti dell'UE per sviluppare una cooperazione a lungo termine e l'impegno a collaborare per risolvere le sfide comuni, mediante un approccio equilibrato e orientato ai risultati, basato sulla democrazia e lo Stato di diritto, condividendo non soltanto gli interessi economici e commerciali, ma anche l'obiettivo di cooperare strettamente a livello globale nonché nel quadro del vicinato comune, in base al diritto internazionale;
2. chiede all'UE e alla Russia di intensificare i negoziati su un nuovo accordo di partenariato e di cooperazione e ribadisce il proprio forte sostegno a un nuovo accordo ampio, di grande portata e giuridicamente vincolante che vada al di là della cooperazione puramente economica e includa altresì, quali componenti integrali, gli ambiti della democrazia, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani e fondamentali; prende atto dell'accordo di partenariato per la modernizzazione che dovrebbe includere sia l'economia che la società. Sostiene la diversificazione dell'economia russa e delle relazioni commerciali tra l'UE e la Russia; invita la Commissione e il governo russo a elaborare più in dettaglio il partenariato per la modernizzazione; evidenzia la necessità di elaborare rapidamente un piano di lavoro concreto in funzione dei risultati sinora raggiunti nel contesto dei quattro spazi comuni tra l'UE e la Russia; sottolinea l'importanza di assicurare il funzionamento efficace del sistema giudiziario e di rafforzare la lotta contro la corruzione;
3. accoglie con favore la firma del protocollo sulla protezione delle informazioni classificate e la dichiarazione comune su Gaza della Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per la politica estera e di sicurezza, Catherine Ashton, e del ministro russo per gli affari esteri, Sergei Lavrov;
4. esprime la propria soddisfazione per il fatto che il primo Vertice UE-Russia tenutosi dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona sia stato condotto in modo costruttivo e siano stati realizzati dei progressi parziali;
5. ribadisce il proprio sostegno all'obiettivo dell'adesione della Russia all'OMC, per far sì che il paese attiri maggiori investimenti esteri e diversifichi la sua economia; ritiene che l'instaurazione, da parte della Russia, dell'unione doganale con la Bielorussia e il Kazakistan potrebbe creare ulteriori ostacoli al processo di adesione della Federazione russa all'OMC; sottolinea che la rinuncia a qualsiasi misura protezionista è un requisito indispensabile per l'adesione all'OMC;
6. accoglie con favore la recente ratifica, da parte della Russia, del protocollo 14 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo e le modifiche legislative volte a diffondere in tutto il paese i processi con una giuria, ma suggerisce che questo formato sia altresì utilizzato nei processi per terrorismo; accoglie altresì con favore la conferma della moratoria sulla pena di morte, ritenendola un ulteriore sviluppo positivo, ed auspica che si tratti di un primo passo verso la concretizzazione dell'intenzione dichiarata della Russia di migliorare il rispetto dei diritti umani; ribadisce il proprio invito alle autorità russe a rispettare tutte le decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo;
7. si compiace del fatto che l'accordo sulla protezione delle informazioni classificate faciliterà la cooperazione nella gestione delle crisi, ma chiede di venire pienamente informato sul contenuto e la portata di tale accordo e domanda una rapida valutazione del grado di reciprocità della sua applicazione; invita il Consiglio ad avvalersi pienamente del comitato speciale PESD IIA, creato nel 2002, a tal fine;
8. invita il Consiglio e la Commissione a raddoppiare gli sforzi per risolvere i problemi relativi ai valichi di frontiera UE-Russia, a impegnarsi in progetti concreti e a utilizzare appieno lo Strumento di vicinato e partenariato e i fondi INTERREG nella cooperazione transfrontaliera nonché ad attuare pienamente l'accordo sul sorvolo della Siberia;
9. si compiace della firma di un accordo fra l'UE e la Russia sulla creazione di un meccanismo di allarme preventivo sulla sicurezza energetica, che copra la notifica, la consultazione e l'applicazione, e invita il Consiglio e la Commissione a continuare a collaborare con le autorità e le compagnie energetiche russe, al fine di evitare il ripetersi dei tagli di rifornimenti verificatisi negli ultimi anni;
10. riafferma che la cooperazione UE-Russia in materia di energia deve basarsi sui principi della Carta dell'energia e del Protocollo di transito, che devono essere incorporati nel nuovo accordo quadro fra l'UE e la Russia per garantire condizioni di investimento reciproche eque e trasparenti, parità di accesso e un mercato regolamentato; esclude l'utilizzo di energia come strumento di politica estera;
11. prende atto con interesse delle discussioni sul cambiamento climatico, su eventuali forme di cooperazione concreta per misure volte a ridurre i gas a effetto serra, sull'efficienza energetica e sullo sviluppo energetico sostenibile; sottolinea la necessità di un consenso su come far progredire il processo negoziale internazionale sul cambiamento climatico in preparazione della conferenza di Cancún (dicembre 2010);
12. sottolinea l'importanza della Missione di sorveglianza dell'UE (EUMM), che ha dimostrato la volontà e la capacità dell'UE di agire con fermezza a favore della pace e della stabilità e ha contribuito a creare le condizioni necessarie per l'attuazione degli accordi del 12 agosto e 8 settembre 2008; ribadisce il suo impegno a favore dell'integrità territoriale della Georgia all'interno delle sue frontiere riconosciute a livello internazionale e invita tutte le parti a onorare pienamente gli impegni assunti; sottolinea che il mandato dell'EUMM si estende all'intero paese e chiede che in Abkhazia e in Ossezia meridionale le sia concesso immediatamente l'accesso senza restrizioni finora negato; ribadisce la sua piena adesione ai colloqui di Ginevra e al proseguimento della copresidenza di questo forum da parte dell'UE, dell'ONU e dell'OSCE; esprime il proprio disappunto nei confronti della decisione annunciata dalla direzione della polizia di frontiera dell'FSB di costruire moderne infrastrutture frontaliere consistenti di barriere fra l'Ossezia meridionale e la Georgia;
13. sottolinea la necessità di coinvolgere la Russia nella strategia dell'UE per il Mar Baltico e di associare rapidamente tale paese per migliorare la sicurezza marittima e per un elevato livello di tutela ambientale nel fragile Mar Baltico;
14. accoglie con favore la firma del nuovo trattato per la riduzione delle armi strategiche (START) tra la Federazione russa e gli USA in data 8 aprile 2010; prende atto con soddisfazione dei progressi raggiunti nei colloqui in corso tra la Federazione russa e gli Stati Uniti in materia di sicurezza, ivi compresa la questione dello scudo di difesa antimissile;
15. ribadisce l'invito a potenziare il dialogo UE-Russia sui diritti umani e ad aprire tale processo ad un effettivo contributo del Parlamento europeo e della Duma di Stato, coinvolgendo le direzioni generali e i ministeri per la giustizia, gli affari interni e gli affari esteri delle due istituzioni, a Bruxelles e a Mosca; invita a coinvolgere maggiormente la società civile, le ONG e le organizzazioni dei diritti umani nei vertici biannuali fra l'UE e la Russia;
16. esorta le autorità russe a non perpetuare nell'impunità generalizzata di cui godono attualmente molti dei responsabili delle violenze a danno dei difensori dei diritti umani e, in particolare, a considerare prioritaria la necessità di porre fine al clima di terrore e anarchia nel Caucaso settentrionale e di proteggere e garantire l'integrità fisica dei difensori dei diritti umani nel rispetto degli strumenti internazionali e regionali in materia di diritti umani;
17. ribadisce l'impegno a favore dell'obiettivo a lungo termine degli spostamenti senza obbligo visto tra l'UE e la Russia, basato su un approccio graduale imperniato su progressi sostanziali e pratici; sottolinea che detto dialogo deve essere in sintonia con il processo di agevolazione dei visti per quanto attiene ai paesi del partenariato orientale;
18. invita il Consiglio e la Commissione a perseguire iniziative comuni con il governo russo volte a rafforzare la sicurezza e la stabilità nel mondo e, in particolare, nella zona di vicinato comune e a conseguire una soluzione pacifica e conforme al diritto internazionale dei conflitti in Moldavia e nel Caucaso Meridionale;
19. prende atto del progetto di trattato sulla sicurezza europea proposto dalla Russia il 29 novembre 2009, ma attira l'attenzione sul fatto che questa nuova proposta non può pregiudicare gli attuali obblighi degli Stati membri dell'UE in materia di sicurezza e invita il Consiglio europeo a elaborare una posizione comune su tale proposta;
20. nota con soddisfazione, in vista del vertice G20 a Toronto, il consenso tra l'UE e la Russia sulla riforma del sistema finanziario, aspettandosi che il vertice discuta su come ridurre i rischi sistemici e si accordi sul principio secondo cui gli istituti finanziari dovrebbero contribuire ai costi di ogni futura crisi finanziaria;
21. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e della Federazione russa.
– viste le sue precedenti risoluzioni su Gaza, in particolare quelle del 15 gennaio 2009 sulla situazione nella Striscia di Gaza(1) e del 18 febbraio 2009 sugli aiuti umanitari alla Striscia di Gaza(2),
– vista la Dichiarazione di Venezia del 1980,
– viste le precedenti dichiarazioni del Quartetto per il Medio Oriente, in particolare quella del 19 marzo 2010, in cui si riaffermano i principi fondamentali enunciati a Trieste il 26 giugno 2009 e dell'11 maggio 2010 sul rilancio dei colloqui indiretti tra israeliani e palestinesi,
– viste le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1860 dell'8 gennaio 2009 (S/RES/1860(2009)) e 1850 del 16 dicembre 2008 (S/RES/1850(2008)),
– vista la dichiarazione dell'Alto rappresentante/Vicepresidente della Commissione, Catherine Ashton, a nome dell'Unione europea, relativa all'operazione militare israeliana contro la flottiglia, rilasciata il 31 maggio 2010,
– vista la dichiarazione del Presidente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (S/9940) del 31 maggio 2010,
– viste le conclusioni del Consiglio sul processo di pace in Medio Oriente dell'8 dicembre 2009,
– vista la dichiarazione di Jerzy Buzek, Presidente del Parlamento europeo, del 31 maggio 2010,
– vista la risoluzione approvata dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite sui gravi attacchi perpetrati dalle forze israeliane contro il convoglio navale umanitario del 2 giugno 2010,
– vista la risoluzione adottata dall'Assemblea generale dell'OMS il 18 maggio 2010,
– vista la relazione del Programma alimentare mondiale e dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO) pubblicata nel novembre 2009 sulla situazione a Gaza,
– visto l'articolo 110, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che l'operazione militare israeliana in acque internazionali, del 31 maggio 2010, contro una flottiglia che trasportava aiuti umanitari destinati a Gaza ha causato la morte di nove civili e il ferimento di 38 civili e di sette soldati israeliani,
B. considerando che i punti di transito da e verso Gaza sono chiusi dal giugno 2007, quando Hamas conquistò militarmente il potere, e che il blocco imposto alla circolazione di beni e persone ha aggravato la povertà, paralizzato la ricostruzione e soffocato l'economia nella Striscia di Gaza, creando un mercato nero sfrenato sotto il controllo di Hamas e di altri gruppi; che il blocco non è sfociato nel rilascio di Gilad Shalit sperato dalle autorità israeliane e richiesto ripetutamente dal Parlamento europeo; che il blocco non ha realizzato il suo obiettivo di indebolire gli estremisti e, dal momento che colpisce in particolare le fasce più vulnerabili della popolazione, ha dato origine a una radicalizzazione crescente,
C. considerando che, secondo precedenti dichiarazioni di organi delle Nazioni Unite, il blocco sulla Striscia di Gaza rappresenta una punizione collettiva contraria al diritto umanitario internazionale,
D. considerando che l'80% della popolazione di Gaza dipende dall'aiuto alimentare, che oltre il 60% soffre di insicurezza alimentare, che il tasso di disoccupazione è di circa il 50% e che le condizioni sanitarie e ambientali si sono gravemente deteriorate,
E. considerando che solo 3 600 camion di aiuti alimentari sono entrati a Gaza nei primi tre mesi di quest'anno, rispetto ai 36 000 nel corso dei primi tre mesi del 2007 e che solo per 81 prodotti è autorizzato l'ingresso a Gaza, mentre l'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e per i rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA) stima che 6 000 prodotti sono necessari per soddisfare i bisogni umanitari di base,
F. considerando che i territori palestinesi sono, fra i paesi terzi, il principale beneficiario di fondi dell'UE e che questo sostegno ha svolto un ruolo importante nel tentativo di contrastare il disastro umanitario nella Striscia di Gaza; che l'UE continua a fornire assistenza umanitaria essenziale nella Striscia di Gaza , anche attraverso l'UNRWA,
G. considerando che la soluzione dei due Stati resta la base fondamentale per una pace duratura fra israeliani e palestinesi e che pertanto andrebbe evitata qualsiasi iniziativa unilaterale che possa pregiudicare tale prospettiva; considerando altresì che i colloqui di prossimità in corso possono portare alla ripresa dei negoziati di pace diretti al fine di costituire uno Stato palestinese sostenibile che viva accanto allo Stato di Israele in condizioni di pace e di sicurezza,
H. considerando che fino ad oggi Hamas continua a impedire l'accesso del carico umanitario della flottiglia a Gaza,
1. esprime il suo cordoglio alle famiglie delle vittime;
2. condanna l'attacco sferrato in acque internazionali contro la flottiglia umanitaria, che costituisce una violazione del diritto internazionale;
3. chiede che sia intrapresa un'indagine internazionale, rapida e imparziale e insiste affinché sia sostenuto il principio di responsabilità; esorta gli Stati membri dell'UE ad adoperarsi per garantire che si effettuino tutti i passi atti a rendere concreta questa domanda;
4. esorta Israele a porre fine in modo immediato al blocco di Gaza, che ha portato a un disastro umanitario e a una radicalizzazione crescente, cosa che a sua volta è diventata fonte di insicurezza per Israele e l'intera regione;
5. chiede la cessazione immediata di tutti gli attacchi contro Israele e avverte quanti li perpetrano che dovranno assumersi pienamente le loro responsabilità;
6. sollecita l'Alto rappresentante dell'Unione/Vicepresidente della Commissione e gli Stati membri dell'UE ad adottare iniziative volte a garantire l'apertura sostenibile di tutti i valichi di frontiera da e per Gaza, compreso il porto di Gaza, con un adeguato monitoraggio internazionale dell'impiego finale, e a consentire il libero afflusso dei beni umanitari e commerciali necessari per la ricostruzione e per un'economia autonoma, nonché il flusso di valuta e la libera circolazione delle persone;
7. esorta l'Alto rappresentante dell'Unione/Vicepresidente della Commissione a prendere immediatamente l'iniziativa presentando un piano dell'UE al Quartetto inteso a porre fine al blocco di Gaza e ad affrontare le preoccupazioni di Israele in materia di sicurezza, garantendo il controllo internazionale dei valichi, ivi compreso il riesame del mandato della missione dell'UE di assistenza alle frontiere (EU–BAM), conferendogli eventualmente una dimensione marittima, nonché la sua riattivazione, e dispiegando una forza navale internazionale incaricata di monitorare la spiaggia di Gaza;
8. ricorda che, sebbene l'UE sia pronta ad estendere il suo pacchetto di aiuti ai palestinesi, questo impegno non è illimitato nel tempo, e insiste sul fatto che, mentre l'aiuto umanitario deve restare incondizionato, l'UE deve svolgere un ruolo politico accompagnato da risultati tangibili in vista della creazione di uno Stato palestinese sostenibile, che siano coerenti con la sua considerevole assistenza finanziaria e influenza economica nella regione;
9. esprime il suo sostegno ai colloqui di prossimità fra Israele e l'Autorità palestinese e sottolinea la necessità di portarli avanti in vista della ripresa dei negoziati diretti;
10. è convinto dell'urgente necessità di una ridefinizione globale della politica dell'UE verso il Medio Oriente, che le consenta di svolgere un ruolo politico decisivo e coerente, sostenuto da efficaci strumenti diplomatici, a favore della pace e della sicurezza in questa regione vicina che riveste per l'UE un interesse strategico fondamentale; ritiene che tale ridefinizione dovrebbe essere estesa a tutte le politiche dell'UE tra cui la politica commerciale e la politica dello sviluppo;
11. si compiace per l'attività dell'UNRWA e, consapevole delle carenze finanziarie cui andrà incontro entro la fine dell'anno, invita la comunità internazionale di donatori a onorare i suoi impegni e ad accrescere ulteriormente i suoi contributi;
12. osserva che i recenti eventi hanno seriamente deteriorato le relazioni tra la Turchia e Israele; incoraggia il governo turco a concentrare il proprio impegno diplomatico e politico per sollevare il popolo palestinese dalle difficili condizioni in cui versa e per contribuire al processo di pace in Medio Oriente;
13. accoglie con favore la recente apertura del valico di Rafah da parte delle autorità egiziane;
14. chiede la liberazione immediata del sergente israeliano Gilad Shalit, rapito da Hamas il 25 giugno 2006 in territorio israeliano, e da allora detenuto in segregazione a Gaza;
15. sollecita il Consiglio a prendere iniziative in vista della convocazione immediata del Consiglio di associazione UE–Israele, al fine di discutere della situazione attuale;
16. esorta il Consiglio a prendere iniziative per convocare il Comitato misto UE–Autorità palestinese;
17. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché al Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Segretario generale delle Nazioni Unite, all'inviato del Quartetto in Medio Oriente, al Segretario generale della Lega araba, al governo di Israele, alla Knesset, al Presidente dell'Autorità palestinese e al Consiglio legislativo palestinese, al governo e al parlamento della Turchia e al governo e al parlamento dell'Egitto.
Risoluzione del Parlamento europeo del 17 giugno 2010 sull'attuazione del regolamento (CE) n. 1236/2005 del Consiglio relativo al commercio di determinate merci che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte, per la tortura o per altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti
– visto il divieto assoluto di tortura e di altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti, divieto che si applica in tutte le circostanze e, quale norma perentoria del diritto internazionale, a tutti gli Stati,
– vista l'articolazione di tale divieto in una serie di strumenti e documenti internazionali e regionali sui diritti dell'uomo, tra cui la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (ICCPR), la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (Convenzione contro la tortura), la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
– vista la sua risoluzione del 3 ottobre 2001(1), in cui esorta la Commissione ad agire rapidamente per la messa a punto di un idoneo strumento comunitario sul divieto della promozione, del commercio e dell'esportazione di attrezzature di polizia e di sicurezza il cui uso sia intrinsecamente crudele, inumano o degradante,
– visto il regolamento (CE) n. 1236/2005 del Consiglio, del 27 giugno 2005, relativo al commercio di determinate merci che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte, per la tortura o per altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti(2), entrato in vigore il 30 luglio 2006,
– visti gli orientamenti per una politica dell'Unione europea nei confronti dei paesi terzi in materia di tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, adottati nel 2001 e riesaminati nel 2008,
– vista la relazione 2008 del Segretariato generale del Consiglio sull'attuazione degli orientamenti dell'Unione in materia di tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti,
– vista l'attività intrapresa in altri paesi a seguito dell'emanazione del regolamento (CE) n. 1236/2005 del Consiglio, in particolare le modifiche alla legge statunitense sul controllo delle esportazioni proposta dal Bureau of Industry and Security nell'agosto 2009, che rispecchiano e, in alcuni casi, si spingono oltre quelle contenute nel regolamento (CE) n. 1236/2005,
– visti il memorandum d'intesa tra il Consiglio d'Europa e l'Unione europea, in cui si invita il Comitato per la prevenzione della tortura (CPT) del Consiglio d'Europa a intensificare la collaborazione con le competenti istituzioni dell'Unione, e la diciassettesima relazione generale sulle attività del Comitato per la prevenzione della tortura, in cui si invita il Consiglio d'Europa a esaminare il ruolo che il CPT può svolgere ai fini dell'applicazione del regolamento (CE) n. 1236/2005 del Consiglio,
– viste le relazioni pubblicate da Amnesty International e dalla Omega Research Foundation nel 2007 e nel 2010, in cui si evidenziano le particolari carenze del regolamento (CE) n. 1236/2005 del Consiglio e si esprime inquietudine per l'insufficiente attuazione del regolamento da parte di alcuni Stati membri dell'Unione europea,
– visto l'articolo 115, paragrafo 5, del suo regolamento,
A. considerando che la Convenzione contro la tortura impone agli Stati obblighi specifici intesi a prevenire la tortura e altri maltrattamenti, a indagarne i casi verificatisi, a consegnare alla giustizia i responsabili e a risarcire le vittime,
B. considerando che, nonostante tali obblighi, le torture o altri maltrattamenti sono ancora perpetrati in tutto il mondo e che per simili pratiche è stata utilizzata una vasta gamma di attrezzature di polizia e di sicurezza,
C. considerando che il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura afferma che il controllo del commercio di tali attrezzature rientra tra gli obblighi che incombono a ciascuno Stato nel quadro della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura,
D. considerando che negli orientamenti per una politica dell'Unione europea nei confronti dei paesi terzi in materia di tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti si afferma che l'Unione europea esorterà i paesi terzi a impedire l'uso, la produzione e il commercio di attrezzature destinate ad essere utilizzate come strumenti di tortura o per infliggere altre punizioni o trattamenti crudeli, disumani o degradanti e prevenire l'abuso di qualsiasi altro strumento a tali fini,
E. considerando che nella relazione 2008 del Segretariato generale del Consiglio sulle azioni dell'Unione a sostegno degli impegni assunti per combattere la tortura e altri maltrattamenti nei paesi terzi si afferma che l'adozione del regolamento sugli strumenti di tortura è il primo esempio di un regolamento UE adottato in linea con gli orientamenti in materia di diritti umani; che il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura si è compiaciuto di questa iniziativa e ha espresso l'opinione che potrebbe servire da modello per una regolamentazione globale concernente questo tema e che ciò comporta per l'Unione europea la necessità di valutare l'attuazione del regolamento,
F. considerando che, anche dopo l'entrata in vigore del predetto regolamento (CE) n. 1236/2005, alcuni Stati membri dell'Unione europea hanno autorizzato l'esportazione di oggetti, tra cui dispositivi per l'immobilizzazione degli arti inferiori, sostanze irritanti e dispositivi di stordimento a scariche elettriche, soggetti a controllo a norma del regolamento, verso paesi con un bilancio negativo in materia di diritti umani,
G. considerando che sono soltanto dodici gli Stati membri ad aver introdotto una normativa sanzionatoria entro il 29 agosto 2006, come previsto all'articolo 17 del regolamento (CE) n. 1236/2005 del Consiglio,
H. considerando che soltanto sette Stati membri hanno elaborato una o più relazioni pubbliche annuali comprendenti informazioni dettagliate sulle rispettive decisioni di autorizzazione, come richiesto dall'articolo 13 del regolamento (CE) n. 1236/2005 del Consiglio,
I. considerando che il regolamento (CE) n. 1236/2005 del Consiglio consente l'importazione negli Stati membri dell'Unione europea di dispositivi di contenzione da indossare che inducono stordimento tramite scariche elettriche, malgrado essi siano sostanzialmente simili, negli effetti, alle cinture stordenti a scariche elettriche la cui importazione all'interno dell'Unione è vietata dallo stesso regolamento, e considerando che, stando alle segnalazioni di Amnesty International, dell'Omega Research Foundation e dell'Inter-Press Service, alcune imprese con sede in Europa avrebbero importato i dispositivi in questione in taluni Stati membri dell'Unione,
J. considerando che l'elenco degli oggetti e delle attrezzature di cui è vietato il commercio ai sensi del regolamento (CE) n. 1236/2005 non include talune attrezzature di polizia e di sicurezza, attualmente oggetto di commercio internazionale, che sono praticamente utilizzabili solo per la tortura o altri maltrattamenti, tra cui manganelli chiodati, taluni dispositivi per la contenzione fissati alle pareti o al pavimento, taluni dispositivi per la contenzione degli arti inferiori, manette serradita, serrapollici, viti schiacciapollici e strumenti di contenzione da indossare che producono stordimento tramite scariche elettriche diversi dalle «cinture stordenti»,
K. considerando che l'elenco degli oggetti e delle attrezzature di cui è vietato il commercio ai sensi del regolamento (CE) n. 1236/2005 non include talune attrezzature di polizia e di sicurezza, attualmente oggetto di commercio internazionale, che possono essere legittimamente utilizzate ai fini dell'applicazione della legge o a scopo penale allorché il loro impiego è disciplinato in conformità degli obblighi internazionali in materia di diritti umani e agli standard di prassi eccellenti di applicazione della legge, ma che sono ampiamente utilizzati in maniera indebita a scopo di tortura o altri maltrattamenti, tra cui manette, manganelli e altri dispositivi portatili d'impatto, dispositivi stordenti a scariche elettriche ad alto voltaggio funzionanti al di sotto di 10 000 volt, nonché componenti e accessori appositamente progettati per attrezzature controllate e vietate,
L. considerando che la prossima riunione del comitato relativo all'instaurazione di un regime comune applicabile alle esportazioni è prevista per il 29 giugno 2010,
1. invita tutti gli Stati membri a informare senza indugio la Commissione europea in merito alle sanzioni applicabili da essi introdotte per la violazione delle disposizioni del regolamento (CE) n. 1236/2005 del Consiglio, in ottemperanza all'obbligo previsto all'articolo 17 di tale regolamento;
2. invita la Commissione e il comitato del regime comune applicabile alle esportazioni a fornire orientamenti e assistenza agli Stati membri al fine di rafforzare tali sanzioni ove risultino insufficienti o non siano state introdotte;
3. rammenta l'obbligo per tutti gli Stati membri, ai sensi dell'articolo 13, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1236/2005 del Consiglio, di elaborare tempestivamente relazioni pubbliche annuali ed esorta la Commissione a inviare una richiesta scritta agli Stati membri che non le hanno fornito tali relazioni, invitandoli a onorare i propri obblighi;
4. esorta gli Stati membri, affinché le loro relazioni annuali forniscano informazioni sufficienti per una vigilanza pubblica incisiva, a includere in tali relazioni almeno i seguenti dati: numero di richieste pervenute, merci interessate e paesi destinatari per ogni richiesta, nonché le decisioni prese in merito a ciascuna di tali richieste, e relazioni di «assenza di attività», se del caso;
5. esorta la Commissione a predisporre un modello standard per le relazioni pubbliche annuali degli Stati membri, onde facilitare l'elaborazione di tali relazioni da parte di tutti gli Stati membri garantendone al contempo la coerenza;
6. esorta la Commissione, assistita dal comitato del regime comune applicabile alle esportazioni (in virtù delle facoltà conferitele dagli articoli 15 e 17 del regolamento), a procedere a una revisione formale dell'attività di attuazione e di autorizzazione degli Stati membri ai sensi del regolamento, che comprenda un'analisi di tutte le relazioni pubbliche annuali elaborate dagli Stati membri, e a pubblicare tale revisione unitamente alle relazioni annuali ricevute da ciascuno Stato membro per ogni anno a decorrere dall'entrata in vigore del regolamento;
7. esorta gli Stati membri a garantire la corretta applicazione delle procedure evidenziate all'articolo 13 del regolamento (CE) n. 1236/2005 del Consiglio per lo scambio di informazioni tra gli Stati membri e la Commissione circa le decisioni di autorizzazione e le misure d'attuazione, mediante il sistema di notifica del rifiuto della licenza di esportazione, già previsto per il rifiuto di autorizzare esportazioni militari nell'ambito del Gruppo «Esportazioni di armi convenzionali» (COARM), oppure mediante altre procedure efficaci;
8. esorta la Commissione a informarlo in merito ai provvedimenti sinora adottati al fine di agevolare l'adempimento degli Stati membri delle disposizioni dell'articolo 13;
9. chiede alla Commissione di trasmettergli e di pubblicare le informazioni ricevute da ciascuno Stato membro per ogni anno a decorrere dall'entrata in vigore del regolamento, con particolare riferimento alle notifiche di respingimento delle richieste di autorizzazione ai sensi dell'articolo 11 del regolamento, alle informazioni dettagliate riguardo alle pertinenti sanzioni adottate da ciascuno Stato membro per la violazione del regolamento e al contenuto integrale delle relazioni pubbliche annuali degli Stati membri;
10. esorta la Commissione e gli Stati membri a provvedere affinché il comitato del regime comune applicabile alle esportazioni si riunisca regolarmente, definisca un chiaro calendario per la revisione formale del regolamento e istituisca una procedura per il tempestivo svolgimento di indagini sulle eventuali violazioni del regolamento;
11. invita tutti gli Stati membri, onde contribuire alla prevenzione della tortura e di altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti, a monitorare l'assistenza tecnica fornita a paesi terzi al fine di evitarne qualsiasi utilizzo indebito finalizzato alla produzione di merci che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte, per la tortura o per altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti;
12. condanna fermamente qualsiasi tentativo, da parte di Stati membri o di società all'interno dell'Unione europea, di importare cinture stordenti a scariche elettriche, la cui importazione è vietata dal regolamento (CE) n. 1236/2005 del Consiglio, o altri dispositivi di contenzione da indossare che inducono stordimento tramite scariche elettriche, e che, pur essendo autorizzati, producono effetti sostanzialmente analoghi, ed esorta la Commissione a condurre quanto prima un'indagine volta a stabilire se e quando cinture stordenti a scariche elettriche o loro componenti, altri dispositivi di contenzione da indossare che producono scariche elettriche, assistenza tecnica o formazione siano stati trasferiti a un qualsiasi Stato membro precedentemente all'introduzione del regolamento in oggetto o successivamente ad essa, nonché a determinare se tali dispositivi siano stati utilizzati da autorità carcerarie o preposte all'applicazione della legge in tali paesi, e a comunicarne le risultanze al Parlamento;
13. invita la Commissione a rivedere e aggiornare l'elenco delle merci vietate di cui all'allegato II del regolamento (CE) n. 1236/2005 del Consiglio, in modo da includervi manganelli chiodati, dispositivi per la contenzione fissati alle pareti o al pavimento, ceppi, catene, manette serrapollici e serradita, viti schiacciapollici, manette elettriche e altri strumenti di contenzione da indossare che producono stordimento tramite scariche elettriche;
14. invita la Commissione a rivedere e aggiornare l'elenco delle merci vietate di cui all'allegato III del regolamento (CE) n. 1236/2005 del Consiglio, in modo da includervi manette, manganelli e altri dispositivi portatili d'impatto, come pure i dispositivi portatili per la somministrazione di scariche elettriche inferiori a 10 000 volt;
15. invita altresì la Commissione a stabilire una procedura specifica per la revisione sistematica degli elenchi di merci di cui agli allegati II e III, secondo quanto disposto dal considerando 23 del regolamento (CE) n. 1236/2005 del Consiglio;
16. esorta la Commissione a presentare una proposta volta a integrare quanto prima nel regolamento una clausola relativa all'«uso finale a scopo di tortura», che consentirebbe agli Stati membri, sulla base di informazioni precedenti, di autorizzare e quindi rifiutare l'esportazione di merci che comportano il rischio sostanziale di essere utilizzate per la pena di morte, la tortura o altri maltrattamenti da parte degli utilizzatori finali cui sono destinate;
17. esorta la Commissione a presentare una proposta volta a integrare quanto prima nel regolamento un divieto sull'intermediazione di operazioni, da parte di persone fisiche o giuridiche di qualsiasi provenienza nell'ambito dell'Unione europea, che comporti operazioni internazionali finalizzate a finanziare il commercio di strumenti di tortura, comprese vendite ed esportazioni, e di merci praticamente utilizzabili solo per la pena di morte, per la tortura o per altri maltrattamenti, come risulta dall'allegato II del regolamento; ritiene che la proposta dovrebbe inoltre prevedere per gli Stati membri l'obbligo di approntare efficaci sistemi di controllo dell'intermediazione di operazioni che implicano il trasferimento delle merci di cui all'allegato III del regolamento;
18. esorta la Commissione a presentare una proposta volta a integrare quanto prima nel regolamento l'obbligo per gli importatori di ottenere un'autorizzazione all'importazione nell'Unione europea delle merci di cui all'allegato III del regolamento, nonché l'obbligo per gli Stati membri di rifiutare l'autorizzazione di siffatte importazioni qualora vi sia motivo ragionevole di ritenere che le merci in questione possano essere destinate alla tortura o ad altri maltrattamenti all'interno dell'Unione europea o, previa ulteriore vendita, al di fuori di essa;
19. esorta la Commissione a esaminare modalità per abolire l'esenzione dall'obbligo di autorizzazione per l'importazione o l'esportazione delle merci di cui all'allegato III in transito attraverso l'Unione europea;
20. rammenta l'aggiornamento 2008 degli Orientamenti per una politica dell'Unione europea nei confronti dei paesi terzi in materia di tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti e invita il Consiglio e la Commissione, in conformità di tali orientamenti, a promuovere, in occasione di incontri con paesi terzi, il regolamento (CE) n. 1236/2005 del Consiglio quale esempio di prassi eccellente, come pure a incoraggiare i paesi terzi che esportano attrezzature la cui importazione è vietata dal regolamento in questione a sensibilizzare i loro commercianti ai divieti che esso prevede;
21. esorta la Commissione e gli Stati membri a promuovere controlli a livello internazionale sul commercio internazionale di attrezzature che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte, la tortura e altri maltrattamenti, e in particolare ad adoperarsi per estendere l'invito annuale dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite a prevenire e vietare la produzione, il commercio, l'esportazione e l'utilizzo di attrezzature specificamente concepite per infliggere torture, in modo da invitare tutti gli Stati a regolamentare la produzione, il commercio, l'esportazione e l'utilizzo di attrezzature che, pur non essendo specificatamente concepite a tali scopi, sono ampiamente utilizzate in maniera indebita allo scopo di infliggere torture o altri maltrattamenti;
22. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione e ai governi degli Stati membri.
– viste le sue precedenti risoluzioni sulle questioni relative alla penisola coreana,
– vista la decisione 2009/1002/PESC del Consiglio del 22 dicembre 2009,
– vista la dichiarazione, del 20 maggio 2010, dell'Alto rappresentante/Vice presidente Catherine Ashton in merito alla pubblicazione del rapporto sull'affondamento della nave sudcoreana Cheonan,
– visto il rapporto intitolato «Risultati dell'inchiesta sull'affondamento del Cheonan sudcoreano»,
– viste la risoluzione 1718 del 2006 e la risoluzione 1874 del 2009 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite,
– visto l'articolo 110, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che le tensioni nella penisola coreana sono drammaticamente aumentate dopo l'affondamento del Cheonan il 26 marzo 2010, con la tragica perdita di 46 vite umane,
B. considerando che il 15 maggio 2010 sul fondale marino sono state rinvenute parti di un siluro CHT-02D,
C. considerando che l'Alto rappresentante/Vicepresidente Catherine Ashton ha condannato l'affondamento del Cheonan come azione odiosa e profondamente irresponsabile,
D. considerando che l'indagine condotta da un gruppo d'inchiesta internazionale civile e militare mediante un processo di indagine e di verifica realizzato sulla base di un approccio scientifico oggettivo ha mostrato prove chiare e inconfutabili del fatto che il Cheonan è affondato a seguito di un'esplosione sottomarina esterna provocata da un siluro fabbricato nella Repubblica democratica popolare di Corea (RDPC), così come concluso dalla valutazione indipendente eseguita dalla commissione di vigilanza delle nazioni neutrali,
E. considerando che tutti i sottomarini di altri paesi vicini si trovavano nelle rispettive basi o nelle loro vicinanze al momento dell'incidente,
F. considerando che il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon ha definito le conclusioni del rapporto «estremamente preoccupanti»,
G. considerando che il governo della Repubblica di Corea ha chiesto pubbliche scuse e la promessa che non si verificheranno nuove provocazioni da parte delle autorità della RDPC,
H. considerando che il governo della Repubblica democratica popolare di Corea ha negato di essere in alcun modo coinvolto nell'affondamento del Cheonan, accusando la Repubblica di Corea di aver «montato» il caso, e ha minacciato guerra aperta nel caso in cui quest'ultima imponga ulteriori sanzioni,
I. considerando che le forze armate della Repubblica democratica popolare di Corea hanno proseguito le loro azioni militari provocatorie e irresponsabili, come l'uccisione, il 4 giugno 2010, di tre cittadini cinesi al confine tra la RDPC e la Repubblica popolare cinese,
J. considerando che, a seguito dell'incidente, la Repubblica di Corea ha annunciato la sospensione di tutte le relazioni con la Repubblica democratica popolare di Corea, ad eccezione degli aiuti umanitari e delle operazioni legate al complesso industriale di Kaesŏng,
K. considerando che il governo della Repubblica di Corea ha dichiarato che non riprenderà i colloqui a sei fino a quando non saranno state adottate misure appropriate nei confronti della Repubblica democratica popolare di Corea,
L. considerando che l'Unione europea sostiene vivamente la denuclearizzazione della penisola coreana e ritiene che la ripresa dei colloqui a sei sia essenziale per la pace e la stabilità nella regione,
M. considerando che i governi della Repubblica popolare cinese e della Federazione russa non hanno ancora assunto una posizione chiara rispetto al rapporto finale e alle conclusioni del gruppo d'inchiesta congiunto,
N. considerando che la Repubblica di Corea ha ufficialmente deferito la questione affinché sia discussa in seno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, mentre la Repubblica democratica popolare di Corea, in una lettera indirizzata al Presidente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ha declinato ogni responsabilità per l'attacco e ha sollecitato il Consiglio di sicurezza ad aiutarla a condurre una propria indagine,
1. deplora profondamente la tragica perdita di vite umane a bordo della corvetta sudcoreana Cheonan ed esprime la sua vicinanza al governo della Repubblica di Corea, alle famiglie delle vittime e ai cittadini coreani in uno spirito di solidarietà e amicizia;
2. si associa alla condanna dell'attacco espressa dall'Alto rappresentante/Vice presidente e manifesta il suo apprezzamento per la moderazione di cui ha dato prova la Repubblica di Corea;
3. prende atto delle conclusioni del rapporto finale del gruppo d'inchiesta congiunto, secondo cui l'affondamento della nave è stato causato da un siluro nordcoreano, e condanna fermamente tale affondamento quale atto di provocazione ai danni della pace e della stabilità nella penisola coreana;
4. esprime delusione per il fatto che i governi della Repubblica popolare cinese e della Federazione russa non hanno ancora assunto una posizione chiara rispetto alle conclusioni del rapporto finale del gruppo d'inchiesta congiunto;
5. invita entrambe le parti a dar prova di moderazione, a impiegare ogni mezzo possibile per migliorare le relazioni intercoreane e a intensificare gli sforzi volti a promuovere una pace e una sicurezza durature nella penisola coreana;
6. invita i governi della Repubblica popolare cinese e della Federazione russa, in quanto membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, a esaminare attentamente il rapporto finale e le conclusioni del gruppo d'inchiesta congiunto;
7. invita la Repubblica popolare cinese – membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e principale partner commerciale della RDPC – ad esercitare tutta la sua influenza positiva sulla Repubblica democratica popolare di Corea e ad adoperarsi per evitare un'ulteriore intensificazione del conflitto;
8. manifesta il suo appoggio al deferimento della questione al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite da parte del governo della Repubblica di Corea;
9. invita i paesi che partecipano ai colloqui a sei a continuare a lavorare insieme per assicurare la ripresa dei colloqui intesi a porre fine al programma nucleare della Repubblica democratica popolare di Corea;
10. invita la Commissione a mantenere gli attuali programmi di aiuto umanitario e a tenere aperti i canali di comunicazione con la Repubblica democratica popolare di Corea, dal momento che tali programmi di aiuto incidono direttamente sulle condizioni di vita della popolazione del paese;
11. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Presidente della Commissione, al Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Presidente del Consiglio, ai governi e parlamenti degli Stati membri e dei paesi candidati all'adesione, al Segretario generale delle Nazioni Unite nonché ai governi della Repubblica di Corea e della Repubblica democratica popolare di Corea.
