Indice 
Testi approvati
Giovedì 25 novembre 2010 - Strasburgo
Bilancio 2011
 Diritti umani e le norme sociali e ambientali negli accordi commerciali internazionali
 Relazione annuale sull'attività del Mediatore europeo nel 2009
 Relazione speciale del Mediatore europeo al Parlamento europeo a seguito del progetto di raccomandazione alla Commissione relativamente alla denuncia 676/2008/RT (a norma dell'articolo 205, paragrafo 2, primocomma)
 26a relazione annuale sul controllo dell'applicazione del diritto dell'Unione europea (2008)
 Servizio pubblico di radiodiffusione nell'era digitale: il futuro del sistema duale
 Decimo anniversario della risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite su donne, pace e sicurezza
 Situazione nel settore dell'apicoltura
 Verso una nuova strategia energetica per l'Europa 2011-2020
 Preparativi per la conferenza sul clima di Cancún (29 novembre - 10 dicembre 2010)
 Situazione nel Sahara occidentale
 Ucraina
 Politiche commerciali internazionali nel quadro degli imperativi dettati dai cambiamenti climatici
 Responsabilità sociale delle imprese negli accordi commerciali internazionali
 Norme sulla cooperazione orizzontale in materia di concorrenza
 Iraq - in particolare la pena di morte (compreso il caso di Tariq Aziz) e gli attacchi contro le comunità cristiane
 Tibet - Piani per l'introduzione del cinese quale principale lingua di insegnamento
 Myanmar - svolgimento delle elezioni e liberazione della leader dell'opposizione Aung San Suu Kyi
 Lotta contro il cancro del colon-retto nell'Unione europea
 Camp Ashraf

Bilancio 2011
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Risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2010 sui negoziati in corso sul bilancio 2011
P7_TA(2010)0433B7-0683/2010

Il Parlamento europeo,

–  visti gli articoli da 310 a 325 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,

–  visti il progetto di bilancio generale dell'Unione europea per l'esercizio 2011, presentato dalla Commissione il 27 aprile 2010 (COM(2010)0300) e le lettere rettificative nn. 1, 2 e 3, presentate dalla Commissione rispettivamente il 15 settembre 2010, l'11 ottobre 2010 e il 20 ottobre 2010,

–  vista la posizione sul progetto di bilancio generale dell'Unione europea per l'esercizio 2011 adottata dal Consiglio il 12 agosto 2010 (12699/2010 – C7-0202/2010),

–  vista la sua risoluzione del 20 ottobre 2010 sulla posizione del Consiglio sul progetto di bilancio generale dell'Unione europea per l'esercizio 2011 – tutte le sezioni(1),

–  viste la proposta della Commissione di regolamento del Consiglio che stabilisce il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2007-2013 (COM(2010)0072) e la proposta della Commissione di accordo interistituzionale tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla cooperazione in materia di bilancio (COM(2010)0073), presentate entrambe il 3 marzo 2010,

–  visti il progetto di bilancio rettificativo n. 3 al bilancio generale 2010 (COM(2010)0149) dell'8 aprile 2010 e il progetto di bilancio rettificativo n. 10 al bilancio generale 2010 (COM(2010)0598) del 20 ottobre 2010,

–  vista la proposta di decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa all'attivazione dello strumento di flessibilità (COM(2010)0150), presentata dalla Commissione l'8 aprile 2010,

–  viste la posizione del Consiglio sul progetto di bilancio rettificativo n. 3/2010, definita dal Consiglio il 13 settembre 2010 (13472/2010 – C7-0263/2010), e la risoluzione del Parlamento europeo del 20 ottobre 2010 sulla posizione del Consiglio sul progetto di bilancio rettificativo n. 3/2010 dell'Unione europea per l'esercizio 2010, sezione III – Commissione(2),

–  vista la sua risoluzione del 22 settembre 2010 sulla proposta di regolamento del Consiglio che stabilisce il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2007–2013(3),

–  vista la sua risoluzione del 29 marzo 2007 sul futuro delle risorse proprie dell'Unione europea(4),

–  visto l'articolo 78 del suo regolamento,

A.  considerando che la posizione del Consiglio sul progetto di bilancio ha limitato l'aumento degli stanziamenti di pagamento ad un importo che rappresenta un aumento del 2,91% rispetto al bilancio 2010,

B.  considerando che il Parlamento ha approvato una «strategia in sette punti» intesa ad attuare le disposizioni del trattato di Lisbona, sostenuta dagli emendamenti di bilancio, pur mostrandosi disposto a confermare il livello dei pagamenti nel contesto di un accordo globale,

C.  considerando che, il 15 novembre 2010, il comitato di conciliazione Parlamento-Consiglio non è riuscito a conseguire un accordo su un testo comune per il bilancio 2011,

1.  si dichiara disposto a favorire il conseguimento di un accordo sul bilancio 2011 e sugli elementi ad esso correlati in tempi molto stretti, purché la Commissione e il Consiglio rispettino le condizioni illustrate di seguito:

   a) il conseguimento di un accordo su veri meccanismi di flessibilità che rispettino i principi in vigore per quanto riguarda le revisioni, quali stabiliti nell'AII del 17 maggio 2006, che saranno adottati dal Parlamento e dal Consiglio a maggioranza qualificata, al fine di consentire in futuro un finanziamento adeguato, per il 2011 e gli anni seguenti, delle politiche che derivano dalle nuove competenze conferite all'Unione europea in virtù del trattato di Lisbona e dalla strategia Europa 2020;
   b) l'impegno da parte della Commissione a presentare, entro il 1° luglio 2011, proposte significative, sulla base dell'articolo 311 TFUE, relative a nuove risorse proprie per l'Unione europea e l'impegno da parte del Consiglio a discutere tali proposte con il Parlamento nel quadro del processo negoziale per il prossimo quadro finanziario pluriennale (QFP), in linea con la dichiarazione n. 3 sulla revisione del quadro finanziario allegata all'AII del 17 maggio 2006;
   c) un accordo tra le tre istituzioni su un metodo di lavoro comune che preveda la partecipazione del Parlamento al processo negoziale del prossimo QFP e la partecipazione dei deputati europei alle riunioni importanti nonché incontri regolari a livello dei presidenti del Parlamento, del Consiglio e della Commissione, ai sensi delle disposizioni degli articoli 324 e 312, paragrafo 5, TFUE;

2.  plaude agli impegni assunti dalla Commissione in relazione al valore aggiunto europeo, alle conseguenze del trattato di Lisbona per il bilancio dell'Unione europea e ad un calendario preciso per le risorse proprie;

3.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.

(1) Testi approvati, P7_TA(2010)0372.
(2) Testi approvati, P7_TA(2010)0371.
(3) Testi approvati, P7_TA(2010)0328.
(4) GU C 27 E del 31.1.2008, pag.214.


Diritti umani e le norme sociali e ambientali negli accordi commerciali internazionali
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Risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2010 sui diritti umani e le norme sociali e ambientali negli accordi commerciali internazionali (2009/2219(INI))
P7_TA(2010)0434A7-0312/2010

Il Parlamento europeo,

–  visti gli articoli 2, 3, 6 e 21 del trattato sull'Unione europea,

–  visti gli articoli 153, 191, 207 e 218 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,

–  visti gli articoli 12, 21, 28, 29, 31 e 32 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,

–  visti la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (1948) e altri strumenti dell'ONU in materia di diritti dell'uomo, in particolare i patti sui diritti civili e politici (1966) e sui diritti economici, sociali e culturali (1966), la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (1965), la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (1979) e la Convenzione sui diritti del fanciullo (1989), la dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni (2007) nonché il documento finale del Vertice del Millennio delle Nazioni Unite che ha avuto luogo il 20-22 settembre 2010 a New York,

–  visti l'accordo di Marrakech che istituisce l'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e la dichiarazione adottata alla Quarta conferenza ministeriale di Doha, nel novembre 2001, e in particolare il suo paragrafo 31,

–  viste le sue risoluzioni del 20 settembre 1996 sulla comunicazione della Commissione sul richiamo al rispetto dei principi democratici e dei diritti umani negli accordi fra la Comunità e i paesi terzi (COM(1995)0216)(1) e del 14 febbraio 2006 sulla clausola concernente i diritti umani e la democrazia negli accordi dell'Unione europea(2),

–  viste la sua risoluzione del 25 ottobre 2001 sulla trasparenza e la democrazia nel commercio internazionale(3), che esige il rispetto delle norme sociali fondamentali dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), da parte dell'OMC, e l'accettazione, da parte dell'Unione europea, delle decisioni dell'OIL, compresi i possibili ricorsi per sanzioni relative a gravi violazioni di norme sociali fondamentali,

–  vista la sua risoluzione del 25 aprile 2002 sulla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sul ruolo dell'Unione europea nella promozione dei diritti umani e della democratizzazione nei paesi terzi (COM(2001)0252)(4),

–  vista la comunicazione della Commissione dal titolo «La dimensione sociale della globalizzazione - Il contributo della politica dell'UE perché tutti possano beneficiare dei vantaggi» (COM(2004)0383),

–  vista la sua risoluzione del 15 novembre 2005 sulla dimensione sociale della globalizzazione(5),

–  vista la sua risoluzione del 5 luglio 2005 sullo sfruttamento dei bambini nei paesi in via di sviluppo, con particolare enfasi sul lavoro minorile(6),

–  viste le conclusioni del Consiglio del 14 giugno 2010 sul lavoro minorile(7),

–  vista la sua risoluzione del 6 luglio 2006 su commercio equo e sviluppo(8),

–  vista la sua risoluzione del 22 maggio 2007 sull'Europa globale: aspetti esterni della competitività(9) in risposta alla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo dal titolo «Europa globale: competere nel mondo. Un contributo alla strategia per la crescita e l'occupazione dell'UE» (COM(2006)0567),

–  vista la comunicazione della Commissione dal titolo «Promuovere la possibilità di un lavoro dignitoso per tutti – Contributo dell'Unione alla realizzazione dell'agenda per il lavoro dignitoso nel mondo» (COM(2006)0249),

–  considerando che nella Dichiarazione ministeriale del 2006 del Consiglio economico e sociale dell'ONU su piena occupazione e lavoro dignitoso le parti hanno riconosciuto l'occupazione piena e produttiva e il lavoro dignitoso per tutti quale elemento chiave dello sviluppo sostenibile,

–  vista la sua risoluzione del 23 maggio 2007 sul tema «Promuovere la possibilità di un lavoro dignitoso per tutti»(10), che chiede l'inclusione di norme sociali, ai fini di promuovere il lavoro dignitoso, negli accordi commerciali dell'Unione europea, in particolare negli accordi bilaterali,

–  vista l'agenda dell'OIL per un lavoro dignitoso e il patto globale per l'occupazione dell'OIL approvati per consenso globale il 19 giugno 2009 alla Conferenza internazionale del lavoro, nonché la dichiarazione dell'OIL del 2008 sulla giustizia sociale per una globalizzazione equa,

–  vista la Convenzione di Bruxelles del 1968, quale consolidata nel regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale(11),

–  visto il sistema di preferenze generalizzate (SPG), in vigore dal 1° gennaio 2006, che assicura l'accesso a dazio zero o con una riduzione tariffaria per un numero crescente di prodotti e comprende inoltre un nuovo incentivo per i paesi vulnerabili con esigenze specifiche a livello commerciale, finanziario o di sviluppo,

–  visti tutti gli accordi tra l'UE e i paesi terzi,

–  visti l'accordo di partenariato tra i membri del gruppo di Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (paesi ACP) e l'Unione europea, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000, e le sue modifiche del 2005 e 2010,

–  viste le sue risoluzioni sugli accordi di partenariato economico con le regioni e Stati ACP e in particolare quelle del 26 settembre 2002(12), del 23 maggio 2007(13) e del 12 dicembre 2007(14),

–  viste le convenzioni internazionali sull'ambiente come il protocollo di Montreal sulle sostanze che impoveriscono lo strato d'ozono (1987), la convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti oltre frontiera di rifiuti pericolosi (1999), il protocollo di Cartagena sulla biosicurezza (2000) e il protocollo di Kyoto (1997),

–  visto il capitolo 13 dell'accordo di libero scambio firmato nell'ottobre 2009 tra l'Unione europea e la Corea del Sud,

–  vista la conclusione dei negoziati tra l'UE e la Colombia e il Perù sulla firma di un accordo commerciale multilaterale,

–  vista l'audizione «Applicazione delle norme sociali e ambientali nei negoziati commerciali», organizzata il 14 gennaio 2010 dal Parlamento europeo,

–  visto l'articolo 48 del suo regolamento,

–  visti la relazione della commissione per il commercio internazionale e i pareri della commissione per gli affari esteri, della commissione per lo sviluppo, della commissione per l'occupazione e gli affari sociali e della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (A7-0312/2010),

A.  considerando che il legame fra commercio, diritti umani e norme sociali e ambientali è diventato un elemento chiave delle relazioni economiche e commerciali e parte integrante dei negoziati nel quadro degli accordi sul libero scambio,

B.  considerando che le distorsioni della concorrenza e i rischi di dumping ambientale e sociale sono sempre più frequenti, segnatamente a danno delle imprese e dei lavoratori localizzati all'interno dell'Unione europea, i quali sono tenuti al rispetto di norme sociali, ambientali e fiscali più rigorose,

C.  considerando che l'UE deve adottare una strategia differenziata a seconda del livello di sviluppo dei suoi partner commerciali, per quanto riguarda sia i suoi requisiti in campo sociale e ambientale, sia la liberalizzazione degli scambi, onde creare le condizioni per una concorrenza internazionale equa e leale,

D.  considerando che i forum bilaterali sono divenuti il luogo principale per perseguire tali obiettivi politici, dal momento che le prospettive di mettere a punto norme multilaterali che disciplinino il rapporto fra commercio, lavoro o ambiente nel contesto dell'OMC, non sono molto promettenti,

E.  considerando che è tuttavia indispensabile agire a favore di un giusto equilibrio fra diritto commerciale e diritti fondamentali e per rafforzare il dialogo fra le principali organizzazioni internazionali, in particolare fra l'OIL e l'OMC, per una maggiore coerenza delle politiche internazionali e una migliore governance mondiale,

F.  considerando che i motivi per includere disposizioni in materia di diritti umani e le norme sociali e ambientali negli accordi commerciali internazionali sono numerosi e vanno dal desiderio di creare un commercio giusto ed equo e di assicurare una certa lealtà degli scambi («level playing field») a quello, più normativo, di difendere i valori universali sostenuti dall'Unione europea e di portare avanti politiche europee coerenti,

G.  ricorda che la dichiarazione delle Nazioni Unite sul diritto allo sviluppo del 1986 stabilisce che «il diritto allo sviluppo è un diritto inalienabile dell'uomo in virtù del quale ogni persona umana e tutti i popoli hanno il diritto di partecipare e di contribuire ad uno sviluppo economico, sociale e culturale [...] e beneficiare di tale sviluppo»; reputa pertanto che l'Unione europea abbia l'obbligo di non indebolire tale diritto e che anzi, debba integrarlo negli accordi internazionali e considerarlo un orientamento per le politiche europee,

H.  considerando che il trattato di Lisbona ribadisce che l'azione esterna dell'Unione europea, di cui il commercio è parte integrante, deve essere guidata dagli stessi principi che hanno ispirato la sua creazione; che il modello sociale europeo, che coniuga una crescita economica sostenibile e condizioni di lavoro e di vita migliori, può servire da modello anche agli altri partner; che gli accordi commerciali devono inoltre essere compatibili con altri obblighi e convenzioni internazionali che gli Stati contraenti si sono impegnati a rispettare, conformemente al loro diritto nazionale,

I.  considerando l'importanza di preservare il livello delle normative sociali e ambientali vigenti all'interno dell'Unione europea e del loro rispetto da parte delle imprese straniere operanti nel mercato unico europeo,

J.  considerando che l'inclusione dei diritti umani e delle norme sociali e ambientali negli accordi commerciali può apportare valore aggiunto a tali accordi, consentendo una maggiore interazione della società civile, un maggiore sostegno alla stabilità politica e sociale e creando così un clima più favorevole agli scambi,

K.  considerando che il settore commerciale e la salvaguardia delle norme in materia di diritti umani e in campo sociale e ambientale sono elementi importanti per assicurare la pace e il benessere del mondo, ma non possono rappresentare una soluzione per tutti i problemi che si presentano tra gli Stati; osserva tuttavia che situazioni politiche di stallo possono essere superate rafforzando le relazioni commerciali e assicurando in tal modo la definizione di interessi comuni, specie nel campo della tutela dell'ambiente, quale strumento per risolvere i conflitti,

L.  considerando che altri paesi hanno dato esempi positivi di inclusione di norme sociali negli accordi commerciali,

M.  considerando che l'SPG presuppone il rispetto dei principi delle convenzioni internazionali sui diritti umani e delle norme fondamentali del lavoro da parte dei paesi beneficiari, e prevede un regime speciale di preferenze tariffarie supplementari per promuovere la ratifica e l'effettiva attuazione delle principali convenzioni internazionali sui diritti umani e del lavoro, la tutela ambientale e la buona governance; e che il mancato rispetto di tali condizioni può comportare la sospensione del regime commerciale,

1.  chiede pertanto che in seno alla futura strategia commerciale dell'Unione europea il commercio sia considerato non un fine in sé, ma uno strumento che permette di promuovere i valori e gli interessi commerciali europei nonché uno scambio equo, capace di generalizzare l'inclusione e l'attuazione effettiva di norme sociali e ambientali con tutti i partner commerciali dell'UE; reputa che un approccio positivo e nel contempo giuridicamente vincolante dovrebbe guidare l'Unione europea nei negoziati; sottolinea che tutte le parti trarranno vantaggio dall'inclusione di disposizioni in materia di sviluppo sostenibile, in particolare negli accordi bilaterali;

2.  rammenta che la politica commerciale è uno strumento al servizio degli obiettivi globali dell'Unione europea e che a norma dell'articolo 207 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea la politica commerciale dell'Unione europea è attuata «nel quadro dei principi e obiettivi dell'azione esterna dell'Unione» e che a titolo dell'articolo 3 del trattato sull'Unione europea essa deve in particolare contribuire «allo sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo, all'eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti del minore, nonché alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite»;

Diritti umani e norme sociali e ambientali nelle relazioni commerciali multilaterali

3.  invita a una maggiore cooperazione a livello multilaterale fra l'OMC e le principali istituzioni delle Nazioni Unite nel campo dei diritti umani; reputa che legami più stretti con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani e con le procedure speciali sarebbero particolarmente utili per assicurare un quadro commerciale multilaterale che contribuisca al rispetto dei diritti umani; considera altresì che sarebbe opportuno prendere in considerazione le competenze dell'Alto Commissariato in seno ai gruppi di lavoro dell'OMC e dell'organo di appello quando si constatano gravi casi di violazioni dei diritti umani;

4.  ritiene che la revisione periodica universale, in seno al Consiglio Diritti umani, dovrebbe costituire uno strumento utile per monitorare il rispetto delle disposizioni legate ai diritti umani negli accordi commerciali internazionali;

5.  sottolinea che una cooperazione rafforzata con l'OIL, organo competente per elaborare e negoziare le norme internazionali del lavoro e per controllarne l'applicazione nel diritto e nella pratica, nonché la piena partecipazione dell'OIL ai lavori dell'OMC, sono essenziali;

   a) chiede a tal fine che all'OIL sia accordato lo status di osservatore ufficiale presso l'OMC e il diritto di prendere la parola durante le conferenze ministeriali dell'OMC;
   b) propone l'istituzione, in seno all'OMC, di un comitato commercio e lavoro dignitoso, analogo al comitato commercio e ambiente; insiste sul fatto che ad entrambi i comitati sia dato un mandato chiaramente definito, e che abbiano un'influenza tangibile;
   c) propone inoltre che, nei casi pertinenti in cui, in seno a una controversia commerciale, possa verificarsi una violazione delle convenzioni internazionali del lavoro, sia possibile ricorrere all'OIL, come del resto anche all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo;
   d) propone infine che, quando uno Stato membro dell'OMC ritiene che una decisione della commissione per la composizione delle controversie rimetta in questione decisioni dell'OIL sul rispetto delle convenzioni del lavoro, sia possibile presentare ricorso presso l'OIL;

6.  ribadisce che gli obiettivi di mantenere e salvaguardare un sistema commerciale multilaterale aperto e non discriminatorio, da un lato, e di agire per proteggere l'ambiente e promuovere lo sviluppo sostenibile, dall'altro, devono rafforzarsi reciprocamente; sottolinea che, a i sensi del'articolo 20 del GATT, gli Stati membri possono adottare misure commerciali volte a proteggere l'ambiente, a condizione che tali misure non siano applicate in modo tale da costituire uno strumento di discriminazione arbitraria e ingiustificabile;

7.  plaude all'esistenza del comitato commercio e ambiente dell'OMC, che dovrebbe essere una sede fondamentale per l'ulteriore integrazione e approfondimento del rapporto fra ambiente e commercio; esprime l'auspicio che il ruolo del comitato e il suo lavoro si svilupperanno al fine di affrontare in modo positivo le più importanti sfide ambientali cui si trova di fronte la comunità internazionale;

8.  sottolinea l'importanza di migliorare l'accesso ai beni e alle tecnologie verdi per raggiungere gli obiettivi di uno sviluppo sostenibile e invita tutte le parti coinvolte nei negoziati a moltiplicare gli sforzi per giungere a una rapida conclusione dei negoziati sulla riduzione o l'eliminazione delle barriere tariffarie e non tariffarie per i beni e i servizi ambientali, onde promuovere nuove forme di politiche dell'occupazione e la creazione di posti di lavoro che rispondano alle norme OIL sul lavoro dignitoso nonché le opportunità di crescita per le industrie europee e le PMI;

9.  ribadisce la necessità di progredire nei negoziati sugli altri punti dell'articolo 31 della dichiarazione di Doha sul rapporto fra le attuali norme dell'OMC e gli obblighi commerciali specifici enunciati negli accordi ambientali multilaterali, e di promuovere una cooperazione più intensa fra i segretariati di tali accordi e i comitati dell'OMC, elemento essenziale per garantire che i regimi commerciali ed ambientali si sviluppino in modo coerente;

10.  ritiene che un accordo multilaterale sul clima costituirebbe lo strumento migliore per assicurare l'internalizzazione delle esternalità ambientali negative correlate al CO2, ma che tale accordo rischia di non essere raggiunto nel prossimo futuro; reputa pertanto che l'Unione europea dovrebbe continuare ad esplorare le opportunità di mettere a punto per i settori industriali esposti al rischio accertato di emissioni di carbonio strumenti ambientali adeguati complementari alla vendita all'asta delle quote C02 dell'EU ETS, segnatamente un «meccanismo d'inclusione del carbonio», nel rispetto delle norme dell'OMC, in quanto un siffatto meccanismo permetterebbe di lottare contro i rischi di rilocalizzazione delle emissioni di CO2 verso paesi terzi;

11.  propone, una volta che l'accordo internazionale sul clima sarà stato negoziato e firmato, la creazione di una vera e propria organizzazione mondiale dell'ambiente, per far applicare gli impegni assunti e rispettare le norme ambientali; a tale futura organizzazione si dovrebbe ad esempio far ricorso nei casi di dumping ambientale;

Diritti umani e norme sociali e ambientali negli accordi commerciali bilaterali

12.  sostiene fermamente la prassi di inserire clausole giuridicamente vincolanti sui diritti umani negli accordi internazionali dell'Unione europea, ma rammenta che le grandi sfide relativamente al seguito e all'applicazione di tali clausole permangono; ribadisce il fatto che le clausole devono essere altresì incluse in tutti gli accordi commerciali e settoriali, con un meccanismo di consultazione chiaro e preciso, sul modello dell'articolo 96 dell'accordo di Cotonou; a tale riguardo, plaude al fatto che una clausola analoga sia stata inserita negli accordi di libero scambio di nuova generazione;

13.  sottolinea che, negli accordi bilaterali, il medesimo approccio di inclusione sistematica dovrebbe essere applicato anche ai capitoli sullo sviluppo sostenibile;

14.  osserva che i futuri accordi commerciali potrebbero essere negoziati sullo sfondo dell'attuale crisi finanziaria; ritiene che non per questo le norme sociali e ambientali debbano essere trascurate, in particolare per quanto riguarda le emissioni di gas serra e la gestione dei rifiuti pericolosi, per conseguire altri obiettivi;

15.  chiede alla Commissione, tenendo in conto gli obiettivi sopra esposti, di inserire sistematicamente in tutti gli accordi di libero scambio da essa negoziati con Stati terzi, una serie di norme sociali e ambientali che includano:

   a) un elenco di standard minimi che tutti i partner commerciali dell'UE devono rispettare; in campo sociale detti standard devono corrispondere alle otto convenzioni fondamentali dell'OIL (norme fondamentali del lavoro) quali enumerate nella dichiarazione dell'OIL relativa ai principi e ai diritti fondamentali al lavoro (1998); a dette otto convenzioni si aggiungono, per i paesi industrializzati, le quattro convenzioni prioritarie dell'OIL; in materia ambientale e di rispetto dei diritti umani lo standard minimo deve essere conforme all'elenco delle convenzioni relative all'ambiente e ai principi del buongoverno, come previsto dal regolamento sul sistema di preferenze tariffarie generalizzate;
   b) un elenco di convenzioni addizionali da applicare, in modo graduale e flessibile, tenendo conto dell'evoluzione della situazione economica, sociale e ambientale del partner interessato; in campo sociale l'obiettivo finale deve essere l'applicazione piena e integrale dell'agenda dell'OIL per un lavoro dignitoso;

16.  sottolinea che il rispetto di detti standard va inteso nel senso che comporta contestualmente la loro ratifica, il loro recepimento nella legislazione nazionale e la loro applicazione effettiva nell'intero territorio nazionale;

17.  chiede che tutti i futuri accordi commerciali prevedano il divieto dello sfruttamento del lavoro minorile, in particolare per l'estrazione e la lavorazione delle pietre naturali e includano un sistema di certificazione europeo uniforme che garantisca che le pietre naturali e i prodotti a base di pietre naturali importati siano stati prodotti in modo dimostrabile lungo tutta la catena lavorativa senza sfruttare il lavoro minorile ai sensi della Convenzione 182 dell'OIL;

18.  sottolinea che, nel quadro degli accordi di libero scambio, potrebbero essere previste liberalizzazioni condizionali comprendenti l'accorciamento del calendario di smantellamento o l'accesso a un mercato addizionale, in caso di rispetto delle norme ambientali e sociali;

19.  sottolinea l'importanza di un monitoraggio continuo dell'attuazione dell'accordo, con un approccio aperto e inclusivo in tutte le fasi:

   a) prende atto dell'utilizzo di studi d'impatto sullo sviluppo sostenibile, ma ritiene che questi dovrebbero essere eseguiti anche prima, durante e dopo i negoziati, per assicurare una valutazione continua; ritiene altresì che i negoziatori dovrebbero tenere maggiormente conto delle priorità e delle preoccupazioni che derivano da detti studi d'impatto;
   b) invita la Commissione a elaborare studi d'impatto sui diritti umani, a completamento di quelli in materia di sviluppo sostenibile, con indicatori di mercato intelligibili, basati sui diritti umani e sulle norme ambientali e sociali;
   c) invita entrambe le parti a presentare relazioni periodiche sui progressi generali dell'attuazione di tutti gli impegni previsti dall'accordo;
   d) chiede alla Commissione di fare in modo che i parlamenti dei paesi partner siano coinvolti nei negoziati commerciali, allo scopo di potenziare la governance e il controllo democratico nei paesi in via di sviluppo;
   e) sottolinea l'importanza di coinvolgere i cittadini in tutte le fasi dei negoziati e del monitoraggio dell'accordo e, a tale riguardo, chiede la creazione di forum dello sviluppo sostenibile o di gruppi consultivi che prevedano la consultazione delle parti sociali e dei rappresentanti della società civile indipendente;

20.  chiede che gli accordi commerciali dell'UE siano effettivamente in grado di imporre i più elevati livelli di trasparenza, severe norme in materia di appalti pubblici e un rendiconto paese per paese da parte delle imprese, sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo, al fine di combattere la fuga illecita di capitali;

21.  chiede pressantemente che l'Unione difenda il diritto di accesso alle risorse naturali nei negoziati sugli accordi commerciali e faccia valere i diritti delle popolazioni autoctone e indigene per quanto riguarda l'accesso alle risorse naturali essenziali; invita la Commissione a inserire nei negoziati e negli accordi commerciali internazionali la problematica dell'acquisizione e della proprietà dei terreni nei paesi terzi, in particolare nei paesi meno avanzati e nei paesi in via di sviluppo;

22.  riconosce che, negli accordi bilaterali attualmente negoziati, il capitolo sullo sviluppo sostenibile è vincolante, ma che esso potrebbe essere rafforzato mediante:

   a) una procedura di reclamo aperta alle parti sociali;
   b) il ricorso a un organismo indipendente per risolvere in modo rapido ed efficace le controversie legate a questioni sociali o ambientali, ad esempio un gruppo di esperti selezionati dalle due parti in base alle loro competenze in materia di diritti umani, diritto del lavoro e diritto ambientale, le cui raccomandazioni dovrebbero essere parte di un processo ben definito, con disposizioni per l'attuazione;
   c) il ricorso a un meccanismo di risoluzione delle controversie, come nelle altre parti dell'accordo, che preveda sanzioni volte a migliorare la situazione nei settori interessati o a sospendere almeno temporaneamente taluni vantaggi commerciali previsti nell'accordo in caso di violazione aggravata degli standard succitati;

23.  sottolinea l'importanza di completare gli accordi con misure di accompagnamento, comprese misure di assistenza tecnica e programmi di cooperazione volti a migliorare la capacità di esecuzione, in particolare delle convenzioni che sono fondamentali nel campo dei diritti umani e delle norme sociali e ambientali;

Diritti umani e norme sociali e ambientali nelle relazioni commerciali unilaterali: SPG e SPG+

24.  reputa che le 27 convenzioni la cui ratifica ed effettiva attuazione è necessaria per poter beneficiare dell'SPG+ rappresentino un insieme unico di convenzioni sui diritti umani, il diritto del lavoro, l'ambiente e norme di buona governance; sottolinea che l'SPG+ ha sinora un visibile impatto positivo per quanto riguarda la ratifica di tali convenzioni, ma che esso è minore quando si tratta della loro attuazione, ed auspica pertanto di porre maggiormente l'accento sulle misure di accompagnamento volte a migliorare la capacità di attuazione; ritiene altresì che per assicurare la credibilità dell'SPG+ la Commissione debba avviare inchieste e, se del caso, sopprimere le preferenze ove elementi concordanti indichino che taluni paesi non applicano le 27 convenzioni;

25.  reputa che, negli accordi dell'Unione europea con i paesi terzi, potrebbe essere instaurato un legame più stretto fra le clausole sui diritti umani dell'SPG+, in particolare per quanto riguarda il monitoraggio;

26.  invita la Commissione, nel corso del processo di revisione del regime SPG, a fare in modo che ne beneficino soprattutto i paesi più bisognosi e a introdurre una semplificazione delle norme d'origine affinché i paesi beneficiari dell'iniziativa «Tutto tranne le armi» e del regime SPG+ possano trarre il massimo vantaggio dalle preferenze loro riconosciute; chiede altresì che siano messi a punto punti di comparazione, meccanismi e criteri trasparenti per la concessione e il ritiro delle preferenze nel quadro di detto regime; chiede altresì che il Parlamento europeo sia pienamente coinvolto nel corso di tutto questo processo, segnatamente per quanto riguarda la proposta del Consiglio relativa all'elenco di paesi beneficiari, l'avvio di indagini o la sospensione temporanea dell'SPG+;

27.  sollecita la Commissione a presentare rapidamente una proposta di regolamento che vieti l'importazione nell'UE di beni prodotti ricorrendo a moderne forme di schiavitù, al lavoro forzato, segnatamente quello di categorie particolarmente vulnerabili, in violazione delle norme fondamentali in materia di diritti dell'uomo;

28.  invita la Commissione, conformemente all'accordo quadro sui rapporti tra il Parlamento europeo e la Commissione, a informare pienamente e costantemente il Parlamento su tutti gli aspetti rilevanti durante i negoziati per accordi commerciali internazionali;

29.  invita la Commissione, considerato il rafforzamento dei poteri del Parlamento nel quadro del trattato di Lisbona, a garantire un flusso di informazioni efficace e a riconoscere sempre al Parlamento, nella persona dei suoi delegati, lo status di osservatore, garantendogli l'accesso a tutte le riunioni e i documenti pertinenti;

o
o   o

30.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione e ai parlamenti degli Stati membri.

(1) GU C 320 del 28.10.1996, pag. 261.
(2) GU C 290 E del 29.11.2006, pag. 107.
(3) GU C 112 E del 9.5.2002, pag. 326.
(4) GU C 131 E del 5.6.2003, pag. 147.
(5) GU C 280 E del 18.11.2006, pag. 65.
(6)GU C 157 E del 6.7.2006, pag. 84.
(7)Conclusioni del Consiglio del 14.6.2010 sul lavoro minorile, 10937/1/10.
(8) GU C 303 E del 13.12.2006, pag. 865.
(9) GU C 102 E del 24.4.2008, pag. 128.
(10) GU C 102 E del 24.4.2008, pag. 321.
(11) GU L 12 del 16.1.2001, pag. 1.
(12) GU C 273 E del 14.11.2003, pag. 305.
(13) GU C 102 E del 24.04.2008, pag. 301.
(14) GU C 323 E del 18.12.2008, pag. 361.


Relazione annuale sull'attività del Mediatore europeo nel 2009
PDF 130kWORD 47k
Risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2010 sulla relazione annuale concernente le attività del Mediatore europeo nel 2009 (2010/2059(INI))
P7_TA(2010)0435A7-0275/2010

Il Parlamento europeo,

–  vista la relazione annuale concernente le attività del Mediatore europeo nel 2009,

–  visti l'articolo 24, paragrafo 3, e l'articolo 228 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE),

–  visti gli articoli 41 e 43 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,

–  vista la decisione 94/262/CECA, CE, Euratom del Parlamento europeo, del 9 marzo 1994, sullo statuto e le condizioni generali per l'esercizio delle funzioni del Mediatore(1),

–  visto l'accordo quadro in materia di cooperazione concluso fra il Parlamento europeo e il Mediatore il 15 marzo 2006, entrato in vigore il 1° aprile 2006,

–  vista la comunicazione della Commissione, del 5 ottobre 2005, intitolata «Procedimento di delegazione orizzontale per adottare e trasmettere comunicazioni al Mediatore europeo e autorizzare i funzionari a comparire presso il Mediatore europeo» (SEC(2005)1227),

–  vista la decisione 2008/587/CE, Euratom del Parlamento europeo, del 18 giugno 2008, che modifica la decisione 94/262/CECA, CE, Euratom concernente lo statuto e le condizioni generali per l'esercizio delle funzioni del Mediatore(2),

–  vista la revisione da parte del Mediatore delle sue disposizioni di esecuzione, finalizzata a riflettere le modifiche apportate allo statuto ed entrata in vigore il 1° gennaio 2009,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sulle attività del Mediatore europeo,

–  visto l'articolo 205, paragrafo 2, seconda e terza frase, del suo regolamento,

–  vista la relazione della commissione per le petizioni (A7-0275/2010),

A.  considerando che la relazione annuale concernente le attività del Mediatore europeo nel 2009 è stata ufficialmente trasmessa al Presidente del Parlamento europeo il 19 aprile 2010 e che il Mediatore europeo, sig. Nikiforos Diamandouros, ha presentato la propria relazione alla commissione per le petizioni il 4 maggio 2010 a Bruxelles,

B.  considerando che l'articolo 24 TFUE dispone che «ogni cittadino dell'Unione può rivolgersi al Mediatore istituito conformemente all'articolo 228»,

C.  considerando che, ai sensi dell'articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali, «ogni individuo ha diritto a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale, equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni e dagli organi dell'Unione»,

D.  considerando che, ai sensi dell'articolo 43 della Carta, «qualsiasi cittadino dell'Unione o qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di sottoporre al mediatore dell'Unione casi di cattiva amministrazione nell'azione delle istituzioni o degli organi comunitari, salvo la Corte di giustizia e il Tribunale di primo grado nell'esercizio delle loro funzioni giurisdizionali»,

E.  considerando che, a seguito dell'entrata in vigore del TFUE, la politica estera e di sicurezza comune nonché l'attività del Consiglio europeo rientrano nel mandato del Mediatore,

F.  considerando che, a norma dell'articolo 228 TFUE, il Mediatore è d'ora in poi «eletto dopo ogni elezione del Parlamento europeo per la durata della legislatura» e non più «designato» dal Parlamento,

G.  considerando che il lavoro del Mediatore contribuisce a realizzare un'Unione «in cui le decisioni siano prese nel modo più trasparente possibile e il più vicino possibile ai cittadini» come recita l'articolo 1, secondo comma, del trattato sull'Unione europea,

H.  considerando che nel 2008 il Mediatore ha ricevuto 3 098 denunce, rispetto alle 3 406 del 2007, e che 727 (23%) di esse, rispetto alle 802 del 2008, sono state giudicate rientranti nel mandato del Mediatore,

I.  considerando che nel 2009 il Mediatore ha aperto 335 indagini sulla base di denunce e ha completato e concluso 318 indagini, 311 delle quali erano collegate a denunce e 7 erano di sua iniziativa,

J.  considerando che in 179 casi (56% del totale) chiusi nel 2009 l'istituzione interessata ha accettato una soluzione amichevole o ha risolto la questione, il che mostra una forte volontà da parte delle istituzioni e degli organi di considerare le denunce presentate al Mediatore come un'opportunità per rimediare agli errori verificatisi e cooperare con il Mediatore a beneficio dei cittadini,

K.  considerando che nel 2009 il Mediatore ha constatato l'esistenza di una cattiva amministrazione nel 12% dei casi (37 indagini), il che ha dato luogo a osservazioni critiche in 35 casi,

L.  considerando che nel 2009 sono stati emessi 15 progetti di raccomandazione,

M.  considerando che i casi più comuni in materia di presunta cattiva amministrazione riguardavano la mancanza di trasparenza, compreso il rifiuto di informazione (nel 36% delle indagini), l'ingiustizia o l'abuso di potere (14%), i ritardi evitabili (13%), i vizi di procedura (13%), la negligenza (6%), l'inadempienza agli obblighi della Commissione di esercitare il ruolo di custode dei trattati (6%), gli errori giuridici (6%) e la discriminazione (5%),

N.  considerando che la durata media del trattamento delle denunce è passata da 13 mesi nel 2008 a 9 mesi nel 2009, cosa che riflette gli sforzi compiuti dal Mediatore per ridurre la durata media delle sue indagini come pure lo spirito di cooperazione delle istituzioni interessate,

O.  considerando che nessun caso di cattiva amministrazione ha dato luogo a una relazione speciale al Parlamento europeo nel 2009,

P.  considerando che le osservazioni critiche e le raccomandazioni del Mediatore non sono giuridicamente vincolanti, ma servono ad incoraggiare l'autocontrollo delle istituzioni e degli organi dell'Unione e permettono di evitare che si ripetano in futuro errori e disfunzioni,

Q.  considerando che il ruolo del Mediatore si è ulteriormente sviluppato dopo la creazione di tale funzione, grazie all'indipendenza del Mediatore e al controllo democratico delle sue attività esercitato dal Parlamento e dalla commissione per le petizioni,

R.  considerando essenziale che le istituzioni e gli organi europei utilizzino pienamente le risorse necessarie al fine di adempiere al loro obbligo di garantire che i cittadini ricevano risposte rapide e concrete alle loro richieste d'informazioni, denunce e petizioni,

S.  considerando che il Parlamento ha adottato il codice di buona condotta amministrativa del Mediatore nella sua risoluzione del 6 settembre 2001(3),

T.  considerando che la rete europea dei Difensori civici permette di indirizzare i ricorrenti verso i difensori civici o gli organi affini, che sono tenuti a fornire l'aiuto più appropriato al loro livello come pure a scambiare informazioni e buone pratiche,

U.  considerando che le attività del Mediatore e della commissione per le petizioni sono complementari e favoriscono una maggiore efficacia delle loro rispettive attività,

1.  approva la relazione annuale per il 2009 presentata dal Mediatore europeo;

2.  sottolinea che l'entrata in vigore del trattato di Lisbona rafforza la legittimità democratica del Mediatore grazie alla sua elezione da parte del Parlamento ed estende il suo mandato alla politica estera e di sicurezza comune nonché alle attività del Consiglio europeo;

3.  si compiace del fatto che, con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, la Carta dei diritti fondamentali, ormai giuridicamente vincolante, inscrive il diritto ad una buona amministrazione nel novero dei diritti fondamentali emananti dalla cittadinanza dell'Unione; invita pertanto il Mediatore a vigilare, nel trattamento quotidiano delle denunce, sul rispetto della Carta dei diritti fondamentali;

4.  ritiene che la trasparenza, l'accesso all'informazione e il rispetto del diritto alla buona amministrazione siano le condizioni preliminari indispensabili per mantenere la fiducia dei cittadini nella capacità delle istituzioni di far valere i loro diritti;

5.  ritiene che il termine «cattiva amministrazione» dovrebbe continuare a essere interpretato in senso lato, in modo da includere non solo le violazioni di norme giuridiche o di principi generali del diritto amministrativo europeo quali obiettività, proporzionalità e uguaglianza, non discriminazione e rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, ma anche i casi in cui un'istituzione non agisce coerentemente e in buona fede o non tiene conto di aspettative legittime dei cittadini, compreso il caso in cui un'istituzione si sia impegnata a rispettare talune norme e requisiti senza esservi obbligata dai trattati o dalla legislazione secondaria;

6.  si congratula con il Mediatore per la presentazione chiara ed esauriente delle sue attività; suggerisce nondimeno che nelle future relazioni il compendio delle attività e l'analisi tematica pongano maggiormente l'accento sui problemi strutturali e le tendenze generali;

7.  ritiene che nel periodo preso in esame dalla relazione il Mediatore abbia esercitato i suoi poteri in modo dinamico ed equilibrato, per quanto riguarda sia l'esame e il trattamento delle denunce e la conduzione e conclusione delle indagini, sia il mantenimento di rapporti costruttivi con le istituzioni e gli organi dell'Unione europea e l'incoraggiamento ai cittadini ad avvalersi dei propri diritti dinanzi a tali istituzioni e organi;

8.  si compiace dell'eccellente rapporto esistente tra il Mediatore e la commissione per le petizioni all'interno del quadro istituzionale per quanto concerne il rispetto reciproco delle loro competenze; incoraggia la prassi già introdotta dal Mediatore di garantire la presenza di un rappresentante in tutte le riunioni della commissione per le petizioni;

9.  riconosce il contributo fondamentale apportato dalla rete europea dei difensori civici, rappresentata da 94 uffici in 32 paesi, di cui la commissione per le petizioni fa parte, conformemente al principio di sussidiarietà; si compiace per la collaborazione tra il Mediatore europeo e gli organismi analoghi a livello nazionale, regionale e locale negli Stati membri;

10.  prende atto del fatto che nel 2009 il Mediatore ha ricevuto 3 098 denunce e che 318 indagini sono state portate a buon fine e concluse nel corso di tale anno;

11.  si compiace del notevole numero di procedure conclusesi con un accordo amichevole o da parte delle istituzioni interessate (56%), cosa che riflette la cooperazione costruttiva tra il Mediatore e le istituzioni e gli organi dell'Unione; invita il Mediatore, le istituzioni e gli organi dell'Unione a proseguire i loro sforzi in tale direzione;

12.  si compiace altresì degli sforzi compiuti dal Mediatore per ridurre la durata media delle sue indagini a nove mesi; chiede che tutte le istituzioni e gli organi dell'Unione europea siano dotati delle necessarie risorse umane e di bilancio al fine di garantire che sia dato un rapido seguito a denunce e petizioni;

13.  prende atto del fatto che oltre un terzo delle indagini aperte dal Mediatore nel 2009 riguardavano la mancanza di trasparenza; chiede pertanto che la revisione in corso del regolamento (CE) n. 1049/2001 non restringa il vigente diritto all'accesso all'informazione e ai documenti bensì adotti un approccio più proattivo;

14.  si compiace dei progressi realizzati nel 2009 per quanto riguarda l'agevolazione dell'accesso del Mediatore ai documenti riservati del Consiglio;

15.  prende atto della strategia di comunicazione e dello sviluppo del sito Internet che ha contribuito a ridurre, secondo il Mediatore, il numero di denunce irricevibili e invita il Mediatore a proseguire i suoi sforzi per informare i cittadini europei circa le sue funzioni e i limiti delle sue competenze come pure circa i loro diritti;

16.  condivide il parere del Mediatore secondo il quale, oltre al rispetto delle regole vincolanti per l'amministrazione, lo sviluppo di un'autentica cultura del servizio ai cittadini è fondamentale per la buona amministrazione; invita pertanto il Mediatore a prendere maggiori iniziative per promuovere presso le istituzioni e i cittadini europei detta cultura del servizio;

17.  deplora il numero di denunce relative ai ritardi evitabili nella registrazione di domande, nel trattamento di dossier e nella presa di decisioni; propone di prevedere, nel quadro della revisione del regolamento finanziario, compensi finanziari nel caso di ritardi manifesti e prolungati;

18.  prende nota del fatto che il Mediatore ha condotto a buon fine un'indagine d'iniziativa concernente le regole applicate dalla Commissione alle domande dei cittadini di accedere a documenti relativi a procedure di infrazione; incoraggia il rafforzamento della cooperazione con la commissione per le petizioni e suggerisce al Mediatore di tenerla regolarmente informata circa le indagini d'iniziativa da lui realizzate e i risultati ottenuti; invita la Commissione ad adottare una posizione più aperta e proattiva per quanto riguarda le informazioni sulle procedure d'infrazione;

19.  ritiene che il codice di buona condotta amministrativa proposto dal Mediatore e approvato dal Parlamento con la sua risoluzione del 6 settembre 2001 serva da guida e da riferimento al personale di tutte le istituzioni e organi dell'UE; si compiace del fatto che il codice di buona condotta sia stato approvato dal Comitato economico e sociale europeo; si compiace altresì che un protocollo di accordo sia stato concluso con la Banca europea per gli investimenti sul trattamento delle denunce; invita il Mediatore a prevedere una revisione del codice di buona condotta sulla base dell'esperienza degli ultimi dieci anni e, su tale base, a provvedere alla promozione e allo scambio di buone pratiche;

20.  deplora che il Mediatore non prenda nota delle denunce ricevute dai difensori civici nazionali in relazione alla cattiva applicazione del diritto dell'UE da parte di uno Stato membro; suggerisce al Mediatore di prevedere una loro messa in comune al fine di giungere ad una migliore comprensione del problema;

21.  invita il Mediatore ad incoraggiare i Difensori civici nazionali a procedere a scambi regolari con i loro parlamenti nazionali, sul modello degli scambi effettuati tra il Mediatore europeo e il Parlamento;

22.  invita la Commissione europea ad elaborare una legge amministrativa europea comune a tutti gli organi, le istituzioni e le agenzie dell'Unione;

23.  richiama l'attenzione del Mediatore sulla nuova procedura di selezione del personale da parte di EPSO e suggerisce un monitoraggio della sua applicazione, corredato di un'analisi delle evoluzioni constatate;

24.  appoggia l'idea di un portale Intranet comune a tutti i membri della rete europea dei difensori civici, onde garantire una regolare diffusione dei risultati;

25.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione e la relazione della commissione per le petizioni al Consiglio, alla Commissione, al Mediatore europeo, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e ai loro difensori civici o organismi competenti analoghi.

(1) GU L 113 del 4.5.1994, pag. 15.
(2) GU L 189 del 17.7.2008, pag. 25.
(3) GU C 72 E del 21.3.2002, pag. 331.


Relazione speciale del Mediatore europeo al Parlamento europeo a seguito del progetto di raccomandazione alla Commissione relativamente alla denuncia 676/2008/RT (a norma dell'articolo 205, paragrafo 2, primocomma)
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Risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2010 sulla Relazione speciale del Mediatore europeo a seguito del progetto di raccomandazione alla Commissione europea relativamente alla denuncia 676/2008/RT (2010/2086(INI))
P7_TA(2010)0436A7-0293/2010

Il Parlamento europeo,

–  vista la Relazione speciale del Mediatore europeo al Parlamento europeo in data 24 febbraio 2010,

–  visto l'articolo 228, paragrafo 1, secondo comma del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (ex articolo 195 TCE),

–  visti gli articoli 41, paragrafo 1, 42 e 43 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,

–  vista la decisione 94/262/CECA, CE, Euratom del Parlamento europeo del 9 marzo 1994, sullo statuto e le condizioni generali per l'esercizio delle funzioni del Mediatore(1), modificata dalla decisione 2008/587/CE del Parlamento europeo del 18 giugno 2008(2),

–  vista la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Mediatore europeo sui rapporti con gli autori di denunce in materia di violazioni del diritto comunitario(3),

–  visto l'articolo 205, paragrafo 2, prima frase, del suo regolamento,

–  vista la relazione della commissione per le petizioni (A7-0293/2010),

A.  considerando che l'articolo 228 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea dà facoltà al Mediatore europeo di ricevere le denunce di qualsiasi cittadino dell'Unione riguardanti casi di cattiva amministrazione nell'azione delle istituzioni o degli organi dell'Unione,

B.  considerando che le denunce presentate dai cittadini costituiscono un'importante fonte di informazione su eventuali violazioni del diritto dell'UE,

C.  considerando che, ai sensi dell'articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, «Ogni individuo ha diritto a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale, equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni e dagli organi dell'Unione»,

D.  considerando che, il 1° marzo 2007, un'organizzazione non governativa attiva nell'ambito della protezione ambientale ha chiesto alla Commissione l'accesso a informazioni e documenti in possesso della Direzione generale per l'impresa e l'industria e dell'ex vicepresidente della commissione competente per l'impresa e l'industria, per quanto attiene alle riunioni tra la Commissione e i rappresentanti di costruttori di automobili durante le quali è stato discusso l'approccio della Commissione alle emissioni di biossido di carbonio prodotte dalle automobili,

E.  considerando che la Commissione ha autorizzato l'accesso a 15 su 18 lettere inviate all'allora Commissario Günter Verheugen, ma che ha rifiutato l'accesso a tre lettere inviate dal fabbricante di automobili tedesco Porsche sostenendo che la loro divulgazione avrebbe compromesso la tutela degli interessi commerciali dell'impresa,

F.  considerando che l'articolo 1, lettera a) del regolamento (CE) n. 1049/2001 relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione(4) prevede che l'obiettivo di tale regolamento sia quello di garantire l'accesso più ampio possibile ai documenti in possesso del Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione, e che, in base alla giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia dell'Unione europea, qualsiasi eccezione a tale principio deve essere interpretata con rigore,

G.  considerando che la Commissione ha rifiutato di accordare al denunciante l'accesso alle lettere in questione inviate dalla Porsche AG, in base al primo comma dell'articolo 4, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1049/2001 che stabilisce che «le istituzioni rifiutano l'accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue: gli interessi commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresa la proprietà intellettuale …»,

H.  considerando che le lettere in questione sono state inviate dalla Porsche AG contestualmente alla consultazione da parte della Commissione delle principali parte interessate per quanto riguarda la revisione della strategia comunitaria che si prefigge di ridurre le emissioni di biossido di carbonio prodotte dai veicoli passeggeri; considerando che, pertanto, era probabile che le tre lettere contenessero informazioni sulle relazioni commerciali della Porsche AG e che la Commissione avrebbe potuto, per tal ragione, considerare che rientrassero nell'eccezione prevista all'articolo 4, paragrafo 2, primo comma, del regolamento (CE) n. 1049/2001,

I.  considerando che i servizi del Mediatore hanno analizzato le tre lettere della Porsche AG nonché uno scambio di messaggi elettronici tra la Commissione e detta impresa, in cui la Commissione informava la Porsche della sua intenzione di non divulgare le succitate lettere, e che il Mediatore, in base all'analisi effettuata, ha concluso che la Commissione ha ingiustamente rifiutato il pieno accesso alle lettere inviate dalla Porsche AG basandosi sull'articolo 4, paragrafo 2, primo comma, e l'accesso parziale basandosi sull'articolo 4, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 1049/2001(5), il che costituisce un caso di cattiva amministrazione,

J.  considerando che, il 27 ottobre 2008, il Mediatore europeo ha presentato un progetto di raccomandazione alla Commissione esponendo i dettagli della sua analisi fattuale e giuridica, in cui ha affermato che la Commissione avrebbe dovuto accordare l'accesso alle tre lettere inviate dalla Porsche AG all'ex vicepresidente Günter Verheugen, nella loro interezza o considerare la possibilità di divulgarle in parte,

K.  considerando che il Mediatore europeo, in base all'articolo 195 CE (ora articolo 228 TFUE), ha chiesto alla Commissione di fornire un parere circostanziato entro tre mesi, ossia entro il 31 gennaio 2009,

L.  considerando che la Commissione non ha fornito il suo parere entro il termine di tre mesi previsto all'articolo 228 TFUE chiedendo, invece, sei proroghe del termine di presentazione del suo parere circostanziato sul progetto di raccomandazione del Mediatore e che, nel luglio e nuovamente nel settembre 2009, il Mediatore ha informato il Segretariato della Commissione sulla sua intenzione di presentare una Relazione speciale al Parlamento qualora non avesse ricevuto una risposta al suo progetto di raccomandazione,

M.  considerando che la nuova Commissione, una volta insediata, ha effettivamente accordato l'accesso alle lettere, ma che ciò ha avuto luogo più di 15 mesi dopo la pubblicazione del progetto di raccomandazione anziché i tre mesi stabiliti nello Statuto del Mediatore e all'articolo 228 TFUE,

N.  considerando che la Commissione, rinviando la sua risposta al progetto di raccomandazione per 15 mesi, ha violato l'obbligo assunto di cooperare con il Mediatore con sincerità e in buona fede durante la sua indagine sul caso 676/2008/RT, e che ciò è pregiudizievole non soltanto per il dialogo interistituzionale bensì anche per l'immagine pubblica dell'UE,

O.  considerando che il Mediatore ha rilevato ritardi da parte della Commissione in un altro caso riguardante l'accesso a documenti (355/2007(TN)FOR), in cui la Commissione avrebbe dovuto presentare il proprio parere circostanziato al progetto di raccomandazione del Mediatore entro il 31 ottobre 2009, ma finora non vi ha ancora proceduto,

P.  considerando che la Commissione ha rispettato i termini inizialmente previsti per rispondere alle denunce solamente in quattro su 22 casi relativi all'accesso a documenti, trattati dal Mediatore nel 2009; considerando che in 14 di questi 22 casi ha presentato la propria risposta con più di 30 giorni di ritardo, e in sei casi ha presentato la propria risposta con almeno 80 giorni di ritardo,

Q.  considerando che il Parlamento, in qualità di unico organo eletto dell'Unione, ha la responsabilità di salvaguardare e proteggere l'indipendenza del Mediatore europeo nello svolgimento delle sue funzioni nei confronti dei cittadini dell'Unione, nonché di vigilare sull'attuazione delle sue raccomandazioni,

1.  approva le osservazioni critiche del Mediatore europeo e la sua raccomandazione alla Commissione relative alla denuncia 676/2008/RT;

2.  riconosce che i ritardi eccessivi nel rispondere al Mediatore in questo caso costituiscono una violazione del dovere di leale cooperazione della Commissione quale previsto nel trattato;

3.  manifesta viva preoccupazione per la pratica generalizzata della Commissione di ritardare e ostruire le indagini del Mediatore nei casi relativi all'accesso a documenti;

4.  ricorda che, nel contesto delle consultazioni di cui all'articolo 4, paragrafo 4 del regolamento (CE) n. 1049/2001, la Commissione deve stabilire un termine di risposta per il terzo autore di un documento, e sottolinea che la Commissione dovrebbe esercitare tale potere in modo da permetterle di rispettare i suoi propri termini(6);

5.  ricorda la giurisprudenza pertinente relativa al principio di leale cooperazione (articolo 4, paragrafo 3 TUE) secondo cui le istituzioni dell'Unione hanno il dovere di cooperare in buona fede nelle reciproche relazioni, e osserva che tale obbligo è chiaramente stabilito all'articolo 13, paragrafo 2 TUE;

6.  ritiene che l'atteggiamento non cooperativo della Commissione in questo ed altri casi rischi di intaccare la fiducia dei cittadini nella Commissione e di compromettere la capacità del Mediatore europeo e del Parlamento europeo di controllare la Commissione in modo adeguato e efficace e che, in quanto tale, è contrario allo stesso principio dello Stato di diritto sul quale l'Unione europea è fondata;

7.  chiede che la Commissione si assuma l'impegno nei confronti del Parlamento europeo di adempiere al suo dovere di leale cooperazione con il Mediatore europeo in futuro;

8.  ritiene che, nel caso in cui la Commissione non assuma detto impegno e/o persista nelle sue pratiche di non cooperazione nei confronti del Mediatore europeo, il Parlamento può sanzionare la Commissione e che tali sanzioni possono includere, tra l'altro, l'iscrizione in riserva di una parte del bilancio della Commissione per spese amministrative;

9.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione e al Mediatore europeo.

(1) GU L 113 del 4.5.1994, pag. 15.
(2) GU L 189 del 17.7.2008, pag. 25.
(3) GU C 244 del 10.10.2002, pag. 5.
(4) GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43.
(5) L'articolo 4, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 1049/2001 recita: «Se solo alcune parti del documento richiesto sono interessate da una qualsiasi delle eccezioni, le parti restanti del documento sono divulgate.»
(6) L'articolo 5, paragrafo 5, delle disposizioni di attuazione del regolamento (CE) n. 1049/2001, allegato alla decisione 2001/937/CE della Commissione, stabilisce che: «Il terzo autore consultato dispone di un termine di risposta che non può essere inferiore a cinque giorni lavorativi ma che deve permettere alla Commissione di rispettare i suoi termini di risposta …».


26a relazione annuale sul controllo dell'applicazione del diritto dell'Unione europea (2008)
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Risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2010 sulla 26a relazione annuale sul controllo dell'applicazione del diritto dell'Unione europea (2008) (2010/2076(INI))
P7_TA(2010)0437A7-0291/2010

Il Parlamento europeo,

–  vista la relazione della Commissione intitolata «EU Pilot Evaluation Report» (relazione di valutazione sull'iniziativa «EU Pilot») (COM(2010)0070),

–  vista la 25a relazione annuale della Commissione sul controllo dell'applicazione del diritto comunitario (2007) (COM(2008)0777),

–  visti i documenti di lavoro dei servizi della Commissione (SEC(2009)1683, SEC(2009)1684, SEC(2009)1685 e SEC(2010)0182),

–  vista la comunicazione della Commissione del 5 settembre 2007 intitolata «Un'Europa dei risultati – Applicazione del diritto comunitario» (COM(2007)0502),

–  vista la comunicazione della Commissione del 20 marzo 2002 relativa ai rapporti con gli autori di denunce in materia di violazioni del diritto comunitario (COM(2002)0141),

–  vista la sua risoluzione del 21 febbraio 2008 sulla 23a relazione annuale della Commissione sul controllo dell'applicazione del diritto comunitario (2005)(1),

–  vista la sua risoluzione, del 9 luglio 2008, sul ruolo del giudice nazionale nel sistema giudiziario europeo(2),

–  visto l'articolo 119, paragrafo 1, del suo regolamento,

–  visti la relazione della commissione giuridica e i pareri della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori e della commissione per le petizioni (A7-0291/2010),

1.  si rammarica del fatto che la Commissione non abbia dato alcuna risposta alle questioni sollevate dal Parlamento nelle sue precedenti risoluzioni, in particolare nella succitata risoluzione del 21 febbraio 2008; osserva la mancanza di miglioramento per quanto riguarda la trasparenza, soprattutto in ordine al progetto «EU Pilot» e in materia di risorse umane;

2.  osserva che attraverso il progetto «EU Pilot» la Commissione sta cercando di rafforzare l'impegno, la cooperazione e le relazioni di partenariato tra la Commissione e gli Stati membri(3) e sta esaminando, in stretta cooperazione con le amministrazioni nazionali, come trattare l'applicazione del diritto dell'Unione europea; ritiene che detta iniziativa risponda alla nuova necessità di cooperazione tra tutte le istituzioni dell'Unione europea nell'interesse di un'Unione che, a seguito dell'adozione del trattato di Lisbona, funzioni in modo efficace e sia incentrata sul cittadino; sottolinea l'obbligo imposto alla Commissione dall'articolo 17 del trattato sull'Unione europea di «vigila[re] sull'applicazione dei trattati e delle misure adottate dalle istituzioni in virtù dei trattati»;

3.  osserva che, da un lato, i cittadini sono rappresentati come aventi un ruolo essenziale nel garantire il rispetto del diritto dell'Unione europea sul terreno(4), mentre, dall'altro lato – nel quadro del progetto «EU Pilot» – essi sono ancora più esclusi da qualunque procedura successiva; ritiene che ciò non sia conforme alle dichiarazioni solenni contenute nei trattati, secondo le quali: «le decisioni [sono] prese nel modo più trasparente possibile e il più vicino possibile ai cittadini» (articolo 1 TUE), «le istituzioni [...] dell'Unione operano nel modo più trasparente possibile» (articolo 15 TFUE), e «l'Unione rispetta, in tutte le sue attività, il principio dell'uguaglianza dei cittadini, che beneficiano di uguale attenzione da parte delle sue istituzioni» (articolo 9 TUE);

4.  osserva che, per rendere operativo il progetto «EU Pilot», la Commissione ha creato una «banca dati confidenziale on-line»(5) per la comunicazione tra i servizi della Commissione e le autorità degli Stati membri; invita la Commissione ad accordare al Parlamento un accesso significativo a detta banca dati in modo da consentirgli di svolgere la sua funzione di controllo sul modo in cui la Commissione adempie al suo ruolo di custode dei trattati;

5.  sottolinea che il ruolo attivo dei cittadini dell'Unione europea è chiaramente stabilito nel trattato sull'Unione europea, in particolare in riferimento all'Iniziativa dei cittadini europei; ritiene che la possibilità che i cittadini stabiliscano l'agenda legislativa è altresì collegata al loro attuale ruolo, essenziale nel garantire la corretta applicazione ed osservanza del diritto dell'Unione europea come pure la trasparenza e l'affidabilità delle corrispondenti procedure;

6.  rileva che nella sintesi della Commissione sul controllo dell'applicazione del diritto comunitario si pone maggiormente l'accento sul recepimento anziché sull'applicazione effettiva; invita la Commissione a riconoscere in modo adeguato il ruolo delle petizioni nel monitoraggio dell'applicazione effettiva del diritto comunitario; osserva che molto spesso le petizioni sono i primi indicatori che evidenziano i ritardi degli Stati membri, non tanto nel recepimento, quanto nella definizione di misure giuridiche di attuazione;

7.  è del parere che, nella loro forma attuale, le relazioni annuali della Commissione «sul controllo dell'applicazione del diritto dell'Unione europea» non offrano ai cittadini o alle altre istituzioni informazioni sufficienti in merito allo stato reale dell'applicazione del diritto dell'UE, dal momento che la Commissione fa riferimento soltanto ai procedimenti formali aperti contro Stati membri che non hanno recepito il diritto dell'UE nei rispettivi ordinamenti giuridici nazionali; ritiene tuttavia che sarebbe inoltre nell'interesse dei cittadini e del Parlamento essere informati nel momento in cui la Commissione avvia procedimenti d'infrazione per il recepimento scorretto o errato del diritto dell'UE nonché ricevere dettagli relativi a tali procedimenti;

8.  desidera garantire che la Commissione continui a presentare dati dettagliati su tutti i tipi di infrazione e che la totalità di tali dati sia liberamente consultabile dal Parlamento per consentirgli di svolgere la sua funzione di controllo per quanto riguarda l'adempimento del ruolo di custode dei trattati da parte della Commissione; rileva che la collazione e la categorizzazione di tali dati dovrebbe essere coerente con le precedenti relazioni annuali in modo da assistere il Parlamento nel realizzare valutazioni pertinenti sui progressi compiuti dalla Commissione, a prescindere dal fatto che l'infrazione sia stata trattata attraverso il progetto «EU Pilot» o conformemente alla procedura di infrazione iniziale;

9.  osserva che i ritardi nel recepire, nell'applicare e nel far rispettare correttamente il diritto dell'Unione europea influiscono direttamente sulla vita quotidiana dei cittadini e delle imprese nonché sull'esercizio dei loro diritti, creando incertezza giuridica e impedendo loro di beneficiare appieno dei vantaggi del mercato interno; pone in evidenza i costi elevati derivanti dal mancato rispetto e dalla mancata applicazione del diritto dell'UE e la conseguente mancanza di fiducia nelle istituzioni europee;

10.  deplora il fatto che alcuni Stati membri sottovalutino l'importanza di una corretta e tempestiva applicazione del diritto dell'UE e li esorta ad attribuire la giusta priorità al recepimento e all'applicazione dello stesso, in modo da evitare ritardi;

11.  invita la Commissione a proporre un «codice procedurale» sotto forma di un regolamento fondato sulla nuova base giuridica fornita dall'articolo 298 TFUE, che stabilisca i vari aspetti della procedura di infrazione, comprese le notifiche, le scadenze, il diritto di audizione, l'obbligo di motivazione ecc., al fine di far rispettare i diritti dei cittadini e la trasparenza; ricorda alla Commissione che la sua comunicazione del 2002 rappresenta un importante punto di riferimento per l'elaborazione di tale «codice procedurale»;

12.  ricorda che la commissione giuridica ha recentemente creato un gruppo di lavoro sul diritto amministrativo dell'UE al fine di valutare se sia possibile una codificazione di tale diritto nonché la portata pratica di un tale progetto; ritiene che le conclusioni di tale gruppo di lavoro debbano essere tenute presenti al momento di discutere su un codice amministrativo europeo;

13.  ricorda che la commissione giuridica ha recentemente approvato all'unanimità una lettera a sostegno dell'opinione del firmatario di una petizione il quale sollecitava una procedura amministrativa uniforme per la supervisione e l'applicazione del diritto dell'Unione europea che, pur nel rispetto del potere discrezionale della Commissione di stabilire quando e contro chi avviare procedimenti, limitasse tale potere entro i confini della buona prassi amministrativa(6);

14.  ricorda che la Commissione, nella sua veste di custode dei trattati, svolge un ruolo fondamentale nel garantire l'applicazione corretta e tempestiva del diritto dell'Unione europea da parte degli Stati membri; incoraggia la Commissione a far uso di tutte le competenze conferitele dai trattati, in particolare dalle nuove disposizioni dell'articolo 260 TFUE che si applicano nel caso in cui gli Stati membri non abbiano adempiuto all'obbligo di comunicare le misure di recepimento delle direttive;

15.  ricorda la sua risoluzione del 9 febbraio 2010 sulla revisione dell'accordo quadro tra il Parlamento europeo e la Commissione per la prossima legislatura(7) in cui invita la Commissione a «mette[re] a disposizione del Parlamento informazioni sintetiche su tutte le procedure d'infrazione dalla lettera d'intimazione, comprese, su richiesta del Parlamento, le questioni oggetto della procedura d'infrazione»(8);

16.  ritiene che i cittadini dell'Unione europea debbano potersi attendere dalla Commissione il medesimo livello di trasparenza sia che presentino una denuncia formale sia che esercitino il loro diritto di petizione in base al trattato; chiede pertanto che siano messe a disposizione della commissione per le petizioni informazioni chiare sugli stadi di avanzamento delle procedure d'infrazione che sono altresì oggetto di petizioni ancora aperte; invita inoltre la Commissione a chiarire i circuiti con cui la commissione per le petizioni e il pubblico in generale possono gestire le richieste di informazioni e le denunce;

17.  appoggia le misure previste dalla Commissione per il 2009 e oltre, volte a garantire l'osservanza della legislazione europea da parte degli Stati membri e chiede di essere associato alle procedure d'infrazione nei casi in cui vi siano petizioni in corso di esame, come nel caso della Campania per quanto concerne la normativa sui rifiuti e in quello della Spagna per la legislazione in materia di gestione delle acque;

18.  invita la Commissione a fornire al Parlamento i dati pertinenti atti a consentire un'analisi del valore aggiunto che il progetto «EU Pilot» apporta all'attuale processo di gestione dei procedimenti di infrazione, il che giustificherebbe un'ulteriore estensione del progetto; ritiene che tali dati dovrebbero, ad esempio, permettere al Parlamento di controllare se le 10 settimane concesse agli Stati membri per trovare una soluzione a un caso concreto non abbiano ulteriormente ritardato l'avvio di una procedura d'infrazione, la cui durata è già estremamente lunga e indeterminata;

19.  osserva con particolare interesse l'impegno assunto dalla Commissione di presentare sistematicamente una valutazione della risposta alla denuncia trasmessa da uno Stato membro; invita la Commissione a presentare tale valutazione con la massima attenzione e dopo aver analizzato il dossier senza indugio; sollecita precisazioni sul ruolo del denunciante nel processo di valutazione;

20.  chiede alla Commissione di stanziare risorse sufficienti per poter monitorare pienamente l'applicazione del diritto dell'Unione europea, avviare i propri casi ed elaborare priorità per azioni più incisive e sistematiche; invita la Commissione a fornire al Parlamento, come è stato ripetutamente richiesto, dati precisi ed esaustivi sulle risorse destinate all'esame dei casi d'infrazione in seno alle varie direzioni generali nonché sulle risorse assegnate al progetto «EU Pilot»; ricorda alla Commissione che il Parlamento si è impegnato a sostenerla incrementando gli stanziamenti di bilancio per garantire maggiori risorse;

21.  chiede alla Commissione di prendere in considerazione meccanismi innovativi, come la procedura di valutazione reciproca prevista dalla direttiva sui servizi, per garantire una più efficace applicazione del diritto dell'UE;

22.  accoglie con favore il nascente sportello unico per i cittadini che richiedono un consiglio, presentano un ricorso o sporgono una denuncia tramite il sito web «La tua Europa»(9); rileva che con l'inserimento dell'ampiamente pubblicizzata «Iniziativa dei cittadini» (articolo 11, paragrafo 4, del trattato sull'Unione europea) nell'elenco degli strumenti dedicati alla partecipazione dei cittadini, le esigenze di chiarimento e guida sono cresciute in modo esponenziale; osserva che il Parlamento europeo vorrebbe essere coinvolto nello sviluppo di questo sito web, al fine di garantirne la coerenza con i propri piani intesi a fornire una guida migliore per i cittadini;

23.  ricorda l'impegno del Consiglio di incoraggiare gli Stati membri a elaborare e pubblicare tabelle che illustrino la correlazione fra direttive e misure nazionali di recepimento; rileva che dette tabelle sono essenziali per consentire alla Commissione di monitorare efficacemente le misure di applicazione in tutti gli Stati membri;

24.  sollecita un rafforzamento del ruolo del Parlamento in materia di attuazione, applicazione e controllo delle norme del mercato interno; sostiene l'idea di un forum annuale del mercato unico;

25.  ribadisce l'importanza fondamentale del ruolo che il Quadro di valutazione del mercato interno e il Quadro di valutazione dei mercati dei beni di consumo svolgono ai fini di un uso più efficace degli strumenti di controllo e dei parametri di riferimento, che costituiscono un importante meccanismo disciplinare indiretto; chiede alla Commissione e agli Stati membri di mettere a disposizione risorse adeguate in termini di personale e di finanziamenti, in modo da assicurare che il Quadro di valutazione dei mercati dei beni di consumo possa essere ulteriormente sviluppato;

26.  osserva che gli organi giudiziari nazionali svolgono un ruolo essenziale nell'applicazione del diritto dell'Unione europea e sostiene pienamente gli sforzi dell'UE volti a migliorare e coordinare la formazione in materia giudiziaria per i giudici nazionali, i professionisti legali, i funzionari e gli impiegati statali delle amministrazioni nazionali;

27.  ritiene che la Commissione, al momento di avviare una procedura di infrazione contro uno Stato membro, debba anche pubblicare una comunicazione in cui sia precisato che l'atto che ha violato la legislazione dell'UE può essere impugnato dai cittadini lesi dello Stato membro in questione dinanzi ai loro tribunali nazionali;

28.  ricorda la sua risoluzione del 17 giugno 2010 sulla formazione giudiziaria in materia civile e commerciale; ritiene che sia di fondamentale importanza rafforzare la formazione giudiziaria, in particolare nel contesto del Piano d'azione per l'attuazione del programma di Stoccolma;

29.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, alla Corte di giustizia, al Mediatore europeo e ai parlamenti degli Stati membri.

(1) GU C 184 E del 6.8.2009, pag. 63.
(2) GU C 294 E del 3.12.2009, pag. 27.
(3) «EU Pilot Evaluation Report», pag. 2.
(4) Comunicazione della Commissione del 2002, pag. 5: «la Commissione ha più volte riconosciuto il ruolo essenziale che gli autori di denunce svolgono nel permettere di individuare le violazioni del diritto comunitario».
(5) Relazione della Commissione «Relazione di valutazione sul progetto EU Pilot» (COM(2010)0070), pag. 2.
(6) «La discrezionalità potrà essere un male necessario in un governo moderno; tuttavia, il potere discrezionale assoluto abbinato a un'assoluta mancanza di trasparenza è sostanzialmente contrario al principio della preminenza del diritto.» – Relazione Frassoni (2005/2150(INI)) sulla 21a e 22a relazione annuale della Commissione sul controllo dell'applicazione del diritto comunitario (2003 e 2004), Motivazione, pag. 17.
(7) Testi approvati, P7_TA(2010)0009.
(8) Idem, paragrafo 3, lettera e), trattino 5.
(9) http://ec.europa.eu/youreurope/.


Servizio pubblico di radiodiffusione nell'era digitale: il futuro del sistema duale
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Risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2010 sul servizio pubblico di radiodiffusione nell'era digitale: il futuro del sistema duale (2010/2028(INI))
P7_TA(2010)0438A7-0286/2010

Il Parlamento europeo,

–  visti l'articolo 14, e l'articolo 106, paragrafo 2, del trattato sull'Unione europea,

–  visto il protocollo n. 29 sul sistema di radiodiffusione pubblica negli Stati membri allegato al trattato sull'Unione europea,

–  visto l'articolo 11, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,

–  vista la direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati Membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi)(1),

–  vista la sua risoluzione del 19 settembre 1996 sul ruolo del servizio pubblico televisivo in una società multimediale(2),

–  vista la sua risoluzione del 25 settembre 2008 sulla concentrazione e il pluralismo dei mezzi d'informazione nell'Unione europea(3),

–  vista la sua risoluzione del 16 dicembre 2008 sull'alfabetizzazione mediatica nell'ambiente digitale(4),

–  vista la comunicazione della Commissione del 2 luglio 2009 relativa all'applicazione delle norme sugli aiuti di Stato al servizio pubblico di emittenza radiotelevisiva(5),

–  visto il documento di lavoro dei servizi della Commissione sul pluralismo dei media negli Stati membri dell'Unione europea (SEC(2007)0032),

–  vista la raccomandazione n. R (96) 10 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa agli Stati membri, dell'11 settembre 1996, sulla garanzia dell'indipendenza del servizio pubblico di radiodiffusione,

–  vista la risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 25 gennaio 1999, sulle emissioni di servizio pubblico(6),

–  vista la raccomandazione n. CM/Rec(2007)2 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa agli Stati membri, del 31 gennaio 2007, sul pluralismo dei mezzi d'informazione e la diversità dei loro contenuti,

–  vista la raccomandazione n. CM/Rec(2007)3 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa agli Stati membri, del 31 gennaio 2007, sulla missione dei media di servizio pubblico nella società dell'informazione,

–  vista la raccomandazione n. 1878(2009) dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, del 25 giugno 2009, sul finanziamento del servizio pubblico di radiodiffusione,

–  vista la dichiarazione del 27 settembre 2006 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa sulla garanzia dell'indipendenza del servizio pubblico di radiodiffusione negli Stati membri,

–  visto l'articolo 48 del suo regolamento,

–  vista la relazione della commissione per la cultura e l'istruzione (A7-0286/2010),

A.  considerando che, in una società europea democratica, la partecipazione dei cittadini al dibattito pubblico e l'accesso alle informazioni nell'ambiente digitale presuppongono un settore audiovisivo e della stampa dinamico e competitivo,

B.  considerando che i mezzi di radiodiffusione figurano tra le fonti di informazione più importanti di cui dispongono i cittadini negli Stati membri dell'UE e, in quanto tali, costituiscono un fattore importante nella formazione dei valori e delle opinioni delle persone,

C.  considerando che sia il servizio pubblico di radiodiffusione che quello privato sono chiamati a svolgere un ruolo cruciale per quanto riguarda la produzione audiovisiva europea, la diversità e l'identità culturali, l'informazione, il pluralismo, la coesione sociale, la promozione delle libertà fondamentali e il funzionamento della democrazia,

D.  considerando che le emittenti di servizio pubblico svolgono un ruolo pionieristico, incentivando e utilizzando l'evoluzione tecnologica in modo da offrire i loro contenuti al pubblico per mezzo di tecniche mediatiche e di distribuzione innovative,

E.  considerando che il panorama audiovisivo dell'UE ha caratteristiche uniche ed è contraddistinto da quello che è stato definito il «sistema duale», che si basa su un autentico equilibrio tra emittenti di servizio pubblico e emittenti commerciali,

F.  considerando che un sistema duale efficace con un autentico equilibrio tra emittenti di servizio pubblico e privato rappresenta l'interesse generale,

G.  considerando che la coesistenza di emittenti di servizio pubblico ed emittenti commerciali ha garantito una programmazione diversificata e liberamente accessibile che torna a vantaggio di tutti i cittadini dell'UE e contribuisce al pluralismo dei media, alla diversità culturale e linguistica, alla concorrenza editoriale (in termini di qualità e diversità dei contenuti), nonché alla libertà di espressione,

H.  considerando che l'Unione europea annette particolare importanza al ruolo del sistema duale nella produzione e nella diffusione di contenuti europei,

I.  considerando che i cambiamenti intervenuti nel corso degli ultimi anni nel panorama audiovisivo, con lo sviluppo delle tecnologie digitali e delle piattaforme proprietarie a pagamento e la comparsa di nuovi soggetti mediatici online, hanno avuto ripercussioni sul tradizionale sistema duale di radiodiffusione e sulla concorrenza editoriale (in termini di qualità e diversità dei contenuti) e hanno reso necessarie una diversificazione delle attività e una presa in considerazione di nuove piattaforme di distribuzione da parte delle emittenti di servizio pubblico e privato,

J.  considerando che la diffusione delle nuove tecnologie ha cambiato il modo in cui i cittadini europei accedono ai mezzi di comunicazione e all'informazione,

K.  considerando che i consueti confini esistenti all'interno del settore dei media vengono a scomparire nel contesto online, dal momento che i media tradizionali non possono sopravvivere senza espandersi verso nuove piattaforme (quali servizi SMS, pagine web e applicazioni per smart phone), conformemente agli obiettivi dell'Agenda digitale dell'Unione europea,

L.  considerando che quotidiani e riviste sono elementi essenziali di un panorama mediatico europeo diversificato e pluralistico e che tali dovrebbero rimanere,

M.  considerando che i fornitori di servizi Internet e di telecomunicazione e i motori di ricerca svolgono un ruolo sempre più significativo nel nuovo contesto mediatico,

N.  considerando che nell'era digitale, caratterizzata da una scelta più ampia per i consumatori ma anche da un rischio di frammentazione dell'audience, di crescente concentrazione dei media, di aumento del numero di imprese mediatiche integrate verticalmente nonché di un'evoluzione verso i servizi a pagamento e il criptaggio, il servizio pubblico di radiodiffusione dovrebbe contribuire, come già fa, a mantenere una sfera pubblica, fornendo una programmazione di elevata qualità con un valore sociale e informazioni oggettive,

O.  considerando che in taluni Stati membri il servizio pubblico di radiodiffusione non è ancora sufficientemente radicato a livello sociale e non dispone di risorse adeguate,

P.  considerando che le emittenti pubbliche in alcuni Stati membri sono confrontate a problemi fondamentali che ne pregiudicano l' indipendenza politica, la sopravvivenza e persino la base finanziaria, creando una minaccia diretta all'esistenza stessa del sistema duale,

Q.  considerando che la televisione commerciale ha recentemente affrontato difficoltà economiche derivanti dalla contrazione della pubblicità,

R.  considerando che la definizione del mandato del servizio pubblico e la garanzia di finanziamento alle emittenti di servizio pubblico spettano esclusivamente agli Stati membri, in conformità dei principi del protocollo di Amsterdam,

S.  considerando che i media di servizio pubblico necessitano di finanziamenti pubblici adeguati, di una partecipazione alle pertinenti nuove tecnologie e piattaforme nonché di un quadro normativo stabile e prevedibile, per poter assolvere alla propria missione in termini di offerta di contenuti culturali e informativi di alta qualità e, di conseguenza, per migliorare chiaramente l'alfabetizzazione mediatica, a beneficio del pubblico,

T.  considerando che è possibile migliorare il servizio pubblico di radiodiffusione attraverso lo scambio di esperienze e migliori prassi tra gli Stati membri,

U.  considerando che il rispetto delle norme europee in materia di libertà di espressione, pluralismo e indipendenza dei media, missione e finanziamento dei media di servizio pubblico dovrebbe essere una priorità in tutti gli Stati membri,

V.  considerando che, attualmente, l'Unione europea non dispone degli strumenti adeguati per monitorare le minacce poste ai media di servizio pubblico e al sistema duale negli Stati membri, o in regioni specifiche dell'UE, e per reagirvi,

1.  ribadisce l'impegno nei confronti del sistema duale di radiodiffusione in cui i media di servizio pubblico e privato svolgono ciascuno il proprio ruolo senza subire pressioni politiche ed economiche e chiede che l'accesso a una radiodiffusione del livello più elevato possibile sia garantito a prescindere dalla capacità di pagare dei consumatori e degli utenti;

2.  sottolinea, in particolare, il ruolo fondamentale di un sistema duale europeo realmente equilibrato per la promozione della democrazia, della coesione sociale, dell'integrazione e della libertà di espressione, e in particolare per la salvaguardia e la promozione del pluralismo dei media, dell'alfabetizzazione mediatica, della diversità culturale e linguistica e della conformità alle norme europee in materia di libertà di stampa;

3.  constata che la coesistenza dei media di servizio pubblico e privato ha considerevolmente contribuito a innovare e diversificare l'offerta in termini di contenuti e ha avuto un impatto positivo sulla qualità;

4.  riafferma la necessità di mantenere un servizio pubblico di radiodiffusione indipendente, forte e vitale, adeguandolo al contempo alle condizioni poste dall'era digitale, e chiede che siano adottate misure concrete per realizzare questo obiettivo;

5.  sottolinea, in questo contesto, che nell'era digitale il servizio pubblico di radiodiffusione ha la missione specifica di nutrire la sfera pubblica rendendo universalmente accessibili i contenuti mediatici di elevata qualità e di interesse pubblico su tutte le piattaforme pertinenti;

6.  invita gli Stati membri a prevedere sufficienti risorse per permettere alle emittenti di servizio pubblico di sfruttare le nuove tecnologie digitali e di garantire al grande pubblico i benefici di servizi audiovisivi moderni;

7.  invita, a tale riguardo, le emittenti di servizio pubblico a strutturarsi in modo tale da offrire contenuti online attrattivi e di qualità, al fine di rivolgersi giovani che accedono ai media quasi esclusivamente su Internet;

8.  esorta gli Stati membri ad affrontare il problema della frattura digitale - ad esempio tra aree urbane e aree rurali - e a garantire che, grazie alla digitalizzazione, tutte le persone in tutte le regioni godano di pari accesso al servizio pubblico di radiodiffusione;

9.  esorta gli Stati membri a prendere in considerazione la possibilità di facilitare il passaggio da televisione analogica a digitale per i consumatori;

10.  sollecita gli Stati membri a definire la missione delle emittenti di servizio pubblico affinché possano conservare le loro peculiarità attraverso un impegno per le produzioni audiovisive originali e una programmazione e un giornalismo di alta qualità, a prescindere da considerazioni commerciali o influenze politiche, che sono esattamente il loro marchio distintivo; osserva che detta missione dovrebbe essere definita con la maggiore precisione possibile, tenendo, tuttavia, debito conto dell'autonomia di programmazione delle emittenti;

11.  ricorda che, conformemente al principio della neutralità tecnologica, le emittenti di servizio pubblico devono avere la possibilità, nel quadro della missione loro affidata, di offrire i propri servizi, su tutte le piattaforme, inclusi nuovi servizi;

12.  insiste sul fatto che in alcuni Stati membri mancano disposizioni giuridiche concernenti le attività su Internet del servizio pubblico di radiodiffusione e che detta mancanza potrebbe influire sulla capacità del settore di ampliarsi a nuove piattaforme;

13.  ricorda che le piattaforme terrestri di radiodiffusione fondate su norme aperte che permettono l'interoperabilità svolgono un ruolo centrale nel sistema duale di radiodiffusione e costituiscono lo strumento ideale per fornire agli utenti servizi mediatici audiovisivi gratuiti e facilmente accessibili che si prestano meglio alla frammentazione dei mercati locali e possono dunque rispondere meglio alle attese culturali e sociali locali;

14.  prende atto della comunicazione della Commissione del luglio 2009 sulla radiodiffusione, in cui si riconosce il diritto delle emittenti di servizio pubblico di essere presenti su tutte le piattaforme di diffusione pertinenti e in cui si ribadisce che la definizione della missione, del finanziamento e dell'organizzazione del servizio pubblico di radiodiffusione rientra nelle competenze degli Stati membri, fatta salva la responsabilità della Commissione di verificare gli errori manifesti, e invita gli Stati membri a mantenere un equilibrio tra i servizi mediatici digitali offerti, a garantire una concorrenza equa tra emittenti di servizio pubblico e media privati e, quindi, a salvaguardare un panorama mediatico dinamico nel contesto online;

15.  si compiace del riconoscimento del principio di neutralità tecnologica e della necessità di rispettare l'indipendenza editoriale delle emittenti di servizio pubblico, tenendo debitamente conto del loro bisogno di finanziamenti costanti e sicuri;

16.  richiama tuttavia l'attenzione sui costi enormi dei test ex ante (esistenti) e sottolinea che è favorevole a valutazioni proporzionate;

17.  ribadisce l'importanza delle raccomandazioni e dichiarazioni del Consiglio d'Europa, che sono state sottoscritte da tutti gli Stati membri dell'UE e che stabiliscono norme europee in materia di libertà di espressione, libertà di stampa, pluralismo e indipendenza dei media, organizzazione, missione e finanziamento dei media di servizio pubblico, in particolare nella società dell'informazione, tutelando in tal modo la credibilità del servizio pubblico di radiodiffusione;

18.  ricorda agli Stati membri l'impegno che hanno assunto relativamente a dette norme europee e raccomanda loro di assicurare finanziamenti adeguati, proporzionati e costanti ai media di servizio pubblico affinché questi ultimi siano in grado di assolvere alla propria missione, di garantirne l'indipendenza politica ed economica e di contribuire a una società dell'informazione e della conoscenza inclusiva con mezzi d'informazione rappresentativi e di elevata qualità accessibili a tutti;

19.  invita la Commissione a incoraggiare gli Stati membri a promuovere lo scambio di migliori prassi a differenti livelli (autorità nazionali dei mezzi d'informazione, parti interessate, gestori delle emittenti di servizio pubblico, autorità di regolamentazione indipendenti e rappresentanti dei telespettatori e dei consumatori);

20.  invita gli Stati membri a intensificare la cooperazione tra le autorità nazionali di regolamentazione dei media in seno alla piattaforma europea delle autorità di regolamentazione (EPRA) e ad accrescere lo scambio di esperienze e migliori prassi in merito ai rispettivi sistemi nazionali di radiodiffusione;

21.  ricorda agli Stati membri che i consigli di amministrazione delle emittenti di servizio pubblico dovrebbero essere composti da persone nominate in base alle loro competenze e all'esperienza maturata nel settore dei media;

22.  invita la Commissione e gli Stati membri a conferire all'Osservatorio europeo dell'audiovisivo il mandato, affiancato dalle risorse necessarie, di raccogliere dati e realizzare ricerche sul modo in cui gli Stati membri hanno applicato le norme in questione al fine di valutare se dette norme hanno sortito l'effetto desiderato e insiste sul fatto che gli Stati membri dovrebbero essere chiamati a rispondere del mancato rispetto degli impegni;

23.  invita la Commissione ad attribuire maggiore importanza al sistema duale quale parte dell«acquis dell'UE, nel quadro dei negoziati di adesione, e sollecita che i progressi compiuti al riguardo dai paesi candidati siano monitorati;

24.  invita inoltre gli Stati membri ad affrontare adeguatamente la questione del sottofinanziamento delle emittenti di servizio pubblico, ricordando in particolare la missione specifica dei mezzi di informazione pubblici, ossia essere accessibili al maggior numero possibile di spettatori e di ascoltatori a livello di tutte le nuove piattaforme mediatiche;

25.  osserva che in tutti gli Stati membri deve essere garantita una proprietà trasparente delle emittenti private e invita la Commissione a monitorare e sostenere i progressi in tal senso;

26.  invita gli Stati membri a porre fine alle interferenze politiche relative ai contenuti dei servizi offerti dalle emittenti di servizio pubblico;

27.  si compiace delle conclusioni dello studio indipendente, realizzato su richiesta della Commissione, sulla definizione di indicatori per misurare il pluralismo dei media nell'UE;

28.  sostiene l'attuazione dell'Osservatorio del pluralismo dei media, quale strumento efficace per la diagnosi delle minacce che gravano sul pluralismo dei media;

29.  richiama l'attenzione sugli strumenti finanziari offerti dalla BEI e incoraggia le emittenti di servizio pubblico che hanno difficoltà finanziarie a chiedere alla BEI prestiti agevolati per il rinnovo delle proprie infrastrutture, in particolare in relazione al passaggio al digitale e all'innovazione;

30.  incoraggia le varie parti interessate a intensificare la loro cooperazione per salvaguardare il sistema duale ed esorta in particolare le emittenti di servizio pubblico e privato a collaborare tra loro e con gli editori sulla condivisione di contenuti e a dar vita a meccanismi di collaborazione;

31.  invita la Commissione a lanciare un'iniziativa volta a riunire i diversi attori del settore dei media per contribuire ad identificare possibili settori di cooperazione, agevolare lo scambio di migliori prassi e affrontare le questioni pertinenti;

32.  ricorda in tale contesto che le emittenti comunali e cittadine, in particolare nei piccoli comuni, riscontrano difficoltà di finanziamento a lungo termine (ad esempio mediante la pubblicità); ritiene che in tale contesto possano essere utilizzate le nuove possibilità create dalla digitalizzazione per assicurare una radiodiffusione comunale o cittadina su scala regionale che copra un ampio territorio;

33.  incoraggia la Commissione ad adattare i diritti d'autore alla nuova era digitale permettendo alle emittenti di mantenere una vasta offerta di contenuti europei di qualità e a studiare i modi specifici con cui facilitare il riutilizzo di contenuti d'archivio e la creazione di sistemi di canone collettivo estesi e di sistemi di sportello unico facilmente accessibili per il versamento dei diritti;

34.  attende con interesse la relazione di attuazione sulle disposizioni della direttiva Servizi di media audiovisivi (SMA) concernenti il tempo di diffusione riservato a programmi europei, visto che taluni Stati membri non hanno adottato misure in tal senso;

35.  sollecita la Commissione a garantire che gli aggregatori di contenuto rispettino il quadro giuridico esistente e la invita ad esaminare gli strumenti che consentirebbero ai motori di ricerca e ai fornitori di servizi online di contribuire al finanziamento della creazione di contenuto;

36.  sottolinea l'importanza dell'educazione mediatica per un utilizzo responsabile dei servizi forniti dagli aggregatori di contenuto;

37.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.

(1) GU L 95 del 15.4.2010, pag. 1.
(2) GU C 320 del 28.10.1996, pag. 180.
(3) GU C 8 E del 14.1.2010, pag. 85.
(4) GU C 45 E del 23.2.2010, pag. 9.
(5) GU C 257 del 27.10.2009, pag. 1.
(6) GU C 30 del 5.2.1999, pag. 1.


Decimo anniversario della risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite su donne, pace e sicurezza
PDF 129kWORD 49k
Risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2010 sul decimo anniversario della risoluzione 1325 (2000) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite riguardante le donne, la pace e la sicurezza
P7_TA(2010)0439RC-B7-0624/2010

Il Parlamento europeo,

–  viste le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1325 (2000) e 1820 (2008), sulle donne, la pace e la sicurezza, e la risoluzione 1888 (2009), sulla violenza sessuale contro le donne e i bambini in situazioni di conflitto armato, nella quale si sottolinea che è responsabilità di tutti gli Stati porre fine all'impunità e perseguire i responsabili di crimini contro l'umanità e di crimini di guerra, compresi quelli legati alla violenza sessuale e di altro tipo contro donne e ragazze,

–  vista la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 54/134 del 7 febbraio 2000, che ha designato il 25 novembre come giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne,

–  visto il piano d'azione del Consiglio dell'UE sulla parità di genere nella cooperazione allo sviluppo, che dovrebbe garantire l'integrazione della parità di genere in tutte le attività dell'UE con i paesi partner a tutti i livelli,

–  vista la nomina, nel marzo 2010, di un rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite sulla violenza sessuale nei conflitti armati,

–   visti il documento del Consiglio su un approccio globale all'attuazione da parte dell'UE delle risoluzioni 1325 e 1820 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e il documento operativo sull'attuazione della risoluzione 1325, rafforzata dalla risoluzione 1820 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nell'ambito della PESD, entrambi adottati nel dicembre 2008, nonché il documento del Consiglio sull'integrazione dei diritti umani nella PESD, del settembre 2006,

–  visti gli orientamenti dell'UE sulle violenze contro le donne e la lotta contro tutte le forme di discriminazione nei loro confronti e gli orientamenti dell'UE sui bambini e i conflitti armati,

–  vista la sua risoluzione del 7 maggio 2009 sull'integrazione della dimensione di genere nelle relazioni esterne dell'UE e nel consolidamento della pace/dello Stato(1),

–  vista la sua risoluzione del 1° giugno 2006 sulla situazione delle donne nei conflitti armati e il loro ruolo quanto alla ricostruzione e al processo democratico nei paesi in situazione di post-conflitto(2),

–  vista la sua risoluzione del 16 novembre 2006 sulle donne in politica(3),

–  visto il piano d'azione del 2007 della sua sottocommissione per la sicurezza e la difesa concernente l'integrazione della dimensione di genere,

–  vista la sua risoluzione del 7 ottobre 2010 sulle carenze nella tutela dei diritti umani e della giustizia nella Repubblica democratica del Congo(4),

–  visto il nuovo organismo delle Nazioni Unite per l'uguaglianza di genere e l'emancipazione femminile (UN Women),

–  visto l'articolo 110, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.  considerando che la violenza contro le donne nelle zone in conflitto è spesso un'estensione della discriminazione di genere già esistente in tempi di pace; considerando che quest'anno la giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne coincide con il decimo anniversario della risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che è stata la prima risoluzione ad affrontare l'impatto sproporzionato ed eccezionale dei conflitti armati sulle donne e a mettere in relazione le esperienze delle donne nei conflitti con il mantenimento della pace e della sicurezza a livello internazionale, coprendo le aree tematiche interconnesse della partecipazione, della protezione, della prevenzione, del soccorso e del recupero,

B.  considerando che il 25 novembre si celebra la giornata internazionale contro la violenza contro le donne,

C.  considerando che le risoluzioni 1820, 1888 e 1889 del Consiglio di sicurezza rafforzano e completano la risoluzione 1325 e che queste quattro risoluzioni vanno considerate come il pacchetto di impegni sul tema donne, pace e sicurezza,

D.  considerando che l'attuazione di tali impegni costituisce una preoccupazione e una responsabilità comuni a ciascun paese membro dell'ONU, sia esso un paese interessato da un conflitto, un paese donatore o altro; considerando a tale proposito l'adozione, nel dicembre 2008, degli orientamenti dell'UE sulle violenze contro le donne e la lotta contro tutte le forme di discriminazione nei loro confronti e degli orientamenti dell'UE sui bambini e i conflitti armati, che lanciano un forte messaggio politico segnalando che si tratta di priorità per l'Unione,

E.  considerando che l'attuazione delle risoluzioni 1820 e 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dovrebbe avere priorità nell'uso degli strumenti finanziari esterni dell'UE per fornire un adeguato supporto alle organizzazioni della società civile che operano nei conflitti armati e nei paesi e nelle regioni colpiti da conflitti,

F.  considerando che il Parlamento europeo dovrebbe osservare l'ampio approccio adottato e l'attuazione del futuro piano d'azione sull'uguaglianza di genere e l'emancipazione femminile nell'azione esterna dell'UE, nonché l'attuazione degli orientamenti sulla violenza contro le donne e i bambini,

G.  considerando che l'integrazione di una prospettiva di genere nelle missioni civili e militari ne rafforza notevolmente l'efficacia operativa, a cui l'UE potrebbe apportare un considerevole valore aggiunto occupandosi attivamente della questione delle donne nei conflitti armati,

H.  considerando che l'Unione europea dovrebbe consentire alle donne di partecipare alla prevenzione dei conflitti, alla gestione delle crisi, ai colloqui di pace e alle fasi post-conflitto come la pianificazione della ricostruzione post-bellica,

I.  considerando che, se sono parte di una prassi diffusa e sistematica, lo stupro e la schiavitù sessuale sono riconosciuti ai sensi della convenzione di Ginevra come crimini contro l'umanità e crimini di guerra; considerando inoltre che lo stupro è ora riconosciuto anche come elemento del crimine di genocidio se commesso nell'intento di distruggere, in tutto o in parte, un determinato gruppo; considerando che l'UE dovrebbe sostenere gli sforzi intesi a porre fine all'impunità dei responsabili di violenze sessuali ai danni di donne e bambini,

J.  considerando che la creazione del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) dovrebbe contribuire significativamente a promuovere l'attuazione delle risoluzioni 1325 e 1820 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sia attraverso la sua struttura interna sia mediante le sue politiche e azioni esterne,

K.  considerando che l'Unione europea ha adottato una serie di importanti documenti relativi alle modalità di attuazione delle risoluzioni 1820 e 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite,

L.  considerando che il 2010 è anche l'anno della revisione, dopo dieci anni, degli obiettivi di sviluppo del millennio,

M.  considerando che solo una minoranza di Stati membri dell'UE ha elaborato piani d'azione nazionali per attuare la risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite; considerando che Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svezia e Regno Unito hanno adottato piani d'azione nazionali,

1.  sottolinea che il decimo anniversario della risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza dovrebbe segnare l'inizio di un'agenda rafforzata per l'attuazione di tale risoluzione, sulla quale non è possibile realizzare progressi senza una guida politica al più alto livello e senza maggiori risorse; raccomanda vivamente che la questione venga debitamente affrontata nel quadro della revisione in corso della politica dell'UE in materia di diritti dell'uomo, quando si tratterà di elaborare una strategia dettagliata per paese sui diritti umani e di valutare le linee guida dell'UE sulla violenza contro le donne e le ragazze e le linee guida dell'UE sui minori e i conflitti armati e la lotta contro ogni forma di discriminazione nei loro confronti;

2.  chiede l'assegnazione di specifiche e significative risorse finanziarie, umane e organizzative per la partecipazione delle donne e l'integrazione della dimensione di genere nel campo della politica estera e di sicurezza; chiede di aumentare il numero delle donne assegnate alle missioni militari e di polizia, alle missioni attinenti alla giustizia e allo stato di diritto e alle operazioni di mantenimento della pace; invita gli Stati membri a promuovere attivamente la partecipazione delle donne nelle loro relazioni bilaterali e multilaterali con Stati e organizzazioni extra UE;

3.  esorta il Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante, Catherine Ashton, a monitorare l'attuazione degli impegni e facilitare lo scambio di buone prassi;

4.  incoraggia vivamente il Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante a rafforzare altresì la task force UE sulle donne, la pace e la sicurezza e auspica che essa sottoporrà a revisione tra pari l'adozione e l'attuazione dei piani d'azione nazionali riguardanti le risoluzioni 1325 e 1820 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, effettuerà un'analisi sistematica di genere delle missioni della politica di sicurezza e difesa comune (PSDC) e monitorerà e assisterà le delegazioni dell'UE nei paesi e nelle regioni colpiti da conflitti;

5.  ritiene che l'istituzione del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) costituisca un'occasione unica per rafforzare il ruolo dell'UE per quanto riguarda l'attuazione delle risoluzioni 1325 e 1820 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;

6.  esorta quindi il Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante a rafforzare e potenziare l'integrazione della dimensione di genere e ad assumere impegni sostanziali e di grande visibilità per quanto riguarda le risorse umane, le risorse finanziarie e la gerarchia organizzativa; lo esorta altresì a costituire una unità organizzativa in seno al SEAE su donne, pace e sicurezza all'interno del pertinente dipartimento tematico e a garantire che in ciascun dipartimento geografico e nella delegazione dell'UE almeno un posto a tempo pieno si occupi di donne, pace e sicurezza e che il personale in questione faccia parte della task force dell'UE o sia ad essa strettamente legato;

7.  si compiace della serie di eventi pubblici, come le giornate aperte, attuati perlomeno dalle tre missioni PSDC, EUPM, EULEX e EUMM, per celebrare il 10 ° anniversario della risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza dell'ONU; accoglie con favore l'impulso al riguardo dello strumento di pianificazione e condotta civile dell'Unione europea (CPCC); ricorda che le missioni PSDC sono uno degli strumenti più importanti dell'UE per dimostrare il suo impegno nei confronti degli obiettivi delle risoluzioni 1820 e il 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nei paesi e nelle regioni colpiti dalla crisi;

8.  sollecita il Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante e gli Stati membri dell'UE ad includere riferimenti alle risoluzioni 1325 e 1820 del Consiglio di sicurezza dell'ONU nelle decisioni del Consiglio e nei mandati delle missioni concernenti la PSDC e ad assicurarsi che tutte le missioni PSDC abbiano almeno un consulente di genere e un piano d'azione sulle modalità di perseguimento degli obiettivi delle risoluzioni 1325 e 1820; esorta il Vicepresidente/Alto rappresentante, gli Stati membri dell'UE e i capi missione a fare della cooperazione e della consultazione con le organizzazioni femminili locali un elemento standard di ogni missione;

9.  chiede l'istituzione di adeguate procedure pubbliche di denuncia nell'ambito della PSDC, che favoriscano in particolare la segnalazione delle violenze sessuali e basate sul genere; invita il Vicepresidente/Alto rappresentante ad includere una relazione dettagliata sul tema donne, pace e sicurezza nella valutazione semestrale delle missioni PSDC;

10.  ricorda che tra il 30 luglio e il 4 agosto 2010 si sono verificati stupri di massa nel distretto minerario del Congo orientale, che l'anno scorso sono stati segnalati almeno 8 300 stupri nel Congo orientale e che le donne che hanno denunciato di aver subito violenza nel primo trimestre del 2010 sono state non meno di 1 244, il che corrisponde a una media di 14 stupri al giorno; esorta le due missioni dell'UE nella Repubblica democratica del Congo, EUPOL RD Congo ed EUSEC RD Congo, a fare della lotta contro la violenza sessuale e della partecipazione delle donne le principali priorità nell'ambito degli sforzi di riforma del settore della sicurezza congolese;

11.  sottolinea che è importante che l'UE nomini un maggior numero di funzionari di polizia e soldati donna alle missioni PSDC, in merito alle quali si potrebbe prendere a modello il contingente di funzionarie di polizia della forza dell'ONU per il mantenimento della pace in Liberia;

12.  richiama l'attenzione sulla necessità di stabilire un codice di condotta per i funzionari UE assegnati a missioni militari e civili che metta in chiaro che lo sfruttamento sessuale costituisce un comportamento ingiustificabile e criminale;

13.  chiede che si dia attuazione alle risoluzioni 1325 e 1820 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nei documenti strategici per paese dell'UE e che si preveda un maggior sostegno finanziario per la partecipazione ai processi europei delle donne provenienti da paesi interessati da conflitti; invita il Vicepresidente/Alto rappresentante e i commissari responsabili per lo sviluppo, l'allargamento e l'aiuto umanitario a fare degli aspetti concernenti le donne, la pace e la sicurezza parte integrante della pianificazione e programmazione degli strumenti finanziari esterni, quali lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani, lo strumento di cooperazione economica, lo strumento di assistenza preadesione e, in particolare, lo strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo e lo strumento per la stabilità;

14.  sottolinea che la Commissione dovrebbe favorire l'accesso delle ONG più piccole ai finanziamenti a titolo dello strumento europeo per la democrazia e i diritti umani; ricorda che al momento molte organizzazioni femminili di piccole dimensioni non sono in grado di superare gli ostacoli burocratici legati alla presentazione della domanda;

15.  invita il Commissario responsabile per lo sviluppo a ritenere prioritario il sostegno a favore del lavoro delle organizzazioni femminili nelle zone che sono teatro di conflitti; esorta il Vicepresidente/Alto rappresentante ad avvalersi della componente di lungo termine dello strumento di stabilità per assegnare risorse a sostegno della partecipazione delle donne ai processi connessi alla pace, alla sicurezza e alla riconciliazione ed a destinare sistematicamente stanziamenti per il tema «donne, pace e sicurezza» in tutte le misure di breve termine finanziate a titolo dell'articolo 3 di tale strumento;

16.  ritiene che le delegazioni dell'Unione dovrebbero informare le organizzazioni della società civile, come le organizzazioni femminili locali, in merito ai propri impegni nelle zone di conflitto e consultare le organizzazioni della società civile nell'ambito del processo di pianificazione delle politiche;

17.  chiede un aumento sostanziale della quota di donne assegnate a ciascun settore operativo, tra cui le attività di riconciliazione, consolidamento della pace, ripristino della pace, mantenimento della pace e prevenzione dei conflitti;

18.  chiede un aumento immediato della partecipazione delle donne a tutte le iniziative volte a trovare soluzioni ai conflitti, anche in veste di mediatrici e negoziatrici, nonché all'attuazione delle misure di risoluzione dei conflitti;

19.  invita il Vicepresidente/Alto rappresentante a farsi promotore di un'iniziativa volta a dedicare una settimana l'anno alla consultazione delle donne in posizioni di leadership e che potrebbe integrare la giornata delle Nazioni Unite per le donne e la pace (Global Open Day for Women and Peace), a cui facciano seguito resoconti e aggiornamenti da parte delle delegazioni dell'UE;

20.  sottolinea l'esigenza di piani d'azione nazionali, che dovrebbero fornire informazioni sui tempi della strategia nazionale, fissare obiettivi realistici, sviluppare meccanismi di controllo, nonché incoraggiare una maggiore partecipazione delle donne ai meccanismi di controllo, valutazione e supervisione;

21.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al rappresentante speciale delle Nazioni Unite per la violenza sessuale nei conflitti armati e al responsabile appena nominato dell'agenzia delle Nazioni Unite per la parità di genere (UN Women).

(1) GU C 212 E del 5.8.2010, pag. 32.
(2) GU C 298 E dell'8.12.2006, pag. 287.
(3) GU C 314 E del 21.12.2006, pag. 347.
(4) Testi approvati, P7_TA(2010)0350.


Situazione nel settore dell'apicoltura
PDF 127kWORD 53k
Risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2010 sulla situazione nel settore dell'apicoltura
P7_TA(2010)0440B7-0622/2010

Il Parlamento europeo,

–  vista la sua risoluzione del 9 ottobre 2003 sulle difficoltà incontrate dall'apicoltura europea(1),

–  vista la direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale(2),

–  vista la sua risoluzione del 22 aprile 2004 sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo alle azioni nel settore dell'apicoltura(3),

–  visto il regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM)(4), che stabilisce norme speciali per il settore dell'apicoltura nell'Unione europea,

–  vista la sua risoluzione del 20 novembre 2008 sulla situazione nel settore dell'apicoltura(5),

–   vista la direttiva 2010/21/UE della Commissione, del 12 marzo 2010, che modifica l'allegato I della direttiva 91/414/CEE del Consiglio per quanto riguarda le disposizioni specifiche relative a clothianidin, tiametoxam, fipronil e imidacloprid(6),

–  vista la decisione 2010/270/UE della Commissione, del 6 maggio 2010, che modifica le parti 1 e 2 dell'allegato E della direttiva 92/65/CEE del Consiglio relativamente ai modelli di certificati sanitari per animali provenienti da aziende e per api e calabroni(7),

–  vista la relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, del 28 maggio 2010, sull'applicazione degli articoli 105 e seguenti del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio concernenti le azioni intese a migliorare le condizioni di produzione e di commercializzazione dei prodotti dell'apicoltura (COM(2010)0267),

–  viste la relazione scientifica dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (AESA), dell'11 agosto 2008(8), e la relazione scientifica commissionata e adottata dall'EFSA il 3 dicembre 2009(9), ambedue sulla mortalità e la sorveglianza delle api in Europa,

–  vista l'interrogazione con richiesta di risposta orale alla Commissione, del 1° settembre 2010, sulla situazione nel settore dell'apicoltura (O-0119/2010 – B7-0564/2010),

–  visti gli articoli 115, paragrafo 5, e 110, paragrafo 2 del suo regolamento,

A.  considerando che i programmi nazionali per il settore dell'apicoltura europea elaborati dagli Stati membri per un periodo triennale sono stati utilizzati da tutti i 27 Stati membri dell'UE con un tasso medio di utilizzo del 90% e che la Commissione, nella sua succitata relazione del 28 maggio 2010, ha dichiarato che i programmi nazionali a favore dell'apicoltura hanno prodotto benefici nel corso degli ultimi anni,

B.  considerando che nel 2010, Anno europeo della biodiversità, su scala mondiale il settore dell'apicoltura è gravemente minacciato poiché si osservano perdite tra 100 cento e mille volte più rapide del normale; considerando che, alla luce delle prestazioni pubbliche ed ecologiche che gli apicoltori realizzano per la società, il settore dell'apicoltura svolge una funzione strategica, poiché le sue attività sono un limpido esempio di «occupazione ecologica» (miglioramento e mantenimento della biodiversità, equilibrio ecologico e conservazione della flora) e un modello di produzione sostenibile nel mondo rurale,

C.  considerando che i programmi vigenti scadono nel 2013, che l'attuale sostegno dell'UE a favore del settore apicolo dipende dalle attuali modalità della PAC, che gli operatori devono pianificare la loro attività per il periodo successivo al 2013 e considerando che la Commissione intende pubblicare la sua comunicazione sul futuro della PAC entro il novembre 2010,

D.  considerando che l'agricoltura ha un enorme interesse a mantenere le api quali agenti impollinatori, che la FAO ha avvertito la comunità internazionale dell'allarmante riduzione di insetti impollinatori, tra cui le api da miele; considerando che l'84% delle specie di piante e il 76% della produzione alimentare in Europa dipendono in larga misura dall'impollinazione ad opera delle api, per cui il valore economico dell'impollinazione risulta tra sette e dieci volte maggiore del valore del miele prodotto,

E.  considerando che la moria delle api costituisce un problema sempre più grave in molte regioni a causa di una combinazione di fattori, tra cui malattie delle api, la minore immunità nei confronti di agenti patogeni e parassiti, il clima e, in certa misura, la variazione della destinazione d'uso dei terreni in periodi di penuria di alimenti e di aree di raccolta per le api nonché la progressiva distruzione delle piante mellifere e l'uso di prodotti fitosanitari e tecniche agricole non sostenibili,

F.  considerando che la diminuzione del numero di colonie di api in alcuni Stati membri non può essere collegata con certezza all'uso di organismi geneticamente modificati (OGM), dato che la loro coltivazione per il momento è insignificante, e che l'aumento delle monocolture porta alla scomparsa delle piante mellifere,

G.  considerando il costante aumento di una moltitudine di malattie delle api su scala mondiale è tale che l'Apis mellifera rischia di diventare una specie minacciata di estinzione, in particolare a causa della presenza sempre più massiccia dell'acaro varroa che compromette il sistema immunitario delle api, provoca tutta una serie di malattie correlate e costituisce pertanto un grave problema sanitario che colpisce le colonie di api in Europa,

H.  considerando che è necessario approfondire la ricerca al fine di invertire il declino delle specie di insetti impollinatori per evitare situazioni, come quelle presenti in altre parti del mondo, in cui i bassi tassi di impollinatori naturali fanno sì che la produzione di ortofrutticoli e di taluni seminativi richieda l'impollinazione artificiale, con considerevoli spese aggiuntive per gli agricoltori,

I.  considerando che il 40% del mercato europeo del miele dipende dalle importazioni, che la dipendenza dell'UE per quanto riguarda l'approvvigionamento di miele determina una considerevole volatilità dei prezzi, derivante anche dalle sofisticazioni nel mercato mondiale, in quanto in passato l'apertura del mercato dell'UE al miele proveniente da Stati terzi ha comportato un pesante svantaggio concorrenziale per gli apicoltori di tutta l'UE,

J.  considerando che tanto gli Stati membri quanto gli operatori del settore hanno manifestato esigenze concrete per quanto riguarda il miglioramento delle norme di attuazione e la continuazione del sostegno a lungo termine,

K.  considerando che nello sviluppo dei programmi va realizzata una migliore cooperazione tra tutti gli Stati membri e le organizzazioni di apicoltori, cosicché ogni Stato membro abbia la possibilità di sollecitare informazioni ed eventualmente scambiarle con le organizzazioni europee con cui collabora,

L.  considerando che la succitata relazione scientifica dell'AESA, dell'11 agosto 2008, ha rilevato la scarsità di sistemi di controllo e la loro variabilità tra gli Stati membri nonché la mancanza di armonizzazione o di indicatori di rendimento comuni,

M.  considerando che, conformemente alla direttiva 2010/21/UE, gli Stati membri sono tenuti a garantire, a decorrere dal 1º novembre 2010, l'introduzione di taluni obblighi in materia di etichettatura per i prodotti fitosanitari, l'inserimento di misure di attenuazione dei rischi tra le condizioni di autorizzazione del prodotto e l'attuazione di programmi di monitoraggio volti a verificare l'esposizione diretta e indiretta delle api da miele a talune sostanze attive,

1.  si compiace della suddetta relazione della Commissione del 28 maggio 2010; osserva, tuttavia, che i programmi vigenti scadono nel 2013 ed è preoccupato per la serie di sfide e difficoltà cui il settore apicolo europeo deve ancora far fronte, segnatamente questioni di commercializzazione, la volatilità dei prezzi, partecipazione delle nuove leve di apicoltori, invecchiamento degli apicoltori nell'Unione europea, calo delle colonie di api e i problemi generici dovuti alla mortalità delle api legata a molteplici fattori;

2.  invita la Commissione a rispondere favorevolmente alle richieste degli Stati membri e degli operatori del settore, ad esempio, migliorando i dati statistici relativi alle previsioni di produzione, compresa l'introduzione di identici requisiti di qualità per il miele, e migliorando e armonizzando i programmi di monitoraggio e di ricerca nel settore dell'apicoltura;

3.  invita la Commissione a prendere in considerazione, nell'ambito della proposta legislativa sulla politica di qualità dei prodotti agricoli, la possibilità di modificare le disposizioni concernenti l'etichettatura d'origine del miele onde evitare di comunicare informazioni fallaci ai consumatori, in particolare nel caso delle miscele di mieli provenienti da paesi dell'UE e da paesi terzi;

4.  sottolinea la necessità di migliorare le condizioni sanitarie del prodotto armonizzando i controlli alle frontiere, in particolare per le importazioni da paesi terzi, poiché l'importazione di miele di scarsa qualità, le sofisticazioni e i surrogati sono fattori di distorsione del mercato ed esercitano una pressione costante sui prezzi e la qualità finale del prodotto nel mercato interno dell'UE; ritiene che il nome di qualsiasi prodotto trasformato contenente miele come ingrediente o qualsiasi elemento grafico o visivo di altro genere figurante sull'etichetta o sulla confezione del prodotto trasformato dovrebbe poter fare riferimento al miele nella denominazione del prodotto soltanto se almeno il 50 per cento dello zucchero contenuto proviene dal miele;

5.  invita la Commissione a considerare come obbligatoria la consultazione degli apicoltori da parte delle autorità europee e nazionali nel corso dell'elaborazione dei programmi destinati all'apicoltura e della relativa legislazione, al fine di garantire l'efficacia di tali programmi e la loro attuazione tempestiva;

6.  invita la Commissione a chiedere agli Stati membri di predisporre, un sistema affidabile di censimento delle colonie di api anziché basare i programmi in materia di apicoltura su dati stimati;

7.  riconosce che lo sviluppo di trattamenti innovativi ed efficaci per combattere l'acaro varroa, parassita responsabile in alcune regioni di notevoli perdite annuali, riveste grande importanza; ritiene che occorra incrementare la disponibilità di efficaci trattamenti veterinari contro l'acaro varroa e contro tutte le patologie riconducibili ad esso nell'intero territorio europeo; chiede alla Commissione di introdurre orientamenti comuni in materia di trattamenti veterinari in tale settore, con l'indispensabile collaborazione delle organizzazioni degli apicoltori;

8.  invita la Commissione a adeguare la portata e il finanziamento della politica veterinaria europea in modo da tener conto delle specificità delle api e dell'apicoltura con l'obiettivo di controllare più efficacemente le malattie delle api e la disponibilità di medicinali veterinari in tutta l'Unione in collaborazione con le organizzazioni degli apicoltori;

9.  invita la Commissione a meglio coordinare i vari programmi di ricerca condotti negli Stati membri al fine di stabilire un piano d'azione per combattere la mortalità delle api; rileva che ciò dovrebbe comprendere in particolare pratiche agricole sostenibili e favorevoli agli agenti impollinatori evitando le monocolture senza rotazione;

10.  invita la Commissione ad attuare le raccomandazioni contenute nella succitata relazione scientifica adottata dall'AESA il 3 dicembre 2009, segnatamente finanziando studi specifici basati sugli attuali lavori in corso al fine di migliorare la conoscenza e la comprensione dei fattori che influiscono sulla salute delle api;

11.  sollecita la realizzazione di ricerche indipendenti e tempestive sulla mortalità delle api e invita la Commissione a garantire che i dati concernenti gli effetti sull'ambiente dei prodotti fitosanitari (quali le sementi confettate), delle colture geneticamente modificate e della diffusione di tossine attraverso i pollini siano resi pubblici e che eventuali nuove iniziative siano fondate su solidi argomenti scientifici e prove statistiche; invita la Commissione ad avviare uno studio su questi aspetti e a presentarne i risultati in tempi ragionevoli;

12.  invita la Commissione ad assicurare che il sostegno attualmente concesso al settore dell'apicoltura sia mantenuto e che in futuro tale politica sia rafforzata nel quadro della PAC dopo il 2013, al fine di garantire la continuità e il miglioramento di questo settore; valuta positivamente la decisione, adottata dalla Commissione nel luglio 2010, di aumentare il bilancio dei programmi a favore dell'apicoltura; riconosce che si tratta di un metodo volto a sostenere lo sviluppo futuro dell'apicoltura europea, contribuendo a preservare la biodiversità; riconosce altresì l'importanza delle api per mantenere il livello di produzione nella coltura dei campi e nel settore orticolo e ritiene particolarmente importante che la disponibilità di questo bene pubblico ambientale venga remunerata;

13.  invita la Commissione a garantire che vi sia un sostegno finanziario a favore dell'istruzione e della formazione di nuovi apicoltori di professione e di campagne d'informazione rivolte ad essi, soprattutto per incoraggiare i nuovi apicoltori a inserirsi nel settore, anche mediante scambi di esperienze con gli apicoltori di altri paesi;

14.  invita la Commissione ad esaminare, di concerto con gli Stati membri e le organizzazioni di apicoltori, la possibilità, già prevista in alcuni Stati membri, di istituire un piano di orientamento comunitario del settore veterinario concernente la salute delle api volto a garantire l'accessibilità ai medicinali veterinari in caso di bisogno, il cui finanziamento dovrebbe avvenire nell'ambito della politica veterinaria europea;

15.  chiede alla Commissione di migliorare il coordinamento e il trasferimento di conoscenze tra la ricerca scientifica applicata, l'apicoltura e l'agricoltura;

16.  ritiene che, a causa della possibile influenza dei prodotti fitosanitari sullo sviluppo delle colonie, che si aggiunge agli effetti sulle api adulte, occorra prendere in considerazione anche l'impatto dei prodotti fitosanitari sull'insieme dell'alveare; ricorda al riguardo che la Commissione ha dichiarato in plenaria, in occasione dell'adozione del regolamento (CE) n. 1107/2009, che al momento della revisione dei requisiti in materia di dati applicabili alle sostanze attive e ai prodotti fitosanitari, di cui all'articolo 8, paragrafo 1, lettere b) e c) di detto regolamento, essa avrebbe prestato particolare attenzione agli esami di verifica e ai protocolli di studio al fine di consentire una valutazione dei rischi che tenga conto dell'esposizione diretta e indiretta delle api a tali prodotti, in particolare attraverso il nettare, il polline e l'acqua, che può contenere tracce di pesticidi provenienti dall'acqua raccolta dalle api;

17.  invita la Commissione ad adottare un approccio globale e sostenibile nella futura elaborazione dell'attuazione del programma di aiuto comunitario nel settore dell'apicoltura, che comprenda, in particolare, lo sviluppo rurale, il cambiamento climatico e la biodiversità, soprattutto incoraggiando le misure volte a mantenere ed estendere i pascoli fioriti;

18.  invita la Commissione a sostenere l'apicoltura europea in maniera ancora più ampia e coerente, utilizzando strumenti supplementari nel quadro della futura PAC, in particolare misure volte a valorizzare la biodiversità, ad attenuare gli effetti del cambiamento climatico, a preservare il patrimonio di tradizioni e culture nazionali che danno lavoro a numerose famiglie europee e a salvaguardare e migliorare la qualità e il buon funzionamento del mercato dei prodotti dell'apicoltura;

19.  invita la Commissione a coordinare i programmi di monitoraggio nazionale concernenti i requisiti in materia di etichettatura e le misure di attenuazione dei rischi, che dovrebbero essere inclusi nelle condizioni di autorizzazione dei prodotti fitosanitari, nonché i programmi di monitoraggio dell'esposizione per i prodotti fitosanitari;

20.  invita la Commissione a incoraggiare la vendita diretta dei prodotti apicoli ai consumatori sui mercati locali;

21.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.

(1) GU C 81 E del 31.03.2004, pag. 107.
(2) GU L 143 del 30.04.2004, pag. 56.
(3) GU C 104 E del 30.04.2004, pag. 941.
(4) GU L 299 del 16.11.2007, pag. 1.
(5) GU C 16 E del 22.01.2010, pag. 65.
(6) GU L 65 del 13.03.2010, pag. 27.
(7) GU L 118 del 12.05.2010, pag. 56.
(8) http://www.efsa.europa.eu/en/scdocs/doc/154r.pdf
(9) http://www.efsa.europa.eu/en/scdocs/scdoc/27e.htm


Verso una nuova strategia energetica per l'Europa 2011-2020
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Risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2010 Verso una nuova strategia energetica per l'Europa 2011-2020 (2010/2108(INI))
P7_TA(2010)0441A7-0313/2010

Il Parlamento europeo,

–  visto il documento riepilogativo della Commissione intitolato «Verso una nuova strategia energetica per l'Europa 2011-2020», pubblicato il 7 maggio 2010,

–  vista la comunicazione della Commissione al Consiglio europeo e al Parlamento europeo, del 10 gennaio 2007, dal titolo «Politica energetica per l'Europa» (COM(2007)0001), seguita dalla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, del 13 novembre 2008, dal tiolo «Secondo riesame strategico della situazione energetica: piano d'azione europeo in materia di sicurezza e solidarietà nel settore dell'energia», corredata dei documenti di accompagnamento (COM(2008)0781),

–  vista la sua risoluzione del 3 febbraio 2009 sul secondo riesame strategico per le tecnologie energetiche(1),

–  visto il terzo pacchetto Energia, comprendente il regolamento (CE) n. 713/2009 del 13 luglio 2009, che istituisce un'Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell'energia, il regolamento (CE) n. 714/2009, del 13 luglio 2009 relativo alle condizioni di accesso alla rete per gli scambi transfrontalieri di energia elettrica e che abroga il regolamento (CE) n. 1228/2003, il regolamento (CE) n. 715/2009 del 13 luglio 2009, relativo alle condizioni di accesso alle reti di trasporto del gas naturale e che abroga il regolamento (CE) n. 1775/2005, la direttiva 2009/72/CE del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE (la «direttiva Elettricità» o «DE»), nonché la direttiva 2009/73/CE del 13 luglio 2009 relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 2003/55/CE (la «direttiva GN» o «DGN»)(2),

–  visto il pacchetto Energia e cambiamento climatico dell'UE, costituito dal regolamento (CE) n. 443/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, che definisce i livelli di prestazione in materia di emissioni delle autovetture nuove nell'ambito dell'approccio comunitario integrato finalizzato a ridurre le emissioni di CO2 dei veicoli leggeri, la direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, la direttiva 2009/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra, la direttiva 2009/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, che modifica la direttiva 98/70/CE per quanto riguarda le specifiche relative a benzina, combustibile diesel e gasolio nonché l'introduzione di un meccanismo inteso a controllare e ridurre le emissioni di gas a effetto serra e recante modifica della direttiva del Consiglio 1999/32/CE per quanto concerne le specifiche relative al combustibile utilizzato dalle navi adibite alla navigazione interna e abroga la direttiva 93/12/CEE, la direttiva 2009/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa allo stoccaggio geologico del biossido di carbonio e recante modifica della direttiva del Consiglio 85/337/CEE, le direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/60/CE, 2001/80/CE, 2004/35/CE, 2006/12/CE, 2008/1/CE e il regolamento (CE) n. 1013/2006, nonché la decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sugli sforzi compiuti dagli Stati membri per raggiungere una riduzione delle loro emissioni di gas a effetto serra e per rispettare gli impegni comunitari fino al 2020(3),

–  vista la sua risoluzione del 26 settembre 2007 su una politica estera comune dell'Europa in materia di energia(4),

–  vista la Carta europea dell'energia (ECT), del 17 dicembre 1994, che stabilisce il quadro giuridico per la cooperazione energetica internazionale, unitamente al suo protocollo sul transito,

–  visto il regolamento (CE) n. 663/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, che istituisce un programma per favorire la ripresa economica tramite la concessione di un sostegno finanziario comunitario a favore di progetti nel settore dell'energia (Programma energetico europeo per la ripresa)(5),

–  vista la comunicazione della Commissione del 31 maggio 2010 dal titolo «Programma per favorire la ripresa economica tramite la concessione di un sostegno finanziario comunitario a favore di progetti nel settore dell'energia (che modifica il regolamento (CE) n. 663/2009) (COM(2010)0283),

–  vista la comunicazione della Commissione del 7 ottobre 2009 dal titolo «Investire nello sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio (Piano SET)» (COM (2009)0519)) e vista la sua risoluzione dell'11 marzo 2010 sull'opportunità di investire nello sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio (Piano SET)(6),

–  vista la relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, del 4 maggio 2010 sull'attuazione delle reti transeuropee dell'energia nel periodo 2007 - 2009 (COM(2010)0203),

–  vista la proposta della Commissione per un regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente misure volte a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento di gas e che abroga la direttiva 2004/67/CE (COM(2009)0363) (Relazione Vidal-Quadras),

–  vista la comunicazione della Commissione dal titolo «Piano d'azione per l'efficienza energetica: concretizzare le potenzialità» (COM(2006)0545),

–  vista la relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del 25 giugno 2010 sui progressi compiuti relativamente alle misure per la sicurezza dell'approvvigionamento elettrico e per gli investimenti nelle infrastrutture (COM(2010)0330),

–  visto il progetto di conclusioni del Consiglio del 21 maggio 2010, dal titolo «Verso una nuova strategia energetica per l'Europa 2011-2020»(7),

–  vista la direttiva 2006/32/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, concernente l'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e recante abrogazione della direttiva 93/76/CEE del Consiglio (direttiva sui servizi energetici)(8),

–  vista la direttiva 2004/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 febbraio 2004, sulla promozione della cogenerazione basata su una domanda di calore utile nel mercato interno dell'energia e che modifica la direttiva 92/62/CEE («direttiva CHP»)(9),

–  visto l'articolo 194 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,

–  visto l'articolo 48 del suo regolamento,

–  vista la relazione della commissione per l'industria, la ricerca e l'energia e il parere della commissione per il commercio internazionale (A7-0313/2010),

A.  considerando che il trattato di Lisbona segna per l'Unione l'inizio di un nuovo periodo, che richiederà l'adeguamento dei nostri obiettivi e delle nostre strategie nonché del bilancio dell'UE, per dare piena attuazione al trattato,

B.  considerando che l'inserimento di un capitolo specifico sull'energia nel trattato di Lisbona offre ora una solida base giuridica per lo sviluppo di iniziative in materia di energia basate sulla sostenibilità, la sicurezza di approvvigionamento, l'interconnessione delle reti e la solidarietà,

C.  considerando che l'Unione si trova a fronteggiare il problema della tardiva o carente applicazione della legislazione sull'energia e dell'assenza di strategie energetiche coordinate, e che è pertanto necessaria una forte leadership da parte della Commissione affinché tale lacuna sia colmata, insieme a una dimostrazione visibile e convincente della determinazione e del sostegno degli Stati membri,

D.  considerando che l'Europa è sempre più dipendente dalle importazioni di fonti energetiche dall'estero, in particolare per quanto riguarda i combustibili fossili; che la dipendenza dal petrolio è particolarmente elevata e aumenterà in futuro e che pertanto la politica energetica dell'Unione europea deve avere una dimensione internazionale,

E.  considerando che il tenore di vita e la competitività economica dipendono dal prezzo e dalla disponibilità dell'energia,

F.  considerando che la politica energetica dell'Unione europea deve favorire l'assolvimento del suo impegno a ridurre le emissioni di gas serra,

G.  considerando che entro il prossimo decennio saranno necessari notevoli investimenti nel settore energetico, in particolare in nuove centrali, interconnessioni e reti di energia elettrica e che, visto che tali investimenti configureranno il mix energetico per un periodo ancora più lungo, occorre adottare iniziative per garantire che essi permettano il passaggio a un'economia sostenibile; considerando che ciò richiederà una ulteriore diversificazione degli strumenti di finanziamento o, possibilmente, nuovi assetti di mercato, specie nelle regioni maggiormente isolate sul piano energetico,

H.  considerando che l'UE 27 dispone di considerevoli risorse di biomassa in grado di produrre quantità significative di biocarburanti di seconda generazione;

I.  considerando che il carbone continuerà ad essere una fonte primaria importante di approvvigionamento energetico per il pubblico e per l'economia,

J.  considerando che gli investimenti nel settore dell'energia sono ad alta intensità di capitale, e che occorre creare un quadro regolamentare stabile e a lungo termine che consenta alle imprese di adottare decisioni di investimento valide da un punto di vista ambientale ed economico, evitando assolutamente di generare distorsioni di concorrenza,

K.  considerando che l'ambizioso obiettivo dell'UE di riduzione delle emissioni a lungo termine deve inserirsi nel quadro di un accordo globale sul cambiamento climatico, al fine di massimizzare il contributo positivo dell'Unione europea nei negoziati internazionali e di ridurre al minimo i rischi di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio (carbon leakage) e di perdita di competitività per l'industria europea,

L.  considerando che le infrastrutture delle reti energetiche devono essere precipuamente finanziate mediante le tariffe; considerando tuttavia che i finanziamenti e il sostegno dell'UE potrebbero altresì rivelarsi necessari, ove i mercati da soli non siano in grado di finanziare tali investimenti, al fine di realizzare reti ben funzionanti e di aprire i mercati europei dell'energia, in particolare nelle regioni meno sviluppate,

M.  considerando che la crisi economica successiva alla crisi finanziaria ha ritardato gli investimenti nel settore energetico, ma che la crisi può anche costituire per l'Europa un'occasione di riforma,

N.  considerando che un'economia sostenibile e dinamica deve puntare a scindere la crescita economica dal consumo energetico, in particolare aumentando l'efficienza energetica per unità prodotta,

O.  considerando che la Commissione ha altresì espresso la sua intenzione di valutare nel 2009 la situazione globale del GNL e di identificare le eventuali lacune con l'obiettivo di proporre un piano d'azione in materia,

Introduzione: una Strategia per la piena attuazione del trattato di Lisbona

1.  accoglie con favore il consuntivo tracciato dalla Commissione nel documento intitolato «Verso una nuova strategia energetica per l'Europa 2011-2020», quale primo passo verso una politica energetica globale dell'UE nell'ambito della strategia UE 2020,

2.  ritiene che ogni futura strategia debba essere tesa alla realizzazione dei principali obiettivi del trattato di Lisbona: mercato unico dell'energia, sicurezza dell'approvvigionamento, efficienza e risparmio energetico, sviluppo di forme di energia nuove e rinnovabili e promozione delle reti energetiche; essa deve inoltre contribuire a: tariffe accessibili per tutti i consumatori; potenziamento delle energie rinnovabili nel quadro della produzione di energia sostenibile; sviluppo di reti energetiche interconnesse, integrate, interoperabili e «intelligenti», e condurre alla riduzione della dipendenza dalle importazioni di energia e all'aumento della produzione energetica locale, mantenendo la competitività e la crescita industriale e il processo di riduzione delle emissioni di gas serra;

