Risoluzione del Parlamento europeo del 5 luglio 2012 sulla politica dell'UE in Cisgiordania e a Gerusalemme Est (2012/2694(RSP))
Il Parlamento europeo,
– viste le sue precedenti risoluzioni, in particolare quelle del 29 settembre 2011 sulla situazione in Palestina(1), del 16 febbraio 2012 sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione della Convenzione regionale sulle norme di origine preferenziali paneuromediterranee(2) e del 9 settembre 2010 sulla situazione del fiume Giordano, con particolare riferimento alla regione del Basso Giordano(3),
– viste le conclusioni del Consiglio del 14 maggio 2012, del 18 luglio e 23 maggio 2011 e dell'8 dicembre 2009 sul processo di pace in Medio Oriente,
– visto il discorso sugli ultimi sviluppi in Medio Oriente e in Siria pronunciato dal VP/AR Catherine Ashton durante la seduta plenaria del Parlamento europeo del 12 giugno 2012,
– viste le dichiarazioni del VP/AR Catherine Ashton, in particolare quella dell'8 giugno 2012 sull'espansione degli insediamenti, del 25 aprile 2012 sulla decisione delle autorità israeliane per quanto riguarda lo status degli insediamenti di Sansana, Rechelim e Bruchin nel territorio palestinese occupato e del 22 febbraio 2012 sull'approvazione degli insediamenti israeliani,
– viste le relazioni dei capimissione dell'UE del gennaio 2012 su Gerusalemme Est, del luglio 2011 sul settore C e la costruzione dello Stato palestinese, e dell'aprile 2011 sulla violenza da parte dei coloni nonché la nota di accompagnamento dei capimissione dell'UE sulla violenza da parte dei coloni del febbraio 2012,
– vista la quarta Convenzione di Ginevra del 1949 sulla protezione delle persone civili in tempo di guerra,
– vista la Carta delle Nazioni Unite,
– viste le risoluzioni dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite 181 (1947) e 194 (1948), e le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 242 (1967), 252 (1968), 338 (1973), 476 (1980), 478 (1980), 1397 (2002), 1515 (2003) e 1850 (2008),
– visto il Patto internazionale delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici del 1966,
– viste le dichiarazioni del Quartetto per il Medio Oriente, in particolare quelle dell'11 aprile 2012 e del 23 settembre 2011,
– vista la dichiarazione congiunta di Israele e dell'Autorità palestinese del 12 maggio 2012,
– visto il parere consultivo della Corte internazionale di giustizia, del 9 luglio 2004, intitolato «Conseguenze giuridiche della costruzione di un muro nei territori palestinesi occupati»,
– visto il piano biennale per la creazione di uno Stato, dal titolo «Mettere fine all'occupazione, creare uno Stato», del primo ministro palestinese Salam Fayyad, dell'agosto 2009,
– visto l'accordo interinale del 18 settembre 1995 sulla Cisgiordania e la Striscia di Gaza,
– visti gli accordi di Oslo del 13 settembre 1993 («Dichiarazione dei principi riguardanti progetti di autogoverno ad interim»),
– visto l'articolo 110, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,
A. considerando che l'UE ha ripetutamente confermato il proprio sostegno alla soluzione a due Stati, con lo Stato di Israele dotato di confini sicuri e riconosciuti e uno Stato di Palestina indipendente, democratico, territorialmente contiguo e capace di esistenza autonoma che convivono fianco a fianco in pace e sicurezza e ha dichiarato che non saranno riconosciute modifiche ai confini precedenti al 1967 diverse da quelle concordate tra le parti, anche per quanto riguarda Gerusalemme quale capitale dei due Stati; considerando questioni indiscutibili sia il diritto dei palestinesi all'autodeterminazione e a un proprio Stato sia il diritto di Israele di esistere entro confini sicuri;
B. considerando che le conclusioni del Consiglio del 14 maggio 2012 hanno sottolineato che i mutamenti in corso nel mondo arabo rendono ancora più urgente la necessità di progressi nel processo di pace in Medio Oriente e che tenere conto delle aspirazioni dei popoli della regione, comprese quelle dei palestinesi alla statualità e quelle degli israeliani alla sicurezza, è un elemento essenziale per la pace, la stabilità e la prosperità durature nella regione;
C. considerando che i colloqui di pace diretti tra le parti sono entrati in una fase di stallo e che tutti i recenti tentativi di riprendere i negoziati sono falliti; considerando che l'UE ha chiesto alle parti di perseguire azioni che favoriscano la creazione del clima di fiducia necessario ad assicurare negoziati significativi, di astenersi da azioni che pregiudichino la credibilità del progetto e di contrastare le provocazioni;
D. considerando che il 12 maggio 2012 Israele e l'Autorità palestinese hanno emesso una dichiarazione congiunta in cui affermano di essere impegnati a conseguire la pace ed auspicano che lo scambio di lettere tra il Presidente Abbas e il Primo ministro Netanyahu contribuirà al raggiungimento di tale obiettivo;
E. considerando che alla Cisgiordania, comprese Gerusalemme Est e la Striscia di Gaza, sono pienamente applicabili il diritto internazionale sui diritti umani e il diritto internazionale umanitario, compresa la quarta Convenzione di Ginevra; che Israele è obbligato, tra l'altro, a garantire in buona fede che i bisogni primari della popolazione palestinese occupata siano soddisfatti, a gestire la sua occupazione in modo da recare beneficio alla popolazione locale, a proteggere e preservare i beni di carattere civile nonché a evitare il trasferimento della propria popolazione nel territorio occupato e della popolazione del territorio occupato nel proprio territorio;
F. considerando che le recenti relazioni dei capimissione dell'UE sul settore C e la costruzione dello Stato palestinese, su Gerusalemme Est e sulla violenza da parte dei coloni hanno confermato ancora una volta gli sviluppi allarmanti e potenzialmente irreversibili sul terreno nelle zone interessate; che il ministro degli Affari esteri israeliano respinge le affermazioni contenute nei documenti dell'UE, criticando tali documenti in quanto non favoriscono l'avanzamento del processo di pace;
G. considerando che, in seguito agli accordi di Oslo del 1995, la Cisgiordania è stata divisa amministrativamente in tre zone o settori; che il settore C rappresenta la parte territorialmente più vasta della Cisgiordania e che lo sviluppo sociale ed economico di tale zona è fondamentale ai fini dell'esistenza autonoma di un futuro Stato palestinese;
H. considerando che la presenza palestinese in Cisgiordania, in particolare nel settore C, e a Gerusalemme Est è stata minata dalle politiche del governo israeliano, nello specifico quelle di costruzione ed espansione degli insediamenti; che, in virtù del diritto internazionale, gli insediamenti israeliani sono illegali e costituiscono un grave ostacolo agli sforzi di pace mentre sono sovvenzionati dal governo israeliano con considerevoli incentivi in ambito fiscale nonché di alloggi, infrastrutture, strade, accesso all'acqua, istruzione, assistenza sanitaria ecc.;
I. considerando che Israele, nella sua «Legge fondamentale: Gerusalemme, capitale di Israele» del 1980, ha dichiarato Gerusalemme capitale completa e unita di Israele, in violazione della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 478 del 1980; che le conclusioni del Consiglio del 14 maggio 2012 hanno ribadito ancora una volta che si dovrà trovare, tramite negoziati, un modo per risolvere lo status di Gerusalemme quale futura capitale di due Stati; che gli sviluppi in corso a Gerusalemme Est rendono di fatto sempre più improbabile e impraticabile che Gerusalemme diventi la futura capitale di due Stati; che la separazione tra Gerusalemme Est e la Cisgiordania continua ad aumentare, così come quella tra il «bacino storico» all'interno di Gerusalemme e il resto di Gerusalemme Est;
