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Procedura : 2011/2661(RSP)
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RC-B7-0244/2011

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PV 06/04/2011 - 21
CRE 06/04/2011 - 21

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PV 07/04/2011 - 6.10
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P7_TA(2011)0155

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Giovedì 7 aprile 2011 - Strasburgo
Uso della violenza sessuale nei conflitti in Africa settentrionale e in Medio Oriente
P7_TA(2011)0155RC-B7-0244/2011

Risoluzione del Parlamento europeo del 7 aprile 2011 sull'uso della violenza sessuale nei conflitti in Africa settentrionale e in Medio Oriente

Il Parlamento europeo,

–  vista la sua risoluzione del 17 gennaio 2008 sulla situazione nella Repubblica democratica del Congo e sullo stupro come crimine di guerra(1),

–  vista la sua risoluzione del 26 novembre 2009 sull'eliminazione della violenza contro le donne(2),

–  vista la sua risoluzione del 25 novembre 2010 sul decimo anniversario della risoluzione 1325(2000) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite riguardante le donne, la pace e la sicurezza(3),

–  vista la sua risoluzione del 17 febbraio 2011 sulla situazione in Egitto(4),

–  vista la sua risoluzione del 10 marzo 2011 sul vicinato meridionale, e in particolare la Libia(5),

–   vista la dichiarazione del Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Catherine Ashton, a nome dell'Unione europea, sulla Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, il 25 novembre 2010,

   vista la dichiarazione del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Catherine Ashton, a nome dell'Unione europea, sulla Giornata internazionale della donna, l'8 marzo 2011,

–  vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 10 dicembre 1948,

–  viste le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 1325(2000) e n. 1820(2008) sulle donne, la pace e la sicurezza, e la risoluzione n. 1888(2009) sulla violenza sessuale contro le donne e i bambini in situazioni di conflitto armato,

–  viste la nomina nel marzo 2010 di un rappresentante speciale presso il Segretario generale delle Nazioni Unite per la violenza sessuale nei conflitti armati e la nuova agenzia delle Nazioni Unite per la parità di genere (UN Women),

–  visti gli orientamenti dell'Unione europea sulla violenza e la discriminazione contro le donne e le ragazze e gli orientamenti dell'UE sui bambini e i conflitti armati,

–  viste la convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti del 10 dicembre 1984 e la dichiarazione n. 3318 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite sulla protezione delle donne e dei fanciulli nell'emergenza e nei conflitti armati del 14 dicembre 1974, in particolare il paragrafo 4, che chiede misure efficaci contro la persecuzione, la tortura, la violenza e il trattamento degradante delle donne,

–  viste le disposizioni degli strumenti giuridici dell'ONU in materia di diritti umani, in particolare quelle concernenti i diritti delle donne, quali la Carta dell'ONU, la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, il Patto internazionale sui diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali, la Convenzione delle Nazioni Unite per la repressione della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione altrui, la Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW) e il suo protocollo facoltativo, la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti e la Convenzione del 1951 sullo status dei rifugiati,

–  visti gli altri strumenti dell'ONU in materia di violenza contro le donne, quali la dichiarazione e il programma d'azione di Vienna, del 25 giugno 1993, adottati dalla Conferenza mondiale sui diritti umani (A/CONF. 157/23) e la dichiarazione sull'eliminazione della violenza nei confronti delle donne, del 20 dicembre 1993 (A/RES/48/104),

–  viste le risoluzioni dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 12 dicembre 1997 dal titolo «Misure in materia di prevenzione dei reati e di giustizia penale per l'eliminazione della violenza contro le donne» (A/RES/52/86), del 18 dicembre 2002 dal titolo «Misure da prendere per l'eliminazione dei delitti contro le donne commessi in nome dell'onore» (A/RES/57/179), e del 22 dicembre 2003 intitolata «Eliminazione della violenza domestica nei confronti delle donne» (A/RES/58/147),

–  viste la dichiarazione e la piattaforma d'azione di Pechino, adottate durante la quarta Conferenza mondiale sulle donne del 15 settembre 1995, e le risoluzioni del Parlamento del 18 maggio 2000 sul seguito dato alla piattaforma d'azione di Pechino(6), del 10 marzo 2005 sul seguito della quarta Conferenza mondiale sulla piattaforma d'azione per le donne (Pechino+10)(7) e del 25 febbraio 2010 su Pechino+15: Piattaforma d'azione delle Nazioni Unite per l'uguaglianza di genere(8),