3.  sottolinea che la strategia proposta andrebbe portata avanti innanzitutto in uno spirito di solidarietà e di responsabilità, in modo che nessuno Stato membro rimanga arretrato o isolato e che tutti gli Stati membri adottino misure volte a garantire la loro sicurezza reciproca in seno all'Unione; sottolinea l'importanza dell'inclusione nel trattato di un capitolo specifico in materia di energia (articolo 194 del TFUE) che garantisce una solida base giuridica per un'azione dell'Unione condotta secondo il metodo comunitario;

4.  sottolinea che l'Unione necessita di una visione a lungo termine per una politica energetica efficiente e sostenibile fino al 2050, basata su suoi target di riduzione delle emissioni a lungo termine e completata da piani d'azione a breve e medio termine organici e particolareggiati che contribuiscano alla realizzazione di questi obiettivi;

5.  chiede di elaborare piani per una Comunità europea dell'energia caratterizzata da una forte cooperazione in materia di reti dell'energia e finanziamenti europei per le nuove tecnologie energetiche; ritiene che la Comunità europea dell'energia debba, senza che sia preventivamente necessaria alcuna modifica del trattato di Lisbona, superare la frammentazione della politica europea dell'energia e dare all'Unione una forte peso internazionale nelle sue relazioni nel campo dell'energia;

Garantire il funzionamento del mercato dell'energia

6.  evidenzia che il processo completamento del mercato interno europeo dell'energia è indispensabile ai fini del conseguimento degli obiettivi programmatici dell'UE; ritiene che tale processo debba basarsi su un quadro giuridico chiaro, in cui la legislazione sia applicata rigorosamente e in cui la Commissione sia più propensa, se necessario, ad aprire procedure di infrazione contro gli Stati membri;

7.  sottolinea con forza la necessità di attuare pienamente la vigente legislazione dell'UE nel settore dell'energia e di realizzare gli obiettivi energetici dell'UE; evidenzia la necessità di una rapida e corretta attuazione delle regole del terzo pacchetto energia e del pacchetto sull'efficienza energetica in tutti gli Stati membri;

8.  invita la Commissione a provvedere a che le attuali direttive sul mercato interno siano trasposte negli ordinamenti nazionali in modo corretto e completo e, in caso di mancata reazione da parte degli Stati membri, a considerare, in ultima istanza, la possibilità di ripresentare le principali disposizioni delle attuali direttive sul mercato interno sotto forma di regolamenti per garantirne la piena e diretta applicazione in tutto il mercato unico;

9.  sottolinea la necessità di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti del parco elettrico europeo, in particolare mediante lo sviluppo di una politica industriale che promuova gli investimenti a lungo termine nei mezzi di produzione di elettricità nell'UE;

10.  ritiene che occorra rafforzare il ruolo delle autorità di regolamentazione del mercato dell'energia e la cooperazione tra i regolatori nazionali, le autorità garanti della concorrenza e la Commissione, in particolare per quanto riguarda i mercati al dettaglio e all'ingrosso; invita al riguardo la Commissione a prendere tutte le misure necessarie per garantire che l'ACER e gli ENTSO possano svolgere i loro compiti in modo efficace; osserva che, se le competenze dell'ACER e degli ENTSO si rivelano insufficienti a creare un mercato dell'energia più integrato a livello europeo, potrebbe essere necessario modificare il loro mandato; invita la Commissione e l'ACER a elaborare proposte su come si possa rafforzare la partecipazione delle parti interessate (stakeholder);

11.  sottolinea la necessità di una maggiore trasparenza e di un migliore funzionamento dei mercati all'ingrosso a beneficio del consumatore, in particolare per quanto riguarda i prodotti finanziari scambiati nel mercato dell'energia e la creazione in tutta Europa di mercati infragiornalieri efficienti; accoglie con favore, a tale proposito, il fatto che la Commissione abbia dichiarato di voler presentare una proposta sulla trasparenza e l'integrità dei mercati energetici e chiede che venga sviluppato un quadro normativo coerente in materia;

12.  ritiene che una maggiore concorrenza sul mercato dell'energia non possa che andare a beneficio del consumatore; rimarca la necessità di stimolare la concorrenza tramite la diversificazione delle rotte di trasporto, delle fonti di energia e dei soggetti operanti sui mercati europei e l'importanza di incoraggiare lo sviluppo di nuovi modelli commerciali;

13.  rammenta l'indagine settoriale condotta dalla Commissione nel 2005; chiede una seconda indagine settoriale da varare nel 2013;

14.  invita la Commissione a organizzare con i rappresentanti delle commissioni dei parlamenti nazionali competenti per l'energia, i membri del Parlamento europeo e i soggetti interessati un vertice annuale sulle politiche, la legislazione e le altre questioni UE afferenti all'energia al fine di garantire una migliore comprensione reciproca; promuove inoltre l'idea di una riunione speciale del Consiglio europeo imperniata su temi rilevanti di politica energetica, che tenga conto delle relazioni del Parlamento sulla Strategia energetica 2011-2020 e del Piano d'azione per l'efficienza energetica;

Sostegno a favore di reti integrate moderne

15.  sottolinea con vigore che qualsiasi ritardo nello sviluppo di una rete di energia elettrica e gas moderna e intelligente attraverso l'UE mette a repentaglio l'ambizione dell'Unione di conseguire entro il 2020 gli obiettivi energetici e climatici 20-20-20 decisi dai Capi di Stato e di governo e di rafforzare in tal modo la sicurezza dell'approvvigionamento energetico dell'UE; accoglie pertanto con favore il fatto che la strategia energetica riservi un ruolo centrale alle infrastrutture moderne e intelligenti al fine di sviluppare reti moderne e integrate a livello europeo;

16.  sottolinea che soltanto una rete energetica paneuropea che ignori le frontiere degli Stati membri, consentirà il completamento definitivo del mercato interno dell'energia; ritiene urgente e necessario sviluppare e applicare pienamente i meccanismi legislativi e finanziari previsti dal trattato e dal diritto derivato per risolvere senza indugio i casi di inazione per quanto riguarda gli anelli mancanti o carenti nelle reti transeuropee dell'energia; considera che garantire che tutta la produzione europea di energia sarà utilizzata in modo ottimale ridurrà la necessità di importazioni;

17.  esorta gli Stati membri a fornire alla Commissione in modo tempestivo e completo le informazioni richieste ai sensi del regolamento (UE, Euratom) n. 617/2010 del Consiglio concernente la comunicazione di progetti di investimento in infrastrutture per l'energia, perché sia possibile delineare un quadro delle potenziali lacune nella domanda e nell'offerta e degli ostacoli agli investimenti, in attesa della sentenza della Corte di giustizia sulla legittimità del regolamento, che avrebbe dovuto essere adottato secondo la procedura di codecisione come previsto dall'articolo 194 del trattato;

18.  ritiene che il futuro progetto della Commissione per una rete offshore nel mare del Nord insieme ad altre iniziative regionali come l'Anello mediterraneo e il progetto d'interconnessione del Baltico, debbano porsi come pietre angolari dello sviluppo di una Super-rete europea; invita gli Stati membri e la Commissione ad accantonare le risorse necessarie per il loro sviluppo;

19.  sottolinea la necessità che il Piano di sviluppo decennale della rete (per l'integrazione delle reti di elettricità e gas dell'UE) sia ravvicinato agli obiettivi per il 2020 e successivamente implementato in quanto base metodologica e tecnologica per una nuova legislazione in materia di infrastrutture energetiche; rileva il ruolo di monitoraggio dell'ACER in tale opera di implementazione; sottolinea l'urgente necessità di integrare le isole energetiche nelle reti europee dell'energia, in particolare realizzando migliori interconnessioni della rete del gas e terminali GNL; così facendo si metterebbe fine all'isolamento di mercato di alcuni Stati membri e si rafforzerebbe la sicurezza di approvvigionamento di quei paesi UE che oggi dipendono fortemente da pochi paesi extra-UE;

20.  rileva la necessità di un maggiore scambio di informazioni sulla gestione delle reti infrastrutturali da parte degli operatori, al fine di evitare distorsioni di mercato dovute ad asimmetrie informative;

21.  ribadisce che se il mercato deve essere incentivato ad investire nella ricerca e sviluppo di nuove tecnologie energetiche occorre un idoneo quadro normativo; sottolinea, a tal riguardo, la persistente necessità di un brevetto comune dell'Unione europea;

22.  sottolinea inoltre la necessità e l'urgenza di sviluppare e modernizzare le reti di distribuzione, al fine di integrare le crescenti quantità di energia generata a livello decentrato;

23.  è del parere che l'attuale programma delle reti transeuropee dell'energia (RTE-E) si sia rivelato inefficiente, non abbia contribuito in modo significativo alla creazione di interconnessioni tra gli Stati membri e necessiti di adattamenti per raggiungere gli obiettivi definiti nel pacchetto su clima ed energia e nel terzo pacchetto sul mercato interno; ritiene inoltre che il pacchetto relativo alle infrastrutture energetiche proposto e il piano sostitutivo per le RTE-E debbano di conseguenza:

   a) valutare il problema dei permessi per le infrastrutture energetiche e confrontare i diversi approcci sulla base di parametri onde eliminare la burocrazia, abbreviare i processi di approvazione e andare incontro alle istanze del pubblico;
   b) definire e sostenere progetti prioritari e stabilire criteri per individuare gli investimenti fondamentali ai fini dello sviluppo del mercato interno dell'energia, tenendo conto del contributo dei progetti alla sicurezza dell'approvvigionamento e della necessità di rafforzare la concorrenza, di conseguire obiettivi di energia sostenibile di lungo periodo e di migliorare la coesione sociale e territoriale;
   c) fornire agli Stati membri criteri e orientamenti chiari sui finanziamenti statali e sui fondi UE per le infrastrutture energetiche;
   d) estendere il sostegno finanziario, compreso quello della Banca europea per gli investimenti e di altri intermediari finanziari, alla fase di implementazione dei progetti per rimediare alle carenze del mercato;
   e) creare un modello transfrontaliero di condivisione dei costi, soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo coordinato delle infrastrutture e delle fonti rinnovabili, ispirato a modelli esistenti già sperimentati con successo;
   f) valutare se aprire agli appalti i progetti infrastrutturali di rilevanza europea possa accelerare gli investimenti in infrastrutture;

Finanziamento della politica energetica

24.  ritiene che il nuovo Quadro finanziario pluriennale debba rispecchiare le priorità politiche dell'UE, come delineato nella strategia 2020, tenendo conto dei risultati e delle priorità del Secondo riesame strategico della situazione energetica, il che comporta che una quota significativamente maggiore del bilancio deve essere destinata alla politica energetica, ad es. infrastrutture energetiche moderne e intelligenti, efficienza energetica, ricerca e progetti in materia di energie rinnovabili, sviluppo e diffusione di nuove tecnologie energetiche;

25.  ritiene che una rete moderna di energia elettrica in tutta l'UE avrà un ruolo fondamentale nel raggiungimento del target del 20% per le energie rinnovabili; invita la Commissione, quindi, a sviluppare un adeguato sistema di incentivi per gli investimenti in centrali elettriche in specifiche regioni, al fine di ottenere un effetto economico ottimale ed evitare investimenti in reti di scarsa efficienza; ricorda, a questo proposito, che una strategia globale deve affrontare il sistema energetico nel suo complesso, dal produttore al consumatore;

26.  chiede alla Commissione di proporre una strategia volta ad aumentare l'efficienza del mercato del riscaldamento al fine di sostenere infrastrutture locali efficienti, quali i sistemi di teleriscaldamento e di teleraffreddamento, che favoriscano lo sviluppo di soluzioni integrate per il riscaldamento, il raffreddamento e l'energia elettrica basate sulla generazione combinata di calore ed elettricità e sull'uso efficiente di fonti energetiche rinnovabili;

27.  ritiene che strumenti finanziari innovativi (come ad esempio i dispositivi di finanziamento con ripartizione del rischio e i piani di credito da parte delle banche pubbliche) possano rappresentare uno strumento importante per sostenere gli investimenti in infrastrutture energetiche, efficienza energetica, ricerca e progetti in materia di rinnovabili e sviluppo/diffusione di nuove tecnologie energetiche, nel quadro dell'obiettivo di supportare la transizione verso un'economia sostenibile; chiede pertanto alla Commissione di integrare o sostituire in misura crescente le sovvenzioni classiche con questi programmi e di esortare gli Stati membri a ricorrere a strumenti finanziari innovativi di questo tipo; richiama al riguardo l'attenzione sulle esperienze positive fatte con altri analoghi strumenti; appoggia fortemente la proposta di utilizzare i fondi propri del bilancio dell'UE come garanzie di credito per incoraggiare gli investimenti privati e pubblici;

28.  ritiene, come evidenziato dalla Commissione nella strategia UE 2020, che l'Unione debba trasferire la pressione fiscale sulle attività dannose per l'ambiente; incoraggia la Commissione a procedere a una revisione della direttiva sulla tassazione dei prodotti energetici secondo tali linee;

29.  reputa essenziale che i futuri fondi destinati agli investimenti nell'energia si concentrino su progetti la cui attuazione crei il maggiore numero possibile di posti di lavoro;

30.  sottolinea che alcuni Stati membri potrebbero necessitare del sostegno dell'Unione per i grandi investimenti infrastrutturali - fra cui le reti elettriche e le reti di approvvigionamento, in particolare quelle volte ad assicurare l'approvvigionamento energetico e a conseguire gli obiettivi in materia di clima e ambiente - qualora il mercato non sia in grado da solo di assicurare gli investimenti necessari;

31.  pone l'accento sul fatto che l'integrazione del mercato richiede un uso migliore delle reti funzionali esistenti, basato sull'armonizzazione dell'assetto del mercato attraverso le frontiere e sullo sviluppo di regimi comuni europei per la gestione delle interconnessioni;

32.  rileva la responsabilità dell'ACER di garantire che la programmazione nazionale per lo sviluppo della rete elettrica sia in linea con il Piano di sviluppo decennale della rete;

33.  sottolinea che molti degli Stati membri di più recente adesione sono particolarmente vulnerabili alle interruzioni delle forniture esterne di energia e necessitano di uno speciale sostegno dell'Unione ai fini di una stabile sicurezza energetica;

34.  valuta positivamente la creazione, presso la Commissione, di una task force sulle reti intelligenti e raccomanda che tale task force tenga debitamente conto dei pareri di tutti i soggetti interessati; chiede alla Commissione di informare regolarmente il Parlamento in merito allo stato di avanzamento dei lavori della task force; sottolinea che, secondo le conclusioni della task force, la Commissione dovrebbe garantire su scala europea un quadro normativo favorevole per le reti intelligenti, che fornisca agli operatori della rete adeguati incentivi all'efficienza operativa e che stabilisca standard comuni a livello UE per lo sviluppo delle reti intelligenti, contribuendo in tal modo alla transizione verso un'economia sostenibile; sostiene inoltre i progetti pilota per le tecnologie innovative in materia di comunicazione, automazione e controllo delle reti; rammenta al riguardo le disposizioni sui contatori intelligenti delle direttive 2009/72/EC e 2009/73/EC;

35.  sostiene i progetti pilota per l'introduzione dei contatori intelligenti – ad esempio nel quadro dell'iniziativa «città intelligenti» prevista dal piano SET – a condizione che i consumatori e gli utenti a basso reddito risultino tutelati e la riservatezza risulti garantita;

36.  invita la Commissione a presentare, entro il 2011, un'analisi sul futuro del mercato del gas mondiale ed europeo, includendovi l'impatto dei progetti infrastrutturali del gas già previsti (ad esempio i progetti sviluppati nel contesto del Corridoio meridionale), i nuovi terminali di GNL, l'impatto del gas da scisto sul mercato del gas statunitense (in particolare sul fabbisogno in termini di importazioni di GNL) e l'impatto di eventuali sviluppi UE nel settore del gas da scisto sulla futura sicurezza dell'approvvigionamento e sulle future tariffe del gas; ritiene che l'analisi debba riflettere, prendendolo come punto di partenza, l'attuale stadio di sviluppo delle infrastrutture e i target dell'UE per il 2020 in fatto di emissioni di CO2; sottolinea al riguardo la necessità di consultare tutti i soggetti interessati;

Migliorare lo sfruttamento del potenziale di efficienza energetica e di energia rinnovabile dell'UE

37.  ritiene che l'efficienza e il risparmio energetico debbano costituire una delle principali priorità di qualsiasi strategia futura, in quanto trattasi della soluzione economicamente più vantaggiosa per ridurre la dipendenza energetica dell'UE e combattere il cambiamento climatico, contribuire alla creazione di occupazione e alla competitività economica, contrastare l'aumento delle tariffe e delle bollette e ridurre in tal modo la povertà energetica; invita la Commissione e il Consiglio ad assegnare all'efficienza energetica una posizione prioritaria nell'agenda dell'Unione europea e chiede di intensificare l'implementazione delle disposizioni vigenti e la tempestiva adozione da parte della Commissione di un piano d'azione ambizioso per l'efficienza energetica; ritiene che il Piano in questione debba essere implementato in modo da tenere conto degli sforzi già compiuti in alcuni Stati membri;

38.  accoglie con favore la revisione del piano d'azione per l'efficienza energetica e invita la Commissione a tener conto del parere del Parlamento europeo;

39.  sottolinea che le TIC possono e devono svolgere un ruolo di primo piano nella promozione di un consumo energetico responsabile nelle famiglie, nei trasporti, nella generazione di energia e nell'industria manifatturiera; ritiene che contatori intelligenti, un'illuminazione efficiente, il «cloud computing» e software distribuiti possano potenzialmente trasformare gli schemi d'utilizzo dell'energia;

40.  ritiene che l'efficienza e il risparmio energetico debba privilegiare l'intera catena della domanda e dell'offerta di energia, compresa la trasformazione, la trasmissione, la distribuzione e l'approvvigionamento, come pure il consumo industriale e domestico e i consumi del settore trasporti;

41.  sostiene lo sviluppo di un mercato dei servizi energetici ben funzionante e l'introduzione di nuovi meccanismi di mercato volti a migliorare l'efficienza energetica in quanto mezzo per stimolare la competitività dell'economia dell'UE;

42.  ritiene inoltre che occorra concentrarsi maggiormente sul rendimento energetico dei prodotti che consumano energia; incoraggia la Commissione ad applicare pienamente la direttiva sulla progettazione ecocompatibile, ad es. includendovi un maggior numero di prodotti e attuando un modello di produzione normativa (standard setting) dinamico che garantisca obiettivi ambiziosi e regolarmente aggiornati;

43.  invita la Commissione a presentare una valutazione dell'attuazione della normativa vigente; ritiene che, se la valutazione dovesse indicare un'implementazione insoddisfacente dell'intera strategia di efficienza energetica e l'UE fosse pertanto destinata a non conseguire il suo obiettivo di efficienza energetica per il 2020, il Piano d'azione europeo per l'efficienza energetica (EEAP) debba prevedere l'impegno da parte della Commissione a proporre ulteriori misure UE per gli Stati membri - ad es. target individuali di efficienza energetica corrispondenti a un risparmio di almeno il 20% a livello UE in linea con i target primari UE 2020, che tengano conto delle rispettive posizioni di partenza e delle condizioni nazionali - e l'adozione anticipata dei piani nazionali d'azione per l'efficienza energetica dei singoli Stati membri; ritiene che di queste misure aggiuntive occorra dimostrare il carattere di necessità, equità e misurabilità e la loro capacità di avere un'incidenza diretta ed efficace sull'implementazione dei piani energetici nazionali; invita la Commissione e gli Stati membri a concordare una metodologia comune per misurare gli obiettivi nazionali di efficienza energetica e monitorare i progressi nel raggiungimento di questi obiettivi;

44.  è favorevole a una governance multilivello e al decentramento della politica e dell'efficienza energetica, con particolare riferimento al Patto dei sindaci e all'ulteriore sviluppo dell'iniziativa «Città intelligenti»; sottolinea la necessità di mezzi di finanziamento credibili, anche per le iniziative bottom-up e per la partecipazione di città e regioni; sottolinea che l'allineamento della futura politica di coesione e dell'uso dei suoi fondi alla strategia «Europa 2020» può fornire un importante meccanismo per giungere a una crescita intelligente e sostenibile negli Stati membri e nelle regioni;

45.  ritiene che l'Europa accusi un ritardo rispetto ai suoi partner internazionali nello sviluppo del pieno potenziale tecnologico della bioenergia; incoraggia la Commissione e gli Stati membri a elaborare una politica inter-settore in materia di biomassa che, in collaborazione con gli Stati membri, crei un mercato sostenibile per la biomassa di provenienza agricola e forestale (residui) evitando incremento delle emissioni e perdita di biodiversità; rileva che sono oggi disponibili tecnologie sostenibili di seconda generazione; invita la Commissione a proporre al riguardo un quadro programmatico ed è favorevole a un ulteriore sostegno alla diffusione dei biocombustibili sostenibili di seconda generazione in Europa;

46.  chiede alla Commissione di analizzare i programmi nazionali per le energie rinnovabili presentati dai vari Stati membri, e la invita a intervenire, se necessario, per aiutare taluni Stati a migliorare i loro piani e a ricorrere alle sue piene prerogative per garantire che gli Stati membri rispettino il loro obbligo giuridico di realizzare gli obiettivi nazionali; sottolinea che la direttiva prevede meccanismi di cooperazione per aiutare gli Stati membri a realizzare i propri obiettivi; invita inoltre la Commissione a istituire una piattaforma di cooperazione tra gli organismi nazionali competenti al fine di facilitare lo scambio di informazioni e l'individuazione delle migliori prassi per le energie rinnovabili;

47.  riconosce il ruolo importante degli impianti di accumulazione per pompaggio come un'efficiente e affidabile fonte ecologica di energia per i servizi ausiliari e di bilanciamento;

48.  ritiene inoltre che, per garantire una diffusione efficace delle energie rinnovabili, debbano essere utilizzati i meccanismi di flessibilità previsti dalla direttiva sulle fonti energetiche rinnovabili (direttiva RES) e che le condizioni di collegamento alla rete debbano essere armonizzate al fine di garantire condizioni di redditività uniformi per le energie rinnovabili (ad esempio il pagamento dei costi di connessione alla rete attraverso le tariffe); ritiene che, a medio termine, si potrebbero creare gruppi di mercato regionali delle energie rinnovabili;

49.  chiede che lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili nell'UE sia reso più efficace puntando a più lungo termine a un sistema di incentivi a livello europeo per le fonti energetiche rinnovabili, che consentirebbe di distribuire determinati tipi di rinnovabili nelle regioni dell'UE in cui sono più efficienti, riducendo i costi della loro promozione e garantendo una distribuzione efficiente dei finanziamenti; ritiene che, a lungo termine, l'energia rinnovabile dovrebbe far parte integrante di un mercato interno UE dell'energia integrato e ben funzionante;

50.  è del parere che andrebbe sviluppata una visione di medio termine che affronti le questioni principali connesse alla piena integrazione delle energie rinnovabili nel mercato; sottolinea al riguardo che ogni processo di armonizzazione deve essere accuratamente preparato onde evitare di perturbare gli attuali mercati nazionali; ritiene che un regime di sostegno armonizzato postuli un mercato interno dell'energia elettrica ben funzionante e senza distorsioni e reali condizioni di parità; ritiene che qualsiasi futura politica o strategia debba basarsi sui meccanismi di sostegno che hanno dimostrato la loro efficacia nel conseguimento degli obiettivi e, al contempo, hanno garantito un'ampia diversità geografica e tecnologica nonché la fiducia degli investitori;

51.  invita la Commissione e gli Stati membri ad incorporare strumenti finanziari e fiscali per l'efficienza energetica (specie per quanto riguarda le migliorie edilizie) nei loro piani di intervento nazionali in materia e a considerare l'efficienza e le strutture energetiche una priorità del futuro quadro finanziario pluriennale; ritiene che un utilizzo intelligente dei fondi - tra cui il reperimento di capitale privato tramite banche che finanziano infrastrutture verdi e un accesso facile e mirato ai fondi dell'UE – sia essenziale ai fini della raccolta di fondi UE finalizzati a promuovere l'efficienza energetica;

Garantire la sicurezza dell'approvvigionamento energetico

52.  ritiene che, in coordinamento con il SEAE, la Commissione debba garantire che l'Unione si esprima a una sola voce in materia di politica estera dell'energia; ritiene inoltre che l'UE debba utilizzare attivamente i suoi nuovi poteri per identificare l'ambito della cooperazione – e rafforzarla – con i paesi terzi in materia di mitigazione dei cambiamenti climatici e protezione dell'ambiente;

53.  ritiene che l'UE debba garantire una politica energetica con una dimensione internazionale forte e coerente e integrare le considerazioni energetiche nelle sue politiche e azioni esterne; ritiene che l'Alto Rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, debba fornire un forte sostegno diplomatico alla politica dell'Unione europea in materia di energia, al fine di rafforzare la sicurezza energetica;

54.  ritiene che, nel breve-medio termine, occorra privilegiare lo sviluppo delle infrastrutture energetiche strategiche e l'ampliamento delle relazioni con i fornitori centrali e i paesi di transito; è peraltro dell'avviso che la soluzione più efficace e sostenibile a lungo termine sia realizzabile tramite l'implementazione delle misure di efficienza e risparmio energetico e il ricorso a fonti energetiche sostenibili autoctone;

55.  ritiene che tutti i gasdotti e le altre reti energetiche esterne che entrano nel territorio dell'Unione europea debbano essere regolati da accordi intergovernativi trasparenti ed essere sottoposti alle regole del mercato interno, comprese quelle in materia di accesso di terzi, di destinazione, di supervisione dell'allocazione energetica e di gestione dei bottleneck e incluse le clausole di take or pay; invita la Commissione ad assicurare che le pipeline attuali e future e gli accordi commerciali rispettino l'acquis europeo in materia d'energia e, se del caso, a intervenire;

56.  ritiene che l'Unione europea debba attenersi alla lettera del diritto ed imporne l'osservanza nello spirito della solidarietà energetica e nel rispetto della concorrenza e delle norme del mercato comune, senza cedere agli interessi di singoli paesi europei, specie i paesi esportatori di gas nel mercato europeo;

57.  chiede l'estensione del Trattato istitutivo della Comunità dell'energia (ECT) a un maggior numero di paesi limitrofi dell'UE, in particolare a quelli del Partenariato orientale; sottolinea che la Commissione deve garantire e imporre un'attuazione tempestiva e rigorosa delle norme energetiche dell'UE da parte degli Stati membri dell'ECT, in particolare subordinando la disponibilità dei fondi europei all'applicazione degli obblighi derivanti da questo trattato;

58.  ritiene che il capitolo energia (riguardante la cooperazione politica e tecnologica) presente in tutti gli accordi con gli Stati confinanti debba essere rafforzato, in particolare potenziando i programmi di efficienza energetica e le regole del mercato interno; ritiene che il Consiglio debba dare mandato alla Commissione di avviare negoziati intesi a trasformare l'attuale Menorandum di intesa sulle questioni energetiche in testi giuridicamente vincolanti; sottolinea la necessità che il rispetto dei diritti umani e la dimensione sociale siano integrati nei dialoghi in materia di energia;

59.  invita la Commissione ad accelerare, mediante accordi commerciali, il processo di adozione di norme di sicurezza e di efficienza energetica compatibili con la normativa UE, per la generazione, la trasmissione, il transito, l'accumulazione e la trasformazione/raffinazione dell'energia importata ed esportata, e a proporre a livello di OMC la definizione di norme globali per promuovere scambi aperti ed equi di fonti di energia sicure e rinnovabili e di nuove tecnologie energetiche innovative;

60.  accoglie con favore la partecipazione della Russia alle riunioni della Conferenza della Carta dell'energia; invita la Commissione ad adoperarsi affinché il trattato sia esteso ad un maggior numero di paesi e affinché, in seno al forum della Conferenza della Carta dell'energia, si lavori a una soluzione negoziata che conduca alla piena accettazione dei principi di tale Carta e dei relativi protocolli da parte della Russia; sottolinea, tuttavia, la necessità che un eventuale accordo sia conforme alle regole del mercato interno dell'energia dell'Unione europea; sottolinea inoltre che l'energia deve costituire un aspetto centrale dell'accordo successivo all'APC con la Russia e che tale accordo deve fungere da guida e da elemento fondante dell'uniformità e della coerenza delle relazioni dei singoli Stati membri con la Russia;

61.  chiede alla Commissione e al Consiglio di lavorare a stretto contatto con la NATO onde garantire la coerenza fra le strategie dell'Unione e della NATO in materia di sicurezza energetica;

62.  chiede alla Commissione di garantire la piena applicazione del regolamento sulla sicurezza dell'approvvigionamento di gas subito dopo la sua entrata in vigore;

63.  invita la Commissione e gli Stati membri interessati a portare avanti la realizzazione del Corridoio meridionale UE per il gas, specie il progetto di gasdotto Nabucco, che potrebbe notevolmente migliorare la sicurezza dell'approvvigionamento di gas dell'Unione europea; chiede alla Commissione di riferire al Parlamento europeo e al Consiglio europeo in merito alle misure adottate al riguardo;

64.  chiede l'avvio di un dialogo speciale in materia di energia con i paesi della regione del Mar Caspio e si compiace dei lavori sulla Caspian Development Corporation; approva, in tale contesto, il dialogo sulla strategia dell'UE per la regione del Mar Nero e sottolinea l'importanza di tutte le questioni energetiche nell'ambito del dialogo tra l'Unione e i paesi di tale regione;

65.  invita la Commissione e gli Stati membri a promuovere i progetti DESERTEC e TRANSGREEN nel quadro delle iniziative del Piano solare mediterraneo, per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento e promuovere lo sviluppo dei paesi interessati, tramite il sostegno a centrali solari e ad altre tecnologie energetiche rinnovabili e sostenibili nella regione del Nord Africa e alla loro connessione alla rete europea, sempre che i progetti siano economicamente praticabili e non abbiano ripercussioni sul sistema ETS dell'UE; è persuaso che gli strumenti di cooperazione previsti dalla direttiva sulle importazioni di energia rinnovabile dai paesi terzi debbano essere sfruttati appieno;

66.  rammenta che spetta agli Stati membri decidere in merito al proprio specifico mix energetico, visto che lo scopo è di ridurre le emissioni di carbonio e la dipendenza dai combustibili esposti alle variazioni di prezzo; ritiene che gli Stati membri e la Commissione debbano garantire i più elevati standard di sicurezza per le attuali e le nuove centrali nucleari, sia all'interno che all'esterno dell'Unione;

67.  considera che la ricerca sulla fusione nucleare come futura fonte di energia debba proseguire, nell'osservanza dei principi di bilancio;

68.  ritiene che, per gli Stati membri che hanno scelto di inserire l'energia nucleare nel proprio mix energetico, l'introduzione di norme minime UE per il rilascio delle autorizzazioni e delle certificazioni di progetto per le nuove centrali nucleari possa risultare utile per garantire la massima sicurezza possibile delle tecnologie in questione; ritiene che i progetti di costruzione di nuove centrali nucleari debbano sempre avvalersi delle migliori tecnologie disponibili (BET); chiede inoltre ulteriori interventi dell'UE volti a stimolare l'introduzione di standard per la gestione sostenibile delle scorie radioattive;

69.  incoraggia e sostiene la costruzione di terminali e interconnessioni GNL, in particolare nei paesi più vulnerabili alle interruzioni dell'approvvigionamento di gas, previa analisi costi-benefici e a condizione che non si producano distorsioni della concorrenza o discriminazioni; sottolinea l'importanza dell'ulteriore espansione della flotta europea per il trasporto di GNL, che rafforzerebbe così ulteriormente la sicurezza energetica dell'Unione; saluta con favore a tale riguardo la proposta della Commissione di rafforzare la cooperazione in materia di energia con i paesi del Golfo e del Medio Oriente;

70.  ritiene che talune zone rurali d'Europa abbiano particolari esigenze in termini di approvvigionamento energetico e invita gli Stati membri a tenerne conto, anche mediante la rimozione degli ostacoli, come quelli di natura fiscale, alla produzione locale di energia, come quelle prodotta tramite la microcogenerazione;

71.  non ritiene opportuno lasciare che la strategia di limitare il consumo di carbone negli Stati membri dell'UE rafforzi il monopolio delle importazioni di gas; è del parere che le restrizioni al consumo di carbone nel settore dell'energia debbano essere subordinate a un'effettiva diversificazione delle fonti di approvvigionamento del gas negli Stati membri, onde evitare di rafforzare i monopoli esistenti nel settore della produzione di materie prime;

Promozione di ricerca, sviluppo e innovazione nel settore dell'energia

72.  chiede un attento monitoraggio e implementazione del piano SET e l'individuazione degli ostacoli alla mobilitazione degli investimenti pubblici e privati; plaude ai recenti progressi registrati nell'avvio delle prime quattro Iniziative industriali europee (EII) e delle Iniziative di ricerca comune; chiede che le altre iniziative vengano lanciate al più presto possibile ed invita il Consiglio a mettere a disposizione i fondi necessari; chiede alla Commissione di garantire alle parti interessate informazioni trasparenti sulle opzioni di finanziamento delle iniziative del piano SET;

73.  accoglie con favore i progressi compiuti con l'istituzione delle Iniziative tecnologiche congiunte (ITC); invita la Commissione a presentare nuove e complementari Iniziative industriali europee (EII) nell'ambito del piano SET allo scopo di sfruttare il forte potenziale offerto da altre soluzioni tecnologiche rinnovabili, segnatamente in materia di energia geotermica e termosolare, idroelettrica e oceanica, nonché a includere l'attuale Piattaforma RHC (per il riscaldamento e raffreddamento da fonti rinnovabili); sottolinea la necessità di mettere a disposizioni risorse finanziarie UE per finanziare tali iniziative;

74.  sostiene lo sviluppo di nuove tecnologie economicamente efficienti per la previsione delle variazioni nella produzione di energia, la gestione dal lato della domanda, la trasmissione e lo stoccaggio di energia elettrica (compreso l'impiego di idrogeno e di celle a combustibile), che consentirebbe di accrescere la domanda totale di base e di migliorare la flessibilità di un sistema caratterizzato da elevati livelli di energie rinnovabili e dall'uso di veicoli elettrici;

75.  sottolinea l'importanza di disporre di lavoratori capaci e qualificati nei settori del gas e dell'elettricità; pertanto invita la Commissione a valutare, consultando le parti sociali interessate, le soluzioni e gli incentivi possibili nell'ambito dell'istruzione e formazione professionali;

76.  sottolinea che l'Europa deve essere all'avanguardia nello sviluppo di tecnologie Internet legate all'energia e di applicazioni TIC a basse emissioni di carbonio; è del parere che un maggior sostegno dell'innovazione debba sempre andare di pari passo con un alleggerimento burocratico per i richiedenti; invita la Commissione a eliminare le pastoie burocratiche ristrutturando le procedure del Programma quadro;

77.  invita la Commissione a promuovere e sostenere progetti pilota ecocompatibili dell'UE per lo sfruttamento delle fonti energetiche non convenzionali a livello nazionale; invita la Commissione ad assistere gli Stati membri nell'effettuazione di prospezioni geologiche per determinare il livello delle riserve di gas da scisto disponibili nell'Unione e a valutare la sostenibilità economica e ambientale del gas da scisto prodotto a livello nazionale; chiede che tale dato sia preso in considerazione nelle future strategie a lungo termine dell'Unione;

78.  è convinto che alcuni paesi, ad esempio la Cina, abbiano attribuito un ruolo strategico allo sviluppo di un'industria nazionale delle energie rinnovabili destinate all'esportazione e che stiano quindi offrendo incentivi alle imprese locali garantendo loro un accesso agevolato a capitali e infrastrutture economicamente convenienti; invita la Commissione ad adottare un quadro strategico in grado di incrementare la competitività e l'attrattività dell'Europa per gli investimenti nel settore delle energie rinnovabili;

79.  ritiene che nel quadro della fase di transizione verso quell'economia sostenibile che dovrà essere realizzata entro il 2050, le fonti convenzionali e non convenzionali di gas naturale rappresentino una fonte energetica necessaria che consentirà di ridurre le emissioni in maniera rapida ed economicamente efficiente; ritiene inoltre che i fondi per le attività di ricerca e sviluppo debbano essere utilizzati in maniera mirata per rendere più ecologiche le attuali fonti;

80.  è favorevole a una ulteriore cooperazione tra Stati membri e Commissione volta a garantire gli incentivi necessari per lo sviluppo di un mercato sostenibile della biomassa, tenendo conto al contempo degli specifici problemi in tema di biodiversità e di produzione alimentare;

81.  ritiene che la ricerca e lo sviluppo per l'innovazione nel campo delle tecnologie energetiche, soprattutto dirette verso nuove tecnologie pulite, sostenibili ed efficienti, debbano costituire una priorità centrale del nuovo Ottavo programma quadro di ricerca e sviluppo; esorta vivamente gli Stati membri e la Commissione a dare priorità al settore in questione nel prossimo bilancio e nel prossimo Quadro finanziario pluriennale e sottolinea che i metodi di allocazione delle risorse devono riflettere le differenze tra gli Stati membri in termini di capacità di R&S;

82.  invita la Commissione a integrare il trasporto sostenibile nella strategia energetica in modo da sfruttare appieno il potenziale delle varie tecnologie, anche mediante un idoneo quadro normativo e un piano d'azione sui veicoli «verdi», il sostegno alla ricerca e sviluppo tecnologico, la rimozione degli ostacoli allo sviluppo di nuove tecnologie (anche di combustibile), la definizione di standard comuni (ad es. per il trasporto ferroviario e i veicoli elettrici), standard ambiziosi per i motori a combustibile fossile, l'instaurazione di «corridoi di trasporto verdi» in tutta Europa e l'integrazione dei modi di trasporto; particolare attenzione dovrebbe essere dedicata alle autovetture elettriche, per assicurarne la facilità di guida e di rifornimento in tutta Europa e far sì che la loro diffusione sia accompagnata dallo sviluppo di reti elettriche e sistemi di stoccaggio «intelligenti», da alti livelli di produzione energetica rinnovabile e dal ricorso alla cogenerazione di energia elettrica e termica;

83.  rammenta che la ricerca in campo energetico deve contribuire non solo alla riduzione delle emissioni di gas serra e alla sicurezza dell'approvvigionamento, ma anche al miglioramento della competitività dell'industria europea; ritiene, a tale proposito, che gli sforzi di standardizzazione compiuti con la partecipazione dei partner strategici dell'UE (quali Cina, Giappone, India, Russia e Stati Uniti) riguardo alle nuove tecnologie a basse emissioni di carbonio, fra cui i veicoli elettrici, sia fondamentale per garantire che le innovazioni europee siano pienamente commerciabili sul mercato internazionale; inoltre, al fine di garantire un trasferimento delle tecnologie efficiente ed equo, invita l'UE e i suoi partner commerciali internazionali ad adoperarsi per la liberalizzazione commerciale delle tecnologie sostenibili, in vista del conseguimento, nel lungo termine, dell'obiettivo del «dazio zero» sulle tecnologie verdi;

84.  ritiene che, per ridurre il consumo di energia, una soluzione efficace possa essere quella di avviare ricerche volte a individuare materie prime e materiali da costruzione caratterizzati da una produzione a minor intensità energetica e in grado di sostituire quelli convenzionali;

Porre i vantaggi per consumatori e cittadini al centro della politica energetica dell'UE

85.  sottolinea l'importanza dei contatori intelligenti come mezzo per aiutare i consumatori a monitorare più efficacemente i consumi durante i periodi di picco e per migliorare l'efficienza energetica delle proprie abitazioni; ritiene che la misurazione intelligente e i progetti energetici in generale necessitino di campagne di sensibilizzazione e di programmi di educazione all'efficienza energetica finalizzati a spiegare al pubblico i loro vantaggi; sottolinea che informare la società dei benefici della misurazione intelligente è fondamentale ai fini del successo della stessa; osserva che il Parlamento ha richiesto quale obiettivo programmatico l'installazione di contatori intelligenti nel 50% delle case europee entro il 2015 e l'obbligo da parte degli Stati membri di garantire che almeno l'80% dei consumatori sia dotato di sistemi di misurazione intelligente entro il 2020(10);

86.  è del parere che clienti e cittadini informati possano influire sul mercato attraverso decisioni consapevoli; accoglie pertanto con favore iniziative quali il Forum europeo sull'energia nucleare, che offre una sede di confronto a un ampio ventaglio di soggetti interessati;

87.  ritiene che la riqualificazione termica degli edifici e il riciclaggio dei materiali e dell'energia derivanti dai rifiuti urbani e industriali possano produrre notevoli vantaggi per i consumatori;

88.  è favorevole alle iniziative volte ad agevolare l'adattamento delle esigenze in fatto di risorse umane alla transizione verso un mix energetico a basso CO2;

89.  invita la Commissione a monitorare e a riferire al Parlamento europeo in merito all'attuazione del terzo pacchetto Mercato interno per quanto attiene alle misure nazionali volte a prevenire la povertà energetica e rammenta agli Stati membri gli obblighi loro derivanti dalla vigente regolamentazione;

90.  invita ad adottare standard di sicurezza quanto più possibile elevati per tutte le filiere energetiche, anche portando avanti programmi di cooperazione tra Stati membri, al fine di tener conto delle riserve da parte del pubblico e creare un maggiore consenso; chiede al tempo stesso una maggiore sensibilizzazione pubblica all'importanza di un approvvigionamento adeguato di elettricità e alla necessità di nuove infrastrutture per la generazione e la trasmissione di energia elettrica; è favorevole alle campagne di sensibilizzazione dei consumatori sui risparmi energetici di cui possono beneficiare nella loro vita quotidiana e sui meccanismi esistenti, quali i servizi di consulenza energetica, al fine di favorire un cambiamento comportamentale;

91.  rileva che la percentuale di clienti che ogni anno cambia fornitore varia tra lo 0 e il 20% nei diversi Stati membri; sottolinea che la difficoltà di raffrontare le offerte sul mercato e l'assenza di informazioni costituiscono un ostacolo per il cambiamento di fornitore oltre che per un'autentica concorrenza sul mercato al dettaglio; ricorda che, a norma del terzo pacchetto Energia, le autorità di regolamentazione nazionali hanno il dovere di garantire l'applicazione e il rispetto delle misure di protezione dei consumatori previste dalle direttive;

92.  ricorda all'industria energetica l'obbligo, derivantele dal terzo pacchetto Energia, di introdurre fatture energetiche chiare e comprensibili; ritiene che i modelli di bolletta del Forum dei cittadini per l'energia della Commissione contenga le informazioni minime richieste per ogni bolletta energetica e debbano essere utilizzati come modelli di fattura energetica trasparenti in tutta l'Unione;

93.  ritiene che, per favorire la realizzazione degli obiettivi a lungo termine e renderla più efficace sotto il profilo dei costi, si debbano incoraggiare la Commissione e gli Stati membri a prendere seriamente in considerazione la possibilità di passare all'obiettivo di una riduzione del 30% della CO2 entro il 2020, onde assicurare che il mercato delle emissioni di gas serra funga da catalizzatore per gli investimenti in processi di produzione e fonti energetiche più puliti;

94.  ribadisce che la nuova politica energetica deve sostenere l'obiettivo a lungo termine di ridurre dell'80-95% le emissioni di gas serra dell'UE entro il 2050;

95.  a tale proposito invita la Commissione a effettuare analisi delle attività di lungo periodo, anche nel campo della domanda e dell'offerta, nonché dei rischi e dei costi di un'interruzione delle forniture in rapporto alle capacità di stoccaggio, alla diversificazione delle forniture e ai costi connessi; ritiene che le analisi debbano altresì includere gli sviluppi a lungo termine a livello di strategia e politica energetica all'interno dell'UE e, aspetto non meno importante, un esame delle soluzioni che l'UE può adottare per evitare un'interruzione degli approvvigionamenti;

96.  ritiene, in previsione del vertice di Cancún, che l'UE debba assumere un ruolo guida in vista del raggiungimento di un accordo globale, vincolante e ambizioso, dimostrando così di essere in grado di esprimersi con voce unanime, e confermando la propria leadership; in tale ambito esorta la Commissione e gli Stati membri a ripensare le proprie precedenti proposte come parte di un accordo internazionale sui target di riduzione delle emissioni di CO2 al fine di agevolare e rendere economicamente più efficiente il conseguimento degli obiettivi a lungo termine;

o
o   o

97.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione, nonché ai governi degli Stati membri.

(1) GU C 67 E del 18.3.2010, pag. 16.
(2) GU L 211 del 14.8.2009.
(3) GU L 140 del 5.6.2009.
(4) GU C 219 E del 28.8.2008, pag. 206.
(5) GU L 200 del 31.7.2009, pag. 31.
(6) Testi approvati, P7_TA(2010)0064.
(7) 9744/10.
(8) GU L 114 del 27.4.2006, pag. 64.
(9) GU L 52 del 21.2.2004, pag. 50.
(10) Relazione di iniziativa del 25 marzo 2010 sulla «nuova Agenda europea del digitale: 2015.eu» (2009/2225(INI)) e relazione d'iniziativa del 14 aprile 2010 sull'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione per agevolare la transizione verso un'economia efficiente sotto il profilo energetico e a basse emissioni di carbonio (2009/2228(INI)).


Preparativi per la conferenza sul clima di Cancún (29 novembre - 10 dicembre 2010)
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Risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2010 sulla conferenza sul cambiamento climatico di Cancún (COP 16)
P7_TA(2010)0442B7-0616/2010

Il Parlamento europeo,

–  visti la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) e il relativo Protocollo di Kyoto,

–  viste la quindicesima conferenza delle Parti (COP 15) dell'UNFCCC e la quinta conferenza delle Parti in quanto riunione delle Parti del protocollo di Kyoto (COP/MOP 5), tenutesi a Copenaghen, in Danimarca, dal 7 al 18 dicembre 2009, e visto l'accordo di Copenaghen,

–  vista la sedicesima conferenza delle Parti (COP 16) dell'UNFCCC e la sesta conferenza delle Parti in quanto riunione delle Parti del protocollo di Kyoto (COP/MOP 6), che si terranno a Cancún, Messico, dal 29 novembre al 10 dicembre 2010,

–  visto il pacchetto dell'Unione europea su clima ed energia, del dicembre 2008,

–  viste la comunicazione della Commissione (COM(2010)0265), intitolata «Analisi delle ipotesi di intervento per una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra superiore al 20% e valutazione del rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio», e la comunicazione della Commissione (COM(2010)0086), intitolata «La politica internazionale sul clima dopo Copenaghen: intervenire subito per dare nuovo impulso all'azione globale sui cambiamenti climatici»,

–  vista la direttiva 2008/101/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di includere le attività di trasporto aereo nel sistema comunitario di scambio delle quote di emissioni dei gas a effetto serra(1),

–  vista la dichiarazione comune del 20 dicembre 2005 del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in seno al Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione sulla politica di sviluppo dell'Unione europea: «Il consenso europeo», in particolare i punti 22, 38, 75, 76 e 105(2),

–  viste le conclusioni del Consiglio del 17 novembre 2009 e la sua risoluzione del 18 maggio 2010 sulla coerenza delle politiche europee per lo sviluppo e il concetto di aiuto pubblico allo sviluppo(3),

–  vista la Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite, dell'8 settembre 2000, che esplicita gli obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM) quali obiettivi fissati congiuntamente dalla comunità internazionale per l'eliminazione della povertà,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sul cambiamento climatico, in particolare quella del 4 febbraio 2009 dal titolo «2050: il futuro inizia oggi - raccomandazioni per la futura politica integrata dell'Unione europea sul cambiamento climatico»(4) e quella del 10 febbraio 2010 sull'esito della conferenza di Copenaghen sui cambiamenti climatici (COP 15)(5),

–  viste l'interrogazione orale ..., presentata dalla commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare a norma dell'articolo 115 del regolamento, e le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione,

–  visto l'articolo 110, paragrafo 2, del suo regolamento,

A.  considerando che le prove scientifiche del cambiamento climatico e dei suoi impatti sono inconfutabili, il che rende necessaria un'azione rapida, coordinata e ambiziosa a livello internazionale per affrontare questa sfida globale,

B.  considerando che i paesi in via di sviluppo sono quelli che hanno contribuito in minor misura al cambiamento climatico ma che ne subiscono le conseguenze più gravi; considerando altresì che il cambiamento climatico sta mettendo a repentaglio gli investimenti internazionali volti a ridurre la povertà, minacciando così il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio,

C.  considerando che, dopo l'esito deludente della conferenza di Copenaghen sul clima, occorre ripristinare la fiducia nei negoziati internazionali sul cambiamento climatico,

D.  considerando che i paesi sviluppati, emergenti e in via di sviluppo, che presi congiuntamente sono responsabili di oltre l'80% delle emissioni mondiali di gas a effetto serra, hanno sottoscritto impegni e promesse di riduzione delle emissioni nel quadro dell'accordo di Copenaghen,

E.  considerando che tali impegni/promesse non saranno sufficienti per rispettare l'obiettivo generale di limitare a 2ºC l'aumento complessivo della temperatura media mondiale annuale in superficie («obiettivo dei 2ºC»),

F.  considerando che tali impegni non sono stati assunti nel quadro di un regime che contempla misure giuridiche per farli rispettare o che garantisce una «misurazione, rendicontazione o verifica» adeguate,

G.  considerando che il mancato rispetto dell'obiettivo dei 2°C avrà enormi costi ambientali ed economici, come il fatto che sino al 40% delle specie saranno a rischio di estinzione, che si avranno milioni di sfollati a causa dell'innalzamento del livello dei mari e dell'intensificarsi di eventi climatici estremi, che le rese delle coltivazioni diminuiranno, i prezzi dei prodotti agricoli aumenteranno e la produzione economica mondiale subirà una contrazione almeno dell'ordine del 3%,

H.  considerando che una relazione ufficiale(6) ha escluso che il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) abbia commesso errori tali da minare la conclusione principale della relazione 2007 sulle conseguenze che il cambiamento climatico potrebbe avere in futuro a livello regionale,

I.  considerando che, secondo le stime dell'IPCC, il 20% delle emissioni di gas a effetto serra è provocato dalla deforestazione e da altre forme di cambiamento della destinazione d'uso dei suoli,

J.  considerando che uno degli obiettivi principali dell'UE dovrebbe consistere nel far comprendere che è necessaria trasformazione globale a livello della tecnologia e della cooperazione tecnologica per accelerare il ritmo dell'innovazione e realizzare su più vasta scala la fase di dimostrazione e applicazione, affinché tutti i paesi abbiano accesso a tecnologie sostenibili e dai costi abbordabili, il che garantirebbe anche un tenore di vita più elevato a una percentuale più ampia della popolazione mondiale,

K.  considerando l'importanza accordata all'efficienza energetica dai partner internazionali dell'Unione europea in materia di clima, le difficoltà nel definire obiettivi di emissione internazionali e i vantaggi economici di obiettivi di efficienza energetica,

Obiettivo generale della COP 16 e posizione dell'UE

1.  invita i Capi di Stato e di governo del mondo intero a dare prova di vera determinazione e leadership politica durante i negoziati e ad attribuire alla questione la massima priorità; deplora il fatto che sinora non siano stati realizzati maggiori progressi nella preparazione della conferenza di Cancún;

2.  sottolinea la necessità di concordare misure concrete a Cancún, al fine di spianare la strada alla conclusione di un accordo internazionale globale post 2012, da siglare nel 2011 in Sud Africa, che sia in linea con i progressi scientifici più recenti e coerente con il raggiungimento almeno dell'obiettivo dei 2° C;

3.  invita l'Unione europea ad assumere ancora una volta un ruolo guida nei negoziati sul clima e a contribuire attivamente a rendere più trasparente e costruttiva la conferenza di Cancún; esorta pertanto vivamente la Commissione e gli Stati membri a risolvere le loro divergenze in merito all'uso del suolo, al cambiamento di destinazione dell'uso del suolo e alla silvicoltura (LULUCF) e all'eccedenza di unità di quantità assegnate (AAU - assigned amount units), a parlare con una voce sola e a perseguire obiettivi ambiziosi nell'ambito dei negoziati COP 16, nonché a migliorare i processi decisionali interni, così da poter reagire più velocemente agli sviluppi nel corso dei negoziati, da agire in modo più strategico e da mostrarsi più ricettivi nei confronti dei paesi terzi;

4.  sottolinea l'importanza di un processo decisionale trasparente e della disponibilità di informazioni sullo stato di avanzamento dei negoziati, in particolare nella fase finale del segmento ad alto livello della COP 16, e sollecita l'Unione europea ad accordare al suo negoziatore principale un certo margine di manovra affinché questi possa reagire all'evolvere della situazione;

5.  invita l'Unione europea a ribadire pubblicamente e in modo inequivocabile il suo forte impegno a favore del protocollo di Kyoto e ad accogliere favorevolmente e promuovere in modo attivo e costruttivo la continuazione dei lavori nell'ambito dei canali di negoziato dell'AWG-KP (il gruppo di lavoro ad hoc sugli ulteriori impegni per i paesi inclusi nell'allegato I che hanno ratificato il protocollo di Kyoto) e dell'AWG-LCA (il gruppo di lavoro ad hoc sull'azione cooperativa di lungo termine), integrando gli orientamenti politici dell'accordo di Copenaghen; invita pertanto l'Unione europea a dichiarare apertamente, prima di Cancún, di essere pronta a proseguire con il secondo periodo di impegno (2013-2020) previsto dal protocollo di Kyoto sulla base dell'obiettivo corrispondente, ma riconosce al contempo che sono necessari progressi comparabili in entrambi i canali di negoziato al fine di raggiungere un accordo internazionale post-2012 che rispetti l'obiettivo dei 2°C;

6.  invita l'Unione europea e i suoi Stati membri a definire e applicare un principio di «giustizia climatica»; è dunque favorevole a includere una clausola di equità nei futuri negoziati internazionali sul clima; insiste sul fatto che la maggiore ingiustizia sarebbe che il mondo non riuscisse a limitare il cambiamento climatico, dal momento che a risentirne sarebbero soprattutto i poveri nei paesi poveri;

7.  poiché i cambiamenti climatici hanno un impatto diverso sui paesi in via di sviluppo, suggerisce che l'azione e il finanziamento in materia climatica siano destinati in via prioritaria ai paesi che sono più vulnerabili ai cambiamenti climatici e che non hanno la capacità di farvi fronte;

8.  sottolinea la grande urgenza dei negoziati sul clima, ma pone anche l'accento sul fatto che a Cancún è importante prendere decisioni concrete circa il finanziamento (entità, fonti e governance), e in particolare circa il grado di addizionalità degli aiuti per l'adattamento, la silvicoltura, l'efficienza delle risorse, il trasferimento di tecnologia (nel rispetto dei principi esistenti in materia di diritti di proprietà intellettuale), il monitoraggio, la comunicazione e la verifica, e segnala altresì l'importanza di garantire la piena trasparenza e un risoluto impegno politico per quanto riguarda l'attuazione del finanziamento rapido;

9.  sottolinea l'importanza di raggiungere un accordo, per quanto riguarda il cosiddetto «Kyoto track», sulle regole per l'uso del suolo, il cambiamento di destinazione d'uso del suolo e la silvicoltura, sul meccanismo flessibile e sull'inclusione di nuovi settori e nuovi gas;

10.  è consapevole del fatto che le norme di contabilizzazione relative ad AAU e LULUCF potrebbero compromettere l'integrità ambientale del protocollo di Kyoto se tali questioni non sono affrontate adeguatamente, e chiede pertanto alle altre parti di esaminare possibili opzioni;

11.  chiede che a Cancún si raggiunga un accordo su norme rigorose in materia di LULUCF che rafforzino le ambizioni delle Parti dell'allegato I, siano finalizzate a ridurre le emissioni imputabili alla silvicoltura e all'uso del suolo, impongano alle Parti dell'allegato I di giustificare qualsiasi aumento delle emissioni LULUCF e siano coerenti con gli attuali impegni delle Parti a proteggere e potenziare i pozzi e serbatoi di gas a effetto serra;

12.  reputa che le future azioni dell'Unione europea in materia di «diplomazia del clima» dovrebbero concentrarsi su un forte impegno politico nei confronti dei paesi terzi, su politiche intese a mettere a punto efficaci meccanismi di cooperazione internazionale sui cambiamenti climatici, sia nel quadro dell'UNFCCC sia al di fuori di esso, e sulla cooperazione con i paesi terzi in campo climatico, per sostenere concretamente in tutto il mondo uno sviluppo a basse emissioni di carbonio e adattato al cambiamento climatico;

13.  sottolinea che la conservazione della biodiversità e l'applicazione dell'approccio di ecosistema rappresentano le strategie più efficaci ed economicamente vantaggiose per la mitigazione del cambiamento climatico e l'adattamento ai suoi effetti; ribadisce che le risposte in termini di mitigazione e adattamento non possono essere puramente tecnologiche;

Impegni di riduzione

14.  ribadisce che, secondo le prove scientifiche presentate dall'IPCC, per rispettare l'obiettivo dei 2ºC occorre che le emissioni globali di gas a effetto serra si stabilizzino al più tardi entro il 2015 e che entro il 2050 si riducano di almeno il 50% rispetto ai livelli del 1990, per poi continuare a diminuire;

15.  esorta tutti i partner internazionali, inclusi USA e Cina, a presentare impegni di riduzione più ambiziosi, basandosi sul principio di una «responsabilità comune, ma differenziata», onde garantire la coerenza con l'obiettivo dei 2°C;

16.  ribadisce che l'Unione europea deve adottare un obiettivo interno di riduzione del 30% delle emissioni di gas a effetto serra di qui al 2020, rispetto ai livelli del 1990, nell'interesse della sua futura crescita economica;

17.  accoglie positivamente la comunicazione della Commissione e la sua analisi delle misure necessarie per conseguire un obiettivo di riduzione del 30%; appoggia l'idea espressa nella comunicazione, secondo la quale, a prescindere dall'esito dei negoziati internazionali, è interesse dell'UE perseguire un obiettivo di riduzione delle emissioni superiore al 20% poiché ciò promuoverà anche la creazione posti di lavoro verdi, nonché la crescita e la sicurezza;

18.  ricorda che, a seguito del calo delle emissioni dovuto alla recessione, il costo annuale del raggiungimento dell'obiettivo di riduzione del 20% entro il 2020 è diminuito di un terzo, passando da 70 a 48 miliardi di euro, e che attualmente si stima che un obiettivo di riduzione del 30% costerebbe 11 miliardi di euro in più rispetto all'obiettivo di riduzione originario del 20%, il che rappresenta un costo aggiuntivo inferiore allo 0,1% del valore dell'economia dell'UE;

19.  riconosce che sarà possibile conseguire l'obiettivo dei 2°C solo se i paesi in via di sviluppo, in particolare quelli più avanzati, riusciranno nel loro complesso a scostarsi in modo consistente e quantificabile dal tasso di crescita delle emissioni attualmente previsto, riducendole del 15-30% entro il 2020 rispetto a uno scenario «business-as-usual», e che ciò presuppone un sostegno finanziario, tecnico e tecnologico da parte dei paesi sviluppati finalizzato alla creazione di capacità; riconosce che per contenere maggiormente l'aumento della temperatura sono necessari livelli di sostegno più elevati;

20.  sottolinea che le nazioni in via di sviluppo saranno quelle più colpite dalle conseguenze del cambiamento climatico e che è quindi loro interesse fondamentale contribuire alla conclusione di un accordo internazionale; si compiace degli impegni molto ambiziosi assunti da alcuni paesi in via di sviluppo, come la Costa Rica e le Maldive, e da alcuni paesi emergenti, come Messico e Brasile, e si rammarica che del fatto altri paesi emergenti non abbiano ancora seguito il loro esempio;

21.  rileva che, producendo le aree urbane il 75% delle emissioni di carbonio, le città sono in prima linea nella lotta contro il cambiamento climatico; plaude pertanto all'impegno assunto dalle città europee che hanno sottoscritto il Patto dei sindaci (Covenant of Mayors); valuta positivamente l'impegno delle città a combattere il cambiamento climatico; riconosce gli sforzi in atto in molte città europee nel settore dei trasporti e della mobilità e sottolinea la necessità di continuare su questa strada, alla ricerca di alternative più rispettose dell'ambiente e atte a migliorare la qualità della vita delle persone, assicurando al contempo il necessario coordinamento degli sforzi ai livelli locale, regionale, nazionale, europeo e mondiale di governo;

Finanziamento

22.  rammenta che i paesi sviluppati si sono impegnati, con l'accordo di Copenaghen, a erogare risorse nuove e supplementari per almeno 30 miliardi di dollari nel periodo 2010-2012 e successivamente per 100 miliardi di dollari l'anno entro il 2020, prestando particolare attenzione ai paesi vulnerabili e a quelli meno avanzati; incoraggia l'Unione europea a promuovere la creazione di un fondo verde per il clima stanziando 100 miliardi di dollari l'anno a partire dal 2020;

23.  ricorda che il contributo collettivo dell'Unione europea agli sforzi di mitigazione e alle necessità di adattamento dei paesi in via di sviluppo dovrebbe essere aggiuntivo e non dovrebbe essere inferiore a 30 miliardi di euro l'anno entro il 2020, cifra che potrebbe aumentare in funzione delle nuove conoscenze acquisite sulla gravità dei cambiamenti climatici e l'entità dei relativi costi;

24.  reputa che l'attuazione tempestiva del finanziamento rapido sia un fattore fondamentale per instaurare un'atmosfera di fiducia prima e durante la conferenza di Cancún; insiste sulla necessità che, come promesso dall'UE e dai suoi Stati membri, i 7,2 miliardi di euro siano risorse nuove che vadano ad aggiungersi ai bilanci APS e siano ripartiti in modo equilibrato tra adattamento e mitigazione; esorta l'Unione europea, col coordinamento della DG Azione climatica della Commissione, a garantire piena trasparenza allorché presenterà relazioni coordinate sull'attuazione, a Cancún e, successivamente, su base annua;

25.  sottolinea che monitoraggio, comunicazione e verifica dei finanziamenti devono includere una base di riferimento comune ed equa rispetto alla quale i contributi possano essere conteggiati come nuovi e aggiuntivi; raccomanda che come base si assuma l'impegno di vecchia data di fornire lo 0,7% del reddito nazionale lordo (RNL) come aiuto pubblico allo sviluppo (APS), oppure si assumano altri obiettivi nazionali corrispondenti, se più elevati;

26.  invita la Commissione e gli Stati membri a onorare i propri impegni, a garantire che le risorse per l'adattamento e la mitigazione vadano ad aggiungersi all'obiettivo di un APS pari allo 0,7% e a precisare quale percentuale degli impegni proverrà da fondi pubblici; sottolinea inoltre la necessità di mobilitare risorse sia nazionali che internazionali provenienti da tutte le fonti possibili per contribuire al raggiungimento di tale obiettivo;

27.  insiste sul fatto che nel settore degli aiuti alla mitigazione e all'adattamento tramite nuovi meccanismi occorre rispettare e applicare i principi consolidati in materia di politica di sviluppo, come il buon governo e la partecipazione democratica al processo decisionale; ribadisce inoltre che i paesi riceventi dovrebbero essere tenuti a fornire le prove del fatto che il denaro è effettivamente speso per i progetti dichiarati e approvati;

28.  ricorda che, per migliorare i risultati ottenuti grazie all'erogazione di risorse finanziarie e agli investimenti, è opportuno che i negoziatori della COP 16 tengano conto del principio della ownership da parte dei paesi, dell'uso efficace delle risorse e della massimizzazione dell'impatto, garantendo nel contempo finanziamenti ai paesi e alle comunità più vulnerabili;

Monitoraggio, comunicazione e verifica

29.  si compiace delle disposizioni dell'accordo di Copenaghen relative al monitoraggio, alla comunicazione e alla verifica come pure alle consultazioni e alle analisi internazionali, ed esorta l'Unione europea a collaborare con tutte le parti per definire gli orientamenti per dare attuazione alle suddette disposizioni, in vista della loro adozione a Cancún;

30.  riconosce che la valutazione dell'apparente successo conseguito fino ad oggi dall'UE nel ridurre le emissioni di CO2 non tiene debitamente conto della delocalizzazione di produzioni industriali al di fuori dei confini dell'Unione; rileva che la riduzione effettiva delle emissioni di CO2 legate ai consumi nell'UE potrebbe essere notevolmente inferiore rispetto alla cifra attualmente suggerita, e ritiene che di questa differenza si debba tener conto sia nello sviluppare la futura politica dell'UE che nei negoziati internazionali;

Cooperazione con i paesi in via di sviluppo e adattamento

31.  sottolinea la responsabilità storica dei paesi sviluppati in relazione al carattere irreversibile del cambiamento climatico e ricorda l'obbligo di assistere i paesi in via di sviluppo e i paesi meno sviluppati per consentire loro di adattarsi a tale cambiamento, fornendo, tra l'altro, sostegno finanziario per i programmi d'azione nazionali di adattamento (NAPA - National Adaptation Programmes of Action), quali importanti strumenti di adattamento al cambiamento climatico che promuovono la responsabilizzazione;

32.  riconosce l'importanza di un adattamento proattivo alle conseguenze inevitabili del cambiamento climatico, in particolare nelle regioni del mondo più colpite da esso e soprattutto per proteggere le fasce più vulnerabili della società; chiede pertanto che a Cancún si raggiunga un accordo che comporti forti impegni politici e finanziari per assistere i paesi in via di sviluppo nella creazione di capacità;

33.  accoglie con favore la decisione adottata a Copenhagen relativa all'istituzione di un «meccanismo tecnologico»; esorta l'UE e i suoi Stati membri a rafforzare i partenariati sul clima in vigore con i paesi in via di sviluppo e, ove non esistano, a concluderne di nuovi, prevedendo un maggior sostegno finanziario per lo sviluppo e il trasferimento di tecnologia, la conclusione di accordi sui diritti di proprietà intellettuale e lo sviluppo delle capacità istituzionali;

34.  sottolinea che la prospettiva dello sviluppo è di vitale importanza per molti paesi in via di sviluppo ed emergenti; riconosce che tale obiettivo dovrebbe occupare una posizione di maggiore rilievo nel quadro dei negoziati e ribadisce l'impegno dell'UE a sostenere i paesi meno sviluppati nel loro cammino verso un innalzamento del tenore di vita; sottolinea che è possibile assicurare un tenore di vita più elevato scegliendo soluzioni più sostenibili;

35.  ribadisce che le parti non figuranti nell'allegato I non possono essere trattate come un unico blocco, in quanto la capacità di investire nella mitigazione e nell'adattamento al cambiamento climatico, nonché la capacità di adeguarvisi, variano da paese a paese; evidenzia inoltre che alcuni di questi paesi sono già oggi grandi emettitori di CO2 e che le loro emissioni di CO2 crescono a un ritmo elevato;

36.  sottolinea che la garanzia della coerenza delle politiche e l'integrazione della dimensione ambientale nei progetti di sviluppo devono rappresentare gli elementi centrali di un'efficace strategia dell'UE in materia di mitigazione del cambiamento climatico e adattamento allo stesso; insiste, in particolare, sulla necessità di incoraggiare modelli di sviluppo che favoriscono la diversificazione e il decentramento delle economie; esprime tuttavia profondo rammarico per gli scarsi progressi realizzati dall'UE in materia di integrazione della dimensione ambientale nelle sue attività di cooperazione allo sviluppo e nelle sue altre politiche settoriali;

37.  ricorda che sia il cambiamento della destinazione d'uso dei suoli sia l'agricoltura sono responsabili di una percentuale rilevante delle emissioni di gas a effetto serra nei paesi in via di sviluppo; invita l'UE a promuovere l'agricoltura sostenibile, soprattutto nei paesi meno sviluppati (PMS), poiché essa contribuisce a mitigare il cambiamento climatico e a ridurre la povertà attraverso la diversificazione delle fonti di reddito delle comunità locali;

38.  invita l'UE ad adoperarsi affinché il Forum internazionale delle popolazioni indigene sia ammesso come parte nei negoziati della COP 16, in quanto si tratta di popolazioni particolarmente interessate sia dal cambiamento climatico in sé che dai meccanismi di adattamento e mitigazione;

39.  sottolinea che l'azione collettiva in materia di cambiamento climatico deve contemplare solide strutture e procedure di governance che diano più voce ai paesi in via di sviluppo, e invita pertanto l'UE a contribuire a un'architettura istituzionale che sia inclusiva, trasparente ed equa e che garantisca una rappresentanza equilibrata dei paesi sviluppati e di quelli in via di sviluppo in seno ai pertinenti organi decisionali;

REDD e desertificazione

40.  osserva che i pozzi naturali di assorbimento dei gas serra, come le foreste, rappresentano efficaci strumenti di attenuazione del cambiamento climatico, a causa della loro capacità di assorbire CO2, e sollecita le parti a riconoscere la necessità di preservare le foreste e di sviluppare una politica di forestazione da integrare in un accordo internazionale sul cambiamento climatico;

41.  ritiene che siano necessari un cospicuo sostegno finanziario e assistenza tecnica e amministrativa per fermare la deforestazione tropicale lorda al più tardi entro il 2020; ribadisce che, in questa prospettiva temporale, il finanziamento pubblico è lo strumento più realistico; esorta l'Unione europea ad adoperarsi a Cancún per l'adozione di decisioni concrete, corredate di obiettivi tangibili, sulla riduzione delle emissioni originate dalla deforestazione e dal degrado (REDD);

42.  invita l'UE a sostenere attivamente il meccanismo REDD+ al fine di individuare con maggiore precisione i fattori che spingono alla deforestazione e di assicurare l'effettiva partecipazione delle popolazioni indigene e delle comunità locali alle attività di monitoraggio e comunicazione; invita inoltre l'Unione europea a fare in modo che lo strumento REDD comprenda meccanismi di salvaguardia o un codice di condotta in grado di garantire il rispetto dei diritti delle popolazioni delle foreste e l'efficacia delle iniziative volte a porre un freno alla perdita di patrimonio boschivo;

43.  appoggia la costituzione di un meccanismo volto a ridurre le emissioni derivanti dalla deforestazione e dal degrado forestale e a rafforzare l'assorbimento naturale delle emissioni di gas a effetto serra che promuova la conservazione della biodiversità; appoggia inoltre il ruolo svolto dalla conservazione delle foreste, dalla loro gestione sostenibile e dal potenziamento degli stock di carbonio nelle foreste dei paesi in via di sviluppo (REDD+);

44.  deplora il fatto che i finanziamenti REDD siano basati su una definizione talmente ampia di foreste da comprendere le piantagioni monocolturali di specie non indigene; ritiene che questa definizione possa fornire un incentivo perverso a dirottare i finanziamenti dalla necessaria protezione delle vecchie foreste primarie verso nuove piantagioni commerciali;

45.  chiede pertanto alla Commissione e agli Stati membri di adoperarsi, in seno all'Organo sussidiario del consiglio scientifico e tecnologico e in altri consessi internazionali, per stabilire una nuova definizione di foresta riconosciuta dalle Nazioni Unite e fondata sul bioma, che rispecchi le grandi differenze in materia di biodiversità e i valori di carbonio dei diversi biomi e, al contempo, operi una chiara distinzione tra le foreste native e quelle dominate da monocolture di alberi e da specie non native;

46.  ritiene che occorra accrescere le sinergie fra le tre convenzioni di Rio sulla biodiversità (CBD), sul cambiamento climatico (UNFCCC) e sulla desertificazione (UNCCD); invita la Commissione e gli Stati membri a sostenere attivamente l'idea di organizzare un incontro ad alto livello per le tre convenzioni citate nell'ambito del vertice di Rio +20 del 2012;

47.  sottolinea che la risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 28 luglio 2010 riconosce che l'accesso all'acqua potabile è un diritto umano e chiede una protezione speciale per l'acqua, che è un elemento particolarmente vulnerabile agli effetti del cambiamento climatico, il quale potrebbe determinare una diminuzione della quantità e della qualità di acqua disponibile, soprattutto dell'acqua potabile;

Evoluzione verso un'economia e un'industria sostenibili
48. sottolinea che molti paesi stanno evolvendo rapidamente verso una nuova economia sostenibile per vari motivi, tra cui la protezione del clima, la scarsità delle risorse e il loro uso efficiente, la sicurezza energetica, l'innovazione e la competitività; prende atto della grande portata dei piani di incentivi economici per la transizione energetica varati in paesi come gli Stati Uniti e la Cina;

49.  chiede un accordo volto a garantire parità di condizioni a livello internazionale per le industrie ad alta intensità di carbonio; evidenzia l'importanza che un accordo internazionale vincolante riveste per la competitività dell'industria degli Stati membri dell'Unione europea; sottolinea, per questo motivo, la rilevanza del piano d'azione di Bali;

Economia sostenibile e cooperazione tecnologica

50.  ritiene che, indipendentemente dai progressi nei negoziati internazionali, l'Unione europea debba urgentemente adottare le politiche e gli strumenti necessari per promuovere lo sviluppo di un'economia più sostenibile, a basse emissioni di carbonio ed efficiente sotto il profilo dell'utilizzo delle risorse, mitigando in tal modo il cambiamento climatico, migliorando la qualità dell'aria e dell'ambiente, potenziando le norme sanitarie, promuovendo la sicurezza energetica, creando nuovi posti di lavoro e garantendosi il ruolo di economia più competitiva e sostenibile in un mondo in cui gli investimenti si indirizzano sempre più verso le tecnologie pulite;

51.  rileva che il cambiamento climatico è una sfida globale per la quale non esiste un'unica soluzione politica e tecnologica e che, invece, la combinazione delle opportunità esistenti e un forte incremento dell'efficienza in tutti i settori dell'economia e della società, nei paesi sviluppati e nei paesi in via di sviluppo, potrebbero contribuire a risolvere il problema delle risorse e della distribuzione, spianando la strada a una terza rivoluzione industriale;

52.  sottolinea che un accordo potrebbe fornire l'impulso necessario per un New Deal sostenibile che rilanci la crescita sostenibile, promuova tecnologie sostenibili dal punto di vista ambientale, contribuisca al potenziamento dell'efficienza energetica nell'edilizia e nei sistemi di trasporto, riduca la dipendenza energetica e garantisca l'occupazione e la coesione economica e sociale, sia nei paesi industrializzati che nei paesi in via di sviluppo; rammenta, a tale proposito, gli impegni già assunti dall'UE;

53.  ricorda l'accordo del G20 sulla politica climatica, che prevede la graduale eliminazione delle sovvenzioni ai combustibili fossili, e invita la Commissione a presentare proposte per una strategia europea relativa alla sua attuazione, corredate di un calendario e di meccanismi di compensazione sociale, ove opportuni;

Ricerca e tecnologia

54.  è convinto che sia necessaria una trasformazione globale nel campo della tecnologia e della cooperazione tecnologica affinché tutti i paesi possano accedere a tecnologie sostenibili a prezzi abbordabili; osserva che qualsiasi accordo futuro dovrebbe prevedere meccanismi fattibili che disciplinino l'accesso alle tecnologie pulite;

55.  ritiene che sia essenziale un nuovo approccio alla cooperazione tecnologica, al fine di accelerare le innovazioni e la relativa applicazione, consentendo in tal modo ad ogni paese di avere accesso a tecnologie ambientali a basso costo;

56.  osserva che la lotta contro il cambiamento climatico richiede la riduzione tanto delle emissioni quanto della nostra impronta ecologica globale, e che l'innovazione è il motore del necessario processo di trasformazione; è del parere che l'innovazione debba quindi essere sostenibile, ecologica, sociale, equa ed economicamente abbordabile;

57.  sottolinea che, nell'ambito di tale meccanismo, una rete di centri di innovazione per il clima potrebbe fungere da strumento utile per facilitare lo sviluppo tecnologico, la collaborazione, la diffusione dei risultati e l'innovazione;

58.  sottolinea che lo sviluppo e l'applicazione di tecnologie innovative sono fondamentali per contrastare il cambiamento climatico e, allo stesso tempo, per convincere i nostri partner internazionali che è possibile ridurre le emissioni senza perdere competitività e posti di lavoro; chiede alla Commissione di valutare varie soluzioni per incoraggiare un'innovazione rispettosa del clima, ad esempio premiando le imprese all'avanguardia; sollecita un impegno internazionale per aumentare gli investimenti destinati alle attività di R&S in tecnologie innovative nei settori rilevanti;

59.  rileva che recenti articoli scientifici suffragano la tesi fondamentale secondo cui il riscaldamento globale di origine antropica deve essere contrastato mediante una riduzione delle emissioni di CO2 e degli altri gas ad effetto serra; rileva che sono necessari ulteriori sforzi di ricerca, ad esempio relativamente all'ampiezza e alla scala temporale degli aumenti della temperatura, agli effetti del cambiamento climatico a livello regionale e locale, all'impatto dell'uso del suolo, delle particelle di carbonio e delle polveri sottili, così come con riferimento alle pertinenti misure di adattamento;

60.  ritiene che il cambiamento climatico sia una questione estremamente complessa che abbraccia molte discipline scientifiche e che le decisioni politiche adottate in questo campo debbano essere solidamente sostenute da argomenti scientifici; invita pertanto la Commissione a tenere il Parlamento europeo costantemente informato di tutte le innovazioni scientifiche o di tutti gli sviluppi di rilievo;

61.  sottolinea che il bilancio dell'UE dovrebbe porre l'accento sulla ricerca, l'innovazione e l'applicazione delle tecnologie, al fine di rispecchiare maggiormente le ambizioni dell'UE per quanto riguarda la lotta contro il cambiamento climatico e l'evoluzione verso un'economia sostenibile;

Energia, efficienza energetica ed efficienza delle risorse

62.  richiama l'attenzione sul fatto che, in tutto il mondo, circa 2 miliardi di persone continuano a non avere accesso ad un'energia sostenibile e a prezzi abbordabili; sottolinea la necessità di affrontare il problema della povertà energetica in modo coerente con gli obiettivi della politica climatica; rileva che sono già disponibili tecnologie energetiche che rispondono sia alle esigenze della tutela dell'ambiente a livello mondiale che alle necessità di sviluppo locali;

63.  deplora il fatto che, a livello internazionale e nell'Unione europea in particolare, non si presti attenzione adeguata al potenziale di risparmio energetico; rileva che il risparmio energetico e il miglioramento dell'efficienza energetica consentiranno di risparmiare risorse, ridurre le emissioni, accrescere la sicurezza energetica, creare nuovi posti di lavoro e rendere le economie più competitive; invita l'UE a porre maggiormente l'accento sul risparmio energetico nell'ambito dei negoziati internazionali;

64.  invita l'UE a porre maggiormente l'accento sul risparmio energetico nell'ambito dei negoziati internazionali; prende atto, al riguardo, e se ne rammarica profondamente, che a causa dell'approccio non vincolante adottato l'UE non sia sulla buona strada per raggiungere l'obiettivo, fissato dal capi di Stato, di un risparmio energetico pari al 20% entro il 2020; chiede pertanto all'UE di dare l'esempio e alla Commissione di proporre nuove misure che garantiscano che tale obiettivo venga raggiunto e che l'Europa non rimanga indietro per quanto riguarda le innovazioni in materia di efficienza globale;

65.  sottolinea l'importanza di affiancare alla lotta contro il cambiamento climatico l'impegno a ridurre l'impronta ecologica totale, adoperandosi per la conservazione delle risorse naturali, dal momento che le tecnologie eco-innovative e le alternative per un'energia a basse emissioni di carbonio dipendono da risorse che sono scarse;

Commercio internazionale

66.  sottolinea, visti il preambolo dell'accordo OMC e l'articolo XX, lettere b), d) e g) del GATT, che il commercio internazionale non deve dar luogo a uno sfruttamento eccessivo delle risorse naturali; insiste, in relazione ai negoziati dell'OMC e agli accordi commerciali bilaterali, sul fatto che la liberalizzazione del commercio, in particolare per quanto riguarda le materie prime naturali, non deve compromettere la gestione sostenibile delle risorse;

67.  segnala che l'Unione europea dispone di possibilità per dare il buon esempio, eliminando gli ostacoli, quali dazi e imposte, allo scambio di tecnologie «verdi» e di prodotti rispettosi dell'ambiente e del clima, nonché promuovendo i cosiddetti beni e servizi ambientali, e richiama l'attenzione, a questo proposito, sul piano d'azione di Bali e sul Fondo verde per il clima di Copenaghen;

Un mercato mondiale del carbonio

68.  invita l'Unione europea e i suoi partner a trovare, nell'immediato futuro, il modo più efficace per promuovere collegamenti tra il regime ETS dell'UE e altri regimi di scambio, al fine di puntare alla creazione di un mercato mondiale del carbonio, assicurando una maggiore varietà di opzioni di riduzione, un incremento delle dimensioni del mercato e della liquidità, la trasparenza e, in ultima analisi, una più efficiente ripartizione delle risorse;

69.  sottolinea tuttavia che qualsiasi sforzo in tal senso deve tener conto degli insegnamenti della recente crisi finanziaria, così come delle carenze del sistema di scambio delle emissioni dell'UE, al fine di conseguire la trasparenza, evitare speculazioni e garantire un'effettiva riduzione delle emissioni;

70.  invita l'Unione europea e i suoi partner a proporre nell'immediato futuro restrizioni all'abuso di crediti internazionali derivanti da progetti sui gas industriali, compresa la distruzione di HFC-23 nei sistemi di scambio delle emissioni successivi al 2012, in particolare nei progetti relativi ad un Meccanismo di sviluppo pulito nonché nei futuri meccanismi settoriali di mercato; invita pertanto l'UE e i suoi partner ad incoraggiare i paesi in via di sviluppo avanzati a contribuire agli sforzi di riduzione globale attraverso un'opportuna azione propria, a partire dalle opzioni di abbattimento meno onerose;

71.  sottolinea che, in un contesto mondiale di mercati in concorrenza fra loro, il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio costituisce una seria preoccupazione in taluni settori che sono importanti elementi della catena globale della produzione industriale - compresi i prodotti destinati alla lotta contro il cambiamento climatico; chiede alla Commissione di analizzare ulteriormente questo rischio e di proporre misure adeguate ed efficaci al fine di salvaguardare la competitività internazionale dell'economia dell'Unione europea, avendo cura nel contempo di evitare un aumento dell'impronta di carbonio dell'UE;

72.  chiede una riforma dei meccanismi basati su progetti, quali il meccanismo per lo sviluppo pulito (CDM) e l'attuazione congiunta (JI), mediante l'introduzione di norme qualitative rigorose che garantiscano il rispetto dei diritti umani e l'alto livello dei progetti con ulteriori riduzioni affidabili, verificabili e reali delle emissioni, sostenendo inoltre lo sviluppo sostenibile nei paesi in via di sviluppo; appoggia parimenti il punto di vista della Commissione, secondo cui sarebbe opportuno concordare, per il periodo successivo al 2012, meccanismi settoriali per i paesi in via di sviluppo economicamente più avanzati, mentre i paesi meno sviluppati dovrebbero continuare a usufruire del CDM;

73.  ribadisce che l'Unione europea e i suoi Stati membri devono rispettare gli impegni in materia di mitigazione in primo luogo all'interno dell'Unione stessa e ricorda a tutte le parti che il ricorso a meccanismi flessibili dovrebbe essere ridotto al minimo;

Trasporti aerei e marittimi internazionali

74.  ricorda che, a livello mondiale, il settore dei trasporti è quello che produce le maggiori emissioni di gas a effetto serra, poiché è responsabile del 30% delle emissioni dei paesi sviluppati e del 23% delle emissioni mondiali di gas serra; deplora la mancanza di progressi nell'affrontare la questione del trasporto aereo e marittimo mondiale e insiste sulla necessità di integrare il trasporto aereo e marittimo internazionale in un accordo nell'ambito dell'UNFCCC;

75.  chiede all'Unione europea, al fine di evitare, di qui al 2050, un aumento delle emissioni di gas ad effetto serra dovute ai trasporti, di fare in modo che nell'accordo internazionale si tenga conto dell'impatto climatico totale dei settori aereo e marittimo e che gli obiettivi di riduzione in detti settori siano uguali a quelli applicati agli altri settori industriali;

76.  si compiace dell'impegno delle compagnie aeree di tutto il mondo a sostenere un miglioramento dell'efficienza del carburante dell'1,5% l'anno fino al 2020, a raggiungere una crescita neutra sotto il profilo delle emissioni di carbonio a partire dal 2020 e a realizzare entro il 2050 una riduzione del 50% delle emissioni di CO2, rispetto ai livelli del 2005;

77.  rileva che metà delle emissioni dei trasporti stradali è prodotta dai veicoli privati e che una quota sostanziale delle emissioni imputate al settore deriva dalla raffinazione dei carburanti; ritiene, a fronte del persistente aumento delle emissioni dovute ai trasporti su strada, che sia opportuno continuare ad adottare misure che impongono ai produttori di migliorare le prestazioni ambientali ed energetiche dei veicoli;

Delegazione del Parlamento europeo

78.  ritiene che la delegazione dell'UE svolga un importante ruolo nei negoziati sul cambiamento climatico e reputa quindi inaccettabile che i deputati al Parlamento europeo facenti parte di detta delegazione non abbiano potuto assistere alle riunioni di coordinamento dell'UE in occasione della precedente Conferenza delle parti; osserva che, secondo quanto stabilito nell'accordo quadro tra la Commissione e il Parlamento europeo del maggio 2005, rinegoziato nel 2009, quando la Commissione rappresenta la Comunità europea, essa facilita, su richiesta del Parlamento, la partecipazione dei deputati al Parlamento, in qualità di osservatori, alle delegazioni della Comunità che negoziano accordi multilaterali; ricorda che, in base al trattato di Lisbona (articolo 218 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea), il Parlamento europeo deve dare la propria approvazione agli accordi tra l'Unione e i paesi terzi o le organizzazioni internazionali; si attende che quanto meno i presidenti della delegazione del Parlamento europeo possano assistere alle riunioni di coordinamento dell'UE a Cancún;

o
o   o

79.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, nonché al Segretariato della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, con richiesta di trasmetterla a tutte le parti contraenti che non sono membri dell'UE.

(1) GU L 8 del 13.1.2009, pag. 3.
(2) GU C 46 del 24.2.2006, pag. 1.
(3) Testi approvati, P7_TA(2010)0174.
(4) Testi approvati, P6_TA(2009)0042.
(5) Testi approvati, P7_TA(2010)0019.
(6) Relazione elaborata dall'Agenzia per la valutazione ambientale dei Paesi Bassi.


Situazione nel Sahara occidentale
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Risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2010 sulla situazione nel Sahara occidentale
P7_TA(2010)0443RC-B7-0675/2010

Il Parlamento europeo,

–  viste le pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sul Sahara occidentale,

–  vista la risoluzione 1920 (2010) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che ha prolungato il mandato della missione delle Nazioni Unite per il referendum nel Sahara occidentale (MINURSO),

–  viste le ultime relazioni del Segretario generale delle Nazioni Unite al Consiglio di sicurezza sulla situazione del Sahara occidentale, in data 14 aprile 2008, 13 aprile 2009 e 6 aprile 2010,

–  visto il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, ratificato dal Marocco il 3 maggio 1979,

–  visto l'accordo euromediterraneo, che istituisce un'associazione tra l'Unione europea e gli Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall'altra, in particolare l'articolo 2,

–  vista la dichiarazione dell'UE del 7 dicembre 2009, relativa all'ottava sessione del Consiglio di associazione UE-Marocco, e la dichiarazione congiunta del primo vertice UE-Marocco, svoltosi il 7 marzo 2010,

–  viste in particolare le conclusioni formulate a seguito delle visite della delegazione ad hoc del Parlamento europeo per il Sahara occidentale nel settembre 2006 e nel gennaio 2009, in cui si chiedeva una proroga del mandato della missione ONU per il referendum nel Sahara occidentale (MINURSO), previo accordo di tutte le parti interessate, in modo da attribuire a tale missione competenze in materia di controllo del rispetto dei diritti umani nel Sahara occidentale, e in cui si invitava inoltre, o se del caso, la Commissione europea a monitorare la situazione dei diritti umani nel Sahara occidentale mediante la sua delegazione a Rabat nonché a inviare regolarmente missioni in loco,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sul Sahara occidentale, in particolare quella del 27 ottobre 2005(1),

–  vista la dichiarazione resa il 10 novembre 2010 dall'alto rappresentante dell'Unione europea, Catherine Ashton, sul Sahara occidentale,

–  viste le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione del 24 novembre 2010 sulla situazione nel Sahara occidentale,

–  visto l'articolo 110, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.  considerando che diverse migliaia di saharawi hanno abbandonato le loro città e hanno montato una tendopoli alla periferia di El Aaiun creando l'accampamento di Gdaim Izyk, come forma di protesta pacifica contro la situazione sociale, politica ed economica e le condizioni in cui vivono,

B.  considerando che, secondo osservatori delle Nazioni Unite, dopo diverse settimane i manifestanti erano diventati circa 15 000 e che è stato avviato un dialogo con le autorità,

C.  considerando che domenica 24 ottobre 2010 un ragazzo saharawi di 14 anni, Nayem El-Garhi, è stato ucciso e che altre cinque persone sono state ferite da soldati dell'esercito marocchino mentre tentavano di raggiungere l'accampamento alla periferia di El Aaiun,

D.  considerando che l'8 novembre 2010 un numero ancora imprecisato di persone, tra cui funzionari di polizia e della sicurezza, sono rimaste uccise durante l'azione condotta dalle forze di sicurezza marocchine nell'intento di smobilitare l'accampamento di Gdaim Izyk allestito dai manifestanti; considerando che vi sono state anche segnalazioni riguardo a un numero consistente di feriti tra i civili, allorché le forze di sicurezza ricorrevano a gas lacrimogeni e manganelli per sgomberare l'accampamento,

E.  considerando che questi incidenti si verificavano lo stesso giorno in cui si inaugurava a New York il terzo ciclo di colloqui informali sulla situazione del Sahara occidentale, con la partecipazione del Marocco, del Fronte Polisario e di Algeria e Mauritania in veste di osservatori,

F.  considerando che giornalisti, parlamentari nazionali e regionali dell'Unione europea e deputati al Parlamento europeo si sono visti negare l'accesso a El Aaiun e all'accampamento di Gdaim Izyk, mentre alcuni sono stati persino espulsi da El Aaiun,

G.  vista la morte violenta del cittadino spagnolo Babi Hamday Buyema, avvenuta in circostanze non ancora accertate,

H.  considerando che, dopo oltre 30 anni, il processo di decolonizzazione del Sahara occidentale rimane incompleto,

I.  considerando che l'Unione europea continua a essere preoccupata per il conflitto nel Sahara occidentale e per le sue conseguenze e implicazioni nella regione, compresa la situazione dei diritti umani nel Sahara occidentale, e che sostiene appieno gli sforzi del Segretario generale delle Nazioni Unite e del suo inviato personale al fine di trovare una soluzione politica giusta, duratura e accettabile da entrambe le parti, che consenta l'autodeterminazione della popolazione del Sahara occidentale, come stabilito nelle risoluzioni delle Nazioni Unite,

J.  considerando che numerose relazioni hanno dimostrato che lo sfruttamento delle risorse naturali del Sahara occidentale è praticato senza che la popolazione locale ne ricavi alcun beneficio,

1.  esprime la massima preoccupazione per il notevole peggioramento della situazione nel Sahara occidentale e condanna fermamente i violenti incidenti avvenuti durante la smobilitazione dell'accampamento di Gdaim Izyk e nella città di El Aaiun;

2.  chiede a tutte le parti di mantenere la calma e di astenersi da ulteriori violenze;

3.  deplora la perdita di vite umane ed esprime la sua solidarietà ai familiari delle vittime, dei feriti e dei dispersi;

4.  prende atto dell'istituzione da parte del parlamento marocchino di una commissione d'inchiesta al fine di indagare sul corso degli eventi che hanno portato all'intervento delle autorità marocchine, ma reputa che le Nazioni Unite sarebbero l'organizzazione più idonea a condurre un'inchiesta indipendente internazionale finalizzata ad accertare gli avvenimenti, le morti e le sparizioni;

5.  deplora gli attacchi contro la libertà di stampa e di informazione subiti da numerosi giornalisti europei e chiede al Regno del Marocco di consentire il libero accesso e la libertà di circolazione nel Sahara occidentale alla stampa, agli osservatori indipendenti e alle organizzazioni umanitarie; deplora il divieto di accesso al Sahara occidentale imposto dalle autorità marocchine nei confronti di parlamentari, giornalisti, mezzi d'informazione e osservatori indipendenti;

6.  insiste sulla necessità di invitare gli organismi delle Nazioni Unite a proporre l'istituzione di un meccanismo di monitoraggio dei diritti umani nel Sahara occidentale;

7.  si compiace della ripresa degli incontri informali tra il Marocco e il Fronte Polisario sotto l'egida dell'inviato personale del Segretario generale delle Nazioni Unite, anche in una siffatta situazione di tensione, e invita gli attori della regione a svolgere un ruolo costruttivo;

8.  rammenta il proprio sostegno alla ripresa di colloqui informali fra le parti del conflitto nell'ottica di raggiungere una soluzione politica giusta, duratura e accettabile da entrambe le parti, in conformità delle pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;

9.  invita la Commissione a garantire che, tramite lo stanziamento di finanziamenti supplementari, siano destinati i necessari aiuti umanitari ai rifugiati saharawi che vivono nella regione di Tindouf, il cui numero varia, secondo le stime, da 90 000 a 165 000, per aiutarli a soddisfare le necessità primarie di cibo, acqua, alloggio e cure mediche e per migliorare le loro condizioni di vita;

10.  esprime la sua preoccupazione per la detenzione e per le denunce di vessazioni nei confronti di difensori saharawi dei diritti umani nel territorio del Sahara occidentale; chiede che i difensori dei diritti umani detenuti nelle carceri della regione o in Marocco ricevano un trattamento conforme alle norme internazionali e sia loro assicurato in tempi brevi un giusto processo;

11.  invita l'Unione europea a richiedere da parte del Regno del Marocco il rispetto del diritto internazionale in merito allo sfruttamento delle risorse naturali del Sahara occidentale;

12.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, all'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Segretario generale delle Nazioni Unite, al Segretario generale dell'Unione africana, alla delegazione del PE per le relazioni con i paesi del Maghreb, all'Ufficio di presidenza dell'Assemblea parlamentare dell'Unione per il Mediterraneo, al parlamento e al governo del Marocco, al Fronte Polisario nonché ai parlamenti e ai governi dell'Algeria e della Mauritania.

(1) GU C 272 E del 9.11.2006, pag. 582.


Ucraina
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Risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2010 sull'Ucraina
P7_TA(2010)0444RC-B7-0650/2010

Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sull'Ucraina,

–  vista la dichiarazione congiunta adottata in occasione del vertice UE-Ucraina svoltosi a Bruxelles il 22 novembre 2010,

–  viste la dichiarazione finale e le raccomandazioni formulate a seguito della quindicesima riunione della commissione di cooperazione parlamentare UE-Ucraina, svoltasi il 4 e 5 novembre 2010 a Kiev e Odessa,

–  vista la missione di osservazione in Ucraina della delegazione alla commissione di cooperazione parlamentare UE-Ucraina in occasione delle elezioni locali e regionali svoltesi in tale paese il 31 ottobre 2010,

–  visti l'accordo di partenariato e cooperazione (APC) tra l'Unione europea e l'Ucraina, entrato in vigore il 1° marzo 1998, e i negoziati in corso sull'accordo di associazione destinato a sostituire l'APC,

–  vista la quattordicesima riunione del Consiglio di cooperazione UE-Ucraina svoltasi a Lussemburgo il 15 giugno 2010,

–  vista la dichiarazione congiunta sul partenariato orientale inaugurato a Praga il 7 maggio 2009,

–  viste le conclusioni adottate dal Consiglio Affari generali il 25 ottobre 2010 in merito al partenariato orientale,

–  vista la risoluzione 1755 adottata il 5 ottobre 2010 dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa sul funzionamento delle istituzioni democratiche in Ucraina,

–  viste le conclusioni del Consiglio europeo sull'Ucraina del 16 settembre 2010,

–  vista l'agenda di associazione UE-Ucraina, che sostituisce il piano d'azione, approvata dal Consiglio di cooperazione UE-Ucraina nel giugno 2009,

–  visti l'accordo tra la Comunità europea e l'Ucraina sull'agevolazione dei visti, firmato il 18 giugno 2007 ed entrato in vigore il 1° gennaio 2008, e il dialogo UE-Ucraina in materia di visti avviato nell'ottobre 2008,

–  vista la relazione congiunta del 4 novembre 2010 del gruppo di lavoro della commissione di cooperazione parlamentare UE-Ucraina sulla politica in materia di visti tra l'Unione europea e l'Ucraina,

–  viste le modifiche apportate all'ultimo minuto alla legge elettorale ucraina dal Parlamento ucraino (Verkhovna Rada) nel giugno 2010, poco prima delle elezioni presidenziali,

–  visto il programma indicativo nazionale 2011–2013 per l'Ucraina,

–  visto l'articolo 110, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.  considerando che l'Ucraina è un paese europeo di importanza strategica per l'UE e che le sue dimensioni, le sue risorse, la sua popolazione e la sua posizione geografica le conferiscono una posizione peculiare in Europa e ne fanno un attore regionale di centrale importanza,

B.  considerando che il neoeletto Presidente dell'Ucraina, Viktor Yanukovich, e la Verkhovna Rada hanno confermato la determinazione dell'Ucraina di aderire all'Unione europea,

C.  considerando che, secondo alcune dichiarazioni, le libertà democratiche, quali la libertà di riunione, la libertà di espressione e la libertà dei media sarebbero sotto pressione negli ultimi mesi,

D.  considerando che la sentenza della Corte costituzionale ucraina del 1° ottobre 2010 ripristina la forma di governo presidenziale, e che l'introduzione di un sistema di controlli ed equilibri democratico, efficace e sostenibile dovrebbe rimanere un obiettivo prioritario da raggiungere e che il processo per conseguirlo dovrebbe essere aperto, inclusivo e accessibile a tutti i partiti e soggetti politici dell'Ucraina,

E.  considerando che le elezioni locali e regionali si sono svolte in Ucraina il 31 ottobre 2010 in un clima calmo e senza incidenti; considerando che sono state espresse critiche in merito ad alcuni aspetti organizzativi delle elezioni, in particolare con riferimento alla legge elettorale, alle procedure per la sua adozione e a disposizioni specifiche della legge stessa,

F.  considerando che, dopo le elezioni presidenziali del gennaio 2010, vi sono segnali sempre più preoccupanti di una diminuzione del rispetto della democrazia e del pluralismo, come evidenziato in particolare dal trattamento riservato ad alcune ONG e dalle denunce di singoli giornalisti circa le pressioni esercitate su di loro dagli editori o dai proprietari dei media in merito alla decisione di coprire o meno determinati eventi, così come aumentano le attività con motivazioni politiche del servizio di sicurezza ucraino e il ricorso illecito alle risorse del sistema amministrativo e giudiziario per fini politici,

G.  considerando che il 13 ottobre 2010 il rappresentante OSCE per la libertà dei media ha dichiarato che l'Ucraina ha conseguito un notevole livello di libertà in questo settore, ma che deve adottare urgenti misure per salvaguardarla, e ha invitato il governo ad astenersi da qualsiasi tentativo di influenzare o censurare il contenuto dei mezzi d'informazione e a rispettare le norme internazionali in materia di libertà dei media nonché gli impegni OSCE in proposito,

H.  considerando che il partenariato orientale può offrire all'Ucraina un'ulteriore possibilità di integrazione nell'Unione europea, ma che la sua riuscita può essere garantita soltanto se sarà basato su progetti pratici e credibili e se disporrà di una dotazione sufficiente,

1.  sottolinea che, a norma dell'articolo 49 del trattato sull'Unione europea, l'Ucraina può presentare domanda di adesione all'Unione europea, come tutti gli Stati europei che si attengono ai principi della libertà, della democrazia, del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali nonché dello Stato di diritto;

2.  sottolinea che l'Ucraina ha una prospettiva europea, ha forti legami storici, culturali ed economici con l'Unione europea ed è uno dei partner principali dell'Unione tra i nostri vicini orientali, che esercita un'influenza significativa sulla sicurezza, la stabilità e la prosperità dell'intero continente;

3.  plaude alle dichiarazioni unanimi del governo ucraino e dei partiti d'opposizione circa le aspirazioni del paese per quanto riguarda l'integrazione europea e la sua ambizione a lungo termine di diventare uno Stato membro dell'Unione europea; nota che tale obiettivo continua a godere del sostegno di tutti i protagonisti della scena politica ucraina; invita le autorità ucraine a dar vita a un forum comune per coordinare la posizione politica nell'Ucraina nei confronti dell'Unione europea che riunisca esponenti politici sia della coalizione governativa che dell'opposizione;

4.  sottolinea che le elezioni locali e regionali del 31 ottobre 2010, pur essendo state condotte in modo corretto sotto il profilo tecnico, non hanno creato un nuovo parametro di riferimento positivo; si rammarica del fatto che l'Ucraina abbia modificato la legge elettorale pochi mesi prima dello svolgimento delle elezioni locali e regionali, lasciando troppo poco tempo a disposizione per migliorare la legislazione e preparare il corretto e democratico svolgimento delle elezioni;

5.  si rammarica del fatto che le commissioni elettorali non abbiano accettato le richieste di registrazione dei partiti di opposizione prima della presentazione della lista del Partito delle regioni e che, di conseguenza, il partito al potere abbia ottenuto il primo posto nelle liste in circa l'85% delle circoscrizioni; osserva che, a causa delle anomalie nella legge elettorale, che non ha fornito adeguate garanzie a tutela del diritto dei partiti politici consolidati di competere per il voto, alcuni partiti, come il partito Batkivshchyna, non sono stati in grado di registrare i propri candidati in diverse circoscrizioni e di partecipare alle elezioni;

6.  si rammarica del fatto che le norme elettorali continuino ad essere argomento di discussione; condivide la necessità di migliorare il quadro elettorale e trae incoraggiamento dal lavoro svolto in cooperazione con gli esperti dell'UE e dell'OSCE per elaborare un progetto di nuovo codice elettorale; osserva che un progetto di codice elettorale unico è stato ora presentato alla Verkhovna Rada ai fini della sua adozione; sottolinea che la trasparenza del processo elettorale presuppone un quadro giuridico chiaro; invita le autorità ucraine a garantire il completamento della normativa in tempo utile, ben prima delle elezioni legislative del 2012;

7.  è preoccupato per i recenti sviluppi che potrebbero indebolire la libertà e il pluralismo dei media; invita le autorità ad adottare tutte le misure necessarie per proteggere questi aspetti essenziali di una società democratica e ad astenersi da qualsiasi tentativo di controllare, direttamente o indirettamente, il contenuto delle informazioni riportate dai media nazionali; sottolinea l'urgente necessità di una riforma delle norme che disciplinano il settore dei media e accoglie pertanto con favore la recente proposta di creare un servizio radiotelevisivo pubblico in Ucraina; accoglie altresì con favore le assicurazioni fornite ufficialmente dalle autorità ucraine quanto al fatto che il quadro giuridico necessario per l'istituzione di un servizio radiotelevisivo pubblico sarà portato a termine entro la fine dell'anno; deplora che due stazioni televisive indipendenti – TVi e TV5 – siano state private di alcune delle frequenze di trasmissione a loro riservate; invita le autorità a evitare la revoca selettiva delle frequenze radiotelevisive in esito a procedimenti giudiziari e a rivedere qualsiasi decisione o nomina suscettibili di determinare un conflitto di interessi;

8.  invita il governo ucraino ad allineare la legislazione sulla libertà dei media agli standard dell'OSCE e osserva che un'azione incisiva al riguardo rafforzerebbe la credibilità dell'Ucraina come presidente in carica dell'OSCE nel 2013;

9.  invita le autorità ucraine a condurre indagini approfondite sulla scomparsa di Vasyl Klymentyev, il redattore capo di un quotidiano che indaga sulla corruzione nella regione di Kharkiv;

10.  sottolinea la necessità di rafforzare la credibilità, la stabilità, l'indipendenza e l'efficacia delle istituzioni, garantendo in tal modo la democrazia e lo Stato di diritto, nonché promuovendo un processo di riforma costituzionale consensuale basato su una netta separazione dei poteri e su controlli ed equilibri efficaci tra le istituzioni dello stato; sottolinea che la cooperazione con la Commissione europea per la Democrazia attraverso il Diritto (Commissione di Venezia) è indispensabile per garantire che i pacchetti di riforma legislativa attualmente in via di definizione siano pienamente conformi alle norme e ai valori europei; invita tutti i soggetti politici interessati, compresi il governo e l'opposizione, a partecipare al processo in questione e sollecita le autorità ucraine a consultare la commissione di Venezia in merito alle versioni definitive dei disegni di legge;

11.  invita tutti i partiti della Verkhovna Rada ad assicurare e promuovere un sistema di controlli ed equilibri efficaci in relazione al legittimo funzionamento del governo;

12.  esorta le autorità ad investigare appieno tutte le notizie di violazioni dei diritti e delle libertà, ad ovviare alle eventuali violazioni individuate nonché ad indagare sul ruolo del servizio di sicurezza ucraino (SBU) per quanto attiene alle ingerenze nel processo democratico;

13.  evidenzia il ruolo centrale dell'Ucraina per la sicurezza energetica dell'Unione europea; sottolinea l'importanza di un rafforzamento della cooperazione tra l'Ucraina e l'Unione europea nel settore dell'energia; invita altresì l'Ucraina a dar seguito agli impegni che le derivano dalla dichiarazione congiunta della Conferenza internazionale UE-Ucraina sugli investimenti per la modernizzazione della rete di transito del gas in Ucraina; sollecita inoltre la conclusione di ulteriori accordi tra l'Unione europea e l'Ucraina finalizzati a garantire l'approvvigionamento energetico a entrambe le parti, incluso un sistema di transito affidabile e diversificato per petrolio e gas; sottolinea che, affinché l'Ucraina disponga di un moderno sistema di transito per il gas, sono necessari servizi di transito trasparenti, efficienti e di qualità attraverso una rete di transito del gas modernizzata; invita la Commissione a fornire l'assistenza tecnica necessaria per migliorare radicalmente l'efficienza energetica della rete elettrica ucraina e a potenziare la cooperazione per quanto concerne la riforma del settore del gas, al fine di renderlo conforme alle norme dell'Unione europea;

14.  appoggia la richiesta avanzata dai capi di stato dell'UE e dall'Ucraina, in occasione del 25° anniversario della catastrofe di Cernobyl a Kiev, di mobilitare tutti i mezzi necessari per il completamento della struttura di protezione dell'unità 4 di Cernobyl e l'ulteriore smantellamento delle altre tre unità; sottolinea che la trasparenza è fondamentale per il progetto di costruzione della struttura di protezione, in particolare per quanto riguarda le prossime fasi e l'attuale stato di avanzamento dei lavori;

15.  si dichiara incoraggiato dai progressi nei negoziati sull'accordo di associazione UE-Ucraina, in particolare per quanto riguarda gli aspetti relativi a una zona di libero scambio globale e approfondita (DCFTA); osserva che la conclusione dei negoziati sull'accordo dipende dalla capacità e volontà della controparte ucraina di ravvicinare le proprie disposizioni giuridiche e regolamentari a quelle dell'Unione europea; invita la Commissione europea a negoziare l'accordo DCFTA con l'Ucraina in modo tale che le sue disposizioni possano non solo aprire i mercati dell'UE e dell'Ucraina a scambi commerciali reciprocamente vantaggiosi, ma anche favorire la modernizzazione dell'economia ucraina; sottolinea che la DCFTA dovrebbe portare alla progressiva integrazione dell'Ucraina nel mercato interno dell'Unione europea, compresa l'estensione all'Ucraina delle quattro libertà; esorta la Commissione e l'Ucraina a compiere progressi rapidi in tale ambito, sulla base dei risultati conseguiti dall'Ucraina come membro dell'OMC; sollecita le due parti a fare tutto il necessario per pervenire a un accordo definitivo nella prima metà del prossimo anno;

16.  invita le autorità ucraine a intensificare gli sforzi per contrastare la corruzione; si attende, a questo proposito, che alle dichiarazioni politiche positive corrispondano misure risolute per combattere la corruzione a tutti i livelli in modo politicamente imparziale; chiede la creazione di condizioni di concorrenza uniformi per le imprese e l'applicazione delle stesse regole agli investitori nazionali ed esteri; deplora, in questo contesto, l'eccessivo coinvolgimento delle grandi imprese nella vita politica;

17.  è scoraggiato dal fatto che la Verkhovna Rada abbia approvato alcuni emendamenti alla nuova legge in materia di appalti pubblici che escludono dal suo ambito di applicazione i beni, i lavori e i servizi forniti ai fini dell'organizzazione del campionato europeo di calcio che si terrà nel 2012 in Ucraina;

18.  sollecita il parlamento ucraino ad applicare il progetto di legge «sull'accesso alle informazioni pubbliche», in conformità delle norme europee e internazionali;

19.  accoglie con favore il piano d'azione per la liberalizzazione dei visti a favore dell'Ucraina, come stabilito in occasione del quattordicesimo vertice UE-Ucraina del 22 novembre 2010; ritiene che il piano d'azione costituisca uno strumento pratico per portare avanti le riforme essenziali nei settori pertinenti, in particolare il consolidamento dello Stato di diritto e il rispetto delle libertà fondamentali; invita la Commissione ad assistere le autorità ucraine nei loro sforzi finalizzati alla liberalizzazione dei visti;

20.  esorta gli Stati membri dell'Unione europea ad abolire, quale obiettivo intermedio, le commissioni per il trattamento delle domande di visti nazionali e Schengen per i cittadini ucraini;

21.  invita la Commissione a cooperare con gli Stati membri e con l'Ucraina per elaborare misure speciali da introdurre in occasione dei campionati europei di calcio del 2012, al fine di agevolare gli spostamenti dei detentori di visto, e a utilizzare tale occasione speciale come periodo di prova in vista di un regime definitivo di esenzione dall'obbligo del visto;

22.  si compiace dell'attivo sostegno dato dall'Ucraina al partenariato orientale e all'Assemblea parlamentare Euronest; sollecita il Consiglio e la Commissione a rafforzare ulteriormente la cooperazione con l'Ucraina nel contesto degli sviluppi nella regione limitrofa, in particolare in relazione allo sviluppo di politiche per l'area del Mar Nero;

23.  sottolinea che è importante rafforzare la cooperazione in materia di gioventù e di scambi di studenti e lo sviluppo di programmi di borse di studio che permettano agli ucraini di familiarizzarsi con l'Unione europea e i suoi Stati membri; ritiene che il programma di scambio Erasmus per l'istruzione superiore debba essere esteso agli studenti provenienti dai sei paesi del partenariato orientale;

24.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi degli Stati membri, al Presidente, al governo e al Parlamento dell'Ucraina nonché alle Assemblee parlamentari del Consiglio d'Europa e dell'OSCE.


Politiche commerciali internazionali nel quadro degli imperativi dettati dai cambiamenti climatici
PDF 154kWORD 73k
Risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2010 sulle politiche commerciali internazionali nel quadro degli imperativi dettati dai cambiamenti climatici (2010/2103(INI))
P7_TA(2010)0445A7-0310/2010

Il Parlamento europeo,

–  viste le relazioni dei tre gruppi di lavoro del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) pubblicate nel 2007(1),

–  visto il pacchetto sul cambiamento climatico adottato dal Consiglio europeo il 17 dicembre 2008,

–  viste le conclusioni del Consiglio europeo del 29 e 30 ottobre 2009 relative ai negoziati sul clima,

–  visti il vertice dell'ONU sul clima svoltosi a Copenaghen (Danimarca) dal 7 al 18 dicembre 2009 e l'accordo di Copenaghen che ne è risultato,

–  viste le precedenti risoluzioni del Parlamento sul cambiamento climatico, in particolare la risoluzione del 10 febbraio 2010 sull'esito della Conferenza di Copenaghen sui cambiamenti climatici (COP15)(2) e quella del 29 novembre 2007 sul commercio e il cambiamento climatico(3),

–  vista la comunicazione della Commissione, del 26 maggio 2010, sull'analisi delle ipotesi di intervento per una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra superiore al 20% e la valutazione del rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio (COM(2010)0265),

–  viste le comunicazioni della Commissione, del 19 giugno 2010, relative alla sostenibilità dei biocarburanti e dei bioliquidi(4),

–  vista la comunicazione della Commissione, del 4 novembre 2008, sull'iniziativa «materie prime» – rispondere ai nostri bisogni fondamentali per garantire la crescita e creare posti di lavoro in Europa (COM(2008)0699),

–  visto il rapporto dell'Organizzazione mondiale del commercio e del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente sul commercio e il cambiamento climatico, presentato il 26 giugno 2008,

–  vista la dichiarazione finale dei capi di Stato e di governo rilasciata a margine del vertice del G20 tenutosi a Pittsburgh il 24 e 25 settembre 2009,

–  vista la valutazione internazionale delle scienze e tecnologie agricole per lo sviluppo, pubblicata nel 2008(5),

–  visto l'articolo 48 del suo regolamento,

–  visti la relazione della commissione per il commercio internazionale e i pareri della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare e della commissione per lo sviluppo (A7-0310/2010),

A.  considerando che la temperatura della terra è già aumentata nel secolo scorso e continuerà ad aumentare, che le ripercussioni economiche, sociali ed ecologiche del riscaldamento climatico assumono proporzioni inquietanti e che è indispensabile limitare tale riscaldamento a meno di 2°C,

B.  considerando che l'accordo raggiunto al vertice dell'ONU sul clima a Copenaghen nel dicembre 2009 è insufficiente e che l'Unione europea non è riuscita a svolgervi un ruolo di primo piano,

C.  considerando che l'accordo raggiunto al vertice dell'ONU sul clima a Copenaghen nel dicembre 2009 è insufficiente e deludente,

D.  considerando che il vertice di Cancun, che offre un'opportunità unica di dialogo sostanziale, dovrebbe adottare strumenti giuridicamente vincolanti e procedure di verifica molto più rigorose e dovrebbe rappresentare una tappa fondamentale verso un accordo operativo globale e giuridicamente vincolante che contribuisca a limitare il riscaldamento del pianeta ben al di sotto dei 2°C,

E.  considerando che la lotta ai cambiamenti climatici è un fattore di competitività, dato che le priorità europee in materia sono i risparmi energetici e le energie rinnovabili, che permettono di migliorare la sicurezza energetica nell'Unione e posseggono notevoli potenzialità in termini di sviluppo industriale, innovazione, assetto territoriale e creazione di posti di lavoro,

F.  considerando che l'energia agevolata e l'emissione di CO2 senza restrizioni in alcuni paesi creano un vantaggio comparativo,

G.  considerando che, di conseguenza, le regole commerciali sono decisive nella lotta contro i cambiamenti climatici e che l'Unione, in quanto prima potenza commerciale mondiale, può influenzarle sensibilmente,

1.  si compiace dell'ambizione del Consiglio europeo di ridurre le emissioni europee di gas a effetto serra entro il 2050 dell'80-95% rispetto al 1990, ambizione necessaria perché l'Unione riprenda la leadership delle iniziative internazionali sul clima, dato che altri paesi si sono notevolmente impegnati nell'economia verde, in particolare attraverso i loro piani di rilancio economico; appoggia fortemente l'obiettivo di ridurre le emissioni europee del 30% entro il 2020, obiettivo che dovrebbe stimolare altri paesi ad assumere impegni più ambiziosi;

2.  chiede la conclusione di un accordo internazionale vincolante per la protezione del clima e sostiene fermamente l'obiettivo di una riduzione del 30% delle emissioni di CO2 nell'Unione europea entro il 2020, nonché l'obiettivo a lungo termine dell'UE di una riduzione delle emissioni di CO2 e di altri gas serra dell'85% almeno entro il 2050;

3.  sottolinea che i paesi industrializzati devono assumere un ruolo guida nella riduzione delle emissioni di CO2; ritiene che la definizione di norme, l'etichettatura e la certificazione siano strumenti con un enorme potenziale per ridurre il consumo energetico e, quindi, affrontare il cambiamento climatico; ritiene che il meccanismo per lo sviluppo pulito (CDM) non sia riuscito a rispondere alle esigenze dei paesi più vulnerabili;

4.  è favorevole a un rafforzamento della promozione delle energie rinnovabili e all'idea che i governi degli Stati membri seguano una politica coerente e fissino un quadro giuridico vincolante che consenta l'adozione, nel lungo termine, di un programma graduale di aiuto che contribuisca all'apertura del mercato e alla creazione di infrastrutture minime, un elemento essenziale in un momento di crisi e di incertezza commerciale;

5.  rammenta che la politica commerciale comune è uno strumento al servizio degli obiettivi globali dell'Unione europea, che, a norma dell'articolo 207 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, la politica commerciale comune dell'Unione europea è attuata «nel quadro dei principi e obiettivi dell'azione esterna dell'Unione» e che, a titolo dell'articolo 3 del trattato sull'Unione europea, essa deve in particolare contribuire «allo sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo, all'eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti del minore, e alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite»;

6.  sottolinea che le politiche commerciali dell'Unione europea, a livello bilaterale o multilaterale, sono uno strumento e non un fine in sé stesso, devono essere coerenti con i suoi obiettivi di lotta contro i cambiamenti climatici e anticipare la conclusione di un accordo ambizioso sul clima;

7.  ritiene che le regole dell'OMC debbano essere interpretate ed evolvere in modo da sostenere gli impegni presi negli accordi multilaterali sull'ambiente (MEA); chiede alla Commissione di adoperarsi per il raggiungimento di un consenso in sede di OMC in merito al conferimento ai segretariati dei MEA dello status di osservatori in tutte le riunioni dell'OMC concernenti il loro campo di competenza nonché un di ruolo di consulenza nelle procedure di risoluzione dei contenziosi in materia ambientale; sottolinea che dovrebbero essere definite nuove norme internazionali per eliminare il vantaggio comparativo prodotto da emissioni di CO2 poco costose;

8.  deplora che in nessuno degli accordi dell'OMC figuri attualmente un riferimento diretto al cambiamento climatico, alla sicurezza alimentare e agli obiettivi di sviluppo del Millennio; disapprova lo sviluppo della biopirateria diretta alle sementi resistenti al cambiamento climatico; reputa necessario modificare le norme dell'OMC per garantire la coerenza e la consistenza con gli impegni assunti nell'ambito del protocollo di Kyoto e degli accordi multilaterali sull'ambiente; sollecita una riforma dell'OMC che consenta di distinguere i prodotti in base ai metodi di produzione e di lavorazione;

9.  sottolinea, visti il preambolo dell'accordo dell'OMC e l'articolo XX, lettere b), d) e g) del GATT, che il commercio internazionale non deve tradursi nell'ipersfruttamento delle risorse naturali e invita la Commissione e gli Stati membri a rafforzare il principio della preferenza collettiva nell'ambito dell'OMC, in particolare per quanto riguarda i prodotti sostenibili, rispettosi del clima ed etici;

10.  invita la Commissione e i membri dell'OMC a intervenire affinché quest'ultimo prenda posizione riconoscendo l'importanza e le conseguenze del cambiamento climatico e incoraggia l'OMC a far sì che le sue disposizioni non compromettano bensì promuovano gli sforzi globali volti a combattere il cambiamento climatico, a ridurlo e ad adattarvisi;

11.  si rammarica che i membri dell'OMC non abbiano ancora trovato il modo di integrare questo trattato nel sistema delle istituzioni e delle regole ONU nel settore della protezione ambientale, ad inclusione del cambiamento climatico, nonché nei settori della giustizia sociale e del rispetto di tutti i diritti umani; insiste che gli obblighi e gli obiettivi nel quadro dei MEA, quale la convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, e di altre istituzioni dell'ONU (FAO, ILO, IMO) devono avere la precedenza su un'interpretazione stretta delle regole commerciali;

12.  invita la Commissione, dato che sono trascorsi oltre 15 anni dall'adozione, il 15 aprile 1994 a Marrakech, della decisione ministeriale dell'OMC sul commercio e l'ambiente, a presentare al massimo entro la metà del 2011 al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione che valuti in quale misura il comitato dell'OMC per il commercio e l'ambiente abbia adempiuto al proprio mandato quale fissato in quella decisione e illustri le sue conclusioni su quanto ancora deve essere fatto, soprattutto nel contesto del dialogo globale sulla mitigazione del cambiamento climatico e sull'adattamento a quest'ultimo nonché nel quadro dell'OMC;

13.  invita la Commissione e gli Stati membri a insistere, nel quadro dei negoziati dell'OMC e degli accordi commerciali bilaterali, affinché la liberalizzazione degli scambi, in particolare di materie prime naturali, non pregiudichi una gestione sostenibile delle risorse e affinché gli obiettivi di protezione del clima e delle specie diventino parte integrante degli accordi; invita a tal fine la Commissione a sollecitare l'organizzazione di una riunione comune dei ministri del commercio e dell'ambiente dell'OMC prima della conferenza delle parti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (UNFCCC COP) che si terrà a Johannesburg nel 2011; ricorda che l'UNFCCC costituisce la sede per giungere ad un accordo internazionale su come affrontare il cambiamento climatico;

14.  ritiene quanto mai urgente avviare un dibattito pubblico sulla creazione di un'Organizzazione mondiale dell'ambiente;

Rafforzare l'interazione positiva tra commercio e protezione del clima

15.  riconosce il ruolo positivo che possono svolgere gli scambi commerciali nella diffusione dei beni e servizi che contribuiscono alla protezione del clima; ritiene che la protezione del clima e la liberalizzazione degli scambi possano rafforzarsi reciprocamente, facilitando gli scambi di beni e servizi ambientali, ma che occorra in via preliminare compilare un elenco di tali beni e servizi secondo rigorosi criteri ambientali e in collaborazione con gli Stati membri dell'OMC;

16.  riconosce che il commercio è uno strumento importante per il trasferimento di tecnologie verso i paesi in via di sviluppo; sottolinea la necessità di ridurre gli ostacoli al «commercio verde» abolendo, ad esempio, i dazi sui «beni ecologici» a livello di OMC;

17.  esorta l'Unione europea a dare il buon esempio riducendo gli ostacoli, quali dazi e imposte, per il commercio delle tecnologie «verdi» e dei prodotti rispettosi dell'ambiente e del clima, e promuovendo i cosiddetti beni e servizi ambientali anche sulla base dei piani d'azione di Bali e del Fondo verde per il clima di Copenaghen;

18.  sottolinea l'importanza dell'innovazione nelle tecnologie verdi e riconosce il ruolo che possono svolgere gli scambi commerciali nei trasferimenti di tali tecnologie tra i vari paesi;

19.  invita l'UE ad assumere un ruolo guida nell'individuazione dei maggiori ostacoli alla diffusione delle tecnologie nei paesi in via di sviluppo per affrontare i cambiamenti climatici;

20.  riconosce che lo stimolo all'innovazione può promanare da vari sistemi di ricompensa e che tali sistemi non favoriscono nello stesso modo i trasferimenti di tecnologie; osserva inoltre che, per quanto riguarda i sistemi relativi ai diritti di proprietà intellettuale per il trasferimento di tecnologie, le preoccupazioni in merito alla tutela di tali diritti a causa di istituzioni politiche deboli e dell'assenza dello Stato di diritto devono essere risolte; chiede pertanto alla Commissione di studiare tutti i sistemi di ricompensa dell'innovazione, tenendo conto del rischio di esclusione di taluni paesi, e di integrare i risultati di tale lavoro nella sua diplomazia climatica;

21.  si preoccupa dell'effetto distorsivo operato dalle sovvenzioni alle energie fossili sugli scambi mondiali, del loro impatto sul clima e del loro costo per le finanze pubbliche; accoglie favorevolmente l'impegno del G20 a favore dell'eliminazione progressiva di tali sovvenzioni;

22.  auspica che l'Unione europea assuma la leadership internazionale in materia e chiede alla Commissione di proporre rapidamente un calendario per la progressiva eliminazione di tali sovvenzioni nell'Unione europea, rimanendo inteso che un siffatto processo dovrà comprendere l'attuazione di misure di accompagnamento sociale e industriale; ricorda altresì la richiesta del Parlamento europeo alla Commissione e agli Stati membri di informare il Parlamento europeo circa i prestiti concessi dalle agenzie di credito all'esportazione e dalla Banca europea per gli investimenti a favore di progetti che comportano un impatto negativo sul clima;

23.  si oppone al sovvenzionamento dei combustibili fossili e chiede di rafforzare la promozione delle energie ecologiche e rinnovabili nonché di individuare e sviluppare fonti energetiche decentrate, in particolare nei paesi in via di sviluppo; ricorda, in questo contesto, l'accordo del G20 per eliminare gradualmente le sovvenzioni ai combustibili fossili e invita la Commissione a presentare proposte relative a una strategia europea per la sua attuazione con un calendario chiaro e meccanismi di compensazione, ove opportuni;

Rendere più giusti i prezzi nel commercio internazionale ed evitare la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio

24.  rileva che la liberalizzazione degli scambi può ritorcersi contro la protezione del clima se taluni paesi ricavano dall'inazione in materia climatica un vantaggio competitivo; suggerisce pertanto una riforma delle regole antidumping dell'OMC per includervi la questione del giusto prezzo ambientale conformemente alle norme mondiali di protezione del clima;

25.  deplora che, sovvenzionando i prezzi dell'energia e non applicando alcuna restrizione o quota all'emissione di CO2, alcuni paesi possano avere un vantaggio comparativo; osserva che, di fronte all'emissione senza restrizioni e quindi relativamente poco costosa di CO2, questi paesi non hanno alcun interesse ad aderire agli accordi multilaterali in materia di cambiamenti climatici;

26.  rileva tuttavia che i negoziati climatici si fondano sul principio di «responsabilità comune ma differenziata» e che la debolezza delle politiche climatiche nei paesi in via di sviluppo si spiega generalmente con la loro minore capacità finanziaria o tecnologica e non con obiettivi di dumping ambientale;

27.  chiede in tale contesto che il dibattito europeo sulla rilocalizzazione delle emissioni di carbonio industriali collegato al sistema comunitario di scambio di quote di emissione (ETS) e sui mezzi per rimediarvi sia affrontato con cautela;

28.  sottolinea che, secondo l'ultima comunicazione della Commissione del 26 maggio 2010 (COM(2010)0265) sull'argomento, pochi settori industriali sono veramente sensibili alla rilocalizzazione delle emissioni di carbonio e ritiene che la loro identificazione richieda un'accurata analisi settoriale; invita la Commissione ad adottare rapidamente un siffatto approccio anziché una serie di criteri quantitativi identici per tutti i settori industriali;

29.  sottolinea che non esiste una soluzione unica per i settori industriali sensibili alla rilocalizzazione delle emissioni di carbonio e che la natura del prodotto o la struttura del mercato sono criteri fondamentali per scegliere tra gli strumenti disponibili (attribuzione gratuita di quote, aiuti di Stato o misure di adeguamento alle frontiere);

30.  ritiene che un accordo multilaterale sul clima costituirebbe lo strumento migliore per internalizzare le esternalità ambientali negative correlate alla CO2, ma è del parere che tale accordo rischi di non essere raggiunto nel prossimo futuro; reputa pertanto che l'Unione europea debba continuare a esplorare le possibilità di mettere a punto, per i settori industriali realmente esposti alla rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, idonei strumenti ambientali complementari alla vendita all'asta delle quote di CO2 del sistema comunitario di scambio delle quote di emissione, in particolare un «meccanismo d'inclusione del carbonio» che, nel rispetto delle norme dell'OMC, consentirebbe di combattere i rischi di trasferimento delle emissioni di CO2 verso i paesi terzi;

31.  afferma in maniera inequivocabile che gli aggiustamenti fiscali alle frontiere non devono funzionare come uno strumento protezionista ma come un modo per ridurre le emissioni;

Favorire la differenziazione dei prodotti a seconda del loro impatto sul clima

32.  è del parere che l'Unione europea, in quanto principale blocco commerciale internazionale, possa stabilire delle norme a livello mondiale, e sostiene lo sviluppo e la diffusione di sistemi di certificazione ed etichettatura che tengano conto di criteri sociali ed ecologici; ricorda il proficuo lavoro svolto dalle ONG internazionali nello sviluppo e nella promozione di tali etichettature e certificazioni e appoggia esplicitamente un loro più ampio utilizzo;

33.  ricorda che il quadro dell'OMC permette di adottare misure di qualificazione del commercio ove si rivelino necessarie, proporzionate e non discriminatorie nei confronti dei paesi in cui le condizioni di produzione sono identiche; rileva tuttavia che urgono chiarimenti perché tali misure possano applicarsi sulla base dei criteri climatici relativi al PMP dei prodotti in questione;

34.  chiede alla Commissione di adoperarsi per il rilancio delle discussioni in seno all'OMC sui PMP e la possibilità di differenziare prodotti simili in funzione della loro impronta carbonio, della loro impronta energetica o di norme tecnologiche; ritiene che una siffatta iniziativa possa essere accettata dai membri dell'OMC ove sia corredata di misure atte a facilitare il trasferimento di tecnologie;

35.  auspica tuttavia che l'attuale mancanza di chiarezza sui PMP in seno all'OMC non porti all'immobilismo l'Unione, la quale dovrebbe al contrario sfruttare tali margini di manovra;

36.  sottolinea che occorre impegnarsi per garantire che gli effetti ambientali negativi dovuti al commercio si ripercuotano sui prezzi e che sia applicato il principio «chi inquina paga»; insiste perché vengano sincronizzati i sistemi di etichettatura e di informazione in materia di norme ambientali;

37.  si compiace, pertanto, che l'Unione europea abbia introdotto criteri di sostenibilità per gli agrocarburanti prodotti nell'Unione ed importati; chiede alla Commissione europea di studiare l'estensione di tale approccio alla biomassa e ai prodotti agricoli; chiede che si tenga conto dei cambiamenti indiretti della destinazione d'uso dei terreni connessi con gli agrocarburanti e si attende che, conformemente all'impegno assunto con il Parlamento europeo, la Commissione presenti una proposta prima della fine del 2010;

38.  si impegna a favore dell'elaborazione di norme e criteri di sostenibilità rigorosi e vincolanti per la produzione dei biocombustibili e della biomassa, che tengano conto dell'emissione di gas nocivi per il clima e di piccole particelle causata dal cambiamento indiretto della destinazione d'uso dei terreni (ILUC) nonché dell'intero ciclo produttivo; sottolinea che la garanzia dell'approvvigionamento alimentare della popolazione deve essere prioritaria rispetto alla produzione di biocombustibili e che la sostenibilità della politica e delle pratiche in materia di uso dei terreni deve essere urgentemente affrontata con un approccio più olistico;

39.  reputa essenziale che vi siano rigide norme di sostenibilità per il commercio internazionale dei biocarburanti, visto il loro impatto ambientale e sociale contraddittorio;

40.  accoglie con favore l'accordo europeo sul legname illegale e si attende sviluppi positivi verso accordi volontari di partenariato;

La liberalizzazione degli scambi non deve rimettere in causa le ambiziose politiche climatiche

41.  si preoccupa della volontà della Commissione di favorire, negli accordi commerciali, la liberalizzazione del commercio di legname e, in particolare, l'abolizione delle restrizioni all'esportazione, malgrado il grave rischio di deforestazione e le ripercussioni negative sul clima, la biodiversità, lo sviluppo e le popolazioni locali;

42.  sottolinea in particolare l'esigenza di coerenza tra gli obiettivi in materia di clima e biodiversità e le condizioni del commercio per garantire, ad esempio, che gli sforzi per affrontare la deforestazione siano efficaci;

43.  è del parere che i nuovi accordi internazionali in materia di protezione climatica debbano contenere garanzie precise quanto alla riduzione dell'impatto ambientale negativo del commercio internazionale del legname e porre fine alla deforestazione, la cui entità è motivo di preoccupazione;

Pieno inserimento del trasporto nell'ambito problematico delle questioni commerciali e climatiche

44.  deplora che l'attuale sistema degli scambi produca una divisione globale del lavoro e della produzione basata su un'incidenza molto elevata del trasporto, che non sostiene i propri costi ambientali; auspica che il costo climatico del trasporto internazionale sia internalizzato nel suo prezzo, mediante l'introduzione di tasse o sistemi di scambio di quote a pagamento; si compiace della prossima inclusione dell'aviazione nel SCSQE e attende dalla Commissione un'iniziativa simile per il trasporto marittimo entro il 2011, che entri in vigore nel 2013, ove si rivelasse impossibile attuare un meccanismo mondiale entro quella data; deplora che il combustibile usato per il trasporto internazionale di merci non sia soggetto a nessuna imposta; caldeggia la tassazione di tale combustibile e di tali merci, in particolare i prodotti trasportati per via aerea; auspica peraltro che la Commissione assuma l'iniziativa di rimettere in causa gli aiuti concessi alle modalità di trasporto più inquinanti, quali l'esonero dalle tasse sull'energia da cherosene;

45.  osserva che le emissioni di CO2 causate dal commercio internazionale possono essere notevolmente ridottechiede che i costi ambientali e di trasporto siano integrati nei prezzi dei prodotti (internalizzazione dei costi esterni), in particolare includendo nel sistema europeo di scambio delle emissioni (ETS) i trasporti marittimi, che rappresentano il 90% dei trasporti utilizzati nel commercio internazionale;

46.  invita la Commissione e gli Stati membri a fare tutto il possibile per giungere a un accordo giuridicamente vincolante sulla riduzione delle emissioni derivanti dai traffici marittimi nel contesto dell'Organizzazione marittima internazionale;

47.  ritiene importante che gli impegni internazionali in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra si applichino anche al trasporto aereo e marittimo internazionale;

48.  sottolinea che l'aumento delle emissioni di CO2 legate ai trasporti e al commercio internazionale compromette l'efficacia della strategia dell'Unione europea in materia di cambiamento climatico; ritiene che ciò costituisca un valido argomento a favore del passaggio da una strategia di sviluppo basata sulle esportazioni a uno sviluppo endogeno fondato sul consumo e sulla produzione diversificati e locali nei paesi in via di sviluppo; ricorda che tale strategia avrebbe ricadute positive sull'occupazione sia nell'Unione europea che nei paesi in via di sviluppo;

49.  ritiene che, fintantoché il costo climatico non figurerà nel prezzo del trasporto, si dovrebbe incoraggiare la promozione della produzione sostenibile locale, in particolare mediante una migliore informazione dei consumatori;

Potenziamento degli strumenti che garantiscono la coerenza tra commercio e clima

50.  chiede che sia realizzato un bilancio di tutte le politiche commerciali al fine di garantire la coerenza tra la politica commerciale e quella climatica dell'Unione europea, che tali politiche siano eventualmente modificate per migliorare il bilancio in questione e che, in caso di bilancio negativo per il clima, siano adottate obbligatoriamente misure compensative, ad esempio cooperazione politica, tecnologica e finanziaria;

51.  esorta l'Unione europea ad utilizzare le disposizioni globali in materia di ambiente nell'ambito degli accordi commerciali bilaterali e regionali come strumento di sviluppo, ponendo l'accento sulla necessità di un'adeguata applicazione delle clausole ambientali e dei meccanismi di cooperazione allo scopo di promuovere il trasferimento delle tecnologie, l'assistenza tecnica e lo sviluppo di capacità;

52.  invita la Commissione a inserire sistematicamente clausole ambientali negli accordi commerciali conclusi con i paesi terzi, con particolare riguardo alla riduzione delle emissioni di CO2 e al trasferimento di tecnologie a basse emissioni;

53.  si compiace dell'introduzione della dimensione del cambiamento climatico nelle valutazioni d'impatto sulla sostenibilità (VIS) degli accordi commerciali; prende atto, tuttavia, del fatto che in taluni casi, come quello dell'Accordo euro mediterraneo sul libero scambio, la VIS dimostra che l'accordo avrà impatti climatici negativi di cui non si è tenuto conto prima della sua conclusione; ritiene che gli accordi commerciali non debbano in nessun modo pregiudicare gli accordi ambientali multilaterali (MEA);

54.  reputa che nella riforma del SPG debbano essere introdotti criteri ambientali;

55.  ritiene che, nelle sue strategie negoziali in materia di politica commerciale e ambientale, la Commissione debba attenersi a un quadro armonizzato in modo da non suscitare nei partner motivi di preoccupazione per le barriere commerciali, garantendo nel contempo la conformità con gli obiettivi vincolanti per la lotta ai cambiamenti climatici;

56.  reputa che la «diplomazia del clima» debba essere perseguita con maggior vigore e coerenza nelle relazioni commerciali dell'UE con gli Stati che non sono vincolati da accordi multilaterali in materia di protezione ambientale;

La coerenza dell'Unione europea in materia di commercio e di clima dal punto di vista dei paesi in via di sviluppo

57.  riconosce che la coerenza delle politiche commerciali e climatiche europee possa essere utilizzata o percepita dai paesi partner quale sotterfugio per ridurre le importazioni e aumentare le esportazioni dell'Unione;

58.  insiste pertanto sull'importanza di negoziare con tali paesi tutte le misure che l'Unione potrebbe adottare, in particolare l'aggiustamento alle frontiere, e sulla necessità, per l'Unione, di mantenere i suoi impegni in materia di aiuto climatico nei confronti dei paesi in via di sviluppo;

59.  esprime pertanto preoccupazione per il fatto che i finanziamenti «precoci», promessi dai paesi europei in occasione del vertice climatico di Copenaghen, provengono in parte da impegni presi nel quadro dell'aiuto pubblico allo sviluppo e sono forniti sotto forma di prestiti, contrariamente alle richieste del Parlamento; chiede che la Commissione elabori una relazione su tali finanziamenti che permetta di giudicare la corrispondenza tra la realtà, gli impegni presi e le richieste del Parlamento; chiede altresì un migliore coordinamento dei finanziamenti quanto al loro utilizzo tematico e geografico;

60.  ricorda l'impegno assunto dai paesi industrializzati, tra cui gli Stati membri dell'Unione europea, di riflettere su finanziamenti innovativi per lottare contro i cambiamenti climatici;

61.  è convinto che la lotta al cambiamento climatico debba basarsi sul principio di solidarietà tra i paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo, possibilmente in più stretta cooperazione con l'ONU, l'OMC e le altre istituzioni di Bretton Woods; chiede pertanto che sia elaborata, insieme ai paesi in via di sviluppo, ai paesi emergenti e a quelli industrializzati, una strategia complessiva per lo scambio di quote di emissione e la tassazione dell'energia e delle emissioni di gas serra, allo scopo, da un lato, di evitare il trasferimento delle imprese (rilocalizzazione delle emissioni di carbonio) e, dall'altro, di generare risorse finanziarie per combattere il cambiamento climatico, ridurne le conseguenze e adattarvisi;

62.  sottolinea che il crescente trasferimento di tecnologia verso i paesi in via di sviluppo, come mezzo per affrontare la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, è una componente critica del regime climatico post-2012; deplora il fatto che solo una piccola percentuale dell'aiuto pubblico allo sviluppo sia destinata al trasferimento di tecnologia; esorta gli Stati membri a fornire ulteriore assistenza tecnica e finanziaria per consentire ai paesi in via di sviluppo di far fronte alle conseguenze dei cambiamenti climatici, di conformarsi alle norme in materia di clima e di includere valutazioni preliminari dell'impatto delle norme, dell'etichettatura e della certificazione sullo sviluppo;

o
o   o

63.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Presidente del Consiglio europeo, al Consiglio e alla Commissione, ai parlamenti nazionali nonché alla Segreteria esecutiva della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (CCNUCC) e alla 16a Conferenza delle parti (COP 16).

