Risoluzione del Parlamento europeo del 7 luglio 2011 sulla Repubblica democratica del Congo e sugli stupri di massa nella provincia del Kivu meridionale
Il Parlamento europeo,
– viste le sue precedenti risoluzioni sulla Repubblica democratica del Congo (RDC),
– visto l'accordo di partenariato di Cotonou firmato nel giugno 2000,
– visti gli orientamenti dell'Unione europea sulle violenze contro le donne e la lotta contro tutte le forme di discriminazione nei loro confronti,
– visto lo statuto di Roma della Corte penale internazionale adottato nel 1998, e in particolare gli articoli 7 e 8 che definiscono lo stupro, la schiavitù sessuale, la prostituzione forzata, la gravidanza forzata e la sterilizzazione forzata o qualunque altra forma di violenza sessuale come crimini contro l'umanità e crimini di guerra, assimilandoli a una forma di tortura e a un crimine di guerra grave, a prescindere dal fatto che tali atti siano perpetrati sistematicamente o meno durante conflitti interni o internazionali,
– viste le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite 1325 (2000) e 1820 (2008) sulle donne, la pace e la sicurezza, e 1888 (2009) sugli atti di violenza sessuale contro donne e bambini in situazioni di conflitto armato,
– vista la risoluzione 1925 (2010) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che specifica il mandato della missione ONU nella RDC (MONUSCO),
– vista la risoluzione 1991 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, del 28 giugno 2011, che proroga il mandato della MONUSCO,
– vista la dichiarazione del 23 giugno 2011 resa dalla Rappresentante speciale per le violenze sessuali in situazioni di conflitto armato, Margot Wallström,
– vista la dichiarazione finale del sesto incontro regionale dell'assemblea parlamentare paritetica ACP-UE, tenutosi a Yaoundé, in Camerun, il 28 e 29 aprile 2011,
– vista la legge sulla violenza sessuale adottata dal parlamento della RDC nel 2006, concepita per accelerare i procedimenti giudiziari per stupro e imporre sanzioni più severe,
– visto l'articolo 122, paragrafo 5, del suo regolamento,
A. considerando che 170 persone sono state vittime di stupri o violenze fisiche tra il 10 e il 12 giugno 2011 nei villaggi di Nakiele e Abala, nella provincia del Kivu meridionale; che membri dello stesso gruppo armato responsabile di tali atti erano già stati implicati in stupri di massa, arresti e saccheggi nella stessa regione nel gennaio 2011,
B. considerando che la situazione della sicurezza nel Kivu meridionale rimane estremamente fragile e che i disordini che interessano la parte orientale della RDC hanno comportato una moltiplicazione delle violazioni dei diritti umani e dei crimini di guerra, tra i quali atti di violenza sessuale contro le donne, stupri di massa e altri atti di tortura, il massacro di civili e l'arruolamento massiccio di bambini soldato, commessi da gruppi armati di ribelli e dalle forze armate e di polizia del governo,
C. considerando che lo stupro, vera arma di guerra impiegata dai combattenti per intimidire, punire e controllare le loro vittime, si è esteso in modo impressionante nella zona orientale della RDC dopo l'inizio delle operazioni militari nel 2009; che le atrocità contro le donne si articolano intorno allo stupro, lo stupro collettivo, la schiavitù sessuale, l'omicidio, e che hanno conseguenze di vasta portata come la distruzione fisica e psicologica delle donne,
D. considerando che il 29 giugno 2011 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha deciso di estendere di un altro anno la missione dell'ONU nella RDC (MONUSCO), e ricordando che la missione dispone di un mandato che la autorizza a ricorrere a tutti i mezzi necessari per proteggere i civili dalle violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani,
E. considerando che le vittime di stupri si trovano dinanzi a una mancanza considerevole di infrastrutture e nell'impossibilità di beneficiare di un'assistenza o di cure mediche adeguate; che le donne sono deliberatamente aggredite in pubblico, che tali aggressioni le privano sovente del loro posto nella società e della possibilità di prendersi cura dei figli e le espongono a rischi elevati di contagio da virus dell'AIDS; che la risposta medica d'emergenza è assicurata unicamente dalle numerose ONG attive in loco, il cui coordinamento e accesso alle vittime non sono più assicurati,
F. considerando che l'incapacità della RDC di consegnare alla giustizia i membri del proprio esercito e dei gruppi armati per crimini condannati dal diritto internazionale ha favorito una cultura dell'impunità; che l'esercito congolese non dispone di risorse umane, tecniche e finanziarie sufficienti per realizzare le proprie missioni nelle province orientali della RDC e per assicurare la protezione della popolazione,
G. considerando che l'attuazione della legge sulla violenza sessuale, adottata dal Parlamento della RDC nel 2006, è molto limitata,
H. considerando che i media hanno un ruolo essenziale da svolgere affinché la mobilitazione resti forte e per sensibilizzare l'opinione pubblica,
1. condanna fermamente gli stupri di massa, gli atti di violenza sessuale e altre violazioni dei diritti umani perpetrati tra il 10 e il 12 giugno 2011 nella regione del Kivu meridionale; si unisce al dolore e alla sofferenza di tutte le vittime di atti di violenza sessuale, in particolare di stupri di massa, commessi ripetutamente nella parte orientale della RDC negli ultimi quattro anni;