J. considerando che, mentre i palestinesi residenti a Gerusalemme Est rappresentano il 37% della popolazione di Gerusalemme e producono il 36% delle entrate fiscali del Comune, solo il 10% del bilancio comunale viene destinato a Gerusalemme Est, in cui la prestazione di servizi è altamente inadeguata; che a Gerusalemme Est la maggior parte delle istituzioni palestinesi, tra cui la «Orient House», sono state chiuse dalle autorità israeliane, creando nella popolazione palestinese locale un vuoto istituzionale e di leadership che rimane una delle principali preoccupazioni;
K. considerando che i palestinesi residenti a Gerusalemme Est hanno lo status di residente permanente, che può essere trasferito ai figli solo a determinate condizioni e non si trasferisce automaticamente col matrimonio, impedendo ai coniugi e ai figli di molti residenti permanenti di Gerusalemme Est di vivere insieme ai loro familiari; che, d'altra parte, circa 200 000 coloni israeliani vivono a Gerusalemme Est o nei suoi pressi;
L. considerando che proteggere la popolazione palestinese e i suoi diritti in Cisgiordania, in particolare nel settore C, e a Gerusalemme Est è della massima importanza per preservare la fattibilità della soluzione basata su due Stati; che l'espansione in atto degli insediamenti e la violenza dei coloni, le restrizioni di pianificazione e la conseguente acuta carenza di abitazioni, le demolizioni di case, gli sfratti e i trasferimenti forzati, la confisca di terre, le difficoltà di accesso alle risorse naturali nonché la mancanza di servizi sociali di base e di assistenza esercitano un grave impatto negativo sulle condizioni di vita dei palestinesi; che la situazione economica in queste zone, aggravata dalle restrizioni in materia di accesso, circolazione e pianificazione, resta una grave fonte di preoccupazione; che, secondo la relazione annuale dell'OIL, il 53,5% delle donne e il 32,3% degli uomini cisgiordani di età compresa tra i 15 e i 24 anni è disoccupato;
M. considerando che la popolazione palestinese della Cisgiordania, specialmente del settore C, e di Gerusalemme Est è afflitta da gravi problemi di scarsità idrica; che gli agricoltori palestinesi sono gravemente colpiti dalla mancanza di acqua per l'irrigazione, dovuta al fatto che la maggior parte dell'acqua in questione è consumata da Israele e dai coloni israeliani; che la disponibilità di risorse idriche sufficienti è essenziale per l'esistenza autonoma di un futuro Stato palestinese;
N. considerando che il muro di separazione costruito da Israele, il quale non segue la Linea verde, isola sezioni considerevoli dei territori palestinesi sia in Cisgiordania che a Gerusalemme Est; che nel parere consultivo del 2004 della Corte internazionale di giustizia sulle conseguenze giuridiche della costruzione di un muro nei territori palestinesi occupati si dichiara che «la costruzione del muro eretto da Israele (...), e il regime ad esso applicato, sono contrari al diritto internazionale»;
O. considerando che il Parlamento ha ripetutamente espresso il suo sostegno agli sforzi del presidente Mahmoud Abbas e del primo ministro Salam Fayyad per la costruzione di uno Stato e ha riconosciuto e accolto con compiacimento il successo del piano biennale di costruzione dello Stato del primo ministro Salam Fayyad; che il settore C e Gerusalemme Est devono continuare a costituire una priorità nei piani palestinesi di sviluppo nazionale, in particolare per rispondere ai sentimenti di isolamento percepiti dai palestinesi che vi abitano;
P. considerando che oltre 4 500 prigionieri palestinesi, tra cui 24 membri del Consiglio legislativo palestinese, circa 240 bambini e oltre 300 palestinesi sottoposti a misure di detenzione amministrativa sono attualmente incarcerati nelle prigioni e nei centri di detenzione israeliani;
Q. considerando che i beduini arabi sono una popolazione dedita a una vita sedentaria e tradizionalmente agricola nei loro territori ancestrali e che chiedono un riconoscimento ufficiale e permanente della loro situazione e del loro status unici; che le comunità di beduini arabi, minacciate dalle politiche israeliane che minano le loro fonti di sussistenza e comportano trasferimenti forzati, sono una popolazione particolarmente vulnerabile sia nei territori palestinesi occupati che nel Negev;