–  viste la risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 19 dicembre 2006 intitolata «Intensificazione degli sforzi per l'eliminazione di tutte le forme di violenza contro le donne» (A/RES/61/143) e le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1325 e 1820 su donne, pace e sicurezza,

–  visto lo statuto di Roma della Corte penale internazionale, adottato nel 1998, e in particolare gli articoli 7 e 8, che definiscono stupro, schiavitù sessuale, prostituzione forzata, gravidanza forzata, sterilizzazione forzata e altre forme di violenza sessuale come crimini contro l'umanità e crimini di guerra, assimilandoli a una forma di tortura e a un grave crimine di guerra, a prescindere dal fatto che siano o meno perpetrati sistematicamente durante conflitti internazionali o interni,

–  visto l'articolo 110, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.  considerando che le donne hanno partecipato attivamente alle rivolte che hanno avuto luogo in Africa settentrionale e in Medio Oriente per rivendicare una maggiore democrazia, diritti e libertà,

B.  considerando che i regimi al potere in Libia e in Egitto hanno fatto ricorso alle aggressioni a sfondo sessuale come arma nei conflitti emersi in dette rivoluzioni, prendendo di mira le donne e, in particolare, rendendole vulnerabili,

C.  considerando che la violenza sessuale sembra essere utilizzata come strumento per intimorire e umiliare le donne, anche nei campi profughi, e che il vuoto di potere che è emerso può condurre al deterioramento dei diritti di donne e ragazze,

D.  considerando che una donna libica, Iman al-Obeidi, che aveva riferito ad alcuni giornalisti in un hotel a Tripoli di essere stata vittima di uno stupro di gruppo e di abusi da parte di soldati, è stata detenuta il 26 marzo 2011 in una località sconosciuta ed è stata citata in giudizio per diffamazione dagli stessi uomini che accusa di averla violentata,

E.  considerando che in Egitto, alcune manifestanti affermano di essere state costrette dai militari a sottoporsi a «test di verginità», dopo essere state circondate a piazza Tahrir il 9 marzo 2011, e successivamente di essere state vittime di torture e stupri, mentre i «test di verginità» venivano eseguiti e fotografati alla presenza di soldati di sesso maschile; che alcune donne egiziane saranno processate da tribunali militari per aver ottenuto un risultato negativo al test di verginità e che alcune sono state minacciate con accuse di prostituzione,

F.  considerando che, se sono parte di una prassi diffusa e sistematica, lo stupro e la schiavitù sessuale sono riconosciuti ai sensi della convenzione di Ginevra come crimini contro l'umanità e crimini di guerra che dovrebbero essere giudicati dalla Corte penale internazionale (CPI); che inoltre lo stupro è ora riconosciuto anche come elemento del crimine di genocidio se commesso nell'intento di distruggere, in tutto o in parte, un determinato gruppo; che l'Unione europea dovrebbe sostenere gli sforzi intesi a porre fine all'impunità dei responsabili di atti di violenza sessuale nei confronti di donne e bambini,

G.  considerando che è stato dimostrato l'impatto sproporzionato e specifico dei conflitti armati sulle donne; che dovrebbe essere rafforzato il ruolo delle donne nella costruzione della pace e nella prevenzione dei conflitti e dovrebbe essere garantita alle donne e ai bambini nelle aree di guerra o nelle regioni di conflitto una migliore tutela attraverso la partecipazione, la prevenzione e la protezione,

H.  considerando che l'attuazione degli impegni sanciti dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1820, 1888, 1889 e 1325 è un compito comune e una responsabilità condivisa da ciascun membro dell'ONU in quanto Stato interessato da un conflitto, donatore o altro; che occorre a tale proposito richiamare l'attenzione sull'adozione, nel dicembre 2008, degli orientamenti dell'UE sulla violenza contro le donne e le ragazze nonché degli orientamenti dell'UE sui minori e i conflitti armati e sulla lotta a ogni forma di discriminazione nei loro confronti, che mandano un chiaro segnale politico della priorità accordata dall'Unione alle citate questioni,

1.  invita la Commissione e i governi degli Stati membri ad opporsi con fermezza all'uso delle aggressioni a sfondo sessuale contro le donne e alla loro intimidazione e presa di mira in Libia ed Egitto;

2.  condanna con forza i «test di verginità» cui le manifestanti arrestate in piazza Tahrir sono state sottoposte dai militari egiziani e considera tale prassi inaccettabile poiché equivale ad una forma di tortura; invita il Consiglio supremo militare egiziano ad adottare misure immediate per porre fine a tale trattamento degradante e garantire che tutte le forze di sicurezza e militari ricevano chiare istruzioni in merito al fatto che la tortura e gli altri maltrattamenti, inclusi i «test di verginità» forzati, non possono essere tollerati e che saranno oggetto di indagini approfondite;

3.  invita le autorità egiziane ad agire senza indugio per porre fine alle torture, indagare su tutti i casi di abusi contro manifestanti pacifici e porre termine ai processi nei confronti di civili dinanzi a tribunali militari; è particolarmente preoccupato in seguito alle relazioni da parte delle organizzazioni sui diritti umani in cui si afferma che dei minori sono stati arrestati e condannati da tribunali militari;

4.  raccomanda che sia avviata un'inchiesta indipendente per consegnare alla giustizia i responsabili di tali reati, con particolare riferimento ai crimini ai sensi dello statuto di Roma della Corte penale internazionale commessi da Muammar Gheddafi; ritiene che coloro che sono stati giudicati responsabili di detti atti debbano essere consegnati alla giustizia e che le donne che hanno denunciato tali abusi debbano essere protette da eventuali ritorsioni;

5.  sottolinea che ogni persona dovrebbe poter esprimere le proprie opinioni sul futuro democratico del suo paese senza venire arrestata, torturata o sottoposta a trattamenti degradanti e discriminatori;

6.  ritiene fortemente che i cambiamenti in corso in Africa settentrionale e in Medio Oriente debbano contribuire a porre fine alla discriminazione contro le donne e a garantire la loro piena partecipazione nella società in condizioni di parità con gli uomini, in conformità della Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW);

7.  sottolinea la necessità di garantire che i diritti delle donne in generale nelle nuove strutture democratiche e giuridiche di dette società;

8.  sottolinea che il ruolo delle donne nelle rivoluzioni e nei processi di democratizzazione dovrebbe essere riconosciuto, sottolineando nel contempo le minacce specifiche subite dalle donne nonché la necessità di sostenere e difendere i loro diritti;

9.  invita gli Stati membri dell'UE a promuovere attivamente, sul piano sia politico sia finanziario, la piena attuazione nel lungo termine della risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e l'istituzione a livello europeo degli organismi e dei meccanismi di controllo ivi previsti, ed esorta le Nazioni Unite a garantire l'attuazione della risoluzione in tutte le sedi internazionali;

10.  mette in evidenza la necessità di assegnare importanza prioritaria ai diritti umani nella politica europea di vicinato (PEV), quale parte integrante del processo di democratizzazione, e sottolinea l'esigenza di condividere le esperienze a livello di UE sulla politica in materia di parità e sulla lotta contro la violenza di genere;

11.  sottolinea la necessità di attuare il principio della parità di uomini e donne e di sostenere azioni specifiche volte a conseguire un approccio efficace e sistematico alla parità nei paesi della PEV; esorta i governi e la società civile ad incrementare l'inclusione sociale delle donne, ivi compresa la lotta contro l'analfabetismo e la promozione dell'occupazione, e la loro indipendenza economica al fine di garantire una significativa presenza femminile a tutti i livelli; sottolinea che la parità deve divenire una parte integrante del processo di democratizzazione e che, inoltre, l'istruzione di donne e ragazze dovrebbe costituire una priorità e includere la sensibilizzazione sui loro diritti;

12.  chiede al vicepresidente/alto rappresentante, al SEAE e alla Commissione di attribuire nei colloqui con i paesi meridionali della PEV la massima importanza alle priorità politiche dell'UE, che consistono nell'abolizione della pena di morte, nel rispetto dei diritti umani (ivi inclusi quelli delle donne) e delle libertà fondamentali nonché nella ratifica di diversi strumenti di diritto internazionale, tra cui lo statuto di Roma della Corte penale internazionale e la Convenzione del 1951 relativa allo status di rifugiato;

13.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione e al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza.

(1) GU C 41 E del 19.2.2009, pag. 83.
(2) GU C 285 E del 21.10.2010, pag. 53.
(3) Testi approvati, P7_TA(2010)0439.
(4) Testi approvati, P7_TA(2011)0064.
(5) Testi approvati, P7_TA(2011)0095.
(6) GU C 59 del 23.2.2001, pag. 258.
(7) GU C 320 E del 15.12.2005, pag. 247.
(8) GU C 348 E del 21.12.2010, pag. 11.

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