(1) Climate Change 2007: Synthesis Report, a cura di Rajendra K. Pachauri e Andy Reisinger, Ginevra 2007, http://www.ipcc.ch/pdf/assessment-report/ar4/syr/ar4_syr.pdf, e le relazioni dei gruppi di lavoro: The Physical Science Basis, contributo del gruppo di lavoro I, a cura di S. Solomon, D. Qin, M. Manning, Z. Chen, M. Marquis, K. Averyt, M. Tignor e H.L. Miller, Jr.; Impacts, Adaptation and Vulnerability, contributo del gruppo di lavoro II, a cura di M. Parry, O. Canziani, J. Palutikof, P. van der Linden and C. Hanson; Mitigation of Climate Change, contributo del gruppo di lavoro III, a cura di B. Metz, O. Davidson, P. Bosch, R. Dave e L. Meyer.
(2) Testi approvati, P7_TA(2010)0019.
(3) GU C 297 E del 20.11.2008, pag. 193.
(4) GU C 160 del 19.6.2010, pag. 1 e pag. 8.
(5) http://www.agassessment.org/


Responsabilità sociale delle imprese negli accordi commerciali internazionali
PDF 166kWORD 87k
Risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2010 sulla responsabilità sociale delle imprese negli accordi commerciali internazionali (2009/2201(INI))
P7_TA(2010)0446A7-0317/2010

Il Parlamento europeo,

–  visti gli articoli 12, 21, 28, 29, 30 e 31 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,

–  visti gli articoli 2, 3 e 6 del trattato sull'Unione europea,

–  visti gli articoli 9, 10, 48, 138, 139, 153, 156, 191, 207 e 218 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,

–  visti gli orientamenti dell'OCSE sulle imprese multinazionali, la dichiarazione tripartita dei principi relativi alle imprese multinazionali e alla politica sociale dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), i codici di condotta convenuti sotto l'egida di organizzazioni internazionali come la FAO, l'OMS e la Banca mondiale, e gli sforzi realizzati sotto gli auspici dell'UNCTAD per quanto riguarda le attività delle imprese nei paesi in via di sviluppo,

–  visti l'iniziativa «Global Compact», lanciata dalle Nazioni Unite nel settembre 2000, la relazione del Segretario generale delle Nazioni Unite «Verso partenariati globali - Cooperazione rafforzata tra le Nazioni Unite e tutti i partner pertinenti, in particolare il settore privato», del 10 agosto 2005 (05-45706 (E) 020905), e l'annuncio delle iniziative delle Nazioni Unite «Global Compact» e «Global Reporting» (GRI) del 9 ottobre 2006, nonché i principi per investimenti responsabili enunciati nel gennaio 2006 dalle Nazioni Unite e coordinati da «UNEP Finance Initiative» e «UN Global Compact»,

–  viste le «Norme concernenti la responsabilità delle società transnazionali e di altre imprese in relazione ai diritti umani» delle Nazioni Unite, adottate nel dicembre 2003(1),

–  viste l'iniziativa «Global Reporting» avviata nel 1997(2) e le linee guida aggiornate concernenti l'elaborazione di relazioni sullo sviluppo sostenibile, pubblicate il 5 ottobre 2006, nonché le linee guida G4 attualmente in preparazione da parte della GRI,

–  visti i risultati del Vertice delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile, svoltosi nel 2002 a Johannesburg, e, in particolare, l'invito a prevedere iniziative in merito alla responsabilità sociale delle imprese, nonché le conclusioni del Consiglio del 3 dicembre 2002 sul seguito da dare al Vertice(3),

–  vista la relazione dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani sulla responsabilità delle imprese transnazionali e di altre imprese commerciali in relazione ai diritti umani, del 15 febbraio 2005 (E/CN.4/2005/91, 2005),

–  visti la relazione del rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite incaricato della questione dei diritti umani e delle imprese multinazionali e altre imprese «Promozione e protezione dei diritti umani, civili, politici, economici, sociali e culturali, compreso il diritto allo sviluppo», del 7 aprile 2008 (A/HRC/8/5, 2008) e i lavori in corso sulla sua prossima relazione prevista per il 2011,

–  vista la relazione del rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite incaricato della questione dei diritti umani e delle imprese multinazionali e altre imprese intitolata «Le imprese e i diritti umani: ulteriori passi verso l'operatività del quadro »proteggere, rispettare e rimediare«, del 9 aprile 2010 (A/HRC/14/27),

–  visti gli indicatori e i meccanismi di certificazione e di etichettatura concernenti il comportamento delle imprese in materia di sviluppo sostenibile, cambiamento climatico e riduzione della povertà, quali lo standard SA 8000 che riguarda il divieto di lavoro minorile, e le norme AFNOR e ISO in materia di sviluppo sostenibile,

–  visto il processo di Kimberley in materia di controllo del commercio di diamanti grezzi,

–  viste le iniziative prese nei vari Stati membri per promuovere la responsabilità sociale delle imprese e, in particolare, l'istituzione in Danimarca del Centro governativo per la responsabilità sociale delle imprese (RSI), che coordina le iniziative legislative del governo a favore della RSI ed elabora strumenti pratici destinati alle imprese(4),

–  visti il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 1966, la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne del 1979, la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni, adottata dall'Assemblea generale con la risoluzione 61/295 del 13 settembre 2007, e la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989,

–  visti gli accordi internazionali sull'ambiente, quali il Protocollo di Montreal sulle sostanze che impoveriscono lo strato d'ozono (1987), la Convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti oltre frontiera di rifiuti pericolosi (1999), il Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza (2000) e il Protocollo di Kyoto (1997),

–  visto il parere del Comitato delle regioni del 14 marzo 2003 sul Libro verde dal titolo «Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese»,

–  viste la relazione finale e le raccomandazioni del Forum europeo multilaterale sulla RSI del 29 giugno 2004, compresa la raccomandazione 7 a sostegno delle azioni tese a istituire un idoneo quadro giuridico,

–  visti la Convenzione di Bruxelles del 1968, quale consolidata dal regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale(5), e il Libro verde della Commissione, del 21 aprile 2009, sulla revisione del regolamento (CE) n. 44/2001,

–  visto il Libro verde della Commissione dal titolo «Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese» (COM(2001)0366), ripreso successivamente nel Libro bianco dal titolo «Comunicazione della Commissione relativa alla responsabilità sociale delle imprese: un contributo delle imprese allo sviluppo sostenibile» (COM(2002)0347),

–  vista la raccomandazione 2001/453/CE della Commissione, del 30 maggio 2001, relativa alla rilevazione, alla valutazione e alla divulgazione di informazioni ambientali nei conti annuali e nelle relazioni sulla gestione delle società(6) (notificata con il numero C(2001)1495),

–  vista la comunicazione della Commissione, del 18 maggio 2004, intitolata «La dimensione sociale della globalizzazione – Il contributo della politica dell'UE perché tutti possano beneficiare dei vantaggi» (COM(2004)0383),

–  vista la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo, del 22 marzo 2006, intitolata «Il partenariato per la crescita e l'occupazione: fare dell'Europa un polo di eccellenza in materia di responsabilità sociale delle imprese» (COM(2006)0136),

–  vista la comunicazione della Commissione, del 24 maggio 2006, intitolata «Promuovere la possibilità di un lavoro dignitoso per tutti – Contributo dell'Unione alla realizzazione dell'agenda per il lavoro dignitoso nel mondo» (COM(2006)0249),

–  visto il sistema delle preferenze generalizzate (SPG), in vigore dal 1° gennaio 2006, che concede l'accesso a dazio zero o riduzioni tariffarie per un numero crescente di prodotti e comprende anche un nuovo incentivo per i paesi vulnerabili con esigenze specifiche a livello commerciale, finanziario o di sviluppo,

–  visto il capitolo 13 dell'accordo di libero scambio tra l'Unione europea e la Corea del Sud concluso nell'ottobre 2009, secondo cui le parti si impegnano a facilitare e promuovere gli scambi commerciali di merci che contribuiscono allo sviluppo sostenibile, comprese quelle che rientrano in regimi come il commercio equo ed etico e quelle che comportano la responsabilità sociale delle imprese e i loro obblighi di rendiconto,

–  visti l'articolo 270, paragrafo 3, dell'accordo di libero scambio tra l'Unione europea e la Colombia e il Perù, concluso nel marzo 2010, secondo cui le parti hanno convenuto di promuovere buone prassi commerciali legate alla responsabilità sociale delle imprese, e l'articolo 270, paragrafo 4, del medesimo accordo, nel quale le parti riconoscono che meccanismi flessibili, volontari e basati su incentivi possono contribuire alla coerenza tra prassi commerciali e obiettivi di sviluppo sostenibile,

–  vista la risoluzione del Consiglio del 3 dicembre 2001 sul seguito da dare al Libro verde sulla responsabilità sociale delle imprese(7),

–  vista la risoluzione del Consiglio del 6 febbraio 2003 sulla responsabilità sociale delle imprese(8),

–  vista la decisione 2005/600/CE del Consiglio, del 12 luglio 2005, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione, la quale sollecita gli Stati membri a incoraggiare le imprese ad approfondire la RSI(9),

–  viste le conclusioni del Consiglio del 14 giugno 2010 sul lavoro minorile(10),

–  visto il regolamento (CE) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001, sull'adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS)(11),

–  vista la direttiva 2003/51/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2003, relativa ai conti annuali e ai conti consolidati di taluni tipi di società, delle banche e altri istituti finanziari e delle imprese di assicurazione(12),

–  vista la direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi(13),

–  vista la sua risoluzione del 15 gennaio 1999 sulle norme comunitarie applicabili alle imprese europee che operano nei PVS: verso un codice di condotta europeo(14), in cui si raccomanda l'istituzione di un codice modello di condotta supportato da un meccanismo di applicazione europeo,

–  vista la sua risoluzione del 25 ottobre 2001 sull'apertura e la democrazia nel commercio internazionale(15), in cui si invita l'OMC ad approvare le norme fondamentali in materia di lavoro dell'OIL, nonché ad accettare le decisioni dell'OIL, comprese eventuali sanzioni richieste nel contesto di gravi violazioni delle norme sociali essenziali,

–  vista la sua risoluzione del 4 luglio 2002 sulla comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale – «Promozione delle norme fondamentali del lavoro e miglioramento della governance sociale nel quadro della globalizzazione»(16),

–  vista la sua risoluzione del 13 maggio 2003 sulla comunicazione della Commissione relativa alla responsabilità sociale delle imprese: un contributo delle imprese allo sviluppo sostenibile(17),

–  vista la sua risoluzione del 5 luglio 2005 sullo sfruttamento dei bambini nei paesi in via di sviluppo, con particolare enfasi sul lavoro infantile(18),

–  vista la sua risoluzione del 15 novembre 2005 sulla dimensione sociale della globalizzazione(19),

–  vista la sua risoluzione del 6 luglio 2006 su commercio equo e sviluppo(20),

–  vista la sua risoluzione del 13 marzo 2007 sulla responsabilità sociale delle imprese: un nuovo partenariato(21),

–  vista la sua risoluzione del 23 maggio 2007 sulla promozione di un lavoro dignitoso per tutti(22), in cui si chiede di integrare le norme sociali, a titolo della promozione del lavoro dignitoso, negli accordi commerciali dell'UE, in particolare negli accordi bilaterali,

–  vista l'audizione sulla responsabilità sociale delle imprese nel commercio internazionale, organizzata dal Parlamento europeo il 23 febbraio 2010,

–  visto l'articolo 48 del suo regolamento,

–  visti la relazione della commissione per il commercio internazionale e il parere della commissione per l'occupazione e gli affari sociali (A7-0317/2010),

A.  considerando che le imprese e le loro filiali sono tra i principali protagonisti della globalizzazione economica e degli scambi commerciali internazionali,

B.  considerando gli orientamenti dell'OCSE indirizzati alle imprese multinazionali, adottati nel 2000 e aggiornati nel 2010, raccomandazioni che i governi rivolgono alle imprese e che enunciano norme volontarie per comportamenti responsabili, rispettosi delle legislazioni applicabili, segnatamente in materia di occupazione, di relazioni con le parti sociali, di diritti umani, di ambiente, di interessi dei consumatori e di lotta contro la corruzione e l'evasione fiscale,

C.  considerando che la dichiarazione tripartita sulle imprese multinazionali dell'OIL è intesa a orientare i governi, le imprese multinazionali e i lavoratori in settori come l'occupazione, la formazione, le condizioni di lavoro e le relazioni professionali, e che integra l'impegno degli Stati a rispettare e a promuovere le quattro regole essenziali del lavoro: la libertà di associazione e il diritto alla contrattazione collettiva; l'eliminazione di ogni forma di lavoro forzato; l'abolizione del lavoro minorile; l'eliminazione della discriminazione in materia di occupazione,

D.  considerando il «Global Compact» delle Nazioni Unite, comprendente dieci principi che le imprese multinazionali sono tenute ad adottare, sostenere e attuare nell'ambito della loro sfera di influenza, quale insieme di valori essenziali in materia di diritti umani, di norme sociali essenziali, di ambiente e di lotta contro la corruzione, principi che le imprese si impegnano a rispettare e a integrare nelle loro attività commerciali su base volontaria,

E.  considerando gli attuali lavori di aggiornamento degli orientamenti dell'OCSE destinati alle imprese multinazionali e, in particolare, quelli riguardanti il miglioramento dei punti di contatto nazionali e un regime di responsabilità per le catene di approvvigionamento,

F.  considerando che i referenziali internazionali, come l'iniziativa «Global Reporting», o i meccanismi di certificazione ed etichettatura, come la norma ISO 14 001 o, più in particolare, la recente norma ISO 26 000, concepita come un insieme di linee direttrici applicabili a tutti i tipi di organizzazioni, aiutano le imprese a valutare l'impatto economico, sociale e ambientale delle loro attività, integrando la nozione di sviluppo sostenibile, ma sono efficaci solo nella misura in cui sono applicati effettivamente e sottoposti a verifiche,

G.  considerando la definizione di RSI enunciata dalla norma ISO 26 000 come la «responsabilità di un'organizzazione nei confronti degli impatti delle sue decisioni e attività sulla società e l'ambiente, con un conseguente comportamento trasparente ed etico che: contribuisce allo sviluppo sostenibile, compresa la salute umana e il benessere della società; tiene in conto le aspettative delle parti interessate; rispetta le leggi in vigore ed è compatibile con gli standard internazionali; è integrato in tutta l'organizzazione e attuato nelle sue relazioni», sulla quale concorda un'ampia parte della società civile e del movimento sindacale internazionale,

H.  considerando l'obiettivo enunciato dalla Commissione nella sua comunicazione del 2006 ovvero fare dell'Unione europea «un polo di eccellenza in materia di responsabilità sociale delle imprese», e il fatto che la RSI è presentata come «un aspetto del modello sociale europeo» che costituisce uno strumento per difendere la solidarietà, la coesione e le pari opportunità nel contesto di una maggiore concorrenza mondiale,

I.  considerando la relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, relativa all'esercizio di sorveglianza del mercato nel settore del commercio e della distribuzione – Verso un mercato interno del commercio e della distribuzione più efficace e più equo all'orizzonte 2020' (COM(2010)0355), e il suo allegato in cui si rileva che «di fronte a questa diversità delle condizioni di lavoro nel settore, il consumatore è spesso poco informato sul comportamento del commerciante in termini di responsabilità sociale, e non è quindi in grado di operare una scelta informata nei suoi modelli di acquisto»,

J.  considerando che, in conformità dei trattati, la politica commerciale deve essere attuata in modo coerente con l'insieme degli obiettivi dell'Unione europea, compresi i suoi obiettivi sociali, ambientali e di aiuto allo sviluppo,

K.  considerando che l'Unione europea vincola già oggi la concessione di determinate preferenze commerciali alla ratifica da parte dei suoi partner delle principali convenzioni dell'OIL e che dal 2006 ha assunto l'impegno di promuovere il rispetto del lavoro dignitoso attraverso tutte le sue politiche esterne, compresa la sua politica commerciale,

L.  considerando che gli accordi bilaterali di libero scambio dell'Unione europea comportano ormai un capitolo dedicato allo sviluppo sostenibile, comprendente obiettivi ambientali e sociali nonché il rispetto delle regole in detti settori,

M.  considerando che l'inosservanza dei principi della RSI costituisce una forma di dumping sociale e ambientale che va soprattutto a detrimento delle imprese e dei lavoratori localizzati in Europa, che sono assoggettati al rispetto di norme sociali, ambientali e fiscali più rigorose,

N.  considerando che sarebbe normale che le imprese europee che delocalizzano le loro unità produttive nei paesi con bassi livelli salariali e con minori obblighi ambientali potessero essere ritenute responsabili, dinanzi alle giurisdizioni competenti, degli eventuali danni ambientali e sociali o di altre esternalità negative che interessino le comunità locali provocati dalle loro filiali in detti paesi,

O.  considerando la grande diversità dei legami che possono esistere tra una casa madre e le sue filiali, da un lato, e tra un'impresa e i suoi fornitori, dall'altro, nonché la necessità di precisare le nozioni di «sfera di influenza» e «debita diligenza» sul piano internazionale,

P.  considerando che le imprese non sono soggette direttamente al diritto internazionale e che le convenzioni internazionali, segnatamente in materia di diritti umani, diritto del lavoro e protezione dell'ambiente, impegnano gli Stati firmatari ma non direttamente le imprese che in essi hanno sede; considerando altresì che spetta per contro a tali Stati assicurarsi che le imprese che hanno sede nel loro territorio rispettino i loro obblighi giuridici e osservino un dovere di diligenza, come pure prevedere sanzioni adeguate e appropriate ove ciò non fosse il caso,

Q.  considerando il diritto fondamentale a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale e indipendente, ribaditi all'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e all'articolo 8 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo,

R.  considerando il principio di cooperazione giudiziaria, ribadito dalla Convenzione di Bruxelles e dal regolamento (CE) n. 44/2001, e invitando la Commissione a dare seguito ai progressi del Libro verde, che propone strategie in materia di extraterritorialità, in particolare nel senso di un'estensione del campo di applicazione del regolamento per i contenziosi in cui sono coinvolti difensori dei paesi terzi,

S.  considerando che il capitolo 13 dell'accordo di libero scambio tra l'Unione europea e la Corea del Sud e l'articolo 270, paragrafo 3, dell'accordo commerciale multilaterale tra l'Unione europea e la Colombia e il Perù contengono un riferimento alla RSI, ma che non si integra né si tiene pienamente conto dell'importanza della RSI ai fini dell'obiettivo europeo di proteggere l'ambiente e i diritti sociali e umani; considerando che nemmeno le ripetute infrazioni da parte delle imprese ai diritti umani, alle norme di lavoro o alle disposizioni in materia di protezione dell'ambiente producono di fatto alcun effetto sulla prosecuzione di tali accordi commerciali, nonostante gli obiettivi di diverso tenore,

T.  considerando che le convenzioni sulla RSI si sono rivelate finora insufficienti, in particolare nel settore minerario,

U.  considerando la vigente legislazione comunitaria sulle micro, le piccole e le medie imprese, in particolare la raccomandazione 2003/361/CE, del 6 maggio 2003, e lo «Small Business Act» per l'Europa approvato nel giugno 2008,

V.  considerando che il concetto di responsabilità sociale delle imprese indica l'integrazione volontaria da parte di queste ultime delle preoccupazioni sociali e ambientali nelle proprie strategie aziendali, per il benessere generale delle parti interessate, mediante un impegno attivo nell'ambito delle politiche pubbliche quale aspetto fondamentale di un cambiamento sociale imperniato sui valori,

W.  considerando che la RSI è un elemento fondamentale del modello sociale europeo, che è stato rafforzato dall'entrata in vigore del trattato sul funzionamento dell'Unione europea e in particolare dalla sua clausola sociale orizzontale, e considerando che la necessità di promuovere la RSI è stata riconosciuta dalla Commissione europea nella sua comunicazione sulla strategia UE 2020, quale elemento importante per garantire la fiducia a lungo termine dei lavoratori dipendenti e dei consumatori,

X.  considerando che la RSI influisce notevolmente sul rispetto dei diritti umani nei paesi in via di sviluppo,

Y.  considerando che la RSI non dovrebbe sostituirsi agli Stati nella fornitura di servizi pubblici di base né esonerarli da tale responsabilità,

Z.  considerando che la RSI può svolgere un ruolo fondamentale per migliorare il tenore di vita delle comunità svantaggiate,

AA.  considerando che i sindacati svolgono un ruolo importante nella promozione della RSI, visto che i lavoratori si trovano in una posizione che consente loro di conoscere la realtà dell'azienda per cui lavorano,

AB.  considerando che la RSI deve essere considerata in parallelo e in interazione con le riforme relative al governo societario,

AC.  considerando il ruolo delle PMI nel mercato unico europeo e i risultati dei progetti finanziati dalla Commissione per promuovere l'adozione, segnatamente da parte delle PMI, delle pratiche di RSI,

AD.  considerando che la RSI, da un lato, e le clausole sociali e ambientali integrate negli accordi commerciali, dall'altro, perseguono gli stessi obiettivi, vale a dire un'economia rispettosa delle necessità umane e dell'ambiente, e una globalizzazione più equa, più equilibrata socialmente e più umana che conduca realmente allo sviluppo sostenibile,

AE.  considerando che finora le regole commerciali e la RSI sono state nel migliore dei casi blandamente collegate e che potrebbe essere molto vantaggioso coordinare tali regole e gli obiettivi della RSI,

1.  rileva che le sfide globali, rese più acute dalla recente crisi finanziaria e dalle sue conseguenze sociali, hanno portato a discussioni mondiali sulla necessità di una nuova impostazione regolamentare e sulle questioni in materia di governance nell'economia mondiale, incluso anche il commercio internazionale; ritiene che le nuove norme più efficienti e maggiormente applicate debbano contribuire allo sviluppo di politiche più sostenibili, che tengano conto di preoccupazioni sociali e ambientali;

2.  rileva altresì che la globalizzazione ha aumentato la pressione competitiva tra i paesi per attrarre gli investitori esteri e la concorrenza tra le imprese che ha talvolta condotto a gravi abusi in materia di diritti umani e sociali e danni all'ambiente per attirare gli scambi e gli investimenti;

3.  ricorda che i principi alla base della RSI, pienamente riconosciuti a livello internazionale, nonché all'interno dell'OCSE, dell'OIL e delle Nazioni Unite, riguardano il comportamento responsabile che ci si attende dalle imprese e presuppongono in primo luogo il rispetto della legislazione in vigore, specialmente in materia di occupazione, rapporti di lavoro, diritti umani, ambiente, interessi dei consumatori e la corrispondente trasparenza, lotta contro la corruzione e regimi fiscali;

4.  ricorda che la promozione della responsabilità sociale delle imprese è un obiettivo sostenuto dall'Unione europea e che la Commissione ritiene che l'Unione debba far sì che la politiche esterne da essa attuate concorrano effettivamente allo sviluppo sostenibile e allo sviluppo sociale dei paesi interessati e che le azioni delle imprese europee in qualunque paese in cui esse investano e operino siano conformi ai valori europei e alle norme internazionali accettate;

5.  rammenta che gli obiettivi della politica commerciale comune dovrebbero essere perfettamente coordinati con gli obiettivi globali dell'Unione europea; che a norma dell'articolo 207 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea la politica commerciale dell'Unione europea è attuata «nel quadro dei principi e obiettivi dell'azione esterna dell'Unione» e che, a titolo dell'articolo 3 del trattato sull'Unione europea, essa deve contribuire, tra l'altro, «allo sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo, all'eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti del minore, e alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite»;

6.  ritiene che la Commissione europea dovrebbe studiare la possibilità di stabilire una definizione armonizzata delle relazioni tra un'impresa, designata quale «casa madre» e ogni altra impresa che si trovi in una relazione di dipendenza da essa, che sia una filiale, fornitrice o subappaltante, al fine di determinare successivamente la responsabilità giuridica di ciascuna di esse;

7.  ritiene che, visto il ruolo preminente assunto dalla grandi imprese, dalle loro filiali e dalle loro filiere di approvvigionamento nel commercio internazionale, la responsabilità sociale e ambientale delle imprese debba diventare una dimensione precipua degli accordi commerciali dell'Unione europea;

8.  ritiene che le clausole sociali degli accordi commerciali debbano essere completate dall'integrazione della RSI, che riguarda il comportamento delle imprese, mentre il concetto di RSI risulterà a sua volta rafforzato dalla forza delle disposizioni previste dagli accordi commerciali per quanto riguarda la vigilanza dell'applicazione dei principi che li governano;

9.  chiede che i principi e gli obblighi in materia di RSI siano presi in conto ed integrati nella futura comunicazione della Commissione su «La nuova politica commerciale per l'Europa nel quadro della strategia Europa 2020» nella comunicazione sulla RSI che essa sta elaborando per il 2011 e nell'attuazione della sua politica commerciale;

10.  ritiene che la RSI sia uno strumento efficace per migliorare la competitività, le competenze e le opportunità di formazione, la sicurezza sul lavoro e l'ambiente di lavoro, per proteggere i diritti dei lavoratori e i diritti delle comunità locali e indigene, per promuovere una politica ambientale sostenibile e incoraggiare gli scambi di buone prassi a livello locale, nazionale, europeo e mondiale, sebbene non possa ovviamente sostituirsi alla legislazione sul lavoro o ai contratti collettivi, generali o settoriali;

11.  chiede che le imprese siano sollecitate ad applicare la RSI al fine di tutelare l'integrità e la sicurezza fisiche, il benessere fisico e mentale, i diritti in materia di lavoro e i diritti umani sia dei propri lavoratori che dei lavoratori in generale mediante l'influenza che esercitano sulla cerchia allargata dei loro collaboratori; sottolinea l'importanza di sostenere e incoraggiare la diffusione di tali pratiche tra le PMI contenendone gli aggravi in termini di costi e oneri burocratici;

12.  sottolinea che la RSI dovrebbe abbracciare nuovi ambiti quali l'organizzazione del lavoro, le pari opportunità e l'inclusione sociale, misure di antidiscriminazione e lo sviluppo dell'istruzione e dell'apprendimento permanenti; sottolinea che la RSI deve riguardare, ad esempio, la qualità dell'occupazione, la parità in materia di retribuzioni e di prospettive di carriera e la promozione di progetti innovativi in modo da contribuire al passaggio verso un'economia sostenibile;

13.  raccomanda fermamente agli Stati membri e all'Unione europea di promuovere l'attuazione di buone pratiche di RSI per tutte le imprese, indipendentemente dal luogo in cui svolgono le loro attività, e incoraggiare la diffusione di buone pratiche derivanti da iniziative di RSI, in particolare divulgandone maggiormente i risultati;

14.  rileva che l'agenda della RSI deve adattarsi alle particolari necessità delle regioni e di ciascun paese specifico per contribuire a migliorare lo sviluppo economico e sociale sostenibile;

15.  ritiene che le iniziative volontarie di RSI siano credibili solo se integrano norme e principi accettati a livello internazionale, quali la Global Reporting initiative III, e sono soggette a controlli e verifiche che siano trasparenti e indipendenti dalle parti interessate dell'impresa;

16.  ritiene che sarebbe necessario porre l'accento sul coinvolgimento attivo di tutte le parti interessate all'interno dell'impresa, sulla formazione dei dirigenti e sullo sviluppo della società civile, con particolare riferimento alla sensibilizzazione dei consumatori;

17.  ritiene importante coltivare e diffondere la cultura della RSI tramite la formazione e la sensibilizzazione, sia in ambito aziendale che nei rami dell'istruzione superiore e universitaria essenzialmente attinenti alla scienza dell'amministrazione;

18.  ritiene che il dialogo sociale e i comitati aziendali europei continuino a svolgere un ruolo costruttivo nello sviluppo delle migliori prassi in relazione alla RSI;

19.  crede fermamente che occorra dare maggior risalto alla RSI negli orientamenti europei per l'occupazione;

Integrazione della RSI nel sistema di preferenze generalizzate SPG e SPG +

20.  chiede che i principi alla base della RSI siano integrati nel regolamento SPG e le SPG + al momento della sua prossima revisione; chiede alla Commissione di provvedere a che le imprese multinazionali, che abbiano o meno la propria sede sociale nell'Unione europea, le cui filiali o filiere di approvvigionamento si trovino nei paesi che partecipano al regime SPG e in particolare SPG +, siano tenute a rispettare i propri obblighi legali, nazionali internazionali, in materia di diritti umani, norme sociali e regolamentazione ambientale; auspica che l'Unione europea e gli Stati firmatari e beneficiari dell'SPG siano tenuti a provvedere a che le imprese osservino detti obblighi; chiede che tale rispetto sia reso vincolante nell'ambito del SPG;

21.  ritiene che un sistema SPG + rinnovato dovrebbe proibire i cosiddetti «accordi di paese ospitante», che sono accordi segreti conclusi senza alcuna trasparenza tra talune imprese multinazionali e paesi di accoglienza, beneficiari del sistema SPG + per eludere i requisiti regolamentari in detti paesi, in quanto sono palesemente contrari alla RSI;

Nuovi studi di impatto

22.  chiede alla Commissione di migliorare il suo modello di studi di impatto della sostenibilità, al fine di tenere adeguatamente conto delle implicazioni economiche, sociali e per i diritti umani e l'ambiente dei negoziati commerciali, inclusi gli obiettivi di mitigazione del cambiamento climatico; invita la Commissione a dar seguito agli accordi commerciali con i paesi partner dell'UE attraverso la realizzazione di studi, prima e dopo la firma di un accordo, sulla valutazione d'impatto della sostenibilità che tengano conto, in particolare, dei settori vulnerabili;

23.  sottolinea che a seguito dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Parlamento deve essere pienamente informato circa il modo in cui i risultati delle valutazioni d'impatto della sostenibilità (VIS) degli accordi sono integrati nei negoziati prima della loro conclusione e quali capitoli di tali accordi sono stati modificati per evitare gli effetti negativi individuati nella VIS;

24.  chiede alla Commissione europea di elaborare studi d'impatto per valutare gli effetti degli accordi commerciali sulle PMI europee (test PMI), in particolare in materia di RSI, conformemente allo «Small Business Act»;

Clausole RSI in tutti gli accordi commerciali dell'Unione europea

25.  propone in modo più generale che, se del caso, i futuri accordi commerciali negoziati dall'Unione contengano un capitolo sullo sviluppo sostenibile che illustri i principi della RSI e si basi, in parte, sulle linee guida dell'OCSE destinate alle imprese multinazionali, aggiornate nel 2010;

26.  propone che detta «clausola RSI» comporti:

   a) un impegno reciproco delle due parti a promuovere gli strumenti della RSI concordati a livello internazionale nel contesto dell'accordo e dei loro scambi commerciali;
   b) incentivi per incoraggiare le imprese ad assumere impegni in materia di RSI, negoziati con tutti i soggetti interessati dell'impresa, compresi i sindacati, le organizzazioni dei consumatori, gli enti locali e le organizzazioni della società civile interessati;
   c) l'apertura di «punti di contatto» come quelli predisposti nel contesto dell'OCSE per promuovere l'informazione sulla RSI, la trasparenza e la divulgazione di eventuali reclami su casi di inosservanza della RSI, in cooperazione con la società civile nonché la loro trasmissione alle autorità competenti;
   d) un obbligo, che tenga conto della situazione e delle capacità specifiche delle PMI che rientrano nel campo d'applicazione della raccomandazione 2003/361/CE del 6 maggio 2003 e che rispetti il principio del «think small first», relativo alla pubblicazione annuale del loro bilancio in materia di RSI almeno ogni due o tre anni; ritiene che tale obbligo rafforzerà la trasparenza e l'informazione e incoraggerà la visibilità e la credibilità delle pratiche della RSI, mettendo le informazioni sulla RSI a disposizione di tutti i soggetti interessati, compresi i consumatori, gli investitori e il grande pubblico in modo mirato;
   e) un obbligo di diligenza per le imprese e i raggruppamenti di imprese, ovvero l'obbligo di adottare misure preventive al fine di individuare e prevenire ogni violazione dei diritti umani e dei diritti ambientali, la corruzione o l'evasione fiscale, anche nelle proprie filiali e nelle proprie filiere di approvvigionamento, vale a dire nella loro sfera di influenza;
   f) l'obbligo per le imprese di consultare in maniera libera, aperta e informata le parti interessate locali e indipendenti, prima di avviare un progetto che ha un impatto su una comunità locale;
   g) un'attenzione particolare alle ripercussioni del lavoro minorile e alle sue pratiche;

27.  ritiene che la clausola della RSI dovrebbe essere accompagnata da altre disposizioni; è del parere che:

   a) in caso di inosservanza accertata degli impegni in materia di RSI, le autorità competenti dovrebbero poter condurre delle indagini e in caso di violazione grave le parti potrebbero denunciare pubblicamente i responsabili;
   b) le due parti dovrebbero assumere l'impegno di favorire la cooperazione giudiziaria transnazionale, facilitare l'accesso alla giustizia per le vittime dell'operato delle imprese, nell'ambito della propria sfera d'influenza, e sostenere a tal fine lo sviluppo di procedure giudiziarie, di sanzioni per le violazioni e di meccanismi di risarcimento non giudiziari appropriati;

28.  propone che, come parte degli accordi bilaterali dell'UE, nell'ambito dei programmi di «rafforzamento della giustizia» sia prevista la formazione di giudici e tribunali competenti in materia di diritto commerciale su questioni legate ai diritti umani e al rispetto delle convenzioni internazionali in materia di diritti del lavoro e ambiente;

29.  propone di istituire un sottocomitato parlamentare misto di accompagnamento per gli accordi di libero scambio (ALE), inteso come sede per lo scambio d'informazioni e il dialogo tra i membri del Parlamento europeo e i parlamentari degli Stati partner; precisa che detto comitato di accompagnamento degli ALE potrebbe inoltre esaminare l'applicazione del capitolo relativo allo sviluppo sostenibile e della clausola RSI, nonché formulare raccomandazioni destinate al comitato congiunto dell'ALE, specialmente per quanto riguarda gli studi di impatto e in caso di accertata violazione dei diritti umani, dei diritti sociali o delle convenzioni ambientali;

30.  propone di istituire una sede regolare di confronto che consenta ai firmatari del patto globale delle Nazioni Unite di sottoporre i loro programmi di RSI al controllo pubblico, di fornire uno strumento comparativo ai consumatori e di creare una cultura incentrata su norme rigorose e valutazioni tra pari; ritiene che tale trasparenza incoraggerebbe le imprese ad adeguarsi volontariamente a norme più rigorose in materia di RSI o a subire i costi del controllo da parte dei media e dell'opinione pubblica;

Promuovere la RSI nelle politiche commerciali a livello multilaterale

31.  chiede alla Commissione di promuovere la giusta rilevanza della RSI nelle politiche commerciali a livello multilaterale, all'interno dei forum internazionali che hanno sostenuto la RSI, in particolare OCSE e OIL, nonché all'interno dell'OMC in un'ottica post Doha;

32.  chiede di esplorare, negli stessi fori, l'elaborazione di una convenzione internazionale che definisca le responsabilità dei «paesi ospiti»(23) e dei «paesi d'origine»(24) e che si iscriva nella lotta contro la violazione dei diritti umani da parte delle multinazionali e l'attuazione del principio di extraterritorialità;

33.  chiede alla Commissione di sostenere lo sviluppo di nuove relazioni tra le agenzie multilaterali incaricate delle norme sociali e ambientali e l'OMC, al fine di assicurare una maggiore coerenza su scala internazionale tra le politiche commerciali e gli obiettivi di sviluppo sostenibile;

34.  sostiene nuovamente la creazione, in seno all'OMC, di un comitato «commercio e lavoro dignitoso», in analogia del comitato «commercio e ambiente», in cui possano essere discusse in particolare le questioni attinenti alle norme sociali, specialmente quelle relative al lavoro minorile, e alla RSI nel contesto del commercio internazionale; propone di nuovo l'adattamento della procedura di composizione dei contenziosi onde consentire, nei casi in cui siano toccate questioni derivanti da convenzioni internazionali in campo ambientale o sociale, che i gruppi speciali (panel) o l'organo di appello prendano atto del parere delle competenti organizzazioni internazionali e che il parere sia reso pubblico;

o
o   o

35.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Presidente del Consiglio europeo, al Consiglio, alla Commissione e al Comitato economico e sociale europeo, nonché ai parlamenti nazionali dell'Unione europea, alla Conferenza parlamentare dell'OMC e alla Conferenza internazionale del lavoro.

(1) UN Doc. E/CN.4/Sub.2/2003/12/Rev.2 (2003).
(2) www.globalreporting.org.
(3) http://daccess-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/N02/636/94/PDF/N0263694.pdf?OpenElement
(4) http://www.csrgov.dk.
(5) GU L 12 del 16.1.2001, pag. 1.
(6) GU L 156 del 13.6.2001, pag. 33.
(7) GU C 86 del 10.4.2002, pag. 3.
(8) GU C 39 del 18.2.2003, pag. 3.
(9) GU L 205 del 6.8.2005, pag. 21.
(10) 10937/1/10.
(11) GU L 114 del 24.4.2001, pag. 1.
(12) GU L 178 del 17.7.2003, pag. 16.
(13) GU L 134 del 30.4.2004, pag. 114.
(14) GU C 104 del 14.4.1999, pag. 180.
(15) GU C 112 E del 9.5.2002, pag. 326.
(16) GU C 271 E del 12.11.2003, pag. 598.
(17) GU C 67 E del 17.3.2004, pag. 73.
(18) GU C 157 E del 6.7.2006, pag. 84.
(19) GU C 280 E del 18.11.2006, pag. 65.
(20) GU C 303 E del 13.12.2006, pag. 865.
(21) GU C 301 E del 13.12.2007, pag. 45.
(22) GU C 102 E del 24.4.2008, pag. 321.
(23) Stati in cui hanno sede tutte le imprese che si trovano in una relazione di dipendenza rispetto alle società madri.
(24) Stati in cui si trovano le società madri.


Norme sulla cooperazione orizzontale in materia di concorrenza
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Risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2010 sul riesame delle norme sulla cooperazione orizzontale in materia di concorrenza
P7_TA(2010)0447B7-0623/2010

Il Parlamento europeo,

–  visti l'articolo 101, paragrafi 1 e 3, l'articolo 103, paragrafo 1, e l'articolo 105, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (in appresso, il «TFUE»),

–  visto il regolamento (CEE) n. 2821/71 del Consiglio, del 20 dicembre 1971, relativo all'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi, di decisioni e di pratiche concordate(1),

–  visto il regolamento (CE) n. 2658/2000 della Commissione, del 29 novembre 2000, relativo all'applicazione dell'articolo 81, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi di specializzazione(2) (il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione, in appresso il «BER relativo agli accordi di specializzazione»),

–  visto il regolamento (CE) n. 2659/2000 della Commissione, del 29 novembre 2000, relativo all'applicazione dell'articolo 81, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi in materia di ricerca e sviluppo(3) (il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, in appresso il «BER relativo agli accordi di R&S»),

–  visto il progetto di regolamento della Commissione relativo all'applicazione dell'articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea a categorie di accordi di specializzazione (il nuovo regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di specializzazione, in appresso il «nuovo progetto di BER relativo agli accordi di specializzazione»), pubblicato il 4 maggio 2010 sul sito Internet della Commissione,

–  visto il progetto di regolamento della Commissione relativo all'applicazione dell'articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea a categorie di accordi nel settore della ricerca e sviluppo (il nuovo regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, in appresso il «nuovo progetto di BER relativo agli accordi di R&S»), pubblicato il 4 maggio 2010 sul sito Internet della Commissione,

–  vista la comunicazione della Commissione sulle linee direttrici sull'applicabilità dell'articolo 81 del trattato CE agli accordi di cooperazione orizzontale (in appresso «linee direttrici orizzontali»)(4),

–  visto il progetto di comunicazione della Commissione sulle linee direttrici sull'applicabilità dell'articolo 101 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale (in appresso, «le nuove linee direttrici orizzontali»), pubblicato il 4 maggio 2010 sul sito Internet della Commissione,

–  visti i contributi delle varie parti interessate inviati alla Commissione durante i periodi di consultazione pubblica e pubblicati sul sito Internet della Commissione,

–  vista la discussione tra il commissario Almunia e i membri della commissione per i problemi economici e monetari del 6 luglio 2010,

–  vista la sua risoluzione del 9 marzo 2010 concernente la relazione sulla politica di concorrenza 2008(5),

–  vista l'interrogazione del 28 settembre 2010 alla Commissione sul riesame delle norme sulla cooperazione orizzontale in materia di concorrenza (O-0131/2010 – B7-0565/2010),

–  visti l'articolo 115, paragrafo 5, e l'articolo 110, paragrafo 2, del suo regolamento,

A.  considerando che il BER relativo agli accordi specializzazione e il BER relativo agli accordi di R&S arriveranno a scadenza il 31 dicembre 2010; che la Commissione ha lanciato il processo di riesame di entrambi i regolamenti e delle linee direttrici che li accompagnano,

B.  considerando che vi sono state rilevanti modifiche legislative dall'adozione dei due regolamenti e delle linee direttrici orizzontali, in particolare l'adozione del pacchetto sulla modernizzazione nel 2003, che ha introdotto la necessità dell'autovalutazione da parte delle imprese che hanno sottoscritto gli accordi,

C.  considerando che la Commissione, negli ultimi anni, ha acquisito esperienza nell'applicazione di tale regolamentazione e che una serie di nuove norme derivate dalla Commissione e dalla giurisprudenza della Corte attendono ancora di essere codificate,

D.  considerando che è buona pratica trarre insegnamenti anche dall'esperienza delle autorità nazionali dell'Unione europea per la concorrenza e delle autorità per la concorrenza di tutto il mondo; che è consigliabile, in particolare nel contesto dell'attuale crisi economica, tentare di concordare norme convergenti in materia di concorrenza a livello mondiale, dato che molti accordi e molte pratiche rientrano in diversi regimi di concorrenza legali,

1.  si compiace del fatto che la Commissione abbia avviato due diverse consultazioni pubbliche in relazione al riesame delle norme in materia di concorrenza applicabili agli accordi di cooperazione orizzontale; sottolinea l'importanza di ascoltare e tenere quanto più possibile conto, nel processo decisionale, delle opinioni delle parti interessate, al fine di mettere a punto un quadro normativo realistico ed equilibrato;

2.  invita la Commissione a precisare chiaramente, alla fine della procedura di riesame, le modalità con cui ha tenuto conto dei contributi delle parti interessate;

3.  apprezza il fatto che la Commissione abbia inviato tempestivamente al Parlamento il progetto di regolamento; incoraggia la Commissione a continuare a lavorare proattivamente con il Parlamento in uno spirito di apertura; valuta positivamente la disponibilità mostrata dal commissario Almunia a discutere il progetto di regolamento con i membri della commissione per i problemi economici e monetari;

4.  ricorda l'importanza della certezza giuridica; apprezza che la Commissione abbia elaborato delle risposte alle domande più frequenti per la seconda consultazione pubblica, allo scopo di evidenziare le principali modifiche proposte nel progetto di regolamento; invita la Commissione, una volta adottato il nuovo quadro normativo definitivo, a elaborare una nota sintetica e nuove FAQ per illustrare nei dettagli il quadro definitivo agli operatori del mercato;

5.  sottolinea l'importanza dei due regolamenti di esenzione per categoria nel settore della cooperazione orizzontale per l'analisi degli accordi che rientrano nel loro campo di applicazione;

6.  osserva che, sebbene un approccio basato sulla definizione di un approdo sicuro basato sulle quote di mercato non sia perfetto, esso riflette un dato economico ed è abbastanza semplice da comprendere e da applicare; concorda sul fatto che gli accordi orizzontali suscitano generalmente più preoccupazioni in merito alla concorrenza rispetto agli accordi verticali e comprende pertanto che la Commissione mantenga un approccio più restrittivo nella definizione della soglia delle quote di mercato per quanto riguarda gli accordi orizzontali;

7.  osserva tuttavia che la maggior parte degli accordi di cooperazione orizzontale non rientra nel campo di applicazione di questi due regolamenti di esenzione per categoria; chiede alla Commissione di analizzare se le parti interessate e l'obiettivo di mantenere una concorrenza effettiva trarrebbero beneficio dall'emanazione di nuovi regolamenti di esenzione per categoria specifici intesi a coprire particolari tipi di accordi orizzontali diversi dagli accordi di R&S e di specializzazione; invita la Commissione, in caso affermativo, a chiedere al Consiglio l'opportuna autorizzazione ad adottare, previa consultazione del Parlamento, questi nuovi tipi di regolamento di esenzione per categoria;

8.  ritiene che le linee direttrici orizzontali rappresentino per le imprese un utile strumento di analisi e autovalutazione che, mediante un sofisticato approccio economico, consente di stabilire se un accordo di cooperazione orizzontale viola o meno l'articolo 101, paragrafo 1, del TFUE;

9.  apprezza pertanto che le nuove linee direttrici orizzontali riflettano la necessità di autovalutazione introdotta dal regolamento (CE) n. 1/2003 e forniscano una guida chiara per accordi complessi, quali le joint ventures e gli accordi che prevedono più tipi di cooperazione; ritiene che tale approccio non dovrebbe tuttavia complicare ulteriormente il quadro normativo;

10.  ricorda, a tale riguardo, il principio del legiferare meglio che consiste nel migliorare la qualità del processo legislativo e normativo, in particolare attraverso l'utilizzo di un linguaggio chiaro e preciso; è quindi favorevole a linee direttrici estremamente chiare e di semplice lettura, che includano, ove opportuno, esempi più concreti, come richiesto da numerose parti interessate;

11.  si compiace del nuovo capitolo sullo scambio di informazioni nel nuovo progetto di linee direttrici orizzontali; osserva che si tratta di una questione sensibile nella relazione tra i concorrenti e ritiene essenziale che le imprese siano in grado di riconoscere quali informazioni possono essere condivise, senza generare effetti restrittivi sulla concorrenza, in particolare nell'attuale contesto di autovalutazione degli accordi;

12.  valuta positivamente la revisione del capitolo sulla normazione nel nuovo progetto di linee direttrici orizzontali e lo spazio attribuito agli aspetti ambientali in tale progetto; ricorda gli evidenti benefici di un processo di definizione degli standard trasparente; apprezza pertanto le disposizioni intese ad affrontare l'incertezza legata all'esistenza dei diritti di proprietà intellettuale in questo contesto e le condizioni commerciali che sarebbero adottate per la concessione in licenza di tali diritti; ritiene estremamente importante evitare controversie nell'adozione degli standard;

13.  sottolinea l'importanza di rispettare i diritti di proprietà intellettuale che contribuiscono in modo decisivo all'innovazione; rammenta che la capacità di innovazione è un elemento chiave per la costruzione di un'economia competitiva e per il conseguimento degli obiettivi UE 2020; sostiene la prevenzione degli abusi dei diritti di proprietà intellettuale anche attraverso la legislazione in materia di concorrenza;

14.  ritiene tuttavia che tale questione vada esaminata in un quadro normativo sostanziale più ampio e non soltanto nell'ambito della politica in materia di concorrenza; sottolinea che questo capitolo del nuovo progetto di linee direttrici orizzontali dovrebbe essere considerato parte di un quadro normativo integrato sulla protezione dei diritti di proprietà intellettuale;

15.  concorda con la Commissione sul fatto che tutte le parti che aderiscono a un accordo di ricerca e sviluppo debbano innanzitutto divulgare i loro diritti di proprietà intellettuale esistenti e pendenti nella misura in cui siano pertinenti per lo sfruttamento dei risultati dell'accordo compiuto dalle altre parti;

16.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione e ai parlamenti degli Stati membri.

(1) GU L 285 del 29.12.1971, pag. 46.
(2) GU L 304 del 5.12.2000, pag. 3.
(3) GU L 304 del 5.12.2000, pag. 7.
(4) GU C 3 del 6.1.2001, pag. 2.
(5) Testi approvati, P7_TA(2010)0050.


Iraq - in particolare la pena di morte (compreso il caso di Tariq Aziz) e gli attacchi contro le comunità cristiane
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Risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2010 sull'Iraq, la pena di morte (in particolare il caso di Tariq Aziz) e gli attacchi nei confronti delle comunità cristiane
P7_TA(2010)0448RC-B7-0629/2010

Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sulla situazione in Iraq,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sull'abolizione della pena di morte, in particolare quella del 26 aprile 2007 sull'iniziativa a favore di una moratoria universale in materia di pena di morte(1),

–  viste la risoluzione 62/149 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, del 18 dicembre 2007, che chiede una moratoria sul ricorso alla pena di morte e la risoluzione 63/168 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, del 18 dicembre 2008, che sollecita l'applicazione della risoluzione 62/149 del 2007,

–  visto il discorso tenuto in Aula il 16 giugno 2010 dalla Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Catherine Ashton, che ha ribadito che l'abolizione della pena di morte in tutto il mondo costituisce una priorità per l'Unione europea,

–  vista la dichiarazione finale adottata dal Quarto congresso mondiale contro la pena di morte, tenutosi a Ginevra dal 24 al 26 febbraio 2010, in cui si chiede l'abolizione universale della pena di morte,

–  visto l'articolo 2 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,

–  viste le conclusioni del Consiglio adottate il 16 novembre 2009 sulla libertà di religione o di culto, che sottolineano l'importanza strategica di questa libertà e dell'opposizione all'intolleranza religiosa,

–  vista la dichiarazione delle Nazioni Unite del 1981 sull'eliminazione di ogni forma di intolleranza e di discriminazione basata sulla religione o il credo,

–  viste le dichiarazioni della Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Catherine Ashton, sull'Iraq, in particolare quella del 1° novembre 2010 a seguito dell'attacco contro i fedeli presso la cattedrale di Nostra signora della salvezza a Baghdad, in Iraq,

–  viste le sue relazioni annuali sulla situazione dei diritti umani nel mondo e le sue precedenti risoluzioni sulle minoranze religiose nel mondo,

–  visto l'articolo 122, paragrafo 5, del suo regolamento,

Sulla pena di morte (incluso il caso di Tariq Aziz)

A.  considerando che il 26 ottobre 2010 il tribunale supremo iracheno ha condannato a morte l'ex vice premier iracheno Tariq Aziz, 74 anni, insieme a Sadoun Shakir, ex ministro degli interni, e Abed Hamoud, ex segretario particolare di Saddam Hussein; che, se il ricorso contro la sentenza sarà respinto, la condanna a morte sarà probabilmente eseguita entro 30 giorni,

B.  considerando che in un precedente processo Tariq Aziz era stato condannato a 22 anni di carcere in regime di isolamento e che tale sentenza costituisce di fatto una condanna in perpetuità, a causa della fragile salute di Tariq Aziz, che in carcere è stato colpito da diversi ictus, soffre di problemi polmonari e ha subito un intervento chirurgico a seguito di un coagulo di sangue nel cervello,

C.  considerando che il presidente iracheno, Jalal Talabani, ha dichiarato che non firmerà l'ordine di esecuzione per Tariq Aziz; che, a norma della Costituzione irachena, il Presidente dovrebbe ratificare le condanne a morte, ma che vi sono meccanismi per far sì che le esecuzioni siano eseguite sotto l'autorità del Parlamento,

D.  considerando che la condanna a morte di Tariq Aziz farà ben poco per migliorare il clima di violenza in Iraq e che l'Iraq ha disperatamente bisogno di riconciliazione nazionale,

E.  considerando che l'Unione Europea è fortemente impegnata a operare a favore dell'abolizione della pena di morte ovunque e si adopera perché questo principio sia accettato a livello universale,

F.  considerando che la pena di morte è la punizione più crudele, disumana e degradante in assoluto, che viola il diritto alla vita quale sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e che costituisce un atto di tortura inaccettabile per gli Stati che rispettano i diritti dell'uomo,

Sugli attacchi contro le comunità cristiane

G.  considerando che il 22 novembre 2010 due cristiani iracheni sono stati uccisi a Mosul; che il 10 novembre 2010 una serie di attacchi con bombe e colpi di mortaio rivolti contro i settori cristiani hanno ucciso almeno cinque persone nella capitale irachena, Baghdad; che tali attacchi hanno fatto seguito all'assalto, da parte di militanti islamici, ad una cattedrale di fede cattolica sira il 31 ottobre 2010, che ha portato alla morte di oltre 50 fedeli,

H.  considerando che il gruppo militante Stato islamico dell'Iraq, considerato appartenente al movimento internazionale di Al Qaida, ha rivendicato la responsabilità delle uccisioni e promesso di lanciare ulteriori attacchi contro i cristiani,

I.  considerando che l'articolo 10 della Costituzione irachena sancisce l'impegno del governo a garantire e mantenere la sacralità dei santuari e dei luoghi di culto; che l'articolo 43 stabilisce che i seguaci di tutti i gruppi religiosi devono essere liberi di praticare i propri riti e gestire le proprie istituzioni religiose,

J.  considerando che centinaia di migliaia di cristiani sono fuggiti dal paese dinanzi ai ripetuti attacchi contro le loro comunità e chiese; che molti degli assiri iracheni rimanenti (caldei, siri e altre minoranze cristiane) sono diventati sfollati interni, avendo dovuto fuggire dalla violenza estremista nei loro confronti,

K.  considerando che gli assiri (caldei, siri e altre minoranze cristiane) costituiscono un antico popolo autoctono, molto esposto alla persecuzione e all'emigrazione forzata, e che vi è il rischio che la loro cultura si estingua in Iraq,

L.  considerando che in Iraq le violazioni dei diritti umani, soprattutto contro minoranze etniche e religiose, continuano a un livello preoccupante; che la sicurezza e i diritti di tutte le minoranze, compresi i gruppi religiosi, devono essere rispettati e protetti in tutte le società,

M.  considerando che l'Unione europea ha ripetutamente espresso il proprio impegno a favore della libertà di pensiero, della libertà di coscienza e della libertà di culto e ha sottolineato che i governi hanno il dovere di garantire tali libertà,

Sulla pena di morte (incluso il caso di Tariq Aziz)

1.  ribadisce la sua opposizione di lunga data alla pena di morte in tutti i casi e in tutte le circostanze, anche nel caso di crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio, e sottolinea ancora una volta che l'abolizione della pena di morte contribuisce a rafforzare la dignità umana e al progressivo sviluppo dei diritti umani;

2.  deplora profondamente, pertanto, la decisione del tribunale supremo iracheno di condannare a morte Tariq Aziz, Sadoun Shakir e Abed Hamoud; sottolinea tuttavia l'importanza di considerare responsabili quanti violano i diritti umani, compresi gli (ex) politici, nel quadro dello Stato di diritto e del giusto processo;

3.  invita le autorità irachene a riconsiderare la loro decisione e a non eseguire la sentenza capitale pronunciata dal tribunale supremo; accoglie con favore l'annuncio del presidente Talabani che non avrebbe firmato l'ordine di esecuzione;

4.  incoraggia il governo iracheno a firmare e ratificare il secondo protocollo opzionale al Patto internazionale sui diritti civili e politici concernente l'abolizione della pena di morte in ogni circostanza e chiede una moratoria immediata delle esecuzioni;

5.  ricorda che la completa abolizione della pena di morte rimane uno dei principali obiettivi della politica UE in materia di diritti umani;

Sugli attacchi contro le comunità cristiane

6.  esprime la sua profonda preoccupazione per i recenti attacchi, che condanna con forza, contro comunità religiose cristiane e di altre fedi in Iraq e per l'abuso della religione da parte di quanti hanno commesso tali atti;

7.  chiede alle autorità irachene di aumentare drasticamente i loro sforzi volti a proteggere i cristiani e altre minoranze vulnerabili, di potenziare la lotta contro la violenza interetnica e di fare il possibile per portare gli autori di crimini dinanzi alla giustizia, in conformità con i principi dello Stato di diritto e le norme internazionali;

8.  ribadisce il suo pieno sostegno alla popolazione dell'Iraq ed esorta tutte le entità politiche irachene a lavorare insieme contro la minaccia della violenza e del terrorismo; sottolinea che il diritto di tutti i gruppi religiosi a riunirsi e praticare il proprio culto liberamente deve essere tutelato; deplora i deliberati attacchi contro località dove si riuniscono civili, tra cui i luoghi di culto; condanna fermamente tutti gli atti di violenza contro le chiese e qualsiasi luogo di culto e sollecita l'Unione europea e la comunità internazionale a rafforzare la lotta contro il terrorismo;

9.  esprime la propria solidarietà alle famiglie delle vittime e confida che il popolo iracheno rimarrà fermo nel suo rifiuto costante degli sforzi, da parte di estremisti, di innescare tensioni confessionali;

10.  si compiace della dichiarazione del ministero iracheno degli affari esteri, del 2 novembre 2010, che invita le autorità specializzate e tutte le forze di sicurezza a rimanere fermi contro ogni tentativo di separare i cittadini iracheni su base confessionale o razziale, ad assicurare protezione ai cittadini iracheni e tutelare la pratica religiosa;

11.  invita il Consiglio e la Commissione, in particolare la Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Catherine Ashton, in vista della preparazione del primo accordo di partenariato e di cooperazione tra l'Unione europea e l'Iraq, ad affrontare come questione prioritaria il problema della sicurezza dei cristiani all'interno del territorio iracheno;

o
o   o

12.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Segretario generale delle Nazioni Unite, al presidente dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, ai governi degli Stati membri delle Nazioni Unite e al governo e al parlamento dell'Iraq.

(1) GU C 74 E del 20.3.2008, pag. 775.


Tibet - Piani per l'introduzione del cinese quale principale lingua di insegnamento
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Risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2010 sul Tibet - Piani per rendere il cinese la lingua principale dell'istruzione
P7_TA(2010)0449RC-B7-0637/2010

Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sulla Cina e sul Tibet, in particolare quella del 10 aprile 2008 sul Tibet(1),

–  visto l'articolo 122, paragrafo 5, del suo regolamento,

A.  considerando che il rispetto dei diritti umani e della libertà culturale, religiosa e d'identità costituisce il principio fondatore dell'Unione europea e rappresentano una priorità per la sua politica estera,

B.  considerando che la Repubblica popolare cinese ha espresso l'auspicio di istituire relazioni etniche armoniose tra le 56 minoranze etniche,

C.  considerando che il 19 ottobre 2010 circa 1 000 studenti di etnia tibetana hanno marciato per Tongren, città conosciuta anche come Rebkong, opponendosi pacificamente al piano di rendere il cinese mandarino la lingua principale dell'istruzione nelle scuole della regione; che il 23 ottobre 2010 la protesta si è estesa alla provincia di Qingai e a Pechino, dove 400 studenti tibetani iscritti alla Minzu University hanno organizzato una manifestazione,

D.  considerando che la lingua tibetana, essendo una delle quattro lingue più antiche e originali dell'Asia, costituisce un catalizzatore fondamentale dell'identità, della cultura e della religione del Tibet ma che rappresenta altresì, assieme alla cultura tibetana nel suo complesso, una parte insostituibile del patrimonio mondiale; che la lingua tibetana, testimonianza di una civiltà ricca di storia, costituisce un elemento fondamentale e unico dell'identità, della cultura e della religione tibetane,

E.  considerando che le lingue esprimono gli atteggiamenti sociali e culturali di una comunità, che la lingua condivisa da una comunità è un elemento caratterizzante della cultura e che le lingue veicolano comportamenti sociali e culturali e modi di pensare molto specifici,

F.  considerando che è stato stabilito che l'istruzione bilingue con la lingua madre è la strada più efficace da percorrere per istaurare un autentico bilinguismo in Tibet e che detta «politica per un'istruzione bilingue di modello 1» ha costantemente portato ai tassi più elevati di ammissione universitaria per gli studenti delle scuole superiori tibetane nella regione tibetana,

G.  considerando che nella scuola elementare, media e superiore in tutte le zone amministrate dal governo regionale autonomo del Tibet, la lingua tibetana sta venendo gradualmente sostituita dal cinese e che generalmente non sono disponibili documenti ufficiali in tibetano,

H.  considerando che le modifiche alla politica in materia d'istruzione limiterebbero l'uso del tibetano nelle scuole poiché tutti i libri di testo e le materie, ad esclusione delle lezioni di tibetano e di inglese, sarebbero in cinese mandarino,

I.  considerando che il 13 settembre 2007 la Repubblica popolare cinese, assieme ad altri 142 paesi, ha votato per adottare la dichiarazione delle Nazioni unite sui diritti dei popoli indigeni che, all'articolo 14, sancisce che «i popoli indigeni hanno diritto a istituire e controllare i loro propri sistemi e istituzioni educativi impartendo l'istruzione nelle loro lingue, in un maniera consona con i propri metodi culturali d'insegnamento e apprendimento»,

J.  considerando che, a causa del predominio della lingua cinese, crescono le preoccupazioni in merito alle prospettive occupazionali dei laureati nelle zone tibetane poiché, secondo la petizione firmata da insegnanti e studenti, la maggior parte degli studenti tibetani non sono mai stati in un ambiente in cui si parla in modo predominante cinese e pertanto non sono in grado di comunicare in detta lingua,

1.  condanna il giro di vite sempre più stretto sull'esercizio della libertà culturale, linguistica, religiosa e delle altre libertà fondamentali nei confronti dei tibetani e sottolinea la necessità di preservare e tutelare le diverse identità culturali, religione e nazionali di sei milioni di tibetani e di affrontare le preoccupazioni destate dalla repressione e dalla marginalizzazione della lingua tibetana, che costituisce la base dell'identità tibetana;

2.  prende atto delle preoccupazioni causate dai tentativi di svalutare la lingua tibetana e sottolinea che il tibetano deve essere la lingua nazionale se si vuole creare un'istruzione bilingue di successo;

3.  esorta le autorità cinesi ad applicare l'articolo 4 della Costituzione della Repubblica popolare cinese e l'articolo 10 della legge sull'autonomia regionale che garantisce «la libertà di tutte le nazionalità di impiegare e sviluppare la propria lingua e scrittura»;

4.  esorta le autorità cinese a sostenere un'autentica politica di bilinguismo che consenta l'insegnamento in tibetano di tutte le materie, comprese matematica e scienze, che rafforzi l'insegnamento del cinese e che autorizzi le autorità e le comunità locali a prendere decisioni in merito alla lingua dell'istruzione;

5.  ritiene che tutte le minoranze etniche abbiano il diritto di mantenere la propria lingua e scrittura; è del parere che un sistema d'istruzione bilingue giusto contribuirà a una migliore cooperazione e comprensione quando farà sì che la popolazione tibetana impari il cinese incoraggiando, allo stesso tempo, le persone di etnia Han che vivono nelle zone tibetane ad imparare il tibetano;

6.  sottolinea che l'introduzione del cinese quale lingua principale dell'istruzione pregiudicherebbe considerevolmente la qualità dell'istruzione per la maggior parte degli studenti tibetani delle scuole medie e che, pertanto, tutte le materie scolastiche dovrebbero essere insegnate nella lingua madre, il tibetano, come più opportuno;

7.  esorta le autorità cinesi ad adoperarsi per ridurre gli svantaggi linguistici e culturali affrontati dai tibetani nell'occupazione urbana, applicando tuttavia metodi che non danneggiano la lingua e la cultura tibetane;

8.  invita la Commissione, il Vicepresidente/Alto rappresentante e gli Stati membri a esortare il governo cinese a garantire, in primo luogo, che il diritto degli studenti di esprimersi pacificamente sia rispettato e che le autorità pertinenti affrontino le loro preoccupazioni in modo sostanziale e adeguato, e, in secondo luogo, che i regolamenti del 2002 sullo studio, l'impiego e lo sviluppo della lingua tibetana siano adeguatamente attuati, in conformità della legge sull'autonomia regionale etnica;

9.  invita la Commissione a riferire sull'uso del fondo richiesto per il sostegno della società civile tibetana in Cina e in esilio a titolo del bilancio 2009 (1 milione di euro) e insiste sulla necessità di preservare la cultura tibetana, in particolare in esilio;

10.  esorta nuovamente la Cina a ratificare il Patto internazionale sui diritti civili e politici e deplora il trattamento spesso discriminatorio delle minoranze etniche e religiose in Cina;

11.  esorta le autorità cinesi a garantire l'accesso dei media stranieri in Tibet, comprese le zone tibetane al di fuori della regione autonoma del Tibet, e ad abolire il sistema di permessi speciali obbligatori;

12.  invita i rappresentanti diplomatici dell'UE a Pechino a recarsi nella regione e a riferire al Consiglio e al Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante in merito alla situazione attuale dell'istruzione e della questione linguistica;

13.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al governo e al parlamento della Repubblica popolare cinese nonché a Sua Santità il Dalai Lama.

(1) GU C 247 E del 15.10.2009, pag. 5.


Myanmar - svolgimento delle elezioni e liberazione della leader dell'opposizione Aung San Suu Kyi
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Risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2010 sulla Birmania – svolgimento delle elezioni e liberazione della leader dell'opposizione Aung San Suu Kyi
P7_TA(2010)0450RC-B7-0635/2010

Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sulla Birmania, tra cui la più recente, adottata il 20 maggio 2010(1),

–   visti gli articoli da 18 a 21 della Dichiarazione universale dei diritti umani (UDHR) del 1948,

–  visto l'articolo 25 del Patto internazionale sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite (ICCPR) del 1966,

–  vista la dichiarazione della Presidenza dell'Unione europea, del 23 febbraio 2010, che auspica un dialogo globale tra le autorità e le forze democratiche in Birmania,

–  vista la dichiarazione del Presidente del Parlamento europeo Jerzy Buzek dell'11 marzo 2010 sulla nuova legge elettorale in Birmania,

–   vista la dichiarazione della Presidenza adottata in occasione del sedicesimo vertice dei paesi del Sud-Est asiatico (ASEAN) tenutosi ad Hanoi il 9 aprile 2010,

–  viste le conclusioni del Consiglio sulla Birmania adottate in occasione della riunione n. 3009 del Consiglio «Affari esteri», tenutasi a Lussemburgo il 26 aprile 2010,

–  viste le conclusioni del Consiglio europeo e la dichiarazione sulla Birmania del 19 giugno 2010,

–  vista la relazione del Segretario generale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Birmania del 28 agosto 2009,

–  vista la dichiarazione rilasciata dal Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon a Bangkok il 26 ottobre 2010,

–  vista la dichiarazione della Presidenza in occasione dell'ottava riunione Asia-Europa nell'ottobre 2010,

–  vista la relazione del Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Birmania del 15 settembre 2010,

–  vista la dichiarazione rilasciata dall'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza/Vicepresidente della Commissione, il 7 novembre 2010, sulle elezioni in Birmania,

–  vista la dichiarazione del Segretario generale delle Nazioni Unite e del Presidente del Parlamento europeo Jerzy Buzek dell'8 novembre 2010 sulle elezioni in Birmania,

–  vista la dichiarazione del Segretario generale delle Nazioni Unite del 13 novembre 2010 sulla liberazione di Aung San Suu Kyi,

–  vista la dichiarazione rilasciata dal Presidente del Consiglio europeo e dall'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza/Vicepresidente della Commissione il 13 novembre 2010 sulla liberazione di Aung San Suu Kyi,

–  viste le conclusioni del Consiglio europeo del 22 novembre 2010 sulla Birmania,

–  visto l'articolo 122, paragrafo 5, del suo regolamento,

A.  considerando che, la sera del 13 novembre 2010, meno di una settimana dopo lo svolgimento delle contestate elezioni, Aung San Suu Kyi è stata rilasciata dagli arresti domiciliari, dopo essere stata confinata nella sua abitazione per quindici degli ultimi ventun'anni,

B.  considerando che il 7 novembre 2010 in Birmania si sono tenute le prime elezioni nazionali da oltre vent'anni; considerando che le precedenti elezioni del 1990 erano state vinte dalla Lega nazionale per la democrazia (National League for Democracy, NLD) di Aung San Suu Kyi,

C.  considerando che le ultime elezioni si basavano sulla controversa Costituzione introdotta nel 2008, che garantisce alle forze militari birmane un quarto dei seggi parlamentari e che, cosa poco sorprendente, le elezioni sono state vinte dal Partito Unione Solidarietà e Sviluppo (Union Solidarity and Development Party, USDP) sostenuto dalle forze militari,

D.  considerando che le autorità birmane hanno introdotto diverse nuove leggi nel periodo precedente le elezioni del 7 novembre, intese a limitare la libertà di parola e di critica al governo, ad imporre severe limitazioni alle attività politiche e di campagna elettorale dei partiti ed a soffocare le voci interne a favore della liberazione dei detenuti politici e considerando che le elezioni non hanno rispettato le norme internazionali,

E.  considerando che il Partito unione solidarietà e sviluppo (USDP) favorevole alla giunta militare è riuscito a collocare i propri candidati in quasi tutte le circoscrizioni, mentre i partiti democratici, tra cui Forza nazionale democratica (National Democratic Force), hanno potuto presentare i propri candidati solo in un ristretto numero di circoscrizioni, soprattutto perché disponevano di poco tempo per raccogliere i fondi per le elezioni o per organizzarsi in modo adeguato,

F.  considerando che la Lega nazionale per la democrazia (NLD) ha deciso di boicottare le elezioni alla luce delle condizioni di partecipazione imposte; considerando che l'NLD è stata sciolta per legge il 6 maggio 2010, dopo che non si era potuta registrare per le elezioni,

G.  considerando che le elezioni si sono svolte in un clima di paura, intimidazioni e rassegnazione e che centinaia di migliaia di cittadini birmani, inclusi i monaci buddisti ed i detenuti politici, sono stati esclusi dal voto o dalla possibilità di candidarsi alle elezioni,

H.  considerando che vi sono state numerose denunce sullo svolgimento delle elezioni, per la mancata tutela della segretezza del voto, la coercizione dei dipendenti statali e gli sforzi dei militari intesi ad obbligare, ad esempio, il gruppo etnico dei Karen a votare per i partiti sostenuti dalla giunta militare,

I.  considerando che la controversa Costituzione del 2008 esclude Aung San Suu Kyi dai pubblici uffici,

J.  considerando che, ammesso che non sia revocata, la liberazione di Aung San Suu Kyi potrebbe essere interpretata come un primo passo nella giusta direzione; considerando, tuttavia, che molti hanno espresso la preoccupazioni per la sicurezza di Aung San Suu Kyi ed hanno notato che è tenuta sotto sorveglianza da parte dei servizi di sicurezza,

K.  considerando che, mentre Aung San Suu Kyi è stata liberata, più di 2 200 attivisti democratici restano in condizioni di detenzione, così come molti dei monaci buddisti che avevano guidato le dimostrazioni anti governative nel 2007 ed i giornalisti che avevano coperto tali proteste,

L.  considerando che, dal 2003, il governo birmano ha respinto qualsiasi suggerimento avanzato dalle Nazioni Unite e da tutta la comunità internazionale su come riformare la sua «tabella di marcia per la democrazia» in sette fasi,

M.  considerando che la giunta militare birmana continua a commettere gravissime violazioni dei diritti umani nei confronti dei civili nei luoghi di origine del gruppo etnico dei Karen sul confine con la Thailandia, atti che includono esecuzioni extragiudiziarie, lavori forzati e violenze sessuali, e che migliaia di rifugiati birmani sono entrati in Thailandia il giorno successivo alle elezioni in seguito agli scontri tra l'esercito birmano ed i gruppi etnici ribelli,

N.  considerando che la Birmania continua ad attuare in modo diffuso e sistematico il reclutamento forzato di bambini soldato,

O.  considerando che le Nazioni Unite, l'Unione europea ed i suoi Stati membri, gli Stati Uniti e numerosi altri governi in tutto il mondo hanno affermato che, per conseguire una soluzione a lungo termine per i problemi della Birmania, è necessario avviare un dialogo tripartito tra Aung San Suu Kyi e la Lega nazionale per la democrazia, i rappresentanti delle minoranze etniche birmane e la giunta militare, e che il governo birmano continua a rifiutare di partecipare a tale dialogo,

P.  considerando che l'UE ha imposto misure restrittive al regime birmano dal 1996, incluso il congelamento dei beni di circa 540 persone e 62 enti, divieti di spostamenti, un divieto alle esportazioni di attrezzature militari e, più recentemente, un divieto sulle attrezzature per il disboscamento e le attività minerarie e sull'importazione di alcuni tipi di legname, di pietre preziose e minerali, finché non vi saranno prove di cambiamenti reali nel campo della democrazia, dei diritti umani, della libertà di espressione e dello Stato di diritto,

1.  plaude alla recente liberazione di Aung San Suu Kyi ma deplora che sia stata rilasciata soltanto dopo le elezioni, rendendole impossibile la partecipazione attiva alla campagna a favore dell'opposizione durante le elezioni; insiste affinché la sua libertà di recente riconquistata sia senza condizioni e senza restrizioni;

2.  si rammarica profondamente per il fatto che la giunta militare birmana abbia rifiutato di tenere elezioni libere e giuste a Burma il 7 novembre;

3.  deplora le restrizioni imposte dalla giunta militare birmana ai principali partiti di opposizione nonché le limitazioni poste alla libertà dei media di monitorare le elezioni e riferire in merito;

4.  deplora la mancanza di trasparenza nell'organizzazione dello scrutinio e del conteggio dei voti, il rifiuto della giunta militare di accettare osservatori internazionali e il ritardo nell'annuncio dei risultati;

5.  deplora che la nuova costituzione garantisca all'esercito birmano almeno un quarto del totale dei seggi in parlamento, quanto basta a consentirgli di porre il veto a qualsiasi modifica costituzionale e di sospendere tutte le libertà civili e il parlamento ogniqualvolta lo ritenga necessario;

6.  rileva la ridotta partecipazione allo scrutinio da parte dei partiti di opposizione, che hanno dovuto prendere la difficile decisione di boicottare o meno le elezioni, e ritiene che la partecipazione dell'opposizione e dei rappresentanti etnici sia nell'assemblea nazionale che in quelle regionali, seppure a livello oltremodo limitato, potrebbe costituire l'inizio della normalizzazione e offrire un'opportunità di cambiamento;

7.  condanna con forza le violazioni in atto delle libertà fondamentali e dei diritti democratici basilari della popolazione della Birmania per mano della giunta militare birmana;

8.  sollecita il governo della Birmania a rilasciare immediatamente tutti i rimanenti 2.200 prigionieri politici, senza precondizione alcuna, nonché a ripristinare appieno tutti i loro diritti politici; insiste altresì affinché le autorità birmane non eseguano nessun ulteriore arresto per motivi politici;

9.  chiede con decisione al governo birmano di abolire le restrizioni alle libertà di riunione, di movimento e di espressione e chiede che sia posta fine alla censura della stampa per motivi politici e al controllo di internet e della rete di telefonia mobile dettato dagli stessi motivi;

10.  condanna con forza la violenza scoppiata in seguito alle diffuse denunce per intimidazione nella Birmania occidentale, nella città di Myawaddy, dove le violente sparatorie tra l'esercito birmano e i ribelli etnici hanno costretto migliaia di persone a varcare la frontiera con la Thailandia;

11.  si rammarica profondamente per il rifiuto da parte delle autorità birmane di tutte le offerte dell'ONU di assistenza tecnica e di servizi di monitoraggio e condanna le restrizioni imposte ai media stranieri nei loro tentativi di inviare notizie dal paese;

12.  condanna il fatto che almeno nove quotidiani e periodici abbiano subito il rinvio delle loro pubblicazioni per ordine del Consiglio di vigilanza della stampa, secondo il quale la pubblicazione di una foto relativa al rilascio di Aung San Suu Kyi costituirebbe una violazione delle norme;

13.  sollecita con urgenza il regime birmano ad avviare discussioni con Aung San Suu Kyi e la Lega nazionale per la democrazia nonché con rappresentanti delle popolazioni minoritarie; accoglie con favore a tal riguardo gli sforzi di mediazione intrapresi dal Segretario generale dell'ONU e dal suo relatore speciale sulla Birmania;

14.  invita non solo la comunità internazionale, comprese Cina, India e Russia in quanto principali partner commerciali della Birmania, ma anche l'ASEAN a mettere fine al sostegno a un regime antidemocratico, che prospera ai danni della propria popolazione, e a esercitare maggiori pressioni ai fini di un cambiamento positivo nel paese; ritiene inoltre che la Carta ASEAN conferisca ai paesi membri di tale organizzazione una responsabilità particolare e un obbligo morale ad agire in caso di violazioni sistematiche dei diritti umani in un paese membro;

15.  ribadisce il proprio sostegno alla decisione del Consiglio del 26 aprile 2010 di prorogare per un altro anno le misure restrittive previste dalla vigente decisione UE; sollecita le autorità birmane a prendere i provvedimenti necessari per consentire il riesame di tali misure;

16.  esprime preoccupazione per le condizioni nelle prigioni e nelle altre strutture detentive e per le costanti notizie di maltrattamenti, inclusa la tortura, di prigionieri di coscienza e per il trasferimento di questi ultimi in carceri isolate lontano dalle famiglie, dove non possono ricevere viveri e medicinali; chiede inoltre alle autorità birmane di autorizzare immediatamente cure mediche per tutti i prigionieri e di consentire al Comitato internazionale della Croce rossa di riprendere le visite a tutti i prigionieri;

17.  esprime profonda preoccupazione per la ripresa del conflitto armato in talune zone e chiede al governo birmano di proteggere la popolazione civile in tutte le regioni del paese e a tutte le parti in causa di rispettare i vigenti accordi di cessate il fuoco;

18.  invita l'UE e i suoi Stati membri a fare pienamente uso della propria influenza economica e politica ai fini del conseguimento della libertà e della democrazia in Birmania; sollecita gli Stati membri e l'UE a continuare a fornire fondi a favore dei rifugiati presso la frontiera tra Thailandia e Birmania;

19.  ribadisce e appoggia l'invito rivolto dal suo Presidente a Aung San Suu Kyi affinché partecipi alla cerimonia di assegnazione del premio Sakharov a Strasburgo in dicembre; sottolinea che, se Aung San Suu Kyi potesse partecipare, le verrebbe consegnato ufficialmente il premio Sakharov che le era stato assegnato nel 1990 per tutto il suo operato volto a promuovere la democrazia e la libertà in Birmania;

20.  insiste affinché il regime birmano e i servizi sotto il suo controllo garantiscano a Aung San Suu Kyi la libertà di espressione e la libertà fisica, compreso il suo diritto incondizionato a viaggiare in sicurezza e libertà in tutto il paese e all'estero e a ritornare in Birmania;

21.  accoglie con favore la decisione presa dal Presidente del Parlamento europeo di inviare una delegazione parlamentare in Birmania per consegnare a Aung San Suu Kyi il premio Sakharov, nel caso non fosse in grado di partecipare alla cerimonia di consegna a Strasburgo;

22.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione a Aung San Suu Kyi, al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, all'inviato speciale dell'UE per la Birmania, al Consiglio di Stato birmano per la pace e lo sviluppo, ai governi dei paesi membri dell'ASEAN e dell'ASEM, al segretariato dell'ASEM, alla Commissione interparlamentare dell'ASEAN per Myanmar, al Segretario generale delle Nazioni Unite, all'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani nonché al Relatore speciale delle Nazioni Unite per la situazione dei diritti umani in Birmania.

(1) Testi approvati, P7_TA(2010)0196.


Lotta contro il cancro del colon-retto nell'Unione europea
PDF 61kWORD 30k
Dichiarazione del Parlamento europeo del 25 novembre 2010 sulla lotta contro il cancro del colon-retto nell'Unione europea
P7_TA(2010)0451P7_DCL(2010)0068

Il Parlamento europeo,

–  visto l'articolo 123 del suo regolamento,

A.  considerando che il cancro del colon-retto (CCR) è la seconda causa di morte per tumore nell'Unione europea con oltre 400 000 nuovi casi e 200 000 decessi l'anno,

B.  considerando che lo sviluppo del CCR è legato ad alcuni aspetti dello stile di vita (obesità, mancanza di esercizio fisico, consumo di alcool e fumo) e che contrastare questi fattori ridurrà la diffusione del CCR,

C.  considerando che in alcuni Stati membri dell'UE le attività di screening hanno già ridotto il tasso di mortalità per CCR, mentre in altri Stati tali iniziative non sono ancora state avviate,

D.  considerando che la diagnosi precoce del CCR non comporterà solo una diminuzione del 40% del tasso di mortalità, ma ridurrà considerevolmente i costi delle cure,

E.  considerando che, secondo la Commissione, la lotta contro il CCR dovrebbe essere una priorità delle politiche della sanità pubblica, dato che è possibile evitare il decesso per CCR grazie agli strumenti medici a disposizione nell'UE,

1.  invita la Commissione e gli Stati membri a:

   sostenere nell'UE campagne di sensibilizzazione su quei fattori dello stile di vita che favoriscono lo sviluppo del CCR, puntando in particolare agli adolescenti e ai giovani adulti,
   promuovere l'attuazione delle migliori pratiche in materia di screening del CCR in tutti i paesi dell'UE nonché a pubblicare, con cadenza biennale, relazioni sui progressi compiuti,
   fare della divulgazione della ricerca e del sapere inerenti lo screening del CCR una priorità nei futuri programmi di lavoro del 7° programma quadro per la ricerca e nel programma dell'UE nel settore della sanità,
   introdurre a livello nazionale una pratica di screening del CCR, conformemente alle linee guida dell'UE;

2.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente dichiarazione, con l'indicazione dei nomi dei firmatari(1), al Consiglio, alla Commissione e ai parlamenti degli Stati membri.

(1) L'elenco dei firmatari è pubblicato nell'allegato 1 del processo verbale del 25 novembre 2010 (P7_PV(2010)11-25(ANN1)).


Camp Ashraf
PDF 64kWORD 30k
Dichiarazione del Parlamento europeo del 25 novembre 2010 su Camp Ashraf
P7_TA(2010)0452P7_DCL(2010)0075

Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sui diritti umani in Iran,

–  vista la sua risoluzione del 24 aprile 2009 su Camp Ashraf(1), che accoglie 3 400 dissidenti iraniani in Iraq, tra cui 1 000 donne, che sono tutti «persone protette» ai sensi della Quarta convenzione di Ginevra,

–  vista la soppressione, nel 2009, dell'organizzazione di opposizione PMOI dalla lista nera dell'UE,

–  visto l'articolo 123 del suo regolamento,

A.  considerando che diversi parenti di residenti di Ashraf sono stati condannati a morte dal regime iraniano dopo essere rientrati da visite effettuate alle loro famiglie,

B.  considerando che il governo iracheno non ha rispettato la risoluzione del Parlamento europeo e continua il proprio spietato assedio del campo,

C.  considerando che le pressioni esterne esercitate sui residenti continuano con il pretesto che il PMOI figura ancora sulla lista nera degli Stati Uniti,

D.  considerando che, nel luglio 2010, la Corte d'appello federale di Washington si è pronunciata a favore del PMOI ed ha invitato il Dipartimento di Stato a rivedere la propria decisione di mantenere tale organizzazione sulla sua lista nera delle organizzazioni terroristiche,

E.  considerando che le forze USA e delle Nazioni Unite si sono ritirate da Ashraf e che gli abitanti sono ora vulnerabili agli attacchi,

1.  invita l'Alto Rappresentante dell'UE per gli affari esteri a sollecitare gli Stati Uniti a seguire l'esempio dell'UE eliminando il PMOI dalla loro lista nera e ad invitare le Nazioni Unite a fornire urgentemente una protezione ad Ashraf;

2.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente dichiarazione, con l'indicazione dei nomi dei firmatari(2), al Consiglio, alla Commissione e ai parlamenti degli Stati membri.

(1) GU C 184 E dell'8.7.2010, pag. 62.
(2) L'elenco dei firmatari è pubblicato nell'allegato 2 del processo verbale del 25 novembre 2010 (P7_PV(2010)11-25(ANN2)).

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