R. considerando che, secondo la relazione del Displacement Working Group (gruppo di lavoro sui trasferimenti) pubblicata il 14 maggio 2012 e la newsletter mensile Humanitarian Monitor dell'OCHA, oltre 60 strutture, compresi pannelli solari, cisterne d'acqua ed edifici agricoli, finanziate dall'Unione europea e da diversi Stati membri sono state distrutte dalle forze israeliane dal 2011 e che oltre 100 progetti simili rischiano di essere demoliti;
S. considerando che, in molte occasioni tra cui nelle conclusioni del Consiglio del 14 maggio 2012, l'UE e gli Stati membri hanno ribadito il loro impegno fondamentale a favore della sicurezza di Israele, hanno condannato con la massima fermezza gli atti di violenza deliberatamente diretti alla popolazione civile, compreso il lancio di razzi dalla Striscia di Gaza, e chiesto la prevenzione efficace del contrabbando di armi verso Gaza;
T. considerando che l'articolo 2 dell'accordo di associazione UE-Israele afferma che le relazioni tra le parti si basano sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici, che guida le loro politiche interne e esterne e costituisce un elemento essenziale dell'accordo;
U. considerando che il blocco e la crisi umanitaria della Striscia di Gaza perdurano dal 2007, nonostante i numerosi appelli lanciati dalla comunità internazionale per l'apertura immediata, duratura e incondizionata dei valichi per consentire il flusso di aiuti umanitari, merci e persone da e verso la striscia di Gaza, come ribadito anche nelle conclusioni del Consiglio del 14 maggio 2012;
1. rinnova il proprio fermo sostegno alla soluzione fondata su due Stati, sulla base dei confini del 1967, che prevede Gerusalemme quale capitale di entrambi, lo Stato di Israele, all'interno di confini sicuri e riconosciuti, e uno Stato di Palestina indipendente, democratico, territorialmente contiguo e capace di esistenza autonoma che vivano fianco a fianco in pace e sicurezza;
2. accoglie favorevolmente le conclusioni del Consiglio sul processo di pace in Medio Oriente del 14 maggio 2012 e le conclusioni sulla Cisgiordania e Gerusalemme Est ivi contenute e ribadisce che l'UE non riconoscerà alcun cambiamento dei confini precedenti al 1967, anche per quanto riguarda Gerusalemme, che non abbia l'accordo delle parti; accoglie altresì con favore la dichiarazione del Quartetto per il Medio Oriente dell'11 aprile 2012;
3. sottolinea che la conclusione del conflitto è un interesse fondamentale dell'UE, oltre che delle parti stesse e della regione in generale, e che può essere raggiunta attraverso un accordo globale di pace, basato sulle pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, sui principi di Madrid (compreso il principio «territori in cambio della pace»), sulla tabella di marcia, sugli accordi precedentemente stipulati dalle parti e sull'iniziativa di pace araba; insiste sul fatto che qualsiasi soluzione risultante non dovrebbe pregiudicare la dignità di nessuna delle parti; osserva che l'Unione europea, quale maggior donatore dell'Autorità palestinese e uno dei principali partner commerciali di Israele, dispone di strumenti per incoraggiare più attivamente le due parti a ricercare una soluzione; invita entrambe le parti a collaborare con l'UE, che dovrebbe compiere ogni sforzo necessario per la soluzione del conflitto; rammenta l'applicabilità del diritto internazionale umanitario nei territori palestinesi occupati, compresa l'applicabilità della quarta Convenzione di Ginevra per la protezione delle persone civili in tempo di guerra;