2. chiede al governo della RDC di considerare la lotta contro gli stupri di massa e le violenze sessuali contro le donne una priorità nazionale;
3. si compiace della decisione dell'ONU di condurre un'indagine su tali avvenimenti; chiede che tali crimini formino oggetto di indagini immediate, indipendenti e imparziali in conformità delle norme internazionali; deplora che criminali di guerra continuino a occupare alte posizioni di comando; chiede l'adozione di misure efficaci e immediate che garantiscano la protezione delle vittime e dei testimoni durante e dopo tali indagini;
4. chiede alla Commissione e alla RDC di sottoporre a revisione il documento di strategia nazionale relativo alla RDC e il programma indicativo nazionale del 10° FES (2008-2013), con l'obiettivo di fare della questione degli stupri di massa e delle violenze sessuali contro le donne una priorità nazionale per combattere l'impunità;
5. esprime preoccupazione per il rischio di banalizzazione degli atti di violenza sessuale; sottolinea che è responsabilità del governo della RDC garantire la sicurezza nel proprio territorio e proteggere i civili; ricorda al presidente Kabila che si è impegnato in prima persona a condurre una politica di tolleranza zero nei confronti delle violenze sessuali e a perseguire gli autori dei crimini di guerra e crimini contro l'umanità commessi nel paese, nonché a cooperare con la Corte penale internazionale e i paesi della regione;
6. plaude al lavoro delle ONG che prestano soccorso alle vittime di stupri e crimini di guerra, in particolare alle cure mediche prodigate da alcuni ospedali come quello di Panzi a Bukavu; sottolinea che la maggioranza delle vittime di aggressioni sessuali non beneficia dell'assistenza medica, sociale o giuridica necessaria; suggerisce che il governo della RDC elabori un programma completo di assistenza alle vittime e di reintegrazione di queste ultime nella società congolese e nel mercato del lavoro; chiede alla Commissione di mettere a disposizione ulteriori finanziamenti per la lotta contro le violenze sessuali e di adoperarsi per la creazione di case per le vittime di violenze sessuali nelle zone critiche; suggerisce la messa in atto di un progetto pilota per migliorare l'assistenza medica offerta alle vittime di violenze sessuali nella RDC;
7. esprime preoccupazione per il fatto che il sottogruppo GBV (gender-based violence, violenza di genere), che avrebbe dovuto assicurare il coordinamento della risposta umanitaria alle violenze sessuali, sia stato soppresso un anno e mezzo fa per mancanza di leadership da parte dell'UNFPA (Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione); chiede altresì una revisione del sistema di coordinamento umanitario sul terreno;
8. esprime preoccupazione per il fatto che la MONUSCO non ha potuto utilizzare il proprio mandato e le proprie regole d'ingaggio in modo più attivo per fornire una protezione contro questi stupri di massa, compresi gli abusi commessi dalle sue proprie forze; riconosce tuttavia che la sua presenza rimane indispensabile per l'accessibilità umanitaria; insiste affinché il mandato e le regole d'ingaggio della MONUSCO siano eseguiti con determinazione per garantire in modo più efficace la sicurezza della popolazione; accoglie con favore la decisione di prorogare il mandato della missione fino al 30 giugno 2012;
9. invita l'Unione europea e gli Stati membri a sostenere le attività delle missioni EUSEC RD e EUPOL RD; chiede che la questione della lotta contro le violenze sessuali sia completamente integrata nelle operazioni di sicurezza e difesa comune;
10. resta profondamente preoccupato per l'attuale situazione umanitaria nella RDC e per il sotto-finanziamento in detta regione dovuto alla riduzione dei finanziamenti di alcuni donatori bilaterali; deplora fortemente che, ad oggi, i fondi stanziati raggiungano solo poche vittime; invita la Commissione a mantenere i finanziamenti accordati all'assistenza umanitaria nella RDC orientale;
11. invita la Commissione a presentare proposte legislative sui «minerali dei conflitti», che alimentano la guerra e gli stupri di massa nella RDC, per lottare contro l'impunità, sulla falsariga della legge statunitense Dodd-Franck (in particolare la sezione 1502), che impone nuovi requisiti in materia di informazioni sui prodotti per la cui produzione vengono utilizzati tali «minerali dei conflitti»;
12. rileva che il piano di risoluzione del conflitto nel Kivu meridionale, che consiste nel privilegiare la soluzione militare, si sta rivelando un fallimento; ritiene che la soluzione a questo conflitto debba essere politica e deplora la mancanza di coraggio da parte della comunità internazionale; ritiene che sia giunto il momento di andare oltre una semplice condanna e che il governo congolese, l'Unione europea e le Nazioni Unite debbano assumersi le proprie responsabilità e adottare misure concrete per porre fine a queste atrocità; sottolinea che se non cambia nulla, gli attori umanitari saranno presenti ancora a lungo sul campo;
13. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, alla Vicepresidente della Commissione/Alto Rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, all'Unione africana, ai governi dei paesi della regione dei Grandi laghi, al Presidente, al Primo ministro e al parlamento della RDC, al Segretario generale delle Nazioni Unite, alla Rappresentante speciale per crimini sessuali in situazioni di conflitto armato, al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e al Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani.