Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 7 aprile 2011 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2000/75/CE concernente misure di vaccinazione contro la febbre catarrale degli ovini (COM(2010)0666 – 05499/2011 – C7-0032/2011 – 2010/0326(COD))
– vista la proposta della Commissione al Consiglio (COM(2010)0666),
– vista la lettera del Consiglio in data 26 gennaio 2011, nella quale il Consiglio ha ritenuto che la base giuridica dovesse essere modificata e ha chiesto al Parlamento europeo di adottare la sua posizione sulla proposta della Commissione tenuto conto dell'articolo 43, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (05499/2011 - C7-0032/2011),
– visti l'articolo 294, paragrafo 2, e l'articolo 43, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visti l'articolo 294, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto il parere del Comitato economico e sociale europeo del 15 marzo 2011(1),
– visto il parere della commissione giuridica sulla proposta di modifica della base giuridica,
– visti gli articoli 55 e 37 del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale (A7-0121/2011),
1. adotta la posizione in prima lettura figurante in appresso;
2. chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;
3. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione nonché ai parlamenti nazionali.
Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 7 aprile 2011 in vista dell'adozione della direttiva 2011/.../UE del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2000/75/CE per quanto riguarda la vaccinazione contro la febbre catarrale degli ovini
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
Visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 43, paragrafo 2,
▌
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo(2),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria(3),
considerando quanto segue:
(1) La direttiva 2000/75/CE del Consiglio, del 20 novembre 2000, che stabilisce disposizioni specifiche relative alle misure di lotta e di eradicazione della febbre catarrale degli ovini(4), fissa le norme di controllo e le misure di lotta e di eradicazione della febbre catarrale degli ovini, incluse norme che istituiscono zone di protezione e sorveglianza, così come l'impiego di vaccini contro la febbre catarrale degli ovini.
(2) In passato si sono verificati nell'Unione sporadici casi di diffusione di determinati sierotipi del virus della febbre catarrale degli ovini. Tali occorrenze del morbo si sono verificate principalmente nelle aree meridionali dell'Unione. Tuttavia, a partire dall'adozione della direttiva 2000/75/CE e, in particolare, a partire dall'introduzione nell'Unione dei sierotipi 1 e 8 del virus della febbre catarrale degli ovini nel 2006 e nel 2007, il virus della febbre catarrale degli ovini si è diffuso maggiormente nell'Unione, diventando potenzialmente endemico in alcune aree. È diventato pertanto particolarmente difficile riuscire a controllare la diffusione del virus.
(3) Le norme sulle vaccinazioni contro la febbre catarrale degli ovini fissate dalla direttiva 2000/75/CE si basano sull'esperienza dell'impiego dei cosiddetti «vaccini vivi modificati», o «vaccini vivi attenuati», che erano gli unici vaccini disponibili all'epoca in cui la direttiva è stata adottata. L'impiego di questi vaccini può condurre a un'indesiderata diffusione locale del virus vaccinale anche nei capi non vaccinati.
(4) Negli ultimi anni lo sviluppo di nuove tecnologie ha reso disponibili «vaccini inattivati» contro la febbre catarrale degli ovini che non comportano tale rischio per i capi non vaccinati. L'impiego intensivo di tali vaccini durante le campagne di vaccinazione del 2008 e del 2009 ha condotto a un significativo miglioramento della situazione sanitaria. Oggi si concorda ampiamente nel ritenere che la vaccinazione eseguita con vaccini inattivati costituisca lo strumento d'elezione per la lotta alla febbre catarrale degli ovini e la prevenzione di forme cliniche nell'Unione.
(5) Per garantire una maggiore efficacia nella lotta alla diffusione della febbre catarrale degli ovini e ridurre l'onere che essa impone al settore agricolo, è opportuno modificare le vigenti norme in tema vaccinazioni fissate dalla direttiva 2000/75/CE al fine di tenere conto delle più recenti innovazioni tecnologiche nella produzione dei vaccini.
(6)Onde consentire che la stagione vaccinale 2011 possa beneficiare delle nuove norme, è opportuno che la presente direttiva entri in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
(7) Le modifiche previste dalla presente direttiva dovrebbero rendere le norme in materia di vaccinazioni più flessibili, prendendo anche in considerazione il fatto che sono oggi disponibili vaccini inattivati che possono essere impiegati con successo anche al di fuori di zone dove sono state imposte restrizioni allo spostamento del bestiame.
(8) Inoltre, purché siano adottate misure di precauzione adeguate, l'impiego di vaccini vivi attenuati non dovrebbe essere escluso, poiché il loro impiego potrebbe ancora rivelarsi necessario in determinate circostanze, come nel caso dell'apparizione di nuovi sierotipi virali della febbre catarrale degli ovini contro cui potrebbero non essere disponibili vaccini inattivati.
(9) È opportuno pertanto modificare di conseguenza la direttiva 2000/75/CE,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
La direttiva 2000/75/CE è così modificata:
1) all'articolo 2 è aggiunta la lettera seguente:"
j)
“vaccini vivi attenuati”: vaccini prodotti a partire da ceppi isolati del virus della febbre catarrale degli ovini attraverso passaggi seriali in colture di tessuti o con uova fecondate di pollame.
"
2) l'articolo 5 è sostituito dal seguente:"
Articolo 5
1. L'autorità competente di uno Stato membro può decidere di autorizzare l'impiego di vaccini contro la febbre catarrale degli ovini, purché:
a)
tale decisione sia basata sul risultato di una valutazione specifica del rischio effettuata dall'autorità competente;
b)
la Commissione sia informata prima che tale vaccinazione sia eseguita.
2. Ogniqualvolta sono impiegati vaccini vivi attenuati, gli Stati membri provvedono affinché l'autorità competente delimiti:
a)
una zona di protezione, che comprenda almeno la zona di vaccinazione,
b)
una zona di sorveglianza, che consista in una parte del territorio dell'Unione profonda almeno 50 km oltre i limiti della zona di protezione.
"
3) all'articolo 6, paragrafo 1, la lettera d) è sostituita dalla seguente:"
d)
applica le disposizioni adottate secondo la procedura di cui all'articolo 20, paragrafo 2, in particolare per quanto riguarda l'attuazione di un eventuale programma di vaccinazione o di altre misure alternative,
"
4) all'articolo 8, paragrafo 2, la lettera b) è sostituita dalla seguente:"
b) La zona di sorveglianza è costituita da una parte del territorio comunitario profonda almeno 50 km oltre i limiti della zona di protezione e in cui nei dodici mesi precedenti non sia stata praticata alcuna vaccinazione con vaccini vivi attenuati.
"
5) all'articolo 10, il punto 2 è sostituito dal seguente:"
2)
sia vietata qualsiasi vaccinazione contro la febbre catarrale degli ovini che impieghi vaccini vivi attenuati nella zona di sorveglianza.
"
Articolo 2
1. Gli Stati membri adottano e pubblicano entro e non oltre il 30 giugno 2011 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni nonché una tavola di concordanza tra queste ultime e la presente direttiva.
Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal 1° luglio 2011 al più tardi.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 3
La presente direttiva entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 4
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
– viste le sue precedenti risoluzioni sulla Siria e sullo Yemen,
– vista la sua risoluzione sulle relazioni dell'Unione europea con il Consiglio di cooperazione del Golfo del 24 marzo 2011(1),
– vista la sua risoluzione recante la raccomandazione del Parlamento europeo al Consiglio sulla conclusione di un accordo di associazione euro-mediterraneo tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica araba siriana, dall'altra, approvata il 26 ottobre 2006(2),
– vista la dichiarazione del Presidente del Parlamento europeo Jerzy Buzek sull'attacco mortale contro i manifestanti in Siria il 23 marzo 2011,
– vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948,
– visto il patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) del 1966, del quale il Bahrein, la Siria e lo Yemen sono firmatari,
– vista la convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti del 1975, della quale il Bahrein, la Siria e lo Yemen sono firmatari,
– viste le conclusioni del Consiglio europeo del 24 e 25 marzo 2011,
– viste le conclusioni del Consiglio sul Bahrein e sullo Yemen del 21 marzo 2011,
– viste le dichiarazioni dell'Alto rappresentante/Vicepresidente della Commissione sul Bahrein del 10, 15 e 17 marzo 2011, sulla Siria del 18, 22, 24 e 26 marzo 2011 e sullo Yemen del 10, 12 e 18 marzo 2011 e del 5 aprile 2011,
– vista la comunicazione congiunta dell'alto rappresentante e della Commissione, dell'8 marzo 2011, su un partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa con il Mediterraneo meridionale,
– visti gli orientamenti dell'Unione europea sui difensori dei diritti umani del 2004, nella versione aggiornata del 2008,
– visto l'articolo 110, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che, sull'esempio di sviluppi analoghi in altri paesi arabi, i manifestanti in Bahrein, Siria e Yemen hanno espresso legittime aspirazioni democratiche e una forte richiesta popolare di riforme politiche, economiche e sociali volte a conseguire un'autentica democrazia, a combattere la corruzione e il nepotismo, a garantire il rispetto dello Stato di diritto, dei diritti umani e delle libertà fondamentali, a ridurre le disparità sociali e a migliorare le condizioni economiche e sociali,
B. considerando che i rispettivi governi hanno reagito aumentando la repressione violenta, dichiarando lo stato di emergenza e applicando leggi contro il terrorismo per giustificare reati gravi, tra cui esecuzioni extragiudiziali, sequestri e scomparse, arresti arbitrari, torture e processi iniqui,
C. considerando che in Siria, Bahrein e Yemen l'uso spropositato della forza contro i dimostranti da parte delle forze di sicurezza ha provocato un pesante bilancio di morti, feriti e arresti e viola il patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR), del quale questi paesi sono firmatari,
D. considerando che le manifestazioni sono iniziate nella città di Dar'a, nella Siria meridionale, e da qui si sono estese in tutto il paese; che le autorità siriane hanno represso le manifestazioni utilizzando proiettili veri per disperdere le riunioni pacifiche, arrestato centinaia di civili e mobilitato manifestanti a favore del regime a Damasco e in altre città; che il governo siriano si è dimesso il 29 marzo 2011 e Adel Safar è stato incaricato di formare un nuovo governo; che il discorso del presidente Bashar al-Assad dinanzi al parlamento siriano il 30 marzo 2011 non è riuscito a soddisfare le aspettative e le speranze riguardo all'introduzione di riforme significative,
E. considerando che in Siria vige la legge di emergenza dal 1963 e che questa limita di fatto i cittadini nell'esercizio dei loro diritti civili e politici, mentre assicura alle autorità siriane un costante controllo del sistema giudiziario,
F. considerando che il governo siriano ha reso una serie di dichiarazioni pubbliche impegnandosi a favore della libertà di espressione e partecipazione politica (abolizione della legge di emergenza, soppressione dell'articolo 8 della costituzione siriana che attribuisce al partito Ba'th il ruolo di guida nel paese e nella società, risoluzione dei problemi causati dal censimento realizzato nel 1962 nel governatorato di al-Hasaka, a seguito del quale centinaia di migliaia di curdi sono stati privati del loro passaporto e registrati come stranieri), ma non è riuscito a compiere progressi concreti al riguardo; che il noto attivista siriano per i diritti umani e critico del governo, Haitham al-Maleh, è stato rilasciato nel marzo 2011 e ha invitato la comunità internazionale a esercitare pressioni sul regime siriano affinché questo rispetti gli obblighi internazionali in materia di diritti umani,
G. considerando che l'accordo di associazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica araba siriana, dall'altra, attende ancora di essere firmato e che la firma viene posticipata dall'ottobre 2009 su richiesta della Siria; che il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali costituisce una parte essenziale di detto accordo,
H. considerando che il 14 febbraio 2011 sono iniziate le manifestazioni nel Bahrein nelle quali i dimostranti chiedevano riforme politiche quali una monarchia costituzionale e un governo eletto, nonché di porre fine alla corruzione e all'emarginazione degli sciiti, che rappresentano oltre il 60% della popolazione; che la situazione rimane tesa in Bahrein, dove nel corso della settimana passata è stata denunciata la scomparsa di un numero di persone tra le 50 e 100 unità; che, in base a talune segnalazioni, in Bahrein si trovano in stato di arresto personale medico, difensori dei diritti umani e attivisti politici e le forze di sicurezza hanno assunto il controllo degli ospedali,
I. considerando che nel Bahrein, su richiesta del governo del paese, il Consiglio di cooperazione del Golfo ha inviato forze di sicurezza provenienti dall'Arabia Saudita, dagli Emirati Arabi Uniti e dal Kuwait,
J. considerando che da gennaio 2011 milioni di cittadini manifestano in modo sostanzialmente pacifico nello Yemen e che circa un centinaio di persone sarebbero state uccise principalmente dalle forze di sicurezza che avrebbero sparato proiettili veri contro la folla, mentre centinaia di persone sarebbero state ferite; che nello Yemen le ambulanze che trasportavano verso gli ospedali dimostranti antigovernativi feriti sono state bloccate dalle forze di sicurezza,
K. considerando che il presidente dello Yemen, Ali Abdullah Saleh, che governa il paese da 32 anni, ha promesso di dimettersi e che, tuttavia, non ha finora adottato alcuna misura concreta per mantenere le sue promesse di una transizione democratica pacifica,
L. considerando che i membri del Consiglio di cooperazione del Golfo hanno deciso di invitare il governo yemenita e i rappresentanti dell'opposizione a partecipare a colloqui a Riyad per risolvere l'impasse su alcuni problemi specifici,
M. considerando che lo Yemen è il paese più povero del Medio Oriente, con una diffusa malnutrizione, un calo delle riserve petrolifere, una popolazione in crescita, un governo centrale debole, un aumento della penuria idrica e scarsi investimenti nell'economia del paese; che vi sono forti preoccupazioni riguardo alla possibile disintegrazione dello Stato yemenita, data la fragile tregua raggiunta a febbraio con i ribelli sciiti nel nord del paese, un movimento secessionista nel sud e numerosi militanti di Al-Qaeda che utilizzerebbero lo Yemen come base,
N. considerando che in Bahrein e Yemen è stato recentemente dichiarato lo stato di emergenza e che una siffatta dichiarazione in qualsiasi paese non solleva il governo nazionale dall'obbligo fondamentale di rispettare lo Stato di diritto e gli impegni internazionali in materia di diritti umani;
1. condanna fermamente la violenta repressione di manifestanti pacifici da parte delle forze di sicurezza in Bahrein, Siria e Yemen e porge le sue condoglianze alle famiglie delle vittime; esprime la sua solidarietà alle popolazioni di questi paesi, plaude al loro coraggio e alla loro determinazione e appoggia risolutamente le loro legittime aspirazioni democratiche;
2. esorta le autorità del Bahrein, della Siria e dello Yemen ad astenersi dall'uso della violenza nei confronti dei manifestanti e a rispettare la loro libertà di riunione e di espressione; condanna il fatto che le autorità in Bahrein e Yemen abbiano interferito nella prestazione di assistenza sanitaria, nonché impedito o limitato l'accesso alle strutture sanitarie; sottolinea che i responsabili dei morti e feriti che ne sono risultati dovrebbero essere chiamati a risponderne ed essere assicurati alla giustizia; invita le autorità a rilasciare immediatamente tutti i prigionieri politici, i difensori dei diritti umani e i giornalisti e quanti sono detenuti a causa delle loro attività pacifiche nel contesto delle proteste;
3. osserva che l'uso della violenza da parte di uno Stato contro la sua stessa popolazione deve avere ripercussioni dirette sulle sue relazioni bilaterali con l'Unione europea; rammenta all'alto rappresentate dell'Unione/vicepresidente della Commissione che l'Unione europea può avvalersi come deterrente di molteplici strumenti, tra cui il congelamento dei beni e il divieto di viaggio; ricorda tuttavia che la popolazione non dovrebbe mai risentire di una siffatta revisione dei rapporti bilaterali;
4. invita l'Unione europea e i suoi Stati membri a tenere pienamente conto degli eventi recenti e in corso e degli ulteriori sviluppi in Bahrein, Siria e Yemen nelle relazioni bilaterali con questi paesi, inclusa la sospensione di nuovi negoziati per la firma dell'accordo di associazione tra l'Unione europea e la Siria non ancora concluso; ritiene che la conclusione di tale accordo dovrebbe essere subordinata alla capacità delle autorità siriane di mettere in atto le attese riforme democratiche in forma tangibile;
5. invita l'Unione europea e i suoi Stati membri ad appoggiare le richieste di indagini indipendenti sugli attacchi contro i manifestanti in questi paesi, in particolare un'indagine indipendente delle Nazioni Unite o della Corte penale internazionale sull'attacco del 18 marzo 2011 contro i dimostranti a San'a, nello Yemen, dove 54 persone hanno perso la vita e più di 300 sono state ferite; invita l'Unione europea a prendere immediatamente l'iniziativa di convocare una sessione speciale della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo per affrontare gli abusi commessi in Bahrein, Siria e Yemen durante la repressione delle manifestazioni e del dissenso;
6. invita i governi di Bahrein, Siria e Yemen a impegnarsi in un processo e in un dialogo politico aperti e seri, senza ritardi o precondizioni, con la partecipazione di tutte le forze politiche democratiche e della società civile, con l'obiettivo di preparare il terreno per un'autentica democrazia, per la revoca dello stato di emergenza e l'attuazione delle riforme politiche, economiche e sociali reali, ambiziose e significative che sono essenziali per la stabilità a lungo termine e lo sviluppo;
7. invita le autorità del Bahrein, della Siria e dello Yemen a rispettare i loro impegni internazionali in materia di diritti umani e libertà fondamentali; invita le autorità di questi paesi a revocare immediatamente lo stato di emergenza, a rilasciare immediatamente tutti i prigionieri politici, i difensori dei diritti umani, i giornalisti e i manifestanti pacifici, a riconoscere la libertà di espressione e di associazione nella legislazione e nella prassi, a rafforzare le misure di lotta contro la corruzione, a garantire pari diritti alle minoranze, ad assicurare l'accesso a mezzi di comunicazione quali Internet e la telefonia mobile e ai mezzi di informazione indipendenti;
8. prende atto delle dimissioni del governo siriano avvenute il 29 marzo 2011, ma ritiene che questo non sarà sufficiente a contrastare la crescente frustrazione della popolazione del paese; invita il presidente Bashar al-Assad a porre fine alla politica di repressione nei confronti degli oppositori politici e dei difensori dei diritti umani, a revocare effettivamente lo stato di emergenza vigente dal 1963, a promuovere il processo di transizione democratica in Siria e a stabilire un programma concreto di riforme politiche, economiche e sociali;
9. invita il governo del Bahrein e le altre parti a impegnarsi in un dialogo serio e costruttivo, senza ritardi o precondizioni, per realizzare le riforme; plaude al fatto che il Segretario generale delle Nazioni Unite ha annunciato che l'ONU è pronta a sostenere sforzi intrapresi a livello nazionale, qualora richiesto;
10. esprime preoccupazione per la presenza in Bahrein di forze militari straniere sotto la bandiera del Consiglio di cooperazione del Golfo; invita il Consiglio di cooperazione del Golfo a utilizzare le proprie risorse in quanto attore regionale collettivo per agire in modo costruttivo e mediare a favore dell'attuazione di riforme pacifiche in Bahrein;
11. invita il presidente yemenita Saleh ad adottare misure concrete per dare attuazione al suo impegno di trasferire pacificamente il potere attraverso le istituzioni costituzionali; invita tutte le parti, inclusa l'opposizione, ad agire in modo responsabile, avviando senza indugi un dialogo aperto e costruttivo ai fini di una transizione politica ordinata, nonché a coinvolgere in tale dialogo tutti i partiti e movimenti che rappresentano il popolo yemenita;
12. esprime grave preoccupazione per il livello di povertà e disoccupazione nonché per la crescente instabilità politica ed economica dello Yemen; ribadisce che occorre accelerare l'erogazione dei fondi in base agli impegni assunti dalla conferenza dei donatori del 2006; invita altresì l'Unione europea e il Consiglio di cooperazione del Golfo a uno sforzo particolare per garantire assistenza tecnica e finanziaria non appena il presidente Saleh sarà pronto a cedere il passo a un governo democraticamente istituito;
13. invita l'Unione europea e i suoi Stati membri a sostenere le aspirazioni democratiche pacifiche della popolazione in Bahrein, Siria e Yemen, a rivedere le loro politiche nei confronti di questi paesi, a rispettare il codice di condotta dell'Unione europea sulle esportazioni di armi e ad essere pronti ad assistere, qualora le autorità nazionali assumessero impegni seri, l'attuazione di programmi concreti di riforma politica, economica e sociale in questi paesi;
14. invita la Commissione a ricorrere integralmente e in modo efficace al sostegno esistente fornito dallo strumento europeo di vicinato e partenariato (ENPI), dello strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR) e dallo strumento finanziario di stabilità (IfS), e ad elaborare con urgenza proposte concrete su come l'assistenza finanziaria dell'Unione europea potrà in futuro aiutare meglio i paesi e le società civili in Medio Oriente e nella regione del Golfo nella loro transizione verso la democrazia e il rispetto dei diritti umani;
15. sottolinea l'impegno dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e della Commissione, nella comunicazione congiunta su un partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa con il Mediterraneo meridionale, di continuare a sostenere la trasformazione democratica e la società civile a seguito degli attuali sviluppi storici nella regione; chiede che l'Unione europea assista i processi democratici nella regione mediterranea e del Golfo per assicurare la piena partecipazione alla vita politica di tutti i cittadini, in particolare delle donne, che hanno svolto un ruolo cruciale nel chiedere un cambiamento democratico;
16. incarica il suo presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, all'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza/vicepresidente della Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al governo e al parlamento del Regno del Bahrein, al governo e al parlamento della Repubblica araba di Siria e al governo e al parlamento della Repubblica dello Yemen.
– considerando che nel 1971 le Nazioni Unite hanno riconosciuto i paesi meno avanzati come il segmento più povero e più debole della comunità internazionale,
– visti i criteri stabiliti dalla commissione delle Nazioni Unite per le politiche di sviluppo per caratterizzare i paesi meno avanzati,
– vista la dichiarazione di Parigi sui paesi meno avanzati del settembre 1990,
– vista la relazione del Segretario generale delle Nazioni Unite sull'attuazione del programma d'azione a favore dei paesi meno avanzati per il decennio 2001-2010 (A/65/80),
– visti i risultati della riunione ad alto livello delle Nazioni Unite sugli Obiettivi di sviluppo del millennio, svoltasi nel settembre 2010,
– visto il programma d'azione di Bruxelles per i paesi meno avanzati adottato in occasione della Terza conferenza delle Nazioni Unite sui paesi meno avanzati (LDC-III), svoltasi a Bruxelles nel maggio 2001,
– vista la decisione presa nel 2008 dall'Assemblea generale dell'ONU di convocare la Quarta conferenza delle Nazioni Unite sui paesi meno avanzati (LDC-IV),
– considerando che la Quarta conferenza dell'ONU sui paesi meno avanzati valuterà i risultati del programma d'azione di Bruxelles, giunto ormai alla fase conclusiva, e proporrà nuove azioni (2011-2020) intese a incoraggiare la condivisione di prassi eccellenti e insegnamenti acquisiti e a individuare le decisioni politiche e le sfide che i paesi meno avanzati saranno chiamati ad affrontare nel corso dei prossimi dieci anni, nonché le azioni richieste,
– vista la dichiarazione delle Nazioni Unite del 1986 sul diritto allo sviluppo,
– visto l'Obiettivo di sviluppo del millennio che consiste nel dimezzare la povertà entro il 2015,
– visto l'articolo 110, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che attualmente sono 48 i paesi classificati come meno avanzati, di cui 33 in Africa, 14 in Asia e 1 in America latina; che 16 sono privi di sbocchi sul mare e 12 sono piccole isole,
B. considerando che il 75% degli 800 milioni di abitanti dei paesi meno avanzati vive con meno di 2 USD al giorno; che il numero di paesi è salito da 25 a 48 da quando le Nazioni Unite hanno introdotto questa categoria nel 1971; e che solo il Botswana nel 1994, Capo Verde nel 2007 e le Maldive nel gennaio 2011 sono usciti dalla categoria,
C. considerando che tra il 2000 e il 2010 l'indice medio di sviluppo umano per i paesi meno sviluppati è passato solo dallo 0,34 allo 0,39; e che in media i paesi meno avanzati sono sulla buona strada per conseguire solo due dei sette Obiettivi di sviluppo del millennio,
D. considerando che grazie alla Terza conferenza delle Nazioni Unite sui paesi meno avanzati e al programma d'azione di Bruxelles sono stati compiuti alcuni passi positivi, come l'iniziativa «Tutto tranne le armi» e gli aumenti dell'aiuto pubblico allo sviluppo (APS), raddoppiato tra il 2000 e il 2008 e degli investimenti esteri diretti, passati da 6 a 33 miliardi USD, consentendo a 19 paesi di registrare un tasso di crescita del 3%,
E. considerando che le raccomandazioni della Quarta conferenza delle Nazioni Unite sui paesi meno avanzati possono essere attuate solo se si affrontano in modo adeguato le questioni fondamentali per i paesi meno avanzati, quali la coerenza tra politica commerciale e sviluppo, l'agricoltura, la pesca, gli investimenti e il cambiamento climatico, e si inseriscono all'ordine del giorno problematiche importanti, quali la governance, la lotta alla corruzione, in particolare il concetto di «contratto di governance» (ossia l'introduzione nel contratto di una soglia sociale) tra paesi partner e paesi donatori e lo sviluppo delle capacità umane,
F. considerando che la Quarta conferenza delle Nazioni Unite sui paesi meno avanzati ribadirà l'impegno globale di partenariato per rispondere alle esigenze di tali paesi; che i preparativi in corso della conferenza prevedono consultazioni a livello nazionale nonché incontri e conferenze a livello regionale che vedono la partecipazione di un'ampia gamma di soggetti interessati, tra cui parlamentari e rappresentanti della società civile e del settore privato,
G. considerando che il sostegno allo sviluppo sostenibile implica il sostegno alla salute, all'istruzione e alla formazione, alla promozione della democrazia e dello Stato di diritto, nonché al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, che sono componenti fondamentali della politica di sviluppo dell'Unione europea,
H. considerando che la situazione nei paesi meno avanzati è stata ulteriormente peggiorata dalle recenti crisi mondiali in ambito climatico, finanziario, alimentare ed energetico, che vengono ad aggiungersi alle sfide strutturali in atto,
I. considerando che, sebbene l'agricoltura costituisca la base dell'economia di molti paesi meno avanzati e occupi più del 90% della forza lavoro, la sicurezza alimentare è a rischio,
J. considerando che non vi può essere uno sviluppo significativo senza un ruolo di primo piano degli Stati basato su una maggiore capacità di perseguire lo sviluppo economico e l'equa distribuzione di ricchezza, i partenariati tra pubblico e privato e gli investimenti esteri, rispettando pienamente le norme fondamentali OIL in materia di lavoro e i principi di protezione dell'ambiente, e che lo Stato deve assumersi la propria responsabilità di fornire stabilità e un quadro giuridico,
K. considerando che ciascun paese meno avanzato deve identificare priorità e soluzioni adeguate al proprio contesto nazionale, sulla base della partecipazione democratica della popolazione nel processo decisionale,
L. considerando che il successo della conferenza di Istanbul dipende da risultati concreti (ad esempio contratti di governance, soglia sociale, riduzione del debito, aiuto allo sviluppo, finanziamenti innovativi) e dalla qualità dei contributi dei partecipanti,
1. ritiene che la Quarta conferenza delle Nazioni Unite sui paesi meno avanzati debba essere orientata ai risultati, sulla base di chiari indicatori e dell'obiettivo di ridurre della metà il numero dei paesi meno avanzati entro il 2020, combinando meccanismi di monitoraggio e di controllo efficienti e trasparenti;
2. sottolinea che gli aiuti dell'Unione europea ai paesi meno avanzati dovrebbero essere orientati principalmente alla creazione di ricchezza e allo sviluppo di un'economia di mercato, che sono i requisiti preliminari di base per l'eradicazione della povertà;
3. chiede che sia data priorità alla crescita economica quale elemento chiave per lo sviluppo e la riduzione generalizzata della povertà nei paesi meno avanzati;
4. ritiene che la Quarta conferenza dell'ONU debba concentrarsi sulla coerenza delle politiche per lo sviluppo, che rappresenta un importante fattore per una svolta politica a livello nazionale e internazionale; chiede pertanto ai responsabili politici di tutti i settori – scambi commerciali, pesca, ambiente, agricoltura, cambiamento climatico, energia, investimenti e finanza – di sostenere le esigenze di sviluppo sostenibile dei paesi meno avanzati per lottare contro la povertà e garantire redditi e mezzi di sussistenza dignitosi;
5. esorta l'UE a rispettare gli impegni assunti in termini di accesso al mercato e riduzione del debito; ribadisce l'importanza di realizzare l'obiettivo APS dello 0,15-0,20% del RNL a favore dei paesi meno avanzati, attivando a tal fine risorse nazionali e, come misura di complemento, meccanismi di finanziamento innovativi;
6. rammenta l'obiettivo di uscire dalla categoria dei paesi meno avanzati e richiama l'attenzione sulle modalità definite al vertice sugli Obiettivi di sviluppo del millennio del settembre 2010 per accelerare la lotta alla povertà, generare uno sviluppo economico sostenibile, volto a migliorare il tenore di vita della popolazione dei paesi meno avanzati, garantire buongoverno e promuovere lo sviluppo di capacità;
7. rileva la necessità di nuove misure intese a integrare i paesi meno avanzati nell'economia mondiale e a migliorarne l'accesso ai mercati dell'Unione; invita la Commissione a potenziare l'assistenza commerciale volta ad aiutare i paesi più poveri a far fronte alla concorrenza derivante dalla liberalizzazione del mercato;
8. rammenta che la pace e la sicurezza sono elementi indispensabili per la riuscita delle politiche di sviluppo e che l'Unione europea dovrebbe adottare un approccio più coordinato al fine di affrontare i problemi di stabilità nei paesi meno avanzati e sostenere gli sforzi volti ad acquisire capacità per costruire Stati pacifici, democratici e inclusivi;
9. ribadisce la necessità di dare priorità alla sicurezza alimentare, all'agricoltura, alle infrastrutture, al rafforzamento delle capacità, alla crescita economica inclusiva, all'accesso alle tecnologie nonché allo sviluppo umano e sociale dei paesi meno avanzati;
10. chiede l'istituzione di regole commerciali giuste ed eque e l'attuazione di politiche integrate su un'ampia gamma di questioni economiche, sociali e ambientali onde promuovere lo sviluppo sostenibile;
11. ricorda la necessità di mettere in atto misure efficaci in materia di volatilità e trasparenza dei prezzi e mercati finanziari regolati per proteggere i paesi meno avanzati e ridurne la vulnerabilità;
12. ribadisce la necessità di contribuire allo sviluppo dei sistemi fiscali nazionali e alla buona governance in materia fiscale e chiede alle Nazioni Unite di istituire meccanismi adeguati al riguardo;
13. esorta l'Unione europea e gli Stati membri a esaminare, in occasione della conferenza PMA-IV, l'attuazione di meccanismi innovativi di finanziamento allo sviluppo, quale un'imposta sulle operazioni finanziarie; sottolinea che gli impegni in materia di APS e i meccanismi innovativi di finanziamento devono essere considerati essenziali e complementari nella lotta contro la povertà;
14. sollecita l'ONU e l'UE ad affrontare seriamente, in occasione della Quarta conferenza dell'ONU sui paesi meno avanzati, le ripercussioni negative dell'acquisizione di terreni agricoli come l'esproprio di piccoli coltivatori e l'utilizzazione non sostenibile del terreno e delle risorse idriche;
15. rammenta la necessità che l'obiettivo a lungo termine della cooperazione allo sviluppo consista nella creazione delle condizioni idonee per uno sviluppo economico sostenibile; e un'equa redistribuzione della ricchezza; sottolinea pertanto la necessità di determinare bisogni e strategie dei paesi meno avanzati, di diversificare gli scambi commerciali, rafforzando l'equità dei prezzi della produzione dei paesi meno avanzati, e di risolvere i vincoli sul lato dell'offerta, onde incrementare la capacità commerciale dei paesi meno avanzati e la loro idoneità ad attrarre investimenti nel rispetto delle norme fondamentali OIL in materia di lavoro e della protezione dell'ambiente;
16. è consapevole del fatto che l'iniziativa «Tutto fuorché le armi» non ha interamente raggiunto i suoi obiettivi originari, ragion per cui la qualità e il volume degli scambi commerciali dai paesi meno avanzati verso il mercato dell'Unione europea non soddisfano a tutt'oggi le aspettative, segnatamente in ragione della mancanza di idonee infrastrutture commerciali e portuali; auspica lo sviluppo di tali infrastrutture, che si confermano fondamentali per potenziare le capacità commerciali;
17. sottolinea la necessità di migliorare l'efficacia dell'aiuto allo sviluppo, in linea con la dichiarazione di Parigi e l'agenda di Accra;
18. sottolinea la posizione del Parlamento europeo e il suo ruolo decisivo per quanto riguarda l'approvazione del bilancio di sviluppo dell'Unione europea; è pertanto convinto che il Parlamento dovrebbe essere maggiormente associato all'elaborazione della strategia europea in materia di sviluppo; ritiene inoltre essenziale che sia introdotto un meccanismo di rendicontazione e informazione;
19. ritiene che l'adozione della nuova legge statunitense «minerali di guerra» rappresenti un enorme passo in avanti per combattere lo sfruttamento e la commercializzazione illegali dei minerali in Africa, che alimentano la guerra civile e i conflitti; ritiene che l'ONU debba presentare una proposta simile per garantire la tracciabilità dei minerali importati nei mercati mondiali;
20. chiede una valutazione sistematica del rischio rappresentato dal cambiamento climatico in tutti gli aspetti della pianificazione politica e dei relativi processi decisionali, tra cui il commercio, l'agricoltura e la sicurezza alimentare, e chiede che i risultati di tale valutazione vengano utilizzati per elaborare orientamenti chiari per la politica di cooperazione allo sviluppo;
21. esprime preoccupazione per la crescente probabilità che si verifichino catastrofi ambientali con conseguenti migrazioni di massa, che rendono essenziale un aiuto d'urgenza per questa nuova categoria di rifugiati;
22. sottolinea l'importanza della cooperazione e dell'integrazione regionali e chiede il rafforzamento dei contesti regionali che consentono soprattutto ai paesi più piccoli di ottenere risorse, conoscenze e competenze;
23. sottolinea che la mancanza di progressi per quanto riguarda la gestione delle finanze pubbliche continua a impedire alla maggior parte di questi paesi di ricevere un sostegno di bilancio, fattore essenziale per il processo di rafforzamento delle capacità di ciascun paese;
24. sottolinea l'importanza, per i paesi meno avanzati, dello sviluppo della cooperazione trilaterale, in particolare con i paesi emergenti, nell'ottica di proseguire nella direzione di una cooperazione completa che abbia reciproci vantaggi e uno sviluppo comune;
25. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché al Segretario generale delle Nazioni Unite.
Relazione 2010 sui progressi realizzati dall'Islanda
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Risoluzione del Parlamento europeo del 7 aprile 2011 sulla relazione concernente i progressi compiuti dall'Islanda nel 2010
– visto il regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 maggio 2010, che aggiunge l'Islanda alla lista dei paesi ammessi all'assistenza di preadesione dell'Unione europea destinata ad aiutare i paesi candidati ad allinearsi al diritto europeo,
– visto il parere della Commissione del 24 febbraio 2010 sulla domanda di adesione dell'Islanda all'Unione europea (SEC(2010)0153),
– vista la decisione di avviare i negoziati di adesione con l'Islanda, adottata dal Consiglio europeo il 17 giugno 2010,
– viste la posizione generale dell'UE e quella del governo dell'Islanda, adottate il 27 luglio 2010 durante la riunione ministeriale di apertura della conferenza intergovernativa sull'adesione dell'Islanda all'Unione europea,
– viste la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio intitolata «Strategia di allargamento e sfide principali per il periodo 2010-2011» (COM(2010)0660) e la relazione sui progressi compiuti dall'Islanda nel 2010, approvata il 9 novembre 2010,
– vista la sua risoluzione del 26 novembre 2009 sulla strategia di allargamento 2009 concernente i paesi dei Balcani occidentali, l'Islanda e la Turchia(1),
– vista la sua relazione del 7 luglio 2010 sulla domanda di adesione dell'Islanda all'Unione europea(2),
– viste le raccomandazioni della prima riunione della commissione parlamentare mista UE-Islanda, approvate nell'ottobre 2010,
– visto l'articolo 110, paragrafo 2, del suo regolamento,
A. considerando che l'Islanda soddisfa i criteri di Copenaghen e che i negoziati di adesione con l'Islanda sono iniziati il 27 luglio 2010, previa approvazione del Consiglio dell'Unione europea,
B. considerando che il processo di screening è cominciato il 15 novembre 2010 e si prevede che durerà sino al 17 giugno 2011,
C. considerando che, come evidenziato dal rinnovato consenso sull'allargamento, i progressi di ciascun paese verso l'adesione all'Unione europea si basano sul merito,
D. considerando che l'Islanda, avendo aderito allo Spazio economico europeo (SEE), agli accordi di Schengen e al regolamento di Dublino, già coopera attivamente con l'Unione europea e ha quindi già adottato una parte significativa dell'acquis,
E. considerando che l'Islanda concorre alla coesione e alla solidarietà europee tramite il meccanismo finanziario previsto nell'ambito del SEE e collabora con l'UE a operazioni di mantenimento della pace e di gestione delle crisi,
1. si compiace dell'avvio dei negoziati di adesione con l'Islanda nel luglio 2010; reputa essenziale creare le condizioni per completare il processo di adesione con tale paese e garantire che la sua adesione sia un successo;
Criteri politici
2. valuta positivamente la prospettiva di un nuovo Stato membro dell'UE di solida tradizione democratica e cultura civica; sottolinea che l'adesione dell'Islanda rafforzerà ulteriormente il ruolo dell'Unione quale promotore e difensore a livello mondiale dei diritti umani e delle libertà fondamentali;
3. elogia l'Islanda per il suo bilancio positivo per quanto concerne la salvaguardia dei diritti umani e la garanzia di un buon livello di cooperazione con i meccanismi internazionali di tutela di tali diritti;
4. sostiene il lavoro in corso per rafforzare il contesto legislativo in materia di libertà di espressione e accesso all'informazione; si compiace, al riguardo, dell'iniziativa islandese per i media moderni, che permette sia all'Islanda sia all'Unione europea di posizionarsi solidamente per quanto riguarda la tutela giuridica delle libertà d'espressione e d'informazione;
5. si compiace dell'istituzione, nell'ottobre 2010, della commissione parlamentare mista UE-Islanda e nutre la convinzione che essa contribuirà a rafforzare la cooperazione tra l'Althing e il Parlamento europeo durante il processo di adesione;
6. incoraggia vivamente le autorità islandesi ad armonizzare i diritti dei cittadini dell'UE per quanto concerne il diritto di voto alle elezioni locali in Islanda;
7. prende atto dei soddisfacenti progressi compiuti nel rafforzare l'indipendenza della magistratura e si compiace dei provvedimenti adottati dalle autorità islandesi, nel maggio 2010, per porre rimedio alla supremazia del ministero della Giustizia quanto alle nomine giudiziarie, come pure degli emendamenti apportati alla legge giudiziaria al fine di rafforzare l'indipendenza della magistratura, sottolineando al contempo la necessità di attuare integralmente tali provvedimenti;
8. valuta positivamente il lavoro svolto dall'Ufficio del procuratore speciale nonché la relazione della commissione speciale d'indagine, istituita dal parlamento islandese nel dicembre 2008 al fine di indagare e analizzare i processi che hanno portato al crollo del sistema bancario islandese, e si compiace dei progressi realizzati nel gestire le conseguenze politiche, istituzionali e amministrative di tale crollo, pur constatando che l'attuazione delle relative raccomandazioni è ancora in corso e deve essere perseguita con sforzi incessanti;
Criteri economici
9. si compiace del bilancio complessivamente soddisfacente dell'Islanda per quanto concerne l'adempimento degli obblighi che le incombono nell'ambito del SEE e la sua capacità di far fronte alla pressione competitiva e alle forze di mercato all'interno dell'UE;
10. rileva tuttavia che l'ultimo rapporto sul quadro di valutazione dell'EFTA ha evidenziato un lieve aumento del deficit di recepimento dell'Islanda, che attestandosi all'1,3% rimane superiore all'obiettivo intermedio dell'1%, sebbene il ritardo nel recepimento sia stato ridotto;
11. plaude all'accordo raggiunto tra i rappresentanti dei governi islandese, olandese e britannico sulla questione Icesave, segnatamente sulla garanzia di rimborso delle spese sostenute relativamente al pagamento delle garanzie minime ai depositanti delle succursali britanniche e olandesi della banca Landsbanki Islands hf.; accoglie con favore l'approvazione dell'accordo alla maggioranza dei tre quarti da parte del Parlamento islandese il 17 febbraio 2011; prende atto della decisione del presidente dell'Islanda di sottoporre il disegno di legge a referendum e auspica la chiusura della procedura d'infrazione avviata il 26 maggio 2010 dall'Autorità di vigilanza dell'EFTA nei confronti del governo islandese;
12. si compiace del fatto che siano state affrontate le lacune istituzionali del settore finanziario e dei progressi compiuti nel rafforzamento delle prassi di regolamentazione e vigilanza del settore bancario, con particolare riferimento alle competenze dell'Autorità di vigilanza finanziaria;
13. si compiace della presentazione alla Commissione europea da parte dell'Islanda del suo primo programma economico di preadesione quale passo importante nella fase di preadesione e auspica che l'annunciato dialogo economico bilaterale annuale permetterà di consolidare la cooperazione tra le due parti;
14. incoraggia le autorità islandesi a proseguire sulla strada della definizione di una strategia per la liberalizzazione dei controlli sui capitali, che è un requisito importante per l'adesione del paese all'Unione europea;
15. si compiace della recente e positiva quarta revisione del programma «stand-by» dell'FMI, che delinea importanti sviluppi in materia di consolidamento economico e fiscale in Islanda, come pure del fatto che, dopo sette trimestri consecutivi di contrazione, l'economia islandese sia uscita dalla recessione, avendo registrato nel periodo luglio-settembre 2010 un aumento del PIL reale dell'1,2% rispetto al trimestre precedente;
16. valuta positivamente le politiche volte a diversificare ulteriormente l'economia islandese, quale passo necessario verso un benessere economico a lungo termine del paese; incoraggia le autorità islandesi a sviluppare ulteriormente il turismo che è considerato un settore promettente di crescita a più lungo termine e ha registrato nel complesso una percentuale crescente in termini di produzione e occupazione;
17. prende atto della posizione dell'Islanda sull'ingresso nell'area dell'euro, ambizione che potrà realizzarsi dopo l'adesione all'UE e una volta soddisfatte tutte le condizioni necessarie;
18. esprime preoccupazione per l'elevato tasso di disoccupazione che si registra in particolare tra i giovani in Islanda, nonché per la drastica diminuzione degli investimenti e dei consumi interni a seguito della crisi economica e finanziaria, pur rilevando segni di miglioramento in alcune di queste aree; rileva che l'energia verde e la tecnologia dell'energia verde a basso costo che l'Islanda produce potrebbero essere un fattore molto importante per rilanciare l'economia;
19. elogia l'Islanda per i cospicui investimenti realizzati nell'istruzione, nella ricerca e nello sviluppo nonché per il sostegno e la partecipazione alla strategia di Lisbona, anche tramite l'adozione di una strategia «Islanda 2020» che evidenzia l'importanza dell'istruzione, della ricerca e dello sviluppo individuando obiettivi misurabili;
Capacità di assumersi gli obblighi derivanti dall'adesione
20. rileva che, come membro del SEE, l'Islanda ha raggiunto uno stadio ben avanzato per quanto riguarda il rispetto dei requisiti previsti da 10 capitoli del negoziato e rispetta in parte i requisiti di 11 capitoli; sottolinea che il rispetto degli obblighi incombenti all'Islanda in virtù del SEE costituisce un requisito importante nei negoziati di adesione;
21. invita l'Islanda a intensificare i preparativi in vista dell'allineamento con l'acquis dell'Unione europea, soprattutto nei settori che esulano dal SEE, e a garantirne l'attuazione e l'applicazione entro la data di adesione;
22. invita l'Islanda a prepararsi a partecipare alla politica agricola e di sviluppo rurale dell'UE e in particolare a intensificare gli sforzi per approntare le strutture amministrative necessarie all'attuazione di tale politica entro la data di adesione; sottolinea tuttavia la peculiarità dell'ecosistema dell'Islanda e incoraggia la Commissione e le autorità islandesi a trovare un accordo reciprocamente soddisfacente, tenendo conto delle caratteristiche ambientali uniche del paese;
23. invita l'Islanda e l'UE ad affrontare il capitolo dei negoziati relativo alla politica comune della pesca in modo costruttivo, tenendo in considerazione il fatto che tale politica è attualmente oggetto di revisione e che l'acquis potrebbe subire modifiche prima dell'adesione dell'Islanda, e con l'obiettivo di raggiungere una soluzione soddisfacente per ambo le parti con riferimento a una gestione e a uno sfruttamento sostenibili delle risorse della pesca;
24. prende atto del modo positivo in cui l'Islanda ha saputo gestire le proprie risorse della pesca, in modo sostenibile e sulla base di valutazioni scientifiche;
25. invita le autorità islandesi ad adattare la loro legislazione in base all'acquis del mercato interno per quanto riguarda il diritto di stabilimento, la libera prestazione dei servizi e la libera circolazione dei capitali nei settori della produzione e trasformazione dei prodotti ittici;
26. invita l'Islanda a continuare colloqui costruttivi con l'Unione europea e la Norvegia, al fine di giungere a una soluzione della controversia sullo sgombro basata su proposte realistiche che consentano di salvaguardare il futuro dello stock, di proteggere e conservare i posti di lavoro nel settore della pesca in mare e di garantire una pesca a lungo termine e sostenibile;
27. rileva che l'Islanda può fornire un prezioso contributo alle politiche dell'UE grazie alla sua esperienza nel settore delle energie rinnovabili, in particolare per quanto riguarda l'utilizzo dell'energia geotermica, la protezione dell'ambiente e i provvedimenti volti a contrastare il cambiamento climatico;
28. constata tuttavia il perdurare di serie divergenze fra l'Unione europea e l'Islanda su questioni relative alla gestione della fauna marina, segnatamente la caccia alle balene; ricorda che il divieto della caccia alle balene è parte dell'acquis dell'Unione europea e sollecita discussioni più ampie in materia di abolizione della caccia alle balene e del commercio di prodotti balenieri;
29. prende atto del fatto che l'Islanda è uno Stato che non dispone di un esercito e che non produce armamenti; si compiace del sostegno costante dell'Islanda alle operazioni civili nel quadro della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC), come pure del suo allineamento con la maggior parte delle dichiarazioni e decisioni assunte nell'ambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC);
30. si compiace della tradizione della politica estera islandese che affonda le sue radici nel diritto internazionale, nei diritti umani, nella parità di genere, nella cooperazione allo sviluppo e nel concetto di politica di sicurezza basata su valori civili;
Cooperazione regionale
31. ritiene che l'adesione dell'Islanda all'UE aumenterebbe le prospettive dell'Unione di svolgere un ruolo più attivo e costruttivo nell'Europa del Nord e nell'Artico contribuendo alla governance multilaterale e all'elaborazione di soluzioni politiche sostenibili nella regione; valuta positivamente la partecipazione dell'Islanda al Consiglio Nordico nonché alla politica UE della dimensione nordica, al Consiglio Euro-Artico di Barents e al Consiglio Artico che è il principale foro multilaterale di cooperazione nell'Artico; ritiene che l'adesione dell'Islanda all'Unione europea consoliderebbe ulteriormente la presenza europea nel Consiglio Artico;
32. sottolinea la necessità di una politica artica più efficace e coordinata per l'Unione europea ed esprime l'opinione che l'adesione dell'Islanda all'UE rafforzerebbe la dimensione nordatlantica delle politiche esterne dell'Unione;
Opinione pubblica e sostegno all'allargamento
33. incoraggia le autorità islandesi ad ampliare il dibattito pubblico sull'adesione all'Unione europea, tenendo in considerazione la necessità di un saldo impegno per il successo dei negoziati; si congratula con l'Islanda per la creazione del sito web pubblico «eu.mfa.is» e valuta positivamente la crescente frequenza e il carattere più equilibrato delle discussioni nei media islandesi sui pro e i contro dell'adesione all'UE;
34. invita la Commissione a fornire sostegno materiale e tecnico alle autorità islandesi, qualora queste ultime lo richiedano, in modo da aiutarle ad accrescere la trasparenza e la responsabilità relativamente al processo di adesione, e a concorrere all'organizzazione di una vasta e approfondita campagna di informazione in tutto il paese, basata su informazioni chiare, accurate e fattuali, sulle implicazioni dell'adesione all'UE, consentendo così ai cittadini islandesi di compiere una scelta informata nel futuro referendum sull'adesione;
35. nutre la speranza che, a prescindere dalle diverse opinioni politiche, un'opinione pubblica consapevole possa inoltre esercitare un'influenza positiva sull'impegno delle autorità islandesi a favore dell'adesione all'UE;
36. reputa essenziale fornire ai cittadini dell'UE informazioni chiare, complete e fattuali sulle implicazioni dell'adesione dell'Islanda; invita la Commissione e gli Stati membri ad adoperarsi a tal fine e ritiene parimenti importante ascoltare e affrontare le preoccupazioni e gli interrogativi dei cittadini, dando risposta alle opinioni e agli interessi che essi esprimono;
o o o
37. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione /alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Presidente dell'Althing e al governo dell'Islanda.