Bosnia-Erzegovina
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Risoluzione del Parlamento europeo del 17 giugno 2010 sulla situazione in Bosnia-Erzegovina
– visto l'accordo di stabilizzazione e di associazione (ASA) tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Bosnia-Erzegovina, dall'altra, firmato il 16 giugno 2008,
– visto il regolamento (CE) n. 1244/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, riguardante la liberalizzazione dei visti(1),
– viste le conclusioni del Consiglio del 16 giugno 2003 sui Balcani occidentali e quelle del 30 novembre 2009 sulla Bosnia-Erzegovina,
– viste le conclusioni del Consiglio «Affari generali e relazioni esterne» del 16 giugno 2003 sui Balcani occidentali e l'allegato dal titolo «Agenda di Salonicco per i Balcani occidentali: verso l'integrazione europea», che è stato approvato dal Consiglio europeo di Salonicco del 19 e 20 giugno 2003,
– vista la decisione del 22 dicembre 2009 adottata dalla Grande camera della Corte europea dei diritti dell'uomo nella causa «Sejdic e Finci contro Bosnia-Erzegovina» (domande nn. 27996/06 e 34836/06),
– vista la sua risoluzione del 24 aprile 2009 sulla situazione in Bosnia-Erzegovina(2),
– vista la sua risoluzione del 15 gennaio 2009 su Srebrenica(3),
– visto l'articolo 110, paragrafo 2, del proprio regolamento,
A. considerando che l'UE ha ripetutamente ribadito il suo impegno a favore dell'adesione dei paesi dei Balcani occidentali, compresa la Bosnia-Erzegovina, all'Unione; considerando tuttavia che la responsabilità primaria dell'adesione ricade sui paesi in questione ed è legata alla loro capacità e determinazione a soddisfare i criteri di Copenaghen,
B. considerando che la Bosnia-Erzegovina sta attraversando un lungo periodo di stagnazione in ambito politico, economico e sociale, contrassegnato da una diffusa e persistente paralisi, dal deterioramento delle relazioni interetniche causato dalla retorica politica e dall'incapacità della sua élite politica di giungere a compromessi e a una visione comune condivisa dei pressanti problemi politici, economici e sociali del paese,
C. considerando che la retorica nazionalistica e secessionista, sempre più stridente, è in forte contrasto con i valori europei fondamentali, con lo sviluppo sociale ed economico, va a scapito dell'interesse generale del paese, ostacola la riconciliazione interetnica e intralcia le ambizioni del paese di adesione all'Unione europea; considerando che la Bosnia-Erzegovina rischia di restare ancora più indietro rispetto agli altri paesi dei Balcani occidentali, lasciandosi sfuggire le opportunità dell'integrazione europea,
D. considerando che gli accordi di Dayton, pur essendo stati necessari per fermare il massacro, non sono riusciti a creare uno Stato della Bosnia-Erzegovina autosufficiente e funzionante; considerando che la frammentazione del processo decisionale fra lo Stato e le Entità che tali accordi hanno creato e il sovrapporsi delle competenze e la mancanza di armonizzazione legislativa fra i diversi livelli di governo continuano a rappresentare il principale ostacolo per un'efficace azione di governo, intralciando anche la capacità del paese di realizzare rapidi progressi nelle riforme in vista dell'adesione all'Unione europea,
E. considerando che la riforma costituzionale rimane la riforma essenziale per trasformare la Bosnia-Erzegovina in uno Stato effettivo e pienamente funzionante; considerando che la complessa struttura dell'apparato giudiziario, la mancanza di un bilancio unico, l'assenza di una Corte suprema della Bosnia-Erzegovina che possa promuovere l'armonizzazione fra le quattro giurisdizioni interne, l'ingerenza della politica nel sistema giudiziario e le continue contestazioni della giurisdizione e delle competenze degli organi giudiziari dello Stato da parte del governo della Republika Srpska (RS) minano il funzionamento dell'apparato giudiziario e ostacolano gli sforzi di riforma; considerando che le strutture delle Entità – quali ereditate in virtù di decisioni internazionali – dovrebbero essere modificate in modo da diventare più efficienti e coerenti con il quadro istituzionale dello Stato,
F. considerando che il futuro europeo di tutti i cittadini del paese è nell'Unione europea; considerando che la prospettiva dell'adesione all'Unione europea costituisce uno dei maggiori fattori di unificazione per i cittadini della Bosnia-Erzegovina; considerando che la Bosnia-Erzegovina ha la possibilità di diventare membro dell'UE solo come paese singolo e che ogni tentativo di minare e indebolire le istituzioni dello Stato e di tenere la società in ostaggio di politiche nazionalistiche e secessioniste irresponsabili impedirà ai cittadini di ottenere i benefici dell'integrazione europea; considerando che la Bosnia-Erzegovina ha realizzato progressi limitati per quanto riguarda le riforme connesse ai processi di integrazione nell'Unione europea; considerando che le «agende» etniche e a livello di Entità predominanti nel paese possono ostacolare il soddisfacimento dei requisiti richiesti per l'adesione all'UE e alla NATO,
G. considerando che il Consiglio e la Commissione devono dimostrare maggiore capacità di fungere da guida e da forza propulsiva per l'avvio e l'attuazione di ulteriori riforme,
H. considerando che una chiusura prematura dell'Ufficio dell'Alto Rappresentante (OHR), basata sul legittimo desiderio di accrescere l'autonomia del processo politico locale, potrebbe ripercuotersi sulla stabilità del paese e sul ritmo e l'esito delle indispensabili riforme; considerando che la transizione dall'OHR a un Rappresentante speciale dell'UE con poteri rafforzati rimane una tappa indispensabile per ottenere lo status di paese candidato,
I. considerando che la Bosnia-Erzegovina merita apprezzamento per essere diventata membro non permanente del Consiglio di sicurezza ONU per il periodo 2010-2011, il che dimostra la sua capacità di assumere un ruolo pieno e responsabile negli affari internazionali,
J. considerando che coloro che in Bosnia-Erzegovina ricoprono posizioni di responsabilità politica non hanno adeguatamente garantito giustizia e riparazione a migliaia di donne e ragazze vittime di stupri durante la guerra del 1992-95, poiché rimane straordinariamente basso il numero dei casi di violenze sessuali nell'ambito dei crimini di guerra per i quali si è aperto un procedimento giudiziario, e che spesso le vittime non sono state trattate con dignità e rispetto o non hanno ricevuto sufficiente protezione e sostegno psicologico e materiale per ricostruire la propria vita,
K. considerando che l'11 luglio 2010 ricorrerà il 15° anniversario del genocidio di Srebrenica-Potočari,
L. considerando che l'allegato VII dell'accordo di pace di Dayton non è ancora stato pienamente attuato; considerando che sono tuttora necessarie soluzioni eque, globali e durature per una parte dei 115 000 sfollati interni, per i rifugiati e per altre persone interessate dal conflitto e che è altresì necessario compiere progressi per migliorare l'integrazione socioeconomica delle persone che sono rientrate; considerando che, secondo il Comitato internazionale della Croce Rossa, vi sono tuttora 10 000 persone, scomparse dopo la fine del conflitto, il cui destino rimane ignoto,
M. considerando che, il 27 maggio 2010 la Commissione ha presentato una proposta legislativa sulla liberalizzazione dei visti per la Bosnia-Erzegovina (COM(2010)0256), che apre formalmente la strada ad un eventuale liberalizzazione nel 2010,
N. considerando che Francia, Italia e Lussemburgo non hanno ancora ratificato l'ASA, il che ritarda il processo di integrazione europea del paese,
O. considerando che le forti divisioni etniche che permangono nel paese dovrebbero essere superate rendendo il sistema scolastico più integrato, non segregazionista e moderno,
P. considerando che l'assenza di autentici sforzi da parte delle autorità della Bosnia-Erzegovina per affrontare efficacemente la corruzione nel paese costituisce un serio ostacolo per lo sviluppo economico, sociale e politico del paese,
Q. considerando che la tratta di esseri umani costituisce un grave reato e una palese violazione dei diritti umani; considerando che la Bosnia-Erzegovina è un paese d'origine e, in minor misura, di transito e di destinazione della tratta di esseri umani, in particolare di donne e ragazze,
R. considerando che le costituzioni dello Stato e delle Entità garantiscono la parità di trattamento di tutti gli individui; considerando che i Rom continuano ad affrontare discriminazioni e condizioni di vita estremamente difficili; considerando che la discriminazione e l'esclusione sociale basate sull'identità di genere e sull'orientamento sessuale sono diffuse; considerando che continuano le aggressioni fisiche, i maltrattamenti e gli atti intimidatori nei confronti di tali categorie di persone,
S. considerando che il tasso di disoccupazione rimane estremamente elevato ed è cresciuto a causa della crisi economica; considerando che l'assenza di prospettive di occupazione, specialmente tra i giovani, ostacola il progresso del paese e contribuisce ad alimentare tensioni politiche; considerando che la prosperità economica costituisce un fattore cruciale per l'ulteriore sviluppo del paese e la riconciliazione in Bosnia-Erzegovina,
La prospettiva europea
1. esprime la propria insoddisfazione per i limitati progressi compiuti dalla Bosnia-Erzegovina come potenziale paese candidato nel suo percorso verso la stabilizzazione e lo sviluppo, nonché quale potenziale paese candidato all'adesione all'Unione europea; rileva con crescente preoccupazione l'instabilità del clima politico e la mancanza di una visione comune condivisa da tutte le forze politiche, e condanna fermamente il ricorso a linguaggi incendiari, che mina il processo di riconciliazione interetnica e il funzionamento delle strutture dello Stato; ritiene che l'affermazione dei dirigenti della Republika Srpska relativa a un referendum su una «separazione pacifica» costituisca una provocazione e una minaccia alla stabilità, alla sovranità e all'integrità territoriale della Bosnia-Erzegovina;
2. chiede con insistenza di porre fine alla retorica nazionalistica e secessionista che produce divisioni e contrapposizioni nella società e pregiudica le basi dell'accordo di Dayton ed esorta a impegnarsi seriamente per il raggiungimento di accordi duraturi che consentano di dare vita a uno Stato funzionante, a preparare le istituzioni della Bosnia-Erzegovina per l'integrazione nell'Unione europea e a migliorare la situazione generale del paese;
3. ricorda che aderire all'Unione europea significa accettare i valori e le regole su cui l'Unione è fondata, e cioè il rispetto dei diritti umani, compresi quelli delle persone appartenenti a minoranze nazionali, la solidarietà, la tolleranza, la democrazia e lo stato di diritto, in cui rientra il rispetto dell'indipendenza della magistratura;
4. invita il Vicepresidente/alto rappresentante e il Commissario all'allargamento e alla politica europea di vicinato a sfruttare pienamente l'influenza dell'Unione europea sui politici della Bosnia-Erzegovina, affinché si adoperino in modo più concertato per soddisfare i requisiti del partenariato europeo e per adempiere a tutti gli obblighi derivanti dall'ASA; ricorda a tutti i soggetti politici che questi due documenti rappresentano il percorso dettagliato per l'integrazione nell'UE e che è loro responsabilità nei confronti dei cittadini raggiungere compromessi e accordarsi sulle riforme; esorta il Vicepresidente/alto rappresentante e la Commissione a servirsi della condizionalità dell'Unione europea con maggior coerenza e in modo più orientato ai risultati, al fine di rispondere alle esigenze reali delle popolazioni della Bosnia-Erzegovina;
5. esprime forte sostegno all'OHR e sottolinea che la transizione potrà essere completata solo quando i cinque obiettivi e le due condizioni saranno stati pienamente soddisfatti dalle autorità della Bosnia-Erzegovina; esorta le autorità della Republika Srpska ad adempiere al restante obbligo (la legge della Republika Srpska sull'elettricità) per consentire al supervisore di Brčko di raccomandare la cessazione del regime di supervisione nell'omonimo distretto;
6. esorta il governo della Republika Srpska a continuare a partecipare attivamente ai negoziati sulla ripartizione dei beni dello Stato elencati dall'OHR e le invita a non adottare provvedimenti legislativi sui beni di proprietà pubblica nella Republika Srpska, poiché ciò rappresenterebbe una grave violazione della decisione dell'Alto Rappresentante di vietare la vendita di beni pubblici e ritarderebbe pertanto la chiusura dell'OHR;
7. si compiace dell'adozione della modifica costituzionale che riconosce al distretto di Brčko lo statuto di unità amministrativa locale autonoma, realizzando così un altro obiettivo fissato dal Consiglio per l'attuazione della pace in vista della futura chiusura dell'Ufficio dell'Alto Rappresentante;
8. invita le due Entità e tutte le forze politiche, in particolare, il governo della RS, a rispettare l'accordo di pace di Dayton nella sua interezza e a non contestare le azioni intraprese sulla base di detto accordo e delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite; considera l'Alto Rappresentante la massima autorità per quanto riguarda l'interpretazione dell'attuazione degli aspetti civili dell'accordo di pace; invita tutti gli attori politici a trattare con il dovuto rispetto l'Alto rappresentante e tutto il personale internazionale nel paese e ad astenersi da attacchi personali;
9. prende atto con soddisfazione del contributo sostanziale della missione di polizia dell'Unione europea (EUPM) e dell'operazione Althea dell'EUFOR alla stabilità e alla sicurezza della Bosnia-Erzegovina e plaude alla decisione del Consiglio di fornire un sostegno non esecutivo allo sviluppo di capacità e alla formazione; valuta positivamente la proroga del mandato dell'EUFOR conformemente alla risoluzione 1895 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite; si compiace del fatto che la NATO abbia invitato la Bosnia-Erzegovina ad associarsi al piano d'azione ai fini dell'adesione;
10. rileva la serie di risultati ottenuti dalla EUPM nel contribuire alla lotta contro la criminalità organizzata e la corruzione da parte delle forze dell'ordine e della magistratura della Bosnia-Erzegovina; si compiace della proroga della missione per altri due anni, con un mandato ridefinito, e del lavoro svolto dalla Commissione per elaborare un progetto che farà seguito all'EUPM nel quadro dello strumento di assistenza preadesione del 2010;
11. invita l'Unione europea e i suoi Stati membri a reagire all'indifferenza di ampi segmenti degli ambienti politici, dando vita a una partnership privilegiata con la società civile, con i media indipendenti e con il mondo imprenditoriale, e offrendo loro sostegno, nonché ad avviare progetti intesi a stimolare una partecipazione politica attiva, soprattutto dei giovani bosniaci;
12. sottolinea che la libertà e l'indipendenza dei media, pubblici come privati, costituiscono requisiti democratici fondamentali; invita le autorità della Bosnia-Erzegovina a rafforzare i media indipendenti e liberi da interferenze politiche e a consentire loro di svolgere liberamente la propria attività informativa in ogni parte del paese, garantendo l'accesso all'informazione; condanna severamente gli attacchi ai giornalisti e invita le autorità competenti ad adottare misure adeguate per evitare il ripetersi di tali attacchi in futuro; invita i media, compresi i servizi pubblici di radiodiffusione, a non tollerare in alcun modo l'incitamento all'odio; sottolinea la necessità di indipendenza politica delle autorità di regolamentazione nel settore delle comunicazioni; esorta il Consiglio dei ministri a nominare con urgenza un direttore permanente dell'autorità delle comunicazioni;
Riforma costituzionale e riforma dell'ordinamento giudiziario
13. ribadisce la propria posizione in merito ai requisiti da soddisfare attraverso la riforma costituzionale:
a)
lo Stato dovrebbe avere sufficienti poteri legislativi, di bilancio, esecutivi e giudiziari per essere in grado di soddisfare i criteri di preadesione all'Unione europea, per creare e mantenere uno spazio economico unico funzionale, per promuovere la coesione economica, ambientale e sociale e per rappresentare e difendere gli interessi del paese all'estero; la tutela degli interessi nazionali fondamentali all'interno della Bosnia-Erzegovina deve essere compatibile con la capacità di agire del paese;
b)
il numero di livelli amministrativi coinvolti nella gestione del paese dovrebbe essere proporzionale alle risorse finanziarie della Bosnia-Erzegovina e basato su un'attribuzione delle responsabilità efficiente, coerente ed efficace;
c)
tutti i cittadini devono godere degli stessi diritti senza alcuna discriminazione, nel pieno rispetto della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU) e dell'articolo 2 dell'ASA, che esige il rispetto dei principi democratici e dei diritti umani;
d)
ritiene che vada prestata una particolare attenzione ai diritti delle minoranze e dei gruppi vulnerabili, i quali vanno protetti da discriminazioni e atti di violenza diretti o indiretti; incoraggia la Bosnia-Erzegovina a realizzare programmi di istruzione pubblica nel settore dei diritti umani con cui promuovere i valori della tolleranza, del pluralismo e della diversità;
14. ricorda che il rafforzamento dello Stato centrale non implica un indebolimento delle Entità, bensì la creazione delle condizioni basate sul principio di sussidiarietà per un'amministrazione efficiente, in grado di attuare gli sforzi nazionali di riforma, di instaurare efficienti relazioni internazionale e, in tal modo, di preparare l'intero paese all'adesione all'Unione europea;
15. invita le autorità della Bosnia-Erzegovina, nell'ambito della riforma generale della Costituzione, a modificare quanto prima le pertinenti norme costituzionali e rispettive disposizioni della legge elettorale del paese, onde conformarsi alla sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo nella causa Sejdić-Finci, in cui si enuncia chiaramente che la costituzione della Bosnia-Erzegovina è discriminatoria a danno delle persone indicate con il termine «altri»; rileva che l'adozione di tali riforme rappresenta un passo fondamentale verso una società multietnica funzionante;
16. incoraggia i cittadini della Bosnia-Erzegovina a partecipare alle prossime elezioni politiche previste per ottobre 2010; ritiene che tali elezioni decideranno anche il ritmo con cui la Bosnia-Erzegovina si avvicina all'Unione europea e che chi scegli di non recarsi alle urne permette di fatto ad altri di determinare il proprio futuro; rileva la necessità di compiere ogni sforzo possibile per far sì che le prossime elezioni si svolgano nel pieno rispetto delle norme europee e che la campagna elettorale sia pacifica e democratica;
17. ricorda la necessità di istituire una Corte suprema a livello statuale e di inserirla saldamente nel quadro costituzionale, in modo che agisca da fattore unificante per l'ordinamento giuridico del paese e provveda alla graduale armonizzazione dei quattro diversi sistemi giuridici esistenti;
18. invita tutti gli attori politici a dare attuazione legislativa alle 69 attività previste dal piano d'azione a sostegno della Strategia per la riforma del settore della giustizia;
Lotta ai crimini di guerra, alla criminalità organizzata e alla corruzione
19. si compiace del fatto che la cooperazione con il Tribunale penale internazionale per l'ex Iugoslavia (ICTY) si confermi a un livello soddisfacente e che la cooperazione tra il Tribunale e le autorità dello Stato e delle Entità sia stata adeguata; sottolinea la necessità di continuare a onorare i propri obblighi, agevolare l'arresto di tutti gli imputati del Tribunale penale internazionale per la ex Iugoslavia e smantellare le loro reti di sostegno; insiste sulla necessità di una cooperazione più efficace tra le autorità di polizia della Serbia, della Bosnia e dell'Erzegovina allo scopo di localizzare e arrestare Ratko Mladić e Goran Hadžić; sollecita tuttavia le autorità della Bosnia-Erzegovina ad accelerare l'attuazione della strategia nazionale per i crimini di guerra e a cominciare ad affrontare l'arretrato di circa diecimila procedimenti per crimini di guerra in tutto il paese, nonché a definire in modo specifico le risorse materiali e tecniche necessarie per processare tutti i responsabili, compresi coloro che hanno commesso stupri e violenze sessuali;
20. rammenta che l'11 luglio è riconosciuto in tutta l'Unione europea come Giornata della commemorazione del genocidio di Srebrenica e invita tutti i paesi dei Balcani occidentali a fare altrettanto; plaude all'adozione di diverse mozioni su Srebrenica da parte dei parlamenti di quattro paesi dei Balcani occidentali, in particolare dall'Assemblea nazionale della Repubblica di Serbia, e invita i parlamenti dello Stato e delle Entità della Bosnia-Erzegovina ad approvare risoluzioni analoghe nel prossimo futuro; considera tali dichiarazioni passi importanti per fare i conti con il tragico passato della regione e si augura che possano spianare la strada alla comprensione della storia comune, in modo da favorire un'autentica riconciliazione nell'intera regione; rileva che consegnare alla giustizia i responsabili del genocidio a Srebrenica e nei suoi dintorni rappresenta un importante progresso verso la pace e la stabilità nella regione;
21. invita le autorità della Bosnia-Erzegovina a introdurre nel codice penale una definizione di violenza sessuale che sia in linea con le norme internazionali, ad assicurare immediatamente alle vittime un adeguato risarcimento e sostegno economico, sociale e psicologico, compresi i migliori servizi possibili di assistenza per la salute mentale e fisica, nonché a sviluppare programmi e destinare risorse adeguate per la protezione a lungo termine dei testimoni; sottolinea in detto contesto la necessità di migliorare il coordinamento tra i diversi organi giudiziari e accelerare i procedimenti penali relativi ai crimini di guerra di tipo sessuale commessi nel corso della guerra; invita la Commissione e gli altri donatori internazionali a sostenere le autorità della Bosnia-Erzegovina in questo sforzo con risorse finanziarie e consulenza a favore delle vittime di violenze sessuali nell'ambito dei crimini di guerra; invita la autorità della Bosnia-Erzegovina ad adottare e applicare con la massima urgenza una strategia a favore delle vittime di crimini di guerra con violenza sessuale;
22. sollecita l'Unione europea e i suoi Stati membri a procedere a indagini penali contro i responsabili di crimini sessuali in tempo di guerra che sono immigrati e hanno ottenuto permessi di soggiorno permanente, compresa la cittadinanza di taluni Stati membri, a riconoscere che i loro reati sono di fatto crimini di guerra, i quali non possono essere considerati reati sessuali né essere soggetti a prescrizione;
23. Invita le autorità della Bosnia-Erzegovina a promuovere e ultimare il ritorno sostenibile dei profughi e degli sfollati all'interno del paese e ad adottare una strategia pertinente come previsto nell'allegato VII all'accordo di pace di Dayton; le incoraggia altresì, da un lato, a occuparsi delle necessità di coloro che vivono ancora in strutture collettive e ad attuare misure per la loro integrazione sociale e, dall'altro, a promuovere il rimpatrio di quanti non possono a tutt'oggi ritornare in patria, ad esempio nella regione devastata della Posavina; invita la Commissione a gli altri donatori internazionali a sostenere gli sforzi delle autorità della Bosnia-Erzegovina fornendo aiuto finanziario e consulenza;
24. ricorda l'urgente necessità di costruire carceri statali di massima sicurezza e di ricostruire le strutture esistenti, anche per la detenzione in condizioni di sicurezza di tutti i soggetti imputati e condannati per crimini;
25. si rammarica dei modesti progressi compiuti nella lotta alla corruzione, dovuti allo scarso coordinamento degli sforzi in tale campo a livello di statale e alla mancanza di indagini e procedimenti efficaci a carico delle persone sospettate di casi di corruzione ad alto livello, diffusi nell'apparato governativo e nelle altre strutture statali e locali e nei settori degli appalti pubblici, della concessione di licenze commerciali, della sanità, dell'energia, dei trasporti e dell'edilizia; chiede a tale riguardo che sia istituito senza indugio un organismo anticorruzione imparziale, responsabile e composto da tutti i gruppi etnici onde ripristinare la fiducia dei cittadini della Bosnia-Erzegovina nelle loro istituzioni, e chiede altresì l'attuazione concertata della nuova strategia di lotta alla corruzione (2009-2014) e del relativo piano d'azione;
26. invita le autorità della Bosnia-Erzegovina a lottare in modo efficace contro la tratta di esseri umani in cooperazione con la comunità internazionale, a offrire protezione e compensazioni alla vittime e a realizzare campagne di sensibilizzazione per evitare che le vittime siano stigmatizzate di nuovo dalle autorità e dalla società;
Liberalizzazione dei visti
27. constata con soddisfazione che le autorità della Bosnia-Erzegovina hanno accelerato gli sforzi di riforma e hanno compiuto notevoli progressi verso il completamento dei restanti parametri previsti dalla tabella di marcia per il regime di esenzione dai visti, il che dimostra che, con la necessaria volontà, è possibile compiere progressi significativi sulla via delle riforme; incoraggia vivamente le autorità della Bosnia-Erzegovina ad adottare le restanti disposizioni legislative in materia;
28. plaude all'adozione della summenzionata proposta legislativa della Commissione, del 27 maggio 2010, sulla liberalizzazione dei visti e invita la Commissione a verificare che i parametri rimanenti siano rispettati nei prossimi mesi, con l'obiettivo di spianare la strada affiché il Consiglio e il Parlamento approvino l'introduzione dell'esenzione dal visto per i cittadini bosniaci entro la fine del 2010;
29. riconosce l'importanza della liberalizzazione dei visti per tutti i cittadini della Bosnia-Erzegovina affinché possano viaggiare all'interno dell'Unione europea, in quanto la ritiene un fattore importante per l'ulteriore integrazione nell'Unione europea e la riconciliazione interetnica, per prevenire l'isolomento e offrire ai cittadini l'opportunità di allargare i propri orizzonti, intravedere la prospettiva di adesione all'Unione europea e manifestare la loro volontà ai dirigenti politici, al fine di promuovere l'integrazione nell'Unione;
Situazione del sistema dell'istruzione
30. esorta le autorità della Bosnia-Erzegovina, pur riconoscendo i progressi compiuti sul piano istituzionale, ad adottare la legge relativa all'istruzione superiore a livello statale e a concentrarsi sulla piena attuazione delle leggi quadro nel settore dell'istruzione, in modo da ridurre la frammentazione del sistema scolastico; esorta altresì le autorità della Bosnia-Erzegovina ad adottare misure volte a migliorare complessivamente la qualità dell'istruzione, avvalendosi pienamente del partenariato europeo, rispondendo così alle esigenze del mercato del lavoro e rispettando gli standard previsti dal processo di Bologna, come pure a instaurare programmi di formazione e di riqualificazione, con il supporto dell'UE, per quanti devono far fronte a periodi lunghi di disoccupazione; incoraggia l'attuazione di programmi di scambio internazionale per studenti fra tutte le università della Bosnia-Erzegovina e degli Stati membri dell'UE, utilizzando i programmi e delle reti esistenti nell'UE; sottolinea la necessità di aumentare in misura significativa il numero degli studenti, degli insegnanti e dei ricercatori che partecipano ai programmi di mobilità dell'UE;
31. mette in rilievo il fatto che l'istruzione è un tramite importantissimo per una vera riconciliazione interetnica; ritiene che, nel contesto dell'assistenza dell'UE, si debba dedicare maggiore attenzione alla promozione di un sistema scolastico inclusivo, non discriminatorio, basato sulla tolleranza e il rispetto della diversità nonché sull'impegno per pervenire a una comprensione della storia comune, e all'abolizione della segregazione tra i diversi gruppi etnici (due scuole sotto lo stesso tetto), creando in entrambe le Entità programmi didattici comuni e classi integrate; valuta positivamente, al riguardo, l'istituzione di un consiglio scolastico studentesco esteso a tutta la Bosnia-Erzegovina;
32. invita le autorità della Bosnia-Erzegovina a rivedere gli attuali metodi, rigidi e costosi, per la convalida dei diplomi e ad istituire un'agenzia per il riconoscimento dei diplomi a livello di Stato; ricorda alle autorità della Bosnia-Erzegovina che la forza lavoro qualificata dovrebbe essere incoraggiata a cercare lavoro nel paese e non scoraggiata dal farlo;
Situazione economica e politica sociale
33. plaude all'ultimo ciclo di valutazione del Comitato MONEYVAL(4); invita tutti i soggetti interessati a portare avanti con perseveranza l'opera di riforma economica, a intraprendere iniziative concertate fra le giurisdizioni e ad agevolare le attività economiche, anche eliminando gli ostacoli burocratici, nonché a elaborare una strategia a lungo termine per lo sviluppo sostenibile, puntando su fattori quali, tra gli altri, l'istruzione, la ricerca e lo sviluppo (R&S), le infrastrutture, l'agricoltura, l'ambiente e l'energia; incoraggia i dirigenti dello Stato e gli esponenti del mondo economico a compiere ogni sforzo, nell'ottica di attrarre investimenti esteri, per ripristinare la fiducia degli investitori e creare un ambiente favorevole alle imprese, affinché non aumenti ancora il ritardo della Bosnia-Erzegovina rispetto al resto della regione;
34. ricorda che l'ASA richiede di rafforzare il coordinamento delle politiche economiche tra i governi delle Entità e di creare, quale elemento essenziale di riforma economica, uno spazio economico unico finalizzato a far avanzare l'integrazione interna e inoltre migliorare il mercato fondiario e il mercato del lavoro; si rammarica, a tale riguardo, del fatto che la frammentazione della legislazione interna in materia di lavoro e dei sistemi di previdenza sociale continui a rappresentare il maggior ostacolo alla libera circolazione delle persone all'interno del paese; afferma che la prosperità economica e le prospettive di occupazione, soprattutto per i giovani in Bosnia-Erzegovina, hanno un ruolo decisivo ai fini dell'ulteriore sviluppo del paese e possono incentivare la riconciliazione interetnica;
35. esorta a rafforzare il coordinamento fiscale assicurando il buon funzionamento dell'autorità per le imposte indirette e del Consiglio di bilancio nazionale; sollecita il Consiglio dei ministri a nominare, sia pure con forte ritardo, un direttore permanente dell'autorità per le imposte indirette;
36. invita il Parlamento della Bosnia-Erzegovina ad adottare con urgenza la legge sul censimento, che costituisce palesemente un presupposto per la prospettiva europea ed è essenziale per lo sviluppo economico e sociale del paese è per la prosecuzione dell'assistenza dell'UE, così da rendere possibile lo svolgimento di un censimento nazionale nel 2011; sottolinea che, data la delicatezza della questione, non dovrebbe essere obbligatorio rispondere a quesiti riguardanti l'etnicità;
37. invita le autorità della Bosnia-Erzegovina a porre in essere misure volte a ridurre la povertà e a sviluppare una rete di sicurezza sociale che sia meglio indirizzata ai poveri e ai gruppi socialmente emarginati e vulnerabili, in particolare la popolazione rom, nonché a sviluppare un sistema di protezione e integrazione sociale efficiente e sostenibile; invita le autorità della Bosnia-Erzegovina ad assumere un impegno più strenuo a favore delle politiche di occupazione, della coesione sociale e dell'uguaglianza di genere;
38. plaude alle iniziative adottate dalle autorità della Bosnia-Erzegovina per migliorare la situazione dei rom e ribadisce l'importanza di adottare una strategia incentrata sugli alloggi, l'assistenza sanitaria, l'occupazione e l'istruzione dei rom; invita le autorità a fornire mezzi adeguati per attuare tale strategia in collaborazione con la società civile, ivi compresa la comunità rom, per combattere la discriminazione e promuovere la rappresentanza dei rom nelle cariche pubbliche;
39. plaude alle più recenti modifiche legislative con cui il parlamento della Federazione ha introdotto il principio di basare le prestazioni sociali in denaro sui bisogni del destinatario e ha stabilito che i vincoli di bilancio si applichino a tutti i fruitori del bilancio, compresi gli ex combattenti; si compiace dell'avvenuto esborso del prestito della Banca mondiale per la politica di sviluppo e della seconda e terza tranche dell'accordo di stand-by dell'FMI; esorta il parlamento della Federazione ad adottare ulteriori misure mirate a una maggiore disciplina fiscale;
40. sollecita le autorità della Bosnia-Erzegovina a mettere a punto una strategia energetica nazionale che punti sulle fonti energetiche rinnovabili, sulla conservazione dell'energia e sull'efficienza del suo impiego, nonché sull'ammodernamento della rete elettrica; ricorda alle autorità della Bosnia-Erzegovina e alla Commissione la necessità di assicurare che i progetti delle centrali idroelettriche siano elaborati e realizzati in linea con i criteri UE di valutazione dell'impatto ambientale e con le norme generali di sostenibilità;
41. si rammarica che la capacità amministrativa nel settore ambientale rimanga debole e limitata; chiede, a tale riguardo, che sia adottata a livello di Stato una legge per l'ambiente di ampia portata, tale da assicurare una protezione ambientale armonizzata, e che sia istituita l'Agenzia di Stato per l'ambiente;
42. invita le autorità della Bosnia-Erzegovina ad adottare la legge relativa all'assicurazione sanitaria a livello di Stato, al fine di armonizzare e migliorare la qualità dell'assistenza sanitaria pubblica e di far sì che la popolazione possa ricevere cure mediche adeguate sull'intero territorio della Bosnia-Erzegovina, indipendentemente dal luogo di residenza e di lavoro;
Cooperazione regionale
43. sottolinea l'importanza della cooperazione regionale e delle relazioni di buon vicinato, che considera elementi vitali del processo di riconciliazione poiché incrementano i contatti tra le popolazioni; pone l'accento sul ruolo decisivo che svolgono gli attori della società civile nel contribuire a rafforzare la cooperazione regionale per quanto riguarda gli aspetti sociali e politici; invita le autorità bosniache a individuare una soluzione che garantisca la mobilità regionale dei cittadini del Kosovo e la possibilità di recarsi in Bosnia-Erzegovina;
44. plaude alle recenti dichiarazioni del Presidente croato, che ha fatto ammenda per le politiche croate in Bosnia-Erzegovina nel 1990 e ha reso omaggio alle vittime di ciascuna comunità; considera questo gesto come un passo importante nella promozione della riconciliazione etnica tra le nazioni dei Balcani; invita gli altri paesi vicini alla Bosnia-Erzegovina a seguire questo esempio;
45. invita la Croazia e la Bosnia-Erzegovina a trovare una soluzione negoziata per quanto riguarda i piani croati di costruzione del ponte di Peljesac ai quali la Bosnia-Erzegovina si oppone; è preoccupato per il recente annuncio del primo ministro croato in relazione alla possibile richiesta, da parte della Croazia, di fondi europei per accelerare la controversa opera di costruzione di questo ponte; sottolinea che il progetto potrebbe nuocere al futuro sviluppo del porto bosniaco di Neum e solleva preoccupazioni da un punto di vista ecologico in entrambi i paesi;
46. osserva che non è possibile prevedere una stabilità duratura e una cooperazione regionale nei Balcani occidentali e nell'intera UE finché persiste lo stallo politico in Bosnia-Erzegovina;
47. plaude all'attiva partecipazione della Bosnia-Erzegovina alla cooperazione regionale, con particolare riferimento alla firma, con la Croazia e la Serbia, degli accordi in materia di assistenza giudiziaria internazionale in ambito penale e civile ai fini dell'esecuzione delle sanzioni penali emesse nei confronti di persone che sono state condannate in uno dei paesi firmatari e sono poi fuggite in un altro;
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48. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Consiglio, alla Commissione e ai governi e ai parlamenti della Bosnia-Erzegovina e delle sue Entità.
– visto il testo del Protocollo modificativo dell'accordo sui trasporti aerei fra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e gli Stati Uniti d'America, dall'altro, siglato in data 25 marzo 2010 («accordo di seconda fase»),
– vista la sua risoluzione del 5 maggio 2010 sull'avvio dei negoziati per la conclusione di accordi sui dati del codice di prenotazione (PNR) con gli Stati Uniti, l'Australia e il Canada(1),
– vista la sua risoluzione del 13 gennaio 2009 sulla cooperazione in materia di regolamentazione della sicurezza dell'aviazione civile(2),
– viste le sue risoluzioni del 14 marzo e dell'11 ottobre 2007 sull'accordo CE-Usa in materia di trasporti aerei(3) («accordo di prima fase»),
– vista la sua risoluzione del 17 gennaio 2006 sullo sviluppo dell'agenda per la politica estera comunitaria in materia di aviazione(4),
– visto l'articolo 110, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che l'accordo di prima fase, entrato provvisoriamente in vigore il 30 marzo 2008, contiene una clausola sospensiva che può essere invocata nel caso in cui un accordo di seconda fase non venga concluso entro il mese di novembre 2010,
B. considerando che l'accordo di prima fase è stato solo un primo passo verso l'apertura dei mercati UE e Usa dell'aviazione, con il fermo impegno delle due parti a proseguire le trattative per l'ulteriore apertura dell'accesso ai mercati, a massimizzare i vantaggi per i consumatori, le compagnie aeree, i lavoratori e le due comunità e ad affrontare questioni quali l'opportunità di agevolare gli investimenti, con l'obiettivo di riflettere meglio la realtà di un'industria del trasporto aereo a dimensione mondiale, rafforzare il sistema transatlantico del trasporto aereo ed instaurare un quadro che sproni anche altri paesi ad aprire i propri mercati dei servizi aerei,
C. considerando che i negoziati lanciati nel maggio 2008 hanno portato il 25 marzo 2010 alla conclusione di un accordo preliminare,
D. considerando che l'apertura dei mercati UE e Usa dell'aviazione, che insieme rappresentano il 60% circa del traffico aereo mondiale, gioverebbe ai consumatori di entrambe le sponde dell'Atlantico, apportando notevoli benefici economici e creando posti di lavoro,
Principi generali
1. prende atto dell'accordo preliminare del 25 marzo 2010, che potrebbe consolidare i progressi in fatto di accesso al mercato previsti nell'accordo di prima fase e garantire una maggiore cooperazione normativa;
2. rammenta che i vari elementi della regolamentazione in materia di trasporto aereo, fra cui le restrizioni in fatto di rumorosità e i limiti imposti ai voli notturni, devono essere determinati a livello locale nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà, e chiede alla Commissione di coordinare tali temi a livello europeo tenendo conto delle legislazioni degli Stati membri; ciò consentirà di proseguire le trattative con gli Usa e di risolvere altre questioni correlate, come quella del cabotaggio;
Apertura del mercato
3. constata con rammarico l'assenza di reali progressi nella rimozione di vincoli regolamentari ormai anacronistici nel campo degli investimenti esteri e ritiene che tale situazione manterrà le attuali restrizioni unilaterali sulla proprietà e il controllo estero vigenti negli Stati Uniti;
4. rammenta che la finalità ultima dell'accordo UE-Usa è la piena apertura del mercato senza imposizione di vincoli reciproci;
5. nota che i vettori dell'UE avranno un accesso limitato al traffico finanziato dall'amministrazione Usa (programma Fly America) e rammenta che le amministrazioni nazionali dell'UE non hanno disposizioni analoghe;
Convergenza regolamentare e sicurezza
6. esorta il comitato misto a sviluppare nuove proposte per il mutuo riconoscimento delle decisioni regolamentari, in linea con i principi della Better Regulation;
7. assegna alta priorità alla cooperazione per lo sviluppo dei sistemi europei e americani di gestione del traffico aereo («SESAR» e «Next Gen») al fine di conseguire interoperabilità e compatibilità e di contribuire alla riduzione degli impatti ambientali;
8. accoglie favorevolmente la cooperazione fra autorità competenti dell'Unione europea e degli Stati Uniti nel settore della sicurezza aerea, a tutti i livelli;
9. si rammarica che non siano stati compiuti ulteriori progressi sulle questioni attinenti alle stazioni di riparazione estere;
10. ribadisce l'importanza della lista nera europea delle compagnie aeree che non rispettano le norme minime e del sistema statunitense per il controllo degli standard relativi ai vettori, e invita entrambe le parti a condividere le informazioni in tale ambito;
11. sottolinea che la privacy dei cittadini europei e statunitensi dovrebbe essere rispettata quando l'Unione europea e gli Stati Uniti si scambiano i dati personali dei passeggeri, in conformità dei criteri invocati dal Parlamento europeo nella risoluzione del 5 maggio 2010; sottolinea a tale riguardo che è urgente definire norme relative alla protezione dei dati e della privacy a livello internazionale;
12. sottolinea che l'Unione europea è fondata sul principio di legalità e che qualsiasi trasferimento di dati personali da parte dell'Unione europea e dei suoi Stati membri a fini di sicurezza deve basarsi su accordi internazionali aventi il rango di atti legislativi; ciò al fine di offrire le necessarie garanzie ai cittadini dell'Unione, rispettare le garanzie procedurali e i diritti di difesa e ottemperare alla normativa sulla protezione dei dati a livello nazionale ed europeo;
13. sottolinea l'importanza della certezza del diritto per i cittadini e le compagnie aeree dell'Unione europea e degli Stati Uniti, nonché la necessità di norme armonizzate per le compagnie;
14. rileva l'importanza della consultazione e della cooperazione riguardo alle misure di sicurezza, ma mette in guardia contro misure eccessive o non coordinate, non basate su un'adeguata valutazione dei rischi;
15. rinnova il suo appello alla Commissione e agli Stati Uniti affinché esaminino l'efficacia delle misure di sicurezza addizionali varate a partire dal 2001, così da eliminare le sovrapposizioni e gli anelli deboli nella catena della sicurezza;
16. propugna il principio della «one-stop security », secondo il quale occorre evitare di effettuare un nuovo controllo dei passeggeri e dei bagagli ad ogni trasbordo;
Ambiente
17. riconosce che il settore dell'aviazione ha numerosi effetti negativi sull'ambiente, in particolare per il fatto che è fonte di rumore e che contribuisce al cambiamento climatico, e considera che tali effetti aumenteranno con la crescita del settore;
18. nota che la dichiarazione congiunta sulla cooperazione ambientale riveste cruciale importanza ai fini della lotta contro gli impatti ambientali dell'aviazione internazionale, ma si rammarica che la normativa sul Sistema di scambio di quote di emissione (ETS) non rientri nell'accordo preliminare; sottolinea la necessità di ulteriori colloqui con gli Usa in modo che l'ETS possa entrare in vigore nel 2012;
19. saluta la comune decisione di collaborare nel quadro dell'Organizzazione internazionale per l'aviazione civile per ridurre le emissioni, anche sonore, degli aeromobili e si compiace dell'intenzione di rafforzare la cooperazione UE-Usa nei settori della climatologia, della ricerca e dello sviluppo tecnologico, del rendimento del combustibile e della riduzione delle emissioni nel trasporto aereo e dello scambio delle migliori prassi in materia di riduzione del rumore, riconoscendo che esistono differenze legate alle realtà locali;
Politica sociale
20. rileva con soddisfazione che l'accordo riconosce l'importanza della dimensione sociale e affida al comitato misto il compito di monitorare gli effetti sociali dell'accordo stesso e di definire all'occorrenza opportune risposte;
21. invita la Commissione a utilizzare l'accordo per promuovere il rispetto della pertinente legislazione internazionale in materia di diritti sociali, in particolare delle norme contenute nelle convenzioni fondamentali dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL 1930-1999), nelle Linee guida dell'OCSE destinate alle imprese multinazionali (1976, riviste nel 2000) e nella Convenzione di Roma sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali del 1980;
22. insiste sul fatto che la legislazione sociale dell'Unione europea dovrebbe essere applicata al personale assunto e/o che lavora negli Stati membri; trattasi segnatamente delle direttive concernenti la consultazione e l'informazione dei lavoratori (2002/14/CE, 98/59/CE e 80/987/CEE), della direttiva sull'organizzazione dell'orario di lavoro del personale di volo nell'aviazione civile (2000/79/CE) e della direttiva relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi (96/71/CE);
Attuazione concreta dell'accordo
23. chiede alla Commissione di garantire che il Parlamento europeo sia pienamente informato e consultato in merito ai lavori del comitato misto, al pari delle altre parti in causa;
24. rammenta che dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, l'approvazione previa del Parlamento europeo è richiesta per la conclusione di accordi internazionali soggetti alla procedura ordinaria (articolo 218, paragrafo 6);
25. accoglie con favore l'idea di organizzare riunioni regolari fra membri del Parlamento europeo e membri del Congresso Usa al fine di discutere tutte le pertinenti questioni riguardanti l'accordo UE-Usa in materia di politica dei trasporti aerei;
26. invita la Commissione europea ad avviare il processo negoziale di terza fase con l'obiettivo di includere i seguenti temi entro il 31 dicembre 2013:
a)
ulteriore liberalizzazione dei diritti di traffico;
b)
nuove opportunità per gli investimenti stranieri;
c)
effetto delle misure ambientali e dei vincoli infrastrutturali sull'esercizio dei diritti di traffico;
d)
migliore coordinamento delle politiche in fatto di diritti del passeggero onde garantire per questi il massimo livello possibile di protezione;
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27. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e al Congresso degli Stati Uniti d'America.
Attuazione delle direttive del primo pacchetto ferroviario
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Risoluzione del Parlamento europeo del 17 giugno 2010 sull'attuazione delle direttive del primo pacchetto ferroviario (2001/12/CE, 2001/13/CE e 2001/14/CE)
– visti la seconda relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sul monitoraggio dello sviluppo del mercato ferroviario (COM(2009)0676) e il documento di lavoro dei servizi della Commissione ad essa allegato (SEC(2009)1687),
– vista la direttiva 2001/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2001, che modifica la direttiva 91/440/CEE del Consiglio relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie(1),
– vista la direttiva 2001/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2001, che modifica la direttiva 95/18/CE del Consiglio relativa alle licenze delle imprese ferroviarie(2),
– vista la direttiva 2001/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2001, relativa alla ripartizione della capacità di infrastruttura ferroviaria, all'imposizione dei diritti per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria e alla certificazione di sicurezza(3),
– vista la sua risoluzione del 12 luglio 2007 sull'attuazione del primo pacchetto ferroviario(4),
– vista l'interrogazione del 9 marzo 2010 alla Commissione sull'attuazione delle direttive del primo pacchetto ferroviario (nn. 2001/12/CE, 2001/13/CE e 2001/14/CE) (O-0030/2010 – B7-0204/2010),
– visti l'articolo 115, paragrafo 5, e l'articolo 110, paragrafo 2, del suo regolamento,
A. considerando che il primo pacchetto ferroviario, adottato nel 2001 e contenente tre direttive, rispettivamente sullo sviluppo delle ferrovie comunitarie, sulle licenze delle imprese ferroviarie e sulla ripartizione della capacità di infrastruttura ferroviaria, l'imposizione dei diritti per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria e la certificazione di sicurezza, mirava a rivitalizzare il settore, quale primo passo verso la creazione di uno spazio ferroviario europeo integrato, e a fornire una solida struttura finanziaria per ottenere questo risultato,
B. considerando che la trasposizione delle direttive del primo pacchetto ferroviario nelle legislazioni nazionali doveva avvenire il 15 marzo 2003, ma che la Commissione ha atteso fino al giugno 2008 prima di avviare nei confronti degli Stati membri procedure d'infrazione per attuazione inesatta o incompleta del pacchetto,
C. considerando che, in base ai dati della seconda relazione della Commissione sul monitoraggio dello sviluppo del mercato ferroviario, nel 2002 la quota delle ferrovie sulla totalità dei trasporti non ha registrato un aumento ma si è semplicemente stabilizzata ad appena il 10% circa per il trasporto ferroviario di merci e a meno del 7% per il trasporto passeggeri,
1. deplora che un'ampia maggioranza di Stati membri (22) non abbia adeguatamente attuato le tre direttive del primo pacchetto ferroviario; ritiene che tale inadempienza abbia impedito lo sviluppo della quota coperta dalle ferrovie rispetto alla generalità dei trasporti;
2. ribadisce che il Parlamento ha già sottolineato nella sua risoluzione del 12 luglio 2007 che la piena attuazione del primo pacchetto ferroviario costituisce una priorità assoluta; è pertanto estremamente insoddisfatto che detta priorità non sia stata rispettata da un'ampia maggioranza degli Stati membri, segnatamente Austria, Belgio, Bulgaria, Repubblica ceca, Germania, Danimarca, Estonia, Grecia, Spagna, Francia, Ungheria, Irlanda, Italia, Lituania, Lussemburgo, Lettonia, Polonia, Portogallo, Romania, Svezia, Slovenia e Slovacchia;
3. si rammarica che la Commissione sia rimasta inerte per cinque anni prima di agire, attendendo fino al giugno 2008 per inviare lettere di notifica formale e fino all'ottobre 2009 per presentare pareri motivati per attuazione inesatta o incompleta del primo pacchetto ferroviario; deplora che la Commissione europea non abbia sufficientemente focalizzato la sua azione di monitoraggio sulle basi finanziarie del sistema ferroviario; esorta pertanto la Commissione ad agire immediatamente in giudizio contro i 22 Stati membri che non hanno attuato il primo pacchetto ferroviario;
4. esorta i 22 Stati membri in questione a rispettare la normativa europea senza ulteriori ritardi; è del parere che, non attuando le direttive del primo pacchetto ferroviario, detti Stati membri continuino ad impedire la concorrenza leale nel mercato ferroviario;
5. chiede alla Commissione di rendere pubblici dati informativi concreti circa gli elementi che non sono stati attuati appieno in ciascuno Stato membro, in particolare le insufficienze nell'istituzione di un'autorità di regolamentazione indipendente e la mancata attuazione delle disposizioni relative alle tariffe di accesso alle linee ferroviarie; chiede, inoltre, alla Commissione di informare il Parlamento in merito alle diverse interpretazioni giuridiche tra la Commissione e gli Stati membri in materia di indipendenza dei gestori dell'infrastruttura (articolo 4, paragrafo 2 e articolo 14, paragrafo 2 della direttiva 2001/14/CE);
Indipendenza dei gestori dell'infrastruttura
6. sottolinea che occorre garantire ai gestori dell'infrastruttura un'indipendenza sufficiente in quanto, secondo la direttiva 2001/14/CE, essi svolgono un ruolo centrale nel garantire a tutti i richiedenti un equo accesso alle capacità infrastrutturali tramite la ripartizione delle capacità, l'imposizione di tariffe per il loro utilizzo e la certificazione di sicurezza;
7. ritiene che l'indipendenza dei gestori dell'infrastruttura sia una condizione indispensabile ai fini di un trattamento equo, trasparente e non discriminatorio di tutti gli operatori; considera particolarmente preoccupante il fatto che non siano state fornite sufficienti garanzie di indipendenza dei gestori sul piano pratico e giuridico, soprattutto nel caso di gestori facenti parte di una holding ferroviaria che comprende anche attività di trasporto ferroviario;
8. chiede agli Stati membri che non ottemperano a detta disposizione di separare chiaramente la funzione fondamentale di ripartire la capacità sulla rete ferroviaria nazionale dalle attività di eventuali operatori ferroviari ex-monopolisti, tramite tutte le misure funzionali e giuridiche necessarie, poiché questa mancanza di indipendenza potrebbe impedire al gestore di determinare realmente l'uso dell'infrastruttura;
Mancanza di poteri delle autorità di controllo
9. esprime preoccupazione per l'insufficienza dei poteri e delle risorse riconosciuti alle autorità di controllo e per l'assenza in ogni mercato nazionale di un'azione di monitoraggio dei problemi di concorrenza derivanti da tali carenze;
10. chiede alla Commissione di informare il Parlamento in merito alle competenze delle autorità di controllo che devono essere rafforzate dagli Stati membri affinché dette autorità abbiano un reale potere di monitoraggio sui rispettivi mercati ferroviari;
11. ritiene che questa incapacità di istituire autorità di controllo pienamente indipendenti negli Stati membri costituisca un ostacolo a un'adeguata attuazione del primo pacchetto ferroviario;
Finanziamento dell'infrastruttura e quadro di tariffazione
12. Osserva che le disposizioni specifiche in materia di finanziamento dell'infrastruttura e di rientro dal debito erano inserite nel primo pacchetto ferroviario (articolo 9 della direttiva 2001/12/CE);
13. deplora che il livello di investimenti destinati allo sviluppo e alla manutenzione dell'infrastruttura ferroviaria rimanga largamente insufficiente in numerosi Stati membri, dove si registra, in molti casi, un declino della qualità delle infrastrutture esistenti; sollecita gli Stati membri a mobilitare le risorse necessarie per garantire che siano sviluppati nuovi progetti di trasporto ferroviario e che l'infrastruttura esistente sia adeguatamente mantenuta;
Tariffe di accesso alle linee ferroviarie
14. osserva che l'indipendenza dei gestori dell'infrastruttura e il riconoscimento di poteri e risorse alle autorità di controllo sono condizioni indispensabili per garantire un soddisfacente sistema di tariffe di accesso alle linee ferroviarie; ribadisce che le tariffe per l'uso dell'infrastruttura dovranno essere calcolate in modo da garantire equità, trasparenza e coerenza e da assicurare una visibilità sufficiente per le imprese ferroviarie;
15. esprime preoccupazione in merito all'inadeguata attuazione delle disposizioni relative alle tariffe per l'utilizzo dell'infrastruttura, in particolare l'assenza di «sistemi di prestazioni» per il miglioramento della performance della rete ferroviaria e di regimi di tariffazione basati sui costi diretti dei servizi ferroviari, nonché l'impossibilità per il gestore dell'infrastruttura di fissare in modo indipendente le tariffe d'uso dell'infrastruttura;
16. deplora che, a causa di questa inadeguata attuazione, le tariffe non siano direttamente legate ai costi dei servizi ferroviari e che il mercato ferroviario potrebbe non essere in grado di sostenerle a causa del loro livello elevato; osserva che l'imposizione di tariffe così elevate può pregiudicare l'ingresso nel mercato di operatori alternativi e che la Commissione ha ricevuto varie lamentele relative all'accesso ai terminali e ai servizi ferroviari da parte degli operatori;
17. ritiene che i principi di tariffazione applicabili al trasporto ferroviario e stradale debbano convergere per creare le basi di una reale parità tra modi di trasporto; sottolinea che tale parità consentirebbe di rendere più sostenibile ed efficiente il sistema dei trasporti dell'UE e ottimizzerebbe la competitività ambientale delle ferrovie;
Revisione del primo pacchetto ferroviario
18. sottolinea che un'attuazione corretta e completa del primo pacchetto ferroviario costituisce una condizione essenziale ai fini della creazione di una rete ferroviaria europea e che la priorità assoluta della Commissione europea dovrà essere quella di perseguire detta attuazione con tutti i mezzi giuridici a sua disposizione;
19. esorta la Commissione a proporre una revisione del primo pacchetto ferroviario entro il mese di settembre 2010; invita la Commissione a trattare in via prioritaria in detta revisione i problemi dell'indipendenza dei gestori dell'infrastruttura, dell'insufficienza di risorse e poteri per le autorità di controllo e a proporre adeguati principi di tariffazione dell'accesso all'infrastruttura che stimolino gli investimenti pubblici e privati nel settore ferroviario
20. ritiene che il successo della liberalizzazione dei mercati nel settore del trasporto ferroviario dipenda dalla piena attuazione delle disposizioni contenute nel primo pacchetto; che l'ulteriore liberalizzazione del mercato ferroviario debba evitare di andare a scapito della qualità del servizio e debba garantire gli obblighi di servizio pubblico; che, in attesa della completa liberalizzazione dei mercati, debba applicarsi il principio della reciprocità;
21. chiede alla Commissione di reagire o di fornire informazioni riguardanti le richieste di cui ai paragrafi 3, 5, 10 e 16, nell'ambito della rifusione del primo pacchetto ferroviario o al più tardi entro la fine del 2010;
o o o
22. incarica il suo presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.
Inondazioni nei paesi dell'Europa centrale, in particolare Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria e Romania, e in Francia
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Risoluzione del Parlamento europeo del 17 giugno 2010 sulle alluvioni nei paesi dell'Europa centrale, in particolare in Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria e Romania, e in Francia
– visti l'articolo 3 del trattato sull'Unione europea e gli articoli 191 e 349 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– viste la proposta della Commissione concernente il regolamento che istituisce il Fondo di solidarietà dell'Unione europea (FSUE) (COM(2005)0108) e la posizione del Parlamento del 18 maggio 2006,
– viste le sue risoluzioni del 5 settembre 2002 sulle inondazioni in Europa(1), dell'8 settembre 2005 sulle calamità naturali (incendi e inondazioni) in Europa(2), del 18 maggio 2006 sulle calamità naturali (incendi boschivi, siccità e inondazioni) – aspetti attinenti all'agricoltura, allo sviluppo regionale e all'ambiente(3), e del 7 settembre 2006 sugli incendi boschivi e le inondazioni(4),
– visti il Libro bianco della Commissione dal titolo «L'adattamento ai cambiamenti climatici: verso un quadro d'azione europeo» (COM(2009)0147) e la comunicazione della Commissione dal titolo «Un approccio comunitario alla prevenzione delle catastrofi naturali e di origine umana» (COM(2009)0082),
– visto il documento di lavoro dei servizi della Commissione dal titolo «Regioni 2020 – una valutazione delle sfide future per le regioni dell'UE» (SEC(2008)2868),
– viste la dichiarazione della Commissione sulla grande catastrofe naturale nella regione autonoma di Madeira, resa il 24 febbraio 2010, e la sua risoluzione dell'11 marzo 2010 sulla grave catastrofe naturale nella regione autonoma di Madeira e le conseguenze della tempesta «Xynthia» in Europa(5),
– visto l'articolo 110, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che si sono verificate gravi catastrofi naturali, con inondazioni che hanno colpito vari Stati membri dell'Unione europea, in particolare Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria e Romania, come pure Germania e Austria, e recentemente la Francia, causando perdite umane e rendendo necessaria l'evacuazione di migliaia di persone,
B. considerando che tali calamità hanno causato gravi danni, in particolare alle infrastrutture, alle imprese e ai terreni agricoli, hanno distrutto anche elementi del patrimonio naturale e culturale e hanno probabilmente provocato rischi per la sanità pubblica,
C. considerando che si devono intraprendere lavori di ricostruzione duratura delle zone distrutte o danneggiate dalle catastrofi per compensare le perdite economiche e sociali che hanno subito,
D. considerando che la frequenza, la gravità, la complessità e l'impatto delle catastrofi naturali e di origine umana in Europa sono aumentate rapidamente negli ultimi anni,
1. esprime la sua partecipazione e solidarietà agli abitanti delle regioni colpite, prende debitamente atto delle possibili gravi conseguenze economiche e presenta le sue condoglianze alle famiglie delle vittime;
2. riconosce gli sforzi instancabili compiuti dalle squadre di ricerca e salvataggio per salvare delle vite e ridurre i danni nelle zone colpite;
3. plaude alle azioni degli Stati membri che hanno fornito assistenza alle zone colpite, in quanto la solidarietà europea è esemplificata dalla mutua assistenza nelle situazioni difficili;
4. invita la Commissione e gli Stati membri a rivedere la pianificazione, le politiche di utilizzazione sostenibile del suolo, le capacità di assorbimento dell'ecosistema e le migliori pratiche alla luce dell'aumento dei rischi di inondazione dovuti al modo in cui il suolo, gli habitat e i sistemi di smaltimento delle acque sono gestiti, e ad aumentare la capacità di controllo delle inondazioni e delle infrastrutture di smaltimento delle acque, onde limitare i danni causati da precipitazioni molto violente;
5. invita gli Stati membri e le regioni colpite dalle catastrofi a rivolgere particolare attenzione alla sostenibilità dei rispettivi piani di ricostruzione e a esaminare la fattibilità di investimenti a lungo termine nelle azioni degli Stati membri in materia di prevenzione e di risposta alle catastrofi;
6. invita gli Stati membri ad ottemperare pienamente ai requisiti previsti dalla direttiva relativa alla valutazione e alle gestione dei rischi di inondazioni e a dare attuazione a tale direttiva; chiede che le carte dei rischi di inondazione siano prese in considerazione nel quadro dell'assetto territoriale; sottolinea che un'efficace prevenzione delle inondazioni deve basarsi su strategie transfrontaliere; incoraggia gli Stati membri vicini a rafforzare la cooperazione in materia di prevenzione delle catastrofi naturali, assicurando in questo modo la migliore utilizzazione possibile dei fondi europei destinati allo scopo;
7. invita la Commissione europea e gli Stati membri a fornire sostegno alle regioni colpite dall'impatto economico e sociale della catastrofe con la massima rapidità possibile;
8. ribadisce che, al fine di affrontare i problemi causati dalle catastrofi naturali in modo più flessibile ed efficace, è assolutamente necessario un nuovo regolamento FSUE, sulla base della proposta della Commissione (COM(2005)0108); critica il fatto che il Consiglio abbia bloccato il dossier, sebbene, nel maggio 2006, in prima lettura, il Parlamento abbia adottato la sua posizione con una schiacciante maggioranza; esorta la Presidenza belga e la Commissione ad individuare senza indugio una soluzione per riattivare la revisione del regolamento, al fine di creare uno strumento più forte e più flessibile, in grado di rispondere efficacemente alle nuove sfide del cambiamento climatico;
9. invita la Commissione, una volta che le autorità nazionali e regionali abbiano presentato i rispettivi piani di ricostruzione, a prendere immediatamente misure per assicurare che le risorse finanziarie necessarie siano erogate nel modo più rapido, più efficace e più flessibile da parte del Fondo europeo di solidarietà;
10. esorta la Commissione non solo a mobilitare il Fondo europeo di solidarietà, ma anche ad adottare un atteggiamento aperto e flessibile nel quadro dei negoziati con le autorità nazionali e regionali sulla revisione dei programmi operativi regionali 2007-2013 finanziati dal FESR, dal FSE e dal Fondo di coesione; invita la Commissione a procedere a tale revisione nei tempi più brevi;
11. invita la Commissione a tenere conto delle differenze tra le regioni interessate, che comprendono zone di montagna e aree fluviali, in modo da assistere le vittime nel miglior modo possibile;
12. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi degli Stati membri e alle autorità regionali e locali delle zone colpite.
– visti gli articoli 81 e 82 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– vista la comunicazione della Commissione sul piano d'azione per l'attuazione del programma di Stoccolma(1),
– vista la propria risoluzione del 9 luglio 2008 sul ruolo del giudice nazionale nel sistema giudiziario europeo(2),
– vista la propria risoluzione del 25 novembre 2009 sul programma di Stoccolma(3),
– vista l'interrogazione del 10 maggio 2010 alla Commissione sulla formazione giudiziaria e il programma di Stoccolma (O-0063/2010 – B7-0306/2010),
– visti l'articolo 115, paragrafo 5, e l'articolo 110, paragrafo 2, del suo regolamento,
A. considerando che gli articoli 81 e 82 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea prevedono l'adozione, secondo la procedura legislativa ordinaria, di misure volte a garantire «un sostegno alla formazione dei magistrati e degli operatori giudiziari»,
B. considerando che, nel piano d'azione per l'attuazione del programma di Stoccolma, la Commissione ha annunciato che presenterà nel 2011 una Comunicazione relativa a un piano d'azione in materia di formazione europea per tutte le professioni legali e lancerà progetti pilota concernenti programmi di scambio del tipo «Erasmus» per le autorità giudiziarie e i professionisti del diritto nel 2010-2012,
C. considerando la necessità di tenere conto delle esigenze particolari del settore giudiziario in materia di formazione, tramite corsi di familiarizzazione al diritto nazionale, comparato ed europeo, e la sensibilità che occorre dimostrare nell'organizzare tali corsi,
D. considerando che è particolarmente difficile organizzare una formazione rivolta ai membri della magistratura, date le loro limitazioni di tempo e di disponibilità, la loro indipendenza e la necessità che i corsi siano concepiti in funzione delle loro specifiche esigenze in termini di problemi giuridici attuali,
E. considerando che tali corsi devono avere l'ulteriore obiettivo di creare canali di comunicazione tra i partecipanti e quindi alimentare una cultura europea della giustizia fondata sulla conoscenza reciproca, rafforzando così la fiducia vicendevole che costituisce il fondamento del sistema di reciproco riconoscimento delle sentenze,
F. considerando che, malgrado la pressione cui sono sottoposti i bilanci nazionali, gli Stati membri detengono tuttora la responsabilità primaria della formazione in ambito giudiziario e devono accettarne la titolarità,
G. considerando che è tuttavia fondamentale il sostegno finanziario dell'UE a tali corsi di formazione giudiziaria, che mirano ad alimentare una cultura europea della giustizia,
H. considerato che un'adeguata formazione giudiziaria e la creazione di una cultura europea della giustizia possono snellire i procedimenti giudiziari nelle cause transfrontaliere e quindi contribuire in modo decisivo a migliorare il funzionamento del mercato interno, sia per le imprese che per i cittadini, e ad agevolare l'accesso alla giustizia per i cittadini che hanno esercitato il proprio diritto di libera circolazione,
I. considerando che la Commissione deve procedere a un inventario dei programmi di formazione e delle scuole nazionali per magistrati, anche nell'ottica di individuare le migliori prassi in tale ambito,
J. considerando che occorre partire dalle strutture e dalle reti esistenti, in particolare la rete europea di formazione giudiziaria e l'Accademia di diritto europeo, e coinvolgere la rete europea dei presidenti delle Corti di Cassazione, la rete europea dei Consigli di giustizia, l'Associazione dei Consigli di Stato e delle Corti supreme amministrative e la rete Eurojustice delle procure generali europee nell'approntamento di progetti pilota di formazione giudiziaria,
1. si compiace della reazione rapida della Commissione ai suggerimenti formulati nella risoluzione del Parlamento del 25 novembre 2009;
2. invita la Commissione e il Consiglio a garantire la piena partecipazione del Parlamento all'ideazione e approvazione delle iniziative di formazione giudiziaria, in particolare dei progetti pilota previsti nel piano d'azione della Commissione, a norma degli articoli 81 e 82 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
3. ritiene che i progetti pilota proposti non dovrebbero limitarsi, per quanto concerne i membri della magistratura, a programmi di scambio del tipo «Erasmus»;
4. invita la Commissione ad avviare quanto prima le consultazioni, specialmente con il Parlamento, finalizzate all'ideazione e alla preparazione dei futuri progetti pilota;
5. esorta la Commissione, con la collaborazione degli Stati membri in seno al Consiglio, a elaborare quanto prima proposte volte alla creazione di una rete UE di istituti di formazione giuridica, che siano abilitati a fornire corsi di familiarizzazione al diritto nazionale, comparato ed europeo per i magistrati su base stabile e continuativa;
6. invita la Commissione a consultare il Parlamento su differenti progetti relativi alla creazione di un'istituzione basata sulle strutture e reti esistenti, in particolare la rete europea di formazione giudiziaria e l'Accademia di diritto europeo;
7. esorta vivamente la Commissione a presentare proposte concrete in merito al finanziamento del futuro piano d'azione per la formazione giudiziaria;
8. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.
Un nuovo impulso alla strategia per lo sviluppo sostenibile dell'acquacoltura europea
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Risoluzione del Parlamento europeo del 17 giugno 2010 su un nuovo impulso alla strategia per lo sviluppo sostenibile dell'acquacoltura europea (2009/2107(INI))
– vista la comunicazione della Commissione «Costruire un futuro sostenibile per l'acquacoltura – Un nuovo impulso alla strategia per lo sviluppo sostenibile dell'acquacoltura europea» (COM(2009)0162),
– visto il regolamento (CE) n. 710/2009 della Commissione, del 5 agosto 2009, che modifica il regolamento (CE) n. 889/2008 recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio per quanto riguarda l'introduzione di modalità di applicazione relative alla produzione di animali e di alghe marine dell'acquacoltura biologica(1),
– vista la proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 708/2007 relativo all'impiego in acquacoltura di specie esotiche e di specie localmente assenti (COM(2009)0541),
– visto il regolamento (CE) n. 257/2009 della Commissione, del 24 marzo 2009, recante modifica del regolamento (CE) n. 794/2004 con riguardo alla scheda d'informazioni supplementari per la notifica di aiuti al settore della pesca e dell'acquacoltura(2),
– visto il regolamento (CE) n. 248/2009 della Commissione, del 19 marzo 2009, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 104/2000 del Consiglio per quanto riguarda le comunicazioni concernenti il riconoscimento delle organizzazioni di produttori, nonché la fissazione dei prezzi e degli interventi nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura (rifusione)(3),
– viste la direttiva 2006/88/CE del Consiglio, del 24 ottobre 2006, relativa alle condizioni di polizia sanitaria applicabili alle specie animali d'acquacoltura e ai relativi prodotti, nonché alla prevenzione di talune malattie degli animali acquatici e alle misure di lotta contro tali malattie(4) e la decisione 2008/946/CE della Commissione, del 12 dicembre 2008, recante modalità di applicazione della direttiva 2006/88/CE del Consiglio per quanto riguarda le prescrizioni in materia di quarantena degli animali d'acquacoltura(5),
– vista la direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque(6),
– visto il regolamento (CE) n. 66/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, relativo al marchio di qualità ecologica dell'Unione europea (Ecolabel UE)(7),
– visto il regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio, del 28 giugno 2007, relativo alla produzione biologica e all'etichettatura dei prodotti biologici(8),
– visto il regolamento (UE) n. 271/2010 della Commissione del 24 marzo 2010, recante modifica del regolamento (CE) n. 889/2008, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio, per quanto riguarda il logo di produzione biologica dell'Unione europea(9),
– visto il regolamento (CE) n. 1251/2008 della Commissione, del 12 dicembre 2008, recante modalità di esecuzione della direttiva 2006/88/CE per quanto riguarda le condizioni e le certificazioni necessarie per l'immissione sul mercato e l'importazione nella Comunità di animali d'acquacoltura e i relativi prodotti e che stabilisce un elenco di specie vettrici(10),
– viste le comunicazioni della Commissione «Orientamenti per un approccio integrato della politica marittima: verso migliori pratiche di governance marittima integrata e di consultazione delle parti interessate» (COM(2008)0395), «Tabella di marcia per la pianificazione dello spazio marittimo: definizione di principi comuni nell'UE» (COM(2008)0791) e «Sviluppare la dimensione internazionale della politica marittima integrata dell'Unione europea'COM(2009)0536), nonché la recente relazione intermedia sulla politica marittima integrata dell'UE (COM(2009)0540),
– visti le relazioni e i pareri scientifici elaborati dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) nel 2008 sul benessere di sei delle specie ittiche principali di allevamento nell'UE e i pareri scientifici elaborati dall'EFSA nel 2009 sui requisiti di benessere nella fase di macellazione di otto specie ittiche di allevamento,
– vista la sua risoluzione del 25 febbraio 2010(11) sul Libro verde della Commissione sulla riforma della politica comune della pesca (COM(2009)0163),
– vista la sua risoluzione del 4 dicembre 2008(12) per l'adozione di un piano europeo di gestione dei cormorani,
– vista la sua risoluzione del 2 settembre 2008(13) sulla pesca e l'acquacoltura nel contesto della gestione integrata delle zone costiere in Europa,
– vista la sua posizione del 31 gennaio 2008(14) sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla trasmissione di statistiche sull'acquacoltura da parte degli Stati membri,
– vista la sua risoluzione del 12 dicembre 2007(15) sull'organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura,
– vista la sua risoluzione del 7 settembre 2006(16) su «Avviare un dibattito su un approccio comunitario in materia di marchio di qualità ecologica per i prodotti della pesca»,
– vista la sua risoluzione del 16 gennaio 2003(17) sull'acquacoltura nell'Unione europea: presente e futuro,
– visti gli orientamenti per l'esame degli aiuti di stato nel settore della pesca e dell'acquacoltura(18) e l'accettazione da parte degli Stati membri dei suddetti orientamenti(19),
– visti il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) e la sua risoluzione del 7 maggio 2009 sulle nuove competenze e prerogative del Parlamento nell'applicazione del trattato di Lisbona(20),
– visto il rapporto della 4a riunione della sottocommissione per l'acquacoltura della FAO(21),
– visto il Codice di condotta della FAO per una pesca responsabile(22),
– visto l'articolo 48 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per la pesca e il parere della commissione per l'ambiente, la salute pubblica e la sicurezza alimentare (A7–0150/2010),
A. considerando che attualmente a livello comunitario non esiste un inquadramento normativo specifico ed armonizzato per il settore dell'acquacoltura, che è invece disciplinato da una pluralità di norme comunitarie con origini diverse (ambiente, salute pubblica ecc.) e da norme nazionali che possono variare anche sensibilmente da uno Stato all'altro, contribuendo a disorientare gli operatori del settore, oltre che a creare situazioni di discriminazione e distorsione del mercato,
B. considerando che il provvedimento più adeguato che la Commissione può adottare nel contesto attuale è quello di proporre un regolamento che stabilisca norme per il settore dell'acquacoltura, introducendo in tal modo la chiarezza legislativa necessaria,
C. considerando che il settore dell'acquacoltura è un settore economico innovativo con un alto potenziale tecnologico e ad alta intensità di investimenti in strutture e ricerca, con piani operativi e finanziari a lunga portata, che necessitano quindi certezza giuridica e inquadramenti legislativi chiari e stabili,
D. considerando che il settore dell'acquacoltura interagisce direttamente con tematiche di primaria importanza per la nostra società, quali l'ambiente, il turismo, la pianificazione urbanistica e lo sviluppo regionale, la salute pubblica e la protezione dei consumatori; che risulta quindi fondamentale considerare gli interessi di questi settori e garantirne un equo trattamento,
E. considerando che tutte le forme di acquacoltura devono essere sostenibili e socialmente eque e che, di conseguenza, non si devono arrecare danni agli ecosistemi mediante un aumento delle concentrazioni di sostanze naturali e prodotte dall'uomo, quali le sostanze chimiche non degradabili e il biossido di carbonio, nonché mediante perturbazioni fisiche,
F. considerando che la comunicazione della Commissione del 19 settembre 2002 (COM(2002)0511) si è rivelata palesemente insufficiente a motivare gli Stati membri a dare impulsi significativi allo sviluppo del settore dell'acquacoltura comunitaria, mentre l'ultimo decennio ha visto una forte crescita del settore a livello globale, oltre che della domanda di prodotti ittici, sia di pesca che di allevamento, con forte aumento delle importazioni di questi prodotti da paesi terzi,
G. considerando che l'UE è un importatore netto di prodotti della pesca e dell'acquacoltura e che la domanda di tali prodotti mostra un andamento crescente, sia a livello mondiale, a causa dell'aumento della popolazione, che a livello comunitario, a causa delle passate e future adesioni all'UE di paesi in cui questa tendenza della domanda è ancor più pronunciata, ed anche perché le abitudini dei consumatori stanno cambiando a favore di una dieta basata su prodotti più sani,
H. considerando inoltre che è necessario un sistema affidabile di certificazione per i prodotti dell'acquacoltura,
I. considerando che il settore comunitario dell'acquacoltura sostenibile può contribuire in maniera decisiva ad assicurare un approvvigionamento alimentare di prodotti ittici di alta qualità, contribuendo a una riduzione della pressione sulle specie selvatiche attraverso la diversificazione delle fonti di approvvigionamento dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura, oltre che a svolgere un ruolo importante in termini di sicurezza alimentare, attività economiche e occupazione, in modo particolare nelle regioni rurali e litoranee,
J. considerando quindi che l'UE dovrebbe accordare maggiore importanza strategica al settore dell'acquacoltura sostenibile e al suo sviluppo a livello comunitario, destinandovi gli aiuti finanziari necessari, senza dimenticare che l'alta tecnologia richiesta dalle attività di acquacoltura spesso comporta forti investimenti da parte delle imprese, indipendentemente dalle loro dimensioni,
K. considerando che, data l'importanza dello sviluppo del settore dell'acquacoltura, la Commissione dovrebbe riservare a tal fine una parte del Fondo europeo per la pesca; che gli strumenti pertinenti dovranno essere sufficientemente flessibili ed efficaci da garantire lo sviluppo del settore, compresa la ricerca scientifica,
L. considerando la forte esigenza di ricerca e innovazione tecnologica, necessarie a garantire la competitività e la sostenibilità dell'acquacoltura per operare con successo nel settore dell'acquacoltura, spesso fuori dalla portata di molte aziende del settore, siano esse PMI o grandi imprese,
M. considerando che, per essere efficace, una politica per un'acquacoltura sostenibile dovrà essere strutturata in modo da favorire e promuovere la partecipazione pluridisciplinare e coordinata di tutti i settori collegati all'attività,
N. considerando che l'UE sta già implementando una politica di sostegno ai prodotti dell'agricoltura ed acquacoltura biologica attraverso l'attuazione dei regolamenti (CE) nn. 834/2007, 889/2008 e 710/2009, quale chiave di svolta per il settore dell'acquacoltura sostenibile europea strettamente legata a una più forte valorizzazione del proprio prodotto al fine di migliorarne la competitività e la tutela, l'informazione e la libertà di scelta dei consumatori,
O. considerando che ogni politica a favore dell'acquacoltura sostenibile, sia comunitaria che nazionale, dovrà tenere presente le differenti realtà nella produzione acquicola (pesci di mare, pesci di acqua dolce, molluschi, crostacei, alghe marine ed echinodermi), con interventi ben calibrati alle loro strutture e problematiche di mercato e di concorrenza,
P. considerando che le misure per promuovere lo sviluppo sostenibile dell'acquacultura devono tenere conto in alcuni casi della necessità di ridurre al minimo il livello di stress dovuto alla densità dell'allevamento e alle pratiche di trasporto, nonché ricercare metodi di abbattimento meno cruenti e in generale il benessere dei pesci,
Q. considerando che l'articolo 13 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea riconosce i pesci in quanto esseri senzienti e prevede che, nella formulazione e nell'attuazione delle politiche nel settore della pesca, l'Unione e gli Stati membri tengano pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali,
R. considerando che, a causa del quadro regolamentare esistente, in molti paesi dell'Unione gli operatori del settore subiscono una quantità eccessiva di ostacoli burocratici e oneri amministrativi che limitano la produttività e la concorrenzialità delle loro imprese, contribuendo non poco a scoraggiare gli investitori,
S. considerando che il pesce costituisce la dieta naturale di molte specie ittiche di allevamento e che la maggior parte degli allevamenti ittici si basano su una dieta contenente farina e olio di pesce,
T. considerando che allo stesso tempo in molti paesi dell'Unione manca un piano urbanistico regolatore specifico – nazionale o regionale – che disciplini gli insediamenti continentali, costieri e marittimi e che definisca in maniera trasparente le zone accessibili agli insediamenti di acquacoltura, onde evitare conflitti d'interesse facilmente prevedibili con politiche di salvaguardia dell'ambiente e con altri settori economici quali, tra gli altri, il turismo l'agricoltura o la pesca costiera,
U. considerando che una politica per l'acquacoltura sostenibile può coesistere con le aree «Natura 2000», potendo anche contribuire positivamente alla loro gestione, quando gli obiettivi di conservazione del sito lo consentono, e al benessere delle popolazioni interessate in caso di attività di raccolta tradizionale di molluschi o di insediamenti di acquacoltura per i quali non vi siano siti alternativi, che soddisfino le disposizioni comunitarie in materia di valutazione dell'impatto ambientale e siano compatibili con quelle relative alla tutela degli habitat,
V. considerando che il prodotto comunitario è oggi soggetto a forte competizione da parte di prodotti provenienti da paesi terzi (soprattutto Turchia, Cile, Vietnam e Cina), dove le imprese sono capaci di produrre a costi operativi nettamente inferiori, non essendo soggette alle stesse restrizioni giuridiche e alle stesse rigide normative ambientali e fito-sanitarie e possono pagare bassi salari (dumping sociale), il che crea ulteriore pressione sul settore acquicolo dell'Unione europea, si ripercuote negativamente sulla qualità degli alimenti e mette in pericolo la salute dei consumatori,
W. considerando che l'acquacoltura determina un minor impatto ambientale rispetto ad altri settori primari e che quindi i suoi prodotti sono più sostenibili; che una parte della società civile europea non è a conoscenza di questo fatto, il che può dar luogo a pregiudizi infondati nei confronti di tali prodotti,
X. considerando che i danni provocati dai cormorani minacciano in molte zone la tradizionale e naturale piscicoltura di stagno,
Considerazioni generali
1. si compiace dell'iniziativa della Commissione di presentare la comunicazione COM(2009)0162 di cui sopra, quale indicazione di una maggiore attenzione verso il settore dell'acquacoltura sostenibile, in vista di un auspicato riassetto legislativo che meglio risponda alle necessità e alle sfide rivolte al settore, al fine di un suo potenziamento a livello globale;
2. rileva che, con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Parlamento europeo cessa di essere un organo consultivo nel settore della pesca, diventando co-legislatore anche nel settore dell'acquacoltura;
3. ritiene che ogni riforma legislativa del settore dell'acquacoltura debba inserirsi in modo armonico e complementare nel processo di riforma della politica comune della pesca in atto;
4. osserva che il Parlamento ha già in passato richiamato l'attenzione sulla necessità di una legislazione sull'acquacoltura più concisa, coerente e trasparente;
5. esprime la convinzione che un settore dell'acquacoltura sostenibile forte potrebbe fungere da catalizzatore allo sviluppo di molte zone isolate, costiere e rurali degli Stati membri e contribuire allo sviluppo della produzione locale, con benefici rilevanti anche per i consumatori, sotto forma di prodotti alimentari di grande qualità, sani e ottenuti in modo sostenibile;
6. ritiene che la competitività dell'industria dell'acquacoltura comunitaria dovrà essere rafforzata attraverso un sostegno impegnato, solido, mirato e costante alla ricerca e allo sviluppo tecnologico, presupposto indispensabile per lo sviluppo di un'acquacoltura sostenibile, moderna, efficiente, economicamente valida e rispettosa dell'ambiente; rileva inoltre che le reti di ricerca, i gruppi multidisciplinari di ricerca, il trasferimento di tecnologia e il coordinamento tra il settore e gli scienziati grazie a piattaforme tecnologiche sono essenziali per un buon ritorno degli investimenti in R&S;
7. accoglie con favore la creazione della piattaforma europea di tecnologia e innovazione per l'acquacoltura, in considerazione della necessità che il settore sia sostenuto tramite una ricerca e un'innovazione di eccellenza, onde poter far fronte alle sfide emergenti;
8. ritiene che il successo dell'acquacoltura sostenibile europea dipenderà in maniera decisiva dalla creazione – a livello nazionale e locale – di un ambiente più favorevole alle imprese, e invita quindi gli Stati membri ad accelerare immediatamente i propri lavori in tal senso, oltre che a promuovere lo scambio di esperienze e best-practice a livello comunitario;
9. sottolinea che la riduzione delle pratiche burocratiche incoraggerà gli investimenti nel settore e considera indispensabile che gli Stati membri, in stretta collaborazione con le autorità locali, implementino in tempi brevi procedure di semplificazione amministrativa che prevedano procedure di concessione trasparenti e normalizzate per le domande d'insediamento di nuovi siti di acquacoltura;
10. ritiene che il settore comunitario dell'acquacoltura sostenibile e biologica sia in grado di fornire ai consumatori prodotti alimentari di grande qualità per un'alimentazione sana ed equilibrata;
11. ritiene che i sistemi di acquacoltura che causano l'impoverimento delle riserve ittiche naturali o l'inquinamento delle acque costiere non debbano essere considerati sostenibili e che l'acquacoltura europea dovrebbe prediligere le specie erbivore e carnivore che possono svilupparsi con un consumo ridotto di farine e oli di pesce;
12. sottolinea che il settore dell'acquacoltura europeo, ai fini della propria espansione, dipende da uno sviluppo continuo che miri a diminuire la quota di proteine ottenute da pescato selvatico nei mangimi; fa presente che gli stock ittici selvatici adatti alla produzione di mangime sono limitati e in molti casi oggetto di una pesca eccessiva, per cui lo sviluppo dell'acquacoltura dovrebbe concentrarsi maggiormente sulle specie erbivore e piscivore che possono provocare un'ulteriore riduzione significativa di tale quota;
13. considera urgente ed indispensabile l'introduzione e il potenziamento di criteri rigorosi e trasparenti sulla qualità e la tracciabilità del prodotto dell'acquacoltura comunitario, migliorando l'alimentazione dei pesci e introducendo e rafforzando i criteri di etichettatura per il prodotto d'acquacoltura di qualità e per il prodotto d'acquacoltura biologica;
14. ritiene che l'obiettivo prioritario della certificazione di qualità ecologica per i prodotti dell'acquacoltura sia di promuovere lo sfruttamento ecocompatibile delle risorse acquatiche viventi nel contesto di uno sviluppo sostenibile, che prenda in considerazione gli aspetti ambientali, economici e sociali, nel rispetto dei principi del Codice di condotta per una pesca responsabile(23) e di future linee guida promosse dalla FAO;
15. esorta la Commissione ad attuare un programma europeo di ecoetichettatura per i prodotti della pesca e dell'acquacoltura, che si ispiri ai relativi orientamenti comunitari; sottolinea che l'ecoetichettatura non solo rappresenta un vantaggio competitivo per i prodotti europei dell'acquacoltura, ma apporta trasparenza a un mercato in cui la proliferazione di certificazioni private può confondere i consumatori;
16. esorta la Commissione a intraprendere azioni volte a garantire che il rinnovo degli stock negli allevamenti di acquacoltura non incida negativamente sullo stato naturale o la sopravvivenza delle popolazioni selvatiche, degli ecosistemi marini e della biodiversità in generale;
17. ritiene che gli aiuti finanziari destinati a indennizzare i danni causati da animali giuridicamente protetti costituiscano un elemento indispensabile per lo sviluppo di un'acquacoltura sostenibile, moderna e produttiva;
18. ritiene che, pur agendo su aspetti comuni quali le valutazioni dell'impatto ambientale, l'uso e la tutela delle acque o la rintracciabilità del prodotto, qualsiasi legislazione comunitaria proposta non debba avere un approccio generico o indifferenziato;
19. ribadisce la necessità di un impegno più convinto dell'Unione a favore degli investimenti nel settore dell'acquacoltura sostenibile mediante i finanziamenti aggiuntivi del Fondo comunitario per il settore della pesca; sottolinea tuttavia che il futuro finanziamento delle attività connesse con l'acquacoltura dovrebbe essere possibile soltanto con l'effettiva attuazione della direttiva concernente la valutazione d'impatto ambientale(24), per garantire che i progetti finanziati non causino il degrado dell'ambiente o delle popolazioni di pesci e di molluschi selvatici;
20. sottolinea che il rispetto della biodiversità va stabilito quale principio fondamentale della politica dell'UE in materia di acquacoltura, sia per quanto riguarda le acque interne che per la dimensione esterna della strategia per questo settore, dando sostegno agli allevamenti solo se le specie interessate sono locali o già ben stabilite; chiede una valutazione scientifica dei rischi per tutte le introduzioni di specie non autoctone e l'introduzione di misure di adozione per contenere e monitorare le specie ecologicamente dannose;
21. ribadisce la necessità di integrare le attività tradizionali di raccolta dei molluschi al resto dell'acquacoltura nella politica comune della pesca, per garantire la sostenibilità economica, sociale e ambientale e assicurare il loro accesso ai finanziamenti europei, senza discriminazioni;
22. ritiene imprescindibile che venga adottata ogni misura utile affinché qualsiasi prodotto di acquacoltura importato nell'Unione da paesi terzi, sia per il consumo che per la trasformazione, risponda appieno alle medesime norme di salute pubblica e sicurezza alimentare del prodotto comunitario, e che controlli meticolosi nelle appropriate sedi agiscano efficacemente in questo senso, senza però creare nuove barriere commerciali e incentivando lo scambio di best practice con i paesi in via di sviluppo;
23. sottolinea che acquacoltura marina e acquacoltura continentale rappresentano realtà imprenditoriali diverse, che entrambe formano parte integrante della PCP e che l'acquacoltura deve essere considerata come complementare al settore delle catture, soprattutto per quanto riguarda l'approvvigionamento del mercato e l'impiegabilità;
Considerazioni specifiche Inquadramento legislativo, amministrativo e finanziario
24. sollecita la Commissione a presentare in tempi ravvicinati una proposta di regolamento che consolidi in un testo unico tutta la normativa comunitaria a disciplina del settore dell'acquacoltura e a promuovere il coordinamento tra le varie direzioni generali competenti in materia;
25. sollecita la Commissione a definire in tale regolamento criteri di base specifici e norme di certificazione europea comuni, cui ogni stabilimento acquicolo comunitario dovrà corrispondere, nonché un'armonizzazione ottimale dei criteri d'incidenza sul settore dell'ambiente a livello comunitario, onde evitare distorsioni della concorrenza tra Stati membri per le varie tipologie produttive, delegando invece la fase di implementazione e i controlli sulle attività degli stabilimenti alle autorità competenti degli Stati membri, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà; ad esempio parametri d'impatto ambientale, di utilizzo delle risorse idriche, di alimentazione dei pesci, molluschi e crostacei nelle unità di produzione, di rintracciabilità ed etichettatura del prodotto, di salute, nonché norme in materia di benessere dei pesci ecc.;
26. sostiene che il settore dell'acquacoltura dovrà essere debitamente inquadrato e articolato in un ventaglio più ampio di attività marittime, come i trasporti marittimi, il turismo da diporto, i parchi eolici offshore, la pesca ecc;
27. sollecita la Commissione ad adoperarsi affinché gli Stati membri si impegnino formalmente a documentare e recuperare le normative esistenti sul loro territorio in materia di ambiente e di salvaguardia del turismo, e – per le zone non soggette a restrizioni – ad adottare i piani urbanistici indispensabili per la gestione delle zone marittime, costiere e delle acque interne ai fini dell'applicazione di piani settoriali per l'acquacoltura con una chiara identificazione degli spazi disponibili per l'insediamento delle imprese del settore;
28. invita gli Stati membri a prevedere una «pianificazione urbanistica del mare» e una gestione integrata delle zone costiere, secondo quanto previsto nell'ambito della nuova politica marittima dell'UE, in linea con le valutazioni di impatto ambientale, che includa tutte le diverse tipologie del settore, quali la raccolta dei molluschi, l'acquacoltura sottocosta, l'acquacoltura offshore e d'acqua dolce, e ad impegnarsi a ridurre gli ostacoli burocratici attualmente esistenti per ottenere le licenze e concessioni necessarie ad avviare un'attività nel campo dell'acquacoltura sostenibile, possibilmente mediante l'introduzione di «sportelli unici» che centralizzino in un'unica sede gli oneri amministrativi richiesti agli operatori; invita inoltre gli Stati membri a progettare piani strategici a lungo termine per promuovere lo sviluppo sostenibile dell'attività e la Commissione a presentare proposte relative a tutti gli interventi necessari per promuovere la competitività del settore, tenendo conto delle specificità di ciascuno Stato membro;
29. auspica che il futuro Fondo europeo per la pesca, a sostegno della politica comune della pesca riformata, preveda specifiche linee di bilancio dedicate allo sviluppo sostenibile dell'acquacoltura e al sostegno degli investimenti nel settore, tenendo conto delle migliori pratiche ambientali, per promuovere l'attività economica e l'occupazione, con particolare riguardo all'insediamento di impianti tecnologicamente innovativi e con un minore impatto ambientale (ad esempio sistemi per la depurazione delle acque che consentono di eliminare residui e contaminanti), di allevamenti rispettosi della salute e del benessere dei pesci e di forme di acquacoltura sostenibile;
30. auspica che tali fondi tengano debitamente conto delle necessità di sostegno finanziario delle imprese del settore, in particolare le PMI e le imprese a conduzione familiare, sulla base del contributo che esse apportano allo sviluppo sociale ed economico della zona costiera, rivolgendo particolare attenzione alle regioni periferiche e frontaliere;
31. appoggia una semplificazione delle procedure per il rilascio delle licenze da parte degli Stati membri in modo da incoraggiare l'accesso a nuove zone e facilitare l'accesso a lungo termine alle zone esistenti, in particolare quelle in cui operano le PMI e le imprese a conduzione familiare;
32. insiste altresì sulla necessità di garantire maggiori contributi finanziari alla ricerca scientifica, all'innovazione e al trasferimento tecnologico nel campo dell'acquacoltura sostenibile, biologica e offshore e d'acqua dolce, come pure alle imprese che effettueranno la conversione di una parte o della totalità della produzione convenzionale in produzione biologica, con politiche di filiera che coprano tutti i settori critici, dall'approvvigionamento alla valorizzazione e alla promozione dei prodotti sul mercato, con un migliore inquadramento di questi aspetti negli assi tematici previsti dai Fondi strutturali e dai programmi comunitari;
33. esorta la Commissione a dotare il settore dell'acquacoltura di un autentico strumento economico per affrontare le situazioni di crisi e identificare sistemi di aiuto in caso di catastrofe naturale biologica (come la proliferazione di fitoplancton tossico) o non biologica (del tipo «Erika» o «Prestige») o di fenomeni meteorologici estremi (cicloni, inondazioni ecc);
34. invita Commissione e Stati membri a sostenere la sperimentazione nell'allevamento di specie autoctone, le tecnologie di produzione di pesci sani e la lotta contro le malattie che si riscontrano nell'acquacoltura, al fine di diversificare la produzione di acquacoltura comunitaria, per offrire prodotti di elevata qualità ed elevato valore aggiunto, promuovendo la ricerca e gli scambi di best practice in merito a dette specie e ai relativi metodi di produzione, al fine di consentire una migliore posizione concorrenziale del prodotto di acquacoltura nei confronti di altri prodotti alimentari innovativi;
35. sottolinea la necessità di attuare misure che garantiscano il ripopolamento di specie in regressione nei fiumi, soprattutto le specie migratorie che hanno per tradizione un impatto rilevante per le popolazioni rivierasche (storione, alosa, salmone, ecc), nonché di altre specie marine, e segnala alla Commissione e agli Stati membri la necessità di dotarsi delle risorse finanziarie necessarie per portare avanti iniziative di questo tipo;
36. invita la Commissione a tener conto della tendenza allo sviluppo di impianti di acquacoltura offshore come potenziale soluzione al problema della disponibilità di spazi lungo le coste europee e a tener conto altresì delle situazioni ambientali e climatiche difficili in cui si pratica questo tipo di acquacoltura;
37. sollecita Commissione e Stati membri a garantire una formazione professionale adeguata in materia di acquacoltura, per aumentare la competitività del settore e favorire la possibile riconversione degli operatori provenienti dalla pesca professionale verso una diversa gestione degli ambienti acquatici, contribuendo inoltre alla creazione di posti di lavoro per i giovani nelle aree rurali, costiere ed ultraperiferiche, in particolare nelle regioni che dipendono in larga misura dalle attività di pesca e di acquacoltura;
38. invita gli Stati membri a prendere in considerazione la creazione di organizzazioni specializzate per la promozione dei prodotti d'acquacoltura, invitando altresì la Commissione a estendere le regole sulle organizzazioni comuni di mercato al settore dell'acquacoltura sostenibile e a supportare e incentivare le azioni promozionali a livello comunitario e sui mercati esteri;
Politica di qualità e tutela dei consumatori
39. ritiene che lo sviluppo sostenibile dell'acquacoltura non possa prescindere da una rigorosissima politica di qualità, da metodi produttivi rispettosi dell'ambiente e del benessere degli animali – per quanto riguarda il trasporto di animali di acquacoltura, i metodi di abbattimento e la vendita di pesce vivo –, da rigorose norme sanitarie nonché da un elevato livello di protezione dei consumatori;
40. invita quindi la Commissione alla creazione di un marchio di qualità comunitario specifico per i prodotti dell'acquacoltura, oltre che di un marchio di qualità destinato ai prodotti dell'acquacoltura biologica, elaborando disciplinari rigorosi in linea con i principi comunitari della produzione di qualità e biologica, che garantiscano al consumatore l'affidabilità del sistema di produzione e di controllo e la tracciabilità completa dei prodotti; incoraggia la Commissione a valutare il possibile utilizzo di sistemi di etichettatura già esistenti per i prodotti dell'acquacoltura biologica di qualità superiore;
41. è del parere che la produzione responsabile degli ingredienti destinati all'alimentazione dei pesci, compresi gli ingredienti marini, sia una condizione essenziale per la sostenibilità dell'acquacoltura;
42. invita la Commissione, in stretta cooperazione con gli Stati membri, a organizzare o incentivare campagne d'informazione istituzionali per promuovere i prodotti derivanti dall'acquacoltura, inclusi i prodotti dell'acquacoltura biologica;
43. reitera le proprie considerazioni già esposte nella risoluzione del 4 dicembre 20081(25) per l'adozione di un piano europeo di gestione dei cormorani, ricordando come la riduzione dei danni causati da cormorani e altri uccelli predatori alle imprese acquicole sia un fattore importante dei costi di produzione e quindi fondamentale per assicurare la sopravvivenza e concorrenzialità di queste imprese; richiama l'attenzione sulla necessità di valutare le perdite causate dai cormorani e da altri uccelli predatori nell'acquacoltura e di elaborare piani per porre rimedio a tali problemi;
44. invita la Commissione ad adottare le misure chieste nella sua risoluzione del 4 dicembre 2008, in particolare per quanto riguarda l'attuazione di un piano graduale di gestione della popolazione dei cormorani, coordinato a livello europeo, e la raccolta di dati scientifici sulle dimensioni delle popolazioni di cormorani; chiede alla Commissione di avanzare proposte per una legislazione esaustiva in materia;
45. sollecita la Commissione, in stretta collaborazione con gli Stati membri e tenuto conto delle diverse condizioni geografiche e climatologiche, delle tecniche di produzione utilizzate e della particolarità delle specie allevate, a proporre dei criteri sostenibili relativi al benessere dei pesci allevati, quali livelli massimi di densità degli allevamenti, quantità di proteine vegetali e animali utilizzabili come mangimi nei vari allevamenti, che tengano conto delle specificità di allevamento delle singole specie, delle esigenze nutrizionali delle specie ittiche allevate, delle fasi del loro ciclo vitale e delle condizioni ambientali, a promuovere pratiche di trasporto e di abbattimento che riducano al minimo le fonti di stress, e un ricambio idrico nelle vasche di allevamento appropriato ad assicurare il benessere delle specie ittiche allevate; ribadendo che a lungo termine l'obiettivo deve essere quello di sostituire proteine animali con proteine vegetali per tutte le specie ove ciò sia possibile, considerando le loro esigenze nutrizionali, la ricerca strategica per la sostituzione degli ingredienti essenziali dovrebbe rivestire la massima priorità; considerando che la ricerca sulle sostanze nutrienti essenziali e le modalità per la loro produzione da fonti alternative, come microalghe e lievito, ridurrebbe la necessità di farina di pesce a più lungo termine;
46. invita la Commissione ad estendere il campo di applicazione del regolamento (CE) n.1/2005 del Consiglio sulla protezione degli animali durante il trasporto(26) in modo da limitare il trasporto di pesce su lunghe distanze, favorendo così le avannotterie e l'allevamento di giovani esemplari a livello locale e incoraggiando l'abbattimento in prossimità dei vivai;
47. esorta la Commissione a garantire che l'approvvigionamento di materie prime utilizzate nella produzione di mangimi per pesci avvenga secondo prassi accettabili dal punto di vista ambientale e non eserciti un impatto negativo sugli ecosistemi da cui provengono detti ingredienti;
48. invita la Commissione a garantire che siano evitate le procedure di pre-macellazione classificate dall'EFSA come dannose per il benessere dei pesci; occorre vietare i metodi di abbattimento che secondo l'EFSA portano il pesce a rimanere a lungo cosciente prima della morte come avviene ad esempio asfissiando il pesce in poltiglia di ghiaccio;
49. esorta la Commissione a pubblicare orientamenti tecnici specifici sulla certificazione di mangimi sostenibili per pesci;
Relazioni esterne
50. invita la Commissione e gli Stati membri ad adoperarsi per un'applicazione rigorosa della legislazione comunitaria sull'intera catena dei prodotti di acquacoltura, inclusi i mangimi e le materie prime per mangimi, importati da paesi terzi;
51. invita la Commissione a indagare direttamente sui metodi di produzione negli allevamenti ittici al di fuori dell'Unione europea e a riferire sugli eventuali pericoli per la salute;
52. sottolinea la necessità di garantire che i prodotti alimentari acquatici che sono fabbricati o importati nell'UE rispettino standard elevati in materia di protezione dell'ambiente e di salute e sicurezza dei consumatori;
53. sollecita la Commissione ad adoperarsi per assicurare che il principio del reciproco riconoscimento e della libera circolazione di beni si applichi ai farmaci, curativi e preventivi, utilizzati in acquacoltura, per promuovere accordi di reciprocità con i paesi terzi ad alto know-how settoriale e per favorire l'introduzione di buone prassi da parte di altri paesi o organismi internazionali;
54. ribadisce l'importanza di realizzare controlli sistematici nei luoghi che danno accesso al mercato interno e nei siti chiave per le importazioni in tale mercato al fine di offrire al consumatore piena garanzia che i prodotti di acquacoltura importati da paesi terzi siano sistematicamente soggetti a rigidi controlli di qualità e che quindi corrispondano appieno alle normative comunitarie in materia di igiene e salute pubblica;
55. invita la Commissione e gli Stati membri a promuovere tali principi sia in sede di OMC che in tutte le sedi istituzionali adeguate;
56. invita la Commissione a promuovere, nell'ambito della politica comunitaria di cooperazione con i paesi in via di sviluppo, azioni di sostegno e formazione mirata che contribuiscano a promuovere l'acquacoltura sostenibile e a incrementare la sensibilità dei produttori acquicoli di tali paesi verso una politica di qualità e standard di produzione più elevati, in particolare per quanto riguarda i parametri ambientali e di igiene nonché le norme sociali nel settore;
57. invita la Commissione a presentare una relazione sulle norme ambientali e sociali nel settore dell'acquacoltura al di fuori dell'UE e a studiare la possibilità per una migliore informazione dei consumatori;
58. esorta la Commissione ad avviare studi di valutazione dell'impatto concernenti i possibili effetti che gli accordi commerciali dell'UE possono avere sul settore dell'acquacoltura;
o o o
59. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.
Risoluzione del Parlamento europeo, del 4 dicembre 2008, sull'elaborazione di un «Piano europeo di gestione della popolazione di cormorani» al fine di ridurre il loro impatto crescente sulle risorse ittiche, la pesca e l'acquacoltura (Testi approvati, P6_TA(2008)0583).
– viste le sue precedenti risoluzioni sulla Repubblica democratica del Congo (RDC),
– visto l'Accordo di partenariato di Cotonou firmato nel giugno 2000,
– vista la risoluzione dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE del 22 novembre 2007 sulla situazione nella Repubblica democratica del Congo, in particolare nella parte orientale, e sul suo impatto sulla regione,
– vista la risoluzione 60/1 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, del 24 ottobre 2005, sui risultati del Vertice mondiale del 2005, in particolare i paragrafi da 138 a 140 sulla responsabilità in materia di protezione delle popolazioni,
– vista la dichiarazione rilasciata il 3 giugno 2010 da un portavoce del Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Catherine Ashton sulla morte brutale di Floribert Chebeya Bahizire,
– visti gli orientamenti dell'UE per la protezione dei difensori dei diritti umani del 2004 e la strategia locale di messa in atto di tali orientamenti per la RDC, adottata dai capi missione il 20 marzo 2010,
– vista la risoluzione 1856 (2008) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sul mandato della missione ONU nella RDC (MONUC),
– visto l'articolo 122, paragrafo 5, del suo regolamento,
A. considerando che Floribert Chebeya Bahizire, Direttore esecutivo dell'organizzazione per i diritti umani «La Voix des Sans Voix» (La Voce dei senza voce), è stato trovato morto nella sua auto a Kinshasa mercoledì 2 giugno 2010, dopo essere stato convocato dalla polizia,
B. considerando che, secondo quanto riportato dai mass media, il pomeriggio di martedì 1° giugno 2010 Floribert Chebeya Bahizire aveva ricevuto una telefonata dalla stazione centrale di polizia, in cui gli si chiedeva di essere presente ad un incontro con il capo della polizia della RDC, l'Ispettore generale John Numbi Banza Tambo; che una volta arrivato alla stazione di polizia Floribert Chebeya Bahizire non aveva potuto entrare in contatto con l'Ispettore generale e aveva comunicato alla sua famiglia, per sms, che sarebbe ritornato in città,
C. considerando che l'attività svolta da Floribert Chebeya Bahizire in difesa della democrazia e dei diritti dell'uomo nella RDC dal 1990 – su questioni che riguardano la corruzione in seno all'esercito, i legami tra milizie e forze politiche straniere, il sostegno della costituzione, gli arresti illegali, la detenzione arbitraria e il miglioramento delle condizioni di detenzione – gli aveva valso il rispetto e l'ammirazione dei suoi compatrioti e della comunità internazionale,
D. considerando che Fidèle Bazana Edadi, l'autista di Floribert Chebeya Bahizire, è scomparso,
E. considerando che alla famiglia di Floribert Chebeya Bahizire non è stato autorizzato il pieno accesso alla salma e che vi sono dichiarazioni contraddittorie riguardo alle condizioni del corpo al momento del suo ritrovamento,
F. considerando che il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie, Philip Alston, ha affermato che le circostanze dell'uccisione inducevano chiaramente a pensare a una responsabilità ufficiale,
G. considerando che l'Ispettore generale Numbi Banza Tambo è stato sospeso fino a nuovo avviso e che altri tre ufficiali di polizia sono stati arrestati in relazione con l'omicidio; considerando altresì che il vicecapo della polizia Colonnello Daniel Mukalayi avrebbe confessato di aver ucciso Floribert Chebeya Bahizire per ordine del suo superiore, il Generale Numbi Banza Tambo,
H. considerando che Floribert Chebeya Bahizire aveva detto in più occasioni ad Amnesty International di avere avuto l'impressione di essere stato seguito e di essere sorvegliato dai servizi di sicurezza,
I. considerando che il Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Catherine Ashton, il Segretario generale dell'ONU, Ban Ki-moon, l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo, Navi Pillay, il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie, Philip Alston, e il capo della Forza delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace nella RDC, Alan Dos, hanno tutti rilasciato dichiarazioni di condanna dell'uccisione di Floribert Chebeya Bahizire e chiesto che sia avviata un'inchiesta indipendente,
J. considerando che l'omicidio rientra in una crescente tendenza all'intimidazione e alla vessazione di cui sono vittime difensori dei diritti umani, giornalisti, oppositori politici, vittime e testimoni nella RDC; considerando che numerosi giornalisti e attivisti dei diritti dell'uomo sono stati uccisi in circostanze sospette nella RDC negli ultimi cinque anni,
K. considerando che, durante lo scorso anno, numerose ONG hanno osservato, nella RDC, un'oppressione crescente nei confronti dei difensori dei diritti umani, che include arresti illegali, processi, minacce telefoniche e convocazioni ripetute negli uffici dei servizi di intelligence,
L. considerando che le inchieste relative all'uccisione del difensore dei diritti umani Pascal Kabungulu Kibembi nel 2005 e di vari giornalisti, tra cui Franck Ngycke Kangundu e la moglie Hélène Mpaka, nel novembre 2005, Serge Maheshe nel giugno 2007 e Didace Namujimbo nel novembre 2008, sono state condotte dalle autorità militari congolesi e sono state caratterizzate da gravi irregolarità,
M. considerando che, in relazione al mandato di arresto della Corte penale internazionale (CPI) dell'aprile 2008 nei confronti di Bosco Ntaganda per crimini di guerra fra cui il reclutamento di bambini soldato, la RDC, in quanto firmataria dello Statuto di Roma, viola i suoi obblighi giuridici di cooperazione con detta Corte, fra l'altro arrestando persone nei confronti delle quali è state emesso un mandato di cattura; considerando altresì che la RDC ha invece promosso Bosco Ntaganda ad un'alta carica nell'esercito congolese, accentuando così l'impressione che le violazioni dei diritti umani restano impunite e contribuendo in tal modo al moltiplicarsi di tali crimini,
N. considerando che una situazione di guerra civile ha prevalso per anni in determinate parti della RDC, cosa che è stata all'origine di massacri, di stupri di massa e del diffondersi del fenomeno dei bambini soldato,
O. considerando che i massacri, in particolare quelli perpetrati dall'«Esercito di resistenza del Signore» (LRA), un gruppo paramilitare che avuto origine in Uganda, riguardano oggi tutti i paesi vicini,
P. considerando che queste forme di persecuzione nei confronti delle popolazioni civili toccano anche il personale di ONG, cosa che ha portato a una riduzione dell'aiuto umanitario nella RDC,
Q. considerando che sarà prossimamente celebrato il 50° anniversario dell'indipendenza della RDC e che i diritti dell'uomo e la democrazia costituiscono elementi fondamentali per lo sviluppo di tale paese,
1. condanna fermamente l'assassinio di Floribert Chebeya Bahizire e la scomparsa del suo autista, Fidèle Bazana Edadi; esprime la sua piena solidarietà alle loro famiglie;
2. chiede che sia istituita una commissione d'inchiesta indipendente, credibile, minuziosa e trasparente incaricata di indagare sulla morte di Floribert Chebeya Bahizire e di localizzare Fidèle Bazana Edadi, e che si prendano iniziative per assicurare protezione alle famiglie di entrambi;
3. chiede che i responsabili siano identificati, tradotti in giustizia e puniti conformemente alla legge congolese e alle disposizioni internazionali in materia di protezione dei diritti umani;
4. si compiace che le autorità abbiano dato seguito alla richiesta della famiglia di Floribert Chebeya Bahizire di effettuare un'autopsia indipendente, invitando un'équipe di medici legali olandesi guidata dal dott. Franklin Van de Groot e incaricata di stabilire le cause del decesso;
5. esprime profonda preoccupazione riguardo al generale degrado della situazione dei difensori dei diritti umani nella RDC; invita le autorità della RDC a rispettare integralmente la Dichiarazione sui difensori dei diritti umani adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1998 e ad attuare le raccomandazioni risultanti dal riesame periodico universale 2009 delle Nazioni Unite quali misure per proteggere i diritti dei difensori dei diritti umani; sottolinea che la punizione dei responsabili delle uccisioni di difensori dei diritti umani e di giornalisti perpetrate negli ultimi anni è un elemento essenziale ai fini della democratizzazione del paese;
6. condanna le continue oppressioni di cui sono vittime gli attivisti dei diritti umani, i giornalisti, gli oppositori politici, le vittime e i testimoni nella RDC; chiede agli Stati membri di garantire loro protezione e di fornire a tal fine un sostegno logistico e tecnico conformemente agli orientamenti per la protezione dei difensori dei diritti umani;
7. condanna le atrocità commesse dall'LRA e da altri gruppi armati nella RDC;
8. pone l'accento sulla necessità di combattere la corruzione e di assicurare alla giustizia i membri delle forze armate e di polizia congolesi responsabili di violazioni dei diritti umani, e sottolinea il ruolo cruciale che la MONUC deve svolgere al riguardo attraverso la pianificazione e l'attuazione congiunta delle operazioni nonché attraverso adeguati meccanismi di responsabilità per gli abusi; sollecita in particolare la RDC a rispettare gli obblighi giuridici che ha contratto a livello internazionale, ad arrestare Bosco Ntaganda e a deferirlo alla CPI;
9. invita tutte le parti ad accelerare la lotta contro l'impunità e a sostenere lo Stato di diritto; chiede al governo della RDC di garantire che i responsabili di violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale siano chiamati a risponderne e lo invita a cooperare pienamente con la CPI;
10. sottolinea che l'UE e la RDC sono firmatarie dell'Accordo di Cotonou, che fa espressamente riferimento alle responsabilità di tutte le parti in materia di diritti umani, di democrazia e di Stato di diritto; chiede che si presti particolare attenzione a tali questioni nel contesto della valutazione dell'Accordo;
11. chiede al governo della RDC, in occasione del 50° anniversario dell'indipendenza del paese, di impegnarsi con determinazione a favore di una prassi politica di sostegno ai diritti dell'uomo e di rafforzamento dello Stato di diritto;
12. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché al Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, alle istituzioni dell'Unione africana, al Segretario generale delle Nazioni Unite, al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite e ai governi e ai parlamenti della regione dei Grandi Laghi.