4. sottolinea la necessità che i negoziati diretti tra Israele e Palestina, volti a raggiungere una soluzione fondata su due Stati, riprendano senza indugio nel rispetto del calendario auspicato dal Quartetto, al fine di superare l'inaccettabile situazione attuale; plaude allo scambio di lettere tra le parti iniziato il 17 aprile 2012 e alla dichiarazione congiunta di Israele e dell'Autorità palestinese del 12 maggio 2012;
5. esprime profonda preoccupazione per gli sviluppi sul terreno nel settore C della Cisgiordania e a Gerusalemme Est, descritti nelle relazioni dei capimissione dell'UE del luglio 2011 sul settore C e la costruzione dello Stato palestinese e del gennaio 2012 su Gerusalemme Est;
6. sottolinea l'importanza di proteggere la popolazione palestinese e i suoi diritti nel settore C e a Gerusalemme Est, fattore essenziale per preservare la fattibilità della soluzione fondata su due Stati;
7. ribadisce che tutti gli insediamenti sono illegali in base al diritto internazionale e invita il governo israeliano a sospendere completamente la loro costruzione ed estensione in Cisgiordania e a Gerusalemme Est nonché a smantellare tutti gli avamposti costruiti dal marzo 2001;
8. condanna con fermezza tutti gli atti di estremismo, violenza e molestia commessi dai coloni contro la popolazione civile palestinese e invita il governo e le autorità israeliani ad assicurare i colpevoli alla giustizia e a renderli responsabili delle loro azioni;
9. chiede una piena ed effettiva attuazione della vigente legislazione dell'Unione e degli accordi bilaterali UE-Israele per garantire che il meccanismo di controllo dell'UE, ossia gli «accordi tecnici», non consenta ai prodotti degli insediamenti israeliani di essere importati nel mercato europeo alle condizioni preferenziali previste dall'accordo di associazione UE-Israele;
10. invita il governo e le autorità israeliani a rispettare i loro obblighi previsti dal diritto internazionale umanitario, in particolare:
–
a garantire l'immediata cessazione delle demolizioni di edifici, degli sfratti e dei trasferimenti forzati dei palestinesi,
–
ad agevolare le attività palestinesi di pianificazione e costruzione e la realizzazione dei progetti di sviluppo palestinesi,
–
ad agevolare l'accesso e la circolazione,
–
ad agevolare l'accesso dei palestinesi ai terreni agricoli e ai pascoli,
–
a garantire un'equa distribuzione delle risorse idriche per soddisfare le esigenze della popolazione palestinese,
–
a migliorare l'accesso della popolazione palestinese a servizi sociali e di assistenza adeguati, in particolare nei settori dell'istruzione e della sanità pubblica, nonché
–
ad agevolare le operazioni umanitarie nel settore C e a Gerusalemme Est;
11. chiede che sia messa fine alla detenzione amministrativa senza accuse formali o processo da parte delle autorità israeliane nei confronti dei palestinesi, che sia garantito l'accesso a un processo equo per tutti i detenuti palestinesi e che siano rilasciati i prigionieri politici palestinesi, in particolare i membri del Consiglio legislativo palestinese, tra cui Marwan Barghouti, e le persone sottoposte a misure di detenzione amministrativa; chiede inoltre l'immediata liberazione di Nabil Al-Raee, direttore artistico del teatro Libertà del campo profughi di Jenin, arrestato il 6 giugno 2012 e da allora detenuto; accoglie favorevolmente l'accordo raggiunto il 14 maggio 2012, che ha portato alla conclusione dello sciopero della fame dei prigionieri palestinesi, e ne chiede la piena e immediata attuazione;
12. chiede la protezione delle comunità beduine della Cisgiordania e del Negev nonché il pieno rispetto dei loro diritti da parte delle autorità israeliane, e ne condanna ogni violazione (ad esempio la demolizione di abitazioni, i trasferimenti forzati, le limitazioni del servizio pubblico); chiede inoltre, in tale contesto, il ritiro del piano Prawer da parte del governo israeliano;
13. incoraggia il governo e le autorità palestinesi a dedicare maggiore attenzione al settore C e a Gerusalemme Est nei piani e progetti palestinesi di sviluppo nazionale onde migliorare la situazione e le condizioni di vita della popolazione palestinese che vi abita;
14. sottolinea ancora una volta che l'unico modo per conseguire una soluzione sostenibile al conflitto israelo-palestinese consiste nel ricorso a strumenti pacifici e non violenti; continua a sostenere, in detto contesto, la politica di resistenza non violenta del Presidente Mahmoud Abbas e a incoraggiare la riconciliazione intrapalestinese e la costruzione di uno Stato palestinese, riconoscendo che le elezioni presidenziali e parlamentari costituiscono elementi importanti di questo processo;
15. ribadisce il suo forte impegno a favore della sicurezza dello Stato di Israele; condanna tutti gli atti di violenza compiuti da entrambe le parti deliberatamente diretti alla popolazione civile ed esprime sgomento per il lancio di razzi dalla Striscia di Gaza;
16. invita il Consiglio e la Commissione a continuare a sostenere le istituzioni palestinesi e i progetti di sviluppo nel settore C e a Gerusalemme Est e a fornire loro assistenza al fine di proteggere e rafforzare la popolazione palestinese; chiede un miglior coordinamento tra l'UE e gli Stati membri in questo campo; sottolinea la necessità che Israele metta fine alla pratica di trattenere le entrate doganali e fiscali appartenenti all'Autorità palestinese;
17. invita il SEAE e la Commissione a verificare sul posto tutte le denunce riguardanti la distruzione e il danneggiamento delle strutture e dei progetti finanziati dall'UE nei territori occupati e a trasmettere i risultati al Parlamento;
18. invita il Consiglio e la Commissione a continuare a trattare questi problemi a tutti i livelli nelle relazioni bilaterali dell'UE con Israele e l'Autorità palestinese; sottolinea che l'impegno di Israele a rispettare i propri obblighi previsti dal diritto internazionale umanitario e in materia di diritti umani nei confronti della popolazione palestinese deve essere tenuto in piena considerazione nell'ambito delle relazioni bilaterali dell'UE con il paese;
19. esorta nuovamente l'UE e gli Stati membri a svolgere un ruolo politico più attivo, anche in seno al Quartetto, nell'ambito degli sforzi volti a conseguire una pace giusta e duratura tra israeliani e palestinesi; sottolinea ancora una volta il ruolo centrale del Quartetto e continua a sostenere gli sforzi dell'Alto rappresentate volti a dar vita a una prospettiva credibile per il rilancio del processo di pace;
20. ribadisce il suo appello per la cessazione immediata, duratura e incondizionata del blocco della Striscia di Gaza per quanto concerne le persone e il flusso di aiuti umanitari e di merci, come pure per l'adozione di misure che consentano la ricostruzione e la ripresa economica della regione; chiede altresì che sia creato un meccanismo efficace di controllo che impedisca il contrabbando delle armi dirette a Gaza, riconoscendo le legittime esigenze di Israele in termini di sicurezza; prende atto della decisione del Consiglio di prolungare il mandato della missione dell'UE di assistenza alle frontiere per il valico di Rafah fino al 30 giugno 2013 e si attende che adempia i propri compiti e svolga un ruolo decisivo ed efficace per quanto concerne la gestione quotidiana delle relazioni transfrontaliere e il rafforzamento della fiducia tra Israele e l'Autorità palestinese; invita Hamas a riconoscere lo Stato di Israele e a fornire il proprio appoggio alla soluzione fondata su due Stati; invita inoltre Hamas a porre fine alle violenze esercitate sia internamente che esternamente nei confronti dello Stato di Israele;
21. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al rappresentante speciale dell'Unione europea per il processo di pace in Medio Oriente, al presidente dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, ai governi e ai parlamenti dei membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, all'inviato del Quartetto per il Medio Oriente, alla Knesset e al governo israeliano, al presidente dell'Autorità palestinese e al Consiglio legislativo palestinese.