– viste la decisione del Consiglio europeo del 16 dicembre 2005 di concedere all'ex Repubblica iugoslava di Macedonia lo status di paese candidato all'adesione all'Unione europea e le conclusioni della Presidenza dei Consigli europei del 15 e16 giugno 2006 e del 14 e 15 dicembre 2006,
– viste le risoluzioni 845 (1993) e 817 (1993) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nonché l'accordo interinale del 1995 tra la Repubblica ellenica e l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia,
– vista la relazione 2010 della Commissione sui progressi compiuti dall'ex Repubblica iugoslava di Macedonia (SEC(2010)1332) e la comunicazione della Commissione del 9 novembre 2010 dal titolo «Strategia di allargamento e sfide principali per il periodo 2010-2011» (COM(2010)0660),
– vista la sua risoluzione del 10 febbraio 2010 sulla relazione 2009 sui progressi compiuti dall'ex Repubblica iugoslava di Macedonia(1),
– viste le raccomandazioni della commissione parlamentare mista UE - ex Repubblica iugoslava di Macedonia del 30 novembre 2010,
– vista la decisione 2008/212/CE del Consiglio, del 18 febbraio 2008, relativa ai principi, alle priorità e alle condizioni contenuti nel partenariato di adesione con l'ex Repubblica jugoslava di Macedonia(2),
– viste le conclusioni dei Consigli Affari generali e Affari esteri del 13 e 14 dicembre 2010,
– visto l'articolo 110, paragrafo 2, del suo regolamento,
A. considerando che il processo di allargamento dell'UE è un'importante forza trainante per la pace, la stabilità e la riconciliazione nella regione,
B. considerando che nel 2005 il Consiglio europeo ha conferito all'ex Repubblica jugoslava di Macedonia lo status di paese candidato, ma da allora non è riuscito a fissare una data per l'avvio dei negoziati, malgrado i sostanziali progressi compiuti dal paese sul cammino dell'integrazione europea; che le questioni bilaterali non devono rappresentare un ostacolo o essere utilizzate come tali nell'ambito del processo di adesione, sebbene sia necessario risolverle prima dell'adesione all'UE; che il proseguimento del processo di adesione può contribuire alla stabilità dell'ex Repubblica jugoslava di Macedonia e rafforzare ulteriormente il dialogo interetnico,
C. considerando che l'intensificazione del dialogo e della cooperazione sul piano economico con i paesi candidati all'adesione consente all'Unione europea di concentrarsi sul superamento della crisi economica e contribuisce alla competitività globale dell'Unione,
D. considerando che la strategia di allargamento 2010 evidenzia come priorità la riforma della pubblica amministrazione e del sistema giudiziario, la lotta contro la criminalità organizzata e la corruzione, nonché il dialogo fra gli attori politici,
E. considerando che l'Unione europea mette in atto procedure di approvazione complete che consentono l'adesione di nuovi membri soltanto dopo che essi hanno soddisfatto tutti i requisiti e in virtù del consenso esplicito delle istituzioni dell'Unione europea e degli Stati membri dell'Unione,
F. considerando che la libertà di espressione e l'indipendenza dei mezzi di comunicazione rimangono ambiti problematici nella maggior parte dei paesi candidati all'adesione,
Sviluppi politici
1. condivide la valutazione espressa dalla Commissione nella sua relazione 2010 sui progressi compiuti dall'ex Repubblica jugoslava di Macedonia e deplora che il Consiglio non abbia preso una decisione sull'apertura dei negoziati di adesione, come raccomandato dalla Commissione per il secondo anno consecutivo e in linea con le precedenti risoluzioni del Parlamento; ricorda la sua raccomandazione al Consiglio di avviare immediatamente i negoziati di adesione;
2. rileva che i recenti sviluppi politici hanno portato a elezioni anticipate; invita tutti i partiti politici a svolgere un ruolo attivo e costruttivo nel processo di preparazione delle elezioni; evidenzia che elezioni libere e giuste, realizzate sulla base della piena trasparenza e in linea con gli standard internazionali, sono un importante elemento ai fini del consolidamento della democrazia; invita tutti i partiti politici a partecipare attivamente alle elezioni; esprime la propria preoccupazione per l'attuale situazione politica e sollecita tutti i responsabili politici a cercare il consenso sulla base delle istituzioni democratiche;
3. sottolinea che le questioni bilaterali devono essere risolte dalle parti in causa in uno spirito di buon vicinato e tenendo in considerazione gli interessi generali dell'UE; richiama tutti gli attori chiave e le parti interessate ad intensificare l'impegno e a dar prova di responsabilità e determinazione al fine di risolvere tutti i problemi in sospeso che stanno non solo ostacolando il processo di adesione del paese candidato e la politica dell'Unione europea nella regione, ma potrebbero anche avere ripercussioni sulle relazioni interetniche, la stabilità regionale e lo sviluppo economico;
4. si congratula con il paese per il decimo anniversario dell'accordo quadro di Ohrid, che resta la pietra miliare delle relazioni interetniche nel paese ed esorta il governo e tutte le istituzioni statali a utilizzare questo storico anniversario per continuare a promuovere la cooperazione e la fiducia interetniche; esprime tuttavia preoccupazione per le crescenti tensioni interetniche nel sito della fortezza di Kale a Skopje; fa appello a tutti i leader politici e religiosi e ai canali mediatici affinché agiscano in modo responsabile e si astengano da qualsiasi azione che possa aumentare le tensioni interetniche; nota con preoccupazione il rischio di crescente isolazionismo del paese, che potrebbe assumere la forma di una politica alternativa in assenza di una prospettiva tangibile di integrazione europea;
5. invita il governo a promuovere un ampio dialogo fra le varie comunità etniche, a prendere debitamente in considerazione le sensibilità di tutte le comunità e minoranze nelle sue decisioni, come nel caso del piano urbanistico per «Skopje 2014» e ad evitare azioni e iniziative volte a rafforzare l'identità nazionale a scapito di altre comunità; richiama l'attenzione sulla necessità di un efficace funzionamento della commissione parlamentare per le relazioni interetniche nel processo di integrazione delle minoranze nel processo legislativo e sottolinea che per proseguire il processo di decentramento in linea con l'accordo quadro di Ohrid sono necessari ulteriori sforzi;
6. si rammarica per il fatto che gli sforzi di mediazione delle Nazioni Unite per risolvere la questione del nome non abbiano ancora prodotto risultati concreti;
Democrazia, stato di diritto e diritti umani
7. ricorda che una cultura politica sana è il fondamento della democrazia; invita i partiti d'opposizione a porre fine al boicottaggio del parlamento nazionale e a riprendere il dialogo politico con le istituzioni; ritiene che spetti sia al governo sia all'opposizione garantire un dialogo aperto e immediato su tutte le attuali sfide che il paese sta affrontando; sottolinea che l'instabilità politica potrebbe influenzare il processo di integrazione europea, che deve essere una comune priorità condivisa da tutti i componenti della società; accoglie con favore l'adozione delle modifiche al regolamento del parlamento, che consentono una maggiore partecipazione dell'opposizione ai suoi lavori; esprime tuttavia preoccupazione per il dialogo insufficiente tra il governo e i partiti di opposizione e per il diffuso clima di sfiducia e confronto; esorta entrambe le parti a promuovere un clima di fiducia e a dare prova di un forte impegno utilizzando il nuovo regolamento parlamentare per rafforzare il dialogo politico e la cooperazione costruttiva nell'ambito del processo legislativo e del controllo sulle attività del governo;
8. apprezza la volontà politica di comunicare la lista completa, già da lungo tempo attesa, dei nomi degli agenti affiliati agli ex servizi segreti jugoslavi, quale sostanziale passo in avanti verso la rottura con il passato periodo comunista; prende tuttavia atto degli insufficienti progressi conseguiti verso la piena applicazione delle normative in materia; sollecita il governo a completare senza indugi il processo di lustrazione, evitando di farne un uso di tipo selettivo a fini politici, quali l'autolegittimazione politica o la diffamazione degli oppositori politici;
9. plaude all'eccellente lavoro dell'uscente rappresentante speciale e capo della delegazione dell'Unione europea; condanna gli inopportuni attacchi da parte di politici del partito di governo nei confronti di rappresentanti dell'UE e si rammarica che il governo non si sia inequivocabilmente e pubblicamente dissociato da tali insulti; ritiene che tali incidenti arrechino grave danno all'immagine del paese;
10. richiama l'attenzione sulla necessità di migliorare la legislazione elettorale onde allinearla con le raccomandazioni formulate dall'OSCE-ODIHR e dalla commissione di Venezia nella relazione sulle elezioni presidenziali e locali del 2009;
11. ribadisce che la presenza di media liberi e indipendenti è un presupposto necessario per lo sviluppo di una democrazia stabile; prende atto dell'esistenza nel paese della grande varietà e presenza di organi di informazione pubblici e privati; esprime tuttavia preoccupazione per la politicizzazione dei mezzi d'informazione e per le interferenze nel loro lavoro; è preoccupato per la dipendenza economica e la concentrazione di potere politico nei mezzi d'informazione, che spesso comportano mancanza di indipendenza editoriale e un giornalismo di scarsa qualità; esprime preoccupazione per il considerevole deterioramento della libertà di stampa nel paese, come dimostrato dal significativo calo (dalla 34a alla 68a posizione) nella graduatoria 2010 sulla libertà di stampa stilata da Reporter senza frontiere; rileva che il ministero degli interni ha posto sulla sua homepage un invito ai cittadini a denunciare articoli di giornale «non obiettivi», invita i giornalisti a mantenere standard professionali elevati nel loro lavoro, a prendere le distanze da influenze politiche e a istituire associazioni professionali di giornalisti, sollecita al contempo le autorità responsabili a rafforzare l'indipendenza e la libertà dei mezzi di informazione applicando a tutti gli stessi standard e migliorando la trasparenza del loro assetto proprietario;
12. si compiace per le numerose leggi approvate per la riforma giudiziaria e sollecita ulteriori sforzi intensi nella riforma del sistema giudiziario, al fine di garantirne la professionalità, l'efficienza e l'indipendenza dalle pressioni politiche; sottolinea a tal fine che l'attuale quadro giuridico deve essere attuato con rapidità ed efficacia; è preoccupato per il ruolo che continua a rivestire il ministero di giustizia nel consiglio giudiziario e per le critiche rivolte alla corte costituzionale dal governo e dai parlamentari, fattori che rischiano di sottoporre il sistema giudiziario a interferenze politiche; nota tuttavia con soddisfazione che, malgrado i dissensi, tutte le sentenze della corte sono state attuate; si compiace degli sforzi per aumentare l'efficienza e la trasparenza del sistema giudiziario, in particolare diminuendo il numero di cause in arretrato nella maggior parte dei tribunali; accoglie ugualmente con favore l'entrata in vigore della legge sul gratuito patrocinio;
13. accoglie con favore i continui sforzi nella lotta contro la corruzione, dimostrati tra l'altro dall'attuazione del secondo ciclo di raccomandazioni del Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO) e dall'entrata in vigore delle modifiche al codice penale; esorta le autorità a continuare ad attuare le leggi volte a contrastare la corruzione e ad aumentare l'indipendenza, l'efficienza e le risorse del sistema giudiziario; ricorda tuttavia che la corruzione permane diffusa e chiede ulteriori sforzi intensi per sradicarla; sottolinea l'urgente necessità di un'applicazione efficace e imparziale di una legislazione anticorruzione, in particolare per quanto concerne il finanziamento dei partiti politici e i conflitti di interessi; richiama l'attenzione sull'importanza di un funzionamento del sistema giudiziario privo di interferenze politiche; si compiace degli sforzi per aumentare l'efficienza e la trasparenza del sistema giudiziario; sottolinea la necessità di tenere un registro relativo all'attuazione di procedimenti giudiziari e condanne in base al quale poter misurare i progressi realizzati; chiede l'unificazione della giurisprudenza onde garantire un sistema giudiziario prevedibile e la fiducia dei cittadini;
14. invita la Commissione a preparare, nella sua prossima relazione sui progressi compiuti, una valutazione dell'impatto e dei risultati conseguiti con lo stanziamento di fondi UE per la riforma del sistema giudiziario e la lotta alla corruzione; invita la Commissione a trasmettere al Consiglio e al Parlamento una valutazione più dettagliata dell'efficacia delle misure anticorruzione adottate dall'ex Repubblica jugoslava di Macedonia in materia di appalti pubblici e frodi, e a presentarla assieme alla prossima relazione sui progressi compiuti;
15. riconosce gli sforzi per la riforma della pubblica amministrazione, ma chiede un ulteriore impegno nel settore che continua ad essere politicizzato e manca di capacità e professionalità; appoggia l'adozione da parte del governo della strategia nazionale per la riforma della pubblica amministrazione e l'istituzione della sottocommissione per l'accordo di stabilizzazione e di associazione in relazione alla riforma della pubblica amministrazione; è preoccupato per la mancanza di trasparenza e per la natura ad hoc del processo di conversione di posti temporanei in permanenti, il che comporta un'ulteriore politicizzazione dell'amministrazione; chiede l'elaborazione di una strategia chiara in materia di risorse umane, che definisca le esigenze dell'amministrazione in termini di capacità e competenze e sia messa in atto mediante modalità di assunzione e di progressione di carriera fondate sul merito; accoglie con favore l'aumentato livello di assunzioni tra membri di comunità non maggioritarie, ma sottolinea che tale processo dovrebbe basarsi su una valutazione delle esigenze dell'amministrazione onde assicurare che le competenze dei nuovi assunti corrispondano ai requisiti professionali richiesti;
16. loda i continui progressi conseguiti nell'ambito del decentramento; rileva tuttavia che il trasferimento delle responsabilità alle autorità di livello inferiore deve essere accompagnato da risorse finanziarie adeguate;
17. si compiace dei progressi conseguiti in relazione alla riforma del sistema carcerario; continua, tuttavia, a esprimere viva preoccupazione per le degradanti condizioni di alcune carceri, in particolare per quanto riguarda il sovraffollamento e l'inadeguato sistema sanitario; sottolinea la necessità di rispettare il principio per cui i detenuti devono essere sottoposti a un trattamento adeguato, in conformità con i principi delle Nazioni Unite;
18. accoglie con favore l'adozione della legge sul censimento 2011 della popolazione e delle famiglie e sottolinea la necessità di adeguata preparazione e organizzazione operativa al fine di svolgere un censimento preciso; invita il governo a stanziare adeguate risorse per la sua organizzazione e sottolinea l'importanza di depoliticizzare la questione onde avere un censimento imparziale con la più ampia partecipazione possibile;
19. sottolinea l'importanza fondamentale di assicurare che il sistema di istruzione sostenga l'integrazione etnica; a tal fine, accoglie con favore la strategia dell'istruzione integrata e ne chiede la rapida attuazione, tra l'altro eliminando progressivamente la segregazione lungo linee etniche e aumentando l'apprendimento di tutte le lingue ufficiali dell'ex Repubblica jugoslava di Macedonia; invita il governo a migliorare il processo di consultazione delle diverse comunità e a cooperare strettamente con esse per l'attuazione della strategia;
20. testimonia la mancanza di progressi riguardo alle celebrazioni congiunte di eventi storici comuni con gli Stati membri UE confinanti, onde contribuire a una migliore comprensione della storia e al mantenimento di relazioni di buon vicinato, come sottolineato dalla precedente relazione; sollecita l'introduzione di libri di testo scolastici privi di interpretazioni ideologiche della storia;
21. esprime seria preoccupazione per la situazione della comunità Rom, che continua vivere in condizioni terribili e subisce discriminazioni nell'accesso al mercato del lavoro, alla sanità e ai servizi sociali; sottolinea in particolare la difficile situazione delle bambine e donne Rom, che continuano a subire una doppia discriminazione, su base etnica e di genere; invita il governo a impegnarsi maggiormente per attuare la strategia per i Rom e il piano d'azione per il decennio Rom; plaude al proposito alle attività governative volte all'integrazione politica della popolazione Rom, fra cui avere un ministro di etnia Rom che si occupa delle questioni attinenti alla suddetta comunità; loda il governo per aver convocato una riunione straordinaria sul tema dell'integrazione dei Rom, nella sua presidenza del Consiglio d'Europa;
22. accoglie con favore l'adozione della legge antidiscriminazione quale passo fondamentale per combattere le pratiche discriminatorie, tuttora molto diffuse, chiedendone una rapida ed efficace attuazione; si rammarica tuttavia del fatto che, contrariamente al diritto europeo, tale legge non riconosca fra i motivi di discriminazione l'orientamento sessuale; chiede che le disposizioni nazionali in questo settore siano rapidamente allineate con l'acquis e che i meccanismi di monitoraggio siano rafforzati e sottolinea che si tratta di un presupposto indispensabile per l'adesione; esprime preoccupazione in merito alla procedura di selezione dei membri della commissione per la tutela contro le discriminazioni; si rammarica per il fatto che nessun rappresentante della società civile sia stato nominato in seno alla commissione; chiede che siano intrapresi ulteriori sforzi in materia di diritti delle donne, onde aumentare la loro partecipazione al mercato del lavoro e al processo decisionale in ambito politico e imprenditoriale e per proteggere donne e bambini dalla violenza domestica;
23. chiede maggior impegno in materia di parità di genere e di diritti delle donne; esorta le autorità macedoni a dare piena attuazione alla legge sulle pari opportunità tra uomini e donne e a garantire un coerente piano d'azione nazionale per l'uguaglianza di genere; plaude all'adozione della strategia adottata nella lotta contro la violenza domestica; chiede l'attuazione di un sistema di sostegno alle vittime; sollecita il governo e il settore non governativo a promuovere una maggiore sensibilizzazione su questi aspetti;
24. condanna le recenti intimidazioni e gli attacchi nei confronti di organizzazioni della società civile, nonché la diffamazione personale dei loro attivisti di primo piano; si compiace del meccanismo di consultazione delle organizzazioni della società civile introdotto dal governo, ma è preoccupato per l'assenza di un meccanismo sistematico e trasparente di consultazione della società civile in materia di politiche nazionali di sviluppo, programmi legislativi o altri documenti strategici; sottolinea la necessità di coinvolgere le organizzazioni della società civile nel processo decisionale in modo non selettivo, al fine di stimolare un dibattito pubblico efficace e di includere i soggetti interessati nel processo di adesione del paese; pone l'accento sul ruolo decisivo della società civile nel contribuire a rafforzare la cooperazione regionale per quanto riguarda gli aspetti sociali e politici; plaude all'adozione della nuova legge sulle associazioni dei cittadini e sollecita le autorità ad attuare le disposizioni in materia di «organizzazioni di utilità pubblica», assicurando sistemi di finanziamento il più rapidamente possibile;
25. prende atto con soddisfazione del buon funzionamento dell'assistenza dell'IPA nell'ex Repubblica jugoslava di Macedonia; esorta sia il suo governo sia la Commissione a semplificare le procedure amministrative per i finanziamenti IPA, con l'obiettivo di renderli più accessibili alle organizzazioni civili più piccole e non centralizzate, ai sindacati e ad altri beneficiari;
26. sottolinea che l'ex Repubblica jugoslava di Macedonia ha ratificato le otto convenzioni fondamentali dell'OIL in materia di diritti del lavoro; esprime preoccupazione per i modesti progressi finora conseguiti in campo sindacale e in materia di diritti del lavoro; invita le autorità a rafforzare ulteriormente i diritti sindacali e del lavoro e al riguardo incoraggia anche il governo a garantire sufficiente capacità amministrativa per un'adeguata attuazione e applicazione della normativa in materia di lavoro; pone l'accento sull'importante ruolo del dialogo sociale e incoraggia il governo a nutrire maggiori ambizioni al riguardo e a istituire un dialogo sociale onnicomprensivo con i pertinenti partner;
27. sottolinea l'importanza della tutela e della conservazione del patrimonio culturale, che è un pilastro dei valori e dei principi europei; nota con rammarico che molti sepolcreti, iscrizioni affrescate e manufatti appartenenti al patrimonio culturale bulgaro sono stati completamente abbandonati e danneggiati;
28. si compiace dei progressi compiuti dal paese in direzione di un'economia di mercato funzionante e dell'ampio consenso sulle caratteristiche fondamentali della politica economica nazionale; loda il governo per il mantenimento della stabilità macroeconomica, nonostante l'impatto negativo della crisi finanziaria globale e prende altresì atto delle buone prospettive di crescita economica per i prossimi anni;
Sviluppi socio-economici
29. esprime preoccupazione per la disoccupazione persistente e molto elevata, in particolare tra i giovani, che accomuna molti Stati della regione; invita il governo ad attuare rapidamente misure più efficaci per migliorare gli investimenti pubblici incentrati sulle politiche in materia di occupazione e sull'impiego dei lavoratori in posti di lavoro di qualità, stabili e dignitosi; invita la Commissione ad assistere le autorità rafforzando l'assistenza a titolo dello strumento di preadesione (IPA);
30. nota con soddisfazione il miglioramento del clima imprenditoriale quale risultato delle riforme economiche intraprese negli ultimi anni e sottolinea la necessità di continue riforme strutturali nel paese; osserva al contempo che gli investimenti esteri, il cui livello era già basso, sono ulteriormente diminuiti e che la situazione è stata peggiorata dalla crisi finanziaria globale; incoraggia le agenzie statali che hanno il compito di attrarre gli investimenti esteri diretti a intensificare i loro sforzi nell'attrarre potenziali investitori stranieri;
31. si congratula con il governo per l'efficace e agevole attuazione dell'accordo di stabilizzazione e di associazione con l'UE; si compiace della recente decisione del governo di abolire i dazi doganali su più di cento prodotti diversi, un passo verso la piena liberalizzazione commerciale con l'Unione; auspica che tali modifiche possano aumentare la competitività dei produttori nazionali, stimolando in tal modo una maggiore crescita economica; ritiene che questo sviluppo rappresenti una pietra miliare fondamentale, che mostra gli sforzi del paese per sostenere l'aumento della concorrenza che sarà chiamato a fronteggiare aderendo all'UE;
32. sottolinea la necessità di applicare i principi del buon governo nell'ambito della spesa di bilancio, migliorando l'accesso gratuito alle informazioni pubbliche, consultando i soggetti interessati alla procedura di bilancio e istituendo un meccanismo di comunicazione, il che implica l'assunzione di responsabilità per le spese effettuate; ricorda che una spesa di bilancio non trasparente ha come conseguenza esclusione sociale e conflitti, e mette in dubbio la legittimità di alcune campagne nazionali;
33. si compiace per la recente adozione della legge sull'energia, conforme alle direttive europee in materia, allo scopo di liberalizzare il mercato dell'energia elettrica del paese;
34. sottolinea l'importanza di mettere a punto un sistema di trasporti pubblici efficiente e affidabile sia all'interno del paese sia a livello regionale (compreso il collegamento ferroviario Sofia-Skopje-Tirana); a tal fine rinnova il proprio appello alle autorità a effettuare investimenti per la manutenzione e il miglioramento della rete ferroviaria, quale valida alternativa al sistema stradale; si rammarica, a tale riguardo, della decisione assunta dal governo di ridurre i fondi di investimento nell'ambito del programma annuale sulle infrastrutture ferroviarie e invita la Commissione a fornire l'assistenza tecnica e finanziaria necessaria nel quadro dei fondi dell'IPA;
35. invita le autorità dell'ex Repubblica jugoslava di Macedonia e della Bulgaria a riaprire la linea transfrontaliera per passeggeri e ciclisti fra Staro Konjarevo e Gabrene allo scopo di migliorare la tratta dell'«Iron Curtain Trail» (l'itinerario lungo l'ex cortina di ferro) fra Strumica e Petric;
36. accoglie con favore l'adozione della strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, ma chiede maggiori sforzi per attuare la legislazione in campo ambientale e fornire fondi sufficienti a questo scopo; in particolare, richiama l'attenzione sulle sfide in materia di qualità delle acque, gestione dei rifiuti e protezione della natura; chiede una più stretta cooperazione sulle questioni ambientali transfrontaliere, sulla base delle norme dell'UE; ribadisce il suo invito a un efficace monitoraggio del livello e della qualità dell'acqua nei bacini lacustri di confine Ohrid, Prespa e Dojran nonché nel fiume Vardar; accoglie con favore l'iniziativa trilaterale riguardante l'euroregione del lago di Prespa, che riguarda l'ex Repubblica jugoslava di Macedonia, la Grecia e l'Albania; invita il governo a estendere la positiva esperienza del sistema di raccolta delle acque reflue del lago di Ocrida anche ad altri laghi della regione; si compiace inoltre dei progressi conseguiti nella costruzione di un impianto di trattamento delle acque reflue a Gevgelija;
37. esprime profonda preoccupazione per i terreni inquinati nella città di Veles, che è stata dichiarata pericolosa per vivere dall'Organizzazione mondiale della sanità; invita il governo ad affrontare la questione e a prendere misure adeguate per proteggere la salute dei cittadini nella zona; invita la Commissione a valutare se sia possibile ricorrere ai fondi dell'IPA in questo caso particolare;
Questioni regionali
38. si congratula con il paese per il suo costante ruolo di stabilizzazione nella regione; sottolinea la partecipazione del paese alle missioni civili e militari dell'Unione europea, ma ricorda al governo l'obbligo di conformarsi alle posizioni comuni PESC, in particolare quelle riferite a misure restrittive, soprattutto per quanto riguarda il caso specifico dello Zimbabwe;
39. si compiace della recente decisione assunta dalle autorità della Serbia e dell'ex Repubblica jugoslava di Macedonia di abolire l'obbligo del passaporto internazionale per i cittadini che viaggiano fra i due Stati, con l'obiettivo di istituire controlli congiunti alle loro frontiere comuni;
40. si rammarica profondamente del fatto che la disputa con la Grecia a proposito del nome continui a bloccare il cammino del paese verso l'adesione all'UE e ricorda la sua raccomandazione al Consiglio di avviare immediatamente i negoziati di adesione; sottolinea l'importanza di intrattenere buone relazioni di vicinato e comprendere le sensibilità degli Stati membri limitrofi in questo processo; invita i governi a evitare gesti e controverse azioni e dichiarazioni di tipo nazionalistico suscettibili di avere ripercussioni negative e di mettere a dura prova buone relazioni di vicinato; prende atto dell'intensificarsi del dialogo fra i due primi ministri e li incoraggia a mostrare saggezza politica e volontà di compromesso e a trovare rapidamente una soluzione soddisfacente per entrambe le parti;
41. ricorda che secondo le conclusioni del Consiglio «affari generali» del 14 dicembre 2010 è essenziale mantenere relazioni di buon vicinato, tra cui anche soluzioni negoziate e accettate mutuamente sulla questione della denominazione, sotto gli auspici dell'ONU;
42. invita la Commissione e il Consiglio ad avviare la messa a punto di un meccanismo arbitrale di generale applicazione inteso a risolvere le questioni bilaterali fra i paesi candidati all'adesione, fra gli Stati membri e tali paesi, come pure fra gli Stati membri;
43. osserva con preoccupazione il ricorso ad argomenti di natura storica nel dibattito attuale, incluso il fenomeno della cosiddetta «antichizzazione», che rischia di aumentare le tensioni con i paesi vicini e di creare nuove divisioni interne;
44. invita l'Alto rappresentante e il Commissario responsabile per l'allargamento e la politica europea di vicinato a facilitare un accordo sulla questione del nome e a offrire orientamenti politici, nel pieno rispetto della procedura negoziale in corso e delle disposizioni della Carta delle Nazioni Unite; ritiene che l'identificazione di una soluzione accettabile per entrambe le parti nel più breve tempo possibile costituisca un banco di prova per la politica estera comune post-Lisbona, nonché per la capacità dell'Unione di risolvere controversie internazionali di lunga data ai suoi confini;
45. invita il Consiglio e la Commissione a rispettare gli impegni assunti nei confronti dei paesi terzi e a premiare i progressi e le iniziative di riforma dei paesi che soddisfano i criteri dell'Unione; rileva che, in caso contrario, si può affievolire la prontezza di tali paesi ad attuare le riforme;
46. ritiene che un ulteriore prolungamento dello status quo per quanto riguarda la questione del nome e altre questioni aperte con i paesi confinanti possano minare non solo la stabilità del paese e della regione ma anche la credibilità della politica di allargamento, e invita pertanto tutte le parti interessate a dimostrare buona volontà, solidarietà e senso di responsabilità per risolvere le questioni in sospeso; invita, a tale riguardo, le autorità del paese a proporre un'iniziativa volta a istituire comitati misti di esperti sulla storia e l'istruzione, insieme alla Bulgaria e alla Grecia;
o o o
47. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e al governo e al parlamento dell'ex Repubblica jugoslava di Macedonia.
– viste le sue precedenti risoluzioni sulla Costa d'Avorio, in particolare quella del 16 dicembre 2010(1),
– vista la dichiarazione di Bamako del 3 novembre 2000 sulla democrazia, i diritti umani e le libertà nei paesi francofoni,
– viste le pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla Costa d'Avorio, in particolare le risoluzioni 1946 e 1951 (2010) e 1967, 1968 e 1975 (2011),
– viste le dichiarazioni del VP/AR dell'Unione europea Catherine Ashton sulla situazione in Costa d'Avorio, in particolare quelle del 3, 10, 12 e 19 marzo e del 1° aprile 2011,
– viste le conclusioni sulla Costa d'Avorio adottate dal Consiglio Affari esteri nella sua 3065a riunione tenutasi il 31 gennaio 2011,
– visti la decisione 2011/18/PESC del Consiglio e il regolamento (UE) n. 25/2011 del Consiglio, del 14 gennaio 2011, che impongono il congelamento dei beni e designano ulteriori persone ed entità soggette a misure restrittive in Costa d'Avorio,
– vista la decisione adottata ad Addis Abeba il 10 marzo 2011 dal Consiglio di pace e sicurezza dell'Unione africana (UA),
– viste le dichiarazioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU sulla Costa d'Avorio del 3 e 11 marzo 2011,
– vista la dichiarazione congiunta dei copresidenti dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE, resa il 18 marzo 2011, che condanna le violenze e le violazioni dei diritti umani in Costa d'Avorio,
– vista la dichiarazione con la quale il 18 marzo 2011 il Presidente del Parlamento europeo Jerzy Buzek ha chiesto la cessazione di ogni violenza contro i civili in Costa d'Avorio,
– vista la risoluzione sulla situazione in Costa d'Avorio adottata il 25 marzo 2011 ad Abuja dall'Autorità dei capi di Stato e di governo dell'ECOWAS,
– vista la risoluzione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite del 25 marzo 2011, che istituisce una commissione internazionale di inchiesta per indagare sulle violazioni dei diritti umani in Costa d'Avorio a seguito delle elezioni presidenziali,
– visto l'articolo 110, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che negli ultimi quattro mesi la Costa d'Avorio è piombata in una profonda crisi politica derivante dal rifiuto del presidente uscente Laurent Gbagbo di cedere il potere al presidente legittimo Alassane Ouattara, nonostante quest'ultimo abbia vinto le elezioni presidenziali nel novembre 2010 e la sua vittoria sia stata riconosciuta dalla comunità internazionale a seguito della convalida dei risultati da parte delle Nazioni Unite,
B. considerando che tutti gli sforzi diplomatici volti a trovare una soluzione pacifica allo stallo politico postelettorale, ivi inclusi quelli dell'UA, dell'ECOWAS e del presidente del Sudafrica, non hanno avuto successo,
C. considerando che da metà febbraio i combattimenti si sono intensificati sia nella capitale che nella parte occidentale del paese, con notizie allarmanti di un aumento dell'uso dell'artiglieria pesante contro i civili,
D. considerando che negli ultimi giorni le forze repubblicane del presidente Ouattara hanno lanciato una vasta offensiva volta a ristabilire la sua autorità e hanno preso il controllo di numerose zone importanti, tra cui Yamoussoukro, la capitale politica, e San Pedro, porto di importanza fondamentale per le esportazioni di cacao; che le forze che sostengono Ouattara sono ormai entrate ad Abidjan, dove si sono quindi verificati violenti scontri tra queste ultime e le milizie fedeli all'ex presidente,
E. considerando che, secondo fonti ONU, dal dicembre 2010 centinaia di persone hanno perso la vita in Costa d'Avorio; che il numero di vittime è probabilmente molto più elevato, dal momento che le violenze commesse all'interno del paese non sempre sono riportate dalla stampa,
F. considerando che gli attacchi deliberatamente perpetrati nei confronti dei membri delle missioni di pace e delle istituzioni delle Nazioni Unite costituiscono crimini di guerra; che la missione ONU in Costa d'Avorio(ONUCI) è costantemente oggetto di minacce e attacchi da parte delle forze di sicurezza pro-Gbagbo, e che l'ex-presidente ha adottato una retorica incendiaria che incita alla violenza contro i militari delle Nazioni Unite e gli stranieri presenti in Costa d'Avorio; considerando altresì che diversi membri delle forze di pace dell'ONU sono rimasti gravemente feriti o addirittura uccisi,
G. considerando che in Costa d'Avorio sono state commesse atrocità, tra cui violenze sessuali, sparizioni forzate, esecuzioni extragiudiziali e uso eccessivo e indiscriminato della forza contro i civili, che costituiscono crimini contro l'umanità,
H. considerando che con la dichiarazione presentata dal governo ivoriano il 18 aprile 2003, a norma dell'articolo 12, paragrafo 3, dello Statuto di Roma, la Costa d'Avorio ha accettato la competenza della Corte penale internazionale (CPI) per i crimini commessi sul suo territorio a partire dal 19 settembre 2002; che la Costa d'Avorio è tuttora oggetto di indagini preliminari da parte dell'Ufficio del procuratore della CPI,
I. considerando che il rispetto dello Stato di diritto registra un costante deterioramento e che vengono imposte crescenti restrizioni alla libertà di parola, di espressione e dei media,
J. considerando che la situazione economica della Costa d'Avorio negli ultimi quattro mesi è notevolmente deteriorata a causa delle nazionalizzazioni illegali nei settori bancario e del cacao realizzate da Laurent Gbagbo nonché degli espropri arbitrari di denaro e beni immobili privati; considerando che il Fondo monetario internazionale (FMI) ha recentemente messo in guardia contro le gravi conseguenze economiche della situazione in Costa d'Avorio per l'intera regione dell'Africa occidentale,
K. considerando che, a causa del clima di terrore vigente nel paese, si conta circa un milione di sfollati, sia all'interno della Costa d'Avorio che nei paesi vicini come Liberia, Ghana, Togo, Mali e Guinea,
L. considerando che il 17 marzo 2011 la Commissione ha quintuplicato l'assistenza umanitaria dell'UE alla Costa d'Avorio,
M. considerando che la risoluzione 1975(2011) del Consiglio di sicurezza dell'ONU, adottata all'unanimità, esorta Laurent Gbagbo a farsi immediatamente da parte e chiede la fine immediata delle violenze contro i civili imponendo nel contempo sanzioni mirate di tipo finanziario e legate agli spostamenti nei confronti di Laurent Gbagbo, della moglie e di tre collaboratori dell'ex presidente,
1. condanna i tentativi da parte dell'ex presidente Gbagbo e dei suoi sostenitori di sovvertire violentemente la volontà del popolo ivoriano; ribadisce l'invito a Laurent Gbagbo a dimettersi immediatamente e a cedere il potere ad Alassane Ouattara; accoglie con favore, a tale proposito, l'adozione della risoluzione 1975(2011), con cui il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha formulato la sua dichiarazione più forte dall'inizio della crisi post-elettorale in Costa d'Avorio, invitando Laurent Gbagbo a farsi immediatamente da parte;
2. si rammarica per il fatto che nessuna soluzione diplomatica, nemmeno quelle raccomandate dall'UA, ha avuto successo, e deplora che la crisi postelettorale sia stata caratterizzata da violenze e scontri armati;
3. elogia l'appello delle donne dell'Africa occidentale a favore di una risoluzione pacifica del conflitto politico in Costa d'Avorio e affinché i responsabili delle violenze contro la gente comune nel paese siano consegnati alla giustizia; deplora il fatto che le organizzazioni femminili e i capi religiosi e delle comunità non abbiano effettuato gli sforzi necessari per creare pressione interna, promuovere la mediazione e cercare una soluzione pacifica per la situazione di stallo politico nel paese;
4. ricorda che l'unica fonte di legittimità democratica è il suffragio universale e che l'elezione di Alassane Ouattara rispecchia la volontà sovrana del popolo ivoriano; esorta tutte le istituzioni ivoriane, ivi incluse le forze di difesa e sicurezza della Costa d'Avorio (FDSCI), ad arrendersi senza indugio all'autorità del presidente democraticamente eletto Ouattara e al suo governo;
5. condanna con la massima severità l'escalation di violenza in Costa d'Avorio, in particolare il ricorso alle armi pesanti contro i civili, e la considerevole perdita di vite umane che ne consegue; esprime la sua più profonda solidarietà a tutte le vittime innocenti delle ingiustizie e delle violenze in Costa d'Avorio e alle loro famiglie; sottolinea che la violenza contro i civili, tra cui donne, bambini e sfollati a livello internazionale, non sarà tollerata e deve cessare immediatamente;
6. condanna duramente le presunte violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale a danno dei civili, ivi incluse le esecuzioni extragiudiziali e le violenze sessuali; rileva che secondo il Consiglio di sicurezza dell'ONU questi atti possono costituire crimini contro l'umanità; esprime la sua ferma opposizione a qualsiasi uso dei mezzi di comunicazione per l'incitamento all'odio; chiede la revoca di tutte le restrizioni all'esercizio del diritto alla libertà di espressione; condanna il sequestro di quattro persone, tra cui due cittadini dell'UE, prelevate mentre si trovavano in un albergo di Abidjan situato in un'area controllata dalle milizie pro-Gbagbo, e chiede il loro immediato rilascio;
7. insiste sul fatto che non vi può essere impunità e che occorre adoperarsi al massimo al fine di individuare e consegnare alla giustizia, anche a livello internazionale, tutti i responsabili di crimini contro la popolazione civile; si compiace, a tale proposito, dell'istituzione di una commissione d'inchiesta da parte del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite; rileva che il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha stabilito che sia la stessa Corte penale internazionale a decidere in merito alla propria competenza per quanto riguarda la situazione in Costa d'Avorio; invita tutte le parti interessate in Costa d'Avorio a collaborare con i citati organismi in modo che possa essere fatta giustizia; invita l'Unione europea a fornire tutto il sostegno necessario alle indagini in questione;
8. condanna fermamente gli atti di intimidazione e di ostruzione nei confronti dell'ONUCI e dell'UE;
9. accoglie con favore le ulteriori sanzioni mirate, tra cui il divieto di visto e il congelamento dei beni, imposte dal Consiglio di sicurezza dell'ONU, dall'UA e dal Consiglio dell'UE nei confronti di tutte le persone ed entità che si oppongono all'autorità del legittimo presidente, come pure le decisioni adottate dalla Banca mondiale e dal Fondo monetario internazionale, dal momento che tali istituzioni si sono rifiutate di trattare con il governo illegittimo; sottolinea la necessità che le sanzioni in parola rimangano in vigore fino al ritorno al potere delle legittime autorità;
10. si compiace del fatto che, nella sua risoluzione 1975(2011), il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha ricordato di aver concesso all'ONUCI l'autorizzazione a utilizzare tutti i mezzi necessari per adempiere al suo mandato di protezione dei civili, anche al fine di evitare un ulteriore ricorso alle armi pesanti, ed espresso il proprio pieno sostegno a tale missione; chiede a questo proposito un rapido e significativo rafforzamento delle capacità dell'ONUCI, al fine di garantire una protezione efficace della popolazione civile in Costa d'Avorio;
11. osserva che, conformemente al proprio mandato, l'ONUCI, su richiesta del Segretario generale dell'ONU e con la collaborazione del contingente francese «Licorne», è già intervenuta ad Abidjan per far cessare l'uso delle armi pesanti e proteggere i civili e il personale delle Nazioni Unite;
12. loda e sostiene gli sforzi di mediazione posti in essere sotto l'egida dell'Unione africana e dell'ECOWAS per prevenire gli scontri e fa nuovamente appello alle forze politiche in Côte d'Ivoire affinché dimostrino il proprio impegno a favore di una transizione democratica pacifica evitando così ulteriori spargimenti di sangue; esprime il proprio sostegno nei confronti del piano dell'UA per una soluzione pacifica globale della crisi e sottolinea che tutti i paesi africani devono dimostrarsi uniti e agire in modo concertato affinché sia possibile ripristinare la pace in Costa d'Avorio;
13. invita il presidente Ouattara a favorire la pace e la riconciliazione nazionale; ricorda altresì che non esiste prescrizione per i crimini di guerra e quelli contro l'umanità;
14. esprime profonda preoccupazione per il peggioramento della situazione umanitaria in Costa d'Avorio e nei paesi vicini, soprattutto in Liberia; invita tutte le parti interessate in Costa d'Avorio a garantire che le organizzazioni umanitarie sul campo possano accedere liberamente e in sicurezza a tutte le parti del paese; si compiace dell'impegno a risolvere la crisi umanitaria assunto dall'UE, così come annunciato dal Commissario Georgieva;
15. evidenzia la necessità di una rapida azione di politica internazionale per affrontare la situazione umanitaria in Costa d'Avorio e scongiurare una nuova crisi migratoria nella regione; invita la Commissione e gli Stati membri a coordinare i loro sforzi con altri donatori internazionali; esorta la comunità internazionale a onorare i propri impegni in materia di aiuti umanitari onde rispondere alle impellenti esigenze della popolazione della Costa d'Avorio e dei paesi vicini;
16. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Consiglio di sicurezza e al Segretario generale delle Nazioni Unite, all'ONUCI, alle istituzioni dell'Unione africana, all'ECOWAS, all'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE nonché agli Stati membri dell'Unione europea e al presidente eletto della Costa d'Avorio Alassane Ouattara.
– viste le conclusioni della riunione del 13 dicembre 2010 dei ministri degli Affari esteri per il partenariato orientale,
– viste le sue precedenti risoluzioni del 19 gennaio 2006 sulla politica europea di prossimità(1), del 15 novembre 2007 sullo sviluppo della politica europea di vicinato(2), del 6 luglio 2006 su uno strumento europeo di vicinato e partenariato(3), del 5 giugno 2008 sulla relazione annuale del Consiglio al Parlamento europeo sugli aspetti principali e le scelte di base della PESC(4), del 19 febbraio 2009 sulla revisione dello strumento della politica europea di vicinato e partenariato(5), del 17 gennaio 2008 sull'approccio in materia di politica regionale per il Mar Nero(6) e del 20 gennaio 2011 su una strategia dell'Unione europea per il Mar Nero(7),
– vista la sua risoluzione del 20 maggio 2010 sull'esigenza di una strategia UE per il Caucaso meridionale(8),
– visto lo sviluppo della politica europea di vicinato (PEV) dal 2004 e, in particolare, le relazioni della Commissione sui progressi compiuti nella sua attuazione,
– viste le sue precedenti risoluzioni su Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Repubblica moldova e Ucraina, nonché le raccomandazioni delle commissioni di cooperazione parlamentare per tali paesi, ad eccezione della Bielorussia,
– visto il paragrafo 41 della summenzionata risoluzione del 15 novembre 2007 nel quale si suggerisce l'istituzione di un'assemblea parlamentare UE-Vicinato orientale (EURONEST),
– visti i piani d'azione adottati congiuntamente con l'Armenia, l'Azerbaigian, la Georgia e la Moldova, nonché l'agenda di associazione con l'Ucraina,
– viste le conclusioni del Consiglio «Affari esteri» del 26 luglio 2010 sulla PEV,
– vista la dichiarazione congiunta del vertice di Praga sul partenariato orientale del 7 maggio 2009,
– vista la comunicazione della Commissione del 12 maggio 2010 sul bilancio della politica europea di vicinato (COM(2010)0207),
– vista la comunicazione della Commissione del 3 dicembre 2008 sul partenariato orientale (COM(2008)0823),
– viste le comunicazioni della Commissione del 5 dicembre 2007 su una forte politica europea di vicinato (COM(2007)0774), del 4 dicembre 2006 sullo sviluppo della politica europea di vicinato (COM(2006)0726), del 12 maggio 2004 sulla politica europea di prossimità – Documento di strategia (COM(2004)0373), e dell'11 marzo 2003 sull'Europa ampliata – Prossimità: Un nuovo contesto per le relazioni con i nostri vicini orientali e meridionali (COM(2003)0104),
– visto il regolamento (CE) n. 1638/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 2006, recante disposizioni generali che istituiscono uno strumento europeo di vicinato e partenariato (ENPI)(9),
– vista la relazione speciale n. 13/2010 della Corte dei conti europea dal titolo «Il nuovo strumento europeo di vicinato e partenariato è stato felicemente varato e sta producendo risultati nel Caucaso meridionale (Armenia, Azerbaigian e Georgia)?»,
– visto l'articolo 110, paragrafo 2, del suo regolamento,
A. considerando che il trattato di Lisbona ha creato le condizioni necessarie affinché l'Unione europea migliori l'efficacia e la coerenza delle sue relazioni con tutti gli attori e i partner, in particolare i paesi vicini,
B. considerando che, in virtù dell'articolo 8 del trattato sull'Unione europea, l'UE sviluppa con i paesi vicini rapporti preferenziali con l'obiettivo di creare uno spazio di prosperità e di buon vicinato fondato sui valori dell'Unione e caratterizzato da relazioni strette e pacifiche basate sulla cooperazione,
C. considerando che, da quando è stata lanciata, la politica europea di vicinato ha contribuito al rafforzamento delle relazioni con i paesi partner e ha apportato alcuni benefici tangibili, ma che le sfide non sono finite e sarebbe ora necessario concentrarsi sull'attuazione, con priorità d'azione chiaramente definite, parametri di riferimento chiari e una differenziazione sulla base dei risultati,
D. considerando che il partenariato orientale costituisce un quadro politico significativo per il consolidamento delle relazioni con e tra i paesi partner, sulla base dei principi di titolarità e responsabilità condivise, nonché di condizionalità e che il rafforzamento delle relazioni richiede un maggiore impegno comune e progressi tangibili verso una buona governance e verso norme democratiche,
E. considerando che il partenariato orientale è incentrato su quattro piattaforme tematiche di cooperazione, segnatamente: democrazia, buona governance e stabilità; integrazione economica e convergenza con le politiche dell'UE; ambiente, cambiamenti climatici e sicurezza energetica; contatti tra le persone,
F. considerando che la cooperazione nel quadro dell'Assemblea parlamentare EURONEST cerca di produrre effetti positivi fungendo da piattaforma per lo scambio di opinioni, per la ricerca di posizioni comuni sulle sfide globali del nostro tempo in materia di democrazia, politica, economia, sicurezza energetica e affari sociali, e per il rafforzamento dei legami tra i paesi della regione e l'UE, e tra i paesi stessi del partenariato orientale,
G. considerando che l'Unione europea dovrebbe promuovere e intensificare notevolmente un approccio bottom-up, incrementando il suo sostegno economico alle società civili e promuovendo la libertà della stampa e la libertà di riunione, con l'obiettivo di sostenere i processi di democratizzazione, che costituiscono una condizione essenziale per la stabilizzazione a lungo termine,
H. considerando che i conflitti regionali irrisolti nei paesi vicini all'UE minano lo sviluppo economico, sociale e politico sostenibile dei paesi interessati e costituiscono un grave ostacolo alla cooperazione, alla stabilità e alla sicurezza regionali; che tali conflitti costituiscono altresì un grave impedimento allo sviluppo delle piene potenzialità e priorità della PEV; che stanno minando lo sviluppo di un'autentica ed efficace dimensione multilaterale della PEV e che il ruolo che la società civile può svolgere nei paesi interessati continua a essere sottovalutato,
I. considerando che le recenti manifestazioni dei cittadini della Bielorussia, della Tunisia e dell'Egitto contro i regimi oppressivi sono la chiara espressione delle loro legittime aspirazioni democratiche,
J. considerando che la politica di sostegno e cooperazione con i regimi antidemocratici della Tunisia e dell'Egitto, perseguita dall'UE e dagli Stati membri, è fallita; che essa deve servire da lezione per le relazioni dell'UE con la Bielorussia, e che l'intera politica europea di vicinato dell'UE deve essere basata sui valori,
K. considerando che l'ENPI ha contribuito a semplificare il finanziamento della PEV e che il processo di definizione dello strumento che gli succederà dovrebbe riflettere le conclusioni della revisione strategica della PEV e comportare consultazioni di ampia portata,
Revisione della PEV – considerazioni generali
1. apprezza i progressi compiuti nelle relazioni tra l'UE e i paesi vicini nell'ambito della PEV; riafferma i valori, i principi e gli impegni sui quali è stata costruita la PEV, tra cui la democrazia, la legalità, il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, l'economia di mercato, lo sviluppo sostenibile e la buona governance; ritiene che la PEV continui a essere un quadro d'importanza strategica per approfondire e rafforzare le relazioni con i nostri partner più prossimi, in modo da sostenere le loro riforme politiche, sociali ed economiche, e sottolinea l'importanza di mantenere il principio di titolarità congiunta nella concezione e nell'attuazione di programmi e azioni;
2. valuta positivamente la revisione in corso della PEV e sottolinea che tale processo dovrebbe condurre a un ulteriore rafforzamento dei legami dell'UE con i paesi vicini e che questi ultimi, pur avendo aspirazioni e obiettivi che possono differire, hanno tutti le potenzialità per diventare gli alleati politici più stretti dell'UE;
3. osserva che le due dimensioni (meridionale e orientale) della PEV devono essere percepite come parti integranti della stessa politica prioritaria; insiste sulla necessità di avere flessibilità, di differenziare maggiormente il nostro approccio nei confronti dei singoli partner e di spendere meglio;
4. sottolinea che la revisione strategica della PEV dovrebbe riflettere un maggiore impegno politico da parte di tutti i partner e rafforzare la differenziazione sulla base dei risultati, fondata su parametri di riferimento chiaramente definiti;
5. ritiene che sia particolarmente utile continuare a valutare non soltanto i risultati conseguiti finora tramite i programmi attuati, ma anche l'adeguatezza delle risorse utilizzate nel quadro del partenariato; è del parere che tale procedura offra la possibilità di ovviare, in futuro, a eventuali lacune e scelte inopportune;
6. sottolinea la necessità di riconoscere i cambiamenti derivanti dal trattato di Lisbona, in particolare il rafforzamento del ruolo del Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, la creazione del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE), la nomina di un Commissario per l'allargamento e la politica di vicinato e i nuovi poteri del Parlamento europeo, al fine di dare maggiore coerenza alla politica estera dell'Unione europea e di accrescere l'efficienza e la legittimità della sua dimensione e azione esterne; si attende che gli Stati membri dell'Unione europea non avviino con i paesi della PEV iniziative bilaterali che potrebbero danneggiare l'efficacia dell'azione dell'UE;
7. invita il SEAE e le delegazioni dell'UE di tutto il mondo a dare un forte contributo per garantire che i diritti umani e i principi politici siano maggiormente integrati nell'analisi della situazione politica dei paesi terzi e vadano ad alimentare eventuali politiche di «trasformazione» mediante progetti di aiuto;
Politica europea di vicinato – Est
8. accoglie con favore l'avvio del partenariato orientale quale quadro politico per il progresso della dimensione orientale della PEV, con l'obiettivo di approfondire e rafforzare le relazioni tra l'Unione europea e i paesi vicini orientali, promuovendo l'associazione politica, l'integrazione economica e il ravvicinamento delle legislazioni e sostenendo al contempo le riforme politiche e socioeconomiche nei paesi partner; invita il Consiglio, la Commissione e il SEAE a individuare parametri di riferimento chiari per il monitoraggio di tali riforme e osserva che questi dovrebbero tenere conto delle specificità di ciascun partner, compresi i suoi obiettivi e il suo potenziale specifico; invita il Consiglio, la Commissione e il SEAE a coinvolgere il Parlamento nel processo di individuazione di tali parametri; sottolinea che le riforme economiche devono andare di pari passo con le riforme politiche e che la realizzazione della buona governance è possibile soltanto attraverso un processo decisionale aperto e trasparente basato su istituzioni democratiche;
9. sottolinea l'importanza di promuovere ulteriormente la stabilità e la costruzione della fiducia multilaterale nel quadro del partenariato orientale, così come concordato nella dichiarazione congiunta del vertice per il partenariato orientale tenutosi a Praga;
10. sottolinea che una prospettiva europea comprendente l'articolo 49 del trattato sull'Unione europea potrebbe rappresentare il motore delle riforme in tali paesi e potenziare ulteriormente il loro impegno a favore di valori e principi condivisi quali la democrazia, la legalità, il rispetto dei diritti umani e la buona governance;
11. ricorda che i valori fondamentali condivisi, tra cui la democrazia, la legalità e il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, l'indipendenza del potere giudiziario, la lotta contro la corruzione, la libertà dei mezzi di informazione e la promozione delle ONG – ossia le basi su cui sono stati costruiti la PEV e il partenariato orientale – devono continuare a essere il principale criterio di valutazione dei risultati conseguiti dai paesi partner; invita a tal fine tutti i partner della PEV ad adottare misure concrete in tal senso; incoraggia pertanto la Commissione e il SEAE ad adottare un approccio più ambizioso relativamente all'attuazione dei programmi d'azione annuali in quest'ambito;
12. osserva che, dall'avvio della PEV nel 2004, si sono registrati risultati eterogenei, con sviluppi positivi per quanto riguarda i diritti umani e la democratizzazione in alcuni paesi partner e sviluppi negativi in altri, in particolare in Bielorussia;
13. osserva che la Bielorussia resta l'unico paese partner orientale con una partecipazione limitata alla PEV e alla pista bilaterale del partenariato orientale e che un suo coinvolgimento maggiore in tali programmi dipenderà dalla disponibilità del paese ad aderire ai valori condivisi e ai principi di base comuni; ritiene che i recenti sviluppi in Bielorussia siano un affronto alla visione dell'UE in fatto di rispetto dei diritti umani, democrazia e legalità; plaude alle conclusioni del Consiglio «Affari esteri» del 31 gennaio 2011; invita l'UE a prendere tutti i provvedimenti necessari ad attuare pienamente dette conclusioni, anche cercando di rendere i comuni cittadini bielorussi più avvertiti rispetto all'idea di riforma tramite la riduzione della burocrazia e dei costi derivanti dall'ottenimento dei visti Schengen e facilitando i contatti interpersonali; invita a tal proposito gli Stati membri ad utilizzare tutta la flessibilità concessa nell'ambito del codice UE dei visti in sede di rilascio dei visti Schengen; invita la Commissione e gli altri donatori a sostenere la formazione di partiti politici ad orientamento democratico in Bielorussia e la creazione di ONG e organizzazioni della società civile più forti, nonché a sostenere le iniziative civiche e locali nelle regioni bielorusse;
14. sottolinea che in diversi paesi il quadro giuridico delle elezioni e il loro svolgimento non sono conformi alle norme internazionali; insiste sull'importanza di elezioni libere e giuste, conformemente alle norme e agli impegni internazionali;
15. sottolinea che la lotta contro la corruzione, in particolare nella magistratura e nelle forze di polizia, dovrebbe figurare tra le principali priorità dell'Unione europea nello sviluppo delle sue relazioni con i partner orientali e che questo dovrebbe riflettersi nel quadro globale di potenziamento delle istituzioni; sottolinea altresì l'importanza di intensificare la lotta contro le reti internazionali della criminalità organizzata e chiede una maggiore cooperazione di polizia e giudiziaria con le agenzie dell'UE;
16. sottolinea l'importanza di integrare le relazioni bilaterali tra l'Unione europea e i paesi del partenariato orientale con una dimensione multilaterale, aumentando il numero di attività e iniziative comprese nelle piattaforme tematiche, prestando particolare attenzione al rafforzamento dei progetti transfrontalieri, intensificando i programmi volti a promuovere i contatti tra le persone, sviluppando incentivi alla cooperazione regionale e rafforzando ulteriormente il dialogo attivo con la società civile, al fine di promuovere la necessaria creazione di istituzioni non governative aperte e rafforzare la coesione sociale; rileva tuttavia che la dimensione bilaterale è tuttora prevalente e chiede una differenziazione e una condizionalità più chiare e rigorose, grazie alle quali l'ambizione e gli impegni siano seguiti dai fatti e si registrino reali progressi e iniziative concrete verso una prospettiva europea; è fermamente persuaso che l'intensificazione dei legami con i partner che raggiungono i migliori risultati avrà un effetto positivo sugli altri e possa migliorare la cooperazione multilaterale;
17. esorta il Consiglio europeo e la Commissione a garantire che l'offerta relativa alla liberalizzazione dei visti rivolta ai paesi del partenariato orientale sia, in termini di calendario e di contenuto, generosa almeno quanto le proposte destinate ad altri paesi con i quali essi condividono una frontiera, al fine di non incentivare il rilascio di passaporti stranieri ai cittadini dei paesi del partenariato orientale che, come nel caso della Georgia, dell'Ucraina e della Moldova, può avere effetti destabilizzanti su tali paesi e può quindi pregiudicare la sicurezza e gli interessi della stessa Unione europea;
18. sottolinea l'importanza di promuovere maggiormente la cooperazione regionale nell'area del Mar Nero e di rafforzare le politiche dell'UE nei confronti di tale regione, in particolare varando una strategia UE per il Mar Nero a tutti gli effetti e garantendo la disponibilità di risorse finanziarie e umane adeguate per la sua efficace attuazione; mette in evidenza la complementarità tra le politiche UE relative al Mar Nero e il partenariato orientale e invita la Commissione e il SEAE a utilizzare in modo positivo gli approcci diversi delle due iniziative e a chiarire, a tutti i livelli, come questo notevole grado di complementarità possa utilizzato positivamente;
19. esorta i paesi della regione a cooperare maggiormente tra loro e a partecipare a un dialogo rafforzato e duraturo, a tutti i pertinenti livelli, su temi quali la libertà, la sicurezza e la giustizia, e soprattutto in ambiti quali la gestione delle frontiere, la migrazione e l'asilo, la lotta contro la criminalità organizzata, la tratta di esseri umani, l'immigrazione illegale, il terrorismo, il riciclaggio del denaro e il traffico di stupefacenti, nonché la cooperazione di polizia e giudiziaria; rammenta che le buone relazioni di vicinato sono una delle precondizioni più importanti affinché i paesi della PEV possano progredire verso l'adesione all'UE;
20. sottolinea che in numerosi paesi persistono seri problemi per quanto concerne la libertà di espressione, soprattutto nei mezzi di informazione, e la libertà di associazione e di riunione, e che lo spazio disponibile per gli attori della società e i difensori dei diritti umani continua a essere limitato in modo irragionevole;
21. giudica favorevolmente il ruolo attivo delle organizzazioni della società civile nella promozione dei valori sui quali si fonda la PEV, in particolare i diritti umani, la libertà dei mezzi di informazione e la democratizzazione; sottolinea che questo ruolo, al pari della partecipazione all'attuazione e al monitoraggio dei progetti nel quadro dell'ENPI e dei piani d'azione della PEV, devono ricevere maggiore sostegno attraverso lo stanziamento di aiuti finanziari e istituzionali a loro favore; si compiace della partecipazione attiva delle organizzazioni della società civile, in particolare quelle dei paesi partner, nel Forum della società civile; incoraggia il Forum a partecipare alle riunioni ufficiali della piattaforma e ai gruppi di lavoro tematici del partenariato orientale;
22. reputa necessario effettuare un'approfondita valutazione della credibilità di tutte le organizzazioni della società civile coinvolte in tale processo, al fine di garantire la legittimità e l'efficacia delle nostre azioni;
23. sottolinea l'importanza delle autorità locali nello sviluppo democratico dei paesi partner e invita la Commissione a sostenerle attivamente per rafforzare la democrazia e la governance a livello locale; incoraggia l'espansione dei programmi di gemellaggio tra le autorità locali dell'Unione europea e dei paesi partner così come l'istituzione dell'Assemblea locale e regionale dell'Europa orientale e del Caucaso meridionale;
24. rileva l'importanza dei sindacati e del dialogo sociale quali elementi dello sviluppo democratico dei partner orientali; sottolinea che i diritti dei sindacati sono limitati e chiede ai partner orientali di rafforzare i diritti dei lavoratori e dei sindacati; raccomanda di intensificare il dialogo sociale e la consultazione delle parti sociali;
25. evidenzia l'importanza della libertà di espressione e di mezzi di informazione liberi e indipendenti, inclusi quelli su Internet, per lo sviluppo delle democrazie e come mezzo per la promozione di scambi e comunicazioni tra le società della regione e tra queste e l'Unione europea; incoraggia l'UE a continuare a finanziare Belsat, Radyo Racyja e la Radio europea per la Bielorussia, nonché a sostenere la creazione e il consolidamento di altri mezzi di informazione, anche mediante contributi finanziari, anche come strumento per promuovere canali diretti di comunicazione tra le società; sottolinea la necessità di revocare l'assistenza ai mezzi di informazione appartenenti allo Stato o da esso controllati, come in Bielorussia;
26. ribadisce che gli accordi di associazione, che rappresentano uno strumento importante per stimolare le riforme, dovrebbero includere condizioni, calendari e parametri di riferimento concreti per la valutazione dei risultati nonché essere accompagnati da un processo di monitoraggio periodico al fine di approfondire efficacemente e in modo organico la relazione bilaterale con l'Unione europea e di rafforzare la coerenza di tutte le componenti di tali accordi, ovvero le dimensioni politica, economica, sociale e culturale e gli obblighi sul rispetto dei diritti umani; sottolinea la necessità di avviare il più rapidamente possibile i programmi globali di potenziamento delle istituzioni; sottolinea che, tenendo conto del carattere ambizioso degli accordi di associazione e della loro importanza cruciale per il futuro del partenariato orientale, l'Unione europea dovrebbe sostenere questi paesi fornendo loro assistenza tecnica e finanziaria, per metterli nelle condizioni di adempiere agli impegni assunti per quanto riguarda l'attuazione; rammenta alla Commissione la sua responsabilità di tenere il Parlamento e i relatori competenti debitamente informati in merito ai mandati negoziali per gli accordi di associazione e ai negoziati stessi;
27. si compiace del lavoro svolto dal gruppo consultivo di alto livello dell'Unione europea in Armenia e dell'istituzione di un gruppo analogo in Moldova; invita il Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante e la Commissione a discutere in merito alla possibilità di offrire tale assistenza ad altri partner orientali;
28. ritiene che una maggiore integrazione economica può essere un potente fattore di cambiamento sociale e politico; sottolinea che le Zone di libero scambio approfondite e globali (DCFTA) con l'Unione europea devono essere istituite soltanto una volta che siano soddisfatte le necessarie condizioni; sottolinea che dette Zone continuano ad essere uno dei principali incentivi del partenariato orientale per i paesi partner nonché un potente stimolo alle riforme, a condizione che l'impatto sociale e ambientale sia valutato pienamente e tempestivamente; riconosce che il concetto di Zone di libero scambio approfondite e globali dovrebbe a sua volta essere adattato alle mutevoli circostanze dei singoli paesi partner orientali;
29. sottolinea l'importanza di una maggiore cooperazione economica bilaterale e multilaterale tra i partner della PEV, poiché ciò apporterebbe benefici concreti per i cittadini, oltre a migliorare il clima politico nella regione e a contribuire allo sviluppo economico dei paesi partner; incoraggia pertanto l'istituzione di zone di libero scambio tra i paesi partner;
30. osserva la crescente presenza economica della Cina nei paesi del partenariato orientale;
31. sottolinea l'importanza di sostenere la mobilità dei cittadini, di mantenere i contatti interpersonali e di gestire i flussi migratori, in particolare attraverso accordi di facilitazione dei visti e di riammissione, nell'ottica di conseguire in maniera graduale la totale liberalizzazione dei visti, purché siano pienamente rispettate tutte le condizioni previste; invita l'UE a intraprendere attivamente e rapidamente dei negoziati a tal fine, garantendo nel contempo una migliore attuazione degli accordi di facilitazione del visto; raccomanda che gli accordi bilaterali includano disposizioni sull'aggiornamento delle legislazioni nazionali in materia di migrazione nei paesi della PEV; insiste che l'attuazione di tali accordi e politiche, con specifico riguardo alla concessione dell'asilo, debba essere pienamente conforme agli obblighi e impegni internazionali e alle norme dell'Unione europea, specialmente in materia di diritti umani;
32. sottolinea inoltre il fatto che la liberalizzazione dei visti può essere utilizzata come forte incentivo per promuovere la democratizzazione e le riforme in materia di diritti umani nei paesi partner, nonché come mezzo per riconoscere i passi concreti compiuti nel quadro della PEV a favore dell'associazione politica e dell'integrazione economica con l'UE;
33. propone che la Commissione pubblichi una relazione annuale di valutazione degli accordi europei di riammissione;
34. ritiene che sia necessario rafforzare la cooperazione tra i paesi della PEV e FRONTEX;
35. esorta la Commissione a prestare particolare attenzione alla mobilità di studenti, docenti, ricercatori e imprenditori, garantendo la disponibilità di sufficienti risorse e rafforzando e ampliando i programmi di borse di studio esistenti; sottolinea a tal proposito l'importanza di elaborare, nell'ambito del partenariato orientale, nuovi progetti incentrati su una cooperazione più strutturata nel settore dell'istruzione superiore e della ricerca che promuova gli scambi universitari e i partenariati di ricerca pubblico-privato; si compiace dell'istituzione di partenariati per la mobilità con la Moldova e la Georgia e incoraggia la conclusione di tali partenariati con altri paesi orientali, come parte dell'approccio globale dell'UE in materia di migrazione; ritiene a tal proposito che le flessibilità esistenti nel Codice dei visti Schengen dovrebbero essere utilizzate e applicate meglio al fine di facilitare la mobilità di questi gruppi;
36. ribadisce il forte sostegno a favore del progetto finanziato dall'UE per l'assegnazione di borse di studio del Collegio d'Europa a favore dei laureati provenienti dai paesi della PEV e dall'UE; ritiene che ciò consentirà di formare i futuri interlocutori europei e dei paesi vicini, come per esempio i funzionari addetti ad incarichi in ambito UE-PEV, dando loro un'approfondita conoscenza professionale del contenuto e dello spirito delle politiche, del diritto e delle istituzioni dell'UE;
37. sottolinea l'importanza della cooperazione settoriale, dato il crescente livello di interdipendenza, in particolare in ambiti quali la sicurezza energetica, l'ambiente e i cambiamenti climatici, l'istruzione, le tecnologie dell'informazione, la ricerca, i trasporti, lo sviluppo e l'inclusione sociali, l'occupazione e la creazione di posti di lavoro nonché la cooperazione in materia di sanità; sottolinea che una maggiore cooperazione settoriale potrebbe favorire sinergie tra le politiche interne dell'Unione europea e della PEV; ritiene in tale contesto che occorra incoraggiare un maggior numero di paesi partner a concludere protocolli con l'Unione europea sull'adesione ai programmi e alle agenzie dell'UE; accoglie favorevolmente, a tal riguardo, l'adesione della Repubblica moldova e dell'Ucraina alla comunità dell'energia;
38. reputa necessario rafforzare la cooperazione in materia di energia, l'efficienza energetica e la promozione dell'energia rinnovabile, che rappresenteranno gli obiettivi chiave degli accordi di cooperazione con i partner della PEV; mette in evidenza l'importanza strategica del progetto Nabucco e di una sua rapida attuazione, nonché del progetto AGRI per il trasporto di gas naturale liquefatto;
39. sottolinea la necessità di fornire un adeguato livello di finanziamenti UE per la cooperazione con i paesi vicini e ribadisce il valore dell'ENPI quale strumento di finanziamento della PEV, che dovrebbe evolversi in modo tale da rispondere con più flessibilità alle diverse esigenze dei paesi e delle regioni vicini, garantire un collegamento diretto tra gli obiettivi politici della PEV e la programmazione dell'ENPI e riflettere la natura orientata ai risultati della futura PEV; sottolinea tuttavia la necessità di garantire una maggiore flessibilità e reattività di fronte alle crisi nonché un'assistenza più mirata, rivolta in particolare alla società civile e ai livelli locali, assicurando un approccio bottom-up e garantendo che l'assistenza finanziaria non sia oggetto di un'ingerenza ingiustificata da parte dello Stato; evidenzia l'importanza di monitorare la gestione e l'attuazione dei diversi programmi nel quadro dell'ENPI e sostiene che un criterio fondamentale per il finanziamento dei progetti debba essere il valore aggiunto apportato allo sviluppo delle economie locali, tenendo conto del costo effettivo e del reale contributo di ciascun progetto; invita la Commissione e il SEAE a consultare tempestivamente il Parlamento e i soggetti interessati della società civile in occasione dell'imminente elaborazione dello strumento che sostituirà l'ENPI;
40. chiede un aumento dei finanziamenti da stanziare a titolo dello Strumento per la democrazia e i diritti umani per rafforzare la capacità della società civile di promuovere i diritti umani e la riforma democratica, e a titolo dello Strumento per gli attori non statali che sostiene le attività di sviluppo locali su scala ridotta che devono essere realizzate da organizzazioni della società civile, in particolare in Bielorussia, e un migliore utilizzo degli strumenti in questione;
41. sottolinea l'importanza di mantenere livelli di finanziamento adeguati e giudica incoraggiante il più efficace coordinamento del lavoro svolto dalle istituzioni finanziarie internazionali e da altri donatori per migliorare l'efficienza e generare sinergie; evidenzia che l'Unione europea dovrebbe inoltre contribuire a un migliore utilizzo delle risorse esistenti da parte dei paesi partner, ponendo maggiormente l'accento sulla cooperazione pratica in modo da migliorare le capacità delle loro istituzioni di realizzare le riforme e rispettare gli impegni derivanti dai diversi accordi conclusi con l'Unione europea; sottolinea che occorre rafforzare il collegamento diretto tra risultati e assistenza finanziaria (ad esempio, lo strumento di governance in seno all'ENPI) soprattutto nei settori della democrazia, dei diritti dell'uomo e della legalità;
42. ritiene che il sostegno di bilancio possa essere oggetto di discussione quale valida opzione che potrebbe fornire reali incentivi in futuro; è convinto, tuttavia, che tale sostegno debba essere basato sul principio di differenziazione ed essere soggetto a condizioni, tra cui l'adesione dei paesi beneficiari a valori e principi condivisi, procedure di gestione e controllo del bilancio efficaci, bassi livelli di corruzione e la capacità di utilizzare tale sostegno in maniera trasparente, efficace e responsabile;
43. chiede un cospicuo aumento del massimale della rubrica 4 nel bilancio generale, in particolare per l'ENPI, considerato che, sebbene negli ultimi anni siano stati compiuti alcuni progressi nella promozione di una maggiore cooperazione e della progressiva integrazione economica tra l'Unione europea e i paesi partner, occorre compiere ulteriori sforzi in quanto si profilano nuove sfide e nuovi ambiti di cooperazione;
44. invita la Commissione a incrementare il sostegno finanziario per la dimensione orientale della politica europea di vicinato – ma non a scapito dei finanziamenti a favore dell'Unione per il Mediterraneo - al fine di realizzare gli obiettivi e garantire un'efficace attuazione del partenariato orientale;
45. osserva che gli aiuti, per quanto possano produrre un effetto di leva per i paesi della PEV, non sono sufficienti a garantire uno sviluppo sostenibile e duraturo; invita pertanto i paesi della PEV a rafforzare e mobilitare le loro risorse nazionali, a coinvolgere attivamente il settore privato, i governi locali e la società civile nell'agenda della PEV e a garantire una maggiore titolarità dei progetti di tale politica;
46. osserva che il rafforzamento della dimensione giovanile del partenariato orientale rappresenta uno dei principali investimenti sia nelle relazioni future tra l'UE e i paesi vicini orientali – con grandi potenzialità per gli anni a venire – sia nella democratizzazione di tali partner e nell'armonizzazione della loro legislazione con le norme europee; ribadisce che lo stanziamento supplementare di 1 milione di euro assegnato all'ENPI per il 2011 nell'ambito del bilancio UE 2011 dovrebbe essere impiegato dalla Commissione per il rafforzamento della dimensione giovanile del partenariato orientale mediante:
a)
piccoli contributi assegnabili tramite inviti a presentare proposte pubblicati dalla Commissione o da una delegazione UE e rivolti alle organizzazioni giovanili degli Stati membri dell'UE e dei paesi del partenariato orientale per la realizzazione di progetti comuni;
b)
borse di studio per studenti provenienti dai paesi orientali della PEV;
47. si compiace dell'esito della conferenza dei donatori per la Bielorussia, tenutasi il 2 febbraio 2011, che ha raccolto quasi 87 milioni di euro da utilizzare per sostenere i difensori dei diritti umani e rafforzare i sindacati, i centri di ricerca e le organizzazioni studentesche;
48. osserva che l'Unione europea si è impegnata con maggiore determinazione nelle questioni relative alla sicurezza nei paesi vicini orientali attraverso l'istituzione della missione dell'UE di assistenza alle frontiere (EUBAM) in Moldova e della missione di vigilanza dell'UE (EUMM) in Georgia; invita l'Alto rappresentante/Vicepresidente e il SEAE a rafforzare la loro partecipazione alla ricerca di una soluzione ai persistenti conflitti in Transdnestria e nel Caucaso meridionale sulla base dei principi del diritto internazionale, in particolare il non ricorso alla forza, l'autodeterminazione e l'integrità territoriale, attraverso posizioni politiche più dinamiche, una partecipazione più attiva e un ruolo maggiore nelle strutture permanenti e ad hoc per la risoluzione dei conflitti, compresi i modelli negoziali già esistenti, in particolare quelli dell'OSCE;
49. esorta l'Alto rappresentante/Vicepresidente della Commissione e il SEAE a sviluppare un maggior numero di programmi e misure di fiducia, compreso l'avvio di nuove missioni e strategie pubbliche di comunicazione e la valutazione dell'opportunità di attuare iniziative pragmatiche e approcci innovativi, quali contatti informali con le società dei territori secessionisti al fine di sostenere la cultura civica e il dialogo a livello locale, pur mantenendo la politica UE di non riconoscimento; sottolinea l'importanza di rafforzare il principio delle relazioni di buon vicinato, così come di sviluppare la cooperazione regionale attraverso la PEV, il partenariato orientale e i negoziati sugli accordi di associazione; ritiene che i rappresentanti speciali dell'Unione europea (RSUE) continuino ad avere un ruolo significativo da svolgere, in particolare nei luoghi in cui il loro mandato ha una dimensione regionale, come nel Caucaso meridionale; ritiene che occorrano nuove e più efficaci misure per risolvere i persistenti conflitti nella regione che ostacolano la dimensione multilaterale;
50. richiama l'attenzione, a tal proposito, sul fatto che la mancanza di progressi nella risoluzione dei conflitti persistenti nel Caucaso meridionale ha pregiudicato lo sviluppo di qualsiasi tipo di cooperazione nella regione, fatta eccezione per il Centro regionale per l'ambiente, e ha conseguentemente indebolito la PEV; ritiene di fondamentale importanza identificare le aree di cooperazione in cui è possibile coinvolgere i tre paesi, in particolare per quanto riguarda il dialogo tra le società civili, le organizzazioni giovanili e i mezzi d'informazione indipendenti, così come per l'interazione economica; esorta il SEAE a fare quanto in suo potere anche ai fini della partecipazione della Federazione russa e della Turchia in suddetta iniziativa;
51. ritiene che, al fine di ridurre il carico di lavoro delle delegazioni UE in tali paesi e di rafforzare la partecipazione dell'Unione alle soluzioni negoziate a livello internazionale per i conflitti in essere, la nomina di rappresentanti speciali dell'Unione europea possa rappresentare uno strumento utile, soprattutto nel caso della Transdnestria e del Caucaso meridionale; evidenzia che i rappresentanti speciali dell'Unione europea dovrebbero agire sotto il coordinamento dell'Alto rappresentante/Vicepresidente della Commissione;
52. esprime preoccupazione per il fatto che le persone costrette a sfollare (sia rifugiati che sfollati interni) sono tuttora private dei loro diritti, tra cui il diritto di tornare nel loro paese, i diritti di proprietà e il diritto alla sicurezza personale, a causa dei conflitti armati nei territori dei paesi partner; invita tutte le parti a riconoscere inequivocabilmente e incondizionatamente tali diritti, nonché la necessità che siano rispettati al più presto e che si trovi una tempestiva soluzione a tale problema conformemente ai principi del diritto internazionale; invita a tal proposito la Commissione e gli Stati membri dell'UE a mantenere ed ampliare l'assistenza e il sostegno finanziario forniti dall'UE a quei paesi del partenariato orientale che stanno affrontando detta situazione, in particolare, aiutandoli a ristrutturare e realizzare le necessarie opere viarie ed edili, le infrastrutture per l'approvvigionamento idrico ed elettrico, gli ospedali e le scuole;
Ruolo del Parlamento europeo
53. sottolinea l'importanza fondamentale del Parlamento europeo nel promuovere il dibattito politico e nel rafforzare la libertà e la democrazia nei paesi partner vicini, anche attraverso le missioni parlamentari di osservazione elettorale; evidenzia il suo impegno a favore di una maggiore coerenza tra i suoi organi, di un rafforzamento delle relazioni con la società civile e dell'efficacia del lavoro di detti organi, anche mediante un uso migliore delle delegazioni presso gli organismi interparlamentari;
54. ribadisce il suo netto sostegno a favore dell'Assemblea parlamentare EURONEST, sottolineando il ruolo di questo organismo nel rafforzamento della democrazia e delle istituzioni democratiche e in quanto dimensione parlamentare del partenariato orientale; ritiene che l'Assemblea fornirà un valido contributo alla realizzazione della PEV rafforzata e conferirà valore aggiunto a tutte le parti interessate nel potenziamento della cooperazione, della solidarietà e della fiducia reciproca e nella promozione delle migliori prassi; afferma che i deputati bielorussi potranno partecipare all'Assemblea parlamentare EURONEST soltanto quando il parlamento bielorusso sarà eletto democraticamente e riconosciuto come tale dall'Unione europea;
55. sottolinea il ruolo del Parlamento europeo in tutte le fasi e le aree di sviluppo della PEV, tanto nella definizione delle scelte strategiche quanto nel controllo dell'attuazione della PEV, e ribadisce il suo impegno a continuare a esercitare il diritto di controllo parlamentare per quanto riguarda l'attuazione della PEV, anche attraverso discussioni regolari con la Commissione sull'applicazione dell'ENPI; deplora tuttavia i limiti posti all'accesso e alla consultazione dei documenti nella preparazione dei documenti di programmazione; chiede che al Parlamento sia concesso di accedere ai mandati negoziali relativi a tutti gli accordi internazionali in via di negoziazione con i paesi partner della PEV, in conformità dell'articolo 218, paragrafo 10, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, il quale prevede che il Parlamento sia immediatamente e pienamente informato in tutte le fasi della procedura;
56. si compiace della decisione del Consiglio di convocare un secondo vertice del partenariato orientale nella seconda metà del 2011; invita a tal proposito gli Stati membri dell'UE a cogliere questa occasione per effettuare un bilancio dei progressi compiuti e rivedere ulteriormente l'orientamento strategico del partenariato orientale, affinché continui a produrre in futuro risultati significativi;
o o o
57. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE), al Comitato delle regioni, ai governi e ai parlamenti nazionali dei paesi della PEV nonché all'OSCE e al Consiglio d'Europa.
– visti lo sviluppo della politica europea di vicinato (PEV) dal 2004 e, in particolare, le relazioni intermedie della Commissione sulla sua attuazione,
– visti i piani d'azione adottati congiuntamente con l'Egitto, Israele, la Giordania, il Libano, il Marocco, l'Autorità palestinese e la Tunisia,
– viste le comunicazioni della Commissione dell'11 marzo 2003 dal titolo «Europa ampliata - Prossimità: un nuovo contesto per le relazioni con i nostri vicini orientali e meridionali (COM(2003)0104), del 12 maggio 2004 dal titolo »Politica europea di prossimità - documento di strategia' (COM(2004)0373), del 4 dicembre 2006 sullo sviluppo della politica europea di vicinato (COM(2006)0726), del 5 dicembre 2007 su una forte politica europea di vicinato (COM(2007)0774) e del 12 maggio 2010 sul bilancio della politica europea di vicinato (COM(2010)0207),
– vista la comunicazione congiunta della Commissione e dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, dell'8 marzo 2011, su un partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa con il mediterraneo meridionale (COM(2011)0200),
– viste le conclusioni del Consiglio Affari esteri del 26 luglio 2010 sulla PEV,
– viste le sue precedenti risoluzioni del 19 gennaio 2006 sulla politica europea di prossimità(1), del 6 luglio 2006 sullo strumento europeo di vicinato e partenariato (ENPI)(2), del 15 novembre 2007 sullo sviluppo della politica europea di vicinato(3), del 19 febbraio 2009 sul Processo di Barcellona: Unione per il Mediterraneo(4), del 19 febbraio 2009 sulla revisione dello strumento della politica europea di vicinato e partenariato(5), del 20 maggio 2010 sull'Unione per il Mediterraneo(6), e del 9 settembre 2010 sulla situazione del fiume Giordano, con particolare riferimento alla regione del Basso Giordano(7),
– viste le sue risoluzioni del 3 febbraio 2011 sulla situazione in Tunisia(8), del 17 febbraio 2011 sulla situazione in Egitto(9) e del 10 marzo 2011 sui rapporti con i vicini meridionali, e in particolare la Libia, inclusi gli aspetti umanitari(10),
– viste le conclusioni del consiglio di associazione UE-Marocco, del 13 ottobre 2008, che riconoscono lo status avanzato al Marocco,
– viste le conclusioni del consiglio di associazione UE-Giordania, del 26 ottobre 2010, che riconoscono lo status avanzato alla Giordania,
– vista l'approvazione del «Processo di Barcellona: Unione per il Mediterraneo» da parte del Consiglio europeo di Bruxelles del 13 e 14 marzo 2008,
– vista la Comunicazione della Commissione del 20 maggio 2008 dal titolo «Processo di Barcellona: Unione per il Mediterraneo (COM(2008)0319),
– vista la dichiarazione finale dei ministri degli Affari esteri dell'Unione per il Mediterraneo, riunitisi a Marsiglia il 3 e 4 novembre 2008,
– vista la dichiarazione del vertice di Parigi per il Mediterraneo tenutosi a Parigi il 13 luglio 2008,
– vista la dichiarazione di Barcellona che istituisce un partenariato euromediterraneo, adottata alla Conferenza euromediterranea dei ministri degli Affari esteri tenutasi il 27 e 28 novembre 1995,
– viste le dichiarazioni dell'Ufficio di presidenza dell'Assemblea parlamentare dell'Unione per il Mediterraneo (AP-UpM) in occasione delle riunioni di Parigi (12 luglio 2008), del Cairo (20 novembre 2009), di Rabat (22 gennaio 2010), di Palermo (18 giugno 2010) e di Roma (12 novembre 2010),
– vista la raccomandazione dell'Assemblea parlamentare euromediterranea (APEM) adottata ad Amman il 13 ottobre 2008 e trasmessa alla prima riunione dei ministri degli Affari esteri del processo di Barcellona: Unione per il Mediterraneo,
– viste le raccomandazioni delle commissioni della AP-UpM adottate in occasione della sesta sessione plenaria tenutasi ad Amman il 13 e 14 marzo 2010,
– viste le conclusioni della riunione inaugurale dell'Assemblea regionale e locale euromediterranea (ARLEM) tenutasi a Barcellona il 21 gennaio 2010,
– visto il regolamento (CE) n. 1638/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 2006, recante disposizioni generali che istituiscono uno strumento europeo di vicinato e partenariato (ENPI)(11),
– vista la sua raccomandazione al Consiglio del 13 dicembre 2010 sui negoziati riguardanti l'accordo quadro UE-Libia,
– visto l'articolo 110, paragrafo 2, del suo regolamento,
A. considerando che il rispetto e la promozione della democrazia e dei diritti umani, in particolare quelli della donna, lo Stato di diritto, il rafforzamento della sicurezza, la stabilità democratica, la prosperità, un'equa distribuzione del reddito, della ricchezza e delle opportunità nella società e, quindi, la lotta alla corruzione e la promozione del buon governo sono principi e finalità fondamentali dell'UE che devono rappresentare valori comuni condivisi con i paesi partner della PEV e divenire obiettivi imprescindibili della PEV,
B. considerando che la revisione della PEV dovrebbe tenere conto delle manifestazioni a favore della libertà, della democrazia e delle riforme in diversi paesi del vicinato meridionale dell'UE che hanno dimostrato il forte desiderio popolare di un autentico cambiamento e di migliori condizioni di vita nella regione,
C. considerando che la rivolta civile, conseguenza del generale malcontento della popolazione nei confronti dei regimi al potere e prevalentemente motivata dall'iniqua distribuzione della ricchezza e della crescita economica nonché dalla mancanza di libertà, si è estesa all'intera regione,
D. considerando che gli effetti della crisi economica e finanziaria si sono sommati alle sfide politiche, economiche e sociali già esistenti nei paesi partner, soprattutto in relazione al problema della disoccupazione e dell'aumento dei prezzi, che ha condotto alle rivolte nella regione;
E. considerando che gli avvenimenti in Tunisia, Egitto,Libia, Siria, Algeria, Marocco, Giordania e in altri paesi che chiedono riforme democratiche comportano la necessità per l'UE di apportare determinate modifiche alla PEV al fine di sostenere efficacemente il processo di riforma a livello politico, economico e sociale, condannando in modo inequivocabile, al tempo stesso, l'uso della forza per reprimere manifestazioni pacifiche,
F. considerando che la PEV, sin da quando è stata lanciata nel 2004, si è dimostrata inefficace nel conseguire i suoi obiettivi in materia di diritti umani e democrazia, oltre che incapace di portare alle necessarie riforme politiche, sociali e istituzionali; che nelle proprie relazioni con la regione in questione l'UE ha trascurato il dialogo con le società civili e le forze democratiche della sponda meridionale del Mediterraneo; che, nonostante il persistere di talune lacune e difficoltà, l'attenzione dovrebbe ora concentrarsi sull'attuazione, in uno sforzo di interazione con partner realmente rappresentativi della società civile e istituzioni chiave essenziali per la costruzione della democrazia, con priorità d'azione ben definite, parametri di riferimento precisi e una differenziazione basata sulla performance e i risultati ottenuti,
G. considerando che vi sono significative asimmetrie economiche, sociali e demografiche tra gli Stati i paesi meridionali della PEV, le quali devono essere affrontate nell'interesse comune di tutti i partner,
H. considerando che l'UE dovrebbe definire più precisamente le finalità e le priorità strategiche perseguite nell'ambito dei partenariati con i vicini orientali e meridionali nonché attribuire la dovuta importanza ai punti della sua agenda politica correlati a tale aspetto, anche a livello di pianificazione di bilancio,
I. considerando che la PEV dovrebbe comprendere strumenti più ambiziosi ed efficienti volti a promuovere e sostenere le riforme politiche, economiche e sociali nei paesi vicini dell'UE,
J. considerando che il trattato di Lisbona ha creato le condizioni propizie a un miglioramento dell'efficienza e della coerenza delle politiche e del funzionamento dell'UE, segnatamente nell'ambito delle relazioni esterne, grazie all'istituzione della carica di vicepresidente/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR) e del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE), e che il VP/AR ha il compito di far sentire la voce dell'UE sulla scena internazionale,
K. considerando che gli articoli 3 e 21 del trattato sull'Unione europea ampliano ulteriormente gli obiettivi di politica estera dell'Unione europea e collocano la promozione dei diritti umani, in particolare l'universalità e l'indivisibilità dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, al centro dell'azione esterna dell'UE,
L. considerando che, a norma dell'articolo 8 del trattato UE, l'Unione deve sviluppare con i paesi limitrofi relazioni privilegiate al fine di creare uno spazio di prosperità e buon vicinato fondato sui valori dell'Unione e caratterizzato da relazioni strette e pacifiche basate sulla cooperazione,
M. considerando che i conflitti irrisolti e le violazioni della legislazione internazionale in materia di diritti umani rappresentano un impedimento alla realizzazione della PEV, in quanto frenano lo sviluppo economico, sociale e politico nonché la cooperazione, la stabilità e la sicurezza a livello regionale,
N. considerando che, negli ultimi anni, la ricerca di una stabilità a breve termine ha spesso prevalso sui valori della democrazia, della giustizia sociale e dei diritti umani nell'ambito dei rapporti tra l'UE e i paesi vicini meridionali,
O. considerando che l'Unione dovrebbe perseguire un approccio ascendente, rafforzando il proprio sostegno alla costruzione istituzionale, alla società civile e alla volontà di avviare un processo di democratizzazione, in particolare per quanto concerne la partecipazione delle donne e gli sviluppi socioeconomici in quanto prerequisiti di una stabilizzazione duratura,
P. considerando che il rispetto dei diritti umani, in particolare di quelli delle donne, oltre che della democrazia e dello Stato di diritto (incluse la lotta contro la tortura e i trattamenti crudeli, disumani o degradanti) nonché l'opposizione alla pena di morte sono principi fondamentali dell'Unione europea,
Q. considerando che l'UpM è attualmente in fase di stallo, soprattutto dopo il rinvio a tempo indeterminato del secondo vertice dei capi di Stato e di governo, oltre che delle riunioni ministeriali, e a seguito delle dimissioni del suo segretario generale; considerando che il contesto regionale in cui l'UpM sta prendendo forma è caratterizzato da conflitti territoriali, crisi politiche e un aumento delle tensioni sociali ed è stato sconvolto dalle rivolte popolari verificatesi in Tunisia, in Egitto e in altri paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente; che tutti quelli citati sono fattori che rallentano il funzionamento delle istituzioni dell'UpM nonché l'avvio dei principali progetti di integrazione regionale individuati dai capi di Stato e di governo dell'Unione per il Mediterraneo in occasione del vertice di Parigi del luglio 2008 e dai ministri degli Affari esteri dell'UpM riunitisi a Marsiglia il 3 e 4 novembre 2008; considerando che l'UpM, che avrebbe dovuto rafforzare la politica dell'UE nella regione, si è rivelata inefficace nel porre un freno alla crescente sfiducia e nel soddisfare i bisogni primari delle popolazioni coinvolte,
R. considerando l'opportunità offerta dall'istituzione dell'UpM di rafforzare la complementarietà tra le politiche bilaterali, da un lato, e le politiche regionali, dall'altro, al fine di raggiungere più efficacemente gli obiettivi della cooperazione euromediterranea,
S. considerando che altri attori globali, e i paesi BRIC (Brasile, Russia, India, Cina) in particolare, hanno rafforzato ulteriormente la loro presenza economica e influenza politica nei paesi del vicinato meridionale dell'UE,
T. considerando che le conseguenze della crisi politica, economica, sociale e finanziaria hanno aggravato le difficoltà politiche, economiche e sociali esistenti nei paesi meridionali della PEV; che il costo delle riforme relative alla convergenza con l«acquis e agli adeguamenti necessari per la progressiva intensificazione delle relazioni economiche e sociali rappresenta un'ulteriore sfida per i paesi del vicinato meridionale dell'UE; considerando che in alcuni paesi tali fattori hanno contribuito ampiamente ai disordini civili e alle richieste di democratizzazione e riforme,
U. considerando che la questione della gestione delle risorse idriche, e soprattutto dell'equa distribuzione delle stesse in funzione del fabbisogno di tutti gli abitanti della regione, è della massima importanza ai fini di una pace e di una stabilità durature nel Medio Oriente,
V. considerando che le tendenze demografiche mostrano che nei prossimi vent'anni la popolazione degli Stati membri dell'UE si manterrà quantitativamente stabile, anche se diventerà progressivamente più anziana, mentre quella dei paesi meridionali della PEV aumenterà, soprattutto per quanto concerne la fascia d'età lavorativa; che la crescita economica e la creazione di posti di lavoro nei paesi in questione potrebbero non riuscire a tenere il passo con l'espansione demografica prevista, soprattutto in considerazione del fatto che alcuni paesi sono già confrontati a tassi di disoccupazione molto elevati, soprattutto a livello giovanile,
W. considerando che la corruzione nei paesi meridionali della PEV continua a suscitare gravi preoccupazioni e coinvolge ampie fasce della società, oltre che le istituzioni pubbliche,
X. considerando che l'ENPI ha contribuito a semplificare il finanziamento della PEV; che il processo di sviluppo dello strumento che gli succederà dovrebbe riflettere i recenti sviluppi nella regione e soprattutto le legittime aspirazioni democratiche della popolazione nonché le conclusioni della revisione strategica della PEV ed essere condotto attraverso consultazioni con tutte le parti interessate e in particolare con gli attori locali,
Revisione della PEV – Aspetti generali
1. riconferma i valori, i principi e gli impegni su cui è stata costruita la PEV, fra cui la democrazia, lo Stato di diritto, il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali nonché dei diritti delle donne, il buon governo, l'economia di mercato e lo sviluppo sostenibile; ribadisce inoltre che la PEV deve diventare un valido contesto per l'approfondimento e il rafforzamento delle relazioni con i nostri partner più vicini al fine di incoraggiare e sostenere in tali paesi riforme politiche, sociali ed economiche pensate per instaurare e consolidare la democrazia, il progresso e opportunità sociali ed economiche per tutti; pone l'accento sull'importanza del rispetto dei principi di condivisione delle responsabilità e di titolarità congiunta nell'elaborazione e nell'attuazione dei programmi della PEV; ritiene che la politica europea di vicinato, fin dalla sua istituzione nel 2004, abbia fornito tangibili benefici sia ai partner della PEV che all'UE, in quanto quadro politico unico e grazie alla differenziazione basata sui risultati ottenuti e l'assistenza ad hoc che la caratterizzano;
2. rammenta, alla luce degli attuali avvenimenti nei paesi meridionali, soprattutto in Tunisia, Egitto, Libia, Siria, Algeria, Marocco, Giordania e in altri paesi che chiedono riforme democratiche, che la PEV non è riuscita a promuovere e a tutelare i diritti umani nei paesi terzi; esorta l'UE a trarre insegnamenti dai citati eventi e a rivedere la propria politica di sostegno alla democrazia e ai diritti umani al fine di istituire un meccanismo di applicazione della clausola sui diritti umani inclusa in tutti gli accordi con i paesi terzi; insiste sul fatto che la revisione della politica europea di vicinato deve dare priorità ai criteri relativi all'indipendenza della magistratura, al rispetto delle libertà fondamentali, al pluralismo e alla libertà di stampa nonché alla lotta contro la corruzione; chiede un miglior coordinamento con le altre politiche dell'Unione rivolte ai paesi in questione;
3. invita l'UE a offrire il proprio deciso sostegno al processo di riforme politiche ed economiche nella regione facendo ricorso a tutti gli strumenti esistenti nel quadro della PEV e, all'occorrenza, adottandone di nuovi al fine di contribuire nel modo più efficace possibile al processo di transizione democratica, con particolare attenzione al rispetto delle libertà fondamentali, al buon governo, all'indipendenza della magistratura e alla lotta contro la corruzione, in modo da rispondere alle esigenze e alle aspettative della popolazione dei paesi vicini meridionali;
4. pone l'accento sulla necessità di aumentare i fondi assegnati alla PEV nelle prossime prospettive finanziarie dell'Unione dopo il 2013, attribuendo la priorità, alla luce degli ultimi avvenimenti, alla dimensione meridionale della PEV; è del parere che le prossime prospettive finanziarie dovrebbe tenere conto delle caratteristiche e delle esigenze specifiche di ciascun paese;
5. sottolinea la necessità di presentare ai paesi vicini un'offerta concreta relativa a un partenariato politico e a un'integrazione economica più forti, basata sui principi dell'apertura, della titolarità congiunta e della condizionalità; chiede che tale offerta sia creata ad hoc in funzione delle esigenze specifiche, tra loro diverse, dei paesi e delle regioni, in modo che i partner più avanzati possano seguire un percorso più rapido verso la conformità alle norme e ai valori dell'UE;
6. chiede di dedicare maggiore attenzione alla cooperazione con le organizzazioni della società civile, poiché esse sono state il motore principale delle rivolte popolari verificatesi nell'intera regione;
7. evidenzia la necessità di fornire un adeguato livello di finanziamento UE a favore della cooperazione con i paesi vicini, e ribadisce il valore dell'ENPI in quanto principale strumento di finanziamento della PEV, che dovrebbe evolvere in maniera tale da poter rispondere con maggiore flessibilità alle diverse esigenze dei paesi e delle regioni vicini, garantire un collegamento diretto tra gli obiettivi strategici della PEV e la programmazione dell'ENPI, nonché riflettere l'orientamento ai risultati della futura PEV; sottolinea, tuttavia, la necessità di fornire un'assistenza più mirata, rivolta in particolare alla società civile e alle comunità locali, nel rispetto dell'approccio ascendente; insiste sull'importanza dei controlli sulla gestione e sull'attuazione dei vari programmi ENPI;
8. sottolinea che occorre prevedere tutte le misure necessarie, comprese adeguate risorse finanziarie, umane e tecniche, per garantire che l'UE possa rispondere in modo appropriato in caso di eventuali movimenti migratori di massa, ai sensi dell'articolo 80 TFUE;
9. fa notare che la revisione strategica della PEV dovrebbe affrontare seriamente le lacune di detta politica e promuovere un maggiore impegno politico da parte di tutti i partner, rafforzando nel contempo la differenziazione basata sui risultati, misurati in rapporto a parametri di riferimento chiaramente definiti; chiede che in sede di revisione si riservi altresì una notevole attenzione all'impellente necessità di sviluppare la dimensione multilaterale, nel quadro di un impegno volto a instaurare un dialogo politico rafforzato, continuo e concreto con i paesi partner;
10. ritiene particolarmente importante valutare e analizzare costantemente non soltanto i risultati raggiunti finora tramite i programmi attuati, ma anche l'adeguatezza delle risorse utilizzate nel quadro del partenariato; è del parere che tale procedura offra la possibilità di correggere, in futuro, eventuali carenze e scelte sbagliate;
11. invita il Consiglio e la Commissione a procedere a una revisione della PEV in relazione ai paesi partner meridionali fornendo i mezzi e l'assistenza necessari per un'autentica transizione democratica e gettando le basi per profonde riforme politiche, sociali e istituzionali; insiste sul fatto che la revisione della politica di vicinato deve attribuire la priorità ai criteri relativi all'indipendenza della magistratura, al rispetto delle libertà fondamentali, compresa la libertà dei media, e alla lotta contro la corruzione;
12. riconosce e sottolinea la differenza tra «i vicini europei», ossia i paesi che possono formalmente aderire all'UE una volta soddisfatti i criteri di Copenaghen, e «i vicini dell'Europa», ossia i paesi che non possono entrare a far parte dell'Unione europea a causa della loro posizione geografica;
13. ritiene che sia quindi estremamente importante e urgente riconsiderare ed esaminare attentamente la strategia dell'UE nei confronti del Mediterraneo e che questa nuova strategia dovrebbe rafforzare il dialogo politico e il sostegno a tutte le forze democratiche e sociali, compresi gli attori della società civile; invita il Consiglio, a tale proposito, a definire una serie di criteri politici che i paesi della PEV devono soddisfare per ottenere lo «status avanzato»;
14. sottolinea la necessità di riconoscere e sfruttare i cambiamenti determinati dal trattato di Lisbona, con particolare riferimento al ruolo rafforzato del vicepresidente/alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, alla creazione del SEAE e ai nuovi poteri conferiti al Parlamento europeo, nell'intento di rendere maggiormente coerente la politica estera dell'UE e di accrescere l'efficacia e la legittimità dell'azione e della dimensione esterne di quest'ultima; ritiene che l'UE potrà elaborare una politica efficace e credibile nei confronti dei partner mediterranei soltanto se il Consiglio e la Commissione sapranno trarre insegnamenti dagli avvenimenti passati e presenti e procedono a un'analisi approfondita e completa delle lacune dell'attuale PEV;
15. evidenzia l'importanza del partenariato tra l'UE e i paesi vicini meridionali sottolineando altresì che tale stretta cooperazione è nell'interesse di entrambe le parti;
16. ritiene che l'UE dovrebbe trarre insegnamento dai recenti avvenimenti nei paesi vicini meridionali e che la PEV dovrebbe essere riesaminata alla luce di tali eventi, al fine di instaurare un partenariato con le società e non solo con gli Stati;
Dimensione meridionale
17. evidenzia l'importanza di creare una task force, coinvolgendo il Parlamento, in risposta alle richieste di monitoraggio dei processi di transizione democratica avanzate dagli attori del cambiamento democratico, in particolare per quanto riguarda lo svolgimento di elezioni libere e democratiche e lo sviluppo delle istituzioni, compresa una magistratura indipendente;
18. sostiene fortemente, alla luce dei recenti sviluppi nella regione, le legittime aspirazioni democratiche espresse dalle popolazioni di diversi paesi del vicinato meridionale dell'UE, e invita le autorità di tali paesi ad attuare quanto prima una pacifica transizione verso una reale democrazia; sottolinea che la revisione strategica della PEV deve considerare e riflettere pienamente tali sviluppi;
19. chiede, in tale contesto, che l'UE fornisca un significativo sostegno alla trasformazione democratica nei paesi del vicinato meridionale, in collaborazione con le società coinvolte, mobilitando, riesaminando e adattando gli strumenti esistenti per il sostegno alle riforme politiche, economiche e sociali; invita in proposito il Consiglio e la Commissione a prevedere meccanismi di sostegno finanziario temporaneo a breve termine, inclusi prestiti, da mettere a disposizione dei paesi che ne indichino la necessità a seguito della rapida evoluzione democratica e di una flessione particolarmente marcata della liquidità; invita inoltre la Commissione a riesaminare il più rapidamente possibile i programmi indicativi nazionali per il periodo 2011-2013 di Tunisia ed Egitto al fine di tenere conto delle nuove e impellenti esigenze dei partner in termini di costruzione della democrazia;
20. sottolinea l'importanza di intensificare il dialogo politico con i vicini meridionali dell'UE; pone l'accento, una volta di più, sul fatto che il rafforzamento della democrazia, lo Stato di diritto, il buon governo, la lotta contro la corruzione e il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali sono elementi essenziali di tale dialogo; sottolinea, in proposito, l'importanza del rispetto della libertà di coscienza, di religione e di pensiero, della libertà di espressione, della libertà di stampa e dei media, della libertà di associazione, dei diritti delle donne e della parità di genere, della tutela delle minoranze e della lotta contro la discriminazione basata sull'orientamento sessuale;
21. rileva che lo status avanzato è già stato riconosciuto ad alcuni dei paesi partner o è attualmente oggetto di negoziato con altri; sottolinea l'importanza non solo di adottare un approccio più trasparente e coerente verso tale differenziazione, al fine di istituire un solido processo che produca risultati concreti, ma anche di definire criteri precisi per evitare di adottare due pesi e due misure in relazione alle condizioni che devono essere rispettate per poter beneficiare di uno status avanzato;
22. pone l'accento sulla necessità di adattare i criteri di Copenaghen al riconoscimento dello status avanzato; invita la Commissione ad assicurarsi che lo status avanzato sia concesso ai paesi terzi soltanto quando essi soddisfano tali criteri;
23. sottolinea che la lotta contro la corruzione, soprattutto della magistratura e della polizia, dovrebbe essere una delle massime priorità dell'UE nello sviluppo delle sue relazioni con i partner meridionali;
24. ribadisce la propria richiesta di essere consultato in tutte le fasi del processo di riconoscimento dello status avanzato a paesi partner e dell'elaborazione dei piani d'azione della PEV, in linea con il nuovo ruolo attribuito al Parlamento dal trattato di Lisbona; invita il Consiglio e il SEAE a coinvolgere il Parlamento nel processo decisionale relativo allo status avanzato, elaborando un chiaro meccanismo di consultazione da utilizzare in tutte le fasi dei negoziati, anche in relazione ai criteri da rispettare e alla fissazione delle priorità e degli orientamenti figuranti nei piani d'azione;
25. sottolinea che il partenariato tra l'UE e i paesi vicini meridionali può essere efficace soltanto se basato sulla sinergia tra le dimensioni bilaterali e multilaterali interdipendenti di tale cooperazione; si rammarica, pertanto, che la PEV non tenga sufficientemente in considerazione la necessità di rafforzare la dimensione multilaterale;
26. rende omaggio al coraggio delle persone che in Tunisia, Egitto e Libia sono insorte per reclamare democrazia e libertà; invita tutte le istituzioni dell'UE a offrire il massimo sostegno al processo di transizione democratica;
27. deplora la perdita di vite umane durante le manifestazioni pacifiche in Tunisia e in Egitto e invita le autorità a condurre rigorose indagini sull'accaduto e a consegnare i responsabili alla giustizia;
28. ritiene che il conflitto israelo-palestinese sia all'origine delle tensioni politiche nel Medio Oriente e in tutta la regione del Mediterraneo;
29. invita il vicepresidente/alto rappresentate a impegnarsi attivamente per la risoluzione dei conflitti e il consolidamento della fiducia nella regione, garantendo che l'Unione svolga un ruolo attivo da protagonista e non solo quello di finanziatore, segnatamente nell'ambito del processo di pace in Medio Oriente e della situazione nel Sahara occidentale; ritiene che la risoluzione dei conflitti sia fondamentale ai fini dello sviluppo politico, economico e sociale nella regione, nonché per il progresso della dimensione regionale della PEV e delle relative forme di cooperazione multilaterale, ad esempio l'Unione per il Mediterraneo; osserva che trovare una soluzione globale e in linea con il diritto internazionale ai vari conflitti nei paesi del partenariato meridionale dell'UE, e del conflitto arabo-israeliano in particolare, è essenziale per il pieno successo della PEV;
30. ritiene che il dialogo interculturale nella regione del Mediterraneo sia fondamentale ai fini del rafforzamento della comprensione, della solidarietà e della tolleranza reciproche nonché del benessere delle sue popolazioni; si attende che nel quadro della revisione si valuti la possibilità di elaborare appositi strumenti in tal senso;
31. è profondamente preoccupato per il continuo rinvio a tempo indeterminato del secondo vertice dei capi di Stato e di governo nonché delle riunioni ministeriali dell'UpM, perché lancia un segnale negativo ai popoli e alle istituzioni della regione; ritiene che le dimissioni del segretario generale dell'Unione per il Mediterraneo evidenzino la necessità di un chiarimento della natura delle procedure e delle istituzioni dell'UpM; rileva che le tensioni politiche e i conflitti regionali nel bacino del Mediterraneo non dovrebbero compromettere la possibilità di compiere progressi concreti verso una cooperazione settoriale e multilaterale, e che è proprio grazie alla realizzazione di grandi progetti di integrazione e a un dialogo politico aperto che l'UpM può contribuire allo sviluppo di un clima di fiducia favorevole al raggiungimento degli obiettivi comuni di giustizia e di sicurezza in uno spirito di solidarietà e di pace;
32. deplora l'insufficienza dei finanziamenti assegnati all'UpM e lo scarsissimo impegno mostrato dai paesi membri di entrambe le sponde del Mediteranno; si rammarica dell'approccio piuttosto vago dell'UE nei confronti della politica mediterranea e sollecita una visione strategica a lungo termine per lo sviluppo e la stabilizzazione della regione; insiste sulla necessità di fare del processo di interazione euromediterraneo una priorità politica dell'agenda europea;
33. è convinto della necessità di rilanciare l'Unione per il Mediterraneo per tenere conto dei nuovi sviluppi nella regione; è del parere che la nuova UpM dovrebbe promuovere un solido sviluppo economico, sociale e democratico e creare una forte base comune per una stretta relazione tra l'UE e i suoi vicini meridionali; ritiene che la nuova comunità in questione possa altresì offrire nuove possibilità di giungere a una pace sostenibile in Medio Oriente, radicata nelle diverse società e non dipendente soltanto dalla fragile volontà politica dei leader autoritari della regione;
34. osserva che nel quadro della revisione si dovrebbe affrontare il problema del fallimento dell'Unione per il Mediterraneo in termini di soddisfacimento delle aspettative, analizzare le sfide future e valutare nuove modalità di rafforzamento degli strumenti bilaterali nell'ambito della PEV; a tale proposito ritiene che si debbano assegnare maggiori risorse ai settori in cui è possibile ottenere tangibili progressi;
35. è preoccupato per l'assenza di progressi nell'ambito della creazione dell'area di libero scambio euromediterranea; una volta soddisfatti i requisiti per la creazione di zone di libero scambio rafforzate e globali nell'ottica di istituire una zona di libero scambio euromediterranea, invita a condurre negoziati concertati che tengano debitamente conto delle realtà socioeconomiche di ciascuno dei paesi partner, a condizione che l'impatto sociale e ambientale di tali accordi sia pienamente e tempestivamente valutato; deplora l'assenza di reali progressi realizzati dai vari attori in termini di creazione delle necessarie condizioni; incoraggia altresì lo sviluppo di una cooperazione economica bilaterale e multilaterale Sud-Sud in grado di apportare benefici concreti ai cittadini dei paesi coinvolti e migliorare il clima politico nella regione;
36. sottolinea la necessità di affrontare in maniera mirata le questioni specifiche più importanti in ciascuno dei paesi coinvolti, ma ribadisce che la situazione socioeconomica, in particolare delle giovani generazioni, deve costituire una particolare preoccupazione della politica europea di vicinato;
37. ritiene che una cooperazione subregionale rafforzata fra Stati membri e paesi PEV con specifici interessi, valori e preoccupazioni condivisi potrebbe generare una dinamica positiva per l'intera area del Mediterraneo; incoraggia gli Stati membri ad avvalersi del potenziale di geometria variabile come modello di cooperazione e fa notare che la futura PEV dovrebbe agevolare e promuovere tale approccio, in particolare tramite le risorse di bilancio assegnatele per il finanziamento regionale;
38. ritiene che nel quadro della politica di vicinato relativa ai paesi meridionali si debba affrontare il problema dell'immigrazione irregolare; chiede al Consiglio e alla Commissione di monitorare l'attuazione degli accordi con i vari paesi vicini meridionali nonché degli accordi bilaterali esistenti tra gli Stati membri dell'UE e i vari attori regionali per quanto concerne le questioni dell'immigrazione e, in particolare, della riammissione;
39. deplora l'approccio asimmetrico adottato dall'UE nei confronti dei paesi vicini orientali e meridionali per quanto concerne le politiche in materia di mobilità e di visti; difende, in relazione alla mobilità, la semplificazione delle procedure per il rilascio dei visti ai cittadini dei paesi meridionali della PEV, soprattutto studenti, ricercatori e uomini d'affari, e l'adozione di un partenariato euromediterraneo per la mobilità; sottolinea l'importante ruolo che alcuni paesi della PEV possono svolgere nel gestire i flussi migratori; sottolinea che la cooperazione nella gestione dei flussi migratori deve rispettare appieno i valori dell'UE e gli obblighi giuridici internazionali; insiste sul fatto che gli accordi di riammissione con i paesi partner dovrebbero essere presi in considerazione solo per gli immigrati in posizione irregolare, escludendo quindi tutti coloro che si dichiarano richiedenti asilo, rifugiati o persone che necessitano protezione, e ribadisce che il principio del «non respingimento» si applica a qualsiasi persona che rischi la pena di morte, trattamenti disumani e atti di tortura; chiede una più stretta cooperazione per porre fine al traffico di esseri umani e per migliorare le condizioni dei lavoratori immigrati sia nell'UE che nei paesi meridionali della PEV;
40. chiede al vicepresidente/alto rappresentante, al SEAE e alla Commissione che nei contatti con i paesi meridionali della PEV si attribuisca la massima importanza alle priorità politiche dell'UE, che consistono nell'abolizione della pena di morte, nel rispetto dei diritti umani (ivi inclusi quelle delle donne) e delle libertà fondamentali (ivi inclusa la libertà di coscienza e di religione), nella libertà di associazione e dei media, nel rispetto dello Stato di diritto, nell'indipendenza della magistratura, nella lotta contro la tortura, i trattamenti crudeli e disumani, nella lotta contro l'impunità nonché nella ratifica di diversi strumenti di diritto internazionale tra cui lo statuto di Roma della Corte penale internazionale e la Convenzione del 1951 relativa allo status di rifugiato;
41. chiede una rinnovata attenzione, nel contesto della revisione degli accordi con i paesi meridionali della PEV, per il pieno rispetto nei paesi coinvolti della libertà di religione, soprattutto per le varie minoranze religiose; fa notare che libertà di religione significa anche libertà di manifestare la propria fede individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l'insegnamento, le pratiche e l'osservanza dei riti e che tale libertà non può non includere il diritto di cambiare religione;
42. sottolinea che le relazioni contrattuali con tutti i paesi della PEV includono disposizioni relative a incontri regolari in cui affrontare le questioni inerenti ai diritti umani, nel contesto di sottocommissioni per i diritti dell'uomo; chiede al SEAE di avvalersi pienamente delle citate disposizioni e di coinvolgere le sottocommissioni esistenti in occasione di qualsiasi negoziato, di insistere affinché diventino più efficaci e maggiormente orientate ai risultati, e di garantire la partecipazione delle organizzazioni della società civile e dei difensori dei diritti umani; raccomanda di elevare il gruppo di lavoro informale sui diritti umani UE-Israele al rango di normale sottocommissione; chiede al SEAE di partecipare altresì a una cooperazione strutturata tra il Gruppo di lavoro del Consiglio sui diritti umani (COHOM) e la sottocommissione per i diritti dell'uomo del Parlamento europeo;
43. invita il VP/AR, il SEAE e la Commissione ad adoperarsi attivamente a favore della promozione e della protezione della libertà di comunicazione e di accesso all'informazione, anche su Internet;
44. invita il vicepresidente/alto rappresentate, il SEAE e la Commissione a rafforzare il ruolo che le organizzazioni della società civile, in particolare quelle che si occupano dei diritti umani e delle donne, esercitano in termini di monitoraggio delle politiche nonché di programmazione e attuazione dell'assistenza tramite un apposito strumento per il rafforzamento delle capacità; evidenzia, a tale proposito, la necessità di promuovere il ruolo della donna e invita il SEAE e la Commissione ad analizzare sistematicamente l'impatto di genere dei loro progetti e programmi e a insistere affinché i diritti delle donne e la parità di genere siano tenuti in considerazione in sede di riforma delle costituzioni, dei codici penali, del diritto di famiglia e di altre leggi civili, nonché nel dialogo sui diritti umani con i paesi partner della PEV; insiste sul fatto che il VP/AR, il SEAE e la Commissione non dovrebbero rafforzare i rapporti tra l'UE e i paesi terzi che non coinvolgono sufficientemente le organizzazioni della società civile nelle loro politiche; osserva che le organizzazioni della società civile sono gli alleati più fidati e influenti dell'UE nella promozione dei valori democratici, del buon governo e dei diritti umani nei paesi partner; chiede un maggior coinvolgimento degli enti regionali e locali nonché delle organizzazioni professionali e delle parti sociali nella cooperazione dell'UE con i paesi vicini meridionali; invita il Consiglio e la Commissione, in tal senso, a rafforzare ulteriormente e utilizzare in modo più efficace lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani;
45. sottolinea la necessità di integrare la parità di genere in tutte le politiche e di sostenere azioni specifiche al fine di arrivare a un approccio efficace e sistematico alla parità di genere nei paesi della PEV; esorta i governi e la società civile a rafforzare l'inclusione sociale delle donne, a lottare contro l'analfabetismo femminile e a promuovere l'occupazione delle donne al fine di garantire una significativa presenza femminile a tutti i livelli;
46. sottolinea l'importanza di una cooperazione strutturata nei settori dell'istruzione superiore e della ricerca così da promuovere il reciproco riconoscimento delle qualifiche e dei sistemi di istruzione, soprattutto nell'ottica di aumentare la mobilità degli studenti, dei ricercatori e degli insegnanti, avvalendosi di misure per combattere la «fuga dei cervelli»; accoglie con favore, al riguardo, l'assistenza fornita dal programma Tempus per l'insegnamento superiore, gli scambi organizzati nel quadro dal secondo programma d'azione ERASMUS Mundus e la creazione dell'università euromediterranea (EMUNI), costituita come una rete euromediterranea di università su entrambe le sponde del Mediterraneo;
47. sottolinea l'importanza del ruolo svolto dalle autorità locali nello sviluppo democratico dei paesi partner e invita ad ampliare i programmi di gemellaggio tra le autorità locali dell'UE e dei paesi partner;
48. sottolinea l'importanza dei sindacati e del dialogo sociale quali elementi dell'evoluzione democratica dei partner meridionali; invita i paesi in questione a rafforzare i diritti dei lavoratori e dei sindacati; fa notare l'importante ruolo che può assumere il dialogo sociale in relazione alle sfide socioeconomiche nella regione;
49. insiste sull'importanza di far convergere gli investimenti, la formazione, la ricerca e l'innovazione, con particolare attenzione alla formazione legata alle specifiche esigenze del mercato del lavoro, per affrontare le sfide socioeconomiche nella regione; chiede di riservare particolare attenzione alle donne e ai gruppi svantaggiati, ad esempio i giovani; sottolinea nel contempo la vitale importanza di offrire ulteriore sostegno ai progetti locali di sviluppo, al fine di contribuire alla rivitalizzazione delle città e delle regioni più vulnerabili;
50. sottolinea che un sistema di trasporti multimodale ben funzionante, efficiente e sicuro rappresenta un prerequisito necessario per la crescita economica e lo sviluppo che promuove il commercio e l'integrazione tra l'Unione europea e i suoi partner del Mediterraneo meridionale; invita la Commissione a presentare una valutazione intermedia del piano d'azione regionale per i trasporti (2007-2013) nel bacino del Mediterraneo e a tenere conto dei relativi risultati nell'ambito di qualsiasi piano d'azione futuro in materia di trasporti;
51. ritiene che lo sviluppo sostenibile debba essere un criterio trasversale della revisione della PEV, con particolare riferimento al miglioramento della protezione dell'ambiente, allo sviluppo del grande potenziale della regione in termini di energia rinnovabile e alla promozione di politiche e progetti che favoriscano un migliore utilizzo delle scarse risorse idriche;
52. invita nuovamente il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri dell'UE a promuovere e sostenere un piano globale volto a porre rimedio alla devastazione del fiume Giordano e a continuare a fornire assistenza tecnica e finanziaria per il recupero del fiume, e in particolare del Basso Giordano, anche nel quadro dell'UpM;
53. sottolinea il grande potenziale della cooperazione nel settore dell'energia e delle fonti di energia rinnovabile come le energie eolica, solare e del moto ondoso; sostiene l'attuazione coordinata del Piano solare mediterraneo e di iniziative industriali finalizzate a soddisfare i bisogni primari dei paesi partner, nonché l'adozione di una strategia euromediterranea per l'efficienza energetica; ribadisce l'importanza di promuovere interconnessioni transeuromediterranee nei settori dell'elettricità, del gas e del petrolio, al fine di migliorare la sicurezza dell'approvvigionamento energetico attraverso la realizzazione di reti intelligenti che colleghino l'intera regione euromediterranea;
54. rammenta l'importanza di un'agricoltura che vada a beneficio degli agricoltori locali, dello sviluppo rurale, della sicurezza e della sovranità alimentari, dell'adeguamento al cambiamento climatico, dell'accesso all'energia e alle risorse idriche nonché dell'utilizzo razionale di queste ultime; raccomanda di inserire la cooperazione agricola tra le priorità della PEV, a sostegno della tabella di marcia euromediterranea per l'agricoltura e quale mezzo per garantire la stabilità dei prezzi dei prodotti alimentari a livello nazionale, regionale e mondiale;
55. ribadisce il suo invito a creare una forza di protezione civile euro-mediterranea, alla luce dell'aumento del numero e della portata delle calamità naturali, ovvero fattori che rendono necessaria l'assegnazione di risorse adeguate, e del fatto che tale iniziativa rafforzerebbe la solidarietà tra i popoli euromediterranei;
56. sottolinea l'importanza di una maggiore cooperazione con le organizzazioni regionali multilaterali meridionali, segnatamente la Lega Araba e l'Unione africana, al fine di affrontare con successo le sfide che si delineano nelle zone in questione; invita la Commissione a prendere in considerazione un nuovo dialogo strutturato con questi organismi in occasione della revisione della PEV;
57. ribadisce il valore dell'ENPI in quanto strumento di finanziamento della PEV; sottolinea, tuttavia, la necessità di garantire una maggiore flessibilità e di fornire un'assistenza più efficacemente mirata, rivolta in particolare alla società civile e alle comunità locali, nel rispetto dell'approccio ascendente; chiede inoltre un'analisi esaustiva dell'efficienza dell'ENPI allo scopo di migliorare l'impiego degli strumenti finanziari e dei fondi disponibili, nel contesto delle relazioni tra l'UE e i paesi vicini meridionali, e di garantire che gli aiuti e l'assistenza allo sviluppo siano correttamente utilizzati nei paesi beneficiari; considera essenziale la trasparenza dei finanziamenti e l'inclusione di meccanismi anticorruzione negli strumenti finanziari; insiste sul valore dei controlli sulla gestione e l'attuazione dei vari programmi ENPI; sottolinea l'importanza di rafforzare i progetti transfrontalieri, incrementare i programmi interpersonali e sviluppare gli incentivi a favore della cooperazione regionale; invita la Commissione e il SEAE a consultare il Parlamento e i soggetti interessati della società civile fin dalle prime fasi in vista dell'elaborazione del nuovo strumento;
58. invita il Consiglio ad adottare la proposta legislativa recante modifica dell'articolo 23 del regolamento che istituisce l'ENPI, presentata dalla Commissione nel maggio 2008 e approvata dal Parlamento l'8 luglio 2008, in quanto consentirebbe di reinvestire i fondi oggetto di restituzioni legate a operazioni precedenti e fornirebbe pertanto all'UE uno strumento di grande utilità con cui attenuare le conseguenze dell'attuale crisi finanziaria sull'economia reale e dell'impennata dei prezzi dei prodotti alimentari nelle regioni vicine, in particolare nell'area meridionale;
59. sottolinea che l'ENPI non è l'unico strumento di finanziamento disponibile per i programmi e le azioni nell'ambito della PEV e insiste, di conseguenza, sulla necessità di adottare un approccio coerente basato sull'utilizzo di tutti gli strumenti finanziari; invita pertanto il SEAE e la Commissione a fornire una chiara panoramica dei fondi assegnati per paese beneficiario, ripartiti anche per strumento impiegato;
60. pone l'accento sulla necessità di aumentare i fondi destinati alla dimensione meridionale della PEV nel prossimo QFP dell'UE per il periodo 2014-2020, così da garantire che i finanziamenti saranno all'altezza delle ambizioni politiche e dare attuazione alle disposizioni sullo status avanzato senza pregiudicare le altre priorità della PEV; insiste sulla necessità di rispettare l'accordo, concluso a seguito della dichiarazione della Commissione al COREPER nel 2006, in base al quale 2/3 dei finanziamenti ENPI sono assegnati ai paesi meridionali e 1/3 ai paesi orientali, in funzione del loro peso demografico;
61. rileva tuttavia che un eventuale aumento dei fondi stanziati dovrebbe essere basato su un'attenta valutazione delle esigenze ed essere coerente con l'incremento dell'efficacia dei programmi intrapresi nonché studiato in base alle esigenze specifiche e impiegato secondo un ordine di priorità fondato sulle necessità dei singoli paesi beneficiari;
62. accoglie con favore il lavoro svolto dal Fondo euromediterraneo di investimento e partenariato (FEMIP) della BEI ed evidenzia la necessità di creare maggiori sinergie con altri istituti finanziari internazionali a loro volta attivi nella regione, e propone nuovamente la creazione di un istituto finanziario euro-mediterraneo di cosviluppo, di cui la BEI rimarrebbe il principale azionista; è favorevole a innalzare il massimale delle garanzie della BEI per consentire a quest'ultima di mantenere nei prossimi anni l'intensità delle sue operazioni nella regione; invita la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) a modificare il proprio statuto in modo da potersi aggiungere agli istituti che partecipano al processo di assistenza finanziaria descritto;
Ruolo del Parlamento europeo
63. sottolinea il ruolo fondamentale svolto dal Parlamento europeo nel garantire che la stabilità e la prosperità dell'Europa siano strettamente legate al governo democratico e al progresso economico e sociale nei paesi meridionali della PEV nonché nel promuovere il dibattito politico, una reale libertà sotto tutti gli aspetti, riforme democratiche e lo Stato di diritto nei paesi partner vicini, soprattutto tramite le delegazioni interparlamentari e l'AP-UpM;
64. ribadisce il proprio impegno a continuare a esercitare il diritto di controllo parlamentare sull'attuazione della PEV, anche attraverso l'organizzazione di regolari scambi di opinione con la Commissione sull'applicazione dell'ENPI; accoglie con favore l'ampia consultazione condotta dalla Commissione e dal SEAE sulla revisione della PEV e auspica che la Commissione e il SEAE assicurino altresì una piena e sistematica consultazione del Parlamento in merito all'elaborazione dei pertinenti documenti, ad esempio i piani d'azioni della PEV; chiede inoltre che sia garantito al Parlamento l'accesso ai mandati negoziali relativi a tutti gli accordi internazionali in via di finalizzazione con i paesi partner della PEV, così come previsto all'articolo 218, paragrafo 10, del trattato FUE, in base al quale il Parlamento deve essere immediatamente e pienamente informato in tutte le fasi della procedura;
o o o
65. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al SEAE, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e dei paesi della PEV nonché al segretario generale dell'Unione per il Mediterraneo.
– vista la sua risoluzione del 17 gennaio 2008 sulla situazione nella Repubblica democratica del Congo e sullo stupro come crimine di guerra(1),
– vista la sua risoluzione del 26 novembre 2009 sull'eliminazione della violenza contro le donne(2),
– vista la sua risoluzione del 25 novembre 2010 sul decimo anniversario della risoluzione 1325(2000) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite riguardante le donne, la pace e la sicurezza(3),
– vista la sua risoluzione del 17 febbraio 2011 sulla situazione in Egitto(4),
– vista la sua risoluzione del 10 marzo 2011 sul vicinato meridionale, e in particolare la Libia(5),
– vista la dichiarazione del Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Catherine Ashton, a nome dell'Unione europea, sulla Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, il 25 novembre 2010,
–vista la dichiarazione del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Catherine Ashton, a nome dell'Unione europea, sulla Giornata internazionale della donna, l'8 marzo 2011,
– vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 10 dicembre 1948,
– viste le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 1325(2000) e n. 1820(2008) sulle donne, la pace e la sicurezza, e la risoluzione n. 1888(2009) sulla violenza sessuale contro le donne e i bambini in situazioni di conflitto armato,
– viste la nomina nel marzo 2010 di un rappresentante speciale presso il Segretario generale delle Nazioni Unite per la violenza sessuale nei conflitti armati e la nuova agenzia delle Nazioni Unite per la parità di genere (UN Women),
– visti gli orientamenti dell'Unione europea sulla violenza e la discriminazione contro le donne e le ragazze e gli orientamenti dell'UE sui bambini e i conflitti armati,
– viste la convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti del 10 dicembre 1984 e la dichiarazione n. 3318 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite sulla protezione delle donne e dei fanciulli nell'emergenza e nei conflitti armati del 14 dicembre 1974, in particolare il paragrafo 4, che chiede misure efficaci contro la persecuzione, la tortura, la violenza e il trattamento degradante delle donne,
– viste le disposizioni degli strumenti giuridici dell'ONU in materia di diritti umani, in particolare quelle concernenti i diritti delle donne, quali la Carta dell'ONU, la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, il Patto internazionale sui diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali, la Convenzione delle Nazioni Unite per la repressione della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione altrui, la Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW) e il suo protocollo facoltativo, la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti e la Convenzione del 1951 sullo status dei rifugiati,
– visti gli altri strumenti dell'ONU in materia di violenza contro le donne, quali la dichiarazione e il programma d'azione di Vienna, del 25 giugno 1993, adottati dalla Conferenza mondiale sui diritti umani (A/CONF. 157/23) e la dichiarazione sull'eliminazione della violenza nei confronti delle donne, del 20 dicembre 1993 (A/RES/48/104),
– viste le risoluzioni dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 12 dicembre 1997 dal titolo «Misure in materia di prevenzione dei reati e di giustizia penale per l'eliminazione della violenza contro le donne» (A/RES/52/86), del 18 dicembre 2002 dal titolo «Misure da prendere per l'eliminazione dei delitti contro le donne commessi in nome dell'onore» (A/RES/57/179), e del 22 dicembre 2003 intitolata «Eliminazione della violenza domestica nei confronti delle donne» (A/RES/58/147),
– viste la dichiarazione e la piattaforma d'azione di Pechino, adottate durante la quarta Conferenza mondiale sulle donne del 15 settembre 1995, e le risoluzioni del Parlamento del 18 maggio 2000 sul seguito dato alla piattaforma d'azione di Pechino(6), del 10 marzo 2005 sul seguito della quarta Conferenza mondiale sulla piattaforma d'azione per le donne (Pechino+10)(7) e del 25 febbraio 2010 su Pechino+15: Piattaforma d'azione delle Nazioni Unite per l'uguaglianza di genere(8),
– viste la risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 19 dicembre 2006 intitolata «Intensificazione degli sforzi per l'eliminazione di tutte le forme di violenza contro le donne» (A/RES/61/143) e le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1325 e 1820 su donne, pace e sicurezza,
– visto lo statuto di Roma della Corte penale internazionale, adottato nel 1998, e in particolare gli articoli 7 e 8, che definiscono stupro, schiavitù sessuale, prostituzione forzata, gravidanza forzata, sterilizzazione forzata e altre forme di violenza sessuale come crimini contro l'umanità e crimini di guerra, assimilandoli a una forma di tortura e a un grave crimine di guerra, a prescindere dal fatto che siano o meno perpetrati sistematicamente durante conflitti internazionali o interni,
– visto l'articolo 110, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che le donne hanno partecipato attivamente alle rivolte che hanno avuto luogo in Africa settentrionale e in Medio Oriente per rivendicare una maggiore democrazia, diritti e libertà,
B. considerando che i regimi al potere in Libia e in Egitto hanno fatto ricorso alle aggressioni a sfondo sessuale come arma nei conflitti emersi in dette rivoluzioni, prendendo di mira le donne e, in particolare, rendendole vulnerabili,
C. considerando che la violenza sessuale sembra essere utilizzata come strumento per intimorire e umiliare le donne, anche nei campi profughi, e che il vuoto di potere che è emerso può condurre al deterioramento dei diritti di donne e ragazze,
D. considerando che una donna libica, Iman al-Obeidi, che aveva riferito ad alcuni giornalisti in un hotel a Tripoli di essere stata vittima di uno stupro di gruppo e di abusi da parte di soldati, è stata detenuta il 26 marzo 2011 in una località sconosciuta ed è stata citata in giudizio per diffamazione dagli stessi uomini che accusa di averla violentata,
E. considerando che in Egitto, alcune manifestanti affermano di essere state costrette dai militari a sottoporsi a «test di verginità», dopo essere state circondate a piazza Tahrir il 9 marzo 2011, e successivamente di essere state vittime di torture e stupri, mentre i «test di verginità» venivano eseguiti e fotografati alla presenza di soldati di sesso maschile; che alcune donne egiziane saranno processate da tribunali militari per aver ottenuto un risultato negativo al test di verginità e che alcune sono state minacciate con accuse di prostituzione,
F. considerando che, se sono parte di una prassi diffusa e sistematica, lo stupro e la schiavitù sessuale sono riconosciuti ai sensi della convenzione di Ginevra come crimini contro l'umanità e crimini di guerra che dovrebbero essere giudicati dalla Corte penale internazionale (CPI); che inoltre lo stupro è ora riconosciuto anche come elemento del crimine di genocidio se commesso nell'intento di distruggere, in tutto o in parte, un determinato gruppo; che l'Unione europea dovrebbe sostenere gli sforzi intesi a porre fine all'impunità dei responsabili di atti di violenza sessuale nei confronti di donne e bambini,
G. considerando che è stato dimostrato l'impatto sproporzionato e specifico dei conflitti armati sulle donne; che dovrebbe essere rafforzato il ruolo delle donne nella costruzione della pace e nella prevenzione dei conflitti e dovrebbe essere garantita alle donne e ai bambini nelle aree di guerra o nelle regioni di conflitto una migliore tutela attraverso la partecipazione, la prevenzione e la protezione,
H. considerando che l'attuazione degli impegni sanciti dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1820, 1888, 1889 e 1325 è un compito comune e una responsabilità condivisa da ciascun membro dell'ONU in quanto Stato interessato da un conflitto, donatore o altro; che occorre a tale proposito richiamare l'attenzione sull'adozione, nel dicembre 2008, degli orientamenti dell'UE sulla violenza contro le donne e le ragazze nonché degli orientamenti dell'UE sui minori e i conflitti armati e sulla lotta a ogni forma di discriminazione nei loro confronti, che mandano un chiaro segnale politico della priorità accordata dall'Unione alle citate questioni,
1. invita la Commissione e i governi degli Stati membri ad opporsi con fermezza all'uso delle aggressioni a sfondo sessuale contro le donne e alla loro intimidazione e presa di mira in Libia ed Egitto;
2. condanna con forza i «test di verginità» cui le manifestanti arrestate in piazza Tahrir sono state sottoposte dai militari egiziani e considera tale prassi inaccettabile poiché equivale ad una forma di tortura; invita il Consiglio supremo militare egiziano ad adottare misure immediate per porre fine a tale trattamento degradante e garantire che tutte le forze di sicurezza e militari ricevano chiare istruzioni in merito al fatto che la tortura e gli altri maltrattamenti, inclusi i «test di verginità» forzati, non possono essere tollerati e che saranno oggetto di indagini approfondite;
3. invita le autorità egiziane ad agire senza indugio per porre fine alle torture, indagare su tutti i casi di abusi contro manifestanti pacifici e porre termine ai processi nei confronti di civili dinanzi a tribunali militari; è particolarmente preoccupato in seguito alle relazioni da parte delle organizzazioni sui diritti umani in cui si afferma che dei minori sono stati arrestati e condannati da tribunali militari;
4. raccomanda che sia avviata un'inchiesta indipendente per consegnare alla giustizia i responsabili di tali reati, con particolare riferimento ai crimini ai sensi dello statuto di Roma della Corte penale internazionale commessi da Muammar Gheddafi; ritiene che coloro che sono stati giudicati responsabili di detti atti debbano essere consegnati alla giustizia e che le donne che hanno denunciato tali abusi debbano essere protette da eventuali ritorsioni;
5. sottolinea che ogni persona dovrebbe poter esprimere le proprie opinioni sul futuro democratico del suo paese senza venire arrestata, torturata o sottoposta a trattamenti degradanti e discriminatori;
6. ritiene fortemente che i cambiamenti in corso in Africa settentrionale e in Medio Oriente debbano contribuire a porre fine alla discriminazione contro le donne e a garantire la loro piena partecipazione nella società in condizioni di parità con gli uomini, in conformità della Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW);
7. sottolinea la necessità di garantire che i diritti delle donne in generale nelle nuove strutture democratiche e giuridiche di dette società;
8. sottolinea che il ruolo delle donne nelle rivoluzioni e nei processi di democratizzazione dovrebbe essere riconosciuto, sottolineando nel contempo le minacce specifiche subite dalle donne nonché la necessità di sostenere e difendere i loro diritti;
9. invita gli Stati membri dell'UE a promuovere attivamente, sul piano sia politico sia finanziario, la piena attuazione nel lungo termine della risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e l'istituzione a livello europeo degli organismi e dei meccanismi di controllo ivi previsti, ed esorta le Nazioni Unite a garantire l'attuazione della risoluzione in tutte le sedi internazionali;
10. mette in evidenza la necessità di assegnare importanza prioritaria ai diritti umani nella politica europea di vicinato (PEV), quale parte integrante del processo di democratizzazione, e sottolinea l'esigenza di condividere le esperienze a livello di UE sulla politica in materia di parità e sulla lotta contro la violenza di genere;
11. sottolinea la necessità di attuare il principio della parità di uomini e donne e di sostenere azioni specifiche volte a conseguire un approccio efficace e sistematico alla parità nei paesi della PEV; esorta i governi e la società civile ad incrementare l'inclusione sociale delle donne, ivi compresa la lotta contro l'analfabetismo e la promozione dell'occupazione, e la loro indipendenza economica al fine di garantire una significativa presenza femminile a tutti i livelli; sottolinea che la parità deve divenire una parte integrante del processo di democratizzazione e che, inoltre, l'istruzione di donne e ragazze dovrebbe costituire una priorità e includere la sensibilizzazione sui loro diritti;
12. chiede al vicepresidente/alto rappresentante, al SEAE e alla Commissione di attribuire nei colloqui con i paesi meridionali della PEV la massima importanza alle priorità politiche dell'UE, che consistono nell'abolizione della pena di morte, nel rispetto dei diritti umani (ivi inclusi quelli delle donne) e delle libertà fondamentali nonché nella ratifica di diversi strumenti di diritto internazionale, tra cui lo statuto di Roma della Corte penale internazionale e la Convenzione del 1951 relativa allo status di rifugiato;
13. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione e al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza.
– vista la relazione annuale 2009 del gruppo BEI (relazione sull'attività e sulla responsabilità di impresa, relazione finanziaria e relazione statistica),
– vista la sua risoluzione del 6 maggio 2010 sulla relazione annuale 2008 della Banca europea per gli investimenti(1),
– vista la sua risoluzione del 25 marzo 2009 sulle relazioni annuali 2007 della Banca europea per gli investimenti e della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo(2),
– vista la sua risoluzione del 16 giugno 2010 su EU 2020(3),
– visto l'articolo 48 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per i problemi economici e monetari e il parere della commissione per il controllo dei bilanci (A7-0073/2011),
Il nuovo statuto della BEI
1. accoglie con favore le modifiche introdotte dal trattato di Lisbona che consentono una maggiore flessibilità nei finanziamenti della BEI, fra l'altro: le partecipazioni azionarie a complemento delle attività ordinarie della Banca; la possibilità di istituire filiali e altri enti per disciplinare le cosiddette attività speciali e fornire servizi più ampi di assistenza tecnica; il rafforzamento del comitato di verifica;
2. ricorda i cambiamenti introdotti dal trattato di Lisbona, che chiariscono gli obiettivi di finanziamento della BEI nei paesi terzi precisando che devono sostenere i principi generali che disciplinano l'interazione dell'UE con il resto del mondo, come sancito dall'articolo 3, paragrafo 5, del TUE, e che, nell'ambito delle condizioni di garanzia, devono contribuire agli obiettivi dell'azione esterna enunciati all'articolo 21 TUE;
3. è a conoscenza della richiesta di alcuni Stati membri che la BEI assuma maggiori rischi nelle sue operazioni di finanziamento, ma richiama l'attenzione sul fatto che ciò non dovrebbe compromettere il rating AAA della BEI, un fattore fondamentale per consentirle di offrire le migliori condizioni di prestito;
4. rammenta che il compito della BEI è quello di sostenere gli obiettivi delle politiche dell'UE e che essa è responsabile dinanzi alla Corte dei conti, all'OLAF e agli Stati membri dell'Unione europea, nonché, su una base volontaria, al Parlamento europeo;
5. raccomanda, tuttavia, che si valuti la proposta di introdurre la vigilanza regolamentare prudenziale per quanto concerne la qualità della situazione finanziaria della BEI, la precisa misurazione dei suoi risultati e il rispetto delle regole di sana gestione aziendale;
6. propone che tale vigilanza regolamentare:
–
sia esercitata dalla Banca centrale europea sulla base dell'articolo 127, paragrafo 6 TFUE;
–
ovvero, in mancanza di questa possibilità e sulla base di un approccio volontario da parte della BEI, sia svolta dalla Autorità bancaria europea con o senza la partecipazione di uno o più organismi nazionali di regolamentazione o da un revisore dei conti indipendente;
7. chiede alla Commissione di fornire al Parlamento entro il 30 novembre 2011 un'analisi giuridica sulle possibili opzioni per la vigilanza prudenziale della BEI;
8. propone che la Commissione, in collaborazione con la BEI (considerata la qualità delle sue risorse umane e la sua esperienza nel settore del finanziamento delle grandi infrastrutture), effettui una riflessione strategica sul finanziamento degli investimenti che non escluda alcuna ipotesi, compresi sovvenzioni, liberazione di somme sottoscritte dagli Stati membri nel capitale della BEI, sottoscrizioni da parte dell'UE al capitale della BEI, prestiti, strumenti innovativi, ingegneria finanziaria adeguata a progetti di lungo termine non immediatamente redditizi, sviluppo dei sistemi di garanzia, creazione di una sezione di investimento nell'ambito del bilancio UE, consorzi finanziari tra poteri pubblici europei, nazionali e locali, e partenariati pubblico-privato;
9. ricorda, tuttavia, i suoi avvertimenti e timori in merito al fatto che una parte della gestione della BEI di stanziamenti e programmi europei è stata esclusa dalla procedura di discarico, creando così requisiti specifici per il coordinamento tra la Commissione e la BEI e rendendo difficile disporre di un quadro d'insieme dei risultati ottenuti; ribadisce la sua richiesta alla BEI di presentare tutte le informazioni sui risultati: gli obiettivi fissati e raggiunti, i motivi di eventuali carenze e i risultati delle valutazioni effettuate; invita la Commissione a fornire informazioni dettagliate sulle procedure di coordinamento con la BEI e sulla loro efficacia;
10. invita la Commissione ad ottenere dalla BEI una dichiarazione sulle attività con importanti effetti moltiplicatori che sono garantite dal bilancio UE;
11. sottolinea che le garanzie del bilancio UE alla fine del 2009 hanno raggiunto un importo pari a 19,2 miliardi di euro per i prestiti concessi dalla BEI; sottolinea che si tratta di un importo significativo per il bilancio UE e attende una spiegazione dettagliata dei rischi connessi; ritiene che la BEI dovrebbe anche spiegare come sono utilizzati gli interessi di prestito generati da queste elevate garanzie;
12. chiede di spiegare nel dettaglio le spese amministrative della BEI a titolo del bilancio UE;
13. ribadisce la sua proposta volta a far sì che l'Unione europea possa diventare membro della BEI;
Il finanziamento della BEI nell'UE La crisi finanziaria globale e le sue implicazioni per la BEI
14. si compiace del fatto che la Banca si sia concentrata sui tre settori in cui l'Europa è stata colpita più duramente dalla crisi, vale a dire le piccole e medie imprese, le regioni di convergenza e l'azione per il clima;
15. riconosce il ruolo cruciale svolto dalla BEI nel sostenere le PMI, soprattutto in tempi di crisi finanziaria e di recessione economica, e la invita a facilitare l'interazione tra il suo programma di prestiti globali e i contributi dei Fondi strutturali;
16. sottolinea l'importanza delle PMI per l'economia europea e accoglie pertanto con favore l'aumento dei finanziamenti concessi dalla BEI alle PMI dal 2008 al 2010, che hanno raggiunto un importo complessivo di 30,8 miliardi di euro, e riconosce che tale importo supera l'importo obiettivo annuo di 7,5 miliardi di euro stabilito per tale periodo; accoglie con favore l'istituzione dello Strumento europeo di sviluppo del microcredito nel marzo 2010 con circa 200 milioni di euro di finanziamenti della Commissione e della Banca; sottolinea, tuttavia, le difficoltà incontrate dalle PMI nell'ottenere crediti e, a questo proposito, chiede alla BEI di continuare a migliorare la trasparenza delle sue attività di prestito attraverso intermediari finanziari; auspica, a tal fine, la messa a punto di condizioni di finanziamento chiare e di criteri più rigorosi in materia di efficacia del prestito per i suoi intermediari finanziari; chiede che la BEI sia tenuta a riferire annualmente sui suoi prestiti alle PMI, compresa la valutazione dell'accessibilità e dell'efficacia di questi e delle misure dirette al conseguimento di un tasso di penetrazione maggiore;
17. raccomanda che il ruolo della BEI sia più mirato, selettivo, efficace e orientato al risultato; ritiene che, per raggiungere le piccole e medie imprese, essa debba associarsi in particolare con intermediari finanziari trasparenti e affidabili collegati all'economia locale; ritiene che, per quanto riguarda i prestiti alle PMI, la BEI dovrebbe divulgare attivamente le informazioni attraverso il suo sito web, in particolare l'importo erogato, il numero di assegnazioni effettuate, le regioni e i settori industriali che ne hanno usufruito; ritiene che debbano essere fornite anche informazioni sulle condizioni che l'intermediario finanziario dovrebbe soddisfare;
18. valuta positivamente il fatto che l'accesso della BEI alla liquidità della BCE tramite la Banca Centrale del Lussemburgo sia stato concordato nella prospettiva di facilitare i programmi di prestito e la gestione della liquidità della BEI;
19. osserva che l'obiettivo di convergenza della politica di coesione dell'UE costituisce una finalità principale della BEI; sottolinea il valore aggiunto delle azioni congiunte della BEI e della Commissione nel settore dell'assistenza tecnica (JASPERS), che conferiscono un sostegno e un effetto di leva finanziaria addizionali all'intervento dei Fondi strutturali;
20. incoraggia la BEI a continuare a fornire alle regioni interessate dall'obiettivo di convergenza l'assistenza tecnica e il cofinanziamento di cui necessitano per poter assorbire una quota maggiore dei fondi a loro disposizione, in particolare per progetti in settori prioritari come quello delle infrastrutture di trasporto, e altri progetti per migliorare la crescita e l'occupazione nonché progetti che fanno parte della Strategia Europa 2020, conformemente ad elevati standard in materia sociale, ambientale e di trasparenza;
21. invita la BEI ad allineare pienamente le sue operazioni all'obiettivo UE di transizione rapida verso un'economia a basse emissioni di carbonio e ad adottare un piano per l'eliminazione graduale del prestito per i combustibili fossili, compreso il prestito per le centrali elettriche a carbone, e per il raddoppio degli sforzi tesi ad aumentare il trasferimento di energie rinnovabili e tecnologie a basso consumo energetico;
22. esprime preoccupazione per il fatto che la concessione e il controllo di «prestiti globali» sono ancora poco trasparenti dal punto di vista fiscale e, per questo motivo, ritiene opportuno far sì che i beneficiari dei prestiti non sfruttino le possibilità dei paradisi fiscali e non ricorrano ad altri metodi di evasione fiscale;
23. chiede una maggiore coerenza fra le attività della BEI e del FEI, in particolare per adeguare maggiormente l'orientamento del FEI agli obiettivi di Europa 2020, e chiede, a tal proposito, che la divisione del lavoro fra le due entità e l'uso dei rispettivi bilanci finanziari siano ottimizzati;
24. accoglie favorevolmente la decisione del gruppo della BEI di cooperare più strettamente con la Commissione nel quadro della politica di coesione in merito a tre iniziative comuni – JESSICA, JEREMIE e JASMINE – volte a rendere la politica di coesione più efficiente ed efficace, nonché a rafforzare l'effetto di leva finanziaria dei Fondi strutturali; riconosce che la suddetta cooperazione si è rivelata utile e vantaggiosa, soprattutto nel contesto della crisi economica;
Il finanziamento della BEI dopo il 2013
25. ritiene che sia venuto il momento di incrementare significativamente gli investimenti strategici di lungo termine in Europa con un'attenzione particolare per i settori chiave delle infrastrutture e della coesione europee; chiede a tale proposito:
–
maggiore trasparenza quanto alle attività della Banca nei confronti del Parlamento europeo,
–
una chiara assunzione di responsabilità nei confronti del Parlamento europeo da parte della BEI,
–
un uso mirato degli strumenti finanziari;
26. esorta la BEI a sviluppare una propria strategia operativa post 2013, in linea con la strategia Europa 2020;
27. reputa che la Strategia Europa 2020 adotti un approccio interessante e positivo nei confronti degli strumenti finanziari; chiede alla BEI e alla Commissione che, per rafforzare la loro efficacia, tengano presenti i seguenti obiettivi: semplificare le procedure e ottimizzare i fattori moltiplicatori e l'effetto catalizzatore del gruppo BEI per attrarre investitori del settore pubblico e privato;
28. invita la BEI a continuare ad attribuire alle iniziative congiunte con la Commissione un ruolo importante nel contesto della sua collaborazione con la Commissione, soprattutto per quanto concerne la politica di coesione; riconosce che tali iniziative svolgono la funzione di catalizzatori di ulteriore sviluppo, in relazione, tra l'altro, alla preparazione del prossimo periodo di programmazione post 2013;
29. esorta la BEI a stabilire un elenco di priorità nei suoi progetti d'investimento, utilizzando metodologie quali l'analisi costi-benefici, al fine di ottenere il massimo effetto moltiplicatore possibile sul PIL;
30. sostiene i responsabili d'investimenti di alta qualità come la BEI, soprattutto in considerazione della sua esperienza nell'utilizzazione di strumenti innovativi come il meccanismo di finanziamento strutturato, il meccanismo di finanziamento con condivisione dei rischi (RSFF) e il meccanismo europeo per i trasporti puliti (ECTF);
31. incoraggia ad estendere l'integrazione tra i contributi dell'UE e i prestiti della BEI quale mezzo per aumentare l'effetto di leva finanziaria delle risorse disponibili, a condizione che i nuovi strumenti finanziari siano intelligenti, integrati e flessibili;
32. ritiene che l'ampia esperienza nella creazione e nell'utilizzo di strumenti finanziari acquisita durante l'attuale periodo di programmazione dovrebbe consentire alla Commissione e alla BEI di andare oltre l'attuale ambito di applicazione e impiego di tali strumenti e di innovare, ampliando la gamma dei prodotti offerti;
33. è del parere che siano necessari obiettivi chiari e distinti e quadri giuridici per le obbligazioni emesse dalla BEI per il proprio finanziamento, nonché per futuri «project bond»;
34. rileva il fatto che la BEI si finanzia mediante la proficua emissione di obbligazioni ordinarie garantite da tutti gli Stati membri dell'UE;
35. accoglie con favore l'idea di «project bond» volti a migliorare il rating del credito delle obbligazioni emesse dalle società stesse nel quadro della Strategia Europa 2020 e utilizzati per finanziare le infrastrutture europee dei trasporti, dell'energia e delle TI e per rendere l'economia più ecologica; ritiene che tali emissioni di «project bond» avrebbero un impatto positivo sulla disponibilità di capitale per investimenti sostenibili a favore della crescita e dell'occupazione integrando gli investimenti nazionali e del Fondo di coesione; ritiene che tale strumento dovrebbe migliorare il rating del credito di progetti selezionati e attrarre finanziamenti privati per integrare gli investimenti nazionali e del Fondo di coesione;
36. chiede pertanto alla Commissione e alla BEI di presentare proposte concrete per realizzare «project bond»; sottolinea che il Parlamento deve essere pienamente associato nella realizzazione di tali strumenti e chiede che sia tenuta presente la possibilità di utilizzare il bilancio UE nel prossimo quadro finanziario pluriennale come primo ammortizzatore di rischio perdite soggetto a massimale, con la BEI come finanziatore subordinato;
37. ritiene che vi sia una chiara necessità di un ulteriore sostegno da parte della BEI nei seguenti settori: PMI, finanziamento intermedio e infrastrutture nonché altri progetti chiave volti a migliorare la crescita e l'occupazione, quali parte della Strategia Europa 2020;
38. esorta la BEI a investire nel trasporto merci nel settore ferroviario europeo così come in altre reti transeuropee di trasporto merci concentrandosi sui porti del Mediterraneo, del Mar Nero e del Mar Baltico, al fine di collegarli definitivamente ai mercati europei;
39. invita la BEI a fornire maggior sostegno alla realizzazione della rete TEN-T, al fine di generare un effetto di leva finanziaria per maggiori investimenti, sia pubblici che privati; è del parere che anche in questo caso i «project bond» possano costituire uno strumento d'investimento complementare alla dotazione di bilancio prevista nel fondo TEN-T; esorta a concentrare i futuri investimenti sulle sezioni transfrontaliere della rete TEN-T al fine di ottimizzare il valore aggiunto europeo generato;
40. esorta la BEI a investire nel gasdotto Nabucco e in altri importanti progetti TEN-E che consentiranno di far fronte alla domanda futura di energia dell'UE, diversificando l'insieme dei paesi fornitori dell'Europa, migliorando il mix delle politiche dell'UE e contribuendo a far fronte agli impegni ambientali dell'Unione;
Finanziamenti BEI al di fuori dell'UE Il ruolo della BEI nei paesi candidati all'adesione
41. reputa che, nell'ambito delle sue attività nei paesi candidati all'adesione, la BEI dovrebbe accordare maggiore attenzione alle misure di efficienza energetica, all'energia rinnovabile e all'infrastruttura ambientale, nonché alle TEN e TEN-E e ai PPP, conformemente ad elevati standard sociali, di trasparenza e ambientali, e che, in linea con gli obiettivi climatici dell'UE, dovrebbe dare priorità ai modi sostenibili di trasporto, in particolare quello ferroviario;
42. ritiene che la BEI dovrebbe fornire assistenza tecnica ai paesi candidati all'adesione, come previsto dal nuovo articolo 18 dello statuto della Banca;
Il ruolo della BEI nello sviluppo
43. accoglie con favore i cambiamenti introdotti dal trattato di Lisbona all'articolo 209 CE (da considerarsi in combinato disposto con l'articolo 208 CE) che dispone che la BEI deve contribuire, alle condizioni previste dal suo statuto, all'attuazione delle misure necessarie a promuovere gli obiettivi della politica di cooperazione allo sviluppo dell'Unione;
44. ricorda che la strategia e le operazioni di finanziamento della BEI dovrebbero contribuire ai principi generali che guidano l'azione esterna dell'Unione, di cui all'articolo 21 del trattato sull'Unione europea, all'obiettivo di sviluppare e consolidare la democrazia e lo Stato di diritto, all'obiettivo di rispettare i diritti dell'uomo e le libertà fondamentali e al rispetto degli accordi ambientali internazionali di cui l'Unione europea o i suoi Stati membri sono parti; ricorda che in tutte le varie fasi di ciascun progetto la BEI deve garantire la conformità con le disposizioni della convenzione di Århus sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale;
45. si compiace delle conclusioni del Comitato direttivo dei saggi quanto alla necessità di esaminare la questione dello sviluppo di una «piattaforma europea per la cooperazione esterna e lo sviluppo»; esorta tuttavia la BEI e altre istituzioni europee a valutare attentamente la fattibilità di questo nuovo approccio e le sue implicazioni a lungo termine per l'efficacia dell'azione esterna complessiva dell'UE, al fine di evitare che le politiche e gli obiettivi generali di sviluppo vengano indeboliti dalla creazione di strumenti senza alcuna valutazione preliminare degli obiettivi e delle priorità cui contribuiranno;
46. accoglie con favore la nuova decisione proposta che dovrebbe rafforzare le capacità della BEI di sostenere gli obiettivi dell'UE in materia di sviluppo, sostituire gli obiettivi regionali con obiettivi orizzontali di alto livello e definire linee guida operative per ogni regione, nel quadro del mandato esterno; ribadisce la necessità di stabilire chiare priorità, tra cui l'energia rinnovabile, le infrastrutture urbane, lo sviluppo dei comuni e le istituzioni finanziarie di proprietà locale;
47. raccomanda le seguenti misure per rafforzare il ruolo della BEI nello sviluppo:
–
assegnazione di una quantità maggiore di personale specializzato in questioni di sviluppo e di paesi in via di sviluppo, nonché aumento della presenza locale di personale nei paesi terzi,
–
aumento della percentuale di partecipazione degli attori locali ai progetti,
–
attribuzione di ulteriore capitale al settore dei progetti destinati allo sviluppo,
–
attribuzione di ulteriori sovvenzioni,
–
esame della possibilità di raggruppare le attività della BEI nei paesi terzi in un'unica entità separata;
48. raccomanda che la BEI si concentri su investimenti in progetti di energie rinnovabili nei paesi in via di sviluppo, con particolare attenzione per l'Africa subsahariana;
Cooperazione fra la BEI e le istituzioni finanziarie internazionali, regionali e nazionali
49. riconosce che la cooperazione fra la BEI, le banche multilaterali di sviluppo, le banche per lo sviluppo regionale, le agenzie europee bilaterali di sviluppo e le istituzioni finanziarie pubbliche e private dei paesi in via di sviluppo dovrebbe essere aumentata a sostegno delle politiche dell'Unione europea;
50. reputa che sia necessaria una maggiore cooperazione, alle stesse condizioni e su base di reciprocità, con le istituzioni finanziarie regionali e nazionali, per garantire un uso più efficace delle risorse e andare incontro alle specifiche esigenze locali;
51. incoraggia la firma del memorandum d'intesa in fase di negoziazione fra la BEI, la BERS e la Commissione per rafforzare la cooperazione in tutti i paesi in cui operano congiuntamente al di fuori dell'UE nel duplice intento di rendere le loro politiche in materia di prestiti coerenti tra loro e con gli obiettivi delle politiche UE, quali la coesione sociale e la protezione ambientale;
Centri finanziari offshore
52. invita la BEI a definire chiare condizioni di finanziamento per gli intermediari finanziari e a riferire sui progressi compiuti in termini di trasparenza e di maggiore assunzione di responsabilità, in particolare quando si tratta di prestiti erogati tramite intermediari finanziari; ritiene che la BEI debba aggiornare e rendere più rigorosa la sua politica sui centri finanziari offshore, andando oltre le attuali condizioni uniformi degli elenchi OCSE e tenendo conto di tutte le giurisdizioni che potrebbero consentire elusione o evasione fiscale;
53. ritiene che non sia sufficiente basarsi sull'elenco dell'OCSE dei centri finanziari offshore e che dovrebbero essere tenuti in considerazione tutti gli elenchi riconosciuti a livello internazionale fino a quando l'UE non avrà stabilito un proprio elenco; ritiene, tuttavia, che la BEI dovrebbe procedere a una valutazione e a un monitoraggio indipendenti delle giurisdizioni competenti non cooperative e pubblicarne periodicamente i risultati che dovrebbero integrare le analisi degli elenchi di riferimento internazionali e dell'UE;
54. è del parere che la BEI non debba partecipare ad operazioni attuate tramite una giurisdizione non cooperativa, individuata dall'OCSE, dal GAFI o da altri organismi internazionali pertinenti, come pure nell'ambito della propria attività indipendente di valutazione e monitoraggio;
55. ritiene che la BEI dovrebbe applicare la sua politica aggiornata e pubblica su giurisdizioni non cooperative/centri finanziari offshore in modo molto rigoroso, al fine di assicurare che le sue operazioni di finanziamento non contribuiscano ad alcuna forma di evasione fiscale o di riciclaggio del denaro;
56. chiede alla BEI di includere nella sua relazione annuale al Parlamento europeo informazioni dettagliate sull'attuazione della sua politica sui centri finanziari offshore, riferendo in particolare il numero di domande respinte per non conformità e il numero di trasferimenti richiesti ed effettuati per garantire la conformità;
57. invita la BEI a promuovere ulteriormente la comunicazione proattiva e tempestiva delle informazioni relative ai progetti, ivi comprese le proprie valutazioni degli impatti del progetto sugli aspetti ambientali e sociali, i diritti umani e lo sviluppo, le relazioni di monitoraggio e le relazioni di valutazione ex post;
o o o
58. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché alla Banca europea per gli investimenti, al gruppo della Banca mondiale, a tutte le banche di sviluppo regionale e ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.