Nepal
125k
43k
Risoluzione del Parlamento europeo del 17 giugno 2010 sul Nepal
– vista la Dichiarazione universale sui diritti dell'uomo del 1948,
– visto il Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) del 1966,
– visti i Principi basilari delle Nazioni Unite sull'uso della forza e delle armi da fuoco da parte delle Forze dell'ordine del 1990,
– vista la dichiarazione rilasciata il 29 maggio 2010 dal Segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon sulla situazione politica in Nepal,
– vista la dichiarazione rilasciata il 30 aprile 2010 dal portavoce dell'Alto Rappresentante Catherine Ashton sulla situazione politica in Nepal,
– visto l'articolo 122, paragrafo 5, del suo regolamento,
A. considerando che il 21 novembre 2006, un accordo di pace globale (CPA) tra l'Alleanza dei sette partiti e i maoisti (UCPN), che controllavano gran parte del paese, ha messo fine ad un conflitto armato durato 10 anni e che ha visto la morte di circa 13 000 persone,
B. considerando che questo storico accordo ha evidenziato ciò che si può realizzare quando le forze politiche negoziano in buona fede, spianando la strada all'elezione di un'Assemblea Costituente (AC), alla creazione di un governo ad interim che comprende i maoisti, al disarmo dei combattenti maoisti e alla loro sistemazione in campi, così come al ritiro dell'esercito nepalese nelle caserme,
C. considerando che molti dei termini dell'accordo di pace del 2006, concluso dopo un decennio di conflitto armato tra maoisti e il governo, rimangono non realizzati,
D. considerando che, dopo le elezioni dell'AC del 10 aprile 2008, elezioni che la missione di osservazione elettorale dell'Unione europea ha giudicato conformi a molte, se non a tutte, le norme internazionali e in occasione delle quali l'UCPN ha raccolto quasi il 40% dei voti, l'AC ha deciso, dopo 240 anni, di abolire la monarchia e di trasformare il Nepal in una Repubblica democratica federale,
E. considerando che, secondo il Global Peace Index (GPI), il Nepal, negli ultimi anni e soprattutto nel 2009 e nel 2010, è diventato un paese meno pacifico,
F. considerando che nel maggio 2009 il primo ministro Pushpa Kamal Dahal (Prachanda) si è dimesso e il suo partito, l'UCPN (M), si è ritirato dal governo per una disputa con il presidente (Nepali Congress) circa le dimissioni del capo dell'esercito, che era stato in contrasto con i maoisti per quanto riguarda il reinserimento degli ex scombattenti dell'Esercito di Liberazione del Popolo (PLA) nell'esercito nepalese,
G. considerando che nella susseguente instabilità politica, incrementata dalle campagne maoiste di disturbo civile e parlamentare, una fragile alleanza anti-maoista di 22 partiti, sotto il primo ministro Madhav Kumar Nepal (CPN-UML), è stata incapace di realizzare le due principali aspettative: una nuova costituzione ampiamente accettabile per la Repubblica federale entro il termine di due anni del 28 maggio 2010 e un accordo sul reinserimento/riabilitazione dei circa 20000 ex combattenti PLA,
H. considerando che i colloqui formali tra leader di partito dell'alleanza partito CPN-UML sulla formazione di un nuovo governo sono ripresi dopo che è stato raggiunto un accordo dell'ultimo minuto in tre punti, accordo che prevede la proroga di un anno dell'AC, la formazione di un governo di consenso nazionale e le dimissioni del primo ministro Madhav Kumar Nepal «quanto prima possibile», insieme a «progressi sull'accordo di pace»,
I. considerando che il video Shaktikhor, che sembrava giustificare le accuse di brogli su cifre contrastanti e progetti di utilizzo della «democratizzazione» per politicizzare l'esercito nazionale, suscita legittimi interrogativi che l'UCPN (M) non ha ancora chiarito,
J. considerando che l'attuale instabilità politica sta avendo un impatto determinante sulla sviluppo sociale, economico e turistico del Nepal, che, essendo situato tra l'India e la Cina, le principali economie mondiali che registrano la maggiore crescita, ha bisogno di stabilità politica, al fine di capitalizzare la sua posizione strategica,
K. considerando che il Nepal continua a risentire di un grave sottosviluppo economico e sociale; che circa il 30% della popolazione è al di sotto della soglia di povertà assoluta, che il 16% della popolazione è gravemente malnutrito, che il tasso di analfabetismo resta uno dei più alti nell'Asia meridionale e che lo sviluppo è paralizzato dalla carenza di combustibili di base a livello nazionale, che causano interruzioni di energia elettrica, restrizioni per i trasporti e aumenti dei prezzi dei prodotti alimentari,
L. considerando che la situazione di molti rifugiati in Nepal, in particolare tibetani, è motivo di preoccupazione,
M. considerando che le autorità nepalesi sono da encomiare per aver onorato il «gentlemen's agreement» relativo ai profughi tibetani,
N. considerando che nessun membro delle forze di sicurezza statali o degli ex combattenti maoisti è stato finora ritenuto penalmente responsabile per le violazioni gravi e sistematiche delle leggi di guerra commesse durante il conflitto,
O. considerando che la delegazione del Parlamento europeo per le relazioni con l'Asia meridionale ha intrapreso una missione a Kathmandu nel periodo cruciale dal 23 al 29 maggio 2010,
1. esprime profonda preoccupazione circa la non-esistenza di una Costituzione permanente basata sui valori democratici e sui diritti umani ed esprime la propria solidarietà al popolo nepalese e a tutte le famiglie che hanno perso parenti a causa della violenza di questi ultimi anni;
2. si compiace della decisione dell'ultimo minuto che i partiti politici hanno preso il 28 maggio 2010 quanto all'adozione delle misure necessarie a prorogare il mandato dell'AC ed elogia in particolare l'importante contributo del Caucus delle donne;
3. esorta l'AC e tutti gli attori politici coinvolti a negoziare senza condizioni preconcette, a mostrare flessibilità, ad evitare eventuali azioni di provocazione e a lavorare insieme per l'unità nazionale al fine di trovare una struttura chiara per la nuova costituzione, di creare una democrazia federale funzionante e di rispettare il nuovo termine che, il 28 maggio 2010, è stato prorogato di un anno;
4. invita tutte le parti in causa a facilitare e a promuovere il lavoro dei Comitati Costituzionali (CC) sulla futura tabella di marcia a seguito della proroga del termine dell'AC;
5. sottolinea la necessità di una comunicazione chiara e pubblica di tutte le questioni oggetto di accordo e si compiace quindi per il libro bianco con cui spiegare alla popolazione i progressi finora compiuti nella stesura della Costituzione della Repubblica federale; elogia le tre commissioni tematiche su undici che hanno completato il proprio lavoro;
6. si compiace della decisione adottata il 31 maggio 2010 dal Congresso nepalese (NC) di impegnarsi in un governo di unità nazionale aperto a tutti i partiti politici, compreso il principale partito di opposizione UCPN (M);
7. invita l'UCPN (M) ad impegnarsi in una pianificazione costruttiva e a trovare un modo per integrare gli ex combattenti maoisti nella società, compresi i gruppi che risiedono nei campi controllati dall'UNMIN;
8. invita l'Unione europea e gli Stati membri a sostenere tutti gli sforzi del governo nepalese e delle parti interessate per trovare una soluzione circa l'integrazione degli ex combattenti maoisti nell'esercito nazionale o in altre forze di sicurezza, nonché ad individuare soluzioni alternative praticabili per coloro che non possono essere integrati in queste organizzazioni;
9. invita i partiti politici, segnatamente l'UCPN-M, a tenere a freno le loro frange giovanili militanti e ad astenersi dal reclutare bambini; invita l'UCPN-M a garantire il libero accesso ai pacchetti di riabilitazione previsti per quei minori che, di recente, sono stati liberati dai loro campi;
10. invita direttamente l'ONU, idealmente in collaborazione con il governo, a stabilire le procedure di formazione dei potenziali membri delle forze di sicurezza per escludere coloro che si sono chiaramente resi colpevoli di violazioni dei diritti umani da posizioni nei corpi di pace delle Nazioni Unite; ricorda all'esercito nepalese che, purtroppo, sono già in gioco la sua professionalità e reputazione e la situazione rimarrà tale fintantoché le questioni consolidate e ben documentate relative all'impunità tollerata al suo interno continueranno a non essere affrontate obiettivamente, vale a dire da parte della magistratura;
11. esprime la propria preoccupazione per quanto riguarda le notizie relative a nuovi reclutamenti presso l'esercito nazionale; ricorda che la Corte Suprema li ha ritenuti compatibili con il CPA nella misura in cui riguardano solo il personale tecnico; constata, tuttavia, che una tale ondata di reclutamenti potrebbe esacerbare le difficoltà incontrate nel processo di transizione;
12. rimane profondamente convinto che, due anni dopo l'abolizione della monarchia, l'esercito dovrebbe essere pienamente sottoposto al controllo democratico, compresi gli aspetti di bilancio; dichiara la propria solidarietà nei confronti dell'AC in relazione a qualsiasi iniziativa al riguardo;
13. ricorda nuovamente agli Stati membri dell'UE che le esportazioni di armi letali verso il Nepal restano vietate in virtù dell'accordo globale di pace e li invita a fornire un sostegno finanziario e tecnico a soluzioni creative per la ristrutturazione dell'esercito nepalese;
14. esprime il suo pieno sostegno al ruolo fondamentale svolto dalla UNMIN, e ritiene che il mandato di tale missione debba essere prorogato almeno fino a che il processo di pace non sarà entrato in una fase di consolidamento;
15. esprime preoccupazione per le notizie di una crescente incidenza di torture e aggressioni violente; plaude in questo contesto al lavoro della Commissione nazionale per i diritti dell'uomo del Nepal;
16. esprime preoccupazione per il fatto che il governo del Nepal abbia prorogato di un anno il mandato dell'UNHCR solo con un mandato rivisto, sospendendo gradualmente le attività regionali dell'organismo, contrariamente alle speranze di poter potenziare la sua funzione di monitoraggio dei diritti umani;
17. chiede l'istituzione della commissione sulle sparizioni, della commissione per la verità e la riconciliazione e della commissione per la pace nazionale e la riabilitazione, come specificato nell'accordo di pace globale (CPA);
18. deplora profondamente che finora non vi sia stato un solo processo nei tribunali civili per i gravi crimini commessi da entrambe le parti durante il conflitto;
19. esorta i partiti e i governi a porre fine alle interferenze politiche nei procedimenti penali, per poter creare una magistratura politicamente indipendente nell'ambito del processo costituzionale e, contestualmente, programmare la ratifica dello statuto della Corte penale internazionale;
20. plaude all'annuncio, diffuso nel 2009, secondo il quale il Nepal avrebbe sostenuto il progetto di principi e orientamenti delle Nazioni Unite per eliminare la discriminazione fondata sulla casta, ma esprime preoccupazione per la perdurante pratica del lavoro forzato, segnatamente nel contesto delle pratiche note come Kamaiya, Haruwa e Charuwa, come pure per l'allarmante situazione in cui versano milioni di «senza terra», che rischia di deteriorarsi ulteriormente con l'impatto del cambiamento climatico, e invita il governo e i partiti a sostenere il funzionamento della commissione per la riforma agraria;
21. invita il governo nepalese ad affrontare il problema degli 800 000 nepalesi apolidi, semplificando le procedure burocratiche e riducendo i costi delle domande per ottenere certificati di cittadinanza; reputa fondamentale che anche essi siano presi in considerazione nel corso dei negoziati del processo di pace;
22. esorta il governo nepalese a garantire norme di protezione per tutti i rifugiati e a portare avanti i propri sforzi per impedire e ridurre i casi di apolidia, in particolare tra i bhutanesi, conformemente agli standard internazionali, a firmare la Convenzione sui rifugiati del 1951 o il relativo protocollo del 1967 e a seguire le norme stabilite all'UNHCR;
23. ritiene che il proseguimento, da parte delle autorità nepalesi, della piena applicazione del «Gentlemen's Agreement» riguardo ai rifugiati tibetani sia essenziale per mantenere i contatti tra l'UNHCR e le comunità tibetane; accoglie favorevolmente, a tale proposito, le possibilità di dare accesso al territorio nel quadro del «Gentlemen's Agreement» con l'UNHCR e di offrire soluzioni più durature;
24. invita l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza a controllare da vicino, per il tramite della sua delegazione a Kathmandu, la situazione politica in Nepal e ad usare la sua influenza per fare appello alle vicine potenze della regione, in particolare la Cina e l'India, affinché sostengano i negoziati in vista della creazione di un governo di unità nazionale;
25. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, agli Stati membri, al Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al governo del Nepal, ai governi e parlamenti dell'India e della Repubblica popolare cinese nonché al Segretario generale delle Nazioni Unite.
Esecuzioni in Libia
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Risoluzione del Parlamento europeo del 17 giugno 2010 sulle esecuzioni in Libia
– viste le sue precedenti risoluzioni sull'abolizione della pena di morte e sulle relazioni annuali relative ai diritti umani nel mondo, segnatamente quella del 2008, nonché l'esigenza di un'immediata moratoria sulle esecuzioni nei paesi in cui la pena di morte è ancora in vigore,
– viste le risoluzioni dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite 62/149 del 18 dicembre 2007 e 63/168 del 18 dicembre 2008, nelle quali si chiede una moratoria sull'applicazione della pena di morte (sulla base della relazione della terza commissione, A/62/439/Add.2),
– visti gli orientamenti dell'Unione europea in materia di pena di morte, del 16 giugno 1998, e la loro versione rivista e aggiornata del 2008,
– vista la dichiarazione finale adottata dal Quarto congresso mondiale contro la pena di morte, tenutosi a Ginevra dal 24 al 26 febbraio 2010, in cui si chiede l'abolizione universale della pena di morte,
– viste le convenzioni internazionali in materia di tutela dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali,
– vista la politica di immigrazione e asilo dell'UE e visti la convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e il protocollo del 31 gennaio 1967, relativi allo status dei rifugiati,
– visti il dialogo informale in atto tra l'UE e la Libia, finalizzato al consolidamento delle relazioni, e l'attuale cooperazione tra l'UE e la Libia in materia di migrazione (due progetti realizzati nel quadro del programma Aeneas e dello strumento per la migrazione e l'asilo) e di HIV-AIDS (Piano d'azione per la lotta all'HIV a Bengasi),
– visto l'articolo 122, paragrafo 5, del suo regolamento,
A. considerando che l'abolizione della pena di morte è parte integrante dei valori fondamentali dell'Unione europea; che il Parlamento europeo è fermamente impegnato a favore dell'abolizione della pena di morte e si adopera affinché tale principio ottenga un riconoscimento universale,
B. considerando che il governo libico ha opposto resistenza ai progressi verso l'abolizione della pena di morte; che nel dicembre 2007 e 2008 la Libia ha fatto parte della minoranza di Stati che hanno votato contro le risoluzioni dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, approvate con successo, nelle quali si chiedeva una moratoria delle esecuzioni a livello mondiale,
C. considerando che la Libia è divenuta recentemente membro del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, il che comporta un'accresciuta responsabilità in materia di diritti umani,
D. considerando che secondo quanto riferito da Cerene, un giornale molto vicino a Saif al-Islam al-Gaddafi, figlio del leader libico Muammar al-Gaddafi, 18 persone sarebbero state giustiziate il 30 maggio scorso a Tripoli e a Bengasi, tra cui cittadini ciadiani, egiziani e nigeriani, a seguito dell'accusa di omicidio premeditato, e che le loro identità non sono state rese note dalle autorità libiche,
E. considerando che sussiste il timore che le pene capitali siano comminate al termine di processi che non soddisfano i criteri internazionali relativi al giusto processo,
F. considerando che la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, di cui la Libia è firmataria, in particolare l'articolo 6, paragrafo 2, richiede agli Stati firmatari che non hanno abolito la pena di morte di applicarla «soltanto per i delitti più gravi»,
G. considerando che i tribunali libici continuano a comminare la pena capitale, in gran parte per reati di omicidio e di droga, sebbene tale pena possa essere inflitta anche per un'ampia gamma di altri reati, tra cui l'esercizio pacifico del diritto alla libertà di espressione e di associazione,
H. considerando l'assenza di statistiche ufficiali disponibili sul numero di persone condannate a morte e giustiziate ogni anno in Libia, e che stando a varie fonti oltre 200 persone, compresi cittadini stranieri, si trovano attualmente nel braccio della morte in Libia,
I. considerando che i cittadini stranieri sovente non hanno la possibilità di avvalersi dei propri rappresentanti consolari e di servizi di interpretazione e traduzione nel corso dei procedimenti giudiziari,
J. considerando che, a norma dell'articolo 19, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, «nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti»,
K. considerando che, dopo la sospensione delle sanzioni internazionali nei confronti della Libia nel 2003, l'Unione europea ha sviluppato una politica d'impegno graduale con la Libia e alla fine del 2007 ha avviato negoziati per un accordo quadro,
L. considerando che sinora l'UE ha intrattenuto con la Libia un dialogo informale e una serie di consultazioni finalizzate alla firma di un accordo quadro, anche in merito alle questioni relative alla migrazione, e che i negoziati in corso si sono protratti per almeno sette fasi negoziali tra le due parti, senza che si sia registrato alcun progresso sostanziale o alcun chiaro impegno da parte della Libia per il rispetto delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani,
M. considerando che il maggiore ostacolo nelle relazioni tra l'Unione europea e la Libia è costituito dalla mancanza di progressi nel dialogo sui diritti umani, le libertà fondamentali e la democrazia, in particolare la mancata ratifica della Convenzione di Ginevra, nonché dall'aggressiva politica estera del regime libico, non da ultimo nei confronti degli Stati europei; che la Libia non possiede un sistema nazionale di asilo che disciplina la selezione e la registrazione dei rifugiati, la concessione del relativo status, le visite ai centri di detenzione e la prestazione di assistenza medica e umanitaria, lavoro che è stato svolto dall'UNHCR,
N. che secondo l'UNHCR in Libia sono stati registrati 9 000 rifugiati – per la maggior parte palestinesi, iracheni, sudanesi e somali – di cui 3 700 sono richiedenti asilo provenienti principalmente dall'Eritrea; che i rifugiati rischiano costantemente di essere rinviati nei loro paesi d'origine e di transito, senza che i principi della Convenzione di Ginevra siano rispettati, e sono così esposti al rischio di persecuzione e morte; che si sarebbero registrati casi di maltrattamento, tortura e omicidio nei centri di detenzione per rifugiati, come pure casi di abbandono di rifugiati in zone desertiche ai confini tra la Libia e altri paesi africani,
O. considerando che l'8 giugno 2010 le autorità libiche hanno ordinato la chiusura dell'ufficio dell'UNHCR, presente a Tripoli dal 1991 e composto da 26 dipendenti, in quanto i suoi rappresentanti avrebbero «commesso attività illegali»,
P. considerando che alla Libia, come ai paesi che hanno sottoscritto accordi di associazione, è stato concesso un programma indicativo nazionale per un importo di 60 milioni di EUR per il periodo 2011-2013 affinché il paese possa continuare a fornire aiuti sanitari e a combattere l'immigrazione clandestina,
1. ribadisce la sua opposizione di lunga data alla pena di morte in ogni caso e in qualsiasi circostanza; ricorda il fermo impegno dell'Unione europea di operare per l'abolizione della pena di morte ovunque e sottolinea ancora una volta che l'abolizione della pena di morte contribuisce a promuovere la dignità umana e a far progredire i diritti dell'uomo;
2. condanna fermamente l'esecuzione di 18 persone il 30 maggio 2010 ed esprime il suo cordoglio e la sua solidarietà alle famiglie delle vittime;
3. chiede alla Libia di rivelare i nomi delle 18 persone giustiziate, compresi quelli dei cittadini stranieri;
4. invita la autorità libiche ad assicurare che alle persone arrestate in relazione agli eventi sopra citati sia garantito un trattamento umano durante la detenzione e processi giusti conformemente al diritto internazionale, compreso il diritto a un avvocato di propria scelta e il rispetto del principio della presunzione di innocenza;
5. esorta le autorità libiche a progredire verso una moratoria sulle esecuzioni;
6. esprime profonda preoccupazione per la chiusura dell'ufficio dell'UNHCR in Libia;
7. esorta le autorità libiche a ratificare quanto prima la Convenzione di Ginevra sui rifugiati e a consentire e facilitare lo svolgimento delle attività dell'UNHCR in Libia, inclusa la creazione di un sistema nazionale di asilo;
8. invita gli Stati membri che rinviano gli immigrati in Libia, in cooperazione con Frontex (l'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea), a porre immediatamente fine a queste pratiche qualora sussista il serio rischio che la persona interessata possa essere sottoposta alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti;
9. invita la Commissione e il Consiglio ad adottare misure relativamente ai negoziati con la Libia ai sensi dell'articolo 265 e dell'articolo 218, paragrafo 10, del TFUE, che prevedono che il Parlamento europeo sia «immediatamente e pienamente informato in tutte le fasi della procedura»; ribadisce il suo invito ad essere pienamente informato in merito al mandato di negoziazione della Commissione a tale riguardo;
10. afferma che qualunque cooperazione o accordo tra l'Unione europea e la Libia deve essere subordinato alla ratifica e all'attuazione, da parte della Libia, della Convenzione di Ginevra sui rifugiati e delle altre principali convenzioni e protocolli sui diritti umani;
11. si compiace del fatto che una commissione presieduta dall'ex presidente della Corte suprema Abdulraham Abu Tuta stia procedendo a una riforma del codice penale e auspica che essa possa presentare a breve un rapporto in proposito; invita le autorità libiche ad avviare un dibattito nazionale libero e democratico sulla pena di morte con l'obiettivo di aderire al nuovo orientamento mondiale a favore della sua abolizione;
12. si compiace della liberazione del cittadino svizzero Max Goeldi;
13. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché agli Stati membri, all'UNHCR, all'Assemblea generale delle Nazioni Unite (UNGA), all'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e alle autorità libiche.