– viste le sue precedenti risoluzioni approvate durante l'attuale legislatura concernenti le violazioni dei diritti umani in Cina,
– visto l'articolo 122, paragrafo 5, del suo regolamento,
A. considerando che un'ondata di appelli su Internet per una «rivoluzione dei gelsomini» cinese (ispirata dagli sviluppi politici in Tunisia, Egitto e Libia) è sfociata in una serie di azioni e in una diffusa repressione dei difensori dei diritti umani e dei dissidenti da parte delle autorità cinesi,
B. considerando che non si ha nessuna notizia dell'artista di fama internazionale e critico del regime Ai Weiwei da quando, domenica 3 aprile 2011, è stato arrestato mentre attraversava i controlli di sicurezza all'aeroporto di Pechino,
C. considerando che, oltre alla sua detenzione, da informazioni risulta che il suo studio è stato perquisito dalla polizia, che ha sequestrato diversi oggetti,
D. considerando che ad Ai Weiwei è stato recentemente impedito di recarsi a Oslo per la cerimonia di assegnazione del Premio Nobel per la pace e che dopo l'apertura della sua esposizione «Semi di girasole» a Londra è stato posto agli arresti domiciliari e il suo studio di Shanghai è stato saccheggiato,
E. considerando che Ai Weiwei è ampiamente conosciuto al di fuori della Cina, ma che gli viene impedito di esporre come artista in Cina nonostante la notorietà di cui gode il suo lavoro in seguito alla sua co-progettazione dello Stadio Olimpico «Nido d'uccello»,
F. considerando che Ai Weiwei ha raggiunto rilievo nazionale ed internazionale con la pubblicazione dei nomi dei bambini vittime del terremoto nel Sichuan e che successivamente è stato vittima di un'aggressione da parte di ignoti, a causa della quale è stato ricoverato in ospedale in Germania,
G. considerando che Ai Weiwei è uno dei firmatari più in vista della Carta 08, una petizione che sollecita la Cina portare avanti le riforme politiche e la protezione dei diritti umani,
1. condanna la detenzione ingiustificata e inaccettabile di Ai Weiwei, critico del regime e artista di fama internazionale;
2. chiede il rilascio immediato e incondizionato di Ai Weiwei ed esprime la sua solidarietà con le sue azioni e iniziative pacifiche a favore delle riforme democratiche e della protezione dei diritti umani;
3. sottolinea che la polizia ha rifiutato di fornire alla moglie di Ai Weiwei informazioni riguardanti il motivo della sua detenzione;
4. sottolinea che la detenzione di Ai Weiwei è rappresentativa della recente diffusa repressione di attivisti dei diritti umani e dissidenti in Cina, caratterizzata da numerosi arresti, condanne detentive eccessive, aumento della sorveglianza personale e restrizioni sempre più repressive nei confronti di giornalisti stranieri;
5. invita il VP/AR Catherine Ashton a continuare a sollevare la questione delle violazioni dei diritti umani al livello più alto nei suoi contatti con le autorità cinesi – violazioni che includono tra l'altro la recente condanna di Liu Xianbin a 10 anni e di Liu Xiaobo a 11 anni nonché i casi di Liu Xia, Chen Guangcheng, Gao Zhisheng, Liu Xianbin, Hu Jia, Tang Jitian, Jiang Tianyong, Teng Biao, Liu Shihui, Tang Jingling, Li Tiantian, Ran Yunfei, Mao e Chen Ding Wei, rilevando altresì con preoccupazione le condizioni repressive in cui vivono i loro coniugi e le loro famiglie, e a riferire su tali casi al Parlamento europeo dopo l'imminente dialogo politico ad alto livello tra l'UE e la Cina, a cui parteciperà il VP/AR;
6. sottolinea che la situazione dei diritti umani in Cina rimane tuttora fonte di gravi preoccupazioni; sottolinea la necessità di effettuare una valutazione globale del dialogo UE-Cina sui diritti umani, tra cui il seminario giuridico UE-Cina sui diritti umani, al fine di valutare la metodologia applicata e i progressi compiuti;
7. invita la sua delegazione per le relazioni con la Repubblica popolare cinese a sollevare e affrontare completamente la questione della violazione dei diritti dell'uomo per quanto riguarda, in particolare, i casi elencati nella presente risoluzione in occasione della prossima riunione interparlamentare;
8. invita il VP/AR a ripensare tale dialogo onde renderlo efficace e orientato ai risultati e ad adottare tutte le misure necessarie per l'organizzazione rapida del prossimo dialogo sui diritti umani, nel corso del quale saranno sollevati i casi summenzionati e le altre violazioni dei diritti umani di cui alle risoluzioni del Parlamento europeo;
9. ricorda che la Cina è governata da un partito unico sin dal 1949 e, in questo contesto di recente sviluppo politico e in considerazione del deterioramento della situazione dei diritti umani nel paese, sostiene che i partiti politici nell'UE dovrebbero riconsiderare le loro relazioni con il paese;
10. ritiene che lo sviluppo delle relazioni UE-Cina debba andare di pari passo con lo sviluppo di un dialogo politico reale, fecondo ed efficace e che il rispetto dei diritti umani dovrebbe formare parte integrante del nuovo accordo quadro in corso di negoziazione con la Cina;
11. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al VP/AR, al Presidente in carica del Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione, nonché al Presidente, al Primo Ministro e all'Assemblea nazionale del popolo della Repubblica popolare cinese.
Divieto di svolgimento delle elezioni del governo tibetano in esilio in Nepal
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Risoluzione del Parlamento europeo del 7 aprile 2011 sul divieto di svolgimento delle elezioni del governo tibetano in esilio in Nepal
– viste le sue risoluzioni del 17 giugno 2010 sul Nepal(1) e del 26 ottobre 2006 sul Tibet(2),
– vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948,
– visto il patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966,
– vista la dichiarazione del 29 maggio 2010 del Segretario generale delle Nazioni Unite Ban-Ki Moon sulla situazione politica in Nepal,
– visto l'articolo 122, paragrafo 5, del suo regolamento,
A. considerando che l'occupazione del Tibet da parte della Repubblica popolare cinese impedisce ai tibetani di eleggere democraticamente i loro rappresentanti nel territorio del Tibet,
B. considerando che oltre 82 000 tibetani esiliati nel mondo sono stati chiamati al voto il 20 marzo 2011 per eleggere il nuovo Kalon Tripa, ovvero il primo ministro del governo tibetano in esilio,
C. considerando che diverse migliaia di tibetani che vivono in Nepal non hanno ottenuto il permesso di votare dalle autorità nepalesi di Katmandu, a causa delle crescenti pressioni del governo cinese,
D. considerando che già il 3 ottobre 2010 durante una precedente consultazione elettorale in Nepal la polizia di Katmandu ha confiscato le urne e ha chiuso i seggi elettorali della comunità tibetana,
E. considerando che il 10 marzo 2011 il Dalai Lama ha annunciato di voler rinunciare formalmente al suo ruolo di leader politico del governo tibetano in esilio che ha sede a Dharamsala (India), al fine di rafforzare la struttura democratica del movimento tibetano alla vigilia di elezioni che sceglieranno una nuova generazione di leader politici tibetani,
F. considerando che il governo del Nepal ha dichiarato che le manifestazioni dei tibetani violano la sua politica di «una sola Cina», che ha ribadito il suo impegno a non autorizzare «attività contro il governo di Pechino» sul suo territorio e che ha imposto quindi un divieto generale al movimento dei gruppi di tibetani nel tentativo di placare le autorità cinesi,
G. considerando che le autorità nepalesi, in particolare la polizia, sono state denunciate ripetutamente per aver violato diritti umani fondamentali quali la libertà d'espressione, riunione e associazione dei tibetani esiliati in Nepal; che tali diritti sono garantiti a tutti coloro che si trovano in Nepal dalle convenzioni internazionali in materia di diritti umani adottate anche dal Nepal, tra cui il patto internazionale sui diritti civili e politici,
H. considerando che la situazione generale di molti rifugiati in Nepal, in particolare dei tibetani, desta preoccupazione,
I. considerando che l'UE ha ribadito il suo impegno a sostegno della governance democratica e partecipativa nelle relazioni esterne dell'Unione mediante l'adozione delle conclusioni del Consiglio sul sostegno alla democrazia nelle relazioni esterne dell'UE del 17 novembre 2009,
1. sottolinea che il diritto di partecipare a elezioni democratiche è un diritto fondamentale di tutti i cittadini che deve essere promosso, tutelato e garantito in ogni Stato democratico;
2. invita il governo del Nepal a promuovere il diritto democratico del popolo tibetano, che dal 1960 vive un processo elettorale interno unico, di organizzare consultazioni elettorali democratiche e di parteciparvi;
3. sottolinea l'importanza di elezioni democratiche pacifiche per il rafforzamento e la tutela dell'identità tibetana sia all'interno sia all'esterno del territorio del Tibet;
4. esorta le autorità nepalesi a rispettare il diritto alla libertà di espressione, riunione e associazione dei cittadini tibetani in Nepal, alla stregua di quanto è garantito a tutti coloro che si trovano nel paese dalle convenzioni internazionali in materia di diritti umani adottate anche dal Nepal;
5. invita le autorità a evitare gli arresti preventivi e l'imposizione di restrizioni alle manifestazioni e alla libertà di espressione, che negano il legittimo diritto di espressione e riunione pacifica, durante tutte le attività della comunità tibetana nel paese ed esorta il governo del Nepal a includere tali diritti e a garantire la libertà religiosa nella nuova costituzione nepalese che entrerà in vigore il 28 maggio 2011;
6. invita le autorità nepalesi a osservare gli obblighi internazionali assunti in materia di diritti umani e la legislazione nazionale nel trattare con la comunità tibetana ed esorta il governo a non cedere alle forti pressioni esercitate dal governo cinese per mettere a tacere la comunità tibetana del Nepal, imponendo limitazioni non solo ingiustificate ma anche illegali ai sensi del diritto nazionale e internazionale;
7. ritiene che il proseguimento della piena attuazione del «gentlemen's agreement» sui rifugiati tibetani da parte delle autorità nepalesi sia fondamentale per mantenere i contatti tra l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e le comunità tibetane;
8. invita il Servizio europeo per l'azione esterna, mediante la sua delegazione a Katmandu, a seguire con attenzione la situazione politica in Nepal, in particolare il trattamento dei rifugiati tibetani e il rispetto dei diritti ad essi riconosciuti a livello costituzionale e internazionale ed esorta l'alto rappresentante dell'UE a manifestare alle autorità nepalesi e cinesi le preoccupazioni in merito alle azioni avviate dal governo nepalese per bloccare le elezioni tibetane;
9. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, agli Stati membri, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza nonché al governo nepalese e al Segretario generale delle Nazioni Unite.
– viste le sue precedenti risoluzioni sullo Zimbabwe, in particolare quella più recente del 21 ottobre 2010 sulle espulsioni coatte in Zimbabwe(1),
– visti la decisione 2011/101/PESC(2) del Consiglio, del 15 febbraio 2011, che proroga fino al 20 febbraio 2012 le misure restrittive nei confronti dello Zimbabwe imposte con la posizione comune 2004/161/PESC(3), e il regolamento (CE) n. 1226/2008(4) della Commissione, dell'8 dicembre 2008, recante modifica del regolamento (CE) n. 314/2004 del Consiglio relativo a talune misure restrittive nei confronti dello Zimbabwe,
– viste le dichiarazioni rilasciate sullo Zimbabwe dall'Alto rappresentante per conto dell'Unione europea il 15 febbraio 2011,
– visto il comunicato di Livingstone del vertice della comunità per lo sviluppo dell'Africa meridionale (SADC) sui tre temi concernenti politica, difesa e cooperazione per la sicurezza, del 31 marzo 2011,
– visto il consenso politico globale che ha creato il governo unitario nel febbraio 2009,
– vista la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli che lo Zimbabwe ha ratificato,
– visto l'articolo 122, paragrafo 5, del suo regolamento,
A. considerando che vi è stato un marcato aumento delle intimidazioni, degli arresti arbitrari e delle sparizioni di oppositori politici del partito del Fronte patriottico (Zanu-PF) nel corso degli ultimi mesi, che hanno preso di mira numerosi membri del Movimento per il cambiamento democratico (MDC), diversi parlamentari appartenenti al MDC e alcuni dirigenti chiave di tale partito, ad esempio il ministro per l'Energia Elton Mangoma, la co-ministra degli Affari interni Theresa Makone e il presidente spodestato del parlamento dello Zimbabwe Lovemore Moyo,
B. considerando che il primo ministro dello Zimbabwe, Morgan Tsvangirai, ha personalmente confermato che il presidente Robert Mugabe e il partito Zanu-PF non hanno rispettato le condizioni dell'accordo politico globale del 2009 e stanno esercitando violente intimidazioni nei confronti di membri del governo di unità nazionale dello Zimbabwe appartenenti al MDC-T e al MDC-M,
C. considerando che negli ultimi due anni il governo di unità nazionale dello Zimbabwe si è faticosamente impegnato per portare stabilità al paese e non è riuscito a spianare la strada a una transizione democratica mediante elezioni credibili, a causa dei deliberati ostacoli frapposti dal Zanu-PF; che la spaventosa situazione politica, economica e umanitaria dello Zimbabwe si è notevolmente deteriorata a partire dal dicembre 2010,
D. considerando che recentemente i servizi di sicurezza dello Zimbabwe hanno fatto irruzione negli uffici di diverse organizzazioni non governative (Forum delle ONG per i diritti umani, Coalizione di crisi in Zimbabwe) e nella sede principale del MDC; hanno sequestrato la documentazione delle ONG ed hanno arrestato arbitrariamente membri del personale delle ONG e del partito MDC per sottoporli a interrogatorio, rilasciandoli poi senza accuse,
E. considerando che Jenni Williams e Magodonga Mahlangu, due leader dell'organizzazione della società civile «Donne dello Zimbabwe sollevatevi» (WOZA), così come Abel Chikomo, direttore del Forum delle ONG per i diritti dell'uomo, e altri difensori dei diritti umani, hanno subito sistematiche vessazioni da parte della polizia,
F. considerando che il 19 febbraio 2011, 46 attivisti della società civile sono stati arrestati dai servizi di sicurezza, con l'accusa di tradimento, per aver organizzato la proiezione in pubblico di un video che mostra i recenti sollevamenti popolari in Nord Africa e in Medio Oriente, e che, durante la detenzione, alcuni di questi attivisti sono stati picchiati, torturati e tenuti in isolamento,
G. considerando che il diritto del MDC di tenere comizi politici è stato limitato dai servizi di sicurezza dello Zimbabwe, mentre il partito Zanu-PF continua ad essere libero di organizzare assemblee politiche, e che ciò è in diretta violazione della Costituzione dello Zimbabwe,
H. considerando che il partito Zanu-PF è attualmente impegnato in una violenta campagna nazionale per costringere i cittadini dello Zimbabwe a firmare una petizione che chiede la revoca delle misure restrittive internazionali in atto contro alcuni membri chiave della cricca di Mugabe; osservando che coloro che rifiutano di firmare la petizione sono stati brutalmente picchiati o arrestati,
I. considerando che le cosiddette «misure restrittive» dell'Unione europea sono specificamente mirate nei confronti di 163 personaggi chiave del regime di sfruttamento di Mugabe e di altri che hanno contribuito a sostenerlo, e che esse non hanno un impatto sulla popolazione dello Zimbabwe in generale o sull'economia dello Zimbabwe,
J. considerando che l'Unione europea, gli Stati Uniti d'America, l'Australia e il Canada continuano ad essere preoccupati per la situazione dei diritti umani nei campi diamantiferi di Chiadzwa (Marange), in particolare per quanto riguarda violazioni dei diritti umani da parte dei membri dei servizi di sicurezza dello Zimbabwe, e sono quindi reticenti a concedere la certificazione del processo di Kimberley ai diamanti estratti a Chiadzwa,
K. considerando che lo Zimbabwe continua ad essere impoverito dopo anni di cattiva gestione economica da parte del regime di Mugabe e continua a ricevere sostanziali aiuti umanitari e di altro tipo da parte dell'Unione europea, del Regno Unito, dei Paesi Bassi, della Germania, della Francia e della Danimarca, così come da parte di Stati Uniti, Australia e Norvegia, che vanno a coprire le esigenze più elementari di gran parte della popolazione dello Zimbabwe,
L. considerando che il primo ministro dello Zimbabwe ha esortato l'UE a non accettare le credenziali della signora Margaret Muchada, ambasciatrice designata dello Zimbabwe per l'UE, poiché la sua nomina unilaterale da parte del presidente Mugabe viola la Costituzione dello Zimbabwe e le condizioni del governo di unità nazionale,
1. chiede che sia immediatamente posta fine a tutte le vessazioni a sfondo politico, agli arresti e alle violenze da parte dei servizi di sicurezza di Stato dello Zimbabwe e delle milizie direttamente controllate da fedeli di Mugabe e del partito Zanu-PF o loro simpatizzanti; sottolinea che i responsabili di tali abusi e violazioni devono essere chiamati a risponderne;
2. insiste sul fatto che il popolo dello Zimbabwe deve avere libertà di espressione e di riunione, che tutte le intimidazioni ai danni di politici e attivisti della società civile (in particolare degli attivisti dei diritti umani) devono cessare e che tutti i rappresentanti eletti, a prescindere dal credo politico, così come le ONG, gli attivisti politici, la stampa e i comuni cittadini devono poter esprimere liberamente le loro opinioni senza timore di essere violentemente perseguitati, incarcerati arbitrariamente e sottoposti a torture;
3. chiede il rilascio immediato e incondizionato di tutti coloro che sono stati arbitrariamente arrestati, in particolare i funzionari e seguaci del partito MDC; condanna ogni genere di arresto e di detenzione contrari alle convenzioni internazionali sui diritti umani;
4. esorta il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri ad impegnarsi attivamente con l'Unione africana e la comunità per lo sviluppo dell'Africa meridionale e, in particolare, con il Sudafrica, per garantire che in relazione alle future elezioni in Zimbabwe non abbiano luogo intimidazioni e violenze; ritiene tuttavia che le elezioni anticipate non risolveranno le questioni in sospeso della riforma politica ed economica; ritiene che eventuali elezioni dovranno essere basate su norme internazionali, compreso il rispetto dei diritti umani e della libertà di espressione e di movimento, ponendo immediatamente fine alle vessazioni e alla detenzione delle persone in funzione delle loro opinioni politiche;
5. accoglie favorevolmente il comunicato di Livingstone del 31 marzo 2011 della Troika della comunità per lo sviluppo dell'Africa meridionale ed esorta tale comunità a prendere l'iniziativa per assicurare che le raccomandazioni del comunicato siano pienamente attuate da tutte le parti in Zimbabwe, al fine di indire elezioni libere ed eque in Zimbabwe;
6. esorta tutti i partiti politici dello Zimbabwe a raggiungere un accordo su un percorso verso lo svolgimento di elezioni libere ed eque, monitorate a livello internazionale, in Zimbabwe;
7. sollecita tutti i partiti politici dello Zimbabwe a impegnarsi appieno nel rilancio del processo di riforma costituzionale, per realizzare una nuova Costituzione dello Zimbabwe, accettabile per il popolo dello Zimbabwe, che entri in vigore prima delle prossime elezioni;
8. si compiace del recente rinnovamento, nel febbraio 2011, della lista dell'Unione europea di persone ed entità con collegamenti al regime di Mugabe messe al bando; sottolinea che le misure restrittive in questione sono mirate esclusivamente a membri del regime zimbabwano e non incideranno in alcun modo sulla popolazione complessiva del paese;
9. esorta l'UE a mantenere in atto le sue misure restrittive nei confronti di persone ed entità con collegamenti al regime di Mugabe fino a che non vi siano prove reali di un cambiamento per il meglio in Zimbabwe; invita il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri ad adottare misure per spiegare questa realtà in Zimbabwe e sul piano internazionale e ad impegnarsi maggiormente per ottenere sostegno ad un rapido cambiamento verso una vera democrazia e il progresso economico in Zimbabwe;
10. invita l'Unione europea a rifiutarsi di accettare un ambasciatore dello Zimbabwe per l'UE che non sia stato designato attraverso il debito processo costituzionale e nel rispetto dell'accordo politico globale;
11. insiste affinché le autorità dello Zimbabwe onorino gli impegni presi ai sensi del processo di Kimberley, demilitarizzino completamente i campi diamantiferi di Marange e introducano la trasparenza per quanto riguarda i proventi della produzione di diamanti;
12. loda l'Unione europea e quegli Stati membri ed altri paesi che continuano a fornire finanziamenti di sostegno diretto per la popolazione dello Zimbabwe, sottolineando la necessità che tale sostegno continui a passare solo attraverso ONG credibili, sia ben mirato e debitamente rendicontato e che siano evitate le agenzie governative;
13. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, all'Alto rappresentante, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, ai governi dei paesi del G8, ai governi e ai parlamenti dello Zimbabwe e del Sudafrica, al Segretario generale del Commonwealth, al Segretario generale delle Nazioni Unite, ai presidenti della Commissione e del Consiglio esecutivo dell'Unione africana, al Parlamento panafricano, al Segretario generale e ai governi della Comunità per lo sviluppo dell'Africa australe nonché al suo forum parlamentare.